ANNO VII. N. 8. Esce una volta al mese. AGOSTO 1883.
Direzione nell' Oratorio Salesiano. - Via Cottolengo, N. 32 - TORINO
SOMMARIO - Un prezioso dono ossia il Cardinale Gaetano Alimonda Arcivescovo di Torino - Breve cenno sulla vita e sulle opere del nuovo Arcivescovo - La Festa di s. Gioachino giorno onomastico del Santo Padre - La Conferenza dei Cooperatori in Buenos Aires - Tratto speciale della divina Bontà verso Sofia Loescher e voti di affettuosi fratelli - L' onomastico del Padre e i Figli a mensa con lui - Una soddisfazione data ai Cooperatori Salesiani e un articolo dell'Unità Cattolica - Collegio convitto Valsalice presso Torino - Pellegrinaggio di Sacerdoti italiani ai piedi di S. S. Leone XIII - Preghiere solite a farsi ogni giorno nel Santuario di Maria Ausiliatrice - Il suono dell' organo nella Messa e nei Vespri - Bibliografia Salesiana.
La Chiesa di Torino, la Sede di s. Massimo, ebbe dal Santo Padre Leone XIII, tra le molte altre , una tale prova di affetto, che maggiore non avrebbe potuto desiderare.
Uno dei membri più illustri, che per ingegno, per sapere, per eloquenza, per pietà, per mitezza d'animo, per prudenza, per ogni sorta di belle doti di mente e di cuore, onori oggidì la Sacra Porpora, è senza verun contrasto il Cardinale Gaetano Alimonda, astro fulgidissimo della Chiesa Cattolica , onore di Genova sua patria, e glorioso vanto dell'Italia tutta.
Or bene, quest'uomo, per tanti titoli eminente, quest'uomo, che andrebbero meritamente superbe di possedere le prime Sedi del mondo, quest'uomo, dico, venne ultimamente dato dal Vicario di Gesù Cristo a Pastore, a Padre dei Cattolici Torinesi. Il dono è così prezioso, che il Sommo Pontefice non potè farlo, fuorchè in un trasporto di amore verso la città della Sacra Sindone e del SS. Sacramento.
La penna è inetta a descrivere la gioia, che si destò in ogni classe di cittadini allo spargersi della lieta notizia. Questa infatti tornò sì gioconda , che sul bel principio , come suole avvenire al primo annunzio di' un bene troppo più grande e superiore all'aspettazione, molti non le prestarono fede. Ognuno temeva, per così dire, che la notizia non fosse vera. Per assicurare gli animi, onde assaporassero tutto il dolce di sì cara novella, fu duopo un cenno pubblico sull'accreditato giornale « L'Unita Cattolica ». La nomina è ora un fatto compiuto; godiamo adunque ed esultiamo.
E per verità, ragione di godere e di esultare hanno non solo i Torinesi, ma tutti i Salesiani e la pia Unione dei loro Cooperatori; imperciocchè fin dai primordii di questa Istituzione il Cardinale Alimonda si degnò di onorarla del suo nome, e in ogni incontro la favori e promosse con ammirabile zelo. Vescovo di Albenga egli si recava di buon grado a prendere parte alla festa di s. Francesco di Sales nel nostro Collegio di Alassio, situato nella sua Diocesi, vi teneva eloquente ed affettuoso discorso, e si deliziava nel trattenersi coi nostri confratelli, trattandoli qual padre i proprii figli. L'anno 1878 ebbe la bontà di presiedere altresì alla Conferenza dei Cooperatori, e vi recitò un magnifico discorso. In questo , dopo aver promesso che egli pure erasi fatto ascrivere alla Pia Unione, ne lodò altamente lo spirito e lo scopo, e incoraggiò tutti a proseguirvi animosi. A quest'uopo egli insegnò loro come dovevano armarsi di quel triplice zelo, che tanto raccomanda s. Bernardo nelle opere buone, zelo cioè infiammato dalla carità, zelum tuum inflammet charitas, zelo informato dalla scienza e dalla prudenza, zelum tuum infórmet scientia, zelo infine rassodato dalla costanza, zelum tuum firmet constantia; quella costanza che non cede dinanzi alle difficoltà, le quali sempre attraversano le opere buone, e più ancora le ottime.
L'anno dopo, fatto Cardinale, e chiamato in Roma al fianco del Supremo Gerarca della Chiesa, l'Alimonda conservò, anzi accrebbe, se crescere ancor poteva, la sua benevolenza verso di noi. Assisteva immancabilmente alle Conferenze dei Cooperatori, che avevano luogo nell'Alma Città , vi diceva discorsi mirabili , perorando la causa delle opere Salesiane con un ardore ed una eloquenza impareggiabile. Una volta , trovandosi in mal ferma salute, stava per declinare l'incarico di parlare in un'Adunanza, da tenersi nella Chiesa delle nobili Oblate di Tor de' Specchi; ma dopo un breve riflesso si riprese e soggiunse: - « Veramente non mi sentirei nè di andarvi, e tanto meno di predicare; ma D. Bosco m'invita, e chi potrebbe rifiutarsi a' suoi desiderii? » - E vi andò e vi fece un discorso da pari suo.
Siccome in Torino esiste la Casa Madre della pia Società di s. Francesco di Sales, dalla quale dipende in gran parte il benessere e la prosperità dei molti Istituti a lei soggetti, così dai Salesiani e dai giovanetti loro affidati si fecero, per oltre a tre mesi, speciali preghiere che Dio per mezzo del sapiente e provvido suo Vicario ci volesse dare un Pastore, fatto propriamente secondo il cuor suo. Or chi conosce l'Eminentissimo Cardinale Alimonda, ed ormai lo conosce il mondo intiero, converrà nel dire che il Cielo esaudì pienamente queste preghiere; onde non ci resta che di sciogliere sin d'ora la lingua ai più vivi ringraziamenti, e fare i più ardenti voti che egli sia presto in possesso della sua Cattedra.
Crediamo che riusciranno cari ai Cooperatori e alle Cooperatrici alcuni cenni biografici del nuovo Arcivescovo di Torino, e qui li diamo, riproducendo in parte un articolo, che già ne pubblicavamo in questo medesimo periodico, nel mese di Giugno del 1879.
Il Cardinale Gaetano Alimonda nacque in Genova il 23 di Ottobre 1818. Compiuti i suoi studi, Sua Eminenza il Cardinale Placido Maria Tadini, allora Arcivescovo di Genova , lo ordinava Sacerdote il 10 di Giugno 1843. Nel 1845 il Canonico Giovanni Battista dei marchesi Cattaneo, Primicerio della Metropoli e Rettore del Seminario, conoscendo il bel genio che annidava nell'Alimonda , lo volle seco a Vice Rettore. Nel 1848 i rivoltosi cacciarono il Cattaneo dal Seminario, mostrando di rispettare il mite Alimonda; ma questi come adontato amò meglio seguire il suo maestro, e scriveva: -
Mi sento impaziente di sbrigarmi dal Seminario Vivere non potrei, se non piegando ai versi del mondo.... Ora scelgo d'andarmene incontaminato. In quell'anno medesimo pubblicò articoli di polemica religiosa nell' Armonia di Torino e nel Cattolico di Genova. Nel 1849, chi reggeva l'Archidiocesi , a sede vacante, il volle di nuovo in Seminario, chiestovi a grande istanza dalla gioventù studiosa, e l' Alimonda vi rientrava in qualità di Rettore, rimanendovi sino al 1853.
Qui ha principio una nuova e più splendìda carriera per l'Alimonda. Sentendosi portato alla predicazione, egli ardente di amore e di zelo per Dio e per le anime, si fece banditore della divina parola, e vi riuscì egregiamente, soprattutto nella polemica. Cominciò dalle orazioni panegiriche e dai ragionamenti sul dogma dell'Immacolata Concezione, che svelarono in lui il genio dell'Oratore. La sua facondia fu udita con plauso nelle città della Liguria, e in non poche del resto d'Italia.
L'anno 1864 Mons. Andrea Charvaz, Arcivescovo di Genova, gli affidava la difficile trattazione della Conferenze intorno al Sovrannaturale nella Metropolitana, le quali dovevano rendere immortale il suo nome.
Dando contezza di questo suo cómpito, l'Alimonda si esprimeva così : < Cristoforo Colombo scriveva ad Isabella di Spagna : - Il mondo conosciuto è troppo piccolo, e bisogna slargarlo; - e lo slargava di fatto aggiungendo ai vecchi Continenti l'America. Io diceva altrettanto ai miei contemporanei nelle Conferenze: Il mondo in che voi portate le vostra idolatrie, e in che di forza vi rinchiudete, è piccolo troppo per fermo; è il mondo dei sensi e della materia. Slarghiamolo, riaprendo sulle nostre fronti il mondo dello spirito e di Dio; sublimiamo i recenti acquisti coi vecchi patrimonii dell'umanità. »
Queste Conferenze prima predicate, e poi stampate in 12 volumi, furono accolte con ammirazione da tutti i dotti del mondo. Fra gli altri Cesare Cantù le chiamò un prodigio di scienza e di erudizione, ed affermò che più stupendo lavoro di apologia religiosa non sorse ancora in Italia, e forse mai non sorgerà.
Nel 1866 il prelodato Mons. Charvaz, annuendo al desiderio della colta cittadinanza di Genova , chiamò l'Alimonda alla prima dignità del Capitolo Metropolitano. Divenuto Canonico Prevosto , egli con potenza d'ingegno, con vasta erudizione, con robusta eloquenza continuò a svolgere il grandioso suo tema, a combattere e a conquidere gli errori dell'età, a difendere strenuamente la causa della religione e della Chiesa assalita, cogliendo allori ogni dì più gloriosi.
Udiamo nuovamente come egli parla, e impariamo a conoscere il grand'uomo che è l' Alimonda : - a La carne si sentiva stanca, così egli scriveva, non lo spirito, in me; ma la lotta dei figliuoli degli uomini contro i figliuoli di Dio imperversava nel mondo più tremenda che mai, ed un altro Arcivescovo , già mio precettore, che succeduto era a quel primo, Monsignore Salvatore Magnasco, e ardeva di zelo per la causa cattolica, m'infondeva ardimento, volevami saldo al mio posto. Allora io svolgeva l'argomento vitale dei Problemi del secolo XIX. Il nostro secolo mette ogni cosa in disputazione, respinge Dio, come afferma esso, al di là delle frontiere dell'universo, e io al contrario incontrava Dio da per tutto;... e con Dio la sua Chiesa. » - Qui l'illustre Porporato passa a dire delle armi da lui usate nella grande battaglia e prosegue così - « Nel condurre di questa polemica , che moveva contro gli increduli, io adoperava le armi che ai medesimi increduli riescono non discare. Si allega la rivelazione divina per opposta radicalmente alla umana ragione, la Chiesa cattolica per nemica al progresso sociale. Amai di sventare la calunnia famosa; e, per isventarla a dovere, presi abito di filosofo ed interrogai la ragione; assunsi il linguaggio dei dotti, e trassi a parlare la scienza; uomo incivilito feci appello alla civiltà. Cosa maravigliosa ! Trovai che la ragione umana affermava come la rivelazione divina ; trovai che la scienza, quando è verace e non bambina , parlava come la fede; intesi la civiltà ripetermi che teneva la sua culla ai piedi della Croce, e che storicamente fra le braccia della Chiesa era nata. Non di rado ebbi nelle mie conclusioni a compagni i miscredenti e gli atei , i quali in qualche émpito di verità promulgavano le armonie poste tra la terra e il cielo, tra la ragione e la fede. Erano i nuovi crocifissori, che si conturbavano dalla vetta del Golgota, protestando: Vere Filius Dei erat iste. Ah ! i crudeli non per questo si percuotevano il petto! - ».
Il valoroso Oratore in Genova non si saprebbe, se meglio facesse spiccare la sua dottrina , o la sua dolcezza, o la sua umiltà. Per nulla invanito di sè, era cosa consolante scorgerlo a trattare del pari col dotto forestiero, che si recava ad onore di fare sua personale conoscenza, e con un crocchio di amici, che ne ambivano la dolce conversazione. Egli sapeva farsi tutto a tutti, tutto specialmente ai semplici ed ai giovinetti. I fanciulli del Collegio degli orfani sel vedevano sovente in mezzo di loro a godere di loro gioie innocenti.
