ANNO XXXIII- N. 11. Torino, Via Cottolengo 32. NOVEMBRE 1909.
PERIODICO DELLA PIA UNIONE DEI COOPERATORI SALESIANI DI D. BOSCO
SOMMARIO: Un dovere ed una necessità . . . 321 La Pia Società Salesiana: II) Il suo scopo - III) Il suo carattere 323 Omaggi al Ven. Giovanni Bosco: Bogotà, Pavia . 332
TRA I FIGLI DEL POPOLO: Cronaca degli Oratori Festivi: Al concorso sportivo internazionale di Milano, Genzano di Roma, Torino-Valdocco, Sansevero - Altre notizie 333
DALLE MISSIONI: Mozambico (Africa Orientale): Una nuova missione presso le tribù Macuas - Equatore: Due escursioni apostoliche - Patagonia Settentrionale: Il nuovo tempio di Viedma . . 337 Tesoro spirituale 344
IL CULTO DI MARIA SS. AUSILIATRICE: Pellegrinaggio spirituale - Nuove Chiese e Cappelle - Feste e date memorande - Grazie e graziati . 345
NOTIZIE VARIE: - Omaggi - A Valdocco - Nella Spagna: Cordoba - Nell'America: Bahia, Rosario de S. Fé, Sucre 850
Cooperatori defunti 351
IL Vangelo, che ci riferisce gli insegnamenti e gli atti della vita mortale del divin Salvatore, è il gran libro al quale si deve informare la vita del cristiano... perchè il seguire gl'insegnamenti di Gesù Cristo è un dovere ed una necessità...
L' amore non si ripaga che con amore; e l'amore infinito dimostratoci nell'Incarnazione esige che riamiamo Gesù con tutto l'amore di cui è capace il cuor nostro. Ma non sarebbe amore nè vero, nè sincero, quello che non ci portasse a fare quanto il Salvatore divino c'insegnò. Difatti Egli pone la pratica dei suoi insegnamenti come la prova dell'amore nostro, dicendo in S. Giovanni: Se mi amate, state ai miei insegnamenti... (JOANN., XIV, 15).
Inoltre il conformare la vita nostra agli insegnamenti di Gesù Cristo è una necessità; perchè, intendiamolo bene, senza Gesù Cristo non vi è salute. Nel fondo dell'anima, noi sentiamo un bisogno imperioso di una felicità senza limiti, sia per intensità, sia per durata ; in altre parole, sentiamo il bisogno della vita eterna. L'anima nostra è creata per essa e ad essa tende irresistibilmente. Iddio misericordioso, che solo può soddisfare il cuore dell'uomo, ha mostrato che la vita eterna è riposta nel Figlio, chi pertanto ha Gesù Cristo, dice S. Giovanni, ha la vita, e chi non ha Gesù Cristo, non ha la vita (JOANN., V, 11 e 12.). Di modo che il non seguire Gesù Cristo, il non credere in Lui, il non aderire a Lui, maestro datoci da Dio, è lo stesso che separarsi da Dio e porsi sulla via della perdizione...
Cadrebbe poi in vero errore chi pen sasse che, non conformando la vita agl'insegnamenti del Vangelo, ne vada di mezzo la sola felicità eterna; poichè da essi dipende la stessa felicità temporale, per quanto compatibile con la presente condizione. Iddio, autore dei destini dell'uomo, ha sapientemente disposto che la vita temporale serva di mezzo e di preparazione all'eterna; in modo però, che, vivendo così da conseguire la felicità eterna, si provveda insieme alla felicità temporale. I mali che più ci affliggono, sieno essi privati o pubblici, se ben si rifletta, hanno d'ordinario origine dallo scostarsi dagli insegnamenti di G. Cristo.
Si lamenta il raffreddamento della carità, che sola potrebbe lenire tanti dolori ed asciugare tante lagrime ; ma ciò è causato dalla dimenticanza del precetto divino : Amerai il prossimo tuo come te stesso (MATTH. XXII, 39). Questa dimenticanza rende il ricco avaro, il gaudente insensibile all'altrui patire, in una parola l'uomo egoista.
Si lamenta il rilassamento dei vincoli della famiglia, onde i genitori si disinteressano dei figli e i figli si ribellano all'autorità dei genitori ; ma ciò avviene perchè il matrimonio non e riguardato come un legame sacro ed indissolubile, e perchè i figli non veggono nei genitori riflessa la paternità stessa di Dio.
Si lamenta la smodata brama. di arricchire ad ogni costo, violando, se occorre, la giustizia; l'aspirazione di poggiare in alto facendosi sgabello degli umili ; ma ciò perchè si mette in oblio l'insegnamento di Gesù, che chiama le ricchezze beni ingannevoli (MATTH. XIII, 22. ) e che dice : Ciò che sopravvanza date in elemosina (Luc. XI, 41) ; I primi saranno gli ultimi e gli ultimi i primi (MATTH. XX, 16).
Si nota un turbamento profondo negli animi ; il malcontento, l'odio, la disperazione condurre ad eccessi inauditi; ma questo si deve ascrivere al non seguire i dettami del Vangelo sulla pazienza, sul contentarsi del proprio stato, sullo scopo vero della vita presente, che è l'acquisto dell'eterna. Si dimentica che la sola purità di coscienza ha tanta efficacia da fare superare le più ardue lotte e compiere i più grandi sacrificii.
Di questo passo sarebbe agevole dimostrare quanto sia vero che la maggior parte dei mali hanno origine dallo scostarsi da Gesù Cristo. All'opposto, quanta felicità regna nelle famiglie, dove genitori e figli si conducono, secondo gl'insegnamenti del Vangelo...
È quindi cosa lagrimevole vedere come al presente si faccia strada una tal quale apostasia da Gesù Cristo. Ogni secolo ebbe i suoi errori e le sue colpe... però mai forse come ora si disconobbero gl'insegnamenti del Vangelo. Alcuni li sanno ricordare quando loro giovano, ma non ne tengono conto quando loro pesano. Altri poi giungono a tanto da metterli decisamente da parte, quasichè non rispondano più ai bisogni dell'individuo e a quelli dell'umana convivenza. Alla sapienza divina costoro sostituiscono la fallace prudenza umana, e pongono al posto di Dio se medesimi. Siate ben persuasi... che tutti i tesori della sapienza sono nascosti in Gesù Cristo, come già scriveva S. Paolo ai cittadini di Colossi, ai quali soggiungeva : e questo vi dico affinchè nessuno v'inganni con sottili discorsi... (Ad Coloss., II, 3 e 4. ). Pertanto... si abbiano tra voi gli stessi sentimenti che furono in Gesù Cristo (Ad Philipp., II, 5). Credete a quello che Gesù Cristo insegnò, operate come G. Cristo operò ed insegnò ad operare.
Dalla 1a Lett. Pastorale di Mons. Gio. Marenco della Pia Società di S. Francesco di Sales, Vescovo di Massa Carrara.
La Pia Società Salesiana.
E affinchè l'opera istituita a vantaggio della gioventù coll'andar del tempo non avesse a cessare, ma perdurasse stabile e sicura, il Servo di Dio, dopo essersi consigliato con uomini prudenti e con lo stesso Venerabile Cafasso, ed approvandolo inoltre molto volentieri e a viva voce il Romano Pontefice Pio IX, nell'anno 1859 fondò in Torino la Società Salesiana, che egli per voto unanime dei Capitolari, governò col titolo di Rettor Maggiore. La qual società, di giorno in giorno ingrossando ed estendendosi, fu dalla Santa Sede Apostolica nell'anno 1864 lodata e commendata, e con decreto del 1° marzo dell'anno 1869 approvata e confermata.
II.
Il suo scopo.
SCOPo generale delle Case della Pia Società è soccorrere, beneficare il prossimo, specialmente coll'educazione della gioventù allevandola negli anni più pericolosi, istruendola nelle scienze e nelle arti, ed avviandola alla Pratica della religione e della virtù."
La Pia Società non si rifiuta per qualsiasi ceto di Persone, ma preferisce di occuparsi del ceto medio e della classe povera, come quelli che maggiormente abbisognano di soccorso e di assistenza.
Fra i giovanetti delle città e paesi, non pochi fanciulli trovansi in condizioni tali da rendere inutile ogni mezzo morale senza soccorso materiale. Alcuni già alquanto inoltrati, orfani o privi dell'assistenza, perchè i genitori non possono o non vogliono curarsi di loro, senza professione, senza istruzione, sono esposti ai pericoli di un tristo avvenire, se non trovano chi li accolga, li avvii al lavoro, all'ordine, alla religione. Per tali giovani la Pia Società di S. Francesco di Sales apre ospizi, oratori, scuole, specialmente nei centri più popolati, dove maggiore suol essere il bisogno (1).
I.
Gli Oratori festivi
ossia l'Opera principe delle Opere di D. Bosco.
Don Bosco educò sempre, in tutti i momenti della sua vita, coll'esempio, con la parola, cogli scritti, ed educò specialmente i poveri, gli ignoranti, i piccoli; ma il primo e precipuo mezzo di educazione che egli usò, fu l'Oratorio. Come la famiglia fu detta la cellula dell'ordinamento sociale, così l'Oratorio fu la cellula primigenia dell'Opera Salesiana.
« Le parole del Santo Vangelo: Ut filios Dei, qui erant dispersi, congregaret in unum (Joann. XI, 52), che ci fanno conoscere essere il Divin Salvatore venuto dal cielo in terra per radunare insieme tutti i figliuoli di Dio, dispersi nelle varie parti della terra, parmi - scriveva D. Bosco nei primi anni del suo sacerdozio - che si possano letteralmente applicare alla gioventù dei nostri giorni. Questa porzione la più delicata e la più preziosa dell'umana società, su cui si fondano le speranze di un felice avvenire, non è per se stessa di indole perversa. Tolta la trascuratezza dei genitori, l'ozio, lo scontro dei cattivi compagni, cui vanno specialmente soggetti nei giorni festivi, riesce facilissima cosa insinuare nei teneri cuori i principii di ordine, di buon costume; di rispetto, di religione; perchè se accade talvolta che già siano guasti in quell'età, il sono piuttosto per inconsideratezza che per malizia consumata. Questi giovani hanno veramente bisogno di una mano benefica che prenda cura di loro, li coltivi quindi alla virtù, li allontani dal vizio. La difficoltà consiste nel trovar modo di radunarli, loro poter parlare, moralizzarli.... Fu questa la missione del Figliuol di Dio, e questo può solamente fare la sua santa Religione. Questa Religione, che è eterna ed immutabile in sè, che fa e sarà mai sempre in ogni tempo la maestra degli uomini, contiene una legge così perfetta che sa piegarsi alle vicende dei tempi e adattarsi all'indole diversa di tutti gli uomini.
Or fra i mezzi atti a diffondere lo spirito di religione nei cuori incolti ed abbandonati, si reputano gli Oratorii... Quando mi sono dato a questa parte del Sacro Ministero, intesi di consacrare ogni mia fatica alla maggior gloria di Dio ed a vantaggio delle anime, intesi di adoperarmi per fare buoni cittadini in questa terra, perchè fossero poi un giorno degni abitatori del cielo. »
D. Bosco cominciò il primo Oratorio con una lezione - di catechismo ad un sol giovanetto l'8 dicembre 1841; ma la domenica seguente i giovani erano sei, il 2 febbraio 1842 una ventina, e in breve raggiunsero quasi il centinaio. E non aveva dove radunarli! Appena potè avere un luogo qualunque, nonostante i continui tramutamenti ed i più fieri contrasti la schiera giovanile crebbe tanto che nel 1845 salì subito a duecento e a trecento: e nella primavera del 1846 sebbene per oltre un mese fosse ridotto a raccoglierli in un prato di Valdocco, il numero dei giovani ascese ad oltre 400.
Quale allettamento chiamava tanti figli del popolo attorno a Don Bosco? La sua carità, la quale era continua ed eroica ed era vista dagli occhi di tutti e sentita da tutti nel più profondo del cuore. Il giovane prete non si limitò ad istruirli nella religione: commosso alla vista dei bisogni materiali in cui li vedeva la maggior parte, e compreso delle naturali esigenze proprie dell'età giovanile, subito associò alle pratiche di pietà le più tenere sollecitudini per ogni loro bisogno e desiderio. Non tardò un istante a spiegare il più ampio patronato visitando gli uni sul lavoro, procurando ad altri un mestiere, a questi di che coprirsi, a quelli di che sfamarsi, e lasciando accessibile a tutti, in ogni giorno della settimana, la soglia della sua stanza! Nello stesso tempo, mentre era largo di trastulli e di passeggiate, cominciò anche ad insegnare i primi rudimenti del leggere e dello scrivere agli analfabeti, istituì una scuola di canto, e, non appena potè (cioè fin dall'inverno 1845-46, in tre povere stanze tolte in affitto in casa Moretta) aperse quelle Scuole serali di lettura e scrittura, che furono le prime attivate nei nostri paesi, ove vennero tosto largamente imitate. Com'ebbe poi stabile dimora in Valdocco, si diè con tutto l'ardore dell'anima sua geniale ad apostolica a meglio organizzare l'istruzione religiosa e letteraria dei suoi protetti. Ed ecco, fin dal 1847, la prima compagnia dell'Oratorio, istituita ad emulazione ed eccitamento alla virtù, che volle intitolata da S. Luigi ed alla quale, come soci onorari, diedero subito il nome non solo illustri ecclesiastici come l'abate Rosmini, l'Arcivescovo Fransoni, il Nunzio Apostolico Antonucci, il Card. Antonelli e lo stesso Sommo Pontefice Pio IX, ma anche laici famosi, come il Marchese Gustavo ed il Conte Camillo Cavour. Anche allo stesso anno, anzi proprio al principio, risale una solenne gara catechistica, cioè un pubblico saggio dato dagli alunni della scuola festiva « sul Catechismo e sulla Storia Sacra e relativa geografia » al quale assistettero con estrema meraviglia parecchi illustri personaggi, tra cui il Deputato Boncompagni, l'Abate Aporti e il prof. Giuseppe Rayneri, distinto insegnante di pedagogia nella Regia Università, il quale ne restò siffattamente entusiasmato, che ebbe poi a ripetere ai suoi allievi: « Se volete veder messa mirabilmente in pratica la pedagogia, andate all'Oratorio di S. Francesco di Sales ed osservate ciò che fa D. Bosco ». Al saggio catechistico seguì un esperimento dato dai trecento alunni delle scuole serali, dinanzi una Commissione inviata dal Municipio e presieduta dal Comm. Giuseppe Duprè; ed anche quest'esperimento ebbe un esito così brillante che indusse il Municipio a stanziare nel suo bilancio un annuo sussidio di 300 lire « per provvedere i lumi della scuola serale a beneficio dei figli del popolo » che furono corrisposte fino al 1878.
Nello stesso anno 1847 apparve altro bisogno assai grande, cui era urgente un provvedimento. «Molti giovanetti Torinesi e forestieri - lasciò scritto D. Bosco - erano pieni di buon volere di darsi ad una vita morale e laboriosa, ma, invitati a cominciarla, solevano rispondere non avere ne pane, nè vestito, nè alloggio ove ricoverarsi almeno per qualche tempo. » Per alloggiarne alcuni che la sera non sapevano dove ricoverarsi, il buon sacerdote adattò un fienile; pur troppo « gli uni ripetutamente portarono via le lenzuola, altri le coperte e infine la stessa paglia fu involata e venduta! » ma l'Ospizio non tardò a funzionare regolarmente.
Fra tanti poveri giovani fin dal principio presero ad affollarsi attorno il Servo di Dio molti studenti; ed egli, benedicendone il Signore, se ne valse per farne degli abili catechisti ed anche dei piccoli maestri per le sue classi numerose, mentre, quasi in ricambio, volle ad essi particolarmente destinato tutto il giovedì; nel qual giorno, essendo liberi dalle lezioni scolastiche, correvano numerosissimi a Valdocco, dove D. Bosco era largo non solo di buone parole, ma anche di ripetizioni e di consigli nei loro studii.
Venne l'anno 1848, che eccitò anche nei giovani tale un'effervescenza, che, senza un qualche ritegno, per molti poteva divenire pericolosa. Allora ad altro non si pensava che alla guerra; nei giorni festivi i viali e le adiacenze della città parevano tutt'una gran piazza d'armi, chè ovunque vedevansi schiere di giovani a manovrare; ed aggiungevano ebbrezza alle giovanili fantasie le manovre e le sfilate delle guardie nazionali, l'arrivo dei prigionieri di guerra e le pubbliche feste rinnovate ad ogni vittoria. Non era moralmente possibile che anche i giovani dell'Oratorio non avessero a risentire di tanta dissipazione. E D. Bosco? acconciandosi alle esigenze dei tempi - in tutto ciò, com'egli diceva, che non era disdicevole alla civiltà ed alla religione - non esitò a permettere ai suoi che facessero pur essi nel cortile dell'Oratorio le loro manovre, anzi trovò modo di procurar loro una buona quantità di fucili di legno, e insieme introdusse nuovi attrezzi di ginnastica, moltiplicò le oneste rappresentazioni teatrali già iniziate, alle lezioni di musica vocale aggiunse quelle di pianoforte e di organo e, per molti, anche quelle di musica istrumentale ; e perchè non si annoiassero delle istruzioni religiose, le quali continuavano regolarmente, coadiuvato dall'impareggiabile teol. Borel prese a tenerle quasi sempre in forma di dialogo.
La carità è industriosa, o cari Cooperatori, e D. Bosco non ne trascurò alcuna risorsa pel bene della gioventù ; ecco il segreto delle meraviglie da lui compiute. Alle accennate, quante altre caritatevoli industrie non dovremmo aggiungere! Pei giovani egli scrisse appositi libri scolastici e di lettura e di pietà, e diè loro anche il giornale, l' « Amico della Gioventù »; fondò per essi una Società di Mutuo Soccorso; per essi istituì una Conferenza di S. Vincenzo de' Paoli; volle che per i giovani studenti l'Oratorio fosse aperto non solo il giovedi ma ogni giorno durante il periodo delle vacanze autunnali; dispose che tutti in preparazione all'adempimento del precetto pasquale, avessero la comodità di attendere ad un corso di santi esercizi; in una parola ad ogni nuovo bisogno, suggerito dai tempi, o richiesto dalle speciali condizioni dei figli del suo cuore, egli trovò il modo di soddisfare.
E dunque evidente che nel concetto di Don Bosco, il quale - ancora un particolare! allorchè era sicuro di nuove reclute per l'Oratorio non aveva timore di fermarsi per le vie e per le piazze, nei caffè e negli alberghi, ed anche di salire sui ponti delle case in costruzione, per dire una buona parola conquistatrice all'orecchio di un giovane - l'Oratorio dev'essere un'istituzione sempre attiva e sempre moderna, cioè sempre piena di nuova vitalità in corrispondenza a qualsiasi bisogno dei giovani, dei tempi e dei luoghi. Abbiam detto in principio che l'Oratorio festivo fu la cellula primigenia dell'Opera Salesiana; oggi esso è pur la cellula dell'azione cristiana, ma perchè l'Oratorio sia realmente il semenzaio e il centro di tutte le Istituzioni Cattoliche Giovanili, oggi è indispensabile che abbia le sue opere d'istruzione e di preparazione dei giovani alla vita che si vive. Se in passato in molti Oratorii si mirava quasi esclusivamente all'istruzione religiosa e ai divertimenti, come attrattive a quella (cose che possono anche oggi bastare pei giovanetti dagli 8 ai 12 e 14 anni), se in seguito si vennero ammettendo pei più grandicelii anche scuole ricreative e sportive, or questi mezzi non bastano più. Nuove istituzioni s'impongono, se si vuol far opera efficace e duratura ; istituzioni che con ogni facilità di vita vigorosa dovrebbero vivere a lato degli Oratorii. Cioè, alle Associazioni religiose, alle scuole ricreative e sportive, oggi bisogna aggiungere Circoli di cultura e di studio, Conversazioni sociali, Biblioteche circolanti, Segretariati del lavoro, Uffici di collocamento, Casse di previdenza « ad tempus », Agenzie d'iscrizione alle casse di previdenza per l'invalidità e la vecchiaia, e tutte quelle altre istituzioni che i bisogni particolari dei luoghi richiedono.
