ANNO XXV N. 4. Esce una volta al mese. APRILE 1901,
SOMMARIO - TESTO: Il mese dell'Ausiliatrice ed i pellegrinaggi al suo Santuario pag. 91
Nel Santuario di Maria Ausiliatrice » 93 Leone XIII e la democrazia cristiana . » 93 Il Rappresentante del Successore di D. Bosco in America » 96 Inaugurazione della Chiesa monumentale di Valsalice . » 99 Il 25° anniversario dell'Istituto di Bordighera . » 100 Cronaca del movimento Salesiano: - Spezia - Artena - Siracusa - Rapallo - Alvito - Lisbona - Bologna - Asti - Tigliole d'Asti - Bobbio - Gualdo Tadino - Verona - Gorizia - Conegliano - Sondrio - Messina - Cagliari - Lunasei 102
MISSIONI: - TERRA DEL Fuoco : In cerca di Indi - EquATORE : dall'Esiglio alla patria - IN FASCIO : Territorio del Chubut » 110
Grazie di Maria Ausiliatrice . . » 116
NECROLOGIA: Dott. Luigi Dufour . .» 117
Rivista Bibliografica » 118
ILLUSTRAZIONI: - Mons. Daffra, Vescovo di Ventimiglia, pag. 98 - Istituto e Chiesa di Bordighera, 101 - Monsignor Biale, 103 - Veduta di Alvito, 105 - Educande dell'Istituto di Bordighera, 107 - Indie fueghine, 111 - Fiat voluntas, Catechismo illustrato, 115.
23 aprile - 24 maggio
Si acclami pur sempre con più magnifiche lodi l'Ausiliatrice potente, clementissima dei cristiani, la Vergine Madre di Dio.
(LEONE XIII, Encicl., 7 sett. 1895).
AMMANTATA di luce e di splendori, cinta la fronte de' fiori più vaghi, inebriata di profumi e di speranze, s'avvicina l'aurora avventurata del 23 aprile che inizia il maggio salesiano, il mese delle glorie e dei trionfi dell'Ausiliatrice, tanto caro ed amabile ai membri della mondiale nostra Pia Unione.
Salutiamola col più vivo entusiasmo questa desiata aurora e tutti uniti di mente e di cuore, inneggiamo alla Vergine Potente , alla benedetta fra tutte le donne, alla mistica figlia di Sion, al terrore delle potenze infernali, al dolcissimo conforto dei cristiani, all' ispiratrice e Patrona di tutte le Opere Salesiane. Giammai i popoli si stancarono di mettersi sotto l'egida potentissima del suo patrocinio giammai lasciarono d' invocarla nei pericoli e nelle sofferenze di questo mortal pellegrinaggio quale Ausiliatrice e Madre , piegando sempre innanzi alla maestà del suo nome il ginocchio per ringraziarla e benedirla degli innumerevoli favori e prodigi che dal suo trono d' amore incessantemente fa piovere sopra tutti i punti della terra.
La Madonna Ausiliatrice fu e sarà sempre l'amore dolce e soavissimo di tutti i popoli; e noi che siamo stati fatti degni di appartenere , in questo nuovo ordine di tempi , alla nobile schiera dei propagatori del suo culto, rendiamo popolare il mese precedente la bellissima sua solennità, dal 23 aprile al 24 maggio, con preci più ardenti , con cantici più appassionati, con numerosi e devoti pellegrinaggi al suo Santuario di Valdocco. Questo periodo di tempo è il più propizio per onorare la nostra celeste Madre la natura stessa pare sorridere alla primogenita di ogni creatura e nell'arcana poesia che aleggia all'intorno, nell'ineffabile armonia che spontanea si sprigiona dall'intero creato, l'anima amante intravede più sublimi armonie, s'innalza sopra se stessa , spazia in più serene regioni ed in dolce estasi rapita vagheggia Maria cui tutto il creato colla sua luce, coi suoi cantici e coi suoi profumi rende omaggio.
Maria ! Ecco il nome che con esultanza e dolcezza sempre nuova dovunque risuona e tutta commuove la terra al riedere della primaverile stagione. Maria si celebra nelle imponenti cattedrali delle grandi città, ricche di ori e di marmi, come nella rustica ma candida chiesuola del villaggio, perduto tra i campi e tra i boschi, o inerpicato su per le scoscese montagne. Maria s'invoca sotto la nomade tenda del missionario, come nella cappelletta rapidamente innalzata con assi e con ferri in quelle lontane regioni del Nuovo Mondo, dove coll' amore all'Ausiliatrice , si apprende l'amore per la religione e per la civiltà. Maria risuona attraverso le meste corsie delle case del dolore e tra lo squallore delle carceri. Maria si canta all'ombra dei giardini della religione, negli splendidi palazzi e nelle modeste casette. E perchè tutto questo? Perchè Maria è quella amabile Signora che compendia in sè l' opera più nobile , più eccellente che sia uscita dalle mani di Dio, pura come il pensiero del Creatore, santa come l'amore del Paraclito, che incessantemente s'interpone con le sue ardenti suppliche tra noi e Gesù onde arrestare il braccio della divina Giustizia continuamente provocata dalle nostre perversità. Ella sorge in ogni necessità della vita a nostra pronta difesa, ci copre maternamente col suo manto e ci salva dalla bufera d'un mondo corrotto e corrompitore non isdegnando, quantunque ricoperti dalle schifose piaghe del peccato, di rivolgere su di noi il benigno suo sguardo e di ascoltare i gemiti ed i sospiri del nostro cuore contrito. L'assistenza che da Lei ricevettero i fedeli in tanti pericoli, la sanità riacquistata fra tante gravi malattie, la vita ricuperata fra tante morti, gli erranti da Lei ridotti sul sentiero della virtù, i prodigi di grazie operati in favore dei suoi devoti, le molteplici apparizioni con cui furono onorati i suoi veri figli, non sono se non poche stille della beneficenza di questa nostra inesauribile Ausiliatrice in confronto di quella continua ch'Ella tacitamente ci piove in seno. Ella penetra nei cuori d'ognuno, ammollisce i più duri, inaffia i più sterili, espugna i più silvestri. Ogni luogo porta scolpito il suo nome in memoria delle sue beneficenze, ed un santo Padre dice che il mondo intero sarebbe annientato se non venisse sostenuto dalla potenza dell'Ausiliatrice.
Oh nostra benigna Ausiliatrice ! Al solo pronunziare il tuo nome ci sentiamo commossi, al solo mirare la tua casta effigie il nostro cuore s' infiamma di celeste ardore ! Il tuo cuore è tutto amore e misericordia e la tua destra è onnipotente dell' onnipotenza di Dio. Tu sei la celeste rugiada che sola mitiga le nostre pene, Tu la luce che rischiara le tenebre, le quali c' ingombrano l'anima, la guida nell' aspro cammino dell'esiglio, il vigore nella fiacchezza, il tesoro nella povertà; Tu la medicina delle nostre ferite, il conforto nostro nelle lagrime, il rifugio nelle miserie e la speranza nella salute.
Perciò, uniti nella stessa, fede e nel medesimo affetto appiè della nostra Ausiliatrice, Lei invochiamo in questo mese ed offriamole i nostri fiori. Ma questi fiori, coltivati con amore nel giardino dei nostri cuori , siano l' espressione verace degli affetti, dei gemiti, dei sospiri, delle lagrime e dei desiderii nostri in questa terra d'esilio : siano fiori di fede, di speranza, di carità, di umiltà, di purezza, di pietà, d'ubbidienza, di rassegnazione, di perseveranza e d'ogni più eletta virtù. Facciamoci però premura di offrirli nella Casa stessa che l'Ausiliatrice volle erigersi in Valdocco , promovendo in questo suo mese numerosi pellegrinaggi al suo diletto Santuario ed allora saremo sicuri che i nostri fiori, irrorati e benedetti dalla nostra Madonna, non curveranno sullo stelo l'avvizzita corolla , non perderanno il loro profumo, non morranno giammai, ma saranno sempre più olezzanti e più belli.
E perchè tutti abbiano ad usufruire della somma consolazione che si prova in prostrarsi ai piedi della Taumaturga Effigie dell'Ausiliatrice in Valdocco, annunciamo che verranno indetti pellegrinaggi a Torino, con notevole ribasso ferroviario, come si usò l'anno scorso per la solennità dell'Ausiliatrice. Nel prossimo numero daremo maggiori ragguagli.
Questo sappiamo dal Comitato Promotore dell' Omaggio Internazionale al Divin Redentore. Torna perciò agevole promuovere dei pellegrinaggi, ed i Direttori Salesiani e Diocesani, i Decurioni, i Zelatori e Zelatrici nostri non trascurino la propizia occasione. Ad essi in modo speciale è affidato lo sviluppo di questa nuova forma di ossequio a Maria Ausiliatrice; ad essi quindi spetta il condurre a Valdocco, al tempio così bello, così maestoso, così attraente dell'Auxilium Christianorum, numerose schiere di devoti : ad essi il rendere popolare ed efficace la nostra parola d'ordine: tutti a Valdocco nel bel mese dell'Ausiliatrice!
Nel Santuario di Maria Ausiliatrice.
Per norma dì tutti i Cooperatori e le Cooperatrici di Torino, ricordiamo che nel Santuario di Valdocco sì darà principio al bel mese di Maria Ausiliatrice il 23 del corrente aprile, martedì della 2a domenica dopo Pasqua.
Assistendo devotamente alle funzioni della Comunità, che si tengono in detta Chiesa alle ore 5,30 ed alle 7,30 del mattino, si può acquistare per concessione pontificia , l' indulgenza di tre anni, e facendo la Santa Comunìone l'indulgenza plenaria quotidiana per i defunti.
Nei giorni feriali, al mattino, dopo la Messa delle 5,30, ed alla sera alle 19,15 dopo il canto d'una lode, si terrà un breve discorso e si darà la benedizione col SS. Sacramento. Nei giorni festivì, questi discorsi avranno luogo dopo i Vespri delle 14,30 e delle 16,30.
Incominciamo in questo numero la pubblicazione dell'importantissima Enciclica Pontificia sulla Democrazia Cristiana, spiacenti che l'abbondanza delle notizie salesiane non ci abbia permesso di farlo prima d'ora nè ora ci consenta di darla tutta di seguito. È dessa una novella prova della paterna sollecitudine con cui il Santo Padre segue il movimento delle idee in mezzo alla società contemporanea e della sua ammirabile chiaroveggenza in apprezzarne il senso esatto e la vera portata. Nonostante la sua avanzata età, la quale d'altronde, grazie a Dio, sembra il prolungamento d'una vigorosa gioventù, il suo spirito ed il suo cuore sono sempre esuberanti di sollecitudine per la chiesa universale e di desiderio di fare del bene a tutti.
La raccomandazione di S. Paolo : Omnia probate; quod bonum est tenete (Ep. ad Thess. V. 21) : Disaminate tutto : attenetevi al buono; sembra l'abbia adottata il Sommo Pontefice per sua divisa nel governo spirituale del mondo. Egli interroga con simpatia le aspirazioni che si fanno strada nella vita dei popoli e quelle che può approvare le benedice, le battezza, per così dire, imprimendo loro, come sigillo naturale, , il carattere cristiano.
Se nulla gli sfugge di ciò che riguarda la purezza della dottrina e la eterna salute delle anime, non s'interessa però meno efficacemente di ciò che può contribuire alla felicità terrestre dell' umanità e particolarmente al benessere materiale delle classi operaie. Questa affettuosa sollecitudine s'è di già luminosamente manifestata in più Encicliche dirette a tutti i fedeli, i quali ne custodiranno gelosamente il ricordo. Gli ammaestramenti dati nell'Enciclica sulla condizione degli operai, formeranno sempre il codice del lavoro nel quale, scevri da errori e pregiudizi, vengono proclamati i diritti ed i doveri tanto di quelli che vivono col lavoro delle loro mani, come di coloro, che utilizzano il loro capitale, serbatoio e tesoro del lavoro. Nella presente Enciclica il Sommo Pontefice esamina, elucida e risolve con la sua sovrana autorità, un'altra questione non meno importante che rimase fino ad oggi avvolta più di tutte le altre in malintesi ed oscurata dall'incoerenza delle discussioni. Che cosa sia la democrazia; se può esservi una democrazia cristiana; in qual senso bisogna intenderla e contro quale solidarietà di parole e di principi faccia d'uopo premunirla; sotto qual punto di vista il sacerdote ed il popolo possono entrare in questa corrente d'idee, senza oltrepassare i giusti limiti; a quali condizioni la democrazia sarà salutare in seno alla Chiesa: ecco i gravi argomenti che abbraccia il documento promulgato dal Dottore universale e sommo. La parola del Papa getta su tutti questi argomenti una luce benefica e, per così esprimerci, amica del popolo: a tutte le questioni è data la risposta decisiva, ogni difficoltà vi trova il suo principio di soluzione. Accogliamo dunque con gioia e meditiamo con rispetto questi insegnamenti del Santo Padre che discendono dal Vaticano sopra il mondo sconvolto dalle bufere come i raggi d'un faro che illumina gli scogli e mostra la via della salute.
Ora è dovere di tutti, diremo con le parole dell'Em. Card. Richelmy, arrolarsi nella grande e nobile milizia della santa democrazia voluta dal Papa. Sotto un tanto capitano è ventura, è gloria il combattere; e se fedelmente seguiremo le insegne di così esperto duce, non può esser incerta la vittoria. O giovani o vecchi, o laici od ecclesiastici, o ricchi o poveri, o nobili o plebei tutti dobbiamo essere democratici cristiani; e tutti colla parola o colla penna, col lavoro o col denaro e più colla preghiera, coll'azione, col sacrifizio, dobbiamo affrettare il compimento dei voti del Papa.
AI VENERABILI FRATELLI PATRIARCHI, PRIMATI, ARCIVESCOVI, VESCOVI ED ALTRI ORDINARI AVENTI PACE E COMUNIONE CON LA SEDE AP.
LEONE PP. XIII.
VENERABILI FRATELLI SALUTE ED APOSTOLICA BENEDIZIONE.
Origine della questione.
Le gravi dispute sopra l'economia sociale, che da qualche tempo perturbano e non in una sola nazione la concordia degli animi, crescono ogni giorno e s'accalorano tanto da impensierire giustamente e preoccupare anche gli uomini più prudenti. Furono i falsi principii filosofici e morali, pur troppo largamenti diffusi, che originarono siffatte contese. Indi le invenzioni moderne dell'industria, la rapidità delle comunicazioni e una infinità di macchine vôlte a diminuire l' opera manuale e crescere il lucro inasprirono la questione. Da ultimo per le mire colpevoli di uomini turbolenti, rincruditosi il conflitto tra i ricchi e proletari, le cose furono condotte a tal punto che gli Stati, già da spessi sconvolgimenti commossi, minacciano di essere travolti in grandi sciagure.
Riepilogo degli atti pontifici.
Noi fin dagli esordi del Nostro Pontificato avvertimmo la gravità del pericolo che indi soprastava alla società, e credemmo proprio del Nostro ufficio ammonir solennemente i cattolici dei gravi errori contenuti nelle teorie del socialismo e delle conseguenti rovine; rovine quanto mai funeste non meno alla prosperità della vita, che alla probità dei costumi ed alla religione. A ciò mirava l'enciclica Quod Apostolici muneris, del 28 dicembre 1878. - Senonchè , vedendo che i medesimi pericoli s'aggravavano sempre più con danno maggiore tanto pubblico che privato, Noi provvedemmo di nuovo, tornando con ogni impegno sull'argomento. E con l'enciclica Rerum Novarum, del 15 maggio 1891, trattammo ampiamente dei diritti e doveri su cui era spediente che convenissero in reciproco accordo le due classi sociali dei capitalisti e dei lavoratori, e mostrammo ad un tempo i rimedi derivanti dalle dottrine evangeliche, e che Ci sembrarono sopratutto efficaci a tutelare la causa della giustizia e della religione e a togliere ogni contesa tra i varii ordini di cittadini.
Frutti della parola pontificia.
Nè fallì, coll' aiuto di Dio, la nostra fiducia. Perchè anche i dissidenti dai cattolici, tocchi dalla verità dei fatti, non esitarono a dichiarare che alla Chiesa ben s'addice il vanto di accorrere provvida alla salute di tutte le classi sociali e principalmente dei diseredati dalla fortuna. I cattolici poi colsero dai Nostri ammonimenti frutti abbastanza copiosi. In effetto ne trassero incoraggiamento e lena ad ottime imprese , e ne derivarono ancora la luce desiderata per continuare con più sicurezza e più felicemente tal maniera di studi. Ond'è che le lor dissensioni in parte cessarono, in parte si mostrarono più calme.
Quanto ai fatti si riuscì con costanza di propositi a introdurre ed estendere utili istituzioni, quali il segretariato del popolo , le casse rurali, le società di mutuo soccorso e di previdenza, le operaie ed altrettali società ed opere con che provvedere agli interessi dei proletari, particolarmente in quei luoghi ov'erano più negletti.
Le varie denominazioni dell'azione cattolica e le dispute che ne seguirono,
Così dunque, sotto gli auspicii della Chiesa, si iniziò fra i cattolici una comunanza d'azione e sollecitudine d' istituzioni in aiuto alla plebe, che tanto spesso lotta non meno con le insidie e i pericoli che con la povertà e le sventure. Questa specie di previdenza popolare non si usò da prima contraddistinguerla con denominazioni particolari ; perchè quelle di socialismo cristiano e di socialisti cristiani introdotte da alcuni, caddero meritatamente in disuso. Dipoi parve bene a parecchi il dirla azione popolare cristiana; in qualche luogo quelli che metton mano a siffatte opere si chiamano sociali cristiani; altrove si prendono il titolo di democrazia cristiana, dicendo democratici cristiani quelli che se ne occupano ; per contrapporla alla democrazia sociale, propugnata dai socialisti. Di queste due ultime denominazioni, se non la prima di sociali cristiani , certo l'altra di democrazia cristiana, suona male a molti tra i buoni, perchè vi veggon sotto un che di ambiguo e pericoloso. Ne temono per più di una ragione: cioè perchè credono che così si possa coprire un fine politico per portare al potere il popolo, promovendo questa forma di governo in luogo di altre ; che per tal modo, mirando al bene della plebe, e mettendo in disparte gli interessi delle altre classi, sembri rimpicciolirsi l'azione della religione cristiana; e che finalmente sotta la speciosità del nome si voglia in certo modo nascondere il proposito di sottrarsi alle legittime autorità nell'ordine civile ed ecclesiastico. Ora consirando che qua e là si eccede in tali dispute fino all' acrimonia, sentiamo il dovere di imporre un limite alla presente controversia, e di regolare il pensiero dei cattolici sopra un tale argomento intendiamo inoltre dettare alcune norme che rendano la loro azione più larga e assai più salutare alla società.
Le due democrazie.
Non può sorgere alcun dubbio intorno agl'intenti della democrazia sociale e intorno a quelli a cui convien che miri la democrazia cristiana. Infatti la prima, sia pur che non tutti trascorrano ai medesimi eccessi, da molti è portata a tanta malvagità da non tenere in conto alcuno l'ordine soprannaturale, cercando esclusivamente i beni corporali e terreni, e collocando tutta la felicità umana in tale acquisto e in tal godimento. Vuol quindi che il governo venga in mano della plebe, affinchè, livellando quant'è possibile le classi, le torni facile il passo all'eguaglianza economica ; tende perciò a sopprimere ogni diritto di proprietà, e a mettere tutto in comune, il patrimonio dei privati e perfino gli strumenti per guadagnarsi la vita. Al contrario la democrazia cristiana, per ciò stesso che si dice cristiana, ha necessariamente per sua base i principii della fede; e provvede al vantaggio dei ceti inferiori, ma sempre in modo da curarne il perfezionamento morale, in ordine ai beni eterni per cui son fatti. Per essa adunque nulla dev'essere più inviolabile della giustizia; il diritto di acquisto e di possesso deve volerlo integro, e tutelare le diverse classi, membra necessarie di una società ben costituita;. esige in una parola che l'umano consorzio ritragga quella forma e quel temperamento che le diede il suo autore Iddio. Resta dunque non esservi tra la democrazia sociale e la cristiana nulla in comune, e correre tra loro tal differenza, quale è tra la setta del socialismo e la professione del cristianesimo.
Non deve esservi politica nella democrazia cristiana.
Non sia poi lecito di dare un senso politico alla democrazia cristiana. Perchè sebbene la parola democrazia, chi guardi all'etimologia e all'uso dei filosofi, serva ad indicare una forma di governo popolare, tuttavia nel caso nostro, smesso ogni senso politico, non deve significare se non una benefica azione cristiana a favore del popolo. I precetti della natura e del Vangelo, in quanto trascendono di proprio diritto i fatti umani, è necessario che non dipendano da alcuna forma di governo civile, ma possano convenire con tutti, sempre inteso che non ripugnino all'onestà e alla giustizia. Essi pertanto sono e restano fuori dei partiti e della mutabilità degli eventi, di guisa che, in qualunque modo la società si regga, i cittadini possano e debbano tenersi agli stessi precetti, secondo i quali ci è ingiunto di amar Dio sopra tutte le cose e il prossimo come noi stessi. Quest'è la disciplina costante della Chiesa; così usarono sempre i Romani Pontefici trattar con gli Stati, indipendentemente dal governo lor proprio. Ciò posto, l'intendimento e l' azione dei cattolici che mirano a promuovere il bene dei proletari non deve punto proporsi di preferire e preparar con ciò una forma di governo invcce di un'altra.
La carità fra le classi sociali.