Ora un ecclesiastico di così esimie virtù ben meritava di essere collocato sopra un alto candelabro, onde meglio risplendesse nella Chiesa di Dio ; ad un soldato di tanto valore si conveniva nel campo un posto più eminente , e il Pontefice Pio IX, di santa memoria, ve lo poneva, eleggendolo a Vescovo di Albenga nel Concistoro del 21 Settembre 1877.
Come in Genova, così in Albenga Mons. Alimonda divenne ben tosto la delizia del clero, del nobile, del popolo. Ma quella Diocesi aveva appena cessato dalle feste di ricevimento, quando, con indicibile dolore, se lo vide rapire. Leone XIII, che altamente stimava l'Alimonda per le sue doti e pei segnalati servigi resi alla causa cattolica , nella sua prima creazione di Cardinali, fatta nel Concistoro del 12 Maggio 1879, lo volle decorato della Sacra Porpora, e chiamollo presso di sè, per giovarsi dell'opera sua e de'suoi consigli nel governo della Chiesa universale. Dopo appena 4 anni, il Santo Padre se ne priva per farne regalo ai Torinesi. Or se la preziosità del dono dimostra l'amore del donatore, la lingua non è sufficiente a dire l'ardenza della carità di Leone XIII verso l'Archidiocesi Torinese.
Ci è dolce il ricordare che il 19 di questo mese ricorre la festa del Patriarca s. Gioachino, giorno, come tutti sanno, onomastico del nostro Santo Padre Leone XIII, che al sacro fonte ereditò il nome del fortunato Genitore della Gran Madre di Dio. Varii motivi noi adducevamo ogni anno per eccitare i nostri Cooperatori e le nostre Cooperatrici a ben celebrare questo auspicatissimo giorno. Or mettevamo loro dinanzi la sublime dignità del Papa, quale Supremo Gerarca della Chiesa, ora la grave sollecitudine pel buon governo di tanti popoli, alla sua cura affidati, ora l'accanita guerra, che da ogni parte gli muovono i nemici della Religione , e quindi il bisogno che Egli sente di essere sostenuta nell'ardua lotta dai fedeli suoi figli, ora le benedizioni che Dio promette e sparge sopra coloro , che amano ed aiutano il suo Vicario in terra, ed ora questo ed ora quell'altro motivo, che troppa lungo sarebbe il qui rammentare.
Ma a tutto queste ed altre ragioni, che militano tuttavia, un'altra se ne aggiunge quest'anno. Ella si è la gratitudine, che i Salesiani e i loro Cooperatori devono attestare al Sommo Pontefice Leone XIII, per la preziosa nomina , ad Arcivescovo di Torino , dell'Eminentissimo Cardinale Alimonda , nostro zelante Cooperatore ; nomina che, fuori di ogni adulazione, noi consideriamo quale un tratto speciale di benevolenza del Cielo, quale una vena di grazie e di benedizioni per la nostra Pia Società, quale un dolce conforto a proseguire animosamente e con tranquillità di spirito le opere, che il Signore si è compiaciuto di affidare alla nostra pochezza. Ora un tanto bene, dopo Dio, noi lo dobbiamo al glorioso Papa, che da oltre un lustro governa la navicella di Pietro, e con mano abilissima e con maravigliosa sapienza la conduce incolume e sicura in mezzo allo stesso spumeggiare dei marosi , e all'imperversare di orrenda tempesta.
E come scioglieremo noi questo debito all'augusta sua Persona? - In due modi: Colla preghiera e coll' opera. Primieramente colla preghiera, ad esempio dei primi Cristiani, assidui nella orazione pel primo Papa posto nelle angustie: Oratio fiebat sine intermissione ab Ecclesia ad Deum pro eo. E qual preghiera faremo ? Quella che torna più gradita a Gesù Cristo, più utile al suo Vicario, e nel. tempo stesso di maggiore vantaggio alle anime nostre.
Adunque nella festa di s. Gioachino facciamo tutti la santa Comunione pel Papa. Il giorno è propizio essendo Domenica ; propizio ancora, perché preceduto di quattro giorni appena dalla Solennità di Maria Assunta. Quale mai dei Cooperatori e delle Cooperatrici non si accosterà alla santa Confessione il 15 del corrente, festa dell'Assunzione della nostra dolcissima Madre ed augustissima Regina del Cielo, acquistando l'Indulgenza plenaria? E qual mai di loro non saprà tenere la propria coscienza in istato da poter accostarsi nuovamente alla Mensa degli Angeli quattro giorni dopo? Così facendo saranno più migliaia di sante Comunioni offerte in quel dì al Signore, il quale le accoglierà di buon grado , e le convertirà in altrettante preziose gemme di grazie e di favori pel nostro Santissimo Padre.
E quale sarà l'opera che uniremo alla preghiera ? - Sappiamo che i nostri Cooperatori, tanto Ecclesiastici che laici, si fanno premura di soccorrere di tratto in tratto l'augusta povertà del Capo della Chiesa, che si trova in gravi strettezze. Oggidì è questa un'opera delle più sante; imperciocché il Padre di 200 e più milioni di Cattolici, privo delle antiche sue sostanze, come mai provvederebbe agli immensi bisogni della Chiesa, come sosterrebbe tante opere di beneficenza e di religione non solo in Roma, ma in ogni altra parte del mondo, come farebbe ad inviare Missionarii a fine di spargere il Vangelo nelle regioni tuttora infedeli , se i suoi figliuoli non gli venissero in aiuto colle loro limosine? Per la qual cosa noi proponiamo che ogni Cooperatore, a nome proprio e della famiglia, in quest'occasione faccia pel danaro di s. Pietro un' offerta secondo le sue forze, inviandola al suo alto destino per quel mezzo, che più gli sarà comodo. In questa guisa noi daremo al Papa una prova non dubbia di rispetto e di venerazione, e compiremo un'opera degna di grande guiderdone , che non ci mancherà di certo ; imperocchè, se Gesù Cristo promette di rimunerare doviziosamente colui, che porge il più piccolo aiuto all'ultimo dei suoi seguaci, che cosa non darà mai a quelli, che fanno la carità al suo Vicario ?
Dal Giornale La Union di Buenos Aires del martedì 12 giugno ricaviamo il seguente articolo. « Domenica scorsa ebbe luogo la Conferenza dei Cooperatori nella nuova Cappella, consacrata alla SS. Vergine sotto il titolo di Ausiliatrice (1).
» Vi fu un numeroso concorso. Fra gli accorsi notammo i Dottori Iturias - Martel - Carranza - Casabel - Reynal - Espinola - Maglioni, ed i Signori Robers, Portugues, Repetti ed altri molti.
» La Conferenza ebbe principio con una invocacazione a Maria SS. Prese quindi la parola il P. Costamagna, Superiore de' Salesiani, e con istile facile e piano espose l' oggetto della Conferenza, i favori concessi dai Sommi Pontefici ai Cooperatori Salesiani e di questi lesse i Rescritti. Fece in ultimo una interessante e particolareggiata esposizione sopra lo stato delle Missioni apostoliche, affidate ai Salesiani nel territorio della Repubblica.
» Accennando alle Missioni della Patagonia confermò ciò che già in altra occasione servì di tema alla nostra redazione, cioè che i Ministri anglicani lavorano a tutt'uomo in quei paraggi, seducendone i poveri abitanti.
» Parlando indi della Boca del Riachuelo, fece notare gli sforzi de'Salesiani addetti alla Parrocchia di S. Giovanni Evangelista ; sforzi i cui frutti possono da tutti palparsi, vedendo la Chiesa frequentatissima, e quella popolazione, per lo innanzi così miscredente ed atea, cambiata ora da non più riconoscerla. E dovuto ai Salesiani se la Massoneria fece fallimento alla Boca.
» Ultimamente, come tutti sanno, si vendette all'asta pubblica l'edifizio o tempio massonico - La Alleanza - Oggi in quel luogo medesimo già si insegna la dottrina cristiana a moltissimi fanciulli.
Il Collegio Pio IX situato in Almagro fiorisce con notoria rapidità, essendo oramai insufficiente il locale per le continue domande , e già contiene oltre a duecento giovani interni ed un numero assai considerevole di esterni.
» I laboratorii di calzoleria, de' falegnami, dei fabbri-ferrai , la tipografia e legatoria , sono in grande attività, ed i giovanetti lavorano alacremente.
» A detta del Superiore, sarebbero necessarii almeno tre altri Ospizii di tal genere nei diversi quartieri della Città, per appagare i desiderii delle tante povere famiglie, che fanno domanda pei loro figliuoli, senza che possano essere esaudite.
» Il Collegio d'istruzione superiore, diretto dai medesimi Salesiani in S. Nicolas de los Arroyos, fiorisce esso pure in modo straordinario, malgrado tutti gli sforzi del liberalismo , che fu parimenti costretto a chiudere (per mancanza di mezzi) il Collegio espressamente fondato per fare concorrenza a quello già stabilito dai Salesiani. Il P. Superiore, la cui relazione ci spiace non poter tutta qui riportare , terminò raccomandandosi ai Cooperatori e Cooperatrici , che continuassero ad aiutarlo nelle opere di carità intraprese a bene della gioventù povera ed abbandonata.
» Dopo lui parlò il Presidente del Consiglio Superiore della Società di S. Vincenzo de' Paoli, il Dottor Edoardo Carranza, il quale fece in breve la storia della fondazione della scuola di arti e mestieri, aperto sotto gli auspizii della mentovata Società.
» Finito il discorso del Sig. Carranza, si ricevette la benedizione del S. Padre, che è uno dei Privilegi accordati ai Cooperatori e alle Cooperatrici Salesiane. Diedela il Sig. Provisore Boneo , ricevendola a ginocchio la divota moltitudine, che riempiva la Cappella. Sali di poi il pulpito il Rev. D. Domenico Tomatis, Direttore del Collegio Salesiano in S. Nicolas de los Arroyos. Il suo discorso si versò sopra i benefizii compartiti al mondo per l' intercessione della Vergine SS. L'oratore si mostrò erudito, eloquente e commovente, e riuscì di sorpresa agli uditori, che nol conoscevano ancora. Di parola facile e fluida , il distinto Professore si palesò qui letterato esperto, e malgrado parlasse con idioma straniero per lui, essendo egli Italiano, nessuno all'udirlo l'avrebbe sospettato, tanto egli parlava corretto. La Conferenza terminò con una bella preghiera e con divoti cantici. »
(1) Nel prossimo numero del Bollettino riferiremo la inaugurazione della nuova Chiesa di Maria Ausiliatrice, che ebbe luogo in Buenos-Aires il 7 dello scorso giugno, alla presenza di grande moltitudine di fedeli, e coll'intervento di Sua E. Revma Mons. Arcivescovo Federico Aneyros.
Il giorno 12 dello scorso luglio, nella nostra Chiesa di S. Giovanni Evangelista in Torino, si celebrava un solenne servizio funebre per l'anima di una giovane damigella, la quale si può veramente dire essere stata l'oggetto di predilezione di Dio e della Beatissima Vergine Maria. Intendiamo parlare di Sofia Loescher.
Nata da madre Cattolica, ma da padre Protestante, uno dei più rinomati editori italiani, residente in Torino, questa figliuola aveva varcato di poco l'età di 17 anni , ed era stata allevata nella religione del padre. Di svegliato ingegno e di costumi intemerati nel corso degli studi ebbe la bella sorte di conoscere la verità di nostra santa Religione , quindi da più anni domandava al genitore la licenza di farsi Cattolica e di ricevere il Battesimo. Non potendo ottenere di soddisfare i suoi ardenti voti, la pia giovinetta prese non di meno a condurre una vita ognor più edificante, si fece divota della Madre di Dio , ed ogni giorno la pregava della grazia di poter entrare nel seno della vera Chiesa di Gesù Cristo.
