ANNO XI - N. 11. Esce una volta al mese. NOVEMBRE 1887
DIREZIONE nell'Oratorio Salesiano - Via Cottolengo, N. 32, TORINO
Sommario - Partenza dei Missionari Salesiani per l'Equatore - Il Santo Padre ai Vescovi d'Italia - Perchè vi è sempre il Papa? - Pellegrinaggio degli operai francesi a Roma - Esplorazione della Terra del Fuoco - Grazia di Maria Ausiliatrice - Cooperatori e Cooperatrici defunti nel 1886.
Nella prima settimana del mese di dicembre partirà dall'Oratorio di S. Francesco di Sales, dalla Chiesa di Maria SS. Ausiliatrice un drappello di dieci missionarii Salesiani, destinati per la repubblica dell'Equatore. Benedetti dal Sommo Pontefice vanno per calcare le orme, per seguire gli esempi di tanti eroi della Chiesa Cattolica, Francescani , Domenicani , Mercedarii , Agostiniani, Padri della Compagnia di Gesù, fondatori della civiltà in molte di quelle ìmmense provincie, salvatori di tante migliaia di anime pel corso di tre secoli. Ma per quel campo evangelico non bastarono e non bastano gli operai del Signore, perchè molta è la messe. Al di là delle Ande ad Oriente vanno errando nelle tenebre della morte quelle innumerevoli tribù, verso le quali, per la loro salvezza, sentiva struggersi d'ardentissima carità la Verginella Paredes de Flores, la gloria dell'Equatore, il giglio di Quito, la B. Marianna di Gesù.
Il compimento dei voti di questa angelica creatura è una parte del programma dei figli di D. Bosco, e sotto la sua protezione, coll'aiuto di Maria SS. col soccorso materiale e morale dei buoni Cooperatori e Cooperatrici non dubitiamo che si accrescerà il numero dei figli della Chiesa, dei cittadini della patria beata.
Colui che ha detto andate e insegnate a tutte le genti, ha pure detto che chi donerà all'apostolo, perchè apostolo, avrà la ricompensa dell'Apostolo.
Signori cooperatori, signore cooperatrici! Non stancatevi nel cammino della vostra generosità ! Proseguite ciò che avete incominciato. Un piccolo sacrifizio ciascuno per amor di Gesù, un tenue obolo ciascuno per amor di quel Dio che è fonte di ogni bene terreno e celeste, e che sa ricompensare largamente eziandio su questa terra ciò che si fa per amor suo, e allora vedrassi sempre più estendersi il regno dell'Evangelio.
Accendiamoci di quel fuoco che Gesù Cristo è venuto ad accendere sulla terra e che vuole che ovunque divampi, fuoco di zelo per la gloria di Dio, emergente dalla salute delle anime ! D. Bosco attende i vostri soccorsi ! I missionarii partono fidenti in voi.
Quando Gesù nell'ultimo dei giorni scenderà sulla terra in gloria magnifica circondato dagl'eserciti degli angioli santi per giudicare le umane generazioni, ci chiederà conto dell'uso delle ricchezze. Sarà base del suo giudizio la carità. Esso ci interrogherà ! Che cosa risponderemo noi a Chi fin nei suoi angeli trova deficienze ? Oh! qual sicurezza, qual gioia se noi per nostra difesa, additandogli migliaia di anime gloriose intorno al suo trono, potremo dirgli
- Signore le abbiamo salvate noi colle nostre generose elemosine.
Pubblichiamo la bella lettera di Sua Santità all'Episcopato italiano, nella quale oltre al raccomandar che fa a noi la divozione alla Vergine del Rosario, specialmente nel mese di ottobre, ci rivela anche una volta il vero amor di patria che stringe il Santo Padre verso l'Italia nostra. Tutto sperarono dal Rosario i padri nostri e per mezzo di esso tutto ottennero: e noi pure per mezzo di esso tutto dobbiamo sperare ed otterremo. Questa parola del Sommo Pontefice riguarda il tempo presente e il tempo futuro, quindi non è un fuor d'opera in riportarla anche trascorso il mese di ottobre.
VENERABILI FRATELLI,
Vi è ben noto quanta fiducia in mezzo alle presenti calamità abbiamo Noi riposta nella gloriosa Vergine del Rosario per la salvezza e prosperità del popolo cristiano, per la pace e la tranquillità della Chiesa. - Memori, per una parte, che nelle grandi distrette Pastori e fedeli furono sempre usi di rivolgersi fiduciosi alla gran Madre di Dio, aiuto potentissimo dei cristiani , nelle cui mani sono poste tutte le grazie; persuasi per l'altra che la devozione alla Vergine sotto il titolo del Rosario torna sommamente opportuna ai bisogni specialissimi dei tempi nostri, abbiamo voluto che questa devozione si ravvivasse dovunque e sempre più largamente si stabilisse in mezzo ai fedeli di tutto il mondo. - Già più volte, nell'inculcare la pia pratica del mese di ottobre ad onore della Vergine, ne abbiamo indicato i motivi, le speranze, il modo: e tutta quanta la Chiesa, in qualsiasi parte della terra, docile alla Nostra voce , ha sempre risposto con manifestazioni di singolare pietà al Nostro invito: ed anche ora di nuovo si apparecchia a pagare a Maria Santissima, per un intero mese , il tributo quotidiano della devozione a Lei tanto gradita. - In questa santa e nobile gara non è rimasta addietro l'Italia, dove la pietà verso la Vergine è cosi profondamente radicata e cosi universalmente sentita; né dubitiamo che anche in quest'anno l'Italia sia per dare bella prova del suo amore verso la gran Madre di Dio, e per apprestare a Noi nuovi motivi di consolazione e di conforto. - Non possiamo tuttavia dispensarci dal rivolgere a Voi, Venerabili Fratelli, una parola di speciale esortazione, affinché con nuovo e singolare impegno in tutte le diocesi italiane sia santificato il mese dedicato a Maria Santissima del Rosario.
E facile comprendere le particolari ragioni che a ciò Ci muovono. - Fin da quando Iddio Ci ebbe chiamati a reggere sulla terra la sua Chiesa, Noi Ci studiammo di porre in opera tutti quei mezzi che sono in Nostro potere, e che credemmo più acconci alla santificazione delle anime e alla dilatazione del Regno di Gesù Cristo. Non abbiamo esclusa dalle Nostre quotidiane sollecitudini alcuna nazione né alcun popolo, ben sapendo che per tutti il Redentore ha profuso sulla Croce il suo sangue prezioso, e a tutti ha aperto il regno della grazia e della gloria. Nessuno però può farsi maraviglia, se con singolare predilezione riguardiamo il popolo italiano: ché anche il divino Maestro, Gesù Cristo , fra tutte le parti del mondo prescelse l'Italia a Sede del suo Vicario in terra, e nei consigli della sua provvidenza dispose che Roma addivenisse la capitale del mondo cattolico. Per tal maniera il popolo italiano è chiamato a vivere in maggior prossimità col gran Padre della famiglia cristiana, e a dividerne più specialmente le gioie e i dolori. E pur troppo nella nostra Italia non mancano al presente gravissime ragioni di amarezza all'animo Nostro. La fede e la morale cristiana , preziosissimo retaggio tramandatoci dai nostri antenati, e che pur fece in ogni tempo la gloria della patria nostra e de,' grandi Italiani, sono o insidiosamente e quasi di nascosto, o palesemente e con ributtante cinismo assaliti. da una mano di uomini , i quali si studiano di strappare agli altri la fede e la morale che essi hanno perduto. É facile intravedere in tutto questo, più che ogni altra cosa, l'opera delle sétte , e di coloro che sono strumenti più o meno docili in mano dì esse. - Qui in Roma poi dove il Vicario di Cristo ha la sua Sede si concentrano a preferenza gli sforzi di costoro e si manifestano in tutta la pertinace ferocia i loro satanici intendimenti.
