ANNO XXXIII - N. 2. Torino, Via Cottolengo 32. FEBBRAIO 1909.
PERIODICO DELLA PIA UNIONE DEI COOPERATORI SALESIANI DI D. BOSCO
SOMMARIO: Il terremoto del 28 dicembre . . . 33 Le nostre vittime : Le prime notizie . 35 Solenni suffragi pei giovanetti, pei Salesiani e Cooperatori vittime del disastro 36 Tra le rovine di Messina I particolari : Com'è crollalo l'Istituto S. Luigi; eroico salvataggio . 38 L'Educandato « Maria Ausiliatrice » di Alì Marina 43 Per le vittime
Tesoro spirituale 45 IL PROF. D. LUIGI ROCCA . 46 DALLE MISSIONI: Matto Grosso (Brasile): Da Cuyabà alle sponde del Rio Vermelho - Equatore: Dalla missione di Gualaquiza - Dal Mar Rosso: La notte di Natale in mare - In fascio : Messico, Punta Arenas
Tra gli Emigrati: Cronaca degli Oratori Festivi : Savona, Macerata, Chioggia, Montevideo, - Altre notizie . . . 54
IL CULTO DI MARIA SS. AUSILIATRICE: - Pellegrinaggio spirituale - Grazie e graziati . . 56 NOTIZIE VARIE: In onore di S. Francesco di Sales - In Italia: Collesalvetti, Este, Napoli - All'Estero: Bogotà, Farnborough, Guayaquil, Nazareth, Buenos Aires 6o
Necrologio e Cooperatori defunti 62
MOLTI dei Cooperatori e delle Cooperatrici senza dubbio hanno atteso ed aperto queste pagine con pietosa trepidazione; sanno che il gravissimo disastro del 28 dicembre ha colpito anche la Famiglia Salesiana e nel loro affetto pei figli di D. Bosco hanno già pianto e pregato con noi.
Grazie, o buoni Cooperatori e zelanti Cooperatrici, grazie delle vostre lagrime e delle vostre preghiere ! Ora desiderate conoscere fedelmente le nostre ansie e la causa del pianto comune e noi ci accingiamo a soddisfarvi, ma prima consentiteci di ripetere a noi e a voi una parola autorevole, santa, e di ammaestramento sublime.
Dopo la mirra ai morti, dopo l'oro ai superstiti della desolazione - così l'Em.mo Card. Maffi il 6 gennaio nella Primaziale di Pisa - un altro dono dobbiamo presentare, l'incenso a Dio, l'incenso della fede, della preghiera, dell'adorazione, dell'abbandono in Lui! E questa offerta non sarà solo un ossequio alla Divinità, sarà il miglior frutto, la più grande e vera carità, che ai nostri fratelli e alle anime nostre faremo noi.
Io - continuava l'Eminentissimo Principe - non dirò amarezza ne aggiungerò ferita in un momento di supremo dolore: non posso, nè debbo però tacere le grandi verità.
Quando una prima volta i popoli ingrandirono sulla terra, la superbia fece torbidi i cuori ed offuscò le menti, e si dimenticò Iddio e Dio discese et dispersit eos Dominus - e le pietre di Babele oggi ancora narrano e sono monumento, come d'una vittoria, d'un richiamo del Signore.
Scorrete la storia e fate che la rischiari la stella della fede e scrutatevi a tal luce la missione tremenda del dolore: è il grido di Dio - Dio che manda un gemito attraverso alla natura, e le creature, perchè non vadano a rovina, paternamente richiama e riconduce a sè. Forse superbi delle nostre conquiste e delle nostre scienze, in un istante abbiam creduto (e fu chi, stolto, lo bestemmiò!) di intimare a Dio: Recede a nobis! Scientiam viarum tuarurn nolumus! E parve per un momento ritirarsì il Signore! Ma chi frena la terra se si ritira Iddio? Ed ecco la ribellione e lo scotimento di natura ed annientata la superbia nostra! Tremò la terra, e muti i telegrafi, sconvolte le ferrovie, le navi sommerse: palazzi, che sfidavano i secoli, in polvere: gemme, ricchezze, tesori d'arte sepolti, distrutti ci eravamo illusi d'essere i re: dove lo scettro? dove l'impero? Polvere e morte, e davanti a Dio la confessione: Tu autem idem ipse es et anni tui non deficient - tu Sovrano, tu Signore, tu solo non muti e sono in mano tua l'universo e l'eternità!
Nè solo a sè ci richiama Iddio col dolore, ma è nel dolore che ci associa all'opera, che volle la gemuta della sua Chiesa, la carità. Il Signore, che si serve dell'inverno per preparare la primavera - che nella notte dipinge l'aurora - che nelle lagrime di una madre fa sorgere una vita - è nel dolore che alimenta la carità.
La sventura che ha colpito la patria nostra è grande; ma se sappiamo comprendere la grandezza morale, quella dell' eroismo, dell'abnegazione, della virtù - dite, non fu eguagliata, anzi vinta, dalla grandezza sublime toccata dallo slancio della carità? Continuatore dell'opera di Gesù ed erede del suo cuore , come Gesù sulle rovine della patria sua, pianse il Papa lagrime amare e per lui ripetesi il Vangelo: Videus civitatem flevit super illam! Vescovi e preti s' abbracciarono in Messina, a Reggio, a Mileto, e come Gesù davanti a Lazzaro cadavere, piansero dolorosamente - infremuit et lacrymatus est Jesus! Piansero i Sovrani, che sul teatro del dolore agli sventurati furono fratelli e le mani regali, fatte dimentiche di scettro , affaticarono in pietosa carità. Pianse l'Italia, il mondo intero, che partiti e mari e monti vinse, e tutti i cuori intenerì e strinse in un sol cuore : vedetelo, misuratelo questo spettacolo di amore - nasce da una tomba, ma dite se una tomba non ha germinato un mirabile fiore !
Ed è il vero fiore della carità. S'è parlato di giustizie, s'è discorso di filantropie: non bastano; davanti alle grandi sventure tutte piegano e solo vive la. carità, la carità che prega ed ha bisogno degli altari - la carità che si offre e non ha misure nell'immolazione la, carità tenera che arriva ai cuori - la. carità che trasforma e da creature deboli fa sorgere angeli ed eroi. Ed a questa carità cristiana, voi, l'Italia, il mondo han reso testimonianza - che, ammirando l'abnegazione eroica d'una Sovrana, meglio non seppero indicarla, esaltarla nei giornali che scrivendo - La Regina Elena Suora di Carità! - Povere suore, che siete offese e disprezzate, che passate come vergogna nella società, alzate la fronte: questa è l'apologia, la rivendicazione, l'apoteosi vostra! Voi offese, voi disprezzate!
- ma quando una Regina compì una grande carità, il vostro povero nome le scrissero in fronte e il popolo plaudì al nuovo titolo che la faceva una di voi, sorella vostra, una Suora di Carità.
Riconosciamo così e pratichiamo in Cristo la vera carità, ma la prima sia per le anime nostre , e vedendo che tutto scompare, che frana la terra, che forse sono le colpe nostre che provocarono il castigo, purifichiamo i cuori, santifichiamo le anime e nella luce di una fede perfetta ADORIAMO IDDIO
Le prime notizie. Angoscia indicibile - Visita di S. A. I. e R. la Principessa Laetitia all'Oratorio di Valdocco - Don Rua apre le porte degli Istituti Salesiani agli orfani del terremoto, e manda un suo rappresentante in Sicilia.
Tristissimo giorno il 28 dicembre 19o8 ! Alle 5,2o del mattino una violentissima scossa di terremoto, seguita da un maremoto terribile seminava la distruzione e la morte sulle coste della Sicilia e della Calabria. In quattro secondi Messina e Reggio, con altre città e paesi, cadevano rase al suolo, seppellendo duecentomila vittime ; ogni comunicazione era interrotta; e le prime notizie, di gran lunga inferiori alla raccapricciante realtà, si diffondevano per l'Italia solo la mattina del giorno 29.
Tutti ricorderemo la costernazione dell'intera penisola e il rimpianto che si estese in un baleno a tutto il mondo. Anche noi, volando col pensiero alle povere terre desolate, piangemmo inconsolabili le innumerevoli vittime, straziati nel più profondo del cuore dall'incertezza della sorte toccata ai nostri confratelli ed alunni di Bova Marina, Borgia, Soverato, e specie di Messina e di altre case di Sicilia. Trepidante il sig. Don Rua telegrafò immediatamente in più luoghi chiedendo notizie, ma non ebbe nessuna risposta.
Nel pomeriggio di quello stesso dì (il giorno 29), accompagnata dalla contessa Amalia Cappello giungeva nell'Oratorio S. A. I. e R. la Principessa Maria Laetitia per visitare gli orfani Calabresi del terremoto del 19o5. Avutili a sè, amabilmente s'intrattenne con loro, donandoli ciascuno di dolci e di un vestito nuovo e confortandoli con materne parole, quindi ebbe la bontà di estendere la sua visita alle Scuole professionali dell'Istituto per confortare colla sua augusta presenza i nostri giovanetti. L'atto gentile fu affettuosamente compreso da tutti gli alunni, in mezzo ai quali s'era cominciata a diffondere la prima notizia del disastro; ed anche noi fummo vivamente commossi nel vedere Sua Altezza Imperiale salire alle camerette di D. Bosco per visitarvi D. Rua, il quale da qualche giorno era costretto a non uscire di stanza per un'omai persistente infermità alle gambe.
Le notizie sopravvenienti in quelle ore andarono delineando sempre più al vivo la terribile realtà del disastro, sebbene noi rimanessimo ancora interamente al buio sulla sorte dei nostri; per cui D. Rua, seguendo la pietosa tradizione di D. Bosco, si affrettava di quello stesso giorno ad inviare all'Ecc.mo Arcivescovo di Messina, all'Em.mo Cardinale di Catania, ed ai RR. Prefetti delle due città, il seguente telegramma:
« Trepidante sulla sorte dei miei confratelli ed allievi della Calabria e della Sicilia, penso propiziare sopra di essi la bontà di Dio aprendo nuovamente le porte dei miei Istituti ai giovanetti orfani pel terremoto. Telegrafai a Catania. Ispettore Salesiano dott. D. Bartolomeo Fascíe, perchè si metta a disposizione V. E. ed Ecc.mo Prefetto per provvedere ai più urgenti bisogni giovanetti sofferenti, sicuro di compiere opera di fede e di patriottismo ».
Anche il giorno 30 per noi continuò l'angosciosa e straziante ansietà, sicchè l'amatissimo nostro Superiore e Padre, ognor più dolente di non poter accorrere egli stesso sui luoghi del disastro, ad abbreviare un silenzio ed un'incertezza per noi troppo penosa ed almeno a consolare i superstiti, senz'altro inviava a Messina il rev.mo Dott. D. Giuseppe Bertello, Consigliere generale della nostra Pia Società e già ispettore delle Case nostre in Sicilia e, insieme con lui, il rev. D. Calogero Gusmano e il signor Alfonso Tagliaferri.
La rovina dell'Istituto S. Luigi di Messina - Tutti periti ? - Il numero delle vittime.
Intanto i pubblici fogli e voci indirette ci vennero a togliere ogni speranza sullo scampo dei nostri di Messina... Ah ! quale strazio! Mancava tuttavia una partecipazione diretta, quindi si sperava ancora. Infatti la sera del 31 dicembre ecco finalmente recapitato al signòr D. Rua un telegramma spedito il giorno 29 da Catania, il quale ci annunziava la tremenda catastrofe ma insieme ci assicurava della salvezza di molti. Il telegramma venne poi più chiaramente confermato da quest'espresso spedito dal rev.mo sig. D. Bertello da Catania il primo giorno dell'anno.
È la prima lettera che scrivo nel nuova anno e debbo affidarle ben dolorose notizie. Siamo giunti qui stassera circa le 4, sempre lusingandoci che, data la posizione della nostra casa di Messina e la solidità dell'edifizio, i nostri non dovessero aver sofferti molti danni. Invece ecco la spaventevole realtà. Sono morti dei nostri e rimangono sepolti sotto l'edifizio i confratelli Sacerdoti: Pasquali Giuseppe, Pirrello Vincenzo, Claris Dario, Urso Antonio, Lo Faro Arcangelo, Rapisarda Mauro; i chierici Manzini Mario, Venia Giuseppe e il coadiutore Longo Giuseppe. Perirono inoltre trentotto alunni e i famigli Marotta Antonio, Marotta Salvatore, Pirrello Francesco, Zuccarello Alfio. Molti furono i feriti, ma nessuno gravemente.
Alla notizia del disastro, che a Catania giunse solo alla sera dello stesso giorno, partirono l'indomani l'Ispettore e D. Camuto che stettero col luogo finchè non ci fu più speranza di dare aiuto, essendo tutto sepolto in un silenzio di morte!...
Ora tutti i superstiti nostri, compreso il direttore che fortunatamente restò incolume, e diciotto alunni, sono ricoverati qui all'Istituto. Altri alunni sono dispersi qua e là in famiglia o negli ospedali.
Il salvataggio tentato dai Salesiani di Palermo - I prodigi di quel Card. Arcivescovo - Il lavoro dei nostri.
Contemporaneamente giungeva al sig. Don Rua quest'altra lettera del rev. Don Attilio Garlaschi, direttore delle Scuole D. Bosco di Palermo, anch'essa in data del 1° gennaio.
Solo oggi ho potuto avere notizie certe sulla sorte toccata alla nostra Casa di Messina: mi affretto a trasmetterle le lettere ricevute.
Il disastro fu così enorme che a due passi dal luogo della catastrofe si rimase privi di notizie come se fossimo stati lontani mille miglia: telegrafo, telefono, ferrovia, strade provinciali, tutto, tutto fu inutilizzato. Le prime notizie ci facevano sperare che la città alta fosse stata risparmiata dal flagello; moltiplicammo i telegrammi ma sempre inutilmente.
Appena però potei comprendere che la nostra casa ed i nostri cari erano stati anch'essi colpiti dall'immane sventura, inviai due confratelli a Catania perchè ci dessero notizie di ciò che era avvenuto in quel versante, e pensai ad organizzare soccorsi dal lato del litorale Palermo-Messina.
La prima squadra partì guidata da D. Belloni, la seconda da D. Pappalardo; portavano larghe provviste di cognac, marsala, arrosto, zabajone ed altri viveri. Cominciarono le loro ricerche a Barcellona, a Milazzo, ma non poterono proseguire per Messina, perchè incontrarono difficoltà insormontabili. Trovarono qua e là qualche nostro convittore scampato all'eccidio e giunto al proprio paese dopo una marcia disastrosa; e raccolsero notizie di altri nostri superstiti arrivati in quei luoghi ed imbarcatisi poi con battelli venuti in aiuto.
Dopo aver tentato tutti i mezzi di soccorso per i nostri e per gli altri, dopo aver distribuite tutte le provviste a centinaia di morenti per fame e stenti, ritornarono affranti e desolati alla nostra casa di Palermo.
Qui le scosse di terremoto tentarono di mettere lo scompiglio ed il terrore fra i nostri ragazzi. Unicamente per questo, io non partii alla volta di Messina e mi trattenni a Palermo, dove la desolazione e la morte si è pure rovesciata, dove i feriti, i morenti, i superstiti furono portati a migliaia
Tutte le autorità, la nobiltà e la classe agiata operano prodigi di carità e di abnegazione. L'Eminentissimo sig. Cardinale Arcivescovo si è fatto tutto a tutti, ha disposto soccorsi d'ogni genere, letti, squadre di giovani sacerdoti nei vari ospedali, ne ha inviati altri con a capo l'infaticabile Mons. Catalanotto sul luogo del disastro, visita ad uno ad uno i feriti, a tutti porta la parola del conforto e della rassegnazione.
Ho provvisto che i nostri preti si alternino nel servizio degli ospedali e sopra i piroscafi in arrivo, portanti centinaia di feriti. Anche una squadra del nostro Circolo Sportivo « Panormus », sezione esterni, attende con mirabile slancio a servire i feriti ed a coadiuvare le autorità locali
Alla lettera di D. Garlaschi ne era unita un'altra dei confratelli inviati per notizie a Catania, in cui si ripetevano le tristi notizie che abbiamo già pubblicate, e insieme queste linee del direttore di Messina a D. Garlaschi:
Appena colpiti dall'immane disastro telegrafai all'Ispettore, a lei, ad altri, invocando soccorso, ma non ebbi risposta, erano rotte tutte le comunicazioni! Non le descrivo la grave irreparabile sciagura, non ne sono capace, nè mi regge la lesta. Messina è completamente distrutta, è un cimitero ardente, pare il finimondo! Preghi pei nostri poveri morti, confratelli ed alunni!...
Solenni suffragi per i giovanetti, e per i Salesiani e Cooperatori vittime del disastro.
Don Rua, non appena fu in possesso dell'accennato telegramma - era l'ultima sera dell'anno, sacra per tradizione ad un sermoncino di circostanza a tutta la comunità riunita - ne annunziò egli stesso il contenuto con commoventi parole ai giovani dell'Oratorio. Questi, profondamente impressionati per la sorte lacrimevole toccata a quei compagni, facevano istanza a D. Rua perchè loro concedesse di celebrare un funerale per tutti i giovanetti periti nel disastro. Il buon Padre non solo annuì commosso alla loro religiosa pietà, ma con apposita circolare si affrettava egli stesso ad invitare i Cooperatori e le Cooperatrici di Torino ad un altro solenne ufficio funebre in suffragio dei Salesiani e dei Cooperatori e Cooperatrici, rimasti vittime del tremendo disastro.
I due solennissimi funerali ebbero luogo il 4 e il 5 gennaio. Il Santuario di Maria Ausiliatrice, tutto parato a lutto, rispondeva appieno alla mestizia dei cuori.
Il 4, già prima delle ore 11, giunsero varie rappresentanze giovanili della città - di cui alcune con bandiera - che presero posto ai lati del catafalco in appositi banchi: notammo quelle dell'Istituto Sociale, del Collegio S. Giuseppe, del Collegio S. Giovanni Evangelista, del Collegio degli Artigianelli, del 1° Oratorio festivo di D. Bosco, degli Oratori di S. Luigi e del Martinetto, con numerosi studenti delle Scuole pubbliche, professori e maestri. Il popolo gremiva il restante del Santuario. Presso il catafalco era inginocchiato D. Rua che mal riusciva a celare lo strazio del cuore ed era circondato dagli altri membri del Capitolo Superiore della nostra Pia Società, dal Direttore e dai Superiori dell'Oratorio e da tutti i nostri alunni. Alle 11 precise incominciò la messa, cantata dal prof. Don Giovanni Battista Francesia. La funerea melodia delle note del Graisbacher si diffondeva gravemente pel tempio, diligentemente eseguita dalla nostra Schola cantorum, commovendo tutti i presenti. All'altare il celebrante usò pel santo sacrifizio il ricco calice che tre anni or sono gli affezionati parenti offrivano al novello sacerdote prof. Don Dario Claris, rimasto sepolto nelle rovine del Collegio ili Messina.
Anche l'ufficio funebre celebratosi il dì seguente pii Salesiani e Cooperatori, riuscì imponentissimo. Intervennero alla mesta cerimonia numerosi Cooperatori della città e dintorni, con le rappresentanze dei nostri Istituti quelle di alcune Corporazioni religiose e Società cattoliche della città; larghissima era la rappresentanza delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Celebrò il prefetto generale Don Filippo Rinaldi. Il rev.mo Rettor Maggiore D. Rua cedeva alle insistenze dei figli che lo pregano continuamente di non affaticarsi di soverchio, ma non si dispensò dall'assistere commosso alla mestissima cerimonia con gli altri nostri Superiori.