Compiuti i suoi studi, ed istruita nella lingua italiana, latina, francese, inglese e tedesca, da circa due anni un lento malore le serpeggiava nella vita e la metteva a repentaglio. Il padre e la madre , ricchissimi ed affettuosissimi signori, non risparmiarono nè cure nè spese per troncare il corso del male; medici, medicine, viaggi, consulti, tutto fu messo in opera, ma invano. Venne riferito che durante la malattia si presentò alla inferma il ministro protestante, ed essa in bel modo lo licenziò, ripetendo che voleva essere Cattolica. I genitori differivano di darle questa soddisfazione, adducendo per ragione che risanata avrebbe potuto ricevere il Battesimo e gli altri Sacramenti con tutta la solennità del rito. Ma stavano ormai per finire non solo i mesi, ma i giorni e le ore di sua vita, e la buona figliuola non aveva ancor potuto ottenere il compimento de' suoi desiderii.
Tre giorni prima di morire, vedendo presso al suo letto il padre , che tanto l' amava , ella raccolse le ultime sue forze e con un accento più celeste che umano gli dice: - Papà, fammi un piacere; è forse l'ultimo che ti domanda la tua cara figliuola. - Il padre non sospettando forse dove andassero a mirare queste parole - Te lo farò volentieri , le risponde : Dimmi pure che cosa vuoi. - Ed Ella : Concedimi il favore di farmi Cattolica e di ricevere i Sacramenti della Chiesa prima di morire. - L' ora della misericordia di Dio era scoccata per quell' anima benedetta, e la Vergine SS. stava per farle vedere che non indarno l'aveva invocata. Difatto a tale dimanda di sì cara figliuola morente, il signor Loescher si sentì commosso sino alle lagrime, dimenticò di essere Protestante e si ricordò solo di esser padre; onde fatto tacere tutti i pregiudizii contro la Chiesa cattolica, con un atto altamente commendevole consolò appieno l'adorata figlia, dandole l'implorato consenso. Nè fu pago di annuire a parole; poiché unitamente colla signora consorte postosi in relazione coll'Autorità ecclesiastica dispose tosto che le fosse amministrato in letto il santo Battesimo con tutta la solennità del rito cattolico. Glielo conferì, il 16 dell' ultimo Giugno, l' abbé Henry Aumond , già professore della figlia , e conoscente di sua casa.
Rigenerata che fu nelle acque battesimali, e divenuta figlia di Dio e della Chiesa cattolica, non si può dire a parole la gioia, di cui si sentì inondare il cuore la piissima fanciulla; più non rifiniva di ringraziare il Signore, la Vergine, ed il padre ancora ; pareva che un raggio della eterna bellezza si riflettesse sopra il vergineo suo volto, e la tramutasse in una creatura angelica. Il mutamento fu così notevole che il padre istesso ebbe a confessare: - È proprio vero che i Sacramenti recano in morte una grande consolazione; - e quindi insieme colla profonda mestizia, che gli amareggiava l'animo per vedersi forse tra poche ore rapire da immatura morte una sì amabile figlinola, provava una soave delizia nel cuore per averle procurata in quegli estremi momenti quella gioia tutta divina.
Una cosa ancora desiderava la fortunata donzella, ed era di ricevere almeno una volta in sua vita la SS. Comunione, per istringere così al suo cuore lo Sposo delle vergini, prima di volare ai suoi eterni amplessi nella patria beata. Questa sua brama fu pure soddisfatta; poiché i suoi genitori, avvertitone il Curato della parrocchia di S. Massimo , le fecero recare il SS. Viatico con pompa solenne e con istraordinario apparato. Possiamo veramente dire che fu quella una Comunione da angelo, ed un angelo in carne era la pia giovinetta Loescher, perché adorna della stola battesimale, e perché ardente di desiderio di ricevere il Pane degli angeli. Nè crediamo di andare errati aggiungendo che di rado in questa terra il divin Salvatore scende in anime sì belle e sì degne di Lui. Confortata infine col Sacramento dell' Estrema Unzione , Sofia Loescher due giorni appena dopo il Battesimo spirava l'anima sua candida ed immacolata in seno a quel Dio, che volle mostrarsi con lei Padre di bontà e di misericordia , e fonte di ogni consolazione.
Il signor cav. Ermanno Loescher, uomo di cuore e di retto sentire, non dimenticò l'amatissima sua figliuola oltre la tomba, e sebbene avesse ragione di credere che quello spirito eletto fosse tosto entrato nel consorzio degli angeli, tuttavia volle far celebrare una solenne Messa funebre in suo refrigerio. Assai più istruito di quello che non lo sieno in generale i suoi correligionarii, egli sa che nell'altra vita oltre il paradiso e l'inferno, luogo di eterno premio o di eterno castigo , vi ha pure un luogo intermedio di temporanea espiazione per le anime non affatto pure, e che queste ivi sostenute si possono soccorrere dai viventi con opere di cristiana pietà; sa che la dottrina del purgatorio è rivelata nella Bibbia e fu creduta fin dai primi secoli della Chiesa; sa che la perpetuità e verità di questa credenza è confermata dal testimonio non solo dei Padri, ma da quello eziandio degli antichi eretici, quindi da tutta la storia; sa che tale dottrina è così ragionevole e conforme al cuor umano che si trova professata , or sotto uno or sotto un altro aspetto , presso tutti i popoli della terra antichi e moderni; sa infine che fu ammessa eziandio da molti degli stessi Protestanti più dotti , da un Grozio , un Meyer, un Horst, un Menzel, un Johnson , un Koeppen , un De Starck , un Bull , un Forbes , e da cento altri ancora, tra cui un Leibnizio , che nella sua confessione di fede e nel sistema teologico dichiara formalmente che il dogma del purgatorio e conforme all'insegnamento di Gesù Cristo, di s. Paolo e dell'antica Chiesa (1) ; quindi facendo celebrare il detto servizio per l'anima dell'amata figliuola, il prelodato signore si è dimostrato non solamente buon padre, ma uomo di dottrina e senza umani rispetti.
Egli scelse la nostra Chiesa di S. Giovanni, perchè gli parve molto acconcia alla solennità del funerale, il quale infatti riuscì splendidissimo. Sulla facciata della Chiesa leggevasi questa iscrizione: - E questo il XX giorno - dalla morte acerba di Sofia Loescher - fanciulla diciassettenne - pia gentile affettuosissima - speranza e delizia dei genitori - O pietosi - accompagnate colle preci l'anima - che ritorna a Dio. - Nella navata di mezzo si elevava un maestoso catafalco, quel medesimo, che si adopera nei funerali pei membri dell'Ordine Mauriziano; sopra vi sorgeva una statua simboleggiante la fede, coperta di lugubre manto; attorno attorno bruciavano cento e cento faci; accesi a gaz erano tutti i lampadarii della Chiesa, e questa tutta messa a lutto dava l'imagine dell'immenso dolore, di che andava tuttor ricolmo l' animo dei genitori della estinta fanciulla. Alla mesta funzione erano presenti molte illustri persone, professori di università e letterati, con un numero grande di signori e signore, o parenti od amici della famiglia, Cattolici ed anche Protestanti. La Messa venne cantata dall' abate Aumond , che aveva conferito il Battesimo , e i giovanetti dell' Oratorio di S. Francesco di Sales eseguirono la musica del teol. D. Giovanni Cagliero. L'effetto ne fu mirabile, ed or ti pareva come di udire in coro le anime purganti ad implorare coi fratelli superstiti riposo e pace, ed ora ti trovavi come in balia del terrore della morte e del finale giudizio. Il padre, la madre ed un giovane fratello della defunta , inginocchiati presso al catafalco , assistettero a tutta la sacra funzione con edificante contegno e cogli occhi velati di lagrirne.
In questo fatto fu segnalato un piacevole tratto della divina Provvidenza: Una Chiesa cattolica , eretta accanto al tempio valdese , scelta da un Protestante per celebrare un servizio funebre alla propria figliuola, resasi Cattolica sul letto di morte; un buon numero di Protestanti, quali per ragione di parentela , e quali per amicizia e convenienza, congiunti col popolo cattolico in una cerimonia funebre a sollievo di una persona, che aveva rinunziato alla loro setta , per morire tra le braccia della Chiesa cattolica; la maestà del rito cattolico, che parlava alla mente ed al cuore , e mostrava nel tempo stesso la povertà e la freddezza del culto protestante, che lascia l'anima nella più desolante aridità; l'universale commozione degli animi, e le lagrime degli uni mescolate con quelle degli altri, che in quegli istanti ed in quel luogo parevano non formare più che una famiglia sola intorno alla compianta sorella; tutto questo ed altro, mentre ci faceva scorgere la mano di Dio misericordioso, ci destava nel cuore un sentimento d'inesprimibile affetto verso i nostri fratelli traviati, e l' anima nostra con tutte le sue forze veniva portata a sollecitare l' aurora di quel giorno avventurato , in: cui dei due popoli si facci. un popol solo, un solo gregge con un sol pastore. Pregammo sì per l'anima della verginella defunta; ma, come sicuri che per la invidiabile sua morte non ne avrebbe bisogno, domandammo in quella vece che il buon Dio, in riguardo alle preci di quell' angelica creatura, riconducesse al seno amoroso della Chiesa cattolica quei parenti di lei, che ancor non lo sono , ed innumerevoli altri, per naturale onestà pur degni di un tanto favore. E che mai potrebbe impedirli dal seguire l'esempio della giovinetta Loescher? Non credono essi pure che nella Chiesa cattolica ognuno può salvarsi? Sì che lo credono, e con loro lo credono tutti i loro capi antichi e moderni. - Non sanno essi ancora che tutti i Cattolici dicono invece che un Protestante di mala fede, vale a dire anche solo dubbioso sulla bontà di sua setta , non può fare in questa la propria salute? Sì che lo sanno. Ed essendo così, non veggono essi che in un affare di tanta importanza , qual è la eterna salute dell'anima, la religione, la ragione e lo stesso buon senso impongono di abbracciare la parte più sicura? (1).
Oh! sì, venite, o fratelli, in braccio a quella madre, che già strinse al suo cuore i vostri antenati; deh! ritornate come il figliuol prodigo in casa del comun padre. Oh! no, noi non vi faremo il broncio come il primogenito nella parabola evangelica, ma entreremo volenterosi a parte della vostra gioia, e faremo con voi la più bella festa del mondo. Venite , e in questi giorni, in cui il naturalismo, l'incredulità, l'ateismo tentano di distruggere ogni religione in sulla terra, e di condurre i popoli ad uno stato peggiore dell'idolatria, noi, che abbiamo comune la credenza in Gesù Cristo Dio e Uomo, formiamo intorno a Lui una famiglia sola per amarlo e farlo amare ; schieriamoci presso di Lui come una falange ben compatta per difendere i suoi sacrosanti diritti, per sostenere la sua causa, per assicurare il suo trono e per estendere il suo regno in sulla ferra , onde ancor voi divenuti stipe eletta , sacerdozio regale , gente santa , popolo d'acquisto esaltiate le virtù di lui, che dalle tenebre vi chiamò all'ammirabile sua luce (2).
(1). Chi vuole bene istruirsi intorno a questa importante verità, legga il fascicolo delle Lettere Cattoliche intitolato: Due conferenze tra due ministri protestanti ed un prete cattolico .sopra il Purgatorio, prezzo cent 30, libreria Salesiana. Torino; oppure l' operetta pregevolissima del P. Domenico Modanesi da Russi: La verità cattolica intorno al Purgatorio e le menzogne dell' apostata DeSanctis, prezzo L. 2, Tipografia e Libreria Taddei in Ferrara.
(1) Fu appunto questo riflesso, che l'anno 1593 indusse Enrico IV re di Francia ad abiurare la setta di Calvino e a farsi Cattolico. Stando perplesso sul partito che avesse a prendere, quel principe consultò i ministri ed altri capi Calvinisti, tra i quali l'ugonotto De Rosny, a cui tra le altre cose domandò se nella religione cattolica ei poteva salvarsi. Il De Rosny a nome ai tutti rispose: - Tengo per cosa infallibile che voi vi salverete nella religione cattolica, purchè osserviate il decalogo, crediate il simbolo, amiate Dio di tutto cuore, abbiate carità verso il prossimo, e speriate nella misericordia di Dio di ottenere salute per la morte, i meriti e la giustizia di Gesù Cristo ; del che io ho già parlato altra volta coi vostri ministri, i quali non poterono biasimare questa mia opinione. » E il re si tenne alla parte sicura, ed entrò in seno della Chiesa cattolica.