In somigliante modo bisogna rimuovere da concetto della democrazia cristiana l'altro inconveniente, cioè che, mentr' essa mette ogni impegno nel cercare il vantaggio delle classi più basse, non sembri trascurare le superiori, che pure non valgono meno alla conservazione e al perfezionamento della società. Al che provvede quella legge di carità cristiana, di cui abbiam ora ragionato, e che comanda di abbracciare indistintamente tutti gli uomini in quanto sono parte di una sola e medesima famiglia, e figli di un solo benignissimo Padre, e redenti dallo stesso Salvatore e chiamati alla medesima eredità eterna. Appunto, come ne ammaestra e ammonisce l'Apostolo : Un solo corpo e un solo spirito, come siete ancora stati chiamati ad una sola speranza della vostra vocazione. Un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti, che è sopra di tutti e per tutte le cose e in tutti noi (Ephes. IV, 4-6). Quindi per l'unione naturale della plebe con l'altre classi, resa anche più stretta dallo spirito di fratellanza cristiana, tutto ciò che di bene si fa per sollevare la plebe, ridonda anche a vantaggio di quelle; tanto più che per raggiungere l'intento è conveniente e necessario il loro concorso, come diremo appresso.
(Continua.)
(Dalle corrispondenze del Sac. Calogero Gusmano *)
Buenos Aires, 14 novembre 1900 Visite - Gli inglesi ci regalano venti ore dl viaggio in più - Avvenire di Bahia Blanca - Povero Sacerdote: - Dopo otto anni - Il miracolo - Penne vendute - Gara catechistica - Prezioso regalo.
MoNS. Cagliero da Viedma e D. Borghino da Bahia Bianca sollecitavano insistentemente con lettere e telegrammi la partenza del sig. D. Albera da Buenos Aires. Fu stabilita per il giorno 11 ottobre. Prima però fece visita ai benefattori principali che la nostra Opera conta in questa città, e appagò il desiderio delle signore del Sotto Comitato che lo volevano a presiedere l'adunanza ch'esse tennero nella nostra casa di Mater Misericordiae. Ma dell'attività degli unì e dell'industriosa carità delle altre dirò nella mia prima sul Congresso. Ora D. Borghino aspetta a Bahia Blanca, i Cooperatori di là sono avvertiti, i giornali han parlato del prossimo arrivo del Rappresentante di D. Rua ; e si parte nonostante che le pioggie continue abbiano alquanto guastati i binari e i confratelli di San Carlo non vogliano avventurare chi tanto amano e venerano ad un viaggio pericoloso. Si doveva giungere a Bahia alle 13 del giorno seguente ; ma gli Inglesi, proprietari della ferrovia, vista per un tratto non praticabile la strada più breve ci procurarono la sorpresa di 20 e più ore di cammino monotono a traverso una pianura tutta allagata, raramente adibita a coltivazione e interrotta tratto tratto da qualche piccola collina. Bahia dista da Buenos Aires come Torino da Roma, circa 700 Km. Giace in una perfetta pianura, e in posizione da agevolare più della capitale le comunicazioni col Chilì e coll'Europa. Questo vantaggio, il porto e la vicinanza colla Patagonia le assicurano uno splendido avvenire fra le città dell'America Meridionale, sebbene ora conti, compresi i dintorni, appena 20,000 abitanti. I nostri missionari vi posero piede per la prima volta al 19 marzo 1890. Vi trovarono un solo sacerdote ìl quale aveva la cura spirituale di quelle anime amministrando i sacramenti e celebrando il santo Sacrificìo. Attualmente i Salesiani vi hanno due collegi e ufficiano la Parrocchia e la Chiesa della Pietà che son le uniche del luogo.
Quando D. Borghino nel 1890 si recava a Bahia per assumere la direzione della futura Casa, passando da Buenos Aires andò a trovare Mons. Aneyros per ricevere da lui consigli e conforto. Il Vescovo ascoltava alquanto sorpreso il progetto dei Salesiani; poi guardando quel giovane prete che gli stava dinanzi e crollando sfiduciato il capo, esclamò con amarezza infinita : - Povero sacerdote! ma sapete voi dove andate, lo sanno i vostri Superiori? Sono informati delle condizioni di quella sventurata città? Avessero almeno inviato un uomo provetto!... Là avrete da lottare, sarete in mezzo a sette, nemìche dichiarate d'ogni principio religioso... vi toccherà forse tornare indietro coll'angoscia e la disillusione nel cuore.-Queste parole gliele suggeriva la tristissima impressione ch'egli riportò di quel luogo nel 1886. Vi si era recato con due compagni per dettare una missione. All'arrivo non ricevimenti, non feste ; fu anzi fatto segno ad insulti e minaccie, e dovette infine, dopo parecchi giorni di rìtiro forzato, partire nascostamente da quella città che oltraggiava in lui il missionario e il Vescovo. Vi ritornò trepidante dopo otto anni per benedire la nostra Chiesa della Pietà, e temeva,, nonostante le più larghe assicurazioni di D. Borghino, si ripetessero gli scandali del 1886. Eran timori vani: egli con tre altri Vescovi e il Presidente della Repubblica fu ricevuto così trionfalmente che non finiva più di ringraziare i Salesiani per il gran cambiamento operato in così potò tempo.
Anche Mons. Cagliero dovette provare l'indifferenza astiosa degli abitanti di Bahia: quando passava di là per recarsi a Patagones sentiva di non trovare una casa amica dove riposare, un giovane che si lasciasse avvicinare e render migliore : tutti si guardavano da lui come da un nemico astuto al quale guai se si fa la prima concessione! ne trarrà con sé mille altre. E Monsignore mandò colà i Salesiani perchè insegnassero praticamente che il prete non è un egoista parassita che sfrutta l'ingenuità dei popoli, ma è padre, fratello, consigliere, martire secondo le circostanze, e che dimenticato e vilipeso da non pochi durante la prosperità si presenta ad essi quando la fortuna li avversa per dar loro aiuto e conforto. Il miracolo fu operato e fiorirono le rose dove prima intristivano gli sterpi. Le comunioni che prima non arrivavano a 100 in un anno intero, presto dopo la venuta dei Salesiani salirono a 600, a 1000, a 3000, a 6000, a 9000, ed ora son più di 30,000 le sacre particole che si distribuìscono in ciascun anno per le mani dei Salesiani. Di 1700 che frequentano le scuole 1000 sono notati nei registri dei nostri confratelli.
Ma questo terreno sterile richiese e richiede sudori e sacrifici grandi. Quante lotte, financo pubbliche sostenute sui giornali ! Le sa Iddio, per rimunerargliele, le notti passate insonni dal nostro compianto D. Dallera a fine di confutare le gravi calunnie che si spargevano ed anche ora a quando a quando si svegliano quelle penne vendute. Si gìunse al punto di obbligare D. Borghino ad atterrare il Collegio che aveva fabbricato sul terreno vicino alla parrocchia a noi affidata. Ma il Signore da tutto sa cavare il bene ; ed ora quel nostro confratello ha, su terreno proprio, innalzato un collegio che forma il vanto e il decoro di Bahia, e tutti i buonì cristiani benedicono e ringraziano Iddio che non lasciando trionfare il male ha voluto esaudire le loro preghiere. Vi si tengono le classi elementari, e il numero degli allievi è consolante. Materie ne hanno a bizzeffe (22 in 3a elementare) studiano pure con amore il catechismo e lo recitano domande e risposte con molta franchezza. Gli esami di religione, tanto ai ragazzi come alle fanciulle, se li assume il Direttore con pazienza e zelo ammirabile ; e il frutto corrisponde. Tornando con Mons. Cagliero dalla Patagonia, nelle poche ore che ci fermammo a Bahia vollero le Suore di Maria Ausiliatrice si assistesse alla gara catechistica delle alunne : scorsero tutta la Storia e il Catechismo grosso, e le assicuro che, senza indiscrezione, non si poteva desiderare di più, specie in quest'ultimo. Le domande se le facevano a piacimento l'un l'altra su qualunque delle quattro parti, e non era possibile farle cadere, nonostante si badasse alle minime inesattezze : la maggior parte dovettero ritirarsi per aver ripetute domande fatte da altre.
Torno a D. Borghino. Ora non è più parroco di Bahia; lo sorrugò D. Cavalli; ma Mons. Espinosa, successore di Mons. Aneyros, a mostrargli il suo contento per l'opera prestata, volle regalargli un crocifisso contenente nell'ìnterno 44 reliquìe preziosissime, del legno santo, di Maria V. di S. Giuseppe, dei 12 Apostoli e dei principali Santi. Quel Crocifisso fu un regalo di Pio IX a Mons. Aneyros il quale per sette interi anni non lo abbandonò un momento ìn tutte le sue missioni. D. Cavalli anch'egli lavora molto, ed è già riuscito a compire nella parte principale la nuova Parrocchia, fabbricata intorno alla vecchia. Questa, come la Santa Casa di Loreto, rimase nell'interno e continuò a officiarsi finchè fu benedetta l'altra; dopo fu atterrata.
Le accoglienze - 1000 - Analisi difficile - In anticamera, - Associazione degli Antichi Allievi-Dinanzi al Collegio -Progresso ventoso - In galera - Fra Governatore e mayoral - Alla posta - Caccia di cavalli.
Le accoglìenze preparate al sig. D. Albera furono veramente grandiose : a mezz' ora dalla città venne una commissione ad incontrarlo: D. Borghino, D. Cavalli, il Vice-presidente del Circolo Operaio, l'agente consolare di Portogallo ed altri funzionari, una larga rappresentanza degli Antichi Allievi del Collegio di Bahia ; alla stazione una folla di gente e un seguito numeroso di vetture che lo accompagnò fino a casa. Qui nell'ampio cortile, ornato da portici spaziosi, sventolavano mille (numericamente 1000) bandiere a vari colori. All'apparire di D. Albera i 400 giovani nostri allievi che l'attendevano in ordine, frenando a stento la grande curiosità che li agitava, proruppero in applausi che tosto si mutarono in acclamazione a D. Bosco, a D. Rua, al suo Rappresentante. Il nostro D. Brentana tentò analizzare quell'entusiasmo per l'Opera Salesiana, ma era troppo commosso per riuscirvi. Accennò al sorgere e al districarsi fra mille difficoltà dell'Opera nostra in Bahia, e si domandava con voce velata che sarebbe mai di tanti giovani se il direttore si fosse lasciato atterrire dagli inciampì che il demonio e i tristi facevano sorgere ad ogni tratto nel suo cammino. Finì col chiedere per tutti i presenti la benedizione del sig. D. Albera. Questi la impartì ; ed aggiungendo alcune acconce parole, terminò col dire che le scene le quali gli avevano quel giorno commosso il cuore le credeva tali da compensarlo, anche sole, della sua venuta in America.
Intanto facevano anticamera il Governatore del Territorio del Rio Negro Dott. Eugenio Tello, il Giudice, ìl Notaio della città, il Presidente del Circolo Operaio, i vari vice-consoli, una commissione di Dame, il Corpo direttivo della Conferenza di S. Vincenzo, e tutti volevan passare, tutti volevan vedere, riverire il Rappresentante del Rettor Maggiore dei Salesiani. Le Suore impazienti avevan già diverse volte mandato a vedere quando sarebbe andato da loro: le ragazze, per la maggior parte esterne, non potevan aspettare più oltre. E qui un nuovo spettacolo non inferiore a quello visto dai Salesiani. Oh benedetto sia il Signore che suscitò il nostro buon padre D. Bosco ! Di tutto in una relazione non posso dire: taccìo quindi del bene che si fa nella Parrocchia e nella Chiesa della Pietà, delle conferenze di D. Albera aì cooperatori, alle Vìncenzine, ai Confratelli Salesìani; tralascio i teatrini e le accademie allusive sempre a D. Bosco e ai primi tempi dell'Oratorio Salesiano, e tante e tante altre cose belle, edificanti, piacevoli, ma che vorrebbero da me troppo tempo e dal Bollettino troppo spazio. L'associazione degli Antichi Allievi però merita una parola. Fu costituita formalmente sotto la presidenza del sig. D. Albera la sera stessa del suo arrivo in Bahia. Si lesse innanzi a lui il Regolamento che egli approvò coll'apporvi la firma.
Era molto contento nel vedersi circondato da un cosí abbondante numero di giovanotti e uomini fatti che reputavano un vanto l'aver ricevuto dai Salesiani coll'istruzione della mente l'educazione del cuore. E parlò a lungo con calore e con speditezza : sembrava che non trovasse più difficoltà a maneggiare il Castigliano. Disse tra altro che quella associazione, mentre era prova di animo riconoscente, serviva pure come mezzo potentissimo ad estendere su larga scala il bene che i Salesiani avevano cercato di istillare nei loro cuori. Promise ne avrebbe scritto al sig. D. Rua il quale gode, come un giorno D. Bosco, di questa benefica continuità di relazioni fra educandi ed educatori.
Dopo 8 giorni, il 20 ottobre, lasciammo Bahia. Gli alunni schierati innanzi alla porta del Collegio davano l'arrivederci a Don Albera e lo pregavano di una benedizione, quando improvvisamente si fece avanti un giovane piemontese di Caluso il quale salutò in italiano, a nome dei compagni, il nostro Superiore invitandolo ad un non lontano ritorno. La scena era bella, ma si dovette troncar tutto perchè sciaguratamente anche qui in America i treni non aspettano. Siamo diretti verso Patagones.. Non si creda però che ci si arrivi in ferrovia! Vì sono tanti bei progetti, anche delle convenzioni, cose tutte assai ben descritte dal nostro D. Lino Carbajal nel suo bel libro La Patagonia; ma noi non godremo dei benefici di questi lavori. Speriamo ne abbiano ad avvantaggiare le nostre Missioni. Il treno serve per un tratto, dico questo perchè non voglio disconoscere alla Patagonia il suo avanzamento di 10 anni ed i suoì mezzì di progresso che sarà rapìdo, secondo la predizione di D. Lino, come i venti che attraversano le sue solitudini. Alle 4 pom. siamo fermi a Medanos, che vuol dire piccole colline di sabbia fina. Avremo campo ad esperimentare quanto sia molesta e come facilmente trovi la via degli occhi ad ogni soffio di vento ! Prendiamo alloggio nell'unico albergo che vi è. I passeggieri son molti e ci dobbiamo accomodare in quattro entro una cameretta. Si spengono i lumi, ci auguriamo la buona notte e in silenzio si aspetta un po' di sonno. D. Albera però dormì assai poco. Uno dei nostri russava discretamente forte, il vino da Messa, a notte avanzata, lanciò in aria fragorosamente il turacciolo e bisognò alzarci per impedire che si versasse tutto; alle 3 ci alzammo, e così sfumò il riposo.
Era domenica, e si celebrò Messa; ma nessuno dei passeggeri venne ad ascoltarla. Vi assistettero per lo contrario i padroni della locanda. Povera gente! quando avranno ancora una simile comodità? Alle 6 1/2 sìamo in galera; galera spontanea, anzi pagata. È una gran diligenza massiccia colle ruote basse ma assai larghe. Eravamo in 15, compresi il mayoral e i cuarleadores. Questi sono una specie di mozzi, per lo più gauchos, che stanno a cavallo duri, incrollabili, colle gambe tese come due sbarre dì ferro; colla sinistra tengono le redini e colla destra armata di frusta battono furiosamente i cavalli. Il mayoral è il responsabile e del viaggio e dei viaggiatorì. Egli durante il tragitto ha potere legislativo e potere esecutivo; egli è tutto. Anni addìetro essendo mayoral lo stesso padrone delle galere, un Governatore di una grande provìncia si faceva lecito parlar male dei preti. Il mayoral l'avverti più volte che si moderasse ; ma il Governatore, quasi ciò fosse una mancanza di rispetto alla sua autorità gli disse sostenuto : - sappiate ch'io sono il Governatore ! - Il Governatore, attaccò subito il mayoral, per ora son io ! Discenda!...-E l'avrebbe lasciato in mezzo al deserto se non faceva formale promessa di essere più educato nella conversazione. Con noi fu pieno di riguardi: ci riservò il posto davanti, subito dietro il suo sedile, e s'interessò d'ogni nostro desiderio. La galera tirata da 16 cavalli, quattro attaccati alle stanghe e gli altri legati a due a due ad una lunga catena di ferro, correva per il cammino tracciato ; ma spesso, trovandolo guasto, attraversa campì di suolo ineguale e pieni di arbusti, ci dà scosse terribili a destra, a sinistra, in alto. A quando a quando si presentava al nostro sguardo una pianura sconfinata, simile ad una piazza d'armi pronta per milioni e milìoni di soldati: non una siepe, non un fosso, non una pietra. Il vento Pampero aveva spazzato il cielo, e si vedeva a grande distanza nettamente come in un oceano. Si scorgevano degli struzzi e lontano lontano qualche fortunato distingueva dei guanachi. In queste vaste solìtudini la galera procede senza sobbalzì, con poco strepito, come una barca sull'acqua. In questa prima giornata abbiamo fatto 20 leghe, cioè 100 km.
(Continua)
Omaggio Internazionale all' Opera di D. Bosco
Siamo lieti di annunziare che nella prima settimana dopo Pasqua si aprirà al culto la nuova Chiesa di S. Francesco di Sales in Valsalice presso la tomba di Don Bosco. Le feste delle quali daremo relazione nel Bollettino di Maggio, si svolgeranno col seguente ordine
Venerdì 12 aprile : alle ore 16, 30 Solenne Benedizione della Chiesa fatta da S. E. Rev. il Card. Richelmy, nostro Ven.mo Arcivescovo.
Sabato 13 aprile: alle ore 7, Consacrazione solenne dell'Altare maggiore, fatta da S. Ecc. Rev. Mons. Bertagna, novello Arcivescovo di Claudiopoli. - Alle 7, 30, celebrazione della Prima Messa.
Domenica 14 aprile: Solenni funzioni religiose. - Alle ore 7, Messa con Comunione Generale. - Ore 10, Messa Solenne Pontificale, celebrata da S. Ecc. Mons. Manacorda, Vescovo di Fossano. Infra Missam, discorso di S. E. il nostro Card. Arcivescovo. - Ore 16, Vespri Solenni e Benedizione Pontificale.
Giovedì 1S aprile: Alle ore 10. Solenne funerale in suffragio dei Benefattori defunti. - Ore 15, Accademia commemorativa.
Dalla Domenica 14 alla seguente, 21 aprile, che segnerà la chiusura delle feste, avrà luogo l'Ottavario di Messe e Benedizioni a favore dei defunti dei sottoscrittori dell'ultimo Appello del Comitato Promotore.
Il 10 febbraio u. s. si compivano cinque lustri da che un piccolo drappello di Salesiani e di Suore di Maria Ausiliatrice, partito il giorno innanzi dell'Oratorio di D. Bosco di Torino, andava a stanziarsi al Torrione ne' Piani di Vallecrosia fra Bordighera e Ventimiglia. Furono cinque lustri di lotte e di sacrifici, sostenuti pel bene della fede, là dove l'eresia protestante andava facendo scempio di tante anime incaute, sopratutto con la scuola; lotte e sacrifici che la Vergine Ausiliatrice, da cui s'intitola quell' Istituto, ha fecondato benignamente.
E quei nostri confratelli e Suore di Maria Ausiliatrice hanno voluto rendere un filiale tributo di omaggio alla loro celeste patrona. Alla solennità si fece precedere un ottavario di esercizi spirituali, dettati dall'Angelo della Diocesi, Mons. Ambrogio Daffra e dal Rev.m° sig. D. Lombardo, il parroco del S. Cuore, che operarono tanto bene tra quella popolazione, e i cui sforzi furono coronati alla Messa della Comunione generale, celebrata dal nostro Rev.m° Superiore sig. D. Rua, che poco dopo, durante la Messa Pontificale di Mons. Vescovo, tenne un prezioso discorso di circostanza. La mattina del 10 febbraio per tempo arrivarono dal vicino Collegio Salesiano di Alassio una cinquantina di alunni scelti della Schola Cantorum col loro M.° C. Vecchia per rendere più solenne la festa. E si fu con un religioso raccoglimento che quel popolo assiepato nel tempio artisticamente addobbato ascoltò le solenni melodie del Cherubini alla Messa Pontificale e i salmi dei M. Cicognani e Horay al Vespro.
Era stata annunziata la rappresentazione del dramma Una speranza ossia il passato e l'avvenire della Patagonia di D. G. B. Lemoyne; e terminate appena le sacre funzioni, fu un assieparsi alla porta dell'Istituto ; tutti volevano essere i primi, non ostante che la tassa d'entrata fosse di una lira. E qui vorremmo dire un bravo di cuore agli alunni della Scuola di canto e di declamazione di Alassio ; ma essi devono avere ancor pieno il cuore dei fragorosi applausi che tanto spesso seppero strappare alla platea gremita. Così dopo di aver cantato le lodi alla Vergine nel tempio a Lei dedicato, e di aver procurato tre ore di onesto dìvertimento, col treno di mezzanotte facevano ritorno al loro Collegio, ripiena l'anima di giubilo e di soavi ricordi.
Nel pomeriggio del lunedì seguente assistemmo all'accademia commemorativa musicoletteraria, preparata dalle brave alunne dell'Educatorio femminile, presieduta dal Rev m° sig. D. Rua. Non fu una cosa lunga, no; ma la scelta degli scritti poetici, composti appositamente per l'occasione da penne conosciute nel campo letterario, dei cori e degli a solo e dei quadri plastici fu fatta con tanto buon gusto, e i vani componimenti s'intrecciarono con tanto diletto, che, diciamo la verità, era proprio la volta che ci saremmo augurato non avesse a terminare così presto. E ciò dev'essere di conforto per le maestre, che certo non risparmiarono fatiche e per le alunne. Aperse la festicciuola il Rev.m° Sac. prof. Fr. Cerruti con acconce parole, che siamo lieti di poter riportare, certi che saranno lette volontieri anche da quelli ehe non ebbero la fortuna d'assistere alla bella accademia.
