ANNO XX. - N. 10 - Esce una volta al mese. - OTTOBRE 1896.
ALLERTA . 253 ENCICLICA SUL S. ROSARIO 254 L'INSEGNAMENTO RELIGIOSO NELLE SCUOLE 257 UN'ALTRA GRAVISSIMA DISGRAZIA NELLE MISSIONI 259 IL CONGRESSO EUCARISTICO DI ORVIETO 262 I SALESIANI NELLE MEMORANDE FESTE DI IVREA 265 NOTIZIE DELLE MISSIONI : - La prima fondazione salesiana nel Paraguay. -Dalla California a San Salvador. - Mons. Costamagna di ritorno all'Argentina . 267
GRAZIE DI MARIA AUSILIATRICE . . . . 274 Ai GIOVANETTI 276
AZIONE SALESIANA ivi
NECROLOGIA 278
NOTIZIE VARIE ivi
COOPERATORI DEFUNTI 279
Negli scorsi mesi s'aggirava nella vasta Archidiocesi Udinese un cotale, dalla veste talare e dall'accento romano, il quale dichiaravasi Sacerdote, Missionario Salesiano, avente per nome Antonio De-Salvo, e incaricato dall'attuale nostro superiore D. Rua di raccogliere offerte per le Opere di D. Bosco. Si presentava costui specialmente nelle canoniche e nelle sagrestie, e colle maniere più acconcie e studiate, comprovava il suo asserto presentando un libretto documentato, timbrato, ecc. ecc.
All'erta tutti! È questa un'indegna truffa che va tosto denunziata alle competenti Autorità locali. Il farabutto non è nè Sacerdote, nè Salesiano, nè incaricato di fare un tal mestiere. Smascherato in un posto, potrebbe cangiar regione, mutare stile e nome. I RR. Parroci, i Rettori di chiese, i nostri ottimi Direttori Diocesani ed i Decurioni stiano attenti, e quando ne occorra il bisogno, abbiano la bontà di mettere sull'avviso le popolazioni.
Sono indegnità che avvengono pur troppo spesso. i nostri Cooperatori tutti conoscono benissimo i modi e le vie che noi teniamo per raccogliere soccorsi per le Opere lasciateci dal compianto Don Bosco. Quindi all'erta e all'uopo una pronta denunzia all'Autorità competente!
Ai Venerabili Fratelli Patriarchi, Primati, Arcivescovi, Vescovi ed altri Ordinari aventi pace e comunione colla Sede Apostolica
Leone Papa XIII. VENERABILI FRATELLI,
SALUTE ED APOSTOLICA BENEDIZIONE.
DI quella fiducia e devozione verso la Vergine Santissima che, appresa dai più teneri anni, venne sempre da Noi con vivo studio nutrita, abbiamo già nel supremo Pontificato potuto rendere assai di sovente aperte e pubbliche testimonianze. Imperocchè, avvenutici in tempi non meno infausti alla religione che pieni di pericolo per la società, intendemmo al certo di quanto giovamento tornar dovesse il raccomandare più che mai quel presidio di salvezza e di pace, che nell'augusta sua Genitrice il pietosissimo Iddio assegnò a tutela del genere umano, e rese insigne ne' fasti della Chiesa per serie non interrotta di prosperi eventi. Ai Nostri voti ed incitamenti corrispose sollecito il fervore dei popoli cattolici con molteplici industrie, e segnatamente col ravvivare la pratica del sacratissimo Rosario : nè mancò il conforto di mirabili e copiosi frutti. Se non che, Noi non possiamo in verun modo stancarci di esaltare la Madre del Signore, che è veramente degnissima di ogni lode e di commendare l'ossequio amoroso verso la me. desima, Madre degli uomini, la quale è piena di misericordia, piena di grazia. Anzi l'animo affaticato dalle cure dell'apostolico ministero, quanto più vicino sente sovrastare il tempo di sua dipartita, con fiducia tanto più intensa si affisa a Colei, dalla quale, come da aurora avventurata, spuntò il giorno di una felicità e di una allegrezza, che non hanno tramonto. Senza dubbio, Venerabili Fratelli, riesce giocondo ricordare che Noi di quando in quando con altre lettere prendemmo a dar lode alle preci del Rosario; attesochè per molte guise sono di alto aggradimento a Lei, in cui onore si recitano : e, al tempo stesso, arrecano somma utilità a coloro, che, secondo dovere, le adoprano. Ma è del pari giocondo il potere ora inculcare nuovamente e confermare lo stesso proposito. E da qui nasce egregia occasione per rinfiammare con paterna parola le menti e i cuori ad accrescimento di religione, e rinvigorire in essi la speranza dei premi immortali.
A quella forma di preghiera, che è tema al Nostro discorso, fu già da' secoli cristiani apposto il nome proprio di Rosario, come se nel suo intreccio ritraesse insieme congiunte la soavità delle rose e la vaghezza de' serti. La qual cosa invero, a quel modo che è acconcissima al fine di onorare la Vergine, che a ragione è salutata mistica Rosa del Paradiso, e Regina dell'universo su nel cielo porta corona di stelle; non altrimenti sembra, financo nel nome, adombrare e simboleggiare l'augurio delle gioie e delle ghirlande celesti, ispirato dalla Vergine ai suoi cultori. - Ciò poi si appalesa chiarissimo a chi ponga mente al metodo onde è condotto il Rosario mariano. Mercecchè nulla vi ha che dai precetti e dagli esempi di Cristo Signor nostro e degli Apostoli cotanto fortemente si imponga quanto l'obbligo di invocare Dio e supplicarlo di aiuto. Inoltre i Padri e i Dottori della Chiesa ci fanno accorti essere sì grande la necessità dell'orazione, che ove questa venisse dagli uomini trascurata, invano si affiderebbero di conseguire l'eterna salute. Ma sebbene chiunque preghi, per la virtù propria dell'orazione e per la promessa di Cristo abbia aperto l'adito ad impetrare ogni grazia; ciò non pertanto niuno è che ignori che da due doti principalmente la preghiera può derivare la sua più grande efficacia: vale a dire, dall'assidua perseveranza e dalla società di molti cuori in una stessa orazione. Il pregio della prima dote si addimostra luminoso dagli inviti pieni di bontà onde Cristo ci esorta : - Chiedete, cercate, picchiate (Matth. VII, 7,); - a somiglianza appunto di ottimo padre, il quale ama per certo di assecondare i desiderii dei figli, ma gode ancora di venir lungamente da essi pregato e pressochè stancato dalle loro suppliche, per legarne a sè gli animi con più stretti e dolci vincoli.
Intorno al merito dell'altra dote ci diede più volte testimonianza lo stesso Signore, che dichiarò: Se due tra di voi si accorderanno sulla terra a chiedere qualsivoglia grazia, sarà loro fatta dal Padre mio, sendochè dove trovansi due o tre uniti nel mio nome ivi io sono (Matth. XVIII. 19, 20). Di che tolse origine quella sentenza di Tertulliano così vigorosa: Ci colleghiamo in radunanze e società, affinchè, quasi ordinati in ischiera, facciamo forza a Dio con la preghiera; a Dio è grato questo genere di violenza (Apologet. XXXIX) : nè meno grave è il detto dell' Aquinate : È impossibile che le preghiere fatte da molti non vengano esaudite, se di molte orazioni si forma quasi una sola (In Evang. Matth. c. XVIII). - Or bene, entrambe queste doti ci è dato ammirare accolte egregiamente nel Rosario. Perocchè in esso, a voler passare sotto silenzio altre riflessioni, col ripetere le medesime preghiere e raddoppiarne l'ardore, noi ci sforziamo d'implorare ed ottenere dal Padre celeste il regno della grazia e della gloria sua; e calde e reiterate suppliche innalziamo alla Vergine Madre, affinchè voglia con la sua intercessione levarsi a soccorso di noi peccatori, in tutta la nostra vita, e particolarmente nell'ora estrema, che è passaggio all'eternità. Così pure la formola stessa del Rosario è assai acconcia a preghiera da farsi in comune; a tal che non senza cagione, si ebbe il titolo di salterio mariano. - Si mantenga pertanto con religiosa esattezza, o si richiami in onore l'usanza, la quale fioriva presso i nostri antenati, quando le famiglie cristiane, nelle città egualmente che nelle campagne, avevano in conto di cosa sacra ed inviolabile, che, al cadere della giornata, togliendosi al moto degli altri lavori, convenissero debitamente innanzi all'effigie di Nostra Signora, per tributarle, con omaggio di alterna lode, il culto del Rosario.
Del qual fedele e concorde ossequio Ella cotanto si compiaceva, che a somiglianza di tenera madre fra corona di figli, in mezzo a quei suoi divoti assisteva propizia, comunicando i doni arcani della pace celeste. Considerando appunto siffatta efficacia della preghiera tenuta in comune, fra le varie norme che soventi fiate Ci fu in grado stabilire intorno al Rosario, facevamo pur noto « essere ne' Nostri desiderii, che tutti i giorni nelle Cattedrali delle singolo Diocesi, e ogni dì festivo nelle Chiese parrocchiali, venisse recitato (Lett. Apost. Salutaris ille, del 24 dec. 1883). Che ciò si osservi con costanza e diligenza, è a Noi gratissimo : come vediamo con aperto compiacimento, che tale costumanza si compia e propaghi ancora in altre religiose e pubbliche solennità e in quelle pompe di pellegrinaggi ai tempii più insigni, delle quali la frequenza, ogni dì più crescente, è al tutto da commendare. - Oltracciò, una fonte di dolcezza ineffabile e salutare si dischiude in questa unione di preghiere e lodi mariane. Noi stessi, Ci gode pur l'animo a ravvivarne la ricordanza, ne potemmo far prova, allora massimamente, quando in talune singolari circostanze del Nostro Pontificato ci avvenne di scendere nella Basilica Vaticana, circondati da grande moltitudine di tutti gli ordini, che con Noi congiunta di mente , di voce , di fiducia, mercè le orazioni e i misteri contemplati del Rosario, supplicava con ardente affetto alla potentissima Ausiliatrice delle genti cristiane.
E chi sarà mai che vorrà divisarla soverchia e dar biasimo alla fiducia riposta, secondo ogni lor potere, da' fedeli nel patrocinio e nell'aiuto della Vergine? Per fermo, il nome e le parti di perfetto Conciliatore a nessun altro si addicono che a Cristo; poichè egli è il solo, che, Uomo e Dio ad un tempo, ritornò in grazia e riamicò col sommo Padre il genere umano: Uno solo è il mediatore tra Dio e gli uomini Gesù Cristo, che offrì se stesso per redimere tutti ! (I., Tim. II, 5. 6). Ma se, come insegna l'Angelico, nulla vieta che alcuni altri si chiamino mediatori tra Dio e gli uomini, secondo certi aspetti ; vale a dire perchè dispositivamente e ministerialmente cooperano all'unione dell'uomo con Dio (III. q. XXVI. aa, 1, 2.), e cotali sono a stimarsi gli angeli e i santi del cielo, i profeti e i sacerdoti dell'uno e dell'altro Testamento; non può cader dubbio, che siffatta gloria si avvenga, in modo ancor più ampio e pieno, alla Vergine eccelsa. E per verità, non si può nemmeno imaginare altra creatura, che abbia posto, o valga quando che sia a porre opera, pari a quella data della Vergine, nel riconciliare il genere umano con Dio. Perocchè Ella agli uomini che rovinavano in sempiterna perdizione apportò il Salvatore, sin da quell'istante, che col suo verecondo e mirabile assenso, in luogo di tutta l'umana natura (Tom. III, q. XXX, a- 1.), ricevè l'annunzio del sacramento di pace arrecato in terra dall'Angelo: Ella è colei, dalla quale nacque Gesù, cioè vera Madre di Lui, e per ciò stesso degna ed accettatissima Mediatrice presso il Mediatore.
E poichè tutti questi misteri si avvicendano e si succedono con ordine nel rito del Rosario, proposti alla meditazione e contemplazione degli animi divoti, ne segue che vi risplendano palesi nel tempo medesimo i meriti di Maria per la nostra riconciliazione e salvezza. Nè può alcuno non sentirsi compreso e vinto di soavissimo ardore, ogni qual volta gli accada di rivolgere la mente a Lei, sia che nella casa di Elisabetta apparisca dispensatrice dei divini carismi, sia che a' pastori, a' re, a Simeone presenti il figlio pargoletto. E che deve dirsi quando si consideri, che il sangue di Cristo sì largamente versato per nostra cagione, e le membra, nelle quali Egli mostra al Padre le impresse ferite, pegno della Nostra libertà, non sono altro che carne e sangue della Vergine?
sendoche la carne di Gesù Cristo è carne di Maria; e sebbene magnificata dalla gloria del risorgimento, nondimeno rimase e rimane la stessa natura della carne che fu presa da Maria (De Assumpt. B. V. M. c. V. fra le op. di Santo Agostino).
Ma dal Rosario un altro ancora ed insigne frutto si raccoglie, il quale, come già altra volta dicemmo, si rannoda del tutto all'indole dei tempi nostri. Ed è , che mentre la virtù della fede divina è ogni dì esposta a tanti pericoli ed assalti, può il cristiano dalla devozione del Rosario trarre partito e vantaggio ad alimentare e ravvalorare la propria fede.
Le sacre pagine addomandano Cristo autore e consumatore della fede (Hebr. XII, 2. ); perchè Ei medesimo ammaestrò gli uomini di molte cose, che creder dovessero, principalmente intorno a lui stesso, nel quale abita tutta la pienezza della divinità (Col, II, 9.); e di più, con la grazia e quasi unzione dello Spirito Santo benignamente concede il dono di credere; consumatore, perchè su nel Cielo, dove muterà l'abito della fede nella chiarezza della gloria, Egli manifesta disvelato ciò, che per velame gli uomini percepiscono nella vita mortale. Ora è certo, che nella pratica del Rosario luminosamente grandeggia Cristo, di cui noi, meditando, contempliamo tutta la vita; la privata, cioè, nei misteri gaudiosi; la pubbica, fra sommi travagli e patimenti insino alla morte; e in fine la gloriosa, che dal risorgimento di Cristo trionfante s'inanella ed infutura nell'eternità di Cristo sedente alla destra del Padre. E giacchè la fede, acciò sia piena e degna, è necessario che esteriormente si manifesti, perchè col cuore
credesi per conseguire giustificazione e colla bocca si rende confessione ad ottenere salvezza (Rom. X, 10) ; a quest'uopo ancora, una forza meravigliosa ci è dato ritrovare nel Rosario. Di vero, per mezzo delle preghiere vocali, onde bellamente s'intesse, possiamo appalesare e professare la fede in Dio, provvidentissimo padre nostro, nella vita avvenire, nella remissione dei peccati ed eziandio nei misteri della Triade augusta, del Verbo fatto uomo, della divina maternità, e negli altri. Non havvi poi alcuno, il quale non conosca quanto grandi debbansi reputare il pregio ed il merito della fede. Perocchè essa, non altrimenti che germe elettissimo, fa sbocciare al presente i fiori di ogni virtù, onde a Dio possiamo piacere; e menerà dipoi quei frutti che perenni durino : Poichè conoscer te è giustizia perfetta, e sapere la giustizia e la virtù tua è radice d'immortalità (Sap. XV, 3).
E qui viene in acconcio di aggiungere un'altra riflessione, la quale si attiene ai doveri di quelle virtù, che la fede esige di suo proprio diritto. Fra esse va noverata la virtù della penitenza; e di questa è parte ancora l'astinenza, per più di un titolo, dovuta e salutare. Ne' quali obblighi, in vero, se la Chiesa ogni dì più tratta con benignità e mitezza i suoi figli, spetta nondimeno ad essi di adoperarsi con ogni possibile diligenza a compensare con altri meriti la materna indulgenza di lei. E a questo scopo appunto Ci piace sopra tutto proporre la pratica del Rosario, che può del pari produrre preziosi frutti di penitenza, segnatamente nel considerare i dolori di Cristo e della divina sua Madre.
Laonde ai fedeli, che con ogni potere si studiano di raggiungere il loro bene supremo, per meraviglioso consiglio di provvidenza è offerto il valido aiuto del Rosario; il quale, per giunta, riesce a tutti facile e alla mano, sopra quanto se ne possa pensare. Imperocchè chiunque abbia qualche cognizione, sia pur mediocre, delle pratiche religiose, può di leggieri e con frutto adoperarlo : nè tanto tempo esso richiede, che ad alcuno degli affari giornalieri della vita arrechi indugio od impedimento. Di opportuni e luminosi esempi ne è copia e dovizia nei sacri annali : ed è noto abbastanza, che in ogni tempo vi ebbe di molti, i quali, avvegnachè gravissimi offici sostenessero o fossero sopramodo occupati in cure laboriose, tuttavia soffrir non vollero che questa pia consuetudine in verun giorno venisse intralasciata.
Nè deve prendersene meraviglia chi consideri quanto soavemente con ciò si accordi quell'intimo senso di religione, onde gli animi sentonsi per tal modo invaghiti della sacra corona di Maria, che l'amano oltre misura, come indivisa compagna e fidata tutela; e stringendola con affetto tra le mani nelle supreme agonie, ne traggono dolce auspicio all'acquisto della immarcescibile corona di gloria. Ed all'auspicio giovano grandemente i tesori delle sacre indulgenze, ove si abbiano nel dovuto onore. Mercecchè di queste, in abbondanza larghissima la divozione del Rosario dai Nostri Predecessori e da Noi venne arricchita. Ed esse, a' morenti ed ai trapassati, impartite quasi per mano stessa della Vergine misericordiosa, tornano di inestimabile vantaggio, affinchè giungano più presto a bearsi nel gaudio della pace sospirata e della luce immortale.
Ecco, Venerabili Fratelli, i motivi pei quali non Ci stanchiamo mai dall'encomiare e raccomandare alle genti cattoliche una devozione di tanta eccellenza e di tanta utilità per la eterna salvezza. Ma a ciò Ne consiglia anche un'altra ragione gravissima, intorno la quale già più volte, per lettere e discorsi, aprimmo l'animo Nostro.