Torna qui anche opportuno ricordare quello che si legge iella vita del nostro S. Francesco di Sales. Incaricato di prendersi a cuore la conversione di Teodoro Beza , succeduto a Calvino nel governo religioso di Ginevra, il nostro santo con pericolo della vita si portò a lui , che lo ricevette cortesemente. Dopo i primi complimenti il discorso cadde tosto in fatto di religione , e Francesco pregò il capo Calvinista di dirgli, se egli era veramente persuaso che l'uomo non possa fare la sua salute nella Chiesa Romana. A questa domanda Beza rimase soprappreso, e dopo di essere stato qualche poco in silenzio, dimandò tempo a rispondere, ed entrò in un altro gabinetto. Dopo un quarto d'ora egli si ripresenta a Francesco, e dopo avergli domandato scusa per la sua tardanza gli disse che voleva aprirgli il proprio cuore con tutta confidenza, e dirgli i suoi veri sentimenti; e quindi soggiunse: - Si, io credo che nella Chiesa Romana possa l' uomo fare la sua salvezza. -
(2) 1 Petr. II, 9.
Abbiamo fatto sperare che saremmo ritornati sull'onomastico di D. Bosco, accennato appena nel numero precedente ; e qui manteniamo la promessa sia per ricordare almeno per sommi capi le preziose parole dette da lui in quell'occasione, sia per dire brevemente dell'agape, che come conseguenza di quell'onomastico medesimo ebbe luogo nell' Oratorio il 15 o il 19 dello scorso luglio.
Anzitutto ricordiamo l'affettuosa dimostrazione, che nel mattino del 24 Giugno, festa appunto di S. Giovarmi Battista , diedero a D. Bosco i suoi antichi allievi, che dal 1841 sino a questi ultimi anni ricevettero da lui nell'Oratorio di S. Francesco di Salcs la cristiana e civile educazione. Un numero considerevole di essi residenti in città o nelle sue vicinanze, a nome proprio e a nome di più centinaia di loro compagni sparsi in ogni paese, si presentarono a lui accompagnati dal suono della banda musicale. Raccolti in apposita sala gli offersero i doni , procurati colle spontaneo obblazioni di ognuno di loro , il principale dei quali consistente nella magnifica corona dorata , di cui abbiamo fatto parola nella relazione della novena e nella festa di Maria Ausiliatrice ; indi passarono ai componimenti. A nome di tutti lesse un affettuosissimo discorso il Sac. D. Onorato Colletti , Prevosto di Faule; il quale, dopo la proclamazione dei nomi dei presenti e degli assenti, che o per lettera o per altro mezzo avevano manifestato desiderio di partecipare alla detta dimostrazione di riconoscenza e di gratitudine, declamò ancora una poesia, che fu meritamente applaudita.
In fine D. Bosco, visibilmente commosso, prese la parola. Esternò la viva gioia, che provava in quel momento nel rivedere tanti suoi amatissimi figliuoli ; assicurò che egli sempre li amava, e con essi amava pur quelli, che non erano colà presenti col corpo , ma ben lo erano coll'affetto ; li ringraziò della figliale, dimostrazione, che gli ripetevano sempre più numerosi ; lodò il pio pensiero di offrirgli un dono, che faceva sì bella figura nella Chiesa di Maria Ausiliatrice, ed ebbe soprattutto parole improntate di grande affetto pel Prevosto di Faule. - È vero, disse D. Bosco, che l'oratore e poeta, parlando di D. Bosco, uscì in pie esagerazioni e fece uso della figura rettorica chiamata l'iperbole ; ma è questa una licenza perdonabile ai figliuoli, i quali nell' esprimere i sentimenti dell'animo stanno più ai dettami del cuore, che non a quelli della mente. Ricordate però sempre che D. Bosco non fu e non è altro che un misero strumento nelle mani di un artista abilissimo, anzi di un artista sapientissimo ed onnipotente, che è Dio; a Dio pertanto si tributi ogni lode, onore e gloria - Del resto, soggiunse D. Bosco, ha detto bene il nostro D. Colletti, che l'Oratorio ha fatto finora delle grandi cose; e io vi aggiungo che coll'aiuto di Dio e colla protezione di Maria Ausiliatrice ne compirà delle altre più grandi ancora. Oltre l'aiuto del Cielo, quello che ci facilitò e ci faciliterà di fare del bene è la stessa natura dell'opera nostra. Lo scopo al quale noi miriamo torna beneviso a tutti gli uomini, non esclusi quei medesimi, che in fatto di religione non la sentono con noi. Se vi ha qualcuno che ci osteggia , bisogna dire o che non ci conosce , oppure che non sa quello che si faccia. La civile istruzione, la morale educazione della gioventù o abbandonata, o pericolante, per sottrarla all'ozio, al mal fare, al disonore, e forse anche alla prigione, ecco a che mira l'opera nostra. Or qual uomo assennato, quale autorità civile potrebbe impedircela? Ultimamente, come sapete , io fui a Parigi , e tenni discorso in varie Chiese, per perorare la causa delle opere nostre, e , diciamo francamente , per ricavare quattrini , onde provvedere pane e minestra ai nostri giovani, i quali non perdono mai l'appetito. Or bene, tra gli uditori ve n'erano di quelli, che vi si recavano unicamente per conoscere le idee politiche di D. Bosco ; imperocchè taluni supponevano che io fossi andato a Parigi per suscitare la rivoluzione; altri per cercare aderenti ad un partito, e via dicendo ; onde vi furono delle benevole persone, che temevano davvero che mi succedesse qualche brutto scherzo. Ma fin dalle prime parole cessarono tutte le illusioni , diedero giù tutti i timori, e D. Bosco fu lasciato libero di scorrere da un capo all'altro della Francia. No davvero, coll'opera nostra noi non facciamo della politica ; noi rispettiamo le autorità costituite, osserviamo le leggi da osservarsi, paghiamo le imposte e tiriamo avanti, domandando solo che ci lascino fare del bene alla povera gioventù, e salvare delle anime. Se vuolsi, noi facciamo anche della politica , ma in modo affatto innocuo, anzi vantaggioso ad ogni Governo. La politica si definisce la scienza e l'arte di ben governare lo Stato. Ora l'opera dell'Oratorio in Italia, in Francia, nella Spagna, nell'America, in tutti i paesi , dove già si è stabilita , esercitandosi specialmente a sollievo della gioventù più bisognosa, tende a diminuire i discoli e i vagabondi ; tende a scemare il numero de' piccoli malfattori e deì ladroncelli ; tende a vuotare le prigioni ; tende in una parola a formare dei buoni cittadini, che lungi dal recare fastidii alle pubbliche Autorità saranno loro di appoggio, per mantenere nella società l'ordine, la tranquillità e la pace. Questa è la politica nostra ; di questa solo ci siamo occupati sinora , di questa ci occuperemo in avvenire. Ed è appunto questo metodo, che ha permesso a D. Bosco di fare del bene da prima a voi, e in appresso a tanti altri giovani di ogni età e paese. E poi a che pro entrare in politica ? Con tutti i nostri sforzi che cosa potremmo noi ottenere ? Nient' altro che il renderci forse impossibile di proseguire l' opera nostra di carità. Le cose politiche di oggidì possono riguardarsi come una macchina a vapore, che corre veloce sulla via ferrata, trascinandosi dietro un convoglio fors' anche al precipizio ed alla rovina. Volete voi mettervi in mezzo ai binarii per fermarla? Ne sareste schiacciati. Volete gridare per atterrirla? Ma non sente, e vi squarcereste inutìlmente la gola. Che fare adunque? Schierarsi di qua e di là, lasciarla passare, finchè o si fermi di per se stessa , o la fermi Iddio colla sua mano onnipotente. Certamente nel mondo vi devono pur essere di quelli, i quali s'interessino delle cose politiche , ora per dare consigli , ora per segnalare pericoli e simili ; ma questo empito non è per noi poveretti. A noi la religione e la prudenza dicono invece : Vivete da buoni cristiani, occupatevi della morale educazione della vostra figliuolanza, istruite bene nel catechismo i fanciulli dei vostri collegi e delle vostre parrocchie, ecco tutto. Questa, ripeto, è la condotta di D. Bosco, il quale è sì poco politico, che legge nemmeno un giornale; questa sia pure la condotta vostra, o miei cari figliuoli, e ne avrete voi pure quel gran bene che vi desidero, voglio dire, la concordia e la pace nelle vostre famiglie, la prosperità nei vostri negozii temporali, una lunga vita scevra di gravi affanni e tribolazioni, e specialmente il bene di tutti i beni, che è la perseveranza nella grazia di Dio e la felicità del paradiso, dove io spero che pei meriti di nostro Signor Gesù Cristo e per la intercessione di Maria SS. ci ritroveremo un giorno tutti riuniti a cantare le sue eterne glorie.
Queste parole di D. Bosco furono ascoltate colla più viva attenzione. Ma siccome egli aveva chiamate pie esagerazioni e figure rettoriche le lodi attribuitegli poc'anzi, così sorse il prof. Germano Candido a difendere le espressioni dell'Oratore, riferendo la testimonianza non sospetta di un giornale di Milano, che in quei giorni ripeteva pressoché le stesse lodi - Possibile che buoni e cattivi, osservò il professore , si accordino insieme nell'esagerare piamente ed iperboleggiare intorno a D. Bosco? No; ma è la verità, ma sono gli splendidi fatti , che fanno parlare. Viva dunque D. Bosco, viva nel nostro cuore, viva nel cuore di tutti.
Le Agapi.
Don Bosco prima di licenziarsi da quei cari giovani esternò il desiderio di averli poscia, come gli altri anni, a pranzo con lui , e diede ordine che a quest'uopo, si stabilissero due giorni nel mese di luglio, una Domenica pei secolari, un Giovedì pei Sacerdoti, e vennero scelti il 15 ed il 19.
Nel primo dei quali convennero ben 150 antichi allievi , tutti secolari. Molti di essi venivano da lontane parti nella dolce speranza di avere D. Bosco in mezzo di loro ; ma furono delusi. La sera del venerdì innanzi, egli aveva dovuto partire pel castello di Frohsdorf al letto del Conte Enrico di Chambord , che i dispacci telegrafici davano per moribondo. Tuttavia la pena di non vedere il loro benefattore e padre fu in parte lenita dal sapere che egli si trovava assente per una causa cotanto nobile e pia, ed onorifica ancora per essi medesimi, poichè la gloria del padre è pure la gloria dei figli.
Ma se D. Bosco col corpo era lontano da loro ben 500 miglia , era per altro vicinissimo collo spirito. Ne fu prova un suo telegramma giunto da Frohsdorf a mezzo del pranzo con queste parole Buona festa ; Dio benedicavi ; partecipo in ispirito; vostro amico D. Bosco. Il telegramma letto dal Teol. Giovanni Cagliero, che in quel giorni rappresentava D. Bosco, fu accolto coi più cordiali evviva, e parve riaccendesse in tutti l' appetito, che già cominciava a spegnersi. A tanta gentilezza del padre conveniva una condegna corrispondenza dei figli ; onde si fece tosto la seguente risposta. D. Bosco , castello Frohsdorf. Figli raccolti ricambiano saluto: fanno voti e preghiere.
Intanto verso la fine del pranzo , venne fuori l'indispensabile poeta della brigata, il capo legatore Carlo Gastini, il quale lesse una poesia parte italiana e parte piemontese, e a versi di vario metro , cantando a D. Bosco e ai compagni , e con lepidezze e rime, diremmo, inimitabili esilarò tutta la comitiva meglio che non avrebbe fatto un bicchiere di Marsala o di Champagne. A tutto pose la corona una breve allocuzione di D. Cagliero, il quale tolto argomento dall' agape materiale, che stava per finire , esortò tutti a regolarsi da buoni cristiani e da onesti cittadini, onde essere l'onore e la gloria di D. Bosco, che li aveva educati, e così meritare di assiderai ognora all'agape del suo cuore amorevole, e non perdere il posto all'agape eterna, a cui tutti siamo invitati.
