ANNO XI - N. 7. Esce una volta al mese. LUGLIO 1887
DIREZIONE nell'Oratorio Salesiano. - Via Cottolengo, N. 32, TORINO
SOMMARIO - La festa di Maria Ausiliatrice in Torino Viaggio dei Missionari Salesiani e di Monsig. Cagliero al Chili - Lettera I: Da Buenos Aires a Concezione nel Chili - Lettera II: Salesiani a Concezione - Lettera III: Pericolosa caduta di Monsignor Cagliero - Grazia di Maria Ausiliatrice - Esercizi Spirituali per le maestre e per le altre pie signore e cooperatrici salesiane - Funerali in S. M. Ausiliatrice in Torino pel teologo Giacomo Margotti.
La festa di Maria Ausiliatrice nel Santuario di Valdocco in Torino il 24 corrente, pel concorso del popolo , per la pietà dei divoti, per lo splendor delle sacre funzioni e degli apparati e specialmente per la soavità della musica , riusci cosi magnifica, che indarno tenteremmo di dirne come si conviene. Tutte le vie che menano al Santuario si vedevano gremite di persone di ogni età e condizione, non solo della città, ma di altri luoghi anche lontani, venute or a piedi ed or per le ferrovie, quali per sciogliere voti, quali per ringraziare la celeste Benefattrice dei favori ottenuti, e quali per domandarlene, piene di fiducia nella sua sovrana potenza e materna bontà. Siccome il tempio, per quanto vasto, non poteva capire la moltitudine, così molti fedeli stavano ognora aspettando nella piazza per potervi alla loro volta entrare di mano in mano che altri ne uscivano.
V'erano divoti di diverse nazioni. Da Barcellona vennero a fare da Priore e da Priora della festa due illustri consorti con tre loro figliuoletti, tra cui una cara bambolina, che fece la sua prima Comunione per le mani del venerando Don Bosco, che in quel giorno attirava pure a sé la simpatia e la venerazione di tutti. Al trovarci presenti a tale concorso di gente pervenuta da si lontane e svariate parti, ci parve vedere cogli occhi nostri avverate le parole del Profeta, che la Chiesa applica alla Vergine Santissima : « I tuoi figli verranno a te da lontano, e le tue figlie ti sorgeranno da ogni lato : Filii tui de longe venient, et filiae tuae de latere surgent; abbiam veduto ad un tempo praticato il consiglio che nell'inno dell'Uffizio della Festa la Chiesa fa a' suoi figli, dicendo in nobilissimi versi che il coro delle caste vergini e degli innocenti fanciulli, che il Clero giubilante, che il popolo pieno di gratitudine, che in somma tutti gli ordini gareggino nel celebrare le glorie della Celeste Regina Virgines castae, puerique puri - Gestiens Clerus, populusque grato - Corde, Reginae celebrare coeli - Munera certent.
Presero parte alle sacre funzioni due Reverendissimi Vescovi. Celebrava la Messa della Comunione generale Mons. Basilio Leto, Vescovo titolare di Samaria, e pontificava alla Messa solenne ed ai Vespri Mons. Edoardo Pulciano, Vescovo di Casale Monferrato. Sua Eminenza Rev.ma il Cardinale Alimonda, nostro veneratissimo Arcivescovo, espresse il suo cordoglio di non potervi intervenire, trattenuto a letto da leggera indisposizione.
Se la festa di Maria Ausiliatrice riusci cosi splendida, giudichiamo che vi abbia avuto sua parte la novena predicata dal Reverendo signor Prevosto Antonio Colli di Vigevano, il quale pose la corona alla sua predicazione con un magnifico e férvido discorso, tenuto alla sera della solennità, dimostrando ad un popolo immenso che Maria può quanto vuole, e vuole essere l'aiuto dei Cristiani.
Fu altresì bella preparazione alla solennità la Conferenza dei Cooperatori e delle Cooperatrici, che ebbe luogo nel Santuario la sera del giorno innanzi, nella quale il sacerdote Don Rua, vicario di Don Bosco, narrò le feste celebrate poc'anzi in Roma per la consacrazione della chiesa del Sacro Cuore, l'udienza cordialissima che il Santo Padre Leone XIII accordò a Don Bosco, la benedizione che il Sommo Gerarca invocò sopra tutti coloro che avevano concorso alla erezione della predetta chiesa del Sacro Cuore, il progresso delle Missioni salesiane della Patagonia, e la protezione specialissima di Maria Ausiliatrice, che ancora in questi ultimi mesi salvò come per miracolo da certa morte Monsignor Cagliero, capo delle medesime. Fortunata Torino, che può ogni anno assistere ad una manifestazione di religione e di pietà cristiana così straordinaria, che ravviva la fede, che conforta alla virtù, che trasporta le anime verso Colei, che a giusto titolo è chiamata il decoro .e l'ornamento della Chiesa, l'aiuto potente del popolo cristiano.
LETTERA I.
Da Buenos Aires a Concezione nel Chilì.
Concezione del Chilì, 7 Marzo 1837.
MOLTO REV. E CARISSIMO BOSCO,
Deo gratias! Deo gratias! E sieno pur grazie alla Vergine Ausiliatrice, a S. Giuseppe, a S. Francesco, e al nostro Angelo Custode, che visibilmente ci protessero e ci fecero da guida in questo lungo e pericoloso viaggio. Siamo in Concezione fin da ieri e domani entreremo nel nostro nido definitivamente; voglio dire che domani stesso incomincierà il nostro lavoro. Si è per questo che scrivo oggi.
Nulla le dirò della nostra partenza da Buenos Aires. Per noi l' impressione fu profonda. Ci pareva quasi di essere ai piedi di Maria A., là in Valdocco, e che salutando i fratelli ed amici di Buenos Aires salutassimo i fratelli ed amici di Torino, e che ricevendo la benedizione dell' amatissimo Superiore, discendesse su di noi quella del caro D. Bosco. Partivamo non per solcare i mari, ma per valicare i monti, e monti tant'alti come le altissime Andes. Le ripasseremo? Chi lo sa. Ce lo teniamo per certo. Ma come di quei che partono da Torino per andare alla Repubblica Argentina, pochi vi tornano; così di quei che partono da Buenos Aires per venire al Chilì, pochi vi torneranno. Pazienza; se non vi è che una sola strada che conduce al Paradiso, questa strada fa capo a tutte le parti del mondo; procureremo di andarvi anche noi, e di radunarci lassù un bel giorno per non separarci mai più.
Dopo 37 ore di viaggio arrivavamo a Mendoza. Eravamo con tutte le nostre forze e pronti a partire senza indugio: questo ora il nostro calcolo, ma l'avevamo fatto senza l'oste, come volgarmente si dice; e l' ostacolo che abbiamo incontrato furono i M. R. Padri della Compagnia. Bisogna prima che dica che uno di loro, un affabilissimo fratello, ci venne ad attendere alla stazione: con una bontà squisita raccolse i nostri bagagli, ci procurò due vetture e ci accompagnò alla casa della Compagnia. Qui le attenzioni e le cortesie furono senza fine; le avemmo indistintamente e dal R. P. Superiore e dagli altri fratelli. Fu qui che trovammo l'ostacolo alla nostra partenza. Pensavamo di andarcene subito dopo d'aver celebrata la S. Messa: Ma che! ci risposero quei buoni Padri: è assolutamente impossibile , bisogna prima cercare ìe guide , fare i preparativi, visitare la città; e più che tutto, riposare alquanto. Non potemmo rifiutarci, e ci fermammo un giorno intiero. Essi stessi ci cercarono buone guide e a un prezzo modico. Al dopo pranzo lo stesso Superiore ci accompagnò in vettura a visitare i conventi dei PP. Domenicani, e dei Mercedarii. Abbiamo visto la Chiesa dei Francescani; è in costruzione, e quando sarà terminata sarà monumentale. Passammo quindi a traverso della città antica che è tutta in rovine; sorgono ancora le colonne e gli archi e le torri delle Chiese dei PP. Gesuiti, Domenicani, Francescani, Mercedarii ecc. Questa città fu interamente distrutta l'anno 1861; si ricostrusse, ma in altra parte, e con palagi più bassi, con basi più solide e con vie più ampie per timore dei terremoti. La vista di quella città tutta macerie, ci riempì di dolore. La Provvidenza che fa tutto bene, permise che arrivasse quella catastrofe l'ultimo giorno di una missione, alla quale tutta la popolazione aveva preso parte.
Ritornati a casa, ci occupammo subito dei preparativi per il viaggio; dico male, furono gli stessi Padri che si occuparono di questi preparativi; i nostri confratelli di Buones Aires non avrebbero potuto far di più e farlo meglio. Per noi fu una lezione magnifica quella che ci diedero quei buoni Padri, e loro saremo eternamente riconoscenti per tutto quello che fecero per noi.
Lasciammo Mendoza il giorno 24 alle 8 del mattino , dopo d' aver offerto il S. Sacrifizio della Messa, e ricevuta la benedizione del Rev. P. Superiore.
Prima di arrivare al piè della montagna, fu necessario attraversare un' immensa pianura deserta affatto, tutta coperta di polvere, che ci molestò assai. Solamente verso le 3 di sera principiammo a internarci nella montagna. Alle 4 abbiamo fatto sosta in un piccolo rancho e vi passammo la notte dormendo sul suolo, tenendo per materasso e guanciale la sella e i finimenti delle nostre mule. Qui abbiamo trovato due viaggiatori, che venivano dall'interno della montagna, totalmente bagnati, perchè erano stati colti da un temporale spaventoso, il che succede quasi ogni giorno. Mal' augurio per noi altri che non avevamo di che difenderci dalla pioggia, in caso che ci sorprendesse. Alle 4 del mattino già. eravame sulle nostre mule in direzione di Uspallata dove è giocoforza, per i viaggiatori, da qualunque parte vengano sia dal Chilì sia dalla Repubblica Argentina, passar la notte. Vi arrivammo dopo 13 ore di cammino. Durante questo tragitto fummo a un pelo di essere bagnati. Eravamo da tutte parti circondati da temporali. E incredibile la prestezza con che si formano i temporali sulla cresta delle montagne. Noi vedevamo quei neri nuvoloni passare rapidamente sulle nostre teste, minacciando di continuo di precipitare su di noi; e temevamo, non per timore della pioggia, ma perchè non avremmo avuto di che cambiarci, una volta che fosse bagnato il piccolo corredo, che portavamo sul dosso delle nostre mule.
Per buona fortuna potemmo scampare anche da questo secondo pericolo. All'uscire da una gola ci si presentò uno spettacolo magnifico. Ci trovammo di fronte altre altissime montagne tutte coronate di bianco. La neve era caduta su di esse durante la notte precedente. Un oh! di meraviglia ci scappò di bocca. Che è bello! sclamavamo; che è magnifico tutto questo ! e durante varie ore godemmo di quella vista incantevole. Alle 5 di sera mettevamo piè a terra. Ci trovammo in Uspallata. Per non fare spese, credemmo cosa prudente far senza del letto, e anche qui si dormì sulla nuda terra. In questo punto trovammo due giovani Spagnuoli che venivano dal Chili. Ci diedero varii consigli molto opportuni per il resto del viaggio, elevarono a cielo la popolazione chilena, molto cristiana e religiosa ; e gli elogi più belli furono per Concezione che conoscevano molto bene. Il popolo del Chilì, dicevano , è eminentemente cattolico ; quello di Concezione è beato. Beato suona qui bigotto. Meno male. All' indomani verso le 7 si partì verso un luogo conosciuto col nome di Punta de Baca, e vi giungevamo alle 8 e 1/2 di sera. Un vento molestissimo ci fece soffrire assai in questo tragitto. Per la prima volta, dopo la nostra partenza da Mendoza, credemmo conveniente prendere un piatto di zuppa e qualehe cosa di confortante. Il nostro stomaco, fracassato dal continuo trotto, chiedeva qualche cosa di caldo e di solido ; tanto più che eravamo pieni di freddo, per il vento sofferto durante più di 13 ore. Credemmo giusta la petizione del nostro stomaco e gli abbiamo dato quello che chiedeva. Si dormì a maraviglia, stanchi come eravamo dalla fatica. Poche erano le leghe che dovevamo percorrere il giorno appresso; e perciò ci facemmo lecito riposare un poco di più.