Perocchè, sentendoci Noi ogni dì più fortemente stimolati e spinti all'opera dell'ardente desiderio, che in petto Ne accese il divin Cuore di Gesù Cristo, di caldeggiare al possibile la già iniziata riconciliazione de' dissidenti, ben vediamo che siffatta ammirabile unità con nessun mezzo può meglio venir preparata e stretta, che con la potenza delle sante preghiere. Ci sta di continuo innanzi al pensiero l'esempio di Cristo, il quale, affinchè i suoi discepoli nella fede e nella carità fossero una cosa sola, supplicò lungamente al Padre. E durerà sempre, conservataci nella storia degli Apostoli, l'insigne memoria della valida preghiera della santissima Madre di Lui per lo stesso intento. Quivi infatti si commemora la prima adunanza de' Discepoli, che, animati di superna fiducia, invocavano ed aspettavano la promessa pienezza del divino Spirito; e al tempo medesimo si fa singolare menzione di Maria, che prega in una con essi : Tutti costoro perseveravano unanimi in orazione con Maria Madre di Gesù (Act. I. 14).
Pertanto, se a Lei, come a fautrice e custode nobilissima dell'unità, si accoppiò a ragione nella preghiera la Chiesa nascente, è da stimarsi opportunissimo che ciò si faccia del pari al presente in tutto il mondo cattolico; specialmente nel corso del mese di ottobre che Noi da gran tempo, col solenne rito del Rosario, abbiam voluto dedicato e sacro alla Madre di Dio, per implorarne l'aiuto nelle presenti distretto onde la Chiesa è travagliata. Si scaldi adunque ed arda in ogni contrada lo zelo di questa preghiera, che valga, sopra tutto, a compiere il proposito della santa unità. Nè altro voto potrà elevarsi più grato ed accetto a Maria; perocchè Ella, unita sommamente a Cristo, desidera e vuole sommamente, che coloro i quali si giocondano del dono di uno e stesso battesimo da Lui istituito, sieno altresì congiunti in una ed istessa fede e perfetta carità con Lui e fra loro medesimi. E perciò i misteri angusti della fede, mercè il culto del Rosario, mettano negli animi sì alte e profonde radici, che quel felicissimo frutto se ne possa raccogliere, onde imitiamo ciò che contengono e conseguiamo ciò che promettono.
Frattanto, in auspicio de' doni celesti ed a pegno della Nostra benevolenza , a ciascuno di voi, ed al Clero e popolo vostro, impartiamo, con effusione di affetto, l'Apostolica Benedizione.
Dato a Roma, presso San Pietro il 20 Settembre 1896 , anno decimonono del Nostro Pontificato.
LEO PP. XIII.
LA scuola senza religione è scuola di corruzione, perchè l'errore, l'empietà ed il materialismo sono incentivi di mille passioni, consiglieri di mille delitti. La storia ce lo attesta a caratteri di sangue e l'esperienza d'ogni giorno ce ne porge sotto gli occhi le prove più evidenti.
Tra gli innumerevoli fatti, che potremmo arrecare in conferma di questa pur troppo desolante verità, viene qui in acconcio la recentissima sentenza del Tribunale di Parigi, il quale, sorpreso e commosso dal crescente numero dei delinquenti minorenni, volle indagarne la cagione. A questo fine diedesi sollecitudine di chiedere ai genitori, che si presentavano a domandare notizie dei loro figli sottoposti a processo, dove li avessero fatti istruire. Ed il risultato di tale inchiesta fu che sopra 100 giovani 11 appena aveano frequentate le scuole religiose dei preti cattolici; tutti gli altri aveano fatti i loro studi nelle scuole governative, da cui fu bandito ogni religioso insegnamento. Non è enorme questa differenza fra l'undici e l'ottantanove, fra l'uno e il dieci? Non è sufficiente questa prova a dimostrare la necessità dell'insegnamento religioso?
Dalla Francia passiamo all'Italia, che in fatto d'istruzione laica non la cede forse a nessun' altra nazione, e vedremo che il risultato della delinquenza corrisponde pure alla incredulità ed all'irreligione, che segue ed accompagna il laico insegnamento impartito nelle scuole.
E anche qui giova ricavarne le prove dalle confessioni di avversari dichiarati; e ce le porge nuove e fresche ancora il famoso barone Raffaele Garofalo, uno dei porta-bandiera del moderno positivismo in Italia. Studioso cultore delle scienze giuridiche e sociali egli tenne nel passato gennaio una conferenza intitolata: « L'educazione popolare in relazione colla criminalità in Italia ». E quali furono le conclusioni del suo discorso? Furono diametralmente contrarie al sistema del positivismo, negatore d'ogni religione, da lui professato, furono umiliantissime pel moderno liberalismo, che vorrebbe ad ogni costo disfarsi della religione cattolica. Pretendono gli increduli o sotto il nome di positivismo o di liberalismo insegnare alla nazione la vera scienza, la vera civiltà. E che cosa ottengono per risultato? La diffusione dell'errore, ben peggiore dell'ignoranza, la rivolta delle passioni, la peggiore delle barbarie, la prevalenza dei delitti. Secondo le statistiche, dice il Garofalo, in Italia ogni due ore cade un uomo per mano di un assassino, e la cifra degli omicidi non trova riscontro in nessuna altra nazione, fuorchè negli Stati Uniti d'America, ove però questi delitti succedono in gran parte per opera di Negri, di Messicani e di Europei emigrati. Ecco il dolorosissimo risultato, a cui egli è pervenuto: il primato dell'Italia nei delitti di sangue.
Ma egli ebbe però la lodevole sincerità di riconoscere anche suo malgrado, che la principale cagione di questa crescente delinquenza è l'insegnamento irreligioso, che si dà all'italiana gioventù nelle scuole governative, e che solo dalla religione possiamo riprometterci una scuola veramente morale (1).
Ora innanzi a tali fatti e tali confessioni d'increduli, chi vorrà ancor tener chiusi gli occhi per non vedere la luce della verità, per non riconoscere l'assoluta necessità del religioso insegnamento? Quali genitori, quali maestri, quali educatori vorranno rifiutarsi dal porgere ai loro figli ed allievi questo rimedio preventivo e salutare, a tutti necessario quanto il pane che mangiamo, quanto l'aria che respiriamo, quanto la luce che ci illumina? Solo quelli, che ne vogliono la rovina morale e civile. Chiunque al contrario ne desideri sinceramente il vero bene temporale ed eterno, dee darsi la massima sollecitudine d'infondere nel loro animo la cristiana fede, fondamento e sostegno della morale educazione, senza cui nessuno può essere buon cittadino, ne uomo onesto, nè coscienzioso operaio, nè giusto padrone, nè suddito fedele, nè savio magistrato. Insomma non vi può essere vera educazione senza morale, nè vera morale senza religione, nè infine vera religione senza la cristiana fede.
Questa è una verità, che si fa ognor più palese a chi non vuol chiudere gli occhi alla luce; verità, che si fece pur sentire, non ha guari, agli orecchi dei governanti e di Francia e d'Italia. Egli è noto come, pochi mesi fa, il Ministro della Pubblica Istruzione in Francia, spinto dai lamenti dei genitori, ordinasse un' inchiesta per sapere qual frutto arrecasse l'insegnamento del catechismo laico. Le 558 risposte pervenutegli dagli Ispettori e Maestri mostrarono ad evidenza essere necessario ritornare al catechismo religioso della Chiesa, e che non si dee, nè si può separare l'insegnamento della morale da quello della Religione (2). In Italia poi, or non è molto, il Deputato Cerruti si alzava in Parlamento a perorare l'insegnamento religioso tanto nelle scuole primarie, come nelle secondarie, conforme alla legge Casati, purtroppo da molti anni violata da chi dovrebbe farla osservare. Ma i Municipii, speriamo, faranno ciò, che da più alto non si vuole e non si osa fare. E gran lode si merita l'esimio Prof. Francesco Acri dell'Università di Bologna, il quale ebbe il nobilissimo coraggio di propugnare questa necessità del religioso insegnamento in un bell'opuscolo, da lui indirizzato ai Sindaci ed ai Consiglieri dei Comuni d'Italia.
Noi cattolici però non dobbiamo aspettare colle mani alla cintola, che il Governo o i Municipii compiano questo dovere. Dobbiamo chiederlo, esigerlo colla voce, colla stampa e coi fatti. E dicendo coi fatti non intendiamo colle dimostrazioni piazzaiuole, ma colle legali e fatte alle debite Autorità che debbono eseguire la volontà dei genitori, chiedenti il catechismo almeno nelle scuole elementari. Nè cìò basta: si devono mandare gli allievi, sopra tutto del corso ginnasiale, tecnico e liceale, alle Scuole di Religione, che già si sono istituite, o che si andranno in seguito istituendo nelle Parrocchie, negli Oratori festivi od in altri appositi luoghi od Istituti.
E qui non possiamo tacere una cosa di somma importanza, vale a dire che coloro, i quali hanno maggior bisogno di religiosa istruzione, sono appunto quelli, che sinora non ne avevano più alcuna: sono gli allievi del Liceo, dell'Università e di altri Istituti equivalenti. Costoro sono i più esposti agli errori del tempo ed al pericolo della incredulità. Essi hanno dunque vera necessità di un'istruzione ragionata e apologetica intorno ai dogmi della cristiana religione e specialmente intorno ai fondamenti, su cui si basa la cattolica fede.
Che se molti di essi non possono godere del beneficio della scuola, o perchè nel loro paese o città non abbia luogo tale istituzione, o perchè non vi possano per qualche buona ragione prendere parte, non debbono tuttavia mancare di procacciarsi tale istruzione per mezzo di libri appositi. Al qual uopo suggeriremo il Corso d'istruzione religiosa ed apologetica ad uso delle Scuole Superiori del Teol. Francesco Paglia intitolato : LA RAGIONE GUIDA ALLA FEDE, O almeno il COMPENDIO DELLA MEDESIMA OPERA, redatto dallo stesso Autore ad uso di testo per le Scuole di Religione ragionata (1).
L'Opera che raccomandiamo è senza dubbio molto soddisfacente, e può servire tanto al professore di Religione, quanto agli allievi che non possono frequentarne la scuola. Tuttavia il Compendio non è un nudo scheletro dell'opera, sibbene la riproduzione abbreviata delle principali questioni, che in quella si trattano, e riproduzione tale, che non solo si presta ad essere facilmente studiata, ma si fa leggere eziandio volentieri qual libro interessante.
Altro vantaggio di questo libro si è, che esso presenta alle Scuole di Religione un doppio testo: uno ristretto da spiegare agli allievi od almeno da seguire nell'insegnamento, e l'altro esteso, ampio, che serve a spiegare il primo; vantaggio anche questo di grande importanza, che lo rende preferibile ad altri di simil genere, che possano competere con esso nel rispondere ai bisogni della presente gioventù studiosa. E chi non sa che ai giovani studenti dell'età nostra non basta la istruzione catechistica, nè la predica popolare, che si fa alla moltitudine dei fedeli d'ogni condizione, ma è assolutamente necessaria un'istruzione apologetica, diretta a difendere le cattoliche verità dagli attacchi degli increduli? Or bene quest'Opera ampia mente soddisfa a tale bisogno, sia per le questioni moderne che vi si trattano, sia per la chiarezza e l'ordine, con cui sono trattate, mia per la semplicità e naturalezza dello stile, che ne rende facile lo studio ed anche amena la lettura.
Sebbene poi il Compendio sia fatto, come l'opera maggiore, specialmente per gli studenti del Corso liceale e per quelli che abbiano già studiato un po' di filosofia; nondimeno noi crediamo che si possa eziandio adottare, come già si fece in alcuni Collegi, qual testo nel Ginnasio superiore, nel Corso tecnico e normale. Ma in tali scuole converrà distinguere le cose più facili, che non suppongono ancora negli allievi lo studio della filosofia, scegliendo ed assegnando loro per lezione solo queste, e riserbando le altre alle classi liceali od altre equivalenti, nelle quali con queste ultime si potrebbero pur ripetere le prime. Nè questa scelta è difficile a fare; poichè gli argomenti vi sono distinti in modo, che facilmente si possono studiare gli uni e lasciare gli altri senza imbroglio, nè detrimento di chiarezza.
E siccome bisogna rendere questa scuola di religione, quanto è possibile, piacevole agli allievi, noi crediamo che agli studenti di Liceo e di Università, senza assegnare alcuna lezione a memoria, si potrebbe indicare il testo, che dal professore o conferenziere si segue nelle sue lezioni o conferenze, affinchè gli allievi abbiano una guida e possano secondo il bisogno consultarlo e così rivocare alla memoria le cose udite o per propria istruzione o per rispondere ad altri, che loro movessero qualche domanda o difficoltà od obbiezione.
Ci resta per ultimo a dire qualche cosa intorno al modo pratico, non di fare questa scuola di religione ragionata, ma d'istituirne altre e propagarne la istituzione dappertutto, dove diffondesi la incredulità in mezzo alla gioventù. Molti si credono, che a tale scopo richiedansi spese enormi e mezzi impossibili. Questo è un grave errore, che impedisce un gran bene. No, non richiedonsi a tale uopo grandi somme di danaro; non richiedesi di erigere un apposito edificio, nè di aprire un nuovo collegio, nè di fondare un vero corso di studi teologici; basta elevare di un grado la istruzione religiosa, che già suolsi dare alla gioventù nei Catechismi parrocchiali, negli Oratori festivi e nei Collegi delle classi secondarie, normale, tecnica, retorica e liceale; basta dare agli allievi, che frequentano tali scuole, un'istruzione ragionata e apologetica in modo da premunirli contro gli errori antireligiosi del tempo nostro.
E a questo fine che cosa si richiede? Nient'altro, che un testo acconcio ed un abile professore o conferenziere. Il testo più adatto a tale bisogno è appunto la doppia opera, di cui sopra parlammo. E l'abile professore o conferenziere si può facilmente trovare tra i dotti ed eloquenti Sacerdoti, che vi sono in ogni città o paese importante, dove siavi bisogno di tale scuola religiosa e apologetica.
È tempo che i cattolici si destino e facciano argine alla invadente incredulità. Persuadiamoci che tra i bisogni religiosi del tempo nostro il principale è quello della istruzione religiosa apologetica (1); e noi dobbiamo pensare ai bisogni della generazione, non passata, nè futura, ma presente.
(1) ATENEO RELIGIOSO di Torino, 1896, n. 19, pag. 288; n. 24, pag. 361 e 362.
(2) SCUOLA CATTOLICA, Si torna al Catechismo. Quaderno di Giugno 1896, pag. 504 e segg.
(1) Quest'opera consta di due bei volumi in 12, di pagine complessive 1948, e si vende presso la Libreria Salesiana di Tarino al prezzo di L. 8,50. Il Compendio è pure in 2 volumi in 16, di pagine complessive 454 e si vende al prezzo di L. 2.
(1) CIVILTA CATTOLICA: l'insegnamento religioso, quad. del 16 Febbraio 1895 pag. 441 e segg.
Il primo martire della Patagonia.
È questo l' anno delle prove. Sembra in verità che il Signore voglia purificarci nel crogiuolo delle tribolazioni, del sacrificio e del dolore. Sia fatta la sua santa volontà! Non abbiamo per anco rasciugate le lagrime delle passate sventure, quand'ecco un'altra sopraggiunge ad accrescere il nostro cordoglio.
Sullo scorcio del mese d'agosto il corriere proveniente dall' Argentina ci recava. la dolorosissima notizia che un nostro zelante Missionario della Patagonia, il Sac. Francesco Agosta, veniva travolto dalle vorticose acque del fiume Neuquen, mentre s' avviava alla residenza di Chosmalal per assumere la direzione, che l'ubbidienza gli affidava, di tutta la Missione di quel Territorio.
D. Francesco Agosta nacque in Morzasco, nella Diocesi d'Acqui, il 12 ottobre 1863 dai pii genitori Matteo ed Isabella Priarone, tuttora viventi, i quali di buon grado ne fecero dono al Signore nella Pia Società Salesiana, tostochè conobbero essere tale la vocazione del loro caro figliuolo. Entrava nell' Orato rio di Torino nel novembre del 1879, e due anni dopo, con immenso suo giubilo, riceveva da D. Bosco l'abito chiericale. Nel 1887, compiuti lodevolmente gli studi filosofici e teologici, veniva ordinato Sacerdote.
Ma le sue aspirazioni non ebbero qui compimento : egli bramava di consacrare intieramente la sua vita nelle missioni estere. Le parole non bastano per esprimere la gioia provata da questo novello levita nel sentire, all'autunno del 1888, che i Superiori volevano appagare i suoi ardenti desideri e l'avevano scelto a far parte di quella numerosa spedizione che doveva essere capitanata da Mons. Cagliero. Collo slancio di un apostolo, coll' entusiasmo di chi ha conseguita una grande vittoria, D. Agosta si preparò alla partenza, che ebbe luogo ai 7 gennaio 1889. Quella sera, ai piedi di Maria Ausiliatrice, gli demmo l'estremo addio
La porzione della vigna salesiana tanto prediletta da D. Bosco, la Patagonia , toccò in sorte al nostro zelante D. Agosta. Colà egli spiegò un' attività straordinaria nell'esercizio del sacro ministero ; pareva presentisse assai corti i suoi giorni. « Dovunque era conosciuto, s'instava per averlo come Parroco; dovunque si recasse a dare missioni, si faceva violenza perchè si fermasse Le popolazioni di Patagones, Viedma, Conesa, Bahia Blanca, Pringles, Piguè, Alfalfa, ed ultimamente Roca lo ricordano con ammirazione e con amore (1). »
Destinato alla delicata Missione del Territorio del Neuquen, mentre ossequente all'obbedienza e pieno di zelo, s'avviava al nuovo vasto campo affidatogli, la morte repentinamente ce lo rapiva per trasportarlo in cielo. Adoriamo gli imperscrutabili disegni di Dio!
Profondamente addolorati per tanta e così immaturata perdita, invitiamo i nostri cari Cooperatori e pie Cooperatrici a volersi unire con noi nel suffragare l'anima di questo nostro carissimo confratello Missionario. La carità gli ha fornito ali per volare in lontane regioni ad estendere il regno di Dio; la carità gli venga pur ora in soccorso, onde possa presto essere ammesso, se ancor nol fosse, agli eterni godimenti di quel beato regno da lui predicato con tanto zelo. I nostri copiosi suffragi siano l' espressione più sentita e sincera delle vive condoglianze, che pubblicamente presentiamo agli afflitti genitori !
