ANNO XX. - N. 8 - Esce una volta al mese. - AGOSTO 1896.
I LIBRI DI TESTO per le Scuole Elementari,
Ginnasiali e Liceali 197 FORZA DELLA BUONA EDUCAZIONE . 198 ROMA: - Altra prova d'affetto verso i Salesiani 199 A LEONE XIII nel giorno suo onomastico . 200 COLLEGI SALESIANI ED EDUCATORII DELLE FIGLIE DI MARIA AUSILIATRICE . . . 201 GLI ANTICHI ALLIEVI DI D. Bosco . . 202 POSIZIONE DELLA PRIMA PIETRA d' una Chiesa e Casa Salesiana a Caserta . . ivi BENEDIZIONE DELLA CASA DI GENZANO. 204 DALL'ESTERO:-L'apostolato delle Figlie di Maria Ausiliatrice in Africa . . 205 NOTIZIE DELLE MISSIONI: -COLOMBIA: Una nuova simpatica istituzione.- BOLIVIA: Da La Paz a Challapata. - PATAGONIA CENTRALE: Una visita ai Tehuelches. 208 GRAZIE DI MARIA SS. AUSILIATRICE . . 215 AI GIOVANETTI 218
ORATORII FESTIVI 219
NECROLOGIA 221
NOTIZIE VARIE ivi
BIBLIOGRAFIA 222
COOPERATORI DEFUNTI 223
LA scelta dei libri di testo per le scuole è indubitatamente una delle cose che maggiormente preoccupano gli educatori in genere, e i padri di famiglia in ispecie. Trovar un libro ben fatto dal lato pedagogico, il quale risponda pienamente alle esìgenze de' programmi e delle disposizioni governative, e nello stesso tempo nulla contenga che disdica sotto l'aspetto morale e religioso, sicché il giovane allievo possa adoperarlo senza pericolo alcuno, è cosa ad un tempo delicata, difficile ed importante. Nell'intento di provvedervi, il Congresso Salesiano di Bologna fece voti che i Figli di D. Bosco dessero in tempo la maggior pubblicità possibile all'elenco de' libri di testo, che unitamente al programma scolastico sogliono diramare ogni anno per le loro Scuole Liceali, Ginnasiali ed Elementari.
In ossequio a questi voti, calorosamente espressi da Ecc.mi Vescovi e da altri illustri personaggi del Clero e del Laicato, noi tenendo innanzi le norme sopra indicate, abbiamo compilato anche pel p. v. 1896-97 un elenco di libri di testo, sufficientemente abbondante, si di edizione nostra come di edizione altrui, per le Scuole Liceali, Ginnasiali ed Elementari. Ed ora questo elenco mandiamo gratuitamente ai nostri buoni Cooperatori. Essi avranno la bontà di esaminarlo e di sceglierne quei libri che loro paressero interessare, scrivendo per le relative commissioni di acquisto alla Libreria Salesiana di Torino che si pone a loro disposizione, oppure senz' altro alle rispettive Librerie Editrici. È anche a notare che in siffatta compilazione si ebbe pur ri guardo alla spesa. Volere o no, la questione finanziaria s'impone potentemente, sicchè abbìam creduto cosa conforme a carità proporre libri che, oltre alle qualità sopra accennate, abbiano pur quella di costare il meno possibile.
Viviamo fiduciosi che l'opera nostra, intrapresa coll'unico scopo di provvedere al bene della gioventù e di venir in aiuto alle famiglie, sarà convenientemente apprezzata e che questo secondo elenco incontrerà il gradimento, di cui fu largamente onorato il primo dell'anno scorso. Noi poi ci dichiariamo fin d'ora riconoscenti alle osservazioni, che a scopo di bene ci saranno indirizzate nell' intendimento di migliorare di volta in volta un'opera così difficile ed importante qual'è la scelta accurata de' libri di testo.
UN savio educatore, preso seco un giorno un suo giovane discepolo, il condusse in un giardino, ove sorgevano varie piante, le une piccole ancora e le altre più o meno grosse e ben rassodate nel terreno. Quivi giunti, il buon precettore ordinò all' allievo di estirpare una delle più tenere pianticelle. Obbedì tosto il giovinetto, ed in men che nol dico, senz' alcuna fatica, eseguì il comando. Rinnovò l'ordine il maestro, ma questa seconda volta si fu di svellerne una alquanto più grossetta. Si mise all' opera quel caro figliuolo, e usando di tutta la sua forza, in poco d'ora riuscì a gettarla a terra. Finalmente gliene indicò una delle più alte e ben radicate nel terreno; ma per puntar dei piedi che facesse, per istrappi che desse quel povero giovanetto, non gli veniva fatto neanche di poterla smuovere. Allora il saggio educatore: « Lascia, gli disse, ed impara la lezione che con ciò ti voglio dare. Ritieni bene a mente che le abitudini prese fin dagli anni teneri, cresciute e fortificate con noi, più non si strappano dal cuore, ma vi restano sino alla morte. »
Imparino questa lezione tutti i giovanetti e le giovanette, ma la imparino sopratutto e prima d' ogni altro i genitori e tutti quei tali che hanno in custodia figliuoli da educare. Apprendano essi che i figli tali saranno nell'avvenire, quali noi li vegliamo adesso. Saranno buoni, se noi li educhiamo moralmente e religiosamente fin dall'età primiera; saranno malvagi, se ne trascuriamo, o, quello che è peggio, se diamo loro una cattiva educazione. Mirate Venceslao e Boleslao, Principi di Boemia e fratelli; Venceslao, perchè allevato dalla sua nonna Ludmilla, santissima donna, diventò un gran Santo; Boleslao all'opposto, perchè allevato dalla madre sua Draomira, donna infamissima, divenne così scellerato, che si fece carnefice fin del santo suo fratello.
Oh! quanto è grande, quanto è potente la forza dell'educazione!
L'esperienza infatti è continuamente lì ad insegnarci, che i giovanetti per tempo moralmente e religiosamente educati, rinnovano anche ai giorni nostri, in casa e fuori di casa, gli esempi di castità e di modestia dati già in Egitto da Giuseppe, figliuolo del patriarca Giacobbe, il quale, piuttosto che peccare e macchiare l'anima sua, perdette l' impiego, tollerò le infami calunnie, si lasciò trascinare in carcere, fidando nella protezione del cielo che non gli venne mai meno. Ed è pure l' esperienza che c' insegna come anche ai tempi nostri le figliuole educate e cresciute fin da piccine nel santo timor di Dio, fatte più adulte, ancorchè cimentate al male in mille modi, pur sanno resistere e rinnovare in famiglia e fuori gli esempi delle caste Susanne dell'antica legge e delle pudiche verginelle dei primi tempi della Chiesa, le quali per conservarsi immacolate e pure si lasciavano condurre alla morte, tagliare il capo, gettar nelle fiamme, divorar dalle fiere.
Oh! sì, è pur sempre vero che le buone abitudini, che si contraggono fin dagli anni primieri per mezzo di una savia educazione, difficilmente si perdono nell'avvenire, e sono anzi la salvaguardia nelle più critiche circostanze della vita. I semi della fede, della religione, della virtù che si spargono nell'infanzia, ben presto gettano così profonde radici e diventano albero tanto robusto, da non poter più essere svelto giammai. I venti delle passioni potranno scuoterlo bensì, potranno gettarne a terra i frutti, spezzarne anche qualche ramo; ma il tronco spogliato starà ancor fermo sulle sue radici, e ne riceverà tuttavia i succhi nutritivi, che gli faranno mettere fuori nuovi rami e produrre frutti abbondanti ancora. Siane prova l'esempio di S. Agostino.
Nel suo ammirabile libro delle Confessioni egli racconta che, negli anni in cui viveva più lontano da Dio, leggeva con trasporto l' Ortensio di Cicerone, uno dei libri migliori che abbia saputo dare la pagana sapienza. Ma dopo di aver descritto il gusto che provava in leggere quel libro, il Santo soggiunge: « Una cosa sola mi dispiaceva e mi alienava da esso, ed era il non trovarvi entro il nome di Gesù; poichè per tua grazia, o Signore, e per cura di mia madre, quel nome del mio Salvatore mi era insieme col latte entrato nel cuore e vi stava profondamente scolpito. Onde qualunque cosa mi venisse innanzi, fosse pur libro di tutta eleganza e verità, se non aveva tal nome, non soddisfaceva pienamente al mio cuore (Lib. III, 4) ».
Ma, donde mai, si può qui domandare, donde mai avvenisse il dispiacere di un tal libro in un giovane dato a tutti i vizi, come era il povero Agostino in quegli anni, di cui egli parla? Se dimandassimo a certi giovani e a certi uomini del tempo nostro, se i libri che non contengono il nome di Gesù Cristo riesca loro di fastidio e di noia, essi ci risponderebbero senza rossore che in loro accade tutto il contrario. La ragione di tale differenza si è che Agostino ebbe una buona educazione dalla madre sua santa Monica. Dall'infanzia sino all'età di quindici o sedici anni che lo potè governare a suo bell'agio, ella colle sue esortazioni, colle sue massime aveva saputo infondergli tanta stima e tanto amore verso dei Redentore Gesù Cristo, che i più deplorabili traviamenti non poterono mai soffocare nel suo cuore quei teneri sentimenti, i quali servirono a ricondurlo sul retto sentiero e farne un Santo.
Se dunque tanta è la forza della buona educazione, procuriamo, o cari Cooperatori e buone Cooperatrici, d'instillare per tempo nell'animo dei nostri bimbi teneri sentimenti di fede, di pietà, di moralità. Ripetiamo loro sovente ed anche ogni giorno i preziosi ricordi che il santo vecchio Tobia dava al suo diletto figliuolo. « Ricòrdati, diceva egli al giovane Tobiolo, ricòrdati di Dio tutti i giorni del viver tuo, e guarda di non acconsentire giammai al peccato in modo alcuno, o commettendo quel male che Dio ti vieta o tralasciando di fare quel bene che da te ricerca. Impara a benedire il Signore in ogni tempo, e pregalo a condurre tutte le tue azioni e tutti i tuoi disegni con la regola della sua divina volontà. Quello che tu non vorresti che altri facesse con te, non lo fare mai tu con veruno. Riguarda con occhi compassionevoli i poveretti, e Dio riguarderà ancora te con occhi di misericordia. Sii limosiniero in quella maniera che ti sarà possibile; se sarai ricco, dona al povero abbondantemente; e se sarai povero, dona al povero quel poco che ti trovi, ma donalo con prontezza; e se in tal caso la mano sarà stretta, sia largo il cuore. Fuggi la conversazione pericolosa dei cattivi compagni e consigliati colle persone dabbene. Non permettere che regni giammai nei tuoi sentimenti, ovvero nelle tue parole, la superbia; perocchè da lei prende cominciamento ogni maniera di perdizione (Tob.IV) ».
Così parlava un ottimo padre, cui stava molto a cuore l'avvenire del proprio figlio. Se queste espressioni fossero del continuo ripetute nelle famiglie cristiane, senza dubbio noi vedremmo la nostra gioventù crescere più pia, più morigerata, più obbediente e formare veramente la delizia dei proprii genitori ed educatori.
L'Em.mo Cardinal Parocchi, Protettore dei Salesiani, volle dare una nuova prova del suo amore ai Figli di D. Bosco, scegliendo la nostra Chiesa monumentale del S. Cuore di Gesù al Castro Pretorio in Roma per la consacrazione di ben sette tra Arcivescovi e Vescovi, preconizzati nell'ultimo
Concistoro. La funzione riuscì imponente, ed il suo ricordo rimarrà indelebile nel cuore di coloro che ebbero la fortuna di presenziarla. Ecco come ne parla l'egregio giornale di Roma « Il Tempo » del 6 luglio
« Ieri mattina nella chiesa del Sacro Cuore di Gesù al Castro Pretorio Sua Em. il Cardinale Parocchi, Vicario di Sua Santità, consecrava i nuovi Vescovi di Siracusa, Concordia, Fossombrone, Poggio Mirteto, Bagnorea, Assisi e San Marco e Bisignano.
» Se le sacre funzioni inspirano nell' anima di ogni cristiano sentimenti di commozione ed ammirazione, quella di ieri, sia per la maestosità della cerimonia stessa, sia per il numero dei nuovi consecrati, sia pure per l' affluenza straordinaria di popolo, fu veramente commovente, ed a ciò molto concorse l'intervento dei Salesiani di D. Bosco, che eseguirono sceltissima musica coi loro giovanetti.
Quelle voci salivano al cielo, come l'odore del balsamo, con cui si sono unti i nuovi Vescovi.
» Durante il rinfresco che ebbe luogo negli ampi locali dell'Ospizio stesso, regnò la più schietta cordialità, rallegrata dalla banda di detto Ospizio, che eseguì sceltissima musica. »
A LEONE XIII NEL GIORNO SUO ONOMASTICO
IL CUORE DELLA FAMIGLIA SALESIANA TRIPUDIA PER SACRA ESULTANZA AL RITORNAR DEL GIORNO FORTUNATO
DI SAN GIOACHINO
E FACENDOVI VOTI DI LUNGA E PROSPERA VITA AMMIRA E PLAUDE
O PADRE SANTO
AI NUOVI PRODIGI CHE OPERA DIO CON VOI OGNI GIORNO CHE PASSA SEGNA UN VOSTRO TRIONFO
CON AMOROSA FRONTE VOLTO ALL'ORIENTE
CHIAMASTE QUEI POPOLI
A RICONGIUNGERSI IN UN SOLO IMPERO D'AMORE
COME STELLE INTORNO AL SOLE
ALLA CATTEDRA DI S. PIETRO
VERA LUCE DELLA TERRA INCLITA ROCCA DI SALUTE A TUTTE LE GENTI
VATICINANDO A LORO
CON LA GLORIA DEL PRESENTE LA GRANDEZZA DELL'AVVENIRE
LA VOSTRA PAROLA
TRIONFATRICE SEMPRE DELLA TEMPESTA SOCIALE SI ASCOLTA CON RIVERENZA ED AMMIRAZIONE
DALLE COSTE DEL MAR GLACIALE
ALL'ESTREME RIVE DELL'OCEANO PACIFICO
POI MENTRE ITALIA PIOMBATA IN PROFONDO ABISSO DI MALI UMILIATA CONFUSA SCHERNITA ALZAVA GLI OCCHI AL CIELO DI LACRIME COPERTI E DI DOLORE
VOI PADRE AFFETTUOSO
INTENDENDO LE GRIDA DEGLI ESULANTI D'AFRICA BENIGNAMENTE PRECORRESTE ALLE LORO PREGHIERE QUANTE MADRI CRISTIANE QUANTE SPOSE QUANTI PADRI E FIGLI EBBERO PER VOI TREGUA AL LUNGO PIANTO E DI NUOVA SPERANZA RICONFORTARONO IL CUORE
CHE IL NOSTRO BEL PAESE DESTINATO A TENERE IN SÈ IL VICARIO DI GESU' CRISTO RIFATTO E SANTIFICATO DA LUI GLI FACCIA UN GIORNO SCUDO COLLE SUE BRACCIA ALA DE' SUOI PENSIERI NEL GIRO DELL'UNIVERSO
PER comodità di quanti desiderassero affidare a noi i loro figli per la carriera degli studi elementari, ginnasiali e liceali , diamo qui l' elenco dei Collegi Salesiani e egli Educatorii delle Figlie di Maria Ausiliatrice d'Italia, assicurando di tutta la nostra sollecitudine per tutto quello che riguarda religione, morale, sanità e profitto negli studi così scientifici come letterari.
Istituti per ragazzi.
Oltre l'Oratorio di S. Francesco di Sales e l' Ospizio di S. Giovanni Evangelista in Torino, l' Ospizio di S. Vincenzo de' Paoli in Sampierdarena, l'Ospizio del Sacro Cuore di Gesù in Roma, le Scuole di S. Paolo alla Spezia, la Colonia Agricola di Mogliano Veneto, l' Oratorio di Maria Immacolata a Firenze, l'Oratorio del Sacro Cuore di Gesù a Trino Vercellese, di S. Filippo e S. Francesco di Sales a Catania, di S. Luigi Gonzaga a Messina, di S. Michele a Castellamare di Stabia, l'Istituto di S. Francesco di Sales a Faenza e di S. Giuseppe a Macerata, l'Istituto Leonino ad Orvieto e l'istituto D. Bosco in Verona, vi sono i Collegi di Borgo S. Martino, Lanzo Torinese , Varazze, Alassio , Este, Penango, Parma, Fossano, Loreto, Treviglio, Trevi, Colle Salvetti, Randazzo, Bronte e Marsala in Sicilia, Balerna ed Ascona nella Svizzera, nonchè l'Istituto Salesiano di Trento nel Tirolo e il Convitto italiano di S. Luigi nella Gorizia.
In questi Collegi l'insegnamento comprende il corso elementare e ginnasiale, eccetto quello di Penango, dove vi sono soltanto le classi elementari; è impartito da maestri e professori patentati ed a norma dei programmi governativi. Nel Collegio di Alassio vi è di più il Liceo. Nell'Ospizio di S. Giovanni Evangelista si accettano eziandio esterni alla semplice scuola. In quello di Ascona vi sono classi preparatorie per giovani stranieri che desiderano imparar la lingua italiana; è raccomandabile anche per l'insegnamento del francese e del tedesco.
In quasi tutti questi Collegi vi sono due gradi di pensione. La prima varia da L. 35 a 40 mensili; la seconda da L. 24 a 30.
Notifichiamo poi come nel prossimo anno scolastico i Salesiani, per aderire alle vive e ripetute istanze di nostri ottimi Cooperatori, prendono pure la direzione dell'Istituto S. Giuseppe di Modena, del Collegio S. Carlo di Ferrara, e del Collegio Giusto Morgando di Cuorgnè nel Canavese. Nei due primi vi sarà, per ora, oltre le elementari, il ginnasio inferiore; nel terzo le elementari e la 1a ginnasiale.