Nè qui si arrestò la nostra pietà. I suffragi cominciati pubblicamente il 1° dell'anno, per disposizione del nostro buon Padre si protrassero per otto giorni, applicandosi agli indimenticabili estinti - superiori, alunni e famigli dell'Istituto S. Luigi di Messina - tutte le preghiere e le comunioni fatte ai piedi di Maria Ausiliatrice.
La distruzione dell'Istituto S. Luigi - La statistica delle nostre vittime.
Ma, anche passati gli otto giorni, il pensiero di tutti era sempre fisso a Messina ; non ci bastavano le notizie avute, ognuno sentiva il bisogno di conoscerei particolari della fine di quei cari fratelli... E in altre case, si diceva, non avremo a lamentare altre vittime?
A soddisfare questi vivissimi desideri giunsero finalmente varie lettere. Eccone una di D. Bertello, eloquentissima nella sua precisa laconicità, che ci fece comprendere la grandezza del disastro. Recava la data del 5 gennaio.
Finalmente ieri, muniti di un'autorizzazione del R. Prefetto di Catania, potei con D. Fascie entrare in Messina. Non sto a narrarle gl'incidenti della nostra gita. Eccole quello che più importa. Messina è veramente un monte di rovine. Poche le case che conservino la forma primitiva, ed anche quelle gravemente lese nell'interno.
Della nostra casa non faccio particolari descrizioni, che mi trarrebbero in lungo. Per chi l'ha vista, resta in piedi solo la parte dell'ingresso (ved. incisione, pag. 39, tratto a, sezione di fronte), dov'erano l'ufficio del Prefetto e del Direttore, il parlatorio ed alcune camerette superiori; ma non vi si può entrare senza pericolo. Rimane intatta l'oleografia di D. Bosco all'ingresso del corridoio, che sembrò salutarci col suo sorriso.
La cappella, sulla quale precipitò il camerone e la terrazza superiore (idem, tratto a, sezione posteriore), potei osservarla dalla via che la costeggia avendo quasi l'apparenza di una gran fossa ripiena di macerie. Solo in fondo, contro un avanzo di parete, resta in piedi, quasi intatta, la statua di Maria Ausiliatrice.
Del corpo principale (ved. incisione, tratto b) rovinò tutto il tetto. Il muro verso la collina si rovesciò tutto intiero, come si volge il foglio di un libro, nel giardino sottostante, lasciando il vano, dov'erano la cucina e i refettori a pian terreno e sopra due cameroni, colmo di rottami, letti, tavole, banchi, apparendo però quasi esclusivamente i rottami.
Il corpo nuovo nella parte opposta all'ingresso, che io non vidi mai, ma mi dicono fosse un edifizio doppio come il resto, con pian terreno, piano superiore e terrazza, (nell'incisione tratta da una fotografia anteriore questo corpo manca; corrispondeva al tratto c) è interamente crollato e quasi direi stritolato, in guisa che vi si può passar sopra da una parte all'altra senza essere impediti da muri. Lì sono periti D. Pasquali, D. Claris e gli altri nostri sacerdoti...
Questa parte, scrive il salesiano D. Domenico Garneri « si avvallò tanto che il colmo dell'edifizio venne a trovarsi quasi al livello del cortile ! »
Lo stesso confratello, che è segretario dell'Ispettore delle Case Salesiane della Sicilia, in data 6 gennaio inviava al sig. D. Rua un'esatta statistica dei periti nel nostro Collegio di Messina.
« I Salesiani dell'Istituto S. Luigi erano 19, gli alunni interni 1o5, i famigli 9. La notte del disastro mancavano dall'Istituto 11 alunni e 1 famiglio che si trovavano presso le loro case. Dei 121 presenti, se ne salvarono 7o e ne perirono 51 (cioè 9 superiori, 38 alunni e 4 famigli), Di questi univa il doloroso elenco.
Tutte le altre Case Salesiane salve.
A rassicurarci completamente sulla sorte delle altre Case, D. Bertello scriveva in data 9 gennaio da Catania:
Giungo ora da S. Gregorio e Pedara. Nessun danno alle persone. Un grande spavento, che a poco a poco si va dileguando. A S. Gregorio lesioni notevoli, ma non di prossimo pericolo, nella parte vecchia della casa, leggerissime nella parte nuova, niente nella cappella in costruzione. Il danno si ebbe nella grande cisterna, che si aprì in più luoghi e lasciò fuggire l'acqua.
A Pedara qualche leggera screpolatura nella parte alta dell'edifizio, che si potrà riparare con poca spesa.
Il giorno sei giunsero qui un medico ed un ingegnere mandati dalla famiglia di D. Claris per vedere se è possibile estrarne il cadavere e portarlo al paese. Partirono alla volta di Messina la mattina del 7 e con loro mandai due dei nostri superstiti di quella casa coll'accordo preso, che se si ottiene di poter procedere al disseppellimento, si allarghino gli scavi per tutto il tratto dove si suppone che giacciano i cadaveri di D. Pasquali e degli altri preti e dei nostri alunni per poter dar loro sepoltura nel modo più decoroso possibile.
Contemporaneamente giungevano notizie dalla Calabria. Nessuna Casa nostra ebbe gravi danni; ebbe qualche screpolatura quella di Borgia. Il Seminario di Bova Marina, diretto dai nostri, fu molto danneggiato, ma non vi fu nessuna vittima; furono costretti ad attendarsi nel cortile, ma tutti sani e salvi.
Com'è crollato l'Istituto S. Luigi. Eroico salvataggio. (Lettera del Direttore D. Lovisolo a D. Rua).
Per soddisfare appieno al desiderio di tutti i nostri Confratelli e Cooperatori, vogliamo completare le notizie già riferite con la lunga narrazione inviata nella prima metà dello scorso gennaio dal Direttore D. Angelo Lovisolo al signor D. Rua.
VENERATISSIMO PADRE,
CoN l'animo straziato e con un tremito che mi agita ancora le membra mi accingo a riferirle i particolari dell'orrenda catastrofe, che il 28 dicembre 19o8 portò sterminio e morte a Messina e al nostro fiorente Istituto San Luigi. Nessuna penna riuscirà a descrivere l'immane disastro che terrorizzò e rese muti i pochi superstiti, i quali incontrandosi sulle macerie si abbracciavano impietriti dal dolore. Tuttavia vincendo lo spasimo che sento più vivo nel rievocare quelle scene dolorose, mi accingo, come Ella desidera, ad abbozzare alla meglio il racconto della distruzione della nostra casa.
Liete speranze! - L'ora fatale - Si comincia subito il salvataggio - Dieci appena? - Vista straziante.
Il mattino del 27 dicembre u. s. ben cinque confessori, tra cui due Padri Cappuccini, poterono ammirare lo slancio di fervorosa pietà che animava i nostri giovani alunni, e che m'infuse in cuore le più liete speranze pel nuovo anno. La giornata terminava con una allegra lotteria, e canti e suoni. Nel discorsetto della sera, accennando alla visita fattami da un antico alunno di Randazzo, sig. Di Giorgio da S. Fratello, il quale mi aveva dichiarato che dopo 2o anni manteneva ancora i sentimenti di cristiana educazione ricevuti in collegio, li esortavo ad esser sempre fermi nei loro santi propositi e in fine avendo espresso l'augurio di rivedere anch'essi dopo 2o anni, alcuni dei più vicini dicendomi grazie! con un ingenuo sorriso soggiunsero: « Ma Lei fra 2o anni non ci sarà più! » Così si andò a riposo serenamente.
La dimane, 28 del mese, alle ore 5,20 si dormiva ancora, quando un cupo terribile boato, immediatamente seguito dal traballamento di tutta la casa e da immenso rovinio, mi desta all'improvviso. Per me fu un momento di mortale angosciai Lì per li mi parve di essere sotto l'incubo di un sogno terrorificante; ma subito conobbi la realtà e in quel momento che credeva per me pure supremo, ricordo che mi sentii come schiacciare tra il letto ed il muro stretto dal tavolo che mi era stato gettato addosso e coperto dei calcinacci della volta crollante. Emisi un grido di spavento e di preghiera : « Gesù mio, misericordia! Oh! Maria! Oh! Angelo mio custode! Oh! D. Bosco ! » E, subito mi slancio barcollando dall'uscio, che non so come trovo aperto; e m'incontro con D. Farina e D. Virzì, che, pieni di terrore, gridano: « Aiuto! ci salvi! » « Coraggio, rispondo, noi la Madonna ci ha salvati! Corriamo a salvare i nostri figliuoli.... »
E m'inoltro verso la vicina camerata dell'Angelo Custode, sovrastante alla Cappella, e sto per varcarne la soglia, allorché Don Farina, afferrandomi per il braccio: « S'arresti - mi grida - per amor di Dio i non vede l'abisso?» La camera era scomparsa, sprofondata, travolgendo trenta giovanetti coi loro assistenti. Su tutti come ampio velo funereo rovinando si era distesa la terrazza, caduta anch'essa sul pavimento della Cappella, che si era avvallato di parecchi metri.
Dalle macerie s'innalzava un denso polverio, che impediva la vista e mozzava il respiro ma non soffocava le voci strazianti, imploranti aiuto, e i lamenti dei feriti e dei moribondi. La lugubre scena, resa più tetra della fiammella rossastra di un beccuccio a gaz, in breve disparve, lasciandoci avvolti nella più spaventosa oscurità.
Non essendo possibile correre di lì in loro aiuto, li benedissi, e tutti tre brancicando fra le macerie, sorreggendoci l'un con l'altro per non cadere, per la scaletta di già rovinata e coperta di rottami, al fine giungemmo dinnanzi la porta della Cappella la quale era restata bloccata internamente dalle vólte crollate. D. Farina si fa il segno della Croce, sale sulle nostre spalle per giungere al finestrino che è sopra la porta, ne rompe i vetri coi pugni, lo apre e in men che non si dice salta al di là fra le macerie della cappella, gridando: « Non temete, vi salveremo i Coraggio ! »
Il primo ad uscir fuori dal finestrino sfondato è il ch. Fucile, che precipitato là dentro cogli altri e ferito si era rincantucciato in un vano aspettando soccorso. S'incomincia il salvataggio. Primo ad essere estratto dalle macerie è il giovanetto Jerace Nicolino, che ahimè! con un fil di voce dice « Addio ! » e spira. Aveva la spina dorsale spezzata.
Ricoperti di ferite si estraggono il sudd. Batù che era caduto a capofitto innanzi all'altare di Maria Ausiliatrice, ed i giovani Interdonato Ettore, Polistena Antonio e Barbera Antonio, che trasportiamo all'aperto. Il pensiero intanto era corso con infinito dolore alla sorte delle altre camerate. Ma tutto era nel buio; lungo il fabbricato un cumulo di macerie; le scale crollate; come volare in soccorso degli altri? Desolato, grido ripetutamente cogli occhi pieni di lagrime: « Figliuoli, coraggio, coraggiol » ed ecco come per incanto, stringersi attorno a me i chierici Piacenti, Marraro e Sciuto, tutti feriti, e il ch. Amato, fortunatamente illeso, lanciati in cortile in modo incomprensibile, quasi evocati dalla mia voce. Quindi compare il portinaio Giuseppe Vella, che dà prove di cuor generoso e si unisce a noi per continuare il salvataggio, lento e difficile, come era possibile nell'oscurità : seminudi, scalzi, quanti possiamo reggerci in piedi, ci contiamo; siamo appena una diecina! I feriti vengono deposti all'aperto in cortile, ma ai primi albori del giorno piovoso, Dio mio qual vista straziante! Cadaverini seminascosti fra le macerie, altri feriti accoccolati qua e là e in un orribile spavento, sassi e rottami impregnati di sangue... Da ogni parte si piange e si grida aiuto; mentre tutti continuano a lavorare febbrimente per strappare alla morte tante care esistenze. Io mi sforzo di far animo a tutti, ma in realtà sono più di tutti oppresso, terrorizzato e direi quasi inebetito dal dolore. La facciata anteriore del gran corpo di fabbrica è gravemente lesionata con larghe fessure e crepacci; il tetto è precipitato parte in cortile, parte sulla camerata sottostante, cambiando i letti in sepolcri. Il muro posteriore, prospicente il giardino, è stato abbattuto d'un colpo, come schiantato per intero, ripiegandosi come una mostruosa pagina di un libro sui giardino sottostante, travolgendo nella rovina il camerone « Sacro Cuore », la. cameretta di D. Mauro Rapisarda e tutto il piano delle scuole e delle sale di studio. Là nessuno fu salvo, eccetto l'assistente D. Talamo e il giovanetto Scarano Domenico che dall'alto del 3° piano furono sbalzati a 20 metri di distanza, svenuti e feriti ma non gravemente. L'ala nuova che formava come un ferro dì cavallo col corpo del primo fabbricato era scomparsa ! Quasi inghiottita non lasciava più vedere che pochi residui della terrazza quasi al livello del cortile. L'abitavano i nostri cari confratelli sacerdoti Claris, Urso, Pasquali, Lo Faro, Pirrello; il coadiutore Longo, e i famigli : Pirrello Francesco, Zuccarello Alfio, Antonino e Salvatore Marotta, tutti irreparabilmente schiacciati e sepolti ! Ci aggiriamo a lungo cautamente fra le macerie e con voce di pianto li chiamiamo tutti per nome, poggiando l'orecchio sulle rovine ancora frementi. Invano! Ma ecco che la mìa attenzione viene attratta dai giovani della camerata S. Luigi, i quali, isolati in alto, mercè la prontezza di spirito del giovane Barbaro Giuseppe, si lasciano scivolare per una fune da lui improvvisata con lenzuola e coperte nel cortile sottostante. Deo gratias! l'esiguo numero dei superstiti cresce a vista d'occhio : i giovani della camera sopraddetta escono tutti al sicuro, eccetto Scarano Francesco ed i due assistenti Manzini e Venia. Nuove grida strazianti mi fanno volgere all'improvviso gli occhi all'insù: dieci giovanetti della camera « Maria Ausiliatrice » seminudi, pazzi per la paura, aggrappati ai muri cadenti, sporgono il capo all'infuori, verso di noi, invocando aiuto: « Indietro, indietro! » si grida da tutti disperatamente, » a momenti vi salveremo! »
Invano in cerca di soccorsi - L'opera di un exallievo - Un'agonia straziante - L'ultimo salvato nel giorno 28.
Come fare? D. Farina e D. Virzì corrono in fretta in cerca di soccorsi ! Verso le 11, eccoli ritornare con 5 soldati dai quali a malapena erano riusciti a farsi seguire fino al collegio, perchè richiesti, disputati da mille altri nell'opera di salvataggio. L'eccitazione di coloro che cercavano strapparci quell'aiuto giunse al punto che una povera donna quasi fuor di sè per l'abbandono in cui si vedeva lasciata coi suoi cari, lanciatasi contro D. Virzì, tentò di ferirlo con un coltello, che poi, vedendo inutili i suoi sforzi, gli scaraventò contro ferendolo leggermente ad un piede.
Al vedere quei soldati armati di zappe e picconi ci si apre il cuore a maggiori speranze. Ma scappati anch'essi allora dalla morte e ripieni di spavento pel corso pericolo, non erano in condizioni di accingersi ad un'opera rischiosa di salvataggio. Dunque non potremo portare aiuto a quei poveri giovani, che gemono lassù, atterriti dal continuo tremito dei muri ed in continuo pericolo ?
Riuscita vana l'opera dei soldati tentammo da soli la loro pericolosa salvezza. D. Farina ed il ch. Amato, assicurata una fune ad una chiave già quasi divelta dal fabbricato, li animarono ad abbandonarsi nel vuoto e scivolare giù per la fune. Quei buoni giovani si segnavano divotamente e con coraggio virile, aggrappandosi alla corda, si lasciavano andare finché all'altezza di tre metri, abbandonando l'estremità della fune, spiccavano un salto venendo a cadere tra le braccia dei superiori che li stringevano al petto con gioia infinita.
Ma ben altri di quegli sventurati rimanevano lassù, immobili, incapaci di trarsi dal disotto delle macerie, mentre a noi senza un aiuto non era possibile salire in loro soccorso. Amareggiati dalle voci disperate di quelle innocenti creature e dai lamenti dei feriti che eravamo costretti a tenere all'aperto sul nudo terreno, più non sapevamo a che partito appigliarci. D. Farina, D. Virzì e Vella escono nuovamente, valicando monti di rovine, in cerca di soccorsi; mentre io fattomi sulla via prego e scongiuro quanti vedo, acciocchè vengano a salvare i nostri figliuoli. Invano ! tutti mi guardano esterrefatti e mi mostrano i loro cari, sepolti sotto le rovine delle loro abitazioni. L'alto muro di cinta del nostro cortile aveva seppelliti e travolti i nostri vicini, che usciti dalle loro basse case avevano cercato uno scampo all'aperto!
Ecco ritornare alla fine i nostri coraggiosi confratelli, ma soli, sfiduciati, quasi avviliti, mentre le grida dei bimbi tuttora sospesi in alto continuavano a straziarci l'anima. In tanta desolazione, prostrati a terra, recitiamo con viva fede una breve preghiera; il cielo si rasserena come per incanto e due colombe, descritto a rapido volo un giro sulle rovine dell'edifizio, vanno a posarsi vicino ad uno di quegli innocenti. Un grido di giubilo saluta quelle colombe, quali nunzie di vicino scampo.
Poco dopo arriva trafelato, ansante e polveroso il sacerdote Alberto Boeris, antico alunno dell'Oratorio e nostro carissimo amico, il quale, dopo aver salvata la propria vita e quella di molti seminaristi e di altre persone, era venuto di corsa in nostro aiuto. E fu davvero l'inviato del Cielo. Già per alcune ore si era lavorato fra le rovine sprofondate dell'ala nuova dell'istituto, ove d'in mezzo alle macerie si era udita una debole voce e finalmente erasi scoperta una povera testa polverosa che a stento si riconobbe per quella di D. Urso. Il caro D. Boeris corse immantinente là ove gemeva il povero sacerdote, e confortando con parole l'infelice e con le mani sanguinolenti ponendosi egli stesso a rimuovere travicelli e rottami, continuò nel lavoro fino al tramonto con grave difficoltà e pericolo. Già l'intiero corpo del paziente era scoperto ed arrideva la speranza di salvarlo ! ma qual non fu l'amarezza dell'affezionato D. Boeris, quando vede che la gamba sinistra di D. Urso è fratturata sopra del ginocchio, e compressa e quasi schiacciata da una sbarra di ferro incagliata fra blocchi di macerie? Il poveretto languiva per gli spasimi nè poteva sollevarsi sulla persona, offeso gravemente alla spina dorsale. Gli fu somministrato qualche cordiale e parve rianimarsi tanto che compreso della gravità del suo stato chiese l'assoluzione sacramentale e la ricevette con segni di sentita pietà, proferendo ardenti giaculatorie. Rotto il muro con un piccone, e a punta di coltello fatto un vano intorno il piede incagliato, egli venne tratto fuori boccheggiante.... Circondato dall'affettuose cure di alcuni superstiti piangenti, venne adagiato cogli altri feriti sotto una tenda improvvisata, ove onnostante i soccorsi apprestatigli per rianimarlo, fra il rimpianto di tutti spirò la sua bell'anima, martire di atroci sofferenze sopportate con cristiana rassegnazione.
Durante quest'opera angosciosa, D. Farina ed il ch. Amato, gli unici dei nostri rimasti totalmente illesi, riuscivano ad estrarre dalle macerie il giovane Russotto Angelo, leggermente ferito, ultima vittima strappata alle macerie nel giorno 28.
La prima notte - Messina in fiamme - Comando di partire con i superstiti - Attraverso la città crollata - Al mare - Alla volta di Catania.
