ANNO XI - N. 9. Esce una volta al mese. SETTEMBRE 1887
DIREZIONE nell'Oratorio Salesiano - Via Cottolengo, N. 32, TORINO
Sommario - D. Bosco e i Salesiani nella Repubblica dell'Equatore - Una festa di famiglia nell'Oratorio di San Francesco di Sales - Grazia di Maria Ausiliatrice - Collegi Salesiani - Educatorii per le fanciulle - Monsignor Cagliero nel Chilì - Avviso - Santa Cruz di Patagones - Condizioni per entrare nell'Istituto di Maria Ausiliatrice - Funzione edificante nel Collegio femminile di Mascali Nunziata - Passeggiate - Bibliografia! Ancora su S. Agostino; L'Apostolo del Secolo XVIII ossia S. Alfonso Maria De' Liguori.
I lettori sanno che si sta oggidì tagliando l'istmo di Panama, che congiunge le due Americhe. Quest'opera gigantesca, compiuta che sia, metterà in comunicazione l'Oceano Atlantico col Grande Oceano o Mar Pacifico, e accorcierà e faciliterà grandemente il viaggio dall'Europa alla Repubblica dell'Equatore. Questa Repubblica, se oggi conta già molti Italiani nel suo seno , in allora per la facilità del viaggio, per la salubrità del clima, per la bontà del Governo, per ragion di commercio, ne verrà popolatissima.
Orbene , a questa Repubblica appunto volge in questi giorni i suoi pensieri il sacerdote Giovanni Bosco. Dopo di aver seminata l'Italia di Collegi pei figli del popolo; dopo dí aver per Arezzo de' suoi alunni, formati alla sua scuola ed imbevuti del suo spirito, portata la luce del Vangelo e i benefizii della cristiana civiltà sino agli ultimi confini della terra, qual è la Patagonia, e la Terra del Fuoco; dopo di avere stabilito nella Repubblica Argentina, nell'Uruguay, nel Brasile e nel Chili buon numero di Ospizi, di scuole e di laboratorii pei fanciulli indigeni e pei poveri diseredati d'Italia; dopo tutto questo ed altro, sta ora preparando per fare altrettanto in quella parte dell'America del Sud.
Alla città di Quito, che n' è la capitale , egli nel prossimo mese di ottobre comincierà ad inviare un drappello di Salesiani per aprire ùna Casa di arti e mestieri a vantaggio dei poveri giovanetti della Repubblica ed anche degli Italiani colà residenti. Di più colà D. Bosco, oltre al provvedere ai bisogni presenti, prepara la provvidenza ai bisogni futuri. Egli vi precede le schiere d'Italiani, che dopo il taglio dell'Istmo emigreranno in quelle partl, dove giunti, gli adulti incontreranno dei fratelli, e i giovanetti troveranno dei maestri, dei consiglieri, dei Padri nei Salesiani, che si lirenderanno cura di loro, ne parleranno la lingua, li ammaestreranno ed aiuteranno a mantenere viva la memoria della madrepatria. Quale felice pensiero !
Nè il loro zelo si limiterà a questo solo; ma si estenderà alle tribù dei selvaggi, che esistono ancora tra le gole delle alte montagne, ignari di Dio e di ogni principio di civiltà. Dalla capitale della Repubblica, come da un centro di operazione, come da un quartiere generale, i Salesiani muoveranno alla esplorazione di altre terre e le, conquisteranno alla religione e alla civiltà, giovando in tal modo alla prosperità dello Stato, consolando la Chiesa di nuovi figli, rallegrando il Cielo di anime elette.
Don Bosco quantunque stanco per le passate fatiche e spossato di fisiche forze, pure è sempre fresco d'intelligenza e tenace di volontà come nel fior degli anni suoi. Secondo i calcoli umani, se la emigrazione continuerà di questo passo tra due o tre generazioni le terre americane, che oggidì in massima parte sono tuttavia sterili deserti, perché disabitate ed incolte, saranno invece fertilissime valli; si vedranno sorgere in mezzo di loro città superbe e popolose; le solcheranno linee ferroviarie, avvicinandole fra loro e facilitandovi il commercio ; le loro alte e numerose montagne saranno traforate come i nostri Appennini e le nostre Alpi.
Or bene, la Divina Provvidenza, qual una madre, che sta per aver dei figli, comincia fin d'ora a pensare ai bisogni morali e spirituali delle genti, che si verseranno colà; essa le fa precedere dai suoi servi, dai suoi sacerdoti, dai suoi apostoli. Quando i Salesiani siano in buon numero nelle principali città dell'America, quando abbiano stabilite numerose residenze tra gli inciviliti e tra i barbari, allora ci tornerà meno doloroso il vedere ogni anno tante migliaia di compatriotti far vela alla volta del Nuovo Mondo. Allora nell'ultimo addio noi potremo dire ai nostri concittadini: voi lasciate qui degli amici dell'anima, ma altri ne troverete colà; colà, tra gli altri, incontrerete i figli di di S. Francesco di Sales, gli alunni di D. Bosco, incontrerete i Salesiani, i quali coll' esempio e colla parola, vi aiuteranno a conservarvi buoni Cristiani e Italiani onorati. Andate dunque più confidenti e tranquilli, ché procacciandovi una fortuna in sulla terra non correrete pericolo di perdere la felicissima sorte del cielo.
Raccomandiamo alla carità dei lettori questa nuova impresa di D. Bosco. Essa è tale, che l'averla segnalata può bastare per ogni raccomandazione. E qual persona di carità e di fede, qual uomo dotato di sensi d'umanità, potendo, non vorrà aiutare un uomo che per compiere tali opere tutto confida nella pubblica beneficenza?
D. Bosco nel suo giorno onomastico aveva invitato gli antichi allievi dell'Oratorio a sedere a mensa con lui per ricordare e festeggiare quei tempi nei quali per varii anni avevano vissuto felicemente insieme. Per questa cara festicciuola ai sacerdoti aveva fissato il giorno 11 di agosto , ai secolari il giorno 14.
Accorsero numerosi i figli per rivedere il padre, ma purtroppo rimasero delusi nella loro aspettazione. D. Bosco che era andato nel Collegio di Lanzo per trovare un po' di refrigerio ai suoi incomodi, per ordine del medico non aveva potuto recarsi in Torino. La festa paterna si cambiò adunque in fraterno convito. Tuttavia se D. Bosco fu lontano di corpo, era presente collo spirito. Uno scambio di telegrammi, il magnifico discorso del Molto Rev. Piano Giovanni Battista, curato della Gran Madre di Dio, i versi sempre applauditi di Carlo Gastini e di altri poeti, i brindisi, i canti, le musiche, ricordarono D. Bosco, inneggiarono a D. Bosco, e commossero, rallegrarono e entusiasmarono i convitati.
D. Rua Michele al levar delle mense, in nome di D. Bosco ricordò come ogni allievo dell'Oratorio dovesse portar impressi nella sua cristiana condotta l'immagine , i consigli , i desiderii di D. Bosco: pensare a lui sovente, riandare gli anni passati nell'Oratorio e ripetere a se stesso: - Io ovunque sarò voglio che in me si conosca un vero figlio di D. Bosco. In secondo luogo raccomandò a tutti di farsi cooperatori, non fosse altro almeno colle preghiere e coi consigli, di tutte le opere che D. Bosco ha iniziate.
Applausi cordiali, unanimi accolsero quelle parole pronunziate in mezzo ad un profondo e religioso silenzio.
Ma D , Bosco non si era visto, e questo vuoto voleasi in ogni modo riempire, e soddisfare ad un bisogno prepotente del cuore. Perciò le due schiere de' convitati nominarono una commissione che andasse a Lanzo lo stesso giorno, per ossequiare D. Bosco a nome tutti.
Il Rev. Parroco di Cunico d'Asti D. Griva così scrive, dando relazione del suo mandato
« L'11 agosto, col treno delle 4 1/2 pomeridiane, partiva da Torino per Lanzo una deputazione in numero di nove per portare a D. Bosco le felicitazioni della giornata. Suonavano le sei quando entravamo in Collegio. Annunziata la cosa a Don Bosco, ne fu così commosso che sulle prime non poté articolar parola. Ci guardò con quel suo sguardo benigno e sagace con cui ci ha guardati tante volte. L'occhio è sempre il suo, ma all'aspetto ahi! quanto ci parve sofferente. Il ricevimento non volle farlo nel salone , ma , sorretto dalle nostre braccia, ne uscì, e all'aria libera, nel prato attiguo al Collegio ci diede udienza , ricordando che nei prati di Valdocco aveva fatto le prime accoglienze ai giovanetti. Salì in carrozzella dicendo con ischerzo: io che sfidava i più snelli a far dei salti, ora devo camminar in carrozza colle gambe altrui. Noi guidavamo la carrozzella fino al pergolato che è in fondo al prato. Quivi si fece seduta e mille cose si dissero in pochi minuti.
Il professor Francesco Prato a nome della comitiva fece la relazione della bella giornata. Si parlò dell'idea di conquistar la Patagonia , vagheggiata da D. Bosco per sì lungo tempo. Si disse dei telegrammi scambiatisi, si diedero le notizie recenti sulla salute di monsignor Cagliero.
Quindi D. Bosco volle riconoscere uno per uno i deputati dell'ambasciata. Si parlò della sua Messa d'oro del 1891, e quando si disse di Gastini che voleva mille cantori, ei soggiunse : - Due mila, ma un coro sia tutto di Patagoni. Poi volgendosi al Parroco di Cunico d' Asti: e a quella Messa, disse, si berrà il vino di Cunico ottenuto come grazia di Maria Ausiliatrice e che sia assaggiato anche dai Patagoni! - E ne volle formale promessa.
- E che diremo di D. Bosco all'Oratorio ?
- Direte che io sto benissimo e che tutte le inquietudini che si prendono per la mia salute non turbano la pace del mio cuore.
L'ora spirava : si fecero benedir alcuni oggetti. Quando si chiese la benedizione sui presenti e sugli assenti, D. Bosco si commosse, i suoi occhi si riempirono di lagrime : ei piangeva e noi piangevamo ! Che bel quadro! Di fianco al basso rumoreggiava la Stura, a destra il Collegio, a sinistra le montagne, e in un prato all'aperto cielo D. Bosco che benedice ai suoi 200 mila figli sparsi nell'universo orbe nella persona di nove deputati. Il Cielo confermò certamente questa benedizione, e sforzato da così tenere scene che oramai son così frequenti fra D. Bosco e i suoi figli, ci concederà sicuramente di ricevere ancora la benedizione nella sua Messa d'oro nel 1891 ».
Adempio di tutto cuore ad una promessa che ho fatto a Maria SS. Ausiliatrice, a quella cara Madonna dell'Oratorio, vera Consolatrice degli afflitti e sempre pronta ad asciugare una lagrima a chi le si rivolge con affetto e confidenza.
Il 6 dello scorso Marzo il mio caro padre, già alquanto avanzato in età, si metteva a letto colto da pleuro-polmonite. Nei primi quattro giorni le cure del medico sembravano vincere il male, ma non così nel quinto, in cui l'ammalato peggiorò talmente da far temere fortemente della sua vita. - Tenterò ogni mezzo, mi disse il medico, il male s'è fatto serio e complicato e temo assai di non poterlo più superare.