(1) Lettera d'annunzio della di lui morte, spedita a tutte le Case Salesiane dall'Ispettore dell'Argentina D. Giuseppe Vespignani.
Com'è avvenuta questa disgrazia.
Parecchie lettere e dalla Patagonia e dall' Argentina ci annunziarono questa gravissima sventura. Noi preferiamo la seguente del confratello Serafino Maria Sambernardo da Chosmalal, come quella che più di tutte ne racconta minutamente i particolari.
Fiat voluntas tua, Domine !
REV.MO SIG.
DON RUA Chosmalal, 11[7 1896. AMARA, ben amara è la notizia che oggi debbo comunicarle. Il Signore ha voluto visitarci con un colpo tremendo. L'obbediente, l' amantissimo suo figlio D. FRANCESCO AGOSTA non è più: egli ha finito i suoi giorni nelle acque del fiume Neuquen, mentre lo attraversava per venire in questa Missione a spiegare l'ardente suo zelo in qualità di Superiore.
Qui eravamo rimasti Don Panaro ed io. Don Matteo Gavotto, come più pratico dei luoghi, era andato ad incontrare il nuovo Superiore fino a Roca; a lui è toccato assistere, anzi aver parte nell'orribile tragedia.
La mattina dell' 8 luglio, verso le 7 1/2, quando D. Panaro stava per finire la Santa Messa, sento battere impetuosamente alla porta. Corro, ed oh ! mio Dio! ricevo la trista notizia che si è annegato un Sacerdote. Lascio immaginare come rimanessimo D. Panaro ed io a un tale annunzio. Poco stante, ecco arrivare D. Gavotto, tutto bagnato da capo a piedi, il quale senza poter profferir parola, allargando le braccia e piangendo dirottamente, ci fe' comprendere che l' annegato era colui che Mons. Cagliero ci aveva destinato per Superiore, il carissimo D. Agosta.
Povero D. Agosta! Era partito da Roca il giorno 1° di giugno, confortato dalle parole e dalla benedizione di Mons. Cagliero, e con D. Gavotto era venuto dando missione alla gente che si trova sul Rio Agrio. Il viaggio da percorrere era di circa 100 leghe. Dall'Agrio li accompagnava un certo Pietro Zuñiga, un bravo uomo pare pratico dei luoghi. Alle 4 del mattino dell' 8 luglio, già si trovavano tutti in piedi in Taquimilan , distante un cinque leghe da Chosmalal, e Don Agosta tutto contento stimolava i compagni ad affrettarsi per giungere a celebrare la Santa Messa in Chosmalal ed anche per aver tempo di provare il Te Deum che si doveva cantare all'indomani per la festa nazionale; e perciò correva avanti a tutti e fu il primo ad arrivare sopra il colle, donde si scorge Chosmalal e donde mandò un entusiastico grido al Neuquen : « - Salve, o Neuquen, che torno a rivederti dopo tanto tempo ». - Poveretto! Era ben lungi dall'immaginarsi che questa volta il Neuquen gli doveva fabbricare la tomba. Sempre ansiosi di giungere presto a Chosmalal, entrarono nel fiume Don Gavotto primo, poi Pietro Zuñiga e dietro D. Agosta. Mettendosi nell'acqua D. Agosta osservò l'orologio : erano le 7,25. Zuñiga gli chiese se soffriva di vertigini; rispose che non sapeva per aver attraversato pochi fiumi.
Il punto del vado era precisamente quello per dove era passato D. Gavotto nell'andare a Roca e che da quattro anni si suole praticare da quanti attraversano questo fiume. Non ha mai presentato gravi difficoltà. Disgraziatamente da qualche giorno pare ché l'acqua devo aver fatto uno scavo profondo a quattro metri dalla parte del paese.
Il fatto è che quando essi stavano quasi per raggiungere la sponda , i loro cavalli, spinti dalle onde rese impetuose dal vento, un dopo l'altro precipitano in un profondo fosso. Scossa così l'acqua e agitata com'era dal vento, ne sorge un forte remolino, che avvolge e trascina prima D. Gavotto, poi Zuñiga, il quale potè tuttavia librarsi sempre sul suo cavallo. D. Agosta che veniva sopra un cavallo ben forte, di ultimo era giunto a mettersi primo, e, secondo confessione di Zuñiga, già si poteva dire in salvo, se fosse stato più pratico nel governo del cavallo ed avesse conservata la sua presenza di spirito. Invece di sciogliere le redini al cavallo quando era il caso, non lo fece, le teneva strette guardando a Zuñiga. Zuñiga, che già si dibatteva nell'acqua, gli gridò: - Padre, sciolga le redini al cavallo. - Però pare che non l'intendesse, le teneva come prima sempre mirando a Zuñiga. Forse aveva già sofferto di capogiro; la sensazione che gli doveva aver prodotto la scomparsa di D. Gavotto, il veder Pietro allontanarsi trascinato dall'acque terminò per farlo smarrire del tutto. Il fatto è che il cavallo stava già appoggiato colle gambe anteriori alla riva opposta , quando il povero D. Agosta, fosse per isvenimento o per altro, diede indietro tirando le redini. Fu la cosa d'un attimo: retrocedendo il cavallo, ricadde nel remolino, dal quale s'era già tolto, precipitando dalla sella. Il cavallo si salvò lasciando D. Agosta nel remolino, dal quale fu travolto. Dopo un poco riapparve a fior d'acqua. Zuñiga,che già stava alla sponda, gli tirò prontamente una cordicella: egli la vide: stese la mano per afferrarla, ma non la raggiuse : quegli la raccolse frettoloso per ricacciargliela; non fece in tempo, s'era già sommerso. - Don Gavotto intanto era andato nuotando sotto l'acqua circa una quadra e mezza, non lasciando di recitare la Salve Regina a M. A., quando potè affermare un piede al suolo ed alzar fuori d'acqua la testa. Zuniga, che già non pensava di vedere Don Gavotto e che correva lunghesso la corrente per soccorrere Don Agosta, al veder questo alzar la testa, gli tirò la cordicella gridandogli : -- S'aggrappi, Padre, alla corda. - L'afferrò egli, ma non avendo forza di uscire, Pietro discese nell'acqua, e lo potè afferrar pel braccio. In quel mentre vide passare di fronte nel mezzo del fiume D. Agosta. Stia lei qui in sicuro, disse Zuñiga a D. Gavotto, vado a soccorrere D. Francesco, - ed andò seguitandolo. Però era scomparso, riapparendo di nuovo per poco, molto più in giù, dove non v'era più speranza di toglierlo, e scomparve di nuovo. Nel passar pel fiume e dopo di esser caduto non gli si udì pronunciare una parola. D. Gavotto non lo vide, l'assolvette condizionalmente. Erano due giorni che si era confessato.
Appena si seppe il luttuoso avvenimento in paese, il Governatore diede ordine perchè si facesse la perquisizione del fiume finchè si trovasse il cadavere. Finora però , cioè dopo tre giorni e mezzo, non si è per anco rinvenuto. Che Iddio e Maria Ausiliatrice ce lo facciano ritrovare, affinchè in mezzo all'immenso dolore possiamo avere almeno il conforto di dargli sepoltura e recarci sulla sua tomba a pregargli l'eterno riposo !
Oggi qui si è fatto un solenne funerale in suffragio dell' anima sua. Assistettero il Governatore con tutte le altre Autorità, il Corpo di polizia e di gendarmeria e la banda musicale. Il Governatore ne è addoloratissimo, perchè era da molto tempo che qui si aspettava questo nostro carissimo confratello. In segno di lutto sospese per qualche tempo il corriere.
Frattanto i più desolati siamo noi che attendevamo D. Agosta come un angelo con colatore e vivificatore di questa Missione. In mezzo alla costernazione, al profondo abbattimento che proviamo; altro sollievo non troviamo che quello di portarci col pensiero al Getsemani, ed in compagnia del nostro caro Salvatore, prostrati a terra, esclamare: Pater, fiat voluntas tua! Sia fatta, o Signore, la vostra santissima volontà !
D. Agosta, per quanto mi consta, è il primo Sacerdote Salesiano che muore nella Patagonia. Egli è morto facendo l' obbedienza, ed un' obbedienza che gli costava assai; giacchè ora veniamo a sapere che aveva una grande ripugnanza ad attraversare i fiumi. Iddio gradì adunque la sua cieca obbedienza, e volle trasportarlo nella celeste magione in compagnia dei santi e dei martiri. La Patagonia pertanto conta ora uno speciale protettore in Paradiso. D. Agosta ha lasciato un gran vuoto in questa Missione; preghiamolo che voglia ottenerci da Dio di riempirlo adequatamente.
Amatissimo Padre, mentre questa mia lettera varca terre e mari, noi preghiamo il Signore che le mitighi il dolore che le cagionerà questa nuova sventura ; come pure preghiamo per i genitori del caro defunto, onde abbiano a, ricevere il doloroso annunzio con santa rassegnazione. Ma lei, o buon Padre, preghi per noi e ci mandi una sua speciale benedizione, che ci conforti e dia coraggio particolarmente al povero D. Gavotto di continuare le sue apostoliche escursioni. Con affetto di figlio mi creda
Dev.mo ed Obb.mo nel Signore SERAFINO M. SAMBERNARDO.
EDUCATI alla scuola del nostro D. Bosco di f. m., che del culto e dell'onore di Gesù in Sacramento fu apostolo zelantissimo, salutiamo sempre col plauso più vivo l'adunarsi dei Congressi Eucaristici, che all' accrescimento di tale culto sono peculiarmente rivolti. È quindi un dovere per noi porgere notizia ai nostri lettori del XV Congresso Eucaristico tenutosi in Orvieto, nei primi dello scorso settembre, con esito splendidissimo e certo non inferiore ai precedenti. Non potendo però, per la brevità dello spazio, distenderci in particolari e nel riferire i discorsi degli illustri oratori, trascriviamo la relazione ufficiale che ne fa l'autorevole Civiltà Cattolica, la quale discorrendo con vedute generali, porge di quelle grandissime feste un bellissimo quadro.
Intervenne al Congresso il fiore del Clero e del laicato cattolico d'Italia, con alcuni rappresentanti di altre nazioni. Gli accrebbero poi splendore con la loro presenza quattro Principi della Chiesa, S. Em. il Cardinal Parocchi, Vicario di Sua Santità, Protettore e Presidente onorario del Congresso, gli Eminentissimi Cardinali Serafino e Vincenzo Vannutelli, e S. Em. il Cardinal Manara. A questi facevano splendida corona non meno di quarantasei tra Arcivescovi e Vescovi, due Abbati mitrati, due Archimandriti e due Generali di Ordine, il Generale dei Mercedari e quello dei PP. Predicatori.
Il popolo, direm così, dei Congressisti era come un mistico giardino, in cui la varietà gareggiava con la spirituale bellezza dell'ingegno e il celeste olezzo di una fervida pietà, tutt' amore verso Gesù in Sacramento.
Il Congresso, come tutte le adunanze di questo genere, noti durò che quattro giorni, ma la sua memoria vivrà perenne negli annali di Orvieto e nei fasti della Chiesa.
Venne, come i nostri lettori già sanno, con molta solennità inaugurato il 5 settembre nella Basilica, bellamente restaurata e ridotta all'antica forma, sì che era una vaghezza a vederla. Dopo le preci inaugurali e la benedizione impartita col SS. Sacramento da Sua Em. il Cardinal Vicario, i Congressisti, preceduti dai Prelati, dal Capitolo e dal Seminario, recaronsi al luogo delle tornate, cioè alla Chiesa di S. Francesco, trasformata in aula, e tutta messa vagamente a festa con grande sfoggio di serici drappi e finissimi velluti chermisini gallonati e trinati d'oro, e con superbi padiglioni alle arcate, donde piovevano cordoni pur d'oro e nappe di cannutiglia. Nell'abside sorgeva un palco, a mo' di anfiteatro, coperto di tappeti, nel cui centro campeggiava, sotto il busto di Leone XIII, un trono, ove si assisero i quattro Cardinali circondati negli scanni inferiori dall'eletta corona dei Prelati, in mezzo a' quali era il banco della presidenza. Le due Cappello laterali erano anch' esse convertite in tribune poi rappresentanti dei Vescovi assenti e poi benefattori del Congresso; e a piè di quelle sedevano dall'un lato i segretarii del Congresso e dall'altro i relatori del giornalismo cattolico, ivi largamente rappresentato. La navata di mezzo era occupata dai Congressisti e dagli spettatori muniti di una tessera, che rilasciavasi a pagamento; e tra le due tribune, che più sopra mentovammo, sorgevano due pulpiti, l'uno per gli oratori, l'altro pel segretario generale del Congresso, Dr. Arturo Conelli Salesiano, Direttore dell'Istituto Leonino in Orvieto.
La disposizione del luogo non poteva essere più saggiamente combinata; e presentava all'occhio uno spettacolo gaio e grandioso ad un tempo.
Le tornate e le sezioni.
Appena messo piè nell'aula, i Congressisti vennero salutati dal Concerto Salesiano schierato lungo l'orchestra, e composto di piccoli sonatori dai dieci ai quindici anni, sotto la direzione di un Maestro parimente Salesiano. Era un diletto il vedere quel bimbi, poco più alti dei loro strumenti, maneggiarli con la destrezza e il garbo di provetti sonatori!
Si aprì la tornata con la lettura del Breve dato dal S. Padre pel fausto avvenimento e delle indulgenze del Giubileo, lettura accolta dai calorosi applausi dell'Assemblea, e con un bel discorso inaugurale di S. Em. il Cardinal Parocchi, seguito alla tribuna da S. E. Mons. Vescovo di Orvieto. Tanto il discorso del Cardinale, Presidente onorario del Congresso, quanto quello del Presidente effettivo del medesimo, Mons. Bucchi Accica, furono uditi con grande attenzione e universale gradimento. Il Segretario Rev. Dr. Conelli lesse quindi un telegramma da spedirsi a Sua Santità per chiederle l'Apostolica benedizione e in attestato di filiale ossequio, ubbidienza ed amore, ascoltato dall'Assemblea in piè, e con generale acclamazione approvato. Diede poscia partecipazione al Congresso, di lettere e telegrammi di adesione e d'incoraggiamento spediti da' Cardinali, Vescovi, Prelati, e da altri illustri personaggi del Clero e del laicato cattolico, non che da congregazioni, società e istituti di molte provincie d'Italia e di altri paesi; e con questo levossi la tornata. Dall'aula i Congressisti avviaronsi al Palazzo Papale per assistere all'inaugurazione della Mostra.
Al pomeriggio riunironsi nel Collegio Salesiano (Istituto Leonino) le varie sezioni incaricate degli studi preparatorii; e l'istesso fecero ne' dì seguenti. Qual fosse il risultato delle loro discussioni si par manifesto dalle conclusioni pratiche che in parte il Segretario partecipò al Congresso, e che si faranno di pubblica ragione; il che ci dispensa dal qui ricordarle. Direm solo che se tutti mirano all'accrescimento del culto eucaristico, quelle in particolare che, a nostro avviso, più meritano di venire promosso, sono la Visita giornaliera al SS. Sacramento, di cui sì affettuosamente parlò in una adunanza plenaria il giovane Avv. Marsili, la frequente Comunione e la solenne Esposizione del Santissimo da farsi nel tempo e nel modo più acconcio ai bisogni spirituali della popolazione : temi dolcissimi e eloquentemente trattati da parecchi oratori nelle pubbliche riunioni.
Di queste i nostri lettori avranno letto il programma e il resoconto nel Supplemento della Vera Roma, 5, 6, 7 settembre, o in altri giornali cattolici d'Italia. E però senza ripetere quello che già tutti sanno, prendiamo a fare alcune osservazioni, le quali verranno a mettere in più chiara luce l'importanza di questo Congresso. E primieramente non si vide mai un'accolta di tanti e sì eminenti Prelati, come in questo Congresso eucaristico e negli altri che il precedettero; il che prova il gran conto che ne fa la Chiesa, ben persuasa che nell'accrescimento del culto e dell'amore verso Gesù Sacramentato è la nostra salute. In secondo luogo nelle sette adunanze plenarie, che si tennero, non si poteva desiderare maggior frequenza di Congressisti, incominciando dagli Eminentissimi Cardinali e dagli altri Prelati sempre assidui alle adunanze, nè ordine più perfetto, nè più benevola accoglienza fatta dal pubblico ai diversi oratori ecclesiastici e laici, che si succedettero alla tribuna tutto il tempo che durò il Congresso. Noi siamo ben lungi dal fare odiosi paragoni, o dall'approvare tutti i giudizii espressi da qualche relatore nel suo giornale. Ma diciamo francamente, e senza tema di essere smentiti, che, attesa la moltitudine degli oratori, a parer nostro, soverchia, la brevità del tempo molto saviamente ristretto al ragionare di ciascuno, e l'ampiezza della più parte dei temi proposti, questi furono svolti con acume d'ingegno, profondità di dottrina e calore di affetti, tanto da riscuotere ripetuti applausi da tutta l'Assemblea. Gli oratori furono tra i Prelati l'Eminentissimo Cardinal Vicario, S. E. Mons. Vescovo di Orvieto, e le LL. EE. i Mons. Arcivescovo di Vercelli, Arciv. di Spoleto, e i Vescovi di Montepulciano, di Rieti e di Colle Val d'Elsa, il Vescovo Ausiliare di S. Miniato dei PP. Predicatori, il Vescovo di Nicosia, l'Abbate di Grottaferrata, un Vescovo di rito greco (Mons. Schirò) e un Vescovo russo (Mons. Simon), il quale venuto per consiglio del Papa al Congresso, porse a nome dei cattolici russi un affettuoso saluto all'Assemblea.
Tra gli Ecclesiastici che salirono alla tribuna, furono Monsignor Alessi, il R. Parroco Palazzetti, il Dott. D. Albertario, il R. prof. Baglioni, Mons. Radini Tedeschi, il R. Cañco Scala, il R. Dott. Laureri Salesiano, Mons. Omodei Zorini, Mons. Gessi, e il P. Rondina d. C. d. G.
