Periodico della Pia Unione dei Cooperatori Salesiani dí Don Bosco
ANNO XXIX - N. 4. Esce una volta al mese APRILE 1905.
SOMMARIO -- Avvicinandosi il mese dell'Ausiliatrice 97 Una splendida apologia della virtù educativa della Chiesa Gli Oratori Festivi . . .
Il nostro tesoro spirituale - Indulgenze stazionali . 184 I prodigi della carità - IV) Varazze : Collegio civico 105 Augusto Conti . . .
MISSIONI : Matto Grosso (Brasile) : Dalla Colonia del S. Cuore di Gesù - Equatore : Un grave rischio di un missionario - Patagonia Settentrionale: Sulle sponde del Rio Negro - In fascio 109
Pellegrinaggi del 24 Maggio , 115 IL CULTO DI MARIA AUSILIATRICE: IV) Il Santuario - Grazie e graziati 116
Per gli emigrati 120 NOTIZIE COMPENDIATE: A Valdocco - In Italia - All'estero - Dalle Americhe 120 Per l'Istituto internazionale di agricoltura . . . . 124
Necrologia 126
Cooperatori defunti 127
DON Bosco, di sempre cara memoria, nella sua operetta « Meraviglie della Madre di Dio invocata sotto il titolo di Maria Ausiliatrice » ci fa notare che, quasi sempre quando il genere umano si trovò in crisi straordinarie, fu fatto degno, per uscirne, di riconoscere e benedire una nuova perfezione di Maria SS. che quaggiù è il più bel riflesso delle perfezioni del Creatore.
E ne dà questa spiegazione.
« Il bisogno oggi universalmente sentito di invocare Maria non è particolare, ma generale; non sono più tiepidi da infervorare (cioè, non sono più soltanto tiepidi da infervorare) peccatori da convertire... Ma è la stessa Chiesa Cattolica che è assalita. È assalita nelle sue funzioni, nelle sacre sue istituzioni, nel suo Capo, nella sua dottrina, nella sua disciplina; è assalita come Chiesa Cattolica, come centro della verità, come maestra di tutti i fedeli.
» Ed è appunto per meritarsi una speciale benedizione dal Cielo, che si ricorre a Maria come Madre comune, come speciale Ausiliatrice dei Re e dei popoli cattolici, come cattolici di tutto il mondo ! »
E, veramente, nella bella invocazione Auxilium Christianorum si nasconde un significato, che invano si cerca alle altre pur così belle e commoventi invocazioni, comuni al popolo cristiano. Infatti, allorchè o nel segreto dell'anima o nelle solenni funzioni ripetiamo alla Madre di Dio: Salus infirmorum, Refugium peccatorum, Consolatrix afflictorum, ora pro nobis, ordinariamente non ci si presenta dinanzi che una parte sola del popolo cristiano, cioè o gli infelici che spasimano in un letto di dolori, o quei disgraziati che gemono fra i lacci del peccato, o quelle anime sconsolate cui grave tristezza opprime il cuore. Estendendone anche il significato a tutto il popolo cristiano , poichè tutti siamo peccatori e nessun uomo è felice in questa valle di lagrime, è certo che tali invocazioni non indicano nel suo vero carattere il popolo cristiano, nè molto meno appaiono dirette ad implorare tutte quelle grazie e quegli aiuti che individualmente e collettivamente ci sono necessarii come cristiani. Invece, pronunciando queste care parole : Auxilium Christianorum, ora pro nobis, ecco che tutto il mondo cattolico ci si schiera dinnanzi, col suo capo, coi suoi pastori, con tutte le nazioni cristiane, e con tutte le necessità presenti e colle infinite memorie dei cumoli di favori ottenuti nel corso di ornai venti secoli.
Nè si dica, che, presa in questo senso, la divozione a Maria SS. Ausiliatrice perda assai del suo incanto, poichè sembra quasi spogliarsi di quei diretti favori, cui invoca sospirando la maggior parte dei divoti in particolari circostanze dolorose o in particolari bisogni. Piuttosto ci sembra sia il caso di riflettere, che, a quella guisa che Gesù nel Vangelo assicura l'aiuto della Provvidenza Divina nelle cose necessarie alla vita, a chi cerca anzitutto il reo-no di Dio e la sua giustizia; così chi nascondendo quasi la sua individualità e i suoi bisogni particolari, si presenta al trono di Maria SS. semplicemente come cristiano, ma come vero cristiano, cioè coll'anima rivestita della grazia di Gesù Cristo, deve per questo ottenere più facilmente ogni sorta di grazie: Cercate anzitutto il regno di Dio e la sua giustizia e tutte queste cose vi saranno date per giunta (Matth. VI, 33). Non per nulla D. Bosco, a quelli che volevano grazie da Maria SS. Ausiliatrice, metteva come condizione: - di essere o di mettersi in grazia di Dio, e di accostarsi, potendo, alla S. Comunione.
Ebbene, o buoni Cooperatori e divote Cooperatrici, non dimenticate quest'aspetto della divozione di Maria SS. Ausiliatrice, divozione che per consiglio della Divina Provvidenza oggi si va mirabilmente estendendo in ogni parte del mondo: ed abbiate ognor presenti queste solenni dichiarazioni pontificie. Pio IX, fin dal 1868, cioè nell' anno stesso della consacrazione del Santuario di Valdocco: « Noi siamo d'avviso, scriveva a D. Bosco, che non sia avvenuto senza divin consiglio, che si celebrasse con nuovi onori la celeste Patrona sotto il titolo di AIUTO DEI CRISTIANI, mentré si va rinnovando dagli empi un così terribile attacco contro la Chiesa (1).
LEONE XIII, di santa memoria, nel breve con cui decretò il sommo onore della incoronazione papale alla taumaturga Immagine scriveva: « La venerazione di questa sacra Immagine della Madre di Dio, oggi per singolar disposizione divina, è mirabilmente diffusa in quasi tutte le nazioni del mondo Cristiano » (2).
Sia dunque nostro impegno, o Cooperatori e Cooperatrici, di primeggiare in questa cara divozione; e nell' alba del 23 corrente, quando le campane del Santuario di Valdocco e d'ogni altra chiesa dedicata a Maria Ausiliatrice, non solo annunzieranno il giubilo universale dell'annuale memoria della Risurrezione di G. Cristo, ma saluteranno anche il sorgere del dolcissimo mese consacrato alla nostra incoronata Regina, nessuno manchi di rivolgere il pensiero a Lei, e di prometterle un qualche omaggio quotidiano, fino alla benedetta solennità del 24 maggio.
(1) Breve del 23 settembre 1868. (2) Breve del 13 febbraio 1903.
alle pagine magistrali, che il compianto Mons. Giacinto Rossi dell'ordine dei Predicatori, Vescovo di Luni-Sarzana e Brugnato, scrisse con sentito affetto e con singolare intuito, per i solenni funerali di D. Bosco alla Spezia, togliamo questo splendido inno, che alle glorie del Padre accoppia mirabilmente un elogio stupendo dell'Oratorio di Valdocco e che tornerà senza dubbio carissimo ai nostri tettori.
« Bisogna educare ed ammaestrare il popolo! »
INTESE un grido nel nostro secolo. Impensieriti dal rapido diffondersi delle dottrine antisociali nelle classe più numerose, spaventati dal veder negata ad ogni momento una qualche verità, deriso or l'uno or l'altro dei sentimenti buoni che fan vivere il cuore umano, nell'intento di opporre un argine a questa rovina sempre crescente della società, i filosofi umanitari esclamarono ad una voce : bisogna educare e ammaestrare il popolo. Lo dissero, e poichè conobbero che il bisogno era urgente, non tardarono a mettersi all'opera.
Si chiusero dapprima nei loro gabinetti, e studiarono, studiarono. Scrissero volumi dove foggiarono sistemi, inventarono metodi, processi didattici; stabilirono programmi, diedero norme, precetti di educazione, d'insegnamento, e si avvisarono di aver creato una nuova scienza che con parola greca chiamarono pedagogia. Stabilite le dottrine, discesero alle applicazioni ; fondarono società, biblioteche, giornali, accademie, e tennero adunanze dove si lessero dissertazioni magnifiche. Chi parlò di educazione collettiva e sociale all'uso degli antichi; chi parlò d'insegnamento mutuo, chi di obbligatorio, tutti di popolare e di gratuìto; chi mise per base le matematiche, chi la riflessione, chi il linguaggio; fu un ardore, un entusiasmo, una gara, che fino a un certo punto fa onore al nostro secolo, e alla quale per riuscire proficua non mancò che una cosa sola, la più necessaria di tutte, anzi la sola necessaria : la Religione.
Ma ohimè ! i più di questi uomini erano filosofi, nient'altro che filosofi, e credevano più a se stessi che a Dio. Credevano che la natura e la ragione possano bastare a se stesse e a tutto; che la morale non abbia bisogno di dogmi a cui appoggiarsi, che l'uomo possa educar l'uomo colla sola ragione senza la fede : senza parlargli di Dio; senza fargli conoscere il suo principio e il suo fine. E poichè il fine e la strada per arrivarvi sono il tutto per l'uomo, così, ignorato questo, i libri, i sistemi, le accademie, i maestri, le scuole non fecero frutto. I cuori restarono freddi e la virtù non fiorì, anzi i delitti crebbero, l'immoralità dilagò, le case di correzione riboccarono di giovani delinquenti ; e fu provato una volta di più ohe la filosofia e la ragione sono impotenti da sole ad inspirare l'amore, a infondere il rispetto, a stabilire il dovere, a formare la coscienza; e se il popolo si instruì, certamente non si educò.
Un vero educatore.
Queste follie andavano per il mondo, quando portò la fama che in Piemonte era sorto un educatore del popolo. Non era un filosofo, ma un Prete. Aveva studiato anche Lui, ma più sul Crocifisso che sui libri : più sapeva della carità che edifica, che della scienza che gonfia; e della scienza si giovava solo come sussidio dell'educazione, della carità invece come fondamento. Il suo nome a poco a poco crebbe, grandeggiò, diventò popolare come le sue opere buone, il suo Istituto, i suoi Oratorii, prima in Piemonte, e nel resto d'Italia, poi in Francia, in Inghilterra, in Ispagna, nelle Americhe, tra i selvaggi della Patagonia. I filosofi che a' suoi prìmi tentativi avevano riso di compassione, si accorsero invece che era uomo che sapeva fare, e i migliori tra essi (giustizia a tutti) finirono con ammirare e lodare questo Prete, che senz'altro apparato scentifico, che lo spirito del Vangelo e il suo buon cuore, dei poveri figli del popolo, dei bìricchini di strada faceva giovani pii, costumati, laboriosi, i quali diventavano poi abili artisti, impiegatì fedeli, onesti commercianti, e spesso ancora preti e missionari zelanti, predicatori valenti, scrittori e maestri di buon conto. Questo sacerdote umile e pio, questo padre dei poveri giovani derelitti e reìetti, è D. Bosco.
Ed io vi mostrerò in D. Bosco, l'educatore dei poveri figli del popolo, l'uomo di cui Iddio si è servito per confondere l'orgoglio della filosofia umanitaria, per mettere a nudo l'inanità dei suoi sforzi, la vacuità dei suoi sistemi pedagocici; e far risplendere sempre più la sapienza e la virtù educativa della sua Chiesa. In un tempo in cui di tutto si fa questione : e una verità antica quanto il mondo, che bisogna cioè educare ì fanciulli nel timor di Dio, è diventata una questione anch'essa; in un tempo in cui sentiamo a parlare apertamente di insegnamento ateo, di scuola laica, l'argomento non potrebbe essere più interessante: perchè la così detta questione educativa è quella che le domina tutte e di tutte deciderà....
« Educare » vale « insegnare ad amare e a rispettare ».
Fissiamo prima di tutto la vera idea dell'educazione. L'educazione nel suo concetto più generale è la santa tradizione dell'amore nel rispetto e del rispetto nell'amore. Insegnare ad amare e a rispettare, eccovi in poche parole il magistero educativo. A ciò si arriva sviluppando e perfezionando a poco a poco con pazienza e discernimento le facoltà del fanciullo nella luce, nella rettitudine e nella generosità. Nella luce coll'insegnamento della verità; nella rettitudine coll'ispirare amore al bene e orrore al male, formando la coscienza e il carattere; nella generosità coll'amore, soffocando l'egoismo e instillando nel cuore del fanciullo le idee generose di annegazione e di sacrifizio. Luce, rettitudine, generosità: tutte queste cose si trovano come nascoste, inerti, e starei per dire addormentate; e possono allo svegliarsi pigliare una cattiva direzione e fare una cattiva riuscita. Il padre e la madre son quelli che illuminando da prima il fanciullo nella via retta, poi seguendolo via via sino alla pienezza del suo sviluppo lo sostengono, lo guidano, lo fanno crescere come un arboscello ripulito, mondato, coi suoi rami, che sono le inclinazioni, ben disposti, non piegati verso la terra, ma dritti su verso il cielo perchè ne respiri l'aria e la luce, e prenda una forma virile e maestosa, la forma di un'anima che anche nelle più piccole cose mostra in sè l'opera di Dio e l'immagine sebben imperfetta di Gesù Cristo.
Ma quanto sono pochi, principalmente nelle classi più numerose, i fanciulli a cui tocchi questa sorte sopra tutte invidiabile di una buona educazione, i fanciulli che sieno coltivatì con questa cura assidua, appassionata, intelligente! L'incapacità e la non curanza dei genitori, la loro morte, l'infermità, l'indigenza e il bìsogno di guadagnarsi il pane di ogni giorno e mille altre cause gli privano troppo spesso di questa seconda vita assai più preziosa, pcrchè è la vita dell'anima. E allora come cresceranno queste tenere piante? Che ne sarà di queste povere creature destinate a formare un giorno quello che si chiama il popolo? Deboli, inesperti, abbandonati a se stessi e a tutte le seduzioni del male come faranno a sviluppare gli istinti buoni, a sottrarsi al vizio e alla degradazione morale e fisica che ne è l'inevitabile conseguenza?
Oh!, sia pur sempre benedetto, o mio buon Gesù, quel vostro amorosìssimo Cuore, dal quale si è stillato il balsamo per tutte le piaghe dell'umanìtà! Voi che avete consolato e sollevato i dolori e le ambasce del povero, del prigionìero, dell' infermo, non avete dimenticato il fanciullo! Quella parola che con accento d'ineffabile tenerezza è uscita un giorno dalle vostre labbra - Sinite parvulos venire ad me - lasciate che i parvoli vengano a me- è stata accolta dalla vostra Chiesa che non ha mai cessato di ripeterla in tutto il mondo, ed è quella che ha formato i Loiola, gli Emiliani, i Calasanzi, i Lassalle ; e noi vi rendiamo grazie dal fondo del nostro cuore perchè ai nomi gloriosi di questi educatori del popolo la nostra età può aggiungere anche quello del sacerdote D. Giovanni Bosco...
Era un mattino d'inverno, e appunto il giorno dell'Immacolata dell'anno 1841. D. Bosco nella sacristìa di S. Francesco d'Assisi genuflesso pregava secondo il consueto preparandosi a dir la Messa, quando ad un insolito rumore volgendo il capo, vide un giovinetto sui quindici anni discacciato dal sacristano con modi più che scortesì. D. Bosco si alzò, fe' cessare quella scena disgustosa, e chiamato a sè il giovanetto, lo invitò dolcemente ad aspettarlo dopo la Messa, che gli avrebbe parlato di cosa di grande interesse e a luì molto cara. E così fu....
L'incontro di Bartolomeo Garelli, di questo giovinetto di quindici anni orfano ed abbandonato, Cristiano per il Battesimo ma che non sapeva nulla di ciò che forma il Cristiano, fu per Don Bosco una vera rivelazìone. Ciò che avvenisse in quel momento nel suo cuore, nessuno ha potuto conoscerlo e Dio solo lo sa; ma argomentando dal resto della sua vita possiamo dire che la mano di Dio secondo la frase della S. Scrittura si posò sopra di lui, che da quel punto egli conobbe la sua missione, contemplò da lungi come Giacobbe la sua posterità, e divenne il Padre deì poveri figli del popolo. L'istruzione religiosa e morale del popolo è il vero bisogno dei nostri tempi.
Dote propria degli uomini grandi è conoscere il bisogno principale dei loro tempi e consacrarvisi. Ora qual'è, Signori miei, il bisogno principale del nostro tempo? Forse la scienza, le arti, l'industria, il commercio, le combinazioni più o meno ingegnose della politica? No. Per quanto tutte queste cose sostengano una parte importante nel movimento generale del mondo, nessuno oserà mai dìre che esse rappresentino un elemento indispensabìle all'esistenza e al progresso ben inteso della società moderna. Nessun popolo è mai perito per mancanza di alcune delle cose che ho testè nominato, ma bene se ne son visti a scomparire dalla storia per difetto dei principii costitutivi dell'ordine sociale.
Il vero bisogno dei nostri tempi è l'istruzione religiosa e morale del popolo secondo i principii e le norme della Chiesa Cattolica; è di educare la generazione che sorge nelle massime e nello spirito del Vangelo, dal quale la società moderna tende ad allontanarsi senza accorgersi che corre incontro alla sua rovina.
Voi mi direte che questo è un bisogno di tutti i tempì, ed è vero, ma non di tutti egualmente. Vi sono dei tempi in cui la Chiesa, signora tranquilla dei cuori e delle intelligenze, per trasfondere nel popolo lo spirito del Vangelo e ìl sugo della vita cristiana non ha che da tener vivo lo zelo de' suoi Pastori. Ma ve ne sono degli altri, in cui trova i cuori restii, le intelligenze ribelli; dei tempi in cui nasce non si sa come l'andazzo, ìl gusto, la moda di combattere la verità; ciò che fu sempre, e da tutti reputato però, ciò che ieri ancora era vero, improvvisamente non lo è più, e invece sono veri i paradossi più assurdi, gli errori più stravaganti; dei tempi finalmente nei quali quello spirito di vertigine di cui ci parla la Santa Scrittura fa la sua apparizione, le idee si confondono, si chiama male il bene e bene il male ; purchè si soddisfino le cupidità del momento, non si bada alle conseguenze. Allora la Chiesa si mette in ansietà come madre che vede i figli in pericolo, esorta, prega, scongiura, raddoppia cure e sollecitudini, chiama ìn aiuto del ministero pastorale la parola e lo zelo apostolico, infonde zelo e nella sublimazione della sua carìtà crea gli uomini adattati aì tempi, che fanno argine al torrente del male e salvano o almeno insegnano il modo di salvare la società.