« Don Bosco - esclamava Mons. Alessi al III° Congresso dei Cooperatori Salesiani (1) -fu un conquistatore! Non per nulla la Provvidenza lo suscitava in un secolo di conquistatori, conquistatori scientifici e conquistatori politici; con la sola differenza che Egli fu assai più grande di loro. I conquistatori scientifici, dal Volta al Marconi, comandarono alle energie della natura; D. Bosco seppe impadronirsi di energie superiori colle intelligenze, le volontà, i cuori. Egli fu conquistatore di anime. I conquistatori politici ammonticchiarono vere ecatombi umane nei campi di battaglia, trascinati febbrilmente da un'ambizione imperialistica, dalle guerre di Napoleone a quelle del Transvaal. D. Bosco invece non lavorò che alla gloria, alla dilatazione, al trionfo di un imperialismo infinitamente superiore: il regno di Dio, Re dei re e Signore dei dominanti. A Lui adunque e all'Opera sua gli onori del trionfo; trionfo che prorompe spontaneo, sincero, irrefrenabile dalla grande coscienza del popolo; trionfo che preludia a quel l'altro che, speriamo, gli sarà ben presto decretato dalla Chiesa e che noi affrettiamo con le nostre preghiere e coi nostri voti.... Se però voi volete sorprendere il segreto dei trionfi riportati dal gran Conquistatore spirituale del secolo XIX, dovete riflettere al campo, in cui spiegò maggiormente le sue energie, alla finalità cui rivolse il suo pensiero, allo spirito che informò tutta l'opera sua. Come quel capitano cartaginese, che per vincere Roma pensò di portar la guerra nel cuore stesso di Roma, così D. Bosco, per riconquistare a Dio la società moderna pensò di penetrare e di agire nel cuore stesso della società, rivolgendo la moltiforme opera sua alle anime e precisamente alle anime nel loro sviluppo, nella loro formazione morale, ed alle anime nelle varie classi sociali. L'opera sua fu eminentemente educatrice, perciò fu opera di conquista, tutta appropriata alle trasformazioni ed ai bisogni dei nuovi tempi. »
(1) Regolamento per le Case della Società di S. Francesco di Sales, Parte II, Capo 1.
(1) Cfr. Atti del III Congresso, pag. 188,
§ II. Ospizi, Collegi ed Istituti d'educazione.
La prima educazione dovrebbe essere la domestica, ma avviene molto spesso che non solo l'attività dei genitori non possa applicarvisi in modo sufficiente, ma anche, per effetto di famigliari discordie o di pervertimento morale di coloro stessi a cui da natura verrebbero affidati i figliuoli, talora è necessario sottrarre questi all'abbandono o agli influssi d'un'azione deleteria corrompitrice: di qui la necessità di ospizii, collegi e di altri istituti di educazione.
« Mirabile - osservava il Card. Alimonda (1) - l'ampliamento delle istituzioni di Don Bosco. L'Oratorio di Valdocco ne genera un secondo presso il ponte di ferro sul Po: da questi due si svolgono gli altri, sorgono e per ogni parte si diffondono case, collegi, convitti. Ecco nelle mani di Don Bosco la nascita delle associazioni. Le api, aveva detto egli, quando divengono troppo numerose e l'alveare si fa angusto per alloggiarle, formano sciami che vanno a stabilirsi altrove, o su lo scabro di un muriccio, o sul tronco di frondosa pianta. E giusto, è vero; e i giovanetti e i fanciulli, presa la prima mossa da Torino, vanno come sciami di api a riempiere novelli alveari su i monti, nei piani e lungo i lidi, vanno dove ci ha luogo bisognoso di aiuto nella civile società... »
Senonchè di ospizii, di orfanotrofi, di collegi, di convitti, di pensionati, e d'ogni altro genere d'istituti di educazione, molti se ne incontrano in ogni parte: or qual'è la caratteristica e la propria ragion di essere di quelli di D. Bosco?
« Nelle sue Case, ne' suoi Convitti - prosegue l'Alimonda - sia che vi alloggino artigiani o studenti oppure semplici borghesi o chierici, la condotta dei giovani e' comanda che sia indirizzata con quest'arte che l'esercizio del bene si renda facile, non gravoso; e dove appaia l'indizio del male, il male abbia pronta la medicina e si corregga subito che non iscoppi. E il metodo preventivo. Se tal metodo ad ogni savio educatore piace, per lui è legge assoluta. » Ecco la prima e preziosa caratteristica degli istituti salesiani.
Poi l'educazione da impartirsi in ogni istituto dovrebbe, per l'accennata premessa, accostarsi più che è possibile all'educazione domestica. « Il collegio, l'ospizio - nota il prof. Olivi della R. Università di Modena - devono essere come la casa famigliare ; il direttore e i preposti devono possedere intelligenza e intuito di sollecitudini paterne, ed affermare in ogni senso lato e comprensivo l'autorità loro, che tutta si esaurisca nel fare il bene ai loro figli spirituali; devono altresì supplire in certa qual guisa al difetto della madre nutrendo verso gli allievi sensi di particolar tenerezza e viscere di pietà senza confine. Fa mestieri che gli educatori indovinino i pensieri, i desiderii, i gusti speciali dei fanciulli e se ne valgano prudentemente al loro fine, che reprimano per tempo l'apparire del mal seme delle passioni e sviluppino in quella vece i germi delle virtù, alla quale palestra salutare offrono continue occasioni i mille accidenti del vivere quotidiano e la stessa vita di collegio dove cresce la comunità dei giovanetti ». Ed appunto questa vita di famiglia è un altre carattere dei collegi Salesiani.
Ma la più bella di tutte le prerogative è l'onore in cui v'è tenuta la pietà, splendida conseguenza questa del sistema preventivo. « L'idea religiosa dev'essere il perno intorno a cui s'aggira tutto il congegno e il moto educativo, il soffio che vivifica l'anima degli educatori e degli allievi. I primi soprattutto devono essere ripieni del pensiero di Dio e in esso innamorati così da comunicarne spontaneamente il sacro fuoco agli spiriti giovanili; tutte le opere singole attinenti all'istruzione e coltura della rasente e alla formazione del cuore, devono rispecchiar quella grande idea e riprodurla nel fondo onde possano insinuare e diffondere la loro potenza intriseci... Fu dunque una vera provvidenza quella Casa di D. Bosco di Torino, punto primo e massimo in cui si concentra e dal quale irradia il fervore di lui e de' suoi compagni suscitati da Dio a porre riparo alla corrente educatrice malsana dell'età nostra. Tale mirabile impresa ha potuto serbare integro e sano il senso dell'educazione cristiana in un'epoca, in cui tutte le conseguenze del sistema di laicizzazione della scuola prodotte dal liberalismo storicamente prevalsero (1) ».
Gli ospizi accolgono que' poveri giovani abbandonati, che mancano di vitto, vestito ed assistenza; i quali, ordinariamente, vengono avviati all'apprendimento di un'arte o di un mestiere; se poi dànno qualche speranza di vocazione allo stato ecclesiastico, vengono anche avviati agli studii classici.
I collegi son aperti per giovani di mezzana condizione, che desiderano percorrere la carriera degli studii.
(1) Giovanni Bosco e il suo secolo.
(1) Cfr. Atti citati, pag. 164.
§ III. Scuole professionali.
Fin dal 1853, a meglio provvedere alla morigeratezza ed alla formazione dei suoi giovani D. Bosco cominciò ad aprire nel suo Ospizio alcune scuole professionali. Di mente profonda e perspicace egli vedeva i pericoli sovrastanti alle nazioni e la necessità di sciogliere la grande questione operaia in senso cristiano. Il socialismo si era già manifestato nei regni vicini e minacciava anche l'Italia. I partigiani delle erronee dottrine convinti che l'avvenire sarebbe stato certamente di coloro che avrebbero saputo impadronirsi dello spirito e del cuore dell'operaio, incominciavano a spiegare uno zelo veramente satanico, per esaltare le masse, per averle pronte ad ogni eccesso e per poter essi salire in alto sulle loro spalle. D. Bosco adunque si era eziandio prefisso d'impedire da parte sua tanti disastri per mezzo degli stessi giovani operai, conducendoli a quella Religione che sola, mediante il concetto della carità e del sacrifizio ci fa contenti del proprio stato.
Fedeli allo spirito del loro Istitutore, i Salesiani furono forse i primi in Italia ad organizzare con regolari programmi e con insegnamento metodico le Scuole Professionali e ciò quando ancor nessuno si occupava di questo ramo dell'educazione popolare e nemmeno il Governo aveva dato alcuna norma in proposito.
Nelle nostre scuole i giovani alunni, oltre l'insegnamento teorico e l'esercizio pratico dell'arte cui attendono con programma ed orario fisso, hanno anche ogni dì non meno di tre ore di scuola e di studio per applicarsi a nozioni di lingua, Geografia, Storia, Aritmetica e Geometria, nonchè di Disegno, Computisteria, Fisica, Chimica, Storia Naturale, Galateo, Igiene, Lingua Francese, Sociologia e Religione, ripartite nel modo più conveniente tra le varie classi, poichè scopo delle scuole professionali salesiane è quello di formare degli operai non solo onesti ed amanti del lavoro, ma anche abili ed intelligenti.
§ IV. Scuole e Colonie Agricole.
Tutti i moralisti sinceri e i serii economisti si accordano nel dire che l'abbandono della vita dei campi e la diserzione delle campagne è un grande flagello della società moderna, un vero pericolo che minaccia la produzione della ricchezza pubblica e quindi la vita sociale e famigliare, e la prosperità civile, morale e religiosa dei popoli; perchè il solido fondamento della prosperità delle nazioni è l'agricoltura. Ma anch'essa deve trasformarsi e approfittare delle nuove risorse che le offre la scienza. L'agricoltura vecchia, quale fu praticata dai nostri padri, si rende ogni giorno più impotente a compensare le spese di coltura ed a sostenere la concorrenza straniera e quella che armati dei nuovi metodi le fanno i più oculati tra i connazionali. Di qui la necessità di scuole popolari che diffondano la conoscenza dei moderni ritrovati e ne insegnino l'applicazione.
Ed ecco le Scuole Agricole Salesiane, iniziate già da D. Bosco non pur in Italia e in Francia ma nelle stesse terre di Missione, le quali (come la Scuola teorico-pratica di Agricoltura d'Ivrea) si fanno un vanto di seguire con amore ed abnegazione i principi economico-agrari Solariani dalla cui applicazione può derivare tanto benessere; ed ecco insieme la opportuna, pratica e larghissima pubblicazione di riviste ed opere in lingua italiana, francese, spagnuola, portoghese e in dialetti indigeni, e segnatamente la pubblicazione della Rivista di Agricoltura di Parma (che è l'interprete pratica e fedele dei principi solariani), per diffondere e popolarizzare quelle nozioni di agricoltura razionale che procurano insieme l'interesse dei proprietari e dei lavoratori.
§ V.
Educazione di gíovani adulti aspiranti allo stato ecclesiastico.
Le vocazioni allo stato ecclesiastico si manifestano molte volte in giovani già adulti, i quali per mancanza di mezzi di fortuna, o di tempo, o impediti nei loro studi dalla leva militare non poterono avviarsi allo Stato Ecclesiastico come avrebbero desiderato ed al quale erano chiamati. Questi, o non sarebbero ricevuti nei Collegi di educazione per la loro età, o essi stessi avrebbero ripugnanza di assidersi in mezzo a tanti compagni più piccoli. E D. Bosco istituì per loro scuole e case speciali, chiamando la nuova iniziativa Opera dei Figli di Maria Ausiliatrice. Il S. Padre Pio IX benedisse la nuova istituzione, e consolantissimi sono i frutti che essa ha dato e continua a dare alla Chiesa.
La casa principale dell'Opera trovasi presentemènte in Torino, Via Carlo Vidua, n. 18.
VI. Missioni all'estero.
Fin dai primi tempi della Chiesa vi furono sempre dei cuori magnanimi che raccolsero le parole di Gesù Cristo: Andate, ammaestrate tutte le genti, e camminando sulle orme gloriose degli Apostoli, si diffusero tra le barbare nazioni, vi fecero udire la buona novella, v'inalberarono il Vessillo della croce, presso il quale non tarda a sventolare il vessillo della civiltà. L'Italia, che tiene in sè il centro del Cattolicismo, ha pure il vanto che per mezzo suo popoli civilissimi si formassero anche altrove. A tanto cooperò anche D. Bosco.
Egli « ha sentito i selvaggi nei palpiti del suo cuore e meglio che altri ne fu preso di brama divorante. Già egli per le contrade di Europa, solito a viaggi, erasi dato a fabbricar chiese, ad aprire case di educazione; aveva girato tanta parte d'Italia, erasi tante volte trasferito in Roma; e poi nella Francia a Parigi due volte, a Marsiglia, a Lione e in più altre città; nella Spagna a Barcellona, ne' suoi monti e nelle sue mar emme; e poi nella Svizzera e nella Savoia. L'Europa cristiana, vedutolo passare, poteva dire, come la Palestìna di Cristo: Pertransiit benefaciendo. Eppure D. Bosco non sentivasi abbastanza pago: trascorreva nei popoli, li beneficava, ma erano popoli inciviliti. Poveri selvaggi! chi porterà l'aiuto del cielo ai selvaggi? Era stanco, spossato da' suoi pellegrinaggi e dalle sue fatiche: nondimeno dalle sponde europee, dall'Italia e di qui da Torino spingeva ansiosamente gli occhi dello spirito fuor della linea transatlantica, poneasi in veduta i selvaggi, come il Saverio, gravato di stenti, stava guardando dall'Isola di Sancian l'impero della Cina, sospirando di guadagnarlo a Cristo.
» Piacque a Dio che la strada dell'America si schiudesse. La fama di D. Bosco si era sparsa colà e vi fa desiderato; i sospiri di lui svegliarono i sospiri degli americani, s'incontrarono e ne venne il cominciamento delle spedizioni salesiane (1). »
La prima spedizione avvenne nel 1875 e nel 1879 i missionari salesiani penetrarono nella Patagonia, e l'anno seguente vi si stabilirono. Nel 1886 scesero alla Terra del Fuoco; nel 1893 si portarono fra i jivaros di Méndez e Gualaquiza nell'Oriente dell'Equatore; e nel 19o2 intrapresero l'evangelizzazione e la colonizzazione dei Bororos-Coroados del Matto-Grosso nel Brasile.
E l'opera continua; se la Patagonia e la Terra del Fuoco sono oggi guadagnate alla Chiesa ed alla Civiltà, là pure il lavoro dei Missionarii è aumentato, poiché tra gli indigeni convertiti va crescendo ogni dì il numero degl'immigrati americani ed europei, per coltivare quelle immense regioni. Immenso, come appare dalle relazioni clic veniamo pubblicando ogni mese, è pure il lavoro nelle altre terre accennate, alle quali, proprio di questi giorni, si unì un'ampia zona dell'interno del Mozambico, nell'Africa Orientale, con una nuova fondazione destinata ad essere il punto di partenza dell'evangelizzazione delle selvagge tribù Macuas!
(1) ALIMONDA: Giovanni Bosco e il suo secolo.
§ VII. Assistenza degli emigrati.
Anche in questo campo vastissimo che meritamente desta tanto interesse in ogni cuore italiano, i Salesiani entrarono fin dal 1875.
In quel tempo il problema dell'emigrazione non affaticava ancor tanto le menti, nè così lagrimevoli, in certi luoghi almeno, erano i bisogni degli emigrati. Ma D. Bosco, cui sorridevano già tre conquiste, i selvaggi delle Indie, dell'Australia, e della Patagonia, venendo a conoscere i gravi bisogni di molti Italiani emigrati all'Argentina, subito preferì quell'ospitale repubblica, ove i suoi figli fecero gloriosamente le prime armi, prima di muovere alla conquista della Patagonia. Anzi l'11 novembre 1875, rivolgendo al primo drappello dei suoi missionari, alcune esortazioni paterne, egli non mancò di far loro quest'esplicita raccomandazione:
« Vi raccomando con insistenza particolare, la posizione dolorosa di molte famiglie italiane, che numerose vivono in quelle città e in quei paesi in mezzo alle stesse campagne. I genitori, la loro figliuolanza poco istruita della lingua e dei costumi dei luoghi, lontani dalle scuole e dalle chiese, o non vanno alle pratiche religiose o se ci vanno nulla capiscono. Perciò mi scrivono, che voi troverete un numero grandissimo di fanciulli ed anche di adulti che vivono nella più deplorevole ignoranza del leggere, dello scrivere e di ogni principio religioso. Andate, cercate questi nostri fratelli, cui la miseria o sventura portò in terra straniera, e adoperatevi per far loro conoscere quanto sia grande la misericordia di quel Dio che ad essi vi manda pel bene delle loro anime »
Così la prima fondazione salesiana in America fu realmente un'opera ad esclusivo vantaggio degli emigrati. Oltre duecento italiani accolsero con gioia al porto di Buenos Aires i primi missionari salesiani; e questi, quantunque destinati alla fondazione di un Collegio a San Nicolas de los Arroyos, non seppero restar sordi alle preghiere dei loro connazionali ed all'autorevole invito dell'Arcivescovo Mons. Leone Federico Aneyros; e benchè non fossero che dieci, tuttavia si divisero in due gruppi, uno dei quali si pose subito al servizio della Chiesa Mater Misericordiae, detta volgarmente la Iglesia de los Italianos o Chiesa degli Italiani nella capitale. L'Arcivescovo, riferendone a D. Bosco, diceva:
« Non è a dire con quanto piacere ho abbracciato i suoi figli, che con sì eroica risoluzione hanno lasciato l'Italia per condursi in queste lontane regioni.... Faranno certo gran bene non solo a S. Nicolás, ma anche in questa dominante, dove è convenientissimo che abbiano una casa non solo per facilitare le comunicazioni con V. R., ma anche perchè il bene che potranno fare qua è immensamente maggiore di quello che potranno fare a S. Nicolás. Solo gli Italiani sono un trentamila a Buenos-Aires... Credo dunque convenientissimo che prendano i suoi figli la direzione della chiesa italiana. Così presteranno un servizio immenso...»
Con questa impronta sorse la grande opera delle Missioni Estere Salesiane, le quali, come conservano ovunque questo carattere di natural interesse per gli Italiani, si fanno anche un dovere di prestare, ovunque possono, eguale assistenza ad immigrati di altre nazioni.