Tra i laici presero la parola il Comm. Fumi, il Conte Paganuzzi, il Cavaliere Avv. Persichetti, il Conte Soderini, il Comm. Parlati, il Prof. Toniolo, il Barone Manno, il Barone de Matteis, l'Avv. Marsili Libelli, lo studente universitario De Giovanni, il Conte Santucci, il Cav. Grossi Gondi in sostituzione del Conte Cesare Balbo, il Comm. Rezzara, e il Prof. Ghilardi.
L'assunto e lo svolgimento dei discorsi era degno di quell'augusta edotta Assemblea, e generalmente ci parvero commendevoli non solo per dottrina e per affetto, ma eziandio per aggraziata forma e vivace colorito. Il riferire qui i temi, tolti in essi a trattare, è cosa superflua dopo che il giornale del Congresso li ha fedelmente e per intero resi di pubblica ragione.
Questo sol noteremo che, se la trattazione di temi eucaristici in bocca ai sacerdoti piacque e fu accolta con plauso, non maravigliò tuttavia gran fatto l'uditorio, perchè assunto proprio del loro ministero, a cui una lunga educazione li ha preparati : ma udirla sulle labbra dei laici, e udirla suonare con tanta potenza di pensiero e caldezza di affetto, fu cosa che gradevolmente sorprese, e talora mandò in visibilio l'Assemblea.
I discorsi furono interpolati dalla lettura di telegrammi e di altre importanti comunicazioni, fatta dal Rev. Conelli Segretario, anima del Congresso, tra' quali venne accolto con caloroso applauso dall'adunanza quello del S. Padre. I telegrammi e le lettere di adesione furono numerosissime e di gran rilievo per la dignità, il merito e la fama de' personaggio delle società che le spedirono da ogni parte d'Italia e ancora da altri paesi. Fu letto eziandio una lettera di S. Em. il Cardinale Sanfelice, che ringraziava il Congresso dei voti fatti per la sua guarigione. Non vogliamo qui lasciar di ricordare che fra le comunicazioni fatte dal R. Segretario fuvvi quella, di certe monache lombarde; le quali, non potendo altramente concorrere allo splendore del Congresso, fecero e spedirono gran copia di ostie e particole pei sacerdoti e fedeli da consacrarsi durante il Congresso.
Nelle adunanze serotine, riserbate al solo Clero, fecero acconci discorsi i RR. Pacetti, Lazzarini, Mr. Pietro Piacenza, Mr. Omodei Zorini, il P. Abate di Grottaferrata e S. Em. il Cardinale Parocchi, il quale die' al Clero ottimi consigli. Il medesimo chiuso il Congresso nel pomeriggio della festa della Natività di Maria con un'ingegnosa sintesi dei discorsi e delle decisioni del Congresso, tenendo per ben due ore a sè rivolta l'attenzione dell'Assemblea.
Da questo rapido cenno i nostri lettori potranno far seco ragione dell'importanza e della buona riuscita di un Congresso, in cui tutto fu ordine, pace e armonia di mente e di cuore; di un Congresso, nel quale non si udì altra voce che quella dell'amore verso Gesù Sacramentato; di un Congresso finalmente con tanto zelo promosso e caldeggiato, e le cui adunanze furono sì saviamente dirette dagli Arcivescovi e Vescovi di Spoleto, Perugia e Orvieto, assistiti dai Vice-presidenti Avv. Paganuzzi, barone De-Matteis, comm. Fumi, e R. Dott. Conelli segretario, nonchè dai Presidenti delle varie sezioni, Conte Santucci, prof. Toniolo, Dott. Laureri Salesiano in sostituzione del R.mo Dott. Cesare Cagliero, Procuratore generale dei Salesiani.
E sia detto abbastanza delle tornate del Congresso.
Le funzioni ecclesiastiche.
Or che diremo delle funzioni ecclesiastiche, che ne furono sempre l'esordio, la chiusa ed il principale ornamento? Ci gode veramente l'animo al ricordarle: solenni pontificali celebrati dagli E.mi Cardinali coll'assistenza di quella splendida corona di Prelati, che più sopra dicemmo, del Clero della città, de' Congressisti, dei Pellegrini, del popolo; Messe e Vespri accompagnati da musica vocale e da scelta orchestra; prima Comunione di oltre a cento tra fanciulli e fanciulle; grande affluenza di popolo ai tribunali di penitenza e alla mensa eucaristica per l'acquisto del Giubileo; vaghissima illuminazione nell'interno della Basilica, dove la graziosa ringhiera marmorea, che a-gira la galleria tutto intorno al cornicione del vastissimo tempio, rischiarata da innumerevoli lumicini, parte in piena luce e parte alcun che velati, rendeva sembianza di un bellissimo merletto a giorno; semplice e bello a un tempo l'addobbo, d'antica foggia, delle navate della Basilica a soli festoni di mortella intramezzati di fiori, e ricadenti sugli stemmi dei benefattori del Duomo. Ma lo spettacolo che ci colmò l'animo di maraviglia e di dolcezza ineffabile fu la pompa della solenne processione, per la prima volta permessa, dopo il Congresso Eucaristico di Napoli, con la quale si chiuse splendidamente il Congresso. Vedemmo sotto gli occhi sfilare per un'ora e mezzo oltre a mille fratelli delle varie Confraternite di Orvieto, di Bolsena e delle terre intorno nelle loro cappe bianche, azzurre, vermiglie e di altri colori, preceduti dai loro stendardi, con in mezzo alle file di tratto in tratto angioletti bianco-vestiti e coronati di fiori. Intramezzavano le Confraternite i Concerti di Castiglione, di S. Eraclio di Foligno e il Salesiano, che precedeva i giovanetti dell'Istituto Leonino, i quali davano di sè edificante spettacolo di modestia e di devoto raccoglimento. Seguivano in lunga fila le giovanette della prima Comunione in bianco velo col capo inghirlandato di rose e un mazzolino di fiori col cereo in mano : e appo loro, i garzoncelli, anch'essi della prima Comunione, in abito di festa. Venivano appresso nelle loro candide lane i novizi ed altri religiosi di Nostra Signora della Mercede, preceduti da un bellissimo e ricco stendardo; quindi i Servi di Maria e i Domenicani col loro Padre Generale. Poscia sfilava il Clero, cioè il Seminario, molti preti della città, della diocesi e del Congresso in pianeta, il Rev. Capitolo della Basilica, gli Abbati di Grottaferrata e il Vice-bibliotecario di S. R. C. accompagnati da Monaci basiliani, due Abbati Maroniti e due Procuratori Patriarcali, uno Greco Melchita, onorato del titolo di Esarca, e un altro di rito Siro-Caldeo, i quali tutti facevano di sè splendida mostra nei loro pomposi abiti orientali; e finalmente in lungo ordine procedevano oltre a 40 tra Arcivescovi e Vescovi in piviale di lama d'oro e d'argento e mitra gemmata in capo, con al fianco i loro segretarii e gentiluomini, preceduti dal Concerto della città. A cotesto splendido corteggio tenevano dietro, schierati in doppia ala, i rappresentanti delle Confraternite, sorreg genti sopra lunghe aste quaranta fanali di varie fogge, che precedevano a onore il SS. Corporale, chiuso in una custodia a foggia di tempio per materia ed arte preziosissimo, del peso di 300 libbre d'argento, e visibile dietro il cristallo che lo copriva. Il tempietto era portato, come già l'arca santa, a spalle di sacerdoti in mezzo a profumata nube d'incenso e a un nembo di fiori, che piovevano di tratto in tratto dalle finestre e dai balconi parati a festa, lungo le vie percorse dalla processione. Chiudevala l'E.mo Cardinale Parocchi, in abito pontificale, seguito dagli altri tre Cardinali in porpora, accompagnati dai loro domestici in belle assise e da un drappello non di curiosi, ma di fedeli a capo scoperto e in atto pio e devoto.
Non si vedevano guardie di pubblica sicurezza pel buon ordine, che non veniva da veruno turbato, ma soltanto otto carabinieri in tenuta di gala, come guardie di onore intorno al baldacchino. Le vie erano gremite di popolo, accorso non solo dai dintorni, ma ancora da lontani paesi, in mezzo al quale notavasi oltre un migliaio di pellegrini della Venezia.
La sera, dopo l'adunanza vespertina in S. Francesco, e il Tedeum e la benedizione nella Cattedrale, tennesi nell'Aula del Congresso una solenne Accademia di poesia, data dagli Alunni del Seminario sotto la direzione del loro bravo Rettore R. Dr. Matteo Ottonello Salesiano , e rallegrata da scelta musica che fu il fiocco della festa.
Qui l'autorevole periodico entra a discorrere della mostra eucaristica, rilevandone le singolari bellezze da renderla, per pregio artistico d'arte sacra antica, più unica che rara, e dandone amplissima lode al dotto Presidente Comm. Luigi Fumi, che ne fu la mente ed il braccio. Noi chiuderemo invitando i nostri amici a volervisi recare di persona a visitarla, poiché ci si assicura che difficilmente accadrà di poter rivedere insieme accolti tanti capolavori d'arte sacra antica, quanti ne ha raccolti Orvieto al presente da ogni parte d'Italia.
Giorni memorandi per la città d'Ivrea furono il venerdì, sabbato, domenica, lunedì e martedì, 11, 12, 13, 14 e 15 settembre scorso, nei quali celebraronsi solennissime feste in onore del Beato Taddeo Machar con un concorso straordinario di popolo e di clero e coll'intervento dell'Episcopato Piemontese, di un Vescovo inglese e di tre altri Irlandesi.
Taddeo Machar, oriundo da nobilissima stirpe regale irlandese, era stato eletto e consacrato dapprima Vescovo di Ross, quindi delle due diocesi unite di Cork e Cloyne in Irlanda. Ma osteggiato da uomini nemici delle libertà ecclesiastiche, egli venne a Roma, e ottenuta dal Papa efficace tutela de' suoi diritti e della sua persona, riprese la via d'Irlanda. Senonchè, arrivato alle sponde della Dora Baltea, affranto dal lungo viaggiare e colto da grave malattia, quale pellegrino chiese ospitalità nell'Ospedale dei viginti uno, così detto per esser fornito di soli ventun letto, situato in un sobborgo d'Ivrea, che ora porta il nome di S. Antonio. Nonostante le sollecite cure di quei buoni monaci, logoro dalla fatica e dalla penitenza, coi segni della più viva pietà rese l'anima a Dio prima dello spuntar dell'aurora del giorno 24 ottobre 1492. Al momento della sua morte una luce meravigliosa illuminò il letto, su cui giaceva, rivelando chi egli fosse. La spoglia sua rivestita di abiti convenienti, fu con grande solennità trasportata alla cattedrale, e per ordine del Vescovo di quella città, Nicolao Garigliatti, posta sotto l'altar maggiore. Da quel giorno in poi molti miracoli operati per sua intercessione diedero testimonianza della sua santità, e la non interrotta devozione del clero e della popolazione d'Ivrea verso il B. Taddeo Machar fu sancita l'anno scorso dalla S. Sede.
Le imponentissime feste celebratesi in quei giorni con solenni pontificali, processioni, panegirici, canti, musiche, illuminazioni, ecc. ebbero per iscopo di ringraziare il buon Dio e glorificare il novello Comprensore del cielo. E ad esse non poterono rimanere estranei i Salesiani, i quali per la munificenza della famiglia dell'attuale Vescovo d'Ivrea, Mons. Agostino Richelmy, promotore di tante feste, fin dall'ottobre del 1892 in quella città, e precisamente in un locale presso il luogo stesso ove quattrocent'anni addietro santamente spirava il B. Taddeo Machar, aprivano un Seminario, che dà ricetto specialmente ai giovani della lontana Irlanda, che aspirano allo stato ecclesiastico e religioso.
Pertanto col nostro Rettor Maggiore v'andarono da Torino e la schola cantorum e la musica strumentalo del nostro Oratorio, sia per le varie funzioni religiose, come per gli altri onori da rendersi e al Beato e ai Vescovi intervenuti. I nostri piccoli cantori, unitamente alle voci scelte dei due Seminari di quella città, « per ben quattro giorni meravigliarono tutti a cantare sempre con slancio e franchezza d'intonazione »; ed i musici « nonostante le improbe e non interrotte fatiche, alle quali dovettero sottostare in quei giorni, ebbero l'onore del primo premio alla gara di musiche maggiori indetta pel terzo giorno di tali feste (1). »
Nè qui limitossi la partecipazione dei figli di D. Bosco. Un nostro Sacerdote con un triduo di predicazioni nel duomo aveva disposta la popolazione al grande avvenimento. I chierici poi di quel nostro Istituto con paziente lavoro e gusto squisitamente artistico prepararono una grandiosa illuminazione ed una riuscitissima accademia per la domenica 13 settembre. Quella sera pertanto recaronsi al Borgo S. Antonio i Prelati, numerosissimo clero e gran folla di signori e signore.
All'ingresso dell'Istituto Salesiano, a capo d'un lungo viale trasformato in galleria ad arcate di lampioncini, leggevasi in trasparenti a leggiadri colori le seguenti parole: Ai Venerandi Presuli - i Figli di D. Bosco - Plaudenti. Sull'ampia facciata dell'Istituto, torreggiava in alto un gran trasparente che rappresentava la pia figura del Beato : e intorno e sotto, tra innumerevoli palloncini distribuiti lungo le linee architettoniche del fabbricato scorgevasi altri trasparenti, che recavano in ricco disegno a dimensioni amplissime le lettere onde si compone l'invocazione: Ora pro nobis, Beate Taddhaee. Formava un tutto di effetto sinceramente splendido e sorprendente.
Ma si era pure andati colà per un'accademia musico-letteraria in onore del Beato Taddeo. Bellissima musica d'occasione eseguirono gli allievi dell'Oratorio Salesiano di Torino, coadiuvatì dai chierici Salesiani locali, ed un pezzo d'effetto brillantissimo fu pure eseguito con arte finissima dall'illustre prof. Mario Gaviani insegnante al Liceo Musicale di Torino. I componimenti letterarii furono in numero conveniente, brevi e di molto affetto. Le lingue italiana, latina ed inglese erano le preferite. L'orazione del beato Taddeo venne declamata in ben quattordici lingue, non esclusa la celtica, la lingua parlata allora dal B. Taddeo Machar, e quivi fatta sentire da un Professore del Seminario della Diocesi del Beato stesso. L' esito dell'accademia fu oltremodo soddisfacente.
La mattina dello stesso giorno veniva ordinato Diacono nella chiesa di quel Seminario di D. Bosco il Suddiacono Salesiano Michele Mac - Charty, omonimo e dello stesso paese del novello Beato Taddeo. Il Vescovo Ordinante fu Mons. Bourne , Vescovo Titolare di Epifania e Ausiliare di Southwark, oriundo egli pure d'Irlanda.
I Vescovi Irlandesi intervenuti a queste feste sono i seguenti; Mons. Guglielmo Fitzgerald, Vescovo di Ross, Mons. Alfonso O' Callaghan, Vescovo di Chork, Mons. Roberto Browne, Vescovo di Cloyne, le sedi del Beato Taddeo, e Mons. Francesco Bourne, Ausiliare di Southwark, con diritto a futura successione in quella diocesi di Londra, sotto cui trovansi i nostri confratelli di Battersea.
Tutti questi Vescovi, prima di recarsi ad Ivrea, vollero fare una visita al nostro Oratorio di Torino. L'assenza dei nostri cantori e musici, che li avevano preceduti in quella città, non ci permise di far loro quegli onori che pur avremmo voluto. Essi erano accompagnati dai RR. PP. O' Leary P. P.; Cunnigham P. P. ; Canonico Fleming, T. Flemingh Roche, Hurley P. P.; Canonico Keller Vicario Generale di Cloyne, James Sisk Amministratore di Fermy; Hickie O. P. Provinciale dell' Ordine Domenicano, P. O' Callaghan C. M. Ryan Vice Rettore del Seminario di Thurtes, Hill, Tait, e da altri rispettabili signori.
Mons. Francesco Bourne, di cui presentiamo il ritratto accompagnato da un caro Suddiacono, era arrivato a Torino alcuni giorni prima ed aveva presa l'ospitalità presso di noi. Egli si è pure recato a visitare le nostre Case di S. Benigno e di Foglizzo, nonchè la Cartiera Salesiana di Mathi, riportandone grande soddisfazione. Egli è un nostro carissimo amico, zelante Cooperatore Salesiano e protettore insigne dei nostri cari confratelli di Londra fin dalla prima ora che si stabilirono in quella capitale.
il Signore lo benedica e ce lo conservi ad multos annos!
(1) Il Pensiero del Popolo, periodico settimanale d'Ivrea, 18 settembre 1896.
(Lettera di D. Ambrogio Turriccia)
La prima fondazione Salesiana in questa Repubblica.
REV.mo SIG. DON RUA,
Asuncion, 26 Luglio 1896.
DAL Paraguay, terra tanto amata da Mons. Lasagna di v. m., dal Paraguay, dove per sette anni continui si lavorava per avere i Salesiani , le indirizzo questa mia lettera. Alfine si sono compiuti i desideri di tante anime generose, alfine fu premiata la costanza e l' attività del. Dottor Alonso Criado, già conosciuto dai Salesiani dell' Uruguay e dell' Argentina come vero e sincero amico dei Figli di D. Bosco. Descrivere i particolari dell'addio all'Uruguay e le prime impressioni avute al metter piede in questa terra, sarebbe lunga e difficile cosa; per il che mi limiterò solo ad alcuni cenni, che potranno servir poi per la storia di questa nuova Missione.