Non ripartimmo che alle 8 verso il punto di fermata, chiamato el puente de los Incas. Un sole ardente ci riuscì di grande molestia e per il calore e anche per la lentezza delle mule, le quali durante i forti calori si affaticano assai di più. Ma ci confortava il pensiero che sarebbe stato corto il viaggio di quella giornata; effettivamente vi arrivavamo dopo sole 4 ore e 1/2 di cammino. Qui ci attendeva una meraviglia sorprendente ; ed è il ponte de los Incas, gettato la dalla madre natura sul rio Mendoza. Noi ne eravamo stati avvertiti da chi lo aveva veduto, e ci preparammo a godere di quella vista. Mai abbiamo visto uno spettacolo uguale. E qualche cosa che realmente incanta. Un pittore che maneggiasse bene il pennello, potrebbe cavarne quadri stupendi. Ma noi ignoranti affatto dell' arte di Giotto, non potemmo far altro che ammirare quel ponte gigantesco, che nessuna mano di uomo avrebbe potuto fare, ma che seppe fare la Divina Provvidenza. A brevissima distanza dal ponte scaturiscono varie fonti di acque minerali, molto salutevoli per la cura di certe malattie , e che la scienza raccomanda molto. In quella casa, chiamata albergo, vi abbiamo trovato una trentina di persone, venute dalle due repubbliche limitrofe, coll' unico fine di prendere i bagni. Ci diceva l' albergatore che in anni anteriori, in quell'epoca stessa, vi avremmo trovato varie centinaia di persone, radunate unicamente per attendere a migliorare la loro salute col mezzo dei bagni - Ma come dare ricovero a tante persone, gli dicevamo, se la vostra casa è tanto ristretta ?
- Io non do loro il ricovero, rispondeva, che non potrei; l'unica cosa che posso procurar loro si è il vitto: l'alloggio se lo fabbricano essi stessi con tende militari. Lì sotto, difesi dai venti e dalle pioggie, passano gli 8 o 15 giorni che credono convenienti, e poi se ne tornano ai loro lari. Ciò succedeva tutti gli anni; in questo anno invece, soggiungeva, dando un prolungato sospiro, nulla di nulla, ed io soffro una gran perdita, perché la pigione è carissima, e le entrate molte scarse. E si capisce; prima fu il governo Chileno che chiuse il passaggio della Cordìgliera agli Argengentini, quando questi avevano con sè il brutto ospite del colera ; poi fu l'Argentino che chiuse lo stesso passo ai Chileni, quando il colera fu a visitarli. - Per i viaggiatori il bagno è gratis ed essendo così poca la spesa, ci siamo presi la libertà ed il piacere di bagnarci una volta. L'acqua è sulfurea, alquanto salata e più che tiepida; è un bagno veramente gradevole. In questo albergo abbiamo trovato un altro fenomeno. Chi mai? Un uomo che raramente si trova in queste contrade americane, un ateo. Ve ne saranno altri e molti forse, ma non tanto sfrontati come costui, da pubblicare il suo ateismo e farsene vanto. Noi abbiamo mangiato insieme, ma senza entrare in questione di sorta. Fu dopo pranzo e quando si trovò solo coi due chierici, che uscì a dire che era ateo, e che non credeva se non quello che vedeva. Non ci voleva molta scienza per far tacere quello sboccato, e così fecero i nostri chierici. - Lei, disse uno di loro, è Italiano. Alcuni anni or sono non conosceva l'America, eppure credeva già nella sua esistenza; e tanto è vero che lasciò la sua patria per venire a questa terra. Pochi giorni sono lei non conosceva ancora queste acque mìnerali, eppure venne da Mendoza espressamente per vederle e cavarne profitto. - Cosa mai poteva rispondere il poveretto a quest'argogomento così stringente e così al caso ? Uscì con altri strafalcioni e bestemmie, p. e. Io sono un uomo onesto, diceva, non ho mai nè ammazzato, nè rubato : perchè Dio, se Dio esiste, non premia la mia onestà, e non mi fa ricco e felice? Che sproposito! Quasi che fossero le ricchezze che rendono felici gli uomini ! Gli si disse esservi ricchi e molti che sono molto disgraziati, e per il contrario che vi sono poveri e moltissimi che sono felici; prova che non sono le ricchezze che fanno felice l' uomo. Finse di non crederlo. Ma era tempo gettato al vento; è inutile la discussione con chi non vuole lasciarsi convincere, e si troncò la questione. E però vergognoso che vi siano di quelli che abbiano l'ardire di vantarsi increduli e materialisti. Non lo sono, un resto di fede hanno ancora in cuore, anche i più cattivi, ma vogliono parere più spregiudicati di quello che lo siano in realtà. Disgraziati! Quella sera andammo a letto, o meglio, al giaciglio, più presto del solito. Si trattava di levarci su alle 2 del mattino per potere, secondo il consiglio avuto, passare la cima della montagna di buon'ora; più tardi ci avrebbe incolto o il vento, o la pioggia, o peggio ancora. Si dice che molto frequentemente grandina. In effetto, alle 2 eravamo già in piedi, ma non si potè partire se non alle 4, perchè le mule erano scappate, e abbisognarono due lunghe ore per trovarle e prepararle.
Alle 4 si dava il segno della partenza, e si partiva in mezzo di una oscurità completa. A pochi passi dalla casa bisognava attraversare il fiume Mendoza sopra di un qualche cosa, che non abbiamo visto bene quello che fosse, ma che la guida ci disse essere un ponte molto stretto. Pazienza. Ci siamo raccomandati al nostro buon Angelo Custode e poi pian pianino l'abbiamo passato. Spalancavamo gli occhi per vedere dove la mula metteva il piede, ma inutilmente; era lo stesso che tenerli chiusi; non vedevamo nulla ; sentivamo però il fracasso che le acque là giù in fondo facevano nella loro caduta. La mattinata era molto fredda, e noi tremavano per il freddo e più pel pericolo in cui ci trovavamo. Guai a noi se la povera mula avesse messo un piè in fallo !
L'angelo custode ci salvò da ogni pericolo, e per più ore, colla persona tutta intirizzita per il freddo, camminavamo verso la montagna che si trattava di montare. Erano le 7 e 1/2 quando si diè principio alla salita e toccavamo la cima alle 9 in punto. Il Cielo era limpido; nessuna nube velava menomamente l'orizzonte, e noi ci fermammo un momento ad ammirare quel grandioso spettacolo. Ci hanno detto che quando fossimo arrivati lassù in cima, ci saremmo trovati a 22,000 piedi sopra il livello del mare, ossia a 5500 metri. Io non oso assicurare l' esattezza del calcolo. Un nostro cicerone che ci dava queste cifre, aggiungeva che solamente l' Himalaya, che ha più di 8000 metri di altezza, sorpassava la punta de los Andes che noi passavamo. Alcuni dei nostri che da anni non avevano più visto neve, non si contentarono di vederla; vollero pure assaggiarla. Per prevenire un male chiamato qui pua, che sovente attacca i passeggieri togliendo loro quasi affatto la respirazione , secondo il consiglio avuto, avevamo portato con noi alcune cipolle, eccellenti, dicono, per facilitare il respiro e impedire una soffocazione. Forse questo accade nei grandi calori, o a chi fa il cammino a piedi con grande fatica. Noi eravamo sulla gran punta e respiravamo a maraviglia; nessun mutamento nella respirazione nè in tutto il nostro fisico; i polmoni funzionavano perfettamente. D. Scavini volle mangiare una delle cipolle: - Che gusto senti ? gli chiesi.- E chiaro, di cipolla, mi rispose, sorridendo un poco sarcasticamente. È da notarsi che chi ci diede il consiglio di provvederci di alcune cipolle per la montagna, aggiunse che lassù avrebbero cambiato affatto di gusto, e nientemeno che il forte gusto della cipolla si sarebbe cambiato quasi nel dolce dello zucchero. Se si volle burlare di noi quel consigliere, non vi riuscì. Nessuno di noi volle gustarle. D. Scavini che le gustò, fu per burlarsi di chi aveva voluto burlarci. Ma siccome il consiglio ci veniva dato da persona seria, io credo benissimo che questo succeda, ma in altre circostanze; e come l'ho già notato, forse accadrà o nei grandi calori, o a chi deve guadagnare quella cima a piedi. Comunque sia, noi vi siamo giunti in meno di due ore e felicissimamente. Di là abbiamo dato l'ultimo addio ai cari Superiori, confratelli ed amici delle Repubbliche Argentina e dell'Uruguay. Di là abbiamo salutato quella terra che fu nostra seconda patria per più di 10 anni. Il mio ultimo saluto fu per S. Nicolas de los Arroios ed i carissimi confratelli e cooperatori che vi ho lasciato ; compiva una promessa. Voltammo lo sguardo e salutammo la nostra patria futura. Ti salutiamo, o terra del Chilì; e voi, angeli suoi tutelari, accompagnateci in questa seconda parte del nostro viaggio, e rendete prospera la nostra missione!
Erano le 9 e 1/4 quando incominciavamo la discesa. L'abbiamo fatta tutta a piedi e per consiglio datoci prima e per necessità. La trovammo ripidissima e pericolosa molto. Di più il sentiero era strettissimo ed il terreno poco solido per la neve agghiacciata. Vi era pericolo di un capitombolo maiuscolo. In questo caso non ci saremmo fermati che nel fiume chiamato de los Andes che principiava a scorrere nel versante Ovest, cioè a dire a varie centinaia di metri da dove ci trovavamo. La stessa guida credè prudente imitare il nostro esempio, ed allegerire la mula del suo peso. Se sdrucciola, pensavamo, sarà essa sola che si fracasserà le ossa, il cavaliere sarà salvo. E così, senza pericolo di destare ammirazione nei viandanti, che non ve n'erano affatto, ci siamo presi il piacere di correre qua e là per quei dirupi, precisamente come quando giovani correvamo sulle nostre alte colline del Monferrato, riposando ad intervalli, fino ad arrivare sulla sponda del fiume los Andes, con un cammino quasi continuo di 1 ora e 1/2. Le nostre mule, arrivarono dopo circa due ore. Quindi s'impiegò un ora e mezzo per salire la montagna e più di tre per discenderla. E non era quella se non una vetta; continuammo poi a discendere ancora per circa due ore e sempre per sentieri impraticabili, fino ad una piccola casa-albergo, dove ci fermammo per riposare e prendere un poco di cibo. Il nome col quale la si conosce, è Juncal. Eravamo affranti dalla fatica e dal digiuno, e il sole segnava le due ore pomeridiane : ed era dalle 2 del mattino che eravamo in piedi e dalle 4 che eravamo in viaggio. Qui ci divorammo una zuppa, un puchero, un assado, e per la prima volta assaggiammo il vino del Chilì. Abbiamo trovato tutto buono, eccellente; la fame è proprio il migliore dei condimenti. Seduto a tavola con noi si trovava un forestiere. - Avete visto quella laguna a fianco della montagna? ci chiese. Sì, rispondemmo. Infatti l'avevamo vista a breve distanza dal sentiero , e aveva destato la nostra curiosità il perfetto azzurro di quell'acqua. - Ebbene, continuò il nostro interlocutore, è una laguna formata con acqua di neve, molto salutare. Ha di lunghezza 9 kilometri, di profondità 200 braccia: non è molto larga, ma non importa. Vi è acqua sufficiente per tutta una grande città. Si calcola che contenga 200,000,000 di litri, e fra poco passando a traverso le montagne, arriverà fino a Valparaiso, per mezzo tubi che si stanno già construendo. Io sono il maggiordomo dell'impresa. - E impresa veramente colossale; e gli Inglesi che ne sono a capo vi spendono milioni di scudi per guadagnarne altri col tempo. Rifocillati un poco, seguimmo il nostro cammino, fino ad arrivare a un sito chiamato Guardia vieia. Erano le 5 di sera, ed avevamo camminato durante 15 ore. La stanchezza rese saporito il nostro sonno ed alle 3 del mattino eravamo già in piedi, pronti a partircene alla volta di S. Rosa de los Andes, prima popolazione che trova chi dalla Repubblica Argentina entra nella Repubblica del Chilì.
