ANNO XX. N. 3 - Esce una volta al mese - MARZO 1896
SOMMARIO
Avviso IMPORTANTE . 57 UN ERRORE DA EVITARSI NELL'EDUCAZIONE
DEI FIGLI ivi MONS. BASILIO LETO . . . 60 DALL'ESTERO: - Omaggio a D. Bosco. - Altra fondazione salesiana. - Un consolante avvenimento nella Spagna . . . 63
NOTIZIE DELLE MISSIONI: - PATAGONIA CENTRALE: Mons. Cagliero al Chubut e sua relazione intorno a questo paese . . 64
GRAZIE DI MARIA AUSILIATRICE . . . . 68 AZIONE SALESIANA . 70
PIETOSI SUFFRAGI per le anime di Mons. Lasagna e compagni periti nel Brasile . 76
ORATORII FESTIVI
AI GIOVANETTI 78
FATTI EDIFICANTI ivi
NECROLOGIA . . . . 79 PREZIOSI DOCUMENTI pel Manuale Biblico 80
NOTIZIE VARIE ivi
COOPERATORI DEFUNTI 83
Col numero di aprile p. v. cesserà l'invio del Bollettino a tutti quei RR. Parroci, ai quali fu finora mandato con l'indirizzo generico di Parroco, essendo tosto esaurite le collezioni degli indirizzi.
Prima però torniamo a pregare coloro, che desiderassero ricevere il nostro periodico, di volerci mandare un semplice biglietto di visita, oppure il biglietto, che riceveranno unito ad apposita circolare, con l'indirizzo personale.
LA DIREZIONE.
UN errore gravissimo che suolsi commettere purtroppo da molti genitori, pur di buon conto, nell'educazione de' proprii figli, si è quello di aspettare ad istillar loro i germi di una sana educazione, di aspettare a piegare le loro tenere volontà al bene, quando siansi fatti altetti, quando abbiano raggiunto l'uso di ragione, quando si accorgono cioè che il bimbo prenda cattiva piega, abbia contratto male abitudini, in una parola quando l' opera della buona educazione incontri con loro serie difficoltà.
Prima si va dicendo che il bambino è ancor troppo tenero, che non è ancora tempo d' insegnargli certe pie pratiche, d'ammaestrarlo di certe verità, perchè tanto non capisce nulla, che non conviene contraddirlo o disgustarlo, che quando comprenderà quello che fa, allora si correggerà da se stesso e che so io. E intanto il bimbo si fa grandicello, le male inclinazioni si irrobustiscono, la sua volontà si fa caparbia, egli cresce disobbediente ed insolente al punto da far esclamare gli stessi malaccorti genitori che i fanciulli d'oggi non somigliano punto quelli d'una volta !
Ma di chi è la colpa, se non degli stessi genitori troppo indulgenti, o meglio troppo negligenti dei loro più sacri doveri?
Iddio comanda infatti a chi ha dei figliuoli di incominciare in essi la morale e religiosa educazione fin dalla loro prima età. Anzi egli vuole che il fanciullo fin dai suoi primi anni sia ammaestrato nella fede ed inclinato al bene. « Hai dei figliuoli ? dice l'Ecclesiastico; istruiscili fin dalla loro puerizia (VII, 25). » E più avanti: « Curva la fronte di tuo figlio nella giovinezza e batti i fianchi di lui, mentre è ancor tenero, affinchè non s'indurisca e ti nieghi obbedienza. Non lo lasciar fare a modo suo nella gioventù e non far le viste di non vedere quel ch'egli pensa (XXX, 11, 12). » E rivolgendosi ai figli, loro inculca di « ricevere l'istruzione fin dall'adolescenza, affine di possedere la sapienza fin sotto ai capelli bianchi (VI, 18). »
I quali divini precetti mettono in rilievo due verità da non dimenticarsi nella educazione della gioventù. La prima si è che il fanciullo subisce più facilmente le impressioni e si lascia dare volentieri una direzione; e la seconda che, passata la prima età, egli continua a vivere sotto la stessa influenza e a seguire la stessa via, come ce ne assicura Iddio medesimo con queste altre sue parole: « Il fanciullo terrà ancor nella vecchiaia la via che avrà tenuto nell'adolescenza (Prov. XXII, 6). »
Ad animarci all'adempimento di questi divini precetti vengono in aiuto i più forti motivi di fede, che noi qui esporremo a comune incoraggiamento.
Anzitutto, chi è un fanciullo cristiano? Egli è un' avventurata creatura, monda dal peccato originale, sottratta dalla schiavitù del demonio, fatta figliuola di Dio, adorna della preziosa veste della grazia santificante, ricca dei doni dello Spirito Santo, bella come un angelo, erede del Paradiso, destinata a conoscere, amare e servire Iddio su questa terra, per andarlo a godere eternamente in cielo. Con qual cura, con qual diligenza non si alleva, non si educa un fanciullo ereditario di un trono ! E non dovrà usarsi grande sollecitudine per allevare onestamente, per educare moralmente un fanciullo, che, fatta anche astrazione della posizione che potrebbe occupare su questa terra, sarà pur sempre un giorno un felice abitatore de' tabernacoli eterni? Che disgrazia sarebbe mai per un fanciullo regale, quale responsabilità per i suoi custodi, se, trascurato nei verdi suoi anni, si rendesse inetto a cingere un giorno la corona del padre ed avesse da menare vita miserabile ed infelice ! E non sarebbe sventura infinitamente più grande, e non peserebbe sopra di noi una responsabilità più spaventosa, se, trascurando noi la primiera educazione di un fanciullo, questi divenisse un soggetto malvagio ed un dannato dell'inferno?
Inoltre ognun sa che il fanciullo, appena giunge all'uso di ragione, è fatto capace di merito o di demerito , di atto virtuoso o colpevole; ma niuno saprà giammai con certezza quando precisamente la sua ragione sia sviluppata al punto, che le opere sue gli siano imputabili presso Dio e diventino meritevoli di premio o di castigo. Noi costumiamo giudicare solo dalle esterne ingannevoli apparenze, ma Dio scruta nell'intimo del cuore; Egli solo vede se vi sono gli elementi costitutivi dell'opera buona o cattiva e in qual peso e misura. Or non potrebbe egli darsi che certi atti del fanciullo più o meno contrarii alla legge morale, da noi tenuti per un nonnulla, comparissero invece agli occhi di Dio quali peccati, se non mortali, almeno veniali? Un tal dubbio si rende pur ragionevole, se si considera che certi fanciulli e certe bambine sin dai cinque o sei anni mostrano un'intelligenza veramente singolare; e ragionevole pur lo dimostrano le parole amarissime con cui S. Agostino deplora dinnanzi a Dio anche le colpe di sua infanzia. « Chi mi rimembra, egli dice, i peccati della mia infanzia? Ahimè! che niuno è mondo avanti a Te, nemmeno il bambino di un giorno ! Certo non è buona cosa neppure in quell'età domandare con lacrime ciò che torna a danno, istizzirsi acremente contro i maggiori e i genitori stessi, sforzarsi di battere e nuocere a persone di senno e di autorità, perchè non assecondano ciò che mal sarebbe assecondare. Laonde l'innocenza dei bambini è più per la fiacchezza delle loro membra, che non per la dirittura del loro cuore. Ed io il so per prova che mi venne visto un bambino preso da tanta invidia, che, non potendo ancora parlare , con volto bieco guardava ad un altro che insieme con lui lattava. Or se v'avesse corruzione in me anche in quella età, e se inoltre fui concepito nel peccato, quando mai, o Signore, io, servo tuo, fui innocente? (Confess. L. I, c 7) »
Queste parole del Santo possono ben applicarsi a tutti i bambini e le bambine ancorchè inferiori ai sette anni, e debbono eccitare quindi tutti gli educatori ed educatrici e specialmente i genitori a curare la moralità con grande sollecitudine, affinchè non abbiano per loro incuria a perdere l'innocenza prima ancora di conoscerne il desideratissimo pregio.
Un altro riflesso torna qui opportunissimo. La statistica dà che la maggior parte del genere umano muore nell' infanzia. Or se accadesse che quel fanciullino o quella fanciullina, cui abbiamo in cura, morisse nei primi anni di sua vita, non sarebbe egli, in mezzo alla disgrazia, un grande conforto ed un dolce sollievo nel dolore il pensiero della sua illibatezza e la speranza di avere un angelo in cielo che prega per noi e per la famiglia? Questo riflesso deve mettere in tutti un santo impegno di guardare i piccolini da qualunque atto che sappia menomamente d'immorale, senza punto osservare se e quanto potrebbe essergli da Dio imputato a colpa. In cosa di tanta importanza si deve stare alla parte più sicura per non mettere il fanciullo al rischio di offuscare anche per poco il bel candore della sua innocenza, e di doversi presentare al tribunale di Dio con l' anima anche solo leggermente contaminata.
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Che poi un fanciullo, ancorchè di pochi anni, possa commettere qualche peccato, che morendo gli ritardi la beatifica visione di Dio e lo mandi a soffrire chissà quali atrocissime pene prima di andarsi a congiungere cogli angioli del cielo, ce ne porge chiarissimo esempio la vita della gloriosa martire S. Perpetua, morta in Cartagine per la fede l'anno 253. Ecco infatti quanto ella racconta di un suo fratellino di sette anni chiamato Dinocrate: « Facendo io orazione nella carcere con gli altri compagni (del suo martirio), mi venne proferita, senza saperlo, questa parola Dinocrate. Era questi un mio fratellino di sette anni; di che meco mi meravigliai che prima non l'avea mai nominato. Egli era morto poco innanzi d'una cancrena nel volto, che tutto glielo aveva guasto e corroso. Iddio mi fece sentire che dovessi pregare per lui e stare a buona fidanza; ed io misi mano a pregare con molti gemiti e lagrime il Signor mio. La stessa notte mi fu mostrato in visione che usciva d'un luogo tenebroso, dove erano più altri, e pareva tutto trafelato ed ansante per la sete. Era pallido , smorto, sparuto e lurido, avendo tuttavia la cancrena aperta nel viso. Egli mi parea posto a lato di una peschiera piena d'acqua fino al sommo: ma aveva la sponda tanto alta, che il fanciullo per istendersi che facesse e levarsi in punta di piedi e allargar le mani per bere, pur non poteva giungere al labbro della peschiera. Io trambasciava per lui, intendendo quanto dovesse essere la sua pena. In questa mi svegliai ed intesi bene che il fratellino penava nel purgatorio, e tuttavia sentivami una sicurtà che le mie orazioni gli sarebbero ben giovate. Adunque tutti quei giorni pregai del continuo per lui giorno e notte, con gemiti e lacrime a Dio, che mi donasse il fratello. Ed ecco ebbi di lui un'altra visione. Quel luogo che prima aveva veduto così tenebroso, lo vidi mutato in lucido e chiaro; in esso Dinocrate tutto bello e sereno, in abito da festa e tutto racconsolato: nel luogo della cancrena era rimasta pur la cicatrice bella e saldata. La peschiera poi, tanto alta più del fanciullo, era abbassata per modo che giungeva a mezzo la vita di lui. Sul margine della peschiera era una tazza piena d'acqua. Il fanciullo, presa la tazza, ne beveva, ed attingendone dalla cisterna e pure bevendo, ne fu saziato : sicchè tutto allegro si partì di là, ed a modo che fanno i fanciulli si pose a trastullarsi. Quindi io compresi di essere esaudita e che il fratel mio era uscito di pena. »
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In ultimo deve animarci ad impartire una buona educazione ai fanciulli, sebbene ancor teneri, la soave consolazione che noi ci procacciamo, pensando che con essa conserveremo a lungo, e forse per sempre, la loro innocenza, e così avremo in mezzo di noi tanti angioletti, vestiti di umane sembianze, belli ed amabili agli occhi di Dio, delizie del Paradiso, i quali attirino sopra di noi e sulle nostre famiglie le più elette benedizioni del cielo.
Molti fatti passati e presenti potremmo qui riferire in prova della influenza che i buoni fanciulli e gli stessi bambini esercitano sul cuore di Dio a vantaggio degli altri mortali. Serva per tutti il seguente. Un grand' ammiraglio portoghese, per nome Albuquerque, viaggiando per le Indie fu sorpreso in mare da una terribile burrasca, contro la quale lottavano indarno gli sforzi dei marinai e la perizia del capitano. Minacciando la nave di naufragare da un istante all'altro, e piangendo ed urlando tutti i passeggieri al vedersi così vicina la morte, l'ammiraglio, pieno di fede, prese tra le mani un bambino che trovavisi pur sulla nave, e levandolo al cielo, disse: « Deh! o gran Dio, se meritano castigo i nostri molti e gravi peccati, almeno l'innocenza di questo bambino plachi il tuo giusto sdegno, e ti renda benigno sopra di noi e ci ridoni la calma. » Piacque a Dio questo atto ed esaudì tosto la preghiera. All'istante cessano i venti , si acquetano le onde, si rasserena il cielo, e la nave con tutti i passeggieri prosegue il suo cammino e giunge felicemente al porto.
Oh! quante burrasche, quante sventure non accadono eziandio nelle famiglie cristiane, talvolta in punizione dei peccati! E in tali strettezze è pur una gran consolazione l'avere in casa un fanciullo od una fanciulla innocente, il poter porre tra noi e Dio le sue orazioni e la sua angelica vita! Oh! quante volte il Signore risparmiò alle famiglie terribili flagelli in vista dei figliuoletti innocenti che si trovavano in mezzo di loro!
Padri e madri di famiglia, Cooperatori e Cooperatrici, per tutti questi motivi d'ordine sovrannaturale procuriamo d'instillare con ogni sollecitudine nei nostri figliuoli i germi d'una sana educazione fin dai loro teneri anni. Per tal modo noi ci procaccieremo soavissime consolazioni, adempiremo uno dei più sacri doveri, non ci metteremo al pericolo di piangere più tardi e inutilmente sopra dei nostri figli e riusciremo a formare dei membri utili alla religione, alla famiglia alla patria.
UN altro lutto ben grave per la nostra Pia Società fu la morte di questo venerando Vescovo, avvenuta nel nostro Ospizio di S. Giovanni Evangelista in Torino, la mattina del 15 febbraio scorso. Dopo dieci anni che passava in mezzo di noi, vivendo della nostra vita, associandosi alle nostre gioie come alle nostre pene e fatiche, noi, ammirando gli edificanti esempi di virtù e di operosità che continuamente ci dava, lo consideravamo come un nostro carissimo amico, lo amavamo come un padre tenerissimo; ed egli a sua volta, in questi anni, come d'altronde avea fatto pel passato, ci ricambiava con tante prove di affetto da farci credere d'essere veramente suoi figli dilettissimi.
Mons. Basilio Leto era nato in Masserano, nel circondario di Biella e diocesi di Vercelli, da distinta famiglia il 29 settembre 1819. Giovanetto si ascrisse al clero di Vercelli, dove nel corso degli studii si distinse per ingegno e pietà singolare. Amantissimo degli studii e del ritiro, come era, appena ordinato Sacerdote il 20 maggio 1842, volle entrare tra gli Oblati di quella città; ma poco vi potè restare, perche il suo Arcivescovo lo chiamò, benchè giovane ancora, a reggere la importantissima Parrocchia di Trino Vercellese.
Fu in questa città che ebbe agio ad esplicare il suo zelo, la sua dottrina, la sua prudenza e la sua carità. Vero padre e pastore, fu tutto a tutti, per lucrare tutti a Gesù Cristo. Dopo molti anni la sua memoria è ancora in benedizione.
Creato nell' agosto del 1873 Vescovo di Biella dalla v. m. di Pio IX, non è a dire con qual zelo abbia governata quella Diocesi per circa tredici anni, finchè glielo permise la sua salute.
Nel 1880 fu fatto Ufficiale dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro.
Gli ultimi suoi anni desiderò passarli presso la Chiesa di S. Giovanni Evangelista ed in mezzo ai figli di Don Bosco, cui egli aveva tanto amato in ogni circostanza. Dal 1886 a questa parte egli ci edificava tutti colla sua pietà, il suo zelo, la sua operosità. Egli era veramente instancabile al confessionale, nelle funzioni, nella sacra predicazione. Uomo veramente di fede , alla fede informava i suoi pensieri, le parole, le opere, la vita intera.
Da lunga mano veniva preparandosi alla morte, che riguardava come il passaggio alla vera felicità e alla vera gloria. Una malattia di cuore, da cui era colpito, non pareva ne minacciasse ancora l'esistenza; se non che la mattina del 15 del mese u. s. aggravatosi inaspettatamente, dopo aver chiesti e ricevuti i SS. Sacramenti con viva fede e con edificante pietà ed essere stato confortato nelle ultime ore dell'amorosa assistenza di S. Ecc. Rev.ma Mons. Davide dei Conti Riccardi, Arcivescovo di Torino, placidamente spirava nel bacio del Signore alle ore 11,30, ìn età di 77 anni, lasciando nel lutto i Salesiani, un numero grandissimo di figli spirituali, di ammiratori e di amici , e soprattutto la sorella Suor Fredesvinda Leto, Figlia della Carità.
Don Rua diede tosto il doloroso annunzio del suo trapasso agli Arcivescovi e Vescovi del Piemonte, al clero della diocesi di Biella e della città di Torino, alle popolazioni di Trino e di Masserano, ai parenti, agli amici ed a tutti i Salesiani, raccomandandone la bell'anima alle loro preghiere. Contemporaneamente il successore di lui nella Diocesi di Biella, Mons. Domenico Cumino, con lettera circolare ai RR. Parroci di quella città e diocesi, ordinava se ne desse il segno con tutte le campane delle singole Parrocchie e se ne avvisassero tutti i Parrocchiani; e facendo noto come in quella cattedrale si sarebbe celebrato, d'accordo col Rev.mo Capitolo, una Messa solenne da Requiem per l'anima di chi avea retta quella Diocesi per ben tredici anni, esortava i RR. Parroci a fare altrettanto nelle loro Parrocchie, previa intelligenza colle rispettive Amministrazioni Parrocchiali.