Lieto oltremodo e numeroso fu pure il convegno dei Sacerdoti il 19 dello stesso mese. Eranvi parecchi Parrochi della città e diocesi di Torino, e di altre ancora , come i Curati di S. Agostino , e della gran Madre di Dio, il Priore di S. Maria di Vigone, i Prevosti di S. Francesco al Campo, e di Testona, l'Arciprete di Agliè ed altri, passatici di mente. Don Bosco era ritornato a Torino il giorno innanzi ; onde furono bene applicate le parole del Salmo, che in caratteri cubitali si leggevano scritte in capo alla tavola del pranzo : Filii tui sicut novellae olivarum in circuitu mensae tuae : I tuoi figliuoli sono come novelle piante di olivo intorno alla tua mensa. Sul volto del padre e dei figli traspariva come dipinta la interna gioia dell'anima; e D. Bosco non poteva trattenersi di dire all'orecchio del Teol. Felice Reviglio Curato di S. Agostino Questi Sacerdoti sono la pupilla degli occhi miei.
Al fine delle portate si venne alla lettura del discorso del Revdo Parroco di Faule, il quale per motivi di salute era assente con dispiacere di tutti. Tenne pure il suo posto la declamazione della poesia di Carlo Gastini , e il grazioso suono della banda musicale. Il Sac. D. Domenico Griva cantò egli ancora alcuni versi in lode del suo benefattore, dimostrandosi ad un tempo poeta e musico. Opportune e meritamente applaudite furono le parole del prelodato Curato di S. Agostino , colle quali a nome suo e dei reverendi compagni assicurò D. Bosco del sincero affetto che gli portavano, promettendo che avrebbero continuato a dimostrarglielo non già solo colle parole, ma coi fatti di una vita veramente sacerdotale.
Dopo tutti venne a parlare D. Bosco, e vincendo a stento la commozione, che da principio quasi gli soffocava la parola, esternò la grande consolazione che provava nel rivedere tanti suoi amati figliuoli e zelanti Sacerdoti, li ringraziò dell'affezione che proseguivano a portargli, promise che dal canto suo li avrebbe ricambiati sino alla morte, pregando per essi e giovandoli in tutto quello, che gli sarebbe stato possibile. Venendo poi a dire come il Signore e la Beatissima Vergine benedicano l' Oratorio e le opere sue, uscì in alcune osservazioni, che ci piace di segnalare particolarmente. - Da qualche tempo, osservò egli, si va dicendo ed anche pubblicando sui giornali che D. Bosco fa dei miracoli. Questo è un errore. Don Bosco non ha mai preteso, e non ha mai detto di fare miracoli; e niuno dei suoi figliuoli deve concorrere a propagare questa falsa idea. Diciamo chiaramente come stanno le cose : Don Bosco prega e fà pregare i suoi giovani per le persone, che si raccomandano, a fine di ottenere questa o quell' altra grazia , e Iddio nella sua infinita bontà il più delle volte concede le grazie domandate , talora anche straordinarie e miracolose. Per verità, D. Bosco ci entra così poco, che sovente le grazie si ottengono, senza che egli ne sappia niente. - Qui egli ripetè quello, che aveva già esposto in altre occasioni, e soggiunse: - La Madonna Ausiliatrice: ecco la taumaturga, ecco la operatrice delle grazie e dei miracoli, per l'alto potere che ha ricevuto dal suo divin Figliuolo Gesù. Ella conosce che D. Bosco ha bisogno di quattrini per dare da mangiare a tante migliaia di poveri giovanetti, che gli pesano sulle spalle ; conosce che egli è povero e che senza soccorsi materiali non può tirare innanzi le opere intraprese a vantaggio della religione e della società, e quindi che cosa fa Maria? Da buona madre Ella va alla cerca, e va alla cerca di malati e dice ad ognuno: Vuoi tu guarire ? Ebbene fa la carità a quei poveri giovani, porgi la mano in quelle opere, e io farò a te la carità della guarigione. Vede in quella casa regnare la desolazione per causa di un figlio scapestrato, e dice al padre od alla madre : Vuoi che questo disgraziato si ritiri dalla mala via ? Ebbene tu dal tuo canto adoperati di togliere dal pericolo dell'anima e del corpo tanti altri poveri figli abbandonati, e io ridurrò a più sani consigli il figliuol tuo. Insomma per non andare troppo per le lunghe Maria Ausiliatrice in mille guise consola quelli, che aiutano l'Oratorio, e a noi non resta altro da fare che di non renderei indegni della sua protezione. E se Maria aiuta i figliuoli dell'Oratorio , aiuta anche voi, che lo l'oste un giorno e godete di esserlo ancora. Vivete sempre da buoni Sacerdoti, come vi ha insegnato e vi ha inculcato questo vostro vecchio amico ; zelate la salute delle anime che si vanno miseramente a perdere; pren-, detevi specialmente cura della gioventù dei vostri paesi , nella quale sta la speranza della società ; state uniti al Capo della Chiesa, al Vicario di Gesù Cristo ; vogliamoci sempre bene, preghiamo a vicenda gli uni per gli altri , e voi soprattutto pregate pel povero vostro D. Bosco, che si avvicina ogni dì più alla morte, aflinchè per la misericordia di Dio possiamo tutti salvarci, e con noi salvare innumerevoli altri.
Queste ed altre parole pronunziate con un affetto ed un accento di padre lasciarono in tutti la più profonda e soave impressione, ed uno dei Sacerdoti ebbe a dire che quel ritrovo gli faceva l' effetto di una muta di spirituali esercizi. Voglia pertanto il Signore concederci di rinnovare questo convegno per molti anni ancora a consolazione di D. Bosco e a conforto di tanti suoi figliuoli, e ci renda meritevoli di trovarci con lui alla mensa celeste, onde ripetere con tutta verità: Filii tui sicut novellae olivarum in circuitu mensae tuae.
Non è raro il caso che Cooperatori e Cooperatrici si lamentino che il Bollettino Salesiano non dia loro certe notizie di cose nostre, i; quali vengono nondimeno pubblicate da altri periodici. - Tutti le conoscono, dicono, e noi , che più di ogni altro avremmo il diritto di saperle, le ignoriamo. -
Di menare questo lamento essi non hanno tutti i torti; ma ci devono per altro compatire, se non sempre li soddisfacciamo. Certe cose noi ci peritiamo di pubblicarle per due ragioni; l'una perchè toccano troppo da vicino la persona di D. Bosco, e, volere o non volere, tornano in sua lode, onde chi scrive il Bollettino teme di dispiacergli pubblicandole ; la seconda ragione è il timore di dare scandalo ai pusilli , imperocchè vi hanno pur taluni in questo mondo, i quali credono erroneamente che noi abbiamo di mira di esaltarci, mentre invece non cerchiamo che la gloria di Dio, secondo il precetto di Gesù Cristo che dice : - Così risplenda la luce vostra agli occhi degli nomini, che vedendo le opere vostre buone glorifichino il Padre vostro, che è ne cieli. - Forse non è stato mai tanto necessario di osservare questo precetto, come in questi tempi. Ma se le opere buone si tengono nascoste, come mai otterranno l'effetto inteso dal divin Salvatore ?
Ciò nondimeno vi sono dei fatti, nei quali Don Bosco non ci entra che per isbieco , o , come egli scherzevolmente si esprime, ci entra come l' asina di Balaamo ; fatti , nei quali risplende la potenza di Dio , e la intercessione di Maria Santissima; fatti, di cui si è già impadronita la stampa, e che perciò non ci pare ragionevole celarli ai Cooperatori e alle Cooperatrici, che dal conoscerli ne potrebbero trarre edificazione, consolazione e conforto. Egli è ben fatto, diceva l'Arcangelo Rafaele a Tobia,il tenere nascosi i segreti del re; ma è cosa lodevole rivelare ed annunziare le opere di Dio: Sacramentum regis abscondere bonum est; opera autem Dei revelare honorificum est.
Uno di questi fatti de' più recenti è la chiamata di D. Bosco in Austria al letto del conte Enrico di Chambord , che tutti sanno essere discendente di S. Luigi IX re di Francia, ed il miglioramento che prese tosto l'augusto infermo appena ricevuta la benedizione di Maria Ausiliatrice. Il fatto venne raccontato dall' Unità Cattolica in uno stupendo articolo di fondo, che vide la luce il 21 dello scorso luglio; e siccome noi non sapremmo fare di meglio, così cacciando via ogni vano timore riproduciamo quell'articolo medesimo, dando così ai nostri Cooperatori una gradita soddisfazione. Esso è il seguente.
« I medici assicurano che se Chambord potrà prendere un alimento sostanzioso, entrerà in convalescenza fra 15 giorni. » Ultimo Telegramma da Frohsdorf.
« Sul mezzodì del 18 di luglio giungeva inaspettato in Torino il nostro venerato D. Bosco reduce dal castello di Frohsdorf. Nel mattino del 19 , festa di S. Vincenzo de' Paoli , siamo stati a visitarlo , ed abbiamo avuto la buona fortuna di poterlo vedere ed intrattenerci pochi momenti con lui. L'Oratorio era pieno zeppo di Sacerdoti, in parte già educati da D. Bosco , che in quel giorno si univano col loro antico maestro e padre per festeggiare il grande apostolo della carità in Francia. Con somma nostra consolazione abbiamo trovato D. Bosco in florida salute, e lo potemmo salutare esclamando con Tommaso da Kempis Satis suaviter equitat , quem gratia Dei portat: va di portante assai comodo chi è portato dalla grazia di Dio ! E gli chiedemmo una breve storia del suo viaggio.
» Don Bosco ci raccontò che egli, chiamato ripetutamente al castello di Frohsdorf, , non seppe piegarsi ad andarvi, se non quando venne in Torino il conte Du Bourg , genero del conte Carlo De Maistre a prenderlo, ed accompagnarlo. Viaggiarono due notti intiere, e, di mano in mano che si avvicinavano al castello, udivano le più rattristanti notizie del conte di Chambord. Tutti lo dicevano in agonia, presso a spirare l' anima, ed alcuni perfino già ne annunziavano la morte. Il mattino del 15 si giunse al castello; e, non ostante che D. Bosco fosse tutto impolverato, corse tosto al letto dell'augusto infermo , che lo ricevette colla più grande amorevolezza. Il buon Sacerdote è avvezzo da lunga pezza a trovarsi al letto dei moribondi, e se ne intende a preferenza di qualsiasi medico; laonde, esaminato ben bene il conte di Chambord, si persuase che non morrebbe, e lo disse colle parole evangeliche : Infermitas haec non est ad mortem !
» Il conte si sentì rinato al fausto annunzio; ma D. Bosco gli soggiunse tosto che doveva fervorosamente invocare Maria Ausiliatrice, che è in pari tempo chiamata la salute degli infermi : Salus infirmorum , e dispose il conte di Chambord a ricevere la benedizione. D. Bosco gliela impartì, e poi andò a celebrare la santa Messa nella cappella del castello. Aveva appena finito , che il conte di Chambord lo faceva di bel nuovo chiamare a sè. Colla sua solita bonarietà , D. Bosco rispose : « Un po' di discrezione ; ho bisogno di prendere una tazza di caffè : » e gli venne risposto che lo troverebbe nella stanza dell' infermo. - Monsignore appena vide D. Bosco, gli dichiarò che egli aveva provato un effetto straordinario dall'impartitagli benedizione, e lo pregava di volergliela rinnovare. E D. Bosco, senza troppo affrettarsi, con la sua calma abituale, di bel nuovo invocò sull'augusto infermo la benedizione di Maria Ausiliatrice.
» Ricorreva in quel giorno la festa di S. Enrico , onomastico del conte di Chambord , e , o fosse una grazia speciale della Vergine benedetta, o i conforti di D. Bosco avessero potuto assai sull'animo di Monsignore , fatto è che egli si tenne come guarito , e volle fare , durante il pranzo , quell'apparizione in mezzo ai commensali, che fu annunziata dal telegrafo, e già venne da noi particolarmente riferita. - Don Bosco lodò lo Champagne che era servito in quel momento, e il conte di Chambord ne chiese, e il primo brindisi lo fece a Don Bosco stesso , e volle da lui la promessa che non lo abbandonerebbe così presto. E Don Bosco promise che avrebbe passato al castello quel giorno e il successivo, ma non più, giacchè una numerosa famiglia di poveri lo chiamava a Torino.
