ANNO VII. N. 1. Esce una volta al mese. GENNAIO 1883.
Direzione nell'Oratorio Salesiano. - Via Cottolengo, 32. TORINO
SOMMARIO - Il Sacerdote Giovanni Bosco ai suoi Cooperatori e alle sue Cooperatrici - Augurio di S. Francesco di Sales - Opportuno ricordo - Notizie delle Case e delle Figlie di Maria Ausiliatrice in America -Gli otto giorni della Dedicazione della Chiesa di San Giovanni Evangelista - Il Conte D. Carlo Cays di Giletta - Elenco di Cooperatori e Cooperatrici defunti nel 1882 - Indulgenze speciali pei Cooperatori Salesiam.
BENEMERITI COOPERATORI,
BENEMERITE COOPERATRICI,
Tra vicende prospere ed avverse, tra rose e spine, tra consolazioni e pene noi siamo giunti alla fine di un anno e al principio di un altro. Seguendo il prescritto del nostro Regolamento, io approfitto di questa propizia occasione per indirizzarvi alcune parole, e così darvi una breve notizia delle opere, che col divino aiuto abbiamo potuto compiere nel corso dell' anno scaduto , e di quelle che restano a farsi mediante la protezione di Dio e la carità vostra.
Anzitutto noi dobbiamo ringraziare il Signore, che ci abbia prolungato sino ad oggi la vita; imperocchè quasi 500 tra Cooperatori e Cooperatrici, a cui io mi rivolgeva un anno fa, sono scomparsi dalla scena dì questo mondo e furono chiamati alla eterna vita. Voi ne troverete il nome, cognome e patria in un elenco a parte. Mentre però mandiamo dei suffragi alle loro anime, ringraziamo di cuore l'Autore della vita e della morte, che nella sua misericordia ci abbia sin qui conservati , e preghiamolo che ci voglia concedere tempo e grazia, per lavorare ancora alla sua maggior gloria, e così sempre meglio assicurare la nostra eterna salvezza.
Come negli anni precedenti così nell'anno ora decorso molte furono le opere, che colla benedizione del Cielo e coll'appoggio della carità vostra, abbiamo potuto compiere in Europa e specialmente in Francia. Di molto si accrebbe il numero dei giovanetti tolti all'abbandono, strappati ai pericoli dell'immoralità, della irreligione , ed allontanati dalla porta delle prigioni e dalla via della eterna perdizione. Tutte le Case furono così piene di fanciulli che non si ebbe più luogo ove mettere quelli , i quali ogni giorno facevano richiesta di essere accettati. Ad una Casa sola furono fatte ben 5 mila domande, cui si dovette rispondere : Non c'è più posto.
Per dare albergo ad un maggior numero di essi, venti locali furono riparati, o di pianta innalzati.
Questo si praticò nell'Ospizio di S. Leone in Marsiglia, nell'Orfanotrofio di San Giuseppe alla Navarra, nella colonia agricola di S. Isidoro in St. Cyr , a Nizza di Mare nel Patronato di S. Pietro , nella Casa di Maria Immacolata a Firenze , nel Collegio di S. Carlo in Borgo S. Martino , nell' Oratorio di S. Francesco di Sales in Torino, e in più altri siti, dove o si ingrandirono i dormitorii, o si costrussero nuove scuole, o s'impiantarono laboratorii e via dicendo. Con questo mezzo abbiamo potuto sollevare ancor noi tante povere famiglie del Veneto, state nello scorso autunno colpite dalle terribili inondazioni. Distribuiti nelle varie nostre Case d'Italia stanno raccolti ben oltre a 260 giovanetti appartenenti a famiglie di quella regione , ridotta alla più squallida miseria.
A Roma presso la Chiesa del Sacro Cuore di Gesù, si apersero le scuole elementari, Oratorio festivo e giardino di ricreazione pei giovanetti della parochia. - A Torino si pose la corona alla Chiesa di S. Giovanni Evangelista, la quale fu consacrata ed aperta al pubblico il 28 ottobre. Un numero sufficiente di Sacerdoti sono ivi applicati per funzionarla, predicare, amministrarvi i Santi Sacramenti tutti i giorni. Ne' suoi sotterranei s'inaugurò pure una spaziosa Cappella pei fanciulli della città , che vi accorrono in gran numero. - A Mogliano Veneto si diede principio ad una colonia agricola per giovanetti poveri, e si benedisse una Chiesa dedicata a Maria SS. Ausiliatrice. - A Malaga nella Spagna si prese la direzione di un Orfanotrofio, che lascia molto bene sperare per quella città importantissima.