Dell'attività spiegata dai Missionari Salesiani a favore degli emigrati son pegno le varie fondazioni compiute a quest'unico scopo: case, scuole, oratorii, comitati d'assistenza e patronati, - più frequenti missioni date su larga scala in importantissimi centri d'Europa e d'America, - l'istituzione di un'apposita Commissione Salesiana per l'assistenza degli emigrati con sede nell'Oratorio Salesiano di Torino - ed anche l'ampia propaganda benefica di alcuni periodici stampati all'estero, espressamente in italiano, per gli emigrati italiani.
§ VIII.
Diffusione della buona stampa.
Molti son soliti immaginarsi D. Bosco, or circondato dalle turbe dei suoi giovani, or questuante di porta in porta per innalzare chiese ed istituti, or formante valorose falangi destinate a portar la fede e la civiltà fra i popoli selvaggi. E sta bene. Ma D. Bosco va pur riguardato come il salvatore della fede e della morale fra il popolo e la gioventù, per mezzo della stampa.
Potrà parere favola, eppure è verità storica; sono oltre il centinaio le pubblicazioni di quest'uomo, che pur doveva lavorare tutto il giorno in cerca di pane e di tetto pe' suoi figliuoli, come egli paternamente li chiamava. E prime fra esse vengono le opere d'indole religiosa, quali, ad esempio, le Letture Cattoliche, le Vite dei Papi dei primi tre secoli della Chiesa, il Giovane Provveduto, la Storia Sacra, il Cattolico nel secolo, i Concilii generali ecc. Poichè « la religione nel concetto di D. Bosco non era già quel non so che di vaporoso, d'indeterminato, di sentimentale, diventato per alcuni di moda. Figlio della Chiesa Cattolica, la sua religione, quella religione cioè che animò tutta quanta la sua vita e ne guidò costantemente la penna, era e fu sempre la sola religione cattolica, apostolica e romana, senza diminuzioni come senza aggiunte, senza paure come senza spavalderie. Chi fa di Don Bosco un uomo semplicemente umanitario, lo svisa, lo deforma. Don Bosco fu l'uomo della carità, perchè fu l'uomo devoto al Papa ed alla Chiesa Cattolica, a cui deve tutto se stesso e tutta l'opera sua e senza cui egli sarebbe nulla. Le tre aureole dell'educatore cristiano verità, amore e sacrifizio, che ne segnarono la fronte, s'irraggiavano in lui dalla religione di G. C. Il Dominus illuminatio mea, che Alfredo il Grande, re degli Anglo-Sassoni, fece incidere or son più di 1ooo anni, sulla porta dell'Università di Oxford, e che l'anglicanesimo ha religiosamente conservato, egli l'aveva profondamente in cuore, e dal cuore per lui si tragittava alle opere. Ed è questa la religione a cui D. Bosco voleva informata la stampa educatrice, questa la religione che insinuava nei suoi figli e voleva tradotta nelle opere, questa, sì, questa che forma la più bella e più pura gloria della patria nostra, che egli voleva salvata, anche a prezzo di qualsiasi sacrifizio, di fronte all'irrompere dell'eresia e al dilagare dell'indifferenza religiosa. Al grido di Lutero: Nessun fanciullo sfugga alle reti del diavolo, D. Bosco contrappose l'invito soavissimo: Conduciamo i fanciulli al Cuor di Gesù. Ma intransigente nelle idee e nei principi, D. Bosco era poi transigentissimo nei modi.
» Voi non troverete mai nelle opere di lui quell'acrimonia che irrita, nè quelle personalità che offendono, nè quelle mancanze di scambievole rispetto, che sempre e fra tutti, ma specialmente fra i cattolici, s'impongono di dovere; nulla, in una parola, di quanto possa disdire alla carità che del Cristianesimo costituisce l'essenza.
» Il suo stesso giornale, L'Amico della Gioventù, da lui ideato fin dagli albori del 1849 a scopo di più pronta e più efficace influenza sulle masse (chè la potenza del giornale, primo e forse più d'ogni altro intuì D. Bosco in Piemonte), giornale che usci due volte alla settimana quasi per tutto quell'anno, ne rivela, fin dal titolo, insieme col fine il metodo e il sistema, franco e amabile, dignitoso e semplice, fermo e sereno, alieno sempre da asprezza e rifuggente dalle tortuosità e dalle doppiezze di quella mala bestia, che è la politica. Ed è per tal modo che egli potè formare i suoi figli cattolici ad un tempo e cittadini, credenti e rispettosi, devoti a Dio e ossequenti alle leggi dello Stato (1) ».
La stampa ha innanzi a sè una delle più nobili e grandi missioni dell'età nostra; è suo il cómpito di chiarire e popolarizzare alla luce del Vangelo i nobili e fecondi risultati della civiltà e del progresso; spetta ad essa il segnalare i grandi e molteplici bisogni della vita sociale, suggerirne i rimedii, versarvi sopra il balsamo ristoratore; ad essa in modo particolare è affidata la più sublime delle idealità, che costituisce l'oggetto della pedagogia nel concetto di D. Bosco, vale a dire il ristabilimento dell'immagine di Dio nell'uomo, la formazione di una umanità illuminata dalla fede, allietata dalla speranza, santificata dall'amore. E sull'esempio di Don Bosco, anche a questo compito, con opere religiose di tutta attualità, con buoni testi scolastici, con varie pubblicazioni periodiche, attendono alacremente i suoi figli.
L'invio gratuito del Bollettino, che si pubblica in nove lingue e che in quasi 300,000 esemplari è diffuso mensilmente in ogni parte del mondo, n'è una prova.
(1) Cfr. Sac. Prof. F. CERRUTI : La stampa nel concetto educativo di D. Bosco.
III. Il suo carattere.
Era l'8 maggio 1884, e nella eccellentissima casa delle Nobili Oblate di Tor de' Specchi in Roma, tanto benemerite delle opere della Pia Società Salesiana, il Venerabile Don Bosco tenne una Conferenza ai Cooperatori dell'alma città, presieduta dell'Em.mo Card. Lucido Maria Parocchi, Vicario Generale di Papa Leone XIII. Don Bosco fece una di quelle semplici ma eloquenti esposizioni che rapivano il cuore, parlando del bene compiuto e di quello che intendeva promuovere ; ma finito ch'egli ebbe, l'Eminentissimo salì alla sua volta sul palco e disse queste memorande parole (1).
« Vorrei qui avere una piena libertà di parola, circa la Missione dei Salesiani e del loro fondatore, libertà di esprimere il mio pensiero, il mio sentimento riguardo a lui, alle sue opere ed alla sua Società, tanto benemerita. Ma questa libertà mi è tolta dalla presenza dell'uomo di Dio, dell'uomo della Provvidenza, della perla del Sacerdozio Italiano Cattolico, e di alcuni de' suoi alunni. Quindi mi conviene tacere, poichè un elogio offenderebbe la loro modestia. Ma se io taccio, parlano abbastanza le opere loro. Parlano di D. Bosco e de' suoi figli i tanti collegi sparsi in Italia, in Francia, in Spagna e fino nelle lontane Americhe ; parlano di D. Bosco e de' suoi figli, celebrano le loro lodi le tante chiese erette nelle varie parti del mondo nello spazio di pochi anni; parlano i tanti libri stampati per l'istruzione religiosa del popolo; parlano le tante opere di polso date alla luce, e i classici corretti per sottrarre alla gioventù ciò che vi ha di pericoloso nella italiana letteratura; parlano gli Oratorii festivi, le scuole diurne, serali, festive ove i giovanetti imparano ad amare Dio e a servirlo, e nello stesso tempo ricevono un'istruzione conveniente al loro stato; parlano le Missioni che, in breve giro di tempo, si stabilirono numerose nell'America e prosperano a gloria della Chiesa cattolica e della civiltà. Se io taccio, il nome di questo uomo della Provvidenza, di D. Giovanni Bosco, risuona sulle labbra di ben 1oo,ooo giovanetti che lo riconoscono per padre. Se io taccio, predica il suo nome la sua Pia Società coi numerosi suoi alunni; parla di lui l'opera veramente Romana incominciata e proseguita da lui con un coraggio Romano, parla la Chiesa del Sacro Cuore di Gesù e l'Ospizio annesso, che vediamo innalzarsi fra di noi.
» Certamente non vi può essere elogio pari alla grandezza, al benefizio, all'eroismo, del quale sono improntate le opere dell'impareggiabile D. Bosco. Dalla Società da lui istituita, e largamente propagata, già si colgono in questo suolo frutti sì belli e provvidenziali che riempie di meraviglia il solo pensarvi. Ma, signori Cooperatori e signore Cooperatrici, in queste opere benchè mirabili, grandi, meravigliose e fonti di bene immenso, nulla vi è che sappia di nuovo, nulla che nei secoli passati non abbia il suo riscontro. Si parlò sempre di Missioni ai popoli selvaggi e barbari; si parlò di predicazioni, di Chiese, di Ospizii, di diffusione di buoni libri, di educazione della gioventù. Tutte queste opere erano prima dei Salesiani, sono adesso, saranno poi, perchè sono nella stessa natura della Chiesa cattolica.
» Dunque non è su questo punto che io voglio fermare la vostra attenzione, ma piuttosto mi indirizzo a voi, che vi onorate del nome di Salesiani, nome bello per il Santo che ricorda, tutto dolcezza e tutto carità, nome bello ancora pel significato che dà alle vostre opere, di sale e luce; e intendo di parlarvi di ciò che distingue dalle altre la vostra Società, ciò che forma il vostro carattere, la vostra fisionomia. Come in ogni uomo, che Dio mette al mondo, impronta una nota che lo contraddistingue da tutti gli altri uomini, così pure, come ce lo attesta la storia e lo vediamo coi nostri occhi, ogni Congregazione Religiosa Dio impronta con una nota, con un carattere, con un suggello, che la distingue dalle altre Congregazioni. L'Ordine di S. Francesco d'Assisi ha il carattere proveniente dalla sua missione ed è la Povertà, colla quale doveano contrapporsi i Francescani ad un secolo tutto dato alla boria ed ai piaceri. L'Ordine di S. Domenico ebbe ed ha pure il suo carattere, la fede, poichè dovea combattere un secolo, nel quale ferocemente insorgevano le eresie: Haec est victoria quae vincit mundum fides nostra. Ignazio e la sua Compagnia di Gesù ebbero per carattere la scienza, e con questo doveano combattere l'ignoranza di coloro, che di ignorante accusavano la Chiesa, fermare i progressi del protestantesimo, contendendogli il terreno palmo a palmo, penetrare nelle regioni che esso avea già occupate, conquistare le anime non solo colla santità, ma col sapere. E così dicasi di tuttì gli altri religiosi Istituti, che troppo lungo sarebbe il passare qui a rassegna per considerarne la nota singolare.
» Voi dunque, o Salesiani, avete una missione speciale che forma il vostro carattere. Io, Cardinale di S. Madre Chiesa, predicando in questo luogo di verità, non vengo per adulare o per dissimulare; quindi parlo con tutta schiettezza. Facendo un parallelo coi fondatori dei grandi Ordini religiosi, Domenicani, Francescani, Ignaziani, D. Bosco seppe a tutti e tre ispirarsi e da ciascuno togliere qualche parte, che servisse alla edificazione dell'opera sua, la quale tuttavia è distinta da questi.
» La vostra Pia Società pare che risponda a quella di S. Francesco dal lato della povertà, ma la vostra povertà non è quella dei Francescani. Pare che risponda a quella di S. Domenico, ma voi non dovete sostenere la fede contro le preponderanti eresie, perchè queste eresie sono non solamente invecchiate ma ormai decrepite e cadenti, ed anche perchè precipuo vostro scopo è l'educazione della gioventù. Pare che risponda a quella di S. Ignazio nella scienza per il numero grande di opere che date alla luce pel popolo, e D. Giovanni Bosco è un uomo di grande ingegno, di profondo sapere, e dotto in svariate discipline; ma però, non abbiatelo a male, se io dico che non siete voi che avete inventato la pietra filosofale.
» Che cosa dunque di speciale vi sarà nella Società Salesiana? Quale sarà il suo carattere, la sua fisionomia? Se ne ho ben compreso, se ne ho bene afferrato il concetto, se non mi fa velo l'intelligenza, il suo scopo, il suo carattere speciale, la sua fisionomia, la sua nota essenziale è la Carità esercitata secondo le esigenze del secolo : Nos credidimus Charitati; Deus Charitas est, e si rivela per mezzo della Carità. Il secolo presente soltanto colle opere di Carità può essere adescato e tratto al bene.
» Il mondo ora null'altro vuole conoscere e conosce, fuorchè le cose materiali; nulla sa, nulla vuol sapere delle cose spirituali. Ignora le bellezze della fede, disconosce le grandezze della religione, ripudia le speranze della vita avvenire, rinnega lo stesso Iddio. Potrà un cieco giudicar dei colori, un sordo intendere le sublimi armonie di un Beethoven o di un Rossini, un cretino giudicar delle bellezze di un'arte? Così è il secolo presente: Cieco, sordo, senza intelligenza per le cose di Dio e per la Carità. Questo secolo comprende della Carità soltanto il mezzo e non il fine ed il principio. Sa fare l'analisi di questa virtù ma non sa comporne la sintesi. Animalis homo non percipit ea quae sunt spiritus Dei; così S. Paolo. Dite agli uomini di questo secolo: - Bisogna sal vare le anime che si perdono, è necessario istruire coloro che ignorano i principii della religione, è d'uopo far elemosina per amor di quel Dio, che un giorno premierà largamente i generosi; - e gli uomini di questo secolo non capiscono.
» Bisogna dunque adattarsi al secolo, il quale vola terra terra. Ai Pagani Dio si fa conoscere per mezzo della legge naturale; si fa conoscere agli Ebrei col mezzo della Bibbia; ai Greci scismatici per mezzo delle grandi tradizioni dei Padri; ai Protestanti per mezzo del Vangelo: al secolo presente si fa conoscere colla Carità Nos credidimus Charitati. Dite a questo secolo - Vi tolgo i giovani dalle vie perchè non siano colti sotto i tramwai, perchè non cadano in un pozzo; li ritiro in un ospizio perchè non logorino la loro fresca età nei vizii e nei bagordi; li raduno nelle scuole per educarli perchè non diventino il flagello della società, non cadano in una prigione; li chiamo a me e li vigilo perchè non si cavino gli occhi gli uni gli altri - e allora gli uomini di questo secolo capiscono ed incominciano a credere: Et nos cognovimus et credidimus Charitati, quam habet Deus in nobis. »
(1) Cfr. Bollettino Salesiano, giugno 1884.
**
Non si può quindi delineare tutto intero il programma e dire: « Ecco il campo di lavoro dei figli di D. Bosco! » I tempi cambiano e coi tempi cambiano le generazioni e le miserie umane. Ma poichè sarà eterna la lotta fra il bene e il male, chè non vi può essere tregua nè convenzione fra Gesù Cristo e il demonio, e sempre vi saranno anime da salvare e sempre si troverà esposta a mille pericoli l'incauta gioventù, i Salesiani, camminando sulle orme di D. Bosco, di null'altro si preoccuperanno che della salvezza dei loro fratelli, specie della gioventù povera e più abbandonata, allargando e trasportando, ove occorra col volger degli anni, il loro campo d'azione, e modificando e cangiando i mezzi già usati, appunto come fa la Chiesa, la quale adattandosi a tutte le esigenze dei tempi, fu ed è in tutti tempi la luce del mondo e la madre amorosa di tutti i credenti.
BOGOTA.- Il 15 agosto u. s. veniva invitata per la prima volta al teatrino del Collegio Salesiano quella Colonia italiana.
L'ecc.mo Ministro d'Italia sig. Ruffillo Agnoli fu accolto al suono della marcia reale. Il direttore D. Briata disse un discorso di circostanza cui seguì la rappresentazione del dramma: Gli esiliati in Siberia, intercalato da vari componimenti, tra cui un indovinatíssimo dialogo sulla storia dell'Italia e della Colombia.
Il discorso di chiusura fu detto dal signor Ministro il quale, rese le più sincere grazie al direttore del Collegio, e salutata la Colonia italiana, volgendo la sua eloquente parola ai giovanetti della casa, additò alla loro riconoscenza i loro istitutori, che unicamente per loro avevano abbandonato patria e famiglia, e dipinse con vero entusiasmo il Venerabile D. Bosco « come benefattore dell'umanità e vera e grande gloria d'Italia ».
Pose fine all'adunanza l'inno nazionale colombiano, suonato dalla piccola banda del collegio, che da tutti fu ascoltato in piedi.
PAVIA - L'11 ottobre nel teatrino dell'Oratorio di S. Teresa, auspici il Direttore Diocesano Mons. Mariani ed un'eletta di Cooperatori e Cooperatrici Salesiane, si tenne una solenne commemorazione di D. Bosco Venerabile, quasi a suggello dei festeggiamenti pel 3° Centenario della Madonna delle Grazie. I solennissimi festeggiamenti furono illustrati dall'intervento delle LL. EE. Rev.me Mons. Pasquale Morganti Arcivescovo di Ravenna, Mons. Francesco Ciceri zelantissimo Vescovo diocesano e Mons. Pietro Viganò Vescovo tit. di Ezani e Direttore del Seminario delle missioni estere in Milano, nonchè del rev.mo D. Albera quale rappresentante del sig. D. Rua, dei rev.mi Canonici e Prevosti della Città, e di tutti i venerandi chierici del Seminario.
Iniziatesi il 2 ottobre con la consacrazione del nuovo altare della Madonna, le feste seguirono con un settenario predicato dal rev. D. Abbondio Anzini quasi in preparazione al triduo solennissimo che si aperse con l'incoronazione della Taumaturga Immagine e si svolse nei giorni 9, 10, ed 11, con una straordinaria affluenza di popolo. Il 12 si celebrò un solenne ufficio funebre in suffragio dell'Em.mo Card. Riboldi, le cui spoglie mortali riposano in detta chiesa, e a sera cominciò altro triduo solenne, predicato dal rev. D. Giovanni Mellano, in preparazione alla festa di S. Teresa. Cosicchè dal 2 al 15 ottobre fu tutta una serie d'imponenti dimostrazioni di fede, di pietà e di doverosa riconoscenza.
Fra queste dimostrazioni non mancò, come abbiamo detto, quella al Ven. D. Bosco, i cui figli ufficiano da vari anni quel Santuario. La commemorazione, tenutasi alla presenza dell'Ecc.mo Mons. Vescovo Diocesano, circondato da Mons. Mariani, dal rev.mo D. Albera e da un'affollata udienza di benemeriti cooperatori e benemerite cooperatrici, fu letta dal ch.mo prof. D. Pietro Ghia, ed a noi piace offrirne ai lettori i pensieri principali
«Sembrerà strano che l'uomo ancor privo della luce del Vangelo abbia potuto intravedere la grandezza di colui che spende la sua vita a vantaggio de' suoi simili. Erano i loro eroi e Pitagora ne' suoi versi d'oro raccomanda: « Onora gli eroi, pieni d'eccellenza e di luce »; e perchè non si prenda abbaglio sopra questo nome di eroe, Jerocle nei suoi commenti sopra Pitagora lo interpreta nel senso appunto che il cristianesimo il nome di santo...