La mia desolazione si era al colmo, ed il pensiero corse subito alla Madonna Ausiliatrice di cui altra volta ho esperimentato l'ineffabile bontà. Mi prostrai innanzi ad una sua immagine, piansi, pregai e promisi di far pubblicare la grazia sul Bollettino Salesiano. Presi pure una medaglia avuta dall'Oratorio, e la misi al capezzale dell'infermo, accanto al quale passai quasi intera la notte. Al mattino per tempo venne il medico e trovò mio padre alquanto migliorato così pure il dì appresso, e via via di giorno in giorno sino a perfetta guarigione. Oh! Maria SS. Ausiliatrice ci ha proprio esauditi e consolati! Ed ora col cuore contento le mando, M. R. Sig. Direttore, questa breve relazione da inserire, se crederà conveniente nel Bollettino Salesiano, a gloria di Maria SS. e a dolce conforto de' suoi devoti.
D. C. G.
Cooperatore Salesiano
Le famiglie, le quali hanno figli da mettere in educazione, bramano di conoscere gli Istituti, che porgono loro comodità e sicurezza per collocarveli a suo tempo. Per la qual cosa noi diamo quì breve cenno di alcuni Collegi Salesiani in Italia, nei quali si fa quanto occorre per guarantire agli allievi moralità, scienza e sanità, e ai quali i nostri Cooperatori e Cooperatrici possono indirizzare con tranquillità di coscienza quei giovanetti, che intendessero di percorrere la carriera degli studi.
Oltre l'Oratorio di S. Francesco di Sales in Torino, l'Ospizio di S. Vincenzo de' Paoli in Sampierdarena, l'ospizio di S. Pietro in Nizza Marittima, l'ospizio della Croce in Lucca , quello di S. Paolo alla Spezia, la Colonia Agricola di Mogliano Veneto, l'ospizio di Maria Immacolata a Firenze e quello di S. Benigno Canavese, vi sono i Collegi di Borgo San Martino, di Penango, di Lanzo Torinese, di Varazze , di Alassio, di Este, di Magliano-Sabino, e di Randazzo in Sicilia.
In questi Collegi l'insegnamento comprende il corso Elementare e Ginnasiale, ed è impartito da maestri e professori patentati, e secondo i programmi governativi. Nel Collegio di Alassio vi è pure il corso Liceale.
Borgo S. Martino è un paesello della Diocesi di Casale Monferrato, sulla linea di AlessandriaVercelli, con stazione a pochi passi dal Collegio.
Penango è pur esso della Diocesi Casalese , posto.sopra amena collina presso Moncalvo, colla stazione propria sulla linea Asti-Mortara.
Lanzo dista dodici miglia da Torino , a piè delle Alpi, e vi si va per ferrovia con più corse al giorno.
Varazze, Diocesi di Savona, trovasi sulla linea Genova-Ventimiglia, e si arriva da Genova in un'ora e mezza di ferrovia.
Alassio, Diocesi di Albenga, trovasi sulla stessa linea Genova-Ventimiglia.
Este, città del Veneto, si trova sulla linea ferroviaria di Padova-Bologna.
Magliano-Sabino sulla ferrovia Roma-Firenze, colla stazione a Borghetto, a due ore dalla Capitale del mondo cattolico.
Randazzo, posta sopra un ameno altipiano del monte Etna, è come un centro della rete e delle vie provinciali di Messina, Catania, Nicosia, Mistretta. La stazione ferroviaria più vicina a Randazzo è quella di Piedimonte sulla linea MessinaCatania.
In quasi tutti questi Collegi vi sono due gradi di pensione. La prima varia da L. 35 a 40 mensili; la seconda L. 24 a 30.
Per avere i relativi programmi, e per le domande di accettazione bisogna dirigersi ai Direttori dei singoli Collegi, oppure al Sac. Giovanni Bosco, via Cottolengo, n. 32, Torino.
Oltre ai mentovati collegi pei giovanetti, vi sono pure sei Educatorii per le fanciulle, il primo nella città di Chieri sotto il titolo di Santa Teresa, il secondo in Nizza Monferrato sotto il nome della Madonna delle grazie, il terzo al Torrione di Bordighera, e il quarto, il quinto il sesto nelle ridenti saluberrime colline circostanti l'Etna, a Bronte, a Mascali, e a Trecastagne in Sicilia, diretti dalle Suore di Maria Ausiliatrice.
Scopo di queste Case di educazione si è di dare l'insegnamento scientifico e morale in modo, che lasci nulla a desiderare per una giovanetta di onesta e cristiana famiglia, cioè arricchirne la mente di utili cognizioni, educarne il cuore a sodo e cristiane virtù, addestrarla ai lavori femminili, e informarla a quei principii di civiltà, che sono richiesti dalla sua condizione.
L'insegnamento è dato da maestre legalmente approvate. Esso abbraccia le 4 classi elementari, vale a dire : corso di lingua italiana, calligrafia, aritmetica, sistema metrico, e tenuta dei libri per uso domestico. La declamazione ed uno speciale esercizio nello stile epistolare fanno eziandio parte dell'insegnamento. Si danno pure lezioni di disegno, di lingua francese e di piano forte; ma a richiesta e a carico dei parenti delle allieve.
I lavori femminili consistono nel fare abiti proprii, secondo la condizione delle allieve, lavori a maglia, calze, camicie, rappezzare, soppressare, far merletto e tutti i lavori più ordinarii di una onesta famiglia.
La pensione mensile e di lire 24, e si paga a trimestri anticipati.
Le domande di accettazione e dei programmi si possono fare alla rispettiva Direttrice, od anche al Sacerdote D. Giovanni Bosco, Superiore dell'Oratorio di S. Francesco di Sales, Torino.
La città di Nizza Monferrato è una delle principali stazioni della ferrovia tra Alessandria e Cavalleranaggiore.
Quella di Chieri ha comunicazione diretta colla ferrovia Torino-Chieri, e con le linee Torino-Alessandria, Torino-Cuneo, Torino-Savona con fermata a Troffarello.
Quella di Bordighera è sullo stradale della marina che da Ventimiglia conduce a Bordighera, luogo ameno e di dolce soggiorno agli Inglesi nella rigida stagione d'inverno.
Se la cristiana educazione dei ragazzi è ai giorni nostri di massima importanza, non di minor momento si è la buona istituzione delle fanciulle. Una figlia saggiamente istruita, e cristianamente educata riesce una benedizione, un angelo, un sostegno, una sorgente di prosperità e di pace per una famiglia; guai invece se la giovanetta crescerà incolta ed ignorante, peggio poi se verrà guasta nelle idee e corrotta nel cuore ! Non vi è male peggiore che una donna cattiva.
Lo scopo precipuo dei Salesiani essendo quello della cristiana educazione della gioventù, noi verremmo meno ad una parte del nostro dovere, se non inculcassimo ai nostri Cooperatori e Cooperatrici di aver massima cura delle fanciulle delle proprie famiglie, a di quante altre sono in loro potere.
Perciò cogliamo di buon grado questa propizia occasione per raccomandar loro i sopraddetti Instituti di Chieri e di Nizza, di Bordighera-Torrione e ai siciliani quello di Bronte, Mascali o Trecastagne. Se qualcuno avesse giovanette da collocare in Casa di educazione, oppure gli venisse il destro di porgere a qualche famiglia un opportuno consiglio, veda di approfittare di questi Educatorii, e farà un'opera da vero Cooperatore Salesiano.
1. Monsignore predica ai primi giovani della casa Salesiana di Concezione.
La salute di Monsignore migliorava ogni giorno più, tanto che , se si eccettua qualche piccolo incomodo in giorni eccezionali di grande umidità, non si accorgeva affatto che fosse convalescente. Si voleva che riposasse per qualche giorno e abbisognava davvero di questo riposo, ma non ci fu verso ; era lavoro che voleva, e come nessuno glielo procurava, egli stesso se lo cercò.
Per molti giorni di seguito fu a celebrare la santa Messa nelle differenti comunità religiose , e in tutte faceva il suo discorsino e sempre appropriato. Parlò della carità nell'ospedale e nell'Ospizio del Sacro Cuore; della Vergine Immacolata nel Convento delle Suore del Sacro Cuore e in quello delle Suore Allemanne; più volte della Provvidenza nella chiesa che porta questo nome; dei doveri di un buon seminarista nella cappella del Seminario
Ma il discorsino che gli riuscì più bello, fu quello che fece nella nostra cappella ai nostri giovani. Senza dubbio, questa poverissima cappella gli ricordò quell'altra, anche poverissima, dell'Oratorio in Valdocco di 30 anni fa, nella quale tante volte Monsig. aveva pregato. Quei 20 giovani, inginocchiati a pie' dell'altare , gli fecero ricordare quei primi 20 di Torino. Con questi ricordi fissi nella mente, finita la santa Messa, prese a parlare : « La vostra Comunione, disse, mi ricorda quelle Comunioni di 500, 600 giovanetti e più che si fanno nella nostra Casa di Torino ; le vostre preghiere mi ricordano quelle altre fatte in coro da 900 e più fanciulli ai piedi di Maria Ausiliatrice. Quanto mi sento felice qui in mezzo a voi! E quanto fortunati siete voi nel trovarvi qui raccolti sotto il manto di S. Giuseppe ! Siete voi i scelti per formare la pietra angolare di questa Casa, e di sicuro che S. Giuseppe ha mire speciali per voi tutti. Dovete esserne contenti e stimarvi felici! Quanti giovani nel mondo, della vostra stessa condizione, desidererebbero trovarsi al vostro fianco, godere dei benefizi della carità che a voi altri si dispensa, e restan là nel mondo privi di tutto!... Loro manca tutto: l'alimento materiale e, più ancora, lo spirituale ; sono poveri disgraziati ! Voi no ; qui siete in una Casa di carità, avete per padre S. Giuseppe, per madre la Vergine Ausiliatrice, per protettrice la Divina Provvidenza ; nulla vi mancherà, come nulla mai mancò ai Salesiani e ai loro protetti. Procurate solamente essere degni del favore che ricevete. E in che maniera? Tenendo una condotta buona e santa, qual si conviene alla Casa in cui vi trovate. L'avvenire del Taller de S. José dipende da voi; adesso siete ancora pochi; presto sarete molti ; e i molti saranno o buoni o cattivi, secondo sarà la condotta da voi tenuta e l'esempio che avrete dato. Se voi sarete buoni, essi pure si faranno buoni. »
Poi parlò in lungo dell'amore dei Salesiani per la gioventù povera. « È questa la loro missione, disse : e una missione così difficile e delicata non si compie senza amore. E poi, come non vi ameranno, se sono figli di D. Bosco, l'Apostolo, l'amico, il Padre amantissimo della gioventù? Come non vi ameranno, se per farvi del bene , se per conoscervi ed amarvi, hanno abbandonato tutto, il mondo, la famiglia, la patria, gli amici, il Padre veneratissimo Don Bosco ? Perche vennero qui i Salesiani ? Forse per cercare ricchezze ? No. In cerca di piaceri, di gloria ? No, no. Vennero qui per amare voi, ed amare tutti quei giovani che la Divina Provvidenza confiderà alle loro cure. Adunque, se i Salesiani vi amano, come ne potete essere certi, e voi amateli dal canto vostro ; ubbiditeli,, rispettateli, non recate loro nessun disgusto. questo il modo migliore per ripagare il loro amore: non vogliono altra ricompensa sulla terra che questa».
Parlò ancora e in lungo dei doveri della gioventù e finì con dire: « Non invidiate la sorte dei figli dei ricchi che si educano nei grandi Collegi; in essi generalmente si dà una educazione tutta mondana, e mentre si adorna la mente di cognizioni, si corrompe il cuore coi vizi; per molti giovani il collegio è la loro rovina, e imparano la scienza che deve farli disgraziati eternamente. Voi non imparerete
qui la scienza che il mondo apprezza e cerca ; ma riceverete a mani piene la grande scienza della religione che vi farà felici nel tempo e poi nell'eternità. Vi insegneranno la pratica della virtù; e colla virtù voi vi comprerete il Cielo ».