Anche le Suore di Maria Ausiliatrice proseguirono le opere loro a benefizio delle giovanette nei molti luoghi , dove si sono già stabilite negli anni addietro, e le diffusero viemmaggiormente. Tre nuove Case apersero esse pure a pro delle figlie del popolo; una a Rossignano sul Monferrato, l' altra ad Incisa Belbo , e la terza a Mascali in Sicilia. Un convitto per giovinette di civile condizione inaugurarono eziandio nella loro Casa presso Bordighera.
Noi avremmo voluto esaudire le dimande di molti zelantissimi Vescovi e di parecchie rispettabilissime persone, ed aprire più altri istituti, che ci venivano offerti tanto in Italia, quanto in Francia, nella Spagna, nel Portogallo, nell'impero Austriaco, nell'Inghilterra e in varie altre parti dell'Europa; ma abbiamo dovuto rinunziarvi e per iscarsità di personale e per mancanza di mezzi. Per questa dolorosa penuria dovemmo astenerci altresì dall' inviare Missionarii in America, dove erano ansiosamente attesi, a fine d'intraprendere desideratissime Missioni. Ciò non ostante anche in quelle remote regioni proseguirono e prosperarono. assai le opere già instituite, e se ne tentarono pur delle nuove.
Nella Repubblica Argentina, a Buenos Aires, nel sobborgo di S. Carlo in Almagro, si gettarono le fondamenta di una Chiesa, che sarà tra poco terminata, e si pose mano a fabbricare scuole più ampie, laboratorio ed Oratorio festivo per le giovinette, sotto la direzione delle Suore di Maria Ausiliatrice. - A Moron presso la città stessa, per la carità e pel zelo di Mons. Arcivescovo di quella Diocesi, venne aperta altresì una Casa delle medesime Suore colle scuole, laboratorio ed Oratorio festivo a pro delle fanciulle.
A Payssandù nella Repubblica dell'Uruguay vicino agli Indi si acquistarono due tratti di terreno, l'uno presso la Chiesa parochiale, per fondarvi scuole maschili e femminili ; l'altro nella parte opposta della città, dove non v'ha fuorchè una Chiesa incominciata e da 8 anni lasciata a mezzo ed incompiuta. Colà si porrà termine alla Chiesa e sul terreno comperato s'innalzeranno scuole ed Ospizio per la gioventù di ambo i sessi.
Per assecondare i desiderii del S. Padre nell'impero del Brasile si acquistò una casa nella città di Niktheroy, non lungi da Rio Janeiro, per accogliervi poveri artigianelli; e al Parà sulla linea equatoriale si posero le fondamenta di un Ospizio capace di 400 giovanetti ; un altro consimile se ne progettò per Mattogrosso, provincia estesissima dello stesso impero.
La Missione della Patagonia non ostante il personale limitato continuò a dare nell'anno scorso grandi consolazioni. Nella città di Patagones la nuova Chiesa, di cui si pose la pietra fondamentale il 29 di giugno del 1881, venne condotta ad una considerevole altezza, e tutto lascia sperare che sarà tra non molto inaugurata al divin culto. Nelle frequenti escursioni fatte dai Missionarii verso il centro di quella immensa regione furono istruite e pur battezzate più centinaia di selvaggi , aggregati così all' ovile di Gesù Cristo. Una esplorazione fu fatta sulle rive del Rio Chubut, dove trovaronsi molti Indii, che lasciano concepire liete speranze di conversione. Solamente nello scorso mese ne vennero istruiti ben oltre ad ottocento, e, stante la loro buona volontà , si spera di battezzarli tutti e donarli a Dio ed alla sua Chiesa. Se un'anima sola vale più che tutto il inondo, quale consolazione non deve mai essere per noi il poterne mettere in salvo non una, ma centinaia e migliaia ?
Tutte queste cose ed altre, che per amor di brevità io passo sotto silenzio , furono come tante rose, la cui soave fragranza ci ha molto rallegrati e ci rallegra tuttora. Ma bisogna pur dirlo e persuadercene appieno che in questo mondo ai beni sogliono di spesso andare congiunti i mali, e al dolce tener dietro anche l'amaro: Sunt bona mixta malis. Talora Iddio nei suoi imperscrutabili disegni manda o permette che accadano dolorose disgrazie a coloro medesimi, i quali lavorano per la sua maggior gloria, e a vantaggio della religione e della società. Noi non possiamo conoscere chiaramente le intime ragioni di cotale divina permissione ; ma pare che non si vada errato dicendo che oltre l'esercitarci nella pazienza Iddio così disponga a fine di porgere agli uni l'occasione di ravvivare la loro fiducia nella sua Provvidenza, sperando, per così dire, contro ogni umana speranza, e quindi durarla costanti e forti nella via del bene ; e agli altri dare nuovo stimolo a schiudere la mano benefica per rifare le opere distrutte, onde per tal guisa i buoni cristiani mostrino al mondo i prodigi della carità cattolica, meritino quaggiù maggior abbondanza di grazie, e nel Cielo una più splendida corona di gloria.