» Parecchie volte D. Bosco s'intrattenne col conte di Chambord, e gli parlò sempre da Sacerdote, non mai da cortigiano. Dopo di avergli date buone speranze di guarigione , gli soggiunse tuttavia che la vita e la morte erano nelle mani di. Dio, Re dei re e Signore dei dominanti; doversi tutti, grandi e piccoli, rassegnare ai suoi imperscrutabili decreti. E il conte di Chambord, uomo di viva fede e di soda religione, assentì , e disse a D. Bosco che, se la divina Provvidenza avesse disposto che egli potesse ancora quaggiù servire la Francia, non rifiutava il lavoro ; ma , qualora volesse chiamarlo all'eternità, era pienamente sottomesso ai divini decreti. D. Bosco restò intenerito dai pii sentimenti del conte e dalla edificante virtù della contessa sua consorte.
« Alla sera del 16 di luglio D. Bosco andò a licenziarsi dal conte di Chambord, e vide con suo sommo piacere , che proseguiva a migliorare in salute. Il dottore Vulpian, con cui D. Bosco s'intrattenne, non volle nulla pronosticare sull'avvenire dell'infermo, riserbando il suo giudizio dopo nuovi esami scientifici; ma D. Bosco, pieno di fiducia in Maria Ausiliatrice, concepiva e diffondeva sempre migliori speranze. E volle dal conte di Chambord una promessa , cioè che , se egli riacquistasse la salute primitiva, verrebbe in Torino a ringraziarne Maria Ausiliatrice, onorando d'una sua visita l' Oratorio di S. Francesco di Sales , dove tanti giovani avevano pregato e continuerebbero a pregare per il conte di Chambord. Ed egli lo promise, e D. Bosco già si prepara a rendergli l'ospitalità nelle sue camere, che non sono certamente quelle del castello di Frohsdorf!
Questi particolari racconta D. Bosco colla massima semplicità. Egli è ben lontano dal parlare di miracoli; ma, qualunque ne sia stata la cagione, certo è che, prima dell'arrivo di D. Bosco a Frohsdorf, il conte di Chambord era pressochè sfidato dai medici, e non si nutriva più nessuna speranza sulla sua guarigione. I giornali italiani intitolavano le notizie del conte il moribondo di Frohsdorf! Ora va di bene in meglio. Certo, non si può dire guarito, e potrebbe ancora peggiorare e morire; ma gli ultimi telegrammmi di Frohsdorf dicono che il miglioramento continua. Il dottore Vulpian, dopo una lunga ascoltazione dell'infermo, dichiarò che non trattavasi di cancro allo stomaco, ed ha prescritto una cura diretta a nutrire e rinforzare. L'ultimo telegramma annunzia « che, se il conte potrà prendere un alimento sostanzioso , entrerà in convalescenza fra quindici giorni. » Finora a Frohsdorf ha trionfato scientificamente il dottore Vulpian e spiritualmente il nostro D. Bosco. Questi prova che son ben crudeli coloro , i quali tengono lontano i Sacerdoti dal letto degli infermi, e solo lo rimettono nelle mani del Prete quando il medico lo abbandona. Per contrario anche il Sacerdote ha i suoi farmachi, che, confortando l' anima dell' ammalato , più di una volta contribuiscono a procacciargli la salute anche del corpo »
Fin qui L' Unità Cattolica, la quale nel suo numero 165 del 17 luglio aveva già date questoaltre notizie: -
« Domenica, festa del Santo Re Enrico, ed onomastico del conte di Chambord, più férvorose in tutto il mondo cattolico innalzaronsi le preghiere. a Dio per la guarigione dell'augusto infermo. La vigilia di quel giorno a tarda sera , giungeva al castello il nostro D. Bosco. La pia contessa di Chambord volle procacciare all' amatissimo consorte questa grande consolazione; e per telegramma pregava D. Bosco ad andare a Frohsdorf. Ma l' umile Sacerdote se ne schermi, adducendo la sua nullità. L'invito venne replicato, e D. Bosco persistette nel dire ch' egli era nulla , e si scusò la seconda volta , adducendo anche la sua stanchezza e malferma salute. Allora la contessa di Chambord spiccò da Frohsdorf un suo gentiluomo e lo mandò in Torino, perchè ad ogni costo inducesse D. Bosco ad andare al castello e ve le accompagnasse. E l' uomo di Dio, che non si sarebbe certamente fatto ripetere l'invito di andare al letto d'un povero infermo , non potè rifiutarsi a tali e tante istanze , e la sera di venerdi partiva, e ieri l'Agenzia Stefani, in un telegramma, ci annunziava il suo arrivo al castello. Egli ha portato al conte di Chambord la benedizione di Maria Santissima Ausiliatrice dei cristiani , e i figli di D. Bosco, sparsi in tante parti del mondo, hanno pregato e pregano per avvalorare sempre più questa benedizione.
» D. Bosco è il secondo Italiano che venga chiamato al letto d' un infermo Re di Francia. Raccontano le storie che uno degli antenati del conte di Chambord, il Re Luigi XI, trovandosi pericolosamente ammalato nel castello di Plessis, presso la città di Tours, chiamava a sé il calabrese Francesco da Paola , che noi ora veneriamo sugli altari. Ma Francesco non si mosse se non quando il Papa , ch' era allora Sisto IV , glielo impose. Ed allora andò al castello di Plessis , e , se non risanò l' infermo, colle sue esortazioni lo indusse ad incontrare cristianamente la morte, e spirò fra le sue braccia ai 13 di agosto del 1483, dopo d'avergli caldamente raccomandato i suoi tre figli. Ed il maggiore di questi Carlo VIII , che succedeva al padre sul trono, fece fabbricare per Francesco da Paola ed il suo Ordine un convento nel parco di Plessis ed un altro ad Amboise, onorandolo in modo speciale e spesso richiedendolo de' suoi consigli.
» Nel quarto centenario della visita di S. Francesco da Paola all'infermo Luigi XI, Re di Francia, si rinnova la visita di un povero Sacerdote piemontese ad un altro Re di Francia, più glorioso del primo, quantunque , per somma disgrazia dei Francesi, non mai salisse sul trono. Al 1483 corrisponde il 1883. D. Bosco pregherà caldamente per la guarigione del conte di Chambord , ma non può fare di più. Sono grazie che si domandano a Dio condizionatamente , se cioè sia espediente al bene dell'anima. E noi frattanto aggiungiamo le nostre calde preghiere a quelle del pio nostro concittadino, e sia fatto in tutto e dappertutto il divino volere. »
Alcuni dei nostri Cooperatori di questi ultimi mesi ci hanno domandato, se tra i Collegi l che teniamo aperti per la gioventù studiosa , non ne avessimo pur taluno pei giovani di nobile e civile condizione. Abbiamo risposto di sì, inviando loro il programma del Collegio di Valsalice.
Potendo accadere che altri ancora ignorino l'esistenza di detto Istituto, crediamo opportuno di pubblicarne il programma per intero, e preghiamo i Cooperatori e le Cooperatrici che vogliano farlo conoscere eziandio ai loro parenti , conoscenti ed amici, esortandoli, ove occorra, di affidarvi i loro figliuoli, che avessero da percorrere gli studi elementari, ginnasiali e liceali.
PROGRAMMA.
Il Collegio Convitto Valsalice, situato sopra un'amena collina a poca distanza dalla città di Torino, presenta ai giovanetti di nobile o civile condizione ogni opportunità per una compiuta educazione religiosa, intellettuale e civile. L' aria pura che si respira nell'ampio ed elevato edifizio appositamente costrutto, reso più ameno dai numerosi e lunghi portici, dai vasti cortili e giardini contorniati da viali ombrosi, la ricca palestra di ginnastica e le ampie vasche natatorie per la stagione estiva, formano un luogo incantevole ed igienico, e favoriscono sensibilmente lo sviluppo fisico degli alunni, mentre la quiete, che vi regna, concilia non poco lo studio. La vicinanza poi d'una grande città qual è Torino offre non pochi vantaggi , tra cui quello notabilissimo di avere all' uopo ottimi e zelanti Professori , i quali piglino a petto la coltura intellettuale e morale dei giovani alunni.
Numerosi Tramway dal centro della città e dagli scali ferroviarii conducono in pochi minuti presso il ponte in ferro sul l'o ai piedi della dolce salita, che mena al Collegio.
Istruzione. - L'insegnamento ha per base fondamentale la educazione religiosa e civile degli allievi. Abbraccia il corso Elementare, Ginnasiale e Liceale, che viene impartito a norma dei Programmi Governativi da professori approvati. Oltre le materie richieste dai programmi havvi un corso di lingua francese in tutte le classi, la scuola di declamazione e di buona creanza. Il Collegio possiede un ricco gabinetto di Fisica, ed un copiosissimo museo di Storia Naturale e di Chimica, per l'insegnamento pratico di queste scienze nel Liceo.
Condizioni di ammissione. - L'età richiesta è dai sei ai dodici anni e non si ammettono giovanetti espulsi da altro Collegio.
DOCUMENTI RICHIESTI. Ogni allievo nella sua entrata deve essere munito: 1° Della fede di Battesimo; 2° Della fede di vaccinazione o sofferto vaiuolo; 3° Di un attestato della classe percorsa, e di un certificato di buona condotta per chi uscisse da altro Collegio.
Le domande di ammissione si fanno al Sacerdote Dottore Gio. BATT. FRANCESIA, Direttore e Preside del Collegio, oppure al Rev. Sac. GIOVANNI Bosco.
Pensione. La retta mensile è di Lire 50 pel corso Elementare, 60 pel Ginnasiale e 80 pel Liceale.
Ogni convittore deve inoltre pagare per diritto di entrata L. 80 (senza rimborso).
Per due fratelli si fa una riduzione di L. 200 annue e di L. 300 se saranno tre.
La pensione comincia dal giorno fissato per l'entrata e si paga a trimestri anticipati.
Se prima del termine dell'anno scolastico i signori Genitori vorranno ritirare i figliuoli dal Convitto non avranno diritto al rimborso del trimestre anticipato , e dovranno darne avviso al Direttore almeno un mese prima.
Vitto. - Gli allievi hanno quattro refezioni al giorno. A colazione: caffè e latte o frutta - A Pranzo: minestra, due pietanze , vino, frutta o cacio - A Merenda : pane - A Cena : minestra, pietanza, vino, frutta o cacio.
Mediante la retta suindicata, il Collegio somministra ancora letto elastico, materasso e guanciale, copertina bianca e gli altri oggetti di camera, e s'incarica delle piccole rimendature della biancheria, non che delle spese pel parucchiere.
Sono pure comprese le spese del culto, la musica vocale e la ginnastica.
Gli oggetti somministrati dal Collegio dovranno restituirsi tornando l'allievo in famiglia.
Sono a carico de' genitori le rimendature dei panni, i libri di testo , gli oggetti di cancelleria ed i corsi liberi : 1° Di disegno a L. 5 mensili. 2° Di musica istrumentale a L. 12 mensili col nolo del Piano a L. 6 mensili. 3° La scherma e la equitazione da prezzo a concertarsi giusta il numero delle dimande. 4° Le rotture, i guasti volontari, le spese pel dentista, i consulti medici e le cure straordinaria in caso di gravi malattie. 5° Le spese di bucato e stiratura a L. 5. mensili.
Corredo. Ogni allievo deve recare con sé il seguente corredo contrassegnato col numero, che verrà dato in Collegio.
1° Posata e bicchiere di argento, o di Cristophle. 2° lenzuola paia . N° 3 3° Coltre di lana ( Catalogna). . . » 1 4° Coltrona (Trapunta) » 1 5° Camicie . . » 12 6° » da notte » 3 7° Stivaletti paia . » 3
8° Asciugatoi . . » 6 9° Tovaglioli . . n 6 10° tovaglia lunga m.2,50, larga 10 che resta al Collegio . . » 1 11 ° Fazzoletti . . » 12
12° calze paia . » 12
13° Mutande . . N° 6 14° Corpetti di lana per l'inverno . . » 3 15° Flanelle o camicie di lana . . » 4 16° Guanti paia 2 di pelle e 2 di lana . » 4 17° Cravatte, di cui una di seta nera . . » 6 18° Mute di abiti per casa» 3 19° Uniforme che può variare dalle 60 alle 80 lire. 20° Mantello.