Durante due ore e mezza che passammo nell'oscurità, ci trovammo in un continuo pericolo. Viaggiavamo sulla riva del fiume los Andes, e sopra di un piccolissimo sentiero. Non vedevamo nulla: volevamo andare a piedi, ma sarebbe stato assai peggio: la mula vedeva qualche cosa del cammino, noi niente. Qui, come in varie altre circostanze, ci siamo raccomandati di gran cuore al nostro Angelo Custode, a Maria Ausiliatrice, a S. Giuseppe, ed eravamo certi che non saremmo caduti nel precipizio.
Venne il crepuscolo e il pericolo continuava; ma allora avevamo quattro occhi per vedere, quei della mula ed i nostri e più non temevamo. Finalmente la strada si fece più bella, più vasta, fino ad essere carrozzabile. Allora cominciò la polvere ed il vento. Pazienza; ed alle ore 1 e 1/2 pom. coperti di polvere entravamo a cavalcioni delle nostre mule nella piccola città di. S. Rosa de los Andes. Cento faccie nuove si affacciavano alle porte ed alle finestre per vederci; nessun scherzo, nessun sogghigno; tutti si toglievano il cappello per salutarci. Abbiam detto : siamo in paesi cristiani qui; e l' uomo del secolo che ha ancora il coraggio di salutare pubblicamente il prete sul suo passaggio, è uomo che ha fede.
Indecisi sul partito che dovevamo prendere, ci raccomandammo alla guida che ci conducesse all'albergo più vicino alla stazione della ferrovia, per ripartire la stessa sera alla volta di Santiago. Ci rispose che non ve n'era. Allora ci siamo incamminati all'albergo, più vicino alla Chiesa Parrochiale, per parlare al signor Parroco e sapere da lui se avesse lettere o notizie per noi da
Concezione. Un prete ci attendeva qui e per noi fu un angelo disceso dal cielo. Da due giorni era arrivato in S. Rosa, mandato espressamente dal signor Vicario, e Segretario di Concezione per accompagnarci. Che bontà grande! Credevamo di ripartire per Santiago col treno delle 6, ma non ci fu possibile. Un ordine formale del signor Vicario, ci diceva, di non partire che dopo 3, o 4 giorni.
- Bisogna riposare; ricuperare le forze perdute si tratta di passare per paesi infestati dal colera, perciò è necessario star bene in salute, ci diceva quel buon prete; solamente allora si penserà alla partenza. -
Dovemmo lottare assai, e ricorrere à tutti gli argomenti di persuasione, perchè si volesse accorciare quella troppo lunga permanenza. Eravamo stanchi, è vero, ma non tanto da abbisognare nè di 4 nè di 3 giorni per rifarci dalle fatiche. Infine, dopo di aver presa su noi tutta la responsabilità degli eventi che potessero succedere nel nuovo viaggio, abbiamo potuto ottenere di partire dopo 24 ore. Il signor Cura Parroco di S. Rosa, vedendo sei Salesiani, fece subito un altro calcolo: sei per Concezione che ha già tanti religiosi, sono troppi: io che ho una parocchia vastissima, e lo è, perchè arriva fino alla Cordigliera, e che sono solo affatto, non basto per il ministero. Quindi si fermino tre per aiutarmi. Il buon prete parlava per zelo, ma la sua era una petizione inopportuna. Spera però di ottenere qualche cosa, quando passi da S. Rosa Mons. Cagliero.
Alle 10 1/2 di notte eravamo nella capitale del Chili. Avremmo desiderato alloggiare in una delle molte case religiose che qui si trovano; ma era quella un'ora troppo tarda , e non abbiamo osato. Al mattino di buon' ora mentre andavamo alla stazione, ci fermammo nel Collegio: dei RR. PP. Gesuiti e vi celebrammo la S. Messa. Ci ricevè lo stesso Superiore, che non potè ottenere da noi neppure che visitassimo il Collegio era tardi e assolutamente volevamo prendere il treno delle 9. L'ordine venuto da Concezione era di non passare per Santiago, o di passarci scappando. Infatti il colera infieriva in quei giorni, ed infierisce tuttora mentre scrivo. Ricordo che quella mattina, mentre prendevamo una tazza di caffè nelle sale della stazione, alcuni vedendoci e giudicandoci stranieri, esclamavano pieni di ammirazione : valientes son estos padrecitos, muy valientes. Altri leggevano il giornale e non trovando che una sola quarantina di morti del giorno avanti; bugia, dicevano: ayer hubo mas de 180 muertos de colera. La cifra ufficiale notava che già erano stati sepolti circa 3000 cadaveri nella sola Santiago. Più di 20,000, i meno coraggiosi, avevano cercato uno scampo dal contagio, fuggendo in paesi non infestati ancora. Vi era proibizione assoluta di vendere frutta di qualunque specie e sebbene fosse quello il tempo della vendemmia, e qui vi sia abbondanza di uva, pure non ne vedemmo neppur un grappolo.
Alle 4 di sera giungevamo a una piccola stazione poco lungi dalla città di Talca, chiamata Panguilemo. Il treno si ferma; una guardia si presenta nel carrozzone: - Signori, dice, qui bisogna discendere: vi sono 24 ore di osservazione per i viaggiatori che vanno al Sud. - E bisognò obbedire. Si diè subito principio ai suffumigi, prima ai nostri bagagli e poi alle persone. Vi avevano costrutto una specie di garitta; per una piccola porta s'introducevano le valigie, di sotto si accendeva un piccolo fuoco con zolfo mescolato con altre materie, e così si dava morte ai microbi nascosti in qualche angolo delle valigie. Poi venne il nostro turno; che figura topica non fu mai quella! In quella stessa garitta entravamo uno per uno; il fumo era tanto che toglieva il respiro, bisognava far presto a levar su la testa per respirare. Allora per mezzo di un meccanismo si chiudeva tutto ermeticamente, ad eccezione della testa che restava fuori. Così si stava per alcuni minuti, smascellandosi dalle risa tutti i presenti.
- Senti, senti come strepitano i microbi, dicevano i più buffoni: vedi, sclamavano altri facendo coro ai primi, come corre il sangue delle povere vittime ! ! Ci fosse qui presente un socio della società protettrice degli animali! - Quest'operazione durò parecchie ore, e furono di bellissimo passatempo. Poi ci si annunzia che bisogna prendere il bagno. Nessuno dei passeggieri credè serio l'annunzio, e nessuno lo prese quella sera.
Alla mattina lo stesso annunzio a tutti quelli che volevano ripartire col treno diretto delle 12. Allora varii fecero suppliche al medico di guardia per essere dispensati da quella cerimonia. Tutto inutile, o il bagno, o 5 giorni di osservazione. Vi era là in un vagone preparato un bagno a doccia, ma con forte pressione. Con quell'acqua l'incaricato mescolava altri liquidi la cui efficacia il Dottore solamente conosceva. Il povero paziente entrava dentro, e quando si trovava sotto l'apparato, l'incaricato girava un rubinetto, e ti cadeva d'improvviso sulle spalle una pioggia fitta fitta, fredda come il ghiaccio, e con impeto tale che ti pareva grandine. L'operazione era corta, ma dolorosa per i più delicati, ma era necessaria; si trattava di distruggere i bacillus coma messi tra pelle e carne, e scampati all'incendio della sera precedente. Povere bestie! O il fuoco o l'acqua, ma la distruzione era decretata. Compite- queste cerimonie , avevamo diritto al certificato del passo libero; e ce lo diede in tutta forma il Sig. Dottore, e noi ci rimettevamo in viaggio alla volta di Concezione. Sei ore ancora di treno espresso, e poi ci saremmo trovati fra amici. Questo pensiero ci era di grande consolazione.
Alle 3 eravamo alla stazione di S. Rosendo. Qui ci attendeva una bella sorpresa, e affatto inaspettata. - Il signor Vicario, il signor Vicario, esclamò la nostra guida. E noi di un salto eravamo a terra a stringere e baciare la mano del nostro primo e insigne benefattore. - Avete fatto buon viaggio, miei cari Salesiani ? ci diceva in italiano, credendo che tutti venissimo da Torino e non sapessimo ancora parlare spagnuolo. Gli tornò assai caro sentirci a parlare in spagnuolo. C'intrattenemmo con lui alcuni minuti, rispondendo alle varie domande che ci dirigeva, tutte riguardanti D. Bosco, la Congregazione, il nostro viaggio. Con il signor Vicario veniva un altro grande amico e benefattore nostro, l'infaticabile protettore dei poveri orfani di Concezione, il Sig. Segretario della Diocesi , D. Esperidion Herrera. Era fuori di sé per la contentezza e ci fece un mondo di feste. Veniva eziandio un rappresentante della gioventù cattolica di Concezione , il giovane avvocato e poeta dottor D. Miquel Prieto, condiscepolo e amico intrinseco del grande vate e fervente cattolico Oriental, dottor D. Joan Zorilla de S. Martin.
Dopo una seconda fumigazione, alla quale fummo assoggettati nella stessa stazione, ci mettemmo nel vagone in compagnia dei nostri cari amici e benefattori, e via alla volta di Concezione. Tre ore s'impiegarono prima d'arrivarvi, e ci parvero cortissime, tanto intima era la conversazione che tenevamo. Correva alla nostra sinistra il maestoso fiume Bio-Bio; ma appena lo notammo: i nostri occhi erano fissi in quelle tre faccie amiche che sorridevano di continuo. Finalmente, eccoci nella stazione di Concezione. Che spettacolo! che ricevimento per i poveri figli di D. Bosco ! Per me passai in mezzo a quella folla di gente che ci attorniava silenziosa, senza nulla vedere. Confusi stringevamo la mano or all'uno or all'altro che ce l'offerivano, e coperti di confusione come eravamo, ci sentimmo allora orgogliosi di essere i figli di D. Bosco. Molto tempo s'impiegò prima di arrivare alle vetture che ci attendevano. Ci si disse di poi, che in mezzo a quella folla vi erano i rappresentanti di tutte le classi della popolazione.