» Ma se gli antichi intravedevano questo sublime eroismo, soltanto nella Chiesa se ne poterono trovare i più perfetti modelli. E il mondo davanti a questi stupì. Indifferente la Rivoluzione francese davanti a 18 secoli di benemerenze della Chiesa Cattolica, si inchinò all'opera di S. Vincenzo de' Paoli, quasi ad ammonirci che si può resistere alla luce della verità, allo splendore della virtù, ma bisogna inchinarci alla fiamma della carità. Il Ven. D. Bosco sorto quando attraverso a tanta bufera resisteva impavida e procedeva gloriosa nella sua via l'opera di S. Vincenzo de' Paoli, sembrò suscitato da Dio ad appoggiarla, ad adattarla ai tempi, a perfezionarla, se mi è lecito dire, dietro i suggerimenti che vengono dalle circostanze e dai bisogni del tempo...
» Diamo uno sguardo sulle opere molteplici di quest'uomo che ancor giovane nella storia, giovanissimo nel cuor de' suoi figli e nostro, ha veduto il seme da lui gettato crescere in sì larga messe di frutti il cui svolgimento, secondo le viste comuni sembra richiedere il concorso paziente dei secoli. Vorrei entrare un momento in mezzo a quest'immensa compagine di opere che ebbe origine o impulso da un uomo solo, umile nella sua grandezza, generoso nella sua povertà, prudentemente audace, le piani al lavoro, lo sguardo nei cieli...
» Ma una ricchezza la possedeva: la ricchezza di un'illimitata fiducia nella Provvidenza di Dio; quella Provvidenza che insinuandosi con soavità e fortezza nei cuori degli uomini li conduce e dirige a quei fini altissimi che sono, prima della loro effettuazione, un mistero per le povere intelligenze umane, e, condotti a compimento, ne formano la meraviglia. A chi contempla nel loro complesso le istituzioni molteplici di D. Bosco, sembra di vedere un fiume regale che ricco di acque, in alveo immenso, portante sul dorso navi superbe, reca la fertilità in estese pianure, e ricchezze nelle città di cui lambe fremendo le mura. Risalitene il corso, e v'accorgerete che quelle onde, che pare portino guerra e non tributo al mare, sono la risultante di numerosi affluenti, a loro volta arricchiti dal contributo di modesti rigagnoli, che portano le linfe pure e gelide che premono da vene nascoste ma perenni che gorgogliano nel silenzio dei boschi annosi, sul pendio di monti scoscesi, nella freschezza di valli romite. Rigagnoli e sorgenti perenni delle ricchezze di D. Bosco, siete voi, generosi Cooperatori dell'opera Salesiana! Quel piccolo contributo che esce dal vostro cuore perenne nella carità, come inconsunta è la fiamma d'amore che lo scalda, è una polla d'acqua sorgente che fondendosi con altre migliaia, discenderà fiume fecondo nella immensa pianura della società sitibonda ed arida, e vi porterà colla pioggia, del benessere materiale a tanti derelitti, un soffio nuovo di fede e di ineffabili speranze...
» L'occhio potente di D. Bosco, che abbracciava tutte le umane miserie, e si spingeva nell'avvenire, vide nei Cooperatori Salesiani una istituzione di sociale preservazione e rigenerazione che un giorno non lontano si estenderà a tutto il mondo. Tre Sommi Ponfefici si misero a capo di questa istituzione, da Pio IX che ne approvò il regolamento nel 1876 a Leone XIII e Pio X che vollero vantarsi del titolo di primi Cooperatori Oh la schiera si estenda e si moltiplichi ; i padri in previsione del momento che dovranno abbandonare la scena del mondo la trasmettano ai figli dal cuore ardente, le madri alle figlie dal cuor tenero e delicato, e venga un tempo in cui raggiunta la rigenerazione della società, desiderio e voto della Chiesa e di tutti, non vi sia alcuno che al dire del poeta, a' suoi figli narrandolo un giorno, dovrà dir sospirando: io non c'era!...
» C'è la voga nei nostri tempi e nelle nostre scuole di proporre alla gioventù dei tipi famosi di una forza e di una grandezza tutta umana che assomigliano presso a poco alle terribili figure dell'antichità classica; pei giovani cristiani questi tipi forti non possono bastare; noi le sappiamo le glorie di questi forti, ma ne sappiamo anche le debolezze; noi li ammiriamo quando lottano, quando vincono e muoiono sul campo; ma li deploriamo e non vogliamo imitarli quando si fanno zimbelli dell'empietà, quando davanti alle seduzioni dell'opinione che corre o della vanagloria si piegano, si spezzano, si avviliscono. Noi accettiamo questo eroe cristiano che ha una sola fede, un solo scopo nobile e santo nella sua vita, una sola preghiera: la gloria di Dio nella società rigenerata per mezzo della gioventù, educata ai potenti ideali della fede di Cristo ! »
Cronaca degli Oratori festivi.
AL CONCORSO INTERNAZIONALE di ginnastica e sport che si tenne a Milano il 5, 6, 7 e 8 settembre, sotto l'alto Patronato di S. A. R. il Duca di Genova, e che per la saggia e paziente preparazione riuscì mirabilmente ordinato, grandioso, imponente, fra le tante società che vi accorsero dall'Italia e dal l'Estero, ve ne furono varie dei nostri Oratori, e cioè:
l'Ardor di CATANIA;
la Cor di CASALMONFERRATO;
la Fulgor di SPEZIA;
la Fert di FAENZA;
la Robur di MACERATA;
la Virtus di LORETO;
la Valdocco di TORINO,
le quali vi conseguirono una brillante graduatoria ed al ritorno nelle proprie sedi furono fatte segno a dimostrazioni di alta simpatia.
L'Ardor di Catania, che ottenne la lusinghiera classifica di 9,75 guadagnando la corona d'alloro e la medaglia d'oro, oltre il 1° premio per la lontananza, nel ritorno sostava a Roma, ove in compagnia della Fortitudo di Reggio e della Pro Zancla di Messina, fu ricevuta da S. S. Pio X, che regalò a tutti i ginnasti una medaglia di bronzo ed il ricco stendardo d'una grande medaglia vermeile.
L'arrivo a Catania fu un avvenimento. La mattina del 12 settembre i muri degli edifizii comparvero tappezzati da numerosi cartelli multicolori portanti i motti: W. l'Ardor! W. Milano! W. Catania!... e da grandi manifesti con cui si faceva noto alla cittadinanza l'arrivo dei ginnasti. Difatti verso le 18 molta folla stanziava nei pressi dell'Oratorio Salesiano, il cui cortile era tutto messo a festa e donde mossero in imponente corteo, precedute dalla banda musicale e tutte con bandiera, la Virtus di S. Berillo, l'Excelsior del Borgo, la Robur di S. Giuseppe al Transito, e le rappresentanze delle Sezioni Studenti e dell'Associazione Vagliasindi, della Federazione Democratica Cristiana, del Circolo Cattolico universitario, della Federazione e Associazione Giovanile Cattolica, della Monarchica Liberale, della Società Sportiva pro Patria, dello Sport Club Trinacria, ecc. ecc.
All'arrivo del convoglio un alto applauso salutò i giovani vittoriosi, i quali continuamente acclamati da una folla enorme, per piazza dei Martiri e le vie Lincoln, Stesicorea, Stesicoro Etnea, Vittorio Emmanuele, Piazza Cavallotti e Teatro Greco, furono accompagnati in corteo fino all'Oratorio S. Filippo, ove prese per primo la parola il valoroso prof. Mondello, fondatore della società, l'avv. Oreste di Benedetto a nome della « Paolo Vagliasindi », il sac. Di Stefano per la Federazione Democratica Cristiana e vari stúdenti, fra l'indescrivibile tripudio di tutti quanti i giovani dell'Oratorio.
Anche la Cor dell'Oratorio del Valentino di Casalmonferrato, benché giovanissima (non ha ancor festeggiato la sua fondazione), ha conseguito una corona d'alloro ed una medaglia d'oro, e sei medaglie d'argento ed una di bronzo nelle gare individuali artistiche e nelle atletiche.
Egual esito, cioè corona d'alloro e medaglia d'oro e numerose medaglie individuali, ebbe la Fulgor di Spezia, la quale si prepara a festeggiare la brava squadra in occasione della premiazione delle gare interne.
Entusiastico ricevimento ebbe la Fert di Faenza, la quale in ambedue le gare di squadra soci riportò la corona d'alloro con medaglia d'oro ed una graduatoria brillantissina; e, tacendo de' molti premi individuali, fu la prima nella gara di palla vibrata conseguendo medaglia vermeille con medaglie d'argento pei singoli ginnasti, e col corridore Arnaldo Silvagni ebbe anche il premio nella gara di corsa veloce.
Solenni e pubbliche accoglienze ebbe la Robur di Macerata. Ricevuta alla stazione da un numero grandissimo di cittadini, con a capo la fanfara si recò in Piazza Vittorio Emmanuele, nella sala Verde del Teatro Lauro Rossi pure gremita di elette persone, tra cui il sindaco Cav. Avv. Ferruccio Micciani, alcuni membri della Giunta e del Consiglio Comunale, il Regio Provveditore degli studi Agostini, un gran numero di ufficiali del presidio, professori delle pubbliche scuole, impiegati della R. Prefettura e molte signore e signorine, che rispondendo all'invito del comitato vollero colla loro presenza rendere più gaia e simpatica la dimostrazione.
Offerto un vermouth d'onore ai ginnasti, parlò il vice-presidente sig. Scattolini salutando i compagni che seppero tener alto a Milano il nome di Macerata; e il prof. Ricci del R. Liceo a nome dei giovani ringraziò il Sindaco, il R. Provveditore, il comitato e quanti concorsero alla dimostrazione. Sul medagliere, recato dal più piccolo dei ginnasti, sfolgoravano le due splendide corone di alloro che i giovani avevano riportato al Concorso; poichè la Robur, presentatasi con due squadre, colla squadra soci riportò una media di punti 9.85 ottenendo la medaglia d'oro con corona d'alloro, e colla squadra allievi riportava pieni voti riuscendo nella graduatoria prima fra tutte ed ottenendo altra medaglia d'oro con corona d'alloro. Nelle gare artistiche poi, ambedue le squadre ottenevano il primo premio con due medaglie d'argento grandi. Alla società venne assegnata la medaglia d'oro, donata dalla Deputazione provinciale di Milano. Nè meno felice fu il risultato ottenuto dalla fanfara che conta solo pochi mesi di vita, poichè riuscì la prima ed ottenne la 1a medaglia d'oro. L'egregio Maestro Liviabella che aveva per essa composto una splendida marcia, fu fatto segno a squisite gentilezze da parte della giuria, che volle la marcia per farne una riduzione per banda.
Anche la Virtus di Loreto, tornando vittoriosa dal Concorso, ricevette un'accoglienza trionfale. Erano discesi fino alla stazione i parenti dei ginnasti e numerosi amici ansiosi di salutarli, sicchè a fatica si poterono liberare dall'affettuosa dimostrazione e mettersi in ordine. Alle porte della città stavano ad attenderli un'eletta di cospicue signore e signorine patronesse, le giovani della squadra femminile con a capo la loro maestra signora Elisa Mancini, il collegio salesiano e numeroso pubblico, sempre ammiratore della valorosa squadra ginnastica, mentre due bambine tenevano un nastro tricolore a guisa di traguardo, finchè le giovanette ginnaste, insieme colle esimie Patronesse presenti, non ebbero offerto ai singoli soci un mazzolino di fiori. Quindi, continuamente acclamato, il corteo proseguì al rullo dei tamburi pel Corso XX Settembre, fino alla casa del rev.mo Mons. de Marcy, il munifico protettore della Virtus, che volle offrire ai cari giovani un lauto rinfresco d'onore.
La Valdocco di Torino, che conseguì la corona di quercia e medaglia vermeille per l'esercizio collettivo obbligatorio, medaglia grande d'argento per la produzione libera di squadra e numerosi premi agli esercizi individuali, festeggerà l'esito riportato al Concorso di Milano con l'inaugurazione di una nuova ampia palestra.
GENZANO DI ROMA. - La Società Sportiva « Cynthianum » (cioè Genzano) il 22 settembre compì la cerimonia solenne della benedizione della sua bandiera.
Il piazzale dell'Istituto Salesiano tutto pavesato di bandiere raccolse più di un migliaio di persone che seguirono con viva, deferente attenzione, lo svolgimento della solennità. Sopra il trono preparato per l'Em. Card. Vescovo Agliardi, spiccava la sorridente figura di D. Bosco. Il Cardinale, accolto da vivi applausi e dalle note dell'inno cattolico laziale, circondato dalla duchessa Sforza Cesarini, dalla madrina signorina Cesira Cattaneo, dal Sindaco ing. Mazzoni, da Mons. Arciprete, da Mons. Santoni e dal Can. Fiaschetti per il Consiglio Direttivo della F. A. S. C. I., e da altre numerose rappresentanze, procedette alla benedizione del magnifico vessillo azzurro - il bel vessillo comunale - ricamato finemente dalle suore Agostiniane e donato dalla madrina. Quindi fece la sua prima comparsa una scelta, squadra della Cynthianum, dieci robusti giovanetti nella bella uniforme bianca, attraversata da una fascia nera coronata sul petto da un nastro tricolore,che dissero gentili parole di ringraziamento al Vescovo, alla madrina, cui offersero un magnifico bouquet e una pergamena ricordo. Dei loro propositi si fe' interprete il rev. D. A. Gianferrari che lesse un bel discorso intorno il significato civile e cristiano dell'educazione fisica; dopo il quale, alternato da pezzi musicali del concerto giovanile, ebbe luogo il saggio ginnastico con evoluzioni di passo e di corsa sullo stadio, esercizi elementari, progressioni ai bastoni Jäger, salto in alto e vari giuochi.
- Il 27 i giovani ginnasti, di ritorno dal concorso regionale sportivo laziale, in cui nella Categoria allievi riportarono il primo premio, ebbero la ventura di essere ricevuti in privata udienza dal Santo Padre.
Ad essi si erano uniti il Direttore della Casa Salesiana, il rev.mo Arciprete Mons. Cima, Mons. Santoni, la signorina Cesira Cattaneo con la madre, il sig. Fagiolo, presidente della Società Cattolica Operaia, i Canonici Galieti ed Imbastari ed altre persone che tanto si interessano dello sviluppo ed andamento dell'Oratorio festivo genzanese.
Il Santo Padre con quella bontà che lo distingue, accolse tutti affabilmente, rivolse a ciascuno dei presenti una parola, ma si interessò in modo affatto speciale dei giovani ginnasti. Volle sapere da essi come erano stati trattati durante il concorso e quali premi avevano riportati, si rallegrò del felice risultato ottenuto, ed augurando nuovi allori e maggiori conquiste, conchiuse con queste parole:
« Io amo la ginnastica, amo i giovani ginnasti, ma li desidero buoni questi giovani! Sapendoli buoni e timorati di Dio, essi mi sono doppiamente cari.... Continuate a frequentare l'Oratorio festivo, corrispondete alle cure dei vostri superiori e maestri, e mettete in pratica i loro consigli, i loro ammaestramenti. In tal maniera non potrete a meno di mantenervi o diventare buoni, quali ardentemente vi desidero ».
A sera i baldi giovinetti facevano ritorno a Genzano, attesi all'ingresso della città dal concerto comunale, dai compagni dell'Oratorio con bandiera, e da una straordinaria folla di cittadini di tutte le classi, i quali li portarono come in trionfo per le vie principali, tra continui applausi.
TORINO-VALDOCCO - La « Valdocco », la Società sportiva del 1° Oratorio festivo di D. Bosco, celebrò, solennemente la sua festa sociale.
Al mattino, dopo la Messa con Comunione generale, vi fu la benedizione della bandiera della Società, cui facevano onorata corona non poche altre con numerose rappresentanze. Il geniale vessillo fu benedetto dal Presidente Onorario del Circolo, sig. D. Rinaldi. Ne fu munifico padrino l'avv. Celidonio Airaldi e madrina la gentile signorina maestra Quaranta.
Nel pomeriggio, dopo le funzioni di Chiesa, nell'ampio cortile dell'Oratorio interno si tenne un riuscitissimo saggio ginnastico-musicale. I giovani ginnasti, diretti dal prof. Piccinini, svolsero l'intero programma del Concorso di Milano. Assistettero al saggio anche il venerando D. Rua e S. E. Rev.ma Mons. Giovanni Marenco, Vescovo di Massa e Carrara, ai quali facevano degna corona non poche notabilità del clero e del laicato, tra cui il Presidente e Vice-Presidente del Consiglio Regionale della F. A. S. C. I., rag. Milanesio e ing. Zaccone. Questi portò a nome della Fasci un nobile incoraggiamento alla Valdocco, mentre il Presidente Milanesio accompagnò con appropriate parole la consegna della bandiera, fatta a nome del padrino dal neo-cavaliere sig. Luigi Pavia. La festa fu coronata da una bicchierata ai ginnasti ed alle diverse rappresentanze.
- I giovani della Scuola di musica il 19 settembre, in unione con vari antichi compagni, festeggiavano l'anno XXV della fondazione della Scuola. Numerose le sante Comunioni distribuite nella chiesa di S. Francesco; devota l'offerta di un cuore d'argento a Maria Ausiliatrice in ringraziamento dei benefizii ricevuti, bello il pellegrinaggio alla tomba di D. Bosco a Valsalice, lietissima l'agape fraterna che si tenne nel teatrino interno dell'Oratorio. Nel pomeriggio si svolse un breve trattenimento musico-letterario nel quale l'infaticabile direttore D. Pavia, ricordando gli inizi della scuola, si rallegrò coi presenti della buona corrispondenza degli alunni alle sollecite cure del loro maestro, che volle coronare la festa con un concerto serale sulla piazza di Maria SS. Ausiliatrice. Per la circostanza venne inaugurata la nuova divisa del bravo corpo musicale e furono distribuiti diplomi e medaglie commemorative ai soci, ai benefattori, ed alle rappresentanze, che ebbero la bontà di presenziare tutta l'allegra cerimonia.
SANSEVERO. - La domenica 19 settembre un centinaio di giovani dell'Oratorio si trovarono pronti nell'ampio cortile a sfilare in marcia verso la stazione ferroviaria. Precedeva la fanfara, seguiva la sezione sportiva, poi tutti gli altri, a quattro a quattro e in buon ordine, con speciali distintivi. Non appena il treno si mise in moto, la fanfara intonò una marcia e tra fragorosi battimani si levò da tutti il grido Viva D. Bosco! a cui risposero gli applausi di molti viaggiatori. Scesi alla stazione di Poggio Imperiale, si fece colazione, poi a piedi si salì fino al paesello che si delinea sul poggio ridente, con lo sfondo delle acque azzurrine del lago e del mare. Dopo la Messa nella parrocchiale ed un lieto desinare nella masseria del dott. Vincenzo Recca si proseguì per Lesina, ove gli abitanti si riversarono sui balconi e sulle vie per assistere alla sfilata del lieto drappello. Parecchi giovani del luogo si misero a disposizione per il giro in paese e per la gita al lago. Il sindaco, sig. Primiano Calvo, offerse del vino per ristorare i più stanchi e parecchie barchette necessarie per la gita, mentre gran parte della popolazione si riversò sulla banchina. Allorquando le barchette filarono sul lago e la bandiera fu spiegata al libero vento, baciata dal sole che volgeva al tramonto, scoppiarono cordiali applausi al Sindaco ed a quella popolazione gentile. Compiuta la barcheggiata si andò in chiesa, ove l'Arciprete D. Jannarino impartì la benedizione col SS. Sacramento, quindi tra fitta ala di popolo si prese di nuovo la via per Poggio Imperiale. Alle venti si era alla stazione, pronti per il ritorno. Nel treno si suonò, si cantò allegramente; e quando si fu a Sansevero, prima di scendere dai vagoni si gridò ancora una volta dalla giovane schiera felice: Viva D. Bosco!