21° Gli oggetti di toeletta cioè spazzole pettine , pettinetta, saponette.
L'uniforme deve essere fatto secondo il modello, ed il corredo in ottimo stato.
Dichiarazioni. 1° I convittori sono tenuti in Collegio tutto l' anno. A richiesta de' parenti possono tuttavia passare in famiglia tutto od in parte il mese delle vacanze autunnali dal 15 settembre al 15 ottobre. Quelli che non approfitteranno di questo favore, potranno in compenso godere di qualche viaggetto ameno ed istruttivo.
2° Gli allievi segnalati in condotta potranno avere l'uscita coi parenti ogni due mesi nel giorno e nell'ora stabilita dal Direttore.
3° Fuori di questo tempo non si permetto l'uscita dal Collegio tranne che per motivi di salute.
4° I signori genitori possono visitare i loro figlìuoli due volte la settimana , cioè il Giovedì e la Domenica nelle ore fissate. In caso di malattia, in qualunque ora del giorno.
5° Non si concede ad alcuno dì visitare gli allievi senza uno speciale permesso de' Genitori.
6° Le lettere saranno viste dal Direttore.
7° Non è permesso agli allievi il tener denaro, orologi, coltelli od oggetti di valore. Per le piccole occorrenze o per minuti piaceri si potrà far deposito di qualche somma presso il Prefetto.
8° Al termine d' ogni mese i genitori saranno ragguagliati dello stato sanitario, della condotta, del profitto scolastico de'loro figliuoli in ogni ramo d'insegnamento.
9° Pei genitori che desiderassero un prezzo complessivo si è stabilito : - Annue L. 1400 pel corso Liceale, 1000 pel corso Ginnasiale, 900 pel corso Elementare.
Questo prezzo comprende le provviste , mantenimento e rinnovamento di abiti tanto per uso di casa quanto per l'uscita, i libri, carta, penne, bucato, e stiratura ed ogni altra cosa sovra accennata, tranne la calzatura, i corsi liberi e i dizionarii.
Avendo annunziato nel numero precedente il pellegrinaggio di Sacerdoti italiani a Roma , ne diamo ora il programma per norma di quegli Ecclesiastici nostri Cooperatori, che intendessero di prendervi parte.
PROGRAMMA.
1. Verso il fine di settembre 1883 , avrà luogo un pellegrinaggio ai Piedi del Santo Padre , del quale potrà far parte qualunque Sacerdote d' Italia.
2. I Rev. Ecclesiastici, che desiderano di parteciparvi, dovranno dare il loro nome prima della fine di agosto. Nella lettera d' adesione sono pregati d' esprimere ben chiaro se intendono di venire a Roma personalmente o se solo aderiscono in spirito.
3. L' adesione si dovrà spedire : al Comitato dirigente di Torino.
4. Ogni Sacerdote nell' atto dell' adesione dovrà pagare L. 2 d' iscrizione , inviandole direttamente al Comitato di Torino (si prega di assicurare la lettera).
5. Appena mandata l' adesione ognuno riceverà subito il biglietto d' ammessione al Pellegrinaggio. Questo biglietto dovrà presentarsi per essere ammesso all' Udienza Pontificia. Essa servirà pure per biglietto d' ingresso ai Musei, Pinacoteca , Gallerie Vaticane, ecc , senza bisogno d' altra licenza.
6. Chi non ricevesse il biglietto d' ammessione nella quindicina seguente l' Invio della sua lettera d'adesione, è pregato di renderne avvisato il Comitato, perché potrebbe esser successo un qualche sbaglio nelle impostazioni.
7. L' udienza Pontificia avrà luogo il mercoledì 26 settembre.
8. Non si stabilisce il giorno dell' arrivo , nè quello della partenza, quindi i Sigg. Sacerdoti possono giungere e partire da Roma a loro arbitrio , stantechè il Pellegrinaggio non andrà mai per la Città in corpo.
9. Dovranno però trovarsi i pellegrini tutti riuniti insieme : 1° il giorno dell' Adunanza preparatoria ; 2° all' Udienza Pontificia.
10. Il giorno dell' Adunanza preparatoria sarà il 25 vigilia ciell' Udienza, e verranno poi tutti informati del luogo dove questa si terrà.
11. Ogni Sacerdote potrà alloggiare in Roma dove gli sarà più comodo.
12. Quelli che non amassero aver alloggio nei pubblici alberghi , saranno convenientemente collocati in case private, mediante tenuo compenso, dietro loro dimanda.
13. Il Comitato potendo disporre di un certo numero di letti , li concederà gratuitamente ai Sacerdoti più bisognosi , dalli 18 settembre alli 5 ottobre.
14. Quelli che otterranno l' alloggio gratuito dovranno pagare L. 5 d' iscrizione, così divise L. 2 si spediscono al Comitato, e le altre L. 3 verranno poi pagate in Roma.
15. Coloro che desiderano l' alloggio gratuito, od in case private, sono pregati d'indicare press'a poco il giorno del loro arrivo in Roma , e quanto tempo intendono, dal più al meno , di fermarsi nell' altra città. Così pure dovranno fare la loro domanda prima della metà di agosto.
16. Pel vitto ognuno penserà a sè, essendo questa metodo più economico e più spediente.
17. Il Comitato però, anche pel vitto, si occuperà per procurare dei vantaggi a chi li desidera.
18. Quei Sacerdoti che non potessero venire a Roma, e che tuttavia desiderassero d' attestare in qualche modo la loro devozione al S. Padre , potrebbero spedire il loro nome e cognome al Comitato unitamente a quella offerta, che stimeranno di fare per sollevare l' augusta povertà del Sommo Pontefice.
19. Tanto coloro che interverrano a Roma, quanto quelli che aderiranno in ispirito, potrebbero , però colla licenza dei rispettivi Sigg. Parrochi, fare nei loro paesi e presso i conoscenti ed amici una piccola colletta da presentare al S. Padre, nel giorno dell'Udienza. La presentazione delle offerte si farà per Diocesi.
20. Sarà celebrata nella Basilica di S. Pietro in Vaticano una funzione solenne, analoga al Pellegrinaggio , alla quale sono invitati tutti i signori Pellegrini.
21. 1 nomi dei Pellegrini e degli aderenti saranno umiliati ai Piedi del S. Padre in apposito album ; del quale verrà dato copia in Roma a chi ne farà domanda nella lettera d'adesione.
AVVERTENZE. - Prima della partenza per Roma si muniranno i RR. Sacerdoti dell' Exeat, onde poter celebrare fuori Diocesi.
La concessione degli alloggi gratuiti si farà sul principio di settembre, epperciò a quegli ecclesiastici che ne faranno domanda , non si potrà assicurare nulla sino a questo tempo; sono tuttavia pregati di far le loro domande con sollecitudine.
Per norma dei RR. Ecclesiastici, si fa osservare che in Roma si può, con tutta facilità , avere il vitto a L. 3,50 circa al giorno.
Contemporaneamente a questo , avrà luogo il Pellegrinaggio Italiano , cosicché potranno i RR. Sacerdoti partecipare alle due udienze pontificie, e a quelle maggiori solennità che si preparano per il Pelleginaggio generale ed anche unirsi, per via ed in città, ai loro parenti ed anici.
Saranno pure benevolmente accolti i RR. Chierici.
COMITATO CENTRALE
Presidente del Comitato: Teol. ARPINO MAURIZIO, Curato dei SS. Apostoli Pietro e Paolo. Torino.
Can. Augusto BERTA Teol. Colleg. Vice-Presidenti Teol. PECHENINO Prof. MARCO.
Promotore del Pellegr.: Teol. ALBERTO GHIOTTI. Segretari ; D. CASALEGNO GIUSEPPE.
Teol. ARTUFFO Gio. BATT. Tesoriere : Teol. SIlvio FRESIA.
Pel Comitato Centrale rivolgersi al Segretario del Pellegrinaggio:
Il M. R. Signor D. Giuseppe Casalegno Rettore della Chiesa della SS. Trinità Doragrossa - Torino.
Molte persone desiderando di ottenere più facilmente grazie speciali da Maria, Aiuto dei Cristiani, sogliono a voce o per iscritto raccomandare preghiere nel suo Santuario in Torino , e nel tempo stesso per unirvisi in corpo o in ispirito chiedono quali orazioni si facciano, e in quali ore del giorno. Per soddisfare alla pietà di tutti giudichiamo bene di rispondere colla seguente esposizione.
Al mattino dalle ore 5'/2 alle ore 6'/2 una parte dei giovani dell'Oratorio di s. Francesco di Sales, recatisi nel Santuario, vi recitano varie orazioni, tra cui la terza parte del Rosario di Maria Vergine, ascoltano la Messa , e molti fanno pure la santa Comunione, secondo le intenzioni delle persone raccomandate.
Alle ore 7, per ordinario, D. Bosco celebra la santa Messa, nella quale ricorda a Dio in modo particolare tutti coloro, che si sono rivolti al detto Santuario per qualche favore , e imparte loro la benedizione di Maria Ausiliatrice.
Dalle 7'/2 alle 8'/2 si porta nel Santuario un'altra parte dell'Istituto, vi ascolta la Messa, vi recita orazioni e Rosario , e parecchi si accostano alla santa Comunione.
Si nota che tutti i fedeli, i quali almeno contriti intervengono a questi Esercizii di pietà, acquistano tre anni d'indulgenza concessi dal Papa Pio IX, con suo Breve del 26 Febbraio 1875.
In tutte le ore poi del mattino sino a mezzodì varii membri dell' Istituto si trovano sempre appiedi della Vergine Ausiliatrice, pregandola a mostrarsi benigna verso tutti coloro, che la invocano o da vicino o da lontano.
Dopo il mezzodì, nelle ore di ricreazione, molti giovanetti fanno visita al SS. Sacramento e a Maria Ausiliatrice , recitando preghiere a loro arbitrio. Generalmente leggono le orazioni, che si trovano nel Giovane Provveduto, ad onore del SS. Sacramento, o del Sacro Cuore di Gesù, e di Maria Santissima.
Di estate alle ore 7 1/2 di sera, e d'inverno alle ore 5 , tutta la Comunità si raccoglie nel Santuario, vi ascolta una pia lettura e talora un sermoncino, indi si canta l'inno Ave maris Stella o le Litanie Lauretane, poscia si espone il SS. Sacramento e s'imparte la Benedizione col medesimo.
Dopo cena e sino verso le ore 10 varii membri dell'Istituto continuano le visite al SS. Sacramento ed a Maria Ausiliatrice.
Oltre a queste pratiche ordinarie e generali, ne hanno pur luogo delle particolari, quando i divoti le ordinano. Tali sono la celebrazione di Messe all'altare della Vergine, i tridui e le novene di Benedizioni del SS. Sacramento con apposite preghiere della Comunità.
Questo si fa nel Santuario di Maria Ausiliatrice in Torino; ma notiamo che quasi altrettanto si pratica in tutte le Cappelle e Chiese, che appartengono alla Pia Società dei Salesiani in Italia , Francia , Spagna ed America. Or siccome tra le molte migliaia di giovanetti, che pregano, ve ne hanno pur sempre moltissimi tuttora innocenti e dotati di virtù eminente, così non è da stupire che il Signore e la Vergine Ausiliatrice si compiacciano di ascoltare le loro voci, e concedano le grazie che ad essi dimandano, come esperimentano ogni giorno centinaia di persone.
E qui, poiché ci cade in acconcio, raccomandiamo ai singoli Direttori delle nostre Case che esortino sovente i loro giovanetti a pregare volentieri e con fervore secondo l'intenzione di D. Bosco, onde le loro suppliche, salendo da tante parti al trono di Dio, ne discendano ogni giorno come sciolte in una pioggia di grazie sopra tutti i nostri benefattori e benefattrici e sopra tutti coloro, che confidano nella intercessione di Maria Ausiliatrice.