All'indomani, domenica, la salma di Mons. Leto, in abito paonazzo e rocchetto, colla croce episcopale sul petto ed altro crocifisso fra le mani, veniva esposta nella cappella sottostante alla chiesa di S. Giovanni Evangelista, fra un severo apparato di lumi e drappi mortuarii, ove accorsero a dargli un mesto tributo d'affetto e di venerazione e a pregargli la pace dei giusti moltissimi fedeli e dove si successero pure a recitare l'uffizio dei morti i Salesiani; ed il zelante clero della Parrocchia di S. Massimo, nella cui circoscrizione si trova S. Giovanni Evangelista.
Il lunedì di buon'ora, fu trasportato nella chiesa di S. Giovanni. Mons. Emiliano Manacorda, venuto espressamente da Fossano, vi celebrava Messa letta in suo suffragio. Si celebrarono pure parecchie altre Messe dai Salesiani e da altri Sacerdoti. Intorno alle 8 giunsero colà i Rev.mi Canonici del Capitolo Metropolitano e della Collegiata della SS.ma Trinità, preceduti dai Chierici del Seminario Maggiore, i quali recitarono l'Ufficio dei Morti, mentre incominciava a sfilare il prolungatissimo corteo.
Lo aprivano le Figlie dell'Istituto dell'Immacolata Concezione, a cui tenevan dietro le Figlie di Maria della Parrocchia di S. Massimo; indi in doppia estesissima fila i giovanetti dell'Ospizio di S. Giovanni Evangelista, quelli delle Scuole Apostoliche e del Collegio degli Artigianelli ; quindi la banda musicale del nostro Oratorio. Venivano poscia i chierici del Seminario, i frati di S. Antonio, un'eletta rappresentanza del clero cittadino, molti Parroci, i Canonici del Corpus Domini, di S. Lorenzo e della Metropolitana, ed infine S. Ecc. Rev.ma Mons. Arcivescovo di Torino in abiti pontificali.
Tenevano i fiocchi del feretro le rappresentanze dei Canonici di Biella, di Trino e della Pia Società Salesiana.
Immediatamente dietro al carro funebre procedeva il nostro Superior Maggiore, Don Michele Rua, circondato e seguito da parecchi membri della nostra Pia Società, da moltissimi cospicui personaggi del clero e del laicato torinese, da numerose rappresentanze di Biella, Trino e Masserano, delle Società Cattoliche della città con bandiera, di parecchi Istituti, di vani Oratorii festivi anch'essi con bandiera, ed infine da gran folla di popolo che confondevasi in comune e riverente cordoglio coi signori delle più elevate classi sociali.
Lungo tutto il tratto del Corso Vittorio Emanuele, Via S. Francesco da Paola, Via Po, Piazza Castello, Via Palazzo di Città, Via Venti Settembre e Piazza S. Giovanni una moltitudine immensa di gente, commossa e riverente, faceva ala al mesto corteo, la cui imponenza era ben degna dei piissimo Vescovo defunto. Assistevano pure alla sfilata numerosissime guardie della città: l'ordine fu sempre perfettissimo.
Altra folla immensa si stipava sulla gradinata della cattedrale in attesa del corteo, al giunger del quale si riversò nella chiesa.
La Messa fu celebrata dal Rev.mo Canonico Re, con assistenza pontificale di Mons. Arcivescovo. Assistevano pure in presbiterio i Vescovi di Fossano Mons. Manacorda e di Cafarnao Mons. Bertagna. I cantori del nostro Oratorio eseguirono musica del M.° Terziani.
Prima delle esequie S. Ecc. Rev.ma Mons. Arcivescovo, con voce vibrata e con accento, dal quale traspariva l'interna commozione, pronunciò dall'altare un elevato discorso che ci duole di non poter riferire testualmente.
La sua parola, che sgorgava dal cuore, ricordava con frasi scultorie la vita, lo zelo indefesso, la rettitudine nell'operare, l'amor di Dio e delle anime, le fatiche apostoliche e continue di oltre cinquant'anni di sacerdozio dell'illustre defunto, ch'egli chiamava suo padre, suo maestro, suo amico dolcissimo. Ricordò come Mons. Leto fosse amato a Trino, dove fu parroco zelantissimo, tutto a tutti per ben ventotto anni, finchè Pio IX lo volle Vescovo di Biella. Ricordò gli anni laboriosi passati in Biella, ov'egli fu il primo Vicario Generale sotto di Mons. Leto, dalle cui mani ricevette l' episcopale consacrazione.
Sempre unito a Dio, sempre fisso in Lui : Dio, e le anime da Lui redente erano il suo amore e la sua vita. Egli guardava sempre in su, al Cielo, e si sa che chi tiene gli occhi fissi al cielo può urtare in qualche dura pietra che si trova sulla sua strada. In questi ultimi anni il risveglio, il movimento cattolico ci ha reso meno scabrosa la via, e le pietre sono meno dure ; non così allora. Mons. Leto lavorò indefesso a Biella, fino a che venne a Torino, or son dieci anni, in malferma salute, quasi venisse a riposarsi. Ma voi sapete come si riposò, senza mai stancarsi, nel confessionale, nelle funzioni, tutto a tutti, e specialmente ai poverelli, agli operai. Esile di corpo, quasi cadente; eppure quale brio nella sua persona, quale attività nel suo zelo!
Quindi rivolgendo all'anima santa di Mons. Leto, al quale poche ore avanti di spirare aveva dato l'arrivederci... in cielo, un affettuoso saluto a nome proprio, a nome di Mons. Manacorda, il decano dell'Episcopato Piemontese, di Mons. Bertagna, che tanto somiglia al defunto per bontà di cuore, a nome del Capitolo di Torino, del Vescovo e del Capitolo di Biella, del Clero di Trino e di Torino, ed a nome dei Salesiani, presso dei quali ha passato gli ultimi dieci anni di vita laboriosa e santa, lo porgeva esemplare all'imitazione del clero nella pietà, nella rettitudine, nello zelo indefesso e nella vita apostolica tutta per Dio e per le anime.
Questo discorso fece in tutti gli astanti una profonda impressione.
Le esequie furono fatte da Mons. Arcivescovo. Dopo le quali, rimessa la salma sul carro funebre, accompagnata tuttavia da un lungo devoto corteo, venne provvisoriamente condotta al Cimitero della città.
L'affetto vivissimo che Mons. Leto serbava per i suoi Trinesi, dai quali ne era teneramente ricambiato, gli fece esprimere ripetutamente, ed ancora negli ultimi tempi di sua vita, il desiderio che in mezzo ad essi avesse a riposare la sua salma, tanto più che già nel camposanto di Trino giacevano le ossa del padre suo. Il desiderio del buon Pastore fu legge per i buoni Trinesi, i quali, fatte le debite pratiche, lo ricevevano come in trionfo nella loro città nel giorno 21 febbraio. Colà fu celebrato nella parrocchia, ove Mons. Leto avea operato tanto bene nello spazio di ventotto anni, un solennissimo funerale, a cui presero parte, oltre alle autorità e popolazione tutta di Trino, anche i Parroci del Vicariato. Quindi, trasportato al camposanto, venne deposto presso le ossa dell'amato suo genitore, dove i Trinesi gli erigeranno un degno monumento, che tramanderà ai posteri il ricordo di un ottimo Pastore, di un santo Vescovo.
Riposi in pace, o Monsignor Leto, l'anima tua bella. Imperitura sarà la memoria della tua cara dimora fra i Salesiani. Dal cielo deh! impetra loro che possano imitarti nell'amare ardentemente il Signore e nell'operare con zelo instancabile per la salute delle anime !
SPAGNA
Omaggio a Don Bosco.
Nello scorso mese la città di Malaga dedicava una delle sue vie principali al nome del nostro veneratissimo padre D. Giovanni Bosco. All'inaugurazione solenne di tale dedica intervenne quasi tutto il Municipio in corpo, prendendovi parte vivissima l'intiera popolazione.
Malaga, celebre pel suo rinomatissimo vino, è città importantissima della provincia di Granata e conta circa 150 mila abitanti. Per la sua felice posizione sul Mediterraneo, vi fiorisce assai il commercio.
I Salesiani vi hanno aperto sulla fine del 1894 un Istituto che porta il titolo di Oratorio di S. Enrico. Però è a Malaga, prima che in ogni altra città della Spagna, che essi si erano portati fin dall'anno 1880.
Altra fondazione a Bejar.
L'Opera Salesiana in Ispagna, grazie a Dio, prende davvero un incremento sorprendente. I Figli di Don Bosco, nello scorso gennaio, inaugurarono un' altra Casa a Bejar, nella Diocesi di Plasencia e Provincia di Salamanca.
Tre confratelli partiti da Barcellona, il 7 gennaio, arrivarono colà la sera del 10, festosamente accolti da un ottimo Sacerdote, D. Evaristo Carribias, il promotore principale di questa fondazione.
La Casa fu acquistata da una nobile Signora, Donna Felisa Esteban Rodriguez, la quale sarà senza dubbio la buona mamma di quei nostri confratelli.
L'Ecc.m° Vescovo di Plasencia, Monsignor Pietro Casas y Souto, a cui i Salesiani fecero visita e da cui furono cordialissimamente ospitati prima di portarsi a Bejar , è oltremodo consolato dall'apertura di questa Casa, anzi dimostrò loro vivo desiderio di volerli presto vedere stanziati anche nella sua città residenziale.
Colla festa di S. Francesco di Sales si è incominciato ad inagurare l' Oratorio festivo. Più tardi si aggiungeranno tutte le altre opere di cristiana educazione della gioventù, specialmente povera ed abbandonata, solite a compiersi in tutte le Case Salesiane.
Un consolante avvenimento.
Sia per sostenere le Case già esistenti nella Spagna, le quali a dir il vero già si contano in bel numero, come anche per potere in seguito accondiscendere alle tante domande che al nostro Superiore Don Rua si rivolgono da ogni provincia per avere nuove fondazioni salesiane, anche in quella nazione si faceva grandemente sentire il bisogno di allevare il personale necessario e adatto all'uopo.
Le vocazioni in una regione cattolica come la Spagna non potevano mancare. Difatti già un bel numero di ottimi giovanotti, pieni di zelo e di generosi sentimenti, hanno chiesto di entrare a far parte della nostra Congregazione; anzi parecchi di loro, già divenuti Sacerdoti, lavorano nella estesa vigna dal Signore affidata ai Figli di Don Bosco.
Quello che si faceva desiderare era una Casa apposita, ove formare, nella pietà e nello studio, all' apostolato salesiano questi bravi giovani, che vanno aumentando coll'estendersi della conoscenza della nostra Pia Società.
Finalmente però questi desiderii si sono appagati. Mercè la bontà di ottimi benefattori, la Casa tanto sospirata si è trovata a San Vicens dels Horts, presso Barcellona, dove il giorno seguente all'Immacolata Concezione dello scorso anno si recavano venticinque giovanotti, che formano le speranze più belle e più care della nostra Congregazione.
Quest'avvenimento tornò di grande consolazione a tutti i nostri Cooperatori di Spagna, perchè allargò loro il cuore alla speranza di vedere viemaggiormente estendersi nella loro patria l'opera dei Figli di D. Bosco a pro di tanta povera gioventù.
PATAGONIA CENTRALE
Mons. Cagliero alla Missione del Chubut.
IL 10 di ottobre dell' anno testè decorso, Monsignor Giovanni Cagliero, Vescovo Titolare di Magida e Vicario Apostolico della Patagonia, s'imbarcava a Buenos Aires sul vapore Primer de Mayo per recarsi alla Missione del Chubut, nella Patagonia Centrale.
Durante il viaggio di mare, fino al porto Madryn, Monsignore fu trattato con ogni onore dal comandante del vapore, sig. Nogarera, che lo volle sempre al suo lato ed alla sua mensa.
Alla stazione di Trelew, un diciotto e più chilometri da Rawson, capitale del Territorio e centro della Missione, erano a riceverlo, oltre ai Salesiani e ad un drappello di alunne del Collegio di Maria Ausiliatrice, varii signori e signore e lo stesso Governatore del Territorio, sig. Eugenio Tello, il quale ebbe il gentile pensiero di far colà preparare la sua carrozza per Monsignore ed altri calessi per condurre alla capitale tutta la gente colà andata ad incontrare il Vescovo Salesiano.
Si giunse da tutti a Rawson a notte avanzata. Ciononostante varii signori di quella città ed alcuni dei principali della Colonia italiana vollero presentarsi ad ossequiare Monsignore, il quale nei giorni seguenti fu pure visitato da tutte le Autorità locali, che continuarono a dimostrargli la loro simpatia e venerazione durante tutto il suo soggiorno di più di un mese in quella capitale.
Indicibile è il bene operato da Monsignor Cagliero in quel frattempo. Egli predicava si può dire ogni giorno: la frequenza ai Santi Sacramenti fu assidua nei grandi e nei piccoli. Le Cresime furono generali per i vecchi e per i fanciulli, e tra i Battesimi si annoverano tre di protestanti gallensi. La solennità e la novità delle funzioni trasse pure la curiosità di molti protestanti, i quali dimostrarono non poca stima a Monsignore, sia pel suo carattere socievole, sia per lo scopo che lo aveva tratto in quel paese, vale a dire solamente il desiderio di salvar anime, senza altre mire umane. Anzi, se dobbiam credere a quel che n'hanno pubblicato i giornali Americani, alcuni de' principali non mancarono di notare la marcata differenza tra i Missionarii Salesiani, che si occupano dei figli del popolo istruendoli nei loro Collegi, ricoverandoli, se orfani, nelle loro Case, e riunendoli le domeniche nei loro Ricreatorii ed Oratori festivi; ed i loro pastori che non si occupano affatto del gregge e solo attendono alla cura delle loro famiglie.
L'ottimo Governatore volle che Monsignore onorasse ogni giorno la sua mensa. Fu pure invitato ad una amena escursione pel Rio Chubut, ed a pranzo dal signor comandante Romero, Sotto-Prefetto del porto, come pure da uno dei principali commercianti della Colonia italiana, certo sig. Costa, unitamente ai più ragguardevoli signori di Rawson.
Monsignore volendo pur corrispondere a tante attenzioni e gentilezze, il giorno di Tutti i Santi volle alla sua volta uniti tutti quei signori ad un modesto banchetto nella Casa della Missione, insieme col Governatore e con tutte le Autorità locali.
La Colonia di Rawson, composta la maggior parte di Italiani, si diede gran premura di onorare Monsignore; e tutti si mostravano assai contenti, quando Monsignore li riceveva nella sua piccola stanzetta accanto alla Chiesa, e più ancora quando egli andò a restituire loro la visita in ciascuna casa. Tutti, grandi e piccoli, vollero avere un ricordo da lui: chi un libro, chi un rosario, chi una medaglia od imagìne.
I ragazzi e le ragazze dei due Collegi salesiani furono in quei giorni i preferiti da Monsignore : non mancava di visitarli spesso nelle loro scuole, li aveva tutte le sere al sermone, nè lo lasciarono partire senza avere ciascuno avuto un regalo della sua visita.
Un giorno Monsignore desiderò visitare la piccola borgata di Trelew, dove in mezzo a protestanti gallensi vivono quattro o cinque famiglie cattoliche, ed il Governatore non solo mise a sua disposizione la sua carrozza, ma lo volle accompagnare personalmente. Colà in mancanza di chiesa, si improvvisò una cappella nella casa di un buon commerciante genovese, per nome Pasquale Daleoso di Porto Maurizio, e circondato da quei buoni Italiani amministrò la Santa Cresima a sette fanciulli, tenne un sermone di circostanza e regalò ad ognuno un libro, una medaglia ed una bella imagine.
E non perdendo di vista gli Indii Tehuelches, Monsignore approfittò della venuta a Rawson del Cacico Salpo, per parlargli della istruzione cristiana e dei santo Battesimo alla sua gente. Il Cacico acconsentì, e Monsignore cogliendo la favorevole occasione, in cui il Governatore pensava visitare il suo Territorio, vi mandò lo stesso Direttore della Missione Don Bernardo Vacchina, affinchè istruisse non solo i Tehuelches, ma portasse i soccorsi spirituali a quanti coloni, naturali e stranieri, popolano quelle lontane terre sino alle Cordigliere per lo spazio di centinaia e centinaia di leghe.
Prima di lasciare il Chubut, Monsignore sempre pieno di zelo per la salute delle anime e per provvedere ai bisogni dei poveri della Colonia, riunì le signore pricipali del luogo e stabilì una Conferenza di Vincenzine, con l'annesso laboratorio di giovanette aspiranti: inaugurò il nuovo Ospedale e fece benedire la Croce per un Cimitero cattolico.
Presiedette due volte le Conferenze delle signore del Sacro Cuore e delle Figlie di Maria, che aumentarono di numero, animandole alla pratica di tutte le virtù proprie della donna e della fanciulla cristiana.
Alla sua partenza dal Chubut ricevette attestati di divozione da tutta la Colonia, dai compatrioti Italiani e dalle Autorità locali; ma quelli che più sentirono la partenza di Monsignore, furono i fanciulli e le fanciulle dei due Collegi della Missione salesiana, che Monsignore durante il suo soggiorno a Rawson amò con tenerezza veramente paterna, e dai quali ne venne ricompensato con eguale amore figliale.
Faccia il Signore che quella lontana terra sia popolata da buoni cattolici, i quali vi facciano fiorire le virtù cristiane, atte a vincere e soggiogare l'eresia gallense, e che gli Indii Tehuelches, convertiti alla fede cattolica, siano figli devoti alla Chiesa, conquista alla civiltà e braccio forte alla patria loro.