2. Bisogni spirituali dell'Araucania. - Viaggio di Mons. Cagliero a Traiguen. - Ritorno a Concezione.
La missione però di Monsignore nel Chilì non doveva limitarsi alla Concezione. Il signor Vicario instava perché visitasse la Araucania, e vedesse coi proprii occhi le necessità spirituali di quella terra: - Sono 80000 anime, diceva a Monsignore il signor Vicario, e non hanno se non un prete che pensi a loro. Sono ancora moltissimi gli Indii che non sono cristiani, perchè non possono esserlo; manca assolutamente chi faccia loro la gran carità di istruirli e battezzarli; non opporranno la minima resistenza ; è una messe matura; manca solo chi la raccolga. -
Un giorno arrivarono a Monsignore varii regaletti mandati dal signor Vicario. Uno di essi consisteva in una carta geografica del Chilì ; verso il Sud di Concezione vi erano quattro punti marcati in rosso, e poi una piccola nota in calce: future case salesiane. I quattro punti erano i seguenti : Traiguen, Temuco, Angol, Los Angeles; i due primi giù nel centro dell'Araucania, i due secondi sul confine.
Il giorno 19 di aprile Mons. Cagliero, Monsignor Vicario e D. Rabagliati partivano per Traiguen e vi arrivavano dopo una giornata e mezzo di viaggio. Nello stesso tempo D. Fagnano andava ad Ancud per intendersi col nuovo Vescovo, rispetto alla Terra 'del Fuoco, e a Punta Arenas che finora da esso dipendono. Sarei troppo diffuso semi facessi a parlare del ricevimento che Monsignore si ebbe in Angol, dove si dovè pernottare. Noterò solamente che una gran parte della popolazione si trovava alla stazione, con alla testa la banda di un battaglione ; alla sera poi vi fu serenata fino a ora tarda in onore di Monsignore. Fu accolto gentilissìmamente in una delle principali famiglie, e il signor Prefetto in persona (Intendente) venne a riverire Monsignore; accettò l'invito di cenare con lui, e ragionò della politica dell' Europa , con una abilità, con un discernimento che incantò tutti.
Il giorno dopo verso sera, Monsignore e i suoi compagni di viaggio arrivareno a Traiguen, ma ebbero ancor tempo per fare un giro e conoscere la popolazione. Furono a vedere i due terreni che il signor Vicario si era procurato per i Salesiani ; ambedue sono situati in una posizione magnifica a breve distanza l'uno dall'altro : il primo è destinato per la chiesa-parrocchia, il secondo per il Collegio. Presentemente non vi è altra chiesa che una povera cappella dove abita un Padre Francescano, che attende principalmente agli Indii dei dintorni, e per di più ai bisogni spirituali della piccola città di Traiguen.
Monsignore poté vedere coi proprii occhi le necessità spirituali di quella popolazione , e il gran bene che si potrebbe fare. Traiguen conta presentemente circa 3000 abitanti ; i più sono Chileni agricoltori, ma abbondano gli Allemanni, i Francesi e vi sono pure alcuni Italiani. È già un centro importante per la sua posizione geografica; ma lo sarà assai più appena sia legato con Angol con la strada ferrata che è già in via di costruzione.
Il signor Vicario avrebbe desiderato proseguire il viaggio ed arrivare fino a Tèmuco, sito assai più nel centro dell'Araucania; ma sopraggiunse la pioggia ; ei non è tanto facile viaggiare per quei siti in tempo di pioggia ; e poi a Monsignore premeva ritornare presto a Concezione , e, stabilite le cose , ripassare lo Cordigliere per visitare le case Argentine.
Così, alla mattina seguente , Monsignore il Vicario e D. Rabagliati, verso le 8 , malgrado che piovesse, si misero in vettura e rifecero il cammino del giorno precedente , ma con maggior difficoltà. La pioggia aveva fatta la strada come di vetro; i cavalli non potevano assolutamente dar un passo, quando si trattava di montare, e i tre viaggiatori furono a un pelo di tornarsene a Traiguen. Fortuna volle che trovassero sulla loro via molti carri condotti da' buoi; e con una coppia di questi poterono oltrepassare i passi più difficili. Verso notte erano di nuovo in Angol, e il giorno dopo alla sera in Concezione. Anche in Angol, città importantissima e capitale di provincia, si trattò della fondazione di una Casa Salesiana: e la necessità è grandissima. Monsignore, che ha uno zelo senza limiti, e che vorrebbe o per sé o per mezzo de' suoi missionari rimediare alle necessità che gli si presentano, promise che o più presto o più tardi i Salesiani entrerebbero in Angel.
3. Monsignore tiene la prima conferenza dei Cooperatori Chileni.
Prima di partire da Concezione Monsignore, per soddisfare al desiderio di molti cattolici, tenne una conferenza a coloro che sarebbero stati il braccio destro e l'appoggio della nostra casa , voglio dire ai Cooperatori futuri. Il fiore dei due sessi corrispose prentamente all'invito ; e nel giorno e nell'ora fissata la piccola cappella del nuovo Ospizio Salesiano era letteralmente piena di signori e signore , desiderose di ascoltare il nostro eloquente Prelato. Siccome era la prima conferenza di questo genere che i Chileni sentivano, per questo Monsignore dovè incominciare molto di lontano. Quindi parlo di D. Bosco , dei suoi principii, delle difficoltà vinte, degli ostacoli superati , delle persecuzioni sofferte. Fece un sunto della vita di D. Bosco , come egli solo poteva farlo, conoscendolo così bene , così intimamente e da più di 35 anni. Parlo poi dei, Cooperatori dell'Europa : « La nostra Congregazione se è così grande al giorno d'oggi, disse, malgrado sia così giovine, se è così conosciuta, rispettata, amata e cercata in tutte parti, dopo Dio e Maria Ausiliatrice, lo deve a quella schiera numerosissima di buoni cattolici, che corsero sotto le nostre bandiere, per aumentare le ancor piccole filo Salesiane, e lavorare con noi nella grande impresa di salvare la povera gioventù dalle mani delle sette empie, che faticano con tanto impegno per scristianizzarla e perderla. Pio IX, di santa memoria, volle per sé la gloria di avere il suo nome scritto per il primo nel Catalogo dei Cooperatori; e poi la benedisse e la arricchì di moltissime indulgenze parziali e plenarie. Leone XIII, che cerca il bene della società, come lo cercava il suo santo Predecessore, che ama la gioventù con tutto l'amore di padre e di Pontefice, Leone XIII è il primo ed il più zelante dei nostri Cooperatori. I Cardinali , gli Arcivescovi, i Vescovi, i Prelati, i Sacerdoti, i Regolari, le Comunità religiose, migliaia e migliaia di cattolici che vivono nel secolo, stanno con noi e lavorano con noi; e la vittoria sarà nostra, perché Dio non può non benedire i nostri sforzi, e confondere i nostri nemici che sono i suoi ».
Disse poi delle differenti maniere di cooperazione : il ricco può dare aiuto coi mezzi materiali, il povero colle sue preghiere. Parlò degli Oratorii festivi ; parlò dei nostri Patrizi di Torino, che non si vergognavano e non si vergognano di confondersi coi poverelli, intrattenersi con loro e poi far loro il Catechismo ; parlò delle matrone di Torino e di altre città, sorprese molte volte nel momento che stavano cucendo le rotte camicie ed i poveri abiti dei figli dell'Oratorio; narrò di astuzie sante usate da molti Cooperatori e Cooperatrici che egli stesso conobbe per sovvenire alle necessità dei piccolini di G. C. Disse della diffusione dei buoni libri, e dimostrò tutto il bene che si può fare con questo mezzo di propaganda. Mille macchine d'inferno esclamava, lavorano notte e giorno per ispargere il veleno che deve corrompere la società; prepariamo a questa. società il contravveleno, procurandole il foglietto, il libretto, l'opuscolo, il giornale che la istruisca e la migliori. Parlò ancora e molto con quel calore, con quel fuoco che tanto gli è naturale, e poi finì dicendo : « Vi sono molti obblighi di coscienza per il Cooperatore Salesiano ? Nessuno. L'unica obbligazione, che non lega per nulla la coscienza, si è di recitare ogni giorno un Pater a S. Francesco secondo l'intenzione del Sommo Pontefice. E di vantaggi ve ne sono ? Sì, e moltissimi, e li troverete tutti nel diploma che riceverete, non appena avrete dato il vostro nome a questa pia Società. Vi basti il sapere che ogni Cooperatore può guadagnare l'indulgenza plenaria ogni qual volta riceve la S. Comunione, e che, se è sacerdote, quest'indulgenza la guadagna ogni volta che celebra la santa Messa, essendo quest'indulgenza applicabile alle anime sante del Purgatorio. »
L'esito della conferenza fu quale era da aspettarsi da questi cattolici di Concezione, che lo sono davvero e di mente e di cuore. Tutti i presenti , senza una sola eccezione , vollero essere Cooperatori e Cooperatrici. Erano circa 300 , e la lista aumenterà ancora , non appena sia ben conosciuto lo scopo di questa Pia Società. Non si poterono ancora distribuire i diplomi , perché disgraziatamente erano stati dimenticati in Buenos Aires ; ma si distribuiranno non appena saranno arrivati.
4. Arrivo di Mons. Blaitt nuovo Vescovo di Concezione. - Incontro commovente. - Visita di Mons. Cagliero a Mons. Blaitt. - Partenza di Mons. Cagliero da Concezione. - Mons. Blaitt visita l'Ospizio Salesiano. -
La missione di Mons. Cagliero in Concezione era terminata; aveva già fondato il Taller de S. José, aveva già formato quel gruppo di Cooperatori, che è quasi una necessità per ogni Casa Salesiana, perché abbia vita e riceva incremento; era al corrente di tutte le necessità spirituali di questa Diocesi di Concezione, per rimediarle appena lo potesse ; la sua salute aveva migliorato assai dal giorno del suo arrivo, così che poteva mettersi in viaggio e visitare le provincie del Norte, per le quali doveva passare per arrivare alle Cordigliere, e dove era chiamato da personaggi altolocati per altre fondazioni.
Tutto era fissato per la partenza; quando corre la voce che monsignor Blaitt, vescovo di Concezione, già consacrato in Santiago, sarebbe venuto a prendere possesso della sua Diocesi lo stesso giorno nel quale Monsignor Cagliero sarebbe partito. Si sospese quindi la partenza , e Monsignor Cagliero volle fermarsi por dar maggior solennità al ricevimento. La chiesa di Concezione, orfana da più di quattro anni, riceveva il suo Pastore, e lo riceveva come riceve il proprio Vescovo una popolazione cattolica piena di fede. Che moltitudine ! Che entusiasmo !
Monsignor Blaitt, al suo arrivo alla porta maggiore della Cattedrale, si ebbe la maggiore delle sorprese. Montata la gradinata e posto il piede sulla soglia, si trova ai suoi piedi monsignor Cagliero, che cercava di mettere nelle sue mani l'aspersorio perché benedicesse tutto quel popolo. Instintivamente monsignor Blaitt , che ben comprese quello che succedeva , cadde ai piedi di monsignor Cagliero, e allora fu una gara per baciarsi il sacro anello l'un l'altro. Poi si diedero al cospetto di un popolo sterminato un lungo ed affettuoso abbraccio, dicendosi le più care parole che i loro due bei cuori seppero suggerire in quel momento. Monsignor Blaitt veniva stanchissimo e per di più ammalato, e mons. Cagliero lo sorresse per il braccio fino ad arrivare nel Sancta Sanctorum.