Aveva i suoi il Clero secolare, ma sarebbe bastato il signor Vicario. Aveva i suoi il clero regolare, i RR. PP. Gesuiti, gli Scolopi, i Domenicani, Francescani, Mercedarii ecc. L' autorità civile aveva pure i suoi, tra i quali il signor Presidente della corte di giustizia, dottor Carlos Rizzo Patron, cattolico di mente e di cuore. I ricchi erano molti, ci dissero; i poveri assai più : e questi li conoscemmo anche noi, e tutti sorridevano al nostro passaggio, mostrando colla loro fronte serena l'allegria del cuore, perché vedevano in noi i futuri amici e padri dei loro poveri figli. Varii personaggi distinti del Clero e nobili signori, tra cui lo stesso Presidente della Corte di Giustizia, ci accompagnarono fino alla Casa della Provvidenza, dove tiene sua dimora il signor Segretario D. Esperidion Herrera, dove fu alloggiato il nostro D. Milanesio la prima volta che dalla Patagonia passò nel Chilì. Qui avemmo un'altra sorpresa.
Entrammo nella Chiesa attigua, ricevuti dai 12 primi orfanelli che sono già ricoverati. nella nostra casa Escuela Taller de S. Jose, per cura del caritatevole signor Segretario. C'inginocchiammo ai piedi dell'altare vestito a festa e profusamente illuminato. Dietro di noi un' onda di popolo entrava, per aiutarci a ringraziare la Divina Provvidenza per il felice viaggio ottenuto. Le monache della Provvidenza, accompagnate dalle loro 100 orfanelle, intonarono un solenne Te Deum in musica con accompagnamento dell' armonium. Credevamo di trovarsi nel nostro santuarietto di Maria A. di Buenos Ayres. Furono le nostre sorelle che ci diedero l'ultimo addio ai piedi dell'altare, e furono altre sorelle che ci diedero il primo saluto con cantico religioso ai piedi di un altro altare. In seguito il signor Vicario lesse nel rituale le preghiere di rito in ringraziamento per il prospero viaggio.
Bisogna adesso che tronchi il mio scrivere per non rendermi troppo noioso, e perché rubo un tempo prezioso. Aggiungerò solamente che i tre cari personaggi che ci vennero ad attendere alla stazione di S. Rosendo, il signor Vicario, il signor Segretario, ed il signor dottor D. Miquel Prieto vollero onorarci, sedendo con noi alla mensa. D. Bosco e la Madre Congregazione occuparono tutta la conversazione. A un punto sorse il signor Vicario e pieno di commozione disse: - Sono due i giorni per me celebri durante il mio Vicariato: il primo fu quello in cui arrivarono i religiosi Scolopii, il secondo è questo, in cui mi fu concesso di abbracciare i figli di D. Bosco. - Bisogna che dica ancora, per mostrare tutto l'amore che ci porta questo buon Vicario, che, appena eravamo giunti in S. Rosa de los Andes, ricevemmo un suo telegramma che trascrivo letteralmente : Saludo afectuoso a Uds... Dios benediga à los híjós de D. Bosco. Deseo abrazarles cuarsto antes. Maria Auxiliatrix los protegerà. Domingo B. Cruz. - Non è vero che siamo in buone mani? Basta ; bisogna che tronchi assolutamente. Ho materia per un' altra lunga lettera, e mi darò premura di mandargliela appena mi sarà possibile. Finisco con pregare lei, carissimo P. Superiore, che voglia ringraziare in nostro nome tutti i cari confratelli cooperatori, amici ecc. che ci aiutarono colle loro preghiere, e ci ottennero dal Signore un viaggio sì prospero, benché tanto lungo e tanto pericoloso. Davvero che la mano della Provvidenza ci guidò visibilmente in questo tragitto. Appena si ebbe una caduta, senza nessuna conseguenza, senza il minimo danno , e l'ebbe il sottoscritto in mezzo a quelle montagne per la caduta della mula.
L' altro piccolo inconveniente fu l' aver smarrito D. Daniele , ma fu cosa di poche ore ; non le dico il come né il perché per risparmiare tempo. Del resto tutto bene, tutto a maraviglia.
Perfino i nostri due ammalati si sentirono meglio. D. Pedro non tosse più, e si tiene per guarito. Il P. Daniele si sente meglio della sua indisposizione , e speriamo che continuerà migliorando fino a guarire totalmente
P. EvASIO RABAGLIATI.
I Salesiani a Concezione.
Aguas Calientes sulla sponda destra del fiume Nehueve' 25 marzo 1887.
1° Presa di possesso della nuova casa - La Divina Provvidenza.
Dopo due, giorni di riposo nella Casa della Provvidenza, noi chiedemmo di andarcene al Collegio, futuro campo di nostre . fatiche ; ma trovammo da tutte parti .forti opposizioni. Si adduceva l'incomodità del sito , la nessuna preparazione, l'inconveniente di metterci al lavoro subito dopo un viaggio così lungo, e cento altre difficoltà quasi tutte esagerate, molte fantastiche e nessuna che ci convincesse. Noi non avevamo che una frase in risposta : se il nido non è preparato, ce lo prepareremo , ma bisogna che ci troviamo là ; senza di questo , le difficoltà non solamente non scompariranno, ma aumenteranno. Finalmente vi siamo riusciti, e ci trovammo là con una faraggine di cose da fare per rendere abitabile la nostra casa. Veramente pareva quello un voler tentare la Divina Provvidenza; eravamo senza letti, senza stoviglie, senza cucina , senza pane , privi di tutto ; eppure volevamo restare là. Noi ragionavamo : la Provvidenza ci ha chiamati qui, e qui siamo ; adesso tocca alla Provvidenza provvederci di tutto quello che ci è necessario. E sì che non ragionavamo male. Potrebbe sembrare una bugia, eppure è questa una gran verità ; prima di notte avevamo ogni cosa. Chi ci regalò i letti, chi le lenzuola e le coperte; un benefattore ci mandò tutto il necessario per la cena: una benefattrice il vino e companatico per varii giorni; altri altre cose. Insomma , toccammo con mano fin da quel primo giorno che la Provvidenza è veramente una buona madre, e che non abbandona mai quelli che in lei confidano.
Quello che più ci premeva era prepararci una cappella interna per celebrare la Santa Messa in casa ed avere con noi il Re dei re. Così facemmo, ma anche qui incontrammo una grande difficoltà : quella di non avere nulla affatto, eccettuato un calice che portò seco D. Scavini da Montevideo. Non importa ; si aggiustò alla meglio un piccolo altare. Chi ci vide occupati in quel lavoro, ci chiese se avevamo di che vestirlo e adornarlo, e dovemmo rispondere di no; allora ci mandò tutto l'occorrente. Un altro pensò alle pianete, camici, amitti, e a tutto il necessario per vestire il prete : e dopo due giorni già celebravamo la nostra Messa in casa. L'altare però non aveva un tabernacolo, e vi fu chi ce lo provvide.
Dopo non avevamo un ciborio nè bello, nè brutto da mettere dentro al tabernacolo; e un buon prete ce ne regalò uno bellissimo. Il Signore, da quel buon Padre che è, provvide ogni cosa, e prima a noi e poi a se stesso; e dopo pochissimi giorni scompariva quel vuoto che notavamo intorno a noi , perchè avevamo con noi e giorno e notte il Padrone di casa, Gesù in Sacramento. Allora ci parve più bella la casa, e ricchissima allo stesso tempo, malgrado tutta quella povertà che circondavaci.
2° Descrizione della nostra Casa.
In seguito pensammo ai nostri orfani e presenti e futuri. Tutto il corpo dell'edifizio è formato da 4 saloni, due di fronte di 20 metri di lungo per 5 1/2 di largo ; e due ai lati quasi il doppio in lunghezza, colla stessa larghezza. I 4 saloni però erano senza divisione di sorta. E poi uno era già destinato per la cappella; un altro per parlatorio, dormitorio dei Salesiani, laboratorio di calzoleria ; il che si fece per mezzo di separazioni con tela greggia. Restavano due saloni; parte di uno la destinammo a dormitorio per i ragazzi, fino a contenere una trentina di letti ; l'altra parte per una scuola di esterni, capace di un centinaio di ragazzi, che sono numerosissimi nel nostro vicinato , senza nessuna scuola municipale. L'altro salone ha varie separazioni, e servirà per cucina, dispensa, refettorii, ecc. Il laboratorio dei falegnami , che già funziona benino , ha un posto riservato, ed è una magnifica tettoia fatta con legname a fianco dell'edifizio. Annesso alla casa vi é un vasto terreno. Eccole qui in succinto la nostra posizione. Qualcheduno potrebbe dire che è brutta. Per me dico francamente che è bella, molto bella, che promette molto, perché comincia nella miseria.
Per me, che ho visto la casa di Buenos Ayres nascere tra mille difficoltà, in mezzo alle privazioni , sempre povera, sempre carica di debiti, eppure progredire ogni anno più, fino ad avere un edifizio che contiene più di 300 alunni interni che la Provvidenza raduna sotto la bandiera Salesiana ; per me, ripeto, che ho visto tutto questo, che so tutto questo , che so ancora che sono fiorenti tutte le nostre case che ebbero umili e poveri principii, dico francamente che ho buoni pronostici per la casa della Concezione del. Chilì.
La Provvidenza la prenderà sotto la sua protezione e la farà fiorire, sebbene ci siano sconosciute le sue vie.
Una comunità religiosa si offrì a farci il bucato gratis; un'altra ci mandò camicie, mutande, lenzuola, ecc. in abbondanza per i nostri poveri orfani ; un signore caritatevole ci regalò parecchie migliaia di mattoni speciali per alcuni lavori di casa, e per l' erezione di una colonna in mezzo del cortile, destinata a sostenere una magnifica statua di S. Giuseppe, altro regalo di altro benefattore. Presto, essendo entrati in casa con nulla, dovremo dire di aver tutto. Deo gratias.
Aggiungerò che fin dalla prima domenica del. nostro arrivo s'inaugurò l'Oratorio festivo con un concorso straordinario, se si considera la niuna pubblicità che si diede a questo riguardo: erano 90 i ragazzi che giuocavano con noi e che di poi assistevano al catechismo. Non mi trovava più in casa la domenica seguente; ma ho tutto a credere che il concorso sarà stato assai maggiore; e lo sarà ancor più in seguito quando potremo pensare a disporre giuochi, far regalucci. preparare lotterie ecc.
3° Spirito religioso delle popolazioni del Chili. - Avidità di ascoltare la parola di Dio e frequenza dei Sacramenti.
Gratissima sorpresa ci recò poi la novena solenne di S. Giuseppe fatta nella chiesa della Provvidenza. Noi Salesiani unitamente ai nostri pochi orfani la facemmo proprio con slancio; si trattava di attirare su noi e la nostra casa le benedizioni di questo grande Patriarca, al quale sono dedicate le nostre scuole di arti e mestieri. Se vi siamo riusciti, non lo potrei dire, ma li sapremo presto. Quello che più ci fè stupire durante quella novena fu la divozione, la religiosità del popolo della Concezione. Città beata, la disse un signore spagnuolo col quale parlai durante la prima traversata della Cordigliera ; e potei convincermi che lo è di fatti.
Ogni sera era un concorso immenso di ogni classe di persone che accorrevano alla chiesa per assistere alle funzioni religiose ; e la chiesa, sebbene assai grande, era letteralmente piena zeppa; e posso proprio dire di non aver mai avuto la soddisfazione di predicare ad una udienza tanto numerosa e rispettabile come quella. E poi, che semplicità, che modestia nel vestito delle donne chilene ! Inutilmente si sarebbe sforzato di cercare su una di quelle centinaia di teste o un fiore, o un nastro, o qualche cosa che attiri l'attenzione o lo sguardo degli assistenti. Tutti i vestiti sono bruni, tutto lutto ; il lusso non entra ancora nelle chiese chilene , e voglia Iddio che non entri mai. - Padre mio, mi diceva il signor Vicario in una conversazione che tenevamo famigliarmente il giorno stesso dell'arrivo : la popolazione del Chili ha gran fame di due cose fame di parola di Dio ; fame di Sacramenti.