Se da questo spirito di vertigine sia del tutto ìmmune l'età in cui viviamo, io non lo dirò, il fatto parla da sè. Vi è del bene nel nostro secolo, ma vi è insieme una piaga profonda che minaccia d'incancrenirsi ed è una specie di orrore alla verità e l'ignoranza della Religione, che restringe la vita al materìalismo dei sensi e prepara insensibilmente le grandi catastrofi per cui periscono le nazioni. Quando l'idea di Dio, che è la sorgente dì ogni diritto e la sanzione di tutti i doveri, viene ad oscurarsi nelle moltitudini o cessa di essere popolare; quando ìl contadino, il bracciante, l'operaio, l'artista ignorano il proprio destino, e volgono le spalle al prete che parla di Croce e di sacrificìo, per correr dietro al giornalista che predica il diritto alla felicità e la morale del godimento; quando l'uomo di lettere e l'uomo di spirito si fanno beffe dell'immortalità dell'anima, dei premi e delle pene di un'altra vita, come di scìocchi pregìudizì, allora la vita, non è più che un trastullo o un calcolo di tornaconto; alle gìoie austere dello spirito si sostituisce la raffinatezza dei piaceri materiali, all'amore del dovere la cupidigia dell'interesse personale, allo spirito di sacrifizio l'egoismo, ed è suonata inevitabilmente l'ora della decadenza.
Or bene a prevenire e scongiurare questi mali checchè ne dicano i filosofi dei nostri tempi, la ragione è impotente e non vi è che un farmaco tutto divino quanto semplice altrettanto efficace, ed è il catechismo.
D. Bosco non si era ingannato nel conoscere il bisogno principale del nostri tempi, ed i suoi Oratorii i quali non mirano ad altro che a far crescere la gioventù nel santo timor dì Dio e nella purezza del cristiano costume, rispondono ad una vera necessità dell'epoca in cui viviamo.
Le meravigliose trasformazioni dei fanciulli di Don Bosco.
Come avviene nel male, così spesso accade anche nel bene, che uno ne tira molti. Il Garelli era rimasto così soggiogato e per dire la vera parola innamorato della carità di D. Bosco, della pazienza con cui l'istruiva, della bontà con cui lo accoglieva, della tenerezza paterna che gli dimostrava : egli, il povero orfano che forse non aveva mai provato l'affezione, mai sentito una mano pietosa posarsi con amore sulla sua testa, che non potè nascondere la sua gioia di aver trovato D. Bosco, e quanti compagni aveva, tutti in breve glieli portò. Fu egli senza saperlo il granello di senapa che crebbe ìn grande albero e chiamò gli uccelli del cielo a ripararsi all'ombra dei suoi rami, fu la prima pietra del grande edifizio, il primo anello di una catena di giovani, come lui, istruiti, migliorati, salvati da D. Bosco....
Poco più di un anno era trascorso dal primo incontro, e già oltre a quattrocento erano i giovani che dalle cure amorevoli di D. Bosco avevano ricevuto insieme coll'istruzione cristiana un nuovo indirizzo della vita, che avevano acquistato il sentimento della propria dignità, sentito nascere nel loro cuore l'amore della virtù, gustate le gioie fino allora sconosciute della pietà.
Ogni dì festivo egli radunava quella sua turba racimolata e moltiforme, quando in alcune sale prese a pigione, quando sotto una tettoia, e più sovente ancora in un prato. S'incominciava l'adunanza con un canto di lodi a Maria sempre Vergine; poi dispostì in bell'ordine ricevevano l'istruzione catechistica da pii sacerdoti aggiuntisi a D. Bosco nella santa opera. Egli frattanto là all'aria aperta, seduto su una zolla erbosa moltissimi ne confessava : indi con un breve sermone dove versava tutto il suo cuore, con ogni sorta di santi ammaestramenti gli animava, gli esortava , gli infervorava alla fuga del vizio, dell'ozio, e dei cattivi compagni, all'amore della pietà e dei lavoro, all'ubbidienza dei genitori; e questo finito si divertivano.
Prati di Valdocco, prima deserti e solitari ed ora coperti di edifizi, e popolati di migliaia di giovanetti modesti, laboriosi e pii ; prima muti e silenziosi, ora risonanti dello strepito delle officine intrecciato col canto delle lodi di Dio, e come avrei potuto non parlare di voi tessendo l'elogio dell'uomo che associando al vostro ìl suo nome vi ha consecrato all'immortalità? Non vi ho io forse visitato nei giorni della mia vita? Non mi son io sentito l'anìma inondata di pensieri santi, pregando sotto la cupola di Maria Ausiliatrice, che addita di lontano e protegge colla sua ombra grave e solenne i miracoli della carità di D.Bosco?
Superati felicemente tutti gli ostacoli, con una tenacìtà di proposito che gareggiava colla fermezza della sua fede, egli era riuscito finalmente a fondare il suo Oratorio, aveva arricchito la città di Torino di uno dei suoi monumenti più insigni, fatto sorger dal nulla uno dei più grandiosi istituti di carità dell'Italia e del mondo
Valdocco colle sue scuole, le sue colonie agricole, le numerose officine di arti meccaniche, le sue macchine, quell'alacrità, quel movimento di vita artistica, agraria, letteraria, religiosa, scientifica, tutto regolato e compenetrato sempre dalla pietà, era un'apologia vivente, una smentita solenne, popolare, fragorosa ai saccenti del progresso umanìtario, uno splendido commento di quella divina parola di S. Paolo che la pietà riesce utile a tutte le cose (1).
Gli apostoli della religìone del lavoro che è quanto dire del lavoro senza religione, gli economisti utilitari che collocano la religione e con essa l'onestà e la morale tra le forze improduttive e da non doversene tener conto; i filosofi razionali che chiamano la carità cattolica fomentatrice d'ozio, madre d'ignavia, e dicono che al povero bisogna dar lavoro, non pane; avevano davanti a sè un fatto che riduceva ìn polvere tutte le loro frasi speciose e tutti i loro vantati sofismi. Don Bosco aveva operato alla luce del sole e Valdocco parlava alto e chiaro; là vi era lavoro, operosità, ìndustria, studio, letteratura, scienza, arti meccaniche , arti liberali, ginnastica, passatempi ed insieme ordine, preghiera, spirito di pietà, allegria, benevolenza; ìnsomma un mondo d'idee e di cose che i filosofi umanitari dicono incompatibili. I buonì esultavano, i tiepìdi ammiravano, tutto il mondo applaudiva, e i detrattori della Religione erano obbligati a tacersi.
Noi siamo troppo vicìni per poterci formare un'idea adequata del bene fatto da D. Bosco. Bisogna che il tempo maturi e svolga l'opera sua; e più scorreranno gli annì, più si vedrà il suo nome grandeggiare negli annali della pubblica beneficenza, e come noi dopo tre secoli veneriamo in S. Vincenzo de' Paoli il padre di una moltitudine di opere non fatte da lui ma derivate dal suo spirito, così quelli che verranno dopo di noi saluteranno in D. Bosco un continuatore, un successore, un erede dello spirito di quel vero gigante della carità.
Eccovi, signorì miei, chi è D. Bosco; eccovi ciò che ha fatto quest'uomo veramente staordinario, la cui memoria sarà sempre in benedizione finchè l'amor di Dio e degli uomini, la virtù e il sacrificio di sè a pro' deglì altri saranno in pregio in questo basso e travagliato mondo. La sua vita fu una vera epopea di carità, una manifestazione sensibile, una splendida apologia della virtù educativa della Chiesa, dell'amore che essa porta all'adolescenza e della paterna tenerezza che ispira ai suoi ministri per la salvezza spirituale, la coltura intellettuale e morale dei poveri figli del popolo.
Io per me penso, anzi tengo per certo che l'apparizione di D. Bosco nell'ultima metà del nostro secolo è un raggio luminoso, un benigno risguardo del pietoso Iddio, che in mezzo alle tenebre addensate dalla falsa filosofia intorno ai veri principìi dell'educazione popolare ha indicato la via da seguirsi per guarire i mali che affliggono la società e scongiurare quelli per avventura anche più gravi che la minacciano. Questa via non è altro che l'insegnamento popolare del Catechismo impartito con quella benevolenza dolce e pia che può tanto nell'animo dei fanciulli, abbellito con quelle sante industrie di canti, di feste, di adunanze, di armonie divote che avvolgono il fanciullo come in un'atmosfera di santità, che lo fanno amare la Religione, associano al Catechismo le più care ricordanze e lasciano nel cuore dei giovani delle impressioni di fede che non si cancellano più.
La filosofia umanitaria che rìmira queste fioriture della pietà con occhio di compassione sprezzante, e fa consistere tutta l'educazìone nell'ingnamento, non potrà mai dare al fanciullo altro che una educazione dimezzata e per ciò stesso falsa e pericolosa.
È ancora incerto se il mondo prenderà questa via, perchè le nazioni moderne sembrano ostinarsi a non volere aprire glì occhi alla verità se non dopo le dure e amare esperienze dell'errore. Checchè avvenga però, o sia che il Vangelo prenda di nuovo a risplendere come sole sull'opera sopra tutte importante dell'educazione popolare, o sia che si chiudano gli occhi alla sua luce divina per correr dietro ai bagliori ingannevoli della filosofia umanitaria, nessuno potrà mai togliere a D. Bosco il merito e la gloria di essere stato l'uomo di cui Iddio si è servito per manifestare nel nostro secolo la virtù e la sapienza educativa della sua Chiesa, per salvare una moltitudine innumerevole di poveri figli del popolo e per dare una solenne smentita ai vanti orgogliosi della moderna pedagogia
Io potreì porre quì fine al mio dire, perchè se non m'inganno ho raggiunto il termine che mi era proposto sin da principo. Tuttavia consentitemi ancora, o Signori, che prima di chiudere v'inviti ad innalzare con me un monumento a D. Bosco. Io non sono artista, ma se lo fossi e avessi l'incarìco di tramandare aì posteri con un monumento la memoria dì questo mirabile prete, eccovi quale sarebbe il mio concetto. Metterei in alto la Croce che è l'emblema della educazione cristiana perchè è l'emblema divino del sacrifizio; ai suoi lati, a destra Maria Ausiliatrice che fu sempre dopo Gesù il principale appoggio di D. Bosco, a sinistra il Salesio dal quale ricopiò la dolcezza e intitolò l'Istituto. Ai piedi della Croce lui ritto il grand'uomo che si tiene con una mano al divin tronco e chiama coll'altra i giovani all'ombra dell'albero riparatore. Alla base del monumento poi il giovanetto Garelli in atto d'incidere sul ricordevole marmo le parole già scritte in tutti i cuori : « A D. Giovanni Bosco la religione e la patria riconoscenti. »
(1) Tim. IV. 8.
(Lettera aperta agli amanti della gioventù)
PARTE II. § IV. Del compimento necessario di un Oratorio.
Nel precedente paragrafo (Ved. Bollettino di dicembre u. s.) ho detto come funziona ordinariamente un Oratorio Salesiano. Forse a taluno sarà parso, ch'io sia disceso a troppi particolari ; ma siccome il fine propostomi specialmente in questa seconda parte della mia lettera è di renderla, più che sia possibile, didascalica, trovo di non essermi dilungato.
Anzi, prima ancora che passi ad enumerare i principali espedienti periodici, che si mettono in opera in un Oratorio Salesiano per tener alta la frequenza dei giovani e raccoglierne più facilmente il bene cui tendono - e senza di questo, tanto varrebbe non aver incominciato - io debbo insistere su un punto di altissima importanza, cioè sul compimento necessario di un oratorio.
Ecco, io domando
- Basta raccogliere cento o duecento fanciulli in un onesto e lieto recinto, e qui metterli in grado di santificare il giorno festivo, e insieme insegnar loro un po' di catechismo e magari tutto il catechismo ?
Rispondo.
Scopo primo dell'Oratorio è quello appunto di dare comodità ai giovanetti, specie ai più abbandonati, di santificare il giorno festivo e di procurar loro un'istruzione atta e proporzionata. Dunque lo scopo fondamentale dell'Oratorio, pel momento, è raggiunto.
Ma non basta.
Scopo desiderabile di ogni Oratorio festivo è quello di accompagnare, passo passo, i giovani più bìsognosi negli anni più pericolosi della vita. E, invece, il più delle volte che avviene ?
Ascoltate.
« Prendere in mano la direzione della gioventù, missione ben delicata e difficile - scrive l'avvocato Angelo Mauri - e occuparsi solo d'una pia alimentazione dello spirito riesce in molti casi opera monca, seguita da insuccesso, specialmente in mezzo al popolo, perchè quel bisogno naturale di moto, di svago, di espansione delle energie maturanti che è caratteristica dell'adolescenza, sospinge altrove, in ambienti ben dìversi e troppo spesso insidiosi, lontano dalla scuola della pietà, chi non si vede offerto il mezzo di appagare questa sua vivacità attiva vicino a chi gli apprende la difficile arte di vincere i primi stimoli della passione, di farsi libero dalle tempestose suggestioni del senso. E per converso, edificherebbe sull'arena chi s'illudesse di immunizzare la gioventù dai mille contagi della corruzione coll'offrirle facili i mezzi di divertimento onesto e sano, senza approfittare dei contatti d'una dimestichesza confidente e preziosa per irrobustire il carattere e render forte lo spirito col nutrimento interiore della fede e della moralità cristiana.
« Nè questo basta. Il giovanetto pio che va all'Oratorio a pregare e a giuocare, a ricever la buona semente della parola evangelica e a temprarsi le forze del corpo nelle esercitazioni sportive, non ha ancora tutto quello di cui la sua personalità sente il bisogno. Individuo e membro della società è incalzato da quel desiderio d'istruzione, da quella sete di lettura, da quell'ansia di progresso mentale che oggi son diventate in mezzo al popolo un fenomeno comune, largamente abusato ai danni morali delle masse, ma per sè buono e meritevole d'ogni aiuto ; ed è preoccupato insieme da quelle esigenze di tutela dei suoi interessi di classe, di miglioramento delle sue condizioni sociali, che il corso storico dello sviluppo economico e del movimento industriale ha fatto emergere con tanta evidenza ed imponenza fra gli atteggiamenti complessi della vita collettiva. Trascuri queste sue aspirazioni e preoccupazioni l'uomo apostolico che gli fa da padre fra il confessionale e la palestra ginnastica, e vedrà colla più grande amarezza una parte della famiglia che l'attornia riverente e gioconda, distaccarsi a poco a poco e scomparire tacitamente dal suo fianco attratta da scuole, da circoli, da organizzazioni non cristiane,.... »
Quindi che cosa si fa, ov'è Possibile, in un Oratorio Salesiano, e che si dovrebbe ottenere ovunque a qualsiasi sacrificio ?
Dirò apertamente.
Se nella città o nel Paese, ov'è l'Oratorio, v'ha qualche circolo giovanile cattolico, cioè il sicuro semenzaio delle successive associazioni cattoliche, allora è naturale che incominciando Per tempo ad insinuare fra i più grandi che intervengono all'Oratorio l'importanza, anzi la necessità di simili associazioni, giunto il tempo opportuno, basta avviarveli amorosamente. Con ciò la missione dell'Oratorio si Può tener compiuta. Naturalmente poi tocca a chi Presiede tali circoli il dar loro quell'indirizzo migliore che anche le circostanze locali Possono talvolta suggerire, e Provvedere che vengano esaurientemente ammaestrati nei loro doveri ed anche nei loro diritti. Che bene immenso ad es., non potrebbero fare, i cosidetti Assistenti Ecclesiastici, se specialmente nei luoghi ove essa mancasse, riuscissero ad impiantare in seno ai loro circoli una Scuola di Religione. La Scuola di Religione, molto opportunamente, fu detta dal III° Congresso Salesiano « il più diretto ed efficace antidoto che si possa opporre a quel pervertimento intellettuale e morale, che sventuratamente minaccia la gioventù nelle pubbliche scuole » e aggiungiamo pure nelle officine : e perciò lo stesso Congresso raccomanda caldamente ai Cooperatori Salesiani : « che promuovano efficacemente la fondazione di Scuole di Religione per le classi operaie, in cui con forma popolare ma in maniera seria ed efficace, si smascherino e si confutino gli errori, che la propaganda atea e sovversiva va spargendo in in mezzo ad esse » E torniamo agli Oratori
Che se Poi quella città o quel paese mancano di tali circoli giovanili cattolici (fosse pure, a torto s'intende, che non se ne giudicasse necessaria la fondazione) allora è assolutamente necessario, che l'Oratorio fondi almeno la sua Scuola dì Religione, ove alle conferenze d'indole religiosa si alternino chiare e facili lezioni di spicciola sociologia cristiana, e dove si può, (e si faccia di tutto per Potere) si venga anche all'impianto di qualche Società di mutuo soccorso, come fece D. Bosco nel suo primo Oratorio; e a seconda dei luoghi, dei bisogni e delle circostanze si ricorra a qualunque altro sano espediente ; pur di non lasciarci sfuggire quei giovani, che dopo averci aperto il cuore alle più liete speranze potrebbero, non istruiti e non curati da noi, voltarci ad un tratto le spalle.
Ecco, accennato, quale dev'essere in molti casi il compimento necessario dell'Oratorio.
(Continua). D. SIMPLICIO.
LE INDULGENZE STAZIONALI.
Rimandando ad altri numeri ogni altra conveniente osservazione od esortazione intorno il nostro tesoro spirituale, questa volta pubblichiamo l'Elenco delle indulgenze stazionali , che nei giorni ivi notati, possono lucrarsi anche dai nostri Cooperatori, visitando qualunque Chiesa o pubblico Oratorio, od anche la propria cappella privata per chi vive in comuintà.
Antichissima è la pia pratica di visitare in Roma le Chiese dette Stazionali, nelle quali esistono le più venerande memorie de' Santi, in ispecie dei Martiri. In certi giorni fra l'anno, vi si portava processionalmente il popolo, il clero ed anche il Sommo Pontefice. Sì pia devozione mosse S. Gregorio Magno ad ordinare le Stazioni stesse, assegnando le Chiese da visitarsi, non solo nella Quaresima, ma in alcuni altri tempi e giorni dell'anno ; le quali stazioni egli volle descritte nel Messale Romano.
Per eccitare i fedeli a visitare queste chiese nei dì fissati, quivi pregando secondo l'intenzione del Sommo Pontefice, lo stesso S. Gregorio ed altri suoi successori concedettero diverse indulgenze, le quali furono confermate in perpetuo dal Sommo Pontefice Pio VI con decreto della S. C. delle Indulgenze, 9 luglio 1777.
E queste appunto sono le cosidette Indulgenze Stazionali, le quali per specialissimo privilegio possono lucrarsi anche dai Cooperatori, nei giorni fissati, visitando, come si è detto, qualsiasi chiesa o pubblico Oratorio, e, per chi vive in comunità, anche la propria cappella privata.
ELENCO DELLE INDULGENZE STAZIONALI.