Comunque sia la cosa, io debbo segnalare alla vostra pietà che nell'anno passato noi fummo colpiti da due gravi sciagure. L'una ci cadde addosso il 3 di febbraio e l'altra il 27 di marzo. La prima fu lo scoppio della cartiera di Mathi presso Torino ; la seconda fu l' incendio nella Chiesa di Payssandù nell'America. Computati i danni arrecati e le spese fatte per ripararli , ci occorse la somma di oltre a 300 mila lire! Pazienza! Questo disastro avrebbe potuto scoraggiarci e farci abbandonare opere utilissime alla religione ed alla civile società, dandola per così dire vinta al demonio; ma non fu così. Confortati da Dio e dalla vostra carità, noi cercammo di rimediare al malanno il meglio che ci fu possibile, facendo come le rondinelle, che vedendosi distrutto il nido lo ricominciano da capo. La cartiera essendo stata come distrutta fu appieno rifatta; quindi nuove costruzioni, nuove macchine, nuove caldaie. Tra poco quella fabbrica ritornerà in esercizio, somministrando lavoro a molte persone bisognose e la carta alle nostre e ad altre tipografie. - Anche la Chiesa di Payssandù fu ristorata dei danni sofferti ; manca solo più l' altare maggiore , che si sta costruendo nella città di Buenos Ayres, e che si spera di collocare a posto per le feste di Pasqua.
Dopo avervi brevemente esposte le cose fatte nell'anno decorso, io passo ad annoverarvene altre, che ci restano a promuovere nell' anno ora incominciato. Io non istarò a farvele passare tutte in rassegna; ma vi porrò sotto gli occhi solamente le principae quelle che sono già determinate.
1 L'invio di almeno 18 persone per le nuove Case e Missioni di America, specialmente per la Patagonia e pel Brasile ; indi le occorrenti spese di viaggio e di corredo.
2° La Chiesa e l'Ospizio del Sacro Cuore di Gesù in Roma, i quali si rendono ogni dì più necessarii, sì per l' ingrandimento della città e l' aumento della popolazione in quella parte, e sì per gli sforzi che fanno gli eretici per attirare all'errore grandi e piccoli, uomini e donne, fanciulli e fanciulle per mezzo di chiese, scuole, ospizii, conferenze e simili.
3° La nuova fabbrica al lato sinistro della Chiesa di Maria Ausiliatrice in Torino. Questa fabbrica è di urgente necessità. Pel cresciuto numero di artigianelli varii laboratorii , soprattutto quello dei falegnami e dei fabbri-ferrai, si sono resi così insufficienti , che occorse impiantarne provvisoriamente alcuni negli angoli del cortile e nei sotterranei della Casa. Anche la tipografia ha bisogno d'ingrandimento, perchè le sue 6 macchine più non bastano a fare fronte agli impegni, e a dare in luce tutte le opere che le sono affidate. La suddetta fabbrica , oltre ad essere compimento del disegno ed ornamento della Chiesa di Maria Ausiliatrice, servirà per creare nuovi laboratorii, e per dare luogo ad una tipografia più ampia e sufficiente al bisogno.
4° Le costruzioni dell' Ospizio e delle scuole nella Casa di Firenze, le quali vanno molto a rilento per mancanza di mezzi pecuniarii, e perchè in quella città, già fioritissima un giorno, si trovano persone bensì di buona volontà, ma per cagione di sofferte crisi finanziarie non ci possono prestare quei soccorsi, che certamente ci avrebbero prestato senza quell' imprevisto contraccolpo.
5° Alle spese per tutte queste opere aggiungo la somma di lire 30 mila, che resta ancora a pagarsi per saldare i debiti fatti per la Chiesa di S. Giovanni Evangelista, e lire 80 mila per i debiti, che ancor rimangono alla cartiera di Mathi.
6° Ommetto di qui segnalare più altre spese da farsi in Francia ed in America , come pure le spese eventuali ed incerte , che occorreranno per le Case d'Italia. Non saprei nel momento precisarle , ma posso ben dire fin d'ora che ogni mese ne usciranno senza fallo molte ed ingenti. Tali fra le altre saranno le spese indispensabili per provvedere vitto e vestito a più migliaia di poveri giovanetti ricoverati nelle nostre Case di beneficenza, i quali o perchè abbandonati o perchè orfani di parenti gravitano intieramente sulle nostre spalle, e a cui dobbiamo provvedere il cibo come la chioccia a' suoi pulcini, e gli abiti come la madre ai proprii figliuoli.