Improvvisate alcune tende con lenzuoli e coperte a riparo dei feriti, noi ci ricoverammo sotto gli eucaliptus gocciolanti, ove accendemmo un po' di fuoco alimentato coi rottami delle imposte. Le tenebre erano fitte, la pioggia insistente e le voci flebili dei giovanetti tuttora sospesi in alto, continuavano a ferirci il cuore. Nello strazio reso più angoscioso della nostra impotenza, tutti ci dimandavamo a vicenda: « Dunque quei cari angioletti non saranno salvati? »
A rendere più lugubre la scena e ad aumentare in noi lo sconforto, dalla città incendiata altissime fiamme rossastre si avanzavano vorticosamente verso la collina quasi per investirla. Alcuni gridarono: «Fuggiamo ai monti i » Non era possibile. Che avrebbero fatto i nostri feriti e gli altri infelici il cui unico conforto era vederci dall'alto e sentirci parlare e pregare per la loro salvezza? D. Farina ad un tratto mi si accosta, si vuol confessare, poi m'abbraccia e mi dice : « Domani salveremo quei cari figliuoli, ne vada la vita». Ma quelle voci si facevano sempre più fioche, segno funesto che insieme colla voce andava spegnendosi in quelle creaturine la vita.
Passò la notte interminabile, piena di trepidazioni e di angoscie. Allo spuntar dell'alba del 29 D. Farina e Vella si affrettano a ricercare soccorsi e barelle, ma alle 8 ecco alcuni soldati con l'ordine del Comandante del Presidio che io parta subito coi superstiti capaci di camminare. Non voleva assolutamente abbandonare quei cari feriti, ma il comando era assoluto
« Si fugga, si fugga - gridano i soldati - altrimenti il Direttore sarà responsabile della vita dei pochi superstiti. Non vedete? Mancate di tutto, l'incendio si avanza, è possibile lo scoppio di un vicino deposito di nitroglicerina, il suolo traballa sotto i piedi. Partite, dunque! »
« E i feriti?
D. Farina insiste:
« Parta subito coi sani; ai feriti penserò io con D. Boeris ed il ch. Amato; li trasporteremo alla marina e ci rivedremo tutti a Napoli ».
« A Napoli? Meglio a Catania coi nostri confratelli ».
« A Catania no! forse ha subito la stessa sorte di Messina ».
In quell'agitazione, circondato da una ventina di giovanetti, con D. Virzì ed i chierici Marraro e
Piacenti, abbandono la casa benedicendo per l'ultima volta dal profondo del cuore amareggiato il campo del nostro lavoro, i morti, i feriti, tutti, invocando su tutti l'aiuto del cielo.
Ma non minori pericoli ci attendevano nell'attraversare quell'immensa distesa di rovine : muri crollanti, macigni ed archi sospesi e minacciosi, macerie che si aprivano sotto i piedi in larghi fenditure, dalle quali giungevano distinti i gemiti soffocati di tante vittime, rendevano vacillante il nostro passo ed incerta la vita, che di continuo a voce alta andavano raccomandando a Dio ed a Maria SS.ma. Se avessi potuto seguire l'impulso del mio cuore sacerdotale mi sarei assolutamente fermato in quel campo funereo; ma l'obbligo di provvedere ai nostri superstiti per me era più grande. Tuttavia mi fermai più volte per assolvere i morenti sotto le rovine e per consegnare ai pochi parenti superstiti alcuni dei nostri collegiali. Dopo due ore d'incerto cammino giungiamo al mare... chiedo a tutti qual sia la corazzata pronta per Napoli, ma nessuno risponde.
Il mare era fremente ; le navi erano ancorate a notevole distanza dalla rotta sommersa banchina e le sirene fischiavano lamentosamente come se piangessero la rovina della fiorente città, lo sterminio di una intiera popolazione... Grido nuovamente: « Dove andiamo? » Ed ecco che mi si fa incontro un antico convittore dell'istituto, sig. Giuseppe Raneri, che mi abbraccia affettuosamente e mi assicura che Catania non ha risentito gravi danni dal terremoto. Allora corriamo alla stazione passando sul suolo in gran parte invaso dal mare ed in parte vacillante e malfermo sotto i nostri piedi, ingombro di cumoli di macerie e di cataste di legna.
Ed eccoci alla stazione ferroviaria. Migliaia di persone, scalze, lacere, tremanti di fame e di freddo si accalcano, si pigiano per aver un posto in qualche carrozzone, per fuggir da quella terra di desolazione e di morte. Anche noi, dato l'assalto ad un carrozzone, riusciamo a trovarvi un posto tutti insieme: e solo allora, sollevando una preghiera di riconoscenza alla Vergine SS.ma, ci parve di essere fuori di pericolo.
Il treno procedeva assai adagio, quando, a contristarci maggiormente fra Galati e Scaletta ci si presentò lo spettacolo raccapricciante di un orrendo naufragio. Erano una diecina di naufraghi, che aggrappati disperatamente a tavole galleggianti lottavano contro le onde, in uno spasimo di morte, invano invocando soccorso. Imposi silenzio ai viaggiatori dei carrozzone e recitammo insieme una Salve Regina; quindi sporgendomi dal finestrino a voce alta eccitai quei miseri alla contrizione e diedi loro l'assoluzione, mentre il treno continuava lentamente ad avanzare.
Ad Ali vidi con dolore l'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, diroccato; ma seppi, a mio conforto, che le suore e tutte le alunne, meno una, erano state salve nel disastro.
Finalmente alle diciotto giungemmo a Catania, accolti alla stazione con indicibile carità dai nostri confratelli, che ebbero per noi le cure più sollecite ed amorose e ci annunziarono che la sera precedente, non appena si era diffusa a Catania la notizia del disastro, l'Ispettore e il direttore avevano tentato di partire, ma che soltanto in quel mattino avevan potuto mettersi in viaggio per la città distrutta.
L'incendio minaccia le rovine dell'Istituto - Senza viveri - Pietoso salvataggio - La seconda notte - I Russi salvano ancora due fanciulli - Il trasporto dei feriti alle navi.
Intanto i nostri poveri confratelli rimasti a Messina con Don Boeris vedevano l'incendio avanzarsi sempre più spaventosamente. Allarmati, trasportarono ad uno ad uno i feriti in un giardino situato più in alto; ma ai meschini mancavano i viveri. Un signore, che passò di là, commosso offre loro del pane, ed una donna del vicinato prepara una pignatta di riso, che dal caro D. Boeris viene distribuito ai feriti. D. Farina intanto vedendo in un viottolo vicino un branco di capre ne afferra una ed al capraio: « Ecco due lire » grida «datemi del latte ». Il brav'uomo munge il latte che fu una provvidenza pei feriti e per le creaturine che in alto morivano di fame e di sete! Infatti un bravo muratore (di cui mi dispiace di non sapere il nome per potergli manifestare la nostra riconoscenza) tocco a pietà alle grida strazianti di quei fanciulli che soli rompevano il lugubre silenzio della collina, munitosi di una scala, portò loro una bottiglia di latte, quindi coll'aiuto di qualche amico riuscì fra mille pericoli a strappare dalle macerie alcuni di quei sofferenti ricoverandoli nella sua capanna. Salvarne ancor due che vi rimanevano non fu assolutamente possibile.
Di quel giorno alle 4 pomeridiane, dopo 8 ore di viaggio, giungevano sul luogo del disastro il signor Ispettore e D. Camuto. Alla vista di Messina distrutta e del collegio rovinato, impietriti dal dolore, non potevano proferire parola, ma la loro presenza consolò i confratelli e raddoppiò alacremente il salvataggio.
Calava intanto la seconda notte, oscura, piovosa, e rattristante, per le continue scosse del suolo e per i prolungati lamenti dei due fanciulli sempre sospesi sui loro letti impigliati fra la travatura di ferro e coperti di macerie. Per gli infelici omai veniva meno ogni speranza, poichè anche D. Canuto invano era sceso fino al mare in cerca di soccorsi.
È inutile il dire che nessuno potè chiudere occhio nemmeno quella notte.
Al primo albeggiare del 30, si mandò nuovamente in cerca di soccorso. I nostri fremevano al pensiero di dover lasciar morire d'inedia e di spavento quei teneri fanciulli, quando D. Camuto incontratosi fortunatamente con un drappello di soldati russi, li arresta ed avvicinandoli scambia col capo della brigata qualche parola in francese. Quei bravi soldati al sentire che due fanciulli ancor vivi trovavansi in estremo pericolo, munitisi di opportuni mezzi di salvataggio seguono il nostro confratello, il quale è costretto a fare il sordo alle pietose preghiere di alcune povere madri, che piangendo gli additang le rovine sotto cui son sepolti i loro figliuoli ; e finalmente giungono al collegio ed in men che non si dice eccoli al primo piano. Di là afferrata una scala, con la stessa a ripetuti colpi si liberano un passaggio attraverso il rovinato pavimento del piano superiore, donde giungevano i fiochi gemiti dei 2 fanciulli feriti. Prudenti e coraggiosi, rassicurata la scala, i bravi russi la salgono velocemente e dopo un'ora di faticoso lavoro, mettendo a repentaglio la loro vita, strappano alla morte anche quei due angioletti che da cinquantaquattro ore aspettavano una mano salvatrice i
Ma i viveri mancavano affatto e le ultime goccie di latte avevano ristorate le labbra dei poverini. Era necessario provvedere anche al vitto, altrimenti le condizioni di tutti sarebbero peggiorate. Come fare? Anche la mancanza di ogni mezzo di trasporto li affliggeva, gettandoli in una profonda tristezza. D'altra parte tentare altri salvataggi nelle tre parti del collegio sprofondate, senza aiuto e senza mezzi di sorta, era impossibile, tanto più che in due parti, non si trattava di rimuovere un monte di rottami, ma di scavare addiritura due voragini ricolme di macerie. Fu allora che Don Farina, il ch. Amato, il caro D. Boeris e D. Cavina, accorso da Randazzo, s'accinsero ad un'ultima impresa disperata. Dato un mesto addio alle rovine del Collegio e pregato l'eterno riposo agli estinti, caricandosi i feriti sulle spalle, un dopo l'altro, in mezzo ad una calca di gente meravigliata. li trasportarono alla marina, ove accolti sulle navi russe, alcuni furono trasportati a Siracusa, altri a Napoli, la maggior parte a Catania.... Ecco la fine miseranda dell'Istituto S. Luigi di Messina i
Ora, o doloratissimo Padre, sono circondato da uno stuolo di bimbi, fino a pochi giorni fa felici e beati, oggi inconsolabili nella loro sventura. Alcuni hanno perduto il padre e la madre, altri ambo i genitori, nel tremendo disastro. Io li guardo commosso e cerco d'incoraggiarli a confidare in Dio e nella sua immancabile Provvidenza.
Nella prova e nel dolore mi arrivano numerosi telegrammi e tenerissime lettere dai confratelli lontani; le loro parole vorrebbero confortare questo cuore per sempre straziato, ma chi, chi potrà riempirvi il vuoto immenso, lasciato da tante esistenze, troncate attorno a me in sì breve tempo?
Penso che il Signore, se ha permesso tanta sciagura, non può non averla permessa che con sapienza infinita... Noi meschini non comprendiamo le sue vie, ma è dover nostro di adorarle!
Preghi per le care vittime, amatissimo Padre, e la sua benedizione venga a lenire le ferite dei nostri superstiti e le angoscie del
Suo Dev.mo Figlio in G. C.
Saa. ANGELO LOVISOLO. Catania, 12 gennaio 19o8.
Altre case delle Figlie di Maria Ausiliatrice.
Insieme con le prime notizie del disastro apparvero sui giornali voci allarmanti circa la sorte del Collegio delle Figlie di Maria Ausiliatrice in Ali Marina e di quelle educande. L'apprensione destata dalle notizie pareva confermata dal doloroso silenzio, finchè un telegramma e poi varie lettere giunte alla Superiora Gene cale dell'Istituto mutavano la triste ansietà sanguinante in un inno di riconoscenza nonostante la gravità del disastro. Ecco la lettera dell'Ispettrice.
Ali Marina, 29 dicembre 19o8.
REVERENDISSIMA E CARISSIMA MADRE,
Eccoci in un deserto ! Delle nostre care educande alcune sono partite ed altre i cui parenti rimasero sotto le macerie sono a Catania con quelle che ancora non furono richieste dalla famiglia. E noi? Siamo qui che ci guardiamo attorno, esterrefatte nell'animo, sebbene si cerchi di mantenere un esterno che possa incoraggiare gli altri!
Oh Madre, Madre cara! Io non le potrò mai ridire lo spasimo di ieri mattina! Erano le 5,2o ed io mi mettevo alla scrivania per sbrigare alcune lettere, quando, tutto ad un tratto sento un rumore immenso. Appena potei comprendere di che si trattava, salii volando le scale sebbene sbattuta a destra ed a sinistra dalla forza del terremoto. Trovai sul pianerottolo sei ragazze che fuggivano. Mentre sto per precipitarmi in dormitorio onde aiutarle a salvarsi, io non vidi più il dormitorio ma cielo e macerie! Oh Madre! quel che abbia fatto nol so! so che se non siamo impazzite tutte fu un miracolo! Accorsero intanto le assistenti, alcune postulanti e novizie, e si misero al lavoro di salvataggio. Esterina mi stava innanzi impigliata nelle travi e nelle stuoie e si potè trarla fuori. Parecchie educande si svincolarono da se stesse dai rottami, dagli inciampi delle stuoie e uscivano, come fantasmi, dai loro sepolcri, gridando però a tutta forza: « Siamo salve! siamo salve! Maria Ausiliatrice ci ha salvate! »
Alcune piccine bisognava strapparle dai letti coperti di travi a viva forza, perchè non volevano uscire... in camicia! Care innocenti ! non comprendevano il loro pericolo! Una fanciulla fu sfiorata alle tempia, da una grossa trave ed aveva perduta la conoscenza : anche essa si potè strappare alla morte!
Intanto il vento ci spegneva i lumi ad ogni istante lasciandoci nella più angosciosa oscurità. Io gridavo: « Contate le ragazze; ditemi quante ne mancano! » Mi sentii confortata quando si venne a dirmi : « Ci sono tutte, non ne manca nessuna ! »
Discesi in cortile, ove un orribile maremoto aveva spinto le onde fin presso l'edificio. Ci trovavamo adunque in una ben terribile posizione. Da una parte il mare, dall'altra le macerie cadenti! La Madonna ci aiutò! Ad un tratto una voce annunzia che manca suor Rosina. Una giovanetta, liberatasi dai rottami che stavano per soffocarla e che l'avevano ferita alla testa, ci dice che l'assistente era tuttora là sotto. Immagini lo sgomento. Era già passata una buona mezz'ora dal crollo ; si era chiesto l'aiuto di uomini e fortunatamente erano giunti. Si risalì di volo al dormitorio e si comincia a scavare, finalmente si ode un gemito : « È ancor viva! » si grida da tutti. Dopo un lavoro febbrile di quella brava gente si riesce a scoprire la testa ed il busto. La poverina si stava vestendo, quando cadde su di lei parte del terrazzo soprastante ; restò piegata in avanti... La sua posizione era ben penosa, emetteva schiuma dalla bocca. I sacerdoti accorsero e le diedero l'assoluzione. Parve mancare. Una grossa trave le attraversava, opprimendola, lo stomaco. Si dovette attendere una sega e segare. Toltala quindi di peso gli uomini la trasportarono in cortile. Mentre si era intenti a liberare la poverina, corrono suore ansanti a dire: « Manca Mariuccia Rizzo », un gioiello di bambina che il papà voleva a tutti i costi ritirare prima di Natale ; ma essa volle restare fra noi, almeno fino al termine dell'anno.
Lascio a Lei immaginare lo spasimo dei nostri cuori! Si corre dove si supponeva potesse trovarsi il letto di Mariuccia e si comincia a scavare e a chiamarla. Finalmente si ode una voce che dice: e Mi scoprano la testa». Era stata coperta dai rottami, ma essa si era difesa, come potè, gettandosi sotto le coltri. Si alza di botto intatta e grida: « Maria mi ha salvata! Maria mi ha salvata! la ringrazierò per tutta la vita! » Scalza, in camicia, a tentoni, fra i ruderi, anch'essa si mette in salvo e si torna con ansia a suor Rosina, attorno alla quale lavoravano parecchi uomini e qualche suora.
Ma una nuova voce trafelante grida: « Manca Melina Messina, la nipote di suor Rosina ». Questa volta il cuore di tutte agghiacciò. Corro al suo letto, lo trovammo rotto e sfondato dalle travi! Dopo un lungo, silenzioso e febbrile lavoro, dopo una lunga e penosa fatica spunta finalmente la capigliatura scomposta, poi la testa, poi le braccia, ma ahi! il suo abbandono tutto rivelò in un momento... Si tacque per non impressionare suor Rosina che pur si dimenava fra le strette di una penosa agonia, che poi si risolse in bene. Alla buona Melina furono prodigate alcune cure più urgenti : frizioni, senapismi ecc. ecc. per oltre due ore, ma l'anima sua bella era volata al cielo! A suo conforto le dico che mori certo quale angelo. All'Immacolata aveva fatto la sua prima Comunione ; aveva tredici anni, aveva chiesto fervorosamente a Dio di morire prima di uscire dal collegio, piuttosto che commettere un peccato. Alcuni giorni avanti aveva detto a suor Rosa: « Come morirei volentieri adesso! ho fatto la mia confessione generale, ho detto tutto, tutto; ho pianto tanto sui miei peccati. Non ho proprio nulla che mi dia pena! » Ed il buon Dio la volle con sè nel bel giorno degli innocenti!
Suor Rosina soffre ma gode a un tempo. Domani la porteremo accanto alla nostra cara Madre (1).
Ecco la storia dolorosa del mattino del 28 dicembre. I due dormitori dal lato dei bagni solforosi sono totalmente distrutti, non restando più pietra sopra pietra. Tutto il resto della casa, salvo il sotterraneo, è sconquassato ed inabitabile. Per grazia di Dio restarono in piedi le scale, il corridoio centrale; ciò ci ha dato facilità di salvare le nostre ragazze. La chiesa ha la vòlta caduta per metà; i muri sono tutti pericolanti. In casa siamo solo più quattro: le altre sono partite per Catania, Mascali, Bronte ecc. Qui non è prudenza stare : la notte scorsa abbiamo dormito in venti e più di noi sotto la tettoia della stazione, Stasera le rimaste andranno a dormire sopra un carrozzone.
Ed a Messina? Eravamo in un'ansia terribile.
I treni non viaggiavano. Il telegrafo non funzionava. Finalmente passò sul treno un giovane e ci assicurò che le suore erano salve. Io era decisa di andare stamane a prenderle, ma stanotte passaron di qui tutte esterrefatte. Suor Carlotta, avvolta nn uno scialle, suor Agnese sfigurata; la direttrice tutta contusa. Mi dissero che tutte erano stata salvate per miracolo e grazie l'eroismo dei nostri bravi soldati. Suor Claudina stette due ore sotto le macerie senza poter ricevere aiuto.
I poveri Salesiani di Messina perirono in cinque o sei sotto le rovine, ed anche qualche giovane. Non ho nessuna nuova di Barcellona. Le linee e i fili sono interrotti. È una strage dappertutto. Messina è rasa al suolo; cosi Reggio, Villa, Bagnara ecc. ecc.
Vi sarà bisogno che io dica che non ci raccapezziamo? che non so proprio quel che debba fare? Le scosse si ripeterono a brevi intervalli e sebbene mi trovi nel sotterraneo mi obbligano a scappare per non essere imprudente. Faccia fare un triduo di ringaziamento, perchè dovevamo essere morte e siamo vive. E dica a tutte per noi che la Madonna è buona, buona, buona! Mi benedica. Non rileggo la lettera perchè mi fa pena e perchè scappo, che la terra trema tutta.