I. Dalla Quaresima a Pasqua.
1. Nel Mercoledì delle Ceneri e nella IV Domenica di Quaresima : Indulgenza di i 5 anni e i 5 quarantene.
2. Nella domenica delle Palme : Indulgenza di 25 anni e 25 quarantene.
3. Nel Giovedì Santo, giorno della S. Cena di N. S. G. C., premessa la Confessione e la Comunione : Indulgenza Plenaria.
4. Nel Venerdì e Sabato Santo : Indulgenza di 30 anni e 3o quarantene.
5. In tutti gli altri giorni della Quaresima sì festivi che feriali: Indulgenza di 10 anni e 10 quarantene.
II. Da Pasqua all'Avvento.
1. Nel santo giorno di Pasqua, premessa la Confessione e la Comunione : Indulgenza Plenaria.
2. Negli altri giorni dell'ottava di Pasqua fino alla Domenica in Albis inclusivamente ; nel giorno 25 aprile, festa di S. Marco Evangelista; e nei tre giorni delle Rogazioni : Indulgenza di 3o anni e 3o quarantene.
3. Nel giorno dell'Ascensione di N. S. G. Cristo al Cielo, premessa la Confessione e la Comunione. Indulgenza Plenaria.
4. Nel sabbato, vigilia di Pentecoste : Indulgenza di 10 anni e 10 quarantene.
5. Nella domenica di Pentecoste, e in tutti i giorni dell'Ottava, fino al sabbato inclusivamente: Indulgenza di 30 anni e 3o quarantene.
6. Nei. giorni delle Tempora di settembre : Indulgenza di 10 anni e 10 quarantene.
III. Dall'Avvento alla Quaresima.
1. Nella I, II, e IV domenica dell'Avvento Indulgenza di 10 anni e 10 quarantene.
2. Nella III domenica dell'Avvento : Indulgenza di 15 anni e 15 quarantene.
3. Nei tre giorni delle Tempora d'Avvento Indulgenza di 10 anni e 10 quarantene.
4. Nella Vigilia del S. Natale, nella Notte e nella Messa dell'Aurora : Indulgenza di 15 anni e 15 quarantene.
5. Nel giorno del S. Natale, premessa la Confessione e la Comunione : Indulgenza plenaria.
6. Nei tre giorni seguenti , di Santo Stefano, 26 dicembre ; di S. Giovanni Apost. ed Evangelista, 27 dic.; e dei Santi Martiri Innocenti, 28 dic.; inoltre nelle feste della Circoncisione, i gennaio; dell'Epifania, 6 gennaio ; e nelle tre domeniche di Settuagesima, Sessuagesima e Quinquagesima : Indulgenza di 30 anni e 30 quarantene.
N.B. - Anche queste indulgenze, com'è dichiarato nel Sommario 2 ottobre 1904, sono applicabili in suffragio dei fedeli defunti.
INDULGENZE PLENARIE direttamente concesse ai Cooperatori pel mese di aprile.
I Cooperatori della Pia Società Salesiana che, confessati e comunicati, visiteranno divotamente qualche Chiesa o pubblica Cappella o, se viventi in comunità, la propria Cappella privata, e quivi pregheranno secondo la intenzione del Sommo Pontefice, in aprile lucreranno l'indulgenza plenaria
1° il 14, commemorazione dei sette dolori di M. V.
2° il 16, domenica delle Palme ;
3° il 20, giovedì santo ;
4° il 23, Pasqua di Risurrezione ;
5° in un giorno scelto ad arbitrio da ciascuno ; 6° nel giorno in cui faranno l'esercito della Buona morte.
7° nel giorno in cui si radunassero a conferenza.
Inoltre (e su questo richiamo vivamente l'attenzione di tutti i Cooperatori) ogni volta che essi reciteranno 5 Pater, Ave e Gloria Patri per il benessere della cristianità, ed un altro Pater, Ave e Gloria secondo l'intenzione del Sommo Pontefice, lucrano tutte le indulgenze delle Stazioni di Roma, della Porziuncola, di Gerusalemme e di S. Giacomo in Compostella (Ved. l'Avvertenza nel Sommario pubblicato in gennaio). E queste indulgenze che sono moltissime, e tutte applicabili alle anime del Purgatorio, le possono acquistare tutte le volte, che pei fini indicati reciteranno i suddetti 6 Pater, Ave e Gloria, in qualunque luogo, senza bisogno di confessione e di comunione o di visita, purchè siano in grazia di Dio.
Monografie.
IV) VARAZZE - Il Collegio Civico.
Seguendo l'ordine cronologico dei prodigi della carità di D Bosco e dei suoi benefattori, cioè l'ordine di tempo con cui si compirono le varie fondazioni salesiane, da Lanzo il pensiero dovrebbe tornare a Valdocco, ove dal 1865 al 1868 q. Bosco fu tutto occupato nell'erezione del Santuario di Maria SS. Ausiliatrice. Quando si entra in questo splendido tempio, benchè se ne ammiri l' ampiezza e la mole, oggi che si ha di D. Bosco quella grande idea che da tutta la sua vita mirabile e dalla cooperazione del mondo cattolico alla sua missione si è venuta giustamente formando, forse non si comprende tutto l'ardire e la sovrumana fiducia che empiva il cuore di bon Bosco, allorché gettava le basi di un monumento così insigne. Ma egli voleva una Patrona alle opere sue, e sceltala, prima di continuare nell'espansione di quelle, pensò ad innalzare la Reggia della sua Ausiliatrice. E poiché di questo vero ,prodigio della carità, della carità del più amante dei figli per la celeste Ausiliatrice dei Cristiani, si vien parlando in altre colonne del periodico, noi passiamo all'anno 1869, in cui vediamo uscir dall'Oratorio di Valdocco il terzo drappello salesiano, capitanato dall'illustre prof D. Giovanni Battista Francesia, dottore in belle lettere, allora in giovanissima età e già poeta colto e geniale, buon latinista ed oratore facile ed eloquente.
l nuovo campo assegnato all'azione di questo terzo manipolo, fu la città di Cherasco, ove quel municipio aveva, con insistenti preghiere, offerto a D. Bosco un Collegio Convitto. E il bene che vi si fece, anche ufficiando la Chiesa di S. Maria del Popolo, fu presto rilevante. Ma, dopo due anni, parendogli un luogo più adatto, D. Bosco accettava pei suoi figli di Cherasco il Collegio Convitto municipale di Varazze, e questi vi si recavano nell'ottobre del 1871 con molto rincrescimento dei buoni Cheraschesi.
Varazze è una gentile ed industre città della bella ed incantevole Riviera di-Ponente. osta fra Genova e Savona, anch'essa al pari di queste, ebbe dal mare le sue risorse, e vantò prodi capitani e uomini illustri. I suoi cantieri, assai rinomati nei tempi antichi, diffondono anche oggi nella città una cert'agiatezza degna veramente d'invidia. Ma perchè al benessere materiale ed alla floridezza della città procedesse di pari passo il progresso intellettuale e morale dei cittadini, il Comune pensò alla fondazione di un Collegio ; che in poco tempo sorse, bello, ardito, poggiante nell'alto, si che sembra a chi lo guarda come il simbolo dell'amore della patria pei suoi figli.
E grazie all'appoggio ed alla benevolenza delle autorità locali, il nuovo Collegio di Varazze raggiunse ben presto il fastigio. benedetto dal Signore e da D. Bosco, che non mancava di visitarlo a quando a quando con paterna tenerezza, e situato in amenissima spiaggia, e nella parte di questa la più incantevole, in pochi anni rigurgito di alunni, cui nella modestia e nel silenzio profuse tesori di pazienza, di zelo, di abnegazione.
Oh !le belle feste scolastiche dei primi anni, quando si rievocavano ad una ad una le nobili figure dei più gloriosi figli di Varazze, con orgoglio e diletto di tutta la città presente!
Oh ! le gioie soavi di quell'intima vita di famiglia, vissuta per tanti anni da superiori ed alunni, e dalla città e Collegio. Si ricorda la trepidazione e la miseria di quei giorni, in cui per l'improvvisa sospensione delle costruzioni navali, Varazze fu minacciata dalla sventura ; ma si ricorda pure, e sempre con commozione, la carità che si riceveva alla porta del Collegio e dalle mani pietose di Don Francesia...
Il 7 febbraio 1897 un'insolita festa raccolse gli alunni dei primi cinque lustri: sacerdoti, parroci, canonici, avvocati, professori, dottori, cavalieri, molli industriali e felici padri di famiglia. Insieme con D. Francesia vi accorse anche il Prof D. Giuseppe Monateri, che ben per dieci anni tenne, dopo di lui, con amore e saggezza, la direzione di quel collegio convitto. ebbene se ne ricordarono i principii, le nobili gare nello studio, le belle passeggiate, le visite di D. Bosco, la prima spedizione dei Mssionarii Salesiani ivi combinata tra D. Bosco e il Comm. Giovanni Batlista Gazzolo, console dell'Argentina a Savona, la parte che vi prese il Collegio donando alla stessa spedizione tre dei suoi professori ; i saluti scambiati dall'alto del cortile al piroscafo, che salpato da Genova coi missionaria apparve nella distesa del mare e scomparendo lasciò tutti nella mestizia e nel pianto; e mille altre cose soavi. Ma ciò che rallegrò più di tutto i superiori fu il vedere così fermi e abbondanti i frutti dell'educazione impartita. Che sì possa dire altrettanto nelle feste future !
Oggi il Collegio di Varazze ha più di 100 alunni interni, suddivisi come sempre nei corsi elementari e ginnasiali, che continua ad educare amorevolmente, sì che riescono di consolazione alle famiglie e di speranza alla Religione ed alla Patria.
A Firenze, l'altro mese, serenamente spirava nel bacio del Signore il prof. Augusto Conti, uno di quegli uomini veramente grandi, che sanno accoppiare rara potenza e produttività d'ingegno a mirabile integrità di carattere e schietta e profonda pietà. Altri dissero e diranno delle sue elevate manifestazioni nel campo dello studio e delle scienza filosofica, le quali hanno assicurato al suo nome l'immortalità ; ma noi pieni di riverenza per la sua vita costantemente improntata ad uno squisito sentimento di fede e di morale cristiana, giustamente orgogliosi di averlo avuto nel numero dei più affezionati Cooperatori, vogliamo additarlo alla comune ammirazione come modello di fervoroso cristiano. Derogheremo alquanto dalla consueta brevìtà dei nostri cenni necrologici, pur di dare almeno un fuggevole sguardo alla sua lunga vita esemplare. Più che ci sarà possìbile, ci serviremo delle sue stesse parole (1).
Augusto Conti nacque il 4 dicembre 1822 a S: Miniato, ove durante la vita, amava di tornar sovente coll'immaginazione a salutare la massiccia torre del Duomo, chiesa benedetta del suo battesimo.
Nei suoi primi anni giovanili, una tenebrosa miscredenza minacciò di funestargli la mente quella mente che doveva sollevarsi così sublime alla ricerca ed, all'intuizione del vero e salvar tanti giovani dagli scogli di una fatale filosofia. Con false dottrine l'avevano attorniato alcuni uomini che facevano pubblica professione di ateismo : ma per le preghiere e gli ammonimenti della zia Caterina Rossetti, vinse fortunatamente la crisi ; e dopo d'allora fu e crebbe uomo di retti principi e di fede viva, fervorosa e incrollabile, dalla quale attinse i più soavi conforti nei dolori della vita.
Nel 1848, laureato in diritto da pochi anni, ai primi accenni di guerra lasciò la professione e si arruolò nel secondo battaglione di volontari toscani. Un giorno, di riposo dall'armi, entrato nella parrocchia di Curtatone (fin d'allora, potendo, non lasciava passar giorno senza visitare il SS. Sacramento) vide dall'altar maggiore rovesciata la Croce. « Saltai dalla chiusa balaustrata, egli scrive, e la drizzai di nuovo sull'altare. Ohimè ! continua, chi fu il profanatore che offese di tanto spregio l'unica speranza deglii uomini, quel patibolo trionfale da cui scese la parola del perdono ? » Ma una febbretta, che lo colse presso Goito, e lo tenne malato più giorni, con qualche sintomo di gravità e che dovette portare addosso tre anni, lo indusse a tornare in patrìa, ove riprese l'avvocatura e cominciò ad insegnare filosofia.
Da S. Miniato passò a Lucca ; quivi insegnò filosofia elementare nel R. Liceo, per cinque anni, fino al 1858 ; e lasciò, mestissimo ricordo, il corpicciolo angelico della sua prima figliuolina. « Oh ! la mia cara bambinella... Ell'era nata pel cielo ; tanto aveva di paradiso le fattezze, ogni atto, ogni moto ! Deh ! prega, angiolo mio, egli scriveva nel 1902, per la tua sorella che porta il tuo medesimo nome, buona come te, come te affettuosa per il tuo vecchio babbo. Unisci le tue preghiere con quelle di Niccolino che abita pure i regni celesti, perchè noi possiamo riunirci tutti nella pace di Dio eterna ! »
Da Lucca, ove è ancor viva la sua memoria e dove tutte le sere era ospite gradito dell'illustre arcivescovo Arrigoni, ìl virtuoso professsore passò all'Istituto di Studi superiori di Firenze, da cui non si allontanò che per cinque anni, durante i quali insegnò all'Università di Pisa.
Tornato a Firenze, finchè l'offuscamento degli occhi non gli rese grandemente difficile la scuola insegnò magistralmente filosofia razionale e morale all'Istituto predetto di Studi Superiorì, levando alta fama di sè in Italia e fuori, ed edificando gli amici, i colleghi e gli alunni coll'esempio delle più grandi virtù.
Vanto della scienza, decoro dell'accademia della Crusca, dei Lincei, dell'Istituto veneto e di altri insigni accademie, decorato delle commende della corona d'Italia e dei SS. Maurizìo e Lazzaro, e della Croce della Legion d'Onore, primo presidente dell'Associazione Nazionale per soccorrere i missionari cattolici italiani, non gli mancarono cariche ed onorificenze ; e benchè non l'avesse mai, vivo, circondato quel plebiscìto di stima e di affetto che spontaneo si sollevò da un capo all'altro d'Italia alla sua morte, pure privatamente fu sempre ammirato da tutti.
L'architetto P. Fambri, l'insigne autore della stupenda facciata di S. Maria del Fiore, gli richiese i soggetti per le figure che dovevano ornarla ; ed egli, cui gioiva l'anima nel celebrare la Madre di Gesù Cristo, alla quale si sentiva debitore dei più puri e soavi affetti dell'anima, e di tanti benefizi di misericordia materna, pensò che chiamandosi il Duomo S. Maria del Fiore, la Vergine doveva essere il centro ideale ed artistico di quanto era a rappresentarsi, quìndi l'idea generale delle figure fu la grandezza del Cristianesimo in se stesso, e le sue armonie colla civiltà, segnatamente per l'ispirazioni gentili, che derivano dal culto cristiano alla Madre del Redentore.
Ritiratosi a vita privata non passò i dì nell'ozio, ma nel 1902 pubblicò le Sveglie dell'Anima, un caro volume, pìeno di preziosi ricordi, e quasi sillabo dei sentimenti suoi soavi ed edificanti ; e nel 1903 dettava l'ultima operetta su i vaticini che predissero ìl Redentore, la storia della sua passione e i trionfi della sua risurrezione gloriosa, che intitolò: Il Messia, e volle data alle stampe con questa dichiarazione : Operetta di Augusto Conti, quasi viatico per l'altra vita. E fu veramente l'ultima delle sue pubblicazìoni.
Ma fino agli ultimi giorni continuò ad edificare Firenze coll'esercizio della pietà, non lasciando un sol giorno, nemmeno allorchè infuriava il vento o la pioggia, le sue visite quotidiane alla Madonna ed al SS. Sacramento. Cieco, e debole omai di gambe, vi si faceva condurre con una carrozzella a mano : e la mèta era ìl celeberrimo Santuario della SS. Annunziata, mentre coll'anima raccolta egli andava vagheggiando tanti altri santuari ed immagini venerande della Vergine, visitate in vita, le quali gli apparivano sempre quasi circonfuse di luce, piucchè egli non le vedesse cogli occhi del corpo in uno splendido giorno di primavera.
Questa chiaroveggenza intellettuale, di cui parla spesso nelle sue memorie, fu evidentemente un frutto della sua fede e della sua pietà. Se ne giudichi dalle sue stesse parole.
« Soleva nella mia giovinezza, mentre dimoravo nella villa paterna, far lunghe passeggiate in Valdarno fino a notte inoltrata, per tornare poi alla casa del padre mio. Arrivato per la valletta, che riconduce sotto la Chiesa di S. Pietro, mi appariva dalla finestra della facciata lo splendore della sacra lampada, sempre accesa dinanzi al Tabernacolo Santo. Non posso dire abbastanza quali profondi sentimenti mi sorgessero in cuore a quella vista. La luce, trasparente dalla finestra, mi pareva la luce di Gesù, ne sentivo la presenza dentro il cuore intenerito, e, protendendo l'anima mia tutta verso quella, pregavo cose indicibili da parola umana. O Sacramentato Signore, vedo anche oggi, vecchio, vicino alla morte, quel fulgore della mia chiesa parrocchiale, sento ancora la devota tenerezza dell'anima mia, protendo verso di te, Signore, le mie braccia supplichevoli, ti confesso con viva fede, ti adoro con fiduciosa umiltà, ti amo, o Sommo Bene, t'invoco propizio a tutti gli uomini, di cui, diceva il fatidico Giobbe paziente, sei il custode : « Custos hominum ».
«... Deh ! Possa rifulgere nelle visioni dell'agonia quella medesima luce, che mi conforti al gran passaggio, quando sentirò dire : Partiti, anima cristiana !... »
E noi sperìamo che all'anima sua non sarà stata negata questa soave consolazione, mentre il piissimo domenicano P. Lodovico Ferretti, Vicario della Congregazione di San Marco, gli leggeva il Proficiscere... Era la mattina del 6 marzo, vigilia di S. Tommaso d'Aquino, principe dei filosofi cristiani, del quale Augusto Contì eta stato tenero divoto e grande ammiratore.
Il venerato estinto, parlando della religiosa morte di Giovanni Duprè, uscì in questo pensiero : «Non solamente si può essere grandi e cristiani ; ma i grandi cristiani sono gli eccellentemente grandi ; e si potrebbe dimostrare con la storia se mai ve ne fosse bisogno ». E noi inchinandoci sulla tomba di questo illustre Cooperatore, ripeteremo le sue stesse parole che vorremmo suonassero ai suoi buoni congiunti quasi conforto, ed ai lettori qual forte invito a suffragarne l'anima nobilissima : «Augusto Conti fu grande e cristiano, e perchè fu grande cristiano, fu pure eccellentemente grande ».