E tutto vero; e la frase non contiene nulla di esagerato, per chi conosce questa cristiana popolazione. Che ha gran fame della parola di Dio, lo posso dire io, e lo può dire chiunque sia entrato una volta in una chiesa nel tempo di una predica. Che poi abbia gran fame di Sacramenti, è anche certo. Seicento Comunioni si distribuirono nella chiesa della Provvidenza nella sola domenica fra la novena di S. Giuseppe. Nel giorno della festa si sperava di passare il mille. Ed è da notarsi che le persone che si comunicano non sono tutte donne, come succede in altre parti ; gli uomini dànno il loro contingente, e l'assicuro che il sesso maschile è ben rappresentato. Ogni giorno della settimana , in ciascuna chiesa della Concezione , vi è la sua corona di Comunioni. L'Associazione del Sacro Cuore è qui fiorentissima. I soli Padri della Compagnia hanno sul loro registro più di 2500 inscritti, che frequentano i Sacramenti almeno una volta ogni mese ; e questo succede in proporzione in tutte le altre chiese; o, dirò meglio, in tutte le chiese del Chilì. Mi diceva l'altro giorno uno dei Padri Francescani della città di Chillan che, solamente nella loro chiesa, hanno distribuito, durante l'anno scorso, più di 85,000 Comunioni.
4° Monsignor Cagliero non arriva - Ansietà e timori - Monsignore è aspettato con gran desiderio.
In mezzo a quella felicità che godevamo per vederci così ben ricevuti e cotanto amati dalla popolazione chilena, noi avevamo una gran spina piantata nel cuore, e nessuno poteva togliercela. Era il troppo lungo ritardo del nostro Monsignore, che avrebbe dovuto trovarsi alla Concezione fin dai primi giorni di marzo, e il non avere di lui nessuna notizia. L'ultima sua lettera mandata a Buenos Ayres dal deserto della Patagonia diceva : « Si trovino in Concezione del Chilì i sei destinati per quella casa, nei primi giorni di marzo, prendendo il cammino più breve: io li precederò, o arriverò con loro per l'inaugurazione ». E già eravamo al 13 del mese e non era ancora arrivato.
Questo ci faceva sospettar male. Noi per consolarci, o, per meglio dire, per distrarci, facevamo mille congetture. - Forse ha trovato il passo della Cordigliera chiuso per causa del cholera, dicevamo, ed è tornato indietro per continuare la sua missione; o forse ha già nevicato; sulle montagne, e trovò impedito il passaggio; oppure se ne andò a cercare un passaggio più facile verso il Sud. - Ma era quello un mezzo per ingannarci, sapendo di farlo. È accaduta una qualche disgrazia o a Monsignore o a qualcuno dei suoi compagni ! Questo era il pensiero di tutti ma nessuno osava manifestarlo. Per cavarci ad quella incertezza , il giorno 14 si spedì un telegramma a Patagones, pregando i confratelli di mandarci notizie, se mai ne avessero avute. Nulla di nulla ; nessuna risposta, nè bella , nè brutta. Si seppe poi che il telegramma non potè andare al suo destino.
Intanto il signor Vicario per precauzione aveva avvertiti tutti i parroci della frontiera di notificare subito a Concezione qualunque cosa venissero a sapere riguardante Monsignore.
Monsignor Cagliero era aspettato come un angelo del cielo. Questa diocesi al presente è senza Vescovo, perchè l'eletto Mons. Blait essendo infermo, non fu ancora consecrato. Si vorrebbe approfittare della venuta di Mons. Cagliero per dare più solennità alla cerimonia della consecrazione, per conferire gli Ordini sacri ad alcuni chierici per assistere in tutta pompa alle cerimonie della prossima Settimana Santa. Era anche aspettato per altre varie ragioni principalmente per nuove fondazioni. Il giorno stesso del nostro arrivo ci giunse un telegramma da Valparaiso, pregandoci a non obbligarci qui a Concezione, perchè là eravamo aspettati e tutto è all'ordine per l'apertura di una casa. Qualche giorno fa venne un signore dalla città chiamata Los Angeles verso l'Araucaria, dicendo che veniva appositamente per prenderci e condurci per l'impianto di una casa in quel luogo. Il signor Vicario ci parlò di una casa e di un terreno a Traiguen, l'ultima parrocchia che confina già con gli Araucani. Da Talea, altra città importante , ci chiamano. Da Santiago venne un membro del Clero per invitarci. L'Arcivescovo ci aspetta, la casa è preparata.
Tutti costoro erano ansiosi di veder Monsignore e avere una risposta.
5° Nunzio della caduta di Monsignor Cagliero sulle Ande.
Finalmente il giorno 15 arrivava una lettera da Chillan. Era corta, ma diceva molto. « Non ho il piacere di conoscere V. R., mi scriveva uno dei Padri Francescani, ma mi credo in dovere di spedirle questo biglietto per darle una dolorosa notizia. Una lettera arrivata testè dalla Cordigliera, colla firma del P. Domenico Milanesio, mi avvisa che è accaduta una disgrazia a uno dei Missionari della Patagonia, e nientemeno che allo stesso Mons. Cagliero. Il cavallo che montava imbizzarrì all'improvviso e si diè a correre precipitosamente verso un abisso. Monsignore non aveva scampo di sorta; nessuno poteva aiutarlo, poichè il sentiero era strettissimo , fiancheggiato da enormi macigni. Allora Monsignore, vedendosi perduto se più tardava a gettarsi dal cavallo, perchè erano inutili tutti gli sforzi che faceva per frenarlo, ed il precipizio era vicino, si lasciò cadere dove gli parve meno pericoloso il sito ; ma battè della persona in un letto di pietre e rimase per qualche tempo senza parola e come morto. Si teme che abbia due costole rotte ed una gamba ammaccata; ha sulla persona altre contusioni, ma di poca conseguenza. Si mandarono subito le medicine che chiedeva; di più si mandò un poco di vino generoso ed altri commestibili per il povero infermo. La disgrazia successe il giorno 3 del corrente alle 8 del mattino, a tre giornate di cammino da Chìllan , nel sito chiamato Aguas Calientes, sulla sponda sinistra del fiume Nehueve, di fronte alla Cordigliera detta del vento. Faccia lei quello che crede più conveniente in così critiche circostanze ». Firmato P. Quesada.
Il mistero era svelato ; ed il ritardo e il silenzio di Monsignore avevano la loro spiegazione. La disgrazia che tutti temevano era successa realmente, e pareva assai maggiore di quella che noi ce l'avevamo figurata. Il giorno 3 di marzo, mentre i Salesiani giungevano a Santa Rosa de los Andes ai piedi della gran Cordigliera, Monsignore cadeva su una delle sue cime con pericolo di lasciarvi la vita. Che fare allora ? Corsi senza indugio dal signor Vicario per consiglio, ed egli appena ebbe letta la lettera, gettando un profondo sospiro. - Povero Monsignore, esclamò : che disgrazia ! Ma la Vergine Ausiliatrice l'assisterà e lo proteggerà. Adesso è necessario che lei parta subito, che voli al suo fianco, se mai abbisognasse della sua assistenza, e poi anche per tenerci al corrente di tutto quello che possa succedere. Le si darà il danaro per il lunghissimo viaggio perche è giusto prestar aiuto a chi viene a lavorare con noi e per noi. Ella si procuri tutto quello che può credere necessario, al caro paziente; e poi domani coll'espresso parta per Chillan ; là troverà tutto l'occorrente per ripartire subito per la Cordigliera. E appena sarà al fianco di Monsignore , gli baci il sacro anello per me, lo preghi di mandarmi la sua benedizione, e gli dica che qui l'aspettiamo a braccia aperte , e che venga quanto prima per finire la sua cura qui fra noi. - Poi dettò subito un telegramma per i Padri Francescani di Chillan « Il Superiore dei Salesiani della Concezione ringrazia e prega tener pronti per domani e uomini e cavalli per andare alla Cordigliera del vento. » Il signor Vicario aveva indovinato tutti i miei pensieri, e soddisfatto la mia più grande aspirazione. Partire subito era il mio gran desiderio.
6° D. Rabagliati in cerca di Mons. Cagliero.
L'indomani (16) alle ore 8 del mattino, col treno espresso , partii per Chillan con un medico-chirurgo. Ma costui, giunto a Chillan, non ebbe le forze di intraprendere un viaggio tanto disastroso come è quello delle Cordigliere, poiche era mezzo infermo. Pensava eziandio che al suo arrivo Monsignore non avrebbe più bisogno della sua cura.
Da Chillan appena potei avere un buon cavallo ed un giovane pratico dei monti ripartii per le Cordigliere. La guida però conoscendo poco quei sentieri da capre e non da uomini, per non espormi al pericolo di perdermi , fui obbligato a seguire una carovana che si dirigeva a quelle stesse parti. Non le parlo di questo viaggio; dovrei ripetere qui poco più , poco meno tutto il già detto nella mia corrispondenza anteriore. E poi un solo era il mio gran desiderio, uno solo il pensiero che tutto mi preoccupava : arrìvar presto per togliermi da quell'incertezza crudele che tanto mi faceva soffrire. Si è per questo che io non vedeva nè il bello nè il brutto del viaggio ; sprezzava i pericoli che incontrava, mi parevano lunghissime le notti, perchè durante esse non poteva viaggiare ; e forse era spietato colla povera bestia che mi portava, la quale , sebbene galoppasse del suo meglio, pure mi pareva ancora troppo lenta la sua corsa. Già mi era rassegnato a vederla scoppiare nel momento che avessi potuto mettere il pie' a terra e volare al fianco di Monsignore, senza pensare che del cavallo avrei avuto assoluto bisogno per ritornare a Chillan.
Finalmente, dopo 4 giorni di monta e cala, come a Dio piacque , senza il minimo inconveniente, arrivai in vista della casa-capanna nella quale soffriva Monsignore. Era il giorno 24 alle 10 del mattino...
D. EVASIO RABAGLIATI.
Pericolosa caduta di Monsignor Cagliero
1° Missioni nel deserto.
Durante quattro mesi , la nostra missione nel deserto fu benedetta in un modo particolare da Dio e coronata di ben copiosi e consolanti frutti. I punti toccati erano Negro Muerto, ChoelChoel, Chichinal, stabilimenti S. Flora, Roca e las
Cavañitas, siti sulle sponde del Rio Negro. Indi trascorse 90 leghe sulle rive del Neuquen e Rio Agrio, facemmo due altre stazioni: una in Codihue e l'altra in Norquin , situato ai piedi delle Cordigliere, dove Monsignore benedisse una cappella provvisoria dedicandola a S. Rosa di Norquin , nominandovi a cappellano D. Bartolomeo Panaro. Quindi entrando nelle falde delle Cordigliere verso il nord passammo i fiumi Trocuman, Reinileo, Arileo, Lileo y Nehueve confluenti del Neuquen sulle cui sponde facemmo altre quattro stazioni.
A Malbarco ci trovammo vicini alle sponde del Rio Nehueve in un luogo detto Aguas Calientes (a cagione di una sorgente d'acqua tiepida nell'inverno) a 18 leghe distante da Norquin verso il nord. Avevamo percorse felicemente 250 leghe evangelizzando le genti che incontravamo per via. In questo lunghissimo viaggio fummo sempre bene accolti e ben trattati dalle autorità militari e civili e da altre persone private a cui siamo debitori della nostra gratitudine per le attenzioni ricevute. Ed in particolare lo siamo al sig. Lucas Becerra, in casa del quale fummo ospitati durante una missione di quattro giorni. Questo signore io l' aveva già conosciuto l' anno 1883, durante gli otto giorni di una missione. Esso e la sua consorte essendo eccellenti cattolici , sogliono i Missionarii Salesiani far quivi una stazione, quando passano per queste parti. Eravamo alle Cordigliere de los vientos.