Ma il voler mettere mano a tante opere non sarà egli un tentare il Signore e conimettere un'imprudenza ? - Io credo di no. Iddio in più guise mostrò di approvare questa nostra condotta. Egli mostrò di approvarla col farci avere parole d'incoraggiamento da venerandi Prelati , da eminenti Personaggi e dallo stesso Sommo Pontefice, suo Vicario in terra ; mostrò di approvarla col benedire le opere intraprese in passato ed aìutarci ad intraprenderne ogni anno delle nuove ; mostrò di approvarla soprattutto col procacciarci la benevolenza di molte buone persone, ed infiammare la carità dei nostri Cooperatori e delle nostre Cooperatrici, facendoli istrumenti di sua Provvidenza a nostro favore.
Segno poi assai chiaro che Dio benedice e approva le opere nostre sono le continue grazie ed i segnalati celesti favori, che in copia la Bontà divina e l'augusta Madre del Salvatore hanno concesse e tuttora concedono a coloro, che ci vengono in aiuto colla loro beneficenza.
È poi per me e per tutti i Salesiani cosa che intenerisce e conforta il vedere tante persone di varie città e di vani paesi ora portare, ora mandare i frutti dei loro risparmii, il superfluo dei loro beni a sostegno delle opere, che abbiamo tra mano. -- Questa offerta, dicono o scrivono, è pei suoi giovanetti per grazia ricevuta -- questa per la Chiesa del Sacro Cuore -- questa per le Missioni della Patagonia quest' altra pel Santuario di Maria Ausiliatrice in ringraziamento dei favori ottenuti - questa per libri -- questa pel Bollettino - questa per le Letture Cattoliche --- e così via via. Di questi fatti noi siano testimonii non dico solo tutte le settimane, ma tutti i giorni , ed anche più volte al giorno. Ora se Iddio si compiace di parlare in modo così eloquente ed efficace, noi non dobbiamo temere; anzi dobbiamo aprire il cuore alla più grande speranza , e continuare ad occuparci della sua maggior gloria , sicuri che Egli non lascierà di favorirci a misura dei nostri bisogni.
Vi ho esposto quello che si è fatto e quello che resta a farsi ; vi ho pure aperto il mio cuore con tutta confidenza. Ora non mi rimane pili altro se non perorare presso di voi la buona causa, e pregarvi che vogliate essere tuttora i canali della divina Provvidenza. Ormai sapete a che cosa serve la vostra carità, la vostra limosina nelle mani di D. Bosco. Essa serve a raccogliere dalle vie tanti poveri giovanetti, a dar loro col pane della vita il cibo dell'anima, istruirli nella religione, avviarli ad un mestiere o a qualche carriera onorata, a formarne dei buoni figliuoli di famiglia e de' savii cittadini; serve a dare alla civile società dei membri utili, alla Chiesa dei cattolici virtuosi, al Cielo dei fortunati abitatori ; serve a creare per la gioventù dei maestri dabbene, per le popolazioni cristiane dei zelanti Sacerdoti, pei popoli selvaggi dei coraggiosi Missionarii ; serve ad innalzare sacri edifizi per radunarvi i fedeli ed ammaestrarli nella religione, confortarli coi Sacramenti e farli benedire Iddio, onde risarcirlo delle orrende bestemmie,' con cui lo maledicono gli empii; serve a pubblicare e diffondere migliaia di buoni libri, por seminare nel mondo sani principii, combattere gli errori, raffermare le anime nella fede, richiamare sul buon sentiero gli erranti e rassodarli nella virtù ; serve insomma ad ampliare il regno dì Dio in sulla terra, a far regnare Gesù Cristo negli individui, nelle famiglie, nelle città, nelle nazioni, a farlo conoscere ed amare, se dato ci fosse, da un capo all' altro del mondo , onde si compia la profezia che dice : Egli dominerà dall'uno all'altro mare : Dominabitur a mari usque ad mare.
Siatemi dunque larghi del vostro aiuto a sostegno di queste opere di religione e di vera civiltà, e state sicuri che se voi coopererete al bene della Chiesa Cattolica e alla salute delle anime, Iddio ve ne compenserà degnamente e da pari suo. Se siete Sacerdoti, Dio ve ne ricompenserà col rendere più fruttuoso il sacro vostro ministero ; se padri e madri, vi ricompenserà nella vostra figliuolanza ; se superiori, vi ricompenserà
nelle vostre comunità e famiglie. In qualunque stato vi troviate Iddio vi ricompenserà dei vostri sacrifizi col benedirvi nella persona, nei negozi temporali, negli affari spirituali, e quello che meglio vale vi farà godere una grande consolazione al punto - della morte, come un saggio anticipato di quelle sovrane dolcezze, che vi tiene preparate in Cielo.