Fu un veno miracolo se non vi ebbero disgrazie in quel momento. La Cattedrale presentava un colpo di vista magnifico ; era un brulichio di gente che non poteva essere maggiore ; il Padre ed i figli si trovavano inginocchiati ai piedi dello stesso altare, e le più calde preghiere uscivano spontaneamente dal cuore di tutti; dal cuore del Padre che ringraziava Dio d'avergli dato a reggere una popolazione così buona; dal cuore dei figli che lo ringraziava di avergli regalato un Pastore così santo.
Alla sera monsignor Cagliero volle visitare particolarmente mons. Blaitt; e sebbene questi fosse affranto per le fatiche del viaggio , e più per le forti emozioni provate in quel giorno memorabile, volle intrattenersi con lui fino a notte molto inoltrata. Molte furono le cose particolari trattate in quella lunga conferenza.
L'uno non finiva di raccomandare a monsignor Cagliero la Diocesi di Concezione, e l'altro al buon Vescovo i suoi figli Salesiani che stava per lasciare. L'indemani mattina alle ore 8 e mezzo, mentre monsignor Cagliere già era nella stazione pronto a mettersi in viaggio, con maraviglia si vide arrivare monsignor Blaitt, che veniva ancora una volta a salutare il Vescovo Salesiano e a dargli l'ultimo abbraccio. Alle 9 partiva il treno, e rubava ai salesiani per chi sa mai quanto tempo il carissimo monsignor Cagliero, e così restavano orfani di padre . Ho detto male , e mi correggo ; perdevano un padre, ma ne acquistavano un altro.
Nello stesso giorno , al dopopranzo , quando meno lo pensavano , ecco arrivare alla loro casa taller il veneratissimo Pastore , Monsignor Blaitt. Non potevano credere ai proprii occhi; eppure era proprio lui, che veniva a visitare i Salesiani. Dava loro proprio la preferenza, e li trattò da Beniamini, perché essendo la nostra per cento ragioni l'ultima delle Congregazioni ivi esistenti , volle visitarla per la prima. Visitò i laboratorii, volle benedire l'ammalato , e poi trattandoli con bontà squisita e con parole piene di affetto : - Ebbene, disse loro , non v' affliggete di troppo; avete perduto un padre , ma ne avete un altro in me. Scrivete pure a monsignor Cagliero, che io proteggerò sempre la Congregazione Salesiana, e che i figli di D. Bosco saranno di qui in avanti i miei figli. - Oh che bontà da Padre! Che il Signore lo conservi per molti anni all'amore dei Salesiani.
5. Monsig. Cagliero a Valparaiso e Santiago. - La casa dei Patrocinio di S. Giuseppe. - Ingenue parole dei fanciulli. - È deciso il ritorno di Monsignore nella Repubblica Argentina per via di mare.
Monsignor Cagliero non si riposò un solo momento. D. Fagnano reduce da Ancud lo accompagnava. Visitò Chillan, mantenendo la promessa ai Padri Francescani che tanto cordialmente aveanlo ospitato; poi Linares, Talca, Valparaiso, Santiago, poi di nuovo Valparaiso, e sempre lavorando e aggiustando le cose per future fondazioni. In ogni luogo si ebbe da ogni ceto di persone le prove più belle di stima e d'amore. Fu un vero trionfo del carattere Vescovile e, posso dirlo, della Chiesa stessa. Dappertutto fu ricevuto dalle autorità Ecclesiastiche e dalle autorità civili e quasi portato sulle spalle dal popolo , che accorreva alle stazioni della ferrovia, per vederlo, ricevere la sua benedizione, baciargli l'anello, ed udire la sua parola.
I preti avevano un desiderio ardente di vedere il figlio di D. Bosco, e l'Arcivescovo era ansioso di avere una conferenza con lui. Mons. Cagliero sempre attento, sempre pronto a parlare con tutti,a compiacere la popolazione, il Clero ed i Vescovi, non lasciava passare occasione senza predicare; il che avveniva due, tre ed anche quattro volte al giorno.
Se non mancasse di personale avrebbe potuto fondare venti case tutte nello stesso tempo.
Di questo entusiasmo è certamente causa il clero di questa illustre Repubblica, pieno di zelo. Per farsene un'idea bisogna sapere che qui si danno continuamente missioni in tutte le popolazioni.
Eppure il clero è molto scarso.
Qui vi è lo spirito cristiano, qui vi è lo slancio verso la religione. Qui il Sacerdote è rispettato, riverito, ascoltato, qui esso tiene un grande ascendente sopra la popolazione. Non sono trent'anni che si è abolito il decimo che si pagava religiosamente al governo Ecclesiastico, e adesso si paga una elemosina per la Bulla della Crociata. Con questa la Curia sostiene Esercizii spirituali e Missioni.
Monsignore a Linares e a Talca visitò la cognata della nobile signora Dorotea di Barcellona, la prima nostra benefattrice Spagnuola.
A Santiago, la capitale della Repubblica, che per bellezza, gentilezza e devozione è pari a Torino, le feste fatte a Mons. Cagliero furono splendide oltre ogni dire. L'Arcivescovo volle dare ai Salesiani la casa del Patrocinio di S. Giuseppe. Il Senatore Valledor insistette perchè si occu. passero dei suoi orfani a qualunque costo, e Monsignore accettò le proposte.
Andato a visitare la Casa, gli orfani raccolti dal Governo, ragazzini dai sette ai dieci anni, in una piccola accademia dissero: - Sono due anni che piangiamo e preghiamo, perche D. Bosco ci dia un padre! - D. Fagnano, che s'intrattenne con essi, parlò con alcuni semplicetti, i quali dicevangli: - Le figlie hanno la madre (così chiamano la suora che li assiste) ma noi non possiamo avere un padre. Nostro padre è D. Bosco, ma fino adesso non è ancora arrivato. -
Questo collegio che alberga 300 maschi e 300 ragazze dal piccolino appena nato, fino a quelli che hanno dieci o dodici anni, è mantenuto dal Governo, e retto dalle Monache della Provvidenza, Istituzione del Chilì. Oltre alle due grandi sessioni, che vivono del tutto separate, le Monache hanno suddivisa quella comunità in altre sessioni più piccole, composte ciascuna di 25 allievi, colla sua sala, scuola, dormitorio ecc. A capo di ogni suddivisione vi è una Monaca, che la chiamano Madre, che vive con loro, avendo di essi una cura speciale, ed insegnando loro quanto essa sa e i piccoli possono imparare.
In Valparaiso Monsignore ha veduto la casa e terreno lasciato ai Salesiani dalla Signora Ramirez, che morì nel decembre del 1886 col nòme di D. Bosco e dei Salesiani sulle labbra.
Quando Monsignore andò a visitare questa casa, più di duecento ragazzi gli correvano dietro, dicendo a lui e a D. Fagnano: -Adesso sono arrivati i nostri padri; domani potremo venire a scuola. Oh che piacere ! -
I giornali cattolici pubblicavano ogni giorno ciò che faceva, ciò che diceva, dove andava il Vescovo Salesiano. In un mese e mezzo passato nel Chilì, egli non ebbe un giorno solo per poter respirare alquanto. Confortavasi però e si calmava, pensando a D. Bosco nelle sue escursioni in Francia.
Egli aveva fatto tutti i suoi calcoli di ripassare alla Repubblica Argentina, valicando le Cordigliere per Mendoza. Ma come era da aspettarsi, tutti i suoi disegni andarono a monte arrivato che fu a Santiago. Appena ebbe manifestato il suo progetto, trovò le più forti opposizioni. Tutti lo dissuasero, perchè non vedevano bene e non credevano cosa prudente che un Vescovo si esponesse ad un lungo viaggio, a traverso di altissime montagne già coperte di neve, e tanto più dopo il successo di Aguas Calientes.
- Ma Signori, obbiettava Mons. Cagliero : Se sono Vescovo, sono anche Salesiano e un Salesiano deve cercare l'economia in tutto , anche nei viaggi. -
Qualcuno capì più di quello che Monsignore volesse dire, e dopo poche ore un nostro benefattore, un certo Sig. M..., consegnava nelle mani di Monsignore due biglietti di prima classe per passare da Valparaiso a Montevideo. Non era possibile dare un rifiuto a così cortese beneficenza, e Monsignore decise di partire col primo piroscafo che sferrasse da Valparaiso. Vennero perciò presi i posti sopra un vapore inglese che partiva il giorno 15 di maggio e, passando lo stretto di Magellano e Punta Arenas, in quindici giorni avrebbe ancorato a Montevideo. D. Fagnano doveva accompagnare Monsignore.
In un grazioso volumetto abbiamo pubblicati queste avventure di Mons. Cagliero e dei Missionarii Salesiani, aggiungendovi altre notizie che per mancanza di spazio o perchè giunte troppo tardi non poterono essere pubblicate nel Bollettino. Riuscì un racconto vario, amenissimo edificante. Si vende dalle librerie Salesiane al prezzo di L. 0 50. Chi ne acquista 10 copie avrà l'undecima gratis. Il profitto sarà a vantaggio delle Missioni.
Benchè la seguente lettera sia di data alquanto antica, non sarà discara ai nostri lettori per le curiose sue notizie
REV. SIG. D. Bosco,
D. Beauvoir andando a Patagones, porta alcuni oggetti per la progettata Esposizione Vaticana. Sono due tappeti di pelle con piume d'avestruz patagonico, uno staffile da cavallo e qualche altro oggetto. Già ho lasciato a Patagones un bel chigliango e cappa di pelle di guanaco, e spero poterne comprare altri per mandarli a Torino. Ve ne sono dei bellissimi che valgono qui 60 nazionali, cioè 300 lire. I comuni costano dai 12 ai 18 nazionali, secondo la grandezza , il disegno e la bontà. Sono lavori degli Indii Tehuelces, con molti dei quali siamo in buona relazione, sebbene pochissimi siansi finora fatti Cristiani. Quando avrò cavalli ed una persona fidata che mi accompagni, andrò con loro in peregrinazione alle Cordigliere, dove abitano nell'estate.
Questi poveri Tehuelces ora stanno divisi senza un Cacico generale, e spesse volte si battono fra di loro, specialmente quando sono ubbriachi. In tali zuffe qualcheduno resta sempre morto e molti orrendamente feriti. Essendo divisi in lotta, per disposizione governativa, abitano tre regioni distinte, cioè una parte tra il Rio Sattegos ed il Santa Cruz, altri tra il Santa Cruz ed il Rio Cico, la terza parte verso il Deseado. Inoltre vi sono famiglie di Araucani sparse or qua or là temute assai dai Tehuelces come molto battagliere.
Già dissi che rare volte per mancanza di mezzi di trasporto rimontai i due fiumi e potei con cavalli imprestatimi visitare i toldos più prossimi alla riva. Sempre ho incontrata buona accoglienza e disposizione d'imparare quanto alla meglio mi sforzavo d'insegnare. Non le descrivo come stando seduto a terra in mezzo del toldo , sopra di una bella pelle di guano o di cavallo , mi vedeva attorniato da uomini, donne e bambini attenti tutti a quello che sa dir loro il missionario. L'approssimarsi per vedere il crocifisso e le immagini, il domandare chi ha fatte tante belle cose, che cosa rappresentano e mille altre interrogazioni, produceva una scena confusa, ma carissima. Le immagini sono un bel mezzo per far entrare in quelle povere teste la verità della religione. Non bisogna però stupirsi se uno si carica di molesti animaletti , e nemmeno esser schifiltosi nel mangiare e bere quanto presentano. Hanno poca pulizia ed un'arte culinaria preistorica; una broda indefinibile in recipienti sporchi, un pezzo di carne sanguinolenta mezzo arrostita, affumicata, per lo più di guanaco o di cavallo e talvolta di struzzo. Talora, non avendo carne fresca, le donne con grosso pestello di pietra pestano carne di cavallo seccata al vento ed al sole, dopo averla un po' sbattuta per liberarla dalle mosche e dalla polvere. È però un cibo gradito a chi lo può condire coll'appetito.