2° Partenza da Malbarco. - Primo giorno di viaggio sulle Ande.
Il giorno 2 di marzo verso le ore due pomeridiane , finita la Missione in Malbarco , ci preparavamo per un' altra che dovevamo dare in un luogo detto Chacay Mlei-hue , distante di qui sette leghe. Fina a questo punto eravamo stati portati dai nostri cavalli docili e conosciuti; perciò non ci successe nessuna disgrazia. Ma questi essendo omai stanchi e macilenti, pensammo lasciarli liberi per qualche mese e farci imprestar nuovi cavalli da questi buoni vicini.
Non l'avessimo mai fatto. Monsignore sembrava presagire qualche disgrazia, e perciò di mala voglia si rassegnò a montare un cavallo sconosciuto, sebbene a giudizio del padrone fosse docile. Palesando il suo rincrescimento a coloro che lo accompagnavano : - Che dura necessità é mai questa, disse, aver noi tanti cavalli e non potercene servire perché troppo stanchi! Ma pazienza ! Non posso lamentarmi perché mi lamenterei della carità che mi fanno. - Quindi si raccomandò di gran cuore a Maria SS. Ausiliatrice, perché volesse coprirlo col suo manto di madre e difenderlo.
Partimmo accompagnati dal padrone di casa signor Lucas e da otto signori, che in ossequio . al Vescovo ed agli altri Missionarii, volevano venire fino a metà del cammino. Il nostro scopo era di portarci sulle rive del fiume Curileo per farvi due stazioni ; quindi una terza nelle vicinanze del Rio Malbarco che sarebbe stata l'ultima; e di là intraprendere il viaggio pel Chilì valicando le Cordigliere nella direzione di Chillan.
Nel cammino discendemmo per tre quarti d'ora le profonde rive del Rio Nehueve. Lo guadammo e, dopo d'aver valicato un alto monte, scendemmo nel profondissimo letto del Neuquen, fiume non senza copia di acque, che passammo a poche leghe distante dalla sorgente. Quindi, seguendo un sentiero che serpeggiava qua e là, seminato di sassi, sterpi e macigni, ci arrampicammo su per la costa di un altro monte e fummo a passar la notte in una capanna abbandonata, sita in una bella oasi, con una piccola sorgente di acqua cristallina. I suoi proprietarii presentemente vivono nella veranada, ossia nei prati che trovansi nel seno delle Cordigliere. Confortato lo stomaco con un saporito puchero, preparatoci dalla caritatevole nostra scorta, allegramente ci riposammo nel nome del Signore.
3° Sinistri presentimenti. - Monsignor Cagliero cade da cavallo.
La domane, appena albeggiò, fatta l'orazione del buon Cristiano e preso il mate invece del caffè, sellammo i cavalli. Avendo disposto il tutto per la marcia, salutammo sei di quei signori, fra i quali Lucas Becerra, i quali tornavano alla loro case, restandone con noi ancora tre, i quali, con sacrificio più penoso, avevano deciso di accompagnarci sino al luogo destinato per l'ultima fermata e Missione.
Ci guidava un Vaqueano o pratico dei luoghi e venivano con noi alcuni mercatanti Chileni, che ci seguivano nell'intento di approfittare della Missione per vendere le loro merci. Camminavamo tutti allegri e sani con un fresco venticello ed ascendevamo una sierra detta MalaCouhuello, parola indigena che suona: corale del cavallo. Qui appunto il buon Dio ci aspettava per regalarci una parte della croce del suo Divin Figliuolo Gesù.
Prima della partenza il nostro caro Monsignore preoccupato sempre da una non so quale previsione che dovesse succedere alcun sinistro avvenimento, ci avvertì di osservare che gli si accomodasse ben ferma la sella. Così si fece, ma non valsero tutte le precauzioni ad evitare la disgrazia. Avevamo appena percorso un paio di miglia su per la vetta di quell'alto monte , quando repentinamente scorre indietro al cavallo di Monsignore il sottopancia. Quell'animale all'istante si inquieta, saltella , s'infuria e mena calci disperatamente , sicché la sella andò da banda. Quindi si dà a precipitosa fuga per il pendio di quel monte, per burroni e fra grossi macigni sporgenti. Il poricolo di Monsignore era terribile.
Noi al vederlo in tale cimento soffrimmo i dolori di una angosciosa agonia. Avremmo voluto arrischiare e perdere la nostra vita per salvare la sua : ma il timore di spaventare di più il suo cavallo ci fece star fermi ed immobili. Dio mio, Dio mio, aiutatelo ! Il nostro pensiero frattanto era sospeso e tutto concentrato in una inevitabile sventura, di cui non potevamo sapere le conseguenze.
Ma Dio volle che Monsignore conservasse
sangue freddo e presenza di spirito, sicché, abbandonandosi nelle mani di Maria SS., si gettò giù da cavallo in uno spazio ove erano meno pietre e più piano e largo il sentiero. Tutto ciò fu cosa di un minuto. Così evitò la morte, perchè, se avesse dato del capo in quei macigni , Dio mio, sarebbe andato in frantumi. Con tutto ciò la caduta non poteva essere che grave.
Corremmo in suo aiuto, lo alzammo dal suolo, lo interrogammo come stesse e se fosse ferito , ma non poteva parlare, e con grande sforzo traeva un tronco respiro che così gli durò per due ore. Nel cadere egli aveva invocata Maria. Dovrà dirsi che la sua preghiera non fu ascoltata? Che Maria Ausiliatrice abbia negata la sua protezione ad un figlio prediletto che l'implorava ? Tutt'altro. Se Maria permise la caduta, non permise però che fosse mortale, come doveva esserlo a giudizio di tutti. E poi chi gli diede serenità di mente, tranquillità di cuore fino ad essere faceto anche in mezzo ai dolori ed agli spasimi ?
Infatti quando rinvenne ed appena riebbe l'uso della parola, gli sfuggì di bocca un motto che tranquillizzò la sua gente. Vedendosi attorno i confratelli tutti mesti e cogli occhi gonfi di lagrime : - Nada, nada; niente, niente; non è nulla ! - E chiamato a sè D. Milanesio , che pareva il più afflitto di tutti e inconsolabile, gli disse, per calmare quell'affanno e fargli animo - E perché piangi, mio caro D. Milanesio ? Perchè piangete tutti così ? Non vi affliggete di troppo ; non è poi caso disperato il mio. Non fate come i bambini. Di tante costole che ho, credo di averne rotte solamente due; e vi par molto ? Una o due di meno è cosa da nulla. Coraggio, miei cari, coraggio. Passerà anche questo. Consolatevi e state allegri. - E poi alzando gli occhi al cielo e sforzando più forte la voce: - Oh, disse ; il Signore ha voluto così, e così sia; sia fatta adesso e sempre la sua santissima volontà. Maria Ausiliatrice, pregate per me. -
4° Tranquillità d'animo in Monsignore.
Ripreso sentore, il buon vescovo incominciò a provare i dolori della caduta. Sullo stesso luogo preparammo un letticciuolo coi nostri drappi e coperte della montura e quivi lo adagiammo, perchè non era possibile andare più oltre. Subito mandai a chiamare quei signori che un'ora prima si erano con entusiasmo separati da noi. Per fortuna il passo del Neuquen li aveva trattenuti alquanto, sicchè in breve ebbero l'avviso. Costoro al sapere la disgrazia volarono sul luogo fatale del disastro, e tale fu l'impressione provata, che il loro sembiante apparve del colore della morte.
Il signor Lucas Becerra, che ama Monsignore con tutto l'affetto con cui un figlio ama suo padre, vedendolo in quello stato e credendolo agli estremi, non potè frenare le lagrime. Monsignore, che se ne accorse, cercò d'infondergli coraggio, gli porse la mano , ed accompagnando le parole con un sorriso, gli disse : - O mio caro signor Lucas, ho bisogno di lei adesso; non saprebbe indicarmi se in queste vicinanze si potrebbe trovare un qualche fabbro-ferraio ed invitarlo a venir presto
Il nostro amico , che non comprese la facezia di Monsignore, credè in sulle prime che vaneggiasse; ma poi, parendogli che avesse parlato sul serio : - Sì, Monsignore, rispose; è difficile, ma non è impossibile ; con un poco di tempo e di pazienza si potrebbe trovare: - Credette certamente che si trattasse di ferrare i cavalli. E per accertarsene volle interrogarlo:
- Ma mi dica, Monsignore : Perchè mai vuole qui il fabbro-ferraio ?
- Oh bella! rispose Monsignore col sorriso sullo labbra e stringendogli più forte la mano perchè lo capisse; oh bella! perchè mi aggiusti queste due costole che ebbero la disgrazia di rompersi o di uscire di posto nella caduta!
Chi direbbe mai che chi parlava così avesse il pallore della morte sul volto e potesse giudicarsi presso alle porte dell'eternità? Eppure è così. Monsignore soffriva, ma non voleva che gli altri soffrissero per causa sua; perciò si sforzava con queste ed altre facezie di consolarli alquanto , e l'ottenne , poichè da quel momento entrò nel cuore di tutti la dolce speranza che , se la disgrazia era grande, non era però senza rimedio. Monsignore sperava bene e con lui speravano bene tutti i presenti.
Intanto il cavallo, che era stato causa della caduta di Monsignore, si era fermato ad una lega di distanza, ai piedi di un'alta rocca, avendo nella sua corsa vertiginosa seminato qua e là gli attrezzi della montura, rompendoli in parte. Il signor Matteo Villogra , nostro Vaqueano , ed i due negozianti in venti minuti lo aveano raggiunto, afferrato e quindi ricondotto.
5° Prime cure. - Consultazione. - Deliberazione.
Erano già le otto del mattino ; il sole incominciava ad essere alto ed insoffribile; non vi erano nè alti cespugli, nè fontane per refrigerare l'arsura della lingua. Si mandò per acqua alla distanza di due miglia. In quanto all'ombra, non avendone altra, ci servimmo di quella di una rocca. Colà traslocammo Monsignore coll'aiuto di quattro uomini, poichè non poteva più dare un passo, ne reggersi in piedi per i dolori gravi che sentiva alla vita. Mentre stavamo pensando al modo di calmare le sue sofferenze, non avendo rimedio di farmacia, ci venne in pensiero quello descritto dal Vangelo e usato dal pio Samaritano. Non avendo olio, facemmo uso del solo vino, di quel vino che portavamo per la celebrazione della santa Messa. Due erano le ferite, cioè due coste nel fianco sinistro che si slogarono , rompendo le carni e ammaccando alquanto il polmone : tutto il femore sinistro sino al ginocchio si trovò solamente contuso. Io stesso versai il vino sulle ferite , le fregai e le fasciai con un fazzoletto. Dopo aver ripetuta varie volte questa operazione, feci trangugiare a Monsignore alcuno cucchiaiate di vino. Queste cure lo ristorarono
In seguito ci consultammo sul da farsi. Non avevamo alimenti. I raggi del sole erano così infuocati che davano a temere altri guai, tanto all'infermo come a noi. Due erano i pareri : o fare una capanna in quello stesso luogo con arbusti, o trasportare Monsignore sulle sponde del Neuquen. Ma insorgevano difficoltà gravi per effettuare tanto l'uno che l'altro progetto. Subito presi con me due di quelli uomini, armati di grosso coltello, per tagliare rami di arbusti e per improvvisare la capanna ; ma ciò non fu possibile. Cercammo un altro luogo ombroso e non si trovò che il profondo letto di un torrente asciutto, le cui alte rive potevano , se non del tutto , almeno in parte , difendere Monsignore dai raggi dei sole. Laggiù si doveva trasportarlo nel caso che non fosse possibile giungere alle rive del Neuquen. Mentre io andava e veniva affannato in queste diligenze, non so se per debolezza o piuttosto per colmo di afflizione , non potei più frenarmi e ruppi come un fanciullo in dirottissime lagrime.