« Era la fine del settembre 1875, ed io mi recava da Alassio alla vicina Ventimiglia, invitatovi dall'Angelo di questa Diocesi, che era allora Mons. Lorenzo Biale di venerata e cara memoria. Appena giunto:- Caro D. Cerruti, mi disse piangendo il venerando Vegliardo, dica a D. Bosco che non mi abbandoni. Son vecchio di oltre 90 anni, ho scarso il clero, scarsissimi i chierici del Seminario e qui alle porte, qui sotto i miei occhi i Valdesi, impiantatisi da poco, che fanno strage della fede cattolica, che è la fede dei miei figli; e questa strage la fanno soprattutto con la scuola. Ho ben già istituito classi elementari cattoliche per l'uno e l'altro sesso separatamente, pigliai a tal effetto poche camere a pigione e pago un maestro pei ragazzi ed una maestra per le ragazze, cavandomelo, direi, dalla bocca, giacchè le rendite del vescovado sono scarsissime ; ma tutto questo non basta. Ho bisogno che l'opera si consolidi, si allarghi, si perpetui. Lo ripeto, dica a D. Bosco che venga in mio aiuto, e presto.
» Commosso fino alle lagrime da questi accenti, riparto senz' altro per Alassio e di là il domani per Torino in cerca di D. Bosco. A Torino un incidente gravissimo incolse al mio giovane compagno, che, presso omai a spirare, ripigliava, per una specialissima protezione di Maria Ausiliatrice, così prestamente ed efficacemente le forze da poter continuare nella stessa sera il viaggio con me. Ma D. Bosco non era a Torino ; è a Cuneo, mi dicono. Ripiglio dunque il viaggio ed eccomi a Cuneo a sera inoltrata. Ma anche colà non trovo D. Bosco. È presso Beinette, mi rispondono, in casa di Don Vallauri. Nuovo affatto di quei luoghi cerco e trovo a stento una vettura qualunque che mi trasporti alla casa di quel pio e benemerito sacerdote, che ospitava Don Bosco, di quell'uomo di Dio che i poveri, i Salesiani in ispecie, ricorderanno sempre con la più affettuosa e riconoscente memoria. D. Bosco era in chiesa a recitar il rosario con la famiglia, in preparazione alla vicina festa, elio si celebrava colà e si celebra, tuttora nel modo più fruttuosamente solenne ad onore della Divina Maternità di Maria SS. - Che è avvenuto all'Oratorio - mi chiede alquanto turbate al vedermi arrivare a quell'ora ? - Nulla, caro Don Bosco, risposi subito; tutti e tutto bene. Vengo da Ventimiglia, dove Mons. Vescovo mi pregò con le lagrime agli occhi di recarmi da Lei ed insistere perchè Ella mandi al più presto Salesiani e Suore a pigliar la cura delle scuole elementari per fanciulli e fanciulle, già aperte nei Piani di Vallecrosia al Torrione, e insieme con le scuole l'assistenza religiosa e morale di quella popolazione. - D. Bosco si raccolse un istante, poi soggiunse : - Ritorna a Ventimiglia e di' a Mons. Vescovo che noi siamo da questo momento a sua disposizione.
» Riparto il domattina stesso e mi porto direttamente a Ventimiglia. Quale commovente scena mi si para innanzi ! Al lieto consolatore annunzio il venerando Vescovo alza le mani al cielo, e : -Signore, esclama con gli occhi bagnati di lagrime, vi ringrazio ; ora muoio tranquillo ! - E la morte arrivava pur troppo assai presto. Il 10 febbraio 1876 Salesiani e Suore facevano qui il loro modesto ingresso, da lui accolti e sovvenuti con affetto più che paterno ; il 26 giugno dell'anno seguente la bell'anima del santo Prelato volava al cielo. Ma l'opera di lui , perchè opera di Dio , rimase, nè solo rimase, ma sostenuta dai buoni, protetta visibilmente da Dio, si consolido ed estese largamente l'azione sua benefica eminentemente conservatrice. E dico conservatrice, giacchè noi cattolici non siamo punto aggressori ; no mai ; non siam qui per aggredire; il cattolico è naturalmente conservatore. Noi vogliamo e vorremo sempre che la religione nostra santissima, la religione cattolica, apostolica e romana, quella religione che Dio scolpiva nei nostri cuori, e il magnanimo Carlo Alberto segnava in fronte allo Statuto quella religione che pel corso di 19 secoli lenì tanti dolori, asciugò tante lagrime; quella religione che fece dell'Italia la primogenita delle genti latine, il centro privilegiato del Cattolicismo, la sede e stanza del Papato , regni, imperi sola, incontrastata sovrana. Vogliano e vorremo sempre che quella religione, che benedisse un giorno alla nostra culla, benedica un giorno alla nostra tomba.
Quel che non vogliamo e non vorremo mai, cattolici e italiani, è che un culto straniero, straniero nella sua origine, straniero nelle sue dottrine, straniero all'indole, a' costumi, alle tradizioni, al genio italiano, pigli possesso de' nostri paesi, avveleni, pur nelle loro sorgenti , le più pure e più belle glorie nell'ordine religioso, morale, civile, letterario, scientifico e artistico, ond'è nobilmente e santamente altera la patria nostra. No, l' eterodossia luterana, sia pure moltiforme come il Proteo della mitologia, non allignerà mai in Italia, la terra classica del Cattolicismo. Fanciulli e fanciulle che qui mi ascoltate, voi, giovani speranze della religione e della patria, voi la religione degli avi nostri proseguite sempre di caldo amore e fatene la norma perenne delle vostre azioni, delle vostre parole, de' vostri pensieri, de' vostri affetti medesimi.
» Il genio di Pasteur, di questo nuovo Colombo, che riuscì colle sue prodigiose invenzioni, per usar la frase francese, a bouleverser la science, chiama fortunato l'uomo che sente entro di sè Dio ed alla cui mente brilla un ideale di bellezza divina; anzi da questo ideale deriva, come effetto dalla causa, l'ideale dell'arte, l'ideale della scienza, l'ideale della patria. Or bene quest' ideale sentirono potentemente, a quest'ideale ubbidirono generosi e perseveranti Mons. Biale e Don Bosco. Gloria e riconoscenza a loro!
» Narra la storia (1) che Pio VII, martire glorioso della legge e della morale cattolica, reduce nel febbraio 1814 da Fontainebleau a Savona, giunto qui innanzi da Nizza Marittima, vi fu accolto sotto il baldacchino dalla popolazione festante di Vallecrosia; che avendo l'Augusto Pontefice chiesto dove egli si trovasse e che paese fosse questo, gli venne risposto chiamarsi questo luogo Piani di Vallecrosia ed essere il paese internato nella valle; che infine rivolto ad esso lo benedisse. Un testimonio presente al fatto, G. B. Aprosio, che molti abbiam conosciuto, assicurava ripetutamente sulla fede propria, che Pio VII benedisse precisamente il luogo, dove ora sorge questa Casa salesiana, intitolata a Maria Ausiliatrice. Per tal modo, o Signori, la benedizione del Vicario di G. C., del Pontefice dell'Ausiliatrice, del Pontefice, cioè, di Colei a cui sotto tal nonio Pio VII attribuì la sua liberazione dalla lunga e dura prigionia , la cessazione dei dolori e dei mali arrecati alla Chiesa Cattolica, la vittoria sull'orgoglio del prepotente Córso, doveva essere il germe potentemente fecondatore di un Istituto che doveva qui sorgere 62 anni dopo, qui nello stesso mese di febbraio, qui intitolarsi a Maria Ausiliatrice, allargarsi, perpetuarsi per opera di una Società religiosa, qual è la Salesiana, che a Maria Ausiliatrice deve tutta se stessa. Signori, giovanetti e giovinette, benediciamo anche in questo alla Divina Provvidenza. »
(1) Esiste tuttora nella parrocchia di Vallecrosia una memoria, secondo cui questo memorando passaggio sarebbe avvenuto l'11 febbraio 1814.
SPEZIA. - Per la Consacrazione del Santuario di N. Signora della Neve. - Son passati quasi vent'anni dal giorno memorando in cui la prodigiosa immagine di N. S. della Neve, tanto cara alla città della Spezia, veniva dalla Chiesa Abbaziale di S. Maria trasferita alla modesta cappella di quel nostro Istituto ; e finalmente, la terza Domenica dopo Pasqua, 28 corr., verrà collocata sull'altar maggiore del nuovo artistico Santuario, eretto sui disegni dell'architetto Ferrari dei Conti d'Orsara, nostro benemerito Cooperatore.
Come preludio alle feste solenni, nei giorni 20, 21 e 22 corr., si terrà una Fiera di beneficenza, nella quale campeggeranno varii doni, inviati da Auguste ed Eminenti persone.
La consacrazione si compirà nel sabbato seguente e il giorno dopo, prima dei solenni Pontificali, la sacra immagine verrà portata in trionfo per le principali vie della città, con intervento di Sua Eccellenza Rev.ma Mons. Giovanni Carli, zelantissimo Vescovo di Luni Sarzana e Brugnato, di altri Eccellentissimi Vescovi, del nostro Rettor Maggiore , e , come si spera, anche d'un Em.mo Principe di S. Chiesa, nonchè di molte Società Cattoliche e varii Concerti Musicali. Le feste dureranno fino al 5 maggio, anzi si prolungheranno per tutto il mese, che sarà predicato dal nostro confratello D. Albino Carmagnola : ma ne' giorni del solenne ottavario, alle funzioni pontificali, rese più imponenti da devoti pellegrinaggi, s'intrecceranno sempre cantici sacri di squisita eleganza e vibrate allocuzioni di Eccellentissimi Presuli.
Mentre ci gode l'animo nel pensare, che l'esito di queste dimostrazioni di fede e di amore alla Vergine Santa sarà consolantissimo (coincidendovi il varo della Regina Margherita, per cui sarà facile recarsi alla Spezia, con eccezionali ribassi ferroviari) ci piace altresì di segnalare che tutta la serie delle splendide feste, di cui terremo informati i nostri Cooperatori, verrà coadiuvata dall'opera efficace e solerte di un nobile Comitato di egregie Signore della città, e di un altro formato di nostri Antichi Allievi.
Sorga presto l'alba da tanti anni desiderata, e la Vergine Benedetta gradisca con materna benevolenza lo splendido fiore che, allo spuntar del primo maggio del nuovo secolo, a Lei consacrano i nostri confratelli di Spezia e susciti molte anime generose, che li aiutino a soddisfare le spese enormi.
Invitiamo pertanto tutti i buoni Cooperatori e le nostre buone Cooperatrici, specialmente delle Diocesi Liguri, di Pontremoli e Massa-Carrara, a prender parte alle solennissime feste ed a recare od inviare a quei nostri confratelli l'obolo della loro carità. Le offerte sieno inviate direttamente al SAC. PIETRO SIGNORELLi, direttore dell'Istituto Salesiano. - SPEZIA. - Gli oblatori riceveranno come pegno di ricevuta un' elegantissima Immagine della Madonna della Neve eseguita per la circostanza.
ARTENA - Scuole ed Oratorio Festivo. - Fin dallo scorso settembre il nostro confratello D. Angelo Caimi recavasi a questa cittadina - che dista dalla ferrovia Roma-Napoli quattro km. e mezzo e s'arrampica sul dorso d'un monte sassoso - per assumere la direzione delle scuole elementari. Ora egli ci scrive queste notizie: Il numero dei ragazzi al presente è di 243 , tutti poverini e stati finora nell'abbandono. Mi astengo dal descrivere le miserrime condizioni di questi fanciulli, solo mi pare che sia stato D. Bosco che ci ha mandato qui. Abbiamo iniziato l'Oratorio Festivo il 21 settembre, giorno sacro alla Purità di Maria SS. e sebbene il tempo fosse pessimo, tuttavia i ragazzi accorsero in numero consolantisssimo e si mostrano di assai buona volontà.
Io benedico la divina Provvidenza di avermi mandato in questo campo novello, campo, più di ogni altro, bisognoso di lavoro assiduo e di coltura paziente e solerte. Il popolo ci ha accolti con vera e rispettosa simpatia. Non ho potuto evitare una dimostrazione del Municipio, il quale , in corpo, con la banda venne a farci visita al Palazzo Borghese dove (all'ultimo piano) abitiamo in aspettativa che sia all' ordine il locale destinato per la nostra futura abitazione. Anche il sotto Prefetto di Velletri si rallegrò della nostra venuta in questo paese : mi disse parole di conforto e promise il suo morale appoggio.
SIRACUSA - La 1a fondazione salesiana. - Rileviamo dal periodico S. Marziano come finalmente si sia potuto annuire ai voti ed ai desideri dei nostri buoni Cooperatori Siracusani, specie di quell' Ecc.mo Arcivescovo , stabilendo in quella città una Casa salesiana.
« Nell'ampio locale dell'antico Seminario dipendente dall'Arcivescovo e a sue spese riparato, i Salesiani (così scrive il sullodato periodico) attendono attualmente alla direzione dell'Opera Pia della nobile e caritativa Marchesa Gargallo. Con intelletto d' amore si applicano all' educazione e istruzione di arti e mestieri degli orfanelli già esistenti nella detta Opera, i quali non potranno non sentire il beneficio d'un celere sviluppo morale ed intellettuale sotto la nuova direzione e rispondere agli ideali della loro insigne- benefattrice.
« Nel medesimo palazzo essi apriranno per il prossimo anno scolastico un pensionato, nel quale saranno ricevuti due categorie di giovanetti, studenti ed artigiani, tanto di Siracusa come di altre provincie. Gli studenti delle classi elementari riceveranno l' insegnamento nell' interno dell'Istituto; quelli che frequentano il corso ginnasiale e tecnico verranno accompagnati alle R. Scuole della città a cura dell'Istituto medesimo. Gli studenti saranno separati dagli artigianelli in tutti gli atti della vita comune; tanto agli uni come agli altri verrà impartita tale educazione morale, religiosa ed intellettuale da non potersi desiderare migliore. Gli alunni esterni che desidereranno frequentare le scuole elementari dell'Istituto , saranno ammessi con le condizioni che si possono avere dal R.mo sig. Direttore Don Stefano Quartino.
» Quanto prima essi apriranno pure l'Oratorio Festivo allo scopo di radunare ogni domenica i ragazzi siracusani in un luogo apposito, ove questi potranno assistere alla santa Messa, alla predica, all'insegnamento del catechismo, trovandovi anche la comodità di frequentare i Sacramenti, coll'aggiunta di onesti giuochi e ricreazioni in appositi cortili.
» Gli artigianelli poi, sotto la direzione dei loro capi d'arte , possono accettare ed eseguire fin d'ora qualunque ordinazione per calzolaio, falegname e sarto a prezzi miti e con piena soddisfazione degli avventori.
» Volgiamo un caldo appello ai padri di famiglia di Siracusa e della provincia, a non restare indifferenti di fronte a tanti sacrifici sostenuti per preparare ai loro figli un avvenire informato al bene e alla virtù; si tratta dei loro beni medesimi.»
RAPALLO Inaugurazione dell'Oratorio Festivo. - Un egregio nostro amico e Cooperatore zelantissimo ci scrive : Finalmente Rapallo ha, dopo averla tanto desiderata, qualche istituzione salesiana. La gentile regina del golfo Tigullio, colle sue colline incantevoli seminate di villini, che si specchiano nel mare azzurro, ha inaugurato il suo Oratorio Festivo mercè le cure di un Comitato di cittadini a cui prestarono largo appoggio e S. E. Rma. Mons. Fortunato Vinelli, operosissimo Vescovo della Diocesi ed il Revmo. Don Gianelli, arciprete della maggior parrocchia del Comune.
La Direzione dell'Oratorio venne dal R.mo Don Rua affidata al sacerdote salesiano D. Rebagliati, che coadiuvato dal chierico Porimi è infaticabile nell'adoperarsi a pro' dei giovanetti. Con tali elementi l'Oratorio, a cui non mancarono subito le larghe simpatie della cittadinanza, potè in breve prosperare. Son centinaia di ragazzi, in maggior parte del popolo, che settimanalmente si recano all' Oratorio ad ascoltare la Messa e a ricevervi le istruzioni catechistiche, con garbo e cristiana unzione impartite dall'ottimo direttore.
Il locale adibito ad Oratorio è in posizione molto centrale, nella regione cosidetta degli Hôtels, che in questi ultimi anni sorsero con prodigiosa rapidità in questa città destinata al più brillante avvenire. Ha alcuni vasti ambienti ed una bella cappella piena d'aria e di luce e capace di circa 300 ragazzi. Tutto attorno all'edifizio gira un prato dove ne' giorni di bel tempo centinaia di bimbi si sollazzano festevolmente , offrendo spettacolo gradito ai molti che nelle ore pomeridiane vanno a passeggio sulla via provinciale che dalla città mena alle ridenti località di S. Nicola e di Ruta.
E così avviene che l'Oratorio Festivo diventa per i Rapallesi una cara istituzione. E quando essi dalla via odono i canti che a coro spiegato i giovanetti raccolti nella Cappella innalzano al sommo Iddio, è una eco di benedizioni che s'innalzano a D. Bosco, al suo Successore ed ai loro Cooperatori, i quali, i giovani, tolti al trivio, sanno trasformare in buoni cristiani ed ottimi cittadini.
ALVITO - Il Collegio Municipale affidato ai Salesiani. - Ci giungono buone notizie circa questo collegio fin dallo scorso settembre affidato dal Municipio di Alvito alle nostre cure. Alvito, città ducale, è situata sul pendio d'una collina elevantesi oltre 700 metri sul livello del mare. È perfettamente esposta a mezzodì e domina tutta la vallata del Comino, la quale è cinta tutt'all'intorno dagli Appennini, le cui cime in vari punti si elevano fino a 2200 metri come il monte Meta ergentesi ad est di Alvito, fra la valle del Comino e gli Abruzzi. Il convento di S. Nicola, attuale nostra residenza, è posto ai piedi della città, un po' staccato da essa. Apparteneva ai Conventuali i quali furono espulsi, pare nel 1805. In seguito fu dato ai Riformati, i quali lo tennero fin dopo il 1860. Nel 1868 il Municipio lo adibì per un Ginnasio e Liceo. Si succedettero tre direzioni diverse : tre volte si aperse e tre volte si dovette chiudere.
Il locale è assai bello. Appena entrati si presenta il chiostro, abbastanza vasto, tutto circondato da porticato, ove ci sono attualmente le classi elementari municipali. Attraversato il chiostro, per un ampio portone si entra nel Convitto. L'edifizio ha ampi corridoi e un discreto numero di camere private, alcune delle quali furono ridotte a piccoli dormitori, i quali sono tre e in tutto possono contenere non più di 35 alunni. Il Municipio però si è obbligato a dare spazio per 100 convittori ed è dispostissimo a farlo. Unita all'Istituto vi è una bella chiesa abbastanza frequentata. Vi sono due grandi orti dei quali uno fu ridotto a cortile. Di acqua non si difetta, perchè oltre tre grandi cisterne , la cui acqua serve per inaffiare l'orto, per uso di cucina ecc. vi è sotto la Chiesa un pozzetto di acqua freschissima e limpidissima, che si crede abbia miracolosamente fatta scaturire S. Francesco d'Assisi.
LISBONA (PORTOGALLO) - Imponente Conferenza. - Il R.mo Ispettore dei Salesiani di D. Bosco ci scrive : « Il 18 gennaio 1901 sarà davvero memorabile negli Annali della nostra Pia Società in Portogallo. Un' apposita circolare firmata da un bel gruppo di illustri Dame nostre Cooperatrici convocava tutti i Cooperatori, le Autorità Ecclesiastiche e Civili per assistere alla conferenza elio, nella Chiesa parrocchiale di Nostra Signora dell'Incarnazione, dovea tenere l'amico nostro P. Sebastiano Leite de Vasconcellos. S. M. la Regina D.a Maria Amelia avea promesso di assistervi, come difatti fece. Si temeva assai che il cattivo tempo venisse a diminuire la solennità della nostra conferenza, ma con nostro stupore e somma allegria quel giorno apparve bello, limpido e tepido come in piena primavera.
« Alle 2 pom. la nostra banda si trovava già alla porta del vasto tempio per far gli onori ai principali personaggi, mentre un drappello di guardie si disponeva sulla piazza, ed alla entrata del tempio per mantenere l'ordine. Dapprima arrivarono gli Ecc.mi Arcivescovi di Algarve e Port'Alegre; poi il Nunzio Apostolico Sua Ecc. Monsig. Andrea Aiuti, ricevuto al suono dell'inno pontificio ; appresso l'Arcivescovo di Mytilene, Vicario Generale del Patriarcato, il quale veniva a rappresentare S. Ema. il Card. Patriarca, trattenuto da indisposizione di salute. Poco dopo le 3 pom. giungeva la Pia Sovrana, S. M. la Regina D. Amelia. L'attendevano all'ingresso del tempio S. Ecc. il Governatore Civile di Lisbona, le Dame Patronesse dell' Opera Salesiana, varii senatori, prelati e il Superiore dei Salesiani di Portogallo.
» Mentre la banda suonava l'inno reale, S. M., fatta breve orazione al SS. Sacramento, prendeva posto nel presbitero in cornu .Evangelii, avendo a sua dritta il Nunzio Apostolico e di rimpetto, cioè in cornu Epistolae, i tre Ecc.mi Arcivescovi. Più sotto sedevano il Governatore, i Gentiluomini di Corte, gli addetti alla Nunziatura, i rappresentanti del clero secolare, nonchè i Superiori delle Comunità Religiose. Fuori del Presbitero vi erano i rappresentanti della stampa, le Dame Patronesse dell'Opera, di D. Bosco, le principali famiglie della capitale e il popolo che riempiva tutto il vasto tempio. La nostra Schola Cantorum tanto apprezzata, a Lisbona, cantò la Salve Regina del Webbe, accompagnata da un quartetto. Quindi salì il pulpito il carissimo nostro amico P. Sebastiano Leite de Vasconcellos, fondatore e Direttore dell'Officina de S. José di Oporto.