Partimmo il 14 del corrente luglio da Montevideo sul vapore « Urano » e fummo accompagnati fino a bordo da amici, alunni e vicini di Colon, e da una Commissione della nuova Società degli Antichi Allievi. Prima di darci l'ultimo abbraccio, questi nostri amici vollero ancora manifestar pubblicamente il loro affetto, ed i discorsi e i brindisi che si fecero in quel momento per noi tanto solenne, furono un bell'eco alla festa imponente, che la domenica prima 12 luglio si era celebrata in Colon. Là erano stati illustri uomini ed ammiratori delle Opere di Don Bosco, che avevano ricordato lo zelo e la missione di Mons. Lasagna, ed i cari confratelli che con bei componimenti avevano dato l'ultimo addio ai fratelli, che l' ubbidienza faceva partire per il lontano Paraguay; qui le senili voci dei vicini di Colon, le voci degli alunni interni ed esterni, e degli antichi discepoli, che venivano a dar l' ultimo addio al Direttore, all' amico. Belli furono quegli augurii, e Dio voglia che si possano ridurre alla pratica tanti cari desiderii, che servirono per animarci e riempirei di santo entusiasmo per la nuova Missione, che Iddio ci confidava. Grande fu pure la sorpresa che mi fecero gli Antichi Allievi, i quali, dopo avermi salutato, mi esposero come già avessero pensato alla maniera di realizzare la cara idea di innalzare un monumento a Mons. Lasagna nella piazza della Chiesa del Collegio Pio IX di Villa Colon. Secondo il loro pensiero, il Brasile, l' Uruguay ed il Paraguay dovrebbero concorrere a detta erezione, come quelle regioni che direttamente da Mons. Lasagna ricevettero speciali benefizii. Mi incaricarono quindi di raccogliere offerte nel Paraguay, nominandomi già Presidente onorario della Commissione, che a tale effetto costituivano. Benedica Iddio questo caro progetto, coloro che l'idearono e quanti concorreranno a realizzarlo !
Scoccata l'ora della partenza, fu giuocoforza separarci. Salutammo con affetto tanti amici, ed in breve il vapore ci tolse alla loro vista. La nostra spedizione si componeva di due Sacerdoti, il sottoscritto e Don Queirolo, il chierico Foglia ed il confratello Dugnani, accompagnati e diretti dal nostro amato Ispettore D. Giuseppe Gamba.
Fino a Buenos-Aires fummo accompagnati da due cari amici di Villa Colon. Altri amici trovammo sul vapore nelle persone del Sig. Nicolini, Commissario del vapore, e del Sig. Giuseppe Pescio, capitano, uomo eccellente e generoso , che ci rallegrò in tutto il viaggio con amene storielle, e declamandoci sovente versi di Dante e di Virgilio, che conosce perfettamente.
A Buenos-Aires trovammo, con nostra sorpresa, Mons. Cagliero, il quale, saputo per telegramma il nostro arrivo, aveva affrettato il suo viaggio, per poterci dare l'ultimo addio e la sua benedizione. In Buenos -Aires ammirammo il bell' Osservatorio Meteorologico, che si era inaugurato un mese prima nel Collegio S. Carlo, e che è dedicato alla memoria di Mons. Lasagna. Colà sapemmo della bella impressione che aveva fatto nella Capitale Argentina questo pensiero di perpetuare la memoria del caro Mons. Lasagna con un Osservatorio, tributando così un bel premio al suo amore per la scienza, e facendo vedere al mondo ed a certi saputelli specialmente che la Religione giammai fu contraria alla scienza, che anzi fu sempre fautrice di essa e la vera inspiratrice dei grandi uomini. Lode a chi pel primo si ebbe tal' idea!
Tornammo ad imbarcarci il giorno 16, dopo di aver cordialmente salutati i cari confratelli delle varie Case di Buenos - Aires. Il nostro vapore era animatissimo, essendo i pas. seggieri aumentati considerevolmente. Questi sono i mesi più deliziosi, i mesi di una bella primavera per queste regioni; quindi i buontemponi e gli abbienti intraprendono viaggi di piacere su pei fiumi.
Al Rosario potemmo discendere a terra per celebrare la S. Messa. Visitammo in fretta i due Collegi Salesiani di quella città commerciale, cosmopolita e di grande avvenire, e poi ritornammo a bordo accompagnati dagli alunni interni del Collegio S. Giuseppe e dal loro caro Direttore D. Piovano. Questi furono gli ultimi confratelli che vedemmo nei dieci giorni del nostro viaggio, che fu così lungo a cagione della siccità che da tempo tormenta queste terre.
Nel Paranà la navigazione si fa assai difficile ed è necessario scandagliare, e alle volte di notte fermarsi pel timore di dare in qualche banco di sabbia. Una sera, mentre cenavamo, sentimmo una brusca scossa , e già pensavamo di trovarci incagliati; per fortuna fu cosa dappoco, un colpo di costa sopra una punta, ma che non produsse nessun danno, e solo servì per rompere un poco la monotonia del viaggio. A misura che ci avanzavamo, andava scomparendo il freddo ed aumentando il calore, di modo che al nostro arrivo all'Asuncion ci trovammo, direi, in vera estate.
Da Villa del Pilar, che dista da Asuncion ventiquattro ore di viaggio, il nostro Ispettore salutava con telegramma il Presidente della Repubblica, e con altro il Vescovo chiedendogli la sua benedizione. Da tali telegrammi dedussero che il nostro arrivo sarebbe avvenuto alle 2 pom., e per tale ora avevano deciso di ritrovarsi al porto per riceverci il popolo e varie Commissioni. Però avendo potuto il nostro vapore nella notte viaggiare a tutta forza, arrivammo improvvisamente nel porto alle 9 antim. Ciò non ostante venne a riceverci a bordo il Dottor Alonso Criado, che d'urgenza chiamato ci aveva preceduti in Asuncion, e a terra il Dottor D. Roa, Segretario del Vescovo e amico dei Salesiani.
Immediatamente ci portammo dall'Ecc.mo Ordinario Mons. Bogarin, che ci diede di cuore il benvenuto e ci trattenne seco a lungo. Passammo quindi al palazzo del Governo e potemmo ossequiare l' Ecc.mo Sig. Presidente ed i suoi Ministri di Stato, i quali tutti si rallegrarono del nostro arrivo e nuovamente ci espressero le speranze che essi ripongono nei Salesiani per la salvezza e la prosperità del loro paese. Dopo fummo a salutare i RR. PP. Lazzaristi, i quali ci vollero alla lor tavola e ci offrirono ospitalità, finchè la nostra Casa permettesse d'esser abitata. Li ringraziammo di tanta generosità; prima però di accettare, salimmo a vedere la nostra futura Casa. La trovammo in parte ancora occupata dai militari, i quali si ritireranno del tutto ai primi del p. v. agosto. Noi pertanto ci accomodammo in una parte di essa, dove potremo stare ugualmente tranquilli e sicuri.
Secondo che abbiamo potuto sapere, questa Casa fu innalzata dai Reverendi e tanto benemeriti PP. Gesuiti, centocinquant' anni or sono. Cacciati essi da queste terre, divenne, nei mesi di calore, soggiorno del Dittatore Francia, poi quartiere di cavalleria, quindi ospedale militare, e quest' anno cade nelle nostre mani. Conceda Iddio che noi, gli ultimi venuti in questa porzione della vigna del Signore, possiamo almeno fare la millesima parte del gran bene che fecero gli illustri figli del Loyola. Ancor adesso, dopo tanti anni dalla loro espulsione, ben si vede la gran fede che essi seppero infondere in queste nazioni.
Presentemente noi ci troviamo in grande povertà, ma, grazie a Dio, siamo circondati da gente buona, semplice, piena di fede e di carità : tutti ci voglion bene, dal Presidente all'ultimo paraguayo, tutti procurano di aiutarci. Una povera donna si offrì di portarci tutte le mattine una secchia di acqua, che in questi paesi costa assai. Numerose sono le visite in questi giorni e da tutti abbiamo buone parole di conforto e di aiuti.
Appena ci sarà possibile apriremo l'Oratorio festivo e la scuola per gli esterni. Questa Casa, d'accordo col nostro Ispettore e per assecondare i desideri di questo popolo, che tanto bene voleva a Mons. Lasagna, s'intitolerà dal nome di questo nostro carissimo Confratello e Superiore. Sarà questa una ragione di più per raddoppiare il nostro zelo e la nostra buona volontà. Noi che fummo, per tanti anni figli di Mons. Lasagna, noi che da lui abbiam ricevuto speciali benefici, ed io in modo particolare che sono stato tanti anni nella Casa di Calon , la quale senza dubbio occupava un bel posto nel cuore di questo generoso Salesiano e valoroso Pastore, noi tutti desideriamo colla nostra virtù, col nostro zelo e colle nostre fatiche onorare la memoria di quest'uomo di Dio, che i buoni Paraguayani presero a considerare, dacchè lo conobbero, come un angelo di benedizione per la loro patria.
Ci benedica, o Padre amatissimo, ci raccomandi alle orazioni dei Confratelli e dei Cooperatori, e quando verrà in Italia il nostro Ispettore D. Gamba, gli dia buon numero di personale per questa nuova Missione, affinchè possiamo estendere quanto qui si desidera la nostra azione e salvare molti cari fratelli in Gesù Cristo.
Mi creda
Suo Obb.mo Figlio
Sac. AMBRoGio TuRRICCIA.
(Lettera di D. Angelo Piccono)
CAR.mO SIG. DIRETTORE,
Oceano Pacifico, a bordo del « Colon » 16 Luglio 1896.
Mi trovo nel Pacifico alla volta della Repubblica di S. Salvador, dove si tratta pure di combinare la fondazione di qualche Casa Salesiana. Mi rincresce di non poterle dire io stesso fin d'ora l'esito della mia missione a S. Francisco di California, perchè le cose sono rimesse nelle mani del nostro Rettor Maggiore e del suo venerando Capitolo. Credo però ch' ella presto potrà annunziare nel Bollettino l'andata dei Salesiani agli Stati Uniti. Sono desideratissimi e vi troveranno un vasto campo pel loro zelo. Però io, prima d'allontanarmi di molto da S. Francisco e proseguire la narrazione del mio viaggio (Si vegga la lettera riportata nel numero di Settembre u. s. ), vorrei fare ancora un ricordo del caro ed ospitale Collegio di S. Ignazio.
La Domenica del Preziosissimo Sangue, quei buoni Padri Gesuiti mi fecero l'onore di farmi cantar Messa nella loro magnifica Chiesa, la quale era piena zeppa di fedeli. La loro compostezza e divozione erano veramente edificanti. La musica proprio di quella grave, classica, sacra. I paramenti poi, oh che paramenti! di velluto rosso finissimo e così stracarichi d'oro, che io non reggeva al peso della pianeta.
L'indomani ci fecero vedere, posso chiamarlo così, il tesoro della Chiesa. Che sete, che velluti, che damaschi, che lavori sopratutto! Argento ed oro a profusione, bronzi, cristalli, fiori finti d'ogni qualità e graziosissimi. Ma quello che ci rapì di meraviglia fu un ostensorio, per descrivere il quale ci vorrebbe un quaderno di carta e la penna del Bresciani. Alto 1 metro e 22 centimetri, tutto d'oro, con tale abbondanza di perle, opali, ametiste, smeraldi, rubini, zaffiri, diamanti, che non si possono contare. Lo aggira una vite d' oro californiano , le cui foglie son tutte diverse l'una dall'altra nel disegno e lavoro. Sopra una di esse si posa una mosca fatta di parecchie e brillanti minutissime gemme. E tutte queste gioie, fra le quali 4 diamanti della più bell'acqua, grossi come nocciuole, furono regalate dalle signore cattoliche di S. Francisco. Quando le Dame Torinesi faranno altrettanto per Maria Ausiliatrice? Del portentoso ostensorio, il cui valore passa i cinquantamila dollari, il P. Varzi, che ce lo mostrò, ci donò una bella fotografia.
Partenza da S. Francisco. - Nell'Oceano Pacifico.
Il mattino del 10, presa la benedizione del R.mo Superiore P. Imoda, ringraziati e salutati tutti quegli ottimi Religiosi, ma specialmente il P. Demasini semper juvenis et semper hilaris, e i PP. Tardella e Sardi nostre cortesissime guide per la città di S. Francisco, raccomandatici alle orazioni di tutti, c'imbarcammo sul vapore « Colon » della Pacific Mail Steamship Company, piccolo, ma pulitissimo. Si partì a mezzogiorno, e due ore dopo eravam già fuori della baia, passando per la celebre Golden Gate (la Porta d'oro) e salutando alla Cliff House le bionde e chiomate foche, che in gran numero si arrampicano sugli scogli per godersi il sole. Eccoci nell'Oceano Pacifico. Mare d'olio , cielo di zaffiro, temperatura soave. A bordo vi sono 120 Chinesi, che, respinti dagli Stati Uniti, vanno a smerciare il loro oppio nell'America Spagnola. Vi sono anche Inglesi, Tedeschi, Francesi, Russi, Boemi, Spagnoli, Italiani , e sopratutto Americani; Cattolici , Scismatici, Ebrei, Buddisti, Confuciani, Luterani, Episcopaliani, Battisti, Metodisti, adoratori di Eblis, Lucifero o Satana: sembra però che tutti abbiano unità di fede nel dollaro onnipotente. D. Dutto è già amico di tutti: parla inglese, francese, spagnolo, italiano: conversa di politica e di religione: dei madornali spropositi e degli infernali intenti di certe sétte, come della cottura dei salami : di calcolo infinitesimale, come della coltivazione delle carote: de omnibus rebus et de quibusdam aliis, Non tralasciamo di dir qualche buona parola a questa gente, quando la prudenza lo permette, ma è proprio il caso di dire: Non effundas sermonem ubi non est auditus.
Intanto il tempo è cambiato : una fitta nebbia s'è addensata sul mare: e i marinai dicono anche qui, come ho udito sull'Atlantico e sul Mediterraneo : È il peggior tempo che ci possa essere. Lo « stramer » va come una tartaruga : il vapore fischia malinconicamente : pare un fanciullo smarrito che chiami la mamma: si ha sempre paura di dar del naso contro qualche altra nave non veduta per la nebbia, e allora in pochi minuti dalla nebbia si casca nell'acqua e dalla nave si passa al Tribunale di Dio. Di questo tempo uggioso n'abbiamo avuto per due giorni e due notti: poi un po' di mar traverso, come dicono i marinai genovesi: poi il calore e la pioggia della zona torrida: insomma non è una gita di piacere.
Iernotte siam giunti nella rada di Mazatlan, città messicana. Oh che affettuoso saluto mandai di qui a' miei cari confratelli e giovani della Casa di Messico! Ma lo riceveranno essi? Stamattina, festa della Madonna del Carmine, avremmo voluto discendere a terra per celebrar la S. Messa, ma il capitano non lo permise, perchè dobbiam partir subito. Pazienza! Poco fa un doganiere di Mazatlan mi dice: - « Sa, Padre, ciò che avvenne l'anno scorso in maggio a sessanta miglia, di qui al Sud, proprio sulla loro via? » - « No, se non me lo dice. » - « Il vapore Colìma di questa stessa Compagnia fu assalito da un ciclone e in poche ore affondò, salvandosi una ventina appena dei 300 e più passeggieri che portava. » - « Grazie della notizia e parliamo d'altro. » -
Acapulco, 19 Luglio.
Iersera siam giunti felicemente in questo magnifico porto naturale, di forma circolare, attorniato da montagne verdissime, folte di boschetti e coccoteri. Nonostante la febbre gialla che v'è nel paese, il capitano ci lasciò discendere e potemmo celebrar la S. Messa nell'unica e poverissima Chiesa, molto ben accolti dal Parroco, solo prete in questa vasta Parrocchia.
Novità nessuna, perchè non son novità qui il calore torrido e i temporali del tropico, che in alto mare con quel chiarore di lampi e schianto di tuoni sono uno spettacolo dantesco, ma che non lascia dormire.
D. Dutto è sempre il re della conversazione e colla sua parola fluida e colta fa del bene. Di qui potrei in otto giorni di cavallo giungere alla mia cara Casa di Messico e invece devo continuare la navigazione per altri dieci giorni. Toccheremo i porti di Ocós, Champerico e San José di Guatemala, e poi giungeremo, se Dio vorrà, ad Acajutla di San Salvador.
Ocós de Guatemala, 21 Luglio.
Siam giunti qui alle 9 ant. Non c'è porto. Un gruppo di case di legno sulla spiaggia e nient'altro. Si vedono gli alti picchi delle montagne guatemalteche. Calore intenso. Discendono alcuni passeggieri.
Incontrammo gruppi di tartarughe di mare , che nuotavano di conserva colla nera testolina fuori dell'acqua.
Ho dato a un cameriere protestante una medaglia di Maria Ausiliatrice. Ne fu contentissimo e mi disse parecchie volte: « Thank you, Father: Tante grazie, Padre». Poco dopo, per darmi una prova della sua riconoscenza, mi portò nella cabina un piatto di banane fresche. La Madonna t'illumini, caro giovane, e ti faccia abbracciare l'unica vera Religione. All righ !
S. José de Guatemala, 24 Luglio.
Siam qui nell'ultimo porto di transito. Speriamo di giungere domani ad Acajutla e lasciar l'Oceano. Per tutta la costa di Guatemala non vi sono porti, ma tre rade e moli di sbarco specialmente per le mercanzie. Si vedono molte ed altissime montagne coniche, vulcani spenti.
Ho per compagno di cabina un militare della Repubblica di San Salvador, che ha 22 anni e conta già due campagne. Repubblichette che giocano ai soldati, come i ragazzi delle nostre città!
Approdo a S. Salvador. - Graditi incontri. - Nella Cordigliera. - Alla Capitale.
San Salvador, 30 Luglio.
Siam giunti felicemente il 25 nella rada di Acajutla. Dal mare si vede fumeggiare il vulcano di Izalco, che nella notte illumina colle sue rosse fiamme l'Oceano ed è perciò chiamato dai marinai il Faro dell'America Centrale. Scendiamo a terra, o per meglio dire montiamo a terra, perchè c'introducono a quattro a quattro in una gabbia di ferro e poi su per l'aria come gli uccelli. Di questa maniera si mette piede sul molo alto una quindicina di metri sul mare: le roccie impediscono migliore approdo. Ci si fa incontro un signore : « - Loro, Padri, sono Salesiani? » - « Per servirla. » - « Io sono il Direttore della Dogana ed ho ricevuto ordine dal Governo di venirli a ricevere e mettermi a loro disposizione » - « Ne siamo tanto riconoscenti; che Iddio lo paghi. « Se lo agradecemos mucho y que Dios se lo pague. » - Ci fa entrar nel suo uffizio, e non solo non permette che si aprano le nostre valigie, ma ci offre un rinfresco e poi ci accompagna fino al treno, collocandoci in 1a classe.