Notizie geografico-storiche del Chubut.
Dopo la surriferita visita di Monsignor Cagliero al Chubut, il Cristoforo Colombo, bel periodico italiano di Buenos Aires, pubblicava le seguenti notizie geografico-storiche della Patagonia Centrale, dettate dallo stesso Monsignor Cagliero
La Patagonia si divide in settentrionale, centrale e meridionale: la Settentrionale incomincia dal grado 36 di latitudine australe e va fino al 42, e comprende i Territorii del Rio Negro e del Neuquen: la Patagonia Centrale si estende dal grado 42 al 46 e forma ii Territorio del Chubut: questi tre vastissimi Territorii sono sotto la giurisdizione del Vicariato nostro; dopo viene la Patagonia Meridionale che si protende sino allo Stretto di Magellano e si chiama Territorio di Santa Cruz, che colla Terra del Fuoco appartengono alla Prefettura Apostolica affidata al nostro Monsignor Fagnano.
Il Chubut o Patagonia Centrale fu inesplorato fino a questi ultimi tempi e fu abitato dagli Indii Tehuelches, che si godevano i pascoli di quei deserti con i loro numerosi armenti.
Chubut vuol dire fine tortuoso; e questa regione infatti prende ìl nome dal fiume che, nascendo alle Cordigliere di confine col Chili ad occidente, corre verso oriente per più di cento leghe fino all'Atlantico. Ha molti piccoli confluenti di meno importanza e specialmente il Rio Chico, i quali sono come le arterie di acqua, che dànno corpo e vita alle sterminate loro valli.
L'acqua del Chubut è bionda e limacciosa come quella del Tevere, e non essendovi altra acqua dolce, perché quella dei pozzi o sorgenti è piuttosto insalubre, si è obbligati a beverla come si trova, e fortunato chi abbia la comodità di poterla filtrare ! È però buona e sana, e posta nel bicchiere la si crede inzuccherata, ed è invece inzaccherata di limo bianco.
Il Territorio del Chubut ha una estensione di 243 mila chilometri quadrati, e compete con la nostra Italia; ma non è terra da farne un altro giardino d'Europa o d'America. Appena una metà è atta all'agricoltura ed alla pastorizia; il resto è terreno accidentato, arido e secco, con bassa temperatura, fla gellato da continui e fortissimi venti e senza il beneficio delle pioggie, che lo ristori e fertilizzi.
Alle volte i venti del Sud, provenienti dalla vicina zona glaciale, sono così freddi, che cambiano d'un tratto l'estate in inverno; e chi non vuole tossire corre a vestirsi subito di buona lana.
I padroni di queste terre.
Sino ad ora i veri padroni ed abitatori di questi deserti sono stati, e lo sono ancora, il leone puma, lo struzzo patagonico, il guanaco, che alimenta e veste l'Indio colle sue carni e colla sua preziosa pelle, il piche o porchetto selvatico ed una moltitudine di volatili carnivori ed erbivori senza fine, che si divertono e si distruggono tra loro. A causa del vento e del freddo vi sono pochi insetti, nè rettili velenosi.
Il leone puma, quando ha fame, se trova il viandante sprovvisto d' armi, lo assalta, come ultimamente successe ad una povera donna! Veniva essa dal porto San Giuliano con due dei suoi figliuoli e con un suo genero. Trovandosi senza viveri, fecero alto in una valle per cacciare qualche guanaco od altro volatile e così soddisfare la fame. Imprudenti, dissero alla madre di starsene sola in quel paraggio e di non muoversi di là fino al loro ritorno per non smarrire il cammino. Ora sia che la infelice fosse stanca di aspettare, o fosse vaga di passeggiare per quegli sconosciuti sentieri, il fatto sta che al ritorno dei figli non vi trovarono più la madre! Corsero da tutte le parti gridando e piangendo, ma invano! Al terzo giorno trovarono soltanto alcuni brandelli delle sue vesti! I leoni puma l' avevano di certo divorata !
La costa del mare è popolatissima di squisiti molluscbi, specialmente di mejillones della classe delle ostriche, di lupi marini, foche, delfini e balene.
Il Golfo Nuovo è uno dei principali porti della Patagonia Centrale, e sarebbe come la nostra Spezia. Ha solo sette miglia di entrata, e dentro presenta un piccolo mare di 45 miglia di lunghezza per 38 di larghezza. Il Governo vi fa gli studii per un porto militare e per gli esercizi navali.
Nella penisola San Josè avvi una naturale e ricchissima miniera di sale, oltre ad alcuni sedimenti di sabbia aurifera, ove lavorano cercando fortuna un centinaio circa di Italiani.
Presso le Cordigliere, che ancor esse racchiudono nel loro seno veri tesori di minerali, vi sono fertili e verdeggianti valli, dove si sono sterminatamente propagate le fragole e le mele, importate, come dice la tradizione, dai Missionari Gesuiti, un duecento anni fa, dalla parte del Chilì. Allora saranno state buone; ora però sono degenerate ed hanno un gusto assai silvestre, come ebbi a provarlo nelle valli di Norquin e nella traversata delle Ande.
Gli Indii Tehuelches.
Gli Indii Tehuelches della razza dei giganti vanno scomparendo a misura che si avanza la civiltà moderna, che li vuole o soldati, o sterminati, od allontanati dal suolo conquistato colla sola ragione delle armi. Convien però dire, ad onor del vero, che gli ultimi Presidenti, più umani, li protessero e concessero lóro terreni, perchè vi si ristabilissero colle loro famiglie, specialmente se già cristiane. Essi sono sparsi in gruppi di 200, 300, e qualche volta di più di 500, nelle valli sconosciute e nascosti nelle gole delle montagne, dove godono momentanea pace: altri fanno vita nomade e vagano dal Nord al Sud pel deserto in cerca di pascoli pei loro armenti e di libertà per le loro famiglie.
I Missionari Salesiani li visitano di tempo in tempo percorrendo grandissime distanze e sostenendo maggiori privazioni, come fecero in passato il nostro D. Milanesio, Don Bonacina, ed ora anche Don Bernardo Vacchina.
I primi coloni inglesi.
Dal 1865 al 1875 si sono stabiliti dalla parte del mare e lungo la valle del Rio Chubut, per il tratto di 70 chilometri, i primi coloni inglesi del Principato di Galles. Pare che il loro primo intento fosse di stabilirvisi in regione indipendente e formare una specie di conquista britannica; ma la bandiera argentina, issata dopo il 1880 in mezzo della loro Colonia, pare abbia smorzato loro gli ardori primitivi.
Essi hanno sofferto e lavorato molto nei primi anni, e se non era per gli Indii che li soccorsero, sarebbero periti di fame. Presentemente si trovano in buone prospettive di prosperità, e mediante un lavoro costante e tenace, hanno potuto canalizzare il fiume che passa per mezzo delle loro terre, per centinaia di chilometri alla destra e sinistra della valle, ottenendo quest' anno fino a 100000 sacchi di buon grano, che per mezzo di una piccola ferrovia di 70 chilometri trasportano al Golfo Nuovo e di lì a Buenos Aires per cambiarlo in articoli di consumo.
Attualmente sono in numero di 2500: se ne vivono sparsi per la campagna e nelle loro modeste case coloniche, e quando hanno pane, butirro e the, sono signori e non hanno più bisogno di altro.
La loro lingua è la gallense: vivono a sè e non si confanno quasi con la stirpe latina, specialmente perchè cattolica, rifiutandosi persino di imparare, onde non parlare, la lingua spagnuola, che è la comune nella Repubblica Argentina.
Attaccatissimi ciascuno alla loro setta, sono divisi in anglicani, presbiteriani, luterani, anabattisti ecc : ciascuna setta ha la sua cappella col proprio pastore, al quale però pare non portino una grande venerazione, perchè secolare e vestito da secolare come gli altri coloni, e con famiglia al pari di tutti.
Le tre borgate principali.
Presentemente la Colonia del Chubut ha tre borgate alquanto formate e sono Rawson, Trelew e Gaiman.
Rawson è la capitale del Territorio con case di buon materiale, con negozi ed edifizi pubblici. La Chiesa è dedicata alla Madonna Addolorata, con Casa e Collegio della Missione, Ospedale, Casa e Collegio delle Suore di Maria Ausiliatrice.
La popolazione è di soli 400 abitanti al presente, e se il Governo attuasse il progetto di fare porto militare il vicino Golfo Nuovo, e provvedesse il fiume di un rimorchiatore che facilitasse ai bastimenti mercantili la entrata del Rio Chubut, certamente aumenterebbe il commercio e gli abitanti stessi.
Gli fu dato il nome di Rawson, che fu un ministro argentino, il quale concesse e firmò il contratto delle proprietà date ai coloni. Le case sono poste sulla riva delle due sponde del fiume, e sono unite per mezzo di un bel ponte di legno di 113 metri; e dista solo un cinque chilometri dalla foce e dall'Atlantico.
Le Autorità sono argentine, i coloni stranieri, e la maggior parte italiani, friulesi, liguri, toscani e calabresi, i quali hanno il monopolio del commercio, delle arti e dei mestieri, per la semplice ragione che sono i soli industriali che vogliano e siano capaci a fare di tutto.
La maggioranza della popolazione è cattolica; i gallesi sono appena un centinaio, ed i nostri italiani, fatte poche eccezioni, sono quelli che frequentano di più la Chiesa della Missione e che praticano con semplicità e convinzione i precetti della nostra Santa Religione. Tra loro è spesso nominato il capitano Luigi: è un vecchiotto ligure, il quale, dopo avere solcato i mari per cinquant'anni, arrivò al Chubut e vi si stabilì sulla sponda destra del fiume colla sua famiglia. Assiduo alla Chiesa ed ai SS. Sacramenti, in questa ultima missione si presentò vecchio di 65 anni a ricevere la santa Cresima coi fanciulli e bambini della Colonia, contento di avere potuto compiere a tempo questo dovere di buon cristiano.
Nella vicina borgata di Trelew vi sono soltanto quattro o cinque famiglie cattoliche in mezzo ai protestanti gallensi, i quali però non cercano di fare proselitismo e lasciano in pace i cattolici. Così è che di quando in quando qualcuno dei nostri Missionari va a celebrare loro la Santa Messa ed amministrare i SS. Sacramenti : e siccome non si potè ancora edificare una Chiesa cattolica, si trasforma in cappella una stanza ora in una, ora in altra famiglia di quei nostri buoni Italiani. Lo stesso si fa nell' altra borgata di Gaiman distante sette leghe dalla Casa centrale della Missione.
Voglia il Cielo che i nuovi coloni che vennero a popolare queste vergini terre, siano non solo buoni agricoltori, ma altresì buoni cristiani, i quali facciano fiorire le virtù e le pratiche di nostra santa Religione in mezzo a questi eretici, e si ottenga così di stabilire la unità della fede cattolica, unica colonna e firmamento della verità ed unica arca di salvezza.
Ritorno a Buenos Aires.
Partiti da Rawson la mattina di un lunedì con un tragitto di 30 chilometri siamo giunti al porto Madryn.
Credevamo incontrare il vapore che un mese e mezzo prima ci aveva lasciati a terra, invece trovammo una fregata argentina in partenza per lo Stretto di Magellano. Il comandante, amicissimo dei Missionari Salesiani e che ci conosceva personalmente, non appena ci seppe nel porto, ci volle a bordo con quelli che ci avevano accompagnati da Rawson, e passammo una bella giornata trattati con tutta squisitezza da lui e dai suoi ufficiali di marina.
Discesi a terra, ospitammo nella casa del Sotto-Prefetto del porto per tre giorni, dopo i quali arrivò il sospirato vapore « Primer de Mayo » che doveva condurci sani e salvi a Buenos Aires.
In questo frattempo arrivava una goletta dalle Isole Malvine, che trasportava un Reverendo Vescovo Anglicano, Capo di una delle quattro sètte che si disputano il piccolo gregge gallense del Chubut, il quale era, credo, in visita pastorale.
Intanto il nostro Don Antonio Mangano, che m'accompagnava, istruiva, ed io amministravo la S. Cresima a quattro fanciulli : due erano della famiglia della guardia del porto, buon cattolico spagnuolo, e due di un ottimo italiano piacentino, di nome Francesco Massa, addetto ai lavori del molo. La signora del Massa era la sola donna cattolica del luogo, e perciò convenne cresimare le sue ragazzine senza madrina. Questa buona e pia Sunamite è felice ogni volta passano in quel porto deserto i Missionari Salesiani o le Suore di Maria Ausiliatrice! Li riceve nella sua piccola casetta di legno, offre subito il the, cuoce il pane nuovo e con buoni tagliarini li fa stare allegri. Alla loro partenza, come se si separasse dai suoi più cari, le si inumidiscono le ciglia e le si stringe il cuore dalla pena e dall' afflizione ! Tanto è potente il ricordo e l' amore della Patria e della Religione, quando si incontrano in questi inospitali e sterminati deserti !
+ GIOVANNI Vescovo.
Il cuore di una figlia consolato!
Da quarantatrè anni mio padre non si accostava più ai SS. Sacramenti, con grande dispiacere mio e di tutta la famiglia. Non sapendo in qual modo ottenere la sua conversione, decisi di consecrare tutta me stessa a Maria Ausiliatrice, affinchè Ella gli desse uno di quegli sguardi che bastano ad intenerire i cuori più induriti. - Or son due anni, entrai nella Congregazione delle Figlie di Maria Ausiliatrice e continuai a pregare con questo fine, recitando ogni giorno particolarmente la Corona dell'Addolorata. Il Giovedì Santo scrissi una lettera a mio padre: ed oh ! miracolo di Maria Ausiliatrice e di Gesù Sacramentato ! appena gli giunse nelle mani, la lesse piangendo come un bambino; in conseguenza si lasciò appendere al collo una medaglia di Maria SS. Ausiliatrice. Alcuni giorni dopo gettavasi ai piedi di un zelante Sacerdote e con gran dolore gli faceva la confessione de' suoi peccati. Quindi in compagnia dei parenti e con visibile sua consolazione ricevette la S. Comunione. Non posso esprimere la felicità provata nel ricevere tale notizia! Io non ho parole per ringraziare degnamente la Vergine Ausiliatrice di tanta grazia. La mia riconoscenza sarà eterna!
Nizza Monf., 15 Ottobre 1895.
UNA FIGLIA DI MARIA AUS.
L'invocai e mi esaudì.
Da lungo tempo la mia famiglia aveva una questione in pendenza che, per quante istanze e tentativi si facessero, non poteva mai venir sciolta. Bramando ardentemente di venire ad una conclusione e sviluppare quel nodo intricato, mi rivolsi con grande fiducia a Maria SS. Ausiliatrice, affinchè intervenisse col suo potente patrocinio e conducesse felicemente le cose a termine. La gloriosa Regina degli Angioli mi esaudì; ed ora Le rendo pubbliche grazie insieme con tutta la famiglia, pregandola di continuare a proteggermi e coprirmi col suo manto stellato , mentre io piena di riconoscenza e di amore non cesserò per tutta la mia vita di proclamare la sua bontà e misericordia e di invitare tutti i bisognosi a ricorrere alla sua efficace intercessione, sicuri che otterranno quanto desiderano , poichè Ella è onnipotente presso il suo Divin Figlio.
Omegna (Novara), 22 Dicembre 1895.
CATERINA BELTRAMI.
Maria inspiratrice di buoni pensieri.
Rendo pubbliche e vive grazie a Maria Ausiliatrice, la quale mi ha fatto nascere - per virtù di un miracolo - una luminosa idea in tempo dubbioso, dandomi mezzo per maturarla , coraggio per effettuarla e forza per durare costantemente nell' abnegazione e ne' modi inspirati, più acconci e favorevoli per ottenere quello che mi darà nuova speranza e pace all'animo.
Castel Rocchero, 1 Gennaio 1896.
EMILIO MORINO.
Maria mi ha preservata dalla grandine.
Rendo pubbliche grazie a Maria SS. Ausiliatrice per averci nella scorsa estate preservati dalla grandine che più volte ha minacciato le nostre campagne. Sempre che il tempo minacciava gravi conseguenze per i nostri raccolti, io piena di fede mi rivolgeva a Maria Ausiliatrice promettendole una Messa di ringraziamento, che tosto il giorno seguente faceva celebrare da questi benemeriti Salesiani. A lode della Vergine debbo dire che sono stata sempre esaudita. Sia dunque benedetta e ringraziata la buona Vergine Maria!
Faenza, 2 Gennaio 1896.
UNA VEDOVA FAENTINA.
Ricorrete con fiducia a Maria.
Ben a ragione si proclama Maria Aiuto dei Cristiani. Ricorsi con preghiere alla di Lei potente intercessione per ottenere la conversione d'un' anima e la SS. Vergine nella materna sua bontà si compiacque esaudire le mie suppliche. Coll'animo pieno di riconoscenza adempio alla promessa fatta, cioè di fare pubblica l'ottenuta grazia, e spedisco la qui unita somma per la celebrazione di due Messe, una di ringraziamento, l'altra perchè la Vergine Santa si degni continuarmi la sua assistenza, onde io possa cristianamente alle vare i quattro miei teneri figli e insieme con essi tutti salvare l'anima mia. Canale, 6 Gennaio 1896.
FAUSTINA MANARESI Ved. MARCHISIO. Maria Consolatrice degli afflitti.