Domani spero fare una sfuggita a Catania per ordinare tutte quella gente là ammucchiata. Madre, ci venga in aiuto: preghi per la sua
Aff.ma
Suor DECIMA ROCCA
Figlia di Maria Ausiliatrice. **
Parecchie altre case delle Figlie di Maria Ausiliatrice subirono danni, ma non ebbero vittime.
A Trecastagni diroccò un muro del giardino e casa e chiesa ebbero larghe screpolature. A Barcellona la casa fu resa inabitabile. A Mascali Nunziata la scossa fu tremenda, ma non si ebbero danni.
A Messina poi, ove le Figlie di Maria Ausiliatrice avevano una casa nella parte bassa della città, tutte rimasero coperte dalle macerie, ma poterono esserne tratte salve e quasi incolumi, sicchè la mattina stessa del 29, dopo un viaggio penoso e alla meglio vestite, esse già ringraziavano il Signore per lo scampato pericolo nella cappella delle loro consorelle di Catania.
(1) « La Madre (annota la rev.ma Superiora Generale) è SUOR MADDALENA MORANO, prima ispettrice della Sicilia che solo pochi mesi fa ci lasciava nel pianto. A trent'anni, attratta dallo spirito del Ven. Don Bosco, entrò nell'Istituto dallo stesso Venerabile da poco tempo fondato, consacrandovi per intero la mente, il cuore, le forze, la vita. Mandata in Sicilia da prima come Maestra, fu eletta in seguito Direttrice, poi Ispettrice di quelle case, e per 22 anni esercitò colà un mirabile apostolato lasciando alla sua morte ben 18 case fiorentissime, dedite all'educazione della gioventù femminile. Donna forte, nei pericoli e nelle necessità ricorreva a Maria Ausiliatrice con una fede inconcussa. Ricordo che nella novena di Natale del 1899 infuriando un'orribile burrasca che minacciava di demolire una parte del Collegio di Alì, Suor Morano, mentre la comunità si era raccolta in chiesa innanzi il SS. Sacramento esposto, scende in cortile e volgendo al mare infuriato una statua di Maria SS. Ausiliatrice, promette speciali preghiere di riconoscenza, implorando la grazia. E la grazia è fatta. Il mare continuò ad infuriare, ma i marosi cambiarono direzione e il Collegio fu salvo !
Una circolare di D. Rua - Gli alunni degli Istituti Salesiani invitati a soccorrere gli orfani superstiti - Altri particolari ad altro numero.
Ed ora, sentiamo il bisogno, o cari Cooperatori, d'implorare abbondanti suffragi per tutti i periti a causa del disastro ed aiuti materiali e spirituali pei poveri superstiti.
Preghiamo!... La mirabile gara di carità che si destò nel inondo intero lenirà il dolore dei feriti, sazierà i famelici e ridarà un tetto a molti infelici. Ma chi infonderà la rassegnazione necessaria in tanti cuori sanguinanti? Solo la fede e la preghiera!
Mentre preghiamo pei cari defunti - scriveva D. Rua a tutte le Case Salesiane - raccomandiamo pure al Dio delle consolazioni e alla Madre degli afflitti, Maria, Aiuto dei Cristiani, i desolati parenti che piangono con noi la perdita dei loro cari. Oh! mio Dio, date voi conforto alle madri, ai padri, ai fratelli, alle sorelle, ai parenti tutti dei miei confratelli e concedete loro la forza di compiere con cristiana rassegnazione e generosità quel sacrifizio che le povere vittime hanno certamente fatto di sè nei supremi istanti della loro vita!
La stessa preghiera, o cari cooperatori, innalziamola per quanti versano amare lagrime a causa del terremoto.
Ma alla preghiera uniamo l'azione. L'immane disastro, che lanciò nello squallore e nel lutto tanta parte delle Calabrie e della Sicilia e due grandi città rase pressochè al suolo - scriveva alla sua volta il rev.mo prof. Don Francesco Cerruti ai Direttori delle Case Salesiane - commosse profondamente gli animi non solo d'Italia, ma di tutto il mondo incivilito, e suscitò e suscita ovunque slanci di generosità e di eroismo, mostrando ancora una volta quanta potenza di solidarietà e fratellanza, ossia di carità, alberghi nelle società in cui penetrò il Cristianesimo. Primo alla testa di questo grande movimento, che segnerà un'epoca nella storia dell'umanità, noi vedemmo il nostro amatissimo Superiore D. Rua, il quale, appena ebbe sentore dell'enorme sciagura, senza badare a sacrifizi, ma solo inspirandosi al suo cuore che è il cuore di Don Bosco, al cuore sanguinante per la dolorosa sorte di confratelli e figli, aperse senz'altro le porte de' suoi Istituti ai giovani rimasti orfani dal terremoto. Or l'esempio suo deve trasfondersi in noi, in noi cioè e ne' giovani alle nostre cure affidati...
Sono persuasissimo che tutti gli alunni dei nostri Istituti e dei nostri Oratori, da voi informati dell'orrenda catastrofe e delle spaventose sue conseguenze, non esiteranno un istante a consegnare a voi, a seconda della possibilità di ciascuno, i loro regali, o i loro piccoli risparmi, perchè siano destinati a sollevare, pur in piccola parte, le migliaia e migliaia d'infelici, sopratutto loro coetanei. Formare i giovani fin dai primi anni all'esercizio della carità è opera eminentemente educativa per se stessa e doverosa per noi, figli di D. Bosco, che fu meritatamente definito il S. Vincenzo de' Paoli del secolo XIX...
E in breve, da ogni parte, presero a giungere le più consolanti notizie della generosità e del buon cuore degli alunni dei nostri istituti.
I giovani dell'Oratorio di Torino, studenti ed artigiani, con un'unica spontanea colletta raccolsero 225 lire. Gli alunni del Collegio di Lanzo rimisero al loro direttore i soldi ricevuti per le Feste Natalizie. Altrettanto fecero i giovani dell'Oratorio Festivo di Valdocco, i quali in una sola giornata seppero raggranellare, soldo a soldo, oltre 15o lire, che offersero al caritatevole scopo.
Daremo altri pietosi particolari in altro numero.
I Cooperatori Salesiani, i quali confessati e comunicati divotamente visiteranno qualche Chiesa o pubblica Cappella o se viventi in comunità la propria Cappella privata, e quivi pregheranno secondo l'intenzione del Sommo Pontefice, possono lucrare l'INDULGENZA PLENARIA:
ogni mese:
1) in un giorno scelto ad arbitrio di ciascuno; 2) nel giorno in cui faranno l'esercizio della Buona Morte;
3) nel giorno in cui si radunino in conferenza;
dal 10 febbraio al 10 marzo
Il 22 febbraio, Cattedra di S. Pietro in Antiochia.
Inoltre: ogni volta che essendo in grazia di Dio (senza bisogno di accostarsi ai SS. Sacramenti o di visita a qualche Chiesa) reciterauno 5 Pater, Ave e Gloria Patri per il benessere della cristianità ed un altro Pater, Ave e Gloria Patri secondo l'intenzione del Sommo Pontefice, lucreranno tutte le indulgenze delle Stazioni di Roma, della Porziuncola, di Gerusalemme e di S. Giacomo di Compostella.
Torniamo a ricordare che tutte le indulgenze concesse ai Cooperatori:
I) sono applicabili alle anime sante del Purgatorio.
II) che pel loro acquisto è richiesta per tutti la recita quotidiana di un Pater, Ave e Gloria Patri secondo l'intenzione del Sommo Pontefice coll'invocazione: Sancte Francisce Salesi, ora pro nobis.
ECONOMO GENERALE DELLA PIA SOCIETÀ DI SAN FRANCESCO DI SALES
LA BONTÀ congiunta all'amabilità è dote non comune, e fra i pochi che la posseggono rari son quelli che ne hanno tutti i tesori e ancor più rari quelli che ne son prodighi a tuttì con mirabile generosità, per cui non sembrano uomini, ma angeli. Il loro passaggio sulla terra è simile allo splendore di una meteora nel firmamento, poichè vivessero anche cent'anni, a tutti parrebbe troppo breve la loro vita, intessuta di opere di carità per tutti e scevra da ogni offesa, da ogni acrimonia e da ogni risentimento; splendono vivificando e si dileguano in un istante, ma la luce irradiata imprime in tutti i cuori un ricordo buono, santo, incancellabile.
Fra questi uomini rari noi collochiamo senza esitazione alcuna il professore Don Luigi Rocca, Economo generale della nostra Pia Società, rapito al nostro affetto quasi improvvisamente, nell'ancor verde età di 55 anni.
Nato a Milano il 6 luglio 1853, aveva già compiuto. in patria le classi elementari e le prime quattro ginnasiali, quando, trilustre appena, udendo i miracoli di carità che nel nome di Dio andava compiendo un umile prete piemontese, chiese ed ottenne di venire a proseguire gli studi a Torino presso di lui. Entrato nell'Oratorio Salesiano il 18 settembre 1868, restò rapito nel contemplare il gran tempio che solo pochi mesi prima era stato soleunemente consacrato a Maria Ausiliatrice, ma fu ancor più colpito dalla meravigliosa carità di D. Bosco per i poveri fanciulli. Il Venerabile alla sua volta intuì fin dai primi giorni la pietà, il candore, l'ingegno e la singolare dolcezza del giovane milanese, per cui vedendolo mirabilmente fornito delle migliori qualità per farne un ottimo Salesiano, l'anno seguente, il giorno anniversario della sua nascita lo chiamò a sè e gli disse: « Questa sera metterai l'abito chiericale! » Il giovane Rocca non aveva avuto fino a quel momento intenzione ben decisa di abbracciare la carriera sacerdotale, ma D. Bosco aveva parlato! ed egli, avendo già conosciuto chi era D. Bosco, con pronta e lieta obbedienza il 6 luglio 1869 indossò l'abito talare, ponendosi senz'indugio a coadiuvarlo nelle sue opere sante.
Eletto assistente, le sue prime cure, sagge, solerti ed affettuose, furono per gli artigiani dell'Oratorio, in mezzo ai quali sarebbe rimasto per tutta la vita. Contemporaneamente, conseguita per consiglio di D. Bosco la licenza liceale, prese per volere di lui a frequentare l'Università di Torino, riportandovi il diploma di Professore in Matematica e Scienze Fisiche e Naturali.
Inviato nell'ottobre del 1874 al Collegio Municipale di Alassio, quivi fu promosso al sacerdozio il 18 dicembre 1875, e quivi rimase per oltre quattro lustri. Dapprima insegnante, poi vice-direttore, indi direttore-preside di quel fiorente ginnasio-liceo, manifestò nelle differenti mansioni una mente ognor superiore all'altezza dell'ufficio, un'invariabile bontà di cuore, e quel raro criterio pratico, per cui in ogni tempo e senza alcuna eccezione ebbe avvinti dolcemente a sè i cuori dei confratelli e degli alunni. Monumento stabile del suo soggiorno ad Alassio è pure quell'Osservatorio meteorologico, sorto per sua iniziativa e che. gli diè agio di stringere amichevole relazione con varî celebri scienziati, come il barnabita P. Denza e l'Em.mo Card. Maffi, che l'ebbero carissimo.
Nel 1895 eletto Economo Generale, cui è pure affidata la direzione tecnica di ogni costruzione, prese a disimpegnare il nuovo ufficio con tanto onore dell'arte e pari corrispondenza ai nostri bisogni, che, mentre si cattivò l'ammirazione e la stima di valenti artisti, dotò pure la nostra Pia Società di ammirate costruzioni. A D. Rocca infatti, per accennare soltanto le più recenti, si devono gli Istituti Salesiani di Oswiecim, Lubiana, Lisbona e Vienna, ed è pur suo merito se così maestoso e in così breve tempo sorse e fu consacrato il nuovo Tempio di S. Maria Liberatrice in Roma.
Enumerare le sue virtù, in un breve elogio non è possibile. Il suo buon papà venendolo a trovare all'Oratorio mentre egli era ancor chierico, una volta chiese a D. Bosco notizie sul diportamento di lui: « Caro signor Lorenzo, gli rispose D. Bosco, suo figlio ha un gran difetto!... È troppo giovane; del resto ha già tutte le doti che ne farebbero un buon direttore! » E fra queste doti, che in lui si fondevano in un'amabilità singolare, mirabile fu la carità!
Chierico, sacerdote e superiore, D. Luigi Rocca pose ognor le sue delizie nell'assistere i malati e nel confortare i moribondi; infatti l'ultima opera buona che compì, fu appunto una visita in città al letto di una persona inferma. Chiamatovi verso le 3 pom. del 19 gennaio, barcollante si allontanò da quella camera in cui aveva portato con la sua dolce parola le consolazioni della Fede, e, in capo alla scala di quel palazzo, improvvisamente fu colpito da emorragia cerebrale. Trasportato senza indugio all'Oratorio, nonostante le più amorevoli cure e i voti nostri più ardenti, benedetto ripetutamente dall'addolorato D. Rua e circondato amorevolmente da tutti gli altri superiori, alle 9,3o antimeridiane del 21 gennaio, volava al fianco di D. Bosco in Paradiso.
La sua salma, esposta per oltre un giorno, raccolse le più riverenti dimostrazioni da persone di ogni ceto e di ogni condizione; e i suoi funerali, celebratisi il giorno 23 con stragrande concorso di ex-allievi, ammiratori ed amici, furono la miglior prova della piena stima e dell'affetto universale che godeva l'indimenticabile figlio di D. Bosco. Deh! pregate voi pure, o benemeriti Cooperatori e benemerite Cooperatrici, per l'anima sua; e possano le vostre preghiere lenir anche il nostro acerbo dolore!
Matto Grosso (Brasile)
Da Cuyabà alle sponde del Rio Vermelho.
Un'escursione fortunata. (Relazione del Missionario D. Gio. Balzola *).
Alle falde del Naboreri- Un uragano nella foresta - Il pensiero della divina Provvidenza.
Il viaggio si protrasse in un continuo saliscendi fino a sera, in cui ci trovammo al Naboreri, donde godemmo un panorama migliore di quello del giorno precedente, cioè immense foreste tutt'intorno e monti lontani, tutte terre dei Coroados. Pernottammo alle falde del monte, il quale, visto da vicino, ha proprio l'aspetto di una fortezza, poichè alla sua sommità elevasi un colle che sembra un castello medioevale. Accanto il Naboreri, sorge un altro monte d'identica forma, ma più piccolo, dagli indii detto Pirogeri.
Durante la notte, prese a soffiare un vento così forte dal nord, che pareva volesse portar via le tende. La guida mi disse subito che sebbene quella non fosse la stagione delle pioggie, e anzi non si dovesse normalmente aspettare la pioggia prima di 4 mesi, tuttavia quel vento e il caldo altissimo che faceva annunciavano un temporale imminente. Che fare? Eravamo partiti calcolando di star fuori quattro giorni e intanto n'erano già passati due senza che potessimo riprometterci vicina la méta, poichè nessuno di noi, nemmeno la guida come ho accennato, aveva percorso altra volta quella parte e i tre indii, giovani come erano, non erano neppur essi pratici del luogo. La direzione quindi più sicura era quella di seguire le tracce del recente passaggio degli indii, e su queste riprendemmo il cammino, piegando verso sud.
E la speranza di trovarci presto di fronte a un'aldea era tanto maggiore, in quanto che il di precedente avevamo scorto un fuoco assai vicino nella foresta. Invece percorremmo ancora una ventina di chilometri senza incontrare nè l'aldeamento nè un indio.
Ed io era già preoccupato, perchè le provviste si limitavano a quattro giorni e pareva che anche il terzo dì omai scorresse inutilmente. Mi faceva coraggio pensando che la carne del cervo ci rendeva un buon servizio, quando in pochi istanti il cielo si coperse di densi nuvoloni e presero a guizzare lampi e a scrosciare tuoni, in modo terribile. Una scarica di pioggia in quel luogo senza riparo di sorta non era certo la cosa più bella, eppure pareva inevitabile, e, umanamente pensando era proprio inevitabile un bagno solenne.
Mentre con atti di rassegnazione mi disponeva a quella fortunosa avventura , sentii chiaro e insistente nella mia mente il pensiero: « E credi che Dio non vegli sui passi dei suoi servi? e pensi che a Lui sia impossibile di ripararti in qualche guisa dalla tempesta imminente? » Immerso in questa insinuante riflessione, uscii dalla foresta ed ecco dinanzì a noi i chiari vestigi di un'aldea vicina, seguendo i quali in capo a dieci minuti ci trovammo di fronte ad un villaggio abbandonato di fresco! Avemmo appena tempo di entrare nel capannone centrale con gli animali insellati, che in sull'istante prese a cadere una pioggia torrenziale che, se pareva di pochi minuti o di mezz'ora al più, continuò invece persistente fin dopo mezzanotte. Simili circostanze, che altri può chiamare fortuite, non possono fare a meno di infondere nel cuore del Missionario una fede più viva ed una confidenza più illimitata nella Divina Provvidenza. « Deo gratias! ripetei più volte di tutto cuore. Se una tal pioggia ci coglieva in mezzo alla foresta, che giorno e che notte avremmo trascorso ! Che Dio ne sia benedetto!... »
Nell'aldea deserta del « Cogueau » - Il capitan G. Ponce - Commovente dimostrazione di riconoscenza - Profonda superstizione - Torna il sereno ! - All'Arojari.
Il bahyto era uno dei più grandi da me veduti; era lungo 18 metri e largo 7, indizio certo del numero grande di selvaggi che dimoravano in quell'aldea. Le case erano 21 e tutte nuove. Dio volle che almeno vi trovassimo due uo mini ed un fanciullo, che eran tornati a prendere l'immancabile urucù.
Vedendo che uno di essi era assai svelto e spedito nel parlare, gli chiesi come si chiamasse ed egli:
- Imi Capitan Generoso Ponce!... (Io sono il Capitano Generoso Ponce!) mi rispose.
Perbacco! dissi fra me, nientemeno che l'attuale Presidente dello Stato!...
E indicando il ragazzo: - E questo come si chiama? - gli domandai.
- Questo è mio figlio, l'unico che ho e non ha alcun nome.
- Ebbene, gli risposi, lo chiameremo Giovanni Bosco ! - lieto che là pure un fanciullo venisse fregiato del nome di D. Bosco Venerabile.
- E l'altro? domandai ancora indicando il compagno.
- Egli pure è senza nome!
- Allora, continuai, si chiamerà Michele Rua! - felicissimo che anche in quelle parti cominciassero ad essere intrecciati due nomi carissimi al cuore di ogni salesiano.
Quindi mostrai tutto il mio rincrescimento di non aver trovato gli indii, perchè il Capitan Generoso Ponce « il Grande » mi aveva dato molte cose per loro ed io contavo proprio di vederli e di parlare con essi. Aggiunsi che lo scopo del mio viaggio era quello di cercare un luogo bello, dove vi fosse caccia e pesca abbondante, volendo rimanere in mezzo a loro per aiutarli e difenderli da molti pericoli, poichè con me si sarebbe fermato anche il Papai Grande (N. S. Gesù Cristo); e la Muga Grande (Maria Santissima) li avrebbe presi sotto il suo patrocinio, e se ne sarebbe allontanato il Bope (il demonio). E diedi loro alcuni doni.
Povera gente! com'ebbero veduto i molti regali, presero a ringraziarmene con tanto affetto e a ripetere con un accento che mi andò al cuore e mi commosse fino alle lagrime:
- In questi luoghi finora non era mai venuto nessuno a portarci dei regali e neppure a visitarci! E per questo i Bororos non avevano mai nulla!... Arroja bócua! tariga bócua! buoda bócua! akigo bócua, ecc., ecc. (cioè: non avevamo nessun vestito! nessun coltello! nessun amo! niente di filo, ecc. )
Ed enumerati con viva riconoscenza tutti i doni ricevuti, conchiudeva con dolore:
- E adesso che è venuto il Padre, essi non ci sono più. Poveri Boróros!