- Buon principio, dico io. - Eccoci in ferrovia attraversando rapidamente grasse pascione, piantagioni di zucchero, di banani, di cotone, di tabacco, di balsamo, di altissimi cocchi, di caffè e d'indaco e le sempre belle foreste vergini. Il verde invade tutto, fino i regoli della ferrovia: non si vede più un centimetro quadrato di terra libera dalla vegetazione : alberi giganteschi si slanciano verso il cielo: crescono fra l'uno e l'altro le felci arborescenti: e tutti, alberi e piante, sono abbracciati dalle parassitarie che ne coprono i tronchi, ed alberi e piante, mi lasci dire, si stendono e si stringono le mani in forma di festoni di liane. Oh che bella e feconda natura! Intanto i vulcani elaborano l'oro e l'argento nel loro seno infuocato e preparano le terme che restituiran la salute a tanti poveri infermi.
Ad un tratto il tuono di un tremendo contagg ! interrompe il corso delle mie meditazioni. Mi volto e : - « Chi ch'a l'è ch'a contagia così fort? » - « Oh ciareia! A l'elo piemonteis chiel ? » - « Sicuro che lo sono e Canavese di giunta. » - Era un Torinese da diciott'anni stabilito in questa Repubblica, che me ne disse un mondo di bene
Fischia la vaporiera: siamo a Sonsonate: qui bisogna discendere per pranzare; ma ecco alla stazione ad aspettarci il R.do Sig. Vicario Foraneo della città con un altro Sacerdote, che ci conducono alla canonica, dove è apparecchiato un pranzo squisito, al quale abbiam fatto tutti i dovuti onori. Abbiamo avuto tempo di far la visita al SS.m° Sacramento, e poi su in treno un'altra volta, ma accompagnati da un ottimo Sacerdote venuto espressamente per questo. Giungiamo a Séiba : torna indietro il buon prete e noi cambiamo il treno con una diligenza non delle più comode.
« Ogni viltà convien che qui sia morta »
perchè la strada costeggia precipizi orrendi e c'interniamo nella Cordigliera. Balze scoscese, folti boschi, discese rapidissime, salti continui, di modo che, quando non si contemplano le montagne, si vedono le stelle. Poi lampi e tuoni e giù un acquazzone. Non ci mancava altro! Come Dio volle, giungemmo alle 7 di sera nella città di S. Tecla, e qui, non ostante la pioggia dirotta, ci viene all'incontro una Commissione composta di S. E. il Signor Rendon y Frava, Ministro Plenipotenziario di Messico nel Salvador, del suo Segretario e del signor Vecchiotti, nipote di Mons. Vicario Generale.
In poco più di mezz'ora si giunge alla Capitale. Un venerando Sacerdote si avanza e ci dà un abbraccio: è lo stesso Monsig. Michele Vecchiotti, il grande amico dei Salesiani. Quanta bontà per noi ! È da notarsi che da qualche tempo sventuratamente è ammalato : eppure, malgrado l'infermità, la pioggia, l'ora tarda, volle venire alla stazione. La carrozza ci porta in pochi minuti al palazzo vescovile, dove riceviamo la più cortese ospitalità. Il Vescovo non c'era: era andato in altra città per la benedizione della prima pietra d'una nuova Chiesa, ma domani ricevemmo un suo telegramma, dandoci il benvenuto e mandandoci la benedizione. Nello stesso giorno 26, al mattino , Mons. Vecchiotti mi presentò all'Eccellentissimo Sig. Generale Raffaele Gutierrez, Presidente della Repubblica, il quale mi fece un'accoglienza cortesissima e mi disse assai belle cose sul conto dei Salesiani. Alle 2 pom. poi venne con un Aiutante di Campo in uniforme a prendere Mons. Vecchiotti e me al palazzo vescovile e ci condusse nel cocchio presidenziale a visitar il podere-modello, come lo chiamano qui, o la colonia agricola che si vorrebbe affidare ai Salesiani. Vi si coltivano il gran turco, il tabacco, il banano, il ramié, la yuca, la papaya ed ogni specie di legumi. Vi son già raccolti ottanta giovanetti, che aspettano l'educazione religiosa, come i fiori la rugiada del cielo. Dopo il signor Presidente ci fece passare al vicino Ricovero de' Mendici, diretto dalle Suore di Carità : non fa bisogno di dire quanto sia ben tenuto, perchè delle Suore di Carità ben si può dire: tanto nomini nullum par elogium. Faceva bene al cuore vedere il Capo dello Stato in amichevole colloquio con quelle sante Religiose e il valoroso Generale così pietoso e affabile con quei poverelli. Dio lo illumini sempre più e lo guidi sul difficile cammino del governo! Volle infine ricondurci a casa e mi disse che, dovendo partire quella sera stessa per inaugurare una ferrovia in altro punto della Repubblica, mi avrebbe parlato altre volte di ciò che tanto desidera, la venuta dei Salesiani. Non dimenticherò mai quell 'abbronzata figura di guerriero, l'energia del suo sguardo e la soavità della sua conversazione. Preghi per lui, caro Direttore, come faccio io ogni giorno.
Adesso una parola della città. San Salvador ha un po' più di quaranta mila abitanti : par città fatta ieri, bianca e pulita: vie rettilinee, case quasi tutte di legno o di ferro e di un solo piano per cagion dei terremoti frequenti : belli e graziosi edifizi sono il Palazzo del Governo, il Municipio, l'Università e il quartiere dell'artiglieria. Le lunghe vie e le piazze ampie e fiorite sono quasi coperte da una fitta rete di fili telegrafici e telefonici : anzi si può parlar col telefono a molte leghe dalla capitale: e non fa bisogno di aggiungere che questa è illuminata dall'elettricità. Il monumento più notevole è la nuova Cattedrale dovuta allo zelo e all'attività del nostro compatriota Mons. Vecchiotti. Questa bellissima Chiesa di tre navi, che ha del gotico e del bizantino, è tutta di legno, compresa la svelta ed elegante cupola, che splende candidissima sullo sfondo azzurro del cielo, compresi i grossi pilastri lavorati a traforo ed intagli, ed aspetta solamente le pitture, che non tarderanno a decorarla.
In essa sto cantando Messa e predicando ogni mattina alle 5, ora più comoda pei fedeli, perchè più fresca : e questo in preparazione alla festa della Trasfigurazione di Nostro Signore, titolare della città e cattedrale, che qui si celebra per una intera settimana con processioni civiche, musiche, sparo di razzi e cannoni e un po' di carnevale. Sa quanti preti ci sono in questa città di più che quarantamil'anime? Non più di una dozzina, compresi i cinque Canonici, dei quali parecchi invalidi e ormai incapaci al lavoro, che li ha privati della salute.
Oh! potessero i Salesiani prestar qualche aiuto a questa Diocesi, che ne ha tanto bisogno, e soddisfar così i giusti desiderii di quest'ottimo Vescovo Mons. Antonio Adolfo Perez y Aguilar, che nella sua assenza ci ha fatto prodigare ogni sorta di gentilezze e che tornato stamattina dalla sua gita apostolica ci abbracciò come carissimi figli! Dio lo voglia!
Riceva intanto, carissimo Direttore, i miei affettuosi saluti e mi ricordi nelle sue orazioni. Baci la mano per me al sig. D. Rua e riverisca tutti i Superiori.
Sito aff.mo confratello Sac. ANGELO G. PICCONO.
Mons. Costamagna di ritorno all'Argentina. (Lettera di S. Ecc. Rev.ma Mons. Costamagna)
VENERATISSIMO SIG. DoN RUA,
Buenos Aires, 6 Maggio 1896.
eco qui una mia terza lettera boliviana: riguarda essa il viaggio che feci ritornando da Sucre , (detta anche Chuquisaca, o Charcas o La Plata,) fino a questa capitale, dove arrivai pochi giorni fa per raccogliere il personale della Missione Equatoriana, e rivalicar con esso le Ande, il cui passo è in procinto di essere intercettato dalle nevi.
Da Sucre a Buenos Aires ho preferito di fare il viaggio tutto per terra, per la via Potosi-Tupiza; al che fui mosso dallo stato miserando di salute, in cui da lunga pezza giace Monsignor Arcivescovo di Sucre, impossibilitato di visitare la sua Diocesi, vasta almeno quanto la metà della nostra Italia. Sono ben quarantadue anni che questo santo Arcivescovo dimora nella sua umile cella di Filippino, cui protesta non voler abbandonare sino alla morte. Quando conobbe il mio divisamento di passar per la via di terra, e così cresimar via via nei paesi e villaggi posti sul tragitto, pianse di consolazione, e mi assegnò tosto per compagni un Parroco, un Filippino ed un Francescano.
Il Governo poi del signor Baptista, facilmente cedendo ad una semplice mia indicazione, onde premiare i sacrifizi fatti dal tenente Ettore Vidaure, lo elevò al grado di capitano, mandandone a me il brevetto perchè glielo consegnassi, e permettendo che il medesimo capitano mi accompagnasse nel lungo viaggio fino a Buenos Aires. Solo da Sucre a Jujuì eran circa novecento chilometri a cavallo che si dovean fare; quindi la compagnia del cortese e valoroso capitano, che era pratico assai di quegli orridi sentieri serpeggianti sempre or sulle cime scabrose dei più alti monti, or fra i più profondi burroni, veniva ad esser per me una vera provvidenza.
Partimmo adunque tutti a cavallo il 6 di aprile, seconda festa di Pasqua. I buoni Seminaristi di Sucre, che nel mio cinquantesimo compleanno (23 di marzo) avean voluto darmi una prova di affetto con una Comunione generale, musiche, ecc., mi accompagnarono a piedi per lo spazio di cinque chilometri fino alla Florida, gran villeggiatura del signor Arce. Altrettanto fecero i nostri carissimi Salesiani. Ci accommiatammo commossi; ma il nostro D. Gasparoli, il Rettor del Seminario D. Giovanni Córdoba, ed il Vice-Rettore vollero accompagnarci ancora per ben trentacinque chilometri, passando pel difficile alveo dei fiumi Yotàla e Cachimayo fino alla Calèra, dove si amministrò la Cresima a quei popolani.
Ero già in arcioni sul destriero, quando mi si presenta una donna con una bambina perché le dessi la Cresima. - Non ho più tempo, le dissi, fra un'ora e mezzo la darò agli Indii che abitano alla sponda del Pilcomayo, e che da tanto tempo mi aspettano. - Verrò io pure, soggiunse la donna. - Impossibile senza una cavalcatura, abbiate pazienza! - dissi e spronai il bucefalo giù fra i burroni del torrente Calèra, unica via per poter giungere alle sponde del rio Pilcomayo.
Giusta il convegno fatto circa un mese prima, gli Indii si erano radunati sotto l'albero molle più grande di quel vallone, appunto là dove il torrente Caléra mette foce nel Pilcomayo. Ma in quella che si dava principio alla sacra funzione, ecco che tutta ansante e sudante goccioloni, arriva la donna di Caléra, la quale ha la consolazione di veder cresimata la sua figlioccia. Solo una gran fede poteva dar ali bastanti a quella cristiana per fare, in sì breve tempo e con quel fardello alle spalle, un cammino sì orrido e sì pericoloso.
Questa volta, in grazia di alcuni Indii assai pratici del luogo potemmo guadare il Pilcomayo senza difficoltà veruna, ed arrivare in tempo per dare in quello stesso giorno la S. Cresima agli Indii del Pampatambo che abitano i più alti monti di quella regione.
Nel dì seguente, 7 aprile, a Mojotorrillos, si cresimarono cinquecento e più Indii in casa della buona signora Tapia. La funzione durò fino alle 11 pomeridiane.
All'altro giorno, 8, arrivammo a Potosi. Quel lungo tratto di cammino non lasciò di avere i suoi curiosi particolari. Verso le 7 ant. trovammo un povero ragazzo abbandonato su d'una roccia, pallido, cogli occhi invetriati, e battendo i denti per la febbre terzana. Pietà mi prese, e - Che fai, gli chiesi, in questo luogo deserto, povero figlio mio? - Non posso più muovermi, rispose egli; mio zio, vedendo che non potevo più stare a cavalcioni dell'asinello, sul far del giorno mi buttò giù e dissemi con aspra voce : Ingègnati, mi seguirai quando il potrai... e continuò il suo viaggio verso Cochabamba, mia patria. - Un senso fortissimo di sdegno e compassione invase il cuore di tutti. Subito il capitano Vidaure scese dalla mula e gli fe' prendere un sorso di buon vino che li fece riavere alquanto. Ma adesso si trattava di trovargli un pronto ricovero. Dove trovarlo ? - Lo manderò a casa mia, disse allora il buon Parroco di Bartolo; essa non dista di qui che sette chilometri. - Ma come fare a portarlo colà? Converrebbe tornare indietro, e non si farebbe a tempo per arrivare a Potosi. - Aspettiamo qui un pochino, forse passerà per di qua qualche buon Samarita-
- Il Samaritano era appunto lui, D. Castro, il buon Parroco di Bartolo. Non erano passati ancor dieci minuti, quando dal fondo della valle si vedono spuntare tanti asini, coi loro rispettivi asinari. - Che fra tanti asinelli non ve ne sia uno disposto a farci questa carità? - Il Parroco, fatta luccicare una bella moneta d'argento ad uno di quei buoni asinai, l'ebbe tosto convinto, e in men che nol dico, il nostro piccolo ammalato era già in groppa, dandoci tale un addio da strapparci le lacrime.
Più tardi potemmo contemplare le maraviglie della pastorizia, dell'agricoltura, ecc. di quelle montagne quasi deserte. Le pastorelle, senza tanto incomodarsi, lasciato il fuso, slanciano a tempo debito, con una fionda, un sassolino alla matta pecorella, che là sulla china del monte si vorrebbe sbandare, e tutte sono all'ordine. Gli aratri dei contadini poi sono ancora primitivi affatto. Una timonella qualunque entra in un piccolo legno quasi rettangolare , armato di un piccolo ferro; si aggiunga una piccola stiva o manico, lungo un metro, raccomandato alla parte posteriore dello stesso legno rettangolare... ; ecco tutto l'aratro indiano, che, piuttosto di squarciare la terra, appena la riga superficialmente, e, quasi direi, solamente la gratta.
Più in là un gruppo di circa 150 Indii fra vecchi e giovani, uomini e donne, aggiustano la pubblica strada per ridurla allo stato carrozzabile, almeno durante i cinque mesi nei quali non piove. Tre Curàcas, impugnando il baston del comando dal pomo d'argento, assistono il rispettivo gruppo incitandoli a lavorare. I Curàcas sono come il braccio forte del Corregidor, il quale si occupa dell'esazione delle imposte, della pubblica igiene, della riattazione dei ponti, vie, e simili. Fra tanti lavoranti appena tre o quattro usavano il picco o la zappa; tutti gli altri, compresi i piccolini di otto o dieci anni, lavoravano colle mani, sgattando, scavando, trasportando, riempiendo, ecc. Per tal modo nessuno potrà dire che i Quichuà siano come tanti altri indolenti ed oziosi; come neppure niuno li potrà accusare di prodighi o di crudeli. Per non logorare le ojota (specie di sandali di cuoio poverissimi), soventi volte li portano in mano. Per non vedere faticare di troppo il povero asinello, spesse volte lo scaricano, portandone essi stessi la soma sulle proprie spalle per un buon tratto di via.
Arrivati a Potosi vi permanemmo circa cinque giorni, e ben otto mila circa fra ragazzi ed adulti ricevettero la S. Confermazione. Fu quella una specie di missione, in cui perfino i merciaiuoli materialmente vi guadagnarono. È costume universale in Bolivia, che ogni padrino deve procurarsi un bellissimo nastro di seta, onde cingere la fronte del neo-confirmato suo figlioccio (su ahijado,) mentre questi, prostratoglisi davanti, ne chiede la benedizione, ed avutala gli dà un solenne abbraccio. Or bene, questi nastri costano almeno cinquanta centesimi ciascuno, quindi in quei giorni se ne vendettero per almeno 4000 scudi boliviani nella sola Potosi. Questri nastri poi si portano tutto il giorno, e al deporli si conservano perennemente insieme colla data della Cresima e coi nomi del Padrino e del Vescovo cresimante.
Fui squisitamente trattato dai carissimi Padri Francescani (Italiani) del Collegio Apostolico di Potosi, coi quali compartii la consolazione di vedere per mezzo mio unto sacerdote il loro valoroso Diacono F. Luigi Vitullo. Tutta Potosi prese parte a questa festa con tanto più d'entusiasmo, quanto che a memoria d'uomo non s'era colà vista una ordinazione sacerdotale.
Anche in questa visita (ed era la terza che faceva a Potosi) non ebbi tempo a conoscere bene questa Villa Imperiale. I fatti che la concernono, imparati da me in questo frattempo, sono i seguenti : Nel 1543 un Indio del Cuzco, certo Dionigi Gualpa, che lavorava nelle mine del capitano D. Juan de Villaroet, in un luogo chiamato Porco, mentre, qual altro Saulle dietro alle asine di Cis suo padre, correva in cerca di una llama che aveva smarrito, si trovò alle falde del monte Potosi colto dalla notte. Per mitigare l'intenso freddo che colà regnava, Dionigi accese allora un po' di fuoco; ma al mattino seguente trovò che sotto lo spento fuoco eran colati sul suolo grossi fili d'argento fuso. Gualpa non fe' parte di questo segreto che ad un suo amico Indio chiamato Guata, ma questi, secreto come il tuono, corse tosto a darne avviso a D. Juan Villaroet, il quale trasportò di botto tutti i suoi minatori da Porco a Potosi e diè principio all'esplorazione. Questo fatto accadeva sotto l'impero di Carlo V di Spagna. Vicino a Potosi una piccola popolazione di gentili di Cantumarca volle osteggiare gli Spagnuoli, ma n' ebbe la peggio. Dopo d'allora incominciò l' esplorazione in grande scala, e vicino al monte, all'altezza assoluta di 4200 metri sorse come per incanto la città di Potosi che in breve tempo giunse ad avere 160 mila abitanti. Vi si costrusse una banca col valore di 1.140.000 scudi. Si edificò una chiesa sontuosissima, la migliore di quante ne possieda Bolivia. Ma essendo la città senza acqua, si formarono fra le alte valli del vicino monte Kari-kari nientemeno che trentasei lagune, colle loro rispettive dighe, per cui scende abbondante un'acqua abbastanza pura alla città ed agli ingenios, dove si lavorano l'oro, l'argento, il rame. Mi consta che dal principio fino al 1875 si sono coniati 111.204.307 scudi d'argento e 2.621. 919 scudi d'oro. Presentemente le mine dell'oro sono esauste, quelle d' argento sono magre assai; non v' è che il rame che trionfa.
