scritta dall'Apostolo S. Giovanni, piena di errori
e di vizi, ma furono sempre sbugiardati, e la ca-
lunnia ricacciata loro in gola con grande loro
vergogna e dispetto. Ma ora che in quella città
comandano altri padroni, i signori eretici aper-
sero il cuore alla speranza di ridurla davvero
una Babilonia, la nemica del Papa e il disonore
delle cristiane genti. Per riuscire nel satanico
intento essi si appigliano appunto alla gioventù
più bisognosa, più povera, più abbandonata, per-
chè più facile ad essere sedotta, come gli agnelli
sono più soggetti ad essere colti e divorati dai
lupi . Roma oggidì presenta ormai la dolorosa
scena, a cui l' altro ieri accennava l'Uffizio di-
vino nella festa di S . Policarpo martire e vescovo
di Smirne (26 gennaio) . Questo discepolo degli
Apostoli era andato a Roma per trattare di cose
importanti col Papa sant' Aniceto, in tempo
che pur si trovava un certo Marcione , ere-
tico matricolato, venutole dal di fuori, il quale
aveva già pervertito non pochi cattolici . Il santo,
avendo avuto la fortuna di essere stato alla
scuola di S . Giovanni Evangelista, godeva grande
autorità presso tutti, e quindi riuscì colla sua
efficace parola a ricondurre alla Chiesa molti se-
dotti dagli errori di Marcione . Ora costui, . in-
contrato un giorno il santo Vescovo per le vie
della città, lo ferma e gli dimanda : Cognoscis
nos ? Mi conosci tu ? e sai chi io sono? - Sì, ri-
spose tostamente Policarpo, ti conosco assai bene,
e so che tu sei Marcione, primogenito del diavolo
Cognosco primogenitum diaboli . Ah! purtroppo
quanti figli di Satanasso non vi sono mai oggidì
in Roma, intenti a pervertire le anime degli in-
cauti, a strapparle al Papa per menarle a Pietro
Valdo, a Lutero, a Calvino, o, per meglio dire,
intenti a strapparle dal seno di Gesù Cristo per
darle in braccio al demonio ! Ebbene , noi dob-
biamo adoperarci come Policarpo a dare la caccia
a quei lupi, o almeno a togliere loro dalle zanne
tanti poveri agnelli presenti e futuri? E come? Col
proseguire non solo le scuole diurne e serali e l'O-
ratorio festivo, che già vi sono impiantati presso
la chiesa del Sacro Cuore di Gesù, ma col co-
struire presto l'Ospizio già divisato, per farlo
ricovero sicuro a più centinaia di poveri fanciulli,
formandoli alla virtù, conservandoli a Dio, alla
Chiesa, al Vicario di Gesù Cristo.
Ciò che ha da farsi in Roma urge pure di ef-
fettuare in altre parti, specialmente in America .
Sapete che ogni anno più migliaia d'italiani ab-
bandonano la patria e si portano in quelle terre
lontane in cerca di pane e di denaro . Spinti colà
dalla brama di crearsi una condizione più co-
moda ed agiata, dimenticano facilmente le cose
dell'anima dimenticano soprattutto l'anima dei
loro figliuoli e delle loro figliuole, che si stra-
scinarono dietro. La noncuranza dei parenti,
la ignoranza della lingua, la scarsità dei sacer-
doti che cosa fanno mai? Fanno sì che quelle
moltitudini di giovanetti e di giovanette, dopo
alcun tempo, di cristiano non conservano più
che il carattere del battesimo, perchè indele-
bile ; quindi non più scuole, non più catechismi,
non più prediche, non più sacramenti, non più
pratiche di pietà. Ahimè! che per un poco di danaro
perdono talvolta la fede, il paradiso, Iddio . Là, là è
necessario che sacerdoti animati dallo spirito degli
Apostoli, che sacerdoti solo avidi di anime, che
sacerdoti, italiani vadano a prendersi cura dei
padri e dei figli, é di questi soprattutto, affinchè
o rimanendo colà o ritornando tra noi riman-
gano o ritornino cristiani e si salvino . Ecco il
da farsi, ecco nuove cause da porsi, da cui proce-
dono altri effetti consolanti .
Ma torna qui opportuno il chiamare la vostra
attenzione sopra un'altra opera, da cui come da
fonte perenne dovranno scaturire ancora nei se-
coli avvenire acque desideratissime, che saliranno
sino alla vita eterna. E perchè intendiate meglio
il mio pensiero , o piuttosto il pensiere di Don
Bosco , fermiamoci un istante a considerare un
effetto, che ci cade sotto gli occhi. Senza cercare
qui nè da che tempo, nè per opera di chi, To-
rino da mille e cinquecento anni è cristiana . Cri-
stiani gli abitanti, cristiani i padri e le madri,
cristiani i ricchi ed i poveri, i grandi ed i pic-
coli, immaginate voi quante anime sono mai da
questo fortunato suolo salite al cielo ! Quanti
angioletti della terra appena battezzati o nei
prìmi anni di loro innocenza sono volati a fare
coro cogli Angeli del paradiso ! Quanti santi e
quante sante neppur conosciuti, quanti fedeli del-
l'uno e dell'altro sesso , o conservatisi nella in-
nòcenza o ricondotti a penitenza, sono ogni anno,
sono ogni secolo andati a rendere più numerosa
quella moltitudine di beati, che veduta dall'A-
postolo prediletto sui primordii del cristianesimo
gli fece dire : Vidi turbam magnam quam de-
numerare nemo poterat . E quello che fu si ripete
ancora ai nostri giorni, e speriamo che andrà
ripetendosi sinoaflinedmo,schierd
anime riabbellite nel sangue di Gesù Cristo, da
questo sito tra il Po e la Dora prenderanno le
mosse pel paradiso. Ma se in questa città non
fosse mai passato un Apostolo, mai un sacerdote
cattolico, mai un cristiano a predicare Gesù Cristo,
che cosa sarebbe avvenuto di Torino? E facile il
dirlo : Torino sarebbe restata e sarebbe tuttora
idolatra e pagana . Ed allora quante migliaia di
anime perdute ; ed allora quanti bambini non più
angioletti in cielo, ma spiriti vaganti nel limbo ;
ed allora i nostri padri, noi, i nostri nepoti, i
parenti tutti sarebbero tuttor seduti nell'ombra
di morte, privi di civiltà, di carità, di santità ; privi
di vita felice e beata ! Invece quale mirabile e
giocondissimo effetto dalla conversione dei nostri
antenati! Oh! lode a quei generosi apostoli, che,
penetrati pei primi in questa terra , la semina-
rono delle sante verità del Vangelo, la feconda-
rono coi loro sudori e col loro sangue e la re-
sero un giardino di ogni cristiana virtù, un
seminario del paradiso . A loro sono dovuti i mi-
lioni di anime già salvate e che si salveranno ;
a loro le chiese che numerose sorgono tra noi
quali monumenti di religiosa pietà ; a loro tante
opere di beneficenza , di che si onora la città
nostra ; a loro il vanto che ha Torino di città piis-
sima, città della Sacratissima Sindone, città del
Santissimo Sacramento , città di Maria Santis-