6° Si ritorna a Malbarco. - Viaggio penoso.
Ritornato dove stava Monsignore circondato da tutti gli altri, ci consultammo una seconda volta, e non vedendo modo migliore per proteggere l'infermo che l'avvicinarci più al Neuquen, eziandio nel caso di non poter giungere alle sue rive, consigliammo Monsignore ad avere pazienza e soffrire gli scuotimenti del cavallo per il tratto di una lega.
- Fate tutto ciò che vi pare, rispose.
Sebbene egli incontrasse molta difficoltà in sorreggersi, tuttavia tentò l'impresa. Quattro uomini lo posero sopra un cavallo di andatura soave, appartenente ad un buon vecchio settuagenario chiamato Filoteo Sanmartin. Costui aveva convenuto con Monsignore di mettere i proprii cavalli a sua disposizione per quel viaggio al Chilì.
Uno di quei buoni signori si assise in groppa sullo stesso cavallo e sorreggeva Monsignore , mentre due altri lo accompagnavano ai fianchi, per sostenerlo in caso di uno svenimento. Io poi, affidando la cura del mio cavallo a Zanchetta , camminava a piedi, traendo per la briglia quello di Monsignore e facendolo passare dove era meno sassoso l'aspro sentiero. Eravamo a metà dell'altura. Camminammo per circa due ore per la china di quel monte, seminato di sassi, sterpi e spine, non senza molta difficoltà e dolori per parte del nostro infermo, dolori che egli tempeperava coll'invocare spesso i nomi di Gesù e di Maria.
Percorse circa tre miglia , giungemmo sulle rive del Neuquen. Monsignore non ne poteva più dalla stanchezza e per mille sofferenze che gli strappavano ad ogni istante nuovi gemiti. Lo calammo giù da cavallo e lo adagiammo sopra di un letto improvvisato con giunchi, all'ombra di una piccola capanna disabitata. Quivi si rinnovarono le solite operazioni, versando vino sulle parti lese e fregandole diligentemente.
Monsignore non potendo respirare per le fitte che gli cagionava il polmone sinistro aveva detto scherzosamente : - Tutto va bene, ma i mantici non soffiano.
Ma quantunque paresse aver provato qualche refrigerio, ciò nondimeno il male prendeva nuove forze, e ciò faceva temere, che per quel giorno non avremmo più potuto rimetterci in cammino. Passate le ore del caldo più intenso, trattammo della partenza. Monsignore fece uno sforzo, si alzò, ma non poté reggersi e svenne. Lo sostenemmo, ed egli appoggiando la testa ed il corpo ad uno di noi, stette così alcuni minuti, finchè rinvenne. - Andiamo ! disse con voce fioca ; a cui rispondemmo : - Andiamo !
Lo sollevammo sopra del cavallo, e ciascuno prendendo il suo posto di prima, partimmo. Io a piedi continuava a tirare a mano il suo cavallo e solamente montava il mio nel passare a guado il fiume Neuquen ed il Rio Nehueve. Guadato il primo, continuammo la marcia per un piccolo ed unico sentiero che per lo spazio di due leghe andava serpeggiando, ascendendo talvolta un'altissima rupe, per discendere tosto in un profondo burrone e poi passare sul dosso di uno scarpato macigno, che ci faceva vedere là giù in fondo un profondo abisso.
Già è notte, ma il cielo ci favorisce colla debole luce della luna. Giunti sulle rive del Rio Nehueve, temevamo per le difficoltà che presenta il suo letto largo e gremito di grosse pietre. In effetto il passarlo ci diede molto fastidio e pena per ciò che soffriva Monsignore dalle scosse che davagli il cavallo, nel porre le zampe su tante grosse pietre. Avrebbe potuto sdrucciolare da un momento all'altro, tanto pìù che portava due pesanti uomini sul suo dorso. Senonchè Maria Santissima Ausiliatrice , a cui il nostro infermo si raccomandava continuamente , ci protesse così , che potemmo uscire dal fiume senza deplorare nessuna disgrazia. Salita quindi un'alta rupe di un altipiano, situato alle falde di un ramo delle Cordigliere, fatto ancora un chilometro di cammino, arrivammo alla tanto sospirata casa del signor Lucas Becerra a due ore di notte.
7° Il medico di Monsignore. - Una lettera a Chillan e carità dei frati Francescani. - Affetto degli Indii per Monsignore.
Monsignore era sfinito all'estremo , sicché la credemmo una grazia del cielo che avesse resistito fin qui. La signora di D. Lucas , avvisata già dell'accaduto, tenevagli preparato un morbido letto e qualche coserella da ristorarlo. Lo trasportammo in casa, ringraziando Iddio e Maria Santissima Ausiliatrice per averci tanto favoriti.
Da questa notte in poi nostra cura principale è stata accudire Monsignore nella sua infermità. Io e D. Panaro di giorno, e Zanchetta di notte. In quanto ai rimedii, siccome non avevamo farmacia, il signor Lucas che per somma ventura è uomo intelligente et habet gratiam curationum, lo assistette con gran diligenza e gli somministrò rimedii silvestri preparati con erbe , radici e corteccie di arbusti. Ciò fece con tanto buon esito che il nostro infermo migliorava sensibil mente ogni giorno. È veramente ammirabile quest'uomo !
Appena Monsignore gli manifestava un dolore, un incomodo, applicavagli subito qualche rimedio, che arrecavagli sensibile sollievo. Se era la febbre, davagli una bevanda che gliela faceva cessare; se la respirazione lo opprimeva, eccoti unapozione che dopo pochi minuti gli facilitava il respiro. Una notte Zanchetta ci risveglia con premura e ci annunzia che Monsignore non può respirare, perchè gli doleva molto il polmone. Il signor Lucas prepara subito un'altra bevanda, la quale gli concilia il sonno, lo libera dal dolore, per cui dormì tutto il resto della notte.
Con tutto ciò non credemmo di dover trascurare quei rimedii che suggerisce la scienza. Perciò il giorno dopo la dolorosa caduta, mandai espressamente un uomo al Chilì , accompagnandolo con una lettera diretta al Padre Guardiano dei Francescani in Chillan , in cui gli esponeva la nostra disgrazia e gli dava nota di quei rimedii, che secondo il giudizio del signor Lucas erano più a proposito pel nostro infermo. Questo uomo valicò le Cordigliere e ritornò, dopo dieci giorni, coi rimedii indicati, e con una piccola provvigione di vino generoso e viveri che i buoni Padri di S. Francesco ebbero la carità di inviarci da Chillan. Il Padre Bonaventura Gacitua, Superiore di quel convento , ci scrisse una lettera, colla quale esprimeva il suo cordoglio con quello di tutta la Comunità per la disgrazia di Monsignore. In questo frattempo avevo spedite due altre lettere , una a Buenos-Aires, l'altra a Patagones per informare i confratelli dell'accaduto.
Monsignore, sebbene lentamente , migliorava ogni giorno. I primi quattro giorni di sua infermità li passò con una febbre assai forte, accompagnata da dolori acutissimi di polmoni, soffrendo per un'assai penosa e stentata respirazione; ma poi a poco a poco questi mali incominciarono a calmarsi. Era consolato nel vedere quei buoni cristiani di Malbarco che venivano a schiere domandando di sue notizie e portandogli ciascheduno alcuni regali di uova, galline, frutta, verdura, con una cordialità commovente.
8° Convalescenza. - Arrivo di D. Rabagliati. - È stabilito il giorno della partenza. - La prima messa dopo la caduta.
Finalmente il giorno 12 di marzo Monsignore si alzò da letto per la prima volta e mosse alcuni passi per la camera.
Il giorno 13, domenica fece uno sforzo, entrò nella cappella e amministrò la Cresima a venti persone. Dopo volle parlare, ma non potè dir altro, se non che dichiarare che la sua caduta da cavallo era stata mortale, e che per una grazia speciale di Maria Ausiliatrice, cui poco prima erasi raccomandato, era stato liberato dalla morte. Invitava perciò tutti ad unirsi a lui per dar grazie a Dio e a Maria di avergli conservata la vita. Mentre ciò diceva, l'emozione lo sorprese di tal maniera , che , sentendosi sfinito , dovette troncare sul momento e ritirarsi. Rimessosi in letto, non si alzò più se non dopo sette giorni , dopo i quali incominciò a sedere con noi a pranzo e a passeggiare più ore al giorno.
Eravamo al 24 di marzo, quando ci giunge una sorprendente e grata notizia ; essersi visto a poca distanza un sacerdote che veniva alla nostra volta. Subito abbiamo fatto varie supposizioni per indovinare chi potesse essere. Sullo prime pensammo che fosse D. Scavini Spirito, ma dai connotati che ci dava chi avealo, incontrato ci persuademmo essere D. Rabagliati. Infatti un'ora dopo egli comparve sull'uscio della capanna, coperto cori un poncho alla maniera di un gaucho del campo. Quale sorpresa per Monsignore! Ei non sognava neppure di ricevere la visita di uno dei suoi figli del Chilì , tanto più che neppure aveva avuto sentore dell'arrivo dei Salesiani alla Concezione. Credeva che il cholera, scoppiato in quasi tutte le città del Chilì , avesse impedita o almeno ritardata la loro partenza da Buenos-Aires. Nessuno può esprimere la soddisfazione provata da tutti noi alla vista di un confratello, che credevamo assai lontano e che ci pareva piovuto dal cielo.
D. Rabagliati rimase senza parola nel veder Monsignore, perchè, non ostante le notizie avute, non credeva di trovarlo tanto abbattuto ed in uno stato così deplorevole. Ma si tranquillizzò subito e rese grazie a Dio ed a Maria Ausiliatrice, quando noi lo assicurammo essere Monsignore fuori di pericolo e già in convalescenza.
Monsignor Cagliero era impaziente di ripigliare il viaggio, ma il giorno della partenza era stato fissato dal signor Lucas Becerra suo medico e curandero : - Fino al 28 marzo non sarà possibile partire, diceva il signor Lucas a Monsignore. S. S. Ill.ma è ancora troppo debole il cammino è aspro, difficilissimo e lunghissimo... non vi sono per istrada ranchos, nè comodi nè incomodi dove alloggiare : non si trovano che disagi e pericoli; bisogna mangiar male e dormir peggio... Il più piccolo inconveniente potrebbe essere causa di una crisi seria. Abbia pazienza , Monsignore; non perdiamo nulla protraendo di qualche giorno la nostra partenza , ma guadagnamo molto. - E mise il cuore di tutti in pace e si attese il giorno 28
Il giorno 25, festa dell'Annunciazione di Maria Santissima, per la prima volta dopo la sua caduta, Monsignore celebrò la S. Messa , distribuì la S. Comunione a diciotto persone, amministrò il Sacramento della Confermazione ad altrettante e si sentì dì fare un discorsetto ai novelli soldati di Gesù Cristo. Ma dopo la funzione si trovò talmente spossato che dovette rimettersi a letto per riparare le forze con un po' di riposo
D. DOMENICO MILANESIO.
(Continua.)