Pongo fine a questa mia lettera col ricordarvi che in tutte le Case Salesiane d'Europa e di America i nostri giovanetti e tutti i Salesiani pregano ogni giorno pei loro benefattori. Alle preghiere de' miei cari figliuoli congiungerò pure le mie, ed ogni mattino nella santa Messa farò un memento speciale per voi tutti, pregando la misericordia di Dio, che pei meriti di nostro Signore Gesù Cristo e di Maria Ausiliatrice vi conceda in questo mondo tutto quello, che può desiderare un'anima buona, specialmente la grazia di poterci trovare un giorno tutti insieme riuniti a lodarlo e benedirlo nella Patria dei Beati. Vogliate ancor voi pregare per me, e credetemi quale con tutto rispetto e con profonda gratitudìne mi professo
Di Voi, benemeriti Cooperatori e benemerite Cooperatrici,
Torino, 2 gennaio 1333, Obbl.mo Servitore
Sac. GIOVANNI Bosco.
Un Numero grande di Cooperatori e di Cooperatrici , in questi ultimi giorni , o per mezzo di lettere o per mezzo di biglietti di visita, fecero a D. Bosco lietissimi augurii di felicità. Molti ebbero eziandio la esimia bontà di mandare la strenna ai suoi giovanetti, e tra lo altro cose spedirono camicie, calze, lenzuola, coperte e simili, vestendo così il Bambino Gesù Nella persona de' suoi poverelli. Alcuni imitarono i re magi offrendo regali non meno opportuni.
Don Bosco vorrebbe aver tempo per rispondere a ciascuno in particolare; ma ciò non gli è possibile. Quindi egli li ringrazia tutti dall' intimo del cuore, e facendo sue le parole, con cui S. Francesco di sales soleva felicitare i suoi parenti ed amici, ripete loro il seguente augurio : - Io vi auguro un anno buono, seguito da parecchi altri, e il Paradiso alla fine dei vostri giorni, -
Per mancanza di spazìo ricordiamo con poche parole che il dì 29 di questo mese occorre la festa del glorioso nostro Patrono S. Francesco di Sales. Raccomandiamo pertanto ai Cooperatori e alle Cooperatrici di volerla celebrare colla maggiore divozione possibile ; e preghiamo i Signori Direttori e Decurioni che abbiano la bontà di tenere in quel giorno o in altro più comodo la Conferenza prescritta. Il loro cuore saprà suggerìre gli argomenti da trattarsi a comune edificazione e a soccorso dello opere, che la divina Provvidenza ci ha poste fra mano. - Lo spirito del male si accende ogni di più e va menando distruzione per ogni dove. Ravviviamo in noi tutti lo spirito del bene, lo spirito di S. Francesco di Sales, anzi lo spirito di N. S. Gesù Cristo, e colle parole e coi fatti rendiamoci ancor noi salvatori di quelle anime, che furono da Lui redente collo spargimento di tutto il suo Sangue.
La Superiora delle Suore di Maria Ausiliatrice di America scrive a D. Bosco la seguente lettera
Almagro, 31 ottobre 1882.
Rev'mo PADRE IN N. S. G. C.
Benchè supponga che V. S. Revma sia per mezzo del Rev. D. Cagliero informata delle cose che passano fra noi, le darò nondimeno alcune notizie, affinchè tenendo presenti i nostri bisogni voglia nella sua paterna carità raccomandarli tutti a Gesù ed a Maria.
Una nuova Casa è preparata per le Figlie di Maria Ausiliatrice in Moron. Speriamo di poterla aprire il mese venturo, che qui si consacra a Maria SS. come costì quello di maggio. La Casa di Moron dopo il Signore la dobbiamo al Revmo Mons. Arcivescovo, il quale ci fa proprio da Padre e ci aiuta con molta sollecitudine e bontà. Abbiamo davvero di che ringraziare il Signore che si degni servirsi di noi miserabili strumenti per dilatare il suo regno nel cuore di tante giovanette, che frequentano le nostre scuole ed Oratorii festivi. Noi felici se sapessimo ben corrispondere ai disegni di Dio !
Sono di ritorno dalla visita delle Case di Colon, di Las Piedras, della Bocca e di Sant' Isidoro. Trovai le nostre care sorelle in mezzo a grande lavoro e tutte di buona volontà per estendere il regno di Gesù Cristo nei cuori delle numerose fanciulle loro affidate. In tutte le Case abbiamo un grande numero di alunne ascritte alla compagnia dell' Immacolata. Sapersi figlie di Maria le anima molto alla pietà, alla divozione ed alla fuga dei pericoli del mondo.