» Esordì con un riverente ossequio a S. M. la Regina, sempre disposta a proteggere le opere di cristiana carità; salutò il rappresentante del Sovrano Pontefice, gli Arcivescovi presenti ed i figli di Don Bosco. Per circa un'ora parlò con entusiasmo di D. Bosco e delle sue Opere e delle Officinas de S. José in Portogallo, mostrando in fine quanto sia necessario che in Lisbona si sviluppi l'Opera Salesiana. Finita la Conferenza si fece la questua in favore delle Officinas, quindi , esposto il SS. Sacramento, die' la benedizione il R.mo signor Parroco Dottore José Ferreira Garcia Diniz, I nostri cantori eseguirono scelta musica sacra a tre ed a quattro voci, deliziando il colto uditorio che non finiva di ammirare l'affiatamento e delicatezza dei piccoli artisti.
» Tutto riuscì a meraviglia, sì che S. M. la Regina espresse la sua soddisfazione con parole gentilissime. Sulla piazza il popolo s'accalcava, trattenuto a stento dalle guardie, mentre la nostra ottima Sovrana, salita in vettura, s'allontanava da noi sorridente e mostrando al popolo, che riverente la salutava, quanto s'interessa pel bene de' suoi figli. E pure soddisfatti s'allontanarono gli Eccmi. Prelati, il Governatore di Lisbona e le nobilissime famiglie che avevano assistito alla conferenza del P. Sebastiano.
» Il giorno seguente S. M. la Regina si degnava ammettere in privata udienza il P. Sebastiano Leite de Vasconcellos e lo scrivente, ai quali espresse ancor una volta la sua sovrana soddisfazione pel buon esito della conferenza, facendo voti che quanto prima si possa in Lisbona cominciare il nuovo fabbricato per l'Opera di D. Bosco. Quanta affabilità ci mostrò la Pia Sovrana ! Poscia ci recammo a far visita alle Loro AA. RR. i principini D. Luigi Filippo e D. Emmanuele, i quali in ancor tenera età, imitano tanto gli esempii della loro Augusta Genitrice.
» Faccia il Signore che non vadano deluse le belle speranze concepite in sì fausto avvenimento. L'Opera di D. Bosco va acquistando ognor più la stima e la protezione dei buoni Portoghesi, ed io son certo che il grandioso progetto dei nuovi fabbricati vedrà presto la sua realizzazione. »
- Preceduta da devoto triduo fu pure celebrata la festa del nostro Patrono. Celebrò la Messa della Comunione Generale S. E. Rev.ma Mons. Emanuele Vieira de Mattos, Arcivescovo di Mytilene e Vicario Generale del Card. Patriarca. Prima della Comunione tenne un commovente fervorino. La popolarità e lo zelo di Mons. Vieira si esplica sopratutto nell' educazione della gioventù povera ed abbandonata. Tutte le volte che può si reca in mezzo ai giovani del nostro Oratorio Festivo e si rende tutto a tutti. La Messa solenne fu cantata dal Rev.mo P. Vivari Stimmatino, Rettore della Chiesa degli italiani, e i nostri piccoli cantori eseguirono scelta musica. Alla sera disse le lodi del Santo il R.mo P. Cruz, antico Rettore del Collegio di Braga. Non fu un discorso scritto nè studiato, chè la sua salute non glielo consente ; tuttavia il suo dire fu assai efficace perchè parlava il cuore. La benedizione di Gesù chiuse la cara funzione.
BRAGA (PORTOGALLO). - Anche in questo estremo lembo occidentale della vecchia Europa, l'Opera Salesiana, mercè il valido e solerte aiuto dei zelanti Cooperatori e Cooperatrici, si va propagando di giorno in giorno, segnando nei suoi fasti nuovi trionfi. E un trionfo fu certamente la festa di S. Francesco di Sales, celebratasi il 3 febbraio. Fin dal mattino un buon numero di amici delle nostre opere si accostarono alla Mensa Encaristica insieme ai giovanetti della Casa. Alle dieci vi fu Messa cantata , durante la quale il M. R. P. Maciel Roberto Pereira , sincero ammiratore del nostro Padre D. Bosco, tenne un forbito discorso, rappresentando al vivo la grande figura di S. Francesco di Sales, dimostrando che colle innumerevoli sue virtù può esser modello a qualunque ceto di persone.
Alla sera, verso le 18, il nostro Superiore Don Pietro Cogliolo tenne nel salone-teatro della Casa, la conferenza prescritta ai Cooperatori e alle Cooperatrici accorsi in buon numero, nonostante piovesse a dirotto. Parlando dello sviluppo dell'Opera Salesiana nell'anno testè passato, fece toccar con mano i benefizii che questa istituzione arreca alla società. Accennò poscia ai due Oratori Festivi già esistenti nella capitale e il bene che fanno e commosse l' attento uditorio quando descrisse la povera gioventù abbandonata, che s'aggira per le strade e per i trivii della grande Lisbona ingolfandosi nei vizi, perchè non trova una mano che pensi a sollevarla.
Finita la conferenza, i giovanetti del collegio intrattennero i numerosi intervenuti rappresentando con molta abilità il dramma: I tre Martiri di Cesarea e lo scherzo comico : L'ultimo giorno di Carnevale, mentre la banda ne rallegrava gli intermezzi. Riuscì insomma una festa che lasciò nell'animo di tutti dolci ricordi e un vivo desiderio di prender parte attiva al bene che fa la nostra Pia Società.
BOLOGNA. -Il 31 gennaio nella Chiesa della Santa, ebbe luogo la prescritta conferenza salesiana, cui intervenne S. E. il Card. Svampa, Mons. Zoccoli, Vescovo Ausiliare, e numerosi Cooperatori e Cooperatrici. Conferenziere fu Mons. Sabatino Giani, Vescovo di Livorno, il quale, salito su apposito pulpito provvisorio parlò dell'Opera Salesiana in questi termini che riportiamo dall'Avvenire del 1° febbraio.
« Dall'anima inebriata dalle divine note, col cuore imparadisato, muove il mio saluto a voi nella speranza che giunga al vostro cuore. Rin grazio l'Eminentissimo Principe e quanti cooperarono alla rigenerazione sociale, mercè il cattolicismo, favorendo l'Opera del meraviglioso apostolo D. Bosco. Accettate, o signori, questa parola, senza eloquenza e senza preparazione e permettete che aggiunga il mio sassolino alla vostra gigantesca opera di carità.
» Due echi parmi di udire qui che si fondono in un inno che è di lode a Dio; l'eco mesta del requiem al compiersi del decennio della morte di Don Bosco e quella gloriosa del primo Congresso Salesiano, tenuto in questa chiesa; queste note sii fondono in un'opera trionfale che è fuori di porta Galliera. Conce non rallegrarsi al pensiero che la carità bolognese ha potuto prodigare più di un milione in meno di un lustro? Come non rallegrarsi ripensando alle speranze che numerosi orfanelli, per tali aiuti educati, in tutti destano?
» Questa mia conferenza fu benedetta fino dall'inizio, perchè, mentre prima di incominciare si attendeva al canto di questi fanciulli, pervenne un'offerta generosa di lire mille. Ciò è di buon augurio. Ma dovremo addormentarci? Non è questa l'indole della carità cristiana; lo vieta benanco lo spirito delle Opere Salesiane, che non vale celebrare con troppe parole; vale forse la pena a mezzo di un giorno di agosto provare che il sole splende? Per tutto il mondo già aleggia lo spirito di D. Bosco, e voi, dal Congresso qui tenuto, già lo sapete; io solamente dirò: proseguite, proseguite; non si può dormire sugli allori mietuti. L'orrore che si, sprigiona da una bambina innocente così trucemente finita non grida al vostro soccorso ? E la gioventù che da voi aspetta la vita spirituale e materiale.
» Ricreatorii a Bologna non mancano; questo lo so; meritano grandi lodi gli insigni individui che li dirigono ; ma chi può assicurare che bastino all'assunto? Migliaia e migliaia di fanciulli aspettano il sollievo. Qua, dai salesiani, formarsi i cittadini ispirati all'amore della religione e della patria. Un miraggio d'oro viene imbandito dal socialismo, più che ogni altro traditore ; le scuole qui in Bologna, a onor del vero, fanno molto, ma non fanno tanto contro l'opera satanica che vorrebbe distrutto Cristo.
» Chi non vede l'indifferenza delle famiglie dell'oggi? E' sempre più sentito il bisogno di estendere l'azione dei benemeriti salesiani non solo in ogni angolo della città, ma anche nei grandi centri per assicurare i frutti della redenzione di Cristo. Chi persevererà avrà il premio. Non bastano i sacrifizi fatti. Quando sarete riusciti, sull'esempio di Cristo, a versare il vostro sangue, voi vi fermerete. Don Bosco, trovandosi una volta ai piedi di Pio IX al momento di tenere una conferenza, fu chiesto da S. S.: quale sarà il tema? Il santo uomo stava per rispondere, quando Pio IX lo interruppe con queste parole: dite che preghino e che operino.
» Questa è la via da seguire. Non venga meno la fiducia nella Provvidenza; non manchi la preghiera; e s'aggiunga anche qualche sacrificio; qualche cosa si può togliere al vestito, alla gola, al passeggio, ecc.; ecco i poco che fanno un tanto; quando si dice di avere un 300 persone da sfamare, come sopperire a tanto bisogno quotidiano? O voi, che recitando il Pater noster, dovete ringraziare il Signore per l'elargizione del pane quotidiano, pensate di fornirlo questo pane quotidiano ai giovani affidati ai salesiani.
E voi, o colleghi Parroci, unitevi all'Eminente Porporato qui presente, che col cuore e colle opere dedicò se stesso a questa istituzione e voi stringete la mano ai valorosi compagni salesiani. Tutti siate del medesimo intendimento e quando vi occorranno uomini buoni, voi li troverete qua. Sublime è l'indirizzo dell'ultima Enciclica sulla democrazia cristiana; voi con me l'avete letta; ma come preparare l'armonia in essa segnata ?
» La vostra parola, per quanto mirabile, non può giungere fino alle estreme fibre della società. La gioventù deve essere nostra. Benedetti i salesiani, che colla simpatia meritata, si estendono dove altri non può arrivare. E dove giunge l'0pera Salesiana, il lavoro è amato, il ricco è venerato, e rispettata è la proprietà. E dietro agli evidenti benefici, venite tutti voi a sovvenire colla preghiera, coll'opera e col denaro, questi rappresentanti di Cristo sulla terra, e lo spirito di D. Bosco aleggi sopra Bologna, come vi aleggia da lungo tempo quello di S. Petronio.
» Duplice è il tempio qui da erigersi, l'uno materiale e l'altro morale, e voi tutti, o pastori della Diocesi, santificate il principio del secolo come santificaste la fine di quello scorso colla fabbrica dei salesiani; in questo principio del XX secolo sorga il tempio del S. Cuore, perchè G. C., tanto insultato, deve essere glorificato. E come nell'alte vette dell'Alpi splende la Croce, pegno di vittoria, così qui s'innalzi il tempio in lode del nome del Signore.
» In tale modo la povera gioventù ascolti non solo gli esagerati diritti, ma anche i sacri doveri; venga tolta alla scuola blasfema della contrada, di certe officine e di certe famiglie. Povera gioventù, cui è invidiata e rubata la Fede con parole di negazione e di irrisione.
» Noi tutti in un affetto unisca la carità, che è emblema dell'Opera Salesiana anche per i partiti avversi E come le voci si fondono in una sola armonia, benedica il Signore, o Eminenza Reverendissima, la vostra protezione, incremento potente e sicuro all'azione sociale della vostra Diocesi; attorno a voi uniransi ossequenti e animosi i figli. Voi conduceste a buon termine la prima opera in pro dei salesiani, e voi compirete pure le altre. A voi accanto formeranno una siepe di gloria i Parroci e gli altri sacerdoti. Così Bologna ai nostri pochi meritati vanti l'altro unirà di preparare sulla retta via la sua gioventù.
» E voi, Santi del Cielo, fate che sia coronato il mio voto, che come forma una consolazione quì in terra, forma anche una delle più vive consolazioni delle beatitudini eterne. »
- Geniale, simpatica e riuscitissima fu pure l'accademia che i giovanetti dell'Istituto Salesiano diedero nella sala superiore dell'Oratorio dei fiorentini, la sera „dello scorso 31 gennaio come attestato di riconoscenza ed affetto ai Cooperatori nella ricorrenza del 13° anniversario della morte del Fondatore D. Bosco.
ASTI. - La conferenza di S. Francesco di Sales fu tenuta nella festa della Purificazione di Maria Vergine. L'oratore è stato il Rev.mo NeoCanonico D. Antonio Amerio, antico allievo di D. Bosco, condirettore delle Opere Salesiane in Diocesi. Parlò della necessità di organizzarsi, di associarsi alli benemeriti Cooperatori onde partecipare ai molteplici vantaggi spirituali accordati dalla Chiesa alla nostra Pia Unione.
TIGLIOLE D'ASTI. - Scrive un Cooperatore Salesiano tigliolese: La Domenica 3 febbraio, il M. R. D. Rinetti, segretario di D. Rua, tenne qui la conferenza ai Cooperatori Salesiani. Con quel fare suo proprio alla buona e adattandosi alla intelligenza di tutti, fece luminosamente spiccare l'Opera veramente provvidenziale di Don Bosco, che va ognor più estendendosi sotto il suo Successore, e apporta immensi vantaggi alla gioventù, alla religione ed alla società. I Missionarii che fra tanti sacrifizi portano la luce della Religione, la conoscenza del vero Dio e la salute delle anime nelle lontane Americhe, hanno un giusto diritto alla generosa carità di noi cristiani cattolici che ben più fortunati già da tanto tempo godiamo di questi beni. In vista appunto di ciò l'oratore, ricordava i doveri dei Cooperatori di prestarsi ciascheduno, anche con qualche piccolo sacrifizio, alla cooperazione spirituale. E rivolgeva un caldo appello ai divoti uditori perchè tutti concorressero in quel giorno col loro obolo al compimento della nuova Chiesa di Valsalice, dove appunto si preparano tanti eletti campioni della fede, della carità e della civiltà. Oh quanto bene si può fare con tale cooperazione che costa pochi sacrifizi a noi e arreca a tante anime un bene immenso. Ma è pure necessario che ad ogni tanto ci sia ricordata la gloriosa e sempre soave memoria di D. Bosco, affinchè noi specialmente astigiani, che possiamo chiamarlo nostro per il luogo, nostro per il tempo, lo possiamo ancora chiamare nostro per la cooperazione attiva alle sue Opere.
BOBBIO. - Il R.mo Can. Codebò F. Direttore Diocesano, ci scrive: La festa del S. Patrono della Pia Società Salesiana fu celebrata con pompa speciale, giusta la raccomandazione avuta dal Bollettino Salesiano. Si fece un triduo solenne in onore di S. Francesco di Sales, durante il quale, il Rev.mo sig. Can. teol. D. Vincenzo Tassi, novello Penitenziere della Cattedrale, tenne conferenze relative alle Opere dell'indimenticabile Don Bosco, procurando di eccitare maggior vita ed incremento fra i Cooperatori Salesiani di Bobbio. Talchè colla valida intercessione del Celeste Patrono spero che l'opera di tutti sarà concorde, e la Pia Unione potrà crescere e fiorire sempre più.
GUALDO TADINO (UMBRIA). - La festa di San Francesco di Sales in quest' anno riuscì splendidissima ed indimenticabile, e per la solennità delle funzioni, e per l' intervento di insigni personaggi, e per essersi anche accostati parecchi Convittori di quell' Istituto , per la prima volta, alla Mensa Eucaristica.
Al mattino, alle 7 1/2, vi fu Messa celebrata dal Rev.mo Monsig. Roberto Calai-Marioni, patrizio Gualdense, il fondatore ed il più grande benefattore di quell' Istituto. Prima della Comunione, il predetto Monsignore rivolse ai numerosi astanti ed ai fortunati comunicandi sì acconce parole da riuscire una breve, ma elettissima allocuzione. Tratteggiò egli con mirabile maestria l'immenso amore che ha nutrito e che nutre tuttora per noi Gesù Cristo nell'istituzione del SS. Sacramento, ad onta di tutti gli oltraggi e di tutte le offese che pur troppo arrecano al suo amatissimo Cuore tanti e tanti cristiani. Rivolto infine ai giovanetti comunicandi li esortò ad accostarsi nel miglior modo possibile al Sacramento dell'Altare e a dire a Gesù tante cose per loro stessi, pei loro parenti, pei loro Superiori quando l'avrebbero ricevuto nel loro seno; il tutto con parole tali che commossero gli astanti. Durante la Comunione fu eseguito il Sinite parvulos venire ad me, del maestro Capocci.
Alle ore 10, coll' intervento del Rmo Capitolo della Collegiata di quella città, Sua E. R. Mons. Rocco Anselmini, degnissimo e zelantissimo Vescovo di Nocera-Umbria, che s'era degnato di accondiscendere agli inviti dei figli di D. Bosco, pontificò nella cappella del collegio, parata a festa. Fu eseguita dai giovanetti la Messa Te Deum laudamus, del M. Perosi.
Alle ore 16 tutti gl'invitati si raccolsero nel vasto locale del teatrino, ove ebbe luogo un trattenimento drammatico, dato dai collegiali. Infine tutti si recarono di nuovo in cappella, ove il sullodato Mons. Anselmi impartì la trina benedizione col SS. Sacramento. Così fu chiusa quella cara giornata.
VERONA - Il Verona fedele del 1° febbraio scrive: « Il diavolo l'ha giurata di mettervi la coda, volta per volta, ad ogni conferenza salesiana. Quasi non bastasse la posizione eccentrica dell'Istituto per distogliere parecchi dal recarvisi, s'aggiunge spesso, se non sempre, il cattivo tempo. D'estate, alla conferenza per Maria SS. Ausiliatrice, un temporale improvviso ; d'inverno, per quella di S. Francesco di Sales, la pioggia, il vento, il freddo, la neve...
» E così fu ieri ; dopo un mese di bellissimo cielo, dopo le ultime giornate quasi primaverili, l'aria si abbuiò, il sereno fu coperto da un denso strato cinereo, e alle 8 3/4 cominciò a cadere la neve. Ma la festa di S. Francesco di Sales avea già avuto principio con la Messa di devozione, celebrata dal cav. prof. Scapini, che prima della Comunione tenne un affettuosissimo fervorino. Era mestieri dunque proseguire e alle 9 1/2 il R.mo Mons. Abate di S. Zeno cantò la Messa solenne, alla quale i giovani dell' Istituto eseguirono assai bene musica veramente sacra.
» Di persone devote e amiche dell' Opera Sale siana, avuto riguardo all'orrida mattinata, ve ne erano parecchie, fors'anco venute per udir la parola limpida e forbita dell' annunciato conferenziere, Mons. Camillo Antonini , arciprete della Cattedrale. Ma una indisposizione di questi ultimi giorni, gl'impedì di mantenere l'impegno caritatevolmente assunto, onde fu alla meglio supplito dal vice-presidente del Comitato Salesiano, il sac. prof. Michelangelo Grancelli. Costui, come disse nel suo discorso, aveva anche un diritto di predicar ieri, perchè nei giorni di neve la conferenza tocca ad esso. Nel 1895, quando parlò nella medesima occasione, la neve caduta sin dal mattino, era già alta dieci centimetri ; ieri gli toccò di supplire, eccoti la neve una seconda volta
» Con la benedizione impartita dallo stesso Mons. Abate si chiuse la funzione in chiesa. Poi, mentre la banda sonava in cortile (o meglio al riparo sotto dei portici) , il sole venne a far capolino. Troppo tardi, ma non conta ; chi non potè venire, manderà la sua offerta. »
GORIZIA - La conferenza si tenne il due febbraio con un numeroso concorso di persone. Dopo avere il Direttore esposto lo sviluppo consolante dell'Opera Salesiana nell'anno scorso, ebbe la parola per la conferenza il Dottor Carlo de Baubela. Parlò molto bene del grande Patrono S. Francesco di Sales, ponendo innanzi agli occhi degli uditori un doppio quadro ; l'uno risguardava il critico tempo in cui visse ed operò il Sales, e fece vedere le persecuzioni e le barbarie degli Ugonotti, contro i quali tenne testa il gran Vescovo di Ginevra, divenuto il martello dell'eresia, - l'altro quando descriveva la meravigliosa attività del Santo, conio apostolo ferventissimo, missionario zelantissimo che esponeva la sua vita senza ombra di timore; come modello in ogni genere di virtù specialmente nella carità e mansuetudine; come scrittore esimio, conoscitore profondo delle anime, rilevando le due opere della Filotea e del Teotimo Conchiuse animando tutti alla pratica imitazione del Santo colla franca professione di fede e coli' esercizio delle virtù cristiane.
CONEGLIANO VENETO - Nel fiorente Istituto diretto dalle Suore di Maria Ausiliatrice, il 30 gennaio si celebrò la festa del nostro Patrono. Al mattino Messa della Comunione generale col canto di sacri mottetti. Più tardi vi furono altre Messe, ad una delle quali intervennero le Cooperatrici del paese. Verso sera poi si tenne in cappella per la prima volta la conferenza alle suddette Cooperatrici, le quali per ora sono poche, ma si spera cresceranno assai in seguito. Fu conferenziere lo zelante decurione dei Cooperatori Salesiani della Diocesi Cenedese, Monsignore D. Andrea Carpenè, il quale con ben acconce parole spiegò che cosa voglia dire Cooperatore e Cooperatrice Salesiana, quale sia la cooperazione alle Opere di D. Bosco, cooperazione di parola, di opera cioè colla limosina, e di preghiera. Speriamo che il buon seme gittato nel cuore di chi era ad ascoltarlo, apporterà presto i suoi frutti. Si chiuse la festa colla benedizione del SS. Sacramento, impartita dal sullodato Monsignore.