ILL.MO E REV.MO SIG. D. Bosco,
Amatissimo Padre! Voglio raccontarle una bella grazia di Maria SS. Ausiliatrice della quale sono stato testimonio oculare.
Avendo io saputo in Rio Janeiro che una signora fazendeira di nome Antonia Lodovica Mascarenhas , buona cooperatrice salesiana , si trovava gravemente ammalata nella fazenda, temendo non si fosse ancor confessata, essendo la sua abitazione lontana dalla parrocchia, decisi di andarla a visitare. Io doveva partire per la mia missione e partii il 21 agosto con Manuel Fonseca coadiutore, sul treno delle 7 antimeridiane, ed arrivai alla stazione di Ubà alle 2 pomeridiane. Da questo punto alla fazenda restano ancora da percorrere a cavallo tre leghe e vi giungemmo alle 6 e 1/2. La famiglia che già ci conosceva appena ci vide, rimase sommamente contenta e ripeteva che proprio il Signore mi aveva colà mandato per dare all'agonizzante l'ultima assoluzione. Tutti mostravano vivo desiderio che io mi fermassi finché la povera signora non avesse mandato l'estremo respiro. Da due giorni l' ammalata non parlava più e si diceva che più non dava segno di conoscere i parenti che le stavano d'intorno. Io però non tardai ad avvedermi che vedeva tutto e tutto udiva, benché sembrasse fuori dei sensi. Rimasto solo le indirizzai alcune parole per eccitarla ad atti di vero dolore e senz'altro l'assolvetti e le diedi la benedizione con l'indulgenza in articulo mortis.
Quindi con tutta la famiglia recitammo alcune delle preghiere dei moribondi e le litanie. Ciò fatto diedi pure alla morente la benedizione di Maria SS. Ausiliatrice. Intanto il medico che poco prima aveva detto la morte essere quasi imminente, avvicinatosi al letto, esclamò con sorpresa che il polso dell'ammalata era migliorato. Allora uscii dalla camera dicendo che se vedessero un peggioramento, mi chiamassero.
All'indomani mattina confessai alcune persone della famiglia, le quali si comunicarono nella messa che io volli offrire al Sacro Cuore di Gesù ed a Maria SS. Ausiliatrice per l' ammalata. Verso notte aggravandosi lo stato di questa fui chiamato in fretta in fretta e siccome tutti ed anche il medico asserivano che stava in agonia, e infatti pareva proprio che dovesse spirare da un momento all'altro, ci mettemmo tutti in ginocchio; le diedi una seconda volta la benedizione di Maria SS. Ausiliatrice ; poscia domandai nel mio cuore alla Vergine che volesse concedere alla moribonda la grazia di conoscere e parlare co' suoi parenti, giunti in quello stesso giorno da lontani paesi. Subito però mi parve temeraria quella mia supplica e pensai: Chi sono io, o mia buona madre, per chiedervi con tanta confidenza questa qrazia? Ma quanto è mai buona Maria SS. Ausiliatrice! Con grandissimo stupore di tutti la signora da quel momento incomincia a star meglio , passa la notte più tranquilla e incomincia a riconoscere chi a lei si avvicina. In sul mattino mentre mi preparava per la celebrazione della S. Messa, mi vengono a dire che essa parla e mi chiama per confessarsi. Ecco le parole che essa pronunciò Que do Padre que esteve aqui hontem de noite a minha cabeceira ? Dov' è quel prete che ieri di notte stette qui vicino al mio capezzale? E' aquelle a quem a Senhora deu da outra vez a esmola. È quel tale le risposero, a cui ella diede l'altra volta la limosina.
Ah! é aquelle que cantou nao é? chamem a elle quero me confessar; as senhoras hontem se confessarao e eu tambem quero. Ah! riprese l'ammalata , è quello che cantò non è vero? Lo chiamino, mi voglio confessare; esse ieri si sono confessate; io anche voglio confessarmi.
Entro nella sua stanza e la trovo seduta sul seggiolone. Mi guardava. Dopo varii mesi di dura malattia e dopo l'agonia sofferta, stando due giorni senza parola, aspettando ad ogni istante l'ultima ora, udirla in quell'istante confessarsi con tanta tranquillità e con tanta lucidezza di mente, come si potrà negare che Maria SS. Ausiliatrice non abbia messa la sua santa mano sul capo di quella buona signora?
Siccome sentivasi pure la gola libera da poter nuovamente inghiottire, le amministrai, con tutte le cerimonie prescritte, il santo viatico, durante la messa. Oh come fu bella, commovente, ed edificante quella funzione! Più di dieci suoì parenti assistevano all' augusta cerimonia senza contare quei della casa e del vicinato.
Là pazienza e la rassegnazione dell' ammalata unita a quanto sopra descrissi erano per la famiglia motivi di grande sollievo. Il 27 la signora peggiorò, il 28 era entrata la seconda volta in agonia. Nel mattino del 29, giorno del cuore purissimo di Maria , sono chiamato in fretta per. assisterla negli ultimi suoi istanti, ma dopo un' ora mi decisi di andare a celebrare la messa per lei, persuaso che aspettava questo regalo per poi me-rire. Nella santa Messa pregai la Vergine benedetta che se la sua morte era decretata , se la pigliasse con sé in paradiso in quello stesso giorno dedicato al suo sacro Cuore, poiché il purgatorio pareva che l'avesse già scontato con quelle lunghe agonie.
Finita la messa mi vengono a dire che l' ammalata migliorava e che aveva potuto prendere un po' di brodo. Tutti asserivano che in quello stato avrebbe ancor vissuto molti giorni , ma io diceva; - Muore oggi sicuramente; lo vedranno. - Mi, pareva impossibile che Maria SS. Ausiliatrìce non volesse condurre in cielo con sè la sua divota, in quel bel giorno del suo sacro Cuore. Di fatti verso le 9 e 1/2 di sera spirava, standole io al fianco. Che bella morte!
Mi voglia scusare se abusai troppo della sua bontà con questa mia lettera. Mi benedica e preghi la Vergine che mi voglia tenere sotto il suo preziosissimo manto. Oh quanto ne ho di bisogno !
I confratelli tutti mi lasciano di presentarle i loro ossequi.
D. V. S. Rev.ma
Unil.mo e obbl.mo figlio
D. CARLO G. PERETTO. 16 ottobre 1536, Collegio S. Rosa
Non possiamo fare a meno di notare una cara circostanza. Il missionario non dimentica l'ele mosina ricevuta e non chiamato accorre ad assistere la sua benefattrice. Il Signore la premia col darle tutta la comodità di ricevere i Santi Sacramenti. Maria SS. Ausiliatrice come Madre amorosa la consola e la rallegra in più modi. I fatti dimostrano sempre quel che insegna lo Spirito Santo che la elemosina fa trovare grazia e misericordia al cospetto di Dio.
Anche in quest'anno nella Casa di Maria Ausiliatrice in Nizza Monferrato avranno luogo 10 giorni di Esercizi spirituali per le maestre ed altre pie signore e Cooperatrici Salesiane che desiderassero di attendere colla dovuta tranquillità di spirito alle cose dell'anima e dell'eternità.
Un buon numero di esse vi presero parte negli anni scorsi con viva loro soddisfazione; e speriamo che altrettanto sia per avvenire nell'anno presente.
Pertanto, desideroso di fare il maggior bene possibile alle anime, il sig- D. Bosco fa loro caldo invito ad intervenire numerose; e qualora non potessero recarsi quelle degli anni passati, egli le prega ad inviarvi in loro vece le proprie figliuole o sorelle , oppure indirizzarvi altre pie donne o donzelle del paese, conoscenti od amiche.
La pensione è fissata a L. 20; per le maestre o per più persone della stessa famiglia a L. 15 per testa.
Gli Esercizi comincieranno la sera del 1° agosto e termineranno il mattino del 10. Essi saranno dettati da Sacerdoti Salesiani.
Chi intende di prendervi parte è pregata a significarlo, non più tardi del 30 luglio, alla Superiora delle Suore di Maria Ausiliatrice in Nizza Monferrato.
Nizza Monferrato ha stazione propria colla linea ferroviaria di Alessandria-Cavallermaggiore.
Il giorno 18 (sabato) del mese di giugno, nella chiesa di Santa Maria Ausiliatrice di Torino si cantava una Messa. solenne in suffragio del compianto nostro teologo Giacomo Margotti. Una divota inscrizione posta sul frontone della chiesa invitava i fedeli ad accorrervi per pregare la pace eterna al valoroso scrittore ed all'amico generoso dei poverelli. Fu Don Bosco medesimo che volle così rimeritare l'affetto che il teologo Margotti portava a lui ed alle opere sue. Perché, come si legge di Gesù che in vita avendo amato i suoi discepoli, non li dimenticò quando si preparava alla passione ; così il buon teologo Margotti aveva voluto ricordarsi in morte di D. Bosco e de' suoi figli. Il funerale che perciò si fece nella chiesa suddetta doveva essere per loro un atto di gratitudine verso quello spirito eletto. Noi davanti a quest'altare ricoperto di gramaglie, su cui campeggiava la croce irradiata da altissimi candelabri ; alla vista del catafalco che alto e tutto illuminato si ergeva maestoso sotto alla gran cupola; tra le meste armonie della musica santamente composta da monsignor Cagliero, ed in mezzo ad un numeroso popolo accorso, noi più volte abbiamo pensato come il nostro compianto amico e padre era pur tanto amato su questa terra ! Ci commosse la numerosa Comunione che i giovanetti fecero anche in quel dì per l'anima del compianto estinto. Cantava la Messa monsignor Leto , vescovo di Samaria, e vi assisteva pontificalmente monsignor Manacorda, vescovo di Fossano. Quest'ultimo, stato già amico di chi si suffragava e grande ammiratore dello zelo incomparabile del teologo Margotti, non potè ritenere nel cuore la piena dell'affetto che gli traboccava in quell'istante.
Perciò prima di fare l'assoluzione al feretro , e dare l'ultima volta il saluto all'amico nel nome del Signore, rivolto ai molti fedeli accorsi e specialmente ai giovanetti dell'Oratorio, abbozzava, con rapidi tocchi , la vita laboriosa e fedele del teol. Margotti. Raccomandava a tutti specialmente ciò che manca al nostro secolo , cioè la fermezza del carattere , che rese e renderà memoranda la carriera del teol. Margotti, il quale, senza voltare mai la mano o lo sguardo, pensò, scrisse e morì, volto sempre ad un solo ed indomito scopo, la difesa della Chiesa e del suo augusto Capo, il Papa. E qui rivolto ai giovanetti dell'Oratorio , che attendono agli studi, li incoraggiò a non aver altra mira che di lavorare con Dio e per Dio, e di studiare con l'intenzione di meglio conoscere e far conoscere Dio. - La sua parola, inspirata e commossa, tenne tutti gli animi a sé, e fece sentire più vivamente i meriti di chi si piangeva estinto e ci proponeva a salutare esempio. - Ci piacquero le inscrizioni che stavano ai quattro lati del feretro , ma specialmente quella che, compendiando la missione del teol. Margotti, così si esprimeva
CON I NOMI IMMACOLATI DI GESU', DI MARIA E DEL ROMANO PONTEFICE SOAVISSIMI ARGOMENTI DEL SUO STUDIO E AMORE MORIVA ADDI' SEI MAGGIO MENTRE LA CHIESA ONORaVA S. GIOV. EV. DI CUI EGLI PARVE IN TERRA SEGUACE E MODELLO PER INGEGNO, PER APOSTOLATO E PER CARITA'.