Non abbiamo bisogno di dirvi, Venerabili Fratelli, di quale e. quanta amarezza sia ripieno l'animo Nostro nel vedere esposte a cosi gravi pericoli le anime di tanti Nostri carissimi figli. E cresce questa Nostra amarezza nel veder Noi stessi posti nell'impossibilità di opporsi a questi grandi inali con quella salutare efficacia che vorremmo, e che pure avremmo il diritto di avere: imperocchè sono note a voi, Venerabili Fratelli, e a tutto il mondo, le condizioni di vita alle quali siamo ridotti. Per questi motivi Noi sentiamo maggior il bisogno d'invocare l'aiuto di Dio e la protezione della gran Vergine Madre. - I buoni Italiani preghino fervorosamente pe' loro fratelli traviati e preghino pel Padre comune di tutti, il Romano Pontefice, acciocchè Iddio nella sua infinita misericordia accetti ed esaudisca i comuni voti de' figli e del Padre. Ed anche per questa parte le Nostre più vive e più ferme speranze sono collocate nella gloriosissima Regina del Rosario: la quale, fin da quando cominciò ad invocarsi con questo titolo, si mostrò prontamente soccorrevole ai bisogni della Chiesa e del popolo cristiano. - Già altre volte ricordammo queste glorie e gli strepitosi trionfi riportati contro gli Albigesi e contro altri potenti nemici : glorie e trionfi che ridondano sempre non solamente a profitto della Chiesa perseguitata ed afflitta, ma a prosperità temporale altresì dei popoli e delle nazioni.
Perchè non potrebbero rinnovarsi nei bi sogni presenti le stesse meraviglie di potenza e di bontà da parte della gran Vergine a pro della Chiesa e del suo Capo e di tutto il mondo cristiano, sol che i fedeli sapessero rinnovare da parte loro gli splendidi esempi di pietà dati in simili congiunture dai loro maggiori? E perciò che Noi, a renderci vie più propizia questa potentissima Regina, intendiamo di onorarla sempre più sotto l'invocazione del Rosario e di accrescerne il culto. - E così, a cominciare dall'anno che corre, abbiamo stabilito d'innalzare a rito doppio di seconda classe per tutta la Chiesa la solennità del Rosario. Ed allo stesso fine ardentemente bramiamo che il popolo cattolico italiano con particolare slancio di devozione sempre, ma singolarmente nel mese prossimo di ottobre, si volga a questa gran Vergine, e faccia dolce violenza al suo cuore di Madre, pregandola per l'esaltazione della Chiesa e della Sede Apostolica, per la libertà del Vicario di Gesù Cristo in terra, per la pubblica pace e prosperità. E poichè l'effetto delle preghiere sarà tanto più grande e sicuro, quanto saranno migliori le disposizioni di chi prega, caldamente vi esortiamo, Venerabili Fratelli, che con tutte le industrie del vostro zelo vi adoperiate a ridestare nei popoli a voi commessi una fede vigorosa , viva ed operativa, e a richiamarli colla penitenza alla grazia e al fedele adempimento di tutti i dovei i cristiani.
Tra i quali, per le condizioni dei tempi, conviene considerare come principalissimo la franca e sincera professione della fede e della morale di Cristo, per la quale si vinca ogni rispetto umano e si mettano innanzi ad ogni cosa gl'interessi della religione e l'eterna salvezza dello anime. Poiché non conviene dissimulare che, quantunque per divina misericordia il sentimento religioso sia ancora vivo e largamente diffuso nel popolo italiano, pure anche in mezzo di esso, per malefico influsso degli uomini e dei tempi , ha cominciato a serpeggiare l'indifferentisrno religioso:, per cui va diminuendo quella pratica riverenza e quell'amor filiale verso la Chiesa , che furono gloria e nobile vanto dei maggiori. - Sia per opera vostra, Venerabili Fratelli , che si risvegli potente nei vostri popoli il sentimento cristiano, l'interesse per la causa cattolica, la fiducia nella protezione della Vergine, lo spirito di preghiera. Non è a dubitare che l'invitta Regina da tanti figli e con si felici disposizioni invocata, non risponda benignamente alle loro voci, consoli la Nostra afflizione e coroni i Nostri sforzi a pro della Chiesa e dell'Italia, riconducendo per l'una e per l'altra giorni migliori.
Con questi sentimenti impartiamo a voi, Venerabili Fratelli, al Clero e popolo commesso alle cure di ciascun di voi, l'Apostolica benedizione, pegno delle grazie e dei favori più eletti del cielo.
Dal Vaticano, li 20 settembre 1887.
LEO PP. XIII
Un avvenimento, grande come il mondo che esso riempie, si va approssimando a gran passi. L'ultimo giorno del corrente anno il Sommo Gerarca della Chiesa Cattolica, il sapientissimo Papa Leone XIII compirà i cinquanta anni di sacerdozio, celebrerà le sue Nozze d'oro, come si dice, e con lui le celebreranno i 217 milioni di cattolici , sparsi su tutta la terra. Anzi anche gli eretici, gli scismatici, i turchi ed i pagani si fanno un piacere di preparargli ed offrirgli preziosi regali. Sarà un'altra volta adempita la profezia : I re di Tharsis e le isole a lui faranno le loro offerte, i re degli Arabi e di Saba porteranno i loro doni (Psalm. LXXI, 10.). Un grande pellegrinaggio cattolico si apparecchia a venire a Roma; e al Pontefice dirassi : Alza intorno il tuo sguardo e mira: tutti costoro si son radunati per venire a te : da lungi verranno i tuoi figliuoli e da ogni lato a te nasceran delle figlie (Issi. Lx, 4,). E, ciò che vi ha di più straordinario in questo fatto, esso accade mentre i giornali della rivoluzione van gridando che il Papato è morto, che la questione romana è posta nel dimenticatoio. Non adempirassi anche la profezia : Si getteranno ai suoi piedi gli Etiopi e i nemici di lui lambiranno la terra? (Psalm. cit.) Non sembra l' avventura del famoso Balaam della Bibbia, chiamato a maledire e costretto, suo malgrado , a benedire per tre volte il popolo d'Israele? (Num. xxiv.) Il vero popolo d'Israele, di cui l'antico non era che la figura, è la Chiesa Cattolica col suo augusto Capo. Quanti che ora maledicono, se studiassero, se riflettessero, benedirebbero l'una e l'altro!
Abbiamo sott' occhio un libro , uscito or ora dalla Tipografia Salesiana, che ha per titolo Perché vi è sempre il Papa ? Esso è scritto dal Teol. Colleg. Ilario Maurizio Vigo , Curato di Santa Giulia in Torino e fa seguito ai due già pubblicati dal medesimo autore e stampati dalla stessa benemerita Tipografia , cioè : Perché vi son sempre Preti ? e Perché vi son sempre Vescovi ? e compisce un magnifico ternario, opportunissimo ai nostri tempi.
A non parlare che dell' ultimo uscito : Perché vi è sempre il Papa? diremo che noi lo giudichiamo degno di tener compagnia ai due precedenti, anzi in esso l'autore, a nostro giudizio, ha superato se stesso.
E diviso in due parti: La Chiesa e Il Papa. Nella parte prima, dopo un'introduzione in cui mostra come in un quadro la storia della Chiesa in questi oramai diciannove secoli di vita cristiana, presenta questa nostra gran Madre sotto la figura del Regno di Dio, predetto dal profeta Daniele,; della Società di Dio cogli uomini, di' cui parla san Giovanni Evangelista; della Città santa la nuova Gerusalemme; principalmente sotto quella della Sposa immacolata rel divino Agnello. Con una cara e semplice esposizione, sempre appoggiata alla divina Scrittura, vi presenta così soavemente la Veste, il Corpo, l'Anima, la Fecondità verginale, la Dote e i Connotati di questa Sposa terreno-celeste , che incanta e innamora. Oh ! fosse letto da tutti il libro del Teol. Vigo !...
Intanto si è preparato la strada a parlare del Papa, come fa nella seconda parte del suo libro. E qui si può dire che oratio crescit, exultat, triumphat, il discorso cioè cresce, esulta, trionfa. Con poche pennellate, proprio da maestro, vi dà nell'introduzione un quadro della storia del Papato e divide la sua materia in tre capi : Prerogative dl Papa - Benefizi del Papa - Doveri verso il Papa. E, ben conoscendo l'importanza e la difficoltà del primo capo : Delle prerogative del Papa, si è appoggiato totalmente alla definizione dogmatica del Concilio Ecumenico Vaticano, e, a rendere l'intelligenza più facile , ha dato a questo capo la forma di Dialogo, brioso, vivace, condito di festività e seminato di aneddoti storici.