Ho pure avuto notizie delle nostre sorelle della Patagonia. Anche colà si lavora molto e va aumentando il numero delle alunne nel Collegio di s. Maria de Las Indias. Oh ! preghi, Revmo Padre, perchè possiamo indirizzare a Dio i cuori selvaggi di tante povere creature, che la Divina Provvidenza ci ha confidate sulle due sponde del Rio Negro !
Le do pure la consolante notizia che le molte postulanti e novizie americane sono animate da vero spirito Salesiano, e vogliono ad ogni costo tener dietro a noi europee.
La nostra Casa nuova nella costruzione va innanzi e noi dalla vecchia la vediamo crescere con giubilo. Quello poi che più ci rallegra è che si edifichi anche in America un Santuarietto in onore della nostra SS. Madre Maria Ausiliatrice, e non permetta il Signore che si abbiano da interrompere i lavori per mancanza di mezzi. Le ragazze vedono con gioia innalzarsi questa Casa per la speranza d'essere di poi ammesse alla scuola, la qual cosa ora non possiamo fare per mancanza di locale. Esse sono davvero degne di compassione per il gran bisogno, che hanno d'essere istruite nelle cose di Religione.
All'infuori di qualche spina (che io credo non mai ci avrà a mancare in questo mondo) noi siamo tutte allegre e vogliamo farci sante ad ogni costo. È vero che il nemico delle nostre anime ci fa continua guerra per impedirci il buon esito di questa impresa ; ma non importa. Con Gesù, colla sua divina grazia, coll'assistenza di Maria SS. noi abbiamo da riportare vittoria; lo speriamo fondatamente. Per parte mia é tanto il contento che provo d'essere Suora di Maria Ausiliatrice e di essere in America che non posso a meno di ringraziare il Signore di avermi fatta questa grazia. Quanto è mai buono con noi il Signore ! Che fortuna sarebbe la nostra, se potessimo amarlo proprio di vero cuore, ed essere tutte di Dio! Per questo ci raccomandiamo caldamente allo sue preghiere. Si degni, Revmo D. Bosco, gradire i nostri umili ossequii, benedirci tutte e massime quella che con tutta stima si dice
Di V. S. Revma
Uma figlia in G. C.
Suor MARIa MaDDALENA MARTINI.
Il re Salomone quando ebbe a dedicare al Signore il gran tempio, che gli aveva innalzato in Gerusalemme, non si contentò di un giorno solo per compiere questo atto di Religione, ma volle impiegarvi una intiera settimana ; anzi alla solennità della dedicazione avendo unita quella così detta dei Tabernacoli, che già si celebrava ogni anno, tenne il popolo in festa ed occupato in opere di pietà per 14 giorni. « Fece Salomone, dice il sacro Testo, una celebre solennità, e con lui tutto Israele radunato in gran folla dalle strette di Emath sino al torrente di Egitto, dinanzi al Signore Dio nostro, per sette giorni e per sette altri giorni, vale a dire per 14 giorni » (III. Reg. viii, 65).
Volle inoltre lo Spirito Santo che quel tempio fosse minutamente descritto nelle singole sue parti ; volle che si conoscessero i nomi dei principali artefici che vi avevano lavorato, e dei musici e dei Sacerdoti che avevano preso parte alla sua inaugurazione; volle che si sapessero le sacre cerimonie che vi ebbero luogo , i riti , i sacrifizi, il numero delle vittime immolate, i canti, le preghiere, i discorsi e via dicendo ; onde dopo quasi tre mila anni , leggendo quelle pagine divine, a noi sembra come di trovarci tuttora presenti alla grandiosa ed imponente solennità.
Sebbene per vastità e ricchezze la Chiesa di S. Giovanni Evangelista, della cui consacrazione abbiamo dato un rapido cenno nel Bollettino di Novembre, sia di molto inferiore al tempio di Salomone, considerato almeno nel suo complesso e nelle quattro parti, di cui era diviso (l'Oracolo o Santo dei Santi, il Santo, l'Atrio dei Sacerdoti e l'Atrio del popolo), tuttavia pei sacrosanti misteri che vi sono celebrati, per la presenza del Figliuolo di Dio, che vi abita realmente nella SS. Eucaristia, per la parola di verità e di pace, che vi si dispensa al popolo , essa in preziosità ed eccellenza supera di gran lunga quell'antico tempio. Per il che, se Iddio ha disposto che fossero scritte e pubblicate le cose avvenute nella dedicazione di quello, noi crediamo cosa lodevole il dare qui almeno una relazione dei fatti principali, che si compirono durante l'ottava della consacrazione della predetta Chiesa. Questa relazione rinfrescherà la memoria di chi vi prese parte ; ne darà una più adequàta idea a coloro, che non vi furono presenti ; e intanto ne tramanderà la notizia alla più tarda posterità , affinché molte generazioni ne rendano lode al Signore, autore di ogni bene.