Da vari mesi era tormentata da un male non tanto fisico quanto morale, che mi faceva soffrire indicibilmente. Inutile mi fu ogni umano rimedio. Il giorno 1° del corrente mese trovavami più che mai aggravata da questo male, che non mi lasciava un momento di quiete: già il maligno nemico cercava togliermi la pazienza e rassegnazione... quando, stanca, affranta sotto sì enorme peso, con viva fiducia mi gettai in ginocchio dinanzi alla Santa Vergine, e ardentemente la pregai a volermi ottenere la liberazione di tanti affanni ed angoscie. Oh bontà di Maria! Ero ancora in ginocchio e già mi sentii sollevata. Ora sono intieramente libera. Oh ! quanti sono tribolati sii questa terra, ricorrano alla bontà di Maria Ausiliatrice, ed essi saranno consolati! Maria si compiace tanto d'essere venerata e pregata sotto il titolo di Aiuto dei Cristiani!
Giaveno, 7 Gennaio 1896.
VIRGINIA GENINÀTTI. La pace in famiglia.
Da tre anni era disturbata la mia pace.
Ora la Vergine Ausiliatrice ha esaudito la mia preghiera e quella de' miei parenti ed amici, ma più di tutto le suppliche e le orazioni dei giovanetti dell'Oratorio di Don Bosco in Torino, ai quali non ho bastanti parole per esprimere i miei ringraziamenti. Quando tutto pareva disperato per una vertenza che poteva avere serie conseguenze, alla vigilia di portare tutto in tribunale mercè l' intercessione di Maria Ausiliatrice si venne ad un accomodamento, del che le rendo pubblicamente vivissime grazie... Oh!.. non manchino gli afflitti ed i sofferenti di ricorrere a Lei, chè certamente saranno esauditi nelle loro speranze !
Campione, 29 Gennaio 1896.
ANTONIO VERDA.
Evviva Maria SS.ma Ausiliatrice.
Il vaglia postale che invio colla presente è l'offerta che il sottoscritto promise a Maria SS. in riconoscenza dell'ottenuta guarigione alla mia povera moglie. Sì di tutto cuore ripeterò ognora : Evviva Maria SS. Ausiliatrice ! Passai alcuni giorni della scorsa settimana in tanta agitazione. Mille tetri pensieri mi balenavano per lamento. Ricorsi fiducioso a Maria SS. e ne fui esaudito !
Ripatransone, 4 Febbraio 1896.
FLAVIO PIERGALLINI.
Una desideratissima conversione.
Un caro allievo del nostro Oratorio di Torino era afflittissimo nel vedere il padre suo lontano da ogni pratica religiosa, anzi affetto da odio contro ogni cosa o persona che già appartenesse alla nostra religione santissima. Tale giovanetto sotto il peso di così acerbo dolore si rivolse a me per consiglio e sollievo, ed io non omisi certo di raccomandargli di pregare e di affidare a Maria SS. Ausiliatrice questa bisogna. Ne sia ringraziata la Vergine Santissima! Oggi, 13 febbraio, questo caro giovane ritorna a me con notizie consolantissime. Il padre suo, che da più di venti anni stava lontano dalla chiesa, in queste ultime settimane sentì potente il bisogno di mutar vita. Assistette ad una breve sacra missione e si convertì per modo, che oggi conduce una vita da cattolico schiettamente convinto e praticante con ineffabile edificazione e consolazione della sua famiglia.
Torino, 13 Febbraio 1896.
Sac. STEFANO TRIONE.
La dote di mia figlia nelle mani di Maria.
Coll'animo commosso e pieno di riconoscenza verso di Maria SS. Ausiliatrice per molte grazie concessemi, ma specialmente per la guarigione ultimamente ottenuta all'amata mia sorella, prima ancora che si desse termine alla novena suggerita da Don Bosco, invio al santuario di Maria Aus. in Torino la qui unita somma, che aveva radunato per aggiungere alla dote di mia figlia, onde siano celebrate tante Messe all'altare della potentissima Vergine. Si degni la SS. Vergine di vegliare su tutta la mia famiglia ! Son persuasa che nelle sue mani questa somma frutterà il cento per uno e per l'anima e pel corpo. Ne ho già fatto l'esperienza. La cassa della SS. Vergine non fa mai fallimento, come assicurava già Don Bosco!
Genova, 14 Febbraio 1896.
UNA MADRE DI FAMIGLIA.
Rendono pure grazie infinite a Maria SS. Ausiliatrice per segnalati favori ottenuti mediante la potentissima sua intercessione i seguenti
Giovanni Marcheselli, il quale dopo aver posto al collo della Sig. Erminia Serra una medaglia di Maria Ausiliatrice, ottenne che questa signora fosse liberata da gravissimo pericolo di morte. - Domenico Milanesio, Maestro, Moncalieri. - Luigia Tagliavacche, Genova. - Merlino e C., Mathi. - Battista Cappucci, Toano (Reggio Emilia). - Teol. Luigi Manias, Canonico Penitenziere, dies. - C. P. Cooperatore Salesiano, Sestri Levante, - Giuseppe Treves, Emarese. - F. P. Camburzano (Novara). - Don Tommaso Ferraris, Priore di S. Leonardo, Canelli. - Pietro Romagnoli, Ostra. -S. L., Clusone. - Paola Bosco Briata, Belforte Monferrato. - M. F. E., Torino. - Grandiglia Goisis, Bergamo. - Nicolò Castellacci, Firenze. - Giovanni Mollar, Cuniana. - Rachele V. Brusadelli, Cassano Magnago. - Luigia Gasperi, Maestra, Enguiso (Tirolo). - Il Can. B. A., Crema. - Anna F errero, Farigliano. - Il Sacerdote C. R. dell'Archidiocesi cli Genova. Petronilla Rosati-Agrippa. - Daniele Dago Novara. - L. B. in G., Genova.. - Caterina Grassi. - N. N., Benevagienna. - Sorelle Amalia e Vittoria Angiolin, Barcolo (Tirolo). - Sac. Giovanni Qualtorto per la Sig. L. C. guarita da mal d'occhi Alessandria. - Vittoria Raimondi-Patriti, Pallanza. -- Serafina Cauvin Ved. Archini, Torino. - Gio. Battista Gazzera, Benevagienna. - Giovanni Birolo, S. Sebastiano Po. - Vincenzo Malvigio, Guarene. - Antonietta Scarpa-Panetti, Portosecco. - Mariano Rigazzi, Sortino. - O. F., Bianzè. - Mas Fel, Pallanza. - Pietro Ercolini, Torino. - Mariana Neris-Bitonti, Melpignano. -Ernesto Giacobini. - D. Pier Felice Biglia, a nome della Cooperatrice Lucia GaNdolfo-Raimondi, guarita in seguito ad una novena di preghiere, e di due altre persone gravemente inferme che al mettersi al collo la medaglia di Maria Ausiliatrice provarono sensibilissimo miglioramento. - M. F. T. antico allievo di Don Bosco, Torino. - Giulia Bardessono, che mettendo sul petto di un infermo ed a sua insaputa la medaglia di M. A. e del S. Cuore di Gesù, gli ottenne una santa morte. - Agnesa Olivero, Genola.
FESTE E CONFERENZE ad onore di San Francesco di Sales.
SE v'ha tempo, in cui l' azione salesiana deve manifestarsi nel suo massimo vigore, egli è senza dubbio nell' occasione della solennità del caro nostro S. Francesco di Sales. L'imitazione, si sa, è il modo migliore di onorare i Santi. E Don Bosco, di c. m., per solennizzare la festa dell'amabile nostro Patrono, stabilì che i Salesiani ed i loro Cooperatori e Cooperatrici si radunassero tra di loro a conferenza, onde, sull'esempio di Lui, animarsi sempre meglio all'amore di Dio e del prossimo, allo zelo ardente per la salute delle anime, le virtù che maggiormente spiccarono nell'Apostolo del Chiablese, nel Santo Vescovo di Ginevra.
Nelle conferenze salesiane di solito una parte principale riguarda il passato; ma chi non sa che questo sguardo retrospettivo delle, opere compiute non è fatto a bella posta per prendere nuovo coraggio, nuova lena a compierne delle maggiori nell'avvenire?
Quindi è che dove si tengono regolarmente queste conferenze, vi si scorge pure uno slancio sempre crescente nell'operare il bene ed anche le opere cattoliche locali vanno via via fiorendo in modo mirabile.
Pertanto noi ci congratuliamo di cuore coi nostri ottimi Cooperatori e pie Cooperatrici, cogli zelanti Direttori, Condirettori e ViceDirettori Diocesani, coi Decurioni, Comitati e Sotto Comitati che anche in quest' anno hanno dato consolante incremento alle nostre conferenze. La rassegna che qui ne facciamo valga ad altri di eccitamento all'imitazione.
Diciamo anzitutto brevemente della festa celebratasi nella chiesa di Maria Ausiliatrice in Torino, alla quale, dietro invito del nostro venerato Superiore, accorsero in gran numero i Cooperatori e le Cooperatrici Torinesi.
Nel mattino numerose furono le S. Comunioni. Alle 10 celebrò Messa pontificale S. Ecc. Rev.ma Mons. Edoardo Pulciano, Vescovo di Novara; i nostri giovanetti eseguirono egregiamente musica del Gounod.
Nel pomeriggio dopo i Vespri solenni , con slancio ed unzione apostolica disse il panegirico del Santo lo stesso Vescovo di Novara. La benedizione col SS. Sacramento fu impartita dal compianto Mons. Basilio Leto, Vescovo titolare di Samaria.
Nella chiesa di Maria Ausiliatrice si desiderava ancora un quadro dell'amabile nostro Patrono che rispondesse alla grandiosità del sacro tempio. Venne finalmente quest'anno a renderci più cara e più solenne la sua festa. È un bellissimo lavoro del pittore torinese Enrico Reffo (di cui presentiamo qui di fronte la riproduzione fotografica), il quale fu posto nella prima cappella a sinistra di chi entra, d'ora innanzi dedicata a questo Santo, dove il pittore Rollini effigiò in graziosi affreschi due episodii della vita del Santo medesimo.
« Il Santo Vescovo di Ginevra (1), grande al vero inginocchiato nel suo oratorio, sta componendo il meraviglioso Trattato dell'amor di Dio. Egli ha sospeso per un istante di scrivere, e, lo sguardo in alto dinanzi a Cristo in croce, chiede inspirazione al Signore. Dalla nube evanescente di una celeste visione sorgono gli angeli a lumeggiare la scena cogli splendori del Paradiso, mentre, nello sfondo, le dolci figure della Vergine e di Santa Caterina, nella cornice di un trittico, riassumono tutta la pace serena e profonda che il mite Pastore estasiava.
» Soltanto un credente, ed un credente sincero e praticante siccome il Reffo, poteva tradurre così efficacemente la nobilissima espressione che al Sales dà il raggio della scienza divina. Quella fronte spaziosa che ha tanta luce d'intenso pensiero; quelle pupille, che riflettono l'anima anelante di slanciarsi a volo come aquila per affisarsi in Dio; quelle labbra, da cui s'indovina il trepido sospiro del cuore, fervente di carità per il Creatore e per le creature; quel sembiante genuflesso in tanta umiliazione, eppur grande in tanta maestà di sentimento, sono un'eloquente affermazione di fede.
» Che dire poi dell'esecuzione? Finissima, elegante, accurata, come sempre in tutti i lavori del Reffo, essa ci pare qui più robusta, più vigorosa.
» L'altare di marmo, con decorazioni architettoniche, a colonne arabescate di leggiadri disegni, è degna cornice al bel dipinto, per cui si aggiunge nuovo titolo ai molti che rendono il Reffo benemerito della religione e dell'arte. »
La conferenza prescritta dal nostro Regolamento fu tenuta nel pomeriggio del sabbato 10 febbraio dal Rev.mo Teol. D. Giovanni Marenco, Vicario Generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice, nella chiesa di S. Giovanni Evangelista, ove si era radunato un bel numero di Cooperatori e Cooperatrici della città di Torino e d'intorni. L'adunanza riuscì di molta soddisfazione a tutti.
(1) Dobbiamo questa bella descrizione alla signora C. Rosa Fornelli, egregia scrittrice dell'Italia Reale-Corriere Nazionale di Torino.
Oltre la solita conferenza tenutasi alla vigilia nella Chiesa del S. Cuore e la festa solennissima celebratasi coll'intervento dell' Ecc.m° Mons. Sogaro, che tenne pontificale, e degli Em.mi Cardinali Segna e Macchi, de' quali il primo disse la Messa della Comunione ed il secondo impartì la benedizione col Venerabile; per iniziativa e cura dei benemeriti giovani romani del Circolo dell'Immacolata quest'anno si tenne pure una seconda conferenza salesiana nella Chiesa Nuova in Vallicella, gentilmente concessa dai RR. PP. Filippini.
Nel pomeriggio del giorno 31 gennaio l' ampia navata centrale di quella Chiesa era quasi tutta occupata dai posti riservati : affollato era pure il resto della Chiesa.
Sedevano nei primi posti di fronte al pulpito l'Em.m° Cardinal Parocchi, Vicario di Sua Santità e Protettore dei Salesiani, dieci Arcivescovi, alcuni Vescovi, parecchi Monsignori ed altri nobilissimi personaggi. Il Consiglio Direttivo del Circolo dell'Immacolata, che organizzò questa splendida adunanza, e varie altre notabilità del movimento cattolico di Roma sedevano pure in posti d'onore.
Alle 15, 30, entrando l'Em.mo Cardinal Parocchi, i giovani cantori dell'Ospizio Salesiano del S. Cuore di Gesù eseguirono un bel mottetto; dopo cui salì in pulpito il Sacerdote Salesiano Don Stefano Trione, il quale svolse il tema seguente: Gli Emigrati Italiani e le Missioni di Don Bosco in America. L'oratore fu ascoltato con viva attenzione da quell'imponente udienza.
Quindi prese la parola l'Em.mo Cardinal Vicario. Dopo aver accennato alle attinenze che corrono fra Don Bosco, S. Filippo e S. Francesco di Sales, ricordò le prime conferenze che Don Bosco teneva nella Cappella delle Oblate di Tor de' Specchi, conferenze che, quantunque fatte con semplicità di linguaggio, affascinavano i cuori e ricordavano la semplicità e l'amabilità del Ven. Curato d'Ars. Allora però Don Bosco parlava solo dell'Italia, perchè le sue opere non si erano ancora estese al di fuori, specie nell'America ove emigrano tanti poveri Italiani. Triste è la sorte dei poveri emigrati, non solo perchè trattati malamente dai nuovi padroni, ma più ancora perchè in quelle immense lande invano cercano di scorgere le cupole delle loro chiese, invano di udire il suono delle campane cristiane; essi indarno chiedono un Sacerdote che li assolva dei loro peccati, li congiunga in matrimonio e nell'ora estrema apra loro il cielo
L'insieme di tutte queste circostanze se non strazia il cuore di chi si sente italiano, deve straziare quello di chi si sente cattolico. Ed un' opera che manda Sacerdoti ad Italiani e che si occupa caritatevolmente ed efficacemente dell'emigrazione nostra in quelle lontane terre; credo che sia impresa tanto grande e gloriosa da controbilanciare tutto il bene che i Salesiani fanno nella nostra penisola.
Or dunque provvedere e pensare a venir in aiuto a quei nostri infelici fratelli con una organizzazione tenace e non facilmente distruttibile, com'è la Pia Società Salesiana, è cosa sommamente umanitaria e patriottica che fra tanto dolore deve grandemente consolarci. Perocchè , invocando e dando aiuto alla Pia Società Salesiana, noi veniamo ad avvantaggiare l'interesse più vitale dei nostri fratelli non solo in Italia, ma all'estero e specialmente nell'America, e veniamo a sciogliere quel grave problema dell'emigrazione che tanto affatica le menti dei pensatori e dei politici d'oggi.
L'Em.mo Parocchi conchiuse il suo dire augurando le benedizioni del Cielo su tutti coloro che in qualsiasi modo coadiuvano ad un' opera così eminentemente cristiana.
E mentre la gente si affollava per baciare l'anello dell'illustre Porporato, i giovanetti dell'Ospizio Salesiano cantarono altro mottetto. Così ebbe termine questa grandiosa adunanza, che lasciò ottime impressioni in tutti i presenti.
« La sera del 29 gennaio (così il Diritto Cattolico di Modena) nella chiesa di S. Carlo ebbe luogo l'annunciata conferenza dei Cooperatori e delle Cooperatrici Salesiane. - Dopo la recita del S. Rosario il M. R. Prof. Don Sante Ferrari , Arciprete di Sorbara, commentando la lettera che il Rev.mo Don Rua indirizzò ai Cooperatori Salesiani al principio dell'anno, nel Bollettino Salesiano, accenna alle molte opere che la Congregazione Salesiana ha compiuto nel decorso anno, specialmente nelle lontane Americhe, ove hanno preso tale sviluppo che il Sommo Pontefice ha dovuto nominare un nuovo Vescovo Salesiano, Monsignor Giacomo Costamagna, a dirigere le molti Missioni che di giorno in giorno vengono colà fondate. Parla dei lutti domestici della stessa Congregazione Salesiana e ricorda le solenni testimonianze di dolore e di affetto ai Salesiani , date dai Governi delle Repubbliche Americane in tali luttuose circostanze. - Indi passa a parlare del solenne trionfo riportato dalle Opere Salesiane nel Congresso di Bologna, ove Vescovi, Sacerdoti, ed esimii laici trattarono dello sviluppo delle Opere Salesiane, contribuendo colla loro dottrina e col loro consiglio all' azione che i Sacerdoti di Don Bosco esercitano attiva a vantaggio della gioventù ; e qui brevemente svolge il concetto della necessità di questa azione benefica per togliere il fanciullo dal trivio e per sanamente educarlo ai principii della religione.
» Ricorda di poi quell'indimenticabile giorno, nel quale il Rev.mo Don Rua visitava la nostra città e dal medesimo pulpito parlava ai Cooperatori e all'affollato uditorio, consolando colla promessa di aderire ai fervidi voti dei Cooperatori Modenesi e di mandare fra noi i benemeriti suoi religiosi.