Taccio le piccole avventure serio-comiche : son cose che succedono a tutti in questi paesi : cader da cavallo, impantanarsi fino al ginocchio, restare arenati sopra di un banco del fiume per lunghissime ore senza riparo dal vento e dalla pioggia e simili. L'anno scorso ritornando da una visita agli Indii, che erano accampati sulla sinistra sponda del Santa Cruz, alcune miglia più in su dell'isola Pavon, traversai il fiume in una barchetta, ma per raggiungere una baleniera che stava caricando legna pel governatore , fui costretto a camminare circa cinque miglia a piedi, quasi sempre sulla ghiaia e pietrame. Essendo carico del mio sacco a tracolla, può immaginarsi come sudava, sebbene la stagione fosse rigida. Finalmente ecco raggiunta la meta; i marinai mi mandarono una lancia per imbarcarmi , ma per la marea bassa e per le alghe ed i banchi di fango non può approssimarsi alla riva. Fidato nei miei lunghi stivali, mi inoltro nell'acqua che per disgrazia era più alta di quel che pensava , ed il fango impedendomi di cavare i piedi, restai come impalato. Una corda però lanciatami dalla barca fu bastante per trascinarmi in salvo colla mia roba. Conobbi allora che non è prudenza fidarsi troppo dei lunghi stivali, i quali anzi sono d'impaccio quando si riempiono d'acqua e fango. In quella sera non si poté giungere a casa per mancanza di vento, perciò nella notte rigida soffersi non poco; ma tutto, come pare, fu disposizione di Dio, perchè quei marinai ascoltassero a parlar di religione, leggessero alcuni fatti istruttivi e commoventi. Due di questi marinai erano protestanti, e quello il quale sembrava più tenace dei suoi errori, mi sorprese quando mesi dopo , incontrandomi, disse: - Signor Cura, quanto si paga per farsi cattolico ? Io pensai molto sulla religione luterana e vedo che non è la vera, perché si separò dal Cattolicismo ed abbandonò molte verità e punti importanti di fede. - Naturalmente risposi che non doveva pagar nulla , anzi riceverebbe un gran dono nella grazia del Battesimo e degli altri Sacramenti; che la sua mente ed il suo cuore godrebbero la pace, sa-pendo di essere nella vera Chiesa, e finalmente restando fedele ai precetti ed alla dottrina del nostro Divin Salvatore, senza alcun dubbio possederebbe un dì l'eterna felicità. In breve conchiudo col dire che dopo alcuni giorni abiurò il luteranismo e fu battezzato sotto condizione.
Ora le dirò di un'ultima visita fatta agli Indii Sulinas al Nord del S. Cruz ed all'isola Pavon a circa 38 miglia dalla foce e 26 dal luogo di nostra ordinaria dimora. Nella seconda metà del p. p. novembre mi decisi di approfittare di una lancia che rimontava il fiume, e potei battezzare dieci persone : sei bambini inferiori ai 7 anni e quattro adulti, tra cui un Cacico di oltre 60 anni.
Se non le dispiace, le narrerà alcune particolarità, sebbene non abbiano importanza. Salito in barca, vi trovai quattro marinai: un astigiano che stava alla vela, un genovese occupato a liberarci dall'acqua che, entrando in abbondanza, ci bagnava i piedi e le robe della valigia : gli altri due erano ubbriachi. Per fortuna il più fradicio si addormentò presto , ed il quarto che stava al timone non si accorgeva che la sbarra di questo gli sfuggiva di mano. Stavamo in un brutto impiccio, ma per poco, perché. il nostro timoniere, sentendosi lodare come buon marinaro, acconsentì di insegnare a me il modo di guidare il timone. Era un gusto sentirlo gridare : a tribordo - a babordo - fisso a quella punta - . lì c'é un banco - là un remolino ! ! ! Insomma, col favor del vento e della forte marea, in breve tempo fummo a destinazione. I marinai vollero proseguire per l'isola Pavon, dopo il mio sbarco, ma il buon vento in breve li abbandonò, cosicché, appoggiando alla riva, dovettero legar la barca coll'aiuto di un cavallo. Tutti dissero allora che solo pel Cura avevano avuto un buon vento, e che appena discese il tempo si pose cattivo e contrario.
Il vecchio ex-cacico di cui dissi più sopra, e che nel Battesimo chiamai Felice, è un uomo vigoroso e robusto, il quale ha viaggiato e combattuto molto coi Pampas del Rio Negro, cogli Araucani ed anche coi suoi Tehuelces. Ora giace al suolo involto in cenci e pelli, con una gamba rotta per un calcio di un cavallo. La sua vecchia moglie lavora e lo assiste come meglio sa e può.
In un'altra occasione che la vidi tutta intirizzita dal gran freddo le regalai una veste di lana, ed essa, senza tante cerimonie, se la indossò subito alla presenza mia e di altri. Quando sia sufficientemente istruita, la battezzerò. Il sessagenario Felice gode nel raccontare le sue avventure, gesticola drammaticalmente e si scalda. Fra le altre cose narrò come in una battaglia cogli Araucani cadde gravemente ferito e fu preso prigioniero, come lo trattavano male e gli mozzarono perfino l'orecchio sinistro. Così dicendo , colle due mani sollevava la lunga capigliatura , scoprendo le orecchie. Poi, quasi ridendo, soggiungeva: il mio nome è Incel; sono i Cristiani che mi chiamarono Patriu perché ho un'orecchia mozzata come i cavalli della nazione detti Patrii. - Io patriu, ripeteva, io Patriu come i cavalli! - Non so se maliziosamente parlasse, ma è pur troppo vero che alcuni uomini trattano i loro simili peggio delle bestie da soma.
Da Sulinas , accompagnato da un Indio cristiano e da un altro che non lo è ancora, andai a circa nove miglia verso il Rio Lico, dove vi sono tre toldi. Per istrada ci sorprese un forte vento seguito da pioggia e grandine ; per giunta non poteva tenere le staffe nei piedi, essendo troppo corte , e nell'abbassarmi, per farle colla mano entrare nel piede , il mio brioso cavallo alzò la testa, battendomi fortemente sulla fronte. Restai per un momento come fuori di me , ma non caddi ; il solo male fu una lividura che mi restò per segnale durante parecchi giorni. In quei tre toldi vi sono 16 persone : alcuni eran già cristiani ; ne battezzai 11, ed ora alla prima occasione andrò per compier l'opera e lasciar queste famiglie interamente cristiane, come già siamo intesi.
Son già stato troppo prolisso, perciò lascio il resto, per conchiudere colla visita fatta all'isola Pavon. Mi accompagnò D. Juan Raso, che mi aiuta molto, sapendo l'idioma degli Indii. Giunti, con un forte galoppo di un'ora e un quarto, alla sponda del Rio dirimpetto all'isola, vedemmo un uomo non lungi da una barca. Credendo mi avesse veduto ed avesse inteso il segnale, licenziai i cavalli, ringraziando il mio compagno. Fu un errore, perché restai alla spiaggia passeggiando in su ed in giù per più di due ore, aspettando inutilmente che la barca venisse. Non mi hanno veduto? Non vollero vedermi? Non lo so, e non cercai di saperlo. Aveva già recitato tutto il Rosario ed altre preci ; finalmente, facendosi notte, mi allontanai col mio sacco, dirigendomi verso di una casetta distante circa due ore e mezzo, col solo timore di incontrare vacche brave o selvaggie. Appena però salita una piccola altura, fui sorpreso di vedere due uomini a cavallo che galoppavano.
Intesero la mia voce e vennero in un momento. Li aiutai a gettare in acqua una grossa ciatta , ed in essa, sebbene con fàtica per la grande corrente e forti ondate, mi traslatarono alla desiderata isola Pavon, dove battezzai un giovanetto di 14 anni. Prima , per distinguerlo, lo chiamavano Pettingol, ed ora Enrico Pietro Dufour, avendo voluto il padrino D. Pietro Dufour lasciargli il suo cognome.. Questo signore mi disse : - Mentre lei battezzava, io sentiva in me una gioia, una tenerezza, un alto sentimento inesprimibile ; sino ad ora ho amato questo giovane, ma adesso lo terrò come mio figlio e non come servo.
Amatissimo e Reverentissimo Sig. D. Bosco Da quanto dissi, da quanto altri ha scritto e scriverà, si può fare un'idea delle difficoltà e dei bisogni nostri. Dio lo inspiri pel bene della Chiesa e dei poveri Indii; e ci benedica tutti nel Nome del Signore e specialmente chi ha l'onore di protestarsi
Di V. S. R.ma,
Santa Cruz di Patagonia, 5 dicembre 1886. Obb.mo foglio in G. C.
Sac. ANGELO SAVIO.
I Cooperatori e le cooperatrici conoscono già che D. Bosco, oltre all'aver fondata la Pia Società dei Salesiani allo scopo di aver cura dei fanciulli e dei giovanetti, stabilì eziandio un altro istituto di pie zitelle, che si consacrano a Dio per attendere alla propria santificazione e alla educazione delle fanciulle. Perciò trovando delle giovani , che loro paiono chiamate alla vita religiosa, vogliano indirizzarle a D. Bosco, o scrivano dimandando informazioni in proposito.
Per meglio facilitare le trattative giudichiamo di pubblicare qui le condizioni principali, che si richiedono per entrare in detto istituto, affinché sappiano da più a meno quello che si ha da fare, qualora avessero da presentare una domanda od una raccomandazione.
Scopo dell'Istituto.
Lo scopo delle Figlie di Maria Ausiliatrice è di attendere alla propria perfezione e di coadiuvare la salute del prossimo, specialmente col dare alle fanciulle una cristiana educazione.
Pertanto è loro cura speciale l'assumere la direzione di scuole, educatorii, asili d'infanzia , oratorii festivi, ed anche aprire laboratorii a vantaggio delle giovanette nelle città e nei villagi, nonché nelle Missioni straniere.. Ove ne fosse bisogno, si prestano pure all'assistenza dei poveri infermi e ad altri simili uffizi di carità.
Le suore, dovendo fare vita attiva ed occuparsi a vantaggio del prossimo, non sono astrette a perfetta clausura.
Condizione d'accettazione.
I. Le giovani zitelle, che desiderano essere aggregate all'Istituto di Maria Ausiliatrice, devono avere natali legittimi, ottimi costumi, buona indole, e sincera disposizione alle virtù proprie dell'Istitu.
II. Devono presentare la fede di nascita e di battesimo.
III. » » un certificato di buona condotta avuto dal Parroco.
IV. » » un certificato medico di competente sanità, di vacinazione o di sofferto vaiuolo, e di esenzione da qualunque malattia originaria e difetto fisico.
V. Devono aver compiuto la quarta classe elementare o almeno le scuole del proprio paese, e non essere minore dei 15 anni, nè maggiori di 25.
VI. Le aspiranti pagano a trimestri anticipati la pensione di L. 30 mensili pel tempo di prova, che non è minore di sei mesi.
VII. Le suore, conservando per regola tutti i diritti civili, portano nell'Istituto quanto loro spetta dalla famiglia. La dote può non di meno fissarsi di comune accordo all'atto dell'accettazione.
VIII. Devono essere provvedute del corredo secondo la nota che segue; oppure pagare anticipatamente L. 500 all'Istituto che s'incarica di prepararlo.
IX. Quanto all'età ed alla dote si fanno eccezioni, quando l'aspirante avesse il diploma di maestra o la capacità di conseguirlo, o fosse almeno bene istruita nei lavori femminili.
