ANNO XX. - N. 7 - Esce una volta al mese - LUGLIO 1896
L'AUTORITÀ D'ILLUSTRI MAESTRI in argomento di capitale importanza . 169
NEL GIUBILEO EUCARISTICO DI LEONE XIII 171 L'EM. CARD. PAROCCHI AI SALESIANI . . ivi UN NUOVO BREVE DEL S. PADRE LEONE XIII a favore dell'Associazione dei divoti di Maria Ausiliatrice . . 172
FIGLIALE OMAGGIO A D. Bosco E A D. RUA 174 DIMOSTRAZIONE DI RICONOSCENZA AL CAV. DOTT. G. ALBERTOTTI . 176
DALL'ESTERO: Trionfo di Maria Ausiliatrice nel Portogallo
NOTIZIE DELLE MISSIONI : - BRASILE : Il Missionario Salesiano all'assistenza degli infetti di febbre gialla sull'incrociatore italiano Lombardia. - PATAGONIA Una Missione nel centro della Pampa. - BOLIVIA: La prima fondazione Salesiana alla Paz
ESERCIZI SPIRITUALI per Maestre Cooperatrici Salesiane ed altre pie Signore . 185
SLANCIO D'AMORE VERSO MARIA Aus. . . ivi GRAZIE DI MARIA SS. AUSILIATRICE . 190 AI GIOVANETTI 19
ORATORII FESTIVI t.i
DAI COLLEGI 194
NOTIZIE VARIE 195
L'uomo, o cari Cooperatori e buone Cooperatrici, l'uomo è inclinato al male fin dall'età più tenera, il fanciullo fin dai suoi primi anni si mostra capace di bene e di male ; le abitudini prese fin dagli anni primieri difficilissimamente si lasciano nel resto della vita. Adunque ragion vuole che il fanciullo sia aiutato a superare le male inclinazioni, sia incitato a far il bene e a fuggire il male, sia confortato a prendere buone abitudini allora appunto che, quale tenera pianticella, docilmente si piega a quell'indirizzo che gli si vuol dare. Queste sono le conclusioni che abbiam tirate nei precedenti articoli, intorno all'importantissimo argomento dell'educazione.
Il fanciullo è veramente un campo, in cui Iddio ha gettati i semi preziosi delle virtù ; ma questi semi, o cari lettori, sono soffocati e resi impotenti a svilupparsi e crescere dalla zizzania che il nemico vi va seminando sopra. È quindi necessario che la buona educazione si affretti a svellere a poco a poco queste male erbe, affinchè il buon seme possa spuntare, crescere e fruttificare.
Appunto per questo in ogni tempo gli uomini più assennati proclamarono ed inculcarono la necessità che la gioventù sia indirizzata al bene fin dalla età più tenera. Ecco alcune testimonianze dei più rinomati scrittori, tanto pagani che cristiani.
Il celebre Plutarco nella vita di Licurgo scrive : « Come gli organi dei fanciulli devono essere fin dalla loro nascita foggiati e diretti in guisa che si sviluppino in modo regolare e senza deviazione; così bisogna applicarsi fin da principio a formare i loro costumi con tutta la rettitudine e la perfezione possibile. Imperocchè quella natura tutta fresca è facile e pieghevole, e le buone abitudini penetrano meglio la loro anima. All'incontro è più malagevole il piegare ciò che è già indurato. Come dunque un suggello s'impronta sopra una tenera cera, così l'insegnamento nella mente del fanciullo. »
Il medesimo scrittore pagano nel trattato dell'educazione dei fanciulli afferma che la sorgente e la radice di ogni bontà ed onestà è l' essere stato per tempo istruito; e che in quella guisa che l'esperto agricoltore ficca dei pali a lato e lungo le crescenti pianticelle per tenerle diritte, così i saggi maestri piantano buoni avvertimenti e salutari precetti intorno ai giovani allievi, affinchè i loro costumi pieghino alla virtù.
Le testimonianze poi degli scrittori cristiani sono tante e così chiare, che non lasciano dubbio veruno sulla verità di cui trattiamo.
S. Clemente Alessandrino porta questo paragone : « Il latte che riceviamo dalla nutrice è quello che compone la carne del nostro corpo ; è appunto la sua sostanza che si distribuisce nelle ossa del fanciullo, nelle vene, nelle arterie, negli intestini, in tutte le membra, in tutti gli organi. Ora si può dire la stessa cosa della educazione dell' infanzia. Tutte le inclinazioni dell'uomo, i suoi costumi, le sue virtù, tutti gli altri beni che saranno il retaggio dell' intiera sua vita, sono il frutto del savio insegnamento e della buona educazione che hanno posto il freno sulla sua giovinezza. »
S. Basilio scrive alla sua volta: « L'adolescenza è come una cera molle, che riceve facilmente e conserva le forme che le si vogliono dare, e cede senza resistenza. Affrettiamoci, adunque, fin dai primi giorni a penetrarla, esercitandola in ogni sorta di bene. »
S. Girolamo insegna la stessa cosa e in termini non meno espressivi. « Il fanciullo, ci dice, ha in natura alcunchè di flessibile che lo rende suscettibile di formazione, e si lascia muovere a grado della volontà di chi lo istruisce. Mentre adunque l'età è ancor tenera e l'anima facile ad essere diretta, convien formarla alla pratica del bene. » E insistendo su questo punto, egli soggiunge : « Non si sradica che con fatica ciò, che ha penetrata l'anima durante gli anni di formazione. Il vaso imbevuto quando è fresco, serba a lungo il primo gusto e profumo.... Come in un rivoletto l'acqua segue il dito che le traccia la via, così questa età delicata e tenera può piegarsi dall'una o dall'altra parte ; dove la guiderete, essa vi seguirà. »
Non meno autorevoli e interessanti sono le parole del celebre Paolo Segneri. Questo principe degli oratori italiani e nel tempo stesso espertissimo maestro, nel suo Cristiano istruito così scrisse: « L'età nuova dei giovanetti è come una pietra da lavorare, atta a ricevere ogni lineamento o di vizio o di virtù, che sopra vi si abbozzi coi primi colpi ; e quell' autorità naturale che hanno i maggiori sopra i figliuoli, fa che le esortazioni udite e gli esempi veduti riescano in questi di forza incontrastabile al bene e al male... Bisogna quindi cominciar di buon'ora, prima che la creta sia cotta ; perchè quanto è facile da principio, negli anni arrendevoli, farli buoni, tanto è difficile quando poi siano indurati. »
Ascoltiamo, o cari Cooperatori e pie Cooperatrici, l'insegnamento che ci danno questi insigni maestri. Circondiamo di mille sollecitudini i figliuoli che la Divina Provvidenza ci ha affidati , insinuiamo loro fin dall' età più tenera una soda cristiana educazione, aiutiamoli a praticare il bene ed a fuggire il male, vigiliamo continuamente sopra di loro, affinchè non abbiano a prendere cattive abitudini ; e per tal modo ci sarà dato di vedere questi stessi nostri figliuoli crescere la consolazione della famiglia, l'onore della società e incamminarsi per quella meta, cui tutti siam destinati, cioè agli eterni godimenti del cielo.
EVVIVA IL PAPA! Questo grido di fede e di amore risuonò pure giulivo e festante in tutte le Case e gli Oratorii Salesiani il dì solenne del 21 giugno. Fu uno slancio d'ineffabile pietà, un trionfo d'immenso entusiasmo.
W. LEONE XIII
Era la festa Eucaristica del Papa, il giubileo di diamante della sua Prima Comunione ! Noi figli di Don Bosco, che nella divozione all'Eucaristia e nell'amore al Papa non vogliamo essere degeneri da un tanto Padre, sentimmo in cuor nostro battere potentissimi più che mai in quel dì questi due santissimi affetti. Le nostre Chiese e Cappelle nelle città e nelle campagne, sui monti ed in riva al mare, nelle terre incivilite come nelle selvagge echeggiarono in quel dì delle più soavi armonie. A quegli altari una folla immensa di giovanetti s'accostò giubilante a ricevere il Pane degli Angeli, a pregare pel Papa. Fu un santo tripudio, un inno di gioia celeste.
Evviva Leone XIII! Questo nome augusto e santo rimarrà impresso sempre nei nostri cuori e qual gemma preziosa rifulgerà nei fasti della Pia Società Salesiana, che tanto deve a questo grande Pontefice. Gli insegnamenti di questo splendore di cielo saranno per noi la parola infallibile del Successor di Pietro, il ricordo perenne del Massimo Maestro!
Don Bosco morendo ci diceva: Amate il Papa! Siate i figli del Papa! E noi l'amiamo il Papa del più intenso amore. A quest'amore sono inspirate tutte le opere nostre. Quest'amore ci è premio nelle ore della gioia e ci sprona alacri in quelle del dolore. E quando, dopo mille fatiche e sudori, possiamo presentare i nostri manipoli al Papa ed averne il suo paterno sorriso, è giubilo per noi d'immenso valore, giacchè al sorriso del Papa risponde il sorriso di Dio.
Evviva il Papa! Evviva Leone XIII!
giorni 25, 26, 27 dello scorso maggio, nella ricorrenza della festa di Maria Ausiliatrice, radunavansi a Capitolo in Roma tutti i Direttori delle Case Salesiane di quella nostra Ispettoria. In tale occasione, per gentile disposizione di S. Ecc. Reverendissima Monsignor Maestro di Camera di Sua Santità, dovevano questi nostri Direttori presentare figliali ossequii al Papa nei Giardini Vaticani, nell'ora in cui Sua Santità suole colà discendere pel passeggio. Ma essendosi in quel giorno sollevato cattivo tempo, il Santo Padre non uscì di Palazzo, e non potè quindi aver luogo quel desideratissimo incontro. Limitaronsi perciò a far visita di ossequio all'Em.mo Cardinal Rampolla, Segretario di Stato di Sua Santità, il quale li accolse con ineffabile benevolenza intrattenendoli in lunga conversazione sopra le opere di D. Bosco, ed all' Em m° Parocchi, Vicario di Sua Santità e nostro Cardinal Protettore, che nella sua esimia bontà degnossi rivolgere loro, tra le altre, le seguenti parole
« Io non ho che a consolarmi con loro pel bene che fanno in ogni parte del mondo, e, poichè vogliono un ricordo, ecco che io loro nol niego. - Le popolazioni della nostra età si avvicinano a Dio ed al suo Vicario in terra ; e ciò visibilmente. Or bene, pare a me che in questo movimento della società verso Dio, per non dire che della patria nostra, la Provvidenza assegnò una parte insigne alla Congregazione del venerando D. Bosco, come già nel tempo passato l'affidava ad altre corporazioni religiose nelle crociate, nell'arte, nella scolastica e nella santità. Io faccio voti perchè i Salesiani corrispondano a questi disegni della Provvidenza, cercando ognuno di moltiplicare se stesso per ottenere questo avvicinamento della società verso Dio ed il suo Vicario. Dicano l'ecce adsumus, come le stelle del Profeta; e non si risparmino in modo alcuno, come già fanno, per corrispondere efficacemente ai disegni della Provvidenza e divenire così strumenti di questa e cooperatori del Papa. Certamente con questo non deve alcuno dimenticare i propri studi, la propria disciplina regolare, la propria perfezione e santità personale: poichè nessuno che cascasse per fame, può avere di che toglierla ad altri; e mentre si adoperano a pro degli altri, non debbono dimenticare se stessi. Ma se sapranno accoppiare l'una cosa e l'altra, essi sicuramente avranno corrisposto ai disegni che la Provvidenza ha sulla Congregazione Salesiana ; come io auguro loro di gran cuore, benedicendoli nel nome del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo. »
A FAVORE DELL'ASSOCIAZIQNE DEI DIVOTI DI MARIA SS. AUSILIATRICE
NEL Bollettino del Marzo 1894 riportammo il Breve, con cui Sua Santità Papa Leone XIII concedeva benignamente al Rettor Maggiore della Pia Società di S. Francesco di Sales la facoltà di poter canonicamente erigere la Pia Associazione detta dei Divoti di Maria Ausiliatrice in tutte le Chiese Salesiane, ovunque esistessero, ed aggregarla all' Arciconfraternita omonima di Torino. Ora con grandissima consolazione dell' animo nostro possiamo render noto ai nostri zelanti Cooperatori e alle nostre pie Cooperatrici, come il sullodato Sommo Pontefice, con altro atto di speciale benevolenza, elargisce al medesimo nostro Rettor Maggiore la facoltà di aggregare alla suddetta Arciconfraternita eziandio tutte le Pie Associazioni dello stesso titolo e scopo, eiusdem nominis et instituti, esistenti fuori delle Case e Chiese Salesiane, in qualsiasi luogo o Diocesi si trovino, purchè siano state canonicamente erette dall' Ordinario Diocesano. Ecco il tenore del prezioso documento
LEO PP. XIII
AD PERPETUALI REI MEIIORIAMI.
SODALITAS a Joanne Bosco fel. rec. Sacerdote, Patre Legifero Congregationis Salesianae, Augustae Taurinorum sub invocatione Mariae Opiferae in Ecclesia ejusdem tituli canonico instituta, a bo. me. Pio PP. IX Decessore Nostro ad Archiconfraternitatis gradum Apostolicis Litteris, die V inensis Aprilis anno MDCCCLXX eretta est. Aliquot annis post, rogante Michiiele Rua, ejusdem Congregationis Moderatore, Nos per similes Litteras Nostras, dio undevigesima mensis Januarii anno MDCCCXCIV datas, facultatem eidem impertivimus aggregandi alias Sodalitates ejusdem nominis atque instituti, ubicumque locorum Domus et Ecclesiae Congregationis existerent erectas. Quum vero nune ab eodem Congregationis Salesianae Rectore Maximo supplices sint Nobis admotae preces, ut facultatem sibi facere velimus aggregandi supradictae Archiconfraternitati alias Sodalitates ejusdem no. minis atque instituti in qualibet Ecclesia vel Dioecesi sint erectae ; Nos, qui pietatem, animarumstudium, laudesqueSalesianieCongregationis novimus et probamus, cum id etiam in bonum atque utilitatem rei Christianae cessurum confidamus, hujusmodi precibus obsecundaudum censuimus.
Quare omnes et singulos, quibus Nostroe hao Litterae favent, a quibusvis excommunicationis et interdirti aliisque ecclesiasticis sententiis, censuris et poenis, si quas forte incurrerint, hujus tantum rei gratia absolventes et absolutos foro censentes, Apostolica Auetoritate Nostra hisce Litteris hodierno Congregationis Salesianae Rectori Maximo, suisque in hoc honoris atque auctoritatis grado Successoribus, ut ipsi alias Sodalitates ejusdem nominis atque instituti in quavis Ecclesia vel Dicesi canonico sint erectae, ad eamdem Archiconfraternitatem in Ecclesia B. M. V. Opiferae Augustae Taurinorum existentem aggregare, et Sodalitatibus praedietisomneset singulas Indulgentias, tam plenarias quam partiales, eidem Archicoafraternitati ab hai Apostolica Sede concessas et aliis communicabiles impertire et communicare licite possint et valeant, perpetuum in modum concedimus et largimur. Decernentes praesentes Litteras, firmas, validas et efficaces semper esistere et foro, suosque plenarios et integros effectus sortiri et obtinere, ac illis ad quos spectat et pro tempore quomodolibet spectabit in omnibus et per omnia plenissime suffragari; sieque in praemissis per quoscumque judices ordinarios et delegatos judicari et. definiri debere, atque irritum esse et inane, si secus super his a quoquam quavis auctoritate, scienter vel ignoranter, contigerit attentari.
Non obstantibus Constitutionibus et Ordinationibus Apostolicis, ceterisque etiam speciali atque individua mentione ac derogatione dignis, in contrarium facientibus quibuscumque.
Datum Romae apud S. Petrum sub Annulo Piscatoris die XXV Februarii MDCCCXCVI, Pontificatus Nostri Anno Decimo ottavo.
(Loco sigilli)
C. Card. DE RUGGIFRO.
LEONE PAPA XIII
A PERPETUA MEMORIA DEL FATTO.
L'ASSOCIAZIONE canonicamente istituita in Torino sotto l'invocazione di Maria Ausiliatrice, nella Chiesa dello stesso titolo, dal Sac. Giovanni Bosco, di felice ricordanza, Fondatore della Congregazione Salesiana, venne innalzata al grado d'Arciconfraternita dalla buona memoria di Pio Papa IX, Nostro Predecessore, con Lettere Apostoliche del 5 Aprile 1870. Alcuni anni dopo, a richiesta di Don Michele Rua, Superior Maggiore della suddetta Congregazione, Noi con simili Nostre Lettere in data 19 Gennaio 1894 impartimmo al medesimo la facoltà di aggregare altre Associazioni dello stesso nome e scopo, ovunque esistessero erette Case e Chiese della Congregazione. Ora poi essendoci presentate dal medesimo Rettor Maggiore della Congregazione Salesiana supplichevoli preci, affinchè vogliamo concedergli la facoltà di aggregare alla sopradetta Arciconfraternita altre Associazioni del medesimo nome e scopo in qualsivoglia Chiesa o Diocesi siano erette, Noi, che conosciamo ed approviamo la pietà, lo zelo delle anime e le opere lodevoli della Salesiana Congregazione, confidando che ciò sia anche per tornare a bene r, l a vantaggio della religione, abbiamo giudicato di assecondare tali preghiere.
Per la qual cosa assolvendo e considerando come assolti tutti e singoli coloro, in favore dei quali sono concesse queste Nostre Lettere, in riguardo soltanto di questo, da qualunque scomunica ed interdetto e da altre ecclesiastiche censure e pene, se mai in qualcuna d'esse fossero incorsi, di Nostra Apostolica autorità con queste Lettere concediamo ed elargiamo in modo perpetuo all'attuale Rettor Maggiore della Congregazione Salesiana ed a' suoi Successori in quest'onore ed autorità, che essi possano validamente e lecitamente aggregare alla medesima Arciconfraternita, esistente nella Chiese di Maria Ausiliatrice in Torino, altre Associazioni dello stesso nome e tenore in qualunque Chiesa o Diocesi siano canonicamente erette, e comunicare ed impartire alle predette Associazioni tutte e singole le Indulgenze, tanto plenarie quanto parziali, concesse alla medesima Arciconfraternita da quest'Apostolica Sede, e che siano ad altri comunicabili. Decretiamo che le presenti Lettere conservino ora e sempre la loro forza, validità ed efficacia, che abbiano ed ottengano i loro pieni ed interi effetti, e tornino in tutto e per tutto a pienissimo vantaggio di coloro, che esse riguardano e riguarderanno per tutto il tempo avvenire; e che in tal modo nelle sopradette cose debbasi giudicare e definire da tutti i giudici ordinarii e delegati, e che sia irrito e senza valore ogni attentato in pregiudizio della presente concessione, se mai avvenisse scientemente o per ignoranza, per opera di chiunque in qualsiasi autorità costituito, non ostante le Costituzioni e le Ordinazioni Apostoliche e le altre disposizioni, benchè meritevoli di speciale ed individuale menzione e derogazione, che fossero stabilite in contrario.