Preghiamo inoltre i nostri buoni Cooperatori, sopratutto del Veneto, di voler prendere particolare conoscenza della lettera-circolare a loro inviata nei mesi scorsi, con cui il Direttore del nostro Collegio di Este rileva le condizioni speciali di quell'Istituto, che conta già 18 anni di esistenza e dove già tanti eletti giovani si educarono alla religione ed alla patria.
Educatorii per giovanette.
Oltre ai mentovati Collegi pei giovanetti, vi sono pure tredici Educatorii per fanciulle; il primo in Nizza Monferrato, sotto il nome della Madonna delle Grazie; il secondo nella città di Chieri, sotto il titolo di Santa Teresa; il terzo al Torrione di Bordighera; il quarto a Novara; il quinto a Lugo; il sesto a Casale Monferrato; il settimo a Varazze; l'ottavo a Cannara nell'Umbria; il nono, decimo, undecimo, dodicesimo e tredicesimo nelle ridenti e saluberrime colline circostanti l' Etna , a Bronte, Mascali, Trecastagni, Alì Marina presso Messina ed a Catania. Tutti questi Educatorii sono diretti dalle Figlie di Maria Ausiliatrice.
Scopo di queste Case di educazione si è di dare l' insegnamento scientifico e morale in modo che non lasci nulla a desiderare per una giovinetta di onesta e cristiana famiglia, cioè arricchirne la mente di utili cognizioni, educarne il cuore a sode e cristiane virtù, addestrarla ai lavori femminili ed informarla a quei principii di civiltà che sono richiesti dalla sua condizione.
NB. Per avere i relativi programmi e per le domande di accettazione bisogna dirigersi ai Direttori e alle Direttrici dei singoli Collegi ed Istituti.
Per giovani adulti che desiderassero abbracciare lo stato ecclesiastico.
Per sopperire poi al bisogno sempre crescente di operai evangelici, il nostro caro Don Bosco, oltre ai varii Ospizi e Collegi, ha istituita pure l'Opera così detta di Maria Ausiliatrice, che ha per iscopo di raccogliere giovani adulti (dai 16 ai 30 anni) che abbiano decisa volontà di fare gli studi letterari per mezzo di corsi appropriati per abbracciare lo stato ecclesiastico.
Quest'Opera, benedetta ed approvata dai Vescovi e dal Sommo Gerarca, fu pur benedetta da Dio, perchè ha dato ogni anno frutti sempre più consolanti.
Noi quindi anche quest'anno facciamo un caldo appello ai nostri ottimi Cooperatori e specialmente ai RR. Parroci, perchè ci vo gliano indirizzare molti di tali giovani che mostrassero spiegata vocazione allo stato ecclesiastico.
Per norma degli allievi e di coloro che se ne dovessero incaricare o che desiderano più ampie notizie dell' Opera di Maria Ausiliatrice, si sono stampati appositi programmi che si potranno avere dai Direttori dell' Ospizio S. Vincenzo in Sampierdarena presso Genova, delle Scuole Apostoliche in Torino (Via Carlo Vidua 18), dell'Oratorio di S. Giuseppe in Lugo nelle Romagne, che ha pure annesso il Corso Elementare per fanciulli , dell'Oratorio di S. Luigi Gonzaga in Chieri e del Seminario Vescovile di S. Antonio in Trecate presso Novara, che sono tutte Case Salesiane destinate appunto per questi giovani adulti che desiderano abbracciare lo stato ecclesiastico.
Gli Antichi Allievi di D. Bosco.
CHi potrebbe oggi enumerarli? Sono sparsi in tutte le parti del mondo, e ricordano tuttora i santi insegnamenti dell'indimenticabile padre, maestro ed amico.
E chi di loro potè dimenticare D. Bosco? La dolce rimembranza di un tanto padre li accompagna ovunque. Appar loro nelle ore liete e nelle tristi, stimolo gagliardo al bene e freno potentissimo contro il male. D. Bosco, che fu l'angelo dei loro anni giovanili, è profondamente stampato in quelle anime fatte ora adulte ed in quei cuori agitati dalle vicende della vita. Oli! rimembranze d'incomparabile giocondità!
E questa è pure l'attrattiva potente che ogni anno conduce all'Oratorio di Torino tanti antichi allievi di D. Bosco a festeggiarne il carissimo nome. Dopo l'omaggio annuale del 24 giugno, di cui parlammo nel numero del mese scorso, vi ritornarono e sedettero a lieta mensa, i laici la domenica 12 luglio ed i sacerdoti il giovedì seguente.
Indescrivibile fu l'entusiasmo di quel convenire all' antico Oratorio di amici di tanti anni fa, a rievocarne le ineffabili memorie e ripetere gli antichi evviva a D. Bosco.
D. Rua, circondato dagli altri primarii Superiori, presiedeva l'agape fraterna e con felicissima vena rispondeva agli svariati brindisi ed eloquentissimi discorsi dell'occasione. D. Bosco pareva parlasse in lui e gli evviva a D. Rua e a D. Bosco andavano all'unisono ed erano come un solo grido d'una stessa festa e d' uno stesso amore (1).
Oh se tutti gli antichi allievi si fossero trovati presenti
Potessimo almeno mandar loro un' eco lontana di tanto giubilo in questi brevi cenni
Questi nostri antichi amici in così fausta circostanza non poterono dimenticare gli amatissimi fratelli prigionieri in Africa, e prima di separarsi raccolsero l'obolo della loro carità pel pronto riscatto di essi, che poi per mezzo dell'Italia Reale- Corriere Nazionale umiliarono all'Augusto Sommo Pontefice.
Bravi , antichi amici e fratelli, coraggio! Continuate da ferventi e praticanti cattolici per quella via, che ne tracciò l'incomparabile D. Bosco, e la memoria di lui unitamente a quella del Papa ci guidi alle più nobili imprese. Non siamo degeneri da un tanto padre e rispondiamo al nome di allievi di D. Bosco con la pratica delle più elette virtù.
(1) Tra i bei discorsi pronunciatisi in quest' occasione venne stampato quello indovinatissimo del Notaio G. Bianco. Chi ne bramasse copia, si rivolga alla Commissione degli Antichi Allievi, presieduta dal Sig. Carlo Gastini, Via Cottolengo 32, Torino.
FRA qualche anno anche Caserta, quest'incantevole città della Campania Felice, possederà una Chiesa ed una Casa Salesiana. Le replicate istanze di quell' Ecc.mo Vescovo Mons. Gennaro Cosenza e d'altri carissimi ami ci han nocommosso il cuore del venerato nostro Superiore Don Rua, il quale nello scorso mese di giugno colà si recò, insieme col nostro Economo Generale Don Luigi Rocca, per assistere alla solenne benedizione della prima pietra della Chiesa, che verrà dedicata al S. Cuore di Maria, e intorno alla quale sorgerà pure l'Istituto capace di parecchie centinaia di giovanetti, il tutto su diseguo dell'egregio ingegnere Domenico Santangelo, professore di matematiche in quel Ven. Seminario.
Dai giornali cittadini e regionali i quali tutti presero vivo interesse a questa funzione, e specialmente dal Corriere di Caserta, dal Movimento e dalla Libertà di Napoli, riassumiamo la seguente relazione
« Quando la cittadinanza di Caserta apprese la lieta notizia che i Salesiani sarebbero venuti nella nostra città a fondare una chiesa ed un edificio scolastico nella via di prolungamento a quella Colombo, universale fu la compiacenza, e parecchi signori si portarono all'episcopio per ringraziare l'amato nostro Pastore, che tanto ha cooperato per l'installazione di quest'opera. Da quel giorno il nome glorioso di Don Bosco è divenuto famigliare fra noi, ed ognuno ha fatto voto che i nuovi lavori sorgessero al più presto possibile.
» E l'alba della domenica 14 giugno, che doveva segnare il principio delle Opere Salesiane in Caserta, è spuntata fra il sorriso del nostro limpido cielo e l'allegro suono delle nostre campane. La città aveva assunto un aspetto più gaio. Le vie, che menano alla proprietà acquistata per i Salesiani, erano gremite di gente, desiderosa di assistere alla solenne benedizione della prima pietra, sulla quale dovranno elevarsi maestosi la chiesa e l'istituto.
» Sul luogo della festa poi una folla immensa di signori e signore vagavano di qua e di là, senza curarsi del sole che bruciava, mentre la banda cittadina e quella di Falciano, intervenuto gratuitamente, eseguivano scelti pezzi di musica.
» Fra tutta quella folla notavasi il Sindaco con la Giunta , l'on. Leonetti , Deputato del Collegio, il Prof. Ruggiero, Presidente della Deputazione provinciale, le Autorità scolastiche, il Barone De Matteis, il Sindaco e la Giunta di Amantea, dove pure per opera di quell'Amministrazione i Salesiani apriranno un ginnasio, le Associazioni cattoliche e cittadine, le rappresentanze di varii Istituti ed un bel numero di elette signore, che presero posto sotto di un ampio padiglione a bella posta costruito.
» L'ingegnere prof. Domenico Santangelo, che ha redatto il progetto di queste costruzioni, riceveva con garbo finissimo i numerosi invitati, e fece del suo meglio perchè le cose riuscissero con ordine ed esattezza.
» In mezzo a tutti spiccava la veneranda figura di Don Rua, fatto segno alle simpatie di tutti. Egli era giunto da Torino il giorno innanzi ed era ospite del nostro Vescovo, di cui si mostrò entusiasta.
» Intorno alle nove giunse il Capitolo col Seminario. Pochi minati dopo arrivò il Vescovo, sorridente in volto, dal quale traspariva l'interna gioia che provava in quel momento l'amato Pastore. Indossò tosto i sacri paramenti e diè principio con tutta la pompa solenne e rituale alla funzione, che durò quasi due ore, assistita da tutto quel popolo con grande raccoglimento.
» Fecero da padrino il nostro Sindaco, Comm. Francesco Saverio Correra, e da madrina la nobilissima signorina Clementina Leonetti, sorella dell'egregio Deputato, rappresentante la parte eletta della cittadinanza.
» La pietra angolare di travertino racchiuse in una scatola di latta le fotografie dell'attuale Pontefice, di Don Bosco, fondatore dei Salesiani, del Vescovo di Caserta, di Don Rua, Rettor Maggiore della Pia Società Salesiana, del Comm. Correra e della distinta signorina Leonetti, alcune monete di questa epoca ed una busta suggellata contenente altre care memorie.
» Dopo aver il Vescovo scolpito ad ogni lato della pietra il segno della croce e d'averla con la cazzuola d'argento ingessata di cemento, si passò all'estensione del seguente atto notarile, redatto dal Cav. Luigi Michitto e firmato dalle Autorità, dal Padrino e Madrina e dai notabili della città:
» Nell'anno di nostra salute mille ottocento novantasei, nella terza Domenica dopo la Pentecoste, dedicata nella Diocesi a solennizzare la festa del Purissimo Cuore di Maria SS., correndo l'anno decimonono del Sacro Pontificato della Santità di N. S. Papa Leone XIII°, dal Rev. mo ed Ecc.mo Mons. Gennaro Cosenza, Vescovo di Caserta, assistito dal sac. Michele Rua, Rettore Maggiore della Pia Società di S. Francesco di Sales e Successore immediato del Fondatore della medesima, sac. Giov. Bosco, di venerata memoria, veniva collocata e benedetta la pietra angolare dell'Istituto Salesiano da erigersi secondo le disposizioni della Divina Provvidenza in questa Città, sui disegni dell'illustre Ing. Domenico Santangelo, a beneficio della gioventù specialmente povera ed abbandonata. Fungevano l'uffizio di Padrino e Madrina l'Ill.mo Sig. Comm. Francesco Saverio Correra, Sindaco della Città, e la Signorina Clementina della distinta famiglia Leonetti. La Chiesa e l'Istituto sono posti sotto la protezione e titolo del Purissimo Cuore di Maria, dalla cui intercessione si attendono le più copiose benedizioni per la Diocesi.
» Perchè non si perda la memoria di questo fatto, che si spera tornare di gloria al Signore e di vantaggio e decoro alla città di Caserta, la presente pergamena, redatta in due fogli, viene chiusa in cassetta di metallo con medaglie e monete del tempo unitamente ad altra firmata dal prelodato Mons. Vescovo, dal Superiore Generale della Pia Società Salesiana, dalle Autorità, dal Clero e da altri signori presenti, il tutto racchiuso accuratamente nella stessa pietra angolare.
Caserta, 14 Giugno 1896.
Seguono le firme del Vescovo, del Padrino e Madrina, delle Autorità, dei Notabili e l'autentica del Notaio Cav. Michitto.
» Tra il canto dei sacerdoti e l'inno della musica, le predette pergamene vennero situate nella pietra medesima, com' è detto, proprio al punto dove sorgerà l'altare maggiore della Chiesa.
» Terminata la funzione, quella calca immensa di signore e di popolo si riversò nel duomo, dove Don Rua celebrò la s. Messa, durante la quale gli alunni del Seminario cantarono parecchi mottetti. Dopo la Santa Messa, il nostro Vescovo con parola calda e affascinante presentò al popolo il Successore di Don Bosco, pregandolo a voler rivolgere qualche parola ai presenti. E Don Rua, accompagnato da due chierici, salì sul pergamo e con una bellissima conferenza espose lo scopo dell'istituzione salesiana in Caserta ed il bene che s'impromette d'arrecarci.
» Lieti pertanto degli indiscutibili vantaggi che quest'istituzione apporterà alla nostra città, diamo il benvenuto ai figli del grande D. Bosco, e ci congratuliamo col nostro Vescovo, che, essendo riuscito ad attirare nel centro della Diocesi questi sacerdoti, ha saputo aggiungere un novello titolo a quella stima inalterabile ed all'affetto grandissimo, a cui è fatto segno. »
I nostri ottimi Cooperatori ricorderanno che il Bollettino Salesiano dell'aprile 1894 annunciava la benedizione della prima pietra della nuova Casa Salesiana di Genzano presso Roma. Ora siamo lieti di dar loro la bella notizia che detta Casa è terminata e che fu benedetta solennemente il 17 p. p. giugno dallo stesso Rettor Maggiore della nostra Pia Società.
Dopo avere assistito, come dicemmo di sopra, alla posa della prima pietra della Casa Salesiana di Caserta, ritornato a Roma, Don Michele Rua, in compagnia di D. Luigi Rocca, di D. Cesare Cagliero, nostro Procuratore Generale, e dei quattrocento giovanetti dell'Ospizio del S. Cuore di Gesù in Roma, si portò a Genzano, gentile castello sui colli laziali.
Celebrata la S. Messa nella cappella della nuova Casa, assistita dalle persone più benemerite di questa fondazione e dai sodalizi cittadini, D. Rua in camice, stola e ricco piviale, assistito dal Rev.mo Mons. Arciprete, da sacerdoti e chierici cittadini e salesiani, procedette alla benedizione della nuova fabbrica, percorrendola dai sotterranei fino al terrazzo.
Dopo ciò, i Salesiani e gli alunni dell'Ospizio del S. Cuore diedero in un salone della nuova Casa una solenne accademia musico-letteraria di circostanza. L'E.mo Card. Parocchi, Vescovo del luogo, era rappresentato dal Rev.mo Mons. Vicario Generale, venuto espressamente da Albano Laziale. Erano presenti il Rev.mo Mons. Arciprete col clero secolare e regolare, il Sindaco colla Giunta e quasi tutto il Consiglio Municipale, il R. Pretore, i Benefattori della nuova Casa ed il fiore della cittadinanza genzanese. Piena fu la soddisfazione degli intervenuti ed abbondanti gli applausi ai poeti, ai prosatori, ai cantori e ai suonatori. Ma più di tutto elettrizzarono gli animi le parole di D. Rua, il quale chiudendo l'accademia, dopo aver ringraziato la città di Genzano, che aveva fatto sorgere come per incanto una nuova Casa Salesiana, il Cav. Flavio Iacobini che ne ha regalata l'area, il Cav. Ing. Giacomo Cucco che la disegnò e costrusse tanto bella e comoda, annunziava che fin dal principio di agosto i Salesiani sarebbero andati a incominciarvi il loro lavoro. In tutta quella giornata poi i Salesiani e i loro alunni furono oggetto dell'ammirazione e della benevolenza degli ottimi Genzanesi; specialmente il concerto musicale dell'Ospizio, che anche sulla pubblica piazza eseguì con plauso difficili e scelti pezzi.
Il ricordo di sì bel giorno è impresso nel cuore di D. Rua e di tutti i Salesiani presenti; e l'entusiastica accoglienza fatta dai buoni Genzanesi ai figli di D. Bosco ci è pegno che li aiuteranno nell'opera di educare la povera gioventù.
AFRICA.
L'apostolato delle Figlie di Maria Ausiliatrice.
E Suore di Maria Ausiliatrice, stabilitesi l'anno scorso alla MAnoUBA presso Tunisi, convertirono in cappella una cupola moresca, il cui disegno forma una croce perfetta. Così, senza saperlo, hanno ristaurato un' antica cappella. e forse anche un vero santuario della Madonna, facendo salire di nuovo la Regina del Cielo sul suo trono di grazie, dove accorrevano anticamente per implorarla e renderle i loro ossequii i fedeli cristiani dell'Africa. Infatti il Direttore dell'Orfanotrofio Salesiano della Marsa, pure presso Tunisi, Don Antonio Josephidi , un nostro confratello nativo dell'isola di Cipro, scoprì che sul principio di questo secolo si era trovato sotto la cupola moresca una statua di Maria SS. Addolorata.