(Continua).
Maria lo ha esaudito.
Colpito improvvisamente da una polmonite doppia un Cooperatore Salesiano di questo paese, si aggravò in modo che più non speravasi guarigione. Chiamato io al suo letto: « Antonio, gli dimandai, confidi tu nella Madonna di D. Bosco? » « Sì, rispose egli, Ella potrà molto per me. » Raccomandai tosto una novena a Maria Ausiliatrice : seppi un giorno dopo che gli orfanelli di D. Bosco l'avevano incominciata. Ricevuto quell'annuncio, ritornai al letto dell'ammalato, pregai insieme con lui, lo eccitai a ripetere « Auxilium Christianorum, ora pro me », e questa Madre amorosissima in quella sera stessa mostrò di averlo esaudito. Ritornai a lui nel domani, egli non era più quel di prima : stava meglio, e andò via via progredendo : cinque giorni dopo era guarito del tutto. Riconoscente a Maria egli manda L. 10 per il decoro del di Lei tempio, e L. 10 per due Sante Messe da celebrarsi al di Lei altare in ringraziamento dell'ottenuta guarigione. Lodata sempre sia la Madonna di D. Bosco !
Sammardenchia (Friuli), Aprile 1896.
D. ANTONIO FERIGUTTI.
Maria mi ha salvata la vita.
Io sottoscritta sono debitrice della vita a Maria SS. Ausiliatrice. Questa buona Madre mi volle proprio salvare con un miracolo straordinario. Era il giorno 22 luglio, quando io salii sulla soffitta per andare a prendere certi oggetti. Ad un tratto mi sentii mancare il pavimento di sotto i piedi, ed io subito invocai Maria Ausiliatrice con queste precise parole: « Sono nelle vostre mani! » Sprofondai con una parte del pavimento dall'altezza di due piani, e come nulla fosse avvenuto, mi trovai in terra senza aver sentito il minimo dolore e nemmeno il più piccolo sbalordimento. M'alzai da me stessa, e correndo a rassicurare i parenti che non m'era fatto alcun male, gridai dal più profondo del cuore : « Maria Ausiliatrice mi ha salvata ! Evviva sempre Maria Ausiliatrice!
MARIA CAVALLERO.
Una conversione per intercessione di Maria.
Una povera protestante accasatasi a Premadio in Valtellina, infetta da quel malore che non lascia mai conoscere al paziente il suo triste stato, la tisi, si trovava omai ridotta in fin di vita. I buoni compaesani rivolgevano a Dio ed alla Madonna calde preghiere, affinchè l'inferma fosse illuminata dalla grazia. Il Parroco ed altre zelanti persone si adoperavano con bei modi a far conoscere all'inferma che una sola era la vera Religione, nella quale si poteva sperare salute, cioè la Religione Cattolica. A fine di ottenere per intercessione della Madonna la sospirata conversione, il Parroco decise di mandare un'offerta a Don Rua, onde far celebrare una S. Messa all'altare di Maria Ausiliatrice, e poi far pubblicare la grazia ottenuta sul Bollettino Salesiano. Il miracolo si è compiuto. L'inferma abiurò i suoi errori, ricevè con vera edificazione i SS. Sacramenti, e appena fatta la Prima Comunione per modo di Viatico proruppe in dirotto pianto di consolazione. Otto giorni dopo riceveva anche l'Estrema Unzione, e passati altri due giorni assistita dal Sacerdote Cattolico, munita di tutti i conforti religiosi, con una rassegnazione che solo può dare la vera fede e l'amore di Dio, rendeva la sua bell'anima al Signore. Quanto è mai buona Maria!
Premadio, 13 Agosto 1896.
SAC. PIETRO FRANCESCHINA.
Altro trionfo di Maria Ausiliatrice.
Un signore, di cui taccio il nome, da circa cinquant'anni non si accostava più al Sacramento della Penitenza, non già perchè fosse contrario alla Religione, ma per quel benedetto rispetto umano, che uccide tante anime. La famiglia, specie la moglie, una pia ed ottima signora, da anni pregava cotesta Vergine Santissima Ausiliatrice, perchè le concedesse la grazia di vedere il suo vecchio marito infermo, riconciliato con Dio. La Madonna volle esaudirla. Egli stesso chiese, giorni sono, di confessarsi, e stamane durante la Messa, ho avuto il piacere di cibarlo io stesso del Pane degli Angeli. - Viva sempre e dovunque Maria Santissima Ausiliatrice !
Formia, 20 Agosto 1896.
DOTT. SAC. NATALE PAONE.
Evviva Maria SS. Ausiliatrice!
Evviva sempre dal profondo del mio cuore la Madre mia celeste, che in terribili giorni di prova mi dimostrò la grandezza, la potenza e la bontà sua. Affetto da terribile ne frite, io mi sentiva in fin di vita. Valenti professori chiamati al mio capezzale, mi prodigavano cure indefesse ed amorevoli ; ma il male si ribellava alla scienza, e pur troppo io scorgeva in viso ai miei cari il timore di perdermi. Una notte, nella quale il male faceva crudele strazio all'indebolito mio corpo, mi rivolsi fiducioso a Maria Ausiliatrice, e dal profondo del cuore La supplicai a porgermi il suo potente aiuto. Il giorno dopo, io era assopito come in letargo, quando mi fu annunziata la visita del Rev.mo Don Rua, degno successore di Don Bosco, il quale conosciuto il triste mio caso, aveva voluto recarsi al mio letto per impartirmi la benedizione di Maria SS. Ausiliatrice. Oh bontà divina! Da quel momento diminuirono le mie sofferenze, tanto che dopo una settimana io abbandonava il letto e m'era dato di ricevere da alzato il Reverendissimo Sacerdote, che con uua nuova sua visita onorava la mia casa, facendo voto che presto io potessi recarmi iu persona a ringraziare la SS. Vergine Ausiliatrice. Non tardò il compimento del suo pio desiderio. Al termine della seconda novena, che per ottenermi la guarigione avevano fatta i Salesiani, io mi recava prima a ringraziare la Madre di Dio e poi a pregare sulla tomba di Don Bosco. Coll'animo riconoscente mi sento in dovere di rendere pubblica la grazia ottenuta, mentre prometto che ogni giorno partirà dal mio cuore una preghiera di ringraziamento alla. Vergine Maria.
Torino, 25 Agosto 1896.
ANTONIO MARCHIS.
Maria Consolatrice degli afflitti.
Il mio cuore era afflitto, vedendo che nessuna cura prodigata giovava al mio dilettissimo padre, colpito da dolorosa malattia, qualificata dal medico curante pericolosa ed inguaribile nell'avvanzata età di 78 anni. La fede però mi suggerì di ricorrere alla grande Ausiliatrice de' Cristiani Maria SS., a cui promisi che avrei fatto celebrare due Sante Messe al di Lei altare, ed avrei fatta pubblicare la grazia, se mio padre avesse ricuperata la tanto sospirata salute. Maria mi esaudì. Mio padre già si trova sano e vispo. Sia lodata e ringraziata la Gran Vergine Ausiliatrice dei Cristiani. Adempio volentieri alla promessa fatta.
Piateda, 13 Settembre 1896.
GIUDITTA RAMPA.
Potenza di Maria Ausiliatrice!
In uno dei giorni, in cui qui aveva luogo il primo Congresso Internazionale dei Cooperatori Salesiani, fu discussa davanti il Tribunale Civile di Bologna, una causa di non lieve momento, che io avevo introdotta contro il Demanio dello Stato, a tutela di un legato di questa chiesa parrocchiale della SS.ma Trinità. Fui soccombente. Decisi allora di ricorrere alla Corte di Appello, e dopo aver pregato Maria Ausiliatrice ad illuminare il mio difensore, promisi che, ove mi fosse stata resa ragione, Le avrei dato in segno di gratitudine una tenue offerta. La Corte suddetta emanò una sentenza così favorevole a me, che il Demanio rinunziò per fino ad un contro-ricorso in Cassazione. Mando pertanto trenta lire, e nella prossima settimana verrò costì a ringraziare di persona Maria Ausiliatrice.
Bologna, 18 Settembre 1896.
Mons. GIACOMO CARPANELLI
Parroco alla SS.ma Trinità già Segret. Gen. del 1° Congr. Sales.
Mons. Marco Pechenino di Torino offre con gratitudine a Maria Ausiliatrice lire 50 per la guarigione testè ottenuta da grave infermità.
Il Sac. T. M. con tutto l'affetto del cuore ringrazia la Vergine SS. Ausiliatrice per le grazie concessegli, tra le quali la principale si è d'aver fatto migliorare la salute della sua madre e d'averlo liberato da terribili angustie e dal pericolo di dover abbandonare il santuario, in cui il Signore lo aveva chiamato.
Amalia Cairola di Torino, soggetta da circa quattro anni all'insonnia, inutili riuscendo i rimedi suggeriti dall'arte medica, si rivolse a Maria Ausiliatrice con una, novena di preghiere: al secondo giorno esperimentò l'efficacia della protezione di Maria: ora è pienamente guarita e riconoscentissima a Maria rende di pubblica ragione la grazia.
Il Sig. Giovanni Roggero, Geometra, Asti, per grazia segnalatissima ricevuta offre L. 300.
Da Vicenza ringraziano Maria Ausiliatrice, facendo la loro offerta per mano del Direttore Diocesano Mons. G. De-Luchi Canonico, le Signore Luigia Bottazzi, Catterina Giacomin e Maria Canduro.
E. U. C., Torino, con offerta di L. 100 a Maria Ausiliatrice, con preghiera di una S. Messa all'altare di questa Vergine potentissima.
Il Canonico Filadelfo Mancuso, Vicario Foraneo e Decurione Salesiano di S. Fratello (Messina) invia a nomo di una Cooperatrice di colà L. 10 per la celebrazione di una Messa in ringraziamento a Maria Ausiliatrice per aver serbato immune dalle palle abissine un di lei nipote Tenente nell'esercito italiano che prese parte alla sanguinosa guerra di Abba-Carima.
Ringraziano pure Maria SS. Ausiliatrice i seguenti:
Luigia Poggi, Rovegno, con offerta di L. 15.
La Sig.ra L. V. S., Costigliole d'Asti.
La Damigella Carolina Ferrato, Sanfront. Paolo Maria Raczaszek.
Giovannina Galbusera, Terno d'Isola, per l'ottenuta guarigione del mal d'occhi a due suoi nipoti. Giuseppina Paniale, nata Ruffino. Angela Regge, Borgo d'Ale.
Una pia persona che ottenne un impiego alla propria figlia (L. 20).
Margherita Barattini-Bononcini, Ranocchio (Modena). Francesco Crivelli, Crema.
M. A. di Pavia, per l'ottenuta guarigione a sua madre. Antonio Guadagnini, Primiero.
Prof. Evaristo Pierini di Perugia, riconoscente pure al SS. Crocifisso, alla Madonna delle Grazie ed all'Addolorata che si venerano in quella Cattedrale. Biagio M., Collegio Missioni, Torino, con offerta di L.60.
Ludovico Canalis di Carmagnola.
Maria Maschio, Alassio.
T. C. Como.
Giorgio Boetti fu Bernardino, S. Grato di Villanova. (L. 12). .
L. C. B. con offerta di cera per l'altare di Maria Ausiliatrice.
Camillo Callegari, Navi Ligure.
Lodovico Garis, soldato reduce dall'Africa fa celebrare cinque Messe di ringraziamento.
Cristina Gallo, Torino.
Catterina Gallea-Manassero, Macello di Pinerolo. D. Pietro Giannini, Priore, Pistoia.
Maria Raffael, S. Pier d'Arena.
Paolina Grassi per la Sig. ra T. C.
Maria Calandra V.a Andreis, Salazzo. E. B. Cooperatore Salesiano, Torino. Romano Ciaci, Ostra.
Ida Bellat, Borgo (Trentito), liberata da grandissima angustia.
Cristina Ferri Galvagno di Cortemilia. - Margherita Cigliuti Torino. - Maria Parotto, Avigliana. - Celestina Burla, Rubiana Lomellina. - Filomena Rossi, Torino. - Giovanni Cerrato, Vigone. - Priore di S. Giovanni, Luserna. - Teresa Salomone, Benevagienna. - Camillo D. Marzo, Prevosto, Brozolo. - Maria Favero, Torino.- Maria Brunsino. - Basanino Reynaud. - Maria Ghirardi - Pietro Dolso, Chiusa Pesio. - Giovanna Ferrero, Tonco. - Pietro Celanza, Torino. - Anetta Pensa, Savigliano. - Luigia Fresia Provetti, Altessano. - Sebastiano Castaldi, Afrasota. - Maria Boria, Nole Canavese. - Teresa Perinotti, Pietro Perinotti, Secondo Rondoletto, Elisabetta Grazio, Rosse Rondoletto, Maddalena Camandone, Ciliano. - Pietro Basagna. - Margherita Anna, Tronzano - Casimiro Barrera, Ceretto. - Giacomo Cardero, Alpignano. - Maria Baratta, Villardora. - Giusoppe Rigo, Grugliasco. - Egidio Blatto, Castelrosso. - Angelo Ladda, Battista Ladda, Chivasso. - Catterina Carello, Monteu da Po. - Teresa Cagnassi, Orbassano. - Maria Cravero, Carmagnola. - Don Peschiera Avriani. - Nicola Avanzato fu- Giovanni, Castelrosso. - Celona Lombardo Salvatore di Palma Montechiaro. - Don Giacomo Piana, Orsara. - Pietro Campare, Cestelrosso. - Marco Grillo, Rocca Grimalda. - Maria Cervini, Torino. - Bossone. - Catterina Marengo, Rossiglione.
PRATICA D'AMOR FIGLIALE. Cari Amici,
so che voi mi volete bene e volentieri ascoltate quanto io all' amichevole vi vengo dicendo. A quest'ora adunque voi avrete letta la biografia di quel caro giovanetto, di cui vi parlai nell'ultima mia, e avrete ammirate le belle, le angeliche virtù da lui praticate. Ora io vi prego a voler portare pazienza e venir meco a ripassarne ancora una volta qualche paginetta, onde ritrarne una più salutare impressione.
Svolgete le prime pagine e vi trovate quanto segue
- Fin dalla più tenera età, nella quale per mancanza di riflessione i fanciulli sono un disturbo e cruccio continuo per le madri; età in cui tutto vogliono vedere, toccare e per lo più gustare. Domenico Savio non diede mai il minimo disturbo ai suoi genitori. Non solo era ubbidiente, pronto a qualsiasi loro comando, ma si studiava di prevenire le cose, che egli scorgeva tornare loro di gradimento.
- Erano poi curiose e nel tempo stesso piacevoli le accoglienze che faceva al padre, quando lo vedeva giungere a casa dopo i suoi ordinari lavori. Correva ad incontrarlo, e presolo per mano e talor saltandogli al collo, - Caro papà, gli diceva, quanto siete stanco ! non è vero? voi lavorate tanto per me ed io non sono buono ad altro, che a darvi fastidio; io pregherò il buon Dio che doni a voi la sanità, e che mi faccia molto buono. - Così dicendo lo accompagnava in casa, gli presentava la sedia o lo scanno, perchè si sedesse; gli teneva compagnia e gli faceva molte carezze.
-Questo, diceva suo padre, era per me un dolce conforto nelle mie fatiche, ed io era come impaziente di giungere a casa per imprimere un tenero bacio al mio Domenico, che possedeva tutti gli affetti del mio cuore.
Miei cari giovanetti, potranno dire lo stesso di voi i vostri genitori? Procurate voi con una simile condotta, colla pratica del vero amor figliale di formare la consolazione, il desiderio, la gioia loro? Io lo credo. Se mai però non aveste così operato per il passato, studiatevi di rimediarvi d'or innanzi, imitando questo caro angioletto che vi propone a modello il
Vostro Aff.mo Amico DoN GIULIVO.
I COOPERATORI SALESIANI NEL CANADA.
A Quebec vi ha un bel gruppo di Cooperatori e Cooperatrici. Capo del movimento salesiano è il Sig. L. N. C. de Beaumont, grandemente assecondato dal Rev.mo Parroco di S. Rocco e da' suoi due Vicarii. Per iniziativa di questi signori ogni anno dall' 88 in poi si è sempre celebrata la festa di Maria Ausiliatrice. Quest'anno però essa ha rivestito un carattere di maggior solennità. I giornali anzitutto ne hanno dato parecchi giorni prima l' annunzio ufficiale, invitando pure a parteciparvi anche i non ascritti all' Associazione. Prima della Messa cantata da quell'ottimo Parroco e servita dai due Vicarii, vi fu la benedizione del quadro di Maria Ausiliatrice, una stupenda oleografia fatta venire da Torino, disposta nel corno destro dell'altare e circondata da lampade, ceri e fiori a profusione. S'erano presa questa cura le Suore della Congregazione di Nostra Signora residenti in quella Parrocchia. Le loro ragazze e gli allievi dei Fratelli delle Scuole Cristiane formarono due potenti cori di angeliche voci per l'esecuzione d'un bel programma di scelta musica : a loro si unirono varii dilettanti della città. La Comunione, che si fece infra Missam, riuscì assai numerosa. Nel pomeriggio altro distinto ecclesiastico della città, Cooperatore Salesiano, recitò il discorso dell'Ausiliatrice dei Cristiani e dei figli di Don Bosco, cui seguì la solenne benedizione del SS. Sacramento. Questa carissima festa mentre ha lasciato dolci impressioni nei Cooperatori non solo, ma in tutti i fedeli che vi parteciparono, ha segnato un nuovo passo nel movimento salesiano in Quebec. Noi altamente edificati, presentiamo le nostre sentite congratulazioni ed i più vivi ringraziamenti al Sig. de Beaumont, al Parroco di S. Rocco e a tutti quei nostri cari amici, e facciamo voti che il loro edificante esempio venga da molti altri imitato.
ANNUALE FUNZIONE A SPARONE.