» Dietro ciò annunzia come il Comitato Modenese abbia già trasportato la propria Casa di San Giuseppe nel nuovo locale destinato ai Salesiani e accettato dai medesimi, e come esso Comitato confidi che come non gli venne meno l appoggio dei buoni sin qui, questo prosegua ancora e cresca, onde l'opera abbia quel maggiore sviluppo che è richiesto dai bisogni della società.
» Ad onore poi di San Francesco di Sales, parla brevemente di questo Santo e in ispecie della sua soavità e dolcezza, e osserva come i Salesiani non solo lo hanno preso a Patrono, ma ben anche a modello, improntando a somma dolcezza e cristiana discrezione il loro sistema educativo. Prega infine che tale spirito di dolcezza venga diffuso dal gran Santo e Dottore su tutta la società, e che la cristianità tutta, guidata da' suoi insegnamenti e aiutata da' suoi meriti, pervenga alla corona che Dio tien preparata ai suoi eletti.
» Finito il discorso, al quale assisteva un numeroso uditorio ed in appositi banchi gli alunni della Piccola Casa di S. Giuseppe, quei cari fanciulli cantarono l'Iste Confessor e il Tantum Ergo in musica, dopo del quale venne impartita la benedizione col SS. Sacramento dal R. P. Giovanni Borcesi, Curato di San Pietro e Direttore Diocesano dei Cooperatori Salesiani. Intanto erano oggetto di santa curiosità otto alunni dei più grandicelli nel loro decoroso uniforme, che tenevano le torcie all' altare; tutti quindi ammirando i progressi fatti da quell'Istituto in' quest'ultimo anno facevano voti sinceri che Iddio lo conservi ed aumenti nell' avvenire. Speriamo che il Signore concederà presto alla nostra città la venuta dei Salesiani, figli dell'infaticabile e compianto Don Bosco, a dirigere e ad aumentare questa piccola Casa di S. Giuseppe, che è tanto utile a Modena ».
La Verona Fedele del 31 gennaio ci fornisce il seguente resoconto di quanto si è colà fatto:
« Ieri fu tutto un giorno di festa nell' Istituto Salesiano di questa città. Alle 7 del mattino il Rev.mo Abate di S. Zenone, Mons. B. Bussinello, Protonotario Ap., disse la Messa di devozione, tenendo, prima e dopo la Comunione, affettuosi colloqui. Circa 140 giovani s'accostarono alla sacra mensa.
» Alle ore 9 vi fu la Messa solenne celebrata dal Cav. Prof. Scapini, membro del Comitato Salesiano. Un numeroso coro di giovani, bene affiatati, eseguì musica del Gounod e dello Stehle, riscuotendo da tutti parole di elogio per i notevoli progressi fatti dall'ultima volta.
» Terminata la Messa, il Cav. D. Banterle salì il pergamo per la conferenza; e l'uditorio, ch'era (buon auspicio per l' avvenire) più numeroso del consueto, pendette quasi un'ora dalle faconde sue labbra. Dopo un esordio, nel quale diè a vedere che Don Bosco fu l'uomo mandato dalla Provvidenza nel nostro secolo, si propose di mostrare che la causa di tanti mali è il non educare la gioventù e che Don Bosco riparò con la sua miracolosa carità a questo danno.
» Impossibile riassumere la conferenza; che altro sia istruire altro educare - che l' istruzione non può scompagnarsi dall'educazione - che l'una si volge all'intelletto, l'altra al cuore e alla volontà - che senza istruzione abbiamo gl'ignoranti, ma senza educazione i disonesti e gl' ingiusti - che la scuola odierna, con l'escludere il catechismo, non può educare : - l' oratore tutto questo provò con sode ragioni, con testimonianze di uomini non punto sospetti di clericalismo, con fatti tanto veri quanto dolorosi, e sempre con eloquenza popolare, facile, piana. E diede poi libero sfogo al sentimento, quando, tratteggiati in breve l' origine e lo sviluppo dell'Opera Salesiana, venne a parlare dell'Istituto di Verona, de' più che 150 giovani ivi raccolti per farne buoni operai della gran vigna salesiana, buoni artisti, buoni cittadini, e lo raccomandò alla generosità de' Veronesi, chè per questa sola deve prosperar sempre più, esortando i presenti ad esser veri cooperatori con il far conoscere ed apprezzar l'istituzione del santo prete di Torino.
» Dopo di che venne impartita la benedizione, eseguendosi da' giovani convittori un Tantum ergo di Mozart ».
E dopo d'aver parlato d'una bella sorpresa recata ai Cooperatori colla prima comparsa in pubblico d'una ben affiatata scuola musicale, formata di ben ventiquattro di quei giovani, e d'altre belle cose compiutesi in quel giorno nell'Istituto, così termina il sullodato giornale
« Constatiamo un fatto : ieri avvicinammo quasi tutti gl'intervenuti e da tutti udimmo parole della più schietta approvazione: l'Opera Salesiana guadagna nella simpatia dei Veronesi di mano in mano che viene conosciuta. I Cooperatori e le Cooperatrici, adunque, s'occupino in questo e procurino, oltre il conforto morale della stima, quello, sempre necessario, ma molto più nei primordii, del materiale sussidio. »
Il Sac. Dott. Ugo Mioni, Decurione dei nostri Cooperatori Triestini, così ci scrive in data del 31 gennaio
« Ritengo mio dovere di dare una breve relazione della prima conferenza salesiana, che venne tenuta in questa città il giorno sacro a S. Francesco di Sales. Trattandosi di una prima conferenza, non ci siamo tenuti strettamente al Regolamento. Ci stava a cuore di far conoscere l'Opera di Don Bosco, e ciò non si poteva fare che con qualche pubblica funzione.
» La sera del mercoledì venne dunque tenuta la conferenza nella chiesa parrocchiale della B. V. del Soccorso, la chiesa più centrale e più aristocratica della città. Il vasto tempio era gremito di gente. Nel coro prese posto Mons. Vescovo Diocesano, Dott. Giov. Glavina (ora traslato alla sede tit. di Dioclezianopoli), Mons. Vicario Generale, quasi tutti i membri del R.mo Capitolo, e numerosissimo clero. Alle 4 3/4 ascese il pergamo il M. Rev. Don Scaparone, Superiore della Casa Salesiana di Gorizia. Parlò di Don Bosco e delle sue Opere, dei mezzi di cui si valse per operare tante meraviglie in mezzo alla società. Al discorso seguì la solenne benedizione col Venerabile.
» Dietro iniziativa di tre zelanti Cooperatori l'Ill.mo Barone Augusto de Alber-Glanstaetten, il Cancelliere Vescovile Dott. Carlo Mecchia, e l'Ing. Giusto Catolla, venne la stessa sera data, nei locali del Circolo S. Giusto, una solenne accademia. La vastissima sala era addobbata con gusto. Accorsero dietro speciale invito tutti i membri dell'aristocrazia cattolica della città, e molti altri distintissimi signori e signore, quasi tutti Cooperatori e Cooperatrici salesiane.
» Il Cancelliere Vescovile Dott. Mecchia parlò dello stato desolante, nel quale si trova la gioventù odierna, specie nei grandi centri operai, ed additò l'Opera di Don Bosco come unico mezzo per sollevare tanta gioventù dalla rovina spirituale e materiale, verso la quale viene gettata dalla scuola moderna. Il M. Rev. Don Scaparone espose alla città di Trieste in generale ed ai presenti in particolare la sua gratitudine, per lo speciale interesse che presero per l'Opera di Don Bosco, e promise di interessarsi presso il Sig. Don Rua, onde avere quanto prima i figli di Don Bosco a Trieste. Il Signor Carlo Lucatelli declamò bellissima poesia d'occasione, e vennero eseguiti parecchi pezzi di musica per piano, violino e flauto dai signori E. Curelih, Don G. Buttignoni, Paolo Hrovath, V. Ricci, e dalla signora F. Glassovich. L'accademia riuscì molto bene, e riempì tutti gli astanti di santo entusiasmo per l'Opera salesiana. Tanto in Chiesa quanto al Circolo venne fatta l'offerta per i bisogni dell'Opera.
» Speriamo che il seme, gettato in questa occasione e caduto su fertile terreno, germoglierà e produrrà centuplo frutto, che l'affetto verso i Salesiani crescerà sempre più e che molti altri s'aggiungeranno a cooperare a quest'Opera di educazione e di vera cristiana civiltà. »
Un supplemento dell'Eco del Litorale, importante foglio cattolico di Gorizia, col ritratto del venerato nostro Fondatore ci reca per intero l'esposizione che il Rev.mo Mons. Alpi, Direttore Diocesano, fece il 2 febbraio scorso, delle Opere Salesiane in genere ed in ispecie di quella fondatasi quest'anno in Gorizia, mercè l'appoggio di quei Cooperatori stessi.
E dopo avere evocata la cara memoria del benemerito Baron Somaruga, il primo promotore dell'andata dei Salesiani in Gorizia, e aver detto quanto da lui prima e poi dagli altri membri del Comitato siasi operato per affidare ai Figli di Don Bosco il Convitto di S. Luigi, così conchiude là sua esposizione
« Io qui mi arresto nella mia relazione, perchè sul Convitto potrà informarvi il carissimo nostro Direttore.
» Io tuttavia posso dirvi in generale, che in pochi mesi conosciamo l'effetto salutarissimo dell'educazione salesiana nei nostri fanciulli, c ne ringraziamo vivamente Iddio.
» Ora qual è il nostro compito, o Cooperatori e Cooperatrici ? Lo dice il nostro nome, cooperare ai lavori dei Salesiani per la gioventù nel Convitto, nell'Oratorio festivo, in ogni opera salesiana. Noi dobbiamo dunque promuovere lo sviluppo del Convitto di S. Luigi, diretto dai Rev. Salesiani, perchè cresca ad un numero quale essi desiderano.
» Il Convitato ha tutta la volontà di favorire questa espansione, ma deve essere validamente appoggiato.
» C'è poi l'Oratorio festivo, che si trova ancora in proporzioni meschine, mentre sono innumerevoli i ragazzi che dovrebbero venir raccolti dalle vie nelle feste. Anche qui i Rev. Salesiani ne faranno un'opera tutta propria, essendo questa un'Opera Salesiana per eccellenza, l'eredità diretta di Don Bosco. Ma bisogna influire a che i fanciulli vengano all'Oratorio e fornire anche i mezzi per allettarli.
» Conviene anche crescere il numero dei Cooperatori e delle Cooperatrici in mezzo alle persone di nostra conoscenza. Non vi sono gravi obbligazioni : condurre una vita cristiana e concorrere al bene della gioventù, secondo le proprie forze : ecco quanto si richiede per essere Cooperatore Salesiano.
» Noi contiamo adesso in diocesi 95 Cooperatori, 78 Cooperatrici e 160 ascritti all'Associazione di Maria Ausiliatrice.
» Finalmente noi dobbiamo aiutare le altre Opere Salesiane, le Missioni specialmente dell'America, quella del Capo di Buona Speranza offerta adesso ai Salesiani, e le future Case in Alessandria d'Egitto e in Palestina designate per l'anno corrente.
» Io chiudo colla parola - programma di Don Bosco : - Preghiera e lavoro. Preghiamo e lavoriamo, perchè Adveniat regnum tuum ».
La conferenza ai Cooperatori ed alle Cooperatrici di Cuneo fu tenuta da Don Trione, il quale trattò della necessità e dei vantaggi delle Missioni e dei doveri dei Cooperatori e delle Cooperatrici Salesiane, animandoli tutti a promuovere il movimento cattolico ed in ispecie la buona stampa.
S. Ecc. Rev.ma Mons. Teodoro Valfrè di Bonzo, che presenziava l'adunanza coi Superiori e Chierici di quel Seminario, con infuocate parole esortò tutti i presenti a far tesoro delle parole del conferenziere e finì coll'impartire la pastorale benedizione.
Nel giorno della festa del Santo Patrono poi quei buoni Cooperatori e Cooperatrici, invitati dal loro zelante Direttore D. Pierfelice Biglia, si radunavano nella chiesa parrocchiale di S. Ambrogio alle 7 1/2 per la Messa della Comunione celebrata all'altare del Santo, alle 10 per la Messa solenne ed alla sera per ascoltare acconcie parole di circostanza dall'eloquente oratore che teneva in quella chiesa il mese del Sacro Cuore di Gesù.
« Siamo stati ieri sera (4 febbraio) in S. Giovanni Evangelista, parato a festa, ad ascoltare l'annunziata conferenza salesiana tenuta dall'illustre Sac. Trione. Con stile facile e parola affascinante, qualche volta tenera, il conferenziere dimostrò come le Missioni Salesiane, mentre sono fattore potente di moralità e di benessere materiale presso i selvaggi, sono altresì più che tutto presso le migliaia ed i milioni dei nostri fratelli italiani emigrati in lontane terre, in terre sconosciute, in cerca di un pane.
» L'uditorio scelto ed abbastanza numeroso fu attentissimo sempre, restandone in ultimo commosso.
» In mancanza di S. Ecc. R.ma il nostro amatissimo Vescovo, funzionò Monsignor Conforti, Vicario Generale.
» Nel mentre pertanto all'illustre conferenziere tributiamo le nostre sincere congratulazioni, a lui ed a noi stessi di tutto cuore auguriamo, che non in terreno sterile ed infecondo sia caduta la sua parola apostolica, ma che anzi, caduta in terreno fecondo e generoso, possa pel bene morale nonchè materiale di tanti nostri infelici fratelli abbondantemente fruttificare. »
Questo breve resoconto è della Provincia di Parma. Noi aggiungiamo che i Cooperatori erano stati invitati con apposita lettera, loro rivolta dal Direttore Diocesano Can. D. Giovanni Scauri, i giovanetti dell'Istituto Salesiano di S. Benedetto eseguirono scelti pezzi di musica classica, e l'elemosina venne raccolta da alcuni di quel bravi giovanotti del gruppo universitario, allievi di quella fiorente Scuola Vescovile di Religione.
Trovandosi in Sicilia il nostro Superiore Prof. D. Francesco Cerruti, fu invitato a tenere domenica, 16 febbraio, la conferenza a quei Cooperatori nella chiesa del monastero di S. Chiara. Onoravano l'adunanza di loro presenza l'Em.mo Card. Celesia, Arcivescovo, sempre primo quando trattisi di movimento cattolico, ed il nuovo Vescovo di Trapani, Monsignor Gerbino. Assistevano pure il Presidente del Comitato Diocesano per l'Opera dei Congressi, Comm. Avv. Francesco Ciofalo, con molti membri del medesimo Comitato, le rappresentanze del Seminario Arcivescovile e del Seminario Greco, delle Figlie di S. Vincenzo de' Paoli, del Boccone del Povero, nonchè alquanti distinti ecclesiastici.
D. Cerruti cominciò portando un saluto a Palermo ed ai suoi cittadini, poi svolse tutta la tela delle opere di D. Bosco, dall'inizio ai recenti progressi, notando come in ciò, meglio che l'opera dell'uomo vi fosse la mano di Dio. Indi coordinò i fini delle opere salesiane con la Pastorale ultima di quel venerando Cardinale Arcivescovo, notando come si trovino d'accordo cercando il bene della gioventù, della famiglia, e che la società ridiventi cristiana.
La esposizione fatta da D. Cerruti, piana, chiarissima della nostra istituzione, che ha scuole per fanciulli, ospizii per orfanelli, che promuove la stampa cattolica, che innalza nuovi templi, che sotto D. Rua, successore di D. Bosco, allarga sempre più coi Cooperatori Salesiani la sfera di azione, ha raddoppiatole simpatie dei buoni Palermitani verso dell'Opera salesiana.
Terminata la conferenza il Rev.mo Can. Cinquemani, che fu per parecchio tempo ospite nostro a Torino, improvvisò un classico sonetto. Quindi disse bello parole di ringraziamento ai Salesiani il Sac. D. Salvatore Di Pietro. E si conchiuse colla benedizione del Santissimo Sacramento.
Organizzatore di questa splendida riunione fu il M. R. D. Catalanotto, al quale inviamo i nostri rallegramenti.
Una Cooperatrice tosi scrive nell'Osservatore Cattolico del 26 febbraio : « Anche in questa solennità i Cooperatori Salesiani diedero bella prova della divozione al loro caro Patrono e dello zelo per le Opere salesiane, recandosi in buon numero anche dalla campagna a S. Maria Segreta, ove celebrava solennemente Mons. Federico Sala, Arciprete del Duomo, accompagnato dall'organo, maestrevolmente maneggiato dall'ottimo Cooperatore Sig. Carlo Galli. Al Vangelo il R. mo Proposto D. Rodolfo Dossi c'intratteneva con un caro discorso, nel quale, dipinte le caratteristiche virtù del Salesio, le additava riprodotte in Don Bosco, benchè esercitate in epoca e circostanze diverse. Concludeva poi eccitando noi Cooperaratori e Cooperatrici ad emulare lo zelo di quelle due grand'anime nel procurare la salute dei prossimi e specialmente della gioventù. Benchè non ne abbisognassimo, il signor Proposto ci diede in questo discorso un'altra prova palmare del suo affetto all'Opera salesiana, mostrandosi vero Cooperatore, come consigliava a noi di essere.
» Splendidamente poi riuscì pure la generale adunanza di tutti i Cooperatori e delle Cooperatrici nell'Istituto S. Ambrogio in via Commenda alle 14 1/2. La cappella era affollata ed abbondavano specialmente le solertissime dame del Comitato. Prese la parola prima il Direttore della Casa, D. Lorenzo Saluzzo, che per tre buoni quarti d'ora ci dilettò colla scorrevolissima sua parola.