Ora fa quasi un anno, che questa cappella è offiziata regolarmente. Tutti i giorni vi si celebra la S. Messa, ed i fedeli hanno molta facilità di accostarsi ai SS. Sacramenti della Penitenza e dell'Eucarestia. I numerosi Italiani dei dintorni, i quali avevano già disimparata la strada della Chiesa, si rallegrano ora di potersi radunare in questo santuario e farvi battezzare i loro figliuoli. Poco tempo fa, venne amministrato questo Sacramento ad un ragazzino di due anni e mezzo, ad una figliuola di quattro e ad un' altra di sei. Quest'ultima vuol tanto bene alle Suore, che ogni sera, quando giunge l'ora di ritornar in famiglia, piange dirottamente.
Lo zelo delle Suore di Don Bosco potè anche ottenere che tre giovanotte, le quali già contano i loro quattro lustri compiuti, imparassero il catechismo e facessero la loro prima Comunione. A questo proposito, non vogliamo tacere un fatto che merita davvero special menzione. Le tre anime, alle quali l'apostolato delle Suore ha procurato queste grazie segnalatissime, sembra avessero qualche diritto di essere le primizie dello zelo salesiano ; giacchè la statua della Madonna Addolorata, di cui facemmo parola qui sopra, era stata scoperta precisamente dal nonno di queste tre giovani.
La cappella di fresco ristaurata è attigua ad una vasta Casa, dove le Figlie di Maria Ausiliatrice hanno messo un Convitto e aperto un Esternato. Per tal modo le ragazze della Manouba, le quali finora erano costrette a crescere su senza istruzione, adesso mentre attendono agli studii ed ai lavori proprii del loro stato, ricevono l'insegnamento religioso, insieme con una cristiana educazione.
Commosso nel vedere tanti consolanti progressi, Sua Ecc. R.ma Mons. Combes, Arcivescovo di Cartagine e Primate d'Africa, aveva manifestato il desiderio di benedire solennemente la nuova cappella per farne un centro parrocchiale.
Sua Eccellenza fissò, per questa festa, il 12 di aprile. Nè l'inclemenza del tempo, nè altre difficoltà più gravi ancora dissuasero il veneratissimo Prelato dall'intervenire alla funzione e dare alle Opere di Don Bosco una pubblica testimonianza di simpatia. Lo accompagnava il Rev.mo Arciprete di Santa Croce, Signor Canonico Bompard, zelante nostro Cooperatore.
È facile indovinare l'allegrezza di tutto il quartiere. Le campane avrebbero dovuto, qual' eco fedele, esprimere la gioia grande di quel popolo festoso; ma esse mancavano. In questa mancanza, tutt'ora esistente, i nostri lettori ravviseranno senza dubbio un'opera, in cui esercitare la loro carità. Noi speriamo, mercè il loro concorso, di poter presto annunziare che la chiesa Salesiana della Manouba fu provvista di ottimi bronzi. - Alla mancanza delle campane supplirono però i canti, le recite e una scelta di svariati componimenti. Tutta la piccola colonia della Manouba vi era accorsa; anzi non poche persone erano intervenute persino dalla città di Tunisi ; tra le altre nominiamo l'Ill.ma Sig.ra Goudrias, sorella di S. Ecc. R.ma Mons. Arcivescovo, in compagnia di tutta la sua famiglia ; la Sig.ra d'Egre~ mont , Presidentessa delle Dame di Carità e nostra buona Cooperatrice ; la Sig.ra Clara Guecco ed una nipote della Sig.ra Fasciotti, tutte affezionatissime alle Opere nostre.
In seguito alla benedizione della cappella, venne quella di una bellissima statua del Sacro Cuore di Gesù, che era stata regalata alle Figlie di Maria Ausiliatrice dietro raccomandazione dell'Ecc.m° Mons. Primate d'Africa, il quale pronunciò, dopo la benedizione, un eloquente discorsino. L'influenza divina che ha sulla esistenza tutta dell'uomo la più umile chiesina del villaggio, fu il tema sviluppato dal veneratissimo oratore. Lo zelo, col quale Suore di Don Bosco si consacrano all'educazione delle fanciulle ed alla propagazione del regno del Cuore adorabile di Gesù nelle anime, diè motivo a Mons. Combes di fare alle Figlie di Maria Ausiliatrice elogi quanto paterni, altrettanto delicati.
La benedizione del SS. Sacramento chiuse santamente questa bella funzione.
Le Suore di D. Bosco hanno incominciato quest'Opera senza mezzi alcuni. Dagli inizi a questa parte esse non hanno capitalizzato altro all'infuori dei loro desiderii di apostolato, delle certezze della loro fede e delle speranze che nutrono in cuore, appoggiate sulla protezione della loro celeste Patrona Maria Ausiliatrice. Questi tesori non hanno davvero nulla da temere nè dalla ruggine, nè dai ladri. La carità cattolica, ed in particolare quella degli amici delle Opere nostre, non vorrà di certo dimenticare la piccola famiglia salesiana di Tunisi, la quale è chiamata, accanto a tanti operai evangelici, all'onore faticoso di dar sempre più nuova vita alla Santa Chiesa di Africa, la cui risurrezione verrà dalla storia segnata tra gli avvenimenti più consolanti del secolo nostro.
COLOMBIA
Una nuova simpatica istituzione.
(Lettera di D. Evasio Rabagliati)
CARISSIMO E REV.mo PADRE,
Bogotà, 24 Marzo 1896.
RICEVEI la sua ultima del 6 febbraio e godo di poterle subito rispondere per parlarle un po' a lungo della nuova istituzione che ci siamo presi qui nella capitale in favore della gioventù più povera, abbandonata e pericolante, la quale porta per titolo:
Casa della S. Infanzia.
I principii di questa Casa , succursale di quella del Carmine, mi fanno ricordare gli inizii che il primo Oratorio di D. Bosco si ebbe in Valdocco 50 anni or sono. Gli alunni sono tutti orfani, dai 6 ai 12 anni, poco più poco meno.
Negli anni passati moltissimi di questi poveri piccini venivano raccolti dalle sette, che ne facevano strumento di Satana convertendoli in mediums per la causa spiritista. Fin dai primi anni che ci trovavamo in Bogotà, ne ricevemmo alcuni al Carmine, i quali ci contarono poi tutte le infamie, a cui erano obbligati. In quella casa d'inferno andavano a finire quasi tutti i bimbi poveri, orfani di padre e di madre, ed anche i non orfani, per poter avere un tozzo di pane che li sfamasse ed un tetto che li ricoverasse.
Le cose cambiarono di molto col nuovo Governo prettamente cattolico. Il covo settario spiritista fu disfatto; ed i poveri orfani restarono in gran parte sulla strada a mendicare. Nel Carmine si ricevettero tutti quelli che poterono stare; ma la mancanza di spazio impedì di rimediare a tutta la necessità. Molti di questi poverini erano obbligati a passare le notti sulle panche dei giardini, negli atrii delle chiese, per ogni dove, ed alla mattina per tempo, si trovavano in gruppi di quattro, cinque o più, rannicchiati, intirizziti per il freddo della notte, e magari inzuppati per la pioggia che li sorprese nel sonno. Era cosa che faceva pietà; senza dire dei pericoli a cui erano esposti quei poverini, molti per la tenera età innocenti ancora.
La Società o Conferenza di S. Vincenzo de' Paoli, che qui è fiorentissima ed ha un raggio di azione vastissimo, pensò d'iniziare un' opera diretta a salvare tante povere anime; e ne parlò ai Salesiani per avere la loro cooperazione in cosa di tanta importanza. Misurammo le nostre forze, si consultò Torino e si accettò. Detto, fatto. Un buon prete regalò una piccola Casa vicina a noi; si fecero alcuni lavori di urgenza, e subito si die' principio all'opera di redenzione.
Al principio non furono che 6, ma tosto crebbero fino a riempire tutti i buchi. Adesso sono in numero di 62; presto saranno il doppio, appena siano ultimati i due dormitorii nuovi che si decise di costrurre.
Uno dei primi volle ripetere il fatto successo al nostro D. Bosco nei primordii dell'Oratorio di Valdocco. Al mattino svegliatosi per tempo, si alzò, e se ne andò colle lenzuola e coperte che gli erano date per suo uso, e non lo si vide più ritornare.
Ecco il modo semplicissimo per l' accettazione degli alunni di questa Casa della Santa Infanzia. Durante la notte, le guardie, che fanno la vigilanza della città, portano a cotesta Casa tutti i fanciulli che trovano addormentati sulle vie, e non rare volte il nostro D. Mitte fu obbligato ad alzarsi per ricevere i nuovi inquilini che i poliziotti gli presentavano.
Adesso sono sospese le razzie (stile africano), perchè non vi è più posto in casa. Continueranno a suo tempo, appena il posto siasi fatto. Parrebbe quasi che vi fosse alcunchè di barbaro in questo modo di procedere; ma non è così per chi sa come stanno le cose in questi paesi. Per ragioni che sarebbe troppo lungo, nè prudente riferire, i ragazzi abbandonati a sè stessi qui sono molti; alcuni non hanno proprio chi li governi; altri sono obbligati dalle loro madri a girovagare per le vie giorno e notte per chiedere la limosina. Or bene, con questo mezzo, cioè colla Casa della S. Infanzia, si sono tolti dai pericoli tanti poveri bambini; i veri orfani non oppongono resistenza e si lasciano portare di buon grado all'Asilo; quelli poi che hanno parenti vengono obbligati a restarsene in casa loro.
Il regime poi è pur semplicissimo. Alle 5 1/2 della sera tutti debbono trovarsi in Casa, cioè nell'Asilo; fino alle 8 hanno un po' di scuola di lettura, scrittura , aritmetica , catechismo e storia sacra ; in seguito un po' di cena a tutti, orazioni e riposo. Alla mattina, dopo le orazioni del buon cristiano ed un po' di colazione, tutti vanno al lavoro in case distinte. A questo proposito, un socio di S. Vincenzo si occupa nel cercare buoni padroni, ai quali affidare con sicurezza i poveri orfani, senza nessun pericolo per la loro moralità. Alle 10 del mattino ed alle 4 di sera, tutti vanno a prendere la loro refezione distribuita gratuitamente dalla medesima Società di S. Vincenzo. Man mano che vanno guadagnando qualche cosa, si mette loro in serbo in una specie di cassa di risparmio ; e così avranno a suo tempo tutto il necessario per collocarsi onoratamente nel mondo, senza più nessun bisogno della carità pubblica. Così senza grande sforzo, si preparano buoni operai ed allo stesso tempo buoni cristiani.
Naturalmente, tali bimbi che entrano per la prima volta nella Casa della S. Infanzia non sono farina da fare ostie; tutt'altro. Alcuni sono già bricconcelli matricolati e non vogliono mordere il freno che è mestieri mettere loro. Altri non tornano più al nido; in questo caso gli agenti di polizia hanno ordine di riportarli all'ovile in buon modo anche una seconda volta ; ma alla terza sono trattati con severità, e sono portati alle Pianure di S. Martin o in altra parte lungi dalla città e consegnati a buoni padroni, i quali li occupano a raccogliere caffè o lavorare nelle campagne.
Ecco un metodo semplicissimo , sommamente benefico, e poco dispendioso per distruggere il vagabondaggio nei grossi centri di popolazione. Qui, in pochi mesi, si sono ottenuti risultati soddisfacentissimi, con applauso generale anche dello stesso Governo, il quale promise il suo appoggio alla nascente istituzione.
Presentemente un chierico ed un confratello coadiutore bastano per mantenere l'ordine in Casa e fare il bene a tutti quei 62 biricchini.
Di questa settimana quei 62 bambini fanno un po' di ritiro spirituale, e Domenica prossima (delle Palme) faranno la loro Comunione per il compimento del precetto pasquale. Per dieci sarà la prima volta che riceveranno il Pane degli Angeli.
Perdoni, o amatissimo Padre, alla prolissità di questo mio scritto. Mi parve conveniente estendermi alquanto su quest' argomento per darle una giusta idea di questa Casa ancor poco conosciuta a Torino.
Ci benedica tutti, anche questi piccoli biricchini, ed in particolare il suo
Aff. Figlio nel Signore
D. EvAsIo RABAGLIATI.
BOLIVIA Da La Paz a Challapata.
(Lettera di S. Ecc. Rev.ma Mons. Costamagna)
CAR.MO PADRE D. RUA,
Sucre (Chuquisaca), 6 Aprile 1896.
LA nuova Casa della Paz, chiamata Collegio D. Bosco, cominciava a prendere vita e farsi robusta: quattrocento erano già gli alunni dell' Oratorio festivo, duecentoclnquanta gli esterni delle scuole elementari, i laboratorii cominciavano a muoversi ; onde io mi decisi di partire alla volta di Sucre , luogo della seconda fondazione.
Le prove non si fecero aspettare. - L'addio. - Dappertutto si vorrebbe il Vescovo per la Cresima. - Una moribonda consolata.
Prima di partire tuttavia ebbi dei segni evidenti che il demonio odiava quella Casa. - Buon pronostico ! Mentre i Salesiani attendevano alla ricreazione insieme coi ragazzi, due scariche di moschetto s'udirono e le palle sfioraron loro la faccia. Più tardi la signora povertà fe' capolino all'uscio di casa, minacciandoci colla fame. Inoltre fuvvi un' insurrezione di duecento giovinastri, i quali, penetrando a viva forza nel Collegio, minacciaronci gridando : Abbasso ! Abbasso ! Ma viva Dio, che vegliava sul nuovo Collegio. Le persecuzioni non fecero che aumentare la fama ed il prestigio dei Salesiani , e da quattrocento giunsero tosto a mille e più i ragazzi dell' Oratorio festivo. Quanto alla fame, gli Indii stessi s'incaricarono di scongiurarla, gettandoci dalle finestre della cappella, davanti all'altare, legumi d' ogni specie; gli angeli poi di quella terra, che sono le Suore di S. Anna e quelle dei Sacri Cuori di Picpus, l'allontanarono affatto dalle nostre porte.
Non volli per altro lasciar La Paz, senza andar prima a Obrojes, paesello poco distante da quella città, a salutare Mons. Vescovo, che colà tenta rinfrancarsi la salute. Vi andai appunto nel 17mo anniversario della sua con sacrazione episcopale. Io vi andai per festeggiare lui, ma egli mi cambiò le carte in mano. Si presentò infatti alla testa della popolazione, gridando evviva e gettando con loro mazzi di fiori sulla mia persona. Le campane suonavano a festa. S' andò in Parrocchia; feci una breve allocuzione al popolo in favore di Mons. Vescovo, ma egli mi rispose per le rime. Insomma andai ad Obrojes per suonare e rimasi suonato. - Ci ritirammo in seguito nella casa dell'Ex-Ministro del Perù, Dottor Guglielmo Costas Ferreiros, amico e protettore dei nostri confratelli di Lima, e là complimenti dai bimbi delle scuole e nuove ondate di fiori sulla persona. Verso sera, mentre mi disponeva alla partenza, sento che le campane suonano da morto. - È morto alcuno, dimandai. - Nissuno , rispose il Vescovo; questo si chiama plegaria o lamento, ed è perchè parte Vostra Eccellenza. - Ci si riempì la carrozza di mazzolini di fiori, ci accommiatammo commossi , e un' ora dopo ci trovammo di nuovo alla Paz fra i buoni confratelli.
All'indomani per tempissimo , ante lucem, accompagnato da varii amici mi portai alla stazione dell' omnibus. Gli Indii scopavano la città. Son essi gl'incaricati della pulizia. Il sistema è primitivo affatto. Con uno scopetino senza manico nella destra ed un altro nella sinistra, sempre curvi sulla persona, scopano scopano, lasciando per altro metà della merce sul cammino, nonostante gli sforzi erculei che impiegano. Essi son sempre scalzi, faccia pur freddo quanto si vuole; ma in compenso, oltre ad aver una foltissima capigliatura, si copron ancora la testa prima con un berretto di lana che loro arriva fin sotto le orecchie, poi con un cappellaccio , esso pure di lana. - Tale è il costume degli Indii Aimarà, e bisogna rispettarlo. Alla stazione trovai il venerando ottuagenario Padre Sans de' Riformati col Padre Perez, il quale, sapendo che io viaggiava senza un compagno, mi presentò un giovane frate laico, che mi facesse da angelo custode fino ad Oruro. Lo ringraziai di cuore, benedissi tutti, confratelli , amici e benefattori colà assiepati, e poi col buon compagno offertomi partii, onde arrivare alle 3 pom. ad Azo-Azo, dove il popolo mi aspettava per la S. Cresima.
Ma fummo sfortunati. Dopo un'oretta di cammino, si ruppe il timone, e poco mancò che, cadendo, tutti ci rompessimo la testa. Le mule poi pareva si movessero per carità. - Ma questa par proprio la vettura dei Negri - borbottava un cotale. - C'est une voiture impossible! - soggiungeva un vecchio del Canadà. Il fatto sta che arrivammo ad Azo-Azo a due ore di notte, e la popolazione era là in chiesa che aspettava pazientissima fin dalle 2 1/2 pomeridiane. Si amministrò la Cresima; alle 10 pom. tutto era finito e tutti contenti. Ma fu cosa ardua uscir di chiesa.
Tutti si precipitarono per baciar l' anello, o per gettar fiori, fosse pur nella bocca o negli occhi. A stento mi fu dato di poter osservare il quadro curioso, che in una cappella laterale presentavan le madri coi loro bimbi. Esse stendevano un rozzo fazzoletto per terra, vi adagiavano sopra il bambino, poscia, legatigli i piedi con due capi del fazzoletto, sel gettavan dietro le spalle, assicurando il fazzoletto coi due restanti capi sul petto, e via. I bimbi piangevano, gridavano, stridevano, pareva un finimondo; ma nissuno ne faceva caso.