Arrivato ai Benefizi del Papa , dopo avere paragonato opportunamente questo augusto Capo della Sposa del divin Redentore, con una similitudine scritturale, al Monte Carmelo , dimostra chiaramente e colla storia alla mano che dal Papa vengono preziosissimi benefizi soprannaturali e naturali, tanto intellettuali (le scienze e le arti belle) quanto morali alla società, alla famiglia (sposi, genitori e figli) e a tutti gli sciagurati in genere, onde ben con ragione passa ai Doveri verso il Papa, deducendoli dal quarto comandamento del Decalogo : Onora il padre tuo ecc., e col Catechismo Romano prova e spiega con adattati esempi che si deve amare il Papa, rispettare il Papa, obbedire al Papa e assistere il Papa. E qui, dopo spiegata l' origine del Denaro di s. Pietro, dimostra che dobbiamo ai nostri giorni specialmente, soccorrere quanto possiamo questo nostro gran Padre.
Noi non crediamo dir troppo se conchiudiamo che il libro del D. Vigo, già conosciuto per tanti altri scritti, non solo è pieno di dottrina, di erudizione e di amenità popolare, ma è un magnifico regalo da fare alla gioventù, è un volumetto da mettersi nelle mani di tutti i cattolici dei nostri giorni, che può confermare nella fede , e anche dei non cattolici, che può illuminare a conoscere la verita intorno alla Chiesa e al Papa.
È un bel volume in-32° di pag. 192, e si vende al prezzo di Lire 0 50 la copia
Sappiano pure che la medesima benemerita Tipografia Salesiana propone un mezzo semplicissimo di fare acquisto di questo libro. Basta rivolgersi alla medesima domandando pacchi postali del Vigo - perché vi è sempre il papa ? unendovi la somma di Lire dodici e si riceverà al più presto.
Ogni pacco postale conterrà 25 copie di detto libro, una copia dei seguenti Scritti del S. Padre Leone XIII od a Lui riguardanti cioè: Pecci, La Chiesa e la Civiltà - Bosco, Il più bel fiore - Leone XIII. Costituzione Cristiana dgli stati -
Tarino Istruzioni popolari sulle Encicliche di S. S. Leone XIII, nonché 50 copie assortite di due opuscoletti, da 5 cent. cioè Viva Leone XIII e Lettera pel Giubileo.
Il prezzo d'ogni pacco postale sarà di L. 12 (D.)
Un tal modo di acquisto agevola alla Libreria editrice la pronta e regolare spedizione, ed ai Promotori della buona stampa una grande diffusione, durante il Giubileo, con poca spesa.
I Cooperatori e le Cooperatrici, che vogliono promuovere la diffusione di un tal libretto e goder delle agevolezze offerte, si appiglino a questo semplice mezze.
a Roma.
Tre ore in Torino.
Il 13 del mese d'ottobre, il Pellegrinaggio delle Associazioni Operaie francesi - sezione del Nord -ha passato alcune ore in Torino; si componeva di 900 persone, fra le quali molti preti, cappellani dei Circoli cattolici e direttori di varie altre Opere.
Il signor Léon Harmel, di Val des Bois, e due dei suoi figli; il signor barone di Monpetit e il signor Champion guidavano la devota falange.
Il primo treno entrava nella stazione alle 5,30 di sera. Alcuni preti Salesiani francesi, mandati da D. Bosco, salutano il signor Léon Harmel a nome del loro Padre, dicendo che a lui rincresceva, per l'amore che porta alla Francia, di non poter dare ai pellegrini, troppo numerosi, un'ospitalità che sarebbe stata di suo onore e consolazione, per la ristrettezza dei locali dell'Oratorio. Ma tuttavia , desiderando far conoscere quanto apprezzasse e desiderasse la loro venuta, dimenticando il peso degli anni, voler recarsi presso agli operai, a fine di congratularsi con essoloro della loro nobile impresa.
Il signor Harmel, accettando la lieta proposta indicò l'ora più conveniente per la visita di D. Bosco.
Si era preparata la cena dei pellegrini nel ristorante Sogno , posta in mezzo al magnifico giardino del Valentino. Trenta vetture della Società Piemontese dovevano fare il servizio dalla stazione al Valentino.
I curiosi non mancavano davanti alla stazione ; il loro atteggiamento perfetto dava tutto il comodo di godere lo spettacolo : numerose guardie mandate dal municipio assistevano pel buon ordine.
Allegri e nello stesso tempo visibilmente raccolti, i viaggiatori non davano indizio delle 27 ore di strada ferrata che avevano già percorse.
Due erano i treni. Il secondo non tardò molto ad arrivare Come i viaggiatori del primo, questi scendono, escono, salgono le vetture con una calma ed una prestezza di cui la folla, abbastanza numerosa, rimane maravigliata.
D. Bosco, accompagnato da D. Rua, suo vicario generale, giunse verso le sei e mezzo davanti al ristorante Sogno. Egli è subito circondato dai Francesi con una premura che gli è causa di una vivissima emozione : quelle voci e quei visi conosciuti gli rimettono in memoria le sue corse a traverso la Francia. Il signor Léon Harmel ed il R. P. Assistente dei Fratelli di San Vincenzo de' Paoli lo aiutano a camminare, mentre egli si avvicina adagio adagio verso la sala disposta pei pellegrini.
Ma D. Bosco si ferma quasi ad ogni passo per dire, con espansione di cuore, quanto gli è caro il ritrovarsi in mezzo a tanto cari amici; riconosce quelli che non ha più visti da tanto tempo, e resta intenerito al punto di non aver più parole per esprimere i suoi pensieri. Avvertito che la sala non poteva contenere tutta quella gente, D. Bosco si siede fuori, presso alla porta dello stabilimento. Dopo alcuni minuti di riposo , e quando tutti gli operai furono riuniti intorno a lui, diede loro, con tutta l'anima, una benedizione la quale volle estendere alle loro famiglie , ai loro parenti ed amici, alle loro opere , alle loro più care intenzioni. Ma lo stato di sua sanità ed il numero degli uditori non permettendogli di continuare ad alta voce, pregò D. Rua di dire a nome suo alcune parole, delle quali ne riproduciamo il senso
« D. Bosco si congratula coi pellegrini e li ringrazia, rappresentando essi la Francia cattolica, la vera Francia, quella di cui il risorgimento va sempre di più accentuandosi, per la misericordia divina e mercè le ammirabili e buone istituzioni fondate e sorrette dalla risoluta volontà dei suoi figli migliori. Anch'esso spera poter efficacemente concorrere a quel felice risorgimento ; nessuno meglio di lui sa quali risorse ella può trovare nel suo temperamento cristiano per trionfare di molti mali, per guarire da ferite profonde. Egli non ebbe da far altro che mandare un grido, dare un segnale, per trarre verso le sue Opere quella vitalità maravigliosa che supera e abbatte tutti gli ostacoli e per cui sono un nonnulla i più pesanti sacrifizi.
» Tutto ciò è per D. Bosco un motivo particolare di ringraziare i pellegrini in un giorno in cui essi gli procurano la preziosa consolazione di benedirli sulla strada di Roma. Avanguardia del mondo cattolico, vanno ad annunziare nell'Eterna Città ed in un modo così provvidenziale , il risorgimento della loro patria ; i primi fra i figli del Padre comune dei fedeli, essi vengono a dirgli quanto soffrono i suoi figli di Francia dei suoi dolori, e qual energia di preghiere e di azione impiegheranno per ottenere il. trionfo pacifico del Vicario di Gesù Cristo.
« D. Bosco domanda agli operai che dopo aver deposti ai piedi del Sommo Pontefice eziandio i suoi umili ossequii di figliale venerazione , non si dimentichino di pregare presso la tomba di S. Pietro per tutta la famiglia Salesiana, e ottenerle le grazie delle quali ha tanto bisogno per compiere la sua missione nella Chiesa di Dio. Egli, in fine, dopo averli esortati a visitare il Santuario da lui eretto in Roma al Sacro Cuore di Gesù, promette di celebrare all'indomani la Messa, coll'intenzione di far discendere sull'intiero Pellegrinaggio le più elette benedizioni. D. Bosco sapeva che gli operai del Mezzodì della Francia, condotti dai signori de Villechaize e de Villeneuve, si recavano in Roma, via Ventimiglia.