(1) Vedasi specialmente la penultima opera di A. Conti:, Le sveglie dell'anima, Firenze 1902, Libreria Salesiana Editrice.
COME abbiamo promesso, il 23 corrente, Pasqua di Risurrezione e primo giorno del mese benedetto di Maria Ausiliatrice, in ogni centro di missione, presenti gli indii battezzati, verrà celebrata una solenne funzione religiosa secondo l'intenzione di quanti avranno concorso all'Omaggio proposto alla Pia Unione dei Cooperatori Salesiani nel Giubileo di Maria Immacolata.
Osiamo quindi nuovamente raccomandare quest'Opera di beneficenza cristiana ai nostri lettori, affinché tutti possano, in quel giorno di gaudio, aver diritto alle speciali preghiere, che dalle recenti cristianità, sorte ber opera dei Missionari di D. Bosco, saliranno al Cielo fervorose e gradite.
Matto Grosso (Brasile)
Dalla Colonia del S. Cuore di Gesù. Feste religiose - Speranze e superstizioni.
(Lettera del Sac. Don Giovanni Balzola).
Barreiro-Araguaya (Matto Grosso) Colonia del S. Cuore di Gesù 27 dicembre 1904.
VENERATISSIMO SIG. D. RUA,
Proprio in questi giornì, l'anno scorso le dava delle consolanti notizie, cioè l'annunzio dei primi battesimi solennemente amministrati nella Colonia e un breve ragguaglio delle solenni e devote feste celebrate l'8 dicembre e il giorno di Natale. Quest'anno ho ìl piacere d'inviarle delle notizie ancor più consolanti. Ad esempio, i battezzati sono già 65 !... però tutti fanciulli e fanciulle, poichè gli adulti non ci sembrano ancora del tutto disposti a ricevere convenientemente questo Sacramento, che vien quindi loro amministrato, per ora, in extremis. Ma è già vicino il giorno, in cui anche un bel gruppo di adulti sarà solennemente rigenerato nelle acque battesimali.
Inoltre, come ricorderà, io le scriveva che era nostro vìvo desiderio di solennizzare pure in particolar maniera l'8 dicembre testè trascorso ; e le nostre devote aspirazioni furono ampiamente soddisfatte. Alla novena, insieme coi nostri cari neofiti, presero parte molti indii ancora. Negli ultimì tre giorni facemmo un po' d'illuminazione tutte le sere, e anche si mandò in aria qualche razzo, poichè ciò è un vero divertimento per questi figliuoli. La vigilia mostrai loro una bella oleografia della Immacolata di Lourdes, che fece loro grande impressione. Pareva che non si stancassero di contemplare ii candore della Vergine, che posa maestosa sull'umile grotta ; ed io mi approfittai di quella singolare attenzione, per far loro comprendere alla meglio quale gran festa accingevasi a celebrare tutto il mondo. E posso assicurarla, amatissimo Padre, che l'attenzione con cui mi ascoltavano, i sentimenti di venerazione che trasparivano dal viso di tutti, e il contegno che tennero alle funzioni del dì seguente, non potevano esser migliori.
E che dovrò dirle della pietà dei nostri neofiti? Tre di loro, per la prima volta, vestiti di sottana e di cotta servirono all'altare in quel memorando 8 dicembre, durante la Benedizione del SS. Sacramento. Non può credere, veneratissimo signor D. Rua, quanto ne sieno stati contenti i genitori. Tutti avrebbero voluto veder i proprii figli vestiti da Padri Pichiriri ! (da padri piccolì), come essi dicevano.
Uno però, un cacico, padre del fanciullo da noi chiamato Magone Michele, mi si presentò e un po' mesto mi disse
- Non son contento che questo figlio diventi padre, perchè è primogenìto ; voglio che mi succeda - ; e intanto mi offriva il secondogenito in sua vece.
Sorridendo gli risposi che non si affannasse per questo, perchè suo figlio non solo sarebbe dive nuto cacico o capitano, ma, com'essi chiamano me, Capitano-Padre, e quindi qualche cosa di più !... Allora egli pure fece un sorriso e tacque.
Nello stesso giorno amministrammo il battesimo ad altri cinque fanciulli. Gli indii assistettero a tutte le funzioni sempre con correttezza ed attenzione. Noi per farli stare più allegri del solito, distribuemmo qualcosa da mangiare a tutti ed anche qualche regaluccio e diversi capi di vestiario... Che pena, o signor D. Rua, il non poterli ancor veder tutti neppure in camicia !
E poi una camicia quanto può durare ? Oh ! che li adottino come loro figliuoli questi poveri figli delle foreste, qualche generoso benefattore e qualche pietosa cooperatrice !... La festa si coronò con una bella illuminazione e con qualche piccolo fuoco d'artificio, più che sufficiente a far rimanere tutti gli indii a bocca aperta.
Anche la festa di Natale fu celebrata con ogni solennità possibile. Quantunque non abbiamo maestro di musica, pure cantammo le profezie durante la novena, e le cantarono insieme con noi anche i nostri indietti. Le dico schiettamente c'è proprio da benedire il Signore, a vedere il profitto di questi figliuoli. Alcuni, mi pare di averglielo detto, sono già al secondo libro di lettura ; e tutti son bravi e diligenti. Se li avesse veduti come si divertivano al giuoco della tombola, la notte di Natale, conoscendo già i numeri! Quest'anno, prima della messa di mezzanotte, non li mandai più a dormire, ma quelle ore le passarono insieme con noi in santa letizia.
A Natale si battezzò un bambino, nato nella Colonia. Come ci ama il Signore, come è buona con noi la Divina Provvidenza ! In 17 mesi che gli indii coabitano con noi, otto furono i nati, e due solo i morti ! due poveri vecchi, e nei primi mesi. È vero che, oltre questi, ne morirono altri due ; ma erano andati alla caccia, e morirono lontano dalla Colonia.
Alla morte di uno di questi, che era un adulto, potemmo toccar con mano, come sieno ancora scrupolosi nell'eseguire le loro tradizionali cerimonie pei defunti. Era dunque morto uno di loro a circa venti chilometri dalla Colonia ; e siccome là non v'era gente bastante per eseguire convenientemente le funebri cerimonie, dopo venti giorni andarono a prenderne il cadavere già in putrefazione e lo portarono qui alla Colonia ove interratolo un poco, tosto cominciarono i loro macabri riti, protraendoli circa due settimane. Quindi essendo già le carni del morto omai con sumate, vennero alla cerimonia, della ripulitura delle ossa, che per essi è la più solenne, ma che in realtà è la più ributtante di queste funebri onoranze. Pure mi decisi di andarla a vedere, e giunsi a tempo. Il fetore insopportabile di quella carne putrefatta mi spinse più volte a tornare sui miei passi ; ma mi potei far violenza e mi avvicinai alla piccola laguna, dove, involto in una stuoia, avevano calato quel cadavere disfatto. Aperta la stuoia, presero prima a gettar acqua sulle ossa omai spolpate ; quindi coll'aiuto di bastoni a risciacquarle nella stessa laguna ; poi a ripulirle, di ogni nervo o tendine ancor aderente, con scheggie di canna ; e finalmente a stropicciarle accuratamente con erba e foglie di alberi. Così ripulite, le posero in un cesto e le portarono nel famoso baiyto con tutte quelle cerimonie altra volta descritte Sono cose che fanno orrore ! e noi per ora non possiamo impedirle ; però le migliori speranze sono nella nuova generazione. Poco tempo fa in un'aldea del Rio das Mortes, a breve intervallo morirono tre indii. Si stabilì che le funebri cerimonie si sarebbero fatte collettivamente, ma per eseguirle con maggior pompa vennero ad invitare anche i cacichi o capitani dimoranti nella Colonia, i quali vi si recarono, ritenendo l'invìto a grande onore !
Ho saputo che a causa di questi morti, alcune famiglie pensano di venirsi a stabilire con noi, perchè dicono che il Capitano-Padre ha dei rimedii (giorubocuru) e non li lascia morire. Però, sebbene io faccia notare il vantaggio delle medicine, e l'esperienza lo confermi, tuttavia procuro di correggerne l'esagerato concetto che ne hanno, riferendo ogni potenza ed ogni virtù al Papai grande, cioè a Dio, insegnando che Egli solo è il padrone della vita e della morte
Veneratissimo Signor D. Rua, veda quale combinazione ! Ieri, giunto a questo punto, dovetti interrompere di scrivere, perchè veniva chiamato di massima urgenza alla vicina foresta, dove una serpe velenosa aveva morsicato un giovanotto, intento a tagliare dei pali. Corsi sull'istante, e lo trovai disteso a terra, che mandava dei gemiti, mentre il piede gli si andava sensibilmente gonfiando. Lo fasciai alquanto, e poi ordinai ad un suo compagno di prenderlo sulle spalle e portarlo presto a casa, per una sollecita medicazione. Io intanto presi le accorciatoie, e giunto a casa, tolti alcunì farmachi, gli corsi incontro. Il poverino stava soffrendo orribilmente : il piede sembrava divenuto un cuscino!... Apprestatigli i primi medicamenti, cominciò ad avere un po' di miglioramento ed ora sembra fuorì d'ogni pericolo
Oggi ebbi un'altra chiamata. Accorsi e trovai, nella sua capanna, un robustissimo giovane, attaccato da un forte mal di petto, per cui si contorceva tutto, e spasimava tanto che sembrava avesse in sull'istante a morirne. Gli applicai alcuni rimedi tanto dì uso interno che esterno, poi lo raccomandai al S. Cuore di Gesù ed a Maria SS. Ausiliatrice, e dopo una mezz'ora di spasìmo potei vederlo tranquillo. Le prime parole che mi diresse furono queste
-Bope bravo imi ! cioè : Il Bope (il demonio) è arrabbiato con me.
- Sì, gli dissi, Bope pega (il demonio è cattivo) Papai grande boa (Iddìo è buono) ! Imi maigoddo babà Papai grande e Muga grande boa majari aqui (Io in questo momento ho parlato al Papà Grande, (cioè a Dio) e alla Mamma Grande (alla Vergine), e dissi loro che ti facciano guarire; e infatti vedi che stai meglio.
- Hu ! hu !.... è vero !... mi rispose.
Voglia il buon Dio continuarci le sue benedizioni ed affrettarci la consolazione di veder incamminati nel sentiero della Fede e della civiltà tutti questi figli delle foreste.
Veneratissimo Padre, non voglio abusare più a lungo della bontà sua ; tuttavia, prima di deporre la penna, la scongiuro a ricordare questa missione alle preghiere ed alla carità dei nostri cooperatori. Gradisca insieme i nostri umili ossequii, li partecipi agli altri venerati Superiori, e mi creda quale, baciandole riverentemente la mano, mi professo
Suo aff.mo ed Obb.mo figlio Sac. GIOVANNI BALZOLA,
Missionario Salesiano.
Equatore
Un grave rischio di un missionario. (Lettera del Sac. D. Francesco Mattana).
Cuenca, 24 ottobre 1904. VENERAT.MO ED AMAT.MO SIG. D. RUA,
VivA Maria Ausiliatrice! Quanto buona è Maria. Mancherei ad uno dei miei più sacri doverì se a mezzo del Bollettino non pubblicassi una delle grazie più segnalate fattemi dalla nostra buona Madre Maria Ausiliatrice in questi ultimi mesi. Oh sì, la Vergine di D. Bosco è pure la Vergine dei figli d'un tanto Padre ! Per me , dopo Dio, Maria Ausiliatrice è tutto. Io l'amo molto, e dovunque passo, nelle mie lunghe escursioni apostoliche, la faccio co noscere, onorare, ed amare. Ed Essa non si lascia vincere in generosità : ecco il recente favore.
Era di ritarno dalla capitale dell'Equatore, dove era andato per intendermi personalmente col supremo Governo circa affari riguardanti le nostre Missioni orientali, e mi accompagnava il piccolo jivaro Antonio, uno delle primizie più belle del nostro lungo e difficile ministero.
Partitomi dal piccolo popolo di Palmira, ultima parrocchìa della diocesi di Riobamba, mi incamminava alla volta di Tigzàn che ecclesiasticamente appartiene alla colta e cattolica Cuenca e civilmente a Riobamba, regina del maestoso Chimborazo. Aveva percorso appena mezz'ora di cammino quando senza che mi avvedessi, in una curva della via, mi trovai vicino e a fronte della macchina del treno che con la velocità propria del vapore veniva da Guayaquil o da Duràn. Io me n'andava, non essendovi altra via, per la stessa linea ferroviaria, cavalcando una mula, forte e robusta a tutta prova. Al repentino fischio e al fumo della macchina la indomita bestia si spaventò di tal modo che senza darmi tempo di smontare si diè a precipitosissima fuga tra pietre, dirupi, e precipizi. Da una parte vi era il vapore che si avanzava , dall'altra serpeggiava il fiume Palmira, grosso in quei giorni per le dirotte pioggie. Una mula spaventata è proprio una bestia intrattabile; e già temeva che precipitasse nel vorticoso fiume o si cacciasse sotto le ruote della locomotiva, dalla quale omai non era distante più di 5o metri, quando alla violenza fatta per ritenerla si ruppe una staffa, la quale, cadendo a terra, finì per spaventare ancor più la bestia, che correva all'impazzata saltando cespugli ed alberi ammucchiati pe' lavori della linea.
Mi sforzai ancora una volta a ritenerla, tirando con forza le redini, ma anche queste si ruppero, di modo che ne caddero due pezzi sulle gambe anteriori della mula, la quale sentendo anche il colpo dei vari oggetti che portava con me e che in quella corsa sfrenata erano sbattuti a terra come portati da una bufera, divenne veramente furibonda.
In tal frangente che fare ? Gettarmi a terra era un espormi a certa morte, poichè la mula correva precipitosamente; rimanere in arcioni era lo stesso che voler essere precipitato sotto le ruote della macchina che non distava che pochi metri, o venire slanciato nel fiume.
Non v'era più speranza ! ma pur mantenendo la mente serena, e dirò quasi tranquilla, perchè una volta che ci siamo abbandonati nelle mani di Dio, non c'è di che temere, alzai uno sguardo al cielo e più col cuore che colle labbra dìssi a Maria Ausiliatrice : « O Maria, Madre mia, a te mi raccomando. Tuo sono e tuo voglio sempre essere ! Si compia la volontà di Dio ; se vuoi che torni a lavorare fra i poveri Jivaros, salvami; se vuoi che parta per l'eternità, aprimi il paradiso. »
Mentre rapidamente così mi raccomandava alla Madonna di D. Bosco, la mula dette due salti precipitosi sopra alcune pietre elevate e mi gettò bocconi a terra, però rimanendo impigliato con un piede nell'unica staffa, trascinata a viva forza dall'anìmale furibondo.
E qui mi attendeva il prodigio. Dopo d'essere stato trascinato in modo d'averne la faccia, la la barba e le mani insanguinate, sdruciti il pastrano e la talare, ed ammaccate le ginocchia e le altre parti del corpo, finalmente si distaccò la staffa nella quale stava ìmpiglìato il mio povero piede e rimasi libero a terra, ma quasi fuori de' sensi. I macchinisti del vapore ed i viaggiatori mi guardavano dai finestrini spaventati e tristi, credendomi morto o in fin di vita.... Ma dopo alcuni minuti rinvenni; m'alzai, ed aiutato dal caro jivaretto Antonio (che spaventato era diventato bianco come un cencio senza proferir parola) e da due signori Palmaregui, cercai i miei oggettì di qua e di là perduti, e la stessa mula, fuggita alcune quadre lontano.
Aggiustati alla meglio gli oggetti e la sella e ringraziata brevemente ma fervorosamente Maria Ausiliatrice, partii per la popolazione di Tigzàn dove arrivai a notte avanzata ed oscura.
Nella casa parrocchiale fui rìcevuto coll'usata cortesia dal degno signor Parroco Dr. Julio Iñegez, zelante Cooperatore Salesiano, e dalla sua pia famiglìa. Qui passai la notte tranquìllamente ; e la mattina , celebrata la S. Messa, continuai il mio viaggio per il grand'Azuay e la mia cara Cuenca.
Ora sono a Cuenca; donde aggìustate varie cose colle rispettive autorità, partirò pel simpatico e salesiano popolo del Sigsig, e di là prenderò le mosse pel Vicariato di Mendez e Gualaquiza, campo difficile ma sempre caro dei nostri sudori.
Veneratissimo Signor D. Rua, mi raccomando alle sue orazioni e mi benedica. E con me benedica pure quanti di comune accordo e carità, viviamo sepolti nelle foreste orientali, pel bene del popolo Jivaro.
Baciandole la mano, mi dico il suo Ubb.mo e aff.mo figlio in G. e M.
Don FRANCESCO MATTANA missionario salesiano.
Patagonia Settentrionale
Sulle sponde del Rio Negro. Angela e Rosina Rayil e le « fiere ».
Dei mille commoventi episodi, occorsi nelle Missioni della Patagonia, e tuttora ignorati dai nostri lettori, noi dovremmo registrare almeno i più importanti e caratteristici, perchè non avesse a perdersene la memoria; ma purtroppo lo spazio non ce lo permette così presto. Questa volta nondimeno, possiamo registrare questo delle fanciulle Angela e Rosina Rayil, presentemente raccolte dalle Suore di Maria Ausiliatrice in Viedma. Noi ne abbiam udito ripetutamente affermata l'autenticità, in questi ultimi giorni, da S. E. Rev.ma Mons. Cagliero.
Il Rio Negro, re dei fiumi della Patagonia, e centro delle missioni salesiane sparse in quelle regioni, riceve il tributo delle acque dal Neuquen, che nasce al nord presso il vulcano Danullo, e del fiume Limai, che ha la sua sorgente nel lago Nahuel Huapì al sud. Esso scorre da oriente ad occidente, e dopo un corso di 12o leghe sbocca nell'Atlantico. Nel suo lungo percorso spesse volte si allarga a dismisura formando piccole isole lussureggianti di verzura, ma altre volte si addentra fra burroni profondissimi, formando un passaggio stretto bensì, ma pericolosissimo.
Ad oriente del primo stretto, alla distanza di una lega da Viedma, s'incontra un'isola ricoperta di verdeggianti e frondosi salici all'ombra dei quali prende un poco di riposo il gaucho con la sua famiglia e il missionario ce' suoi cavalli stanchi ed affaticati. Alcune tende alzate da commercianti e le poche e misere capanne rompono alquanto la triste e lugubre monotonia di queste campagne solitarie.
Un uomo vestito alla foggia dei Gauci e una donna adornata come le indie s'incamminano verso l'oriente per arrivare alla spiaggia della Laguna del Toro. I due sferzano rabbiosamente i loro cavalli che divorano il cammino.... chi avesse fissato quelle facce chiuse e tetre, avrebbe detto che il rimorso di un delitto straziava fortemente quei misteriosi viaggiatori.