Dato a Roma presso S. Pietro sotto l'anello del Pescatore nel giorno 26 Febbrajo 1896, del Nostro Pontificato Anno Decimo ottavo.
Luogo del Sigillo.
C. Card. DE RUGGIERO.
Raccomandiamo pertanto vivamente ai RR. Sacerdoti Cooperatori, specialmente ai Parroci e Rettori di Chiese, di volersi giovare di questa novella concessione Pontificia, procurando che nelle rispettive loro città e paesi venga canonicamente eretta ed aggregata questa Pia Associazione, onde viemmeglio propagare ed estendere la divozione all'augusta Madre di Dio, Maria SS. Ausiliatrice. A tal uopo però è necessario ch'essi ne facciano domanda per iscritto al proprio Vescovo, unendovi copia degli Statuti dell'Associazione, e lo preghino a volerli approvare ed aggiungervi qualche parola di commendatizia, perchè venga aggregata all'Arciconfraternita Torinese. Indi con questo documento facciano eziandio pervenire copia autentica dell'ottenuto Decreto d'erezione al Rettor Maggiore della Pia Società Salesiana in Torino, il quale si farà premura di spedire loro il relativo Diploma d'Aggregazione.
LA sera del 23 giugno e l'indomani 24, il nostro Oratorio di Valdocco era tutto in festa. Il suon giulivo delle campane di Maria Ausiliatrice, le svariate bandiere di tutti gli Stati e Città, ove i Salesiani hanno Istituti, sventolanti nei cortili e su pei balconi, le luminarie, i cauti allegri e le musiche più soavi, tutto tutto era messo in opera per esternare l'interna gioia della Famiglia Salesiana. Celebravamo la festa di S. Giovanni Battista, giorno onomastico di D. Bosco, con la medesima pompa e lo stesso entusiasmo, con cui celebravasi quand'ancor viveva il venerato nostro fondatore. Anzi, essendo per consuetudine, come già sanno i nostri lettori, trasferito a quest'epoca eziandio l'onomastico del successor di Don Bosco, che cade all'8 di maggio , così festeggiavamo con tutta l'espansion del nostro cuore insieme congiunti i carissimi nomi di Don Bosco e di Don Rua.
Solenni furono le funzioni di chiesa, come nelle principali solennità dell'anno ; ben riuscite poi le due accademie musico-letterarie, nelle quali sacerdoti, chierici, giovanetti, studenti ed artigiani, andavano a gara nell'onorare la memoria di Don Bosco e nel rendere omaggio a Don Rua.
A noi s'unirono in questa cara dimostrazione i Salesiani ed i giovanetti delle varie Case di Torino - Valsalice, S. Giovanni Evangelista e Scuole Apostoliche -; gli ascritti delle Case di Foglizzo, Ivrea e S. Benigno; i giovanetti del primo Oratorio festivo di D.Bosco; gli antichi alunni di questo stesso Oratorio festivo ; gli Operai Cattolici di S. Gioachino della città, ed il Circolo Operaio Cattolico di Almagro in Buenos Aires (America), i quali vi mandarono alcuni loro rappresentanti a leggere bellissime composizioni. S'associarono pure per mezzo di telegrammi e di innumerevoli lettere, alcune recanti eziandio cospicue offerte per gli Ospizi e le Missioni Salesiane, i Confratelli dei varii Collegi lontani ed i benemeriti Cooperatori e Cooperatrici di varie regioni d'Italia e dell'estero.
Nè mancarono gli Antichi Allievi di Don Bosco, questi cari amici che vengono a ricordarci con piacere i belli anni passati nei Collegi Salesiani. Essi anzi, la mattina del giorno 24, entravano trionfalmente nell'Oratorio a suon di musica e tra fragorosi applausi, e vi tenevano apposita accademia, presieduta da Don. Rua, a cui presentarono il loro dono, consistente in un bel turibolo argenteo ed in due grossi candelabri di bronzo dorate per il santuario di Maria Ausiliatrice. E dopo tale affettuoso convegno recaronsi a Valsalice a deporre sulla tomba di Don Bosco una corona di mesti fiori ed a pregare la pace dei giusti a colui che fu loro maestro e padre.
In tutte e due le sere, Don Rua fu circondato da un bel numero di signori e signore, benefattori e benefattrici delle Opere nostre, e da varii Direttori e Confratelli delle Case Salesiane. Avanti a lui s'estendeva la tavola dei doni offertigli dai nostri cari benefattori. Oltre a quello degli Antichi Allievi, ammirammo varii bellissimi lavori delle Suore di Maria Ausiliatrice, un grazioso harmonium dello stabilimento del sig. Bocca di Torino (Via S. Chiara ), un calice d'argento ex-voto di un Parroco Vercellese, preziosi oggetti della Sig.ra Ottavia Garbasso di Biella, delle sorelle Langerini e di alcune signore del R. Istituto delle Vedove e Nubili di Torino, un Album dei Salesiani di Messico, ed altri oggetti di non minor importanza. Per tutti questi ottimi benefattori sul fine Don Rua ebbe parole, di sentitissima gratitudine.
La nota dominante in queste accademie si era quella dell'affetto e della riconoscenza. E Don Rua non volle lasciar scappare l'occasione, senza eccitare tutti i presenti all'affetto ed alla riconoscenza verso il gran Padre comune, il Sommo Pontefice Leone XIII, che in questi giorni tanto interesse si prende per la liberazione dei poveri nostri soldati gementi sotto la dura schiavitù dell'Abissino. Fragorosi applausi accolsero le sue parole ed un entusiastico grido di Viva il Papa! Viva Leone XIII! chiuse le due belle serate.
Avremmo di buon grado voluto qui sopra parlare diffusamente della musica, delle prose, delle poesie, dei dialoghi recitati con garbo e con maestria unica e rara, per dimostrare come, per quanto si rinnovelli questa cara festività del cuore e della riconoscenza, ogni anno a noi si presenti in maniera sempre nuova e ricca di profondi sentimenti; ma la cosa ci avrebbe portato troppo in lungo. Quasi compendio di un vastissimo poema ci limitiamo a portare qui un brindisi in forma di canzone che lesse con affetto dopo pranzo il nostro caro Prof. D. G. B. Francesia, nome già noto per molte pregevoli opere letterarie, drammatiche, poetiche, storiche, biografiche, ecc., il quale al venerato nome di D. Bosco entusiasmato fe' battere d'esultanza ed all'unisono quanti cuori erano ad ascoltarlo.
Egli comincia col dire che ha intenzione di lodare i molti Giovanni che in quel giorno sogliono far corona a D. Rua. Parla dapprima di D. Rua, che per ossequio a D. Bosco vuol che si continui a fare, come in antico, la gran festa di S. Giovanni. Poi di D. Lemoyne, e mentre lo plaude per ciò che ha fatto, gli raccomanda che scriva nuove commedie, con le quali predica il vero e il peccator flagella. Nella sua mente vede D. Bosco che lo anima a preparare molti drammi in servizio della gioventù. Viene terzo Mons. Giovanni Cagliero, il fattor delle melodiose note, ed ora zelante Missionario della Patagonia. Finalmente vorrebbe parlare di D. Giovanni Marenco, ma, per non passar il giusto limite a lui imposto dalla prudenza, promette di farlo l'anno venturo.
Dalle pupille verso me rivolte,
E da' visi ridenti, i' veggo chiaro. Che in questo giorno caro, Che ridesta nel cor dolce memoria. Voi tutti v'aspettate,
Che io vi parli da storico o da vate, Siccome soglio far tante altre volte! Vi legga un foglio d'un'antica storia.
O qualche confratello
Riviver faccia, come fior novello.
Ebben non voglio sempre far così, Voglio stile cambiar come fortuna; Non più la storia de' passati dì,
Non più la polve che la morte aduna; Ma ve' parlar di gente
Che vive, mangia e beve ed è presente,
E che mi guarda con amica faccia, Mi dice di parlar, che non mi taccia.
E comincio il mio dire da D. Rua,
Che non contento più di esser Michele, Egli si fa chiamar, già son molt' anni, Col nome di Giovanni E messa in questo mar l'ardita prua, Eì ritratto fedele
Fu di Don Bosco, e nella mente sua Un disegno incarnò pien d'ardimento. Così, chi si fu accorto Che sia D. Bosco morto? In Lui D. Bosco vive ogni momento!
E sa fare sì ben le parti sue,
Che sembra un sol sovente, eppur son due.
Qui vedi camminar l'opere sante,
Ammiri qui la pace e l'armonia... L'amore tra fratelli In tutti i nuovi ostelli E la megera ria,
Che suole scompigliar popoli e genti, Con rapid'ala egli spulezza via.
Ve' dire tutto il ver fuori de' denti... D. Bosco andava adagio e le sue piante Moveva con fatica;
Mentre D. Rua, per usanza antica,
Ei corre, sempre corre e a gir s'affretta Qual leggera saetta. Mi si susurra dalla gente pia: Se i debiti lo spingon per la via...
Per essi anche D. Bosco andava in fretta! Perciò la somiglianza è ancor perfetta.
Or d'un altro Giovanni vol parlare,
Che dalle lenti acute Ci fa brillar sovente
Sotto i pochi capei robusta mente. Ei sotto il velo delle rime argute Con arte novella,
Predica il vero e il peccator flagella Autor delle Pistrine,
Di Chi la fa l'aspetti,
D'altre scene preclare...
Ma sopra tutti, per alti concetti, Del gran Colpa e Perdono!
Preghiamo S. Giovanni, che gl'inspiri, Suso beato dai celesti giri, Di tali opre divine;
E che D. Bosco, presso all'alto trono, Al suo Goldoni dica: Mano alla penna: Fatica, fatica!
Di nuovi drammi ti convien far dono.
E tu fattor di melodiose note,
Che oggi rallegri la lontana terra Che il Genovese discoprì, ricevi Un pietoso ricordo: dolci e lievi Ti sieno le fatiche e l'aspra guerra Che l'alma forti a lavorar più scuote.
E mentre tu, con mesto pensiero,
Voli alla tomba del maggior Giovanni, Ti scontreran nel fervido sentiero Gli amici che lasciasti, Meravigliati ai vasti
Ardimenti che in cor ti pose Iddio. Vedi, D. Bosco dai celesti scanni Che regge il tuo desio;
Ti plaude, sorridendo, e che ti dice: Quivi un giorno sarai meco felice.
Per compiere l'elenco
Dovrei ora parlar di D. Marenco...
E d'altri forse, chè la schiera è molta! Sarà materia per un' altra volta.
NEI suddetti giorni 23 e 24 giugno u. s. il nostro Oratorio di Valdocco presentava pure cordialissimi omaggi di stima, affetto e riconoscenza all'esimio Dott. Cav. Giovanni Albertotti, che da ben 25 anni presta gratuitamente l' opera sua a pro nostro e dei nostri giovanetti.
Il venerando nostro D. Bosco aveva altissima stima di questo caritatevolissimo medico , e nei suoi incomodi di salute , come nell' ultima sua infermità, a lui si affidava con piena fiducia.
L'infermeria di un Istituto, il quale conta oltre a mille ricoverati, qual è appunto l'Oratorio nostro di Valdocco, ha talvolta casi molto difficili, e sempre tuttavia ammirammo grandemente l'abilità e la carità dell'ottimo Cav. Albertotti , il quale unisce allo studio e diligenza del medico l'affetto di un padre tenerissimo.
Non è quindi a dire con quanto slancio di vivissimo affetto cogliemmo l'occasione del 25° anno di assidue cure al nostro Oratorio e del suo giorno onomastico per manifestargli tutta la nostra riconoscenza. Una parte del programma delle due accademie di S. Giovanni era dedicata al Cav. Albertotti, il quale sedeva alla destra di Don Rua circondato da varii illustri Dottori, suoi carissimi amici. I nostri giovanetti seppero riscuotere la pubblica ammirazione.
Alla dimostrazione accademica unimmo pure l'omaggio religioso. E ci fu di grandissima consolazione vedere, la mattina di S. Giovanni per tempo, il nostro carissimo Dottore unirsi a noi nella bella funzione religiosa - Messa con Comunione e canto di sacri mottetti - che per lui si tenne nella cappelletta dell'infermeria. Esaudisca Iddio i caldi voti ed i sinceri augurii, che in quei giorni gli presentammo pel nostro buon Dottore Albertotti e spanda sopra di lui copiose le più elette benedizioni in compenso di tanta carità che da venticinque anni va usando col nostro Oratorio.
PORTOGALLO Trionfo di Maria Ausiliatrice a Braga
REV.MO SIG. D. RUA,
Braga, 24 Maggio 1896.
CoNvINTo dell'immensa gioia ch'ella prova ogni volta le pervengono notizie riguardanti lo svolgimento delle Opere Salesiane, metto mano alla penna per descriverle a larghi tratti l'imponentissima festa fattasi a Maria Ausiliatrice il giorno 10 del corrente mese. Oh ! quel giorno giammai passerà dalla nostra memoria! Fu precisamente in quel giorno che a Braga non solo, ma in tutto il Portogallo s'inaugurò la simpatica divozione alla Madonna di Don Bosco.
La bellissima statua di Maria Aiuto dei Cristiani, fatta scolpire nelle Scuole Salesiane di Sarrià (Barcellona) e che è un vero gioiello d'arte, fu portato, nel giorno precedente, al Palazzo Arcivescovile per essere benedetta dal venerando Arcivescovo Primate, il quale, com'ella sa, è pure Cooperatore Salesiano. All' Ave Maria della sera di quel giorno, 9 maggio, ventun colpi di bombe e gli accordi melodiosi della banda del nostro Collegio di S. Gaetano davano l'annunzio della prossima festività nel dì appresso. Al mattino seguente per tempo ripeteronsi gli stessi colpi ed i medesimi grati accordi.
Alle 9 1/2 di quel memorando giorno, la Vergine Ausiliatrice, maestosa sopra magnifico ferculo, usciva processionalmente dall'anzidetto Palazzo. Al religioso corteggio presero parte, oltre ai giovanetti ed alla banda musicale del nostro Collegio, gli alunni e la banda della Reale Officina S. Giuseppe di Oporto, l' Associazione delle Figlie di Maria e quella dell'Apostolato della preghiera, varie Confraternite ed Associazioni religiose col proprio distintivo, ambo i numerosi Seminari di questa città, molti ecclesiastici, molti signori e signore della più alta nobiltà ed in ultimo gran numero di fedeli accorsi pure dai vicini villaggi.
Vi erano pure molti angioletti biancovestiti, portanti in mano la simbolica palma ed il virente ulivo, che rapivano quasi direi in estasi sublime, trasportandoci col pensiero a contemplare le vie del Paradiso, allorquando gli abitatori del cielo uscirono incontro alla bella Maria, che assunta sulle ali dei Cherubini entrava trionfante nell'eterna Gerusalemme. Gli angeli e le verginelle andavano cantando « Osanna alla figliuola di Davidde », mentre un coro dei nostri alunni, quasi facendo eco al coro delle vergini che proseguivano: « Benedetta Colei che viene nel nome del Signore », rispondevano: Mille volte benedetta! »
Le vie lungo il passaggio erano tutte imbandierate; dai balconi pendevano variopinti drappi; una pioggia di fresche rose cadeva sopra il glorioso fercolo dovunque passava, finchè si entrò nella Chiesa Parrocchiale di S. Pietro de Maximinos, a cui appartiene il nostro Collegio. Allora il degno Parroco e Presidente della Commissione promotrice della festa celebrò la S. Messa, nella quale fu eseguita dalla nostra Cappella quella detta di Maria Ausiliatrice di Monsignor Giovanni Cagliero con accompagnamento di musica. All'Evangelo ascese il pergamo il distinto oratore di questa città e nostro Cooperatore D. Luigi Gommes da Silva, per tessere con un magnifico discorso le glorie di Maria Ausiliatrice.
Alle 5 1/2 di sera, il venerato simulacro di Maria per la seconda volta veniva portato in processione. Di bel nuovo s'iterarono e i canti di gloria e la pioggia di fiori; al passaggio della celeste Regina bellamente s'agitavano le bandiere, che specie nelle vicinanze del nostro Collegio formavano un lungo arco trionfale. Finalmente s'entrò nella nostra Cappella, o meglio nella basilica improvvisata, come qualcuno volle chiamarla a ragione. Quivi il degno fondatore della Reale Officina d'Oporto, forse il più antico Cooperatore Salesiano Portoghese, salì il pulpito. Salutando la Vergine colle medesime parole dell' Arcangelo « Ave, gratia piena: Dominus tecum » eloquentemente fece rilevare che Maria, essendo Madre di Dio, è pur Madre nostra, toccando il sublime specialmente quando passò a parlare di D. Bosco e dell'Opera Salesiana, l'iniziativa del quale, nel mondo cattolico e non cattolico, diceva che fu un vero miracolo di Maria Ausiliatrice.
Terminato il gustatissimo discorso, s'eseguì una Salve Regina ed un bel Tantum Ergo in musica e s'impartì la benedizione col SS. Sacramento, chiudendosi così cotanto simpatica festa. Il popolo se ne partì col cuore piene d'amor figliale verso Maria Ausiliatrice e di grande simpatia per le Opere Salesiane.
Ecco qui un abbozzo benchè pallido della pomposa solennità del giorno 10 maggio, il quale senza dubbio sarà segnato a caratteri d'oro negli Annali della Pia Società Salesiana. Certamente codesta festività, mentre segnò un gran trionfo di Maria Ausiliatrice, fu altresì un efficacissimo impulso per le Opere Salesiane in Portogallo. Colei che seppe destare tanto entusiasmo nei parrocchiani di S. Massimino e nel popolo di Braga, farà sicuramente che il seme che D. Bosco gettò in questo Regno, germini, cresca, si fortifichi e si propaghi non solamente sul continente Portoghese, ma ancora sulle nostre vastissime possessioni oltremarine, oggi infelicemente cadute dal loro antico splendore. Voglia il cielo che spunti presto l'aurora di quel giorno fortunato, quando anche essi, i Missionari Salesiani, potranno concorrere potentemente all'evangelizzazione dei nostri fratelli d'oltre mare ed all'aumento dei nostri domini coloniali.