Alle quattro del mattino seguente la chiesa era già piena di Indii, che dopo la Messa ci accompagnarono all' omnibus. Alle undici antim. arrivammo a Sica-Sica. Il bravo Parroco appare tosto colla popolazione per salutarmi ed invitarmi a dar la S. Cresima; ma l' omnibus doveva tosto ripartire, nè io possedeva 150 scudi, quanti sono necessarii per aver a propria disposizione una vettura particolare che porti ad Oruro. Visitai l'antica chiesa parrocchiale, fatta costruire da Filippo V dì Spagna e benedissi il popolo. Allora il buon Parroco, fatto portare un seggiolone in mezzo alla piazza, mi sottopose al bacio dell' anello di tutta la popolazione, mentre le campane suonavano mestamente la plegaria o lamento per la partenza del Vescovo.
Verso sera , fra le capanne del Biscazani scesi dalla vettura per assistere una donna moribonda, che alla vista del Vescovo pianse di consolazione. Si confessò e si dispose rassegnatissima alla morte. Uscendo dalla capanna, tutta la famiglia mi si gettò ai piedi per ringraziarmi, e chi baciava l'anello, chi la croce pettorale, chi le mani, mentre altri, afferratomi il soprabito, si fregavan con quello gli occhi. Quanta fede in questi poveri indiani !
Un'ora dopo il tramonto arrivammo a Caracollo, dove la gente, secondo eravamo intesi, mi aspettava per la Cresima. Si amministrò fino alle 10, ma non si potè finire. Si ricominciò alle tre del mattino seguente, ma senza l'assistenza del Parroco, che in quella notte aveva dovuto correre per confessare in uno dei 16 anexos o frazioni della Parrocchia. Povera Parrocchia di Caracollo ! Essa non ha quasi mai il SS. Sacramento e vede il suo Parroco solamente alcuni giorni dell'anno I miei aiutanti in quel mattino furono il giovane frate laico ed il sacristano. Il primo , quando si presentava un ragazzo sui sette od otto anni, gli mostrava tosto un crocifisso che aveva alla mano, per muoverlo a contrizione perfetta, mentre il sacristano, con fare autorevole, gridava forte ai cresimandi: - Imasutíqui? - Come ti chiami? - Ma non sapendo ancor parlare il bimbo, il sacristano volgendosi al padrino gridava ancor più forte: - Imasùti? - Come si chiama egli?
Rinunzio a descriver tutte le scene grottesche di quel mattino, nè parlerò dell'organo che mi ruppe le orecchie colle sue voci sibilanti, che ora ti parevan fischi di serpenti ed ora voci stridenti, e del disordine infinito che regnava per mancanza di tutto quanto spetta al decoro delle sacre funzioni... Povera Parrocchia! E pensare che dessa è vasta quasi come una Diocesi! Il mio pensiero allora si portava alle imponenti solennità vedute nel nostro bel paese, in Piemonte e Lombardia, e dicevo fra me: - Quanto sono fortunati i nostri compatrioti! Ma quanto più grande sarà pure il conto che avranno essi da rendere al buon Dio!
Ritorno ad Oruro.- Ribellione del reggimento Valliviano». -Altri seimila cresimati. - Consolazioni provate a Challapata.
Verso mezzogiorno del 7 di marzo giungemmo ad Oruro. Già ci aspettava l'ottimo Prefetto, Sig. Avv. Samuele Gonzales Portal, che mi portò al Palazzo e mi fece tante feste. Ma due ore dopo, ecco arrivar da Cochabamba un reggimento di cavalleria detto il Valliviano, il quale, ricevuto dagli Oruregni con sinceri applausi, doveva apportar fra breve lo sgomento e la morte nella povera città. Era esso un reggimento ribelle al Governo Supremo, che gli cambiava in quell'istante il proprio colonnello. All'intimargli che fece il Prefetto questo cambio, poco mancò non venisse ucciso all'istante da quei tristi ammutinati. Per somma sventura il quartiere, che aveva accolto quei ribelli, era unito al Palazzo della Prefettura. Si seppe a tempo che quei disgraziati volevano cominciare l'attacco al Palazzo all' una dopo mezzanotte. Passammo una notte terribile. Ma siccome si era pur pronti alla difesa, così i ribelli non osarono rompere il fuoco.
Il giorno seguente, 8 marzo, era Domenica e festa di S. Giovanni di Dio. Alle 6 antim. io scesi lo scalone del Palazzo per andar a celebrare nella vicina chiesa dell' Ospedale, dedicata appunto a questo Santo. Passai tra le file dei soldati preparati alla difesa, e, assicurato dai loro capi che non v'era pericolo d'attacco da parte degli insubordinati, li benedissi ed uscii. Ma mentre stavo predicando, e tentavo di far comprendere ai fedeli che, se non v' è pace mutua fra i cristiani, si è appunto perchè non v'è fra essi ed il loro buon Dio, e li andava quindi esortando a far presto questa pace, preparandosi per la vicina Pasqua; ecco che scoppia la prima scarica di remingtons. Allora succede un parapiglia indescrivibile. Chi piange, chi stride, chi fugge. Al fin della Messa già entrano i feriti nell' Ospedale attiguo, ed io mi metto ad aiutare i buoni Padri Francescani nell'assisterli.
Cessato il fuoco, che durò un'oretta, tornai al Palazzo, passando in mezzo a laghi di sangue.
Nel Palazzo nissun ferito, nè morto. La moglie e le quattro figlie del bravo Prefetto, mentre questi dirigeva le mosse della difesa e le palle fischiavano in tutte le direzioni, pregavano colle braccia aperte davanti ad un'immagine della Madonna. Tutti i saloni del Palazzo, compreso il mio dormitorio, furon crivellati dalle palle, ma non fuvvi alcuna disgrazia personale, mentre i ribelli ebbero a lamentare sette morti, oltre i feriti. Li vidi io stesso quei rivoltosi fuggir disperatamente su pei dirupi del vicino monte, mentre i soldati fedeli lor davan caccia spietata. Ah! che il buon Dio a tutti perdoni, e volga a più miti sensi il cuore dei vincitori !
Alle 10 antim. cominciai ad amministrare la S. Cresima intimata molto tempo prima; ma pochi osarono uscir di casa. Per altro verso le 2 pom. accorse un finimondo di gente, e si dovette cresimare fino a notte inoltrata. Oh! che belle scene mi fu dato di vedere. Vi eran dei padrini che prima si facevan cresimare essi stessi, poscia mi presentavano di botto due, tre, ed anche quattro figliocci, uno per braccio, gli altri ai piedi. Così pure facevano certe madrine, colla differenza che il terzo ed il quarto figlioccio me lo presentavano inchinandosi e facendolo comparire, legato com'era, dietro le spalle.
Giunta la notte di quel giorno disgraziato, il Console Chileno mi voleva seco per maggior sicurezza; ma non ebbi cuore di abbandonar il carissimo Sig. Prefetto e la sua ottima famiglia. Allora il buon Vicario, Don Teixidi, volle venir a tenerci compagnia per due notti consecutive, perche le minaccie di rivoluzione non erano per anco cessate.
Il lunedì appresso, 9, quand'anche si fossero già confermati più di tre mila, si dovette seguitar a dar la Cresima a quasi altrettanti; il che fu fatto con bell'ordine, mediante gli sforzi inauditi dei buoni preti e del povero Vescovo, che, in mancanza di guardie di pubblica sicurezza, dovettero lottare corpo a corpo colla moltitudine, per impedire che si rinnovassero le disgrazie dell'altra volta.
Il martedì 10, il buon Prefetto , assistito che ebbe alla mia Messa che dissi alle 4 antimeridiane , mi accompagnò alla stazione della ferrovia, ove ci separammo dolenti e come due amici antichi. Che il buon Dio benedica quel valoroso cristiano !
Alle 10 antim. arrivava a Challapata, dove da circa un mese ero pure aspettato per la S. Cresima. Poveri Challapatensi ! In questo secolo, che pur è già vecchio decrepito, niun di loro aveva mai visto un Vescovo venirli a visitare. Impossibile quindi descrivere il tripudio di questo popolo, molto cristiano e che possiede un Parroco ottuagenario, tutto zelo e pietà, il quale fa il catechismo in tre lingue, spagnuola, quichua ed aimarà.
Alla stazione, che dista due chilometri dalla chiesa parrocchiale, v'era gran folla di gente, le Autorità civili del paese ed il Vice-Prefetto della vicina Poopò. Non vi era il Parroco, nè gli altri preti, perchè erano tutti intenti ad udire le Confessioni dei cresimandi. Mi offrirono il mansueto cavallo dello stesso Parroco; poscia facendomi intorno due grandi ale ed un codazzo immenso, tutti a cavallo m'accompagnarono alla Parrocchia. All'entrare nel paese suonano le campane a festa ed incomincia una fitta pioggia di fiori sulla persona del Vescovo. Il cavallo retrocede spaventato, e poco manca che il Vescovo non precipiti al suolo.
S'andò subito alla chiesa pel Te Deum. Ma che bella chiesa! Come è pulita e maestosa! Le case di quei paesani-indii sono pressochè tutte di fango, coperte di paglia, ognuna colla sua rispettiva croce di legno, che ne adorna e protegge il culmine; ma la Casa di Dio è veramente quale si addice a Nostro Signore. Candellieri, leggii, contraltari, angeli, ecc. tutto d'argento massiccio. Si vede proprio che quel buon Parroco ed i suoi parrocchiani son divorati dallo zelo della Casa di Dio.
Dopo una breve refezione si diè tosto principio alla Conformazione. In altri luoghi io avevo dovuto amministrare questo Sacramento a certi Nicodemi, come alla sordina; qui al contrario si vede sfilare ordinatamente tutta una Parrocchia di circa tre mila anime, dall'anziano nonagenario fino all'ultimo bambino , e tutti coi segni della più grande pietà accostarsi a ricevere lo Spirito Santo co' suoi sette doni ed i dodici suoi frutti. Non sto a dire come io non sentissi la stanchezza, tanta era la consolazione che provava nel presenziare una scena così commovente.
Sul far della sera, finita la dolce cerimonia, uscii sul piazzale, dove tutto il popolo mi aspettava. Erano tutti raggianti di gioia, e tutti quanti, vecchi e giovani, uomini e donne, cinta la fronte d'un bel nastro (li svariati e vivissimi colori, abbassavan la testa davanti al Vescovo, perchè egli loro imponesse le mani. Altri poi, come altrove, non si contentavano di baciarmi l'anello e le mani, ma si fregavan gli occhi e la fronte col manto vescovile. Le madri poi, inginocchiandosi e curvandosi alquanto, mi facevan segno di metter la mano sulle testoline del bimbo, che esse portavan legato dietro le spalle.
Dopo grandi sforzi, arrivai alla casa parrocchiale, dove mi si presentaron tosto i sette Cacichi delle sette frazioni (anexos) di Challapata. Portavano in mano con molto sussiego chi tre, chi cinque, chi sei o sette bastoni del comando, tutti fregiati e col pomo d'argento. Erano questi i bastoni ereditati da quelli fra i loro antenati che avevano esercitato l'uffizio di Cacico. Questi Cacichi hanno il diritto ed il dovere d'esigere i tributi e le imposte dalle loro tribù, per presentarli al Corregidor, il quale alla sua volta li presenta al Prefetto della Provincia o Dipartimento. Diedi a ciascuno di loro uno scapolare ed una medaglia di Maria SS. Ausiliatrice ; li benedissi e se ne andaron contenti.
Sembrava che il lavoro del cresimare fosse finito; ma alla dimane cominciarono a venire quelli di Poopò, di Huari e di altri paeselli vicini, e si dovette lavorare tutto il giorno. Alla sera si era davvero stanchi. Fortuna che arrivarono in quello stesso giorno da Valparaiso i cari Salesiàni destinati a Sucre, con D. Gasparoli alla testa, i quali mi prestarono a tempo un non leggiero soccorso. Si computano a cinque mila circa i cresimati in quei due giorni.
Il dì seguente, 12 marzo, detta la S. Messa e cresimati ancora un trecento circa ante lucem, allo spuntar del sole eravam già tutti sulle mule, di partenza per Potosi. Tutta Challapata ci accompagnò per circa mezzo chilometro. Molti piangevano. Prima di dar loro l'ultima benedizione, raccomandai loro l'obbedienza non solo al Parroco, ma eziandio all'Intendente, specie in ciò che riguarda la pubblica igiene, e che non si rinnovassero corte scene non belle, come quelle di portare attorno bimbi coperti di vaiuolo, con evidente pericolo della loro morte e di ammorbare gli altri. Promisero di obbedire; quindi poco a poco mi s'avvicinarono colle teste chine: loro imposi la destra, li benedissi e ci separammo.
(Continua).
PATAGONIA CENTRALE Una visita agli Indii Tehuelches.
(Relazione di D. Bernardo Vacchina).
REV.MO SIGNOR D. RUA,
SPESSE volte ella, amatissimo Padre, ci raccomandò di scriverle dal luogo delle nostre Missioni, allegandoci che le relazioni dei suoi figli Missionari, oltre ad alimentaare nel cuore gli affetti del fraterno amore che ci unisce in Domino, lette in comunità o date alle stampe sono un potente mezzo di educazione sacerdotale e di mutua edificazione, un argomento di gloria a Dio e di consolazione alla Santa Chiesa, ed un soave conforto ed un efficace stimolo per i nostri generosi Cooperatori, che, ardendo d'amore per Gesù Cristo e per le anime da Lui redente, non risparmiano nè orazioni, nè elemosine, nè sacrifizi di sorta, pur d'aiutare a propagare il S. Vangelo tra gl'infedeli e gli eretici.
Orbene, valendomi di un po' di tempo libero, godo di poter ora accondiscendere a questo suo pio e giusto desiderio. Formerà argomento di questa mia le vicende di una spedizione attraverso la Patagonia Centrale, ch'io feci dopo la visita di Mons. Cagliero alla Missione di Rawson nell'ottobre scorso.
Premetto che non mi avventurai da solo in mezzo a quell' immense plaghe; ma cogliendo l'occasione che l'Ecc.mo Governatore Sig, Eugenio Tello, buon cattolico e nostro caro amico, voleva visitare lo sterminato Territorio con fine politico ed amministrativo, io ne lo accompagnai con missione religiosa. La croce pertanto e la spada procedevano di conserva alla conquista del deserto e della barbarie, per portarvi i frutti soavi della civiltà cristiana, cattolica. E dico civiltà cattolica, perchè la protestante, sebbene sia qui stabilita da quasi trent'anni, per gli Indii non ha fatto nulla assolutamente.
Partenza da Rawson. - Il nostro piano d'azione. - Una disgrazia. - Sinistri rumori. - A traverso il deserto.
Presa adunque la benedizione di Monsignor Cagliero, partimmo da Rawson, capitale del Territorio, il 2 novembre alla volta di Gaiman, centro della Colonia Agricola Gallese, e prima tappa della nostra spedizione. Ci accompagnavano, come scorta d'onore, il fiore dei cittadini della capitale. In Gaiman dovevan aver luogo, dirò così, i commiati ufficiali.
Si dice che al giorno d'oggi le grandi quistioni politiche si trattano a tavola: ed anche qui, tra questi coloni protestanti, in un banchetto relativamente splendido, questo Governatore espose il suo programma modesto, ma assennato ed eseguibile, riscuotendo generale approvazione. Ed io all'indomani, 3 novembre, Domenica XXII dopo la Pentecoste, celebrando la S. Messa nella Scuola governativa, coll'assistenza di tutta la comitiva, nonchè di alcuni pochi protestanti metodisti, impiegati del Governo, trovai molto a proposito il S. Evangelo del tributo a Dio ed a Cesare, per isvolgere tutto il mio piano d'azione in questa missione, piano che sempre osservai pel passato.
Verso la sera del giorno 4, seguendo il viaggio, ci si ruppe una delle testiere del nostro carro a quattro ruote, chiamato qui wagon. Pareva disgrazia, e fu provvidenza; giacchè se si fosse rotta più tardi, quando ci fossimo inoltrati nel deserto, non avremmo tanto facilmente potuto ripararla per mancanza di falegnami, mentre allora potemmo ancora averli da breve distanza. Qui venne a salutarci un italiano delle Calabrie, certo Alessandro Stenti, che ritornava dalla Cordigliera, apportatore di rumori oscuri e minacciosi da parte degli Indii della tribù di Sac-mata. Sono omai due anni che questa tribù è commossa dalle superstizioni di un indovino. Lo
Stenti ci regalò due grosse uova di struzzo, che ci servirono per rompere la monotonia della nostra alimentazione. Il nostro vitto consisteva ordinariamente in carne salata e seccata al sole e pan-galletta. Avevamo pure altri confortabili , ma solamente per i casi imprevisti. I varii levrieri, che ci accompagnavano, più tardi ci procurarono anche lepri e pernici tanto per variare.
Dormivamo sotto tenda militare, che all'uopo ci serviva di chiesa, di scuola, di sala, ed era per me un vero lusso, giacche nelle Missioni del Colorado doveva dormire quasi sempre a cielo scoperto.
Ci seguivano tra cavalli e mule, trentaquattro buoni animali. Il Governatore però preferiva da principio viaggiare sul wagon, ed io l' accompagnava ben volontieri. Pur troppo venne il tempo, in cui il wagon divenne inservibile, e le povere cavalcature dovettero portare la nostra pesante umanità!
La valle di Gaiman, da me altra volta descritta nel Bollettino, si va sempre più restringendo: già non è che un'ampia gola formata da due catene parallele di eruzioni vulcaniche, senza vegetazione e deserta. Dico male: si vedono di quando in quando scoiattoli e marmotte fuggire sulle scabrose roccie e rintanarsi ne' forami delle pietre. Anche l'aquila si stende qualche volta sopra di noi colle ali spiegate, o la si vede ferma su qualche sporgenza a guardia del nido. Sarebbe cosa da morirne di noia, se il mio rispettabile compagno (il Governatore) non mi rallegrasse colle lepidezze del suo carattere espansivo e gaio, e molto più colla sua conversazione sempre amena, piacevole ed erudita. È una delle personalità più spiccate della politica argentina: fu Giudice, Deputato, tre volte Governatore dello Stato Federale di Jujuy, in cui nacque, e prima d'essere stato eletto Governatore del Chubut, era Senatore di questa Repubblica. Di idee cattoliche ben definite, le sostenne sempre, facendole anche spesso trionfare nel Senato, dove s'è dimostrato oratore facile e vigoroso.