In questo momento due bambine, Angela, di dodici anni, e Rosina, di cinque, corrono spaventate e senza saper dove, ora pel terreno argilloso, ora celate dall'alta erba e dai fitti rami dei salici. Ambedue, tremanti, mandano al cielo voci di dolore. Angela ha una larga ferita sulla testa e una seconda sul petto dalla quale scorre abbondante il sangue. Rosina si sforza colle sue manine di chiudere la ferita del suo braccio sinistro, senza accorgersi che la sua nera capigliatura è tutta inzuppata di sangue.
Le meschinelle divorate dalla fame e dalla sete si sentono mancare. Raccolgono pochi frutti selvatici e si gettano carponi su di un fosso ove la pioggia dei giorni antecedenti ha lasciato un poco di acqua. Ed intanto la notte sopravviene e le povere bimbe, tremanti di paura, strettamente abbracciate l'una coll'altra, cercano un rifugio dietro un mucchio di erba selvaggia che nasce vigorosa in quel deserto.
Il silenzio di quella notte sinistramente oscura non era rotto che dalle grida degli uccelli notturni e dai singhiozzi e dai dolorosi gemiti di quelle creaturine dal respiro affannoso e concitato. Ma la spossatezza vinse il timore e gli angeli vennero a coprire colle loro ali il sonno innocente di quelle povere derelitte.
All'albeggiare si svegliarono, e nel timore di essere perseguitate, ricominciarono il loro triste camminare senza mèta fissa, insanguinando i loro piedi tra le spine del campo.
E anche quella tristissima giornata volgeva al tramonto e una notte più triste si avvicinava. Sfinite dalla fame e dalla sete si lasciarono cadere su di un po' di erba che trovarono in un fosso. Nessun essere vivente poteva ascoltare ormai i loro gemiti sempre più deboli; un deserto immenso le circondava ed in quel deserto dovevano aspettarsi una morte crudele; ma no... Iddio non poteva abbandonare due innocenti...
La notizia della loro fuga e del crudele attentato di cui erano state vittime si era sparsa rapidamente nella piccola colonia di Cubanea presso il primo stretto del Rio Negro. Il Commissario di Viedma con tre soldati si era messo in cammino ed era giunto presso i principali della Colonia. - Diamo la parola allo stesso Commissario
« Per un caso provvidenziale venimmo a conoscenza che due fanciulle erano state abbandonate in prossimità del primo stretto. Al principio non demmo credito a tale notizia, ma arrivati alla Casa di Commercio presso il « Sauce Bianco » (salice bianco), alla spiaggia del Rio Negro, ci fu raccontato il fatto con tali particolarità che era impossibile metterlo in dubbio.
» Secondo le indicazioni che potemmo raccogliere, i miserabili dopo d'aver sfogato tutta la collera di cui erano pieni i loro cuori perversi sulle povere creaturine, erano fuggiti verso la laguna del Barro.
» Immediatamente feci seguire quei tristi da un sergente ed una guardia di sicurezza, e nello stesso tempo io con un'altra guardia andai in cerca delle povere piccine.
» Incontrare due fanciulle sperse da due o tre giorni tra le spesse erbe del deserto non era cosa facile... E quante disgrazie le avevano già potuto incogliere. Forse morte di fame? forse divorate dalle fiere...? Questi pensieri mi torturavano l'anima. E tuttavia una forza misteriosa mi animava a continuare le mie ricerche in quella direzione in cui mi era messo.
» Avevamo già percorse tre leghe senza alcun risultato e omai ci vedevamo stanchi e disorientati, quando un uomo con nuove indicazioni venne a rianimare la nostra speranza. Poco ormai ci separava dalla laguna del Toro, ove dovevamo incontrare le misere fanciulle.
» E fu provvidenza ! All'avvicinarci ci parve di sentire qualche fruscio, qualche rumore... - Saranno due cani - disse uno di noi. - Ma se vi son dei cani, osservò un altro, si devono anche trovare delle persone pecchi i cani non si trovano soli a queste distanze.
» E in questo dire spronammo i cavalli. Ed ecco colla maggior sorpresa e con consolazione noi scorgiamo senz'altro le due povere bambine Angela e Rosina, che, al vederci di lontano, cercavano istintivamente nascondersi fra le erbe. Le misere si posero tosto a piangere ripetendo in lamento i nomi di Lorenza e Rufino.... Povere bambine ! Per vestito non avevano che un misero cencio intorno alla vita : pallide e stanche lasciavano trasparire dal volto quanto avevano sofferto. Angela, la maggiore, aveva varie ferite sul capo, e Rosina mostrava le piccole braccia tutte lacere e insanguinate per i colpi ricevuti.
» Quando ci fu dato di tranquillarle alquanto con carezze e buone parole, chiedemmo loro donde venissero.
- Di là, lontano, dalla nostra casa, rispose Angela. - E perchè?
- Perchè Rufino ci ha maltrattate e poi se n'è fuggito con Lorenza.
- E dove andate adesso? - Non lo sappiamo. - Avete fame?
- Oh, sì, molto fame ! - Volete venire con voi? - Sì.
» Le prendemmo allora in groppa ai nostri cavalli, e a galoppo ritornammo sui nostri passi. Poco lungi di là una buona signora si prese cura delle due bambine, diede loro da mangiare e le vestì con decenza. Ringraziata quella buona famiglia, riprendemmo il nostro cammino alla volta della Casa di Commercio ove passammo la notte, facendo voti per il buon risultato della cattura dei due sciagurati.
» Ed infatti noi li vedemmo nel mattino del giorno seguente accompagnati dalle guardie. Al sentire nominare Lorenza e Rufino le due innocenti fanciulle tremarono dallo spavento e cogli occhi smarriti cercavano di nascondersi o di salvarsi colla fuga....
- Non vogliamo andare con loro; Rufino ci batterà.
-Venite con me, dissi loro con bontà, Rufino non potrà più farvi del male.
» A stento potei tranquillizzarle e insieme con me farle venire innanzi ai prigionieri, ove le interrogai
- Chi fu che vi ha maltrattate? Fu Rufino? - Sì, signore.
- Non fu costui, fui io, replicò la donna. - E voi chi siete?
- Sono Lorenza, la loro madre.
- E quest'uomo è vostro marito?
- Nossignore, mio marito è morto....
- E perchè mai avete maltrattato e ferito così bestialmente queste povere creaturine e poi le avete abbandonate così vigliaccamente?
- Perchè era stanca di esse....
- Cosicché voi tentaste di ucciderle?
- Nossignore; ma preferiva che morissero abbandonate...
- Voi non siete una madre, ma una tigre !
Dopo questo interrogatorio sommario consegnammo nelle mani dell'autorità superiore i due disgraziati e combinammo di condurre Angela e Rosina a Viedma, ad una distanza di 20 leghe. Fortuna volle che trovassimo una delle piccole imbarcagioni che rimontano il Rio Negro. Furono sufficienti poche parole per intendermi col Comandante e consegnare nelle sue mani le disgraziate bambine.
» Sul punto di separarsi queste si gettarono a terra ad abbracciarmi le ginocchia, piangendo -.Non vogliamo partire, dicevano, vogliamo restare con lef..
- Siate buone, bambine, dissi loro, andate con questo signore che vi ama molto. Io vado a condurre Lorenza e Rufino molto lontano di qui, perchè non vi abbiano più a farvi del male.
» Si rassegnarono, montarono a bordo e con ottime disposizioni arrivarono a Viedma. »
Nel novembre del 19oo le due fanciulle indie furono ricevute nella Casa centrale della Missione di Viedma e confidate alle cure materne delle Suore di Maria Ausiliatrice.
Tutte due erano in uno stato compassionevole, coperte di lividure e di ferite, parte cicatrizzate, parte ancora aperte. Il loro volto era pallido, triste e spaventato. Tremavano ad ogni istante e le stesse carezze delle Suore le mettevano in soprassalto come se dovessero allora allora scaricarsi su di loro dei colpi senza misericordia. Ma passato un mese, grazie alle delicate attenzioni ed alle ripetute prove di sincero affetto, finirono per comprendere che al mondo v'erano ancora delle persone che le amavano e che non pensavano di ucciderle, e appresero che cos'è la carità cristiana.
Alcune loro compagne, che intendevano l'idioma indio, riuscirono a persuaderle che le Suore meritavano tutto il loro affetto e che avrebbero fatto loro da madri, e le due indiette presero ad amare teneramente le suore e a considerare le loro compagne come altrettante sorelle.
Ma non potevano sentire il nome di Lorenza e di Rufino senza impallidire : questi nomi risvegliavano in loro terrore e spavento. Per molto tempo portarono i segni della crudeltà di quei due mostri in forma umana, di quei due tristi selvaggi, vere tigri del deserto.
Adesso che il Sacramento della rigenerazione è venuto a rivestire le loro anime di grazia soprannaturale, ora che l'istruzione e l'educazione son venute a riformare i loro cuori, come è delizioso vederle avanzarsi nell'amore dello studio, del lavoro e della virtù ! Non sono più due figlie selvagge, ma due fanciulle di Dio, ove la grazia ha trionfato, due anime destinate per il cielo.
Ornai hanno appreso non solo ad amare, ma anche a perdonare e non tremano più quando odono i nomi di Lorenza e di Rufino; ma piangono di compassione al pensare ai due carnefici e domandano al Signore che li converta e li salvi. È una vera soddisfazione vederle così intelligenti, allegre, pulite, affettuose, piene di candore e d'innocenza. Tutti le amano ed esse anche amano tutte le loro maestre e compagne.
Angela aspettò con impazienza il giorno più bello della sua vita. Studiava il catechismo e teneva in serbo da lungo tempo un vestitino bianco e una medaglia con un nastro celeste simbolo dell'innocenza, della pietà, della grazia di Dio che trionfò in Lei: ella ha già provato le gioie ineffabili della prima Comunione.
Rosina, piange ed invidia la sorella maggiore ; ma si consola al, pensare che anche per lei si avvicina quel giorno fortunato... Oh, senza dubbio, il buon Gesù prendendo possesso di quei teneri cuori, li santificherà, li colmerà di grazie; e alle loro preghiere ricolmerà di grazie anche i loro benefattori.
In fascio.
PATAGONIA SETTENTRIONALE. - Nella prima metà di gennaio faceva ritorno a Patagones il Missionario D. Giovanni Franchini, dopo un'apostolica escursione di 2,525 chilometri (corrispondenti a 505 leghe locali). Visitò le popolazioni di S. Antonio Est e Ovest, Sierra Grande, Puerto Lobos, Arroyo Verde, Arroyo de los Berros, Sierra Payleman, Balcheta, Corral Chico, Lenzaniyú, Quetrequile, Manquincheo ó Epu-Lauquen, Trainguifleo, Yaminhue, Arroyo Salado; e ritornando per Balcheta, S. Antonio e La Matilde. Fu una missione faticosissima, durante la quale si poterono tuttavia dispensare più di duecento comunioni, benedire oltre trenta matrimoni e amministrare 225 battesimi, dei quali 25 ad infedeli adulti, tra cui una donna di 65 anni.
PATAGONIA CENTRALE. -Al Chubut, ove quest'anno si è cominciato a dare un particolare sviluppo a quella missione, il I° gennaio, per opera del Missionario Don B. Vacchina è sorto un caro periodichino, intitolato la Croce del Sud. « Non s'impegnerà, in dispute, se non per una legittima ed onesta difesa; non si occuperà di affari privati; procurerà di far del bene a misura delle sue forze e come ispirerà il Signore ». Tale è il programma de la Cruz del Sur, cuì auguriamo di raccogliere quel bene per cui è stata fondata.
Anche quest'anno saranno concessi speciali ribassi ferroviari pei pellegrinaggi al Santuario di Maria SS. Ausiliatrice nei giorni 23=24 maggio. - Ne parleremo dettagliatamente nel prossimo numero.
Noí siamo persuasi, che nelle vicende dolorose dei tempi che corrono non ci restano altri conforti che quelli del cielo, e tra questi l'intercessione potente di quella benedetta che fu in ogni tempo l'Aiuto dei Cristiani. PIO PP. X.
IV. Il Santuario.(*)
ACCADE assai spesso a chi prende a narrare la storia di qualche santuario, di dover deplorare che gli antichi cronisti sieno stati troppo avari di memorie : e molti si contentano di rilevare che la stessa oscurità involgente le origini dì un santuario è pur una prova di veneranda antichità. Per quello di Maria Ausiliatrice, eretto da D. Giovanni Bosco in Torino, accanto la Casa principale della sua Pia Società, accade precisamente ìl contrarìo. Sorto ieri, è già celebre fra i celeberrimì, e possiede una storia meravigliosa, che a taluno potrebbe sembrare quasi incredibile. Ma ecco i fatti. Migliaia e migliaia di persone ne sono tuttora testimonì.
« Quando si trattò di cominciare i lavori, scrive D. Bosco, io non aveva un soldo da spendere per questo bisogno (1) >.
« Gli scavi erano cominciati (2) e si avvicinava il giorno di quindicina quando appunto si dovevario pagare gli zappatori, e non si aveva denaro di sorta. Un fortunato avvenimento aprì la via inaspettata alla beneficenza, beneficenza che non venne più meno fino al termine dell'edifizio. A motivo del sacro ministero fui chiamato al letto di persona gravemente inferma. Giaceva immobile da tre mesi, travagliata da tosse e febbre con grave sfinimento di stomaco.
« - Se mai, ella prese a dire, potessi riacquistare un poco di sanità, sarei disposta a fare qualunque preghiera, qualunque sacrifizio; sarebbe per me un gran favore se potessi anche solo alzarmi di letto, e fare qualche passo in questue, camera.
« - Che cosa intenderebbe di fare ? « - Quanto mi dice.
« - Faccìa una novena a Maria Ausiliatrice.
« - Che cosa dire ?
« - Per nove giorni recìti tre Pater, Ave e Gloria al SS. Sacramento, con tre Salve Regina alla Beata Vergine.
« - Questo lo farò ; e quale opera di carità?
« - Se giudica bene e se otterrrà un vero miglioramento alla sua sanità, farà qualche offerta per la Chiesa di Maria Ausiliatrice, che si sta cominciando in Valdocco (1).
« - Sì, sì, ben volentieri. Se nel corso di questa novena io otterrò solamente di potermi alzare di letto e fare alcuni passì per questa camera, farò un'offerta per la chiesa di cui mi parla, ad onore della Santa Vergine Maria.
« Si incominciò la novena ed eravamo già all'ultimo giorno; io doveva dare in quella sera non meno di mille franchi ai terrazzieri. Vado pertanto a visitare la nostra ammalata, nella cui guarigione erano tutte le mie rìsorse, e non senza ansietà ed agitazione suono il campanello dell'abitazìone dì leì. La fantesca mi apre e con gioia mi annunzia che la sua padrona era perfettamente guarita, aveva già fatte due passeggiate ed era già andata in chiesa per ringraziare il Signore.
« Mentre la fantesca raccontava in fretta quelle cose - è sempre D. Bosco che scrive - si avanza giubilante la stessa padrona dicendo
« - Io sono guarita, sono già andata a ringraziare la Madonna Santissima; venga, ecco il pacco che le ho preparato : è questa la prima offerta, ma non sarà certamente l'ultima.
« Prendo il pacco, vado a casa, lo verifico, e ci trovo cinquanta napoleoni d'oro, che formavano appunto i mille franchi di cui abbisognava.
« Questo fatto, primo di questo genere, io tenni gelosamente celato; nulladimeno si dilatò come scintilla elettrica. Altri e poì altri si raccomandarono a Maria Ausiliatrice facendo la novena a Maria Ausiliatrice e promettendo qualche oblazione se ottenevano la grazia implorata....
« Torino, Genova, Bologna, Napoli, ma più di ogni altra città, Milano, Firenze, Roma, avendo in modo speciale provata la benefica influenza della Madre delle grazie, invocata sotto il nome di Aiuto dei cristiani, dimostrarono eziandio la loro gratitudine colle oblazioni. Anche i più remoti paesi come Palermo, Vienna, Parigi, Londra, e Berlino rìcorsero colla solita preghiera e colla solita promessa a Maria Ausisiliatrice. Non mi consta che alcuno sia ricorso invano. Un favore spirituale o temporale, più o meno segnalato, fu sempre il frutto della dimanda e del ricorso fatto alla pietosa Madre, al potente Aiuto dei cristiani. Ricorsero, ottennero il celeste favore, fecero la loro offerta senza esserne in alcun modo richiesti (1). ».
La pietra fondamentale del Santuario fu benedetta il 27 aprile 1865 da Monsignor Antonio Odone, Vescovo di Susa, vacando la sede arcivescovile per la morte di Monsignor Luigi dei Marchesi Fransoni. S. A. R. il principe Amedeo di Savoia, Duca d'Aosta, vi gettò la prima calce.
I lavori proseguirono con la massima celerità. Nel corso del 1865 la fabbrica fu condotta fino al tetto e coperta. Fu compiuta anche la volta, ad eccezione della cupola. Questa sorse nei 1866 e fu tosto rivestita di rame stagnato. Nel 1867 si collocò all'alto della cupola la statua della Madonna in rame battuto, alta circa quattro metri ; e si compì ogni altro lavoro esterno. L'interno fu ultimato nei primi cinque mesi del 1868, in cui, il 9 giugno, con uno splendore di feste, piuttosto unico che raro, come in appresso diremo, il prodigioso Santuario fu dall'Arcivescovo di Torino, Mons. Alessandro Ottaviano dei Conti Riccardi di Netro, aperto al divin culto.
(Continua).
(*) Vedi Bollettino di marzo.
(1) Bosco, Maria Ausiliatrice, ecc. pag. 65.
(2) Bosco. Maria Ausiliatrice. ecc. pag. 66 e segg.
(1) Dichiariamo che a questo, come ad ogni altro fatto prodigioso, registrato in queste colonne, non intendiamo di attribuire altra fede che si meritano veridiche testimonianze umane, senza punto prevenire il giudizio della Chiesa: e ciò in omaggio ai decreti di papa Urbano VIII e di altri Sommi Pontefici.