» Egli vorrebbe ancora, prima di dar loro l'addio, lasciar uscire dalle sue labbra quel grido che ha nel fondo del suo cuore : Evviva la Francia ! Ciò non gli è permesso : ma ciò che nessuno potrà proibirgli si è di mandare verso Dio quel grido con uno slancio di riconoscenza e di particolare affezione. »
Dopo quell'allocuzione, ciascheduno dei pellegrini, passando davanti a D. Bosco e baciandogli la mano, ne ricevette, in ginocchio, una medaglia di Maria Ausiliatrice. Per tre quarti d'ora durò quella commovente presentazione , mentre che D. Bosco non cessava di fare a tutti i più cari augurii di felicità, servendosi di formule che non abbiamo potuto ritenere tutte, ma la di cui varietà era appropriata alla condiziono e allo stato di ciascuno.
Si compiaceva specialmente di ripetere : « Vi protegga Maria Santissima e vi guidi fino al paradiso. » Parecchi preti s'ebbero quelle parole « Vi faccia il Signore il favore di dargli molte anime. » Un pellegrino di Chartres , dicendo di conoscere D. Bellamy che amava tanto, D. Bosco lo trattenne un istante: « Ma allora, gli disse , se D. Bellamy è vostro amico, voi siete il mio, perchè anch' io lo amo tanto : è grande mio amico. »
Mentre i pellegrini lasciavano D. Bosco , salivano in vettura per ritornare alla stazione dove tutti dovevano trovarsi alle otto.
Quell'ardente venerazione, quell'entusiasmo di pietà per la persona di D. Bosco era uno spettacolo di edificazione profonda.
Per allontanare fino la possibilità di una manifestazione qualunque, il municipio avea fatta pompa di un lusso di forza , che la serietà e il contegno della popolazione torinese rendevano affatto inutile : vi era dunque poca gente nel Valentino. Ma coloro che hanno potuto vedere la maniera con cui i cattolici francesi sanno onorare il sacerdozio, ne riportarono una impressione incancellabile. (Dal Bollettino francese).
LETTERA II.
Baia Tetis, 2 gennaio 1887. Latitud. Merid. 54, 40'.
CARISSIMO Sig. D. Bosco,
La partenza del corriere m'obbligò d'interrompere bruscamente la mia prima lettera, la vigilia del giorno stabilito per intraprendere la nostra marcia verso il Sud. Eccomi dunque ora a riprendere ed a riannodare il filo della mia relazione : la maggior parte delle notizie che verrà esponendo, le toglierò tali e quali vennero quotidianamente da me consegnate nel mio giornale di viaggio.
I° Incomincia l'esplorazione della Terra del Fuoco.
Il giorno 29 novembre fu dedicato ad ordinare ed assegnare il carico ad ognuna delle 11 nostre mule; a scegliere i viveri che si dovevano portar con noi; a distribuire ai soldati della scorta le rispettive razioni di foraggio , di riso, di tabacco e di farina ; a togliere i nostri attendamenti da campo ed a disporli convenientemente per la partenza del dimani.
Durante la notte cadde giù un acquazzone che ci incomodò non poco e che ci obbligò a ritardare la partenza fino alle ore due pomeridiane del 30, ora in cui, finalmente potemmo mettersi in via, dirigendoci a Sud-Est. Siccome non v'era propria e vera strada, ed il suolo che dovevamo calcare assai malagevole, fummo spesso costretti al passo delle nostre mule , le quali molto soventi, affondavano le loro zampe nelle numerose tane dei tucu-tucu, rallentando sempre di più il nostro andare. - Ci siamo fermati alle ore 5 sopra una eminenza, dove scorgevansi tuttavia le traccie di sei toldos (baracche indigene) di fianco ad un prunaio di mata-nera, sulla sponda di una laguna da poco tempo rimasta in secco. Venendo quindi a mancarci l'acqua, ci demmo a scavare un pozzo, trovandone presto d'eccellente alla profondità minima di appena 40 centimetri.
Quanto al bestiame, intorno intorno abbondavi un ottimo pascolo. Ivi pernottammo, non avendo percorso in tutto il giorno più di sette chilom.
All'alba seguente ci riponemmo in marcia, favoriti dal miglior tempo e seguendo la stessa direzione del dì innanzi. Procurammo di attenerci il più che era possibile sulle parti più elevate del suolo, malagevoli essendo i luoghi bassi per frequenti pantani che l'acqua vi aveva formati.
Man mano che avanzavamo, s'incontravano sempre migliori pascoli e pianure molto vaste, una delle quali, specialmente, sembrava misurare più d'una mezza lega.
Non vedemmo quadrupedi ad eccezione di alcuni cani che giudicammo appartenere a famiglie indiane che forse ci stavano vicine, ma che, per il momento, non ci curammo di ricercare. Scorgemmo, invece , parecchie avutarde (l'avis tarda latina) , specie di uccello di color rosso, picchiettato di nero; e queste incontrammo assai più numerose presso un torrente piccolo sì, ma che ci diede molto da faticare pel letto pantanoso che dovemmo attraversare, portando a spalla i nostri bagagli e traendo le mule per le redini. E da questo punto che veramente incominciammo ad esperimentare le non poche difficoltà del viaggio. Sulla sponda di questo torrente che, per ora, chiamerò delle Avutarde, scorgemmo una cinquantina di toldi abbandonati. Incominciammo per ciò ad avanzare con maggior cautela, nella ra gionevole persuasione d'aver prossimo buon numero d'Indiani.
2° Incontro cogli Indiani - Diffidenze e accoglienze festive.
Alle 11 c'inoltrammo in un terreno molto ondulato, ed all'una pomeridiana arrivammo ad un altro torrente più largo e più gonfio del primo, il quale riuniva fra le sue sponde tutte le acque di una piccola vallea; e scorgevansi da lungi le montagne, dalle quali traeva senza dubbio la sua origine. - La nostra persuasione d'incontrare molti Indiani in quelle vicinanze non era stata inopportuna, perché molti di essi non tardarono ad apparirci ad un tre quarti di miglio più innanzi. Stavano alcuni sulla sponda sinistra del torrente, altri sulla sponda destra ed altri finalmente si diedero a fuggire verso Est, provando per tal modo d'averci veduti di lontano.
Il dottor Segers, che mi stava a lato, mi propose d'andare insieme a parlamentare con essi, onde, possibilmente, evitare che si ripetessero le tristi scene del giorno 25. Ottenuto il permesso dal Capo spedizione, movemmo loro incontro a cavallo, facendo segnali di pace, col cappello e col fazzoletto bianco, chiamandoli e dicendo loro in lingua Tehuelche : yegoa, yegoa (fratello, fratello, yeper (carne) galletta! Ma essi non intendevano e incominciarono a far passare le donne ed i ragazzi alla sponda opposta, trasportando le loro ricchezze che consistevano in qualche pelle di guanaco. Ed intanto che noi ci avvicinavamo, due di essi ci vennero incontro passo passo, colla freccia sull'arco teso in atto di scoccarla contro. Ciò vedendo, scendemmo ambidue da cavallo e continuammo ad innoltrarci, tenendoci, per precauzione, sulla sponda del torrente. Anche i due indiani continuarono ad avanzare, sempre in attitudine di difesa e di minaccia insieme.
Manifestamente venivano con intenzione di combattere, poiché, giunti da noi ad una cinquantina di passi, scagliarono una freccia forse più per impaurirci che per ferire. - Per nulla sconcertati e non tenendo conto alcuno del loro atto, alzammo in alto le mani per far loro comprendere di non aver arma di sorta, e li invitammo ad appressarsi a noi. Il dottor Segers fece anche di più : si pose egli a saltare disperatamente , e, bisogna pur dirlo, questo suo giuoco infantile assai bene ci valse. Gli Indiani gettarono lungi archi e freccie , si liberarono delle loro pelli di guanaco e tosto ci furono presso, saltando anch'essi del loro meglio; e per dimostrarci la confidenza che avevano in noi riposta, ci porsero ambe le mani. - In vista di questi atti tutt' altro che inquietanti, il Capo spedizione che si era man mano appressato , si fece anch'esso avanti conducendo seco un soldato che spiegava bandiera argentina ed altri che portavano cibi e vestiari per regalarne gli Indiani.