X. Le domande si possono fare al Sac. Don Giovanni Bosco, via Cottolengo n. 32, Torino, o alla Superiora generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice in Nizza Monferrato.
Dove vi ha comodità si consiglia che la giovane si presenti personalmente a fare domanda di accettazione.
Corredo.
N° 1 Copriletto bianco. - 1 Materasso e capezzale lana. - 2 Guanciali lana. - 1 Coperta imbottita. - 1 Catalogna di lana. - 6 Lenzuola lino. - 8 Foderette lino. - 12 Asciugamani lino. - 12 m. di teletta. - 24 Camicie lino. - 6 Giubbetti da notte. - 12 Cuffie da notte. - 12 1/2 fazzoletti da notte. - 6 Corpetti di lana. - 4 Paia mutande lana. - 6 Corpetti di cotone. - 4 Paia mutande di cotone. - 12 Paia calze lana nera. - 12 Paia calze filugello nero. - 6 Sottane bordato oscuro. - 1 Camicciuola di panno. - 12 Fazzoletti bianchi di filo. - 24 Fazzoletti in colore, filo, grandi. - 12 Tovaglioli filo. - 4 Abiti, di cui uno di tibet nero. - 4. m. tibet nero per grembiali. 12 m. bordato oscuro per grembiali. - 1 Sciallo panno nero d'inverno. - 3 Paia scarpe. - 1 Parapioggia seta nera. - Spazzole per abiti e scarpe. - Forbici, pettini ecc. - 1 Baule con chiave.
Osservazione.
Avvenendo che una Novizia uscisse dalla Congregazione, o passasse all'altra vita, verrà restituito ai parenti il corredo nello stato in cui si trova, a patto però che sulla dote si possano prelevare L. 15 mensili pel tempo decorso nell'Istituto; il quale parimenti non intende essere per nulla responsabile degli oggetti appartenenti alla medesima, che per qualsiasi cagione venissero a mancare.
Fatta la santa Professione, il corredo e la dote passano in proprietà dell'Istituto.
Nel collegio femminile di Mascali Nunziata.
Nel Collegio di Mascali Nunziata in Sicilia fondato da ottimi sacerdoti del paese, e diretto dalle Suore di Maria Ausiliatrice celebravasi tempo fa una edificante funzione, che merita un cenno nel Bollettino. Ecco quanto ci scrivono di là.
Il 10 p. p. Giugno fu una festa generale per tutto il nostro caro collegio. Sua E. R. Monsignor Genuardi, si degnava di compiere i nostri voti con una sua preziosa visita.
Erano le 5~pom quando egli giunse nella nostra Cappella. Ivi genuflesso pregò per qualche istante, mentre le coriste intuonavano il motetto Sacerdos et Pontifex musicato da Monsignor Cagliero. La folla era molta, sicche finita l'Antifona si passò nel grandioso cortile, ove si era improvvisato a modo di chiesetta un vasto padiglione adorno di tele bianche e colorate. Colà in quel nuovo Cenacolo, tra i profumi dei fiori S. E. R. compieva due bellissime funzioni. Dopo aver invocato lo Spirito Santo ed averci fatto analogo sermoncino Egli amministrava la Santa Cresima a 12 educande. Alla Cresima teneva dietro l'accettazione delle Aspiranti e delle Figliie di Maria. Monsignore ad eccitare i cuori a devozione, dopo breve pausa, fece un secondo discorso di cui ecco qui alcuni pensieri. Il Venerando Prelato con quella unzione ch'è sua caratteristica così parlava: « Figliuole, voi attendete impazienti la divisa di Maria, ed io son lietissimo di condiscendere alle vostre brame, ma prima lasciate ch'io vi parli di tre simboli che scorgo appiè di Maria Immacolata. Eccoli: Un giglio, una rosa ed una colomba.
Il giglio, è vero mette le sue radici nella terra e nel fango, ma guardate un po' come s'innalza diritto sul suo stelo guardando sempre in alto. Che cosa vuole insegnarvi? Esso vi dice che una figlia consacrata a Maria deve camminare corporalmente nel mondo, ma il suo spirito ed il suo cuore devono sollevarsi in alto!... fino al Cielo!
La rosa - A voi, figliuole piace molto la rosa, anzi voi restate quasi incantate allorchè vi presentano questa regina dei fiori dalle belle foglie e dalla gratissima fragranza. Or bene, la rosa è simbolo della carità. Il vostro cuore deve vivere di carità. Sì, una figlia sacra a Maria deve vivere tutta e sola per lo Sposo Celeste e per la santissima Sua Madre.
La colomba: - Questo è l'uccello più amabile e caro che noi conosciamo; amabile e caro per la sua impareggiabile semplicità. Oh la bella lezione ! Anche la figlia di Maria a somiglianza della colomba deve conservare un'anima candida, sincera, umile. Lungi, lungi da voi il raggiro, la doppiezza e lo spirito di vana gloria. Voi per il vostro sesso e per la vostra età siete naturalmente inclinate alla leggerezza ed alla vanità. Ma fatevi animo, v'accerto che se sarete fedeli a Maria ed agli obblighi della vostra associazione, voi avrete a temere di nulla, anzi vi manterrete costanti nel sentiero della virtù. La colomba ama anche il raccoglimento e per mantenerlo nascondesi spesse fiate negli antri e nelle solitudini. A somiglianza della colomba, voi non dovete ambire altro che star nascoste e sconosciute agli sguardi del mondo. Deh ! il Santo Tabernacolo sia il vostro ritrovo!,.. il centro del vostro riposo ! Tenete fissi nella mente questi bei ricordi. Il Tabernacolo... l'Immacolata. Ah ! non dimenticate mai le grandi grazie annesse al bel titolo di Figlie di Maria! Grazie di conversioni, di salute, di santità. Oh! se sareste quante vostre compagne accecate dalle varata del mondo si sono scosse .e ravvedute appena si ricordarono della medaglia benedetta! E quante e quante non dovettero la loro salvezza alla sacra divisa! Oh! beate voi se porterete degnamente il nome di Figlie di Maria! Esso vi sarà scudo e difesa nella vita, speranza e conforto nell'ultimo cimento. Si, si, portate, amate questa santa livrea in tutti i giorni della vostra vita e prima di morire vi sia concesso di stampare sulla santa medaglia l'ultimo bacio come segno d'amore verso Maria cui amaste ognora qual tenera vostra Madre.
Terminate le funzioni S. E. R. si degnò assistere ad una piccola recita delle convittrici. Si rappresentò una commediola e non vi mancarono poesie graziose intrecciate con armoniosi canti. Non si limitava però alla sera del 10 la nostra festa. Monsignore voleva farci ancora un regalo, quello di celebrar la S. Messa l'indomani nella nostra Cappella. Vi celebrò, e dopo un tenerissimo fervorino ammise per la 1° volta quattro fanciulle alla Santa Comunione. Oh! che dolci momenti! Momenti di Paradiso!... Sieno grazie al buon Dio, alla Vergine Immacolata ed a S. E. M. Genuardi che tanto s'affatica pel bene del suo gregge. Alla 1a Comunione seguiva la comunione generale in cui precedevano le figlie di Maria tutte bianco vestite. La funzione si chiuse colla benedizione del Divinissimo Sacramento e coll'offerta del Cuore a Maria.
Un giorno sì caro ed una visita tanto preziosa non si cancellerà giammai dalla memoria delle suore e delle educande di Nunziata.
Collegio immacolata 2 Luglio 1887
La Direttrice
CAPO IV.
Si va ad Albugnano. - Il Re della festa. - Un olmo e il suo inquilino - La battaglia di Novara - Le Letture Cattoliche - Il brindisi di partenza.
Ho nominato Albugnano, non è vero? Ebbene, vi dobbiamo soggiungere, che ci siamo andati anche là, e subito alla dimane. Perché D. Bosco ci diceva, che dovevamo sbrigarci, perché il tempo di ritornare a Torino si avvicinava. Or dove si trova Albugnano? Se voi cercaste in una carta geografica comune d'Italia, certamente non lo trovereste, ma via, non è poi tanto piccolo, da meritarsi un'assoluta dimenticanza. Ché Albugnano è un paesetto ubertoso di buoni vini, posto sopra una collinetta ed in apertissimo sito, ed alla mezzanotte quasi di Castelnuovo d'Asti, che lo suol guardare, come si dice, dal basso in alto.
A quei dì le sue strade erano ancora ripidissime e molto incomode; nell'inverno poi noi crediamo che fossero assolutamente impraticabili. Ora però, che si è progredito molto anche nella migliorìa della strade , sappiamo che si può andare su quell'altissimo poggio, da cui si gode una magnifica vista, se non con agio, almeno con molta minor fatica di allora. Un tempo era circondato di mura, con un castello dei marchesi di Monferrato; ma in epoche remote fu stretto d'assedio, preso dagli Astigiani, e disfatto intieramente. Noi siamo arrivati colà verso mezzodì con D. Bosco.
Per via ci ricordiamo d'aver salutato il teologo Serafino, professore di teologia alla Università di Torino, e degno veramente di quel nome per la bella sua mente, ma più ancora per l'ardentissimo suo cuore a bene della gloria di Dio. Egli fu meravigliato di trovare colà D. Bosco con i suoi figli , a fare una passeggiata di piacere, e si offerì in tutto quello che avesse potuto. Conoscendo quale scopo ci avesse portati su quella vetta, lodò D. Bosco, che aveva voluto procurare a noi quell'utile passatempo, e di avere scelto a meta della nostra giterella nientemeno che il suo paesello natìo. In quell'ora egli dalla chiesa discendeva alla sua abitazione, che ci parve fosse proprio lì a costa della via.
Suonava intanto il mezzodì, e la campana della parrocchia lo annunziava alla popolazione. Poi si recitò l'Angelus Domini là stesso senza difficoltà, ancorché sotto gli ardenti raggi. del sole di un autunno caldissimo. Quest'atto di pietà , e compito per via da tanti vispi giovanetti, come eravamo noi, chiamò l'attenzione dei contadini, che sull'uscio di loro case, o sui campi, o su per i vigneti già ci osservavano con meravigliosa curiosità.
Arrivati poi finalmente sull'ultima estremità del paese, non è a dire quale incantesimo abbiamo provato ! Non eravamo certamente sul Monviso, o sul monte Bianco, chè anzi l'uno e l'altro li avevamo come di fronte, uno a sinistra e l'altro a destra, ma a noi pareva la più alta vetta possibile ; tante cose si scoprirono, o meglio si distesero sotto il nostro sguardo.
Siccome poi i nostri musici avevano dato fiato allo trombe, e salutato il paese a suon di tamburi e di clarini, così irruppero da tutte le parti quanti sentirono l'improvviso concerto.
Noi godevamo di quell'accorrere di tanta gente, della meraviglia che le si dipingeva in fronte , di quel prendere subito posto fra noi per sapere chi eravamo e dove pensavamo di andare. La musica, e sovente che musica ! non si sente che nei giorni più solenni, cioè nella festa patronale « ed ora come va, dicevano a noi, che se ne sente una con i fiocchi ? » E noi a dire che venivamo da Torino, e che si faceva una passeggiata di divertimento, e che si suonava per rallegrare il paese. « Largo ! largo ! Lasciatelo passare ! Via, via ! Ecco il re della festa ! » Così si gridava dietro di noi, dalle mille voci, da farci voltare indietro, per vedere chi mai arrivasse di così grosso da eccitare tutte quello esclamazioni. Era un somarello, che, appena sentite le prime nostre note, preso e vinto da estro musicale, tolse la corda al suo padrone, e venne a mettersi nel bel mezzo di noi. Non lo tennero le vigorose bastonate del suo padrone, non i calci, non i pugni, non gli strappi che gli venivano da ogni parte: ma forte, pettoruto, e versando le mele che si portava nelle corbe, seguitava come a cadenza la musica. Il povero padrone fu per perdere la testa, come perdeva le mele per via. Quando poi la musica cessò, egli mandò fuori con tutta forza anche le sue note, che vi dico io furono argomento di amenità e sollazzo; ce ne volle a staccarlo di là ed a fargli riprendere la sua via.