Anche quest'anno nell'ameno paese di Sparone
(Diocesi d'Ivrea), per iniziativa di quel Rev.mo Sig. Prevosto Cav. D. Faletti, Decurione dei Cooperatori, si tenne una solenne funzione funebre pei defunti Cooperatori, colla conferenza salesiana. La Messa fu cantata dal Rettore di Ribordone D. Pesando, assistita dal sullodato Prevosto e dal loro amico Don Naretti. I Chierici Salesiani di Valsalice, invitati dal vicino Santuario di Piova, ove trovavansi in vacanza, eseguirono la musica del Cagliero. Il nostro Sacerdote Tommaso Pentore tenne la conferenza infra Missam. Quei buoni popolani v' erano intervenuti in buon numero. Si terminò il tutto colla benedizione del SS. Sacramento. E noi esterniamo la nostra sentita riconoscenza a quell'ottimo Prevosto, sia per l'annuale funzione che ei suole celebrare con tanta pompa, come anche per la gentilezza e generosità che usa coi nostri giovani leviti, i quali certamente gli imploreranno dal cielo copiose benedizioni.
LA PRIMA CONFERENZA SALESIANA in Piazza Armerina.
Anche nella diocesi di Piazza Armerina esiste la Pia Unione dei Cooperatori e delle Cooperatrici Salesiane, anzi, stante il numero sempre crescente, a proposta di quell'Ecc.mo Vescovo, è stato nominato dal nostro Superiore D. Rua il Direttore Diocesano nella persona del Rev. Can.co Prof. D. Giuseppe Alessi-Batù, il quale ha già cominciato a spiegare il massimo impegno per la missione affidatagli.
Trovandosi colà il nostro sacerdote D. Francesco Piccollo a predicare il novenario della Patrona di quella Diocesi, annuente quell'Ecc.mo Vescovo, tenne la prima conferenza salesiana nella Ven. Chiesa del Collegio.
Il prelodato Direttore Diocesano invitò alla Conferenza i Cooperatori e le Cooperatrici della città, il Rev.mo Capitolo della Cattedrale e quello della Collegiata, i Casini Unione e Progresso e le tre Società, i quali tutti intervennero numerosi. A rendere sempre più imponente la radunanza, intervenne pure l'Ecc.mo Vescovo col Seminario, ed alle 11 l'oratore salesiano salì il pulpito, per rispondere a quattro domande : Chi è D. Bosco - Che cosa ha fatto Don Bosco - Che cosa sono i Cooperatori Salesiani - Quali i loro doveri. La sua parola entusiasmò l'uditorio di calda devozione e d'affetto verso le Opere di D. Bosco. Dappertutto fece scorgere l'opera di Dio, nel tratteggiare quest'umile e semplice sacerdote, che in mezzo a mille e diverso contraddizioni ha potuto arrivare a promuovere tanto risveglio religioso in tutto il mondo e fare tanto bene, specie per la gioventù, suo primo grande ideale.
Dopo la conferenza fu impartita dal Rev.mo Mons. Pro-Vicario Generale Cantore D. Pietro Prof. Crea, Cooperatore Salesiano, la benedizione del SS. Sacramento, previo Tantum Ergo in musica del Maestro Camiolo, eseguito dai Chierici di quel Seminario.
L'Eco Armerina, che dà una completa relazione, continua in questi termini: « Noi che conosciamo quanto bene abbia fatto al mondo la Pia Associazione Salesiana, a quanti sacrifici vadano incontro i suoi Missionari , non possiamo non rimanere sconfortati al vedere come nella nostra Diocesi sia, rispetto alle altre, poco assai conosciuta ed aiutata, segno vero d'inania religiosa, di poco zelo per la causa del Signore, pel bene della gioventù; mentre D. Bosco, che col suo sguardo abbracciava tutte le sventare umane e penetrava nell'avvenire, vedeva nella istituzione dei Cooperatori Salesiani un'opera di preservazione ed anche di rigenerazione sociale, pel che soleva dire Quando i Vescovi ed i Parroci verranno a conoscere quale potente aiuto in ogni opera buona potranno avere dalla istituzione dei Cooperatori Salesiani nelle loro Diocesi e Parrocchie, si affretteranno a diffonderla, adoperando in ciò tutte le loro forze. Ed aggiungeva : Verrà tempo in cui CoopeRATORE SALESIANO SARÀ SINONIMO DI BUON CATTOLICO. Si affrettino adunque i nostri ottimi Parroci e Sacerdoti a diffondere sempre più questa istituzione, dilatando le file dei Cooperatori e delle Cooperatrici : saranno benedetti dal Signore, perchò avranno fatto tanto bene alla gioventù, alla Religione. »
A RODALLO NEL CANAVESE.
Ci scrivono da questo paese : « Quest'anno anche i Rodallesi hanno avuto il bene di una conferenza salesiana. Un Sacerdote nostro compaesano ci fece conoscere la vita e le Opere del suo gran Padre Don Bosco : rilevò come in tempi tanto difficili per la Religione, D. Bosco seppe levare dalle vie del peccato e della miseria tanti giovanetti, impartire loro una soda educazione e somministrare alla Chiesa e specialmente alle Missioni un esercito di prodi e generosi banditori della divina parola. I bei mottetti fattici gustare da alcuni Chierici venuti dalla vicina Casa Salesiana di Foglizzo diedero maggior lustro alla funzione, che lasciò in tutti una dolcissima impressione.:.
A CARPENEDO (Mestre).
La Domenica 20 settembre fu tenuta in que st'ameno villaggio la prima conferenza salesiana
Noi ci sentiamo in dovere di vivamente ringraziare quello zelante Arciprete e tutta quella buona popolazione, che al mattino colla Comunione generale, specialmente dei giovanetti e delle giovanette, poi alle 11 alla Messa del novello Sacerdote Salesiano D. Antonio Cavasin di quella Parrocchia, e in fine alla sera alla conferenza calorosa e cordiale tenuta dal Sacerdote pure Salesiano Prof. D. Stefano Febraro, seppero dimostrare mirabilmente amore e stima per la nostra Pia Società.
La Sig.ra Natalina Franchelli V.a Freccia.
Affezionatissima gia a Don Bosco, questa pia signora genovese teneva in conto di suoi figli i Salesiani. Desiderava d' essere informata delle cose della nostra Pia Società come di cose di sua famiglia, e viva parte prendeva sì alle gioie come ai nostri dolori. Umile e nascosta, divideva il suo cuore e le sue cure tra la famiglia sua e i giovanetti dell'Ospizio di S. Vincenzo de' Paoli in Sampierdarena. Quanta biancheria non ha ella mai lavorato di sua mano! quanta ne fece da altri lavorare, allorchè le sue fatiche non potevano giungere a tutte le esigenze di quei giovanetti ! Essa era munifica fin dove potevano arrivare le sue forze e le sue ricchezze. Nè invano mai si ricorreva a lei pur da molti altri Istituti e poverelli. Di lei si può veramente dire che transiit benefaciendo. Da alcuni anni tormentata da dolori quasi continui, seppe tollerarli con piena rassegnazione, sempre in piedi e sempre lieta, più curante d'altrui che di se stessa. Il buon Dio la chiamò all'eterno premio il 2 del passato settembre. Noi la raccomandiamo di tutto cuore ai pietosi suffragi de' noatri cari Cooperatori.
Suor Maria Luigia Bonini.
Con grave rammarico abbiamo pure appresa la morte di questa, pia e veneranda religiosa, avvenuta la sera del 18 settembre scorso. Se le Orsoline di Sesto Calende piangono la perdita della loro amatissima Madre Anziana, da cui ricevevano preclari esempi di virtù religiose ; i Figli di D. Bosco deplorano la perdita di una loro Cooperatrice zelantissima, la quale aveva preso ad amare le Opere salesiane come fossero sue proprie, cui procurava di sostenere in ogni maniera possibile. Senza nulla trascurare di ciò che apparteneva alla sua vocazione, quale ape industriosa da lunghi anni andava raggranellando, per mezzo di pie persone del luogo, offerte per gli orfanelli di D. Bosco, ai quali le faceva pervenire sollecitamente e con una santa compiacenza, non altrimenti che se si trattasse di sovvenire i suoi diletti figliuoli. La Pia Opera del S. Cuore di Gesù in Roma particolarmente ebbe in Suor Maria Luigia Bonini di Sesto Calende una vera Zelatrice, che lo procurò un numero immenso di associati. Noi le preghiamo da Dio il meritato guiderdone di tanta sua carità e raccomandiamo vivamente l'anima sua bella alle preghiere di tutti i Cooperatori e le Cooperatrici Salesiane. Requiem aeternam dona ei, Domine, et lux perpetua luceat ei!
L'ISPETTORE DELLE CASE SALESIANE DELL'URUGUAY.
L'ultima Domenica dello scorso agosto arrivava a Torino il nostro carissimo confratello Don Giuseppe Gamba, Direttore de los Talleres D. Bosco di Montevideo, eletto quest'anno Ispettore delle Case Salesiane dell'Uruguay, in successione del compianto Mons. Lasagna per questa Repubblica. Egli era accompagnato da un giovane chierico uruguay o, che si fermerà in Italia e a Roma a compiere i suoi studii. É venuto a perorare la causa di quell'Ispettoria, nonchè dell'altra Brasiliana affidata a D. Carlo Peretto e della nuova intrapresa nel Paraguay. Don Rua commosso alle sue parole gli sta preparando un drappello di Missionari, che andranno a rinforzare lo stremato personale di quelle Case.
Probabilmente partiranno nel prossimo novembre e con loro partirà pure Don Valentino Cassini con altri Missionari per la vastissima Repubblica Argentina.
UNA NUOVA CHIESA.
La terza Domenica 18 di questo mese ha luogo in Firenze una funzione carissima per i Salesiani e pei loro Cooperatori. Sua Em. il Cardinal Bausa, Arcivescovo di quella città, si reca in Via Aretina per benedire solennemente la prima pietra della nuova Chiesa pubblica che i Salesiani innalzeranno accanto al loro Istituto dell' Immacolata, dedicandola al culto della Sacra Famiglia. L'erezione di questa nuova Chiesa è reclamata dai bisogni sempre crescenti sì dell'Istituto e dell' Oratorio festivo annesso, come anche della circostante popolazione. Ne riparleremo in uno dei prossimi numeri.
BELL'INDUSTRIA PER SOVVENIRE LE MISSIONI.
Alcuni mesi addietro (V. Bollettino di Dicembre 1895, pag. 333) con un lungo articolo raccomandavamo ai nostri lettori la Pia Opera della Misericordia, detta dei francobolli usati, siccome quella che, mentre con mezzi modestissimi, con un'industria negletta arriva a compiere veri miracoli in favore delle Cattoliche Missioni, porge pure occasione di lucrare moltissimi benefizi spirituali. Allora noi esortavamo tutti i nostri lettori a volersi fare promotori di una sì bell'Opera, a volere cioè raccogliere dagli amici, dai conoscenti, dai negozianti pubblici e privati i francobolli usati, nazionali ed esteri, specialmente d'antica data, e spedirli al M. Rev. D. Angelo Ferraboschi
Reggio Emilia, incaricato a ciò dalla Direzione Generale dell'Opera che ha sede a Liegi nel Belgio. Ora torniamo a ripetere la nostra esortazione, ed insistiamo particolarmente presso i Direttori dei nostri Collegi, i Direttori Diocesani de' nostri Cooperatori, i Decurioni, i RR. Parroci e Sacerdoti, affinchè vogliano essi prendersi un tale assunto nelle loro città e paesi, se pur già non vi fosse altra persona all'uopo incaricata.
E siccome moltissimi di loro e de' nostri cari Cooperatori e Cooperatrici sono già in continua relazione epistolare col nostro Oratorio di Torino, così se credessero mezzo per loro più facile unire a tali loro corrispondenze i francobolli usati che possono raccogliere, noi ben volentieri ci incaricheremmo di farli pervenire al sullodato D. Ferraboschi insieme con quelli che raccoglieremo nei nostri Collegi. Nell'Oratorio di Torino v'è una persona a ciò incaricata da Don Rua stesso, e noi possiamo assicurare ch' essa compie la sua missione con una scrupolosità ed uno zelo così esemplare, che il Rev.mo D. Ferraboschi non ha potuto a meno di premiarla ripetutamente coll'inviare al nostro Rettor Maggiore cospicue offerte per le Opere e Missioni Salesiane. Dimodochè l'Opera in discorso, mentre offre per se stessa grandi vantaggi spirituali e potentemente concorre alla propagazione della nostra S. Religione, riesce pure un bel mezzo di cooperazione salesiana; ed anche sotto questo aspetto merita che noi vivamente la raccomandiamo a tutti i nostri buoni lettori.
Nel prossimo numero daremo ampio resoconto del secondo Congresso dei Direttori Diocesani dei nostri Cooperatori tenutosi con esito consolantissimo a Valsalice nei giorni 23 e 24 dello scorso settembre.
1. Gattino Teresa - Murello (Cuneo). 2. Gianolotti Gioconda - Scopello (Novara).
3. Inaudi D. Francesco - Busca (Cuneo).
4. Lingueglia Angola - S. Lorenzo al Muro (P. Maurizio).
5. Malfanto Mar. Anna v. Regnoli - Genova.
6. Martino D. G. B. Rocchetta - Belbo (Cuneo).
7. Mascanzoni Regina - Fumane (Verona).
8. Meschini Teresa - Magadino (Svizzera).
9. Miglietti Giacomo - Occhieppo Inf. (Novara.).
10. Morando D. Giuseppe - Genova. 11. Nicotra Anna - Catania. 12. Occolletti Giorgio - Torino. 13. Oliva Maria - Genova.
14. Paganesi Ch. Giuseppe - Vertova (Bergamo).
15. Pallio di Rinco Conte Ottavio - Torino.
16. Paolozzi D. Gregorio -Sogni (Roma). 17. Pol Can. Francesco - Giaveno (Torino).
18. Rissono Giuseppe - Torino.
19. Rissono Giuseppe - Penango (Alessandria).
20. Rota D. Giovanni - Milano.
21. Rovoila Maddalena v. Brigo - Viconza.
22. Sarra D. Giuseppe - Matera (Potenza).
23. Scamperlo Stella - Fumano (Verona).
24. Seano G. Batt. - S. Giusto (Cagliari).
25. Testa D. Domenico - Formia (Caserta).
26. Ubaldini Ubaldo - Esanatolia (Macerata).
27. Ubertino Giovanni - Torino.
28. Vignola Maria - Fumano ( Verona). 29. Alasia Biagina - Savona. 30. Altissimo Giuseppina - Vicenza. 31. Alvigini Teresa-Fabre - Torino. Amato D. Vito - Buccheri (Siracusa).
33. Annovazzi Ing. Carlo - Abbiategrasso.
34. Antini Suor Maria, Serafina-Città di castello.
35. Aschero Giuseppe-Capello(Cuneo). 36. Aschero Antonio- Capello (Cuneo). 37. Astengo Eufemia, (Savona). 38. Benedetti Luigi - Spezzano (Modena). 39. Bertoia Valentino - Argano S. Lorenzo.
40. Bonito Ing. Francesco - Napoli. 41. Briatore Barnaba - Capello (Cuneo) 42. Briatta D. Luigi - Casale Monferrato,
43. Brugiafreddo Giacinto - Saluzzo. 44. Buzio Maria - S. Salvatore (Alessandria).
45, Cantoni Angiolina - Brescia.
46, Casolari D. Michele - S. Martino Vallata (Modena)
47. Cazzola Cav. N. - Casal Morano (Cremona)
48. Chiapusso Giorgio - Susa.
49. Cordero Contessa Angelica di San Quintino (Mondovì).
50. Corradi Federico, Maestro - Sestri Ponente.
51. D'Alessio D. Leonardo - Salerno. 52. Dal mazzo Antonia - Mondoví.
53 Dami so D. Matteo-Spiano (Salerno) 51, Di Maria D. Nicola - S. Flavia (Salerno).
55. Farina Battista - S. Savino (Ravenna).
56. Ferruccio Evasio- Forneglio di Crea (Alessandria).
57. Filippi Clemente fu G. B. - Bassano (Vicenza).
58. Fregonara D. Andrea - Novara. 59. Gilino Giuseppe - Capello (Cuneo). 60. Iacobini Avv. Alfonso - Macerata. 61. Ioris D. Pietro - Occiano (Salerno). 62. Magrini Olivieri Vicenza - Corpolò (Rimini).
63. Marina D. Genesio - Ivrea (Torino). 64. Marocchino Avv. Francesco - Vercelli.
65. Maugili D. Pietro - Calolzio (Bergamo).
66. Menegazzo P. Federico - Scodovacca
67. Merciari Rolando - S. Francesco Chiappetta (Genovao.
68. Miglietti Vittorio - Occhieppo Inf. (Novara).
69. Mogli Clementina -Castellanza (Milano).
70. Nicolini Adele Garetti di Terrore - Torino.
71. Nunziata D. Antonio - S. Angelo (Salerno).
72. Ogogeri Maria - Trescorre (Bergamo).
73. Omodei Gagliardi Antonio - Augusta (Siracusa).
74. Paci D. Luigi - Arezzo.
75. Padoan D. Giuseppe - Canevella d'Adige (Venezia)
76. Padovani D. Enrico - Verolavecchia (Brescia)
77. Pasquelli D. Tomaso - Sillico (Massa Carrara).
78. Petruzzelli D. Vito - Buccheri (Siracusa).
79. Porcu Ch.o Efisio - Cagliari.
80. Porta Giuseppina - Sacconago (Milano).
81. Rayneri Peyion Ida-Carrù (Cuneo).. 82. Reta Anna Novi Ligure.
83. Reta Nina - » »
84. Righetti D. Riccardo - Legnago Porte (Verona).
85. Rota D. Giovanni - Milano. 86. Santoro Biagio - Salerno.
87. Schettini D. Donato - Pugliano (Salerno).
88. Sona Luigi Negra (Verona) 89. Spezia Emiliano - Bianzè.
90. Spezia Giov. Antonio - Bianzè
91. Spriano D. Pietro - S. Salvatore. (Alessandria).
92. Veneziani Bianca - Roma.
93. Vallata Giuseppe - Vinovo (Torino). 94. Violante D. Enrico - Forino (Salerno).
95. Virgili D. Adamo - Massignano (Fermo).
96. Zappale D. Raffaele - Aiello (Salerno).
97. Zanelli Aurelia - Quiliano (Genova).