Siam venuti così toccando varii punti: Valle Superior, Boca de Aguas toma, Cañadon Solado, Campamento Villegas, Valle Alsina ecc. Abbiamo anche attraversati due deserti, chiamati qui traverias, per la lunghezza di 27 miglia l'uno e di 54 l'altro. Bisogna spingere la marcia ed anche farla di notte nel tempo de' calori; perchè, non essendovi nè erba, nè acqua per i cavalli, vi è gran pericolo che questi vengano meno. Cambiando cavalli, per il primo s'impiega ordinariamente un giorno, per l'altro due. Avendo dovuto pernottare nel più vasto, mi venne fatto di udire i primi ruggiti del leone puma, che si trova in quasi ogni punto del Chubut.
Durante questo lungo tragitto mi consolava nel poter celebrare la S. Messa , pensando che Nostro Signore andava santificando colla reale sua presenza tutti questi luoghi, che saranno forse un giorno teatro di molti uomini e d'innumerevoli opere.
L'orizzonte vieppiù si abbuia. - Un orribile massacro. - Una stupenda illusione.
Passato il deserto, incomincia un altro sistema di alture. Sono altre due catene che si prolungano parallelamente, le quali, strette in principio da lasciare appena appena lo spazio necessario pel nostro wagon, si allargano più all'ovest da formare spaziose valli, tutte più o meno abbellite e rese feconde dal fiume Chubut, che vi va serpeggiando ricco d'acque, assiepato da salici piangenti e popolato da molti pesci ed altri vertebrati acquatici.
La prima di queste valli si chiama delle Piume, per avervi trovate i soldati argentini alcune tonnellate di penne di struzzo, nascoste dagli Indii in una scaramuccia nell'anno 1882. Questa valle è ristretta, di forma quasi ovale, tappezzata di verdi e buoni pascoli, e qua e là smaltata di fiori. Sono i primi che io vidi nel Chubut, seminati dalla mano della natura. Siccome gli animali avevan bisogno di rifarsi coll' erba e noi col riposo, la fermata in questa vallata fu di due giorni. Questa valle è tanto solitaria e silenziosa che io nelle mie pratiche di pietà mi trovai più concentrato e divoto del solito.
Quivi eravamo attesi da un negoziante, certo sig. Charly, diretto alla Cordigliera, ove sono gli Indii, e da tre viaggiatori diretti a Rawson e domiciliati presso la Cordigliera. Da questi ultimi apprendemmo come le minaccie degli Indii si facevano sempre più frequenti, insolenti e gravi. Ci aggiunsero anzi, che alcuni negozianti cristiani furono dagli Indii derubati, altri percossi e feriti; e che gli uomini della tribù si esercitavano di lancia per assalire i bianchi. Perciò la paura aveva consigliato il negoziante Charly ad aspettarci per far carovana con noi, e la prudenza e bontà degli altri aveva loro suggerito di premunirci contro tali pericoli. Ma siccome le comunicazioni ufficiali dell'Autorità presso gli Indii, di cui era latore uno dei due viaggiatori, non facevan menzione di niente in proposito, non si diede alcuna importanza alla cosa.
Dopo Le Piume, segue la Valle dei Martiri, cui si giunge attraversando il fiume su d'una barcaccia fessa e di forma primitiva. Passare noi, la nostra gente, la carica ed i carri smontati fu un' operazione eterna, noiosissima: ma non si potè altrimenti, perchè per lo squagliamento delle nevi il fiume scorreva grosso e precipitoso. Il nome di questa valle ebbe origine dal seguente orribile fatto, che venne deposto col giuramento di legge innanzi al Governatore, da un certo Sig. Giovanni Evans.
Nei primi giorni del marzo 1884 andavano viaggiando per questa valle, in cerca di miniere di carbone e di metalli, quattro Gallesi, Riccardo B Davies, Giovanni Thomas Hugues, Giovanni Parry ed il nominato Giovanni Evans, quando ad un tratto si videro assaliti da una quindicina di Indii, a quanto pare della tribù di Foyel , tutti armati di lancia. Giovanni Evans, visto cadere ferito uno dei compagni, sopra di un lesto destriero si diè a precipitosa fuga e potè salvarsi. Otto giorni dopo, venuti da Gaiman varii coloni, si portarono sul luogo, dove, orribile a dirsi! trovarono uno dei poveri viaggiatori squartato, strappato il cuore e monco di braccia e piedi, i quali ultimi furon trovati airbrustoliti colle scarpe, e a poca distanza rinvennero gli altri due Gallesi pure morti e, a quanto pare, dopo essere stati orribilmente mutilati mentre erano vivi.
De' complici di quest' orrendo assassinio vivono ancora varii: il cacico Foyel, il capitano Salpu e gli Indii Huanchlan, Salva e Kumelef. A chi conosce le sterminate distanze che bisogna percorrere, la facilità con cui si possono eludere le misure della polizia e tant'altre cose di questi luoghi, non fa stupire che l'Autorità non abbia preso più presto le risoluzioni opportune, pur essendo i colpevoli così conosciuti e notorii. Il motivo che li indusse a un tal misfatto pare sia perchè credettero quei Gallesi altrettante spie del Governo argentino, il quale due anni prima aveva appunto mandato soldati a soggiogare gli Indii del Nord sul Rio Negro; e però fecero loro soffrire le stesse ignominie ed i medesimi oltraggi, che, come conta l'Eminentissimo Massaia, s'usano presso i popoli Galla e di Kaffa in Affrica. Io parlai a lungo collo scampato, e da lui seppi altre particolarità, che è meglio tacere.
Nella Valle dei Martiri abbiam incontrati varii uomini e ragazzi, che spaventati dalle voci che correvano, s'allontanavano dagli Indii ed esortavano noi a camminare guardinghi e premuniti, assicurandoci di aver udito che la tribù era disposta a resistere all'Autorità fino al punto da farci a pezzi. Anche questi eran latori di notificazioni per parte dell'Autorità presso gli Indii, un po' vecchie in verità, ma che pure, a nostro giudizio, avrebber dovuto dire qualche cosa in proposito, se vi fosse stato motivo; ma non dicendo nulla, il Governatore, non tenne conto alcuno di quanto si era udito. Per me, avendo visto, sul Rio Negro, l'impossibilità in cui si trovano gli Indii di una riscossa, dopo la campagna contro di loro dell'anno 1880, niuna fede prestai a tutte queste dicerie.
Se non che il 10 novembre ci venne incontro un negoziante, certo sig. Pastor Despos, che in nome del cacico Platero, amico del Governo e dei cristiani, ci confermò nelle voci che correvano. Egli ci annunziava come lo stesso cacico Platero era stato invitato a radunar gente, che la tribù era tutta in agitazione, e che aveva saputo da alcuni suoi parenti che gli Indii avevano intenzione di dare un malón, vale a dire di fare una violenta invasione tra i cristiani. Prudenza pertanto voleva che si credesse almeno qualche cosa, e che si prendesse qualche provvedimento. E però il Governatore, per mezzo dello stesso negoziante Despos, mandò ordine al Governatore-Delegato che gli mandasse armi da tenersi celate per il caso. Avendo armi, gli uomini non mancherebbero; giacchè, si diceva, se vogliono aver salva la vita, la famiglia ed i bestiami, bisogna bene che ci prestino aiuto. Fino a questo punto peraltro avevamo incontrato ben poche persone; in 320 miglia percorse non vedemmo che tre case; anzi in rigore de' termini, una sola si potrebbe propriamente chiamare casa; e quest'unico segno di civiltà perduta nella Pampa si deve alla Religione Cattolica.
Spedito quel messo, si entrò nella Valle degli Altari, la quale ha la particolarità di possedere alcune roccie somiglianti in tutto agli altari cattolici. Ci fermavamo solamente alcune poche ore di notte, per ricominciare molto di buon mattino il viaggio, onde non essere più tardi molestati dal calore soffocante, dagli sciami dei tafani, dei moscherini e d'altra specie di mosche microscopiche, qui chiamate jejencitos, che sono più insopportabili che gli stessi tafani e che producono colle loro punzecchiature quasi la stessa gonfiezza, che le vespe.
La meta prefissa era la Colonia S. Maria; ma prima di giungervi fummo sorpresi da una stupenda illusione. Si apriva e stendeva davanti a noi in forma semicircolare un'amena e verdeggiante valle: verso il fine, su nero sfondo di alte montagne spiccavano visibilissime e maestose ruine di muri e fortezze d'agguerrita città, di castelli ed altissime torri merlate, di molte case, di ponti levatoi, con ai piedi tre nere macchie di piante ed un gran fosso di circonvallazione. Eravamo trasportati in pieno medio-evo. Per colorire di poesia il bellissimo paesaggio , non ci mancava altro che la notte bruna, col manto tempestato di stelle, e la bianca luna che si specchiasse silenziosa nell'onda placida con mesto mormorio e soffocati gemiti scorrente sotto le solitario mura ed il diroccato ponte.
Ci avanzavamo con certa premura ed ansietà per iscoprire le causa di questo fenomeno mai più visto; ma non vi trovammo di reale che le solite colline ed il fiume Chubut coi suoi piangenti salici. Le mura, le torri e quant'altre bellezze ci avevano rallegrato lo sguardo, erano formate dalle varie strisce di terra di differenti colori, dal granito rosso in decomposizione e dalle roccie di forma capricciosa, altre isolate ed altre fiancheggiate da mucchi di terra in forma conica. I geografi che esplorarono il territorio per la prima volta nel 1885, più badando all'apparenza che alla realtà, vollero chiamare questo luogo col pomposo nome di Valle delle Rovine, che veramente gli sta bene, avuto riguardo al. l'impressione che lascia nella fantasia. L'arrivo alla Colonia Santa Maria, sull'imbrunire del giorno 15 novembre, ci consolò abbondantemente dell'inganno. Finalmente dopo tredici giorni e 400 chilometri di viaggio trovavamo un'abitazione veramente umana.
Alla Colonia S. Maria. - Primizie di questa missione. - L'indovino sollevatore degli Indii. - Il leone dagli unghioni spuntati.
La Colonia Santa Maria appartiene alla Missione Cattolica. Vi è una chiesetta con casa attigua, tutta di pietra tagliata, e simile per lo stile ad un antico monastero di claustrali. È circondata da alcune terre di proprietà della Missione Cattolica e che il Governo Federale attualmente ci disputa.
La Colonia prosperò negli anni 1890 e 1891; allora vi erano un buon numero di famiglie indie, che si venivano riducendo a poco a poco a vita cristiana e civile. Ma, dichiaratasi la crisi economica nella Repubblica, i mezzi incominciarono a scarseggiare troppo. Si dovettero espropiare le terre , e poi si andò sempre declinando al punto che, nell'anno corrente, si ritirarono anche quelle pochissime famiglie restate fino all'ultimo; di modo che al mio giungere non vi trovai che i due buoni Italiani, già Capi-Amministratori della Missione, i quali ne custodiscono il caseggiato, mantenendovi alcuni animali e facendo formaggi, che poi vendono a' rari viaggiatori.
Qui ricevemmo altre notizie minacciose e strane. Un india della stessa Colonia Santa Maria, divenuta pazza furiosa per la morte del genitore, se ne era ritornata alla tribù, dove ricuperò il senno. Tal guarigione si deve senza dubbio all'influenza delle nuove circostanze; ma l'indovino o stregone, sollevatore degli Indii, avendola visitata e fattale trangugiare certi suoi beveraggi, attribuì la guarigione all'arte sua, guadagnandosi così proseliti e prestigio.
Alla Colonia S. Maria ci fermammo tre giorni per riposare, ed anche per salare e far seccare al sole la carne d'una giovenca pel resto del viaggio. Me ne approfittai per esercitare il sacerdotale ministero e cogli Italiani della Colonia e cogli altri della carovana: vi furono parecchie Comunioni.
Il 18 novembre si proseguì il viaggio sempre sulle sponde del Chubut, fino al Passo degli Indii, punto del fiume così chiamato per essere facilmente guadabile a cavallo e molto conosciuto dagli Indii. Con nostro rincrescimento qui dovemmo abbandonare il fiume per dirigerci verso Sud, descrivendo una curva di una ventina di miglia, onde raggiungere la Valle di Tecà. Le nostre fermate d'or innanzi venivano fissate dalle sorgenti d'acqua, che si trovavano di tanto in tanto alle falde delle colline. I nomi di queste sta zioni, quasi tutte sulla medesima linea, sono indigeni , ed indicano la lunga dimora e dominazione degli Indii in questo zone. Dopo due giorni di marcia s'arrivò all'Est della catena d'Olte, prolungata direttamente da Nord a Sud con più di 80 miglia di lunghezza. Ci fermammo in una profonda gola, rinfrescata da una buona sorgente, chiamata Menuco de' Ania. Ania è un lago salato a 6 chilometri circa dalla gola. Ma vogliono che non abbia che le apparenze di lago, non essendo altro che una vasta superficie coperta di salnitro.
Il 20 novembre viaggiammo in un' immensa valle parallela alla catena chiamata d'Olte, inclinandosi sensibilmente la strada verso il Nord, ove si trova l'elevato altipiano di Potra-choique. Quivi fummo sopraggiunti da un' impetuosa e gelida corrente di vento, pioggia e neve, che ci flagellarono la faccia ed intirizzirono le membra; mentre il carro correndo a saltelloni in mezzo a quelle scabrose roccie, ci ammaccava dolorosamente le ossa. Gli stessi muli sbuffando scuotevansi la testa e si fermavano ad ogni istante, ed i soldati a mala pena potevano spingerli avanti. Finalmente, come Dio volle, si arrivò a Quichaure.
Quichaure è un magro fiume che scorre al fondo della valle del medesimo nome, con direzione N. S., avendo all'Est l'altipiano di Potra-choique ed all'Ovest la catena di Tecà. Il Governo Federale vorrebbe destinare questa valle a colonia d'indigeni. Ma i pascoli sono nè abbondanti, nè nutritivi; non si vede altra vegetazione che sterpi ed arbusti brizzolati, e vi soffia quasi sempre freddo e gagliardo il vento. A me pare che una colonia in questo luogo morirà prima di nascere, e mi dicono che gli stessi Indii non ne vogliono sapere.
Quivi, nel sito migliore, trovammo i fratelli Gulielmo e Bernardo Mulhahal , irlandesi, pei quali aveva lettere di raccomandazione da lei, Sig. D. Rua. Sono persone compitissime e ci usarono ogni riguardo possibile in queste lontananze. Al nostro arrivo stavano tosando le pecore, aiutati da un buon numero di Indii cristiani ed infedeli; sospesero tosto i lavori per dare comodità alle loro genti d'intervenire alla Missione. Qui potei battezzare e cresimare quattro Indii adulti. Furono le primizie di questa mia missione, e posso lodarmi della loro buona volontà e profitto. Uno di essi volle assolutamente che gli dessi parola di accettarlo nella Casa di Rawson, dove mi accompagnerà nel mio ritorno.
In Quichaure abbiamo avuto più esatte notizie dell' indovino e de' disordini da lui causati. Si chiama Cayupul, dell'età di circa trent'anni, ed è pagano. Saputo dell'arrivo del Governatore, temendo di esser chiamato a render conto del suo operato, sparse voce che al nostro apparire egli sparirebbe. Del resto minacciò guai terribili al cristiano, che osasse oltrepassare la linea da lui tracciata intorno al suo toldo: ei sarebbe ingoiato all'istante dalla terra. Frattanto gli Indii per suo consiglio si disciplinavano e facevano esercizi di lancia a cavallo. Tutti i giorni se ne aumentava il numero, provenienti da luoghi assai remoti e con viaggi penosissimi, sicchè allora formavano una popolazione di circa 400 persone. Per questo e per certe espressioni misteriose e minacciose sfuggite agli Indii, tutti i cristiani di qui, specialmente i negozianti, temevano un malón, vale a dire un'irruzione ed un disastroso saccheggio per parte degli Indii. E veramente v'era ragione di temere, sapendosi inoltre che il negoziante Battista Ferrari (quel medesimo che tre anni sono accompagnava D. Milanesio) era già stato derubato e percosso dagli Indii, che venne pure spogliata la casa d'un toscano, di nome Artemisio Casarossa, e che gli stessi fratelli Mulhahal si lamentavano coll'Autorità d'essere stati dagli Indii derubati di alcuni de' loro migliori cavalli.
Il Governatore , avendo saputo che tra gli Indii al servizio de' signori Mulhahal v'era un nipote dell'indovino Cayupul, il quale aveva partecipato ad un'orgia comandata dallo zio, per conoscerne il netto, lo fece chiamare. Ma l'Indio disse e disdisse; tergiversò, negò, difese ed imbrogliò tanto la cosa, che non se ne potè cavar nulla di chiaro e positivo. Io aveva allora appena finito di celebrare la S. Messa: sicchè potei assistere dalla mia tenda all'interrogatorio, che si faceva ad alta voce e a poca distanza. All'accusa mossa dal Governatore a Cayupul d'ingannare gli Indii, facendo lor credere d'aver relazione diretta con Dio e parlare con Lui faccia a faccia, l'astuto nipote rispose lestamente: « Anche il Padre vostro insegna lo stesso; l'ho udito io testè: ci diceva che quella che egli ci annunziava è parola di Dio, e che i cristiani ponno parlare con Lui a' loro piacere, e che Iddio li ascolta ». E ci volle del bello a fargli comprendere la diversità della cosa, e spiegargli la farsa dello zio scroccone, per vivere lautamente ed arricchire senza fatica a spese de' gonzi.