Altre notizie.
- A Chieri la terza domenica di ottobre ebbe luogo la distribuzione dei premi ai giovanetti più assidui e di miglior condotta. Per l'occasione, la squadra ginnastica « Leo » offerse al numeroso pubblico accorso un brillante saggio ginnastico eseguendo tutti gli esercizi premiati con corona di alloro e medaglia d'argento al recente concorso di Racconigi. A rendere più interessante il saggio concorsero con scelto programma vari ginnasti della « Fides et Robur » e della « Valdocco » di Torino sotto la direzione del signor Felice Massocco.
- Il 16 settembre nel fiorente Oratorio di Trieste eran premiati i più assidui all'Oratorio autunnale. La munifica benefattrice Baronessa De Seppi assistè alla distribuzione dei premi, consistenti in libri, medaglie, frutta, dolci e altri doni; - e la prima domenica di ottobre i giovani dello stesso Oratorio che dovevano partire pel servizio militare o per l'università prendevan commiato dai loro compagni, superiori e benefattori, con un'altra serata indimenticabile.
- A Campinas, nello Stato di S. Paolo nel Brasile, il 24 giugno si è inaugurato un Oratorio festivo. Il Vescovo Diocesano benedisse la cappella, pronunziando un discorso sulla necessità degli Oratori.
Sorgano e si moltiplichino ovunque questi porti di scampo per tanta gioventù!
D. SIMPLICIO.
IMPORTANTE. - Ad evitare a noi una perdita di tempo e la dispersione di molti bollettini, preghiamo i signori Cooperatori e le signore Cooperatrici che hanno da modificare o correggere l'indirizzo col quale ricevono il periodico, di accompagnar sempre la commissione con una delle ultime fascette colla quale l'hanno ricevuto.
Mozambico (Africa Orientale
Una nuova missione presso le tribù « Macúas ».
A una lettera dell'Ispettore delle Case Salesiane del Portogallo e Colonie, il rev. D. Pietro Cogliolo, in data 21 settembre u. s. da Mozambico, spigoliamo questa importante notizia:
Dopo circa tre settimane di permanenza a Mozambico parto domani per Capetown. Benchè il calore qui sia intenso e continuo, i confratelli stanno tutti bene, e lavorano indefessamente.
Se vedesse il campo immenso che ci si presenta in questi luoghi! Se non m'inganno, questa Casa di Mozambico sarà il punto di partenza per le nostre missioni nell'interno, ancor tutto vergine e popolatissimo.
Giorni fa m'inoltrai alquanto nel continente per visitare il luogo destinato alla nostra nuova Scuola agricola e Missione. M'accompagnò Mons. Vicario Generale, e ci fecero scorta vari negri, per difenderci più dalle fiere che dagli uomini.
A poca distanza dal luogo prescelto sorge un piccolo forte, ove risiede un comando militare per tenere in soggezione le tribù Macúas, che prima della sconfitta loro inflitta dal celebre Monsinho de Albuquerque, erano audaci e terribili.
Per la piccola Colonia agricola e Missione il Governo concederà un vastissimo terreno e tutto l'occorrente. Non sarà per ora che un'appendice o succursale della casa di Mozambico e vi andranno un Sacerdote, un Coadiutore, alcuni buoni giovani, pratici della lingua, e disposti ad aiutarci. La viva insistenza delle autorità civili ed ecclesiastiche non permise di ritardare più a lungo il principio di quest'opera.
Ad altro tempo le notizie dettagliate della nuova regione ancor vergine, alle cui porte si stanziano i figli di D. Bosco. È un nuovo campo immenso che, a quanto sembra, la Divina Provvidenza vuole assegnare al nostro apostolato. Mancano solo gli operai!
Equatore
Due escursioni apostoliche.
(Relazione del Sac. Michele Allioni).
Gualaquiza, 9 luglio 19o9. REV.MO SIG. D. RUA,
SECONDO il desiderio del nostro Superiore D. Santinelli ho compiuto una escursione tra le popolazioni cristiane
dell'alta valle del Bomboiza per dare a tutti comodità di compiere il precetto pasquale ; e questo avvenne ai primi di giugno, nella settimana della SS. Trinità e del Corpus Domini. Ieri poi son ritornato da un'altra escursione in mezzo ai Shudra nella quale mi sono spinto fino alle sponde del Rio Chuchumbleza visitando tutte le jivarie poste tra il Rio Bomboiza, il Rio Chuchumbleza e il Rio Zamora. Sapendo quanto interesse Ella nutra per questa missione, mi accingo a stendere dell'una e dell'altra escursione un giusto ragguaglio.
I.
Cammini malagevoli - Nell'azienda Samaniego - Interessanti rovine di città distrutte.
Il 6 giugno, vigilia della SS. Trinità, in compagnia di un bravo giovane partiva alla volta di Aguacate. Nei giorni precedenti aveva piovuto assai, e quello stesso giorno minacciava una serie di temporali ; s'immagini quindi in quali condizioni si trovava il passo del Cutan, già si terribile nella stagione asciutta. Erano caduti molti alberi, le liane sbarravano il cammino e il fango, tenace e tra le radici degli alberi, arrivava al ventre delle nostre cavalcature. Fui tentato più volte di tornare addietro, e l'avrei fatto se non era il pensiero che chissà quando avremmo potuto compiere quella visita. Dopo due ore e mezzo di sforzi eravamo al Porton, mentre in via ordinaria il Cutan si passa in un'ora.
Dal Porton il cammino divenne relativamente buono. La pioggia ci raggiunse mentre stavamo in Sococha e ci accompagnò fino a sera, insi stente, molesta, rendendo le salite e le discese quanto mai pericolose. E una via infestata dai serpenti, e la comitiva dei Peoni, o lavoranti, che sta facendo pulito il cammino, incontra ogni giorno alcuna di queste bestie. Uno di quelli poche settimane or sono fu morso dal makanci e venne trasportato a braccia fino a Gualaquiza in casa della Missione, dove venne curato e in tre giorni fu fuori di pericolo (1). Noi pure dovevamo incontrare parecchi di questi serpenti e la mia mula stava per calpestarne uno, quando la ritenni in tempo, ed il verde animale, lungo circa tre metri e grosso come il braccio, disviluppatosi, attraversò il cammino perdendosi tra il letto di foglie e gli alti cespi di gramigna.
Sul far della notte, giungemmo alla azienda del sig. Alberto Samaniego, ove per antica consuetudine è sempre pronta una camera per i Missionari. Il padre di Alberto, il sig. Davide, aveva tutto disposto per fabbricare anche una bella cappella, ma la morte lo incolse improvvisamente, ed il materiale, pronto per la costruzione di quella, aspetta tuttora il momento che l'attuale padrone dell'azienda sia in grado di compiere il desiderio del padre.
Quella sera il sig. Alberto mancava e ci fece gli onori di casa il maggiordomo, vecchia conoscenza dei Missionari. Tutti si raccolsero intorno il quadro di Maria Ausiliatrice, protettrice dell'azienda, ove sorge anche l'altare, e si recitò il Rosario, quindi si dissero le preghiere della sera.
Aveva pensato di spingermi il mattino seguente fin a Rosario per celebrare in quella cappella, ma la pioggia, caduta tutta la notte, quel mattino cadeva più forte che mai. Che fare? si chiamarono col suono del corno gli abitanti della montagna; e difatti, nonostante la pioggia, molti convennero all'azienda, ove confessai, dissi messa, predicai, e distribuìi varie Comunioni.
Queste montagne, ove oggi s'incontrano appena alcune case ben distanti tra loro, in altri tempi erano molto più popolate; anzi prima dell'invasione Spagnuola gli indii Cañaris e Quichua e più tardi gli Incas vi avevano erette vere città, cinte di mura, i cui ruderi si vedono ancora in mezzo a queste selve. Ne incontrai anch'io sulla costa del Leonurco, alla confluenza del Rio San José col Rio Remate, e vidi che dànno ancora l'idea della città, posta in posizione strategica, con due ponti in pietra su due fiumi, con le mura di cinta per un perimetro di quasi due chilometri e mezzo là dove non ci sono le ripide sponde dei fiumi, e con una gran piazza, ove doveva erigersi l'altare del Sole, secondo il costume incasico. Le vie diritte, larghe da quattro a cinque metri, e le case simmetricamente disposte, dànno a conoscere come quella città (che fu detto fosse la famosa Logroño) doveva essere una piazza forte, posta a sbarrare la valle contro gli assalti dei Jivaros.
Fra quelle rovine si trovano molte armi dell'epoca incasica, ad es. ascie di pietra e scuri di rame, nonchè molte pietre da macinare il grano, che si adoperano anche presentemente in tutte le aziende e case di queste montagne, ma non trovasi nulla dell'epoca spagnuola; indizio certo che la città fu distrutta prima dell'arrivo degli Spagnuoli, o dagli Spagnuoli stessi al tempo della conquista. Non potei fermarmi che brev'ora ad osservare quegli avanzi; ma, se potrò, un'altra volta mi fermerò tutta una giornata avendo in animo di abbozzarne una pianta. Certo il lavoro di ricognizione è reso difficile da una vegetazione almeno tre volte secolare, cresciuta tra le ruine, con piante colossali del diametro di un metro e mezzo, e piante arrampicanti e spinose, che han tutto coperto quanto non han potuto distruggere. Il cemento con cui furono legati i massi delle mura verso nord-ovest è cosi tenace, che poche pianticelle di gramigna e poche felci vi han potuto allignare.
Rinvenni altre vestigia di antiche popolazioni sulla costa del Cuchipamba; e mi fu detto che sulla cresta della stessa costa vedonsi i ruderi di una grande città, ancora assai ben conservati. Anche sulla cresta del Leonurco s'incontrano ruderi per leghe e leghe, ma non sono di città fortificate nè di pacifiche dimore degli Incas (1), sibbene degli indigeni Quichua, come si può dedurre dalle muraglie unite col fango e quindi oggi ridotte al livello delle fondamenta. I nomi stessi dei fiumi, delle montagne, delle località, delle piante stesse che non crescono nell'altipiano e neppure alla costa, sono nomi Quichua e quasi nulla risentono dell'influenza spagnuola. Quanto materiale da studiare, per conoscere la storia degli antichi abitanti di queste valli, che qui cessarono di esistere soltanto all'epoca della conquista, mentre nell'altipiano, la conquista incasica prima, la spagnuola poi, hanno assai modificato il tipo indio primitivo.
Mi perdoni la digressione, la quale per altro serve ad indicare l'ultimo punto avanzato delle popolazioni primitive dell'altipiano. E vero che esistono altre vestigia di popolazioni o meglio indizi di colonizzazione nelle pianure del Paute, del Santiago, del Pastaza ; ma queste son già posteriori ed appartengono all'epoca spagnuola e non scomparvero se non quando le popolazioni Jivare si sollevarono in massa contro gli Spagnuoli che volevano ridurli in servitù, come avevano ridotto le tribù dell'altipiano. E pare che appunto a quest'epoca debba riferirsi l'espugnazione della forte città che sorgeva tra il Rio Remate e il Rio S. José, con l'eccidio degli abitanti; mentre i superstiti secondo l'antica tradizione degli abitanti Quichua, che è pure diffusa presso i Jivaros, ripassarono allora il Matanga. Osservo in fine che è storicamente ammessa la fondazione di Jima nell'altipiano presso le sorgenti del Samar per parte degli abitanti delle sponde del Cuyes, i quali portarono con sè un quadro della Vergine del Rosario assai venerato.
(1) E il più comune e velenoso di tutti i serpenti: se non si cura subito, la sua ferita è sempre mortale.
(1) Gli Incas, padroni del Perù, nel secolo XV s'impadronirono delle regioni che formano la parte civilizzata dell'Equatore.
A Rosario e a Cuchipamba - Flora meravigliosa - La pietà della famiglia Avila.
Ritornando alla mia escursione, quel giorno stesso passata la furia della pioggia, continuai il cammino e giunsi alla cappella di Rosario presso la casa di Jesus Briton, buon cooperatore salesiano. Era già stata data la voce a tutte le case della montagna e verso sera si raccolsero nella cappella che è tutta di profumatissimo cedro (Cedrela odorata) una quarantina di persone, cioè quasi tutta la popolazione di quel luogo. Recitarono il Rosario ed io confessai fin tardi, ed il mattino dopo, riprese le confessioni, le continuai fino alle nove. Quindi celebrai la Santa Messa, predicai, distribuii molte comunioni e per ultimo benedissi le loro case e le loro coltivazioni di pajatoquilla, di jucca, di canna da zucchero, e di banani. Quella buona gente per poter compiere le sue pratiche religiose aveva passato la notte nel breve portico che sorge avanti la cappella e nel solaio del sig. Briton, sfidando le intemperie.
Congedatomi, mossi alla volta di Cuchipamba distante circa tre ore di cavallo al di là del Rio Remate. Cuchipamba più che una montagna pare un'ampia scalea che sale a poco a poco fino alle vette del Chucurillo. Fu in questo viaggio che attraversai le rovine della città incasica, ma il cattivo tempo non mi permise di fermarmi. Giunto a Cuchipamba, mi diressi alla fattoria del sig. Quintanilla, dove trovai il sig. Carlos Occhea, che aveva già conosciuto in Gualaquiza, dal quale fui trattato con ogni cortesia. Il lavoro principale di queste, grandi aziende è la fabbricazione dell'acquavite con canna di zucchero. Ognuna di esse ha un buon numero di lavoranti, che ogni due mesi si cambiano con altri venuti dall'altipiano perchè il lavoro della canna da zucchero è assai gravoso ed il clima è debilitante.
Meravigliose son le ricchezze della flora di questa regione. La temperatura è uguale a quella di Gualaquiza, ma la terra è più ferace e maggiore è la varietà delle piante. Tra le altre produzioni notevole è quella degli aranci, i più. grossi che abbia visto in vita mia, e più belli e più buoni di quelli che crescono a Curacão ed a Jamaica. Eppure nessuno li cura. Il cammino orribile che mena all'altipiano non permette che venga tratto miglior profitto da queste terre.
Qui, se mi fosse permesso esporre un disegno, vorrei dire che il cammino per venire a Gualaquiza non è l'attuale di Granadilla, sibbene quello che già tennero gli Incas per la catena del Chucurillo, il quale partendo dallo stesso massiccio del Matanga viene a cadere dirittamente al punto di confluenza tra il Rio Cuyes e il Rio Cuchipamba, evitando tanti giri e tante discese, mentre anche molto più facilmente si manterrebbe aperto. Ci vorrebbe solo un ponte presso la Jivaria di Thuisha; e in due giorni si scenderebbe a Gualaquiza tanto da Jima come da Sigsig. Questo progetto non è mio, ma è nostro, perchè fu già presentato dal salesiano Giacinto Pancheri, prima della rivoluzione del '95.
In Cuchipamba è notevole la quantità di felci arboree al tutto gigantesche. Per giungere all'azienda del sig. Quintanilla si passa appunto per un ampio viale di felci, di un effetto meraviglioso. Mi fermai due giorni, dando agli abitanti ogni agio di soddisfare la loro pietà. Era quasi un anno che nessun sacerdote si era più recato tra loro; perchè non si era mai potuto. La popolazione, assai fluttuante a causa del clima, in media è da 6o a 70 persone. Il primo giorno celebrai nell'azienda del Quintanilla ; il dì seguente in quella del Vega dove il signor Alberto ci trattò colla più squisita delicatezza. A Cuchipamba trovai vari vecchi conoscitori della foresta, cascarilleros (o raccoglitori della corteccia di china) che avevano perlustrato le montagne e le pianure fino al Rio Pastaza abitando coi Jivaros. Essi mi diedero preziose notizie della vita, e dei costumi e della storia di questi selvaggi che, si voglia o no, sono anche oggi un popolo misterioso. Colà vidi pure la prima volta e mi furono regalate scuri di pietra adoperate un tempo dai selvaggi, oggi divenute rare presso i selvaggi stessi, poichè usano le scuri che comprano dai cristiani. Questi coloni ed i loro peoni sono ottima gente, e di niuna cosa più instavano se non che mi fermassi con loro. Ma non era possibile; promisi che sarei ritornato il mese venturo e spero di compiere il loro desiderio. Era la vigilia del Corpus Domini ed aveva promesso al sig. Belisario Avila che mi sarei trovato nella sua azienda per detta festa ed avrei celebrato nella cappella da lui eretta in onore di Maria Ausiliatrice. Il tempo era migliore ; perciò rifacendo il cammino, potei fermarmi alquanto ad osservare l'antica città distrutta, attraversai i campi di canna da zucchero e di pajatoquilla di S. Josè, risalii la costa del Vatsai e poi, salendo e salendo ancora, giunsi alla casa del sig. Belisario.
Per facilitare la mia andata, nei giorni precedenti il cammino era stato desmontado, cioè era stato sgomberato da tutte le liane, dai tronchi caduti, e dalle felci che rendono questi sentieri pericolosi ai cavalli ed ai cavalieri.
L'azienda Avila è posta a 18oo metri di altezza; donde si scorgono distintamente le tre catene di montagne che chiudono la valle ed è facile farsene un'idea topografica. La cappella, in forma di croce, si vede di lontano; anch'essa è tutta di legno di cedro e quando sarà compiuta potrà competere per bellezza colla nostra Chiesa di Gualaquiza. Il bravo Belisario, un uomo sui sessant'anni, robusto e pieno di vitalità, mi raccontò perchè egli mise mano alla costruzione di quella cappella: « Tutto, egli disse, io debbo a Maria Ausiliatrice. Quando i Missionari Salesiani vennero qui per la prima volta, quindici anni sono, io non possedeva che una chozita (una capanna) là in un angolo della valle di S. Josè e piangevo di pena per non poter offrire un'ospitalità conveniente ai Missionarii. Ma essi mi portarono un'immagine della Madonna di D. Bosco ; io mi raccomandai a lei e la seconda volta che essi vennero potei offrir loro un ricovero migliore e non ebbi più da ricorrere ai vicini. La Vergine continuò ad aiutarmi; potei comperare un terreno di più di 200 ettari per 1ooo sucres dal governo, mi son fabbricato la casa, ho dissodato tutto questo tratto e ora sto fabbricando la cappella. Vi ho già speso oltre 500 sucres e son disposto a spenderne altrettanti ; e la mia casa sarà sempre la casa dei Missionari di D. Bosco. »
Il signor Belisario, che è tenente governativo di Aguacate, fece educare i suoi figli da noi ed in molte circostanze fu di valido aiuto alla nostra Missione.
L'altare della cappella era stato ornato con mazzi dell'odorosa Begonia fragrans: la cui infiorescenza raggiunge i 7o ed anche gli 8o centimetri di diametro ; e i lini, i ricami, i quadri, tutto attestava la cura amorosa e continua di quella buona famiglia per la Madonna di D. Bosco.
Pertanto il giorno del Corpus Domini era là tutta la popolazione del luogo ed anche molti altri convenuti da Rosario, da S. José, da Cuchipamba. Confessai fino alle 9 1/2, poi celebrai la S. Messa, predicai e distribuii molte comunioni, ammirando sempre più la fede di questa gente.