I nostri selvaggi protagonisti non comprendendo per altro le nostre parole, ci fu forza farci intendere a mezzo di segnali. Offrimmo loro tabacco , ma non fu aggradito. Mentre stavamo tuttavia intrattenendoci con essi mimicamente, ci avvisammo come le genti loro che prima accennavano a ritirarsi, venissero man mano approssimandosi, sicchè in breve tempo ne fummo totalmente circondati. Era tuttavia in loro il timore di qualche sorpresa e, in conseguenza, volgevano spesso intorno i loro sguardi inquieti. Uno però, il più vecchio di tutti, mentre gli altri, chi più, chi meno , prendevano parte alla nostra muta conversazione, si avvicinò alle mule, insellate e, meravigliando visibilmente di questo quadrupede a lui sconosciuto , titubante ne toccava il freno, lo staffe e la sella, guardandoci di poi con allegrezza e col più ingenuo stupore. Ad un tratto si avvicinò a me, e mi passò la mano sul cappello , sul di dietro della testa , sugli occhiali, sulla sottana e sulla braccia, pronunciando di quando in quando la parola : wich, wich, certo a manifestazione della sua sorpresa. Il loro linguaggio non è nè Araucano nè Tehuelche. La pelle hanno color di rame, alti di statura tra un metro e 85, e 1,90. Usano dipingersi la faccia con un colore formato di terra cotta e di olio di lupo marino.
Dopo due ore di mimico intrattenimento ci accomiatammo da essi, regalandoli prima di ponchi e di coperte, esternando loro la nostra intenzione di movere verso il Sud. Con gioia veramente infantile ci guardavan essi a montare a cavallo, contemplandoci poi come estatici quando ci allontanammo.
Traghettammo quindi il torrente che poteva avere un 25 metri di larghezza, e, al sopraggiungere della notte , accampammo nel piano, sempre vigilanti per un possibile attacco degli Indiani.
In quel giorno abbiamo avuto occasione di constatare che costoro non sono poi tanto cattivi come si suol dipingerli.
Merita una parola di lode il buon dottor Segers, il quale colla sua sagacia e colla sua pazienza seppe ammansire gli indigeni e porci con esso loro in comunicazione, non che al signor Lista, moderator prudente , in ogni circostanza, dello slancio dei suoi soldati.
3° In vedetta - In marcia - I guanachi - Un toldo Indiano - Cammino faticoso.
Il giorno 2 dicembre, assai di buon'ora, mi feci ad ascendere un'eminenza allo scopo di scoprire, servendomi del cannocchiale, i toldi degli indiani coi quali ci eravamo trattenuti il giorno prima ; ma non distinsi che poche colonnette di fumo sulla sponda del mare e, verso occidente, qualche guanaco fuggente a tutta corsa come se inseguito.
Ci riponemmo in marcia, e, superata una collina, scendemmo in una valle distante forse tre miglia di lì, abbattendoci in un altro branco di guanachi che stavano tranquillamente pascolando, mentre ad oriente ci apparvero moltissime colonne di fumo che parevano sbucar dal suolo. Noi credemmo fossero gli Indiani del dì innanzi, i quali forse non ritenendovisi più al sicuro, abbandonassero diffidenti quel luogo, accendendo fuochi sul loro cammino quasi per segnalare la presenza di persone sospette nei loro campi. - Dovemmo presto costeggiare una grande laguna d'acqua dolce, alla estremità della quale vedemmo alcuni guanachi ed alcuni cani. Alle 11 percorrevamo la sinistra di un' altra vallicella , lunga forse 250 metri, e, alla distanza di mezzo chilometro all'incirca, scorgemmo due toldi e due Indiani che ci stavano guatando. Noi ci fermammo e facemmo loro alcuni segni amichevoli che non compresero, e quando cercammo avvicinarli, si posero in fuga verso mezzodì.
Raggiungemmo il piccolo loro toldo non per anco terminate, e riscontrammo in esso maggior accuratezza e maggiore solidità che non in tutti gli altri visti prima. Aveva all' incirca 4 metri di larghezza per cinque di lunghezza, e lo aveano circuito di un piccolo fossato , la cui terra d'escavazione avevano gettata intorno ai pali di sostegno per dar loro maggior forza. Il mobiglio consisteva in un piccolo canestro di paglia intrecciata, una secchia di pelle, un pettine di balena e un piccolo osso che serve di punzone per formare la punta delle freccie che è di pietra, o di vetro trovato sulle spiaggie del mare. L' aspetto di quella valle era quello d'una gran palude coperta d' acque stagnanti e di altissime erbe. Dovemmo mettere piede a terra e prendere altra volta il bagaglio sugli omeri e condurre a mano le nostre cavalcature , spesso ingolfandoci in acque alte fino al ginocchio. - Impiegammo 4 ore e mezza ad oltrepassarla, e quando finalmente si trattò di ricaricare le some, il Capo spedizione fece gettare via il riso , la farina, il grasso ed , in una parola, quanto giudicò non esserci strettamente necessario. Durante la sorvenuta notte, ci fu sopra un discreto temporale, e poiché non avevamo innalzate le tende, dovemmo altrimenti ripararci dal vento e dalla pioggia come meglio potemmo. Ci riponemmo in cammino sull'albeggiare seguendo sempre la medesima direzione, tenendo il mare alla nostra sinistra. Il suolo continuava a mostrarsi molto accidentato ed assai abbondevole di pascolo, particolarmente nelle parti più depresse e incanalate. li cielo si mantenne nuvoloso , e, dopo qualche ora di marcia, si levò un vento assai gagliardo, accompagnato da un'abbondante pioggia. Avremmo desiderato giungere il dì stesso al capo Sunday, cosa che non ci fu possibile, perché continuando la pioggia a diluviare rendeva sempre più difficoltoso il nostro cammino. Bivaccammo pertanto, sempre coll'acqua, sul destro margine d'un altro torrente serpeggiante nella pianura a Nord di quel capo.
4° Capanne abbandonate - Il Capo Sunday - Oggetti europei sul lido del mare - Memoria della spedizione Poper.
La larghezza del nuovo fiumicello poteva approssimativamente raggiungere i 25 metri, mentre la sua profondità variava da uno a due e poco impetuosa ne era la corrente. Scoprìmmo in quel luogo le orme di un piede indiano che volgevano a mezzodì, e quelle appariscentissime d'una lontra, animale che per anco non avevamo incontrato in quei paraggi. Verso notte udimmo i latrati di alcuni cani alle falde d' una collina ad occidente del nostro attendamento. Nel dubbio che colà si trovassero Indiani, furono inviati due soldati in esplorazione , con ordine di non soffermarsi nè attaccar briga con essi nell'ipotesi d'un loro incontro ; ma invece di ritornar tosto indietro a render conto di ciò che avessero scoperto, furono di ritorno mezz'ora dopo e dissero di non aver visti che pochi cani selvaggi. Passammo una notte molto tranquilla, essendosi calmato il vento e cessata la pioggia. Sorse il dimani con una splendida aurora che sembrava invitarci a proseguire innanzi.
Ci dirigemmo dunque verso il Capo Sunday, al quale avvicinandoci, trovammo parecchi toldi abbandonati, prova che solevano gli Indiani frequentare quel luogo per ragione della caccia e della pesca. Girammo il capo , e, giunti al Sud, in un angolo formato dalla configurazione del Capo medesimo, rinvenimmo carte, indumenti vecchi e pezzi di latta , certo indizio che per di qui aveva transitato gente civilizzata. - Abbandonammo la riviera marina volgendo direttamente a mezzodì per un sentiero probabilmente praticato dagli stessi Indiani. Gli ostacoli però che incontrammo tosto, ci obbligarono a dare di volta ed a riprendere l'antica nostra direzione all'Est. Camminammo oltre in un piano compreso fra la sponda del mare ed un rialzo di terreno fino alle ore 5 pomerid., ora in cui ci siamo accampati ai piedi di una breve collinetta. Fu allora e per la prima volta che rivedemmo, lontana dopo tanto tempo, una piccola nave a tre pali veleggiante al Nord. Era forse proveniente dal Pacifico e, per lo stretto di La Maire, probabilmente seguiva la rotta di Montevideo. Passammo la notte ninnati dal mormorare cadenzato delle onde che venivano ad intrangersi contro enormi blocchi di pietra che guerniscono la riviera.
Sull'albeggiare del dì seguente il termometro segnava quattro gradi centigradi sopra zero. Partimmo assai di buon'ora ed invece di seguire la costa, riprendemmo il sentiero indiano che saliva sul rialzo. Giù al basso incontrammo alcune orme del piede di un cavallo. Alle nove antimerid. scorgemmo alcune pietre, convenientemente disposte e, sovr'esse, la seguente iscrizione: Spedizione Poper.
5° Un guado difficile - Un soldato nel fiume.