Tra gli altri richiamati dalla musica verso di noi, ecco a comparire sulla soglia di casa il parroco del paese mentre noi entravamo appunto sul sacrato della chiesa. Era nostra intenzione di andar ad onorare il Padrone di casa, Gesù, in tympanis et organis, che in quell' istante era proprio tutto abbandonato e solo. Non è a dirsi come rimase quel pio religioso! tra confuso e meravigliato, venne all'incontro di D. Bosco, cercò di fargli cortese violenza, perchè volesse restar servito con lui al modesto desinare, e pareva dividersi in tre parti per far preparare qualche cosa a tutti noi.
Ci volle intanto l'autorità di D. Bosco per indurlo a ritirarsi in casa, e continuare il suo pranzo, mentre noi, dicevamo, saremmo andati a visitare le rarità del paese. A quella nostra ingenua espressione, egli non potè contenere un cotal sorrisetto pieno di arguzia. Poi ci soggiunse, che le rarità del paese consistevano nell'essere raro, cioè poco popolato, e solo in sull'estremo lembo della collina, e primo paese da quella parte della diocesi di Asti. Ritiratosi il signor prevosto , noi abbiamo deposti in bell'ordine gli strumenti là sullo spianato della chiesa, e, col desiderio delle novità in corpo, ci siamo dispersi per godervi ciò, che chiamavamo con parola pomposa e convenzionale le vedute.
Le rarità furono subito vedute, perché veramente non esistevano; ma ancora adesso non possiamo dimenticare l'effetto, che noi abbiamo provato su quell'amenissimo sito. La chiesa solitaria sulla parte più alta della collina... poi il bel piano d'attorno, donde si vede il paesello disteso e quasi attaccato in guisa di anfiteatro tutto all'intorno, e poi sotto agli occhi una serie immensa di colline che si diradano a vista d'occhio, fino a perdersi nella magnifica valle del Po. E questo fiume, appunto in là in là, perdentesi quasi nello . spazio , si vedeva lento e tortuoso aggirarsi ai piedi dell'ultima e lontana collina. Finalmente nel più estremo orizzonte si disegnava davanti a noi la magnifica ed immensa catena delle Alpi. Oh che vista! Che meraviglia! Che incantesimo! Un tale che mi veniva di costa non finiva di dire : Oh come è bello questo panorama ! Costui che era poi di un paesello, posto tra le gole dei primi contraforti delle Alpi, e che tra noi a Torino ha un nomignolo piuttosto disprezzante; fu lì lì per dire che ei preferiva al suo stesso paese natio quel fortunato Albugnano.
Mentre noi godevamo di quella mirabile vista, ecco a venire il prevosto. D. Bosco si mosse verso di lui, e noi tutti insieme. Ed egli ancor lontano , per richiamarci, almeno così abbiamo allora creduto, la nostra parola ci diceva: « Le hanno vedute lé rarità? neh vero? » Noi a rispondergli che no! Vengano dunque con me. Così dicendo , fece segno di precederci, e noi curiosi, contenti, come un corpo solo dietro ai suoi passi.
- Che cosa c'è?
- Aspettino, aspettino un momento e lo vedranno e lo sapranno.
In due parole, ci condusse poco di là distante, dove si ammirava allora, e forse ancora adesso, un olmo veramente degno di essere visitato. La sua larghezza era tanta, che quattro o cinque di noi, messi in catena d'attorno, non potevamo abbracciarlo intieramente. Vuoto poi da una parte, era la bottega ed il laboratorio di un povero ciabattino, che colà si riparava nei giorni buoni d'estate e d'autunno. Ed era appunto là quel valentuomo tra le sue ciabatte a lavorare.
O monsignor Cagliero, dite un po', non fu lui che v'inspirò quelle spontanee e delicate note, che rendono così caro il canto del vostro Ciabattino, contento del suo stato? Tu poi , caro amico Gastini, che facevi apprezzare in tanti luoghi quella musica, non hai ricavato nulla? A te piacque la berretta bianca, che aveva il vecchietto, a te la pipa, che, quasi già senza gambo, quel poveretto teneva tra i pochi denti rari e pellegrini : ed appunto così volesti che ti disegnasse l'amico Rollini sul frontispizio della celebre romanza!
Egli ci guardò con piacere, e poi senza dirci una parola, abbassò gli occhi e continuò a lavorare, che era un gusto a vederlo.
Tornando poi a quel punto, da cui si scopriva tanta parte del Piemonte, ci narrava il buon parroco come nel 1849, quando succedeva la infausta battaglia di Novara, egli di là poteva quasi contare i colpi di cannone. Diceva come alcuni dei suoi figliuoli si trovavano pure in quel giorno contro i nemici, e che poi tornarono a casa, e vivono tuttavia; ma che allora furono causa di non dicibile affanno alle loro madri, che desolate stavano pur là a sentire il rumore dei colpi, che parevano a poca distanza, con la illusione di vedere i loro cari che combattevano e morivano. Quel degnissimo uomo di Dio ci ricordava, come per mettere in tutti i cuori un po' di tranquillità e con fidenza in Dio e nella sua Madre Santissima, ordinò di recitare colassù stesso un po' di rosario, e poi , non vedendo il modo di strapparle di là, invitò tutti a venire in chiesa, che avrebbe data la benedizione. Ci ebbe a dire: Questo pio uffizio, se non fece che cessassero di quelle misere i pianti ed i singulti, ottenne che rimanessero almeno più rassegnate nello loro pene, e si sentissero più animate alla speranza.
Il buon servo di Dio ci narrava con tal garbo quelle dolorose vicende, che a noi pareva vederle proprio coi nostri occhi, e qualcuno aveva benissimo ancora a memoria la desolazione di quei giorni. C'era anzi un nostro tromba, chiamato volgarmente il bersagliere, che essendosi trovato in quel doloroso combattimento, voleva assolutamente ricontarci per la millesima volta le sue avventure, e confermare quelle che adesso si sentivano.
Quel venerando prevosto fu molto contento di trattenersi a lungo con D. Bosco, e desiderava che noi potessimo conoscere, com'era riconoscente che fossimo andati a trovarlo in quell'altissimo poggio. Parlò pure delle Letture Cattoliche, a cui era associato fin dal loro principio, e per diverse copie ; dicendo, come trovava utile di farle leggere ai suoi parrocchiani con molto piacere e profitto nelle lunghe serate d'inverno. Non può credere, soggiungeva poi, con un fare quasi da professore, quanto bene Ella ci fece, e quanto male, così voglio sperare, si è potuto evitare! Anzi giunse fino a dire, che il fascicolo che D. Bosco aveva in quei giorni pubblicato Sulla Confessione, gli aveva servito come di testo per le istruzioni domenicali. « E come le gustarono ! soggiungeva, fregandosi le mani in segno di compiacenza. E come le sentivano volentieri! Bravo, signor prevosto, mi son sentito a dire più volte, bravo ! queste che sono le istruzioni che ci fanno del bene. Ora più nessuno dorme, neh vero? » - E qui, preso un po' di fiato, continuava « Bisogna che io le confessi candidamente, che quel libro fu per me un bell'aiuto, e , non poco benefizio a' miei parrocchiani , quando lo feci distribuire, come premio per i miei figli e figlie all'occasione delle pasquali comunioni. Devo pur aggiungere che in questa occasione ho fatto aumentare gli abbonati a quelle pie Letture Cattoliche, a cui ella pose mano e cuore da qualche anno, a vantaggio dei nostri paeselli rurali ed a danno dell'eresia, che fu, devo dire, per opera sua, dopo Dio, impossibile a dilatarsi fra di noi, quando scoppiò la rivoluzione che ci molesta ancora. »
Noi eravamo meravigliati di tanti elogi, e pensavamo, che quella giornata doveva tornar gradita al nostro buon padre. Ma mentre meno ce lo aspettavamo, tornò gradita anche a noi.
« Ora, disse il pio sacerdote, bisogna che si rassegnino a fare una piccola fermata. Ho fatto raccogliere quel poco di pane, che aveva io, e che il nostro piccolo panattiere tiene in riserbo per i poveretti, che non se lo possono cuocere da sé, e voglio che facciano un po' di merenda qui alla buona ed alla casalinga con me. Il sole è ancor alto, la sera lontana, la casa... Via, via, D. Bosco, dia il buon esempio, entri in canonica, e si prepari a farmi questo piacere. E poi qui è nel sacrato dove comando io... Dunque entri! » A queste formali parole D. Bosco chinò la testa e fe' cenno di ubbidire, e rivolto a noi ci disse.- « Avete sentito? Qui il buon prevosto vuole che gli facciamo onore. Siete disposti? » Cospettone, se eravamo disposti!
Perciò, senza nulla aggiungere, si seguì sorridenti D. Bosco, che, nel dire quelle ultime parole, erasi mosso ed entrato nella porta di casa, e poi in una camera molto ampia nel pianterreno. Oh la gradita sorpresa ! Immaginatevi una bella ed alta piramide di pagnotte, disposta sul tavolo che teneva il bel mezzo; e qua e là, in una non discara confusione, delle bottiglie, delle damigiane e dei fiaschi di ogni ordine, età e misura. Noi eravamo senza eccezione assetati, affamati, stanchi , non saprei dire quale di più ; e non potevamo assistere a più desiderabile vista e spettacolo. Il prevosto vedendo come noi non osavamo ancora sederci, disse con bel garbo : « Giovinotti, sedeant omnes. » E noi non ce lo facemmo ripetere, ma subito a sederci per obbedienza e per bisogno. Eravamo non poco meravigliati che si fosse potuto trovare sedie, panche e seggioloni da contentare tutti. Che silenzio edificante ! e forse degno di miglior causa, direbbe o avrebbe detto un moralista.
« Bravi, bravi, andava dicendo il buon prevosto, aggirandosi in mezzo a noi: primum silentium, poi verrà lo stridor dentium, in ultimum rumor gentium! Tutto a suo posto, tutto a perfezione. Fatevi onore, e cominciate. » Fatto sta che si faceva silenzio veramente, quasi aspettando il fato, se si doveva cominciare prima dalle pagnotte , dal cacio , dal salame o dal vino o da tutti insieme questi nostri avversari, che dovevamo distruggere, essendo il tutto disposto là in ordine di battaglia.
Ad un cenno dato dal buon parroco, i più altetti della nostra carovana diedero mano ai canestri ed ai piatti, e cominciando dal pane e dal salame, giravano attorno alla sala a distribuire quel poco di grazia di Dio. Non è a dire il piacere, che provava il prevosto, nel vedere quanto onore noi facevamo ai suoi doni. Il diletto però maggiore era tutto nostro, perchè dopo quel viaggetto, dopo quell'aria respirata non solo a due, ma a tre od a quattro polmoni, noi sentivamo necessità di una vera e copiosa refezione. E, « quanto aspettata men, tanto più cara, » ci dovette riuscire. Perciò dopo i primi bocconi, e specialmente dopo aver presa un po' di confidenza con la casa, si bevette su una volta un buon bicchiere di quel generoso, si aprì la valvola ai discorsi, che poco a poco riempivano letteralmente tutta l'abitazione.