» Dopo un rapido cenno sull'azione salesiana in genere, si restrinse subito a parlare del lavoro compiuto e da compiersi in Milano. Toccò delle gravi urgenze, che incombono ormai al Comitato, se, com'è desiderio di tutti, si vuole aprire la prima porta del nuovo Istituto pel 7 dicembre del corrente anno, come per solennizzare l'apertura del grande Centenario Ambrosiano. Disse del bisogno di tale Istituto, narrando che è una vera processione quella di tante persone, che chiedono un ricovero ai giovanetti abbandonati, e che ultimamente in una sola giornata ben 17 si presentarono a lui, senza contare quelle che ricorrono ad altri o direttamente a Torino ed a Sampierdarena. Così rispondeva a chi può credere superfluo l'Istituto Salesiano nella nostra città, perchè si tocca con mano che i ricoveri già esistenti e riboccanti non bastano al bisogno. Eccitando quindi i Cooperatori ad aumentare il loro zelo nella ricerca dei mezzi, recava opportunamente bei tratti della vita di D. Bosco, disposto pe' suoi giovanetti e rassegnato a rifiuti, a sgarbi, a calunnie, ad ogni fatta di sacrifici.
» Sorse infine Mons. Sala, che teneva la presidenza dell'adunanza, e con parola vivace insieme ed obbligante ci scosse potentemente a coadiuvare il Comitato, massime col diffonderne l'appello. Fu assai felice e convincente richiamando ed applicando il fatto d'un filosofo greco, che in un congresso di dotti adunati per cercare i rimedi contro la corruzione ateniese, richiesto del suo consiglio, lanciò in mezzo all'assemblea un pomo tutto infracidito, sclamando: I semi però sono sani, e ponno darci ancora frutti buoni. Curiamo i semi della società, i giovani! Maria Ausiliatrice renda fecondo anche in Milano sì saggio consiglio ! »
Mercoledì, 12 febbraio, nel locale dell'Oratorio festivo, dinnanzi ad un numeroso uditorio il Reverendo D. Emerico Talice tenne conferenza sullo Opere di D. Bosco. L'adunanza era presieduta dal R.mo Canonico Teologo Bertoglio, rappresentante Mons. Vescovo.
Il conferenziere portò ai Cooperatori e alle Cooperatrici il saluto del Superiore generale D. Rua; e additando a tutti la schiera dei giovanetti che l'Istituto salesiano si studia di educare all'amore della religione e della patria, e facendo osservare che il merito di quanto si opera in questo genere deve attribuirsi all'ardita iniziativa di D. Bosco, con parola facile e semplice prese a dare alcuni cenni sulla vita del fondatore....
I grandiosi Istituti sorti, ancora vivente Don Bosco, e sempre progredienti sotto gli auspizi di lui, dimostrano che egli era veramente predestinato da Dio ad operar grandi cose, specialmente a favore della gioventù.
L'impresa da lui iniziata progredì e progredisce sempre più estendendo il suo influsso benefico su tutte le parti del mondo, non escluse le plaghe più remote, ove i Missionari di D. Bosco accorrono a diffondere non solo la fede, ma anche la civiltà e il nome dell'Italia da cui partono.
Disse poi brevemente, dell'Istituto locale, dell'educazione ed istruzione che ivi si cerca di impartire alla gioventù, del vantaggio che con lievissima spesa ne possono ritrarre le famiglie, dell' Oratorio festivo, e terminò coll' eccitare i Cooperatori e le Cooperatrici a guardare sempre con occhio benevolo quest'istituzione e a cercare di favorirla.
La parola chiara e persuasiva del facondo oratore lasciò profonda impressione, e tutti si partirono sempre più convinti del vantaggio che arreca alla società quell'Istituto e della fortuna che abbiamo di possederlo tra le nostre mura.
(Dal Fossanese del 16 febbraio.)
Altre feste e conferenze salesiane furono tenute nelle città e paesi seguenti:
A Chioggia, nella chiesa dei RR. PP. Filippini, dove i Cooperatori e le Cooperatrici, secondo che ci scrive quel Direttore Rev.mo D. Naccari, fecero pure atto di adesione all'Opera dei Congressi Cattolici.
A Genova, nella maestosa basilica di S. Siro, gentilmente concessa dal Rev.mo Prevosto, parlò il Direttore del Collegio Convitto di Varazze Dott. D. Alessandro Lucchelli.
A Mogliano Veneto intervennero a rendere più solenne la festa il Comitato Salesiano di Venezia, con a capo Mons. Spellanzon, Vice-Direttore del Comitato Salesiano, che disse il panegirico del Santo.
A Mantova, un avviso a stampa, emanato da quel Direttore D. Amos Marchesi e affisso alla porta delle chiese radunò i Cooperatori e le Cooperatrici in bel numero nella Parrocchiale di S. Barnaba Apostolo, onde prestare favore alle Opere Salesiane, onorare il santo nostro Patrono e suffragare l'anima del compianto Don Bosco.
A Sanpierdarena, la festa celebratasi nella Parrocchia di S. Gaetano fu resa più splendida dalla dolce e venerata presenza di Mons. Pietro Balestra dei Minori Conventuali, Vescovo di Acqui e Principe del S. Romano Impero.
A Viterbo, Orvieto, Foglizzo, San Benigno Canavese , dove si recò il nostro Sacerdote Stefano Trione.
A Caraglio (Cuneo), per opera di quel Pievano Vicario Foraneo, D. Silvio Felice Ramazzino, nostro Decurione.
A Caravaggio (Bergamo), dove per cura del zelante Arciprete D. Masimiliano Gandini si è celebrata solennemente la festa preceduta da un triduo.
A Cabella Ligure, dove sappiamo pure che quell'ottimo Parroco D. Davide Callegari ha promosso assai la divozione verso Maria SS. Ausiliatrice provvedendo di un bel quadro quella sua parrocchia.
Ad Asti, dove il Direttore Diocesano D. Gay invitò a parlare delle Opere Salesiane il M. Rev. D. Ludovico Baldi di Centro.
A Penango (Alessandria), sede di un Collegio Salesiano, parlò nella chiesa parrocchiale il nostro sacerdote D. Ernesto Nicolai a quella popolazione accorsa numerosa ad ascoltarlo.
A Lamoli (Perugia), per cura di quel Rev. Parroco D. Pietro Matteucci.
A Trezzo Tinella (Alba), per cura del Prevosto locale D. Roberto Sanmartíno.
E finalmente a Tremestieri (Catania), da quel Vicario foraneo e nostro Decurione, D. Salvatore Belfiore.
PER LE ANIME DI MONS. LASAGNA E COMPAGNI Periti il 6 Novembre 1895
VENEZIA
La mattina del 30 gennaio, per iniziativa del Rev. Sac. D. Cesare Pugnalin, attivissimo Cooperatore salesiano, ebbero luogo a S. Salvatore solenni esequie a pro di S. Ecc. Rev.ma Mons. Lasagna, secondo Vescovo salesiano, miseramente perito alcuni mesi fa in America con cinque altri Salesiani. La Chiesa era seriamente addobbata a lutto; nel mezzo s' ergeva uno splendido catafalco, sormontato dalla mitra e circondato da numerosissimi cerei. Celebrò messa Mons. Spellanzon, Vice direttore del Comitato Salesiano; vi assisteva Sua Eminenza Rev.ma il Cardinal Patriarca, ed una rappresentanza di vari Ordini religiosi della città. Numerosi furono gl'intervenuti.
(Dalla Difesa)
SANPIERDARENA.
Ai funerali, che si tennero nella chiesa di S. Gaetano sul finir del novembre scorso, l'Eccellentissimo Arcivescovo di Genova, Mons. Tommaso Marchese Reggio, convalescente allora d'una sofferta malattia, volle intervenire sia per consolare quei nostri confratelli, sia per rendere più solenni queste funebri onoranze assistendovi pontificalmente. Iddio e Maria Ausiliatrice lo ripaghino di tanta carità lo conservino lunghi anni al bene della sua Archi diocesi.
FAENZA.
Anche l' Ecc.mo Vescovo di Faenza, Mons. Gioacchino Cantagalli, volle dare una bella testimonianza del suo affetto per la nostra Pia Società, coll'assistere non solo alla funebre cerimonia, ma col tessere egli stesso con amore di padre l'elogio del nostro compianto Mons. Lasagna. A lui porgiamo pure i nostri sentiti ringraziamenti, come pure all'ottimo clero secolare e regolare che in gran numero accorsero a questi funerali.
LUGO.
Al solenne funerale celebratosi il 12 febbraio, nell'insigne Collegiata di S. Francesco di Assisi, in suffragio del compianto Vescovo salesiano Mons. Lasagna e compagni periti nel Brasile, presero parte Cooperatori e Cooperatrici salesiane, varie Comunità religiose, e numeroso concorso d'altre pie e colte persone. La S. Messa in musica, celebrata dal R.m° Preposto della Collegiata, Can.co Don Luigi Rabelli, riuscì della massima imponenza. Occupavano il presbiterio i R.mi Padri Francescani e Carmelitani il coro i R.mi Canonici e distinti altri Sacerdoti della città : l'orchestra ch' elevasi su l'uno e l'altro fianco del presbiterio due cori di giovanetti interni ed esterni dell'Oratorio Salesiano locale, con alcuni Superiori del medesimo Istituto e diversi concertisti della città. Una grandiosa iscrizione era collocata al disopra della porta d'ingresso della chiesa. Il discorso funebre, tenuto dal Rev. Sacerdote dott. D. Tommaso Franti, riuscì graditissimo vuoi per leggiadria di stile vuoi per delicatezza di sentimento. La sacra funzione in una parola ebbe esito soddisfacentissimo. I buoni ed intelligenti lughesi, col prendervi parte, dimostrarono quant' abbiano in istima ed affetto le opere di D. Bosco.
(Dall' Unione di Bologna).
MILANO.
I Milanesi hanno corrisposto assai largamente al desiderio ed all'aspettazione del nostro Comitato Salesiano, accorrendo in gran numero il 6 febbraio nella vasta chiesa di S. Maria Segreta, fin dalle 9, quando principiò la recita dell' ufficiatura in suffragio di Mons. Lasagna e compagni periti nel Brasile e del loro gran padre Don Bosco. Funzionava, come era stato annunziato, S. Ecc. Mons. Mantegazza, che fu assai lieto di dimostrare anche in questa circostanza il suo affetto per D. Bosco e il suo gradimento per l'opera del Comitato Salesiano Milanese. La Messa funebre pontificale fu anche accompagnata dalla musica diretta dal bravo M.° Galli.
Terminata l' assoluzione alla tomba, salì il pulpito il Dott. Giovanni Francesia, Sacerdote Salesiano, dei primissimi alunni dell' immortale D. Bosco, e noto assai nel campo letterario per tante sue produzioni. Egli divise il suo famigliare e forbito discorso in due parti. Nella prima in brevi e riassuntivi accenni dipinse la grande figura di D. Bosco, che, vistasi additata fin da fanciulletto la via per la quale volealo Iddio, la percorse poi con passo da gigante, superando arditamente ogni intoppo e dilatando l'opera sua con universale stupore in ogni parte del mondo ; opera ancora persistente e piena di tal vigoria da essersi più che duplicata in questi soli ultimi anni dalla sua morte.
Nella seconda parte del discorso D. Francesia c'intrattenne particolarmente sulla persona di Monsignor Lasagna, del quale narrò assai brevemente quanto operasse qui in Italia, per passar subito ad accennare rapidissimamente il molto di più da lui compiuto nell'Uruguay e specialmente nel Brasile. Certo l'oratore dovette lamentare la scarsità del tempo, che gli tolse di narrare cento altre cose. Si diffuse però nel mostrare come l'intrepido Vescovo, quasi presago della vicina morte, prima d'intraprendere quest' ultimo suo viaggio scrisse il suo testamento e pigliò congedo da' suoi confratelli in guisa tanto nuova e strana da muoverli a meraviglia.
Alle 14 1/2 poi Don Francesia riprendeva la parola per encomiare ed incoraggiare le brave Signore componenti il Sotto-Comitato Salesiano, le quali diedero sempre e danno ancora prove di tanto zelo per le Opere di Don Bosco, ed in ispecie per procurare i mezzi all'erezione del nuovo Istituto S. Ambrogio.
Prima di tornare a Torino, D. Francesia recavasi ad ossequiare S. Eminenza il nostro Cardinale, che si allieto assai del buon esito della funzione.
Una Cooperatrice Salesiana.
UNA CARA SORPRESA.
La domenica, 2 febbraio , il nostro veneratissimo Superiore D. Michele Rua , essendosi recato per la festa di San Francesco di Sales alla nostra Casa di S. Benigno Canavese, dove s'educano al lavoro ed alle virtù proprie della vita salesiana una bella schiera di bravi giovanotti, ebbe a provare una graditissima sorpresa. Egli, che non lascia mai occasione di raccomandare ai suoi figli di studiare e di coltivare fra i loro giovanetti lo studio del canto ecclesiastico, con grande suo piacere sentì che la Messa solenne, che egli celebrava, era eseguita in puro canto gregoriano; e la sua gioia accrebbe quando, terminata la S. Messa , gli furono presentati i valenti cantori e vide che erano tutti alunni dell' Oratorio festivo annesso a quella Casa. Don Rua non potè a meno di esprimere a quei giovanetti parole di sentita compiacenza e di dir loro che gli avevano fatta una vera graditissima sorpresa ; anzi, a loro incoraggiamento, diede a ciascuno un regaluccio, che tornò loro tanto più gradito, in quanto che non solo veniva dal Rettor Maggiore dei Salesiani, ma era stato da loro meritato nella prima comparsa della loro scuola di canto ecclesiastico.
Ci consta essere da pochissimo tempo che esiste questa scuola di canto ; eppure quei bravi ragazzi seppero già farsi tanto onore. Si rallegri quell' ottimo Prevosto che così presto avrà un buon numero di egregi cantori pel suo coro. Si rallegrino tutti i Sanbenignesi, perchè queste due belle istituzioni, l' Oratorio festivo e la prefata scuola di canto ecclesiastico, fanno loro molto onore. Mentre ci congratuliamo coi nostri confratelli di S. Benigno che così bene promuovono queste istituzioni, facciam voti che i trecento giovani che frequentano l'Oratorio festivo diventino presto seicento e che si raddoppi pure il numero degli allievi della scuola di canto. I padri e le madri di San Benigno facciano essi stessi che si avverino questi nostri desiderii !
LA S. PASQUA. Miei buoni amici,
CI avviciniamo a grandi passi alla santa Pasqua.
In questi giorni di quaresima alcuni tra di voi si preparano con esultanza alla Prima Comunione e tutti gli altri van disponendosi alla Comunione Pasquale. Io m'immagino l'entusiasmo che già si sarà destato nei vostri cuori per un'azione così santa e divina; m'immagino la festa, la giocondità che si prepara nelle vostre famiglie!
Gesù Benedetto verrà a voi! Oh! sicuramente Egli verrà con tenerissima compiacenza, perchè voi, o buoni giovani, formate le sue più care delizie; verrà a voi apportatore di grazie elette e di celesti benedizioni. Fa d'uopo però che Egli vi trovi il cuore ben preparato, mondo da ogni benchè piccola macchia e acceso da un vivo desiderio di riceverlo non solo, ma di piacergli in tutto e sempre.
Adunque, o cari amici, moltiplicate in questi ultimi giorni la vostra diligenza, raddoppiate il vostro fervore per ben disporvi all'unione dolcissima col vostro Dio e Redentore.
Non meno fortunati di voi saranno pure in questa solenne occasione molti giovani selvaggi delle Missioni Salesiane della Patagonia, della Terra del Fuoco, del Brasile e dell'Equatore. Solamente alcuni anni fa quelle tribù giacevano ancora sventuratamente tra le tenebre e gli orrori della barbarie, lungi da ogni raggio e sorriso di cristiana civiltà. Ma l'ora della redenzione suonò alfine anche per essi. Il Missionario ha potuto penetrare in quelle aride steppe ed in quelle vergini foreste ; ed ora tra le migliaia di convertiti contansi moltissimi giovanetti che al pari di noi conoscono Gesù Cristo, lo amano, lo benedicono e già lo ricevono con vivissima fede nella S. Comunione. Oh ! come ne esulteranno gli Angeli tutelari di quelle tribù!
Miei cari amici, ricevendo la S. Comunione, pregate per quei poveri popoli che ora ci sono doppiamente fratelli; pregate per quei valorosi Missionari, che abbandonarono le delizie del patrio suolo per recarsi a predicare il Vangelo a quelle rozze tribù. La vostra preghiera tornerà, senza dubbio, gradita a Gesù, e la imminente Pasqua segnerà sempre nuovi progressi per quelle provvidenziali Missioni.
Gradite intanto i più sinceri augurii di Buone Feste Pasquali che a voi ed alle vostre famiglie invia di cuore il vostro
Af.mo Amico
D. C. GIULIVO.
UN ANGIOLETTO DI NOVE ANNI che spira dopo aver fatta la S. Comunione.
Il seguente racconto, riferito in una Rivista degli Stati Uniti da un Padre Missionario, ci ha tanto commossi che crediamo farà piacere anche ai nostri lettori riprodurlo qui tradotto nel nostro linguaggio.
Il Padre Giovanni Duun, sacerdote cattolico, chiamato un giorno a casa del vescovo protestante di Filadelfia per apportare gli aiuti del suo ministero, a tutta prima restò sorpreso, ben conoscendo quanto colui fosse nemico del Romanismo; ciò non ostante credendo si trattasse di una servente cattolica, prese il S. Viatico e partì. Arrivato a casa del ministro, fu introdotto in una stanza magnificamente ammobigliata, dove sopra di un lettuccio stava stesa una bambina di nove anni, pallida come la morte. La graziosa bambina, idolo de' suoi genitori e di intelligenza precoce, aveva sempre goduto perfetta salute; allevata con cure materne, pareva dovesse crescere senza conoscere affanni, nè dolori. Tuttavia questa fanciulla era stata ferita nel cuore; una piaga interna l'andava consumando, essa dimagriva lentamente e s'approssimava all'orlo della tomba, senza che i più esperti medici potessero indovinarne la misteriosa malattia.