- L'indomani poi, 31, ricorrendo il 13° anniversario della morte di D. Bosco si fece un solenne uffizio funebre nella parrocchia di S. Martino, cui prese parte il collegio, le Cooperatrici Salesiane e un buon numero di parrocchiani. Cantò Messa il Direttore dell' Istituto e prestarono il loro servizio alcuni parroci della città. Il parroco poi di S. Martino pensò a tutto e gratuitamente facendo vestire a lutto la chiesa in mezzo alla quale sorgeva un modesto e grazioso catafalco, sul quale campeggiava soave la figura del nostro Padre e Fondatore D. Bosco. Al suddetto parroco e agli altri, che gentilmente prestarono l'opera loro, i nostri vivi ringraziamenti e le più elette benedizioni del Signore.
SONDRIO. - Scrive il Corriere della Valtellina nel suo numero del 16 febbraio scorso : « Una conferenza sulle Opere Salesiane venne tenuta domenica scorsa nella Chiesa Collegiata da Don Pasquale Morganti Direttore spirituale del Seminario Teologico di Milano e benemerito Cooperatore in quella città delle istituzioni di D. Bosco. Fu specialmente per opera di questo infaticabile discepolo di D. Bosco che a Milano sorse come per incanto il grandioso Istituto Salesiano di S. Ambrogio, il quale attualmente raccoglie 300 ragazzi e che accenna ogni giorno a prosperare mercè la valida cooperazione di un Comitato di signori e signore della più alta aristocrazia milanese. D. Morganti intrattenne per oltre mezz'ora il numeroso uditorio con parola famigliare, oltremodo persuasiva; si vedeva in lui l'uomo santamente appassionato per le istituzioni salesiane che, profondamente compreso della santità della causa da lui propugnata, tutto si adoperava per trasfondere nel cuore degli ascoltanti questo suo amore e convincimento.
» L'oratore esordì con un pensiero assai felice, disse che la commemorazione di Verdi testè tenuta, doveva essere per l'uditorio un'ottima predisposizione per assistere anche a quella di Don Bosco. Questi due grandi, Verdi e D. Bosco, per quanto per vie diverse, lavorarono per far regnare l'armonia nel mondo, l'uno coll'arte divina dei suoni, l'altro colla divina virtù della carità, ambedue s' incontrano nel fine di ingentilire i cuori ed educarli ad opere sante e generose.
» Passò rapidamente in rassegna la vita operosa di S. Francesco di Sales , a cui Don Bosco volle fossero inspirate e consecrate le sue opere, presentò nel mite Vescovo di Ginevra l'uomo che seppe conoscere i suoi tempi ed opporre ad una propaganda perversa, la santa propaganda del bene mediante l' apostolato della predicazione e della stampa, armi adoperate dai novatori per diffondere l'eresia. Sull'esempio di questo Vescovo forte e soave, osserva l'oratore , si modellò pure D. Bosco nell'esplicare il suo zelo oculato e vasto, quanto erano oculati i nemici del bene e vasti i bisogni e le miserie sociali da sollevare.
» Terminò esortando calorosamente gli ascoltanti a beneficare l'Opera Salesiana in luogo. Io, disse, non appartengo alla Pia Società Salesiana, ma sono ad essa legato col vincolo il più tenero e soave, quello della gratitudine. Povero figlio del popolo, a D. Bosco io son debitore della mia posizione nella Chiesa e nella società. Affinchè molti dei vostri figli possano usufruire dei benefizi dell' Opera Salesiana, a voi il caldeggiarla e soccorrerla efficacemente. »
MESSINA. - Il 2 febbraio nella cappella dell'Istituto Salesiano, celebrandosi la festa di San Francesco di Sales, aveva luogo l'annuale conferenza ai Cooperatori ed alle Cooperatrici Salesiane. Oltre i giovanotti dell'Istituto ed una rappresentanza dei due Oratorii Festivi erano accorse molte persone della città e della' vicina Calabria. S. E. R.ma Mons. Letterio D'Arrigo , nostro degnissimo Arcivescovo, presiedeva alla pia adunanza. Dopo il Vangelo della Messa solenne, saliva il pergamo il Rev.mo Sac. Vincenzo Lilla, prof. e preside della facoltà giuridica nella Regia Università. La sua parola improntata al più tenero affetto verso l'Opera di Don Bosco e sostenuta da una soda dottrina non venne meno all'aspettativa.
Esordì rilevando la differenza tra la virtù soprannaturale che Iddio fa risplendere nei suoi Santi e la virtù naturale che illustra i grandi uomini, la quale è pure una irradiazione divina, ma sbiadita. I Santi ascendono al cielo incoronati dell'aureola dell' immortalità, i grandi uomini sono celebrati nel Pantheon colla fronte cinta di gloria : gli eroi raggiungono l' immortalità del nome, i Santi l'immortalità eterna. La virtù soprannaturale è d'origine eccelsa. Non c'è semplice unione tra Dio e l'uomo, ma è Dio che colla sua onnipotenza si pone in luogo dell'uomo e lo converte in semplice istrumento della sua Volontà. L'Apostolo delle genti con eloquenza da superare i grandi oratori di Atene e di Roma, ritrae la sovrannaturalità della virtù dei Martiri cristiani e dice che essi turarono la bocca dei leoni, spensero la forza del fuoco, scamparono dai tagli delle spade....
Questa virtù sovrannaturale splende nei due eroi, che oggi si commemorano: S. Francesco di di Sales e D. Bosco, sotto la forma di carità. L'oratore delinea la figura del Salesio sotto il profilo che servì di modello a D. Bosco , del quale abbozzò appena la figura rilevando la sua grandezza dalle opere maravigliose apportate alla scuola, alla morale, all' educazione ed alle Missioni. Ritrasse ancora coll'autorità di S. Agostino la lotta fra la città di Dio e la città degli uomini , dove si vede l'antagonismo tra la libertà e la Provvidenza ; ma tutte le fasi della civiltà sono preordinate al trionfo della città celeste sulla terrena.
Pel trionfo della causa della Chiesa Iddio fa sorgere dei grandi genii tra i quali S. Benedetto, che incivilì i costumi feroci dei popoli; Vincenzo de' Paoli, che conservò incontaminato il carattere apostolico in tempi di fazioni politiche; Francesco d'Assisi, che in quel secolo sitibondo di ricchezze e piaceri mostrò col suo esempio quanto sia da preferirsi la santa e ricca povertà del Vangelo ; e Francesco di Sales, che è il modello più alto di tutte le virtù cristiane perchè rispecchiò sulla sua vita Colui che è la via, la verità e la vita ; egli vuotò il suo animo di ogni affetto terreno e lo riempì dell'infinito sentimento di Dio. La virtù della carità informò tutta la sua vita e lo sublimò fra tutti. D. Bosco attinse l' ispirazione a questo gran modello di perfezione cristiana, sul quale maturò anche le grandi e benefiche riforme nell'ordine religioso, morale ed intellettuale.
La scuola, la cultura odierna non è indirizzata al morale perfezionamento dell'uomo; tutto il male si dilaga dalla scuola, dai libri, dalla poesia, dai romanzi e fa ritornare la società a un paganesimo regressivo. L' Uomo di Dio pose in opera tutto il suo ingegno per contrapporre una diga, cioè una educazione intellettuale e religiosa, sana e benefica a queste corruzioni che trionfalmente avanzano come fiumana impetuosa. E già sorgono scuole, collegi, oratorii festivi, asili per i diseredati dalla fortuna e a tutti si spezza il pane dell'intelletto, la sana educazione morale e religiosa.
Tutte le Istituzioni Salesiane mirano a quest'unico scopo, a sanare le ferite che un insano indirizzo educativo aveva aperto nel cuore della società. In poco volgere di tempo sorgono quasi per incanto trecento istituti salesiani, che sono sparsi sulla faccia della terra.
Ma un vastissimo orizzonte si schiuse alla mente dì D. Bosco, cioè : liberare l' umanità dalla condizione più obbrobriosa, dalle tenebre dell'idolatria e dalla superstizione stupida, immonda e feroce. E in ogni parte del nostro pianeta, dovunque la voce di Dio li chiama, accorrono volentieri i figli di D. Bosco.
L'oratore rivolse quindi calde parole ai giovani confortandoli a custodire il patrimonio delle glorie patrie e a serbare incontaminato il candore dell'anima. Infine disse che la più bella gloria d'Italia è di avere innalzata la Cattedra del Maggior Piero là dove sorge la tomba degli Apostoli , e questa maggior gloria conferisce all' Italia il più vero, il più benefico primato nel mondo. Rivolse anche parole confortatrici ai Cooperatori ed alle Cooperatrici acciocche con speranza operosa e con alacre ingegno operassero tutti a combattere il vizio che audacemente cerca di togliere alla virtù lo scettro di regina e legislatrice del mondo.
Questo discorso, che merita veramente di esser stampato, lasciò in tutti la più grata impressione. All' esimio professore ed a tutte quelle persone che vollero onorare e aiutare l'Opera Salesiana, i nostri più vivi ringraziamenti.
CAGLIARI. - Per la prima volta i Cooperatori e le Cooperatrici poterono celebrare in una Chiesa propria la festa del loro celeste Patrono. Dico propria perchè l'Arciconfraternita d'Itria nella sua chiesa ha riservato nn altare ai Cooperatori Salesiani, dedicato a Maria Ausiliatrice. Il Direttore Teol. Mario Piu, alle 8, celebrò la Messa e dopo un discorso di circostanza distribuì la S. Comunione. Nella sera, innanzi a numerosissimo uditorio, tenne la conferenza prescritta il Decurione Rev. Teol. Efisio Argiolas. Parlò lungamente ed efficacemente sulla missione riserbata ai Cooperatori Salesiani e le sue parole non furono che l'eco fedele, di quell'affetto ardente che nutre per l'Opera provvidenziale di Don Bosco, come furono una prova della sua elevatezza d'ingegno. Ringraziamo di cuore il bravo conferenziere, il buon Cappellano di S. Antonio, D. Tommaso Contini, e la veneratissima Arciconfraternita d'Itria, con a capo il Cav. Prof. Gaetano Desogus, sempre larga di gentilezze e di aiuto per la nostra Pia Unione. Tre giovani nostri amici Ninnuccio Dettori, Carlo Pintor, Nicolino Granata raccolsero le offerte che raggiunsero una somma non indifferente, attesa la miseria della nostra Sardegna e le spese fatte per l'altare della Santissima Vergine Ausiliatrice.
LANUSEI (SARDEGNA). - La festa del nostroPatrono si celebrò nell'Istituto Salesiano il 31 gennaio. Ad accrescere la solennità, così scrive la Sardegna Cattolica, contribuì moltissimo la cara presenza di Mons. Giuseppe Paderi, Vescovo d'Ogliastra, che volle aggiungere anche questa alle tante prove di stima ed affetto pei buoni figli di D. Bosco. Egli volle celebrare la Messa della Comunione generale di tutti i giovani interni ed esterni; dopo la quale si degnò impartire la Cresima a dieci giovanetti. Alle 10 poi , coll' intervento dei Cooperatori e delle Cooperatrici salesiane, si ebbe una seconda Messa, per opera del nuovo vice parroco Rev. Teol. Pinna. Questi recitò pure il panegirico del Santo, tratteggiandone assai bene la vita e presentandolo ai giovani quale esempio d'umiltà e di purezza.
Alla sera nella chiesa parrocchiale, ove eransi radunati tutti i Cooperatori e le Cooperatrici salesiane, non che largo stuolo di popolo, il Direttore dell'Istituto Salesiano D. Matteo Ottonello,. alla presenza di Mons. Vescovo tenne una gagliarda ed efficacissima conferenza intorno all'influenza delle madri nell' educazione dei loro figliuoli. Questa conferenza fu tanto più interessante. pel sussidio storico da cui fu accompagnata; e riuscì commovente il sentire accanto a quello di tante nobili regine ed imperatrici che seppero educare dei Santi alla Chiesa e dei cittadini alla patria, il caro e venerato nome di Margherita Occhiena - alla quale certamente si deve se la Chiesa ebbe in D. Bosco una nuova gloria e la società un zelante ed efficace apostolo. Dopo la benedizione col SS., il buon Vescovo si degnò rivolgere un breve ma sentito discorso al popolo, rievocando la memoria dell' immortale D. Bosco ed esprimendo parole di ammirazione e di paterna benevolenza pei suoi degni figli, i Salesiani, che tanto bene fanno e più ancora ne faranno quando si allargherà il loro campo d'azione.
- Altre feste e conferenze si tennero pure a CHIERI, MODENA, MANTOVA, ALESSANDRIA, IESI, PIAZZA ARMERINA, ecc., ecc., delle quali però ci è impossibile parlare per mancanza di spazio.
TERRA DEL FUOCO
In cerca di indii nell'Arcipelago Magellanico. (Relazione di Mons. Giuseppe Fagnano.)
MOLTO REV. E CARISSIMO D. RUA,
Puntarenas, 27 ottobre 1900.
DOVETTI assentarmi, quattro mesi da Puntarenas e dalle Missioni per visitare S. E. Mons. Sabatucci, Internunzio a Buenos Aires ed anche per trattare delle Missioni di S. Croce, Gallegos, Candelaria ed Ushuia del Territorio Argentino; quindi non potei scriverle notizie particolari.
Appena arrivato da Buenos Aires diedi corso a tutte le lettere ammucchiate sul mio tavolino ed il giorno quattro di questo mese, noleggiato il vapore Ventura, partii per S. Raffaele alle 10 di notte. Al mattino ancorò il vapore alla punta Nord-Est dell'Isola Dawson, ove abbiamo la Casa del Buon Pastore, fermandosi due ore per darmi tempo a celebrare la Santa Messa, salutare i confratelli e vedere se avessero bisogno di qualche cosa. Alle sette e mezzo mi imbarcai di nuovo ed in due ore percorsi le dodici miglia, che è la distanza tra la Casa del Buon Pastore e quella di S. Raffaele.
M'aspettavano al molo D. Crema, D. Zenone, il Ch. Reinaud con tutti i ragazzi, le Suore colle indie e gli indii che si trovavano peI momento a casa. Dopo tutti i saluti mi ritirai ad ascoltare i confratelli e confortarli nelle loro pene. A mezzo giorno mi rallegrai al vedere tutti gli indii ritornare dal lavoro, passare avanti alla casa, ricevere il pane guadagnato col sudore della fronte e ritirarsi nelle loro casette aspettati dalle loro donne e dai figli. Provai un po' di pena nel sentire la notizia della morte di alcuni, causa la polmonite che li attacca inesorabilmente sia nella Missione, sia nei boschi ed alle rive del mare. È un vero bisogno la permanenza d'un medico nelle Missioni munito di rimedii e specialmente di olio di merluzzo, l'unico ricostituente della loro debole complessione.
Mi stava a cuore dare una Missione nei canali dell'Arcipelago tanto più che in febbraio p. p. per mancanza di carbone il vapore non aveva potuto percorrere alcuni canali e quindi aveva lasciato di toccare alcuni punti.
Perciò disposi che questo vapore ritornasse fra otto giorni ben provvisto di carbone e di viveri mentre io avrei preparato a S. Raffaele roba, coperte e guide. Nel frattempo diedi un ritiro ai nostri confratelli per l'esercizio della Buona Morte, visitai tutti i lavori, visitai a cavallo la Casa del Buon Pastore, che mi consolò con buone notizie dei confratelli, delle Suore, delle ragazze.
Arrivato il vapore mi imbarcai col confratello Asvini e quattro indii pratici dei canali, della lingua Alacaluf e conoscenti degli indii, e partimmo percorrendo lo Stretto di Magellano pernottando in una piccola baia. Si evitò una rocca nella quale incagliò anni sono il vapore Canton carico di rotaie, che trasportava a Valparaiso.
Di buon mattino salpammo e, lasciando alla diritta il Porto Gallant, ci dirigemmo al Canale Barbara, ove sperava incontrare indii. Favoriti dalla gran corrente arrivammo alle dieci ad un'isola occupata dalla gente del signor Comm. Daniel Cruz Ramirez e vedendo un po' di fumo in un punto gettammo l'ancora nel Porto Aurora. Il Signore ci aveva guidati, perchè subito sbucarono alcuni indii da un toldo ed i nostri gridando si fecero intendere che avevano viveri e roba da distribuire loro. Feci scendere a terra gli indii col confratello Asvini. Questi incontrarono tredici indii dei quali solo tre o quattro erano coperti ed avendoli invitati a venire alla Missione di S. Raffaele, con piacere accettarono. Il signor Villegas, agente del signor Ramirez, non solo non pose ostacolo, ma li animò a venire dicendo loro che colà sarebbero stati molto meglio e tranquilli colle loro famiglie.
Tra questi un indio ci fece intendere che aveva perduta la sua donna e m'accorsi bene che doveva essere così, perchè aveva con sè una creaturina di tredici mesi, che continuamente piangeva. Il confratello Asvini aveva tra le provvigioni messo una bottiglia di latte e questa fu la provvidenza di quella bambina. Ringraziando il signor Villegas della carità usata a quegli indii e lasciato a lui alcune provvigioni che mancavangli, rifacemmo il canale Barbara e andammo in cerca del Porto Tilly, situato nello Stretto di Magellano nell'Isolotto Carlo III, occupato pure da un signore. Arrivammo verso sera e si gettò l'àncora.
Sbarcato il confratello Asvini con due indii, il pilota ed un marinaio, si diressero ai tre abitanti della casa, dissero il motivo del loro arrivo e dimandarono se colà vi fossero indii. - No, rispose in inglese l'Incaricato, noi non abbiamo indii. Vennero a bordo a darmi questa notizia, mentre io col canocchiale guardava intorno fin sopra la collina che faceva corona a quel Porto. Tutti noi eravamo persuasi colà esservi indii. Sbarcai io sotto una pioggia dirotta e presentandomi all'Incaricato dissi che desiderava partire presto di buon mattino appena la luce permettesse di vedere la costa e che se avevano lettere da portare a Puntarenas, le avrei portate con piacere e insisteva lasciassero venire gli indii o le indie perché desiderava parlare loro.
Aveva portato con me l'indio, che aveva perduto la donna e dissi: - Quest'indio mi dice che ha perduta la moglie e che forse si trova qui : se ciò fosse vi prego di lasciarla andare col marito. L'Agente della casa mi disse che là non v'erano indii nè indie e che poteva registrare tutta la casa. Gli risposi che io non era la Polizia per registrare la casa, ma che le due vesti appese dietro la porta indicavano esservi indie e che io partiva col rincrescimento di sapere che non davano buon esempio agli indii.
Mentre succedeva questo entro la casa, aveva disposto che due indii, Samuele ed Emmanuele, corressero il bosco circostante in cerca degli indii ed uno stesse sulla spiaggia in un punto, per indicare il luogo dove riunirsi e dove la barchetta andrebbe a prenderli. Se trovavano indii o indie dicessero loro che li aspettava a bordo per parlare loro ed anche per portarli alla Missione se volevano venire. Il colpo mi pareva sicuro, perche alla spiaggia aveva veduto una canoa o piroga con remi da indio, e quindi andando a bordo stavamo in attesa di qualche segnale. L'indio Samuele con occhio di lince e colla pratica aveva incontrati due indii e due indie, delle quali una conosciuta già nella Missione, e riuniti con Emmanuele discesero dalla montagna alla spiaggia nel luogo ove l'attendeva il terzo indio. Al segnale convenuto si staccò la barchetta del vaporino e, silenziosamente navigando, s'avvicinò alla spiaggia. Gli indii saltarono sulla barchetta e forse non tanto adagio da non svegliare i due cani da guardia che abbaiarono. Le due donne sentendo questo e nello stesso tempo vedendo aprire la porta della casa, che distava circa cento metri si gettarono nell'acqua per raggiungere la barchetta che non poteva avvicinarsi tanto alla spiaggia e furono tirate su dai nostri indii, che erano fuori di sè per averla fatta al cattivo cristiano, come dicevano poi. Arrivarono a bordo allegri e contenti , ma senza pronunziare una parola, perchè temevano qualche brutto tiro.
Calati nella stiva si vestirono le due donne, si cambiarono anche gli uomini, tutti inzuppati d'acqua piovana e di mare. Si diede loro un po' di caffè, un po' di carne arrostita con pane e avviluppati nelle nostre buone coperte di lana tessute nella Missione si addormentarono.
Alle quattro e mezzo il vapore salpava e si dirigeva al Nord correndo il canale Gabriele. Alle sette gli indii alzatisi indicavano dove eravi un toldo con un buon gruppo di esseri umani. Erano quindici tra uomini, donne, e specialmente fanciulli, nudi e magri che facevano pietà.
Avvicinatosi il vapore gettò l'àncora e subito la barchetta all'acqua. All'avvicinarsi della barchetta alcuni ragazzi cercarono di nascondersi, ma l'indio Samuele con aria di capitano gridò lac, fermatevi, e nella sua lingua disse loro che non avessero paura, che eravamo tutti buoni e che avevamo carne da mangiare ecc. Come per arte magica si, fermarono e rientrarono nel toldo e solo gli uomini aspettavano fuori i nuovi arrivati. In un momento si decisero a venire e cominciarono a correre alla barchetta portando le loro pelli ed i cani. Non le dico che piacere provai io stesso vedendo così accorrere alle nostre Missioni questi poveri selvaggi che paiono destinati a soccombere vittima della corruzione e poca carità dei civilizzati.
Il povero indio ritrovò qui la moglie ; una delle donne riebbe suo figlo e l'indio Samuele ebbe dal Signore il premio di ritrovare sua madre, che piangendo abbracciò. Ripartimmo dopo due ore di sosta ed il giorno seguente essendo bel tempo giungemmo alla Missione alle sette e mezzo in punto.
Al fischio del vapore accorse al molo tutta la popolazione di S. Raffaele ed era bello il vedere tutti gli indii ripartirsi le famiglie e ciascuna voler ritirare un amico, un conoscente in casa, e quando andavano le donne a cercare il necessario pei pranzo manifestare: io tengo dite di più, io tre, e quindi tutto aggiustarsi con facilità. S. Raffaele, di cui si faceva la novena, mi aveva accompagnato e ci aveva fatto trovare le anime che cercavamo.