(1) Vedasi l'operetta citata. - D. Bosco, richiesto come si dovesse ricorrere a Maria SS. Ausiliatrice per implorarne qualche favore, rispondeva sempre di fare una novena recitando tre Pater, Ave e Gloria al SS. Sacramento con la giaculatoria Sia lodato e ringraziato ogni momento il santissimo e divinissimo Sacramento e tre Salve Regina con l'invocazione « Maria Auxilium Christianorum, ora pro nobis » o Maria Ausiliatrice, pregate per noi; ed aggiungeva le condizioni di accostarsi, potendo, ai SS. Sacramenti nel corso o alla fine della novena, e di promettere, o meglio ancora di premettere, un'offerta proporzionata alla possibilità individuale, a vantaggio del Santuario di Maria Ausiliatrice o delle Opere Salesiane. Invece della giaculatoria al SS. Sacramento, negli ultimi anni D. Bosco soleva pur raccomandare quella che recitandosi ornai tre volte alla fine della S. Messa è destinata a diventare anch'essa assai popolare, cioè « Cor Jesu Sacratissimum, miserere nobis » Cuore Sacratissimo di Gesù, abbiate pietà di noi.
Dalla Giamaica.
Alcun tempo fa era in procinto di partire per una delle nostre missioni distante 28 chilometri, quando alla fine della discesa d'una discreta collina, proprio nello svoltare per la strada piana, i miei cavalli, come d'un salto, cercano d'entrare in un pascolo, il cui cancello era casualmente rimasto aperto. Il timone della vettura si rompe in due, e un pezzo si spinse così violentemente contro uno dei cavalli che mi vidi perduto! Domare d'un tratto le loro furie pareva impossibile; ma grazìe all'invocazione fervida ch'io ed il mio negretto cocchiere in quel frangente innalzammo ex imo corde a Maria Ausiliatrice riuscii a balzare incolume dal veicolo, ammansai i cavalli e resi sentite grazie alla taumaturga Regina del Cielo. Ho narrato succintamente il fatto, ma posso assicurare che corsi un rischio mortale, da cui mi credo incolume solo per grazia di Maria Ausilìatrice.
Reading, Moltego Bay, 1 gennaio 1905.
Sac. FEDERICO BARNI, Salesiano. Ricorrete a Maria Ausiliatrice.
Il 6 gennaio, dopo qualche giorno di malferma salute una mia parente, madre a cinque figliuoli, doveva restare a letto, colta, come pareva, da un po' d'influenza: ma dopo pochi giorni due valenti medìcì constatarono trattarsi di più malattie insieme e che il caso era grave. Infatti le cose andavano peggiorando, e ci si disse trattarsi anche di tubercolosi ! Si può immaginare in quale angoscia si trovassero il marito, i bimbi e la numerosa parentela. La mattina del 29, da persona bene informata dell'andamento della malattia mi fu detto, che non v'era più speranza di sorta. Mi venne allora l'inspirazione di raccomandare l'inferma all'Ausilìatrice dei Cristiani ; ma pensai fra me: Si tratta di tubercolosi; non guarirà senza un vero miracolo. Ma ecco affacciarmisi in mente tantì favori registrati nel Bollettino Salesiano per intercessione di Maria Ausiliatrice, e raddoppiando la mia fiducìa in colei che è dispensatrice di ogni grazia, feci una preghiera implorando la guarigione della malata colla promessa di pubblicare la grazia. Il dì appresso l'ammalata stava meglio ed in pochi giorni migliorò da far stupire, insieme coi medici, quanti erano informati della grave malattia. Ora, e non è più d'una ventina di giorni che si temeva di perderla da un momento all'altro, essa è fuori di ogni malattia ed ha ripreso le sue faccende di casa. Lieto di sciogliere la mia promessa unisco una piccola offerta per le opere di Don Bosco. Pratomorone di Tigliole d'Asti, 26 febbraio 19o5.
GAY GIUSEPPE, Cooperatore Salesiano. Salvi tutti e due.
Due dei nostrì alunni, Foti Ludovico e LiBianchi, durante le feste di Natale furono colpiti d'influenza. Dapprincipio questa sembrava nulla, ma poi degenerò in polmonite infettiva che minacciava di mandarli all'altro mondo in poco tempo. Si ricorse con voto a Maria Ausiliatrice e si mise al letto degli infermi una sua immagine. Intanto vennero i parenti, e ognuno può immaginare il loro e il nostro dolore. Ma la Madonna di D. Bosco è una buona madre, e sebbene noi li tenessimo perduti, uno specialmente che il 28 dicembre aveva dovuto mettersi in viaggio e fare 4 ore di treno e 2 di carrozza in quello stato, pure la Madonna li ha voluti salvi tutti e due ! Sia Essa benedetta ora e sempre.
Messina, marzo 1905.
Sac. GUSMANO SALVATORE.
Lombriasco. - Colpito da forte occlusione intestinale, e sottoposto ad un consulto sentii che non v'era più rimedio alcuno. Rassegnato alla divina volontà, incominciai coi miei compagni una novena a Maria SS. Ausiliatrice. Non era ancora trascorso il primo giorno della novena, che un leggero miglioramento mi accertò che la SS. Vergine esaudiva le nostre preghiere. Infatti al finir della novena il medico mi dichiarò fuori di pericolo, e, continuata la cura, in due mesi ho potuto riacquistare interamente la primiera salute.
Marzo 19o5.
MONONI POMPEO.
Campione (Brescia). - Il signor Giuseppe Re, colto quasi improvvisamente da fiera e dolorosa malattia (pleuro-polmonite con emorragia), si trovò in breve ridotto agli estremi. Perduta quasi ogni speranza nei mezzi umani, la sua signora consorte si rivolse con piena fiducia a Maria SS. Ausiliatrice. Mise una medaglia al collo dell'infermo ed incominciò una novena di preghiere con promessa di far celebrare un triduo di benedizioni col SS. Sacramento all'altare di Maria SS. Ausiliatrice e di pubblicare la grazia nel Rollettino. Bontà di Maria! Nel termine della novena ogni pericolo era scomparso. Grati di tanto favore, i sigg. Re compiono per mio mezzo le loro promesse.
Febbraio 19o5,
ENRICHETTA VERGANO Direttrice del Convitto Operaie.
Sansalvà presso Santena. - Sul finir di novembre del 1903 fui assalita da bronchite; credendo fosse cosa da poco, continuai a disimpegnare il mio ufficio ; ma il male sensibilmente cresceva, finchè il 1 gennaio 1904 fui costretta a mettermi a letto.
La malattia fu specificata dal dottor curante per tracheo-bronchite grave con catarro intestinale ; a questa aggiungansi gravi disturbi al cuore e si capirà l'estrema mia debolezza, la quale rendeva inefficaci e quasi nocivi gli stessi rimedi che mi si apprestavano.
Era intanto più di un mese che la malattia progrediva ognor più, quando mi venne la cara ispirazione di dar principio ad una novena a Maria SS. Ausiliatrice, promettendo, previa licenza della veneratissima mia Superiora generale, di recarmi poi tre giorni consecutivi al suo Santuario di Torino ad udire la Messa e fare la santa Comunione in rendimento di grazie. Tutte d'accordo, le buone mie consorelle l'incominciarono con me, e per me fecero pregare anche i bimbi dell'Asilo di Cigliano Vercellese, dove allora mi trovavo. Finita la novena, ne intraprendemmo un'altra, e durante questa il male cominciò a diminuire, finchè io fui interamente guarita. Possa la mia riconoscenza animar qualcuno a ricorrere con maggior fiducia all'aiuto potente dei Cristiani.
24 febbraio 19o5.
Suor MARIA MASSIMINA Religiosa di Sant'Anna.
Cagliari. - L'anno scorso rimandai una tenue offerta a cotesto Santuario per la celebrazione di sante Messe in ringraziamento a Maria SS. Ausiliatrice e per ottenere ancora delle grazie. Ed ecco che già ne ebbi e spirituali e temporali : oggi son sacerdote si può dire per sua intercessione. Pieno di riconoscenza, prometto d'amarla e farla amare anche dagli altri.
Dal Seminario, 14 febbraio 19o5.
Sac. DANIELE DEPLANO.
Milano. - La mattina del 10 luglio caddi malamente lungo le scale. Nel pericolo, invocai con fiducia Maria SS. Ausiliatrice , e non mi feci alcun male. Un'altra volta mi toccò la stessa disgrazia, anzi la caduta fu molto più pericolosa della precedente : precipitai per 6 gradini e andai a battere la testa nell'angolo della scala. Ebbene anche questa volta la bontà di Maria SS. Ausiliatrice mi volle salva da conseguenze fatali. Sia Essa benedetta per sempre.
16 gennaio 1905.
GIUSSANI CATTERINA.
Cagliari. - Trovandomi in istrettezze di mezzi e senza risorse onde sostentare i miei figli, col cuore oppresso dal dolore ma pure speranzoso, mi rivolsi alla Vergine Ausiliatrice che in qualche modo mi togliesse da quelle dolorose condizioni. Questa Vergine cara, che nessuno abbandona e tutti esaudisce, esaudì pur anche la mia preghiera e mi fece ottenere un posto del quale godo tuttora. Riconoscente a questa Madre di misericordia invio secondo la fatta promessa una piccola offerta per gli orfanelli di D. Bosco.
16 gennaio 1905.
EFIsiA ANGIUS ved. PETTINAN.
Montecchio Maggiore (Vicenza). - Graziosa Frealdo di Brendola Vicentina nel maggio 1903 si trovava in gravissime condizioni finanziarie. Elemosinando s'imbattè in una buona persona (che ora non è più), la quale confortandola la consigliò a porre il suo affare nelle mani di Maria Ausiliatrice. La buona donna si confortò pose davvero la sua fiducia in sì buona Madre, promettendo se veniva esaudita di pubblicare la grazia. Entro' poco tempo, contro ogni previsione, aiutata in ciò anche dalla sullodata persona potè dare buon avviamento ai suoi affari. Ed ora contenta e riconoscente manda le promesse cinque lire pregando che la grazia venga pubblicata per l'onore di Maria SS. Ausiliatrice e a conforto dei poveri tribolati.
19 gennaio 1905.
BALESTRO LUISA.
Ottennero pure grazie da Maria SS. Ausiliatrice, e alcuni pieni di riconoscenza inviarono offerte al Santuario di Valdocco per la celebrazione di S. Messe di ringraziamento, o per le Missioni Salesiane, o per le altre Opere di Don Bosco, i seguenti:
A*) - Acireale: Maria Nicolosi Nicolosi 5 - Acqui: Ernesta Gremma Chiarabelli 5 - Agliè (To rino) : Pietro Tosello 1 - Aibicella Val d'Aveto (Chiavari) : Mariani Emilio fu Michele 5. - Alviano (Perugia) : L. Pini 5.
B) - Barano d'Ischia: M. G. D. V. 2. - Barsesto di Schilpario: Morandi Rosina. - Birchiycara (Malta): Altard Agius ved. Angela 5 - Bisceglie; Teol. Mauro Silvestri 5o - Bologna; La signora L. Moruzzi e sorella 5 ed un paio d'orecchini d'oro. - Boltiere (Bergamo) : Ornarini Catterina 1 - Borghetto di Borbera: Galanti Emilia 2.
C) - Carmagnola: A. C. 5 - id.: A. L. - id.: Borzia Paola 5. - Caronno Milanese: G. B. 5 riconoscente per una grazia concessa al suo figliuolo, dopo lunghe preghiere. -- Carrìs (Cuneo): C. M. 5. - Casalborgone: Carmagnola Maria 5. - Castelnuovo d'Asti: Savio Rosa. - Castiglione Sicilia: Riccioli Mariannina 5. - Cellarengo (Asti) : Lamfranco Battista. - Celiino Attanasio (Teramo) : Rosino d'Innocenzo 3 - Cerrina: Mione Maria ved. Caramellino 15. - Cervere di Grinzano : Costantino Maria nata Giaccone. - Champorcher (Aosta) Gouter Ages 2 - Chieri; Fasano Teresa. - Chos Malal (Patagonia): Serafino. M. Sambernardo. - Ciserano (Treviglio): Rota Maria 10.- Cleto (Cosenza): Provenzano Alfonso. - Cogorno (Genova) : Chiappa Giuseppe 7. - Calmar (Alsazia): C. Scoffit 25. - Cortina: Lacedelli Veneranda 15.
D) - Dipignano (Cosenza): Valentini Salvatore 15. - Dolceacqua (Portomaurizio) : Maria F. Orrigo 10. - Domodossola: Virginia Forlo in Chiarlo 5.
F) - Foggia: Nardello Antonio 5.
G) - Genova: Avanzino Teresa 5. - Gozzano (Novara): Galleazzi Carlo 5.
I) - Iragna (Svizzera): Tartini Daria.
L) - Legnago: N. N. 2. - Levane Canavese: Alice Rosa n. Massa 5. - Levantino (Canton Ticino): G. Pietro Stefani 20. - Lodi (Milano): Grossi Giulio 2. - London N. E.; Sac. Domañski Gregorio.
M) - Medole (Mantova): Botturi Catterina 2 - Milano: S. C. L. di G. 5. - Mombarone d'Asti: Conti Maria 2 - Mombaruzzo: Gaggino D. Giovanni Battista, arciprete 5. - Mondovì : Prinetti Enrichetta 10. - Montanaro Canavese: Riva Berta Elisabetta. - Monticelli d'Alba: Tortora Giacomo Antonio. - Montiglio: Vogliasco Alessandrina. - Mortara (Pavia) : Cotta Ramusino Vittorio 10.
N) - Narcao (Cagliari) : Angelina Atzeni 5. - id.; Margherita Lobina nata Atzeni 5. - Negrar: Mischia Melania. - Novara: Ricotti Susanna di S. Maria Maggiore 5. - Novaretto (Susa): Il sacerdote Pagliarello Beniamino, parroco, e fratello, per essere stati liberati da lunga malattia. - Noli: Antognotti Maria 2.
O) - Oppido Mamertino (Reggio Calabria) : Sacerdote Pasquale Carrozza 10..
P) - Padova: Marianna Franovich Vianello 5. Pentecarole: Bettino Turri 10. Pertusio Canavese (Valperga) : Baudino Antonia. - Pesaro : Anna Sassi 1,50. - Pieve Albignola: Emma N. 5. - Pinerolo: Luigia Maletti ved. Oggero 12. - Piobesi Torinese: Gariglio Francesco. - Poirino: C. T.
R) - Resana in Bianza: Bonacina Maria io. - Rivergaro (Piacenza) : D. Pietro Veneziani io. - Roma: Rociano Tommaso 4. - Rosignano Alonferrato: Ruschena Angiolina 2.
S) - S. Salvatore: Panelli Ernesto io. - S. Stefano di Zimella (Verona) : Paosca Evelina 5. - Scalenghe: Molinero Teresa. - Sesto al Re; hena (Udine): Le sorelle Pia e Maria Brusadini 30, riconoscenti per aver veduto morire rassegnato e con tutti i conforti religiosi il fratello Luigi, chimicofarmacista. - Silavengo (Novara) : Iorioz Grato e consorte Serena nata Quaregna 6,50. - Siracusa: Elena Formosa di Concetto 3.
T) - Tonco M:inferrato (Alessandria) : Ansaldi Maddalena ved. Lavagno 5. - Torino: Gavione Maria 5. - id.: Aurelia Barberis. - id.: Sebastiano Uccello. - id.: Il sac. Domenico Ponte, dell'Oratorio Salesiano, per varie grazie speciali, ottenute soprattutto questo e l'altr'anno. - id.: Rossato Domenica. -- id.: Alciati Maria. - Trinità: Audisio Margherita 2.
U) - Udine: La divota E. M.
V) - Valtournanche: Bich D. Damiano, per grazie ricevute da varii cooperatori 28,75. - Va-azze: Ghigliotti Giacinta. - Vayes (Susa): Sada Graziano. - Venasca: Madala Emilia, maestra 2. - Venezia: D. Giacomo Rosada per sè e sorella Maria 15 ; per altra persona devota 15. - Vig-one: Rosa Cantone ved. Panardi. - Villanova d'Asti: Fasano Luigi. - Vittorio (Treviso): Armellini Fosca sca 5. - Voghera (Pavia) : Rossi Maria.
X) - Margherita Calzone di F. - Rolando Domenica. - T. C. 8.
A comodità dei Cooperatori e delle Cooperatrici torinesi, pubblichiamo l'orario delle sacre funzioni di Aprile del Santuario di Valdocco
7. Primo Venerdì del mese: - Ore 6, Esposizione del SS. Sacramento, Messa della comunione, benedizione. - Ore 17 e 19, Via Crucis e benedizione.
16. Domenica delle Palme: - Ore 9,30, Benedizione delle palme, Messa solenne.
19. Mercoledì Santo: - Ore 17, Canto dei divini uffizi.
20. Giovedì Sento: - Ore 6,30 Messa solenne. - 14, Via Crucis. - 17, Canto dei divini uffizi. -I9, Lavanda dei piedi.
21. Venerdì Santo:- Ore 6,30, Funzione secondo il rito. - 17, Canto dei divini uffizi. - 19, Via Crucis.
22. Sabato Santo: - Ore 6,30, Funzione secondo il rito. - Messa solenne. - 19, 15, Rosario e benedizione.
23. PASQUA DI RISURREZIONE ed Apertura solenne del Mese di Maria SS. Ausiliatrice: - Ore 6 e 7,30, Messa della comunione generale. - Ore 9,30, Messa solenne. - Ore 16, Vespro, discorso, benedizione solenne.
24. Commemorazione mensile di Maria SS. Ausiliatrice: - Speciali Funzioni alle ore 5,30 e 7,30 ed alle ore 19.
Da Sierck. - „L'Italiano in America"
CI scrivono da Sierck (Lorena): « Ci occupiamo alacremente nelle missioni ai nostri compatrioti Italiani, che in gran numero sono sparsi nella regione di Diedenhofen e segnatamente nei paesi di Ucckingen, Flòrchirgen, Beauregard, Terville, Gendringen, Gross-Hettingen, Metzerwiese, Diesdorf ed altri ; in complesso cinque o sei mila Italiani sparsi nella sola regione di Diedenhofen, e quasi tutti poveri braccianti che lavorano per guadagnare il pane alle famiglie lasciate in Italia. D'intere famiglie italiane qui se ne trovano poche. Questi emigrati in generale si riuniscono in gruppi di 10, 20, 30 ed anche 40 in una casa sola e fanno cucina da sè per turno... Col pretesto che non capiscono quel che il sacerdote dice, non vanno in chiesa, e trascurano facilmente le pratiche religiose. Si aggiunga che molti sono costretti a lavorare anche di festa, e che la cattiva stampa fa strage.
« D. Valetto visita ogni settimana ora un villaggio, ora un altro. Non può dire di aver riportato frutti copiosi, ma è contento che invitati non mancano di recarsi in buon numero ad ascoltare la messa e la predica; come anche non ricusano di accostarsi ai SS. Sacramenti in certe feste solenni.