- Cosa strana, dicevano ; non ha alcuna malattia, nessun sintomo di infermità : è un fiore, che appassisce senza saperne il perchè. Essa è morente!
Un giorno il medico di famiglia raccolse dalle labbra della madre una parola che fu per lui un raggio di luce: era quest'amara esclamazione: - Ah ! servente papista! - Il dottore chiese tosto spiegazione di queste parole, rammentando alla madre che egli aveva a ciò diritto per conoscere la misteriosa malattia della fanciulla.
La madre, dopo non poco esitare, fra i singhiozzi raccontò quanto segue : - Siamo stati assai imprudenti, disse, nel prendere al nostro servizio una giovane irlandese cattolica. Un giorno questa uscì a passeggio colla mia piccola Sena (tale è il nome della fanciulla inferma) e la condusse alla chiesa cattolica. Entrarono nella chiesa al momento in cui si dava la benedizione. La mia bambina rimase talmente impressionata dallo splendore della luce, che io non so perchè, incominciò a illanguidire e a chiedere ad ogni istante di ritornare alla chiesa. Di docile e pia che era, divenne disobbediente e incapace di applicarsi alle orazioni ed alle letture della nostra chiesa. Naturalmente la serva infedele fu licenziata senza indugio; e la povera bambina, vittima della sua diabolica arte, fu circondata da tutte le buone influenze possibili, ma invano. Il male era fatto. D'allora in poi la fanciulla non ha fatto che struggersi per la cerimonia papista, e questa terribile mania (la chiami come vuole) ha minacciata la sua vita fino al punto in cui la vede.
La conclusione che tirò il medico da questo racconto fu di ordinare che si chiamasse immantinente un Sacerdote cattolico per la piccola inferma. Indicò il P. Duun, perchè già lo conosceva. Malgrado l'opposizione della madre, la visita fu chiesta.
Il medico protestante, ch'ebbe cura che nulla si negasse alla fanciulla, credeva che il Sacerdote farebbe qualche cerimonia esterna, la quale operando sopra l'immaginazione di lei, ottenesse un felice risultato. Anzi, restò sulla porta per osservare ciò che succederebbe. Ma qual non fu il suo sbalordimento nel vedere, al momento che il Sacerdote entrava nella stanza, la fanciulla sedersi d'un tratto sul letto come scossa da una molla, voltarsi verso del Sacerdote colle mani giunte e lo sguardo raggiante di gioia, e con voce commossa e di giubilo esclamare: - Voi mi portate il mio Signore! Oh! io non voleva partire senza di Lui!
Non minore di quella del dottore fu la sorpresa del P. Duun. Cercò egli di calmare l'inferma; ma questa, allungando la debole manina verso il petto del Sacerdote, ove egli teneva riposto il Santissimo Sacramento : - È qui, disse con indescrivibile vivacità.
Il Sacerdote le fece alcune interrogazioni, e la sua ammirazione accrebbe nell'udire la fanciullina perfettamente istruita intorno al grande mistero dell'amore.
- Caro signore. esclamò il medico pieno di ansietà nel contemplare questa scena, appaghi i suoi desiderii, perchè la sua vita è in pericolo.
Il Sacerdote, che comprendeva tanto bene quanto il medico, non esitò un istante. La innocente fanciulla, dopo aver fatti gli atti di contrizione e di amore che le si recitarono, ricevette il suo Signore, e con un sorriso di paradiso si adagiò nuovamente sul letto; quindi mentre il P. Duun la benediceva, quest'angioletto se ne volava al Cielo.
Ecco un nuovo fatto rassomigliante assai a quello avvenuto un cinque secoli addietro alla Beata Imelde Lambertini ! Oh ! quanto è buono il Signore colle anime ! Egli va a trovarle dovunque, fossero pure in mezzo a' suoi nemici, purchè esse lo amino sinceramente e di tutto cuore!
LA BARONESSA LUIGIA PARODI VED. CATALDI
Quest'insigne benefattrice delle Opere Salesiane e particolarmente del nostro Ospizio di Sampierdarena chiudeva il 4 dello scorso febbraio con una edificantissima morte una vita tutta ripiena di opere buone e sante. Se mai vi fu persona che abbia meritato che a lei si applicassero le parole del Salmista: Beato colui che ebbe l'intelligenza dei bisogni e delle pene del povero e del tapino (Ps. 40.1.), questa si fu senza fallo la Baronessa L. Cataldi. Pur frammezzo alle ricchezze ed alle comodità della nobile sua condizione non solo ella ebbe vera e piena conoscenza delle angoscie e delle distrette della povertà, ma si può dire le abbia ella medesima sentite nella parte più delicata del suo cuore. Di qui quella generosa carità, non mai interrotta e sempre profondamente cristiana, che fu il pensiero d'ogni giorno di sua vita.
Avrebbe avuto una prova di quanto noi affermiamo chiunque avesse preso parte agli splendidissimi funerali che si celebrarono pel riposo dell'anima sua prima nella chiesa di S. Giovanni Battista presso Sestri Ponente e poi alla Maddalena in Genova. Accanto al fiore della cittadinanza genovese si videro molti istituti ed innumerevoli poverelli, che cogli occhi ripieni di lagrime vennero a pagare l'estremo tributo della gratitudine alla loro benefattrice. Con tutta ragione potevano chiamare la Baronessa Cataldi una novella Tabita e avrebbero mostrato al bisogno quanto avevano ricevuto da quelle mani che nulla mai sapevano rifiutare.
Benemerita di tutti gli Istituti di beneficenza, la Baronessa Cataldi fu fin dalla prima ora zelantissima Cooperatrice di D. Bosco. Nutriva pel nostro Fondatore una profonda venerazione; priva della vista da molti anni, provava una ineffabile consolazione ogni volta che il nostro buon Padre l'andava a visitare. Contribuì largamente alla fondazione dell'Ospizio di S. Pier d'Arena ed all'abbellimento della chiesa di S. Gaetano, divenuta ora un' importante parrocchia. Le sue beneficenze verso i figli di D. Bosco si continuarono fino alla fine de' suoi giorni.
Non occorre che noi diciamo quanto dolorosa ci sia tornata la novella di sua morte. La nobile famiglia Cataldi potè comprendere qual parte noi prendessimo al suo dolore. Ci parve poco assistere alla Messa funebre celebratasi in Sestri e l'accompagnare la salma della benemerita defunta alla sua ultima dimora; il 13 febbraio, quando si cantò la Messa di settima nella chiesa della Maddalena in Genova, D. Rua volle che andasse a rappresentarvelo uno dei membri del Capitolo superiore stato per molti anni Direttore a Sampierdarena. Oltre che furono innalzate a Dio fervorose preghiere qui a Torino ed in altre Case salesiane, venne pure celebrato un solenne funerale in S. Pier d'Arena per ottenere l'eterno riposo all'anima eletta che tornò in seno a Dio. Vogliano i nostri buoni Cooperatori unire ai nostri i loro suffragi.
LA SIG.ra MARIA EUDOSIA VED. DARBESIO.
Coll'animo profondamente addolorato dobbiamo egualmente registrare nell'elenco dei defunti un'altra benemerita Cooperatrice Salesiana, il cui nome da lunga data la gratitudine ha scolpito a caratteri d'oro nei nostri cuori. É dessa la Signora Jocteur-Mourozier Maria Eudosia ved. Darbesio, morta il 3 dello scorso febbraio, intorno alla quale cose edificantissime avremmo a narrare, se non temessimo spiacere alla sua famiglia quanto caritatevole, altrettanto modesta.
Ci si consenta nondimeno di accennare che noi ravvisammo ognora nella non mai abbastanza compianta defunta il vero modello della madre cristiana. Ella non tardò a conoscere la nobiltà della sua missione in seno alla famiglia, e come l'abbia compiutane sono la prova più convincente le virtù che seppe sì ben coltivare e crescere ne' suoi degni figliuoli.
Se la Signora Darbesio si associò di buon'ora ai Cooperatori di D. Bosco e vi rimase affezionatissima sino alla fine della sua vita, se fu larga del suo verso le Opere Salesiane, vi fu indotta dalla ferma persuasione che vani riuscirebbero i nostri sforzi a migliorare la società. ove non si cominciasse dal formare alla pietà ed alla virtù le crescenti generazioni. Di qui quella diremino quasi predilezione che ebbe sempre per tutte le opere cho hanno per fine l'educazione religiosa intellettuale e professionale della gioventù povera ed abbandonata.
La sua fede viva le faceva discernere quanto v'ha di grande e di nobile nell'opera del Missionario Cattolico, che non risparmia sacrifizi, non la perdona a disagi pur di guadagnare anime a Gesù Cristo. Era perciò una grande consolazione per lei ogni volta che colle sue generose limosine le veniva fatto di associarsi al bene, che si sforzano di fare i Missionari Salesiani fra i selvaggi e fra gli emigrati italiani.
Lo Spirito Santo ci assicura che le opere buone da noi fatte durante la vita, ci seguiranno quando avremo a presentarci al tribunale di Dio: opera illorum sequuntur illos. Questa parola di verità ci squarcia il velo che avvolge la vita futura, e ci fa intravvedere la nostra generosa benefattrice ricca di meriti ricevere in seno a Dio la ricompensa del benc da lei operato sulla terra. Tuttavia, come ne insegna la Chiesa e per debito di gratitudine, abbiamo pregato e pregheremo per l'anima sua, ed inoltre chiediamo instantemente per essa i suffragi dei nostri buoni Cooperatori.
PER LA VERSIONE ITALIANA DEL « MANUALE BIBLICO » Capua, 24 Ottobre 1895.
RIVERITISSIMO SIGNORE,
Il Manuale Biblico del Vigouroux e del Bacuez è uno dei migliori e dei più utili libri che io conosca. Ha avute otto edizioni in Francia ; ed è da desiderare che la bella versione, fatta con tanto zelo dai suoi Sacerdoti Salesiani, ne abbia presto altrettante in Italia.
Cotesto libro, da lei fatto pubblicare, è ricco di moltissimi pregi, e credo che non ce ne siano altri del medesimo genere, che gli possano andare a paro. Guarda magistralmente la Bibbia, e prende occasione da essa per trattare le più gravi quistioni religiose filosofiche e storiche dei nostri tempi : è ricchissimo di erudizione antica e moderna; e la erudizione sua non riesce, come accade spesso, pesante, uggiosa, e intralciata, ma sciolta da ogni pedanteria, ordinatissima e talvolta anche gradita. Benchè l'argomento del libro qua e là sia sottile e difficile ; pure il libro stesso risulta chiaro, semplice, disinvolto e in qualche parte anche ameno. Nelle cose dubbie grande è la giustezza e la temperanza delle opinioni prescelte. Nelle versione, come nell'originale, lo stile e la lingua sono lodevoli, e al tutto conveniente al fare didascalico dell' Opera. Le incisioni, che chiariscono il testo, mi sembrano assai accurate e precise, e sino il prezzo dei quattro volumi è singolarmente mite. Brevemente io desidererei che tutti i sacerdoti e molti laici avessero tra le mani questo Manuale Biblico; e vivo sicuro che la cognizione e l'amore della divina Scrittura, ammirabile e divino fonte di tutta la nostra vita religiosa e morale, se ne vantaggerebbero di molto.
Mi raccomando caldamente alle orazioni di lei e di tutti i suoi confratelli Salesiani, e, augurando al suo Istituto, che mi è tanto caro, ogni bene, con profonda stima me le professo
Obbl.mo e aff.mo in G. C.
+ ALFONSO Card. CAPECELATRO Arciv. di Capua e Bib. di S. R. C.
Al Rev.mo D. MICHELE RuA, Sup. Gen. dei Salesiani TORINO.
NB. Di quest'opera si sta preparando la seconda edizione italiana dalla nostra Tipografia di San Pier d'Arena. Sono 4 volumi di pagine 800-900 ciascuno, con 280 illustrazioni. Prezzo lire 14.
COMMEMORAZIONE.
Il giorno 31 gennaio scorso, ricorrendo l'anniversario della morte del nostro venerato padre Don Bosco, in ogni Casa Salesiana si celebrò un solenne funerale in suo suffragio. Ai Salesiani si unirono pure in quest'omaggio d'affetto al loro fondatore anche gli ottimi Cooperatori e Cooperatrici delle Opere nostre. In questo numero già si parla d'alcune città e paesi, che ciò vollero fare. Qui faremo cenno solamente di qualche altro.
- Sammardenchia nel Friuli. Dopo il canto del Vangelo della Messa da Requiem celebrata con accompagnamento d'organo all'altare della Beata Vergine dei Dolori in quella Parrocchia, il celebrante rivolse a quei Cooperatori e Cooperatrici un affettuoso discorso su Don Bosco e sulle Opere Salesiane, che sono li, com'ei disse, ad attestare quanto fosse grande lo zelo di quest'uomo di Dio per la salute delle anime. Ringraziò poi a nome di Don Rua tutti quei Cooperatori per l'offerta in danaro e biancheria inviata a Torino per i Missionari di Don Bosco. Alla sua uniamo pur la nostra voce riconoscente per l'affetto che quei buoni Cooperatori e quel solerte Decurione D. Antonio Ferigutti dimostrano verso delle Opere nostre. Il Signore renda loro il centuplo per uno di quanto fanno per gli orfanelli ed i Missionari di Don Bosco!
- Vizzini in Sicilia. Per iniziativa della zelante Cooperatrice Francesca Failla Guarino, i Cooperatori e le Cooperatrici di quella città si raccolsero nella chiesa dì S. Giovanni Battista parata a lutto, per suffragare l'anima di Don Bosco. Intervennero pure buon numero del Clero cittadino, le Comunità dei RR. PP. Cappuccini, il Presidente e le Suore dell'Asilo con i bambini e l'Oratorio festivo. Il Rev.mo Parroco Don Nicosia celebrò la Messa, il Can. Don Giovanni Pedi rivolse calde parole d'occasione, e la commovente funzione terminò col canto degli orfanelli dell'Asilo. S'abbiano quegli ottimi nostri amici e specialmente la sullodata Cooperatrice i nostri più sentiti ringraziamenti e le nostre sincere congratulazioni.
- Faenza. Oltre al solenne funerale, nell'Istituto Salesiano si tenne pure una grandiosa accademia commemorativa di Don Bosco. Tra le varie composizioni lettesi, facciamo special menzione del canto del Rev.m° Prof. Can.co D. Filippo Lanzoni, siccome quello che e per purezza di lingua e per nobiltà di pensieri e per robustezza di verso meriterebbe fosse dato alle stampe. Il Clero faentino era largamente rappresentato. Tutti ne partirono coll'animo soddisfatto d'aver reso così un altro attestato di stima e di affetto al Fondatore de' Salesiani.
IL COMITATO SALESIANO MILANESE in udienza del Cardinal Ferrari.
Leggiamo nell'Osservatore Cattolico la seguente relazione che il D. Pasquale Morganti fece di una solenne udienza accordata da S. Em. Rev.ma il Cardinal Andrea C. Ferrari, Arcivescovo di Milano, a quel Comitato e Sotto-Comitato Salesiano Milanese nel giorno 17 gennaio scorso
« Il Comitato e Sotto-Comitato Salesiano sentiva il dovere insieme ed il bisogno di poter esprimere anche di presenza all'amatissimo nostro Cardinale i sentimenti di vivissima gratitudine, già manifestati in private sedute, pel grande suo amore all'Opera Salesiana nella nostra città. Lo spingevano a ciò specialmente le due ultime sue offerte, di L. 1000 ciascuna, pel nuovo Istituto in costruzione e l'affettuosissima lettera che s'è degnato indirizzare ai membri del nostro Comitato, lodando ed incoraggiandone le iniziative, e colla quale corroborava l'ultimo nostro Appello a favore della grandiosa e dispendiosa fabbrica già iniziata fin dal settembre scorso.
» Sua Eminenza, conosciuto il nostro desiderio, seppe trovare un'ora di tempo e ci ammetteva nelle sue sale in numero di circa 70, il venerdì 17 gennaio. Ascoltato un breve ringraziamento pei numerosi tratti di bontà usatici finora e la domanda fiduciosa d'una sua speciale benedizione, che ci avvalori nel gravissimo nostro impegno, prese la parola e disse in sostanza : - gradire egli assai tale adunanza; allietarsi più che altri del nuovo Istituto che si sta innalzando, nel quale il suo cuore di Vescovo vedrà con sommo piacere ricoverati tanti giovanetti pericolanti: aver egli di questi giorni udito dalla bocca stessa di un gravissimo magistrato come sempre più spaventosamente si elevi fra noi la cifra della delinquenza nei minorenni; non esservi a tanto male altro rimedio, fuorche l'educazione cristiana, quale appunto con esito sì splendido dovunque impartesi dai figli del grande Don Bosco; opportuna quindi ed urgente essere l'iniziativa nostra di apprestare un grande ricovero bastante al numero dei bisogni ; desiderare perciò che tutti i membri del Comitato raddoppino di alacrità e di zelo nella ricerca dei mezzi sufficienti e pronti; far voti che la loro sollecitudine trovi generoso assecondamento in tanti facoltosi della nostra città, ai quali non può sfuggire l'importanza dell'opera; promettere egli (non potendo far di più per ora) di aiutarci colle sue preghiere, specie nel S. Sacrificio della Messa ed impartirci ben di cuore l'invocata benedizione su noi, sulle nostre famiglie e su quanti vorranno aiutarci.