L'indomani avrei voluto trovarmi in mezzo alla popolazione di S. José, ma quelli che eran venuti di là me ne dissuasero, dicendomi che per quella volta la mia andata era inopportuna; stavano facendo un po' di baldoria, ecco la ragione... Naturalmente ascoltai il consiglio e invece di andare a S. José, ove mi recherò quanto prima, mi diressi a Sada-Vaicu, giù alla confluenza tra il Rio Rosario ed il Rio Remate all'azienda del sig. Camillo Samaniego, altro nostro buon cooperatore.
Come nei luoghi precedenti là pure ebbi la consolazione di incontrar gente piena di fede e di affetto a Maria Ausiliatrice ; là pure ebbi a confessare, predicare, e, dopo messa, a benedire le case ed i campi. Così la mia escursione era compiuta; e, poichè il tempo era buono, in un giorno di cavalcata potei ritornare a Gualaquiza.
II.
Timori per una gita a Chuchumbleza - Un invito di Naranza - In riva al Bomboiza.
La gita descritta ordinariamente è sempre facile perchè si compie in paese conosciuto e presso buone famiglie, e si può andare da un punto all'altro a cavallo; ma la seconda cui mi accingeva presentava serie difficoltà. A Chuchumbleza vi era andato Mons. Costamagna nel 1902, e vi era potuto andare a cavallo; più tardi vi erano andati altri per incominciarvi una nostra residenza, ma disgraziatamente perdettero la canoa, gli strumenti, gli abiti ed a stento ritornarono a Gualaquiza. L'ultimo sacerdote che vi si recò, e ciò tre anni sono, fu D. Cadena quando andò a confessare il vecchio capitan Ungucha, al quale diè pure qualche medicina. Ciò nonostante il vecchio morì poco dopo, ed i Divari dissero che D. Cadena l'aveva avvelenato per istigazione del partito di Ramon Huà, e perchè Ungucha era stato uno degli assassini della fattoria Vega in Cuchipamba. Inoltre era già scomparsa ogni traccia della bella via colà aperta per andarvi a cavallo e la stagione delle pioggie non era terminata; quindi, oltre le pioggie, v'erano fanghi profondi da attraversare e fiumi impetuosi da guadare.
A causa della grossa del Bomboiza (1), che non dava il passo neppure ai selvaggi, soprassedemmo per una settimana ; ma la domenica 4 luglio giunsero alla Missione il capitan Juan
Kayapa ed il genero Domingo Tuyasa ad avvertirci che il vecchio capitan Naranza li aveva invitati ad una festa, alla quale voleva anche me, da cui aspettava qualche rimedio per la sua infermità. Fu allora deciso che vi sarei andato, e di là avrei proseguito per la volta del Chuchumbleza.
Partii infatti la mattina del 5 accompagnato da un brav'uomo di Gualaquiza, Giovanni Loyola e da suo figlio che si portavano là per negoziare; ciascuno carico del proprio fardello, coll'altare portatile ed i regali indispensabili per gli indii. Il tempo prometteva bene e fu galantuomo.
Lasciate alle nostre 'spalle le terre più o meno disboscate e le coltivazioni di canna da zucchero, ci addentrammo nella selva che ci separa dal Rio Bomboiza, dove le difficoltà del sentiero son tante che non lasciano tempo a vedere in mezzo a quali piante si cammina, anzi è facile perdervi l'orizzonte. Quindi una delle due; o si ha una bussola, o il senso della direzione proprio di questi selvaggi ; altrimenti è impossibile non lasciarsi ingannare dai tanti passi aperti nelle selve dai porci selvatici.
Nella casa di Tendeza, figlio di Naranza, la quale trovasi sulla destra del Bomboiza, incontrammo il giovane Massimo Katipi, che venne con noi e ci fu guida preziosa in mezzo ai canneti ed alle selve di bambù della riva.
A questo punto il Bomboiza si divide in due rami, formando un'isola. Il primo ramo ha quaranta metri di larghezza e fu possibile guadarlo in via diagonale, coll'acqua alla cintola; il secondo è assai più largo, e l'acqua torbida e profonda tanto da giungere al collo ce ne dissuase. Speravamo che secondo la data parola, fosse là ad attenderci con la canoa Pinchu, altro figlio di Naranza, ma non c'era nessuno. Mandammo all'altra parte Katipi, il quale, corso alla casa di Naranza, tornò con Pinchu che si avanzò colla canoa e dopo due ore di aspettativa potemmo arrivare all'altra sponda. Alle 3 pom. giungemmo alla casa di Naranza.
(1) Il Bomboiza insieme col Pacate forma il Santiago, il quale si scarica nel Marañon, ossia sulle Amazzoni.
Il capitano di 12o anni ! - Un covo di assassini. - Si potrà dir messa?
Seduto su uno scanno di legno presso la sua peaka (1) nel centro della casa, triste ed accasciato dagli anni, il vecchio aveva convitato i figli dispersi ed i parenti più prossimi ad un festino. Nella notte seguente l'ultimo suo figlio Chumbira, avrebbe ucciso il porco più grasso della mandria e di quella notte l'avrebbero anche cucinato. Seduti sulle peake lungo la palizzata che serve di parete alla casa stavano gli invitati ; al mio arrivo sospesero la conversazione ma la ripresero tosto che mi fui seduto sulla peaka del vecchio e severo capitano.
Naranza mi disse che da tempo mi aspettava, che la sua salute era cattiva, che le gambe non lo servivano più, che la gola gli si era infiammata, e che le medicine che il P. Joaquim (Don Gioachino Spinelli) gli aveva mandato, non sapeva come usarle. Non potendo fermarmi oltre il mattino seguente, mi feci portare le medicine, le preparai, e gl'indicai il modo esatto della cura. Guarirà? è quasi impossibile, a 12o anni che dice e mostra di avere, potrà sentirne qualche momentaneo sollievo ma è presso alla tomba, e pur troppo è a temere che questo vecchio jivaro, a dispetto del battesimo, di tutte le esortazioni a ben fare, delle istruzioni catechistiche, morrà consigliando i suoi a compiere qualche vendetta.
Poveri Jivari! La loro vita è prettamente materiale; unico scopo è mangiare, bere e vendicarsi. Quanti mi circondavano, eran tutti colpevoli di assassini. Pinchu (avoltoio) ha ucciso tre di Mendez... Tendeza suo fratello, ha ucciso due di Junganza nelle vicinanze della missione. Tuyasa ha ucciso il brujo (il sacerdoteindovino) della casa di Ramon nella sua casa stessa. Chuncho si era là rifugiato dopo aver ammazzato un cugino, Sandu di Pachicosa, e sulla sua coscienza vecchia di 7o anni egli ha pur due shanzhe e tre altri omicidi. Come dico, era un vero covo di assassini.
Alla sera li feci pregare e li intrattenni sulla necessità di abbandonare per sempre i loro disegni di vendetta. Mi ascoltarono, muti ed attenti; ma, ripresa la loro conversazione, si rimisero a trattare del modo di vendicare la morte degli uccisi a Junganza il dicembre scorso, che eran parenti di Juan Chiriapa.
Quella notte non mi fu possibile chiudere occhio ; gli spiriti dei convenuti, eccitati dalle abbondanti libazioni di nihamanci e di acquavite non si chetarono un momento ed il diapason toccò la nota più acuta quando, poco dopo la mezzanotte, Chumbira e Chuncho uscirono e strangolarono il porco presso la porta delle donne (1). Squartarlo e metterne una parte ad arrostire su una specie di graticola di legno e un'altra in grandi olle di terra cruda, fu affare di circa mezz'ora. Io rimasi sul mio giaciglio fin verso le quattro, sempre pensando se avrei potuto celebrare in quel luogo. Mi raccomandai a Kayapa, il più serio fra tutti, ed egli mi promise che nessuno avrebbe osato far chiasso durante la celebrazione del S. Sacrifizio; infatti fè uscire i più turbolenti dalla capanna, ed egli per primo diè l'esempio di un contegno, se non devoto, almeno serio e rassicurante. Così, calmatisi gli animi, sull'umile altare eretto sopra un telaio scese l'Ostia divina a benedire anche quegli infelicissimi figli della foresta.
Al primo chiarire dell'alba partii. Troppo mi ripugnava l'assistere all'accennato festino, che molto probabilmente dev'essere terminato con un'ubbriacatura generale.
(1) È uno strato di canne, alto due palmi dal suolo, che serve di letto. Non misura più di un metro di lunghezza per uno e mezzo di larghezza ; allo stesso livello è un legno orizzontale su cui si tengono sospesi i piedi, poichè sotto questi i Divari tengono sempre il fuoco.
(1) Ogni capanna jivara ha due porte, l'una per gli uomini, l'altra riserbata esclusivamente alle donne ; un uomo che si presentasse a questa, subito si sentirebbe gridare : - Non di lì, che é la porta delle donne.
Verso Chuchumbleza. - Il capitan Auaki. - Una serata in casa di Chuindia. - In casa di Sanimba.
Il cammino che guida a Tres Cruces va per una cresta non per altro difficile se non perchè è nel mezzo della foresta vergine e perchè si è in un paese, dove chi non è nato e cresciuto si stanca con gran facilità. Vinta la cresta e discesi nella pianura, incontrammo il fango profondo e vischioso che ci accompagnò per tutto il piano, dovendo passare almeno dodici volte il Rio Cunguhi, (vale a dire serpente) dalle acque gialle e dalle sponde coperte da una foresta di bambù giganteschi, le cui radici intrecciate a fior di terra rendono il cammino malegevole e pericoloso.
A mezzogiorno avevamo guadagnata la seconda cresta e ci affacciavamo alla valle di Chuchumbleza e Pachicosa, ancor più calda e più fertile e bella che la valle del Bomboiza. La valle di Chuchumbleza si distingue soprattutto per l'enorme quantità di alberi di cacao silvestre; per un'altra specie di palma gigantesca del genere Euterpe detta dagli indigeni a-chu, il cui frutto polposo, grande come una pera ha il gusto del suo congenere la chonta (1); e per l'albero della cera (Copernicia cerifera) che è l'unica pianta che si vede lungo vari fiumi.
Sulla cresta della collina son tre case jivare, a rispettosa distanza l'una dall'altra, cioè le case di Unghucha, di Chupi e del capitan Auaki. Le prime due erano deserte; gli abitanti parte erano alla raccolta del cacao, parte erano andati alla pesca col barbasco nel Chuchumbleza. Nella terza trovammo il Capitan Auaki, in conversazione con Chupi e con Santiago Wisuma, poichè giorni prima, lavorando nella selva, egli si era ferito il piede col machete (una specie di sciabola).
Auaki è un uomo cui, a vederlo, non si darebbero venticinque anni, dall'aspetto avvenente, completamente sbarbato, ma che negli occhi neri e profondi svela un'energia non comune. La sua famiglia è numerosa, il suo nome è rispettato ed il suo consiglio è ben accolto. Suo padre fu ucciso dalla casa di Ramon nelle vicinanze di Gualaquiza, ma egli non l'ha vendicato, e non ha intenzione di vendicarlo. Chupi fratello di Auaki ha già tre assassinii sulla coscienza e Santiago Wisuma è il nemico più terribile che s'abbia la famiglia di Naranza; suo fratello fu ucciso da loro, ed egli ne ha preso il nome e l'ha vendicato atrocemente, credendo d'aver compiuto un dovere!
Fui ricevuto ottimamente. Nelle case jivare nessuno viene incontro al forestiero. Alla sinistra di chi entra sta la peaka del padrone di casa, il quale seduto sul kútangkà (scanno di legno) al saluto dell'ospite risponde solo « Wiñita » « Vieni ! » ed al missionario che gli porge la destra, la stringe con tutta serietà; ciò che non fanno tra loro. Gustai la nihamanci (1) e quindi Auaki mi fè subito portare carne e yucca e banani. Lo ringraziai di cuore, poichè ne avevamo bisogno e quel giorno stesso volevamo portarci alla casa di Chuindia; tanto lì mancavano tutti. Fatti quindi alcuni regalucci e promesso il ritorno, ci riponemmo in cammino.
Tutti questi indii sogliono tenere numerosi branchi di porci che lungo il giorno vanno errando per la foresta; or se il cammino è già brutto e terribile per sè, s'immagini che cosa diventa presso le case, chi conosce le abitudini di questi animali...
Come Dio volle giungemmo verso notte alla casa di Chuindia. Pur questa è una casa numerosa e poichè il giorno prima erano stati avvertiti del nostro arrivo, trovammo la casa piena e la cena preparata, inbandita s'intende per terra, nel mezzo della capanna ed ammanita senza tanti intingoli. Come si fu cenato, tutti, comprese le donne ed i bambini, mi si raccolsero intorno curiosi e in una conversazione in cui ebbe gran parte anche la mimica, ci contammo tante cose. Essi avevano molte notizie da chiedermi; volevan sapere anche le intenzioni degli altri Jivari (chè i poveretti vivono in continua apprensione) ed erano pur curiosi di ammirare e parlare dei regali che aveva loro portati. Sebbene siano anch'essi già colpevoli di omicidi, pure son docili alle istruzioni e buoni di cuore; quindi li feci pregare, e poi parlai della vita futura e mi ascoltarono attenti e convinti.
In fine mi stesi anch'io sulla peaka a me destinata e mi addormentai coi piedi sopra il fuoco.
L'indomani celebrai, e le quaranta e più persone che abitavano in quella casa assistettero alla Santa Messa recitando le orazioni dirette dal mio bravo compagno di viaggio, quindi battezzai solennemente due bambini. Era presente anche Joaquim Huspa, della casa di Sanimba, posta più in là sulla sponda del Chuchumbleza, ove mi recai di quel giorno rassicurato dalle buone disposizioni di costui, sebbene mi constasse che là appunto era stata celebrata la festa dell'ultima shanzha pochi anni sono e gli eroi della festa erano stati Huspa e Sanimba, ed il brujo Kayuka della casa di Sandu aveva compiute le cerimonie. Questo Kayuka è l'unico che si rifiuti ostinatamente a pregare, vien molto raramente a Gualaquiza e fu lui che suggerì l'assassinio commesso in Junganza nel dicembre u. s. Egli non era presente ed io catechizzai quella famiglia, amministrai il battesimo a cinque bambini e vidi la necessità di stabilire in questo centro una residenza di missione per catechizzare e battezzare gli adulti che desiderano il battesimo, e che non possono fermarsi alla Missione di Gualaquiza.
(1) Specie di palmizio, la cui corteccia ha la natura dell'ebano. La chonta a differenza degli altri alberi tropicali dà frutto solo una volta l'anno, perciò nel linguaggio jivaro la frase « molte lune e molte chonte » equivale a « molti mesi e a molti anni ».
(1) La famosa ciccia!
Scopo dell'escursione - Di ritorno - Juan Chiriapa - Preghiamo !
Lo scopo di questa escursione era raggiunto, poichè voleva soltanto conoscere da vicino le intenzioni di questi selvaggi riguardo ai Missionari, studiare la possibilità di una strada buona e vedere il luogo più acconcio per una residenza.
Questa valle, quando il Governo dell'Equatore si decidesse fermamente per la colonizzazione dell'Oriente, sarebbe una delle migliori non solo per la fertilità della terra ma anche per il clima e la facilità di comunicazione dall'altipiano.
Nel ritorno mi fermai ben poco nella casa di Chuindia, nonostante le più vive insistenze. Dovevo trovarmi di quel giorno in casa di Auaki, ove giunsi a notte e trovai tutta la numerosa famiglia che mi attendeva e con loro passai lunga ora in conversazione. Avevano avuto una pesca abbondante, sul fuoco cuoceva una coscia di porco, e le pigninghe (4) eran piene della ciccia bianca spumante preparata per il Missionario. Anche là feci catechismo, battezzai alcuni bimbi e dovetti promettere che pel prossimo mio ritorno mi sarei fermato fra loro varii giorni. Difatti vi son vari adulti da battezzare e molti fanciulli che amano il catechismo.
Preseguendo il cammino ripassai nelle case di Chupi e di Unghucha; e molti mi accompagnarono fino alla sponda del Zamora per quasi una giornata di cammino, fino alla casa di Juan Chiriapa.
Costui sarà probabilmente il futuro capitano dopo la morte di Naranza; ha 35 anni ed è di una attività ed energia e serietà mirabile. Egli incarna interamente il tipo jivaro. Intelligente, laborioso, ha una casa ampia, bella, convertita in fortezza. Presso la sua peaka, accanto il fuso per filare il cotone, tiene due schioppi ed una carabina di ultimo modello, e quella carabina ha già tolto la vita a quattro suoi compatrioti. Sempre in moto, ha percorso tutte le selve jivare, conosce tutte le famiglie; fu già a Loja, a Cuenca, a Gualaceo; e se la sua vita non sarà troncata, ben altre volte celebrerà la festa della shanzha.
Mi fermai in casa sua e fu molto generoso con me. Un porco selvatico, ucciso da lui il giorno prima, stava arrostendo; ed egli ne prese una spalla che sarebbe bastata per dieci persone e, come aveva visto nelle case dei civilizzati, c'imbandì la cena sopra una gran foglia di banano. Quando partimmo, mandò due dei suoi che mi facessero tragittare il fiume sulla sua canoa e mi promise che sarebbe venuto a trovarci alla Missione! Dio voglia che quest'uomo già tanto influente presso i suoi compagni si volga ad una vita cristiana ; coll'autorità sua e col suo carattere egli potrebbe giovare assai alla causa della civilizzazione di questi poveri selvaggi, soprattutto a far cessare la guerra fratricida che va distruggendo la tribù. Preghiamo !
Ecco, amato Padre, il racconto della seconda escursione la quale, coll'aiuto di Dio, presto sarà seguita da un'altra in cui spero di spingermi assai più addentro. Preghi adunque e faccia pregare il Signore perchè abbia a rendere fruttuose le nostre fatiche, e intanto ci benedica. Il suo
Aff.mo Figlio in C. Jesu
Sac. MICHELE ALLIGNI Missionario Salesiano.
(1) Piatti profondi;, specie di marmitte.
Patagonìa Settentrionale
Il nuovo tempio di Viedma.
A una relazione, indirizzata dall'Ispettore D. Stefano Pagliere al rev.mo sig. D. Rua, in data 29 settembre, togliamo questi dati interessanti.
... I suoi figli della Patagonia hanno il piacere d'inviarle una fotografia del nuovo tempio parrocchiale, che si sta costruendo in Viedma. Questa chiesa, per tutti i Missionarii della Patagonia, è in certa guisa quello che è il Santuario di Maria Ausiliatrice di Torino per i Salesiani in generale; poichè se il tempio di Maria Ausiliatrice concretizza la storia della nostra Pia Società e le sue glorie, questo tempio di Viedma sintetizza le apostoliche fatiche di una pleiade di Missionari, i quali appunto da Viedma, capitale del Territorio del Rio Negro e primo centro delle nostre missioni irrigato dai sudori di Mons. Cagliero, di Mons. Fagnano e di tanti altri missionari, essi si sparsero per un'estensione di circa un milione e mezzo di chilometri quadrati, fondando tutte le altre residenze.