« Ci occorrerebbero altri mezzi per rendere più fruttuosa la nostra missione; e si spera di averli. Intanto, e non è poco, paiono già ben avviate le trattative per la fondazione di un segretariato del popolo, che sarà una vera provvidenza per questi emigrati. »
Applaudendo all'iniziativa dei nostri confratelli di Sierck ci auguriamo di vederne largamente imitato l'esempio. Il Segretariato è uno dei mezzi più pronti per giovare direttamente agli emigrati; e noi ci lusinghiamo che all'augurio terrà dietro l'azione.
New York, L'Italiano in America segue con vivo interesse la campagna sollevatasi contro l'immigrazione negli Stati Uniti. La sua voce, alta e decorosa, non può non tornare di pratica utilità a molti degli stessi immigrati.
Rileviamo pure con vera soddisfazione la brillante campagna che esso stesso ha intrapresa per tutelare la fede di molti nostri connazionali, vergognosamente insidiata da alcuni disgraziati. Che nessuno dei nostri cari italiani si lasci cogliere dalle peggiore delle sventure ; ma tutti, anche con la vivezza della fede e l'adempimento dei doveri di religione, tengano sempre alto l'onore della patria.
A Valdocco.
La Festa di S. Giuseppe, compatrono dell'Oratorio di S. Francesco di Sales e di tutta la Società Salesiana, quest'anno, per due motivi, riuscì fervorosa e solenne. I nostri bravi artigianelli, grati alla carità di questo Santo, che nel primo giorno del suo mese schiudeva loro le porte dei nuovi, ampi e grandiosi dormitori, nei piani superiori della nuova fabbrica sorta coll'obolo della carità a sinistra del Santuario di Maria Ausiliatrice, fecero veramente a gara, per moltiplicare le S. Comunioni e le visite divote all'altare di S. Giuseppe, dal 17 febbraio al 18 marzo ; cosichè la solennità del 19 riuscì naturalmente spontanea, affettuosa e commovente. E questo noi crediamo che sia il più bel ringraziamento, a quanti, pur non sapendolo, hanno cooperato all'erezione di questo nuovo edifizio, da tanto tempo sospirato all'Oratorio.
Il secondo motivo, che rese più bella la nostra festa di S. Giuseppe, fu il compiersi dell' anno XXV dell'ordinazione sacerdotale del Direttore D. Secondo Giuseppe Marchisio, che si volle affettuosamente celebrato il 19 marzo, con funzioni più solenni nel Santuario di Maria Ausiliatrice, ove disse il panegirico di S. Giuseppe il Teol. D. Eusebio Vismara, e con una breve ma solenne e cordiale accademia, alla quale presero parte, insieme ai nostri giovanetti, alcune illustri e benemerite persone.
In Italia.
BOLOGNA. - Pel Tempio votivo al S. Cuore di Gesù, fuori Porta Galliera.- L'Em.mo sig. Card. Domenico Svampa, nel mese p. p. indirizzava ai suoi dilettissimi diocesani una nobilissima lettera, piena di calore e di paterna fiducia, in merito al compimento del novello tempio che sarà dedicato al Sacro Cuore di Gesù, fuori di Porta Galliera.
« L'impresa, scrive l'Em.mo Porporato, è stata certamente ardita, ma non tale da sgomentare il coraggio mio e de' miei dilettissimi figli. Si cominciò ben presto con grande ardore, ed, anno per anno, si proseguì sempre con un progresso clic poteva essere effettivamente più alacre, ma che corrispose esattamente ai mezzi di cui mi fu dato disporre.
Ora son lieto di dire a voi, o amatissimi diocesani: Coraggio ! non ci arrestiamo a mezza via ; avvaloriamo concordemente i nostri sforzi ; ancora qualche altro sacrifizio, ed avremo tra breve tempo la consolazione di vedere il compimento dell'opera nostra.
» La costruzione della cripta, dell'abside e di gran parte delle mura del tempio è già condotta a termine: ed il maestoso edifizio nell'eleganza delle linee architettoniche e nella bellezza degli archi, delle bifore e della cornice di coronamento è già fatto segno dell'applauso degl'intelligenti e dell'ammirazione di tutti. »
Dopo di aver accennato ed invocati i mezzi con cui condurre a termine la magnanima impresa, Sua Eminenza conchiude con questo splendido voto:
« Ho notato, con grande soddisfazione, che non pochi devoti hanno colto volontieri alcune circostanze speciali della vita per fare omaggio delle loro oblazioni al Cuore Sacratissimo di Gesù Cristo. Vi sono stati de' pii genitori che hanno onorato in questa guisa la cara festa della Cresima o della prima Comunione de' loro figliuoli. Vi sono stati de' coniugi cristiani che hanno fatto altrettanto, sia nel dì della celebrazione del matrimonio, sia nella ricorrenza del venticinquesimo o del cinquantesimo delle loro nozze. Così pure non son mancati de' sacerdoti che nella stessa guisa han voluto distinguere o il giorno della messa novella, o l'inaugurazione della vita di parroco, o la festiva ricorrenza del giubileo sacerdotale. Altri finalmente nella dolorosa perdita de' congiunti o amici, anziché offrire ghirlande sterili di fiori, hanno preferito di mandare una pia elargizione per la chiesa erigenda in suffragio degli amati defunti. Io propongo questa pratica vivissima alla edificazione di tutti, e faccio voti che molti e molti seguano il bello esempio! ... »
FIRENZE. - Il Santuario della Sacra Famiglia. - I lavori di questa chiesa monumentale in via Aretina tanto desiderata dal nostro venerato Fondatore D. Bosco e dall'Em.mo Card. Bausa di s. c. m., ripresi nel giugno dell'anno scorso e proseguiti finora senza interruzione, sebbene lentamente per ragioni diverse, sono riusciti con piena soddisfazione delle persone intelligenti, che hanno avuto occasione di visitarli. Nell'anno in corso si vorrebbe proseguire l'opera colla più grande alacrità, e se non le mancherà l'appoggio speciale dei buoni Cooperatori fiorentini, nutriamo noi pure fiducia di vedere avvicinarsi a gran passi il termine del grandioso edifizio.
- A benefizio della chiesa in costruzione, anche quest'anno, grazie allo zelo industrioso del nobilissimo Comitato Ars et Charitas, ebbe luogo nei giorni 11, 12 e 13 febbraio un'Esposizione-vendita nelle sale del Palazzo Giuntini. A quanti cooperarono alla splendida riuscita di quest'esposizione giungano graditi anche i nostri migliori ringraziamenti.
SUSA. - La domenica 12 febbraio ebbero luogo in Susa due Conferenze Salesiane. La prima fu pubblica e si tenne al mattino nel duomo ; la seconda, riservata alle signore Cooperatrici, ebbe luogo nel pomeriggio alla chiesa del Suffragio. Oratore dell'una e dell'altra fu il Direttore dell'Istituto Salesiano di Oulx; come all'una e all'altra conferenza degnavasi d'intervenire S. E. R. Mons. Carlo Marozio, il quale parlando alle Cooperatrici, dimostrò eloquentemente come la donna possa e debba apportare il suo contributo alle Opere Salesiane.
*** Anche a S. Vittoria d'Alba, quest'anno sì tenne l'annuale conferenza, alla quale insieme coi cooperatori, intervennero numerosi fedeli. Parlò ascoltatissimo lo zelante prevosto D. Giuseppe Rossello, decurione.
All'estero.
ANGRA DO HEROISMO. - Lo splendido omaggio che i bravi cittadini di Angra avevano deliberato di offrire all'Immacolata nell'anno suo giubilare, incontrò la simpatia universale ed è un fatto compiuto. I Salesiani dell'Orphanato B. Joào Batista Machado, il 27 novembre u. s. anniversario del loro ingresso in Angra, poterono prender possesso della nuova casa, grazie sopratutto allo zelo ed all'abnegazione del Vicario Capitolare della diocesi, Monsignor Antonio Maria Ferreira ; il quale volle in tal giorno celebrare egli stesso la S. Messa nella bella chiesa annessa al nuovo istituto. Quivi ebbero corona le feste giubilari con un triduo predicato dai migliori oratori della città nei giorni 12, 13 e 14 dicembre. La solennità era fissata al giorno seguente. La chiesa faceva pompa di addobbi sfarzosi, forniti dalla pietà e generosità dei cittadini. Il Can.co Borges, al mattino, tenne una brillantissima conferenza salesiana ; e la sera predicò, commosso e commovendo, lo zelante Mons. Ferreira, al quale umiliamo i più vivi ringraziamenti, colla preghiera di comunicarli a tutti i benefattori dell'Opera Salesiana in quella simpatica città delle Azzorre.
BARCELLONA. - Il Nunzio Apostolico Mons. A. Rinaldini il r5 febbraio saliva festeggiatissimo e in compagnia delle principali autorità il monte Tibi Dabo. Alla cima lo aspettava anche il Comitato dei nostri Cooperatori, la Commissione incaricata della fabbrica del Tempio votivo al S. Cuore di Gesù, vari nostri Confratelli con la banda musicale di Sarrià e molte altre persone, tra cui moltissime dame e dàmigelle della più alta aristocrazia. Come scese dalla funicolare, Sua Eccellenza circondata dal pubblico e salutata dai nostri piccoli musici col suono della marcia reale, si recò subito ad esaminare i lavori del tempio in costruzione, ricevendo le opportune spiegazioni dal sig. Macayna e dai marchesi De Pasqual e De Oller, che le presentarono i disegni della fabbrica elegante. L'Ecc.mo Mons. Nunzio ebbe parole di elogio per la Commissione ; e questa a ricordo della sua visita stabilì di assumersi la spesa di una colonna della cripta. Un'altra colonna ha voluto riservata a sè l'egregio Signor Macayna. - Pel Tempio dei S. Cuore si è pur tenuta ultimamente una gran Fiera di Beneficenza, con esito felice. Vi presero parte le più nobili famiglie di Barcellona.
- Al sig. D. Manuel Pascual de Bofarull, di cui ricordiamo ancora la calda parola, che ispirata al più vivo zelo ed al più sincero affetto per le opere nostre risuonò acclamatissima al III° Congresso Salesiano, è stato conferito il titolo di marchese da S. S. Pio X. Rallegramenti vivissimi all'illustre cooperatore.
CADICE (Spagna). - Nuovo Istituto Salesiano. - Da molto in Cadice si aspettavan i Salesiani e a questo fine si andava allestendo un vasto locale, nuovo dalle fondamenta, destinato ad un asilo-scuola, grazie alla generosa carità della signorina Da Anna de Viya.
E finalmente il 12 febbraio l'edificio fu benedetto dal rev.mo Vicario Capitolare della Diocesi, presenti molti canonici, religiosi di diversi ordini, amici e parenti dell'ottima Donna. Benedetta la bellissima Cappella che si potrebbe chiamare una Chiesa per le sue vaste proporzioni, il Rev.mo Vicario vi pronunziò un bellissimo discorso e quindi il rev.do D. Ricaldone, Ispettore Salesiano, vi celebrò la S. Messa, eseguendo i giovani una musica bella e liturgica.
Nel nuovo asilo-scuola sono già raccolti 5o giovani interni, tutti orfani, e più di 15o esterni che frequentano le scuole. All'esimia benefattrice insieme con le congratulazioni degli amici e le benedizioni dei buoni abitanti di Cadice voli anche l'espressione sincera della nostra ammirazione riconoscente.
CAPE TOWN (Sud-Africa). - Il 22 dicembre u. s. con la solenne distribuzione dei premi si chiuse l'anno scolastico 1904 all'Istituto Salesiano della città del Capo, al quale presentemente sorride il più lusinghiero sviluppo. Non potendosi in alcun modo rifiutare varie delle molte domande di accettazione, nè essendo possibile ricoverare più di 53 alunni nell'angusta dimora, si cominciò fin dall'anno scorso a togliere in affitto una casa vicina, la quale permise di ospitare complessivamente 71 alunni. La distribuzione dei premi fu resa più attraente da una bella esposizione di lavori dei piccoli artigiani di quelle scuole professionali. E grazie alla bontà di alcune egregie signore e di varii nobili signori, che si sono uniti in Comitato permanente a benefizio dell'Opera Salesiana, c'è in vero a sperare che il 1905 possa render paghi i voti di molti altri fanciulli, che picchiano con commovente insistenza alla porta di quell'Istituto.
Dalle Americhe.
BUENOS AIRES - Il S. P. Pio X, in data 8 dicembre u. s. indirizzava, come abbiamo annunziato, una lettera al Sac. D. Giuseppe Vespignani, Ispettore salesiano della Repubblica Argentina, il quale, per mano di Mons. Cagliero, aveva fatto umiliare a S. S. un devoto indirizzo, accompagnato da mille lire per l'obolo di S. Pietro, raccolte fra gli alunni degli Istituti Salesiani dell'Argentina.
Ecco il breve del S. Padre:
Diletto Figlio, salute ed Apostolica Benedizione.
Quello che già manifestammo a voce al Venerabile Fratello Giovanni, Arciv. di Sebaste, quando ci presentò l'offerta raccolta per l'obolo di S. Pietro dai vostri Collegi della Repubblica Argentina, coi sentimenti d'amore e devozione dei medesimi per Noi, con questo Breve vogliamo ora addimostrare a te nuovamente; cioè che Noi abbiamo molto gradito una tale dimostrazione d'affetto.
Vogliamo pertanto che ai cari fagli, che secondo le proprie forze addimostrarono il loro amore per Noi, tu stesso in Nostro nome porga ringraziamenti; mentre ci congratuliamo con le e coi tuoi confratelli, perchè come in altri offici casi anche in questo dell'educazione della gioventù lavorate con esito felice per la salute di cotesti popoli; e in fatti vediamo i frutti della vostra diligente operosità.
E perchè questi frutti possiate raccoglierli sempre più copiosi, preghiamo ben di cuore Dio, che vi assista sempre colla sua santa grazia. Sappi inoltre, che una tal preghiera Noi abbiamo fatto molto volentieri anche per quei nuovi Missionari della Famiglia Salesiana, che come ci annunziavi partirono recentemente per l'America.
E quale pegno delle Benedizioni del cielo e in prova della Nostra paterna benevolenza, a te, Caro Figlio, e a tutti i Confratelli e Alunni confidali alle tue cure, come a tutti i loro parenti, col maggior affetto impartiamo l'Apostolica Benedizione.
Dato in Roma, da S. Pietro, l'8 dicembre dell'anno 1904 , II° del Nostro Pontificato.
PIO PP. X.
- La stessa Santità di Papa Pio X, parimente in data 8 dicembre u. s., inviava un altro splendido Breve alle Presidenti del Comitato delle Dame e Signore Patronesse delle Opere Salesiane nella Repubblica Argentina, signore Enrica Alais de Vivot e Teodolinda Fernandez de Alvear. Eccone il tenore
Dilette Figlie in Cristo, salute ed Apostolica Benedizione.
Con molto piacere abbiamo udito con quanto zelo e diligenza voi e l'intero Comitato cui presiedete, vi affatichiate per promuovere il bene della Religione e il buon costume in ogni parte di cotesta repubblica. Ci piacque poi in particolar maniera l'udire, come la povera gioventù derelitta stia in cima ad ogni vostro pensiero, e come mercé lo zelo della vostra carità si siano aperti e si sostengano due collegi in cotesta capitale, uno peti giovanetti, l'altro per le fanciulle, ove mentre sono cristianamente istruiti, imparano pure un'arte o mestiere, al sicuro delle insidie, che gli eretici, ricchi di oro, tendono all'incauta plebe. E cotesti meriti appunto, mentre a Noi tornarono di non lieve conforto, a voi conciliano la Nostra particolare benevolenza. Così pure, poichè abbiamo appreso che vi starebbe a cuore di veder appoggiata dalla Nostra autorità la costruzione del nuovo tempio, che voi avete intrapreso presso la parrocchia di S. Carlo, in onore del Cuore Sacratissimo di Gesù e di Maria Ausiliatrice, Noi, a dimostrarvi la Nostra benevolenza, soprattutto per un'impresa così santa e vantaggiosa, molto volentieri vogliamo essere, ed essere chiamati, Patroni particolari di una tal costruzione; e a tutti quelli che a tal fine faranno una qualche offerta preghiamo dal Signore una larga mercede. E quest'abbondanza di celesti favori, ognor pienissima come Noi preghiamo, tenete per fermo che non verrà meno giammai a voi, che con zelo così costante aiutate le Opere Salesiane, fondate a benefizio de' vostri concittadini. E intanto ve ne sia pegno la Benedizione Apostolica, che anzi tutto a voi presidenti, o dilette Figlie, e poi a tutte e singole le componenti il vostro Comitato, Noi impartiamo con grande affetto nel Signore.
Dato a Roma , presso San Pietro, l'8 dicembre festa dell'Immacolata Concezione di Maria, dell'anno 1904; II, del Nostro Pontificato.
PIO PP. X.
MENDOZA (REPUBBLICA ARGENTINA) - Mons. Giacomo Costamagna, diretto alla Missione di Gualaquiza, confortò di una sua visita molte case salesiane della Repubblica Argentina ; donde passò nel Chili. Dal 27 gen. all'8 di febbraio fu a Mendoza, da cui abbiamo avuto queste notizie : « Monsignor Costamagna ha predicato gli esercizi a noi ed alle Suore di Maria Ausiliatrice. Ci fu di gran conforto la sua presenza. Il mattino del 4 febbraio scoppiava la rivoluzione in questa Repubblica, ed anche a Mendoza trionfarono per due giorni i rivoluzionarii. Furono due giorni di spavento universale. In ogni angolo di strada si vedevano uomini armati ; dai tetti si faceva fuoco in ogni direzione; nessuno era sicuro della sua vita... Alle tre del mattino del 4 corrente si cominciarono a sentire i colpi : la battaglia durò dodici ore continue. Grandissimo il danno fatto alle case, ma peggiore ancora fu quello recato agli abitanti.
» Fra tanto tafferuglio e pericolo, Monsignore non lasciò neppure una volta d'andare a dir messa e predicare alle Suore, che distano da noi circa venti minuti, e per arrivarvi era necessario passare iu mezzo ai proiettili, i quali spesso volavano sopra la povera cappella delle Suore dove egli predicava.
» Varie palle ed un grosso pezzo di mitraglia cadde nel loro cortile senza fare però nessun male... Il mattino in cui scoppiò la rivoluzione, Monsignore, senza darci tempo di avvisarlo, uscì dal nostro collegio per andar a dir la messa. Per istrada s'incontrò con un gruppo d'uomini attorno ad un cannone di montagna. Non sapendo che significassero tanti colpi che s'udivano dappertutto, domandò se si celebrasse qualche festa ed in onore di chi. « Che festa ?... Presto lo saprà ;» risposero e spararono il cannone. Qualche persona caritatevole gli disse : È rivoluzione, Padre, si metta al sicuro... e mentre era per andare per un'altra strada sentì una grossa scarica di fucili ; alza gli occhi e vede sopra il tetto d'una casa nomini armati pronti per rispondere... Aspettò che scaricassero anch'essi, e subito dopo, marciando in fretta, passò sotto di loro in direzione della Cappella delle Suore che distava di lì forse 200 passi. Monsignore attribuisce la sua liberazione da tanti pericoli ad una speciale protezione del cielo.