Siamo statì pregati che volessimo pubblicare nel Bollettino Salesiano un articolo sul suono dell'organo nelle sacre funzioni , notando in qual tempo dell'anno, seconda le prescrizioni ecclesiastiche, si possa suonare, e in quali punti della Messa e dei Vespri. Eccoci a soddisfare brevemente la ragionevole domanda.
Secondo le savie prescrizioni di santa Chiesa e le sentenze dei migliori espositori di sacre cerimonie, è decoroso il suono dell'organo e il canto musicale in Chiesa in tutte le Domeniche e Feste dell'anno, nelle quali il popolo suole astenersi dalle opere servili, eccettuate le Domeniche di Avvento e di Quaresima, e nella Messa soltanto (1).
Non ostante questa eccezione , nell' Avvento si può tuttavia suonare l'organo anche a Messa nella 3a Domenica, chiamata Gaudete in Domino, e nella 4a Domenica di Quaresima, detta Laetare Ierusalem. Anzi durante l'Avvento e la Quaresima si può suonare altresì nelle feste e nelle ferie , che sono celebrate dalla Chiesa con qualche solennità, come sarebbe nel giorno della Immacolata Concezione di Maria, di s. Tommaso e di s. Mattia apostoli, di s. Tommaso d'Aquino, di s. Gregorio Magno, di s. Giuseppe, dell'Annunziazione di Maria Vergine e simili; come pure nella Messa del Giovedì Santo, e nella Messa e nei Vesperi del Sabato Santo, e qualunque volta occorra celebrare solennemente , con allegrezza e per qualche ragione grave.
Per regola generale l'organo si suona quando il Diacono e Suddiacono a Messa solenne vestono la Dalmatica e Tunicella, quantunque il colore sia violaceo; così reca una risposta della Sacra Congregazione dei Riti il 2 Settembre 1741.
Si può, anzi conviene suonare l'organo ogni qualvolta il Vescovo entra in Chiesa per celebrare solennemente, o per assistere alla Messa solenne da altri celebrata. In allora l'organo si suona al suo ingresso in Chiesa e se ne continua il suono in tutto il tempo che egli si prepara e veste , sino a che sta per incominciare la Messa. Lo stesso si dica nell'entrata di un Legato Apostolico, di un Cardinale, di un Arcivescovo o di un altro Prelato, che il Vescovo diocesano voglia onorare. Così il Cerimoniale dei Vescovi.
Oltre queste circostanze specialmente notate , l'organo si può suonare ad arbitrio in molte altre sacre funzioni tanto nel mattino, quanto nella sera, come oggidì si pratica generalmente nelle Chiese bene amministrate.
(1) Si dice nella Messa soltanto, per fare capire che in tutte le Domeniche e Feste anche di Avvento e di Quaresima l'organo si può sempre suonare ai Vespri e alla Benedizione ed in altro consimili funzioni.
Nella Messa cantata si suona l'organo, quando il Celebrante esce di sagrestia, e sino al principiare della Messa. Se la Messa è in canto fermo o gregeriano, l'organo suona alla ripetizione dell'Introito; suona alternativamente al Kyrie eleison e al Gloria in excelsis; suona finita la Epistola sino al cominciare del canto del Vangelo, salvo il caso che in questo frattempo si abbia a cantare un qualche versicolo del Graduale o del Tratto o la Sequenza; suona all'Offertorio, cantato che sia dal Celebrante il Dominus vobiscum e la parola Oremus, sino all'incominciare del Prefazio ; suona alternativamente al Sanctus ; suona specialmente con armonia più grave e più dolce durante la Elevazione, sino al cominciare del Pater Noster ; suona alternativamente all'Agnus Dei, indi prosegue sino al Dominus vobiscum , che precede l' Oremus dopo la Comunione ; suona finalmente dopo la benedizione del Celebrante , sino al suo ritorno in sacrestia.
Se si suona l' organo ad una Messa semplicemente letta si fa pure una breve cadenza quando il Celebrante, terminato il Confiteor e pronunziata la parola Oremus , ascende l'altare e va al Messale per leggere l'Introito.
Secondo il Cerimoniale dei Vescovi nelle Messe e negli uffizii dei defunti non si ha da usare nè organo né musica, ma il canto fermo ; così pure convien praticare nei giorni feriali non solenni di Avvento e di Quaresima. Oggidì si permette la musica nei funerali e il suono dell'organo; ma l'una e l'altro non devono mai discostarsi dallo spirito della Chiesa, che in quell'occasione veste a lutto e piange e prega pei suoi figli estinti ; quindi occorre un canto ed un suono mesto e lugubre.
A differenza del Kyrie e del Gloria, il Credo o Simbolo va cantato per intiero con intelligibile voce, così che possa essere udito distintamente dal popolo. Si può tuttavia unire il suono dell'organo, purché il Simbolo si canti intieramente. Nel canto fermo suole in alcuni luoghi farsi solo una breve suonata dopo l'Incarnatus, sia ad onore delle auguste parole, sia perché i cantori abbiano un lieve respiro.
Dove è in vigore si può conservare la consuetudine di rispondere all'Ite Missa est solamente coll'organo.
In generale tanto nelle Messe cantate , quanto nelle Messe senza canto, cessa il suono dell'organo tutte le volte che o il Celebrante , o il Diacono, o il Suddiacono recitano o leggono a voce intelligibile o cantano qualche parte della Messa. Quindi l'organo tace al Salmo Iudica me Deus, al Confiteor e Misereatur, e alla lettura od al canto dell'Introito; tace al Dominus vobiscum o pax vobis, alla recita o al canto degli Oremus, dell'Epistola, del Vangelo, del Prefazio, del Pater Noster, dell'Ite Missa est, e alla benedizione del Celebrante.
Parimenti , se avesse luogo l' amministrazione della santa Comunione, s'interrompe il suono dell'organo all'incominciare del Confiteor, sino all'ultimo Domine non sum dignus. - Quando celebra il Vescovo della Diocesi si sospende anche il suono dell'organo dopo la benedizione, per la proclamazione della Indulgenza, che suole allora impartire ai fedeli assistenti, se già non fu proclamata al Vangelo dopo il Sermone.
In quanto ai Vespri, l'organo suona nell'uscita dei sacri Ministri dalla sacrestia, sino all'incominciare del Pater noster; quindi nella fine di ogni
Salmo, dopo il Gloria Patri, e alternativamente nelle strofe dell' inno e nei versicoli del Magnificat.
Si devono per altro osservare queste regole. Il primo verso dei cantici e degli inni, e le parole di questi, alle quali si deve genuflettere, come i versicoli Te ergo quaesumus del Te Deum, e Tantum ergo Sacramentum e simili si devono cantare a voce intelligibile e non suonare dall'organo. Devesi altresì sempre cantare l'ultima strofa degli inni e il Gloria Patri, quantunque siansi cantati dal coro la strofa e il verso precedente.
Si avverte che tutte le volte, che nella Messa e nei Vespri qualche parte si figura cantata o risposta per mezzo dell'organo, questa medesima si deve pronunziare con voce intelligibile da qualcheduno del coro.
La santa Chiesa prescrive altresì che il suono dell'organo non sia mai lascivo od impuro; che con esso non si accompagnino canti, i quali non appartengano all'uffizio che si celebra; e che questi non abbiano mai nulla di profano o di teatrale, affinché l' armonia delle voci ordinata a crescere la pietà dei fedeli non ne distolga invece gli animi dalla contemplazione delle cose divine. E quindi vietato l' eseguire in tutto od in parte pezzi , motivi od arie da teatro. - Manco male , scriveva sin dal 1855 l'Armonia, se si suonassero le arie del .Mosè di Rossini o dei Martiri di Donizetti ; ma far udire la Traviata è imperdonabile. - E così dicasi di altre consimili produzioni, che risvegliano nei fèdeli pensieri ed affetti mondani.
I. Nelle suonate non sia mai troppo lungo, sino ad obbligare il Celebrante ad interrompere il corso della Messa. Le sinfonie, così il Papa Benedetto XIV , oltre all' essere gravi non debbono mai essere tali, che colla loro prolissità e lunghezza ingenerino tedio o fastidio in quelli , i quali stanno in coro, o servono all'altare nei Vespri o nella Messa.
II. Abbia una cognizione adequata di quei movimenti e di quelle cerimonie dei sacri Ministri, dalle quali deve regolarsi quando abbia da cominciare o da cessare il suono.
IlI. Se nel sedere all' organo deve volgere le spalle all'altare , si tenga davanti uno specchio , che gli rifletta quello che si fa all'altare medesimo, o almeno incarichi una persona intelligente, che lo avverta fedelmente volta per volta, quando abbia da por fine al suono.
Col sin qui esposto, crediamo di aver data una risposta conveniente, secondo le autorevoli disposizioni e lo spirito di santa Chiesa. Se mai questa risposta a taluno non paresse affatto adequata, noi saremmo riconoscenti degli opportuni riflessi, che egli si degnasse di farci in proposito. (1)
(1) Uno dei migliori libri, che trattino di Sacre Cerimonie, è Il Sacerdote Celebrante del canonico Giovanni Fumagallì di Bergamo, libro che vorremmo nelle mani di ogni Chierico e Sacerdote.
Nella fausta occasione, che il Santo Padre LEONE XIII veniva assunto alla Cattedra di S. Pietro, fu compilato un libretto col titolo « IL PIÙ BEL FIORE DEL COLLEGIO APOSTOLICO» contenente una breve biografia di Lui, e dei Cardinali che lo hanno eletto. Scritta da D. Bosco medesimo con eleganza e popolarità, l'operetta fu tosto smerciata a più di 50 mila copie per tutta l'Italia con grande vantaggio delle anime.
Nel vivo desiderio di conciliare viemaggiormente al Vicario di Gesù Cristo l'ossequio e la obbedienza, che tutti i Cattolici gli devono, siano soliti di ricordare tutti gli anni ai nostri lettori la esistenza di questo libretto, e raccomandarne la diffusione. La stessa cosa facciamo presentemente, notando, che il provvedersi, regalare e far leggere l'annunziato fascicoletto è uno dei migliori mezzi per ben celebrare il prossimo Onomastico del Santo Padre e la festa del Patriarca S. Gioachino.
Si vende alla Libreria Salesiana di Torino, a Cent. 40 la copia, e a L. 35 ogni cento coppie.
GRAMMATICA DELLA LINGUA GRECA ad uso delle scuole dei Sac. Prof. Giovanni Garino. - Un vol. di circa 450 pag. in-16° gr. su nuovi caratteri e carta distinta, prezzo non superiore alle lire 3. Uscirà all'aprirsi del nuovo anno scolastico.
Dettata scrupolosamente secondo gli ultimi risultati delle scienze filologiche e linguistiche e colla scorta dei migliori testi, questa Grammatica mira a rendere lo studio scientifico della lingua greca di chiaro e facile apprendimento , spogliandolo di tutte quelle difficoltà esteriori, che a primo aspetto sogliono spaventare i più. Quindi senza mancare allo scopo scientifico che richiede rigorosa precisione, ed una perfetta corrispondenza di parti da cui risulti un solo organismo, le regole vi sono esposte nella maniera più facile ed elementare; si ricorrerà talora a quei mezzi empirici, che il lungo esercizio nell' insegnamento ha fatto apprendere all' autore come necessarii e non inconvenienti al metodo scientifico , e si ha somma cura che la semplicità e la chiarezza non abbiano a nuocere alla brevità ed all' ordine. Il disegno dell' opera è tale che debba servire pel ginnasio e pel liceo ; un'acconcia varietà di caratteri tipografici serve a far distinguere le regole più importanti e che devono apprendersi al primo entrar nello studio del greco, da quelle altre a cui l'allievo dovrà passare solo dopo d' aver appresi i primi elementi. Noi abbiamo grammatiche eccellenti, ed è superfluo citare il Curtius e l'Inama, ma forse nè l'uno nè l'altro rispondono esattamente ai bisogni delle scuole nostre secondarie. Rendere il metodo scientifico acconcio alla capacità degli allievi ed alle condizioni dell'insegnamento, ecco lo scopo di questa Grammatica.