Degnisi frattanto, Rev.m° Sig. D. Rua, benedire i Superiori e gli alunni di questo Collegio e specialmente il suo
Braga, 23 Maggio 1896.
Umile figlio in Gesù e Maria
CH. JOSE' MARIA COELHO.
Il Missionario Salesiano all'assistenza degli infetti di febbre gialla sull'incrociatore italiano «Lombardia ». (Relazione del Sac. Antonio Varchi)
A proposito di questo sventurato incrociatore colpito dalla febbre gialla sul principio del corrente anno e dell'assistenza religiosa prestata a quei poveri infetti, di cui parlò il nostro Bollettino di maggio, riceviamo la seguente corrispondenza, che pubblichiamo a conforto specialmente di quelle famiglie eh' ebbero delle vittime e per accondiscendere inoltre al desiderio espressoci da non pochi Cooperatori e Cooperatrici. Lo scrivente è D. Antonio Varchi, colui stesso che volò a consolare quei poveri ammalati.
AMATISSIMO PADRE,
Nictheroy, 6 Maggio 1896.
PER obbedire al mio Direttore, le do relazione di quanto è passato tra noi Salesiani ed i poveri Italiani attaccati dalla febbre gialla sull'incrociatore Lombardia e confinati nell' Isola Grande. Già le è noto come quest' incrociatore , su cui stavano parecchie centinaia di persone, per un caso più unico che raro, venne talmente colpito dalla febbre gialla , che , eccettuati forse quattro o cinque soldati, tutti gli altri che componevano l'equipaggio, dal primo all'ultimo, furono assaliti dalla terribile epidemia. Per le diligenti e sollecite cure dei medici e degli infermieri in buon numero guarirono; tuttavia la maggior parte morirono, e fra questi si contano il Comandante Olivari, che fu dei primi a soccombere, varii capitani ed ufficiali e quasi tutti i sotto-ufficiali , macchinisti e fochisti. La febbre gialla è per verità una malattia terribile e spaventosa, non solo perchè la maggior parte degli assaliti da essa periscono , ma anche perchè ordinariamente , quando il male si aggrava, fa perdere l'uso dei sensi, si diventa furiosi, si vomita dalla bocca una materia nerastra o sanguigna, ed è la morte preceduta da varii attacchi somiglianti agli epilettici. Ora la triste condizione di questi poveri marinai sarebbe stata immensamente più deplorabile e dolorosa, se il benemerito Conte Morigliano (almeno mi pare esser questo il suo nome), Ministro Plenipotenziario del Governo Italiano , non avesse fatto ricorso all' Incaricato d' Affari della S. Sede, Mons. Giambattista Guidi, per avere un Sacerdote che prestasse i soccorsi religiosi ai colpiti dalla fatal febbre, come passo a narrarlo.
Il 19 febbraio del corrente anno Monsignor Guidi da Petropolis (Stato di Rio de Janeiro) inviava a D. Zanchetta, Direttore di questa Casa di S. Rosa, il seguente telegramma
« Ministro d'Italia mi telegrafa dall' Isola Grande che marinai italiani infermi dell' incrociatore « LOMBARDIA » sono privi di assistenza religiosa e che Comandante e Direttore Lazzaretto chieggono un Sacerdote. Prego lei telegrafarmi se può mandare colà uno dei suoi religiosi ».
Nell'assenza del Direttore, il Prefetto Don Giudici rispose tosto : « Mando Sacerdote ».
Mons. Guidi allora con altro dispaccio diede subito le opportune indicazioni. « Ringrazio benemerito figlio D. Bosco disposto andare Isola Grande. Lo prego presentarsi domani - giovedì - undici antimeridiane Legazione Italiana , Rio Janeiro. Console lo accompagnerà bordo vaporino speciale. »
Siccome il povero scrivente era già solito assistere ammalati ed anche di febbre gialla, così fu scelto per questa nuova missione. Pertanto, com'era stato indicato da Mons. Guidi, all' indomani mi recai immediatamente dal Console Italiano residente in Rio Janeiro per ottenere il passaggio al Lazzaretto.
Mentre mi tratteneva col Console, ecco giungere quivi eziandio il Ministro Italiano, il quale al vedermi provò tal commozione e piacere, da volermi quasi abbracciare per tenerezza e da farmi subito conoscere quali teneri sentimenti di carità e di profonda religione albergasse nel suo cuore. Giacchè, alla presenza del Console e di quanti là si trovavano, disse come la maggior necessità che si aveva nel Lazzaretto era quella del Sacerdote; e poi saputo che lo era Salesiano, dopo aver portato a cielo D. Bosco, aggiunse che, essendo egli ancor ragazzo, sua madre l'aveva condotto da D. Bosco, il quale, cogli occhi alzati al cielo, gli rivolse ispirata parole, che gli manifestavano le secrete circostanze di sua vita; parole che lo commossero tanto e che egli non potè più dimenticare. Essendo poi io uscito con lui dalla casa del Console, andando per la città, mi trattò colle più gentili e delicate maniere. Questo religioso Ministro venne in seguito due volte a visitarmi al Lazzaretto, e passando coraggiosamente nelle infermerie, chiedevami mille informazioni, mostrando vivo interesse che gli ammalati fossero provvisti di quanto loro occorresse e ricevessero tutti i SS. Sacramenti. Altro fatto che manifesta la generosità di quest'uomo si è l'aver ricevuto in sua casa a Petropolis ed assistito fino alla morte, con tanto pericolo di prendersi il fatal morbo, il Comandante dell'incrociatore Sig. Olivari , che, come già dissi, fu dei primi a morire. Per tanta cristiana carità voglia Iddio concedere in abbondanza le sue grazie a questa perla di Ministro!
Ma torniamo alla narrazione mia. Per mancanza di vaporino non mi fu possibile partire di quel giorno. Solamente alle due antimeridiane del giorno 21 potei mettermi sopra piccola nave a vapore e salpare alla volta del Lazzaretto. Alle 11 1/2, dopo cioè nove ore e mezzo di viaggio, giungevo all'Isola Grande. Fui accolto cortesemente dal ViceComandante e dagli altri ufficiali.
Alla vista della grave condizione, in cui si trovavano quei poveri infermi, tosto cominciai ad esercitare il mio sacro ministero. facendo loro coraggio e disponendoli a ricevere i SS. Sacramenti. Era per me di sollievo vedere come in generale si arrendevano alle mie esortazioni, confessandosi con belle disposizioni e con grande loro consolazione.
Frattanto il numero degli infermi cresceva ogni dì più, ed anch'io il giorno 24 febbraio mi sentii la febbre in dosso; tuttavia continuai fino a notte nell'esercizio del mio ministero. Allora, parendomi che non vi fossero più casi troppo urgenti, mi misi anch'io a letto, con poca speranza di rialzarmi. Nell'atto di coricarmi feci a Dio il sacrifizio di mia vita, rassegnato pienamente alla sua divina volontà; e benchè mi affliggesse il pensiero di dover morire in un Lazzaretto, senza l'assistenza di alcuno dei miei confratelli o di altro Sacerdote che mi amministrasse i SS. Sacramenti, mi consolava nondimeno riflettendo che era quivi venuto a sacrificare la mia vita per amore di Dio e per la salvezza delle anime redente col suo preziosissimo Sangue. Se non che poche ore dopo di essermi coricato, sento bussare all'uscio della camera: mi chiamano per confessare un ufficiale che stava assai male e chiedeva il Sacerdote. Eran circa le dodici. Con un poco di violenza, senza far parola della mia febbre, balzo dal letto e volo al capezzale di quel povero infermo. Lo confesso, lo conforto, compio il mio uffizio con quel caro moribondo, ed ecco che dopo mi sento migliorato. Mi persuasi che la mia non era febbre gialla. Mi rimisi a letto tanto per riposarmi alquanto e all'indomani, 25 febbraio, passai la giornata assai bene. In quei giorni, in mezzo alla generale desolazione che mi circondava, mi recò non poco conforto una lettera dell'Ill.mo e Rev.mo Mons. Guidi, che credo pregio dell'opera di qui complicarla. Eccola
REVERENDO PADRE,
Petropolis, 22 Febbraio 1896.
NoN posso a meno di ringraziare particolarmente V. S. e di lodarla al tempo stesso per la prontezza, con cui ha corrisposto generosamente al mio invito, offerendosi con slan cio spontaneo di carità per recarsi a prestare l'assistenza religiosa ai poveri infermi dell'Incrociatore Lombardia. Con ciò la S. V. si è mostrato un figlio degnissimo di quel grande Apostolo di carità che fu D. Bosco, il quale certamente lassù in cielo avrà esultato nel vedere l'atto di santa abnegazione ch' Ella è andato a compiere nel Lazzaretto d'Isola Grande, nulla curando i pericoli, cui espone la sua vita. Faccio voti che il Signore benedica la sua santa missione, l'assista colla sua grazia preservandola d'ogni male e conceda al suo nobile ministero frutti abbondanti di consolazione.
Da quanto mi è stato riferito, la S. V. ha acquistato già grande pratica nella cura degli infermi, essendo stato per più anni Cappellano in un Ospedale di S. Paolo. La sua presenza quindi in cotesto Lazzaretto sarà utilissima non solo dal lato religioso e morale, ma eziandio dal Lato igienico, potendo Ella suggerire ai marinai quelle norme opportune, osservate le quali, essi si preserveranno più facilmente dall'infezione. Ho saputo che molti di coloro, i quali sono stati infelici vittime della terribile epidemia, contrassero il germe fatale, perchè, mossi da impulso certamente lodevole di carità e di fratellanza, trascurarono nel servizio degl'inferti le precauzioni che raccomandano la scienza e l'esperienza. È necessario adunque che la S. V. usi di tutta la sua autorità ed influenza presso il signor Comandante e gli officiali, perchè questi facciano osservare e mantenere una rigorosa separazione tra gl'infermi ed i sani, e che, ad eccezione di quelli destinati all'officio d'infermieri, non permettano a nessuno di avvicinare imprudentemente gl'infelici colpiti dal morbo contagioso. Inculchi insomma a cotesti buoni marinai il dovere che hanno di non esporre a pericolo inutilmente la loro vita, essendo la conservazione di questa, per ciò che dipende da parte nostra, un precetto di natura confermato dalla legge divina.
Quanto a me, se le gravi occupazioni del mio officio non mi ritenessero a Petropolis, io sarei felice di accorrere costà per prestarvi il mio ministero sacerdotale e non avrei anzi esitato, in mancanza di altri, a venir a compiere questo santo dovere. Ma dopo il generoso offerimento fatto da V. S. ho giudicato l'opera mia non necessaria e superflua. Però abbia Ella la bontà di dire a cotesto Sig. Com. Borrello, che io prendo viva parte alla grave sciagura da cui sono colpiti i miei infelici connazionali e che nelle mie preghiere innalzo continuamente voti ardenti al Signore, affinchè si muova a pietà di essi e ponga termine alla terribile tribolazione che li affligge. Dica inoltre a tutti gli officiali e marinai che il Comandante Olivari, cui io ebbi la ventura di assistere, è morto da prode soldato e da sincero cristiano; che ha fatto coraggiosamente olocausto della sua vita con perfetta e serena rassegnazione alla volontà di Dio; che, infine, durante tutto il tempo della sua crudele malattia , non ha dimenticato un istante i suoi bravi figliuoli, come egli li chiamava, del Lombardia e teneva sempre ad essi diretto il suo affettuoso pensiero. Sia pace all'anima sua benedetta !
Prego la S V. di offrire i miei rispettosi ossequii al signor Comandante, agli officiali e marinai e di voler disporre liberamente di me in tutto ciò che io posso esserle di qualche utilità. E salutandola di tutto cuore, mi pregio di professarmi
Della Signoria Vostra
Devotissimo Servo Mgr. GIAMB. GUIDI.
Quantunque io usassi di tutta la mia influenza, perchè venissero praticati i consigli dell'ottimo Prelato, pure il morbo continuava ad infierire e ad estendersi ogni giorno più. E crescendo gli ammalati , aumentava pure il lavoro per me, e con questo e gli strapazzi inerenti aumentava eziandio il malessere in tutta la mia persona. Sentivami continuamente un freddo per tutta la vita e tale una prostrazione di forze, da farmi credere d' aver veramente un po' di febbre. Continuai tuttavia nell'esercizio del mio ministero, disposto ad andar avanti fino a cader sulla breccia, se questa fosse stata la volontà di Dio. L'unico rincrescimento, che ancor mi rimaneva, si era quello che non avrei più potuto in tal caso confortare quei poveri ammalati. Ma, diceva, sia fatta la volontà di Dio! Se così egli dispone, penserà a mandar qua qualche altro Sacerdote.
La notte dal 28 al 29 febbraio fu la più terribile e desolante. In una piccola infermeria mi pareva di trovarmi su un campo di battaglia dopo il combattimento. In ciascun letto vi era un morto o almeno un moribondo. Varie volte mi trovai dubbioso e perplesso, se dovevo prestare i soccorsi religiosi prima a questo che a quello, perchè chi moriva di qua, chi soccombeva di là, e succedeva che quando assisteva un moribondo in una infermeria, morivano altri in altra infermeria, senza poter prestare loro l'estrema assistenza. Vi fossero stati anche cinque o sei Sacerdoti, avrebbero trovato lavoro tutti. Era veramente uno spettacolo raccapricciante veder spirare in così breve spazio di tempo tanti giovani, pieni di vita e nel fior degli anni! Procedendo il male di tal passo, in pochi giorni furono assaliti quasi tutti.
Però dopo il giorno 3 di marzo, rimise affatto la sua fierezza, e non si mostrarono nuovi casi fino al 7. Fu allora ch'io vedendo che non era più necessaria l'opera mia, mi decisi di ritornare al Collegio di S. Rosa in Nictheroy, senza più pensare di ritornare al Lazzaretto.
Col vapore che mi condusse a Rio Janeiro il Comandante dell'incrociatore inviò a Don Giudici, Prefetto del Collegio S. Rosa, la letterina che pure qui accludo
REV.mo PADRE,
6 Marzo 1896.
COMINCIO dal farle le mie scuse, se prima d'oggi non le ho inviato un ringraziamento ed un saluto; ma ciò deve attribuirsi alle sciaguratissime condizioni, nelle quali mi sono trovato.
Approfitto del ritorno del Rev. Padre Varchi per farlo e per ringraziarla con tutto il cuore di averci inviato un Sacerdote che ha adempiuto la sua missione. con uno zelo, una carità cristiana ed un'instancabilità veramente prodigiosa. .Egli spontaneamente ha voluto restare fino all'ultimo e fino a quando vi è stato bisogno di lui. Oggi l'epidemia si estingue per mancanza di elementi, e credo che i pochi che non abbiamo avuto il morbo, sia perchè siamo refrattarii.
La saluto distintamente, e colla massima stima e rispetto ringraziandola nuovamente sono
Suo Dev. ed Obbl. CARLO BORRELLO.
Come vede, amatissimo Padre, tutti erano persuasi che la cosa fosse finita così. Ma avvenne ben diversamente. Dieci giorni dopo il mio ritorno, cioè al 17 marzo, un telegramma dello stesso Mons. Guidi mi richiama al Lazzaretto. A bordo del Lombardia era riapparsa la febbre gialla ed aveva assalito quella dozzina di persone che ancor rimanevano sane. Fra questi v'era pure il Vice-Comandante ed il Capitano-Medico di bordo, che poi spirò dopo aver ricevuti i SS. Sacramenti.
In questa seconda volta, benchè il lavoro fosse quasi nullo, ebbi tuttavia a contrastare con un individuo particolare. Costui aveva detto in altra circostanza che era protestante, e da altre sue parole m'aveva già fatto capire come fosse animato da sentimenti i più ostili contro la nostra santa religione. Ora, ritornato io, mentre stava per entrare nell'infermeria, egli mi sbarra il passo, deciso di usar anche la violenza per impedirmene l'entrata. Io insisto, ma egli giunge al punto di minacciarmi che, se non portassi quest'abito nero, mi sfiderebbe al duello e mi strozzerebbe. Non per paura, ma per lasciar che si calmasse quel cuore da belva, mi ritirai, finchè, uscito egli, potei entrare a mio bell'agio, visitare gli ammalati ed esortarli a ricevere i SS. Sacramenti.
Fra coloro che soccombettero in questa seconda volta merita special menzione il Capitano-Medico, già soppraccennato, il quale, dopo aver ricevuti i SS. Sacramenti, rendeva a Dio l'anima sua colla più serena rassegnazione. Con questo bravo medico, prima che cadesse ammalato, ebbi varie conversazioni in materia di religione e sull'importanza di salvarsi l' anima. Quando poi, aggravato dal male , si trovò prossimo ad entrare nell'eternità, pareva si ricordasse delle verità udite e si preparò al gran passo colle migliori disposizioni.
Ma è omai tempo che io finisca questa troppo lunga lettera. Il giorno 25 dello stesso mese di marzo, parendo veramente finita la mia missione nel Lazzaretto, come lo fu difatti, feci ritorno a Nictheroy fra i miei carissimi confratelli.
Siccome quando partii dal Collegio, tanto la prima come la seconda volta, dubitava di non poter più ritornare , disposto a morir anch'io nel Lazzaretto dell'Isola Grande insieme coi nostri cari soldati italiani ; così al mio ritorno confratelli e giovanetti ringraziammo di cuore il Signore d'avermi conservata la vita in mezzo a tanto pericolo. Ed ora caldamente mi raccomando alle sue orazioni, o amatissimo Padre, affinchè Iddio mi faccia la grazia di spendere il restante de' miei giorni in compiere perfettamente la sua santissima volontà a servizio del prossimo , e così finalmente possa meritare di fare una buona morte e salvarmi l'anima.
Voglia benedirmi e credermi sempre suo
Aff.mo Figlio in G. C. Sac. ANTONIO VARCHI.
Una Missione nel centro della Pampa, (Lettera di D. Pietro Orsi)
REV.mo SIG. D. RUA,
Generai Acha (Acia), 5 Febbraio 1896.