Intanto il sole s'era avanzato sull'orizzonte e a noi urgeva partire. Il Governatore, lasciato ordine che il tenessero avvisato d'ogni novità, comandò sì partisse. Le gentilezze de' signori Mulhahal, il riposo della notte, i frutti raccolti nel ministero m'avevano rinvigorito e ritemprato l' animo: partiva soddisfatto ed allegro, ed allegri pure erano i compagni di spedizione.
Solamente i cani guaivano scuotendo la testa e il dosso irrequieti: volevano espellere di dosso las garrapatas. La garrapata è un insetto della famiglia de' parassiti, di color cenerognolo e simile a grossa pulce. Aderisce colle gambette agli animali ed anche agli uomini, e spingendo la velenosa proboscide tra poro e poro, vi succhia sangue fino ad acquistare la grossezza d'una nocciola. Allora, avendo più forza l'inglorioso ventre che non la microscopica proboscide e le gambuccie, l'animaletto si stacca e cade. E se succede, che strappandoselo via e anche cadendo da se stesso vi lasci il pungiglione, genera una grande enfiagione, con un malessere in tutta la persona e talvolta anche la febbre. In queste valli s'incontra pure una specie di ragno delle proporzioni d'una rana. Ha la testa, le gambaccie ed il dorso pelosi e screziati a' varii colori sbiaditi, precisamente come il rospo. Cammina velocemente e ballando. Stuzzicato si rivolta e spicca salti con prodigiosa elasticità. Vive in piccole tane sotterra, di dove sbuca improvvisamente per piombare addosso al malaugurato insetto che s'imbatte a passargli davanti. La sua punzecchiatura è anche velenosa, ma non mortifera. Ci venne fatto di vedere anche varie vipere velenose e parecchi scorpioni: anzi uno di questi de' più mortiferi s'introdusse persino tra le pelliccia del mio giaciglio: ma, grazie a Dio, non m'ha recato danno alcuno.
Usciti dalla valle Quichaure, viaggiammo per cinque ore in direzione Nord, tra le gole dell'Antiprecordigliera, onde arrivare alla Valle di Tecà, che si stende in direzione N. S. per la bellezza di 90 miglia, colla larghezza di tre in media. È fiancheggiata da due catene di colline parallele. Il terreno è tutto coltivabile. Un fiume di buona corrente ed ingrossato ad ogni tratto da altri fiumicelli e da torrenti, che discendono dalle prossime montagne della Precordigliera, chiamato Teca od anche Sac-mata, la va attraversando in tutta la sua estensione, rendendola amena e fertilissima. Tuttavia è quasi intieramente disabitata; si vede solo rarissimamente qualche gregge di pecore o armenti di buoi e cavalli. Vi abbondano però i guanachi, i camosci e gli struzzi, che fuggivano spaventati davanti a noi, spinti dalla nostra carovana, fino a tanto che, infilando una gola, velocissimamente salivano alle vette, di dove i guanachi specialmente ci guardavano ancora irrequieti e sospettosi, salutandoci con forte e prolungato nitrito, a guisa dei cavalli.
In questa valle incontrammo il vecchio cacico Foyel, il più sanguinario di quest'incommensurabile Pampa, terrore della Colonia Gallese e complicato nell'assassinio, di cui ho precedentemente parlato. Ora non comanda che a poca gente ed è poverissimo : quindi come leone dagli unghioni spuntati , ci salutò tutto umile ed ammansito, chiedendoci del tabacco.
Al cadere del solo del giorno 23 novembre potemmo giungere alla meta prefissaci. Quivi si trova la casa di commercio d'un buon italiano, uomo cortesissimo, conosciuto qui col nome di Francesco e col cognome di Pecoraro. Ci prestò ogni sorta di cure, pel che lo ricorderemo sempre con riconoscenza. Questa casa, fatta di fango, e coperta di paglia, è l'unica che vi sia nella valle: gli altri non hanno che tende di tela o meschinissime capanne di giunchi. La stessa casa del Sig. Francesco non offre alloggio e noi dovemmo dormire sotto tenda, precisamente come nella Pampa.
Qui si seppe che il Commissario di Polizia presso gli Indii aveva fatti chiamare il cacico Sac-mata ed il capitanejo Salpú, per sventare le trame del sedicente profeta, annunziare loro l'imminente arrivo del Governatore e comandar loro che, ritornati alla loro tolderia, si portassero subito all'incontro del Governatore stesso. Era questa una felice occasione per prender misure efficaci coi due Capi, abboccandosi con loro prima che fosser prevenuti ed indettati da Cayupul. Il Governatore pertanto determinò che questa nostra tappa si prolungasse fino all'arrivo de' due Indii; come difatti si fece con grande vantaggio della mia missione, come dirò in seguito.
(Continua).
Riconoscenza a Maria.
Un bravo dottore narra per iscritto la seguente portentosa grazia ottenuta mercè l'intercessione della Vergine Ausiliatrice. Una sua diletta bambina ammalata di pleuropolmonite, era arrivata a tal punto di aggravamento, che i medici non nutrivano più alcuna speranza di guarigione; anzi un giorno consideravano come certo che non sarebbe più giunta viva alla notte. Fu in quel giorno che si invocò con viva fede l'aiuto di Maria Ausiliatrice. Ed ecco che, con meraviglia di tutti, all'indomani la bambina viveva ancora, ma assai migliorata, ed il miglioramento proseguì tanto rapido che in capo a due giorni la piccola ammalata era fuori di pericolo. - Il buon dottore, riconoscente a Maria Ausiliatrice per così segnalata grazia, colla relazione invia pure L. 2000 per le Opere di Don Bosco.
Sac. DOMENICO BELMONTE.
Guarigione miracolosa.
Incomodato già da parecchi mesi da vari acciacchi che m'impedirono non poco l'adempimento de' miei doveri, fui repentinamente il giorno dell'Epifania colpito da fierissimi dolori di reni, che mi obbligarono a riposo continuo. I dottori curanti li dissero effetto di nefrite, e consigliarono con istanza che fossi recato alla Casa di Salute dell'Ospedale della nostra città, dove solo si potevano applicare i rimedi valevoli a vincere il male. Vi fui tosto portato, e ne ebbi le più assidue ed amorevoli cure, di cui conservo nell'animo la più viva riconoscenza. Ma, dopo un mese e mezzo di soggiorno colà, il male aveva progredito tanto, che fui ripetutamente dichiarato incurabile e si aspettava di giorno in giorno la mia morte. Il mio Sig. Direttore, D. Gio. Battista Rinaldi, vistesi così mancare le ultime speranze della mia guarigione, si rivolse con forte animo agli aiuti del Cielo; e raccolti attorno a sè i più che 200 giovani che si vanno allevando nell'Istituto nostro, propose di impetrare, con tutti i mezzi che la pietà insegna, dalla Vergine SS. pei meriti del suo castissimo Sposo la mia oramai straordinaria guarigione. Era imminente la novena del glorioso S. Giuseppe: i giovani corrisposero con slancio all'invito del Sig. Direttore: il male in me faceva gli ultimi passi; ma la fiducia nella bontà della Vergine SS. e del Santo cresceva in proporzione. La mattina del 19 marzo, mi trovava spossato, ma non più aggravatissimo come prima: nel pomeriggio volli alzarmi e camminai un po' a braccetto dell'infermiere : il giorno dopo volli tornare in Collegio e mi fu permesso per quel principio che agl'incurabili nulla si niega. La Vergine Benedetta s'era compiaciuta delle nostre preghiere; d'allora in poi la convalescenza è stata regolare, tanto ch' io già ho potuto riprendere la celebrazione della S. Messa, e mi trovo lungo il giorno fra i miei confratelli e fra i giovani, che naturalmente non avrei mai più potuto vedere. Al mio Sig. Direttore, che con tanto affetto impetrò dalla Vergine SS. Ausiliatrice questo bene, sia il pensiero di ringraziarnela nel miglior modo possibile anche pubblicamente. Io intanto fo di cuore ardentissimi voti che questo secondo corso della mia vita, per sovrumana bontà della Vergine SS. e del Santo ora intrapreso, abbia tutto ad essere dedicato alla gloria di Dio, ad onore di Maria SS. e a vantaggio dei nostri giovanetti.
Istituto Salesiano di Faenza, 14 Maggio 1896.
D. FELICE MAESTRI.
Sono lietissimo di poter anch' io fare ampia testimonianza della grazia portentosa e di primo ordine che la Vergine SS. Ausiliatrice per intercessione del suo castissimo sposo S. Giuseppe, si compiacque di farci il dì della festa del glorioso Santo a favore del caro confratello Don Maestri. Colpito da diabete-nefrite, stava da circa tre mesi in letto e sotto cura, quando si aggravò tanto che perdette perfino del tutto la vista, ed i medici curanti e gl' infermieri l'ebbero e lo dichiararono più volte a me per ispacciato. In questa terribile situazione pensammo di ricorrere unicamente a chi può agire con mezzi sopra la natura, e incominciammo tosto una novena di preghiere e Comunioni alla nostra buona Mamma Maria Ausiliatrice, per i meriti del glorioso S. Giuseppe, di cui cominciava la novena lo stesso giorno. Pareva sulle prime che non ne dovessimo essere esauditi, e l'ammalato si andava aggravando tanto, che passato tra noi l'amatissimo Sig. D. Cerruti, dopo averlo visto, mi suggerì di amministrargli presto l'Estrema Unzione. Ma la nostra fiducia sentivasi crescere col diminuire d'ogni speranza umana, e l'ammalato stesso, nei momenti lucidi andava ripetendo: Conviene pure che tutto sia disperato, se la grazia ha da venire del tutto di lassù. E così avvenne. Il giorno di S. Giuseppe cominciò la guarigione lenta, ma senz'arrestarsi più, tanto che il carissimo Don Maestri già celebra anche da solo la S. Messa, e può scendere nel tempo buono in cortile con gioia e soddisfazione comune. Tale grazia non è solo nota a noi, ma di essa parla tuttora la città di Faenza, ed i nostri giovanetti dicono spesso al veder D. Maestri : Ecco il morto risuscitato da Maria ! Noi abbiam promesso un pellegrinaggio a qualche santuario e lo facemmo alla Madonna del Fuoco in Forlì, dove avemmo cordialissime feste dall'Ecc.mo Vescovo, dal Collegio Aloisiano e da tutta quella cittadinanza. Parmi tuttavia necessario che questa strepitosa guarigione sia resa pubblica sul Bollettino Salesiano. Oh ! sì, gridino tutti con noi: Viva, viva sempre la nostra SS. Madre Maria Ausiliatrice!
Sac. Gio. BATTISTA RINALDI. A Maria non si ricorre mai invano.
Il giorno 11 febbraio del corrente anno si ammalò di forte pleurite e polmonite il maggiore dei nostri figli, il Giuseppino, di circa sette anni. Fu subito chiamato il medico, il quale riscontrò nel piccolo ammalato gravi sintomi di serie malattie, dandoci poca speranza sulla guarigione di lui, ciò che pure dissero poscia altri tre medici chiamati per consulto. La triste dichiarazione gettò profonda costernazione in tutta la famiglia. Ma quantunque immersi nella più angosciosa trepidazione, ci siamo rivolti subito con cristiana fiducia a Colei, cui mai si ricorre invano, e mandammo subito un'offerta a Don Rua, pregandolo che facesse celebrare una Messa, onde ottenere la grazia che la malattia del nostro amato figliuolo si arrestasse, promettendo ancora, oltre alle più fiduciose e fervide preghiere, di far pubblicare la grazia sul Bollettino Salesiano, se risparmiava al nostro
Giuseppino una sì grave e pericolosa malattia. Vero miracolo ! Appena fatta tale promessa, scomparve ogni sintomo pericoloso, e al ritorno dei medici lo trovarono con sorpresa grandemente migliorato; tanto che dopo pochi giorni il nostro amato Giuseppino potè lasciare il letto, e in seguito ad una felice convalescenza ora si trova perfettamente ristabilito. In attestato di riconoscenza, in adempimento della promessa fatta e ad onore di Maria SS. Ausiliatrice desideriamo sia pubblicata la presente relazione.
Torino, 27 Maggio 1896.
I Genitori
GIUSEPPE ED ANGELA BORELLO.
Viva sempre Maria Ausiliatrice!
Da circa dieci anni io aveva un credito con una persona strana e cavillosa. Con buoni e cortesi modi aveva tentato molte volte di indurre questo mio debitore al suo dovere, ma inutilmente. Secondo lui, io non era suo creditore legale. Mi vedeva pertanto povero, orfano e cieco, e certamente, con tutte le mie buone e giuste ragioni, anche per via legale ne sarei uscito malconcio. Che fare allora? Udite dal Bollettino Salesiano le molte grazie, anche temporali, ottenute per intercessione di Maria SS. Ausiliatrice, mi sentii nascere in cuore una grande fiducia in sì buona, tenera ed amorosa Madre e a Lei sola pensai rivolgermi, domandandole aiuto nel mio caso. Chiesi e subito ottenni di esser coadiuvato nelle preghiere dal R.mo Don Michele Rua, degnissimo Rettore dei Salesiani, e da' suoi cari giovanetti. Anzi questi buoni figli di Don Bosco diedero principio ad una novena all'altare di Maria SS. nel suo santuario in Torino per impetrare appunto dalla potente Ausiliatrice dei Cristiani la grazia desiderata. Promisi indi un piccolo obolo per le Opere Salesiane e di far pubblicare sul Bollettino Salesiano la grazia ottenuta. Da quel momento la mia questione cangiò aspetto: io fui soddisfatto di capitale e d'interessi con mia somma sorpresa ; ne siano rese grazie in eterno alla Celeste Ausiliatrice. In segno di riconoscenza invio una piccola offerta per le Opere Salesiane ed un' altra per la celebrazione di una Messa all'altare di Maria SS. Ausiliatrice in ringraziamento del beneficio ottenuto.
Sassello (Genova), 30 Maggio 1896.
LUIGI FALCO di G B.
Maria consolatrice degli afflitti.
Oppresso da grave tribolazione, ricorsi con fiducia a Maria Ausiliatrice, promettendo, se otteneva la grazia, di pubblicarla nel Bollettino Salesiano e di mandare un'offerta all'Oratorio di Torino. Ora esaudito nei miei voti e pieno di riconoscenza verso la Vergine SS., adempio alle fatte promesse.
S. Stefano in Zerfognano, 2 Giugno 1896.
D. MICHELE SANGIORGI.
Grazie a Maria.
Mia figlia, colpita da grave malore che minacciava di complicarsi sempre più,si trovava in condizioni allarmanti. Angosciata ricorsi a Maria SS. Ausiliatrice, supplicandola del suo potente patrocinio e feci una novena, promettendo di fare un'offerta al suo santuario e di pubblicare la grazia, se mi avesse esaudita. Subito si mostrò un visibile miglioramento nella salute di mia figlia, ed ora ella si trova perfettamente guarita. Ed io riconoscente per questa grazia segnalata adempio alla promessa fatta. Siano rese alla SS. Vergine grazie infinite !
S. Germano Vercellese, 3 Giugno 1896.
MADDALENA BARBERA-ROLLONE.
Rendono pur grazie infinite a Maria SS. Ausiliatrice, per segnalati favori ottenuti mercè la potentissima sua intercessione, i seguenti
Il Sig. R. B. di Susa , il quale caduto in istato di ebetismo, fatto ricorso a Maria, riacquistò l'uso delle sue facoltà mentali.
P. V. S. di Torino, che afflitto per varie, quistioni da decidersi dai tribunali, fe' ricorso a N. S. Ausiliatrice ed ottenne in breve un felice scioglimento.
M. A.. Maestra Elementare, che, essendo ancora senza impiego, desiderosa di ottenerlo prima che giungessero le vacanze, nel mese di Maria Ausiliatrice a Lei si raccomandò ed in pochi giorni fu esaudita.
Una figlia di Maria del Collegio di Nizza Monferrato, per aver salvo nella guerra di Abba Garima il fratello che portava indosso la medaglia di Maria Ausiliatrice.
N. N. di Valpesio, per aver contro ogni speranza riavuto un credito di somma rilevante in seguito a ricorso a Maria Ausiliatrice.
Un gruppo di Chierici esauditi nelle preci che innalzarono alla Vergine Ausiliatrice, innanzi al suo altare, nel giorno 24 maggio, per la guarigione di un loro diletto compagno.
Emilio Pallaver per la Sig.a Teodolinda Dal-Ri, la quale nel giorno stesso che ricevette il Diploma di Cooperatrice Salesiana, raccomandatasi a Maria Ausiliatrice, ebbe la consolazione di vedere a migliorare la propria figlia ammalata.
B. S., della Provincia di Bergamo, dopo essersi raccomandata a Maria Ausiliatrice, ricuperò un forte capitale e la guarigione di un male di stomaco giudicata incurabile.
Un'Oratoriana delle Figlie di Maria Ausiliatrice di Varazze, che ottenne in modo veramente meraviglioso la pace in famiglia con una novena di preghiere alla Vergine Aiuto dei Cristiani.