Siccome il sacro edifizio venne già esattamente descritto dalla perita penna dell'ingegnere Alberto Buffa in un opuscolo a parte, così noi ci limiteremo a rilevare quelle altro cose o sacre o profane, che sembrano pur degne di particolare menzione, e le divideremo giorno per giorno.
Ci tornerebbe carissimo il dire anzitutto alcun che delle maestose cerimonie, prescritte dal Pontificale romano per la consacrazione delle Chiese ; ma questo conducendoci troppo in lungo vi passiamo sopra, riserbandoci di farne parola in altra consimile circostanza. Qui riferiremo quelle cose soltanto, che concernono più da vicino la Chiesa di S. Giovanni, e che nel tempo stesso possono tornare di qualche edificazione.
Nei giorni innanzi, nella sera della vigilia e in tutta la notte, la pioggia cadeva catinelle. A quella vista noi avremmo desiderato di trasferire ad altro tempo la cara solennità ; ma essendo già fissata per quel giorno e pubblicata su parecchi giornali non era più possibile un mutamento d'orario. Quindi ci eravamo già rassegnati a subire tutti gli inconvenienti dell' intemperie adorando i disegni di Dio, il quale permetteva che una festa da tanto tempo e da tanti aspettata si facesse per una pioggia dirotta. Ma taluni di noi si erano troppo presto sfiduciati; imperocchè il Signore non tardò a farci vedere che il vento e la pioggia obbediscono alla volontà sua ; perciò poche ore innanzi che avesse a cominciare la sacra funzione il cielo si abbonacciò, indi, squarciate le nubi, comparve il sole a mostrarci la sua sospiratissima faccia, quasi a presagio che il suo Creatore ci sarebbe pure stato propizio, e che, come ci fa pregare la Chiesa, ci avrebbe pur fatto vedere un giorno la serenità del suo volto divino , con cui rallegra gli Angeli ed i Santi. La ricomparsa del bel tempo pareva così fuori di probabilità, che il fatto venne da tutti rilevato e attribuito alla potente intercessione dell' Apostolo prediletto ; di quell' Apostolo, che in sua vita mortale si argomentava di comandare persino al fulmine , e che dallo stesso divin Maestro veniva chiamato figlio del tuono.
Fin dalle ore sette del mattino molto popolo stava già raccolto presso la cancellata della Chiesa. Prima delle otto vi giunse Sua Eccellenza Revma Mons. Lorenzo Gastaldi , Arcivescovo di Torino. Il primo a riceverlo e a riverirlo fu Don Bosco medesimo. Il Revmo Prelato compiè la consacrazione della Chiesa e degli otto altari, assistito dai RR. Canonici della cattedrale, Pietro Peyretti, professore di sacra teologia nel Seminario , e Lodovico Chicco penitenziere, e servito da uno stuolo di Chierici del suo Seminario di Torino. Il coro richiesto dal Pontificale Romano pel canto delle litanie, delle antifone e dei salmi, era formato da giovani e da Chierici dell'Oratorio di S. Francesco di Sales.
Era stato convenuto con Mons. Arcivescovo che egli avrebbe consacrata la Chiesa e il doppio altare maggiore, e che gli altri sei altari laterali sarebbero stati consacrati da qualcuno dei Vescovi, invitati per le sacre funzioni dei tre primi giorni ; ma nel mattino risolvette di consacrarli tutti egli medesimo. E questo fu un tratto di provvidenza, ché altrimenti per le molte Messe del domani non avremmo avuto nella novella Chiesa fuorchè due soli altari disponibili, uno dei quali quasi nascosto allo sguardo del popolo. Nell'altare maggiore furono deposte reliquie di s. Giovanni Evangelista, di s. Policarpo suo discepolo e di s, Maurizio. Non ostante la moltiplicità e varietà delle cerimonie la sacra funzione, cominciata alle ore 8, terminava nondimeno alle 11 1/4. Tutti poi erano maravigliati nel vedere Mons. Arcivescovo a compiere con tanto brio le prescritte cerimonie ; gli inservienti potevano a stento tenergli dietro ; il Revmo Prelato pareva ringiovanito. Dio lo conservi ancora molti anni per la edificazione della importantissima archidiocesi, che Gesù Cristo per mezzo del suo Vicario ha affidato alla sua sollecitudine.
Mons. Arcivescovo ad un'ora dopo mezzogiorno doveva partire da Torino; perciò con nostro ed altrui dispiacere non potè nè in quel dì, nè durante l'ottava compiere altra funzione nella Chiesa da lui consacrata.