L'AMATISSIMO nostro Vicario Apostolico, Mons. Giovanni Cagliero, le avrà già fatto sapere come, nello scorso gennaio, il nuovo zelante Arcivescovo di Buenos Aires affidava alla nostra Pia Società la Missione della Pampa Centrale, incaricandoci di aprirvi subito una Casa alla capitale Generai Acha, onde apportare anche a queste popolazioni, insieme coi benefizi religiosi, anche i vantaggi materiali del progresso e della civiltà. Ora io le dirò come il sullodato nostro superiore scelse il povero scrivente a capo di questa nuova fondazione e come tale il giorno 21 dello stesso mese di gennaio presentavaeni all'Ecc.mo Arcivescovo Monsignor Uladislao Castellano, alla Curia Arcivescovile ed al Ministro del Culto della Repubblica Argentina, dal quale mi ottenne i passaggi gratuiti in ferrovia da Buenos Aires ad Epupel ed in diligenza da Epupel alla capitale della Pampa.
Due giorni dopo io mi presentai nuovamente all'Ill.mo Arcivescovo di Buenos Aires per prendere la sua pastorale benedizione, e accommiatarmi da un Padre sì caro e che tanto affetto nutre pei figli di Don Bosco. Le parole non bastano ad esprimere con quanta affabilità e cortesia mi ricevette questo santo Prelato. « Sì, sì, la benedico di tutto cuore, mi disse alla fine, e con me la benedica il Signore, affinchè la sua missione sia fruttuosa. » Quindi stringendomi la mano e lasciandomi cadere in essa trecento scudi « Prenda, soggiunse; questi le serviranno nel lungo viaggio e nella difficile Missione della Pampa. » - Uscito dalla sala di Monsignor Arcivescovo, fai subito accompagnato in vettura dall'ottimo suo Segretario, Rev.mo Sig. Can.co D. Giovanni R. Terrero, il quale volle condurmi alla sua casa, dove dopo avermi fatto visitare la gentil cappellina privata, mi spiegò dinnanzi due belle pianete, una di color bianco e l'altra violacea, dicendomi che erano preparate per la mia Missione. Poi, accompagnandomi alla sua vettura, che mi condusse fino al Collegio Pio IX di Almagro distante 3/4 d'ora, mi lasciò egli pure nelle mani una generosa offerta in danaro. Che il Signore benedica questi nostri cari benefattori !
Quella stessa sera, 23 gennaio, con un bel gruppo di Salesiani accompagnava a Bahia Bianca Mons. Cagliero, dove arrivammo alle 4 pom. dell'indomani e dove Monsignore ci lasciava per far ritorno alla capitale del Rio Negro il giorno 28. Non posso esprimere quanto mi sia tornata dolorosa la separazione dall'amatissimo Monsignor Cagliero, sopratutto pensando che, staccandomi da lui , doveva recarmi alla testa d'una Missione in luoghi tanto lontani e per me sconosciutissimi !
Al 10 di febbraio telegrafai al Governatore della Pampa Centrale, Signor Generale Edoardo G. Pico, annunziandogli che al lunedì seguente, ossia due giorni dopo, sarei partito per quella volta con altri due Missionari Salesiani. Difatti, venuto il 3 febbraio, di buon mattino ci separammo dai carissimi confratelli di Bahia Bianca, che durante la nostra permanenza in quella Casa ci trattarono con ogni sorta di gentilezze, e partimmo il povero scrivente, il Sac. D. Antonio Mangano ed il Sig. Francesco Gonzalez, montevideano, già capitano d'artiglieria, e che desidera passar i suoi giorni coi Salesiani, pronto ad accompagnarci anche nel deserto e sottoporsi a qualunque stento e fatica.
Non mi perdo, amatissimo Sig. D. Rua, nel descriverle il viaggio ferroviario da Bahia Blanca a Epupel, perchè sono moltissime le particolarità del medesimo. Solamente le dirò che un carro tirato da buoi andrebbe più in fretta e stancherebbe meno. Sono strade nuove ed alquanto pericolose, e fa d' uopo andare molto adagio per non incorrere in gravissimi pericoli della vita. Il treno incominciò a fermarsi alla stazione di Villa Nueva, poi in quella di Nueva Roma, e successivamente nelle altre di Berraondo, San German, Rondeau, Jacinto Arauz, Nueva Paz, Bernascon, e Ramón Bianco, che sono paesucoli di quattro o cinque famiglie lunghesso la ferrovia.
Stanchi già di esercitare la virtù della santa pazienza, verso le 3 1/2 pom. giungevamo ad Epupel, punto in cui per ora termina la strada ferrata, che col tempo deve condurre alla capitale delle Pampa.
Epupel è un paesuccio di poche famiglie, come i sovraccennati, ma più rinomato, perchè, terminando quivi la ferrovia, i viaggiatori devono discendere per montare sopra una specie di diligenza, che qui si chiama galera, onde continuare il loro viaggio.
La galera o diligenza si trova a pochi passi dalla stazione. La avvicinammo tosto. Di piccole proporzioni, era accerchiata da bauli, da casse, da damigiane, da sacchi, sacchetti e cesti, insomma da un mondo di roba che vi si doveva caricare e legare sopra e che l'andava riempiendo di dentro e di fuori. Noi stavamo osservando spaventati. - Ma dove si metteranno i viaggiatori? - Fortuna che al momento di salire ci accorgemmo che i viaggiatori eravamo noi tre soli. Don Mangano ed io entrammo e ci mettemmo frammezzo ai sacchi ed ai bauli : il nostro buon capitano s'accomodò al di fuori insieme col vetturino.
La partenza fu segnalata dal volo del cappello del povero D. Mangano. Dovemmo far fermare la diligenza e mandare uno a cavallo in cerca di quel vecchio e nero testamento.
Indescrivibili sono le sofferenze di questo tratto di viaggio. Ci pareva di trovarci in una vera galera. Tanto era il fracasso delle ruote e sì violento il continuo saltellare della misera diligenza, che ad ogni momento si temeva che i cassoni di sopra sfondassero il soffitto e venissero a schiacciarci. Tuttavia, come Dio volle, sul far della notte giungemmo, senz'alcuna disgrazia, alla capitale della Pampa, a questa nuova città o popolazione, la quale prende il nome da colui che la fondò pochi anni or sono, il Generai Acha (acia).
Al primo por piede in città, ci si fece incontro un giovanetto a cavallo per ordinare al vetturino di condurci in casa di un tal sig. Pallavicini, dove il Governatore aveva fatto preparare la cena ed i letti. A questo annunzio si riconfortò il nostro spirito e con tutta l'effusione dell'animo ringraziammo in cuor nostro la Vergine Ausiliatrice, che si mostra tanto buona verso i figli di Don Bosco.
In un quarto d'ora fummo alla porta della casa Pallavicini. Qui ci ricevettero con segni d' ineffabile cortesia il Segretario della Governazione, sig. Edoardo Chapeaurouge, l'Intendente Municipale, sig. Agostino Valerga, ed un altro Signore, del quale ora mi sfugge il nome. Essi ci presentarono gli ossequi delle Autorità politica e civile, ci offrirono i loro servigi, ci dissero come a vremmo dovuto fermarci in quella casa fino a tanto che non saranno terminate quattro stanze accanto alla nuova chiesa in costruzione, e ci invitarono a fare, dopo cena, una passeggiatina fino alla casa del Governatore.
Vi andammo infatti, dopo esserci ben bene ristorati. Erano le nove di sera. Il Sig. Governatore con tutta la sua famiglia e con quella del suo Segretario, ci fece un mondo di complimenti, tanto da rimanerne proprio confusi. Ci fece vedere il mio telegramma pubblicato sulla Capitale, periodico settimanale di Acha, dicendoci come quell'annunzio aveva rallegrata tutta la popolazione. Inoltre, appena ricevuta la notizia della nostra venuta in questa città, la sposa, la sorella e la nipote del Governatore, unitamente colla consorte e la figlia del suo Segretario, andarono tosto a mettere in assetto la vecchia cappella da tempo abbandonata, e lavorarono indefessamente fino al nostro arrivo, onde renderla meno indegna di accogliere Gesù Sacramentato. Avute quindi promesse di appoggio e di protezione, ci ritirammo che era già quasi mezzanotte, lodando e glorificando il Signore e la sua SS. Madre.
Appena avrò conosciuta bene questa città e mi sarò fatta una giusta idea di questa popolazione e della Missione che mi incombe, le scriverò nuovamente. Intanto benedica, o amatissimo Padre, questa nuova Missione di Don Bosco, gli abitanti di questa città e dintorni, i suoi figli salesiani qui stabiliti e specialmente chi le si professa
Dev.mo Obbl. in G. C. Sac. PIETRO ORSI.
La prima fondazione Salesiana a La Paz. (Lettera di S. Ecc. Rev.ma Mons. Costamagna)
(Seguito).
Incontro colla rappresentanza del Supremo Governo. - Solenne ingresso alla Paz. - Nella chiesa e nel convento dei P.P. Riformati. In Casa dei Minori Osservanti.
Ci allontanammo spaventati dal paese dei cento morti, ed a notte oscura entrammo in Azo-Azo (abbondanza di sale), piccolo paese d'indiani Aimarà, anch'essi in preda alle furie di mescer lo carnovale. Vi pernottammo, ed al mattino seguente, celebrata la S. Messa, ripartimmo per La Paz. Lasciato alla destra Calamarca (paese delle pietre), sempre correndo correndo, verso le quattro di sera, in un punto chiamato Kenco, a cinque miglia dalla città della Paz, ci s' intima di fermare e di discendere dall'omnibus. Obbediamo; ed ecco presentarcisi nientemeno che quattro Senatori della Repubblica, i Sigg. Machicado, Salles, Coeto ed Iturralde, col Professor Reyes, Preside dell'Università, i quali in rappresentanza del Supremo Governo della capitale vengon ad ossequiarci ed offrire ogni servizio pel nostro ricevimento e per l'impianto della nostra Casa nella Paz.
Ci si offre un rinfresco, ci si copre di fiori, ci si stordisce a forza di evviva, e poi, montati in carrozza tirata da briosi corsieri, ci moviamo alla volta di quella città, che era la meta del nostro viaggio. Nel breve tratto di cammino il Preside dell'Università ci faceva ammirare la grandiosità del panorama che corona la città della Paz, le perpetue nevi che coprono le teste giganti dell'Illimano, dell'Huaita-Potosi, del Descabezado (senza testa) e massime del Llampo o Sorata, che è il re dei monti americani. Poi ci narrava la leggenda o favola, sempre creduta verità dagli Indii Aimarà, che cioè un bel giorno i due giganti, l'Illimano ed il Llampo, gelosi dell' altezza dell' attuale Descabezado, messisi d'accordo gli spiccarono repentinamente la testa, dicendo : Sàjama ! (vattene), e la gittarono sull'immenso altipiano di Taena ed Oruro, dove quella testa continua sempre ad essere coperta di neve essa sola in mezzo ad un'infinità di altri monti e portando appunto il nome di monte Sajama.
Ma ecco che l'altipiano che percorriamo, alto circa 4000 metri, d'un tratto quasi direi si spacca, si sprofonda, e là in basso appare repentinamente tutta una città di cinquanta mila anime, piena di vita e di speranze. È La Paz, la nostra sospirata Paz, che alla sua volta sospira da ben sei anni i figli di D. Bosco. È mestieri frenar i cavalli che si vogliono precipitar giù per la china di ben 400 metri circa. Verso la metà della discesa appaiono due signori, aitanti della persona, sopra indomiti cavalli : sono l'Intendente di Pubblica Sicurezza ed il Console italiano, il Sig. De Tommasi, che non han potuto pazientar fino al nostro arrivo in città. Finalmente dopo una buona mezz'ora di continua discesa, sopra d'una via serpeggiante sempre, si arriva alle porte della città Pacifica.
Ma adesso come faremo ad entrare in questa città, che par divenuta un immenso manicomio, dove ogni matto sembra un mugnaio, tutto coperto di bianca farina dalla testa ai piedi? L'affare è serio davvero. I cavalli si ferman di botto. Impossibile proceder avanti, poichè l'ambiente della strada è diventato tutto infarinato, e quasi direi, opaco. E la turba frenetica dei carnovalomaniaci seguita a tirar disperatamente cartocci di farina addosso ai malcapitati, che voglion andar pel loro cammino. Che fare adunque? Niente paura! tutto era stato previsto dalla Commissione e dai nostri amici, ed ogni pericolo già era scongiurato. Le Autorità ecclesiastiche e civili mi avevano pregato di sospender l'arrivo fin a tanto che fosse passato il carnovale, perchè volevano farci una dimostrazione splendida, universale; ma non avendo io potuto cedere alle loro istanze e per altra parte non potendo essi impedire le pazzie del baccanale, decisero di farci un ricevimento, quanto meno solenne, altrettanto più cordiale, quod erat in votis.
Appena fummo in città, i Francescani Riformati scalzi, usciti dal loro convento, ci circondarono, ci protessero e ci portaron di netto nella vicina loro Chiesa. Il SS. Sacramento era là esposto fra mille luci, che ci aspettava. Entrammo in presbiterio, mentre una spessa nube di fiori cadde a coprirci e quasi ad impedirci il respiro.
Cessata la pioggia di fiori, cominciò il canto del Te Deum solenne, poscia la Benedizione col Santissimo, che ci venne impartita dal Rev.mo Superiore Padre Sans, venerando religioso di 84 anni, il quale, sceso dall'altare, e prese le mie nelle sue mani, disse parole sì dolci e sì confortanti, da strapparci le lagrime. Risposi come seppi a lui ed al popolo divoto, benedicendo a tutti; quindi ci ritirammo nella grande sacrestia attigua dove il Senator Santos Machicado, Presidente della Commissione pel ricevimento, fece in nome del Governo della Repubblica un discorso sì forbito e sì religioso, che merita per certo la pubblica luce. Risposi anche a lui, e per mezzo suo al Supremo Governo; poscia si passò al Refettorio dei buoni Padri che ci trattarono arcicordialissimamente.
Caduta la notte e cessata per un momento la nera bufera del carnovale, uscimmo di là quasi alla sordina, e, sempre accompagnati dai buoni Riformati, dai Signori della Commissione e da una turba di gente devota, scendemmo alla Casa dei Minori Osservanti, che doveva esser nostra casa ospitaliera per più d'una settimana. Non è a dire quanta carità abbiano spiegato verso di noi questi altri buoni Religiosi. Iddio e Maria Ausiliatrice paghino essi l'immenso debito che noi incontrammo coi venerandi Figli di S. Francesco d'Assisi !
Dal Vescovo. - Si dà principio all' Oratorio festivo. - Il Collegio « Don Bosco ». - Solenne funzione di ringraziamento.
All' indomani, quantunque fosse martedì grasso, la processione dei visitatori fu continua per tutto il giorno. Prima di tutti furono il Prefetto, Sig. Salles, ed il Sindaco Sig. Cisnero ; quindi un numero infinito di ammiratori dell' Opera di Don Bosco. Gli Italiani qui stanziati (poco numerosi però) furono solleciti di presentarsi tutti a salutare i loro cari compatrioti.
Era nostro dovere andare a riverire Monsignor Vescovo appena arrivati; ma egli era a letto per affezione al cuore, e non potè riceverci che il dì delle Ceneri. Come è caro Monsignor Giov. Giuseppe Valdiria! Ci accolse piangendo di consolazione. Protestò che avrebbe voluto venirci a ricevere non solo alle porte della città, ma farci una sorpresa tre giorni prima in Oruro. Ci mostrò la circolare preparata per invitar tutto il Clero secolare e regolare al gran ricevimento che si era progettato di farci, e soggiunse che ora cantava volentieri il Nunc dimittis. Da me richiesto ci benedisse tutti ; poscia, fatto venire tutto il suo Clero secolare, che stava raccolto negli Spirituali Esercizi, me lo presentò, dicendo loro che io ora era il Vescovo della Paz. Volle che io loro rivolgessi qualche parola di esortazione e di eccitamento, e poi fattili inginocchiare ed inginocchiatosi egli stesso, volle che tutto il Clero della Paz fosse benedetto dal Vescovo di D. Bosco. Nè questo gli bastò. - Adesso, disse ai Canonici ed al Clero tutto, abbiate la bontà di accompagnarli alla loro Casa questi carissimi figli di Don Bosco e figli miei diletti, che il Cielo oggi mi ha dato e che devono riformar la nostra gioventù tanto mal avviata. - Fu compiaciuto all' istante : tutto il Clero messosi in processione con mazzetti di freschi fiori in mano, e disputandosi chi il Vescovo, chi il Sacerdote, chi il Chierico ed il Coadiutore Salesiano, ci portarono come in trionfo alla Casa dei cari PP. Francescani.
Nello stesso dì delle Ceneri, il Sig. Prefetto mi accompagnò a veder la Casa e prato annesso che il Governo dà ai Salesiani. Sono circa 20 mila metri quadrati a pochi passi dalla città, dove comincia la valle. È ornato di molti eucaliptus. L' edificio è nuovo, solidissimo, capace per ora d'una sessantina di interni. Ne fui soddisfatto assai, e la prima Domenica di Quaresima andai a benedirlo, poi si disse la S. Messa coll' assistenza di un centinaio di giovanetti dell'Oratorio improvvisato; quindi il confratello Nicola fece ballar le marionette, riempiendo di meraviglia gli indii ed i non indii. Alla sera si ripetè il divertimento delle marionette e già l'Oratorio era tutto vita, e il nuovo Direttore, D. Luigi Costamagna, potè cominciare, unitamente ai suoi cari collaboratori, a sparger la buona semente in quel campo tanto bisognoso.
Dissi tanto bisognoso; in verità se ella avesse presenziato le scenaccie di questi giorni, in cui, per secondare un uso, ossia un rito certamente diabolico, si seguitano le pazzie ed i disordini del carnovale fino a Quaresima inoltrata, e avesse veduto, come più volte han visto questi miei occhi, non solo uomini, ma donne briache, misurar tutta la via, poi cader stramazzoni, gridacchiare in un modo selvaggio, quindi incorporarsi e alzarsi su barcollando, ma solo col fine d'attaccar disperata lite con uomini madidi essi pure di liquori..., e intanto un gruppo di ragazzi e di ragazze, lì intorno, a burlarli, ad aizzarli, a farli cadere, a sghignazzare quando udivano e presenziavano le più stomachevoli brutture uscenti dalle immonde labbra di quegli esseri degradati.... oh ! caro Padre, se avesse veduto tutto questo, per certo avrebbe subito detto : - Presto, presto si apra l' Oratorio della Paz , si sottraggano i figli del popolo a tanto scandalo ; sia D. Bosco il loro padre, siano i suoi figli i loro salvatori !