L'opera, come può osservare, è appena coperta; ma già, nelle sue pure linee del rinascimento, piace e s'impone. Il disegno è dovuto ai nostri confratelli D. Aceto e D. Ernesto Vespignani, e viene a rimpiazzare l'antico tempio, abbattuto dall'inondazione del 1899. I nostri confratelli Giuseppe Patriarca e Carlo Sessa ne han curato un'esecuzione così perfetta, da meritare l'ammirazione di tutti e le lodi dei competenti in materia. Tutti ne parlano come di un gioiello d'arte e sospirano il momento di vederlo inaugurato; poichè, a dir vero, son 10 anni che la popolazione di Viedma deve contentarsi di due piccole e insufficienti cappelle. Oh! se potessimo inaugurarla nel maggio prossimo, nelle feste del 1° centenario della Indipendenza della Repubblica... Ma purtroppo i soccorsi raccolti in Buenos Aires son finiti, e qui c'è una siccità spaventosa che è una vera desolazione per tutte queste regioni.
Ella pertanto, rev.mo sig. D. Rua, come raccomanderà alle preghiere dei giovani dell'Oratorio queste terre travagliate dalla siccità, voglia anche far presenti ai nostri benefattori i bisogni nostri, che non son pochi. Ella sa, che all'ombra della nuova fabbrica son raccolti 200 orfanelli, di cui parte indigeni, divisi nelle scuole dei sarti, calzolai, fabbri, falegnami e tipografi. Ultimamente per accontentare gli indigeni, la cui industria si riduce a tessuti di lana detti cojinillos, pilchas, mantas, che ottengono con i loro rustici telai, abbiamo aperto una nuova scuola di tessitura con quattro telai. Inoltre nella Scuola agricola, annessa a questa casa, son raccolti venti giovani delinquenti, affidatici dalla competente Autorità, i quali docilmente attendono alla coltivazione della vigna, del frutteto, dell'orto, ed a tutti i principali generi di coltura. Il sistema educativo di D. Bosco compie anche tra essi prodigi; tanto è vero che alcuni, finito il tempo della loro permanenza di legge, fan domanda di poter compiere la loro istruzione nella scuola, dalla quale tornano istruiti ed esemplari in seno alla società.
Nè debbo dimenticare che attiguo al tempio è il primo Ospedale dei figli di D. Bosco, dove ogni giorno trovano caritatevolmènte medici e medicine non meno di 5o infermi. Oh! quanti colla salute del corpo vi ricevono quella dell'anima, e quanti volano da questa casa provvidenziale al cielo!
Forse in pochi altri luoghi l'azione salesiana è così molteplice e complessa come nella casa di Viedma dove, come diceva Mons. Cagliero, si respira un'aria che par quella dei primi tempi dell'Oratorio.
Ma quanto bene di più potremmo fare, se non difettassimo di mezzi. Pensi che son quasi due anni che ci manca un buon maestro sarto ed un buon proto: colla buona volontà questi poveri giovani fanno prodigi, ma al punto in cui sono, hanno proprio bisogno di chi li addestri convenientemente, essendo già capaci di ricevere un buon insegnamento. Pensi, amatissimo Padre, che anche il nostro periodico « Flores del Campo » che fa sì gran bene nel Territorio, e che di questi mesi esce due volte la settimana, grandemente se ne avvantaggerebbe. Noi confidiamo nella divina Provvidenza e nelle paterne sollecitudini del sig. D. Rua...»
I Cooperatori Salesiani, i quali confessati e comunicati divotamente visiteranno qualche Chiesa o pubblica Cappella o se viventi in comunità la propria Cappella privata, e quivi pregheranno secondo l'intenzione del Sommo Pontefice, possono lucrare l'Indulgenza Plenaria:
ogni mese:
1) in un giorno scelto ad arbitrio di ciascuno ; 2) nel giorno in cui faranno l'esercizio della Buona morte ;
3) nel giorno in cui si radunino in conferenza;
dal 10 novembre al 10 dicembre
1) il 21 novembre, festa della Presentazione di Maria Vergine;
2) il 22 novembre, festa di S. Cecilia, vergine e martire;
3) l'8 dicembre, solennità dell'Immacolata Concezione di Maria Santissima.
Inoltre : ogni-volta che essendo in grazia di Dio (senza bisogno di accostarsi ai SS. Sacramenti o di visita a qualche chiesa) reciteranno S Pater, Ave e Gloria Patri per il benessere della cristianità ed un altro Pater, Ave e Gloria Patri secondo l'intenzione del Sommo Pontefice, lucreranno tutte le indulgenze delle Stazioni di Roma, della Porziuncola, di Gerusalemme e di S. Giacomo di Compostella.
Tutte le indulgenze concesse ai Cooperatori sono applicabili alle Anime sante del Purgatorio; ma pel loro acquisto è richiesta la recita quotidiana di un Pater, Ave e Gloria Patri secondo l'intenzione del Sommo Pontefice coll'invocazione: Sancte Francisce Salesi, ora pro nobis.
Pellegrinaggio spirituale pel 24 corrente.
Invitiamo i devoti di Maria SS. Ausiliatrice a pellegrinare in ispirito al Santuario di Valdocco il 24 corrente e ad unirsi alle nostre preghiere.
Oltre le intenzioni particolari dei nostri benefattori, nelle speciali funzioni che si celebreranno nel santuario avremo quest'intenzione generale
Ricorrendo in questo mese il XXXIV Anniversario della 1a spedizione dei Missionari di D. Bosco raccomanderemo con particolare affetto alla Vergine Ausiliatrice tutte le Missioni Salesiane.
NUOVE CHIESE E CAPPELLE.
Rodeo del Medio (Repubblica Argentina). - Il 20 maggio, in questo nuovo paesello, cui sorride il più lusinghiero avvenire, si benedisse un caro elegantissimo tempio, dedicato a Maria SS. Ausiliatrice. Il 24 vi si celebrò la prima festa titolare, e il dì seguente vi si compi il primo pellegrinaggio, che sarà senza dubbio seguito da altri innumerevoli. All'indomani della dedicazione del nuovo santuario , si cominciò nel medesimo una santa missione, che si chiuse con solennissime feste il 3o dello stesso mese, alle quali prese parte l'ecc.mo Vescovo Diocesano.
A queste feste tennero dietro altre speciali solennità; l'8 agosto per la consacrazione delle campane della nuova torre e l'erezione della Via Crucis, e il 29 agosto per il collaudo di un grandioso organo della Casa Bach di Germania. lì stata anche inaugurata la decorazione provvisoria del sacro edilizio, in una fusione di semplicità e severità veramente mirabile. Cosi Maria Ausiliatrice ha acquistato un altro trono di tenerissimo culto, dal quale non mancherà di elargire copiose benedizioni.
Feste e date memorande.
GIAROLE (Alessandria).-Nell'Oratorio annesso all'Asilo Infantile il 30 maggio fu benedetta una bella statua di Maria Ausiliatrice. Trasportata processionalmente nel cortile del nuovo edifizio, e messa sopra un altare splendidamente preparato per la circostanza, alle 7 pomeridiane si diede principio ad una solenne accademia. Davanti ai maggiorenti del paese ed a tutta la popolazione accorsa col più vivo entusiasmo, i bambini dell'Asilo e le fanciulle dell'Oratorio declamarono con chiarezza e precisione varii componimenti e poesie inneggiando alla potente Regina del Cielo. Vennero pure eseguite alcune cantate con gusto artistico e in fine disse acconce parole il Teol. D. Boltri.
VILLA COLON (Montevideo). - Il giorno 8 settembre, festa della Natività di Maria SS.ma mille cattolici di Montevideo pellegrinavano in corpo al Santuario Nazionale di Maria Ausiliatrice in Villa Colon, su treno speciale. Durante il tragitto, preghiere e cantici religiosi risuonarono continuamente in ogni carrozza.
Il corteo si formò imponentissimo nel viale Lezica, preceduto da varii stendardi. Le sacre funzioni furono rese più solenni da scelta musica liturgica. Alle due e mezzo pomeridiane ebbe luogo la processione, che fu una vera manifestazione di sincera e profonda pietà. Rientrato il sacro corteo in chiesa, vi fu predica di circostanza e benedizione.
ROSARIO DI SANTA FE (Repubblica Argentina). - Nella Cappella delle Figlie di Maria Ausiliatrice venne solennemente incoronata una ricchissima statua della nostra celeste Patrona. L'orefice sig: Paz Canelo lavorò, adornandole di due pietre del valore di lire 5000, le corone per la Vergine e pel S. Bambino, nonchè lo scettro prezioso, e in unione alla sua degna consorte di tutto volle far dono alla SS. Vergine. La cerimonia destò il più grande entusiasmo.
BAHIA DE CARÀQUEZ (Equatore). - Il 4 luglio con festa memoranda si benedisse una nuova statua di Maria Ausiliatrice, la cui divozione va compiendo prodigi di cristiana pietà in mezzo a quella popolazione. Per la circostanza si costituì apposito Comitato di zelatrici alle quali è dovuta la costruzione di una nuova chiesa in onore dell'augusta nostra Patrona, ove la statua benedetta campeggerà sovrana sul futuro altare. I lavori del tempio progrediscono felicemente.
Per l'accennata solennità si celebrò messa in un'ampia sala, improvvisata con tende ed ornata di festoni, fra la più schietta esultanza dei numerosi divoti.
MORELIA (Messico). - Accanto il vago Santuario di Maria Ausiliatrice, e precisamente nel mezzo del cortile dell'annesso istituto, s'inaugurò un graziosissimo monumento alla nostra celeste Patrona. Un'immensa moltitudine di devoti presenziò l'atto solenne, al quale tenne dietro una riuscita accademia con cui quegli alunni vollero onorare una si tenera madre. Dall'alto del suo monumento vegli Ella costantemente su loro e li tenga ognora sotto il manto, sorridendo ai loro trastulli ed avvalorando i loro buoni propositi, perchè abbiano a crescere cristianamente.
« La figlia del miracolo. * »
Colpita da una terribile corea, la quinquenne Bilardo Carmelina di Luigi era divenuta la desolazione della famiglia e l'afflizione di quanti la vedevano in quello stato rattristante. La malattia, che nel suo primo stadio s'era manifestata come una semplice debolezza alle gambe e con piccoli sintomi nervosi da promuoverle dei movimenti irregolari in tutta la persona, fini nell'ultimo stadio con un peggioramento tale da rendere strazianti tutti i movimenti del suo corpicino, compresi i disturbi della deglutizione e della loquela.
Molti medici furono consultati: chi diceva trattarsi di epilessia grave; chi di meningite spinale ; chi di glioma, e sebbene fossero tutti discordi tra loro, tutti però negavano alla bambina speranza di salute anche lontana. In questo stato di cose, la famiglia desolatissima, si ricordò di Maria Ausiliatrice, cui rivolse fidente la sua preghiera e la prima novena. Al settimo giorno al padre della piccola inferma venne in mente di consultare un altro buon medico, il quale disse trattarsi di corea o ballo di San Vito, e fe' coraggio alla famiglia, assicurandola che sebbene la malattia fosse molto avanzata, tuttavia con una cura ben fatta la guarigione era certa. Ma erano trascorsi 45 giorni della malattia quando si cominciò il nuovo metodo di cura, che se lasciava intravvedere qualche raggio di speranza non impediva però la crisi nervosa, la quale, oltre che render la povera bimba abbattuta e molle come se non avesse più ossa, la privava di parola e le rendeva difficoltosa la deglutizione.
Ancora una volta la famiglia, animata da quella fede che nel bisogno cresce maggiormente, ricorse alla Madonna del Venerabile D. Bosco con una seconda novena e con qualche promessa. Oh prodigio! Al sesto giorno la bambina, che più non poteva fare un sol movimento regolare (anzi due persone non bastavano per reprimerle quei disordinati) fu trovata dalla mamma, che erasi per pochi istanti allontanata ritenendola addormentata, seduta in mezzo al letto. Era tranquilla, il volto aveva serenissimo, e: - Mamma, le disse con chiara voce non appena questa tornò, dàmmi le vesti, voglio camminare.
Nessuno potè frenarla e volle camminare; e in capo ad una settimana potè non solo camminare, ma anche correre e parlare ed inghiottire come se non fosse stata mai malata, e ciò dopo essere stata per circa quattro mesi affetta di quella infermità che non lasciava speranza alcuna. Il fatto è notorio in città, ove tutti chiamano la bambina « La figlia del miracolo ».
Mazzarino, ottobre 19o9.
BILARDO LUIGI.
S. Fratello (Messina). - Sono un superstite del disastro di Messina. Mi trovava alloggiato in un albergo della città, quando la mattina dell'indimenticabile 28 dicembre u. s. mi svegliai, terrorizzato dal terribile fracasso e precipitato molti metri lontano dal posto in cui mi ero coricato! Quando precipitai mi ricordai d'una medaglia della mia grande avvocata Maria SS. Ausiliatrice, che da vent'anni io portavo al collo. L'afferrai convulso in mano e raccomandai l'anima mia alla Madonna, credendo arrivata per me l'ultima ora! Sprofondai in un angolo oscuro in mezzo a travi, calcinacci e pietre. Non sapevo ove mi trovassi ; e in quell'oscurità, mentre non osava dare un passo, colla medaglia della Madonna in mano aspettando la morte, feci una promessa alla Vergine Ausiliatrice, se mi salvava; ed ora eccomi a sciogliere la promessa coll'acclusa offerta.
Ma non fu salvo il padre mio, che si trovava con me, e che raccomando alle comuni preghiere!... 19 settembre 19o9.
DOMENICO DI GIORGIO.
Cavour. - Vorrei trovar parole sufficienti per poter degnamente ringraziare Maria Ausiliatrice, ma come potrò farlo io povera contadina ignorante?....
Colta da oltre un mese da un terribile mal di capo, soffrivo dolori sì forti, che non avevo più pace. Il dottore mi disse che era una meningite lenta. Che fare? Mi rivolsi a Maria Ausiliatrice e pregai anche San Giuseppe a voler supplicare questa divina Madre per me, promettendo, che, dopo tre giorni che mi fossero cessati questi dolori, avrei scritto queste linee per pubblicare la grazia. Ed ecco che adempio la mia promessa; son tre giorni che non sento più alcun dolore! Sia benedetta Maria SS.ma Aiuto dei Cristiani.
S. Antonio, 17 settembre 19o9.
LUCIA BALLARI.
Spezia (Genova). - Circa due anni or sono, un mio caro fratello di 23 anni si ammalò di una febbre altissima. In principio i medici dichiararono trattarsi di seria influenza, ma visto che la febbre non cessava mai, fecero dei consulti e, dagli esami fatti, furono tutti d'accordo nel dichiarare che si trattava di tubercolosi fulminante e gravissima. Difatti in poco tempo l'infermo giunse a uno stato tale che ci aspettavamo di vederlo spirare da un giorno all'altro. Fu allora che perduta ogni speranza nei rimedii umani, mi rivolsi alla Madonna di D. Bosco promettendole un'offerta e la pubblicazione della grazia, se me la otteneva. Con grande meraviglia di tutti, ecco che la febbre cessò, l'infermo cominciò a riprendere le forze perdute, ed in pochi mesi non solo guarì, ma divenne più robusto di prima. Adempio la mia promessa ed invio un'offerta di ringraziamento. Grazie, o Maria Ausiliatrice, fa' che anche l'anima di questo tuo figlio diventi sempre più robusta nella fede e nella speranza cristiana!
15 settembre 1909.
A. R.
Inverigo (Como). -- Ammalatasi quasi improvvisamente, mia sorella venne, in men che si dica, ridotta in tale stato, che tre medici affermando il caso gravissimo, concordi, disperavano la di lei guarigione anche con atto operativo.
Piuttosto restio ad operazioni di questo genere, ricorsi allora, fidente, alla potente Maria SS. Ausiliatrice promettendo un'offerta e di rendere pubblica sul Bollettino Salesiano la grazia ricevuta.
La Vergine SS. mi esaudì, ed al termine della novena mia sorella - senza subire l'operazione chirurgica - potè alzarsi dal letto e da sola recarsi alla chiesa a rendere a Colei che l'aveva salvata le dovute azioni di grazie. 5 settembre 1909.
ANDREA CASTELLI
Segretario Comunale.
S. Ambrogio (Cremona). - Si diffonda ovunque la divozione a Maria SS. Ausiliatrice a benefizio di tante anime cristiane. La Madonna di D. Bosco è davvero il nostro aiuto. Il nostro piccolo Aldo, assalito da bronchite, ci aveva messo in gran pena. Ormai le cure mediche erano state esperimentate tutte, e noi, col cuore dilacerato a morte ci preparavamo ad assistere alla sua agonia. Il povero bambino aveva già assunto un aspetto cadaverico, gli si erano annebbiati gli occhi e le piccole labbra si erano fatte livide conte quelle di un morto. Non si trattava più che di qualche minuto, e poi... Fu allora che ci raccomandammo coli maggior fede a Maria, abbandonandoci completamente a Lei, ed Essa, Madre pietosa e benigna, volle esaudirci. Il piccino, come per miracolo, rinvenne da morte a vita, domandò egli stesso da mangiare ed ora va riacquistando completamente le forze. « È il morto risuscitato » tutti ci dicono. E noi ne siamo ben lieti, perchè così egli sarà sempre per noi un pegno parlante della bontà di Maria, in cui onore facciamo celebrare riconoscenti una santa Messa.
Settembre 19o9.
GIUSEPPE AZZINI e MARCELLA MANCASTROPPA, coniugi.
Rubiana (Torino). - Una mia figlia, colpita da strano malore deperiva di giorno in giorno, senza che rimedio alcuno le potesse giovare. Sentendosi estenuata affatto, la poverina si rivolse con illimitata fiducia alla Madonna di D. Bosco, le promise di render pubblica la grazia, se guariva entro la novena che stava facendo. E Maria Ausiliatrice gradì la sua fede e ce la restituì sana e salva.
Avevamo appena ottenuto questo favore quando l'unico nostro figlio, per completare i suoi studi, volle recarsi in Francia; ma colà giunto, dopo poco tempo, da una spaventosissima emorragia fu ridotto agli estremi. L'infelice, conscio del suo stato, malgrado una debolezza estrema, volendo morire nelle nostre braccia, si raccomandò a Maria Ausiliatrice di cui era divotissimo, e si mise in viaggio per ritornare a casa. E fu proprio un prodigio della Madonna se potè giungere felicemente in mezzo a noi, a terminarvi i suoi giorni nella rassegnazione più perfetta.
Dopo tante sofferenze, mio marito venne colto anch'egli da terribile malattia. Una cancrena al piede sinistro con eccessi continui di febbre lo andavano limando lentamente. I periti, dopo aver tentato ogni cura, dissero necessaria l'amputazione del piede, e a tal fine lo fecero trasportare al Mauriziano di Torino. Chi può dire l'angoscia e la costernazione di noi tutti? Il povero sofferente trovandosi tanto deperito temeva di non superare l'operazione e per questo tardava a decidersi poiché: « prima di morire, diceva, desidero vedere almeno per l'ultima volta una mia figlia, che da circa otto anni si trova in lontana missione ». Ed ecco una lettera della figliuola, che dice al padre di confidare in Maria Ausiliatrice, che pel 24 maggio l'avrebbe graziato. Tutti ci unimmo nella preghiera e promettemmo un'offerta al Santuario di Valdocco. E tosto l'ammalato cominciò a migliorare e nella settimana precedente la festa ci avvertì che gli portassimo i vestiti, perchè era guarito e desiderava d'andare a ringraziare la sua liberatrice. Con meraviglia di tutti egli continua a star bene e magnifica la potenza di così tenera Madre. Sia lode in eterno alla cara Madonna di D. Bosco, aiuto e conforto dei cristiani.