Olimpia Razzoli di Feletto, offrendo alla Vergine Ausiliatrice la tenue somma di L. 20 come piccolo tributo di riconoscenza per grazie ottenute e protestando eterna gratitudine a questa Divina Madre. -- D. Bartolomeo Pavesio, a nome dei Coniugi Pietro Zucca e Teresa Fassio di Riva di Chieri, per l' ottenuta guarigione alla loro figliuola Paolina. - Una Cooperatrice di Porcia. - Il Sac. Andrea Meloni per un giovane laureato in composizione musicale, Reggio. - Metilde Canepa, Torino. - Amabile Bechelli, S. Pellegrino-Garfagnana. - D. Francesco Naccari, Chioggia. - D. Luigi Figgiotto. Curato di S. Bortolo di Arzignano. - Giovanni Assalini fu Giacomo, Ospitaletto. - Nicola De-Sanctis, S. Benigno Canavese. - D. Ambrogio Salatti - Catterina Crana - Angela Colussi, Zoppo la. - S. B. P. B., Roata Canale. - Anna Sardo, Angelo Spigolon, Maria Burato, Anna Ceccolo, Gaetano Sabadin, tutti di Vicenza. - Maria Crosio, Figlia di Maria Ausiliatrice di Nizza Monferrato. - Una cooperatrice di Savona. - Margherita Delù, Asti. - Teresa B., Gorrino. - N. N., Castello Valtravaglia. - Catterina Belli, Trasogno. - Francesca Bertoli-Fannio, Cavassonuovo - Teresa Zuchet, Maria ed Arnia Gobbo, Tiezzo. - Angola Gregori, Fiume. - Giuseppina Dognibene, Torino. -Nomino Antonino, Tesserete. - Giuseppina Guallini, Stradella. - La Famiglia A. di Alassio. - Don Francesco Benedicenti, Riva di Chieri. - Antonietta Cambiago n. Repetto da Sampierdarena venne a Torino a ringraziare la Madonna di Don Bosco. - Carlo Zanini, Cuvio. - C. B. Maestra. -Teresa Martinengo, Montiglio.
BUONE VACANZE Miei cari giovani,
LE scuole ornai sono terminate, l' incubo degli esami è pur superato, e voi leggieri leggieri siete volati in seno alla diletta vostra famiglia, a godervi il meritato riposo, a rinfrancarvi l'affievolita salute.
Ovunque voi siate, o nelle ubertose nostre pianure o sulle ridenti colline, o in riva al placido mare o sopra gli alpestri monti, ricevete il caldo e sincero augurio di buone e felicissime vacanze, che di cuore v'invia questo vostro amico, cui voi, dacchè ci conosciamo, avete già dati segni tali d'affetto e di simpatia, che impossibile mi sarà il dimenticarmi di voi. Oh! possiate, respirando la saluberrima aria dei vostri paeselli, accanto agli amati genitori, possiate divenire sì rosei e paffutelli, da mettere invidia a chiunque vi vegga al ritornare della stagione degli studii.
Ma non crediate, o cari amici, che far vacanza voglia dire far niente del tutto. Pur troppo è questo il pregiudizio che hanno molti dell'età vostra, i quali appena l'anno scolastico è giunto al suo termine, gettano in un canto i libri, nè più li ripigliano che al novembre seguente, passandosi intieramente i giorni ed i mesi nella spensieratezza ed in balìa dell'ozio. Oh! ricordatevi di ciò che apprendeste alla scuola. - l'ozio è il padre di tutti i vizi - l'ozio corrompe la bontà della natura - l'ozio quasi ruggine consuma l'uomo - l'ozio è la morte dell'uomo - una vita oziosa è una morte anticipata. - Queste veraci sentenze, uscite dalla bocca della sapienza divina ed umana, sono pur troppo confermate dalla esperienza. A quel modo che un terreno, il quale non sia stato nè seminato, nè piantato germoglia ogni sorta di cattive erbe; così l'anima umana quante volte non ha in che occuparsi, s'abbandona al mal fare. E come l'acqua stagnante si corrompe, la spada sempre invaginata irruginisce, il piè che non si muove istupidisce e lo spietato dente della tignuola rode la veste disusata; parimenti nell'ozio la virtù si corrompe, si spegne il sentimento de' proprii doveri, s'ottunde l'intelligenza, scema la memoria e si genera la fralezza e la viltà. Sì, ove signoreggia l'ozio, ivi più non apparisce imagine o simulacro di virtù, più non riluce raggio d'ingegno, più non vive pensiero di gloria e d'immortalità.
Di ciò pienamente persuasi, fuggite, o giovani, fuggite l'ozio e guardatevene sempre bene, come vi guardereste dalla peste più esiziale. E però, quando vi pigliate riposo di quegli utili divertimenti, che, divagando la niente, mettono in movimento il corpo e giovano moltissimo a rinforzarvelo, associatevi di buon grado ai vostri genitori in tutti quei lavori e quelle occupazioni, in cui vedete l'aiuto vostro tornar loro di qualche sollievo. Né lasciate che la polvere copra i vostri libri sul tavolino; ma ogni giorno assegnate almeno un'oretta alla lettura di qualche buon libro, che v'istruisca la mente e vi educhi il cuore , e nel riandare le belle cose apprese nel testè decorso anno scolastico. affinchè non capiti a voi quel che suol avvenire a non pochi trascurati giovanetti, che al fin delle vacanze sanno meno che non al principio di esse.
E voi, o immensa falange di giovanetti educati alla scuola dei Figli di Don Dosco, continuate presso ai vostri parenti la bella usanza di assistere ogni giorno al S. Sacrifizio della Messa. Oh! questa bella, questa pia pratica, che ora vorrei proporre all'imitazione di tutti i giovanetti non solo, ma di tutti i cristiani, varrà ad ottenervi dal Signore copiose le celesti benedizioni, a liberarvi da tanti pericoli ed a far sì, che dalle vostre vacanze voi ritraiate non piccol vantaggio materiale e morale.
Adunque siamo intesi: il nemico dell'uomo non vi trovi mai disoccupati. State buoni, sani ed allegri e dalle vostre campagne mandate un pensiero al
Vostro Aff.mo amico
D. C. GIULIVO.
ALASSIO.
REV.Mo SIG. D. RUA,
CERTo di farle cosa gradita, voglio quest'oggi darle una breve notizia della cara festicciuola celebratasi in questo Oratorio festivo ad onore di San Luigi Gonzaga, sotto la cui protezione e titolo è posto il detto Oratorio e per solennizzare il Giubileo Eucaristico del nostro S. Padre Leone XIII.
Io certamente non le potrò dire cose nuove e rare, che ella, mio buon Padre, non oda ripetersi ogni dì da qualcuno de' suoi figli sparsi ornai per ogni parte ; ma voglio solo che a consolazione del paterno suo cuore ella conosca come anche ad Alassio siasi potuto finalmente ricavare un copiosissimo frutto da questa benefica istituzione.
Domenica mattina, alle ore 6 e mezzo, secondo l'uso nostro, vi fu Messa e Comunione, che per riguardo a coloro, che frequentano l'Oratorio, poteva veramente dirsi generale. Era bello e consolante veder molte madri, le quali, assistendo alla stessa Messa, volgevano il guardo ora all'altare ed ora ai loro figli e con una tenerezza ed un affetto grandissimo, che loro traspariva dagli occhi, pareva dicessero al Santo della purezza e del candore : « O S. Luigi, voi che siete stato la delizia di Dio, mentr'eravate in questa terra, pigliatevi cura speciale dei nostri figliuoli, pregate per loro il Signore, che ce li tenga sempre lontani dai pericoli di perdere quanto hanno di più prezioso, la fede e la purità del cuore. Deh, fate, o glorioso Santo, che possano almeno in parte rassomigliarsi a voi, divenendo essi la consolazione nostra, come voi foste il gaudio più puro della vostra madre. »
Della Messa cantata e delle funzioni religiose del pomeriggio, riuscite splendidissime, le dirò solo che in esse questi cari giovanetti, guidati dal Prof. D. G. B. Urbano, dimostrarono quanto già abbiano approfittato nell'arte musicale. Alla sera poi, verso le ore 17, nel cortile dell'Oratorio addobbato a festa si tenne dagli stessi giovani una riuscitissima accademia musico-letteraria, nella quale dopo alcune parole sugli Oratorii in genere e su quello di Alassio in ispecie, dette dal Direttore dell' Oratorio stesso, si recitarono bellissimi componimenti in prosa ed in verso intorno a S. Luigi ed al Sommo Pontefice, che piacquero grandemente agli spettatori. Ma ciò che attirava in modo speciale l'ammirazione di tutti era il nuovo concertino che, contando appena otto mesi di vita e sebben composto da piccoli fanciulli, seppe nondimeno eseguire pezzi musicali di non lieve difficoltà, con meraviglia grandissima degli intelligenti.
Amatissimo Padre, benedica questa istituzione, la quale sembra destinata da Dio a recare gran bene ai giovanetti di questa città ; poichè essi non intervengono all'Oratorio solo nei giorni festivi per le funzioni religiose, ma tutti i giorni per l'opportunità di aver quivi e scuola e studio. Anzi alcuni di essi vi si recano di buon mattino pei assistere alla S. Messa e per accostarsi di tanto in tanto ai SS. Sacramenti. Benedica i benefattori di quest'opera, i quali, colla generosa offerta fattaci in questa fausta occasione, hanno dimostrato di grandemente amarla e di volerla anche sostenere in avvenire. Benedica in modo speciale il braccio forte dell'Oratorio, colui che non pago di prestarvi un grande aiuto pecuniario, vi dedicapur tutto se stesso: sì, amatissimo Padre, benedica il Sig. Cav. Lorenzo Rocca, padre al nostro infaticabile Economo Generale. E con tutti i giovanetti che lo frequentano benedica il Prof. D. Baudo, che ha saputo richiamare questo Oratorio a nuova vita e dargli sì meraviglioso incremento. Infine benedica anche me che le ho dato la presente relazione e si degni avermi sempre presente nelle sue preghiere, affinchè anch'io possa fare un po' di bene. Mi creda intanto suo
Alassio, 30 Giugno 1896.
Figlio Ubb.mo
D. EUSEBIO CALVI.
TORINO.
I giovani intervenuti all'Oratorio festivo di S. Francesco di Sales in Valdocco a celebrare le feste in onore di S. Luigi Gonzaga e pel Giubileo Eucaristico di S. S. Papa Leone XIII raggiunsero il migliaio. Quelli già promossi alla S. Comunione s'accostarono tutti alla Sacra Mensa, offrendo così una numerosissima Corona di Comunioni all' angelico loro Patrono ed innalzando fervorose preghiere per la preziosa conservazione del regnante Sommo Pontefice.
La musica, che accompagnò le solenni sacre funzioni, tanto al mattino che alla sera, fu eseguita dalle scuole stesse dell'Oratorio festivo con molto buon effetto.
Splendida oltremodo riuscì la processione, in cui si portò la statua del Santo. Tutti quei giovanetti, in bell'ordine disposti per classi e preceduti dai loro stendardi e bandiere, con divoto raccoglimento andavano alternando il canto di gloria al loro celeste Protettore. Edificantissimo era il contegno specialmente delle Compagnie del Piccolo Clero, di S. Luigi e del Rosario; gli uni vestiti da chierici, gli altri fregiati del distintivo della propria Compagnia e con in mano il giglio, emblema della purezza de' cuori, presentavano uno spettacolo grandioso e commovente. La banda musicale dello stesso Oratorio festivo poi, accoppiando le sue melodie alle voci dei cantori, accresceva lustro e decoro alla processione.
Nulla più mancava a rendere solennissima la festa, fuorchè l'intervento di un Vescovo, e questo si ebbe nella venerata persona di S. Ecc. R.ma Mons. Bertagna, che uffiziò nella processione ed impartì a quella moltitudine di giovanetti la benedizione col SS. Sacramento.
Anche esternamente la solennità fu rallegrata da scelti concerti musicali, da numerosi e svariati divertimenti, da una piccola fiera di beneficenza pei ragazzi e dai fuochi pirotecnici.
Indimenticabile è l'impressione lasciata in tutti da questa simpatica festa.
CAVAGLIA'.
Nell' occasione del Giubileo Eucaristico del Papa e della festa di S. Luigi Gonzaga, l'Oratorio festivo di Cavaglià inaugurava la fondazione della Compagnia intitolata dall' angelico Protettore della gioventù.
Antecedentemente preparati, i neo-soci e gli ascritti alla Compagnia predetta con edificante pietà assistettero alla S. Messa celebrata dal Direttore dell'Istituto Salesiano, e con ammirabile fervore si accostarono alla S. Comunione. Oh ! come brillavano i loro volti di pura gioia! com'erano cari quei fanciulli che nei loro vergini cuori, non ancora appannati dal soffio dell'indifferentismo, prostrati innanzi all'altare, promettevano di seguire le virtù del loro glorioso Protettore 1 Dopo la S. Messa lo stesso Direttore teneva loro una breve conferenza, esortandoli a perseverare nei loro propositi; quindi, distribuita ad ognuno il distintivo della Compagnia, cioè un elegante nodo di seta, da cui pendeva la medaglia dorata del Santo, furono tutti invitati ad una refezione espressamente preparata, e ricevuta, non è d'uopo dirlo, col più vivo entusiasmo.
Ma in quel giorno era riservata a quei giovanetti un' altra lieta sorpresa. Nel cortile dell'Oratorio si inauguravano pure nuovi giuochi ginnastici, e quando i fanciulli videro preparati tutti quegli attrezzi proruppero in evviva, in festose acclamazioni, e presi d' assalto i passi volanti, le sbarre di salita, le altalene ecc., era una gara fra tutti a chi sapeva più svelto, più abile dimostrarsi in quei divertimenti, tanto utili alla salute ed allo sviluppo fisico della gioventù.
Nel pomeriggio poi, nella stessa cappella dell' Istituto, il R.mo Vicario di Cavaglià, Monsig. Vella, tesseva con elegante, ma semplice e sobria parola il panegirico del Santo; quindi benediva la bandiera della Compagnia, essendone padrino l' Ill.mo signor conte Carlo Olivieri di Vernier. L'elegante e splendido vessillo, tutto in seta bianca ed a ricami e fregi' in oro, sul quale da una parte campeggia l'immagine di S. Luigi e dall'altra quella del venerabile Gio. Gersen, gloria e decoro di Cavaglià., è dono della nobilissima famiglia Olivieri di Vernier, che coll'artistico e prezioso dono volle dare ai giovanetti Cavagliesi una prova d'amore altamente commendevole.
Verso l'illustre e munifica famiglia dei Conti Olivieri certamente non verrà mai meno la gratitudine di quei giovani cuori, che, specchiandosi nella loro bandiera, rammenteranno sempre che i figli del popolo hanno i migliori loro amici nelle anime elette inspirate allo zelo della beneficenza cattolica!
La bella giornata si chiuse con una rappresentazione drammatica, offertadagli allievi della Scuola di declamazione. Mirabile è il profitto che quei giovani hanno fatto nei pochi mesi dacchè la scuola predetta è aperta ; la loro pronunzia facile, chiara, corretta, il modo di porgere disinvolto, il possesso di scena spiccante in varii di loro, dimostrano che quei ragazzi prendono viva parte alle cure degli egregi loro insegnanti. Anche il teatrino è ottimo mezzo d'educazione, quando svolge nel cuore del giovane l'amore alla virtù, al dovere, tende ad allontanarlo dalla disastrosa via dell' ozio e dei cattivi compagni, il che appunto aveva di mira il dramma rappresentato del Teol. Sac. G. B. Marenco, avente per titolo: Un falso amico.
S. GIOVANNI LA PUNTA.
La festa del 21 giugno a S. Giovanni la Punta, come dappertutto, riuscì davvero un solenne plebiscito d'affetto verso il nostro Sommo Pastore il Papa.
Man mano che il sole splendentissimo si avanzava nel limpido cielo, l'Oratorio si popolava di ragazzi di tutte le età, vestiti a festa e con in volto i segni della gioia. Alle setto un colpo di campanello li raccoglie in chiesa. Il Direttore celebra il S. Sacrifizio. Quei giovanetti sono prostrati, raccolti e come rapiti in quel Dio che discende fra gli angelici cori sull'altare, per poi volare, trionfatore ed amante, nel cuore delle sue creature. Un fervorino del celebrante li anima ad accostarsi alla Sacra Mensa; e tutti, a partire da quelli che per la prima volta ricevono il celeste Sovrano, tutti si accostano all'altare. Vengono dopo le fanciulle, le donne e molti uomini, giacchè la chiesa è pubblica.
Alle dieci si ritorna in chiesa per la Messa cantata ; salgono sull'orchestra alcuni giovani dell'Oratorio, e cantano con somma maestria, più che la loro età non permette, mentre alcuni altri vestiti da chierici con bianche cotte servono all'altare. Caldo ed efficace è il panegirico del Rev. Sac. Nicolosi, Prof. di filosofia al Seminario di Catania, gentilmente arresosi all'invito e venuto appositamente.
In chiesa il Papa ricevette il tributo delle preghiere per la sua salute, la sua gloria ed il suo trionfo ; al dopo pranzo, dopo il vespro e la benedizione solenne col Santissimo, nella cappella dell'Oratorio ricevette quello non meno affettuoso e sincero delle lodi e degli evviva. Vogliam dire un' accademia tenuta dai giovani ed alla quale vollero intervenire anche molte signore e signori di S. Giovanni. Varie bellissime poesie furono lette in onore di S. Luigi e del Papa, furono tenuti applauditi discorsi e si cantarono negli intermezzi molte liete canzoncine da più che duecento giovanili voci.
Fu spedito un telegramma a Sua Santità, onde esternargli l'affetto e la divozione di quei cattolicissimi abitanti, dei giovani dell'Oratorio e dei loro Superiori e dimandargli la santa ed Apostolica Benedizione. Vennero poi distribuiti, oltre uno speciale dono ai giovanetti della prima Comunione, alcuni ricordi della fausta ricorrenza a tutti gli intervenuti. Con un bel discorso di quel Direttore, invitante i padri e le madri a mandare sempre i loro figli all'Oratorio, dove si educano all'amore al Papa, all'amore alla Religione, al vero amore della patria, e con prolungati ed entusiastici applausi di Viva S. Luigi ! Viva il Papa ! ebbe termine la lietissima festa.