E prese a narrarmi la storia di quell'aldea:
- La nostra grande aldea, mi disse, era dall'altra parte del Rio Pogubbo (il Rio Vermelho) sulle sponde del Cogueau; ma l'anno scorso caddero molti ammalati e morirono molti. Allora, io, capitano, venni a cercare un altro posto e scelsi questo, ove feci venire tutta la gente e si fecero le capanne che si vedono. Ed io parlavo molto a loro. Ma ultimamente venne un capitano del S. Lorenzo; parlò molto ai Bororos e li invitò ad andare con lui, là in basso. Molti (i 122 più volte ricordati) vi andarono; ed altri andarono in altre parti. Io non volendo andare con lui, vado al jorigui-paru, e così l'aldea resterà deserta.
Gli chiesi ove si trovasse l'Arojari e seppi che era molto vicino. L'invitai ad accompagnarmi fin là all'indomani, ma egli:
- Non posso, mi rispose, debbo andare dove abbiamo lasciato le mogli, perchè le donne, stando da sole, hanno paura; e poi, di notte, compare talvolta la tigre.
Continuai a pregarlo e pareva che non volesse cedere alle mie insistenze; però la pioggia torrenziale non gli permise di partire, quindi si fermò di mala voglia. Avrebbe voluto che mandassi via la pioggia, perchè « non gli piaceva e di più sentiva freddo », e mi supplicava perchè con le mani e con la bocca facessi segno alla pioggia che si allontanasse, come usano fare i loro baires, ed io, fatto un segno di croce, l'assicurai che presto cesserebbe di piovere e che certo all'indomani non avrebbe piovuto. E intanto diedi a ciascuno una coperta perchè potessero dormire più comodamente. E restarono soddisfatti.
Mentre mi intratteneva con loro, il caro Bussi stava preparando un po' di cena. Cotta un po' di carne del cervo, siccome non sarebbe stato possibile indurli a mangiarne, perchè non essendo esorcizzata dai loro baires assolutamente si ritenevano proibiti di cibarsene, feci mettere nella stessa pentola un po' di riso affinchè potessero sfamarsi.. Quando lo offersi ad essi, si scambiarono uno sguardo espressivo e in coro mi dissero che non potevano mangiare neppure di quel riso, perchè era stato cotto nella stessa pentola ove era stata cotta quella carne! Poveri indii! dovetti impiegare un lungo discorso per indurli a mangiare. In fine diedi loro anche qualche altra piccola cosa, e mostrai il dispiacere di non poter dare di più, non avendo più nulla.
Durante la notte, era l'ultima del mese di Maria e la prima del mese del S. Cuore di Gesù, il capitano non chiuse un occhio. Continuò delle ore intere a parlamentare, dando ordini e avvisi, ritto in mezzo all'aldea, e più volte fece echeggiare le lodi più entusiastiche all'indirizzo del Missionario che aveva dimostrato tanta benevolenza per loro. I sei indii presenti davano i soliti segni di approvazione - Hu!... hu!... hu!... - al termine di ogni discorso.
La pioggia intanto continuava impetuosa e scrosciante ed io pregava la Madonna, di cui finiva il bel mese, che ci concedesse il sereno, perchè non solo avevamo anche noi bisogno di partire, ma non volevo davvero scomparire in faccia al capitano. Gli avevo detto che avrebbe cessato di piovere e così doveva essere: la mia era stata una profezia, « il Padre ha parlato, e la sua parola è infallibile!... » Grazie a Dio, dopo mezzanotte la pioggia cessò e comparvero le stelle, e sereno sorse il 1° di giugno.
Di buon mattino, insellati due animali, accompagnato dal bravo Capitan Ponce, fui a visitare il luogo detto Arojari. Era veramente vicino per cui vi giungemmo presto, e breve fu anche la mia perlustrazione, perchè vidi subito che esso non era troppo atto per una nuova Colonia ; fui però contento di averlo veduto, perchè non penseremo più all'Arojari. Così era pienamente e felicemente raggiunto lo scopo della mia escursione.
Fatta una nuova ed abbondante distribuzione di oggetti ai tre indii, partimmo.
Nel ritorno - Urge la fondazione di un'altra Colonia! - L'appello del Missionario.
Anche il ritorno fu quanto mai felice. Il 2 sani e salvi, giungevamo al Tribuiau, dopo aver percorso nuovamente circa 70 chilometri in terre affatto sconosciute. La famiglia del buon Luigi Esteves ci colmò di gentilezze. Rimessici il dì seguente in cammino, questi mi fe' vedere il luogo ove pensa d'innalzare la sua stabile dimora, e, di comune accordo, scegliemmo anche il punto per una cappella a Maria Ausiliatrice.
Giunti alle case di Giuseppe Rodriguez, trovammo che anch'egli era già tornato dal suo viaggio, ed ospitammo in casa sua, dove amministrai alcune cresime.
Rimessici il 4 in cammino, il 6 passavamo nelle vicinanze della fattoria del Brilhante, ove osservai che gli indii non erano ancor stati a raccogliere le ossa degli uccisi; e di quella sera giungemmo alla fattoria del sig. Pietro Maciel impiegato governativo e nostro buon amico, che trovavisi in licenza e fu ben lieto di udire per il primo il buon esito della spedizione.
L'indomani, 7 giugno, solennità di Pentecoste, sentii più vivo che mai il rincrescimento di non poter celebrare, ma ebbi la consolazione di amministrare un santo battesimo. Proseguendo tosto il cammino, passai per Buona Speranza, cioè la bella cascina del giovane nostro amico Antonio Camillo Fernandes, ove trovai il povero Osorio con la famiglia, cui feci concepire fondate speranze di un prossimo ritorno alle terra abbondonate, alle quali, dissi, potevano tornare anche subito, ma con prudenza, per vedere il bestiame colà abbandonato. Dissi con prudenza, perchè, sebbene mi sembri difficile una prossima scorreria degli indii al Brilhante, tuttavia non è improbabile pel profondo sentimento di vendetta che devono covare i parenti degli uccisi. Il signor Osorio rimase molto soddisfatto delle mie parole e sopratutto dell'esito della missione; come io restai molto contento nel poter battezzare in quell'occasione 4 dei suoi figli.
Di quello stesso giorno giungemmo ancor per tempo al Burity, ove anche il Sotto-delegato sig. Giuseppe Pereira Borges fu così lieto dell'esito felice della nostra escursione che ne scrisse subito una lettera di ringraziamento al Presidente dello Stato. Qui separatomi con riconoscenza dalla mia carissima guida, l'ottimo signor Luigi Esteves, e salutate le buone famiglie Borges, il 9 giugno giunsi in mezzo ai cari confratelli di Palmeiras, ove mi riposai alquanto, e donde partito alle 8,3o ant. dell'11, percorrendo senza interruzione più di 9o chilometri, giunsi di quello stesso di alla nostra casa di Coxipò cinque minuti prima della mezzanotte, rendendo infinite grazie a Dio, a Maria SS. Ausiliatrice e a D. Bosco per il consolantissimo esito della escursione.
Il signor Presidente dello Stato, al quale diedi conto del viaggio anche a voce, insieme con parole di conforto e di ringraziamento mi disse:
- Ora bisogna assolutamente pensare a fondare una nuova Colonia in quelle parti!
Veneratissimo signor D. Rua, anch'io sono d'avviso che la fondazione di una nuova Colonia nella zona centrale della tribù, è di assoluta necessità. E tutto ci dà a sperare nel suo pieno successo, poichè tutto ci dà a vedere che l'ora della redenzione di questi infelici selvaggi è suonata. Oh! sorgano nuovi apostoli che possano allargare il nostro campo, moltiplicare i sudori e raddoppiare in mezzo a questa tribù i consolantissimi frutti. Faccia davvero il Signore che questa mia povera relazione abbia a suscitare nuove vocazioni per le care missioni del Matto Grosso e a destare un caritatevole interesse fra i Cooperatori!
A questi Ella caldamente ci raccomandi, veneratissimo Padre, e dica a tutti che se non possono soccorrerci con mezzi materiali nessuno ci deve negare il sussidio di ferventi preghiere; anche di questo obolo spirituale abbiamo bisogno. Il Sacro Cuore di Gesù ne darà a tutti la meritata ricompensa.
I più umili ossequi a tutti i venerati Superiori, sulle cui preghiere pure grandemente contiamo. Ella poi ci benedica tutti, ma specialmente chi si professa con profonda venerazione,
Di Lei, amatissimo Padre,
Obb.mo figlio in Corde Jesu
Sac. GIOVANNI BALZOLA
Missionario Salesiano.
I ringraziamenti del Presidente dello Stato.
AVENDO il direttore del Collegio Salesiano di Cuyabà, Sac. Emanuele Gomes d'Oliveira, quale rappresentante dell'Ispettore Don Malan inviato la breve relazione di D. Balzola che noi pubblicammo tradotta dalla Gazzetta Ufficiale dello Stato fin dal mese di ottobre u. s., l'Ecc.mo signor Generoso Ponce inviò cortesemente questi ringraziamenti.
STATO DI MATTO GROSSO
PALAZZO DELLA PRESIDENZA IN CUYABÀ
Cuyabà, 6 Luglio 19o8.
N. 55
Rev.mo D. Emanuele Gomes d'Oliveira,
Nell'accusare ricevuta della lettera di V. S. Rev.ma in data 4 corrente, colla quale mi accompagnò la relazione del rev.mo D. Giovanni Balzola sull'escursione compiuta dal medesimo ai villaggi degli indii Bororos del Rio Vermelho, sento il dovere di ringraziare nuovamente la S. V. Rev.ma per questo valido servizio reso alla mia amministrazione e agli abitanti dei dintorni di quelle terre, e specialmente il rev.mo D. Giovanni Balzola per la sollecitudine e carità cristiana di cui diede prova in detta spedizione, la quale, grazie al suo zelo, ebbe un così consolante risultato.
Colgo l'occasione per rinnovare alla S. V. Rev.ma l'espressione della mia alta stima e considerazione e professarmi
Suo aff.mo
GENEROSO P. L. DE PONCE.
Equatore
Dalla missione di Gualaquiza.
La nuova cappella e il battesimo di tre giovani indii.
(Lettera del Sac. Giovanni M. Giner). Gualaquiza, 1 novembre 1908.
REVERENDISSIMO SIG. D. RUA,
Ho due notizie, una più cara dell'altra che saranno di grande conforto al premuroso e paterno suo cuore.
La prima è che abbiamo finito la costruzione della nuova chiesa; non ci resta che il tetto, il quale sarà di lastre di zinco. Oh la vedesse, che chiesa!... pensi che l'abbiamo tirata su in 50 giorni! Ma non creda che sia una semplice capanna, è quanto di meglio potè compiere la nostra buona volontà sorretta dalla fede, e il Signore, speriamo, ne dev'essere contento! Il zelante ed attivo D. Giaccardi fu l'anima di questa impresa, alla quale hanno dato mano tutti, non solo i bianchi, ma anche i jivaros di Gualaquiza. Bisognava vedere che lena! Si lavorò con mirabile alacrità e da tutti per 50 giorni, e per opera di tutti la chiesa è sorta ed è sorta capace di contenere tutto il popolo di Gualaquiza. Senza quest'aiuto certo la nuova chiesa non sarebbe ancora, e intanto la vecchia, pericolante, bisognava atterrarla ad ogni costo, per cui in queste lontanissime selve non avremmo più avuto nemmeno il conforto di Gesù in Sacramento.
Poche settimane fa si presentarono alla nostra residenza alcuni jivari di Mendez, e con loro tre giovani, Chu di 14 anni, Cajejar di 1o, e Tzamareño di 15 anni, non ancora battezzati. Erano tre care anime del Vicariato, che Dio ci mandava perchè, istruite, le rigenerassimo nel S. Battesimo. Pregammo le famiglie a lasciarceli per qualche giorno alla missione ed esse volentieri acconsentirono, per, cui ci ponemmo tosto all'opera. Difatti, in breve insegnammo ad essi il piccolo catechismo che abbiamo in jivaro, e mercè la buona volontà degli indii battezzati Bosco e Visuma che negli ultimi giorni capitarono fortunatamente a Gualaquiza, popotemmo completare meglio la loro istruzione. Visuma, qual zelante missionario, disse ai giovani che non dovevano più prender parte alle continue rappresaglie, che non dovevano uccidere nessuno, ma dovevano comportarsi da « buoni jivari di Gesù Cristo! » Bosco raccomandò loro di fare con frequenza il segno della Croce e di recitare con divozione le preghiere che avevano imparate; così Yysa (Iddio) li avrebbe liberati da ogni pericolo in questa vita e, dopo morte, li avrebbe chiamati alla gloria del paradiso.
Non le dico, amato Padre, quale profonda impressione abbia fatto l'esposizione della Dottrina Cristiana in quei cuori. Tutti e tre presero a sollecitarci vivamente di non indugiare loro l'incomparabile fortuna di ricevere il S. Battesimo.
Vedendoli cosi ben disposti, la scorsa domenica, 25 ottobre, alle ore 9 del mattino Don Giaccardi compi la commovente cerimonia. Chu ebbe il nome di Ciriaco, Cajéjar quello di Giovanni, Tzamareño quello di Michele. Come furono contenti! Anche all'esterno traspariva la commozione delle loro anime, ornate della grazia divina. Che il Signore li mantenga fedeli alle solenni promesse e Maria Ausiliatrice li tenga fino alla morte sotto il suo manto !
Eccole, veneratissimo Padre, la seconda cara notizia.
Intanto, anch'Ella preghi il Signore perchè la semente del Vangelo si moltiplichi in queste selve, cioè affinché i poveri Jivari, desistendo dalla vendetta e deponendo gli altri loro perversi costumi, pieghino docilmente il collo al giogo soave della dottrina di Gesù Cristo.
Ci benedica tutti e mi creda il
Suo umil.mo figlio in G. C.
SAC. GIOVANNI M. GINER
Missionario Salesiano.
dal Mar Rosso
La notte di Natale in mare. (Lettera del sac. Giorgio Tomatis)
Piroscafo « Domenico Balduino » 26 dicembre 19o8.
REVERENDISSIMO SIG. DON RUA,
Forse Ella ieri pensava che i suoi figli partiti alla volta dell'India sarebbero stati privi di quella dolce e devota tenerezza che accompagna la soavissima festa del S. Natale, ma ho il piacere di assicurarla che non fu così; che anzi la nostra fu una festa più che mai solenne, davvero carissima.
Ci trovavamo nel canale di Suez e il piroscafo procedeva maestoso fra i due continenti. A destra vedevasi un'immensa pianura disseminata di palme, a sinistra un deserto di sabbia. In fondo a questo noi ci immaginavamo di vedere la Terra Santa ed il pensiero correva naturalmente a Betlemme ed alla santa Capanna.
La solennità era stata preceduta da un triduo devoto. I numerosi religiosi e le numerose religiose, che sono a bordo, ogni sera si riuniscono sul ponte per recitare insieme le preghiere e cantare le litanie ed alcune lodi, dopo di che uno dei missionari sacerdoti fa un fervorino. Per la notte di Natale ci fu concesso dal gentilissimo signor Capitano di disporre del salone di prima classe e di quanto ci fu necessario per meglio addobbarlo. E l'altare sorse bellissimo, adorno di drappi, ceri e fiori freschi.
A mezzanotte precisa la campana suonò, e primi entrarono nel salone convertito in chiesa tutti i religiosi, cioè sei Carmelitani nelle loro bianche lane, due bravi Cappuccini, un Salesiano di Nancy con tre chierici, noi, e quindi le venti suore italiane, francesi e tedesche, che si trovano a bordo, dirette anch'esse all'India. Una fila di sedie venne riservata per gli ufficiali di bordo e pel signor Console Italiano di Bombay e la sua signora; il resto del salone fu gremito dai passeggeri di tutte le classi, appartenenti ad otto nazioni differenti, alcuni anche acattolici, anzì di cinque o sei religioni diverse. Che vuole? non era possibile fare diversamente. Si disse : come tutti sentono la gioia del Natale, così a tutti parli il Celeste Bambinello coll'imponenza e col raccoglimento del rito santo della vera Fede.
La messa fu solenne, accompagnata da un dolcissimo canto gregoriano, eseguito collettivamente dai religiosi. Dopo il Vangelo si tenne un discorsetto in italiano, e l'assicuro che mi sentii commosso in fondo al cuore, quale non m'ero mai sentito in simile ricorrenza, e sebbene non mancassero mille argomenti che da più vicino toccassero il mistero e la dolcezza della solennità, nondimeno, per meglio adattarmi a tutti gli uditori, credetti di dover parlare della divinità del Bambino di Betlemme e della sua Religione divina. La messa fu cantata dal rev. Superiore dei Carmelitani di Bagdad, e la comunione, durante la quale si eseguirono vari mottétti, fu proprio numerosa. Tutti i passeggeri rimasero assai contenti dell'imponente cerimonia e non cessano ancora di manifestarcene la loro ammirazione.
Dopo la funzione si cominciò quasi subito la celebrazione delle tre messe dai sacerdoti che si trovano a bordo, a tre altarini contemporaneamente, eretti nello stesso salone, il quale, per gentilezza del signor Capitano, da mezzanotte fino alle 8 del mattino è a nostra disposizione tutti i giorni.
Ma dopo la festa religiosa non doveva mancare una piccola festa di famiglia; e i suoi figli, come avevano fatto quello che poterono per bene organizzare la cerimonia di mezzanotte, così non si rifiutarono di cooperare all'allegria del giorno. Si fece pertanto una pubblica colletta, colla quale si allesti un bell'albero di Natale sul ponte. Non mancavano i bei doni, ma non erano neppur poche le sorprese; sta il fatto però che tutti i viaggiatori, dal primo all'ultimo, vi presero parte con grande cordialità, e tutti accettarono un numero e per ben due ore risero di buon gusto sui capricci della fortuna !
Durante il sorteggio un nostro chierico, assecondando il desiderio e la generosità di un viaggiatore, si presentò dinanzi a ciascun passeggero con dolci prelibati, e tutti, signori e signore di ogni nazionalità, cattolici, protestanti, bramini ed indiani, se ne servirono allegramente.
La festa, incominciata nel Canale di Suez, finì nel Mar Rosso.
Finora, amatissimo Padre, il viaggio è ottimo sotto ogni aspetto. Fin dal primo giorno posi una statuetta di Maria Ausiliatrice sul pianoforte nel salone di seconda, e di là Ella sorride a noi e agli altri, e ci accompagna e ci benedice.
Ci benedica anche lei, amato Padre, affinché la nuova fondazione di Meliapor abbia ad essere fin dai primi giorni e a mantenersi sempre tutta di gloria a Dio e di salvezza alle anime.
Il suo
Dev.mo figlio in G. e M.
Sac. GIORGIO TOMATIS Miss. Salesiano.
In fascio.
MESSICO - Anche i Missionari diretti al Nord America e al Messico hanno avuto un felicissimo viaggio ; così infatti in data 29 dicembre u. s. scriveva il sac. Clodoveo Castelli da Messico al sig. D. Rua : - Eccoci finalmente arrivati alla nostra destinazione, dopo un mese preciso di viaggio, dal 22 novembre in cui partimmo da Torino, al 22 dicembre in cui arrivammo a Messico e fummo accolti con tanta cordialità e contentezza dai nostri confratelli ed alunni, i quali ci accompagnarono nel lungo viaggio colle loro preghiere. E noi siamo più che persuasi che grazie alle loro orazioni ed in modo speciale a quelle che Lei, reverendissimo Padre, innalzava tutti i giorni al Signore ed a Maria Ausiliatrice unitamente a tutti i rev. Superiori, abbiamo avuto un viaggio tanto felice da restarne maravigliati gli stessi ufficiali del bastimento, i quali non ricordavano di aver fatto altro viaggio con un mare così tranquillo in un tempo in cui sogliono piuttosto abbondare le tempeste.