Or bene, si consoli, o carissimo Padre mio, l'Oratorio è già un fatto e conta più di 400 giovani; il Collegio poi con scuole elementari cominciò subito e gli alunni son già 200, e fra brevi giorni si darà principio a quattro laboratorii. Tutti qui van dicendo che Don Bosco ha lavorato efficacemente dal cielo per loro, e per conseguenza tutti applaudono al titolo dato al nuovo Istituto, che fu appunto questo « Colegio D. Bosco de Artes y Oficios ».
Ma i buoni Pazegni si sentivano grandemente debitori verso il buon Dio pel benefizio loro fatto, inviando loro i figli di D. Bosco; quindi è che per pagare almeno in parte questo debito, scelsero il 24 febbraio, giorno dedicato all'Apparizione dell'Immacolata Concezione, e nell'ampia Chiesa de' nostri cari PP. Francescani, che furono alla testa di tutto, fecero un solennissimo pontificale, seguito da un bellissimo discorso sull'Opera Salesiana detto dal Teol. MONJÈ, e coronato da un Te Deum , a cui presero parte tutte le Autorità ecclesiastiche e civili, il piccolo Seminario, i Gesuiti, i Mercedarii, i Riformati, le Suore di S. Anna, il nuovo Collegio D. Bosco, e tutta la gente che nella grande Chiesa a tre navi poteva capire.
Dopo il pontificale si passò al refettorio, dove i buoni Francescani, scordandosi per un momento d'essere i figli del poverello di Assisi e solo avendo presente che il primo Oratorio di D. Bosco nacque in Torino appunto nella Chiesa di S. Francesco d'Assisi, trattarono i commensali squisitissimamente. In quel refettorio, bisogna dirlo, era raccolto il fior fiore degli oratori sacri e profani della Paz; quindi al levar delle mense, prima il Rev.m° Guardiano P. Luigi, poscia il Rev.mo Anziano, Padre Sans, quindi i Machicado, i Chaves, i Zalles ebbero campo di sfoggiare la loro eloquenza in favore dei figli di Don Bosco. Pose termine ai brindisi-discorsi il Vice-Presidente della Repubblica, l'Avvocato Severo Fernandez Alonzo, candidato alla Presidenza in successione all' Eccell.mo Signor Baptista. Le sue parole entusiastiche ci riempirono di grandi speranze. Parlai infine anch'io per ringraziare tutti e ciascuno. Ero, commosso assai, ma procurai di vincermi e non mi peritai di avvertire il novello Direttore della Paz colà presente, che si fidasse pure di tutto quel torrente di care promesse, ma prima di tutto fosse fidente in Dio. Già si sa che le contraddizioni verranno, forse presto, e forse di là donde meno s'aspettano.
In giro per la città - Due cari Cooperatori. - S' avvicina il giorno della partenza per Sucre.
Per ora le difficoltà dell' impianto sono omai superate, grazie a Dio, e mentre i sette carissimi Salesiani lavorano a tutt'uomo perchè ogni cosa vada avanti bene, ed io sto aspettando il 4 del p. v. marzo per partire alla volta di Sucre, vado girando tutto il giorno a piedi per questo saliscendi di città per dar la Cresima, per trovare ragazzi per l'Oratorio, per restituire le innumerevoli visite e per far viemeglio conoscere i figli di D. Bosco. Mi accompagnano due carissimi Cooperatori, i MM. RR. Teologi Don Giuseppe Ignazio Monjè e D. Giuseppe Emanuele Chaves , i quali, di ritorno dai loro studii fatti in Roma, essendo passati per Torino ebbero promessa da D. Bosco, allora vivente, di avere i Salesiani in Bolivia, e precisamente alla Paz. Essi mi son sempre ai fianchi, montano e calano con me rampe e colline, scale e scaloni. E quando, a causa della rarefazione dell'aria, mi manca il respiro , oppure il passo viene intercettato da una mandra di llamas o di asini, che dalla non lontana valle di Iungas tornano onusti di bananas, piante di zucchero, caffè, palta, ossia burro vegetale, cacao, acuayacas, patate, granturco, pesche, ciliegie, arancie, limoni, chirimoyas e di quant'altro produce la flora boliviana, allora i due miei cari Ciceroni se n' approfittano per spiegarmi le mille maraviglie di Bolivia e specialmente della Paz, ricordandone la fondazione fatta dagli Spagnuoli, i quali (così essi) dopo di esser venuti fra sè alle armi a cagione dell'auri sacra fames, si rappacificarono e gettarono le fondamenta della città, chiamandola Paz. Ma gli Indii-Aimarà la vogliono sempre chiamata col nome dell'antico paesello e di tutta la sottostante valle, cioè Choquizapo o Choquizago, che vuol dire campo d'oro; nome che ancor ritiene il fiumicello che divide la città della Paz. Insomma se mi fermo ancora un poco in questa terra, i miei due bravi Teologi mi fanno diventare addirittura Boliviano e sopratutto Pazegno.
Ma il 4 di marzo s'avvicina a passo di gigante; già D. Gasparoli, l'eletto Direttore per Sucre, è impaziente di lasciar Valparaiso e venir con i suoi a raggiungermi a Challapata, di dove partiremo insieme per alla volta di Sucre. Già i Sucrensi scrivono auch' essi impazienti : - Presto , presto, o Salesiani, chè la capitale protesta contro di voi, perchè l'avete lasciata per l'ultima.
Finisco quindi, o caro Padre, e comincio a dar uno sguardo alle valigie, che sono uno dei miei tormenti, e mi preparo a partire soletto e viaggiare coll'Angelo mio custode per mezzo a questi monti infiniti.
Presentemente questo paese non è in pace del tutto. Sono prossime le elezioni del nuovo Presidente, e si sa che le Repubbliche, specie quelle dell'America meridionale... non sono monarchie. Per conseguenza abbia la bontà di raccomandare e far raccomandare al Signore e questo povero Vescovo e le due nuove Case Boliviane, con tutte le altre, che devono venir in appresso, cioè quelle di Oruro e della vicina Arequipa nel Perù, che qui si considerano già come un fatto, se lei si degna mettere il suo: Visto, s' approva.
Dopo queste due fondazioni, se non avrò ordine in contrario penetrerò , Deo favente, nell' Equatore a trovare i miei Jivaros. Sarebbe omai tempo
Favorisca, la prego, salutare tutti i miei carissimi Superiori del Capitolo, tutti i Salesiani, i Cooperatori, in modo speciale l' amatissimo Arcivescovo di Torino, Monsignor Riccardi , che mi consacrò e che mi diede ripetute prove del più tenero affetto. Le bacio la benedetta mano, caro Padre, e mi professo
Della S. V. Rev.ma
Aff.mo ed Obbl.mo Figlio in G. e M. + GiACOMo Vescovo tit. di Colonia.
e per altra pie Signore e Cooperatrici Salesiane.
Anche in quest'anno nell'Istìtuto delle Fìglie di Maria Ausiliatrice, in Nizza-Monferrato, avranno luogo alcuni giorni di Esercizi Spirituali per le Maestre ed altre pie Signore e Cooperatrici Salesiane, che desiderassero di attendere colla dovuta tranquillità di spirito, alle cose dell'anima e dell'eternità.
Un buon numero di esse vi presero parte negli anni scorsi con viva loro soddisfazione; speriamo che altrettanto sia nell'anno presente.
Pertanto imitando l'esempio del compianto Don Bosco, il suo Successore D. Michele Rua fa loro caldo invìto ad intervenire numerose; e qualora non potessero recarsi quelle degli anni passati, egli le prega ad inviarvi le proprie figliuole o sorelle, oppure indirizzarvi altre pie donne o donzelle del paese, conoscenti od amiche.
La pensìone è fissata a L. 20; per le Maestre a L. 15.
Glì Esercìzi comìncìeranno la sera dell' 8 agosto e finiranno il mattino del 17. Essi saranno dettati da Sacerdoti Salesiani.
Chi intende prendervi parte è pregata a significarlo non più tardi del 31 luglio alla Superiora delle Figlie di Maria Ausiliatrice in Nizza-Monferrato, la quale in conferma d'ammissione spedirà un semplice biglietto di visita.
Si pregano le Signore che intendono fare i santi Esercizi di non recarsi all'Istituto prìma del giorno fissato per il principio de' medesimi.
NB. Nizza-Monferrato ha stazione propria sulle linee ferroviarie di Alessandria - Cavallermaggiore e Torino-Asti-Acqui-Ovada-Genova.
Coll'animo commosso e pieno di ammirazione diamo in questo numero la rassegna di quanto si è fatto dai nostri zelanti Cooperatori e pie Cooperatrici per onorare la nostra potentissima Patrona e Madre, Maria SS. Ausiliatrice. Non potendo riportare tutte le relazioni trasmesseci, daremo solo brevi sunti delle principali città e paesi.
AREZZO.
Una notizia assai consolante poi Salesiani e per tutti i Cooperatori è senza dubbio questa, che anche in Arezzo è stata fatta con trasporto particolare di fede e di devozione la festa di Maria SS. Ausiliatrice nella chiesa delle SS. Flora e Lucilla in Badia, e che questa festa vien celebrata in detta chiesa già da ben quindici anni per lo zelo particolarmente di una buona Signora graziata da Maria Ausiliatrice.
Ecco il fatto quale l'ho udito dalla bocca stessa di questa piissima persona
Massimina Severi della detta Parrocchia di Badia, quindici anni fa trovavasi inferma per sopraparto e per altri tre capi di malattie sopravvenute alla prima. Da tre giorni aveva perduto il conoscimento. Dal consulto di varii medici risultava disperata la guarigione. Il marito addoloratissimo non sapeva a qual Santo votarsi. Dalle parole interrotte dell'inferma delirante udito ripetutamente il nome di Maria, corre alla Parrocchia e dimanda al Curato se sa qual fosse la devozione più gradita alla sua Massimina quando era in salute. Saputo ch' ella spesso soleva porsi ginocchioni a pregare sui gradini dell' altare dove si venera il simulacro di Maria SS. Ausiliatrice, ordina che dinnanzi a quell'immagine venga fatto un triduo di preghiere. Terminato il triduo, l'inferma cominciò a migliorare e a poco a poco le ritornò la primiera salute. I due coniugi riconoscenti di questa guarigione, che attribuirono alla potente intercessione di Maria SS. Ausiliatrice, stabilirono di festeggiarla ogni anno nel giorno che Le è sacro sotto questo titolo, e già son quindici anni che mantengono questo santo proponimento.
Che Maria SS. Ausiliatrice protegga sempre in vita e specialmente al punto della morte questi due ferventi zelatori della sua divozione.
Can.co PIETRO NERI.
BORDIGHERA-TORRIONE.
Il giorno 31 maggio fu per la popolazione di Bordighera-Torrione uno di quei giorni più belli, che lasciano caro ricordo di sè. La chiesa vestita a festa, il numeroso accorrere dei fedeli fin dalle prime ore del mattino manifestavano che si celebrava una grande solennità. Era la festa di Maria SS. Ausiliatrice. Questa festa, che riesce simpatica ed attraente ogni anno più, aveva quest'anno qualche cosa di speciale, che lo accresceva grandiosità ed attraenza. Oltre il Vescovo diocesano, Monsignor Ambrosio Daffra, intervenivano pure i cantori del Collegio Municipale di Alassio, diretto dai Salesiani, e la banda pure salesiana del Patronato di Nizza Marittima.
Numerose furono le Comunioni a tutte le Messe; ma specialmente a quella in cui Monsignore distribuì il Pane Eucaristico a buon numero di ragazzi e ragazze, che avevano la bella ed invidiabile sorte di ricevere la Prima Comunione in questo bel giorno dalle mani stesse di Monsignor Vescovo. Verso le ore 10, lo stesso Monsignore amministrò il Sacramento della Cresima; e come già. aveva fatto per la Prima Comunione, disse calde parole di circostanza, esortando in modo speciale i parenti ad essere vigilanti sui loro figli, per conservar loro quella grazia divina che avevano ricevuto nel Sacramento della Confermazione. Alle ore 11, Messa solenne del Cherubini, detta dell'Incoronazione, eseguita con quella finezza di gusto e con quella valentia che acquistò, specie qui in Liguria, un buon nome musicale ai giovani cantori del Collegio d'Alassio. Celebrò il nostro buon amico e zelante Cooperatore Mons. Filippo Lagorio, Canonico Prevosto della Cattedrale di Ventimiglia, ed assistette pontificalmente S. E. R.ma Monsignor Ambrogio Daffra, il quale dopo l'Evangelo prese per la terza volta la parola, tessendo un bel discorso sulla festa del giorno.
Ma il punto più solenne, più attraente della festa doveva essere la processione.
Compiuta dallo stesso Mons. Lagorio la funzione delle Figlie di Maria, benedetto il nuovo stendardo delle Signore ascritto alla Compagnia del SS. Sacramento, cantati i Vespri solenni, cominciò lo sfilare delle varie Compagnie, delle Figlie di Maria, dell'Educandato femminile, del SS. Sacramento coi loro vessilli; veniva quindi la banda di Nizza, che intercalava alle lodi di Maria , cantate dal popolo, scelti pezzi musicali; ed in ultimo seguiva numeroso clero. La folla immensa, che già durante i Vespri non poteva capire nella troppo angusta chiesa parrocchiale, si riversava sul piazzale e sulla strada, per cui doveva passare la processione, dividendosi in due larghe ali per contemplare la magnifica statua di Maria SS.ma Ausiliatrice, che veniva portata in trionfo in mezzo ai figli suoi.
Al ritorno della processione, l'infaticabile Monsignore salì il pulpito e rivolse per la quarta volta la sua parola, piena di santa unzione, all'affollato uditorio, tenendo la conferenza d'uso ai Cooperatori e Cooperatrici Salesiane. Parlò come poteva parlare un Cooperatore zelantissimo delle Opere Salesiane. Data quindi la benedizione col SS. Sacramento, ebbe termine la festa con una bellissima illuminazione, rallegrata da scelti pezzi musicali, eseguiti con lodevole precisione e buon gusto da quei bravi giovanotti di Nizza Marittima. - Riassumendo, possiamo dire che la festa riuscì un vero trionfo per Maria e di piena soddisfazione per gli intervenuti. - Laus Deo et Mariae.
GORIZIA.
Anche noi uniti ai nostri benemeriti signori Cooperatori ed alle nostre benemerite signore Cooperatrici abbiamo cercato di celebrare nel modo più solenne possibile la festa della nostra celeste Madre Maria SS. Ausiliatrice.
Crescit eundo è il caso di dire anche qui, poichè questa volta alle funzioni di chiesa d'uso ed alla conferenza salesiana abbiamo potuto aggiungere una solenne accademia in onore di Maria Santissima. Però di questo, oltre che allo zelantissimo Mons. Domenico Alpi, nostro angelo tutelare, dobbiamo esser grati ai Reverendi Chierici del Seminario Centrale Teologico, che coi loro canti e suoni concorsero a rendere veramente bello il nostro trattenimento. Ci sentiamo pure obbligati verso molti signori e signore, ed in modo speciale verso S. E. il nostro Principe Arcivescovo Luigi Zorn, che vollero con la loro presenza dar maggior lustro alla nostra festa.
Aperse il trattenimento il canto dell'Inno Salesiano, eseguito a perfezione dalla Cappella del Seminario, accompagnato sul piano dal Ch. Setnicar. Poi Mons. Alpi, Direttore dei Cooperatori Salesiani, salutò con parole inspirate ad eloquenza veramente apostolica i convenuti, lumeggiando, coll'accenno a meravigliosi fatti della vita di Don Bosco, la immensità della potenza di Maria Ausiliatrice, e ringraziando i generosi donatori che in questi ultimi mesi vollero con offerte e doni, anche di mobilie e vesti usate, dimostrare il loro vivissimo interesse per la causa salesiana. Un allievo del nostro Convitto di S. Luigi declamò con espressione un canto a Maria Ausiliatrice; indi il coro dei Seminaristi diffuse nell'ambiente una soave commozione colla Salve Regina del nostro caro Dogliani.
Dopo altra poesia a « Maria nostro conforto spigliatamente declamata da altro allievo del Convitto , l'Avv. Gio Battista Mondada, antico allievo dell'Oratorio di Torino, tenne la conferenza salesiana sull' argomento : Il cuore di Don Bosco e la quistione sociale. La sua parola semplice, viva, scultoria, piena di dottrina, si meritò coi più calorosi applausi le più cordiali congratulazioni. Questa bellissima conferenza verrà resa di pubblica ragione per mezzo della stampa.
Terminata la conferenza, fuvvi ancora la declamazione di. tre altre poesie, tutto profumo primaverile in onor della Vergine.
La Cappella del Seminario eseguì con pieno affiatamento e squisitezza di interpretazione il grandioso Inno a Leone XIII, del M. Cattaneo, e chiuse degnamente la festa col canto del Salvum fac regem, esso pure un pezzo di musica di magistrale fattura e magistralmente interpretato.
Io non mi dilungo più oltre intorno a questa riuscitissima festa, della quale l'Eco del Litorale ha fatto una estesa relazione. Dirò solo, tanto per conchiudere, che essa ha segnato un altro passo avanti dell'Opera Salesiana a Gorizia. Ne siano pubblicamente ringraziati questi nostri carissimi amici.
Sac. G. B. SCAPARONE.
LODI.
Associandomi all'esultanza di tutti i Salesiani per l' imminente solennità della potente nostra Signora e Patrona, Maria Ausiliatrice, mi affretto a spedire per vaglia postale le offerte raccolte nel corrente anno tra i nostri ascritti, specialmente per opera della giovane zelatrice signorina Angelina Majocchi. Parimenti con gioia annunzio come il giorno 21 maggio nella chiesa parrocchiale di S. Maria del Sole, della quale lo zelante Direttore Salesiano per la Diocesi è Prevosto, si è celebrata la festa di Maria Ausiliatrice. Dopo la S. Messa tenne il discorso di circostanza il M. R. D. Giovanni Comizzoli, Direttore Spirituale del Seminario, il quale sviluppò alcune deliberazioni del Congresso Salesiano di Bologna; indi si impartì la solenne benedizione.
Prof. Sac. LUIGI ALEMANNI. MODENA.
(Dal Diritto Cattolico).