È vero che il demonio tentò di spaventarmi, ma non gliela diedi vinta. Durante la mia visita ai lavori dell'Isola passando un fiumicello, il cui letto era formato da una sola pietra lìscia lavata continuamente la superficie di uno spessore di cinque centimetri d'acqua, il mio cavallo sdrucciolò ed io facendomi al lato sinistro poggiai male il piede sinistro, scivolai e mi sforzai il piede. Mi alzai con un poco di sforzo, e rimontai il cavallo. Dovetti rimanere immobile due giorni ed arrivato il vapore mi consigliavano a rimandare questa missione quando fossi guarito perfettamente; ma non mi arresi e zoppicando andai lo stesso e ne fui pagato bene da nostro Signore, alla cui gloria lavoriamo.
Che le dirò adesso? Il nostro caro Prefetto Generale D. Belmonte, al quale ho chiesto ultimamente maggiori soccorsi di quelli che ordinariamente m'invia per quest'opera, mi scrive che di più non può fare e che per ora era disposto a regalarmi un milione di debiti; quindi mi chiude la bocca nell'insistere sopra la necessità di ampliare questa Missione e quella della Candelaria. Mi par sempre di sentirmi dire : Tu mi fai andar gobbo colle Missioni e le dirò francamente che non oserei più chiamare se la necessità di salvare presto queste anime e la carità di nostro Signore non mi stimolasse continuamente; ed io mi lascio vincere a far questo appoggiato alla Provvidenza ed alla carità dei nostri Cooperatori.
Mi perdoni se raccomando queste Missioni alle sue preghiere, alle preghiere dei confratelli, alla carità dei Cooperatori e specialmente se la incommodo colle mie insistenze.
Riceva i saluti di tutti i confratelli ed un bacio alla sua mano da parte del suo
Aff.mo figlio e confratello Mons. FAGNANO GIUSEPPE Prefetto Apostolico.
EQUATORE Dall'esilio alla patria.
(Relazione di D. Guido Rocca *)
Un incidente. - Messa da Francescano. - Felice incontro di un ottimo Cooperatore e la Divina Provvidenza-La popolazione di Chimbo - Un momento di paura - Chaguarpata.
Il mio cuore nel giungere a Guayaquil, trovavasi occupato da diverse impressioni : da una parte sommamente godeva calcando un'altra volta la terra di Garcia Moreno, terra che era stata il mio primo campo di lavoro dopo il noviziato, terra molto più cara, quanto più in essa avevamo sofferto io ed i miei compagni per la causa di Dio ; d'altra parte m'impressionavano altresì seri timori. È vero che i miei baffi, la barba, il vestito e il fare secolaresco mi nascondevano ai nemici, ma non poteva accadere che fossi riconosciuto f Tuttavia, confidando nella potenza e bontà di Maria, mi feci animo e con tutta franchezza toccai terra e m'indirizzai ad un albergo per dispormi poi al viaggio verso l'interno. Bisognava che io andassi per le vie di Guayaquil e questo non era senza pericoli, perchè in quella città vi era buon numero di antichi nostri alunni. Mentre infatti camminava tranquillamente per una via, d'improvviso sentii gridarmi dietro : Padre, Padre ! Io ed il mio compagno seguitammo il cammino, affrettando il passo, ma udimmo per una seconda volta dietro di noi le parole Padre, Padre! Per evitare inconvenienti, prendemmo un'altra via, ma fatti appena pochi passi, un individuo si pianta dinanzi a me e prendendomi pel braccio mi dice: - Non mi conosce, Padre:? Buon giorno, Padre: quale miracolo per queste parti? - Era uno degli antichi nostri novizi, il quale era stato meco in Sangolquì. - Si, ti conosco, gli risposi, ma non chiamarmi Padre; usa prudenza e taci. - Quindi ci separammo e ritornai all'albergo.
Erano vari giorni che non celebrava il Santo Sacrificio, ed era vivissimo il mio desiderio di dire la S. Messa. Che fare? A questo fine e per ricordare i giorni che nel convento dei RR. PP. Francescani avevamo passato nell'epoca del nostro esilio, mi recai a visitarli. M'incontrai col P. Torras, il medesimo che tradusse in spagnuolo l'opera dell'Espiney sul nostro venerato Padre Don Bosco. Manifestatogli tutto, il buon Superiore ci prodigò gentilezze e si convenne che saremmo andati a dormire nel Convento. La sera la passammo nell'ottima compagnia di quei RR. PP., ed ottenni, ciò che più importava, di celebrare la Santa Messa vestendomi dell'abito francescano. Sommamente riconoscente a quei Religiosi lasciammo, il giorno 9, il Convento e la città di Guayaquil per andare sulla ferrovia di Chimbo. Nel prendere posto in treno, ci trovammo di fronte ad un ottimo signore, col quale tosto intavolammo la conversazione. Era un fervente Cooperatore Salesiano ed ammiratore delle Opere di Don Bosco, e di ciò presto ci accorgemmo . allorchè si lasciò andare la conversazione sui laboratori salesiani di Riobamba e di Quito. Naturalmente io manteneva il mio incognito e fingeva di udire con indifferenza la sua conversazione. Ma il mio cuore si riempiva di giubilo all'udire lodare l'amata nostra Società, e parevami di riconoscere in quel signore uno strumento della Divina Provvidenza pel nostro viaggio all'interno. Con tutto ciò io temeva di farmi conoscere.
Titubando tra il si ed il no giungemmo a Chimbo e bisognava prendere una risoluzione: o manifestarmi e mettere a rischio la mia sorte, o serbarmi sconosciuto e andare incontro a non piccole difficoltà. Il cuore tuttavia dicevami che quegli dovea essere un galantuomo, per cui, chiamandolo a parte, gli dissi: - Signore, la sua bontà, la sua conversazione entusiastica per l'Opera Salesiana m'ha inspirato molta confidenza; posso io manifestarle un secreto come a Cooperatore Salesiano, come ad amico ? - Mi guardò sorpreso quel signore e quasi indovinando quello che voleva dirgli mi rispose : - Mi parli con tutta confidenza, chè sono pronto a servirla in tutto ciò che posso...- Or bene, replicai io, sappia che sono sacerdote salesiano; le circostanze attuali mi obbligano a nascondere sotto questi vestiti la mia qualità ed il mio carattere ; viaggio col mio compagno per Riobamba ed ho bisogno che Lei, giunti a Chimbo, m'aiuti a trovare cavalcature per continuare il mio viaggio. - Ben volentieri, rispose quel signore, e ringraziandola della confidenza che Lei m'ha fatto, io Le troverò tutto affinche venga meco nella mia tenuta e di là seguiti il suo viaggio per Riobamba.
Quell'angelo della Provvidenza, era il sig. Enrico Coronel, distinta persona di Riobamba ed amico sincero dei Salesiani. Sia ringraziato una volta di più nelle colonne di questo periodico che giungerà nelle sue mani, e sappia che i Salesiani di Quito gli serberanno eterna gratitudine. Affinché Lei, amato Padre, comprenda tutta l'importanza dei servigi del sig. Enrico ed insieme la grandezza della bontà e misericordia divina che visibilmente ci proteggeva durante il nostro viaggio, deve sapere che Chimbo è una popolazione del tutto isolata, situata in un luogo malsano, con pochi abitanti, senza sacerdote, senza chiesa quindi direi senza religione; occupati, i pochi, che si trovano, al servizio della linea ferroviaria ed al meschino commercio cui dà occasione il passaggio del viaggiatore. L'importanza della ferrovia tra Chimbo e Duràn non si deduce dall'unione di queste due popolazioni, ma dalla comunicazione col porto delle molte importantissime industrie, ossia fabbriche e raffinerie di zucchero esistenti in tutte le valli che si estendono fra le due popolazioni. È facile perciò capire che quei poveri abitanti, abbandonati a sè stessi, non possono essere molto buoni, nè servizievoli, ed a ciò s'aggiunga che rare volte si trovano cavalli in affitto o a prestito, tanto che il povero viaggiatore sovente si vede obbligato a rimanere lunghi giorni in quella popolazione inospitale facendo inutili spese. Questo forse sarebbe accaduto a noi, oltre il rischio di venire scoperti se non fosse avvenuto l'incontro provvidenziale del sig. Coronel.
Infatti giunti a Chimbo dopo otto lunghe ore di viaggio, non trovammo cavalcature. Ma siccome la tenuta del nostro amico distava poche ore, erano arrivati alcuni cavalli per condurlo alla sua casa la sera stessa. L'ottimo Cooperatore allora combinò col conducente della sua tenuta il viaggio per Riobamba e prestandoci pel momento i tre cavalli di cui avevamo bisogno partimmo con lui verso casa sua.
La strada serpeggiava in mezzo a boschi secolari, or calando per rapide discese, ora montando per altezze scoscese : da ogni lato si elevavano alberi giganteschi che scossi dal vento producevano strani rumori. Che immensità di foreste vergini si stende ancora in questo Equatore, paese privilegiato per l'esuberante sua natura, paese sommamente ricco e produttivo, ma infruttuoso per mancanza di comunicazioni e di energia ne' suoi abitanti ! Già era notte, e l'oscurità del bosco, il mormorio del fiume che con vertiginosa corsa precipitavasi nel fondo d'un profondo burrone, lo schiamazzo delle scimmie e degli uccelli notturni che popolano queste selve, tutto concorreva ad infondere negli animi nostri non so quali sentimenti di timore ed al tempo stesso d'ammirazione.
Come suol avvenire in somiglianti circostanze noi camminavamo silenziosi, quasi assorti in una profonda meditazione, e così dopo una marcia di tre buone ore giungemmo alla tenuta del nostro amico denominata Chaguarpacta. Affinchè sia completa questa relazione racconterò un incidente che fu causa di qualche timore. Veniva con noi un servo dell'ottimo nostro Cooperatore, e dopo una buona metà del viaggio questi si fermò in una casa che incontrammo lungo il cammino, per visitarvi alcuni amici; e ci disse di seguitare il viaggio col servitore. Andammo dunque innanzi e ci eravamo già allontanati un buon tratto, allorchè d'improvviso il servo ci dice, - Si fermino qui loro, ed io rifaccio il cammino per sapere qualche cosa del mio padrone. Il poveraccio aveva tracannato alcuni bicchieri più del convenevole, vizio quasi incurabile tra questa gente, in questi paesi. Ci opponemmo alla sua proposta, ma egli fermo - Non posso abbandonare il mio padrone, ripetevaci; qui vi sono molti pericoli, sia per parte degli animali, come per parte di ladroni che talvolta approfittano dell'oscurità della notte e del folto dei boschi; bisogna che io vada a vedere il mio padrone. - Noi al contrario non consentimmo che se ne ritornasse, pel motivo stesso che presentavansi maggiori pericoli per noi i quali saremmo rimasti senza aiuto ed esposti a perderci tra il folto delle pianto con tanta oscurità e senza guida. Persistendo l'individuo nel voler tornare indietro, dal canto nostro ci disponevamo a seguirlo piuttosto che fermarci, allorquando scorgemmo prossimo a raggiungerci il nostro buon amico. Respirammo di soddisfazione e seguitammo il viaggio senza nessun altro incidente.
Arrivati alla tenuta, il signor Coronel si mise con tutta sollecitudine a prepararci la cena come potevasi fare in luoghi abbandonati e lontanissimi da ogni popolazione. Recitate quindi le nostre orazioni di regola e le particolari divozioni che ci eravamo imposte per ogni dì sino al termine del nostro viaggio, ci disponemmo al riposo.
(Continua.)
IN FASCIO
Territorio del Chubut (PATAGoNIA). - Progressi della Missione di Rawson e buon esempio dei soldati. - Il confratello Giacomuzzi Fortunato manda, in data 15 luglio 1900, queste belle notizie.
« Tornati l'otto maggio sul campo del lavoro, trovammo pressoche sterile la Missione di Rawson talchè alla fine del mese le SS. Comunioni erano solo undici, ed appena dieci i giovani che assistevano all'Oratorio Festivo. S 'incominciò il lavoro con ripristinare il culto del S. Cuore: il Direttore riannodò la compagnia di questo titolo, fissò le conferenze e solennizzò il primo venerdì del mese. Si cercarono d'altra parte attrattive pei giovanetti e questi accorsero ; ed i risultati di questi piccoli sforzi furono, alla fine di giugno, sessantasette Comunioni e cento cinquanta cinque assistenze all'Oratorio Festivo.
» Frattanto si lavorava ancor più in riabilitare quel pezzetto di casa che l'acque del luglio passato ci lasciarono: di qui si toglieva, di là si puliva ed ordinava, finche potemmo far posto sufficente per vivere in quattro. Un lavoro si succedeva all'altro, ed io taccio, per brevità , della parete che si fece per chiudere il cortile destinato alle Suore di Maria Ausiliatrice; e taccio pure del tavolato con cui si divise in due parti la Chiesa, vecchia sì, ma non per anco finita, affinchè l'una parte restasse veramente Chiesa, e si riducesse l'altra parte a casa o Collegio Salesiano. Sì dirò che aggiustata la Chiesa, s'inaugurò il giorno del S. Cuore con la consacrazione della Missione a questo Cuore Divino e coll'Adorazione del Santissimo durante il dì. Molte altre cose intime dovrei aggiungere, ma per esser breve accennerò solo alle varie Missioni che diede il Direttore in Trelew, in Gaiman ed in Porto Madryn.
Nessuno ignora che il Chubut è una colonia Galense, gente protestante, che tiene più di dodici chiese in Gaiman, in Trelew (loro centri principali) e nella valle, frequentate da sétte di Anglicani, Presbiteriani, Battisti e d'altri. Noi cattolici, non abbiamo in questi luoghi nemmeno una stanzetta per farvi un altare. Risolse quindi il Direttore di andare ogni quindici giorni in Trelew, ed una volta al mese in Gaiman ed in Porto Madryn per celebrarvi la S. Messa in casa di qualche cattolico ed amministrare eziandio i Sacramenti. A tal fine si porta il necessario pel culto da Rawson. La gente vede di buon occhio il Direttore, l'ascolta, e ne risulta un gran bene. Infatti il 25 maggio in Trelew vi furono otto Comunioni di uomini, cinque si distribuirono in Gaiman l'undici giugno, ed il ventiquattro giugno, tra Trelew, Gaiman e Porto Madryn, se ne contarono diciotto, delle quali, due o tre erano prime Comunioni. Non parlo dei molti battesimi, nè dei due matrimoni che in dette missioni si celebrarono. Chiamo bensì l'attenzione su d'un fatto che non potranno per certo vantare le belle Chiese d'Italia.
» Trelew è provvisoriamente la sede del Governatore e delle principali autorità di questo Territorio, autorità che passeranno presto a Rawson, capitale definitiva. Avvi pure in Trelew il Battaglione 6° di fanteria col loro cappellano. Orbene, tutte le volte che l'infaticabile nostro Direttore va in missione, l'Ill.mo Governatore Alessandro A. Conessa gli offre la sua carrozza ed un vigilante che la guidi; gli offre una stanza grande per dirvi la S. Messa ed un'altra per abitarvi, e s'intrattiene famigliarmente con lui. Il Comandante del Battaglione, Tenente Colonello Zeballos, usa pure assai amichevolmente col nostro Missionario, come pure gli altri ufficiali e tutte le autorità. I soldati, guidati dal sullodato Tenente Colonello, assistono in corpo tutte le volte che in Trelew si celebra la S. Messa, ed a suo tempo, ubbidendo ad ordini del loro comandante, s'inginocchiano (senza romper fila), si tolgono il chepì ed all'Elevazione presentano le armi: e tuttociò secondo la legislazione militare di questa Repubblica. Nessuna poi delle autorità manca alla Messa. I protestanti osservano ed ammirano. Altre cose avrei a dire, come per esempio della prossima missione che D. Carrena darà sulle Cordigliere, dove gli indigeni l'aspettano ansiosamente, e d'altre missioni che si vogliono dare quanto prima verso il Nord ed al Sud verso Camarones ed il Lago Muster, ma le riserbo per un'altra volta.
» Faccia pregare, amatissimo Padre, perchè non ci vengano meno i mezzi necessarii a proseguire in sì utili imprese; perchè i protestanti aprano gli occhi alla vera fede e lascino una buona volta i loro comodi errori, e finalmente perchè ci sia dato d'innalzare una cappelletta cattolica in ciascuno dei sopra nominati centri protestanti, al qual fine si lavora onde ottenere aiuti ed elemosine. »
- Inondazione materiale e spirituale colle relative riparazioni. - Lo stesso confratello manda, in data 18 ottobre scorso, quest'altre notizie: « Nel Chubut, si va avanti, facendo ciò che si può, giacchè la gente, in quanto a religione, oltre all'essere ignorantissima, è altresì indifferente tutto ciò che si può dire, benche non propriamente cattiva. Ci rispettano, non ci insulta nessuno, ma sparlano, non vengono alla Chiesa, non vogliono saperne di Sacramenti... E dire che non fu sempre così, anzi, se osservo il registro delle SS. Comunioni trovo che nell'anno 1896 se ne distribuirono 1249 e 171 nel solo mese d'agosto; nel 1897 poi giunsero a 2021 e 300 persone comunicaronsi nel mese del Sacro Cuor di Gesù; nel 1898 se ne contarono 2058; 255 in giugno, restando di poco inferiore a quello dell'anno precedente. Fu l'acqua dell'innondazione che illanguidì la pietà, l'acqua della trascuranza, dell'abbandono, della discordia ecc.: laonde quest'anno, il mese più ubertoso di Comunioni, quale fu il mese del S. Cuore, ne teneva registrate appena 68; negli altri mesi poi non giungevano nemmeno a venticinque, eccettuato il corrente ottobre, che, ieri (17) ne contava 29.
» Anche l'Oratorio Festivo, a volte quasi nullo, soffre le stesse fasi. Degli anni anteriori non trovai cenno alcuno; so però che si tenne, e non mica privo di giovani. Quest'anno ebbe 42 assistenze in maggio, 155 in giugno, 93 in luglio, 61 in agosto e 136 in settembre. Parmi che, sia le Comunioni, sia l'Oratorio Festivo accennino ora ad un progresso definitivo, dovuto in gran parte al lavoro ed alle preghiere delle Suore di Maria Ausiliatrice, arrivate tra noi un mese fa. Il loro Oratorio Festivo fu tosto numerosissimo e per poco non riempono la chiesa esse solo.
» Il Direttore poi, D. Mario L. Migone, benche di poca salute, ogni quindici giorni, letta la prima Messa qui, alle sette, fa, digiuno, tre lunghe leghe di cammino per celebrare quella delle dieci in Trelew, assistito da pochi fedeli e dal Battaglione in corpo : torna poi a Rawson per le 17 col fine di dar la Benedizione col Santissimo. Va inoltre ogni mese in missione a Gaiman ed in Porto Madryn, e là dice Messa, battezza, distribuisce Comunioni, catechizza fanciulli , benedice matrimoni ecc.: ciò in giorni feriali.
» Don Nicolò Carrena fa lo stesso, percorrendo in ampio giro tutto il Chubut. Fu dapprima a visitare le popolazioni che stanno direttamente al Sud Capo Raso , Camarones , Malaspina, fino a Rada Tilly che segna il limite con Santa Cruz; taglierà ora verso i laghi Muster o Colhué, visiterà la popolazione di Capri e passando per la riva del fiume Seugher arriverà al lago Fontana e si troverà con ciò fra i selvaggi Thehuelches. Genova, Teca e Colonia saranno i centri dove maggior tempo si fermerà, non lasciando San Martino, Carren, Lenfú, Lepa, Fofocahué e Fitatamen sino a giungere al Limay. Di là, tagliando all'Est, visiterà gli indii del Nord del Chubut passando per Castro, Telthen, Quelé-Curà, Aguada Pichalao e la Penisola Valdese o di S. Giuseppe. Da quest'ultimo posto, volgendosi al Sud tornerà a Rawson, e ciò fra sei o sette mesi. Il bene che ci proponiamo e speriamo ottenere è grande assai ; ma nullo, se non saranno benedette da Dio le nostre fatiche per le orazioni della S. V. R.ma e dei confratelli e Cooperatori tutti. »
Salva per intercessione di Maria.
Oh ! quanto è buona Maria! Da sette anni io era tribolata da un grosso tumore che rendeva assai miseranda la mia vita.
Da valenti medici era stata più volte esortata a tentare un'operazione chirurgica per liberarmi da quell'interno nemico; ma io sentiva una terribile ed invincibile ripugnanza, ed era contenta morire piuttosto che sottopormi ad essa. Intanto io declinava velocemente verso la tomba; i miei giorni erano ormai contati.
Implorai allora con più vive preghiere l'aiuto di Dio, e ricorsi con fiducìa, particolare alla Madre delle divine grazie, a Colei che è l'aiuto dei Cristiani e la salute degli infermi, interponendo anche l'intercessione di S. Giuseppe. Sull'istante mi trovai piena di coraggio e di ferma speranza nel Cuore dolcissimo di Maria. Mi recai a Zurigo, nel celebre Ospedale Teodosiano, diretto dalle benemerite Suore di Ingenbohl, e là mi sottoposi all'operazione chirurgica non una, ma due volte... e Maria SS. guidava la mano dei chirurghe, ed il ferro penetrava sicuro nelle mie carni e ne asportava l'orribile tumore che era la causa de' miei mali... Ed ora sia benedetta per sempre la Vergine Santa, e mi conceda di passar bene quella vita che Lei m'ha ridonata ! Aveva promesso di far noto a tutti la potenza e la bontà di Maria se otteneva la guarigione, ed ora adempio, con animo riconoscente, la mia promessa, esortando tutti a ricorrere a Lei in ogni loro bisogno, chè come ha esaudito me, cosi esaudirà anche loro.
Lugaggia, 13 gennaio 1901.
TEODOLINDA BRILLI.