» La rivoluzione finì il giorno 7. Vennero truppe da altre provincie vicine, sconfissero i rivoluzionarci ed entrarono in città, mettendo di nuovo l'ordine in tutte le cose e tranquillizzando gli abitanti.»
NEL BRASILE - Le scuole professionali degli Istituti salesiani di S. Paolo e di Cachoeira do Campo nel Brasile, l'anno scorso, furono ufficialmente invitate dalla Commissione governativa incaricata di organizzare la Mostra Brasilena a S. Louis, a concorrere alla detta Esposizione Universale.
Ora, deve far piacere ai lettori l' apprendere come il Giurì dei premi di detta Esposizione abbia conferito al Liceo del S. Cuore di Gesù di S. Paolo il gran premio, per lavori eseguiti nelle sue scuole professionali ; ed alla Scuola D. Bosco di Cachoeira do Campo due medaglie, una d'argento per l'alveare inviato, l'altra di bronzo per le fotografie del Collegio. Il salesiano D. Zatti, alla stessa Esposizione, pel suo grande alveare fu premiato con medaglia d'oro.
Per l'Istituto Internazionale di agricoltura.
Il nostro venerato Superiore, appena fu resa nota la geniale iniziativa di S. M. il re Vittorio Emanuele III a favore dell'Agricoltura, si fece premura di unire il suo al plauso schietto e riverente delle principali associazioni agrarìe, degli studiosi e degli stessi governi. Nello stesso tempo il sig. D. Rua esprimeva al Sovrano il proposito di secondare la sullodata ìniziatìva regale indirizzando l'attività dei figli di D. Bosco al maggior incremento delle nostre Colonie Agricole e alla diffusione più larga di quella stampa agraria che da parecchi anni curiamo per la propaganda dell'immortale scoperta solariana. Siamo onorati di poter pubblicare testualmente la risposta che S. M. il Re si degnava di farci tenere per mezzo del Ministro della Sua Real Casa.
MINISTERO DELLA R. CASA
Roma, li 8 marzo 1905
Divisione prima N. 2459
È giunta ben gradita a Sua Maestà il Re la nobile lettera che la Revda S. V. gli ha testé indirizzata a nome dei discepoli di Don Bosco.
Sua maestà conosce, tra le provvide forme della opera Salesiana, anche quella così efficace rivolta a vantaggio degli agricoltori ad incremento dei loro lavori; tanto più apprezzati erano quindi da Sua maestà i sentimenti ed i propositi dei quali la Revda S. V. si è resa interprete in seguito alla Sovrana iniziativa.
Sua maestà il Re ha quindi voluto incaricarmi di ringraziare distintamente per tale gentile e devota manifestazione della quale, come di altre consimili, la Maestà Sua si è in questi giorni molto compiaciuto, ed io compio volentieri l'ufficio profittandone per attestarle ,reverendo sacerdote, la rispettosa mia considerazione.
Il Ministro G. Ponzio Vaglia.
Al Reverendo Sacerdote D. Michele Rua Oratorio di S. Francesco di Sales, Torino.
Anche la Rivista d'Agricoltura di Parma, fin dal 19 febbraio, a nome dei giovani della scuola solariana dei Salesiani di Parma, inviava a Roma il seguente telegramma : Ministro Real Casa Roma.
e Scuola giovani Solariani Parma, plaudendo nobile istituzione Camera internazionale agricoltura, riflettente principii primi dottrina Stanislao Solari, augura felice attuazione, che sia pratica conferma verità propugnate grande Maestro- Rivista Agricoltura Parma. »
Al quale sua Maestà aveva la benevolenza di far rispondere la sera stessa del 19 con quest'altro telegramma : Direttore Rivista Agricoltura Parma.
e Benevolmente gradito il plauso spontaneo fatto alla sua iniziativa Sua Maestà ringrazia dell'omaggio cortese in singolar modo apprezzato-Il Ministro G. Ponzio Vaglia. »
La « RIVISTA DI AGRICOLTURA » di Parma organo ufficiale delle Unioni Agricole Italiane.
Nel mese di febbraio, adunavansi in Verona i rappresentanti delle Unioni Agricole per discutere importantissimi argomenti , relativi alla loro organizzazione.
Fra le proposte una riguardava la fondazione di un Laboratorio di chimica agraria che potesse soddisfare ai bisogni delle Unioni Agricole e un'altra la scelta di un periodico che si assumesse l'incarico di tenere esattamente informate le varie associazioni intorno all'andamento dei mercati, e nello stesso tempo servisse a propagare tra i soci le migliori teorie della moderna agricoltura.
Il Dott. Pio Benassi propose senz'altro la Rivista di agricoltura dei Salesiani di Parma ed il Laboratorio chimico annesso alla medesima ; e non ebbe bisogno di spendere molte parole, perchè subito, all'unanimità, tutti i rappresentanti votarono favorevolmente le due proposte.
In base a questa deliberazione, a partire dal I° marzo u. s. la Rivista di Agricoltura assunse la funzione di Organo delle Unioni Agricole Italiane, e il Laboratorio Chimico, così saggiamente diretto dai dottori Contini e Pedretti, ha pur cominciato a funzionare come Laboratorio di Chimica agraria dell'ufficio federale delle Unioni Agricole Italiane.
E siccome le associazioni, per la natura loro speciale, devono curare, oltre la propaganda, anche il buon andamento del mercato dei concimi, delle macchine, delle sementi, delle materie curative e di quant'altro occorra per l'industria dei campi, così, per metterle in grado di avere informazioni precise ed ufficiali, la Rivista serberà d'ora in avanti parte della Vita commerciale a disposizione dell'Ufficio federale di Bologna.
Così pure a cura della direzione del medesimo Ufficio verrà compilato il listino dei prezzi riguardante i concimi e le materie d'uso agricolo e verranno fatte alle parti interessate le comunicazioni ufficiali dopo la Cronaca Agraria.
Ed ecco riempita una lacuna, che finora qualcuno avrà potuto lamentare : e va bene. Ma se ci è lecito esprimere un voto, noi ci auguriamo, che l'antica redazione, la quale in pochi anni giunse a procacciare tanto favore alla Rivista, continui, fedele sempre al suo programma, a diffondere le più sicure teorie di agricoltura razionale.
Il Sac. Pietro Turno Direttore dell'Istituto di Maria Ausiliatrice di Trento.
Era nato a Strambino ai 18 marzo 1858. Studiò nel Collegio di Lanzo, e fattosi, per consiglio di Don Bosco, salesiano, insegnò nell'Oratorio di S. Francesco di Sales a Torino, e nel liceo di Alassio, donde passò come direttore degli studi al Collegio dei Nobili a Valsalice presso Torino. Nel 1885, al i febbraio, fu consacrato sacerdote, e sul 1887 fu destinato da Don Bosco a rettore dell'Orfanotrofio di Trento. Quivi concepì l'idea di erigere l'Istituto Salesiano di Maria Ausiliatrice, e a questa grandiosa impresa, oggi felicemente compiuta, dedicò tutta la sua straordinaria attività.
Colto da violenta polmonite, dovette cedere alla malattia, perchè già estenuato dalle lunghe e gravi fatiche. Aggravandosi il male, fu visitato e benedetto da S. A. il Principe Vescovo. Spirò assistito dal sac. Mosè Veronesi, ispettore salesiano, la sera del 25 febbraio, lasciando di sè la più cara memoria.
I funerali riuscirono imponenti. Precedevano il feretro, l'orfanotrofio maschile, il Collegio Salesiano, la banda dell'Oratorio Vescovile. Lo seguivano il rappresentante di S. A. il Principe Vescovo, l'ispettore D. Veronesi con altri sacerdoti salesiani, la rev.ma Curia, i rev.mi mons. Hutter, Pugnet, Bettini, Flabbi, tutti i parroci della città, numeroso clero della diocesi, i Padri Stimatini, i PP. dei due Conventi dei Francescani e Cappuccini, i catechisti delle scuole inferiori e medie cittadine. Ai sacerdoti seguivano il Capitano distrettuale, conte Toggenburg, i professori del ginnasio italiano di Stato Dalpiaz, Levaghi, Caprini ed altri, col direttore prof. Tilguer, i prof. del ginnasio P. Vescovile. alcuni maestri, molte signore e cittadini. Chiudevano il corteo le orfane colle loro superiore. Vi era pure rappresentato il Comitato diocesano ed altri pii Istituti della città e antichi membri dell'Istituto.
La salma del defunto, levata all'Istituto salesiano, fu trasportata a braccia da sei giovani religiosi Stimatini nella Cattedrale, dove furono cantate le esequie. Di là il mesto corteo si portò lentamente al cimitero dove la salma fu tumulata fra la commozione dei presenti. Una prece, o buoni Cooperatori, per l'anima di questo virtuoso figlio di D. Bosco.
La sig.a Filomena Ribaldone n. Rinaldi.
la pace eterna all'anima gentile e buona della signora Filomena Ribaldone di Lu Monferrato, che volava da Torino al paradiso la mattina dell' 11 marzo.
Piissima, fin da fanciulla visse ritirata e modesta; e ritirata e modesta ognor rimase, anche dopo che fu sposa affettuosa all'esimio nostro benefattore, il cav. Giovanni Ribaldone. Affezionata a D. Bosco, da cui ancor giovanissima ebbe la fortuna di ricevere una volta la benedizione in sua casa insieme con tutta la famiglia, portò ai figli di D. Bosco un affetto di madre. Noi speriamo che Maria Ausiliatrice, che la volle negli ultimi anni della sua vita così vicina al suo Santuario, l'abbia già ammessa al godimento celeste ; tuttavia anche a conforto del suo inconsolabile consorte, e di tutti i parenti, specialmente del suo venerato fratello, D. Filippo M. Rinaldi, Prefetto Generale della Pia Società Salesiana, il quale trovandosi in Spagna non potè benedirne la salma, noi la raccomandiamo caldamente alle fervorose preghiere dei Salesiani e dei Cooperatori.
Il comm. uff. Alessandro Annaratone.
Nello stesso giorno 11 marzo, quasi improvvisamente, spirava in Torino anche il comm. uff. Alessandro Annaratone, nativo di Valenza Po e intendente di finanza a riposo. Nipote al veneratissimo nostro Superiore D. Rua. e competentissimo in materia finanziaria, il defunto commendatore ci aiutò costantemente coll'opera e col suo illuminato consiglio in molte contingenze; per cui, dopo di aver pregato per l'anima sua, sentiamo un dovere di raccomandarla anche a speciali suffragi dei nostri cooperatori.
Mons. Gioaccbino Gurrisi.
Mons. Gioachino Gurrisi, Arcid. e Parroco di Terranova-Sicula, illustre amico e benefattore dei Salesiani non è più. Il cielo lo volle con sè. la sera del 24 dicembre u.s. Umile, dotto, prudente, fu a tutti padre ed amico. Entrato giovanissimo al possesso della sua parrocchia ne fu il vero angelo tutelare; e non risparmiò cure e fatiche al bene morale di essa. I colera del 1854 e 1867 lo videro sulla breccia non curante della propria esistenza, pur di giovare col suo ministero ai poveri ammalati. Anche nel campo sociale spiegò la sua energia, e riuscì ad organizzare un'importante Società operaia cattolica di mutuo soccorso ; chiamò ed aiutò i Salesiani a Terranova , perchè vi fondassero un Oratorio ad onesta ricreazione degli studenti nel giorno, e le Scuole Serali per gli operai, affinchè coi principi del leggere e dello scrivere vi apprendessero anche i principii della sana morale; e tante altre cose egli avrebbe ancor fatte a bene del suo paese, se l'angelo della Morte non l'avese chiamato al Paradiso. La sua perdita fu pianta come una comune sventura. Sia pace all'anima sua !
La Signora Margherita Santi di Bra.
Munita di tutti i conforti di nostra Santa Religione, il I° marzo rendeva la sua bell'anima a Dio Margherita Santi di Bra, nell'età di 68 anni. Fervorosa cooperatrice, ebbe anch'essa pei figli di D. Bosco un affetto squisitamente materno, per cui la raccomandiamo commossi ai comuni suffragi. Ai parenti torni di qualche conforto l'assicurazione che noi pure prendiam parte vivissima al loro dolore.
Il sig. Emmanuele Parasi.
Il 10 novembre u.s. in Galati di Tortorici (prov. di Messina) passava a miglior vita anche questo pio ed antico cooperatore, nell'età di 79 anni, spesi nell'amor di Dio e del prossimo. Ricordiamolo nei nostri suffragi.
Il sìg. Crìspìno Marìanì.
IL 18 febbraio 19o5 si spense in Roma una vita illustre, nella persona del nobile signore Crispino Mariani da Corneto Tarquinia, che avrà per lui una pagina gloriosa; ma la pagina più bella fu scritta nell'eternità dalle opere buone e sante di lui.
Giova riportare un frammento della commemorazione che ad onore di lui venne fatta nell'adunanza consigliare della sua patria il 20 febbraio u. s. - Non è soltanto per sentimento di fede e di affetto cittadino, ma è pure per quel tale orgoglio, che si prova nel ricordare i pregi e le virtù di coloro che ci precedettero che sorgiamo oggi a commemorare l'illustre uomo Crispino Mariani, mancato ai vivi due giorni or sono. Se si chiede di lui alla storia della nostra città, ne appare il diligente cultore, il mecenate emerito : se delle pubbliche amministrazioni civiche si esaminano i codici, ne sorge il giovane colto e compito gonfaloniere e posteriormente l'assessore vigile e saggio : se al voto del popolo si rivolge l'appello, ne abbiamo l'uomo nobile di animo e di prosapia; il ricco benefico che mai ritrasse la mano, senza aver lenito dolori e miseria. Nel consesso letterario d'Arcadia, egli tenne un seggio elevato e distinto, ed i suoi lavori, che anche in questi ultimi anni dedicava alle muse, furono sempre molto stimati. Si esprime però vivo rammarico per la perdita di una delle migliori glorie cittadine, che lascia nel lutto la illustre famiglia e la popolazione nostra. »
E questo fervente cristiano ed onorato cittadino, già Gonfaloniere di Corneto e Vice-Console di Francia, cultore di storia locale e poeta valente, fu ben lieto di segnare il suo nome nella lista dei Cooperatori Salesiani, dopo di aver dato all'Associazione delle Figlie di M. Ausiliatrice la figlia primogenita. Sebbene speriamo che l'illustre estinto sia già al possesso delle gioie celesti, tuttavia racraccomandiamo a tutti i Cooperatori fervide preghiere per lui, mentre inviamo alla nobile famiglia le più sentite condoglianze.
dal 15 novembre 1904 al 1 febbraio 1905.
Caccia dott. Amos, med. chir. - Marcaria, Mantova. Calvarolo Giovannina veda Monioo - Bassano, Vicenza. Campagna Padre Antonio Francesco, frate - Roma. Campi Virginia ved' Pontremoli - Genova. Canapano Angela - San Rocco della Cherasca, Cuneo. Cane can. Alessandro - Lu Monferrato, Alessandria. Capazzoni Elvira - Modena. Caramelli Teresa - Martiniana Po, Cuneo. Carlone Francesco, professore - Voghera, Pavia. Carollo Giuseppe, segretario Comunale - Alcamo, Trapani.
Carriatore Francesco - Torino.
Cavadini Maria - Balerna, Canton Ticino. Cavallero Giuseppe - Giardini, Messina. Cavallo Angelina n. Stellino - Cuneo.
Chialli D. Gio. Batta, parroco - Pistrino, Perugia. Chiarucci D. Angelo, parroco - Ronco, Forti. Chiminello Donato - Marostica, Vicenza. Chiodi Giuseppe - Torre Berretti, Pavia. Ciappuccini Maria - Cirole, Porlo Maurizio.
Cigala abate di S. Sauveur - Aix Provence, Francia. Cilento D. Ugo - Palermo. Cinaglia Nicola - Ascoli Piceno. Clema Margherita veda Ciravegna - Alessandria. Colucci dott. Pasquale, med. chir. - Montella, Avellino. Cometti Virginia -- Angolo, Brescia. Cominoli Giovannina - Mortara, Pavia. Comuna Giuseppe - Vigliano d'Asti, Alessandria. Congiu Ernestina n. Usai - Sanluri, Cagliari. Controni nob. D. Nicola, professore - Lucca. Cornaglia Pio - Torino.
Corogin teol. D. Giuseppe, parroco - Nurallao, Cagliari. Corsi Maria - Corsico, Milano. Corte Edvige - Andorno, Novara. Così Martino fu Antonio - Bagolino, Brescia. Costa Luigi di Giuseppe Tiedoli, Parma.
Costa Mons. Domenico, canonico prevosto - Piacenza. Costanzo D. Francesco, parroco - Palermo. Cotti Cometti Regina - Artogne, Brescia. Crosio D. Giovanni, prete della Missione - Torino. Cussino Marta n. Giraud - Monasterolo, Torino. Dal-Bosco D. Luigi - Leguzzano, Vicenza. Dall'Ora D. Giuseppe, rettore - Dolcè, Verona. Daniele D. Luigi, parroco - Isola dell'Abba, Padova. Daniele suor Filomena - Torino. Dardano Alessandro - Broni, Pavia. Deangeli Teresa - Tavoleto, Pesaro-Urbino. De-Cormis D. Gastone, missionario apost. -- Trieste. De-Ferrari Rosa - Genova. De-Giorgi D. Giustino, parroco- - Lizzanello, Lecce. De-Gremont (madame) - Tunisi, Africa.
Dell'Antonio D. Giacomo, curato - Capidello, Tirolo Austriaco.
Dell'Aversano Vincenzo - Pistoia, Firenze. Della-Chiesa di Cinzano marchese Ludovico - Torino. De-Mauro Maria - Aci Castello, Catania. De-Riso Luisa - Catanzaro. De-Romedis D. Nicolò - Lisignago, Tirolo. Di-Benedetto Salvatore, professore - Aquila.
Di-Natale Caterina Tortorici - Pietraperzia, Caltaniselta. Donati D. Francesco - Demo di Berzo, Brescia. Donzelli Maria veda Guasco - Erbalunga, Corsica. Erbetta D. Antonio, cappellano - Novara. Ermacora D. Francesco - Mels, Udine. Fabris D. Raimondo, parroco - Susans, Udine. Falcioni Mons. Agostino, cam. seg. di S. S. - Roma. Faletti Alberica - Soglio, Alessandria. Fanton Valentino - Calalzo, Belluno.