Circa seicento metri più innanzi ci tagliò il passo un fiume molto impetuoso, che, in tempo di bassa marea, calcolavamo dover essere di un cento venti metri di larghezza per tre di profondità. Spedimmo alcuni esploratori per riconoscere se lo sbocco di questo fiume offrisse qualche mezzo di passaggio; ma non avendone trovato, dovemmo piegare ad occidente e seguirne la sponda sinistra. Il letto è molto grande, probabilmente per le maree e le piene generate da grandi pioggie. I margini, molto frastagliati, hanno frequenti pantani, per evitare i quali dovevamo spesso fare larghi giri. Lo spazio compreso fra la sponda del fiume ed il rialzo che costeggiavamo è il più ricco di pascoli che abbiamo incontrato e, nella stagione fredda deve essere il luogo preferito dai guanachi.
Risalimmo il fiume per circa sei miglia, fino a che esso veniva ad avvicinarsi al rialzo medesimo , dividendosi in due braccia. Il primo di questi, largo venti o trenta metri, lo traghettammo passando i carichi nel canotto di gomma affinché non si bagnassero i viveri né gli effetti di vestiario e biancherie ; giunti al secondo, si fecero passare alcune mule col sergente Rozas ed il caporale Diaz. Fu pure con loro il dottore, il quale si servi del canotto di gomma.
Il soldato Giuseppe Ordenes, montato sopra una mula , volle eziandio tentare il guado; ma giunto alla sponda Sud precipitò nell' acqua e vi sarebbe indubbiamente affogato se non fosse rimasto attaccato alla briglia della sua cavalcatura, poiché avendo questa toccato presto la riva, trasse seco il disgraziato cavaliere. Erasi già trasportata oltre una parte delle nostre vettovaglie; ma in una traversata della barca, questa si ruppe esternamente in un punto del margine dove era attaccata una bolza. In un' altra traversata successiva si ruppe la corda trasversale tirata da una all' altra sponda , alla quale era assicurato il canotto, e si corse grave pericolo di perderlo. In vista di ciò il Capo risolse di ritornare indietro e di cercare un miglior guado, preferendo impiegare qualche maggior tempo, al pericolo di perdere i viveri ed a quello di esporre la spedizione ad un certo fracasso. Fu quindi mestieri ricominciare l'ardua operazione di ripassare al di qua quanto già si trovava sull'altra sponda, comprese, ben inteso, le mule, le pecore e parte dei soldati. Terminammo alle 8 della sera. Che aspetto presentava quella sera il nostro accampamento ! Il massimo disordine regnava dappertutto. La maggior parte della roba e dell' equipaggio era bagnata , gettata qua e là Ala rinfusa sotto le tende che si erano innalzate ai piedi di una eminenza. Piovve tutta la notte ed il mattino seguente fino alle ore 9. Perdurando il cattivo tempo, si risolse di lasciare quel giorno in riposo gli uomini e le bestie, inviando alcuni a rimontare il fiume in cerca d'un guado più praticabile. Alle tre pomerid. questi furono di ritorno colla buona notizia d'aver trovato un passo molto comodo a sole tre miglia di distanza.
6° Varii accidenti nel passaggio del fiume Rozas.
Alle 7 1/2 antimerid. del giorno dopo c' incamminammo. Ascendemmo l' altura che sempre ci veniva accompagnando , e , nell' attraversarla, scorgemmo, alle falde di una collinetta, a destra, un bel lago che poteva misurare la lunghezza di due miglia. Non ci recammo ad esplorarlo perché avevamo premura di passare il fiume. Scendemmo alla riviera per una specie di burrone e ci dirigemmo al guado, cercando alla meglio di evitare i pantani che si dovevano superare. Giungemmo alle 11 e, un quarto d' ora dopo, demmo subito mano ai lavori necessari al traghetto. Il rio misura in quel punto settantacinque metri di larghezza con un canale sulla costa sol di tre metri di profondità per circa 40 di larghezza e con una corrente di circa tre miglia. Passarono prima a nuoto metà dei soldati ed alcune mule: si legò quindi il burchiello alla coda di una di queste rimasta tuttora sulla sponda sinistra e la si fece entrare nell' acqua in guisa da trascinarsi dietro il burchiello stesso carico del bagaglio.
Sulla sponda opposta un soldato teneva a briglia le mule già transitate perché scorgendole, quest'ultima tendesse a raggiungerle , trascinandosi dietro il suo bravo carico. Un altro soldato attendeva a scaricare gli effetti dalla barca man mano che venivano giungendo a riva. La povera mula andava e ritornava prestandoci il servizio di un perfetto barcaiuolo. Tra i primi che tentarono il guado , il medesimo soldato Giuseppe Ordenes si spinse anch' egli innanzi a cavallo; ma giunto a metà del fiume, non sapendo bene governare la mula, fu da questa sbalzato di sella e trascinato in acqua per un centinaio di metri. Fortunamente la mula ritornò verso la sponda sinistra e toccò un banco abbastanza resistente, trascinandoselo seca colà all' asciutto, perché altrimenti sarebbe presto affogato. Un suo camerata lo trasportò a riva, dove ricevute in tempo le cure del medico non tardò a riaversi completamente. Un altro incidente venne ancora quel giorno a tribolarci. Dopo una ventina di viaggi innanzi e indietro attraverso il fiume, la mulabarcaiolo fu presa da stanchezza e si dovette surrogare con un'altra. Questa, sebbene pur essa mansa, al suo giungere alla sponda opposta colla barca assicurata alla coda, prese spavento di non so qual cosa e si diede a correre sfrenatamente per la campagna, con serio pericolo di mandare il burchiello in frantumi e compromettere così il buon esito della spedizione. Questa venendo a difettare dell' unica imbarcazione , se , come era probabile, si fosse ulteriormente trovata di fronte a qualche nuovo corso di acqua, non avrebbe più potuto superarlo. Per buona fortuna la mula , nella sua corsa vertiginosa, non s' imbatté in tronchi d' alberi né in grosse pietre e non tardò guari a fermarsi senza avere causati danni troppo gravi. Alle ore 7 di sera eravamo tutti passati, e sul nostro viso doveva trapelare la legittima soddisfazione d'aver vinta una difficoltà, da cui forse dipendette il male sito della spedizione Poper. Felicitammo meritamente il sergente Rozas per l'attività spiegata a pro comune nel guadare il passo pericoloso, passo che, per benemerenza verso di lui distinguemmo col suo nome, chiamandolo passo Rozas, mentre battezzammo la barca che tanti servigi avevaci pur reso, col nome di S. Ambrogio, perché in quel giorno appunto celebravasi dalla Chiesa questo gran santo.
La vallata che si distende a destra del Rio è molto povera di vegetazione e spesso deve andar soggetta ad inondazioni per le piene del fiume prodotte dalle pioggie e dai disgeli. Tanto almeno ci portavano a concludere i numerosi pantani, i tronchi e i rami d' alberi sparsi sulla sua superficie, e, senza dubbio, sradicati o rotti in qualche bosco dalla furia delle onde.
7° Un temporale - Il capo Pegnas - I boschi.
Alle ore 11 antimerid. del giorno 8, quando ci preparavamo a salire a cavallo, si rovesciò sopra di noi un uragano così violento accompagnato da tanta grandine, che a mala pena si potevano frenare le mule oltremodo spaventate, le quali cercavano di fuggire. Soltanto quando cessò il furioso temporale, potemmo proseguire il cammino. Per evitare le paludi che si supponevano nel piano stendentesi a noi dinanzi, rivolgemmo nuovamente i nostri passi sul piano elevato percorso i giorni prima, con direzione all'Est, avendo a sinistra la pianura e a destra una serie di piccole collinette , coperte le loro cime di macchie oscure che, così in lontananza, giudicammo esser foreste. Procedendo, fummo presto ad un piccolo rio, confluente del grande traghettato il dì innanzi, e lo passammo senza inconvenienti di sorta, perché con poca acqua e perché presentava un fondo duro e resistente. Vedemmo per la campagna alcuni guanachi che alla nostra vista si diedero a fuggire. Di lì a poco ci trovammo di fronte ad una palude, che dovemmo superare scendendo da cavallo : dopo un breve riposo , affrettammo il passo verso la sponda del mare. Accampammo più tardi ai piedi di un altro piano elevato ad Est, il cui suolo aveva tutto l'aspetto d'uno smisurato tappeto di erbaggi e di fiori. Dal punto culminante di quel piano scorgevasi, al Nord il Capo Sunday, e, più vicino, la valle e lo sbocco in mare del fiume. All'Est il mare che lambiva la costa, al Sud il Capo Pegnas e, ad occidente di questo , un lago che ha tutta la somiglianza d'una baia.