Guarito da tifo addominale.
Da circa due mesi mi trovavo a Frascati in qualità di Direttore del Collegio Salesiano. Da principio pareva che l'aria pura e balsamica di quei colli giovasse assai alla mia salute, quando, non so come, cominciai a sentire un malessere, di cui non sapevo darmi ragione. Credendo si trattasse di cosa passeggiera, non ne feci gran caso, ma ben presto dovetti chiamare il medico, il quale trovandomi preso da febbre mi obbligò a tenere il letto. In pochi giorni la febbre crebbe gagliardamente ed il medico disse trattarsi di tifo addominale. Il nostro Ispettore D. Giovanni Marenco, saputa la gravità del mio stato, mi fece trasportare a Roma perchè vi fossi meglio curato. Ebbi a medico curante dott. Lapponi (il medico privato del Papa), a cui, dopo Dio e la Vergine SSma. sono debitore della mia guarigione per le grandi ed amorose cure che ebbe di me. Nonostante queste però il male andava sempre peggiorando. Allora io, vedendo che poco o nulla poteva sperare dai rimedii umani, mi rivolsi a Maria Ausiliatrice, ed incominciai una novena nella forma prescritta dal nostro caro Padre D. Bosco, per ottenere la guarigione, se questa fosse stata secondo la volontà di Dio. Ma il male non accennava a migliorare, per il che domandai di ricevere i S.S. Sacramenti, ed appunto il giorno di Natale mi fu amministrata la S. Comunione per viatico. Da quel giorno cominciai a sentirmi notevolmente meglio si che finita la novena, la febbre era scomparsa. Tuttavia non potei lasciare il letto che una quindicina di giorni dopo. Ora mi trovo si può dire perfettamente guarito, e quantunque i miei superiori per precauzione non mi permettano per ora occupazione di sorta, non risento più nulla della passata malattia. Ne siano rese grazie vivissimo a Maria Ausiliatrice che non abbandona mai chi in lei confida.
Roma, 21 febbraio 1901.
Sac. LUIGI BRUNELLL
Ottennero pure grazie da Maria SS. Ausiliatrice, e pieni di riconoscenza inviarono offerte al suo Santuario di Torino, o per la celebrazione di S. Messe di ringraziamento, o per le Missioni Salesiane, o per le altre Opere di D. Bosco, i seguenti:
A*) - Agliano d'Asti: Aluffi Maria L. 5 per grazia - Albenga : R., 10. - Alessandria : Guerci Erminia per esser stata guarita da ostinata tosse: Volpini Rosina - Alice Castello: Massara Francesca 3.-Aosta Bovio Stefano, 5 - Antronapiana (Novara): Foglietti Pietro, 5 - Apparizione (Genova) : Lasagna D. Michele 20 per promessa fatta a Maria Ausiliatrice. - Arco (Trento) : E. C. I. R. U. P. 20,60 a nome di pia persona. - Asti: Camerino Cristina,5: Bolle Anna, 5 - Altavilla Monferrato : Panizza Albino, 5.
B)-Babano (Torino) : Oddino iuseppina, 10 di cui 5 da parte di B. F. per grazia. - Bagolino (Brescia): Bazzane Bernardo, 5 per grazia. - Isuardi Giovanni, 10 per grazia. -Bellinzago : Rossi A., 5 per aver avuto una sua bimba guarita da mal d'occhi -Benevagienna: Dotta Margherita, 2 - Bologna: Sac. Giovanni Vivarelli, 7,50 per le Missioni Salesiane per grazia. - Bozzole : Rota Maria, 5 per Messa di grazie. - Brescia ; Mainetti-Pallavicini Doralice. - Bra : Pavesio Panero. - Bronte (Catania): Rizzo D. Vincenzo, 5 per grazia.
C) - Cairo Montenotte : Mellogno Luigi, 6 a nome di pia persona graziata. - Carmagnola : Abrate Giovanni, 10 per Messe di ringraziamento. - Caselle P. Moretto per esser stata guarita dal mal nervoso. - Cavaglio d'Agogna: Mandelli Maddalena, 5: Castaldi Lucia n. Mora, 2 per Messa di grazie.- Cavallino : Don Giuseppe Casimiro, Parroco ringrazia con offerta per la guarigione d'un suo Parrocchiano. - Cherasco Alessandria Sebastiano, ringrazia perchè essendo spedito dai medici, fu miracolosamente guarito. - Chiolo Chirello : Teresa Abbate, 5 per grazia. - Cisano (Genova): Divizia Vincenzo, 5 per grazia. - Cittadella (Padova) : Zuliani Luigi, 3 per grazia. - Condove (Torino) : Maffiodo Benigna, 5 per grazia. - Cordovado Olga Bonan, 5 con Messa. - Cessato : Rinaldi Ambrogio, 4,75 per grazia. - Cremosano : Agostino Cavallanti, 20 per la ottenuta guarigione della moglie. - Cuneo: Sorelle Botta, 10 : Vezzetti Luca, 2 : Abate Carolina 2.
D) - Dogliani: Gandolfi Carolina. - Dronero Savio Antonio, 5.
F) - Finero : Persone divote, 5 per grazia. - Formio (Parma): Castellotti d'Achille, 25 per grazia.
G) - Genova : Ramorino M. Luigia, 5 con Messa di ringraziamento : Testa Giuseppe per l'ottenuta guarigione di sua moglie: Anna Scoli, 10, per grazia spirituale. - Grancona (Vicenza) : N. N., 5 per grazia. - Gravago (Piacenza): Franchi Don Luigi, Parroco, 5 per Messa di ringraziamento.
L) - Lacchiarella (Milano) : Origgi Don Giuseppe, 20 in adempimento di promessa fatta.
M) - Maderno (Brescia): Sette-Cantoni Antonia, 7 di cui duo per altra persona puro graziata. - Merlengo (Treviso): D. Edoardo Lanzerini, 15 quale prima offerta della Parrocchia per la preservazione dalla. grandine nell'anno decorso. - Merlino Paullo Lodigiano : P. Granata G. B., Parroco, 5,50 con Messa a nome di pia famiglia graziata. - Monastir : Cano Efisio, 2 per Messa. - Montemagno: Ferraro Natale fu Francesco, 10 per l'ottenuta guarigione. - Montorso (Vicenza): Pagani Amalia 5 per Messa.
N) - Nivastro (Catanzaro): Bar. Nicotera Annina. Novara: S. Colombaro, 4 per grazia: Cuneo Olimpia. - Negrar (Verona) : N. N., 2 per grazia.
P) - Palasone: Guidetti Maria, i per le Missioni in ringraziamento di favori. - Parma: N. N. , 5: Mazzieri Aurora, 10 : D. C. con due paia di orecchini: Teresa Negri : Sala Adelina, 10 tutti per grazia. - Pavia : Assum Anna, 5 per ottenuta gnarigioue della sorella. - Piano di Sorrento (Napoli): D. Marasca Michele, Parroco 30 per le Opere Salesiane. - Pino Torinese : Ferrero Giovanni. - Prato di Toscana : - Ccccatelli Iginia, 3 per grazia.
R) - Rada (Como): Sac. Giuseppe Bonanoni Coadiutore, fa celebrare una Messa per l'ottenuta guarigione del Parroco da gravissima polmonite. - Rancio Valcuvia (Como): Peregalli Margherita, 10 per esser stata guàrita da pericolosa nefrite e bronco-polmonite - Roma : Lepri Guglielmina, 5 per grazia : N. B. per esser stato aiutato negli esami. - Rovegno : Ferrari Celestino, 10 con Mossa di ringraziamento. - Rovereto Sta Maria: L. C. per grazia: Denegri Toni. in S. Pietro.
S) - Sannazzaro Sesia : Gavonetti Carolina, 5 per Messa. - S. Stefano a Mare (Porto Maurizio): GaribaldiUghetto Edvige, 10 con Messa di grazie. - S. Vittoria d'Alba : Mangono Maria - Senigallia (Ancona ) : Belli Manfrini Orestilde, 7,50 per grazie.- Serravalle Serivia: Marina Aragone fu Avv. Francesco, 20 per ottenuto impiego a un suo nipote. - Spilimbergo (Udine) Bertolussi D. Marco. 5 per grazia. - Spoleto (Perugia: N. Piccioli, 13 per favori ottenuti. - Stradella: Maria Trinchieri, 5 per la guarigione della figlia. - Suzzara (Mantova) : Bortizzoui Lucia, 5 per grazia.
T) - Torino : Alemanni Peretto Catterina, 2 per Messa: Coppola Francesco per segnalata grazia - Trinità (Cuneo) Vattasso Catterina.
V) - Pilla d'Aiano (Bologna): Canobbi Giuseppe, 2 per grazia. - Villafranca di Piemonte: S. G. G. M. 5 a mezzo di Garassino Maddalena. - Viola-Mondori: Mulatteri G. B., 12 per ottenuta guarigione della moglie.
X) - A. C., 5. - Bianco D. Domenico. - Lorenzotti Amalia, 5. - Rossi Maria Luigia. - Vescovi Francesco, 10 - Jacono Angela, 5 per Messa. - Giuseppina Baffi ved. Bonetti, 10 per una Messa. - 1'. R., 5 per ottenuta guarigione - A. M. per grazia ricevuta, 50 a pro delle Missioni salesiane
Il Dottor Luigì Dufour. QUESTO esimio nostro benefattore genovese veniva chiamato da Dio misericordioso a ricevere il premio delle numerose sue buone opere il giorno 21 gennaio. Uomo di vita intemerata, benefico, d'animo generoso, di educatissimo tratto, lasciò dietro a sè come padre di famiglia, come cittadino e come industriale luminosissimi esempi di virtù domestiche, religiose e civili. La sua fu la morte del giusto, giacchè per quanto accompagnata dal dolore, fece provare in quanti lo circondavano le dolcezze e le consolazioni che sono riservate alle famiglie cristiane, quale è quella, veramente egregia, dei Dufour. Egli, degnissimo fratello dei compianti Maurizio e Carlo Dufour, quantunque colto all'improvviso dal male e portato in fin di vita in meno di quattro giorni, la morte lo trovò pienamente rassegnato al voler di Dio. Senti tutta la forza del sacrificio; ma animato da viva fede proferì il gran fiat volutatas tua. Nella pienezza delle sue facoltà mentali chiese e ricevette con ammirabile edificazione i conforti religiosi accompagnando le preghiere di rito; ebbe la benedizione del Santo Padre e benedisse a' suoi figli, che insieme alla propria e amata madre piangenti gli facevan corona intorno al letto del dolore. Fortunati quei figliuoli che ricevono sì belli esempi! Di certo le virtù di tanto padre non mancheranno di sopravvivere nell'ottima sua consorte e nei buoni suoi figli.
Ma se la morte del nostro Luigi fu acerba e dolorosa a' suoi congiunti, non meno acerba e dolorosa fu al cuore dei Salesiani alla famiglia dei Dufour in modo speciale legati dal vincolo della gratitudine e della riconoscenza. Egli ebbe la ventura di avvicinare tante volte Don Bosco di santa memoria e fu perciò sempre grande ammiratore e insigne benefattore delle Opere Salesiane. Anche negli ultimi momenti di sua vita volle ricordare i giovanetti dell'Ospizio di Don Bosco in Sampierdarena. Sulla tomba di quest'uomo intemerato, virtuoso e forte, noi innalziamo a Dio la nostra umile prece e invitiamo i cooperatori nostri a pregargli con noi dal cielo la gloria eterna dei giusti.
Il catechismo Illustrato
Il 1° numero del BOLLETTINO LIBRARIO edito dalla LIBRERIA SALESIANA di SAN BENIGNO CANAVESE annunzia prossima una pubblicazione di un merito tanto nuovo quanto interessante, il COMPENDIO DELLA DOTTRINA CRISTIANA, conforme al testo autentico prescritto dall'Episcopato Lombardo e Piemontese, ILLUSTRATO DA 62 FINISSIME INCISIONI (Cm. 9X15) E SPLENDIDA COPERTINA.
È una pubblicazione d'attualità al tutto caratteristica, che si raccomanda da sè per preziosi pregi. I disegni affatto originali e ricavati da entrambi i Testamenti, lavoro squisito del Salesiano Q. Piana, furono esaminati dall'illustre pittore Enrico Reffo di Torino, ed hanno per ideale di rendere vivente il catechismo agli occhi della nostra gioventù. Quest'opera, meglio dei quadri catechistici, agevola perciò l'insegnamento del catechismo ai Parroci e catechisti stessi, perchè cogli amminicoli dell'arte, lo rende attraente ai fanciulli ed alle fanciulle, tanto desiderosi di soggetti espressi al vivo. Per convincersi di questi pregi, basta osservare i Vari SAGGI DELLE INCISIONI che la LIBRERIA EDITRICE Ci ha gentilmente favorito. Per ora noli entriamo nel merito artistico del lavoro, solo ci congratuliamo vivamente col giovane artista che alla felicità della scelta dei soggetti, è riuscito ad accoppiare così squisitamente una finitezza di esecuzione superiore, a nostro giudizio, ad ogni encomio.
Un'altra prerogativa, che parrà incredibile a chi non fosse noto l'obbiettivo della pubblicazione, di renderla cioè accessibile anche agli stessi scolari ed alle persone meno abbienti, è il suo prezzo, non che modico, più che infimo. Un volume di circa 400 pagine in tipi graziosi, carta di grana scelta e più ancora con 62 incisioni finissime, oltre ad una splendida copertina : per 40 centesimi ! Anzi la circolare annunzia che gli Editori sono disposti ad accordare ulteriori agevolezze sul prezzo, pur già così di favore, a proporzione delle commissioni !
Noi diciamo quindi a tutti i benevoli nostri lettori di affrettare le loro ordinazioni, perchè siano più che sicuri che questa pubblicazione andrà a ruba e ecciterà in tutti un vero entusiasmo. L'opera sarà ultimata e messa a disposizione degli acquisitori entro il prossimo maggio.
Gli Eminentissimi Card. Arcivescovi di Torino e Milano; Mons Arcivescovo di Vercelli e Mons. Vescovo d'Ivrea, venuti a conoscenza della pubblicazione inviarono tosto agli Editori splendide lettere commendatizie. Questo Catechismo illustrato è indicatissimo per libro di premio essendo un bel volume in 16° (cm. 12 x 19), e di più la nostra legatoria di S. Benigno Canavese si esibisce per, le legature d'ogni genere.
J. B. Francesiae - Brevis narratio de Joanne Bosco Sacerdote Taurinensi. (E) L. 1.
È un libro di piccola mole, ma di grande importanza. Ha per fine di far conoscere Don Bosco dappertutto dove giunge la lingua latina, la lingua per eccellenza universale, la lingua che va quanto il mondo lontana.
Il latino del Francesia è abbastanza conosciuto e non ha certamente bisogno delle nostre povere lodi. Ma egli stesso dice nella prefazione a questo nuovo suo lavoro che ha inteso presentar con esso ai giovani studiosi : « politissimum latini sermonis exemplar ».
Sarà perciò utilissimo ai professori di ginnasio, i quali mentre troveranno in esso temi bellissimi di traduzione dal latino all'italiano, graduati per giunta, come lo stesso Autore dichiara, saranno sicuri di formare i loro allievi a quella educazione cristiana, di cui fu grande maestro Don Bosco, del quale si leggono in questa biografia fatti veramente straordinarii, curiosi e mirabili.
Sac. prof. Albino Carmagnola, - Trattatello di sacra eloquenza in conformità alle norme della Chìesa, ad uso dei chierici, Torino, Salesiana 1900, p. 105, Cent. 60.
Quantunque siano molti ormai i trattati di sacra eloquenza, così da sembrar, se non inutile, superflua la comparsa di nuovi, questo del Carmagnola, si offre con una veste tutta sua propria e uno scopo assai bene determinato, che in modo speciale lo raccomanda. Il eh. autore deduce i suoi precetti quasi per intero da documenti dei Pontefici, dei Vescovi e dei Santi, e specialmente dalla Lettera-Circolare sulla sacra predicazione, emanata ultimamente d'ordine di Leone XIII dalla Sacra Congregazione dei Vescovi, Regolari ; lettera che duole dirlo, non è ancora rispettata e osservata come dovrebb'esserlo, anzi pare che da taluni non sia neppur conosciuta.
Onorificenze conseguite all'Esposizione d'Igiene di Napolì
Dall'elenco ufficiale dei premiati all'esposizione nazionale d'Igiene tenutasi lo scorso anno a Napoli, rileviamo con viva soddisfazione che vennero pure premiati con Diploma di medaglia d'oro, l'Opera di Don Bosco (rappresentata da una serie di opuscoli e trattati igienici) ed il Sacerdote ANACLETO GHIONE Salesiano, autore degli opuscoli esposti. Il giornale di Farmacia e Chimica che si pubblica in Torino nel suo numero di novembre, parlando delle onorificenze conseguite all'Esposizione di Igiene di Napoli, scriveva
« È quello di un modesto sacerdote salesiano, Don Anacleto Ghione, il nome del terzo espositore pure premiato con medaglia d'oro. Questo nome non è però ignoto ai nostri lettori, i quali avranno senza dubbio preso nota del cenno bibliografico da noi mesi addietro pubblicato dell'opera Igiene popolare, scritta con vera passione e col più intenso affetto per le classi meno abbienti e meno istruite, dal predetto Don Ghione. Questa opera, che nel nostro cenno abbiamo senza restrizione alcuna lodata e vivamente raccomandata, è quella che fruttò al suo infaticabile, studioso e modesto autore l'insigne onorificenza sovraricordata. Non vogliamo qui ripetere il nostro giudizio sull'opera predetta, destinata, siamo certi, al più splendido successo ed a trionfi ancora superiori a quello testè toccato. Anche a costo però di ripeterci non vogliamo lasciar passare l'occasione di segnalare di bel nuovo all'ammirazione di tutti gli studiosi e di tutti i cultori dell'igiene il nobile e coraggioso esempio dato da questo sacerdote che, primo certamente fra quanti professano il suo Ministero, passando sopra vieti pregiudizi, seppe nella sua opera luminosamente dimostrare che i precetti dell'igiene più schietta, non disdicono a quelli della più sana morale. Onore a lui! Onore al nobile Istituto di cui fa parte attivissima! »
Quest'elogio, uscito da penna competentissima in materia, vale assai più di ogni nostra parola, tanto più che in causa propria si corre facilmente rischio di non essere creduti. Ci piace però riferire in parte il giudizio dato dallo stesso giornale intorno alla premiata opera del Ghione. « Un trattato completo d'igiene, così il sullodato giornale, in tutte le sue estrinsecazioni materiali e morali, adatto a tutte le età, un popolarissimo vade-mecum contenente tutto l'indispensabile per il sano e retto vivere, una ricchissima raccolta di massime, di precetti, di consigli, per prevenire, curare le malattie di qualunque genere, per prestare i necessari soccorsi d'urgenza nei casi di mali improvvisi e negli avvelenamenti, un fedele ed onesto precettore, non d'altro desioso che di riuscir utile al benessere del corpo non meno che della mente e del cuore del suo discepolo: ecco in sintesi quale può venir giudicato il trattato che sotto il titolo di Igiene popolare moderna l'infaticabile quanto modesto sacerdote Don Anacleto Ghione ha reso testè di pubblica ragione. »
E dopo aver dato un rapido cenno della divisione dell'opera conclude con queste parole: « Da qualche tempo si è notato da parte del clero un sensibile risveglio igienico; non vi ha chi non comprenda di quanto bene possa essere fonte, specie per il risanamento materiale e morale del popolo tale risveglio. Con questa sua opera l'Autore ben a ragione viene fra i suoi confratelli a schierarsi in prima fila, meritando a sè stesso ed al nobilissimo Istituto a cui appartiene la gratitudine di tutti i beneficati è di coloro cui sta a cuore la redenzione igienica del nostro paese. »
È già un gran bene quello che fa una persona profana, all infelice che soffre, il non fargli alcun male.
Quanti sono morti innanzi tempo, che potevano esser salvati, se avessero avuto un pronto e saggio soccorso!
MALI IMPROVVISI - SOCCORSI D'URGENZA
TAVOLA ESTRATTA DAL TRATTATO D'IGIENE POPOLARE MODERNA PREMIATO CON MEDAGLIA D'ORO NELL'ESPOSIZIONE D'IGIENE DI NAPOLI - 1900 Opera di D. ANACLETO GHIONE Sacerdote Salesiano (di D. Bosco).
IN ATTESA DEL MEDICO SI PRESTINO SUBITO I SEGUENTI SOCCORSI
CONTUSIONI o AMMACCATURE. - Nei casi leggeri si facciano bagni freddi con acqua semplice o con acqua vegeto-minerale. Se vi è pure abrasione (lacerarazione della pelle) si medichi come fosse una ferita, (vedi sotto ferite superficiali). Nei casi gravi si prema con cotone, con garza o con pezzuole pulite piegate a più doppi, sulla gonfiezza (bozza sanguigna). Nei casi gravissimi, si facciano i bagni freddi e se l'infermo è pallido e se respira con difficoltà, gli si somministri qualche cucchiaio di cognac, rhum o qualche sorso di vino generoso e si chiami subito il Medico e il Sacerdote perchè le contusioni potrebbero essere accompagnate da rotture interne anche mortali.