Altra grazia speciale ci fece il Signore col regalarci buoni compagni di viaggio. Eravamo circa una trentina tra religiosi e religiose, tutti con destinazione a Messico. Ogni mattina si cebravano cinque messe, per cui ci davamo il turno tra i nove sacerdoti ch'eravamo; quattro Salesiani, quattro Lazzaristi ed un Benedettino; gli altri facevano la Comunione. Alla sera poi c'era la recita pubblica del S. Rosario, a cui assistevano quasi tutti i passeggeri, e, per turno, una buona parte dei marinai col sig. Capitano, che non mancò mai. Nelle nostre preghiere ci ricordammo sempre di Lei, veneratissimo Superiore, e con tanto maggiore affetto in quanto che sapevamo che esse salivano al trono di Dio unite a quelle che Ella faceva per noi e che ci attiravano tante benedizioni.
A New York abbiamo avuto il dolore di separarci dai nostri confratelli destinati per quella città. Un grato ricordo serbiamo anche pei Confratelli di Sarrià e Malaga che ci vollero alcune ore nelle loro Case, trattandoci con affetto più che fraterno, lasciando in noi tutti la più dolce impressione. Non abbiamo poi parole sufficienti per celebrare la cara accoglienza che al nostro arrivo in Messico ci fece Mons. Costamagna, che si trova qui, e con lui il direttore e tutti i confratelli...
(N. d. R.). - Anche gli altri Missionarii diretti al Brasile, all' Uruguay ed all'Argentina ci annunziano di aver fatto un ottimo viaggio. Ne sia benedetto il Signore !
PUNTA ARENAS (Magallanes-Chile). - Uno spiendidissimo trionfo di fede. -Il missionario Don Marabini in data 10 dicembre scriveva al sig. Don Rua: « L'8 dicembre fu il dì del raccolto e la festa dei mistici fiori nati in un mese di preparazione coi catechismi, con le prediche e le solenni funzioni d'ogni giorno.
» Le comunioni furono settecento venti, 146 delle quali furono prime comunioni, che diedero luogo ad un'apposita funzione commoventissima.
» Risultò piccola la nostra ampia chiesa parrocchiale a tutte le sacre funzioni di quel memorablie giorno, ma specialmente durante la messa solenne cantata dal nostro caro Superiore Mons. Fagnano, assistito dal diacono e suddiacono e da trenta fanciulli formanti il piccolo clero, tutti in bell'aspetto di chierici di grave contegno.
» Buona la musica ed assai bene eseguita al pari del canto gregoriano nelle parti variabili, ed assai bene accompagnata colle soavi note dell'organo liturgico.
Però la nota caratteristica della festa fu senza dubbio la solenne processione del pomeriggio attorno alla pubblica piazza che è davanti alla chiesa.
» Favoriti da un tempo splendido vedemmo dapprima gremirsi la piazza da un'onda di popolo di questa città, di differenti nazioni e pur troppo di differenti religioni, e poi riempirsi la Chiesa dai fedeli e dalle varie associazioni, portanti ciascuna lo stendardo e le insegne del proprio Titolare.
» Fatta la rinnovazione dei voti battesimali, incominciò a sfilare la processione.
» Man mano che avanzava il devoto corteo, ingrossava ai lati la folla degli spettatori, tutti nel più rispettoso contegno, affascinati dall'imponente spettacolo di quell'onda variopinta di gente devota che si estendeva per più di 30o metri, sotto lo sguardo dell'Immacolata che signoreggiava dall'alto del suo trono reale. Il piccolo clero in devoto contegno, i fanciulli della prima comunione con nastri bianchi di seta a frange d'oro, le bambine bianco vestite recanti candidi gigli e i vivi colori delle insegne e lo scintillio dell'oro degli stendardi delle varie compagnie di S. Luigi, S. Giuseppe, Dame del S. Cuore, Figlie di Maria, Angeli Custodi, formavano davvero un colpo di vista incantevole, approfittato da molti fotografi.
« E mentre si pregava e si cantava a cori sparsi nella lunga fila, alternandosi i canti, la musica e le preghiere, dall'alto della torre continuavano il loro concerto di lodi le 8 campane avvolgenti tutta la città nella gioia, come invito irresistibile a celebrare il trionfo della Regina del cielo.
» Continui la Vergine a fecondare nelle anime il seme divino onde spuntano a consolare anche il deserto i fiori delle virtù cristiane.... »
Cronaca degli Oratori festivi.
SAVONA - Distribuzione dei premi.
Fu una festa riuscitissima, che ebbe luogo il 13 dicembre. Disse il discorso inaugurale il dott. Enrico Lazzeroni. L'egregio professore con elegante parola parlò dell'opera degli oratori festivi così necessaria alla gioventù per l'educazione sua morale e religiosa, e magnificandone i frutti copiosi chiuse con un appello alla cittadinanza savonese e specialmente alla benemerite signore, affinchè - come riferisce il Letimbro - non venga mai meno il loro appoggio all'opera più bella e più efficace che la mente geniale di D. Bosco abbia saputo creare.
Quindi i filodrammatici del Circolo « Cesare Balbo » rappresentarono, interpretandola assai bene, una brillante commedia suscitando la più schietta ilarità degli intervenuti e riportando larga messe di approvazioni. Applauditissimi anche i bravi ginnasti del Circolo sportivo « D. Bosco ».
I premiati furono oltre 6o, e fra la soddisfazione vivissima dei molti benefattori presenti, tutti si ebbero, a seconda del merito e della convenienza, libretti di cassa di risparmio, tagli d'abito, orologi o libri.
Alla simpatica accademia poneva fine Mons. Pizzorno, Vicario Generale della Diocesi, mandando un plauso ai premiati, un ringraziamento sincero ai Salesiani, e un incitamento alla cittadinanza savonese, perchè voglia sostenere ognor più l'opera salesiana in Savona.
E noi - così il Letimbro - rendiamo nostri i nobilissimi concetti espressi da Mons. Pizzorno didicendo ai giovani : « Progredite nella vita di ogni virtù e crescete forti, come cittadini e come cattolici, alla scuola di D. Bosco ! »
MACERATA - Una nuova sezione della « Robur ».
La seconda domenica di dicembre nel teatrino dell'Istituto Salesiano ebbe luogo la solenne consegna del piccolo tricolore di seta, offerto con sottoscrizione cittadina, alla sezione appenninica della « Robur, » che s'intitolò dai vicini monti Sibillini. Parte elettissima della città e numerosa folla assistette alla simpatica festa, cosicché qualche centinaio di persone non potè trovar posto nella sala. Al canto ginnastico « Alla patria » del vecchio maestro Liviabella, seguì il discorso dell'avv. Cesare Galanti, il quale rilevò l'utilità indiscutibile della ginnastica per la educazione fisica non solo, ma per quella intellettuale e morale della gioventù. Quindi Sua Eccellenza Rev.ma Mons. Raniero Sarnari benediceva il vessillo, facendo da padrini il Conte P. Alberto Conti e la sua gentilissima signora Contessa Augusta Moroni Mozzi. La consegna del tricolore fatto dalla nobile signora ai giovani Thomas e Stainer della Robur, fu salutata dall'immensa folla da un applauso interminabile mentre la banda suonava l'inno nazionale.
In seguito furono recitate alcune poesie d'occasione e il prof. Ricci del R. Liceo, invitato dai giovani, riassunse brevemente i fasti gloriosi dell'Alpinismo Italiano, esortando i giovani dei Sibillini a seguirne le orme. L'inno ginnastico della Robur cantato dalla numerosissima schiera dei ginnasti in costume e un affettuoso saluto e ringraziamento del Direttore dell'Istituto chiusero l'indimenticabile festa.
Per l'occasione venne pubblicata dall'Unione Tipografica una bella cartolina ricordo, doppia: cioè, nell'interno, il panorama di Macerata e una robur storica, la quercia del Tasso a S. Onofrio sul Gianicolo, specificata dalla vista della cupola michelangiolesca; all'esterno, oltre la dicitura commemorativa, i versi del Tommaseo:
È buia la valle; ma i pini del monte
Già l'alba incorona del vergine raggio;
Scuotiamci dal sonno, leviamo la fronte,
Fratelli, coraggio !
L'espressiva cartolina fu dai bravi giovani distribuita agli invitati che l'ebbero assai cara come ricordo della solennità.
CHIOGGIA. - Nuovo Circolo Operaio.
La domenica 13 dicembre nell'Istituto Salesiano ebbe luogo l'inaugurazione del Circolo « S. Giusto Al mattino S. E. Rev.ma Mons. Antonio Bassani, nuovo Vescovo Diocesano, celebrò nella cappella dell'istituto gremita di soci del Circolo e da una rappresentanza della locale Sezione « Giovani » intervenuti numerosi alla funzione con la loro bandiera. Dopo il vangelo Sua Eccellenza manifestò in un affettuoso discorso tutta la sua soddisfazione nel veder sorgere a Chioggia un Circolo operaio cattolico, e paternamente incitò i soci ad attirare con la parola e coll'esempio altri giovani a seguire le loro orme, e insieme ad essere sempre i primi nel fare il bene. Commovente oltre modo fu l'istante in cui tutti quei bravi giovani s'accostarono alla mensa eucaristica. Dopo messa Sua Eccellenza passò nell'interno dell'Istituto, dove volle di nuovo parlare ai giovani, per raccomandare l'unione fraterna del Circolo e della Sezione. « Tutti egli disse, mi siete ugualmente cari, o figliuoli, e tutti di cuore vi benedico. » E nel pomeriggio i giovani del Circolo e della Sezione, con a capo i rispettivi Presidenti, si trovavano riuniti a confermare tra lieti brindisi la fraterna unione. A notte poi la Compagnia drammatica del Circolo faceva la sua prima comparsa con una bella rappresentazione.
Al Circolo « S. Giusto » i migliori auguri di prospera vita.
MONTEVIDEO - Care notizie.
Anche quest'anno mi giungono dal Collegio Don Bosco care notizie. L'Oratorio festivo svolge la sua benefica azione sopra un numero assai grande di alunni, tanto più bisognosi di istruzione religiosa in quanto che la maggior parte ne sono affatto digiuni. Per regola ordinaria oltre 300 prendono parte alle funzioni religiose. L'insegnamento del catechismo vi è reso più attraente e più efficace da quadri luminosi che parlano all'occhio intento degli alunni, mentre la spiegazione contemporanea e a dialogo risuona al loro orecchio.
Uno dei frutti più consolanti e duraturi dell'Oratorio fu la la Comunione che ben 130 giovani ricevettero dalle mani di Sua Ecc.za Mons. Isasa, il 6 dicembre p. p. Tali frutti devono essere di stimolo a quei salesiani per non ismettere mai da un lavoro che dell'opera di D. Bosco fu e continua ad essere importantissima base.
Anche la squadra ginnastica, a cui fu imposto il nome di «Excelsior », ha dato pubbliche prove dei suoi progressi, grazie alle cure assidue dell'ottimo maestro Giacomo Borlandelli. Voti cordiali perchè in avvenire i fatti corrispondano sempre al nome di « Excelsior «, così pieno di promesse!
Così pure il Circolo giovanile « Ven. Giovanni Bosco », fondato or è un anno, dopo aver superate le prime difficoltà, è entrato in un periodo di vita attiva, occupando col Circolo « Mons. Lasagna » del Collegio del S. Cuore (Montevideo) e col Circolo « Leone XIII » un posto distinto nel movimento cattolico giovanile dell'Uruguay.
Altre notizie.
- A Torino, il 3 gennaio, nell'Oratorio di Valdocco ebbe luogo la consueta festa della carità, detta dell'Albero di Natale. Ben sessanta fanciulli, per le indefesse sollecitudini del Direttore si ebbero un vestito nuovo. Assistevano le signore Patronesse. La festa si chiuse col sorteggio tra i presenti di splendidi doni, inviati dal sig. D. Rua, dall'Em.mo Card. Arcivescovo, da S. A. R. il Duca di Genova, e da S. A. R. e I. la Principessa Laetitia.
- A Casalmonferrato, la domenica 2o dicembre i giovani dell'Oratorio del Valentino celebravano il 1° lustro dell' ingresso in diocesi di S. E. Rev.ma Mons. Lodovico dei Marchesi Gavotti, loro munifico benefattore. Alle 8 1/2 del mattino vi giungeva a piedi S. E. per la Messa della Comunione, e fu commovente il vedere tanti giovani accostarsi alla Sacra Mensa. A sera vi fu un breve trattenimento musico letterario, in fine del quale Mons. Vescovo espresse ai cari giovani tutta la sua soddisfazione.
-- Da Castronovo (Sicilia) mi giunge la notizia della fondazione di un circolo cattolico allo scopo di istruire ed educare i giovani secondo il metodo di D. Bosco. Oh! se in ogni città finalmente si vedesse sorgere qualche opera giovanile.
DON SIMPLICIO.
Pellegrinaggio spirituale pel 24 corrente
INVITIAMO i devoti di Maria SS. Ausiliatrice a pellegrinare in ispirito al Santuario di Valdocco il 24 corrente e ad unirsi alle nostre preghiere.
Oltre le intenzioni particolari dei nostri benefattori, nelle speciali funzioni che si celebreranno nel Santuario avremo anche quest'intenzione generale
Suffragare nuovamente tutte le vittime del tremendo disastro che colbì la Sicilia e la Calabria.
GRAZIE E FAVORI
La novena di Maria Ausiliatrice. *)
Ammalata da più di un anno, fui presa verso i primi di maggio da dolori artritici reumatici alle spalle ed alle braccia, con tumefazione della clavicola, al punto che non potevo più nè lavorare nè far nulla. Ero disperata, perchè non potendo più muovere le braccia, non potevo più guadagnare col lavoro il mio sostentamento, quando lessi a caso le grazie concesse da Maria Ausiliatrice e la novena che per ottenerle consigliava il ven. D. Bosco. Subito cominciai la novena, implorando di poter riavere i movimenti delle braccia, almeno da poter riprendere il lavoro. Nella stessa sera del nono giorno mi avvidi di muovere liberamente le braccia, sicchè il giorno seguente tosto potei riprendere le domestiche cure ed il lavoro, che, grazie a Maria SS. Ausiliatrice, d'allora in poi non fui mai più costretta ad abbadonare.
Parigi, 3o novembre 19o8.
PAOLA GAIDANO SALVI.
Castrogiovanni (Caltanissetta). - Da lunghi anni affetto da diverse malattie agli occhi, per colino di disgrazia nello scorso settembre fui colto da una cheratite all'occhio destro, che mi impediva affatto la visione e non poteva nemmeno sostenere la luce. I medici dicevano che essendo l'occhio molto ammalato ed affetto da malattie nervose non poteva sostenere dei medicinali, perchè si sarebbe irritato molto.
In queste angustie incominciai una novena a Maria Ausiliatrice, pregandola di liberarmi almeno dal nuovo incommodo, promettendole di pubblicare la grazia nel Bollettino. La buona Madre volle esaudirmi, ed in dieci giorni, senza verun aiuto di medicine, sparì completamente la cheratite, Grande fu la meraviglia dei medici al vederla sparita in così breve tempo e senza medicine, per cui sieno rese grazie alla SS. Vergine Ausiliatrice.
18 dicembre 19o8.
Can. RAGUSA GAETANO.
Tortona. - Erano circa 8 anni che mio fratello Parroco era travagliato senza tregua da una dolorosissima nevralgia linguale. Il male era giunto a tal punto, che oltre il dolore acutissimo che gli dava alla lingua ad ogni minimo movimento, esso gli impediva il deglutimento dei cibi e la modulazione della parola. Tornati vani i rimedii che la medicina suole apprestare in simili circostanze, si dovette ricorrere all'opera del chirurgo. Si trattava di scalpellare l'osso temporale sinistro e per tale apertura sollevare la massa cerebrale e recidere poi in corrispondenza del foro ovale della base cranica la terza branca del trigemino.
E la difficile e non comune operazione, grazie a Maria Santissima Ausiliatrice, ebbe un esito superiore ad ogni umana speranza. Cessato il dolore alla lingua e ripristinato il movimento di prima, mio fratello pienamente ristabilito, può attendere senza alcuna difficoltà all'adempimento de' suoi pastorali doveri.
Secondo la fatta promessa, ho atteso per un anno intiero a notificare l'avvenuto per meglio cerziorarmi della grazia ricevuta , ed ora che tutto procede con piena nostra soddisfazione, adempio al mio obbligo di rendere pubbliche grazie alla Vergine SS. per l'aiuto portentoso favoritoci in sì dolorosa circostanza.
8 novembre 1908.
R. G.
S. Nicolas de los Arroyos (Repubblica Arg.). - Da circa tre mesi aveva una vena varicosa con profonda piaga, e non sapeva come guarire alla mia età di anni 58. In buon punto mi venne in mente la Madonna di D. Bosco e dissi: « O Maria Ausiliatrice , se mi guarite, pubblicherò la grazia sul Bollettino e manderò un'offerta per gli orfanelli raccolti all'ombra del vostro Santuario. » La grazia non si fece attendere: la mattina dopo mi alzai quasi sano, ed oggi sono perfettamente guarito. O quanti leggete, ringraziate la Madonna per me, ultimo dei Cooperatori salesiani,
BARTOLOMEO CETTI Muratore impresario.
Faenza. - Rendo grazie a Maria SS. Ausiliatrice per avermi ritornato nelle più floride condizioni di salute l'ultimo figliuoletto di pochi mesi di età, che colpito da gravissima infezione intestinale accompagnata in ultimo dalle forme più strazianti di meninginismo sembrò più volte ad occhio umano irremissibilmente perduto. Grato alla Beata Vergine mantengo la promessa d'inviare una modesta offerta e di pubblicare l'ottenuta guarigione.
14 novembre 1908.
Doti. TOMMASO ZUCCHINI.
Torino. - La nostra bambina Orsolina , di appena tre anni, venne colpita da polmonite e pleurite nonchè da una paralisi alle gambe, che la inchiodò nella culla per circa tre mesi. Disperando i medici della guarigione si ricorse con una novena alla SS. Vergine Maria Ausiliatrice ed al Venerabile D. Bosco ; e il settimo giorno, la cara bambina prese a muovere le gambe e quindi continuò a migliorare fino a completa guarigione. Rendiamo pubblico questo favore a maggior gloria di Maria Ausiliatrice.
20 novembre 1908.
La famiglia E. RADAELLI.
Carpeneto d'Acqui. - Colpita da qualche tempo da affezione cardiaca assai grave, dopo parecchi anni di tregua nel mese di febbraio u. s. mi aggravai siffattamente, che le frequenti crisi mi riducevano in fin di vita. Il mio stato impensieriva i miei cari e mi faceva temere di dover tra breve lasciare totalmente orfani i miei figli, nel momento in cui sentono più imperioso il bisogno della protezione materna. Mi raccomandai caldamente alla Madre dei derelitti e la invocai con tutta l'effusione dell'animo, facendo pregare tutte le persone amiche ed anche nel suo Santuario in Torino. La dolce Ausiliatrice non fu sorda a tante preghiere e mi diè grazia di lasciare il letto del dolore, del che grandemente e pubblicamente la ringrazio.
24 ottobre 1903. .
MARGHERITA DE PAOLI.
Alfiano Natta. - Qualche mese fa fui colta da una lenta bronchite che mi toglieva la forza e la voglia pel disimpegno delle mie faccende. Ali rivolsi con fede alla Celeste Ausiliatrice promettendole, se mi avesse fatta guarire, di far celebrare una Santa Messa nel suo Santuario e di pubblicare la grazia. Oh bontà di Maria! fui subito esaudita.
Anche di un altro favore ottenuto mi protesto riconoscente alla potente Ausiliatrice dei Cristiani.