Il giorno appresso il Dottore rilevò due superbe vedute; quella dello sbocco del rio e, più in lontananza del Capo Sunday , nonché quella del Capo Pegnas con il suo bel lago a mezzodì. Quando ci rimettemmo in marcia, volgemmo ad Est costeggiando le falde dell'altipiano. Però alla distanza di tre miglia cambiammo direzione e piegammo ad Occidente per non incontrare le paludi formate dal lago. Ci sorprese verso le nove un leggiero acquazzone: quando cessò, e dopo un breve tratto di marcia , scorgemmo avanti di noi una ventina di basse piante, atte a ripararci. Colà giunti , ci accorgemmo essere il luogo frequentato dagli Indiani. Vi facemmo alto noi pure per prendere un poco di riposo, intanto che si preparava il necessario per fotografare il primo bosco ché avevamo finora incontrato. Ciò fatto, continuammo verso occidente per evitare il lago ed i pantani dei suoi dintorni, e, attraversando campagne coperte di copiosissimi erbaggi , alle ore 11 arrivammo e gettammo le tende all' ombra di un altro bosco.
8° Una bella regione - gli indiani circondati dalla truppa.
I boschi circondavanci d'ogni lato, e mandammo due pattuglie in esplorazione, temendo sempre qualche sorpresa per parte degli Indiani. Tali pattuglie per altro non videro che campi ubertosissimi , boschi folti e superbi, acqua abbondante per ogni dove e colline selvose, qua e là incendiate per trascuratezza degli indigeni. Passammo la notte senza novità, e il dì seguente procedemmo verso il mare camminando di preferenza sulle parti più elevate, sempre allo scopo di evitare l' incontro delle frequenti paludi. Inoltravamo per gli spazi che il bosco lasciava liberi e verso le ore 11 fummo ad una breve punta vicina al mare, la quale s'innalzava alquanto sulla nostra via. Quando prendemmo a scenderla verso mezzodì, udironsi ad un tratto, provenienti dall'interno del bosco, alcune grida che sembravano d'un bambino. Ci avvicinammo e non tardammo ad incontrarci in un gruppo d'Indiani composto di sei uomini, sei donne, ragazzi e ragazze, parte dei quali stavano mangiando carne di guanaco, mentre altri erano sulla spiaggia del mare a raccogliere ostriche ed altri molluschi.
Al sentire il rumore prodotto dal nostro avvicinarsi , fuggirono nella selva, abbandonando due bambini appartenenti ad una delle madri che stavano pescando. E poiché il Capo desiderava impadronirsi di alcuni Indiani che ci servissero di guida e ci aiutassero a portar la roba, volle tentare di prenderli prigioni. Fece quindi circuire dai soldati il luogo dove si trovavano i toldi, collocò sentinelle per prevenire sorprese dalla parte della macchia , e spedì sei soldati ad impossessarsi di coloro che stavano pescando sulla spiaggia. Due uomini di costoro, quando li videro appressare, poterono sfuggir loro, rifugiandosi correndo nel più fitto delle boscaglie. Intanto le donne che stavano sulla riva raccogliendo i molluschi si gettarono esse pure nell'acqua , ma presto il flutto della marea le obbligò a retrocedere a riva, dove i soldati che le stavano aspettando, poterono catturare due donne e sette ragazzi.
9° Frammenti di una nave naufragata - Sono scoperte nuove tribù di selvaggi - Timidezza degli Indiani.
Il giorno 11 continuammo il viaggio lungo la scarpa dello stesso altipiano fino al margine di un altro rio , misurante una larghezza di circa otto metri per uno di profondità , ma con una corrente molto lenta. Osservammo costì come, nei grandi temporali, le mareggiate , durante la risacca , gettino a riva tanta ghiaia da otturare l' imboccatura del fiume. Allora le sue acque allagano tutto il loro letto e tanto si elevano fra le sponde che alfine s'aprono un passo e corrono fragerosamente a precipitarsi in mare. Ivi trovammo alcuni resti di una balena e frammenti di una nave naufragata. Guadato il nuovo fiume, salimmo sopra una collinetta dove trovammo alcuni frutti dello stesso grato sapore della nostra uva ribes. Mentre stavamo raccogliendone, vedemmo dal vicino bosco uscire un pennacchio di fumo, ed in pari tempo udimmo il latrato di più cani alla distanza di forse un chilometro. Il dottor Segers , che era rimasto alquanto indietro , s'incontrò con alcuni Indiani, ed incominciò a diriger loro le poche parole che sapeva del loro linguaggio, cioè: adios yegoa, yeper, galletta. Eran forse dodici uomini colle loro famiglie, i quali aspettavano il decrescere della marea per andare a raccogliere i molluschi che le onde avessero gettati sulla spiaggia.
Alle 5 1/2 , nel girare una piccola collina, ne scorgemmo di nuovo una cinquantina fra uomini, donne e ragazzi , i quali all'udirci, abbandonarono le loro capanne, guadagnando la vetta, di dove, in caso di attacco, avrebbero potuto difendersi o fuggire in qualunque direzione.
Era questo il quinto nostro incontro coi naturali dell'isola, i quali, lungi dal molestarci, fuggirono intimoriti della nostra presenza.
Il giorno dopo ci movemmo alle ore 8 antim. progredendo sempre in mezzo a folti boschi di fagos antarticos, costrotti ad andare a piedi ed a condurre le mule a mano. Alle 9 1/2 campeggiammo e spedimmo innanzi sei soldati che dovessero aprirci un passo colle accette.
10° II Capo S. Ines - La spedizione in mezzo ai boschi - Caccia al guanaco.
Riprendemmo la marcia alle tre pomeridiane, raggiungendo in poco tempo il Capo S. Ines (Agnese), il più alto di tutta la costa. Lo salimmo a cavallo , seguendo un angusto sentiero indiano; ma raggiuntane la cima ci trovammo chiuso il passo da fittissima boscaglia. Visti alcuni passaggi più ad occidente, ritornammo sui nostri passi e ci dirigemmo da quella parte. Tutte quelle foreste sono veramente superbe, e le amene vallicciuole, quasi come incastonate fra l'una e l'altra di esse, sono vere coltri d'erbaggi sparse d'orme di guanachi, ed in mezzo alle quali scorre inevitabilmente qualche piccolo torrente. Alle ore 10 del giorno 13 ci rimettemmo in viaggio, ma ben presto ci trovammo di fronte a foreste assolutamente impraticabili. Solo costeggiandole e cercando i posti più depressi potemmo avanzare, quasi sempre pedoni, per cinque miglia. Alle 2 pomeridiane affatto impossibilitati di proseguire, gettammo le tende nel bel mezzo di una valletta che fa centro ad altre quattro minori. Prima di coricarci, ispezionando le mule ci accorgemmo che mancavano due di quelle che si lasciavano scariche , affinchè riposate potessero a loro torno sostituire quelle cariche quando divenivano stanche. - Siccome già si faceva notte, risolvemmo di attendere il dimani per mandarne in traccia due soldati, non essendo conveniente abbandonarle agli Indiani, privando noi stessi di un aiuto di cui forse potevamo necessitare.
Il giorno seguente, cioè il 14 , fu giorno di riposo, di caccia, di allegria per tutto l'accampamento. Il dottor Segers ed il capitano Marzano si occuparono a rilevare due panorami interni del bosco. Sulle due del pomeriggio due guanachi si approssimarono alle mule che stavano pascolando , causando un grande affaccendarsi per parte dei soldati che, dato di mano alle rispettive carabine , incominciarono a prendere posizione per cacciarli. Quando i due animali si accorsero del pericolo, si diedero alla fuga, ma non poterono sfuggire alle palle ben dirette del soldato Curvetto che li atterrò con due soli tiri. Al vederli cadere tutti gettarono l'arma ed accorsero per iscuoiarli; ma ecco che, sul più bello, uno dei due guanachi s'alza di repente e con una pronta fuga giunge a salvarsi nel bosco ! Mentre alcuni soldati rimasero a scuoiare quello rimasto, gli altri, ripresa la carabina, si spinsero ad inseguire il risuscitato fuggitivo , il quale però, sebbene gravemento ferito come faceva credere la pozza di sangue da lui lasciata ai piedi di una pianta , potè involarsi nel più fitto della foresta. Scuoiato pertanto il morto e mentre se ne conduceva a termine la macellazione, si prese la fotografia di tutti i soldati e di tutti gli Indiani e delle tende. Il guanaco ucciso era molto grosso e la sua pelle presentava le traccie di sette ferite di freccia , delle quali era giunto a guarirsi. Da ciò si può facilmente argomentare quanta difficoltà debbano nel cacciarli incontrare i poveri Indiani, i quali non hanno altr'arma che la freccia. (Continua).