S. GREGORIO.
Anche l'Oratorio festivo di San Gregorio non volle essere a nessun altro secondo nel festeggiare il 75° anniversario della prima Comunione del Santo Padre e la festa del suo angelico Patrono San Luigi Gonzaga. La mattina del 21, col cuore mondo e l' allegria sul volto, più di 120 giovanetti, circondati dalle loro mamme, gremivano la chiesa dell'Oratorio, e dopo aver salutato il loro amabile Patrono con una lode, ascoltavano la S. Messa. Quanta pietà in quei giovanetti, nel recitare le divote preghiere e specialmente nel momento in cui, infervorati da un breve discorsetto del loro Direttore, s'accostavano alla S. Mensa, mentre il canto di due mottetti si sposava alle più soavi armonie !
Alla sera la chiesa era stipata da un numero ancor maggiore di giovanetti che intervennero al panegirico di S. Luigi ed alla solenne benedizione con Tantino Ergo in musica.
Poco dopo si usciva all' aperto cortile ed al grido di W. S. Luigi ! W. Leone XIII! si dava principio ad una abbondante estrazione di premi ai fanciulli che si erano distinti per bontà e frequenza all' Oratorio.
La gioia più pura brillava sul viso dei tanti cari fanciulli, lieti di aver esternato il più vivo sentimenti, d' affetto al loro comune padre il Papa !
Non possiamo chiudere queste relazioni, senza mandare di cuore un plauso ai giovani dell'Oratorio Salesiano S. Giuseppe di Novara, i quali alle loro splendide feste vollero aggiungere l'omaggio di uno stupendo Numero Unico, portante l'immagine del Grande Pontefice benedicente, una lettera di quel veneratissimo Vescovo e varii bellissimi componimenti in versi e in prosa : Numero che in molte migliaie di copie venne distribuito come ricordo in quella ed in altre città ai giovanetti che frequentano gli Oratorii festivi.
D. Francesco Naccari.
Con vivissimo dolore annunziamo la morte del nostro Direttore Diocesano di Chioggia, avvenuta in quella città la mattina del giorno 28 dello scorso luglio.
Era sacerdote ornato di elette virtù e zelantissimo amico nostro.
Noi lo raccomandiamo vivamente alle preghiere di tutti. In pochi anni è il secondo dei nostri Direttori Diocesani del Veneto che ci vien rapito. Il primo fu l'indimenticabile P. Doria di Venezia, pel quale oltre ad altri suffragi celebrammo solenne funerale in Valsalice (Torino), nell'occasione che colà tennesi nel settembre 1893 il primo Congresso dei nostri Direttori Diocesani. Nel settembre p. v. tenendosi nello stesso luogo il secondo Congresso di tali Direttori, ripeteremo solenni suffragi pel compianto D. Naccari.
Iddio pietoso esaudisca i nostri voti ed i voti di tutti i nostri Cooperatori e gli dia prontamente la gloria del Paradiso!
CONFERENZA E ACCADEMIA.
Egregiamente furono insieme combinate queste due cose, da riuscire un geniale trattenimento, la sera del 28 giugno nell'Istituto Salesiano delle Scuole Apostoliche di Torino.
Sopra antenne collocate con simmetria nell'ampio cortile del Collegio, dove doveva aver luogo la conferenza, sventolavano le bandiere delle regioni, nelle quale i Salesiani hanno case di educazione. La banda dell'Istituto rallegrò con scelte marcie i convenuti, ai quali presiedeva un nostro Superiore, il Sac. Dott. Francesco Cerruti.
Dopo un saluto recitato da un giovinetto collegiale, prendeva la parola D. Trione, il quale intrattenne il numeroso uditorio sul tema: Don Bosco e le aspirazioni del secolo xix. Si ebbe di mira in questi tempi di moltiplicare le scuole, per dirozzare coloro che saranno la speranza della patria, e D. Bosco aprì collegi e case di educazione dove la tenera gioventù viene istruita ed educata secondo la vera morale, cristiana. Si vollero far progredire le arti, e D. Bosco fondò case e vi pose laboratori , dove si insegnano tutti i mestieri e nello stesso tempo si ammaestra l'artigiano nelle verità e nella pratica della religione. Accennò anche all'opera di civilizzazione che intraprese D. Bosco nelle lontane regioni d'America e come i figli suoi continuino a seguire l'esempio del padre.
Il tutto lasciò buona impressione nei convenuti, i quali lo dimostrarono nella generosità della abbondante elemosina raccolta a vantaggio delle Opere Salesiane.
I GENOVESI A MARIA AUSILIATRICE.
Anche a Genova, la città dedicata a Maria SS., la festa dell'Ausiliatrice dei Cristiani riuscì solenne e devota. Secondo il Calendario dell'Arcidiocesi detta festa era stata trasportata ai 17 di giugno, ed appunto quel giorno fu prescelto per festeggiare la Madonna di Don Bosco.
I Genovesi, divoti come furono sempre di Maria SS., non mancarono anche questa volta di accorrere numerosi a rendere omaggio alla potente Regina del Cielo. Fu eseguita dai giovanetti dell'Ospizio di Sampierdarena la solenne Messa in sol a quattro voci del Cherubini. L'esecuzione, benchè difficilina, non poteva desiderarsi migliore. Colorito d'espressione, affiatamento di voci, precisione e sicurezza negli attacchi, giusta interpretazione, tutto in una parola si notò in quei bravi giovanetti. Ne dirigeva l'esecuzione l'ottimo maestro Noceti. Sedeva all'organo l'egregio organista della Consolazione, Giovanni Firpo. Il discorso fu detto dall'illustre oratore Can.co Giovanni Saporiti, che per tre quarti d'ora tenne pendente dal suo labbro il numeroso pubblico, parlando della nostra buona Mamma Maria.
La benedizione col Venerabile poneva termine alla bella funzione.
D. A. R.
LA FESTA DI MARIA AUS. A BOBBIO.
Essendo le Domeniche precedenti impedite e volendo pur avere un giorno festivo per solennizzare la Madonna di Don Bosco, si scelse a quest'uopo, con un po' di ritardo, la 1a Domenica di luglio. Al mattino vi fu Comunione generale. Alla sera, premesso il S. Rosario, si tenne la conferenza, alla quale intervennero non solo i Cooperatori e le Cooperatrici, ma anche numeroso popolo, che compiacevasi di assistere ad una festa destinata a far viemmeglio conoscere l' Opera di Don Bosco che è opera di Dio. Oh! possa quest'opera provvidenziale tornare di grande vantaggio anche alla gioventù bobbiese! La qui unita somma di L. 25 è l'offerta, piccola sì, ma cordiale di questi buoni Cooperatori. L'aggradisca la Vergine Ausiliatrice e ci prenda tutti sotto il validissimo suo patrocinio!
Ed a questo proposito, credo mio dovere annunziare come il nostro caro D. Giuseppe Buelli, in seguito ad una promessa a Maria Ausiliatrice ch'egli manterrà ogni anno, ha ottenuto la guarigione in modo affatto meraviglioso. Ne sia dunque pubblicamente ringraziata questa potente Ausiliatrice dei Cristiani !
C.co FRANCESCO CADEBÒ.
L'OPERA SALESIANA A TREVI.
Anche qui poco per volta principia ad estendersi l'Opera salesiana. Domenica 12 luglio, come chiusura anche dell'anno scolastico per i giovani di quinta ginnasiale, si è celebrata con solennità la festa di S. Luigi, e si tenne in chiesa la prima Conferenza Salesiana. L'oratore, il M. R. Sig.or Priore D. Giuseppe Agostini, con un dire semplice insieme ed elegante tratteggiò a grandi tratti l'Opera di D. Bosco; e la sua esortazione a mostrarsi validi Cooperatori dell'opera nostra non riuscì vana, chè si raccolse in fine una discreta elemosina.
Si chiuse la festa con un piccolo trattenimento accademico, e con qualche giuoco pirotecnico, a cui prese parte tutta la cittadinanza trevana.
La festa nel tutto insieme riuscì molto bene; al che contribuì assai il piccolo concertino dell' Oratorio festivo salesiano, il quale dopo soli quattro mesi di studio si presentava per la prima volta al pubblico trevano. E già un mese prima aveva accompagnati ad Assisi e rallegrati colle sue armonie i giovani del Collegio, pure diretto dai Salesiani, i quali colà furono ricevuti e trattati con somma gentilezza e cortesia dai buoni frati del Convento di S. Maria degli Angeli e dal M. R. Sig. Canonico Luigi Carloforti : s'abbiano essi un grazie ben di cuore. Quella sera il detto concertino ebbe l'onore di accompagnare il SS. Sacramento in processione; e speriamo che il buon Gesù l'abbia benedetto, e con lui l'Oratorio festivo ed il Collegio, sicchè anche a Trevi possano i Salesiani prestare l'opera loro col medesimo frutto che altrove.
La Ragione guida alla Fede, Corso d'istruzione religiosa e apologetica ad uso delle Scuole Superiori, pel TEOL. FRANCESCO PAGLIA della Pia Società Salesiana - due volumi in-12, di pag. complessive 1948 - Torino, Libreria Salesiana - Prezzo L. 8,50.
Il solo titolo fa conoscere la grandissima opportunità di questo libro. Ma il meglio si è che al titolo corrisponde pienamente il contenuto di esso.
» Epperciò la comparsa del primo volume, nel quale si vide quanto profondamente e chiaramente discutesse le questioni attuali, fu salutata coi più alti encomií da molti reputatissimi giornali, da dotti teologi, da illustri professori.
» Basti nominare uno dei primi periodici del mondo, la Civiltà Cattolica, la quale parlando appunto del 1° volume disse che la prima parte di quest'opera è eccellente e ottimo il compendio di essa. Conchiudendo dichiarò che questo lavoro incarna molto bene il suo concetto, che è un sapientissimo programma sull'insegnamento religioso superiore necessario ai tempi nostri.
» Il 2° volume non è inferiore al primo. Con ragionamento robusto e facile nello stesso tempo, con piena conoscenza della filosofia, teologia ed esegetica cristiana e degli errori moderni armonizza gli insegnamenti della sana ragione colla dottrina cattolica.
» Con critica sicura provata la rivelazione mosaica e cristiana, sventando i sofismi del razionalismo filosofico e biblico, dimostra con logica incontrastabile fino all'evidenza la Divinità di Gesù Cristo, epperciò la divina origine del Cristianesimo, facendone risaltare la eccellente perfezione e sublimità della sua dottrina morale e dogmatica.
» Quest'opera costituisce ora un corso di istruzione religiosa ed apologetica compiuta, piacevole per la varietà degli argomenti, per la forbitezza dello stile, per la proprietà del linguaggio.
» Quest'opera riuscirà giovevolissima non solo agli studenti delle scienze sacre e profane, ma eziandio ai sacerdoti e professori.
» Al dotto Autore vive congratulazioni e infinite grazie pel prezioso dono fatto all'Italia e all'opera sua immensa diffusione ».
Così ne discorre l' Italia Reale-Corriere Nazionale nel suo numero del 14-15 luglio scorso.
L'egregio Autore poi, avendo umiliato al S. Padre copia dell'opera sunnominata, per mezzo del nostro Procuratore Generale , si ebbe le due lettere seguenti:
CARISSIMO SIG. TEOLOGO,
ALLA Segreteria di Stato mi viene questa lettera che, indirizzata a me, riguarda lei ed il suo bel libro. La lettera, a cui si allude infine, è destinata per D. Cassini, a cui già la rimasi.
Nuovamente tante congratulazioni per la sua opera che incontra il plauso di tutti e che altamente onora e la sua persona e la nostra Congregazione. Raccomandandomi alle sue preghiere, mi creda
Roma, 20 Luglio 1896.
Suo aff.mo D. CESARE CAGLIERO.
REVERENDO SIGNORE,
NoN ho mancato di rassegnare nelle mani di Sua Santità il II Volume dell'Opera del Teologo D. Francesco Paglia, intitolata « La Ragione guida alla Fede. » Il Santo Padre accolse con compiacenza l'ossequioso omaggio, ed in segno del Suo gradimento impartì di vero cuore all'autore l'Apostolica Benedizione.
Io poi ringraziando lo stesso Teologo D. Paglia della copia che volle a me destinare, e pregando Lei di rimettere al suo indirizzo la qui unita, godo raffermarle i sensi della mia distinta stima con cui sono
Di V. S.
Roma, 17 Luglio 1896.
Aff.mo per servirla M. Card. RAMPOLLA.
Rev. D. CESARE CAGLIERo Procuratore Generale dei Salesiani.
La questione sociale e la questione religiosa per l'Avv. ENRICO LODI. - Savona, Stabilimento Tipografico Ricci, 1892. Due grossi volumi.
Merita l'encomio di tutti gli uomini di senno l'egregio Avv. Enrico Lodi , il quale in un' opera che egli intitola appunto « La questione sociale e la questione religiosa » si propone dimostrare come lo scioglimento naturale, giusto, pacifico di essa sia unicamente da cercare nella pratica del Cristianesimo. Nuovo non è il concetto: ma ciò che veramente lo rende originale e caratteristico si è. come nota l'autore stesso, l'averlo portato sul terreno dell'attualità e dei fatti, facendo toccar con mano che nella pratica della vita e delle spese quali sono da tutti giudicate senza distinzione di opinioni e di partiti, la questione sociale si connette e s'incastra nella grande questione tra il bene ed il male, la quale, sebbene ora prenda aspetto morale, ora economico ed ora politico, si concreta pero sempre, si determina e si risolve nella questione religiosa, cioè per noi popoli dell'incivilimento nella questione cristiana.
Mirando a questo fine l'Autore ha dato al suo lavoro la forma di romanzo, dove il protagonista (il Sig. Prospero, uomo pieno di esperienza, di senno e di sodi principii religiosi) tiene conferenze interessantissime in famiglia, mentre intorno a lui s'alternano avvenimenti, si delineano e spiegano caratteri, si svolge insomma tutto un dramma, in cui la questione sociale è trattata e incarnata sotto le sue diverse forme. Un avvenimento ha carattere morale, un episodio veste indole politica, una catastrofe ha figura economica. Così fra i personaggi vi è il Socialista, l'Anarchico, il Moderato sincero e il Moderato opportunista, il Conservatore di buon conto ed il Conservatore esclusivo ed interessato. La scelta della forma romantica fu anche suggerita all'Autore dalla considerazione che il suo libro sarebbe letto più facilmente da quella classe di persone numerosissima, in cui maggiormente imperversa l'odierna rivoluzione morale che ha invaso gli spiriti e nella quale i pregiudizi e il preconcetto antireligioso ha fatto maggior guasto; classe che, non usa a studi seri, si lascia attrarre dallo svago di un racconto, in cui studiando proprio se stessa è tratta più agevolmente a ricredersi e rinsavire.
L'opera è in due volumi, ma la materia è così varia, la discusione così bellamente alternata coll'episodio o colla descrizione, il dialogo così spigliato, i caratteri così vivi, le scene così naturali e interessanti, che cominciato una volta il libro non si lascierebbe più.
Tratto tratto ti ricerca le vie del cuore con tocchi tanto delicati, con un sentimento tanto profondo che commuove fino alle lagrime. Sempre poi, e qui sta il merito, ci fa pensare; poiche non sono già declamazioni le sue, non un lirismo a freddo, ma ragioni sode, una logica che convince e persuade.
Mentre pertanto noi ci congratuliamo coll'egregio signor Avv. Lodi per l'opera buona o bella, facciamo voti che il suo libro si diffonda largamente in mezzo del popolo per cui fu scritto, e da vero amico gli procuri tutto quel bene a cui unicamente ha mirato l'Autore. Nessuna biblioteca popolare ben scelta dovrebbe esserne priva.
R.
Rivolgersi alla Libreria Salesiana di Torino - L. 2.50 franco di posta.
1. Abà Angela - Lodi.
2. Abà Carolina - Lodi.
3. Alborico D.Pietro -Masino(Torino). 4. Accomasso Giuseppe - Penango (Alessandria).
5. Antoniotti Carlo - Penango (Alessandria).
6. Azzolino Cont. Anna Maria - Fermo (Ascoli Piceno).
7. Banati Stella - Fumane (Verona). 8. Benedetti Giuditta - Fumane (Verona.
9. Bertolotti D. Giov. Maria - Saluzzo (Cuneo).
10. Biancone D. Domenico - Segni (Roma).
11. Blanchetti Nob. Donna - Torino, 12. Boccardelli D Angelo Segni (Roma).
13. Boccini D. Giuseppe - Verona.
14. Bonati Teresa - Fumane (Verona).
15. Bono Catterina - Vinovo (Torino). 16. Brignoglio Luigi - Penango (Alessandria ).
17. Bruschi D- Luigi - Muiano (Piacenza.).
18. Bussio Marianna - S. Salvatore Monferrato.
19. Caltoni D. Agostino - Vezzano (Tirolo).
20. Cavalmoretti Cesare - Saluzzo (Cuneo).
21. Cazzola Cav. - Cassalmorono.
22. Chesini Sante - Fumano (Verona). 23. Chesini Teresa - Franane (Verona). 24. Cieco D. Girolamo - S. Pietro Mussolino (Vicenza).
25. Cogiola D. Giuseppe - Torino.
26. Colaiacano Domenico - Segni (Roma).
27. Conati Luigi - Fumane (Verona). 28. Conati Regina - Fumane (Verona).
29. Cuminelli D. Eleonoro - Segni (Roma).
30. Damoli Laura - Fumano (Verona). 31. De Feo Aurelia - Omignano (Salerno).
32. Duina Dom. Marietta - Abbadia Alpina (Torino).
33. Falasca Maria Veronica - Segni (Roma).
34. Falasca D. Giovanni - Segni (Roma). 35. Ferraris Domenico fu Gius. - Viarigi (Alessandria).
36. Floris Zanda Teodoro - Pacchilatnio (Sardegna).
37. Fraccaroli Matilde - S. Pietro incar. (Verona).
38. Francesconi Giovanni -Fraine (Brescia).
39. Gallo Stefano -Caramagna (Torino). 40. Gallicciolli Ma. V. Martinoni - Rovetta (Bergamo).