4 ottobre 19o8.
Una divota.
Rawson (Chubut, Rep. Argentina). - Tornavo solo in calesse da Trelew a Rawson quando nemmanco a metà cammino, proprio nel punto in cui la via si stringe tra un piccolo fiume e ruvidi cespugli dall'altra parte, il cavallo cadde nel pantano con pericolo di morte comune. Invocai nello spavento l'aiuto della benedetta Madre di Dio, e il guasto si ridusse tutto e solo alla rottura delle briglie! Sia pur benedetta Maria Ausiliatrice.
20 settembre 1908.
ENRICO MARIA Rossi.
Nizza Monferrato. - Riconoscentissima rendo pubbliche grazie alla Vergine Ausiliatrice che con pietà materna ascoltò la mia voce di pianto e di preghiera. Nei lunghi giorni di una prova dolorosa mi assistette amorosamente, ed ora pose fine ai miei dolori. Profondamente commossa sciolgo il voto fatto in un giorno di grande trepidanza. Continua, cara Madre, su di me e della mia famiglia la tua protezione.
9 ottobre 1908.
ALBINA PONZONE.
Troia (Foggia). - Prendo commossa la penna in mano e rendo pubbliche grazie a Chi fra lo stupore generale del dottore, dei famigliari e del paese intero, rese la vita a tuia madre ridotta agli estremi. Chiedendo venia alla tenera nostra Avvocata dell'indugio nell'adempiere la Tuia promessa, esorto tutti a ringraziare e benedire con me la potenza misericordiosissima di Maria Ausiliatrice.
9 ottobre 1908.
ADELE TRINCUCCI.
Cassano Spinola. - I sottoscritti sentono il dovere di pubblicamente attestare la loro gratitudine per la miracolosa e perfetta guarigione d'una loro bambina colpita dalla terribile malattia della coscite; ed in segno di riconoscenza mandano una tenue offerta.
6 ottobre 1go8.
CAREZZANO LUIGI ed ERMINIA BELLINGERI.
Terzo. - L'anno 1907 un mio fratello era affetto da fortissima bronchite ed infiammazione intestinale, ed il suo male era tanto grave e così pericoloso che il dottore disperava di guarirlo. Che fare, se non ricorrere a Maria che ha le mani piene di grazie? Mi rivolsi adunque alla Madonna di D. Bosco, alla bella Regina incoronata di gloria e di splendore, promettendole che, se m'avesse guarito il fratello, avrei pubblicata la grazia. E questa venne... Ora, egli è guarito perfettamente, o Maria, anzi è più robusto e più forte di prima, Grazie a te, o aiuto di chi t'invoca, o bella Madonna dallo scettro d'oro!
25 novembre 1908.
MANILDO TERESA.
Pallanza (Novara). - Colta da malattia di petto feci ricorso a Maria SS. Ausiliatrice con la novena consigliata dal Ven. D. Bosco: e subito ne sperimentai l'efficacia. Il miglioramento fu istantaneo, ed oggi completamente guarita ho avuto la consolazione di sciogliere il voto della riconoscenza ai piedi del suo altare nel Santuario di Valdocco.
5 dicembre 1908.
FRANZINI-GNOCCHI GIULIA
Carignano. - Sul finire di settembre, una persona a me carissima fu colpita da serio malore al cervello. Disperando il medico della guarigione, io feci ricorso a Maria SS. Ausiliatrice, ed ecco che il male rimette subito della sua fierezza, e la guarigione è rapida e compiuta. Mentre sciolgo la mia promessa, invito tutti a benedire con me Maria SS. Ausiliatrice.
Dicembre 1908.
GROSSO PIERINA.
Fontaneto d'Agogna. - Da ben 17 giorni il nostro Alessandro, di mesi 27, si trovava a letto con febbre continua e bronchite e polmonite, ed ogni cura dei medici tornava vana. Persuasi che solo Maria Ausiliatrice poteva ristabilirlo, inviammo una piccola offerta al Santuario di Valdocco, promettendo di pubblicare la grazia. Appena inviata l'offerta, il bimbo prese a migliorare ed ora è guarito perfettamente.
11 dicembre 1908.
Pizzio TERESA.
Cravegna. - Assalito da fiera difterite il nostro caro angioletto di appena tre anni e mezzo, non ostante le sollecite cure del medico curante, lo vedevamo ridotto agli estremi ed in pericolo di essere rapito al nostro affetto. In tanta ambascia ci rivolgemmo fiduciosi alla gran Madre di Dio, e a tal fine inviammo subito una piccola offerta al Santuario di Maria Ausiliatrice in Torino per la celebrazione di una novena. Questa pratica ci venne consigliata e fu eseguita anche in famiglia. Oh ! bontà di Maria! Appena cominciata la novena si riscontrò nel malatino un miglioramento che andò progredendo sino a perfetta guarigione. Vi ringraziamo, o Maria, di tanta grazia, giacchè lo stesso dottore curante ebbe a dire che la salvezza del fanciulletto la dobbiamo solo ad un miracolo.
Dicembre 19o8.
VISCARDI CELESTINO e famiglia.
Agliano d'Asti. - Affetta da grave gastrica in poco tempo fui ridotta in stato di forte deperimento. Stanca di soffrire, ricorsi all'intercessione di Maria Ausiliatrice, promettendo un'offerta di lire dieci. In breve acquistai appetito ed ora mi sento sollevata, cosicchè spero di ottener presto la completa guarigione. Rendo infinite grazie a Maria SS. e ben volentieri adempio alla promessa.
6 dicembre 1008.
BOLOGNA LUIGIA.
Ottennero pure grazie da Maria SS. Ausiliatrice, e alcuni pieni di riconoscenza inviarono offerte al Santuario di Valdocco per la celebrazione di S. Messe di ringraziamento, o per le Missioni Salesiane, o per le altre Opere di Don Bosco, i seguenti:
A*) -- Alassio: Alessandro Franceschi 2 -Ales: Banaudo Teresa ved. Cinato 12 - Alessandria: D. N. Benzi 2 - id.: N. N. - id.: N. N. s A Te, Maria, Aiuto dei Cristiani(... » 2 - id.: S. F. - id.: F. E. G. - Alice Castello : Salussolia Marcellina e Francesca Massara - Alpignano: Varone Giovanni - Altamira: Mauro Bartoccelli 25 - Alzano Maggiore (Bergamo) : Sac. Sante Balduzzi 2 - Asti: Gallo Giulia 2 - Amborzasco (Genova): Assunta Cereghini 18 - Arona: Aurelia Medoni 5 -Ayas: Ductis Caterina 30.
B) - Bagnone (Massa) : Francia Giovanni 5 - Bastida Pancarana: Baggini Angela M. 25 - Bellinzago Novarese: G. B. 5 - id.: Miglio Margherita Bovio ed Anselmi Regina Gavinelli 5 - Belluno: Coniugi Manassero di Costigliole 20 - Bergamo: Don Luigi Vesco, a nome della famiglia F. Sperandio 5 - Bento Gonçalves (Rio Grande do Sul) Giron Alessandro pel figlio; con offerte anche a nome di Roseghi Cesare e Consorte, Balbinot Luigi, Giuseppe Fascicolo, Brun Beniamino; delle frazioni S. Giacomo di Caxias e Maria Ausiliatrice di Encantado; e di Barp Albina, Calici Giovanni, Signori Antonio, Schenato Giovanni, tutti per voti fatti e grazie ricevute. - Bologna: Pasi Daria 2 - id.: Sorelle Tabboni 5 - id.: N. M. 5 - Bandeno: G. Antonio 5 - Borgomanero: Cerutti Teresa 5 e Pastori Angela 10 - Borgo S. Donnino : Fi(Telina Guazzagni i - Borgo S. Martino: Benzi Angela a mezzo di D. A. Bettini 5 - Brusasco (Torino) ; B. M. T. 5 - id.: N. N. 5.
C) - C... (Palermo) : A. J. Cagliari: Amelia Beppe Nonnis 2 - Calliano Monferrato: D. Luigi Millino - Camogli (Genova) : Cooperatrici S. I5 -Campodarsego: Gasparinì Beghin Maria 5 - Cantavenna (Casalmonferrato): Guazzotti Camilla -- Casabianca di Verolengo : Albano Maria - Casorzo Monf: Sac. Esrom Arrobbio 3 - Cassano d'Adda: Mandati Luigi 5 - Cassano Spinola: Busetti Stefano io - Caslelnuovo Calcea: Carelli Secondo 5 - Castiglione : Ottavis Giuseppe 2 - Cavalese (Trentino): Un allievo di D. Fumo 1oo - Cedegolo (Brescia): Bazzana Pietro 10 -- Cellarengo d'Asti: Massano D. Costantino, economo. a nome di pia persona 10 - id.: Bordiga Tommaso - Cesuna (Vicenza): Grandotto D'Andrea 1 - Chioggia (Venezia): Maria Penzo 17 -- Caresana: (Novara): Balocco Caterina a mezzo di D. Giorgio Balocco 5 - Cisterna d'Asti: Scappino Bartolomeo - Cittadella (Padova): Mazzonetto Amalia Andretta 10 - Clusane sul Lago (Brescia) : Libra Giuseppe 3 - Clusone (Bergamo): Calegari Angela 5 - Cocconato (Asti): M. S. F. 3 - Cogorno (Genova): Chiappa Giuseppe 20- Como: Fracassi Antonietta Magni 3 - Conegliano (Treviso): Ronca Annita 5 - Cordenons (Udine): Tombazzi Giuseppe - Cornale di Pradalunga (Bergamo): Birolini Paolo 15 - Cornedo (Vicenza): Vigolo Maria 3 - Costigliole d'Asti: Stella Bartolomeo 2; Musso Luigia 1.50; Fassio Teresa o.50; Torchio Enrico 2; Caracciolo Lorenzo 0.4o; Rogero Candida i; Borio Carlo 2; Torchio Luigia i - Costigliole Saluzzo: Caterina Savio-Dogliani 5-Crevacuore: Eleonora Francetto da Caprile.
D) - Dello (Brescia): A. Gelli 5 - Doglianova (Cagliari): Puxeddu Francesco 4.
E) - Erba: Radaelli Maria 5 - Espirito Santo (Brasile): Una figlia di una cooperatrice 2.25.
F) - Follina (Treviso): N. N. 10 - Fontanile: Anerdi Maddalena 5 -- Fossato di Vico (Perugia) Anna Micheletti 5 - Fubine: B. L. 6 - id.: Ferrari Elinda - Fumane (Verona): Allegrini Angela 5o.
G) - Galbiate Brianza (Como): G. F. 5 da D. O. Pairani -- Ganabellara: M. L. 1.50 - Garbasco (Pavia): Marconi Clementina 5 - Gassino: Don Giuseppe Gianella 3 - Gallico (Novara): D. Ballari Carlo Pievano 2 -- Genova: Moscatelli Demartini Antonietta 5 - id.: Ch. Ravano Angelo 10 - Graglia (Biella): Una pia persona a mezzo di Suor Franceschina 2 - Gorizia: N. N. 6 - id.: Giovanni N. 6.
L) - Landriona (Novara): D. Pietro Cesane arciprete 10 - Lanciano (Chieti) : F. P. S. 5 - Lecco (Como): Delù Delfino 1oo - Lugano: Ida Tognola-Beretta 20 - Lugo (Ravenna): Paolo Finbani 3.
M) - Mandas: Parolini Assunta 2 - Murano di Valpolicella (Verona): D. N. N. 50, con invito a tutti a ricorrere in ogni necessità a Maria Ausiliatrice - Martinengo (Bergamo): Moratti Giuseppe 2 - Mascali (Catania): Patanè Maria Carmela 2.40 - Messico: Una figlia di Maria Ausiliatrice - Messina: Clotilde d'Orcopio 11 - Merocorona (Trentino): N. N. 9.96, e a mezzo suo 10,40 Rosa Mattiovizt, 10.4o Teresa Marinelli, 5.20 S. Maria Dallago, 1.04 S. Giulia Pedron - Milano: Giuseppe de Rossi io - id.: A. M. B. 50 - id., Emilio Pedroli 5 - id., Brambilla ch. Annibale 2 - Modica (Siracusa): Luigi Scala io - Molteno: Gesoza m.a Giuseppina 1,50 Mombarcaro Biestro Maddalena 3 - Moncalvo: Stefano Manacorda - Mondovì : una pia persona 5 - Mongardino : un divoto 20 - Mornese : Mazzarelo Giovanni 10.
N) - Negrar (Verona): Brighenti D. Domenico per Tonassa Maria 10.
O) - Olmeneta (Cremona): Musoni Maddalena Nolli 15 -- Ossona (Casorezzo): P. Nardi 3 - Ottiglio (Alessandria): Emura Celoria 2 - id.: Aime Tersilla 2.50 - Ovada (Alessandria): Forno Ivaldi Maria 5.
P) -- Palermo: Guarino Maria 5 - Pallanza: A. B. 4 - Parma: Giuseppina Aymini marchesa Lalatta 5o - Palmanova: Luigi Benzon 2 -- Pescantina (Verona); 1). Emilio Aldrighetti 5 - Porcino: Smeriglio Margherita e Maria - Pontecasale: Bettino Turri 20.
R) - Racconigi: Fiorino Michele - Rancio Valcuria (Corno): N. N. 5-Randazzo (Catania): Paratore Scolastica 1 - Reazzino (Bellinzona): Brughelli Erminia 5 - id.: Sciarini Caterina 10 - Roana (Vicenza): Fabris Maria 10 - Roburent: Prette Celestina 5 - Rosignano Monf.: Morano Eugenia 20- Rossiglione: Piana Angela 2.
S) - Saluggia: Gallo Luigi - S. Candido di Murisengo: Carpignano Giovanni 2 - S. Calaldo di Borgoforte: Miovali Francesco 5 - S. Damiano d'Asti: Sacco Francesco fu Luigi 10 - S. Germano: Gaito Francesco 2 - S. Giorgio Monterrato: Sac. Luigi Mulino 3 - S. Gregorio (Catania): Puglisi Caniglione Carmelo 5 - S. Lorenzo Villa Boa (Rio Grande do Sul): Maria Gandini 18.76 - San Salvatore Monferrato: Alessandrino Guarona 5 - S. Margherita Ligure (Genova): N. N. 17 -- Santena (Torino): Eugenia Cavaglià Pellosio 1o - Sassi (Torino): Andreoni Luigi 5 - Savigliano:
Bordino Marianna -- Scaldasole (Pavia): Veneroni Giovanni 8 - Schio: L. Lucia - Scrofano (Roma): Cristofani Nicolina 5.
T) - Terralba (Cagliari): Nada Giuseppina 2.50 Tigliole d'Asti: Besozzi Michele - Torino: La famiglia Falconet - id.: Giulia Giacomano - id.: Pietro Carboro - id.: D. Torretta Alessandro - Trecastagni: Annetta Gangemi 1o - Trino: Torta Francesca - Troia : Sac Deziase Umberto 2.
U) - Udine: Elena Sabet 5
V) - Val di Nizza (Pavia): Schiavi Luisa 5 - Valgrisanche (Torino): A. P. 8 - Valtournanche (Torino): Perruquet Michele 5 - Varallo Pombia: Mario Ingegnoli fu Fedele 6 - Varazze: Famiglia Brignone 5 - Venezia : Vincenzo Scarpa Dini 5 - id.: Teresa Alesandre 1o - Vercelli: Rattone fratelli io - Veronella (Verona): A. P. a nome del fratello 5 - Vicenza: Anna Ferrari ved. Gallo 2 - Villafranca d'Asti: Marocco Angelina 5 - Villafranca Piemonte: Castellano Maria a mezzo di Gili Antonio 5 - Villalvernia (Alessandria): Sartirana Maria 3 - Villa Reggio (Torino): Ferro Teresa 5 - Vizzimi (Catania): Francesca Failla Guarino 5 - Vobarno: Cadenelli Pietro 2 - Voghera (Pavia): Maria Zelaschi 5 - Voghiera (Ferrara): Angela Droghetti 3.
Z) - Zoppola (Udine): Garlatti Marianna 30.10, come da voto fatto, raccolte per questua.
X) - Anna Oneglio Azzurro 2 - Antonio Martinet 1o - Cavanna Farnus sciogliendo il voto - M. G. P. maestra.
Ogni giorno, celebrazione di una santa messa esclusivamente secondo l'intenzione di tutti quelli che in qualunque usalo e misura hanno concorso o concorreranno a beneficare il Santuario o l'annesso Oratorio Salesiano. Per qualsiasi corrispondenza in proposito, rivolgersi al Direttore dell'Oratorio S. Francesco di Sales -- Via Cottolengo, 32 - Torino.
Per celebrazione di S. Messe e per novene o tridui di Benedizioni col SS. Sacramento, rivolgersi al Rettore del Santuario.
Ogni sabato, alle 7.30 speciali preghiere per gli associati all'Arciconfraternita di Maria SS. Ausiliatrice.
Dal 10 febbraio al 10 marzo:
17 febbraio - Comincia il Mese di San Giuseppe. speciali pratiche il mattino e la sera.
24 febbraio - Commemorazione di Maria Santissima Ausiliatrice.
1 marzo - Da oggi a tutto settembre la Benedizione nel giorni feriali si dà alle ore 19,30.
3, 4, 5 marzo - Corte di Maria: - alle 6 Messa pei giovani artigiani, benedizione solenne; ore 7.30 Messa della Comunione generale per i giovani studenti. - Ore 19.30 benedizione solenne.
5 marzo -- Primo venerdì del mese --- Ad onore del S. Cuore di Gesù, esposizione del SS. Sacramento per tutto il giorno.
12 marzo (così pure tutti i seguenti Venerdì di quaresima) - Ore 17 ed ore 19, Via Crucis e benedizione col SS. Sacramento.
N8. - Le due funzioni serali della domenica (vespro, istruzione e benedizione) cominciano: la 1a alle ore 3 ; - la 2a alle ore 4.30.
IN ONORE DI S. FRANCESCO DI SALES
MENTRE era in macchina questo numero, l'Oratorio Salesiano di Valdocco si accingeva a festeggiare il suo glorioso Patrono in unione del zelantissimo Vescovo di Aosta, Sua Eccellenza Reverendissima Mons. Giovanni Vincenzo Tasso, già alunno affezionato del nostro indimenticabile fondatore.
Riserbandoci di dirne brevemente nel prossimo numero, speriamo di poter insieme accennare alle feste più solenni celebratesi altrove, pel che sollecitiamo vivamente la diligenza degli interessati.
In Italia.
COLLESALVETTI (Pisa). - Il Collegio-Convitto San Quirico la sera del 12 novembre aveva una visita del sig. D. Rua, al quale i cento alunni interni improvvisarono una bella accademiola. Salutò il venerato Superiore al suo primo apparire, il canto dell'inno salesiano; quindi un convittore gli diede il benvenuto, ed altri gli lessero poesie o gli rivolsero affettuose parole, come il m. rev. D. Alfredo Barri, nostro ex-allievo. La mattina seguente, dopo la messa della comunità, in cui gli alunni andarono a gara per ricevere la S. Comunione dalle sue mani, D. Rua visitò il nuovo braccio dell'Istituto, innalzato l'anno scorso secondo ogni esigenza moderna. Partì alle 2 pomeridiane, accompagnato fino alla stazione da tutti gli alunni, ai quali rivolse ancora un saluto. La schiera giovanile attrasse gli sguardi dei passeggeri tra cui trovavasi anche l'Eminentissimo Card. Maffi, Arcivescovo di Pisa, il quale, come scorse D. Rua, ebbe la bontà di discendere dal suo scompartimento e di prender posto accanto a lui viaggiando insieme per un buon tratto, in famigliare colloquio, alla volta di Roma.