Celebrandosi il 1° giugno nella Chiesa di San Carlo l'annua festività in onore di Maria SS. venerata sotto il titolo di Ausiliatrice del popolo cristiano, è stata tenuta la seconda annuale conferenza salesiana al maggior conoscimento e vantaggio delle Opere dell'immortale D. Bosco. Perciò alle ore 20, dopo il canto della Compieta, l'Ill.mo e M. Rev. Prof. D. Sante Ferrari, Arciprete di Sorbara, sempre fecondo e gentilissimo quando si tratta delle Opere Salesiane, tenne per tre quarti d'ora un forbito discorso ai Cooperatori di Modena ed al molto popolo accorso ad onorar Maria.
Cominciò ricordando come il Redentore prima di morire affidò in Giovanni, diletto discepolo, tutta la cristianità a Maria, onde fosse da Lei soccorsa ed aiutata. Non ismentì Maria il suo ufficio verso del popolo cristiano. Enumerò gli aiuti da Maria porti alla Chiesa nascente, l'averla soccorsa nelle persecuzioni e difesa dalle eresie che la dilacerarono ; descrisse il trionfo da Maria riportato nel Concilio di Efeso , e le vittorie del Rosario sull' eresia Albigese; e ricordò le glorie della Vergine nelle guerre coi Mussulmani, rammentando Lepanto e Vienna.
Ma come non si sono cambiate le condizioni, deve sempre combattere la Chiesa, e come in passato ad ogni nuovo assalto Maria ispirò nuovo soccorso, così a' tempi nostri ispirò valido aiuto contro le miserie del secolo. Questo secolo vede illanguidirsi la carità; epperciò Maria ispira ora la carità vera, universale, carità immensa, carità dal cui esercizio viene il rimedio dei mali della società. - Come camparla, esclama l' oratore, questa società dall'abisso, contro cui corre vertiginosamente? Richiamandola sul sentiero della Religione e dell'Evangelo. Epperciò come i sovvertitori dei popoli tutto mettono in opera per corrompere la gioventù, Maria porge alla cristianità l'aiuto per salvare questa gioventù dalle insidie degli empi, anzi col servirsi di questa gioventù medesima per redimere la società. Questi giovani infatti educati a sentimenti cristiani, cresceranno buoni e ferventi cattolici e porteranno in mezzo alla società la religione e l' osservanza dei divini precetti. Questa è l'importanza dell'opera di D. Bosco a favore della gioventù; opera non locale, ma universale, pel numero dei Collegi e per la varietà delle Nazioni ove si trova sparsa; opera non solamente ecclesiastica, perche sebbene molti educati dai Salesiani diansi al ministero ecclesiastico, pure i più si danno a professione e mestiere onorato; opera propria dei tempi, perchè gli stessi nemici della Religione sono costretti a dichiarare che solo per essa potransi vincere le attuali condizioni sociali che arrecano spavento alla società.
L' oratore perciò saluta sulla fine del suo dire il prossimo ottobre, nel quale la città nostra accoglierà in mezzo a' suoi cittadini i benemeriti figli di D. Bosco, cui esorta caldamente a soccorrere; perocche quanto maggiori saranno gli aiuti, e tanto più efficaci saranno le opere di questi Sacerdoti.
MONDOVI'.
Il 15 giugno ebbe luogo in questa città l'annuale conferenza pei Cooperatori e Cooperatrici Salesiani. La maestosa chiesa di S. Filippo fu destinata per questa riunione. I Cooperatori dei Piani di Breo intervennero in numero consolante. Premessa la recita del S. Rosario, il M. R. D. Pietro Arbinolo, zelantissimo Arciprete di Clavesana, trattò brevemente degli obblighi di questa Pia Associazione, fermandosi specialmente sopra l'azione che i Cooperatori devono spiegare nel proprio paese, nella propria parrocchia; e si estese non poco sulla necessità ed utilità di quest'azione salesiana specialmente a pro della gioventù pericolante. La parola franca e piena di zelo di questo degnissimo Arciprete fu ascoltata e seguita sempre colla maggiore attenzione e col maggior interesse. Sieno rese a lui le più sentite grazie e voglia Iddio fare sì che l' azione dei Cooperatori Salesiani nella nostra Mondovì ognor più si accresca e compia quelle opere così magnanime, che la sola carità cristiana può operare.
La funzione si chiuse colla benedizione del SS. Sacramento, impartita da un Padre Filippino. L'offerta raccolta per le Opere Salesiane fu abbastanza generosa. Ed io colgo la opportunissima occasione dell'onomastico di Don Bosco e di Don Rua per mandare questa tenue offerta; nello stesso tempo mando un cordiale augurio di felicitazione al carissimo Rettor Maggiore della Pia Società Salesiana; il Signore lo conservi ancora ad multos annos a vantaggio e consolazione dei Salesiani, dei loro Cooperatori e della Chiesa.
Sac. ANTONIO BRUNO. SALERNO.
Il giorno 24 del maggio scorso nella Congregazione di S. Martino fu celebrata la festa di Maria SS. Ausiliatrice. Prima della S. Messa si recitò da tutti insieme gl'intervenuti la terza parte del S. Rosario, guidato da una pia signora. Alle ore 8 si cantò la Messa, e dopo il Vangelo il sottoscritto tenne il discorso di Maria SS. Ausiliatrice, conchiudendo con un caldo appello ai Cooperatori e Cooperatrici presenti per l'incremento e sviluppo delle Opere del grande Apostolo della gioventù Don Giovanni Bosco. Finita la Messa, s'impartì la benedizione col SS. Sacramento. I buoni Cooperatori e Cooperatrici accorsero in gran numero, quantunque l'ora fosse per molti incomoda. Altri che non poterono assistere alla Messa, e questi furono parecchi Sacerdoti, mandarono la loro adesione. La religiosa funzione, a gloria di Dio, riuscì tanto divota e piacque a tutti.
Alcuni immediatamente dopo la funzione vennero in sacrestia per farsi ascrivere alla legione salesiana. Voglio sperare, che col tempo si aumenterà il numero dei Cooperatori Salesiani in Salerno.
NOBILE Sac. TRANSILLO.
SANICO.
In questa parrocchietta di 600 anime, tutti agricoltori, e dove si contano numerosi i Cooperatori Salesiani, (si distribuiscono mensilmente 60 e più Bollettini), esiste la Compagnia detta delle Figlie di Maria Ausiliatrice, che sotto i suoi auspici e acclamando a Lei sotto tal titolo fu da prima istituita dopo il 1870 da alcune buone Cooperatrici. Quest'anno la detta Compagnia, alla chiusa del mese di maggio, celebrò la propria festa con particolarità caratteristiche, e quindi col concorso anche dei forastieri. Fuvvi nientemeno che la Messa in canto con musica del Capitani, composta per le Figlie di Maria del Santuario d'Oropa, ed eseguita da queste buone Figlie stesse, le quali cantarono pure alla sera i Vespri della S. Infanzia e un facile, ma grazioso Tantum ergo di Demacchi, oltre ad una Ave Maria del Luzzi. A notte poi, sempre le medesime Figlie diedero nel nuovo locale per l'Oratorio un trattenimento musico-drammatico, che finì coll'accensione di bengalini formanti il monogramma di Maria Ausiliatrice. Una graziosa e bianca statua della Madonna col Bambino, posta in olezzo a questi fuochi artificiali, dava l'idea d'una visione celeste. Allora un grido eruppe e si ripetè a lungo tra gli spettatori di Viva Maria Ausiliatrice! Altri fuochi artificiali erano pur stati accesi nel cortile. Una festa così bella, cara e serena non si ebbe finora, ma speriamo che, continuando le brave figlie e i buoni sanicesi nella divozione a Maria Ausiliatrice, si ripeterà ancora ner l'avvcnire.
Sac. E. PORRATI.
S. VITTORIA.
Mercè lo zelo del degnissimo Decurione D. Secondo Gualtieri, in breve tempo si è quivi sviluppata assai la Pia Associazione dei Cooperatori Salesiani, i quali nel giorno 30 maggio celebrarono con solennità la festa di Maria SS. Ausiliatrice. Ed a compimento della festa venne anche detta una Messa da Requiem, in suffragio dei Cooperatori defunti. Segnaliamo all'imitazione dei nostri lettori lo zelo dei Cooperatori di S. Vittoria, facendo loro i nostri ringraziamenti ed augurando loro ogni celeste benedizione.
MILANO.
Il lunedì 1° giugno i Cooperatori e le Cooperatrici Milanesi radunavansi in bel numero nella chiesa di S. Maria Segreta, gentilmente concessa dall'ottimo Proposto Dossi, per la festa di Maria Ausiliatrice. Vi fu Messa solenne, con discorso dopo il Vangelo, ed in fine benedzione col SS. Sacramento.
Dopo la funzione persone incaricate in una sala attigua alla chiesa ricevevano le offerte, che si volevano fare per l'erigendo Istituto S. Ambrogio. Gli stessi si prestarono pure per le iscrizioni di nuovi Cooperatori.
Alle ore 14 1/2 ebbe luogo poi nella Casa di via Commenda un'adunanza di tutti i Cooperatori e le Cooperatrici, nella quale si fecero diverse importanti comunicazioni, riflettenti specialmente lo stato attuale della nuova fabbrica presso la via Galvani, dietro la Stazione centrale, e mostranti all'evidenza il bisogno d'aiutare il Comitato a proseguire. Diffatti, per quanto siasi raccolto, il solerte Comitato faceva sapere che già a questo punto (si è al solo primo piano compiuto), le uscite sorpassano le entrate, sicche pel 7 dicembre prossimo, giorno dell'inaugurazione, si troverebbe aggravato da debiti enormi, che solo la fiducia in Dio, l'esempio di Don Bosco ed il bisogno urgente di troppi giovani pericolanti lo rende ardito ad incontrare. Vogliano i buoni venirgli subito e largamente in aiuto; concorreranno anche così ad onorare il Centenario di S. Ambrogio, a cui è dedicato il nuovo edifizio.
Quest'adunanza era presieduta da S. Ecc. Ill.ma e Rev.ma Monsignor Mantegazza, Vicario Generale, lieto di poter rappresentare S. Em.za il venera tissimo Cardinal Arcivescovo, che espresse il suo rincrescimento di non poter intervenire egli stesso in persona, trovandosi quel giorno ancora in visita pastorale. Ai fianchi di S. Ecc. sedeva pure il carissimo nostro Superiore D. MICHELE RuA, che nel recarsi a Verona e Vicenza, e poi a Caserta e Genzano, aderì alla preghiera di anticipare alquanto il suo viaggio per poter presenziare almeno in parte la festa dei Cooperatori Milanesi.
Tanto l'Ecc.mo Mons. Mantegazza, come il degnissimo Proposto di S. Maria Segreta e poi Don Rua perorarono con efficaci parole innanzi a quell'eletta assemblea la santa causa del Comitato Salesiano Milanese, al quale Don Rua partendo esprimeva pure la sua viva compiacenza e gratitudine pel grande interesse dimostrato dai Milanesi verso le Opere Salesiane, e specialmente a favore dell'Istituto nuovo colà in costruzione.
VERONA.
Da Milano Don Rua, in compagnia di D. Luigi Rocca, attuale Economo generale della Pia Società Salesiana, si portava a Verona per presiedere alla festa di quei nostri fratelli ed amici. Riassumeremo quanto scrisse la Verona Fedele di quella città. Alla stazione a ricevere il nostro Superiore si trovavano D. Ciprandi, Direttore dell'Istituto Don Bosco, ed una rappresentanza del Comitato Salesiano Veronese. All'Istituto fu accolto a suon di banda e con tanto entusiasmo da quei cari convittori, ai quali raccoltisi in cappella D. Rua rivolse subito alcune brevi parole, ricordando loro come già cinque anni prima fosse stato a Verona. quando non v'era ancora traccia alcuna dell'I stituto e rallegrandosi dello sviluppo consolante che questo ha preso.
La mattina del dì seguente 3 giugno, Don Rua celebrò alle 7 la Messa della comunità, distribuendo ai numerosi convittori il Pane Eucaristico ; quindi, per oltre un' ora, ricevette in udienza varie persone. Dopo la Messa solennemente celebrata dal R.mo Mons. Abate di S. Zeno, per la quale quei giovanetti eseguirono maestrevolmente la musica dello Stehle, Don Rua con Don Rocca e D. Ciprandi si recarono in episcopio. L'udienza con l'Em.mo Cardinal di Canossa, protrattasi per circa mezz'ora, fu cordialissima.
Tornato all'Istituto, fu onorato alla mensa da varai amici e benefattori, fra cui il fratello del Cardinale. Sul finire il Comitato Salesiano offerse un sonetto a stampa, nel quale, tolto argomento dal fatto di Elia e di Eliseo, si diceva come Don Rua, che fu presente alla morte di Don Bosco ne avesse ereditato lo spirito. E D. Rua, colto il destro dai versicoli posti in capo al sonetto, ravvicinava i tempi di Elia ai tempi nostri, nei quali, diceva, abbiamo però non uno scarso numero di zelanti, come a' giorni del profeta, ma molti e molti che vogliono bene all'Oratorio. - Parlò quindi con brio e novità di pensiero e di forma, il R.mo Don Giacomelli, recando il saluto di Verona cattolica; Mons. De Massari e Don Giuseppe Manzini, accennando ambedue alla Casa Salesiana che s'aprirà in Legnano nel prossimo autunno; il prof. D. Grancelli per il Comitato Veronese; e da ultimo, con un saluto in versi, il Comm. Conte Teodoro Ravignani e il prof. Trida. La banda dell'Istituto eseguì scelti pezzi sotto la direzione dell'intelligente maestro D'Aniello, e una trentina di giovani cantò (per due volte, perché richiestane la ripetizione) il coro musicato dal Maestro Oreste Liviabella per il Congresso Salesiano di Bologna.
Alle 15 1/2 precise, dopo essersi Don Rua trattenuto alcuni istanti con l'Ecc.mo Mons. Vescovo Bacilieri, si entrava in Chiesa per la conferenza. I Cooperatori e le Cooperatrici erano accorsi in buon numero. Terminata la lettura, secondo le norme date per le conferenze, Don Rua, presa la benedizione dal Vescovo, salì il pergamo e per tre quarti d'ora parlò di Maria Ausiliatrice.
La sua parola semplice fu religiosamente ascoltata sopratutto quando venne a dire dei rapporti che corrono fra Maria Ausiliatrice e i Salesiani; e descrisse il rapido allargarsi dell'Opera di D. Bosco e come s'innalzò il santuario di Maria Ausiliatrice in Torino. Conchiuse toccando di Verona in maniera particolare, dicendo che, se finora si spesero centocinquantamila lire, è mestieri innalzare un'altra ala per accogliere nuovi giovani, per avviarli ad arti e mestieri; nel che assicurò che non si farà concorrenza all'industria cittadina. Per questo lavoro, ci disse, abbisognano almeno trentamila lire; ma non s'aspetterà a cominciare quando si abbiano ; no, la fabbrica si inizierà, la Madonna penserà a far venire il denaro. La Casa-madre di Torino farà quel poco che potrà, dovendo essa provvedere ai Salesiani ormai sparsi per tutto il mondo. Si confida dunque che non verrà meno la generosità dei Veronesi, i quali proveranno che i denari posti in mano a Maria Ausiliatrice son ben collocati e fruttano un cospicuo interesse.
Terminata la conferenza e fatta la questua di metodo, l'Eccellentissimo Vescovo impartì la trina benedizione. Nell'uscire di chiesa fu una ressa dintorno a D. Rua per baciargli la mano, per dirgli solo una parola e per averne la benedizione.
La bella giornata del 3 giugno finì con la rappresentazione di un dramma - Federigo Gonzaga e con l'illuminazione del cortile, ove, formati da lumicini di vario colore, spiccavano i motti: Viva Maria Ausiliatrice! Viva Don Bosco! Viva Don Rua!
VICENZA.
La mattina del 5 giugno Don Rua partiva da Verona alla volta di Vicenza, per accondiscendere ai vivi desiderii di quei zelanti Cooperatori che lo volevano per la conferenza salesiana nella chiesa di S. Gaetano. Ecco come ne parla il Berico, giornale cattolico di quella città
« Essendo la prima volta che D. Rua parlava ai Vicentini, cominciò dall'esprimere la sua compiacenza per tante opere di carità e di zelo, che qui fioriscono a meraviglia, delle quali non ultima è la Pia Associazione dei Cooperatori Salesiani, ricostituitasi nel 1892 e data in cura a questo Circolo della Gioventù Cattolica.
» Fece quindi una rapida rassegna dei più recenti progressi delle Opere di D. Bosco, specialmente in America.
» Riferì le pratiche già da tempo avviate ed ora condotte felicemente a termine colla Società detta di S. Raffaele per la protezione dei nostri emigranti in America. I figli di D. Bosco, col titolo di Corrispondenti Salesiani, si sono già stabiliti, come in altrettante stazioni, a S. Paolo del Brasile, a Buenos Aires ed a Montevideo, dove specialmente fanno capo i nostri emigranti, che vengono accolti, giovati di consiglio e di indirizzo, e protetti contro le arti e le insidie di ingordi speculatori, ai quali, nuovi del paese e della lingua, cascano in mano e dai quali sono spesso sfruttati e traditi.
» Queste ed altrettali consolazioni sono da riferirsi alla visibile protezione di Maria Ausiliatrice, tanto cara a D. Bosco e Patrona principalissima delle sue Opere; ma con esse si mescolarono testò gravi dolori e gravi amarezze. Tra le quali non volle contare la truce fine di Mons. Lasagna e la morte di D. Unia ; chè queste, a giudicarne cristianamente, piuttosto che perdite sono guadagni. Altre prove dovettero sostenere i Salesiani; una delle due fondazioni della Bolivia corse gravissimo pericolo di essere annientata quasi sul nascere. Mons. Costamagna si vide dal Governo rivoluzionario dell'Equatore chiuso l'adito alla sua Missione. Mons. Fagnano, Prefetto Apostolico, prega ed insiste per i suoi cristiani della Terra del Fuoco, ridotti a tale estremo da dover ritornare alla loro primitiva forma di vivere selvaggio e vagabondo, ove manchi od anche tardi il soccorso.
» Da queste difficoltà e da altre ancora confidano i figli di D. Bosco di poter uscire, affidati alla divina Provvidenza e sostenuti dalle preghiere e dalla carità dei molti loro amici e benefattori.
» Terminò incaricando la pietà e la devozione a Maria Ausiliatrice, per le cui amabili influenze la piccola pianta dell'Oratorio Salesiano, seminata da solo mezzo secolo in Torino, è cresciuta ora in albero grande e robusto, che ha messo salde e profonde radici e stende largamente i suoi rami in tanta parte del mondo.