La seguente lettera narra la guarigione portentosa di un giovanetto disperato dai medici. La stampiamo come fu scritta, tale essendo il desisiderio di chi ottenne la segnalatissima grazia da Maria SS.
Annecy, 19 aoút 1887.
REVÉREND ET TRÉS CHER D. Bosco,
Dans ma lettre du 26 juin à D. Rua , je lui faisais connaitre l'amélioration notable et subite survenue dans l'état de santé de notre fils André, que par vous nous avions recommandé à NotreDame Auxiliatrice.
En lui annonçant ce premier bienfait dù à vos prières, à celles de vos orphelins, je demandais qu'elles fussent continuées pour obtenir une guérison radicale.
Il est temps maintenant, très cher D. Bosco, que je vous dise dans quelles circonstances s'est accomplie cette guérison que ma femme et moi (le médecin peut-étre) considérons comme absolument prodigieuse.
Nous arrivions à Evreux le 6 juin dernier ma femme et moi pour assister à la première Communion d'André. Elle devait avoir lieu le 9.
C'est le 8 au soir que nous vimes André pour la première fois, il avait déjà la fièvre, son extérieur accusait une fatigue extréme.
Le lendemain la première communion avait lieu, le surlendemain l'enfant vint à la maison , nous le menàmes chez le médecin, qui, après l'avoir ausculté, nous dit qu'il fallait retirer l'enfant immédiatement du collège, cesser tout travail; la poitrine lui paraissait en mauvais état, l'indisposition devait dater depuis plusieurs jours.
L'enfant rentrait à la maison le 11 , se couchait aver une forte fièvre.
Le mal, d'un caractère peu défini, faisait croire à une fièvre typhoîde , mais dans la maladie ce qui préoccupait le médecin et nous jetait dans la plus grande anxiété, c'était l'état de la poitrine qui allait en s'aggravant.
En effet, le 20, les symptomes s'accentuérent dans la nuit. Après sa visite que le médecin fit ce jour-là vers 3 heures, il dit à ma femme et à moi que, trouvant la responsabilité trop lourde, il désirait la partager avec un confrère ; il insistait sur ce point , malgré l'assurance que ma femme et moi lui donnions de notre complète confiance dans ses soins.
De l'auscultation de ce jour le résultat était que le médecin croyait à la formation de tubercules au sommet du poumon droit, c'est-à-dire à la déclaration probable de la phthisie galopante.
C'est alors que, sentant les moyens humains impuissants à conjurer une catastrophe , je me rendis (je dois l'avouer, avec confiance) au télégraphe pour recommander notre enfant à vos prières et le mottre sous la protection de NotreDame Auxiliatrice. Il devait étre alors 5 heures 1u soir.
Pour des motifs de famille que vous apprécierez dans une circonstance aussi grave, je priai mon beau-frère de télégraphier au médecin de la fainille de Villeneuve, à Paris, de venir voir notre petit malade.
Le lendemain, 21, vers 9 h. du matin, le mé• decin venait faire sa visite habituelle. Vous vous faites facilement une idée, révérend et très cher D. Bosco, de notre anxiété pendant l'auscultation.
Tout d'un coup le médecin reléve la téte qu'il tenait appuyée sur le coté droit de l'enfant, et s'adressant à nous: « Je ne me trompe pas, c'est bien le poumon droit que nous soignons? » Et sur notre réponse affirmative, le médecin ausculte le coté gauche, et en se relevant, nous dit : « Il n'y a plus rien ! »
A vous de juger, cher D. Bosco, de notre étonnement, de notre joie, de notre reconnaissance envers N: D. Auxiliatrice; l'enfant était sauvé... et de quelle maladie !
Je dis alors au médecin que je venais de recevoir du Dr. Sauné de Paris l'avis de son arrivée dans la journée. « Ah, j'en suis bien faché! » fut la réponse de notre médecin. Et comme je lui faisais remarquer que c'était sur sa demande que j'avais demandé cette consultation, il me dit : « Hier oui, aujourd'hui je n'en ai plus besoin. »
En prenant congé le médecin me dit: « Je vous félicite de grand ceeur de cette amélioration extraordinaire et inespérée. »
Gomme conclusion, je citerai ici les derniéres lignes de la relation de la maladie de notre enfant, que le docteur me remettait à notre départ d'Evreux pour le médecin d'Annecy au cas où André serait souffrant:
« Le symptóme capital a été une congestion pulmonaire dont j'ai constaté bien nettement les signes pendant 13 jours.
» La congestion pulmonaire simple n'a jamais cette durée, ni ces allures.
» La congestion pulmonaire indicatrice d'une tuberculose ne se termine pas brusquement ainsi, sans laisser aucune trace. »
Je dois ajouter que le lendemain du grave accident de cheval dont Andrà a été vietime, le chirurgien major du régiment, qui le soignait, voulant se rendre compte de l'état général de santé, l'ausculta très soigneusement, et trouva la poitrino en parfait état.
Ma femme et moi, révérend et très cher Dom Bosco, sommes heureux de rendre ce témoignage de reconnaissance à Notre-Dame Auxiliatrice, à vous, à vos orphelins qui avez si bien su prier notre Mère et en obtenir une guérison ardemment désirée. Nous n'oublierons jamais ce que nous devons à vos prières, et l'enfant s'en souviendra, j'espère , alors qu'il se trouvera aux prises avec les sérieuses diffilcultés de la vie. Pour terminer cette trop longue lettre par une bonne nouvelle, je vous dirai que dimanche prochain André fera ses premiers pas; la blessure est cicatrisée et le chirurgien est parfaitement satisfait: il y aura dimanche un mois et sii jours que l'accident est arrivé.
Permettez moi en finissant , révérend et trés cher D. Bosco, de vous demander une bénédiction spéciale pour ma famille et en particulier pour ma femme dont la santé esi fort ébranlée par ces secousses morales et physiques.
Veuillez agréer l'hommage respectueux de ma fldèle amitié et de mon entier dévouement. Que le bon Dieu vous conserve encore longtemps pour la gioire de l'Eglise , le soulagement des pauvres et la consolation des affligés.
FR. DE MAISTRE
86 Merosi Mons. Carmine Cardinale - Roma
87 Migliardi Catterina - Tisobbio (Alessandria)
88 Miglioli Mons. Giuseppe Cardinale - Bologna
89 Monzali Don Antonio - Mangona (Firenze)
90 Moretti Domenico - Solcio di Lesa (Novara)
91 Olivari Francesco - Boario
92 Orlandi Francesco - Bussolengo (Yorona)
93 Padre Bartolomei Luigi - Roma
94 Patrucco Francesco - Casorzo (Alessandria)
95 Paschetta Don Antonio - Torino
96 Pascuzi Marianna Ved. Martelli-Fano (Pesaro)
97 Piccoli Giuseppe - Bisceglie (Bari) 98 Pollini Tisola Bortolo - Pelugo (Austria)
99 Peretti Giovanna - Carmagnola (Cuneo)
100 Recchi Rachele nata Gabriello - Gastignano (Ascoli Piceno)
101 Ricardi Don Antonio Curato -- Cattobiano (Parma)
102 Ripamonti Don Ignazio - Pasture (Como)
103 Ronco Angela - Casorso (Alessand,'io)
104 Secco Clementina Suora - Cravanzana (Torino)
105 Seitone Tomaso - Canelli (Alessandria)
106 Serafini Don Angelo Prof. - Torin, 107 Stazio Antonio - Carava na (Tortine 108 Suor Vittorio Ronco - Torino 109 Tavella Zitta di Giuseppe - Soai (Verona
110 Tini Pol eri Ghiglini Zani - Genov 111 Trucchi Pier Paolo Vesc. - Forlì 112 Valdettaro Anna - Genova
113 Zaneboni Don Antonio Canonico -Lodi (Milano)