2o agosto 19o9.
MARIANNA G.
Cartosio (Alessandria). - La vigilia della solennità del SS. Rosario, due nostri fratelli insieme con due garzoni cercavano di mettere a posto una grossa pietra sopra due spranghe di ferro, quando improvvisamente, spezzatosi un asse, un fratello che era sopra le rotaie precipita adosso agli altri, insieme con la pietra. Doveva senza dubbio restarne sfracellato qualcuno, se la Vergine non fosse venuta in nostro aiuto. Quanto sei buona, o Maria! Quanto son fortunati coloro che t'invocano col bel titolo di « Aiuto dei Cristiani! » Sii sempre invocata da tutti. Inviando tenue offerta, ti giuriamo eterna riconoscenza.
7 ottobre 19o9.
La famiglia GAINO SANTINO.
Ottennero pure grazie da Maria SS. Ausiliatrice, e alcuni pieni di riconoscenza inviarono offerte al Santuario di Valdocco per la celebrazione di S. Messe di ringraziamento, o per le Missioni Salesiane, o per le altre Opere di Don Bosco, i seguenti:
A*) -Acqui (Alessandria): Domenico Raimondo 5 - Alessandria: Giuliano Giuseppe - Altissimo (Vicenza): Zaldo Giuditta, maestra, 10 - Avola (Siracusa): Piccione Vincenzo 3 - Ayas (Aosta): Favre Maria 22 - Alzano di Bergamo: C. F. 5.
B) -Badia Polesine (Udine): Crenazzo GiustoBagnolo Mella (Brescia): Rosina Bianchetti io - Bagnone (Massa): Santini Antonio 11 - Balzola Monf.: G. C. 2-id.: De Bernardi Antonia e fratello 2,50 - Bedero Valtravaglia: T. 5 - Bellano (Conio): Ing. F. Adamoli 20 - Bellinzago (Novara): Barbero Francesco 5 - Bianzè (Novara): F. M. V. G. T. - Bologna: Rossi Giulia 5 - Bolzaneto (Genova): Lucchini Elena 5 - Bondeno (Brescia): Garbelloni Angela 5 - Borghetto di Borbera: Bianchi Teresa 2 - Borgomanero (Novara): Vallanzasca Giuseppina ved. Zarboni - Bra (Cuneo Bruni Bruno 5 - Bressanone: Una suora dell'Istituto S. Maria 2 - Busto Arsizio (Milano): Tarchetti Teresa maestra -. Buttigliera d'Asti (Alessandria): Arato 2,50.
C) - Cagliari: Cogoni Giuseppina 1 - Caldiero (Verona): Famiglia Dalla Pozza 5 - Camogli (Genova): M. F. 20 - Caprile (Novara): Ganello Aurelia, colpita da grave malessere che faceva presagire la fine dei suoi giorni, raccomandatasi alla Vergine Ausiliatrice, ebbe tosto sollievo, 5 - id.: N. N. 2 - Caprino Veronese: A. C F. 2 - Carmagnola: Pipino Clarce 7 - Carpeneto d'Acqui: Margherita de' Paoli per la figlia. - Casa leone (Verona) Arduini D. Luigi, Arciprete, 2o a nome di Teresa Bedoni - Castagneto (Cuneo): Vaschetti Luigia - Castellanza (Milano): Cagnoni Maria 3 Castellaro Ligure: Anfossi Vincenzo - Castelnuovo Calcea: Anna Ponzo 5 - Castiglione di Sicilia (Catania): Clorinda Pafumi in Dicarlo, 5 a mezzo di Giuseppe Sardo Paneblanco-Collobiano (Novara): Sisto Riccardi io -Chamzbave (Torino): Maquignaz Felice 10 - Cherasco (Cuneo): Galateri Ermenegilda, 2 - Chignolo di Oneta (Bergamo): Borlini Caterina 35 - Chioggia (Venezia): Una pia persona 1oo - Chivasso (Torino): Coniugi Cena - Colleretto Castelnuovo (Torino): F. Savoya 4 -
D) - Deiva (Genova): N. N. 20.
F) - Firenze: Suor Battista Piccioli 14 - Fiume: Famiglia Vincentis, implorando due segnalatissime grazie, 30 - Fonte (Treviso): Prevedello Antonio Fioravante i - Fossalta di Piave: E. F. riconoscentissimo e supplicando 50 - Fiumane (Verona): Damoli Massimo 5.
G) - Gavazzana (Alessandria): Traverso Giuseppina io -- Genova: S. G. O. io - Gorizia: Maria Travan 5 - Granarolo (Faenza): Fenati Angelina 5 - Guspini (Cagliari): Angioletta Maddalina 5.
I) - Imberido (Como): Tentorio Regina 5 -Isili (Cagliari): Orrù Atzoni Maria 2 - Isolabella (Torino): Anna Margherita Oddenino 20 - Isola di Rovegno (Pavia): Isola Luigi e consorte 5o.
J) - Jersey (S. U. N. A.): Nimi Matteo 10.
L) - Laurino (Salerno): Luigi Sac. Garrani - Linguaglossa (Catania): Balbo Filippo 5
M) - Malta: Pio De Bono - Manorengo (Torino): Vercelli Adele 2.50 - Mazzarino (Caltanisetta): Sortino Giuseppino 5 - Mendrisio (Canton Ticino-Svizzera): Luigi Erminia 1oo - Milano: Monfrini Adele io - Moasca (Alessandria): Cocco Battista i -Monbarcaro (Cuneo): Abbene D. Giuseppe 5 - Monesiglio (Cuneo): Luigia Ferrero 6 - Montanaro (Torino): C. C. 11 - id.: Pietro Minetti io - Monterotondo (Roma): Ortensia Frosi i - Montorio Veronese: Ciresola Francesco 2 - Morsasco (Alessandria): Ivaldi Cecilia ved. Torielli 7 - Moyie (Canadà): Antonio Girardi 25.
N) - Nave (Brescia): Pezzi Omobono io - Nebida (Cagliari) : Rita e Maria Zanda 5 - Novello (Alba): Delfina Ghigo Bosco 5, per segnalata grazia.
O) - Occimiano (Alessandria): Guaschino Cami11o 2 - Oleggio (Novara): Contini Clementina - Oviglio (Alessandria): N. N. 5 - id.: N. N. 5
P) - Paderno d'Adda (Como): E. G. io - Padova: Palazzi Carolina 5 - id.: Paoletti Antonietta 10 - Palermo: B. Virzi 5 - Paullo Lodigiano (Milano): Una famiglia di Cooperatori 5 - Pesariis (Udine): Machin Domenica 5 - Pinerolo: Buglio Stefanina - Pollenza (Macerata): D. Carlo Biaggi, parroco, 25 a nome di pia persona - Pont S. Martin: Bordone Maria 3 - Pori Said: Bice Colascione - Pozzolo Formigaro (Alessandria): Famiglia M. D. - Pozzomaggiore: Antonio Serra e consorte io.
R) -Riola di Vergato (Bologna): Lucci Livia 3 - Rivanazzano: D. G. 2 - Rosciate (Bergamo): Algeri Rosa 6 - Rossiglione (Genova): Piana Angela 1 - id.: Ottonello Antonio 2 - Rovigo: Gobbetti Maria 10.
S) - S. Bernardo: Casalis Domenico - S. Defendente (Cuneo): Fantini D. Francesco 5 - S. Fratello (Messina): Domenico Di Giorgio 263 - S. Martino di Lupari (Padova): A. Z. 10 - S. Michele (Alessandria): Boidi Clotilde e Teresio 1o - San Renio (Porto Maurizio): Comin Alfredo Basto, per la felice riuscita d'una seria operazione subita in età di 84 anni, riconoscentissimo, 1oo. - S. Croce sull'Arno (Firenze): Nazzi Ch. Pietro 1 - S. Maria La Longa (Udine): M. N. 5 - S. Stefano d'Aveto: Clotilde Monteverde 3 - S. Stefano di Borgomanero Zaninetti Luigi 5 - Savona: R. D. 5 - Scaldasole (Pavia): Chiapuzzi Giuseppina 5 - id.: Drisaldi Maria i,5o -- id.: Veneroni Giovanni 2 - Schio (Vicenza): Lucia P. O. - Serraralle Scrivia (Alessandria): Allegri Modesta 2 - id.: Maria Allegri in Traverso 2 - Sesto al Reghena (Udine): Zampese Vincenzo 12 - Smirne: Bianca d'Andria 22.75 Stazzano (Alessandria): Allegri Adele di Davide 4 - Stradella (Pavia): Ch. Angelini Ludovico 3.
T) - Terralba (Cagliari): Prina Amedeo e Angelina 5 - Terranova di Sicilia: Cav. Alessandro Aldisio Cartia e Consorte 1oo. - Tessero (Trento): Valcon Elisabetta 5 - Thiene (Vicenza): Valente Antonia 5 - Tonco Mon f.: Lachello Rosa 5 - Torino: Crema Caterina - id.: Amalia Bruno - T. F. 2 - id.: Francesca Isolina - Torre Pellice (Torino): Ved. C. C. - Trino: Fantone Maddalena - Trivero: N. N. - Troia (Foggia): Donato De Sanctis 3.
V) - Varazze: N. N. 5 - Varzi (Pavia): Marchetti Margherita 2 - Venezia: Famiglia Saccardo del fu Pietro io - Verolengo (Torino): Carola Gillia - Verona: Teresa Zappi 5 - Vestignè (Torino): Faletto Domenica 2 - Vigevano: Maria Gaviglio 2 - Vigo Reodena: Libera Gasperi 8 - Vimercate: Sironi Luigi ed Angela 5 - Vinovo: Romagnino Caterina.
X) - Nicola Ronchail 20 - E. C. T.
Ogni giorno, celebrazione di una santa messa esclusivamente secondo l'intenzione di tutti quelli che in qualunque modo e misura hanno concorso o concorreranno a beneficare il Santuario o l'annesso Oratorio Salesiano. Per qualsiasi corrispondenza in proposito, rivolgersi al Direttore dell'Oratorio S. Francesco di Sales -- Via Cottolengo, 32 - Torino.
Per celebrazione di S. Messe e per novene o tridui di Benedizioni col SS. Sacramento, rivolgersi al Rettore del Santuario.
Ogni sabato, alle 7.30 speciali preghiere per gli associati all'Arciconfraternita di Maria SS. Ausiliatrice.
Dal 10 novembre al 10 dicembre:
22 novembre - S.. Cecilia - Speciali funzioni alle ore 6, 7,30, e nel pomeriggio.
24 novembre - Solenne commemorazione mensile di Maria Ausiliatrice - La devota funzione si compie alla messa delle 6 e 7,30 ed alle ore 17
3 dicembre - Primo venerdì' del mese - Ad onore del S. Cuore di Gesù, esposizione del SS.mo Sacramento dalle 6 alle 17 - con benedizione alla messa delle 6 ed alle ore 17.
5 dicembre (orario festivo) 6 e 7 - Triduo solenne dell'Immacolata - ore 6, messa, predica e benedizione; ore 17, lode predica e benedizione.
8 dicembre - Solennità di Maria SS. Immacolata - ore 6 e 7,30 messe della comunione generale; ore 10 messa solenne; ore 15, vespro, panegirico e benedizione solenne.
OMAGGI.
IL 24 ottobre, sacro per noi alla commemorazione mensile di Maria SS.
Ausiliatrice, accolto con memorando trionfo faceva il suo ingresso in Asti Sua Eccellenza Rev.ma Mons. Luigi Spandre. Noi che da dieci anni eravate soliti vederlo assai spesso dinanzi l'altare della nostra Celeste Patrona a rendere più solenni coll'infula sua episcopale le nostre feste, in quel giorno ci unimmo alle preghiere ed ai voti dei suoi figli, come ora rinnoviamo all'esimio Pastore, alunno di D. Bosco e gloria dell'Oratorio, gli auguri più fervidi di un lungo e fruttuoso Pontificato.
- Il 1 corrente, solennità di Tutti i Santi ripetevasi la stessa festa nella città di Massa Carrara per l'ingresso di Sua Ecc. Rev.ma Mons. Giovanni Marenco. Riserbandoci di darne un breve ragguaglio nel prossimo numero, rinnoviamo all'illustre nostro Confratello i più fervidi auguri di ogni bramata consolazione.
- Il 23 ottobre u. s. nella Basilica della Consolata, dall'Em.mo Card. Agostino Richelmy assistito dalle LL. EE. RR.me Mons. Teodoro Valfrè Arcivescovo di Vercelli e Mons. Giovanni Tasso Vescovo d'Aosta, riceveva l'episcopale consacrazione S. E. Rev.ma Mons. Filippo Perlo Vescovo tit. di Maronia e Vicario Apostolico del Kénva (Africa Equatoriale).
Al primo Vescovo delle Missioni della Consolata tornino graditi i più cordiali auguri di quelle benedizioni che il suo cuore apostolico invoca, ed ai membri dell'Istituto i nostri fraterni rallegramenti.
A Valdocco.
- Il 28 ottobre u. s. partiva dal Santuario di Maria Ausiliatrice una schiera di nuovi Missionari. Vogliano i buoni Cooperatori e le ferventi Cooperatrici unirsi a noi nell'implorare alle singole squadre un viaggio felice.
- Dal 10 al 17 ottobre i nostri giovanetti, prima gli studenti e poi gli artigiani, inauguravano solennemente il nuovo anno scolasticoprofessionale attendendo ad un triduo di appropriate istruzioni ed accostandosi in corpo ai Santi Sacramenti. Predicò ad essi il venerando prof. D. Giovanni Battista Francesia; ed ambedue le schiere il giorno di chiusura pellegrinarono alla tomba di D. Bosco in Valsalice.
Nella Spagna.
CORDOBA. - Da una monografia del Collegio Salesiano di Cordoba, ricaviamo che nell'anno 1908-1909 oltre quattrocento giovani vennero educati all'ombra della bandiera di D. Bosco. L'istituto è diviso in varie sezioni. La prima abbraccia le scuole gratuite con 280 alunni, divisi in 4 classi, sostenute unicamente dalla carità dei coperatori. La seconda è una succursale del Patronato dell'Immacolata, fondato dal dott. D. Francesco Saverio Fernàndez e recenteniente incorporato al collegio, con 130 poveri fanciulli. La terza è -mi collegio de ra enseñanza y complemental con un corso speciale di studî commerciali, che ha già educato 120 alunni. Il Signore benedica sempre le fatiche di quei nostri confratelli, come l'anno passato.
In America.
BAHÍA (Brasile). - Quaranta ex-alunni del Lyceu do Salvador ritornavano all'amato collegio per rivivere un giorno felice coi loro superiori. Assistettero ad una messa solenne in rendimento di grazie a Maria Ausiliatrice e, radunatisi ad agape fraterna, deliberarono di costituirsi in regolare associazione sull'esempio dei compagni di altre città. Primo atto della nuova Società fu l'adesione più unanime e gradita ai festeggiamenti proposti per le Nozze d'Oro dei rev.mo sig. D. Rua.
ROSARIO DI S. FÉ (Rep. Argentina). - Il 15 agosto solennità dell'Assunzione di Maria SS.ma s'inaugurò nel Collegio S. Giuseppe un grazioso monumento in marmo bianco di Carrara coll'effigie del Santo Titolare. L'ampio cortile sfarzosamente imbandierato era gremito dalle numerose schiere dei nostri giovanetti interni ed esterni e dei loro amici e parenti accorsi anche dalle vicine colonie. La banda del Collegio prestò servizio di onore. Benedetta la statua coli la forma di rito, l'ex-alunno Guglielmo Diaz pronunciò un brillante discorso, inspirato ai più caldi sentimenti di religione e di patria. Funsero da padrini i signori: dott. Raul Pugnalin, Michele Siri e consorte, Giovanni Siri e consorte, Luigi Passamonté e Luigi Canova. Compiuto l'atto solenne, gli ex-alumnos de Don Bosco rappresentarono brillantemente nel teatrino il dramma « I due sergenti », riscuotendo meritati applausi e compiendo un'opera buona a favore dell'Oratorio festivo, a cui benefizio vollero devoluta la rappresentazione.
SUCRE (Bolivia). -- La domenica 11 luglio un grazioso saggio ginnastico, dato collettivamente da tutti gli alunni riuniva nel Collegio Salesiano nunerosi cooperatori e cooperatrici sotto la presidenza di Mons. Arrieta. Il can. Clodomiro Echeverria tenne, in antecedenza, un discorso sulla necessità dell'educazione dell'operaio, illustrando l'opera dei figli di D. Bosco.
È il mese dei morti !... Per quella Fede, che tuttora ci unisce ai nostri cari defunti, moltiplichiamo le preghiere e le opere buone a loro suffragio. È una carità che ci assicura le più elette benezioni in vita e ci sarà restituita dopo morte !
Allara Albino - Treville.
Astorri D. Vincenzo - Grottazzolina. Baravalle Francesco - Torino. Benetti Mons. Giuseppe - Padova.
Bertolini Bortolo - Bolognano.
Bettuzzi Leonardo - Colugna (Udine). Boccalari Angela Ved. Chiesa - Novara. Braccati Michele - Potenza. . Brignone Giuseppe - Varazze. Brusadelli Alessandro - Somasca. Caimo Francesco - Gattico.
Calleri di Sala Cont. Carolina - Savona. Carta Angelo - Cagliari.
Catalano Vincenzo - Corigliano d'Otranto. Cocchi Angela - Pietraligure
Colombo Manuele - Boa Vista das Pedras (Brasile). Corrotti Attilio - Caravaggio. Cornara Mario - Olginate. Del Molin Luigi - Villa di Chiavenna. Del Prato Teonesto V. F. - Govone. Davi te Palmira - Vercelli. Fasoli Cristina - S. Pietro Incariano. Ferrero Giovanni - Torino. Franco Cav. Giovanni - Torino. Franzetti Adele - Gavirate Gallo Maddalena - Caramagna P.
Gargelo Giovanna - Vanzaghello.
Gaspari Samuele - Monteforito.
Gentilucci Mons. Luciano Vescovo - Fabriano. Guidazio Maria - Caluso. Magnani Aderito - S. Vittoria di Gualtieri. Marchesini Ignazio - Schio. Maringoni Teresa - Gorno (Bergamo). Marsillon J. B. - Vesoul (Francia). Massani Ved. Turchi Clorinda - Balignano, Negro Teresa - Rivoli. Negro Valentino - Vignale Monf. Niero Rossi Linda - Cittadella. Olivares Giovanni - Corbetta. Parisi Battista - Cagliari. Perrone Nicoletta - Roma. Petti Marianna - Barone (Ivrea). Pietrasanta D. Agostino - Subbio. Pignata Agostino - Bra.
Podestà Gio. B. - Albenga.
Prinetti D. Giacomo - Voghera.
Pavesio D. Francesco - Madonna della Scala. Quirazza Giuseppina Ved. Cortese - Chiavari. Rattone D. Giuseppe - Castelletto di Momo. Rastelli Maria Ved. Bosco - Torino. Reolf Carlo - Vesine. Rolle Carlotta Ved. Borla - Mathi. Rossi Margherita - Mondovi. Rua Vittoria - Torino. Scalabrini D. Gaetano, Parroco - Chesio. Schinina di S. Elia Marchesa - Ragusa. Sciacco Carmelo - Comiso. Sciolli Lattanzio - Fossano. Sertoris Francesco - Mosogno. Siniscalco D. Michele - Baronissi.