FERITE. - Le ferite superficiali si lavino abbondantemente con soluzione di sublimato corrosivo (all'uno per mille) o con acido fenico (al tre per cento) o con acido borico (al quattro per cento) ed in mancanza di questi disinfettanti, può supplire l'alcool (due grossi cucchiai di spirito di vino in un bicchier d'acqua) e l'acqua bollita raffreddata con un pizzico di sale, quindi si fasciano con striscie di tela pulite bagnate in una delle dette soluzioni e spremute (liquidi). Le ferite profonde si puliscono pure spremendovi sopra, da poca altezza, con abbondanza, una delle soluzioni soprascritte, poi si cuoprano con garza o con cotone o con tela pulita imbevuta nella soluzione adoperata per le lavature e spremuta ; si fasciano con benda o con fazzoletto. Si usi la medesima medicazione nelle gravi uscite di sangue. Se le ferite con emorragia grave sono alle braccia od alle gambe, si leghi strettamente con fazzoletto, corda ecc. il membro ferito al di sopra (fra la ferita ed il cuore). Se il sangue uscisse da un'arteria lo si arresti subito col pollice della mano mentre un'altra persona prepara la medicazione come nelle ferite profonde. Alle ferite penetranti nel torace (petto), nel l'addome (ventre) si medichino come le ferite profonde e si solleciti L'arrivo del Medico. (Non si mettano mai sulle ferite ragnateli, terra, filaccie, cataplasmi ecc. nè si tocchi la ferita con le dita sporche nè con sostanze sudicie o irritanti).
MORSICATURE di CANE ARRABBIATO, di VIPERE o di SERPENTI VELENOSI. - Si leghi subito con fazzoletto al disopra della ferita la parte morsicata (fra la piaga ed il cuore) e poi la si stringa fortemente in tutti i modi per farne uscire il sangue, quindi si lavi bene con acqua e sale, od aceto, meglio con ammoniaca. Si può anche succhiare la ferita con le labbra, sputando via il veleno, operazione questa innocua, purchè non si faccia con scalfitture sulle labbra o entro la bocca. Si facciano i bagni con acqua fredda o meglio con soluzione di sublimato corrosivo all'uno per mille, poi si ricorra ad un istituto antirabbico (Torino, Milano ecc.) per la cura conveniente, portando quivi, possibilmente, la testa dell'animale perchè venga esaminata.
SCOTTATURE o BRUCIATURE. - Se il paziente ha ancora gli abiti infiammati, lo si corichi a terra avvolgendolo strettamente con coperte per soffocare le fiamme. Indi gli si stacchi con la massima delicatezza, bagnandoli prima per bene, possibilmente con soluzione di acido borico (al 4 per cento) i lembi di abito attaccati alle ferite indi si lavino le bruciature con acqua saponata o borica, indi si impedisca il contatto dell'aria con qualche grasso (vasellina borica, ed in mancanza di essa con sugna, burro ecc.). Le bruciature di 1° grado si medicano con olio d'oliva e bianco d'uovo sbattuti con acqua. Si copra la parte arrossata con garza o con tela indi si fasci con benda o fazzoletto medicandola ogni 24 ore. Le bruciature prodotte dall'acido solforico, nitrico cloridrico o da altri acidi, si devono prima asciugare con cotone o con lingeria pulita, indi lavarle bene con acqua e sapone. Però le bruciature di potassa, di soda, ammoniaca, e di calce viva è meglio lavarle con acqua ed aceto. Le bruciature di 2° grado si medicano come le altre, senza togliere la pelle morta, ma pungerle con un ago arroventato e lasciato raffreddare, le bolle, per farne uscire il siero raccolto. Le bruciature di 3° grado si medicano egualmente come le altre coll'avvertenza però che se vi sono sintomi allarmanti, si solleciti l'arrivo del Medico e del Prete. .
DISTORSIONI o STORTE. - Riposo assoluto della parte offesa, bagni freddi che si preparano con pezzuole bagnate nell'acqua naturale più fredda che si può avere da rinnovarsi ogni 5 minuti, oppure vi si sovrapponga una vescica con ghiaccio o neve. Si chiami il Medico per accomodare la parte distorta.
LUSSAZIONI o SLOGATURE. - Assoluto riposo ed immediati bagni freddi (vedi Storte) in attesa del Medico, di cui si deve sollecitare il suo arrivo. Se si dovesse trasportar l'ammalato, prima gli si renda immobile la parte slogata adattandogli un pezzo di cartone o legno leggiero, fasciandogliela con benda o fazzoletto, e si badi a non stringere troppo la legatura e la si sostenga delicatamente. Non si faccia tentativo di ridurre la parte slogata, operarazione questa riservata al Medico.
FRATTURE o ROTTURE. - Nelle fratture semplici, vedi slogature. Nelle complicate con lacerazione della pelle, si lavi la piaga come si è detto nelle ferite. Pel trasporto del malato, vedi Slogature.
SVENIMENTI-SINCOPI. - Non avendo letto a disposizione, si stenda subito a terra lo svenuto col capo più basso dei piedi ; gli si slaccino le vesti, gli si getti fortemente e ripetutamente acqua fredda sul viso, gli si faccia aria con un ventaglio e lo si percuota leggermente sulle guancie. Nei casi gravi, si facciano energiche frizioni, lo si riscaldi a letto, gli si mettano senapismi sul petto, sulle braccia, sulle gambe, e gli si applichi la respirazione artificiale. Ricuperati i sensi, gli si dia qualche cucchiaio di cognac, o di rhum o qualche sorso di vino generoso.
MALCADUCO o EPILESSIA. - Si trasporti l'epilettico in luogo appartato, lo si sbottoni, gli si allarghino gli abiti, gli si metta fra i denti il nodo di un fazzoletto, per impedire che si morsichi la lingua; gli si protegga il capo e le mani, non lo si trattenga a tutta forza, lo si lasci tranquillo ed in riposo, e si allontanino i curiosi, - specialmente i fanciulli e le persone impressionabili. (Non gli si getti acqua in faccia nè sul petto).
CONVULSIONI. - Si ritiri il paziente in un luogo tranquillo, con la testa alquanto sollevata in posizione dorsale, gli si rallentino gli abiti specialmente al collo, gli s'impediscano i movimenti che potrebbero arrecargli danno, trattenendoli ma senza frenarli. Gli si spruzzi la faccia ed il petto con acqua fredda e non gli si dia liquido di sorta finchè non abbia riacquistato la coscienza.
MALI IMPROVVISI - SOCCORSI D'URGÉNZA
ACCIDENTE o COLPO (APOPLESSIA). - Si trasporti l'apoplettico in luogo appartato tenendolo con la testa alta; si sciolgano gli abiti legati od abbottonati, si facciano bagni freddi sulla testa, meglio se si può mettergli una vescica di ghiaccio o neve e si allontanino i curiosi. Nei casi gravissimi gli si mettano senapismi alle braccia, alle gambe. Se il colpo è effetto di un' indigestione lo si faccia vomitare solleticandogli la gola con la barba di una penna. Si chiami subito il Medico ed il Prete. Per andar esenti da questo male si evitino le indigestioni, la vita sedentaria, l'ozio, le gravi emozioni, il repentino passaggio dal freddo al caldo e viceversa ecc.).
SBOCCHI di SANGUE (EMOTTISI). - Si metta l' infermo in posizione semi-seduta e lo si preghi a star immobile, in silenzio, di buon animo, e resistere agli stimoli della tosse; gli si dia ghiaccio e bevande fredde. Gli si applichi la vescica di ghiaccio sul petto o pezzuole bagnate in acqua freddissima rinnovandole ogni 5 minuti. Gli si facciano prendere da 5 a 10 goccie di laudano in un cucchiaio di acqua o limonate cariche e tutti gli alimenti siano liquidi e freddi. Negli sbocchi abbondanti si solleciti l'arrivo del Medico e del Sacerdote.
VOMITI di SANGUE (GASTRORRAGIA). - Pei casi ordinari, vedi Sbocchi di sangue. Nei casi molto gravi si somministrino pochi pezzetti di ghiaccio per bocca, si facciano bagni freddi o meglio si metta la vescica con ghiaccio sullo stomaco, si bagnino pure le tempia e le narici con aceto, si applichino senapismi ai polpacci delle braccia e delle gambe; si dia a bere da 10 a 15 goccia di percloruro di ferro diluito in un mezzo bicchier d'acqua, si prescriva il riposo assoluto e si solleciti l'arrivo del Medico e del Prete.
PERDITA di SANGUE DAL NASO (EPISTASSI). - Le leggiere emorragie d'ordinario cessano da sè. (Non soffiarsi il naso). Nelle gravi si faccia star la persona colla testa alquanto sollevata, con le vesti slacciate al collo ed al petto, le si faccia annasare acqua molto fredda e si applichino bagni freddi sulla fronte e dietro il collo. Se il sangue non cessa si possono introdurre nella narice pallottoline di cotone, od anche una piccola striscia di tela pulita (a guisa di turacciolo) lasciandovele finchè sia cessato. Nei casi ostinati si applichino i bagni freddi sulla fronte e si ponga nel naso del cotone bagnato nel percloruro di ferro liquido che è meglio venga poi tolto dal Medico.
INSOLAZIONE. - Si trasporti subito il paziente in luogo ombreggiato, lo si metta in posizione seduta a capo alto, gli si slaccino gli abiti, si applichi sul capo una vescica di ghiaccio o pezzuole di acqua fredda, gli si dia a bere acqua quasi tiepida, e gli si faccia annasare aceto od ammoniaca. Se il paziente è pallido e debole, gli si somministri qualche cucchiaio di cognac o di rhum.
CONGELAMENTO. - Si trasporti l'assiderato in un luogo appena tiepido (non caldo). Lo si svesta senza far piegare le giunture, si facciano frizioni energiche per tutto il corpo con manate di neve o con pannilani freddi, poi lo si metta in un letto freddo, lo si copra con coperte di lana onde il corpo si scaldi a poco a poco (non usando giammai fuoco), gli si faccia annasare aceto od ammoniaca, gli si somministri (ricuperati i sensi) qualche cucchiaino di cognac o di rhum allungati nell'acqua o alcuni grossi cucchiai di vino generoso.
ANNEGAMENTO. - Si spogli frettolosamente e con decenza l'annegato, (non lo si sospenda pei piedi), lo si asciughi, lo si pulisca, lo si corichi per terra sul fianco destro, col capo più basso del corpo, o col ventre rivolto al suolo con un rotolo di panni sotto il petto, o con la testa appoggiata sulle sue mani, comprimendogli alternativamente il dorso. Quindi, si frizioni energicamente finchè lo si veda a respirare. diversamente si pratichi la respirazione artificiale. Ottenuto il respiro, si metta a letto ben caldo, gli si faccia annasare aceto od ammoniaca, e, ricuperati i sensi. gli si faccia bere rhum o cognac o vino generoso oppure caffè nero forte e si solleciti l'arrivo del Medico.
STRANGOLAMENTO e SOFFOCAMENTO. -Si liberi immediatamente dai legami, sebben assente l'autorità, lo strangolato, sostenendolo mentre si taglia il laccio per impedire che stramazzi a terra. Lo si corichi in posizione supina con la testa ed il petto alquanto più bassi, gli si slaccino gli abiti al collo, ed al petto, lo si spruzzi con acqua fredda, lo si frizioni energicamente ed occorrendo si usi la respirazione artificiale. Appena respira, gli si faccia annasare aceto od ammoniaca, poi per più ore si facciano i bagni freddi al collo ed al capo, rinnovando le pezzuole ogni 5 minuti.
CORPI ESTRANEI NELLA GOLA. - Se il corpo estraneo non è dannoso, si facciano bere liquidi in quantità o si tenti di spingerlo nello stomaco per esempio, col dito oppure si faccia coricare il paziente bocconi, poi lo si percuota col pugno fra le due spalle. Qualora il corpo estraneo potesse recar danno, si veda di estrarlo con le dita o con altri mezzi più adatti, intanto si affretti l'intervento del Chirurgo.
RESPIRAZIONE di GAZ NOCIVI e VELENOSI. - Prima di entrar nel luogo mefitico, si cuopra possibilmente il naso e la bocca con un fazzoletto imbevuto nell'aceto o nell'acqua di calce od almeno si faccia una profonda inspirazione; entratovi, trattenga più che è possibile il respiro, si spalanchi o si rompano i vetri della prima finestra, si afferri l'asfissiato, si trasporti all'aria libera, lo si metta in posizione seduta o coricato con la testa alta, gli si sciolgano i legami, gli si faccia aria con un ventaglio e gli si getti in faccia acqua fredda. Se dà segni di vita lo si frizioni, gli si faccia annasare aceto od ammoniaca, gli si tiri fuori la lingua per facilitare la respirazione. Solo quando avrà ricuperati i sensi gli si dia caffè o alcuni cucchiai di rhum o cognac o qualche sorso di vino generoso; se non respira, si pratichi anche per più ore la respirazione artificiale.
ELETTRIZZAZIONE. (Colpo di fulmine o corrente elettrica). - Si corichi subito l'ammalato su qualche sedile o in terra colla testa un po' alzata, gli si sciolgano gli abiti, gli si spruzzi la faccia con acqua fredda, si facciano i bagni freddi sul capo e gli si pratichi la respirazione artificiale prolungandola, all'occorrenza, anche per più ore. Se la corrente elettrica produsse accidenti simili a quelli di una scottatura, si medichino le ferite come si è detto nelle scottature di primo grado
AVVELENAMENTI
AVVELENAMENTO per BEVANDE SPIRITOSE (Vino, birra, acquavite ecc.). - Posto l'ubbriaco in una stanza molto ventilata, gli si applichino i bagni freddi sulla testa sollevata avendogli prima slacciati i vestiti e dato a bere acqua tiepida salata e se la rifiuta gli si dia in un bicchier di vino da 40 a 54 centigrammi (un cucchiaino scarso da caffè) di polvere d'ipecacuana, o in altro modo, si ecciti il vomito. Se si può avere dell'ammoniaca, se ne faccia bere in una sol volta, entro mezzo bicchier d'acqua, da 10 a 15 goccie. Nei casi gravi, si applichino carte senapate dietro il collo, ai polpacci delle braccia, delle gambe, sanguisughe dietro le orecchie e si facciano fregagioni al petto ed alle gambe.
MALI IMPROVVISI - SOCCORSI D'URGENZA
AVVELENAMENTO PER FUNGHI VELENOSI. - Si provochi subito il vomito con acqua tiepida salata o con altri vomitivi, quindi si dia un energico purgante oleoso, per esempio : olio di ricino 30 grammi (vedi sotto purganti). Si mettano cataplasmi sul ventre, si dia a bere camomilla con 10 goccie di laudano, poi qualche cucchiaio di cognac o di rhum o qualche sorso di vino generoso o di caffè nero forte. Occorrendo, si faccia la respirazione artificiale.
AVVELENAMENTO PER FOSFORO (Zolfanelli, paste fosforee, ecc.). - Si somministri al paziente molt'acqua con un pugno di farina o di amido, indi gli si dia un vomitivo, Dopo il vomito è bene dare magnesia calcinata (2 grossi cucchiai) sciolta in un bicchier d'acqua zuccherata da bersi a cucchiai. In questo avvelenamento non si devono dare bianchi d'uovo, nè latte, nè altre bevande oleose, acetose o grasse. Lo stesso si dica negli avvelenamenti per sali di rame, di ferro, di zinco (verderame, copparosa, acqua celeste, e vetrioli diversi).
OPPIO. (Morfina, laudano, codeina, narceina, papavero ecc.). - Si faccia subito bere all'avvelenato abbondante acqua tiepida salata, indi lo si tenga desto facendolo camminare dandogli a bere caffè nero forte, qualora fosse già addormentato, lo si scuota, lo si spruzzi con acqua fredda applicandogli senapismi ecc., gli si facciano frizioni sul corpo e doccie fredde e calde ed alternate sul capo. Si solleciti l'arrivo del Medico.
Acidi minerali concentrati, irritanti, corrosivi (olio di vetriolo, acqua forte). Si dia a bere magnesia calcinata (2 grossi cucchiai in un bicchier d'acqua) o acqua di calce allungata od alla peggio acqua saponata.
Alcali concentrati (Soluzione di potassa, di soda, di calce, di ammoniaca liquida, ecc.). - Si dia a bere acqua od aceto o limonata.
Nitrato d'argento. Si dia a bere acqua salata.
Mercurio (Sublimato corrosivo ecc.). - Si diano a bere 5 bianchi d'uovo sbattuti in 3 bicchieri d'acqua, oppure un pugno di farina in un litro d'acqua. (Non si somministrino purganti salini).
AVVELENAMENTO SCONOSCIUTO. - Si esamini l'ammalato e quanto lo circonda per scoprire la sostanza velenosa, quindi gli si dia un vomitivo per giudicare dal vomito la natura del veleno, e, non conoscendolo nemmeno dal vomito, gli si dia un purgante come p. es. solfato magnesia , sal canale, gr. 20, ossia olio di ricino egual dose, e poi piccoli cucchiai di magnesia calcinata sciolta ovvero qualche tazza di caffè nero forte indi si prestino gli opportuni soccorsi d'urgenza.
In tutti gli altri avvelenamenti. Per esempio:
ARSENICO - MERCURIO (sali di rame, di ferro e di Zinco) - PREPARATI DI PIOMBO, DI STAGNO, DI ZINCO (biacca, minio ecc.) - MANDORLE AMARE E NOCCIOLI DI PESCHE AMARE (acido prussico eCC.) - STRICNINA noce vomica, fava di Sant'Ignazio ecc.) - CICUTA, GIUSQUIAMO (stramonio, tabacco, belladonna) ed in parecchi altri avvelenamenti serve benissimo il seguente trattamento
Somministrare all'avvelenato latte in abbondanza oppure molt'acqua tiepida o salata od alcuni (5) bianchi d'uovo sbattuti e mescolati con un litro d'acqua. Se il paziente con tutto questo non ha già fortemente vomitato, gli si provochi il vomito con 50 centigrammi (un cucchiaino a caffè) d'ipecaquana in un bicchier d'acqua. In mancanza di vomitivi gli si stimoli la gola con la barba di una penna oppure gli si mettano due dita in gola. Più tardi gli si dia un purgante per esempio : da 20 a 30 grammi (due grossi cucchiai) di solfato di magnesia (sal canale) in un bicchier d'acqua o meglio da 20 a 30 grammi (2 grossi cucchiai) d'olio di ricino.
RESPIRAZIONE ARTIFICIALE. - Ha per iscopo di sostituire la respirazione naturale. Si effettua stendendo l'ammalato sopra un letto, o un tavolo od anche sul suolo in posizione supina con un guanciale o un rotolo di panni sotto la schiena per sollevargli il petto e tener bassa la testa, tirandogli fuori la lingua. Quindi l'operatore si metta dietro il capo del paziente, afferri le braccia presso il gomito e gliele sollevi fino all'altezza della sua testa lasciandovele per 2 minuti secondi, poi le abbassi premendogliele fortemente contro le costole; dopo la durata di 3 minuti (circa 50 di questi movimenti) sospenda l'operazione per esaminare l'effetto prodotto. Se l'infelice non rinviene, si continui quest'atto, anche per più ore, se l'operatore è stanco si faccia surrogare da altri. Mentre uno usa la respirazione artificiale, un altro faccia nel medesimo istante le fregagioni.
FREGAGIONI E MASSAGGIO. - Servono a ridonare il calore perduto od a richiamare ai sensi una persona svenuta od asfissiata. Consistono nel fregare fortemente con la mano unta di olio o vasellina il corpo e sopratutto le sue estremità. Si incomincia con strofinar dolcemente la parte, poi premerla di più e nello stesso tempo accelerarne il movimento. Le membra si devono fregare dalle loro estremità libere verso le loro congiunzioni col tronco per viemeglio coadiuvare il ritorno del sangue al cuore e stimolare la circolazione del sangue che ridona il calore e con esso la vita. Le fregagioni devono durare 5 minuti di seguito, e vanno riprese dopo breve intervallo, continuandole finchè siasi ottenuto lo scopo, oppure si abbia la certezza che esse riescano inutili.
Per conoscere le cause ed i sintomi dei mali improvvisl, per aver ampia spiegazione sugli opportuni soccorsi da prestarsi, si puo ricorrere al trattato d'IGIENE POPOLARE MODERNA od agli opuscoli N. 25 e 26 della PROPAGANDA D'IGIENE da cui l'autore ha estratta la presente tavola sinottica.
PROPAGANDA D'IGIENE POPOLARE MODERNA. - Premiata con medaglia d'oro all'Esposizione d'Igiene di Napoli nel 1900 - Pubblicata da D. ANACLETO GHIONE Sacerdote Salesiano.
Delle Età - Alimentazione animale - Alimentazione vegetale - Condimenti - Vasi da cucina - Bevande - Aria - Luce - Calore - Elettricità - Acque - Mari - Suolo - Cimiteri - Cremazione - Abitazioni - Costruzioni delle case - Ventilazione - Illuminazione - Riscaldamento - Vestimenta - Letto - Pulizia della persona - Bagni - Ginnastica- Giuochi - Cauto - Musica - Viaggi - Veglia e sonno - Sensi esterni - Asili infantili - Scuole - Collegi - Professioni in genere - Professioni in particolare - Passioni, loro danni e rimedi - Malattie, loro cause e sintomi - Malattie del capo, degli occhi, del naso, della gola, della bocca, dei denti, dello stomaco, del ventre, del cuore, del fegato, dei reni - Malattia infettive - Mali improvvisi, cause, sintomi e loro soccorsi d'urgenza - Avvelenamenti - Conforti morali e religiosi agli ammalati ed ai moribondi.
Tutta questa materia è contenuta in 23 Opuscoli (parecchi illustrati) da 32 a 40 pagine. Caduno centesimi 5 (E). Si possono liberamente leggere con grande utilità anche dai giovani di collegio.
Del medesimo Autore:
(opere premiate con una seconda medaglia d'oro all'Esposizione d'Igiene di Napoli nel 1900).
1° TRATTATO D'IGIENE POPOLARE MODERNA.
Legato in piena tela, pagine 964, L. 4.
2° TRATTATELLO D'IGIENE POPOLARE MODERNA
legato in piena tela, pagine 660. L. 1,70.
3° GUIDA PRATICA POPOLARE pei l'assistenza agli ammalati e pei Soccorsi d'Urgenza, pagine 172, L. 0,50.
4° QUADRO SINOTTICO dei mali improvvisi. Un foglio formato 48X34, cent. 3 - al 100 L. 2-.