Non voglio però che si creda che ci abusassimo dell'ospitalità: no, mille volte no! ma usavamo la licenza, che ci era stata largamente concessa, parlavamo per farci sentire, e nell'universale cicalio tutti dovevamo alzare la voce. Al levare della mensa, cioè al finir del mangiare, un nostro compagno ci fece la sorpresa di farla da poeta. Tutti eravamo in quel monento quasi poeti, e se non capaci a fare dei sonetti, avremmo potuto fare molti e molti versi. Dunque, diceva? Oh! sì, che uno dei nostri, che pizzicava del poeta, si fece avanti, e tra la comune aspettazione e con l'indispensabile bicchiere pieno di vino tra mano, come si prende la ispirazione, tra il raccolto e lo spensierato, si diede a poetare. Noi stavamo con gli occhi aperti e la bocca semichiusa ad aspettare che egli parlasse, contenti che così mostrasse lui la riconoscenza, che sentivano tutti grandissima; e l'ascoltò anche con visibile soddisfazione il prevosto. Siccome quella poesia aveva un grazioso intercalare, ci rimase impresso nella memoria, e lo ripetevamo tra noi con piacere ancora molte volte per ricordarci quella gita amenissima. E perchè non lo diremo qui, almeno almeno l'intercalare? Eccolo dunque come l'illusione ce lo fa sentire tuttavia, come fosse cosa di ieri:
Dica grazie e il monte e il piano
Al prevosto d'Albugnano
Come vedete, non era poesia modello; non del Petrarca, né del Manzoni, ma non produsse meno effetto in noi, che se fosse stata di uno di quei grandissimi scrittori.
Tutto fu perdonato al poeta, anche il ritornello che ora pare così floscio e snervato, l' esitanza dimostrata in sul principiare, perchè esprimeva con esattezza il comune desiderio. Uno scoppio di applausi e di evviva successe al poeta, che visibilmente commosso, anch'egli s'inchina e sorrideva a sinistra ed a destra. Il buon parroco, lieto della nostra dimostrazione di affetto, strinse la mano al Menestrello e ci volle dire, come egli era stato ben più contento di compiere in quel dì varie opere di carità, e ringraziò D. Bosco, che con i suoi carissimi figli, gliene aveva voluto dare l'occasione opportuna. Egli ci aveva albergati pellegrini, ristorati per fame e per sete... Qui uno dei nostri lo interruppe col dire che egli ci aveva pure ammaestrati ignoranti, col racconto del giorno doloroso di Novara, come nelle disgrazie non si trova e non si può trovare altro conforto, in questo mondo, che nella preghiera e nella meditazione dei divini misteri.
Mentre così ci diffondevamo in cordiali complimenti, sorse D. Bosco a prendere parte a questa gara di affetto, e disse che egli era quasi imbrogliato nel da fare. « Vorrei ringraziare, disse, ma il poeta mi volle precedere: vorrei ricordare le opere di misericordia ricevute, ed il prevosto lo ebbe fatto or ora: dunque che mi resta a dire? Io le prometto di fare domani nella santa Messa un ricordo speciale per lei e per tutta la sua parrocchia, e che i miei cari figliuoli reciteranno il Rosario , unendosi con me per augurarle ogni bene da Dio.
Ella poi, alla gran carità, che ci fece in quest'oggi, voglia aggiungere ancora quella di pregare per me e per i miei figli, assicurandola che noi non ci dimenticheremo mai più di lei, e della bella giornata, che ci fece passare. »
Queste semplici parole , come le soleva dire D. Bosco, toccarono il cuore del buon ministro di Dio , che ci volle accompagnare per lungo tratto di via, nel ritorno alla nostra dimora. Pareva non sapesse più distaccarsi dall'amabile nostro D. Bosco, del quale aveva bensì già sentito a parlare, ma non ne aveva alcuna conoscenza personale. Era perciò desideroso da lungo tempo di vederlo e praticarlo, e non gli era mai capitato la bella sorte. « Ora, diceva, senza che io ci pensassi, Ella mi capita qui ; e di sorpresa in sorpresa me la posso godere ospite in casa, ospite per qualche tempo. »
Rivolto poi a noi, ci diceva : « Miei buoni giovinotti, io vi saluto e vi ringrazio della visita che mi avete fatto. Il Signore vi dia il buon viaggio, ed una felice riuscita negli studi e nei vostri mestieri. Egli ha pensato al vostro bene nel mandarvi una guida savia, ora pensate voi a corrispondere. »
Questo parole, dette alla buona, ma con molta espansione, ci fecero, se era possibile, apprezzare di più il regalo, che Dio ci aveva fatto in quel giorno, e nascere nel cuore un desiderio di corrispondere sempre di più. Quel buon prevosto si chiamava D. Pastrone , ed era, se non erriamo, di Calliano, nella diocesi di Casale.
Nel separarci da lui, nel passare che egli fece da tutti per istringerci la mano, noi l'acclamavamo come il re della giornata , e ripetevamo con molto piacere
« Dica grazie il monte e il piano
» al Prevosto d'Albugnano. »
E per molto tempo e fin che non disparve dai nostri occhi noi lo salutavamo colla voce , colle mani e coi fazzoletti agitati per l'aria. Se non era della sua carità dovevamo di troppo accelerare il nostro ritorno a casa, dove invece di pranzo ci contentammo di fare soltanto un poco di cena.
Con piacere pubblichiamo le seguenti due lettere riguardanti la vita di S. Agostino, scritta dal nostro Confratello Teol. D. Giulio Barberis, Direttore dell'Oratorio di S. Benigno, pubblicata ultimamente nelle nostre Letture Cattoliche. E vendibile da tutte le Librerie Salesiane e dalle principali Librerie Religiose d'Italia a L. 1 ciascuna copia.
Esimio E MOLTO REV. SIGNORE.
Il Chiarissimo Teologo Piscetta mi consegnò iermattina, a nome di V. S. Reverenda, la Vita popolare di S. Agostino testé pubblicata, la quale incontrò già tanto favore nella stampa Italiana.
La ringrazio del grazioso volumetto,,
Niente di più acconcio a commuovere gli animi, ed innamorarli della religione cattolica, che la vita del Vescovo d'Ippona ! Lode a V. S. che seppe i fatti di quell'ammirabile biografia, o piuttosto storia, rendere semplici e chiari, alla portata di tutti e colorire di tinte attraenti e leggiadre.
Leggessero i traviati giovani specialmente la vita del grandissimo Figlio di Monica. Si
arresterebbero spaventati nel sentiero del peccato, avvegnacchè appaia loro coperto di fiori; tornerebbero a Dio e godrebbero della pace che allieta le anime celestiali.
Bene fece adunque ad ammannire così soave pascolo di letture al nostro popolo; e grazioso pensiero fu il suo di dedicare il libro a Mons. Richelmy, nuovo vescovo d'Ivrea, che di Santo Agostino porta degnamente il nome.
Il Signore Iddio compensi, egli che il può, le fatiche di V. S. Reverenda con darle in questa dolorosa terra premio di larghi frutti morali. Allora sempre meglio ed avventurato il XV° Centenario della Conversione del Dottore d'Ippona !
Mi creda nell'atto che di gran cuore la benedico
Torino 13 Maggio 1887.
Di V. S. M. Reverenda.
Affezionatissimo in Gesù Cristo.
+ GAETANO Card. Arciv.
Chiarissimo Signor Teologo,
Ella ha fatto davvero un'opera egregia nel mandare alle stampe la sua vita popolare di Santo Agostino. Tutto nel suo libro è eccellente; il soggetto, lo scopo, l'orditura, l'erudizione, lo stile, il racconto.
Io non trovo parole per ringraziarla di un dono cotanto prezioso; e di quella stessa unica menda, che io abbia scorto nel suo lavoro io non oso darle carico riconoscendo in esso, vo' dìre nella dedica, la manifestazione della bontà dell'animo suo a mio riguardo.
Faccio voti, che un così bel libro entri in ogni famiglia, e che sovratutto venga il medesimo letto da un gran numero di giovani: ne' difficili tempi che corrono , torna utile a tutti , ma alla gioventù in modo speciale, il conoscere que' mirabili prodigi, che la grazia divina operò nel cuore di Agostino.
V. S. carissima continui a servirsi per la maggior gloria di Dio e pel bene delle anime de' doni eletti, di cui il Signore l'ha ricolma, e si ricordi una qualche volta nelle sue orazioni dell'antico condiscepolo
Sono con affettuosa osservanza, Di V. S. Illma. e M. R.
Devotissimo Affezionatissimo in G. C.
+ AGOSTINO Vesc.
L'Apostolo del secolo XVIII, ossia S. Alfonso, Maria De' Liguori, vescovo di S. Agata dei Goti,dottore di Santa Chiesa. - Vita scritta nell'occasione del 1° Centenario della sua morte dal sac. teol. GIULIO BABBERis, dedicata a S. Em. il Card. Alfonso Capecelatro. - 1887; S. Benigno Canavese.
I secoli hanno un certo che di riscontro tra loro, massime nella fisionomia specifica, lasciandosi per altro anche vedere nella loro individuazione per alcuni singolarissimi lineamenti. Perciò è vero che niuna cosa è nuova sotto il sole : nel tempo fatti ed uomini si somigliano. Ma il saperli ravvisare e giudicare per biasimarli o commendarli, per contrastarli o coadiuvarli a pro' dell'umana convivenza e della Chiesa, è di coloro che suscita Iddio alla opera della conservazione del bene contro il male.
Or uno di questi uomini preclari, nel secolo passato, fu il dottore S. Alfonso Maria de' Liguori. Questi, avendo compreso il suo secolo caduto nel materialismo, nel cesarismo, nel giansenismo, quando già aveva abbandonato il foro e preso l'abito ecclesiastico , secondo gl'impulsi del suo animo informato di scienza, di virtù e di pietà, cominciò l'opera alla quale sentivasi chiamato, di spiritualizzare, cioè, la materia, di difendere i diritti conculcati della Chiesa e di ravvivare il fervore dello spirito verso Dio. Quindi avendola strenuamente senza riposare continuata e compita con dotti ed efficaci scritti, e con un'assidua e zelantissima predicazione , meritò dirsi di Lui quel che sta scritto nell'Ecclesiastico di Simone figlio di Onia, cioè, che mentre visse rifondò la casa e a' suoi tempi fu restauratore del tempio.
Intanto è lodevolissimo il cómpito preso nel suo ritiro Canavese dal ch. letterato e teologo D. Giulio Barberis di segnalare al popolo i Santi più tipici, ed oggi S. Alfonso M. de' Liguori. Infatti intitolandolo l'Apostolo del secolo XVIII si mette a narrare con stile semplice , grazioso e forbito le sue sante gesta, ad esempio del vivere cristiano e sacerdotale a ritroso del secolo presente. Il quale bugiardo e ladro, posciachè ebbe elevato a diritto tutte le angherie, le servitù e le prestazioni più che feudali , avendo costituito un popolo di oppressi e di oppressori, cerca di trovar tutti i modi di rimenarlo da' retti sentieri della verità e della giustizia ch'è il Cristo alle lubriche vie dell'errore, dello scostume e dell'empietà ch'è Satana. Savio è al certo l'accorgimento del ch. Barberis, poichè, siccome oggi i fautori dell'ateismo e dell'anarchia si affaticano di far segnalati nel popolo i corifei delle sette, nell'infando scopo di propalare i loro errori, così cosa ottima ella è il segnalare gli apostoli dolla verità e della giustizia civile e religiosa che fanno prospere le nazioni. Anzi sarebbe il tempo di volgarizzare fin la scienza delle cose divine ed umane per far contrasto nelle plebi alla scuola atea e scostumata di questo tempo, che i nostri posteri chiameranno reo. Perciò vogliam confortare il ch. Salesiano a seguire l'utile e dotta sua impresa.
2 agosto 1887.
VINCENZO Arcidiacono BRANCIA.