» Don Rua partì poscia per Este, esprimendo ripetutamente la più viva riconoscenza a S. E. Mons. Vescovo, che lo accolse con tanta bontà e lo volle suo ospite, ed a tutti i buoni Vicentini, che tanto affetto portano alle Opere di D. Bosco. »
MANTOVA.
I nostri benemeriti Cooperatori e Cooperatrici Salesiano di Mantova ebbero la gran consolazione, nell'occasione della Conferenza di Maria Ausiliatrice, di veder presieduta la loro adunanza dal loro veneratissimo Vescovo l'Eccellentissimo Mons. Origo. Il pio e dotto Pastore tenne loro un bellissimo discorso, nel quale ebbe parole eloquentissime sull' educazione della gioventù. Encomiò lo zelo dei Cooperatori e delle Cooperatrici Salesiane di Mantova ed in particolare dei degnissimi ecclesiastici D. Amos Marchesi , Arciprete di S. Barnaba, e D. Gaetano Dott. Mortara, Arciprete di S. Apollonia, l' uno Direttore Diocesano e l'altro Decurione della nostra Associazione in quella città.
I nostri ossequi e ringraziamenti al venerando Prelato e le più liete congratulazioni a quei nostri amici e benefattori.
CATANIA.
Nell'Oratorio Salesiano di S. Filippo, alla festa solennissima e molto divota in onor di Maria Ausiliatrice, si aggiunse pur una splendida accademia, della quale riportiamo la breve relazione fatta da uno spettatore sulla Campana di quella città
« Giunto al portone d'ingresso dell'Oratorio e sentito un vociare confuso di giovanetti, quindi delle note penetranti di musica, mi sentii tocco il cuore, compreso da un senso di ammirazione. Entro : tutto trovo in perfetta armonia. Bellamente era disposto l'altare, sul quale posava la statua di Maria SS. Ausiliatrice, attorno a cui eran collocati grande numero di vasi di fiori. Intorno intorno, per tutto il cortile, facevan ornamento dei festoni di edera ed alloro, dai quali pendevano parecchi palloncini variamente colorati. Qua e là, dove il gusto lo richiedeva, eran fissate delle bandieruole, degli stendardi, delle stelle, differenti tutti fra loro per forma e colore.
» Da un bravissimo musico salesiano si apre il trattenimento con dei suoni toccanti, che fanno svegliare, nelle più intime fibre del cuore, ogni sentimento di tenerezza. Alza quindi la voce un giovinetto col canto di un' Ave-Maria, viva espressione del sentimento religioso, canto che viene salutato da un prolungatissimo battimani. Dopo segue la recita di sonetti, canzoni a Maria SS. fatta da tutti i giovanetti dell' Oratorio. È un continuo succedersi di omicini alti un palmo, che per esser visti salgono su una predella appositamente collocata, e con molta disinvoltura, con vero sentimento inneggiano a Maria SS. Un'altra voce sonora, grave, robustissima ti percuote l'orecchio è il Direttore dell'Oratorio che canta altra Ave Maria, coronata da un clamore d'applausi. Sonvi dei giovanetti, che, quantunque appartenenti a scuole superiori, voglion esprimere i loro religiosi sentimenti: anch'essi tengono dei discorsetti ascoltatissimi. Il tutto è ben alternato dalla banda musicale ed ordinato in modo da tener desta l'attenzione e viva l'ammirazione degli spettatori.
» Chiude il trattenimento un discorsetto del Direttore, il quale, sollevato lo spirito a Maria SS., chiede a Lei aiuto per tutti i suoi figliuoletti e fa un caldo appello al cuore dei padri di famiglia, perchè mandino volentieri i loro figli all'Oratorio, dimostrando il giovamento dell'istruzione ed educazione che quivi ricevono. »
Lo spettatore termina la sua relazione applaudendo all'Istituzione dei Figli di Don Bosco. « È nelle loro Scuole, nei loro Oratorii, nei loro Collegi che si educa il cuore, la mente dei giovanetti, e mentre fuori, in mezzo al fango, han quasi tutti imparato a balbettare le parole più sconce, perfino la bestemmia; quivi li trovate affettuosi, ubbidienti, religiosissimi, ed, in una parola, educati in guisa da lasciar sperare che uomini concorreranno al vero bene della famiglia, della religione, della patria. »
CHIOGGIA.
Anche in quest'anno mercè lo zelo del Direttore Diocesano, Sac. Francesco Naccari, tutti gli oratori del Mese Mariano nel giorno dedicato alla nostra carissima Madre tennero conferenza su Maria Ausiliatrice e sull'Associazione dei Cooperatori Salesiani. Le nostre congratulazioni al sullodato Direttore ed i nostri sentiti ringraziamenti a tutti quei benemeriti zelatori delle Opere Salesiane !
ASTI, ONEGLIA, RUBIANA.
Anche in queste città fu tenuta la festa e conferenza di Maria SS. Ausiliatrice, predicando nella prima il Can.co D. Giacomo Giovenale e nella seconda D. Isidoro Dominici. Anche a loro i nostri rallegramenri e le più vive azioni di grazie.
Una famiglia consolata.
Due mesi e mezzo erano omai trascorsi dacchè il povero nostro babbo, Josè Leite Pinto Saldanha de Castro, giaceva in preda ad una forte febbre, originata da risipola complicata con altro malanno, che ce l' avevano ridotto quasi agli estremi. I medici già disperavano di salvarlo, ed il nostro caro genitore venne al punto da entrare in agonia e restare in quello stato nientemeno che trenta ore. Quale fosse lo schianto al nostro cuore in quei tristi momenti è facile immaginare ! Noi però con ripetute novene avevamo ricorso alla nostra buona Mamma Maria SS. Ausiliatrice, fiduciosi ch'Ella ci avrebbe ottenuto dal suo Divin Figlio che il nostro amato padre trionfasse d'un tanto malore. Per parte sua l'infermo aveva promesso a tale scopo l' offerta di un terreno per effettuare la costruzione di una Casa Salesiana, mentre alcuni della famiglia avevano promesso elemosine per lo stesso fine e di rendere pubblica sul Bollettino Salesiano una grazie cotanto segnalata. - Non fummo delusi nelle nostre speranze : i nostri voti sono pienamente compiuti: il babbo è completamente guarito. Ne sia lodata e ringraziata la potentissima Vergine dei Cristiani! Voglia Ella tenere sempre tutta la nostra famiglia sotto l'ampio manto della sua protezione!
l'afa (Portogallo), 20 Aprile 1896.
LEONORA DA CONCEIçAO LEITE DE CASTRO.
Ricorriamo tutti a Maria!
Non è la prima volta ch'io debbo ringraziare Maria SS. Ausiliatrice. Dovendo subire una operazione chirurgica, che poteva avere anche delle conseguenze, mi raccomandai di cuore a Maria, ed Essa mi ha finalmente esaudito, mi ha preso sotto la sua speciale protezione, e l'operazione ebbe un esito felicissimo. Ricorriamo adunque tutti con illimitata fiducia alla nostra cara Madre Maria, ed Ella ci si mostrerà sempre, quale veramente è, la potente Ausiliatrice dei Cristiani!
Brescia, 20 Aprile 1896.
Ch. ERNESTO PASINI.
Viva Maria Ausiliatrice!
La buona lettura è sempre di vantaggio e consolazione! Il 9 dello scorso gennaio ammalava di polmonite Margarita Richieri, madre di famiglia, in Carpasio. Chiamato il medico e osservata bene l'ammalata, disse non esser tanto pericolosa la malattia e prescrisse medicine a seconda dell'arte. Ma dopo qualche giorno l'inferma era giunta agli estremi di vita. Tornato il medico e osservatala attentamente, restò sorpreso, e poi con persone di confidenza disse che più non aveva speranza di guarigione. In tali frangenti il sottoscritto, marito dell' inferma, rammentandosi delle tante grazie che vengono registrate nel Bollettino Salesiano, ottenute col ricorrere a Maria Ausiliatrice, ebbe la felice ispirazione di volgersi a sì buona e sì potente Madre, promettendo, se otteneva la guarigione, di mandare un'offerta al suo santuario in Torino. Ed oh ! cosa meravigliosa ! L'inferma, che già aveva ricevuto l'Estrema Unzione, mentre il sacerdote le andava suggerendo giaculatorie pel felice transito, restò alquanto abbattuta e parve che dovesse spirare. Ma in quel momento appunto Maria Ausiliatrice voleva consolare il desolato consorte e l'afflitta famiglia. L'inferma si scosse, ritornò in sè, ripigliò vigore, si sentì migliorata; quindi in poco tempo, grazie a Maria, lasciò il letto, ed ora gode buona salute. Riconoscentissimo pertanto a Maria, mando la tenue offerta promessa, invitando tutti a gridar meco Viva Maria Ausiliatrice.
GIOVANNI RICHIERI.
Da morte a vita.
Dopo otto giorni di terribile influenza, la seconda festa di Pasqua mi trovai ridotto in fine di vita. Durante il tempo della Messa parrocchiale ero assistito dalla moglie, la quale ad un tratto scoppiata in dirotto pianto, si partì dalla stanza, lasciandomi tutto solo privo de' sentimenti. Senza più poter respirare mi sentivo scorrere sulla fronte un sudore freddo, cadaverico.... già mi vedeva vicina la morte.... incrociai le braccia e tremante aspettava di momento in momento la partenza mia per l' eternità. Una cosa però facevami gran pena al cuore : morire senza potermi confessare ! oh! questo era per me troppo duro ! Eppure in quel momento il Sacerdote del paese era all'altare a dire la S. Messa, ed io poi ero solo soletto. Che fare in quel terribilissimo frangente? Ah ! Maria venne in mio soccorso! Essa fu veramente la mia salvezza! D'un tratto sento una mano che mi afferra al braccio destro; in un batter d'occhio mi trovo ritto in piedi sul letto d'innanzi all'immagine di Maria Ausiliatrice, della quale fui, sono e sarò sempre devotissimo, e con tutta l'effusione del cuore vado gridando: - Viva Maria Ausiliatrice! - A questo mio grido accorre la moglie, alla quale sereno e tranquillo e coll'uso perfetto de' miei sentimenti racconto l'accaduto, mentre essa m'assicura che tornava colla trepidazione di vedermi spirare. Ora totalmente guarito, in riconoscenza di sì segnalata grazia, ottenuta, non v'ha dubbio, dalla intercessione di questa potente Signora, pregherei a volerne fare cenno nel Bollettino Salesiano. Per parte mia conserverò sempre imperituro nel mio cuore il ricordo di questo strepitoso avvenimento, e finchè il Signore mi concederà di vivere, dirò a tutti ch'io debbo la vita a Maria SS. Ausiliatrice !
Paderna, 21 Aprile 1896.
NATALE PICCININI.
Quanto è buona Maria!
Or son pochi mesi cadeva gravemente ammalata di angina, o mal del crup, la mia piccola Albina, e già due medici avean dichiarato che non vi era quasi più da sperare negli umani soccorsi. Che farò io in sì penoso frangente, avendo già perduto un bambino colpito dalla stessa malattia? Non trovai altro scampo, se non rivolgermi a Colei che è l'aiuto potentissimo di tutti i Cristiani; ed ai piedi dell'Ausiliatrice di D. Bosco mi gettai con tutta la mia famiglia, supplicandola a volerei consolare nella grave nostra afflizione e promettendole di far pubblica la grazia, se mai ce l'ottenesse. Oh! bontà ineffabile di Maria! Non ancora avevo io terminato la preghiera, e già mi nasceva in cuore una viva speranza: la mia cara bambina stette subito meglio, dopo pochi giorni era già guarita, ed ora è così rubiconda, vivace e paffutella, che sembra un angiolo del Paradiso. Sia dunque ringraziata e benedetta Maria SS. Ausiliatrice, che sempre è stata e ancora sarà per tutti i secoli l'aiuto efficace, il soave conforto e l'allegria sincera e perfetta di tutti i suoi veri divoti.
San Paolo (Brasile), 1.° Maggio 1896.
PIETRO SEPPI.
Riconoscenza a Maria.
A gloria di Dio e a maggior incremento della devozione a Maria SS.ma Ausiliatrice, si fa nota a tutti la grazia seguente: Quaglia Battista de Falicetto trovossi il mese scorso in fin di vita per gravissima polmonite. Invocato con viva fede l'aiuto di Maria SS.ma ed inviata un' offerta al suo santuario in Torino, perchè si facessero preghiere, tosto cominciò a migliorare con giubilo immenso di tutta la sua famiglia, nonchè dei congiunti ed amici. Riconoscente a tanta grazia, questo buon padre di famiglia, ancor convalescente , ma fiducioso di ottenere completa guarigione, invia una seconda offerta in ringraziamento, raccomandando sè e tutti i suoi cari alla potente protezione di sì eccelsa Regina.
Falicetto, 5 Maggio 1896.
F. E. GARINO.
La medaglia di Maria Ausiliatrice.
Il Sig. Bigongiari, giovane ventenne, abitante a la Ciotat, fu travagliato nella seconda metà dello scorso aprile da un forte accesso di sangue all'occhio destro, con minaccia di complicazione di congestione cerebrale. Essendo il suo stato grave invero, da buon cristiano volle confessarsi e prepararsi al gran viaggio dell'eternità. Però in quei momenti dolorosi si pensò di porre sotto al capezzale dell'infermo una medaglia di Maria S8.Ausiliatrice. Da quel punto incominciò un sensibilissimo miglioramento, dimodochè in capo a qualche giorno il Bigongiari era completamente guarito. Ora si chiede la pubblicazione di questa grazia nel Bollettino Salesiano, affine di eccitare tutti ad aver ricorso a Maria Aiuto dei Cristiani.
La Ciotat (Francia), 19 Maggio 1896.
Sac. G. C. FASANI.
Una novena ed una promessa.
Fortunata Schiapparelli di Occhieppo Inferiore (Biella) da otto anni andava soggetta a mal nervoso nello stomaco, da renderla inabile interamente a compiere i suoi doveri di famiglia e di madre. Spossata di forze, impossibilitata a nutrirsi, veniva per soprappiù quasi ogni giorno soffocata nel respiro da perdere quasi affatto la vita. - Disperando dei ricorsi umani, si rivolse con tutta fiducia a Maria SS. Ausiliatrice, promettendole l'oggetto più prezioso che possedeva, se le avesse ottenuta la liberazione da sì terribile male; e intanto incominciò una novena. Dal giorno della fatta promessa e dell'incominciata novena datò il principio del suo miglioramento, che poi andò sempre continuando fino al perfetto ristabilimento. Dopo un anno che gode della riacquistata salute, si recò al santuario di Maria Ausiliatrice in Torino a ringraziare la sua generosa liberatrice e ad offrirle una preziosa collana d'oro.
Torino, 1 Giugno 1896.
Sac. DOMENICO BELMONTE.
Rendono pur grazie infinito a Maria SS. Ausiliatrice, per segnalati favori ottenuti mercè la potentissima sua intercessione i seguenti:
Don Antonio Gallerani, Parroco di Mevendole (Monselice). - Lucia Visetta, per aver ricuperata la salute per intercessione di Maria. - Ch. Paride Mosconi, Viadana. - Ch. Alessandro Nardetto, pel suo compagno Ch. Arturo Zanini miracolosamente guarito, Padova. - Lorenzo Longati, Pontelagoscuro. - Teresa Salomone-Rebaudengo, Benevagienna.-G. M., Rubiana. - Suor Concetta Argentiero, Massafra. - Laura Santo Andrea, Clusone.- Giovanili Costanzo, Bianzè. -Luigia Fresia-Drovetti, Maestra, Altezzano. - Luigia Galmacchio. - Filomena Rossi, Torino. -Maria Marcani fu Vito, Pescarso di Capo di Ponte. - Pievano PierOlimpio Muziarelli, Pozzuolo (Unmbria). - Angelina e Giuseppe Macchia, Montiglio. - Cristina Ferreri - Galvagno, Cortemiglia. - Giovanni Ghezo, Venezia. - Francesco Scarpa-Peroletto, Pellestrina. - N. N. di Varese Lombardo, con offerta di L. 20. - Maddalena Giorda per sù e per le suo amiche Albertilla Suppo e Catterina Bertola, Rubiana. -Maria Favero. - Teresa Berra, Cliivasso.-Pietro Pulacini, Vicoforte. - Pietro Conino, Crava. - Maria Negro, Vinovo. - Agnese, Torna vasio, S. Fà. - Luigi Dallora, Vercelli. - Catterina Bocche, Mondovì Piazza. - D. Primo Lanzi, Sesto Cremonese. - Palmira Voina. -- Maria Aragno, Mondovì. - Luigi Colnaghi, Torino. - Angela Magnaghetti, Mandellavita. -Matteo Degiovanni, Bosconero. - Paolo Marcherio, Buttiglieria d'Asti. - Teresa Colombo, Torino. - Rosa Tonengo, Chivasso. - Lucia Quaglia. - Maria Pecchio, Settimo. - N. Floris. -Margherita Balle, Carmagnola. - Maria Biarcio, Castelceriolo. - Giacomo Camisassi, Cavour. - Vercellino Gesualda, Asti. - Giovanili Bertone, Ronzano Cavanese. - N. Cortevesio, S. Francesco. - Michele Angonova, Carmagnola. - Pietro Chiarle, Montaldo Roero. - Carolina Candiglio Carignano. - Giovanni Pelissero, Torino. - Melchiorre e Maria Dellaferrera. - Anna Rota, Là. - Pietro Fassio, Castelrosso. - Rosalia Bertola, Torino. - D. Domenico Giuliano, Napoli. - Maria Lumello, Rafia. - Catterina Fassio e Daniele Andrea, Castelrosso. - Paolina Giuggia, Torino. - Giuseppe Golet, Bernes. - Giuseppa Giacometto, Caluso. - Teresa Berolo, S. Sebastiano. - Margherita Frattini, Torino. - N. Alessandria, Ventimiglia. - Giovanni Oggioni, Sassari. - Pietro Benasedo, Lecco. - Antonio Manassero, Macello. - Domenico Daniele, l'orino. - Teresa Ferraris Ved. Santià, Moncrivello. Rosalia Ronchi, Vinovo. - Paolina Negri, Torino. - Sebastiano Gatti, Priucca. - Suor Maria Cane, Castellanza. - Istituto S. Cuore, Casale Monferrato. - Catterina Pensa, Niella Tanaro. - Giovanna Costamagna, Mondovì. - D. Filippo Rettore di S. Maria di Fesia. - Maria Cervini Torino. - Tarsilla Ghigo, Casale Monf. Annetta Novara, Alba. - Luigia Borio, Costiglioli d'Asti. - Ambrogio Rezzonico e consorte. - Cav. Enrico Belli, Torino. - Margherita l'avaro, Villa Steltone. -M.O. Bardonecchia.-Pasquale Cantore, S. Antonino. - Agostino Margiardi, Alpignano. - Giovanni Tonello, Cigliano. - Gio. Bat. Moglia, Moncucco Torinese. - Giulio Malvacchino. - Agnese Casali e Maddalena Barzio, Pralormo. - Maria Carignano, Torino. Barbara Berto, S. Ambrogio Susa. - Secondo Pasquero, Pezza d'Alba.-Domenica Tresso, Front. - Giovanna Laurenti, Torino. - Felice Cantore, La Chiusa. - Giovanni Santih, Saluggia. - Marianna Ferrero, Castagnole Lanzo. - Camilla Arinda Sanza. - Vincenzo Gambino, Poirino. - Rosa Bellis. - Vittoria Cena, Chivasso. - Maria Busso, Cardi. - Maria Bruno, Rubiana.-Margherita Robella, Trino. -Pietro Robbiano Maso. - Maria Smeriglio, Torino. - Vittoria Ballar, Moncalieri. - Lucia Bosco, Chieri. - Esterina Grandi, Villar Almese. - Maddalena Provera, Là. - Maria Giusta, Torino. - Gio. Bat. Maura, Roretta. - Maria Signetti e Maria Raineri, Strambino. - Emilia Brizzovaria, Cerratte. -Un Cooperatore Salesiano di Castelnuovo d'Asti. - Clara Farina, Rivarolo.-Cenesio Picca, Conio Cavanese. - Rosa Tambinelii e Cravero Affina, Saluggia. - Barbera Giuseppe, Chivasso. Catterina Molinego, Castelrosso. -Quarello Petronilla, Cardana. - D. Domenico Giordano. - Catterina Martinengo. - Ifigenia Barberis, Torino. - Giovanni e Teresa Bargese, Chiusa di S. Michele. - Maria Suppo, Giulia Serra, Riva di Chieri. - Scotti Antonio. -D. Antonio Porta, Avigliana.