» Questo felicissimo discorso ci scosse salutarmente, e in tutti infuse grande coraggio, di che si abbisognava sotto il peso enorme del nostro impegno. In seguito Sua Eminenza s'intratteneva con grande affabilità coi signori e colle signore del Comitato e Sotto-Comitato, dispensando anche una medaglia commemorativa del Congresso Eucaristico, ed informandosi minutamente dello stato delle cose nostre. A noi non resta che ripetere anche qui i nostri ringraziamenti all'Eminentissimo Pastore e ridirgli che nell'arduo nostro lavoro ci animerà il pensiero che con esso concorreremo anche noi ad alleviargli la fatica nella cura del suo gregge, di cui è parte sì importante e bisognosa la gioventù maschile, ancor tanto sprovvista nell'opulenta Milano di rifugio e di tutela E ci lusinghiamo insieme che i buoni Milanesi, vedendo un'altra volta e con tanta solennità approvata e raccomandata l'opera nostra, vorranno con sempre maggior generosità e prontezza rispondere all' ultimo nostro appello , diffuso già largamente in città ed in diocesi.
» All'adunanza ora presente anche il M. R. Don Saluzzo, Direttore dell'Istituto S. Ambrogio, il quale, commosso profondamente dell'affetto onde vedesi circondato da S. Eminenza, da tutti i membri del Comitato e Sotto-Comitato, dai Cooperatori e da tanti altri amici delle Opere di Don Bosco, vuole far pubblici qui i suoi ringraziamenti a tutti e protestare che gli tarda il momento di poter finalmente vedersi in mezzo ad un bel migliaio di giovanetti e nei loro cuori profondere i tesori della carità cristiana secondo gli esempi dell'immortale suo padre Don Bosco. »
LA PAROLA DI UN MAGISTRATO.
Un grande nemico del Cristianesimo scriveva, poco tempo fa, queste solenni parole : « Se il nome di Gesù sparisse dal mondo, un grido di orrore correrebbe l'universo, e un funebre velo di mestizia e di disperazione si distenderebbe sulla terra. »
La profonda verità di questa previsione balena di tratto in tratto ne' sinistri interregni del sentimento morale, risultanti dalle crisi parziali dell'idea cristiana.
Non tutti hanno il coraggio di confessare che l'aumento della criminalità e la vertiginosa declinazione della pubblica morale trae origini dalaffievolimento del sentimento religioso, e dall'assenza di una sincera educazione cristiana.
Nobile ed esemplare eccezione, tra le altre poche, fu il discorso di apertura del nuovo anno giuridico pronunziato, con mirabile indipendenza, dall'illustrissimo Comm. Francesco Saverio Gargiulo, Sostituto Procuratore Generale della Corte di Cassazione di Napoli.
L'egregio Magistrato, facendo un'acuta analisi di certi fenomeni sociali, pronunciò verità di agro sapore. Convinto che solo l'educazione cristiana delle scuole può far rifiorire quella pubblica moralità, che da tutti si deplora perduta, invocò il ritorno del sentinento religioso nelle moltitudini, non come semplice guarentigia di stabilità e sicurezza per l'ordine sociale, ma come primo fondamento del diritto, come sovrana sanzione per l'impero della legge, pel trionfo della moralità.
E parlando in particolare dell'Italia, luminosamente dimostrò come il Cristianesimo colle sue aspirazioni estetiche risponde alla nostra indole, col suo procedimento sintetico continua le nostre tradizioni e con le sue virtù risponde ai nostri destini. Ricordò ciò che disse Massimo d'Azeglio, che le moltitudini d'Italia o saranno cattoliche o nulla. Dimostrò pure che ogni gran popolo ha un mandato proprio e disse che il destino d'Italia, secondo gli stessi Montesquieu e Rousseau, è il Cristianesimo e quindi bisogna che ad esso i giovani nostri siano educati.
Siccome poi le sorti del vivere morale dei popoli furono in ogni tempo riposte primieramente nella scuola, perche essa forma il cittadino, il soldato, il legislatore, il giureconsulto, l'artista, ecc. così l'oratore insistè nel dire che nella scuola fa duopo all'ente intellettuale dare per fondamento l'ente morale, valendo nulla la scienza delle cose senza la virtù, ed all'ente morale dare per fondamento l'ente religioso, perchè la moralità sfuma senza la religione.
Quindi riassumendo il suo dire terminò colle seguenti memorabili parole : « Noi, ricchi delle testimonianze dei secoli, diciamo che l'italiano è quasi naturalmente cristiano. Plutarco scriveva Il barbaro si conosce dal vizio, il greco dalla virtù. Orbene, scriviamo noi pure sulla fronte dei giovani questa sentenza: L'Italiano si conosce dalla Religione Cristiana. Noi che di largo cuore amiamo la patria, continuiamo le tradizioni dei nostri padri. Non ci sgomenti qualunque contrasto. »
IL CONGRESSO EUCARISTICO
Questa cara manifestazione di fede cattolica intorno al più sublime e consolante mistero dell'amore di Gesù Cristo verso l'umanità pellegrina su questa terra, sarà fatta quest'anno in Orvieto. Il luogo è il più bene scelto, dacchè la stessa cattedrale di quella nobilissima città ebbe origine dal miracolo eucaristico avvenuto in Bolsena oltre sei secoli addietro, e conserva tuttora i preziosi pegni di quel segnalato prodigio. Il Congresso si riunirà nei giorni 5, 6, 7 e 8 del futuro settembre a cura di un Comitato composto di illustri personaggi, sotto la presidenza del Vescovo Diocesano S. E. Monsignor Bucchi-Accica. Sua Eminenza R.ma il Card. Parocchi, Vic. Generale di S. Santità, ha accettato la presidenza onoraria del Congresso ; ed il S. Padre ha già accordato un giubileo straordinario per tutti coloro che interverranno a quelle feste eucaristiche. Per la durata di tre mesi si terranno esposte nella cattedrale le sacre reliquie, e vi sarà anche una ricca esposizione di oggetti relativi al mistero della SS. Eucaristia, e il S. Padre vi manderà quelli preziosissimi che si conservano in Vaticano.
In preparazione a questo solenne Congresso si è incominciata la pubblicazione mensuale di un Bollettino Eucaristico, portante articoli istruttivi sull'Eucaristia, sul miracolo di Bolsena e sul SS.mo Corporale serbato nella Basilica di quella Citta. Detto Bollettino, che uscirà in 12 fascicoli con illustrazioni, sarà anche la guida e la illustrazione alla Mostra di oggetti sacri antichi, i quali verranno raccolti nello storico Palazzo Soliano; darà tutto l'ordine e la descrizione delle sacre funzioni, che in occasione di sì memorabile avvenimento verranno celebrate, e informerà delle facilitazioni ferroviarie, degli alloggi e di quanto è necessario a coloro che, volendo prendere parte al Congresso Eucaristico, hanno tutto il diritto di avere schiarimenti, onde la gita ad Orvieto riesca per tutti di piena soddisfazione. Noi facciamo plauso ai buoni Orvietani che, auspice l'E.mo Protettore Cardinal Parocchi, lavorano alacremente per la felice riuscita dell'opera, cui con tanto entusiasmo si sono accinti, e raccomandiamo la nuova pubblicazione, il cui abbonamento è di L. 2,50, da ricapitarsi all'Amministrazione presso il Prof. D. Cesare Cerretti (Orvieto).
IL XIV CONGRESSO CATTOLICO ITALIANO.
L'Opera dei Congressi e dei Comitati Cattolici in Italia, presieduta dal Ill. Sig. Comm. G. B. Paganuzzi, annunzia che il XIV Congresso Cattolico Italiano si terrà in Fiesole nei giorni 31 Agosto, 1, 2, 3 e 4 settembre del corrente anno. Si moltiplichino e siano sempre più splendidi questi Congressi, dai quali si hanno potenti aiuti per la rigenerazione della nostra povera patria.
Modo facile per promovere la Buona Stampa. Un bel modo veramente facile e pratico per promovere la buona stampa ed ottenere gratis giornali, libri, ed in modo particolare le Letture Cattoliche, è quello escogitato dalla Pia Associazione della Buona Stampa stabilitasi in Asti. A questo fine basta inscrivere in apposite schede tanti soci Aderenti, che paghino annualmente 5 centesimi. Essi per sì piccola offerta vengono inscritti nella Pia Società; godono tra gli altri vantaggi anche l'applicazione di 12 Messe all'altare della S. Famiglia. Ai Promotori poi, ai Cooperatori e Zelatori, che inscrivono 50-100-200 di tali soci, si spediscono gratis, in conformità del Regolamento, tanti bei libri e buoni giornali. Per avere il Regolamento, il Censimento, e le schede rivolgersi con Cartolina doppia al M. R. D. Secondo Gay in Asti, Direttore della Pia Associazione.
Il periodico Vittoria Colonna, artistico, scientifico, letterario, diretto della egregia Marchesa Vincenzina de Felice Lancellotti e scritto da signore, entrando nel sesto anno di vita luminosa ha preso nuovi miglioramenti. Studia meglio i problemi che dalle donne aspettano luce e soluzione, tratta più ampiamente le questioni femminili, dimostrando come la donna solo all'ombra della civiltà di Cristo raggiunge quello stato di perfezione che forma la sua propria felicità, e spande sulla famiglia e sulla società umana la più benefica influenza. Le novelle originali, segnate dai più chiari nomi muliebri, e quelle tradotte finissimamente fre le migliori della letteratura straniera, si alternano a prose e versi delle più brillanti penne che abbia l' Italia. L'interessante rivista quindicinale. costa L. 10 annue per l'Italia e 12 per l'estero. Rivolgersi alla Marchesa V. De Felice Lancellotti, Largo Scassacocchi 9, Napoli.
È uscito il nuovo Indicatore Postale Telegrafico del Regno d'Italia per l'anno 1896. Comprende un riassunto di tutte le disposizioni vigenti pei due servizi delle Poste e dei Telegrafi, le relative tariffe ed un elenco degli Uffizi postali e telegrafici. Inoltre contiene un indice particolareggiato delle materie contenute nel volume, che è di pag. 432-LVI in-8°, ed una grande tavola grafica per l'istradamento delle corrispondenze europee. Si trova vendibile in tutti gli Uffizi postali e telegrafici e presso la Unione Cooperativa Editrice, Roma, al prezzo di L. 1 la copia.
37. Cesari D. Giov. Batta - Madonna del Pilone (Torino).
38. Cosarini C.a Costantina - Parma. 39. Coschelli D. Giov. Battista - Dese (Venezia).
40. Chemello Giov. Battista - Sandrigo (Vicenza).
41. Ciferri D. Andrea - Sutri (Roma) 42. Cipani Domenica - Fasano (Brescia).
43. Colesanti Augusta - Bolsena (Roma) 44. Colombo Battista-Legnano (Milano) 45. Contro D. Pietro - Venezia.
46. Cuniberti D. Camillo - Vigliano Biellese (Novara).
47. Da Deppo Apollonio fu Giuseppe - Lozzo Cadore (Belluno).
48. Daffino D. Antonio - Lavone (Brescia).
49. Del Favore Rana Gabriele - Lozzo Cadore (Belluno).
50. Della Torre D. Domenico - Busca (cuneo).
51 Del-Pin Maria - Spilimbergo (Udine).
52. De Stefani Annetta - Legnago Verona).
53. Di Balme C.a Barbara - Torino. 54. Donato Maria ved. - Saluggia (No. vara).
55. Este Conte Giovanni - Gemona (Udine).
56. Farabella D. Angelo - Betignano (Massa Carrara).
57. Fasolo D. Francesco - Vigone (Torino).
58. Fenoli Maria - Bagolino (Brescia). 59. Filippi Giulia veda Giorelli-Torino. 60. Finello Giacomo - Collegno (Torino,) 61. Finocchio Catterina va Magliani - Molini-Prelà (Porto Maurizio). 62. Finocchio Catterina va Ramboldi - Molini-Prelà (Porto Maurizio). 63. Floridi Fortebracci Sante - Sutri (Roma).
64. Fontana D. Giuseppe - Rubbiano (Modena).
65. Forno D. Pietro-Ronciglione(Roma) 66. Framarin D. Giovanni - Gambellara (Vicenza).
67. Gabellini D. Clemente - S. Giustina (Forlì).
68. Garete D. Atanasio - Fenestrelle (Torino).
69. Garino Teresa - Fontanetto Po (Novara).
70. Gatti Giovanna - Breno (Brescia). 71. Gatti Pier Luigi - Tortona (Alessandria).
72. Genovesi Gravelli Dr. Corrado - Noto (Siracusa).
73. Ghironi D. Pietro - Sala (Parma). 74. Ginocchio Domenico - Foce (Genova) 75. Giustiniani Marta Maria - Spezia (Genova).
76. Grato Donato fu Franc. - Saluggia (Novara).
77. Groppetti Emma - Mura (Brescia).
78. Grossi Conte Cesare - Bollano (Genova).
79. Grosso Giacomo -Montalenghe (Torino).
80. Guala Antonietta - Genova.
81. Guaschino Maria - Frassineto Po (Alessandria).
82. Guazzoni D. Biagio - Someraro (Novara).
83. Guglielminetti Romilda - Torino. 84. Lambusier D. Venceslao - Ronciglione (Roma).
85. Lelli D. Cesare - Cotignola (Ravenna)-86. Luterotti D. Felice - Stenico (Tirolo-Austria).
87. Madio Giov. Batta - Gassino (Torino).
88. Maffei Cont. Chiara - Bra (Cuneo) 89. Maga Giuseppina v. Bazzini - Broni (Pavia).
90. Maggiolo D. Visconte - Pieve di Teco (Porto Maurizio).
91. Maletto Giuseppe - Bibiana (Torino) 92. Marchesi Agostino - Sernio (COMO). 93. Marchesi Anna Maria- Sernio (o) 94. Marchesi Catterina - Sernio (o) 95. Marchesini Luigi - Ferrara. 92. Marini D. Andrea - Ravagnana (Verona).
97. Marino D. Genesio - Brosso (Torino).
98. Marroni Pietro - Castelnuova Garfagnana (Massa Carrara).
99. Martinelli D. Gervasio - Mazzo Valtellina (Sondrio).
100. Matteini D. Pietro, can. -Firenze. 101. Mazzoleni D. Giovanni - Milano. 102. Mazzoletti Teresa - Cremona. 103. Melitenda D. Matteo - Modica (Siracusa).
104. Mellon Antonio - Lusia (Rovigo). 105. Merlini D. Giuseppe - Casalicco (Udine).
106. Miaglia Virginia n. Bianco - Torino. 107. Migliore Comm. Avv. Giovanni - Torino.
108. Mignono Antonietta - Fontanile (Alessandria).
109. Moretti D. Carlo - Bassano (Roma) 110. Moriondo Francesco - Torino. 311. Momo Giulio - Saluggia (Novara). 112. Montobugnoli baronessa Maria - Bologna.
113. Motta D. Chiarino - Albese (Como) 114. Muraterra D. Angelo - Arconate (Milano).
115. Muratori D. Giovanni can. arcipr. - Biella (Novara).
116. Mazzi Angola ved. Fattalini-- Pallanza (Novara).
117. Nasi barone Giuseppe - Torino. 118. Nieddu D. Giovanni - Nuoro (Sassari).
119. Palmieri D. Donato - Mercato San Severino (Salerno).
120. Pasinetto Giacomo-Sabbio Chiese (Brescia).
121. Pastore D. Antonio - Quincinetto (Torino).
122. Pellegrini D. Giuseppe - Loreto (Ancona).
123. Peralio D. Antonio - Rocca di Corio (Torino).
124. Peruzzi D. Sebastiano -Lupia (Vicenza).
125. Piacentini V. -Anguillara (Roma 126. Pich Pier Luigi - Fermo.
127. Pini sacerdote -Marsiglia (Francia).
128. Pollo D. Salvino - Castagnaro (Verona).
129. Pontani Mons. Federico - Orvieto (Perugia).
130. Pesenato Giacoma m. Pace - Monteforte d'Alpone (Verona).
131. Pralavorio Maria - Pettinengo (Novara).
132. Raggio Giuseppina - Busca (Cuneo) 133. Ramati Ernestina - Rovescala (Pavia).
134. Rampazzo Giuseppe - Padova. 135. Regholin D. Antonio - Poianella (Vicenza).
136. Reggio Giuseppe - Chiavazza (Novara).
137. Riccardi D. Giov. Batta - Brusaporto (Bergamo).
138. Rinaldi D. Oriente - Anguillara (Roma).
139. Roatta D. Giuseppe - Cossaglia (Cuneo).
140. Rocca Felice- Benevagienna (Cuneo). 141. Roggero D. Virginio - S. Michele d Asti (Alessandria).
142. Rossi Amalia - Fossano (Cuneo). 143. Rossi Elisa ved. Malaguzzi - Cividate Camuno (Brescia).
144. Rossi Margherita - Mazzo di Valtellina (Como).
145. Sandrini D. Gio. Batt. - Maclodio (Brescia).
146. Semino D. Giacomo - Genova. 147. Senini Margherita - Mazzo di Valtellina (Como).
148. Signorato Celeste - Gambellara (Vicenza).
149. Sera Francesco - Nuora (Sassari). 150. Strolengo Paolo - Cravanzana (Cuneo).
151. Stura Maddalena nata Polissero - Buttigliera d'Asti (Alessandria). 152. Valentina Del Fovero China - Lozzo Cadore (Belluno).
153. Vallino Bonaventura - Saluggia (Novara).
154. Vanello Giovanni-Risano (Udine). 155. Valsangiacomo Ermellina - Mendrisio (Svizzera).
156. Vecchietti Carolina - Domodossola (Novara).
157. Venosta Catterina - Mazzo di Valtellina (Como).
158. Verganti D. Luigi - S. Giacomo Zibido (Milano).
159. Viazzo Maria - Caresana (Novara).