ESTE. - Nelle prime quattro sere dell'anno, a cura del Comitato Salesiano, il ch. P. Roberto da Nove tenue nel salone di San Francesco quattro Conferenze con proiezioni, che lasciarono negli Estesi la più cara memoria. Tutte le serate furono indimenticabili, poiché tutte e quattro le conferenze furono splendide nella forma e nelle proiezioni. La quarta sera, dopo l'ultima proiezione, con gentil pensiero interprete del sentimento dei presenti, passò dinanzi l'obbiettivo una targa con la scritta: A P. Roberto, mente e cuore, il plauso e l'affetto - Este 1909. P. Roberto sorpreso dell'inatteso omaggio, ringraziò dicendolo reso non a lui ma all'abito francescano, e in un superbo volo oratorio inneggiava a San Francesco d'Assisi come al Santo della democrazia cristiana.
Il Comitato può andar lieto della sua iniziativa e dell'atto caritatevole compiuto col destinare il provento delle conferenze a benefizio degli orfanelli del terremoto.
NAPOLI. - D. Rua nel Napolitano. - L'11 dicembre il veneratissimo nostro Superiore D. Rua, accompagnato dall'ispettore D. Giuseppe Scappini, giungeva a Napoli, proveniente da Caserta, che fu la prima tappa del suo viaggio nel Napoletano. Atteso alla stazione dal barone ing. Giuseppe Carelli e dal sig. comm. avv. Francesco Bellucci-Sessa colle loro carrozze, salì subito al Vomero, ove dai giovani alunni ebbe un lieto e cordiale ricevimento.
Il 12, dopo aver celebrato la messa della comunità, costante il tempo cattivo e la pioggia e la grandine, si recava ad ossequiare l'Em.mo Card. Arcivescovo, che con grande squisitezza e bontà d'animo l'intrattenne a lungo a parlare delle opere nostre.
Dall'Arcivescovado passò a visitare l'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice e a benedire la loro nuova casa di via Enrico Alvino in prossimità della funicolare di Chiaia e della splendida Villa Floridiana; quindi senz'indugio si recava a Portici, bramoso di fare una visita anche a quell'Istituto Salesiano.
A Portici pernottò, quindi al mattino del 13 proseguiva per Castellamare, ove, dopo una visita all'Istituto Salesiano, non volle e non potè dimenticare la rev.ma Suor Maria Maddalena, fondatrice delle Suore Compassioniste, ricordando la carità usata da quelle buone religiose ai primi Salesiani che misero il piede a Castellamare.
Tornato a Napoli di quella sera, ne ripartiva il giorno seguente con animo di fare una punta fino ad Alvito, se fosse stato possibile il farlo ; ma il cattivo tempo e la sua malferma salute lo costrinsero, suo malgrado, a rinunziarvi, come egli stesso disse all'egregio sig. Sindaco, che gli era venuto incontro colla sua carrozza fino a Cassino e che lo colmò di delicati riguardi.
All'Estero.
BOGOTÀ - Un'importante Conferenza Salesiana - In occasione della conferenza di tutto l'Episcopato Colombiano che ebbe luogo in Bogotà, l'Eccellentissimo Mons. Pietro A. Brioschi, Arcivescovo di Cartagena, tenne ai Cooperatori una stupenda conferenza sui Ven. nostro Fondatore e sulle opere salesiane.
Felice fu il pensiero svolto dall'illustre oratore. Egli trasportò l'uditorio alle porte di Naim ; descrisse a vivi colori il funebre corteo del figlio della povera vedova : la risurrezione del giovanetto operatasi al suono delle parole di Gesù : « Adolescens, tibi dico, surge! » e la gioia della povera madre al poter stringere un'altra volta al seno il diletto suo figlio. Quindi le stesse parole di Gesù egli mise in bocca al nostro Ven. Padre, che colla parola e colle molteplici opere sue risuscitò alla vita spirituale e restituì alla Chiesa un numero infinito di anime:
« Adolescens, tibi dico, surge! » ed i giovani si salvano cogli oratorii festivi. Adolescens, tibi dico, surge - ripete alla gioventù operaia, e colle scuole di arti e mestieri sparse per tutto il mondo prepara e dà annualmente alla società una falange di operai formati secondo il divino modello di Nazaret.
» Adolescens, tibi dico, surge! - e l'operaio già imbevuto di erronee dottrine abbandona il club sovversivo per entrare a formar parte delle società cattoliche.
» Adolescens, tibi dico, surge! - e lo studente nelle scuole di religione apprende a scuotere il giogo dell'ateismo e dell'indifferentismo religioso.
» Surge! dice all'indio che avvolto nelle tenebre e nell'ombra della morte cammina errante per le immense pianure della Patagonia e della Terra del Fuoco o nelle vergini foreste del Matto Grosso, e la Patagonia si civilizza e l'indio corre al seno di Santa Chiesa.
» Sorge! dice al povero lebbroso che al vedersi separato da' suoi cari, esiliato dalla società, apre la sua mente alla fede e cambia in istrumento di santificazione il terribile male che lo affligge e tormenta! »
Non era possibile fare un quadro più perfetto di D. Bosco e delle opere sue di quello delineato da Mons. Brioschi coll'applicazione dell'accennato motto evangelico. Le parole dell'esimio Oratore furono veramente ispirate ed aumentarono in tutti i presenti la stima e l'amore per le opere salesiane.
Di tutto cuore mandiamo all'illustre Arcivescovo di Cartagena i nostri sinceri ringraziamenti e preghiamo Iddio a conservarlo ad multos annos al bene del gregge affidato al suo apostolico zelo.
Onorarono col loro intervento la Conferenza
S. E. Mons. Evaristo Bianco, Vescovo del Socorro ;
S. E. Mons. Adolfo Perea, Vescovo di Pasto;
S. E. Mons. Stefano Rojas, Vescovo di Garzón;
S. E. Mons. Antonio Manuel Arboleda, Arcivescovo di Popayàn.
Tra gli altri distinti personaggi presenti ci piace ricordare S. E. il Ministro d'Italia, signor Rufillo Agnoli, grande ammiratore di D. Bosco.
FARNBOROUGH (Hauts, Inghilterra). - L'Istituto Salesiano al termine dello scorso anno scolastico ebbe un successo assai consolante, poichè gli alunni presentatisi al College of Preceptors e all'Oxford Local Examinations ottenevano tutti una splendida promozione.
I salesiani di Farnoborough attendono anche al servizio di una pubblica chiesa, annessa all'istituto, la quale, mercè l'usato splendore dei sacri riti e la buona musica che vi si eseguisce, è molto frequentata. Hanno anche il servizio di una cappella a Fleet, una frazione lontana dalla parrocchia, per dare comodità a quei cattolici di compiere i loro doveri di religione. Annesso all'istituto han pure un oratorio festivo, che nell'anno scorso vide raddoppiato il numero dei giovani frequentatori.
GUAYAQUIL (Equatore) - Festa di Maria Ausiliatrice e benedizione della fabbrica dei nuovo Istituto Salesiano. - Ci scrivono: « Secondo il consueto degli altri anni, anche nel 19o8 la festa di Maria SS. Ausiliatrice si tenne in ottobre. Ogni mattino, durante la novena, vi fu messa preceduta da lettura devota ed alla sera recita del Santo Rosario, canto delle litanie della Madonna, discorso e benedizione col SS.mo Sacramento. L'affluenza di devoti alla Cattedrale, in cui si venera l'immagine della nostra Celeste Patrona, fu sorprendente. Vari sacerdoti si prestarono con entusiasmo a tessere ogni dì le lodi di Maria, che dall'alto d'un trono di fiori parea sorridere al buon popolo che accorreva entusiasta a renderle omaggio. Il giorno della festa, 25 ottobre, alla messa solenne il nostro D. Tallachini presentò in Maria la stella che deve guidarci alla cristiana restaurazione ideata e con tanto zelo promossa dal Santo Padre Pio X; e la nostra scuola di canto si fece onore eseguendo scelta musica liturgica.
» Nel pomeriggio si. benedisse il nuovo edificio che si sta fabbricando in luogo sano a pochi passi dalla città, verso il mare. Ben di cuore si prestò per la cerimonia il rev.mo Mons. Vicario Generale, accompagnato da una rappresentanza del Clero secolare e regolare della città, mentre facevano da padrini e madrine vari membri delle più cospicue famiglie, insieme col sig. Console d'Italia e consorte ed alcuni altri signori delle Colonia italiana che vedono con piacere il crescente sviluppo dell'opera nostra in quella città.
» Terminata la cerimonia, lesse un magnifico discorso d'occasione quella gloria del Foro Equatoriano, che è il sig. Carlo Carbo Viteri, il quale presentò l'opera nostra come oltre modo opportuna nei tempi che corrono, ed eccitò tutti ad aiutarla con ogni mezzo, affinché presto si possa vedere terminato l'ampio collegio in costruzione. Quindi prese la parola Mons. Vicario, che in termini cordiali manifestò il grande affetto che nutre per i figli di D. Bosco e per un'opera da cui si ripromette un gran bene per tanta gioventù. Un giovanetto dell'asilo Santistevan rivolse un commovente saluto ai numerosi intervenuti. Si era dato principio all'atto col canto dell'inno salesiano e lo si chiuse col coro « La Speranza » del Rossini. »
NAZARETH (Palestina) - I lavori della Basilica di Gesù Adolescente vanno progredendo. Ora si sta ultimando la vôlta della cripta, una bella chiesuola in viva pietra, lunga metri 24 per 14 di larghezza, che si spera di poter inaugurare per la prossima pasqua.
- I giovani dell'orfanatrofio sommano ad una cinquantina. Tra gli esterni si è organizzato un circolo, intitolato da Gesù Adolescente. Sono una ventina di giovanotti sui 20 anni, che due volte la settimana si recano all'orfanotrofio per prendervi un buon indirizzo intellettuale e morale. Il bravo D. Prun è l'anima di questo Circolo.
BUENOS AIRES - Nel Collegio Leone XIII in Maldonado, la domenica 22 novembre s'inaugurarono le nuove Scuole d'arti e mestieri e si pose la pietra fondamentale di una cappella ad onore del S. Cuore Gesù. Della prima cerimonia, furono padrini il signor Intendente Municipale e la sua signora, rappresentati dal dott. Enrico Ruiz Guiñanzù e consorte ; della seconda, S. E. il Ministro di Giustizia e di Pubblica Istruzione e la signora Enrichetta A. de Vivot. Pronunziarono applauditi discorsi il salesiano D. Bonetti e il dott. Ruiz Guiñanzù. Ambedue gli atti furono presieduti dal rev.mo sig. Governatore ecclesiastico dell'Archidiocesi.
- La festa dell'Immacolata a S. Carlo ebbe un esito consolantissimo. Ben 5oo furono le sole prime comunioni, e poichè non fu possibile compiere una funzione unica nella cripta a causa della straordinaria affluenza di fedeli, la sempre cara cerimonia si dovette svolgere nei due oratori. In quel medesimo dì si ebbero altre 500 prime comunioni alla Boca, ed altre 3oo fra il Collegio Don Bosco di « Mater Misericordiae, » Leone XIII e Maria Ausiliatrice di via Maldonado, S. Caterina, Barracas al Nord, l'Oratorio dell'immacolata in Via Brasile e S. Antonio. Cosicchè nella scorsa festa dell'Immacolata si ebbero 1300 prime comunioni preparate dai Figli di D. Bosco e dalle Figlie di Maria Ausiliatrice in Buenos Aires. La processione della sera in Almagro fu imponente; si calcola che vi partecipassero 5ooo persone, delle quali appena un terzo poterono penetrare nella cripta.
- Nel Collegio Maria Ausiliatrice in Maldonado il 6 dicembre venne inaugurato un grazioso monumento nel centro del cortile. È una semplice colonna, ma elegantissima, coronata da un gentil capitello, su cui sorge una bella statua di Maria Ausiliatrice. Il monumento è sorto mercè le elargizioni di alcune famiglie benemerite dell'istituto.
Il prof. D. Giovanni Turchi.
LUNEDI, 11 gennaio, nella Piccola Casa della divina Provvidenza in Torino, ove aveva dovuto ritirarsi per malferma salute, spirava serenamente nel Signore il prof. Cav. D. Giovanni Turchi.
Istitutore apprezzato in parecchie nobili famiglie, direttore dell'Istituto dei ciechi, professore nel Seminario Arcivescovile di Bra, e infine direttore di quel Collegio Barolo e di quelle scuole tecniche, nutrì sempre un affetto profondissimo per D. Bosco, di cui si vantava di essere stato uno dei primi alunni. Doni il Signore all'anima sua, mite e buona, la gloria celeste!
L'ing. Domenico Venturini.
MORI santamente come visse, confortato da una speciale benedizione del S. Padre, cui lo legavano stretti vincoli di affettuosa amicizia. La città di Este ne pianse la morte e con affetto ne accompagnò la salma all'ultima dimora. Vogliano anche i lettori suffragare quella bell'anitra di cristiano e di cittadino.
Amalia Inama ved. Grancelli.
IL 7 gennaio, dopo una penosa malattia sofferta con rassegnazione cristiana, santamente moriva in Verona la nobil donna Amalia Inama de Sternfeld ved. Grancelli, nella veneranda età di circa 83 anni.
Fu la vera mamma dei nostri confratelli che iniziarono l'Istituto D. Bosco in quella città, per cui la sua morte fu anche per noi come un lutto domestico.
L'accorta intelligenza, la ferma volontà, il cuore delicatissimo, tutto ella profuse con tacito eroismo al bene della famiglia, alla quale rimane il conforto delle sue molte vitrù e dei suoi indimenticabili esempi.
Ai congiunti, specie al figlio Mons. Michelangelo, direttore del « Verona Fedele », vive condoglianze con l'assicurazione di ferventi suffragi.
Can. Antonio Cerruti.
Canonico penitenziere della Cattedrale Basilica :di Savona e zelantissimo Cooperatore Salesiano, spirava santamente in età di soli 53 anni in Varazze sua patria.
Segretario Vescovile di Mons. Cerruti e di Mores. Boraggini, compi con illuminata prudenza il delicato ufficio; e premuroso per la gloria di Dio e per la salute delle anime, zelò il decoro del tempio e fu guida a molti nel cammino della perfezione. Crediamo che le gravi sofferenze, da lui sopportate con eroica rassegnazione, debbono avergli schiuso le soglie della patria celeste, non dimeno, per debito di riconoscenza, lo raccomandiamo con affetto ai lettori.
Burroni Margherita ved. Saccardi.
A Quaracchi, presso Firenze, il 28 dicembre u. s. spirava nel bacio del Signore in età di 87 anni questa virtuosa cooperatrice, madre al giovanetto Ernesto Saccardi, alunno del Collegio S. Carlo in Mirabello, e di cui per consiglio di D. Bosco il compianto D. Giov. Bonetti scrisse una cara biografia. Affezionatissima all'opera nostra, la veneranda estinta non mancava di fare annualmente un'offerta per le Missioni salesiane. La raccomandiamo alle comuni preghiere.
Dott. Emmanuele Marroquin Ex-Presidente della Repubblica di Colombia.
Dopo una lunga e penosa malattia è passato a miglior vita anche questo illustre personaggio che resse per vari anni i destini della Colombia. Prima di essere Presidente e nell'esercizio stesso del supremo potere il Dr. Marroquin fu sempre il buon amico e il protettore delle Opere Salesiane. Non ostante le occupazioni dell'alto suo ufficio, anche durante la guerra civile, egli trovava tempo di visitare la nostra casa di Bogotà per intrattenersi coi nostri confratelli ed alunni ed assistere alle nostre feste religiose e civili.
Grande era l'amore riverente che nutriva per D. Bosco e pel suo Successore. Quando il rev.mo D. Albera visitò la casa di Bogotà come rappresentante del nostro Rettor Maggiore, il Dr. Marroquin, allora Presidente della Repubblica, volle fargli visita e trattenersi in lungo e particolare colloquio con lui. Ritornato alla vita privata, ricordava frequentemente l'ora passata con Don Albera, conservandone la più grata memoria.
La sua morte fu pianta da tutti senza distinzione di partito; la Repubblica intera tenne il gran lutto per otto giorni.
FACCIAMo anche particolari suffragi pei seguenti defunti dal 10 giugno al 10 ottobre 1908.
Bambina Nardella - S. Marco in Lamis.
Bongiovanni Pietro - Breganze.
Bordati D. Bonaventura - Montalbiano. Buffaglia Delfina - Trittango, Alessandria. Borasi D. Vincenzo, Arc. V. F. -- Albera. Breda Margherita, maestra - Sandrigo. Benvenuto D. Pietro, Prev. V. F. - Levanto. Borrione Mons. Cav. Pietro, V. F. - Occhieppo Sup. Bertini Mons. Jader, Vescovo -. Montalcino.
Baldi D. Raffaele, Rettore - S. Giovanni Val d'Arno. Cantagalli Suor Anna - Marradi. Cavalli Margherita - Minusio, Svizzera. Ciri Liberato - Broide, Foligno. Colleoni Cont. Francesca - Milano. Conelli Cav. Carlo - Belgirate. Cartone Teresa - Voghera. Castagnotti Bartolomeo - Sequio Berria, Cuneo. Capace Galeota D. Carlo, Duca della Regina - Napoli. Capitanio Eugenio - Cene, Bergamo. Calzio Ved. Ferrari Barbara - Pieve di Teco. Cordone Debora - Voghera. Checchi Ledda Giovannina - Osile, Sassari, Coggiola D. Filippo - Conzano Monferrato. Chemello Pietro A. - Sandrigo. Dal Monte Salvioli Ida - Sesto Imolese. De Cesari Angela - Lucca. Dall'Osta Luigia - Padola. Danzo D. Beniamino, Parroco - Montecchio Maggiore., Di Canzano Mons. Saverio - Roma. Denicola Can. Giuseppe - Vercelli. De Dionigi Ester - Bazzio, Como. Finco Domenico - S. Giorgio in Bosco. Fanti Carlo, Farm. - Runo, Trento. Franco Sac. Matteo - Laverda di Lupana. Fenoglio Carlo - Mombarcaro. Fietta Carolina - Villanova d'Ardenghi. Filipuzzi Giacomo - Cosa, Udine. Ferrero Annetta - Trofarello. Giustinianì-Bandini Princ. D. Sigismondo - Roma. Gamondio Francesca V. Piana - Alessandria. Girando Bartolomeo - Bibiana. Garibaldi Giuseppe - Cipresso, P. Maurizio. Gaudene Elsa - Due Ville, Vicenza. Giorgi Rezzani Ester - Milano. Gramigna D. Marcello, P. V. F. - Costa Vescovado., Isolatti Avv. Giovanni, notaio - Moncalieri. Isabello Paolina - S. Ambrogio di Susa. Lombardi Amelia - Troja.
Luporini Ing. Giuseppe - Lucca.
Lanza Can. D. Luigi - Cetraro, Cosenza. La Rocca Fiaccadente - Messina.
Monticelli D. Bartolomeo, Rettore - Debbia. Mosele Lucia - Canove. Minola Righini Maria - Torino. Marinacci Francesco - Pausula. Monauni Cav. Vincenzo - Roma. Maddio Anna - Gassino. Maistri Marcellino - Aldeno. Medana Giuseppe - Anzino. Maifredini Laura - Ceto. Negrini Ch Giuseppe -- Como.
Nardi D. Domenico, Curato - S. Clemente, Aquila. Nobili Gerolamo - Malegno. Nicolone Cav. Filippo - Cervere. Nigris D. Luigi - Ampezzo. Pennisi Francesco - Acireale. Perolaz Maria -- Sion, Svizzera. Pesari D. Raffaele, Arcip. - Cariati. Prinetti D. Giacomo - Voghera. Peretti Antonio - Villafranca Piemonte. Porta Martino - Campo Val Maggio, Svizzera. Persiani Raffaele Oreste - Roma. Punter Valentino - Padola.