AMIAMO IL PAPA! Amici cari,
LA Domenica 21 giugno, festa del vostro celeste Patrono S. Luigi Gonzaga e settantacinquesimo anniversario della Prima Comunione del Regnante Sommo Pontefice, io vi ho visti circondare giubilanti i santi altari, con trepido passo avanzarvi a schiere a schiere alle sacre balaustre, coll'esultanza dipinta in volto ricevere il Pane degli Angeli ed innalzare al trono di Dio il soave profumo delle vostre fervide preci per il Papa Leone XIII.
Col mio pensiero, anzi col mio cuore io vi seguiva, o miei cari giovanetti, e con tutto lo slancio di un tenero figlio anch'io m'associai alla vostra solenne dimostrazione d'affetto al Papa, e nell'estasi d'amore provata insieme con voi in quegli invidiabili istanti d'unione con Gesù Sacramentato pel suo Vicario in terra, una voce misteriosa ripeteami al cuore: Così si ama il Papa! Così si deve amare il Papa!
Sì, o cari amici, il Papa va amato praticamente e pubblicamente.
Il soldato non ha vergogna della divisa del suo capitano ed il figlio non arrossisce di mostrare a tutti che ama suo padre. Parimenti noi non dobbiamo temere di mostrarci ossequiosi, fedeli e devoti al Papa, nostro Duce e nostro Padre, eziandio in pubblico, pur davanti a coloro che lo combattono.
Amiamo il Papa, o giovanetti, e dimostriamolo colla pratica esatta di quella Religione santissima che ha per Capo Visibile il Papa stesso, non lasciandoci dominare da alcun rispetto umano.
Amiamo il Papa, e dimostriamolo con ascoltare docilmente ed affettuosamente la sua parola, i suoi comandi, i suoi consigli, i suoi desiderii, i suoi insegnamenti, sicuri di non errare, perchè Egli è il Maestro infallibile che insegna la verità alle nostre menti e muove soavemente al bene i nostri cuori.
Amiamo il Papa, e dimostriamolo col rigettare prontamente da noi chiunque sotto mentite spoglie d'amico, o personalmente o per mezzo d'infami libri o giornali, ci si presentasse per allontanarci dal Papa e ritrarci da' suoi ammaestramenti, intimamente persuasi che, segregati da questa pietra fondamentale e solidissima, noi precipiteremmo e andremmo in rovina.
Continuiamo ad amare il Papa con tenerissimo affetto, o cari amici, e come i buoni figliuoli fanno verso dei loro genitori, ricordiamoci di Lui nelle nostre quotidiane preghiere.
Così rinnoveremo a noi stessi ogni giorno quella ineffabile gioia , quella dolce consolazione che provammo nella solennità del Giubileo Eucaristico di Leone XIII e meriteremo d'essere con verità chiamati figliuoli del Papa!
Vostro Aff.mo Amico D. C. GIULIVO.
PREMIAZIONE A LUGO.
Leggiamo nell'Unione di Bologna la seguente corrispondenza da Lugo
« Una cara e graziosa festa si compiva la domenica 14 giugno nell'Istituto di S. Giuseppe diretto dagli ottimi Salesiani di Don Bosco. La distribuzione dei premi ai giovanetti dell'Oratorio festivo.
» Iniziata da alcune zelantissime signore una colletta, a favore dell'opera, tra le signore della città, fu condotta a termine felicemente: e noi ci dobbiamo davvero rallegrare e congratulare, perchè la nobile idea sorta dopo quattro anni che è fondato l'Oratorio, abbia preso tanto piede in modo da rassicurare per l' avvenire.
» Si potè così eziandio provvedere di scarpe e vestito gran parte di poveri giovanetti, e distribuire libri elegantissimi a quelli di agiata condizione, sempre allo scopo di fomentare l'amore all'Oratorio e la pietà. Fu poi bel pensiero quello di dare al fatto la maggior solennità per lasciare una gradita impressione nelle benefattrici e nei giovanetti premiati, i quali in numero di 250 frequentano quest'Oratorio festivo.
» Intervenne pertanto, prendendo posto in uno steccato formato appositamente nel recinto dell'ampio cortile , il fiore della cittadinanza femminile, distinti signori e molta parte del clero. Tutti restarono soddisfatti dell'accademia musicale e poetica ideata per l'occasione, accademia alla quale presero parte valenti suonatori della città ed i cantori del Collegio di S. Giuseppe e dell'Oratorio festivo. Si combinò pure per questa circostanza l'inaugurazione del piccolo concerto, che nei suoi principii dà buone speranze per l'avvenire, sicché, crescendo di numero negli strumenti e di bravura nei suonatori, si confida possa rallegrare di scelte armonie le varie feste religiose della nostra città.
» Bisognava ricordare ai presenti l'opera benefica di D. Bosco nella istituzione dell'Oratorio festivo, ed eccitare insieme le signore promotrici della premiazione a perseverare alacremente nella bene cominciata impresa ; e a questo si provvide col discorso del M. R. Don Tommaso dott. Franti, il quale seppe compiere l'assunto incarico con tanto di valentia, che assai difficilmente da qualsiasi altro si sarebbe potuto fare di meglio : così notevole e magistrale riuscì quel lavoro sia per la scelta dei concetti, sia per la splendidezza della forma. Talchè si spera da molti abbia presto ad uscir per le stampe, e venga per la sua utilità diramato specialmente ai Cooperatori e alle signore Cooperatrici.
» Il bel trattenimento intramezzato da sinfonìe e dal canto del Laudate pueri del Capocci, si chiuse con la lettura di un telegramma del Santo Padre Leone XIII, benedicente di cuore i Salesiani, i giovinetti, i Cooperatori, le generose benefattrici e tutti gli intervenuti, lettura che fu accolta con accalorati e ripetuti Viva al Papa! Dopo una magnifica sinfonia ebbe termine la cara e simpatica festicciuola.
» Che il Signore prosperi e benedica nella nostra città l'opera altamente benefica dei figli di Don Bosco a vantaggio dei giovanetti del popolo ».
L'Istituto Salesiano di Faenza in pellegrinaggio alla Madonna del Fuoco.
Scrivono da Forlì all'Unione di Bologna, in data 21 maggio, quanto segue
» A sciogliere un voto per una grazia ricevuta dalla Madonna Ausiliatrice è venuto stanane a Forlì l'intero Istituto Salesiano di Faenza, guidato dall'esimo Direttore Sac. Prof, G. Battista Rinaldi.
Dopo un breve riposo a Villanova presso quel Parroco D. Antonio Giunchi, dove gli alunni hanno fatto colazione, sono entrati con a capo la loro brava musica in Forlì e si sono portati all'Istituto Aloisiano, e di qui al duomo, sempre al suono della banda, diretta dall'egregio Maestro Calderini.
» Alla porta era a riceverli Mons. Raimondo Jaffei, nostro amatissimo Vescovo, che, salito il palco, diede a quei baldi giovani il benvenuto fra noi. Disse di quanta allegrezza fosse compreso il suo cuore nel vedere una eletta di giovani pii, con a capo i loro solerti istitutori, prostrarsi all'ara della Madonna del Fuoco. Sintetizzò nel prodigio della Vergine del Fuoco l'amore di Maria per la gioventù studiosa, scegliendo la scuola da maestro Lombardino per operare uno dei più strepitosi prodigi. Il suo dire breve, ma efficacissimo commosse l'immensa moltitudine di popolo che stipava la cattedrale. La cappella della Madonna del Fuoco accolse tutti i giovani salesiani, dopo di che il direttore D. Rinaldi celebrò la S. Messa, cantata dai bravi giovanetti diretti dal loro Prof. D. Serafino Giorda.
» Il pubblico intelligente ebbe molto a gustare l'interpretazione perfetta della Messa del Gounod e dell' altra musica strettamente ispirata alla severa maestà del tempio. Dopo la Messa, intonato il Te Deum, D. Rinaldi diede la benedizione col Venerabile. All'uscire dalla cattedrale, i Salesiani colla musica in testa si recarono all'Episcopio, accolti paternamente dall'Ecc.mo nostro Vescovo.
» Quivi lessero poesie ed affettuosi indirizzi, dimostrando a Mons. Vescovo come fosse profondo nell'animo loro la grata memoria della cura paterna dell'Em.mo Antecessore suo, il Cardinale. Svampa, e come si rallegravano nell'avere trovato in lui un protettore novello. Commosso Mons. Jaffei rispose manifestando la sua gioia nel vedersi circondato da tanto sorriso di gioventù, e toccati i grandi meriti del venerato Antecessore, li assicurò dell' affettuoso e sollecito interesse ch'egli prende per l'Istituto Salesiano, gloriandosi d'essere stato fatto Cooperatore Salesiano da D. Bosco stesso.
» L'agape fraterna si aspettava all'Istituto Aloisiano, dove il vasto teatro era stato trasformato in refettorio. La più schietta allegria regnò in tutto il pranzo, rallegrato dalle scelte armonie della banda dell'Istituto Aloisiano, diretta da quell'esimio maestro che è il De-Donato, il quale non risparmia fatica per cavare da quei piccini tanti piccoli artisti. A lui un plauso meritato sempre, meritatissimo oggi che ha per così dire esaurita tutta la potenzialità del suo concerto. Un giovane dell'Istituto Aloisiano, Benedetti G., portò il saluto di Forlì con un brindisi che meriterebbe di essere stampato. Gli alunni salesiani non vollero partire da Forlì senza avere visitato la tomba di S. Pellegrino, dove il gentile Priore P. Lappo loro scoperse la venerata salma del taumaturgo recitando le preghiere di rito.
»Tornati all'Istituto Aloisiano diedero una breve rappresentazione, a cui assistette un popolo numeroso ed intelligente. Quei bravi giovani recitarono con arte non comune il Sogno di Scipione del Metastasio, lasciando ammirato il colto pubblico. Ma ciò che strappò insistenti, fragorosi gli applausi fu il vaudeville in un atto « Gianduia in collegio » di Mons. Costamagna, eseguito con squisitezza da artisti. E qui l' infaticabile Prof. Bezzi diede prove della sua inesauribile vérve, per cui gli mando di cuore le più vive e sincere congratulazioni.
» Lo spettacolo più bello però ci fu presentato quando i giovani salesiani recaronsi alla stazione per ritornare alla loro Faenza. Precedeva la banda dell'Istituto Aloisiano, veniva di poi quella dei Salesiani, quindi tutti gli alunni, accompagnati da immensa folla di popolo che s'ingrossava procedendo. Sul corso Mazzini era un cordone di popolo che ammirava quei baldi fanciulli, i quali nonostante il viaggio del mattino a piedi, procedevano arditamente al suono della marcia. Alla stazione la dimostrazione di simpatia ai Salesiani toccò il suo fastigio. Sul punto di partire scrosciò un applauso immenso e grida di Viva Forlì, Viva i Salesiani, a cui risposero unitamente le musiche dei due Istituti.
» In quell'istante io pensavo all'immenso battaglione di giovani, speranze della Chiesa e della Patria, che crescono nei tanti Collegi Salesiani, e grandemente mi rallegrava nel vedere che, ad onta dello scetticismo presente, essi riscuotano le simpatie universali. Forlì ne ha dato una splendida prova, accogliendo oggi stesso paternamente i figli di D. Bosco, l'apostolo di questa fine di secolo, vivente sempre nell'immensa sua Famiglia Salesiana. E le trombe di stasera suonavano la vittoria della idea salesiana sul mondo, ed io la sentiva dentro di me nell'entusiasmo che mi appariva in viso.
» Due parole di ringraziamento a Monsignor Scozzoli e al Canonico Saccomandi, che hanno ospitato con tanta cortesia questi buoni giovani; e all'egregio Direttore dell'Istituto Salesiano di Faenza tutta la riconoscenza dei buoni Forlivesi che si sono edificati del contegno dei suoi carissimi alunni. »
PELLEGRINAGGIO IN TERRA SANTA.
Nel programma del Pellegrinaggio Italiano a Gerusalemme, che si terrà nel prossimo autunno sotto la presidenza di S. Ecc. Rev.ma Mons. Giuseppe Schirò, Arcivescovo di Neocesarea, e coll'intervento delle LL. EE. RR.me Mons. Donato Dell'Olio, Arcivescovo di Rossano, e Mons. Francesco Tavani, Vescovo di Mindo, troviamo con piacere notata una bella coincidenza che tornerà assai gradita a molti nostri amici. I pellegrini che partiranno il giorno 26 agosto da Milano per Assisi, Roma Loreto, Ancona e Giaffa, dopo aver soddisfatta la loro divoziono visitando i Luoghi Santi dal 2 all'11 settembre, nel ritorno arriveranno ad Alessandria d'Egitto il sabbato 12 settembre, precisamente a tempo per poter assistere alla solenne funzione della posa della prima pietra di una Casa Salesiana in quella città. Noi esprimiamo la nostra sentita riconoscenza all'organizzatore del pellegrinaggio, Rev.mo Sig. C.co Vicini di Saluzzo, pel gentil pensiero ch'ebbe a nostro riguardo, augurandogli nel tempo stesso che venga largamente assecondato nella sua santa e generosa iniziativa. Per norma dei pellegrini, i prezzi sono : in Ia Classe L. 450, in IIa L. 290, in IIIa L. 180. Il ritorno è per Trieste, Venezia, Milano. Per maggiori informazioni rivolgersi al Rev.mo Can.co G. Vicini, Saluzzo.
CONGRESSO CATTOLICO per gli studii sociali.
Con viva soddisfazione annunziamo che i giorni 26, 27, 28 del p. v. agosto in Padova si terrà solennemente il II. Congresso Cattolico Italiano per gli studii sociali. Vien promosso dagli Ill.mi Signori G. Toniolo, Prof. all'Univ. di Pisa, e L. Olivi, Prof. all' Univ. di Modena, sotto la Presidenza Onoraria del dottissimo Vescovo di Padova.
Noi facciamo caldi voti perchè quanti s'interessano degli studii sociali vogliano prender viva parte a quest'importantissimo Congresso. Per ulteriori informazioni e programmi rivolgersi al M. R. Sig. D. Giovanni Campeis, presso la Curia Vescovile di Padova.
A CASERTA.
Il 14 giugno a Caserta venne benedetta la pietra angolare dell'area, su cui si innalzeranno la nuova Chiesa del S. Cuor di Maria e gli edifizî ad uso Oratorio festivo, Ospizio e Scuole Salesiane. Funzionò lo stesso Vescovo Mons. Cosenza. Dopo la cerimonia Don Rua tenne nel duomo una conferenza sulle Opere di D. Bosco. La popolazione era in tripudio per siffatte cose. Ne riparleremo nel prossimo numero.
A GENZANO. (Dalla Vera Roma del 21 Giugno).
Mercoledì, 17, il Rev.mo Sig. D. Rua, Rettor Maggiore dei Salesiani, fu a Genzano a benedire il nuovo Istituto quivi costruito sotto la direzione del Cav. Giacomo Cucco. V'andarono con lui circa 400 alunni dell'Ospizio del S. Cuore di Roma con parecchi loro Professori. Il Sig. D. Rua celebrò la S. Messa e gli alunni cantarono varii mottetti Dopo ciò si benedì il fabbricato e vi fu un'accademia musico-letteraria in uno dei vasti cameroni. Intervennero dietro invito il Sindaco, il Pretore, molti Consiglieri municipali, la Rappresentanza del Tiro a segno nazionale ed una Rappresentanza della Società Operaia Cattolica che faceva gli onori di casa. Fuvvi pure gran concorso di cittadini. Alle 6 pom. il concerto dell'Istituto eseguì vari pezzi di musica nella piazza del Plebiscito sotto la direzione del maestro Sig. D. Fracchia. Prima della partenza il Sindaco volle passare loro un piccolo rinfresco.
L'OBOLO DELLA POVERA VEDOVA.
Una buona vedova, che è tanto affezionata alle Opere salesiane e che va in giro per una città del Piemonte, vendendo erbaggi e frutta, manda ogni anno all'Oratorio di Torino un bel gruzzolo di denaro. E sapete come lo mette insieme non ostante la sua scarsa fortuna? Col porre da parte a questo fine tutte le piccole monete di uno e di due centesimi, che ricava ordinariamente dalla vendita di erbe aromatiche e di un po' di frutta ai fanciulli. Non è veramente industriosa la carità cristiana ?