Terminati i sacri riti, ripulito il pavimento e preparati gli altari, venne aperta la Chiesa, che fu tosto ripiena da una grande moltitudine di fedeli.
Dopo il lieto suono delle campane, D. Bosco salì all'altare a celebrarvi per la prima volta la santa Messa, assistito dal M. R. D. Giacomo Bellia che fu uno dei primi giovani dell'Oratorio di s. Francesco di Sales, dal quale si allontanò poscia per ispeciali motivi, conservando però sempre buona memoria del luogo di sua prima educazione.
La Messa venne servita dai Sacerdoti Salesiani, D. Giovanni Lemoyne e D. Giovanni Bonetti , e terminò a mezzogiorno e trenta minuti.
Dopo la elevazione i musici cantarono il mottetto, Sit nomen Domini benedictum, di D. Cagliero, e l'Ave Maria a soprano solo del maestro Giuseppe Dogliani.
È impossibile il dire la consolazione provata da D. Bosco in quei momenti preziosi ; impossibile il descrivere la gioia dei fedeli assistenti, molti dei quali piangevano di un misterioso gaudio. Anche i Chierici del venerando Seminario di Torino , parte dei quali già alunni dell' Oratorio Salesiano, ottennero per favore di potersi fermare ad ascoltare quella prima Messa, a cui assistettero con molta soddisfazione del loro cuore e con singolare pietà e divozione. Quella prima Messa venne offerta a Dio per implorare le più eletto benedizioni temporali ed eterne sopra tutti i benefattori e benefattrici della Chiesa novella.
Funzioni della sera.
Per la ragione sopra addotta non potendo restare a pranzo con noi il Revmo Mons. Arcivescovo, ebbero la bontà di gradire l' invito a una modica refezione i due reverendi Canonici, che lo avevano assistito.
Intanto i divoti visitatori si rinnovavano ad ogni momento, e al primo scampanio, che annunziava l'ora delle sacre funzioni, la gente prese a recarvisi in sì gran numero, che all' incominciare dei Vespri la Chiesa erane stivata. Cantò i Vespri il M. Rev. Teol. Felice Reviglio, Curato di Sant'Agostino , ancor egli uno dei primi giovani di D. Bosco. I musici eseguirono il Vespro intitolato di s. Cecilia, composto da D. Cagliero, e la stupenda antifona, O quam metuendus, musicata dal medesimo.
Fin da quel giorno si conobbe di quale mirabile effetto sarebbe riuscito il canto ed il suono in tutte le solennità. Le voci argentine di circa 100 giovanetti, debitamente addestrati dal maestro Dogliani; i soprani, i tenori, i contralti, i baritoni, formati dei più distinti professori di Torino, che si fecero una gloria di consecrare la loro abilità al nobile scopo; le parti a solo e i duetti, che ti davano l'idea di angioli amabilissimi, che spiccatisi di mezzo agli altri rallegrassero la Corte celeste, cantando inni di gloria al Signore ; le armonie del grandioso e magnifico organo maneggiato dall' egregio maestro Cav. Capitani ; l'eco sonora della Chiesa, che pare fatta appositamente per la maestà del canto e del suono, formarono un tutto così delicato e sublime , che toccava ogni fibra del cuore umano e riempiva l'anima di sacro entusiasmo. Chi udiva una volta quel canto e quel suono cercava di udirlo una seconda, una terza volta ancora, e non se ne saziava mai. Non é quindi meraviglia che uno dei musici più intelligenti abbia scritta e pubblicate queste parole nel Corriere di Torino : - Quanto all'orchestra per la valentia dei cantanti e del maestro, nessun elogio è troppo (1). Per questo lato noi crediamo che la musica, onde si fecero rimbombare in quei memorandi giorni le secrete volte della Chiesa di S. Giovanni, abbia assai bene adombrato i canti ed i suoni , coi cui sotto il re Salomone venne onorata la solenne dedicazione del gran tempio. Portata l'arca dell' alleanza nel Santo dei Santi. dicono le sacre Carte, « i cantori suonarono cembali e cetre e con essi cento venti Sacerdoti, che davano fiato alle loro trombe. Per la qual cosa, tutti egualmente e cantavano e suonavano trombe, cembali, organi e ogni sorta di musicali strumenti, e alzavano in alto le loro voci dicendo : Date laude al Signore , perché egli è buono , perché la sua misericordia é eterna : Confitemini Domino quoniam bonus, quoniam in aeternum misericordia eius. »
(1) Dovere di gratitudine ci suggerisce di fare qui speciale menzione di alcuni dei principali aiutanti dei nostri musici. Essi sono pel suono il Cav. Giuseppe Capitani, il M° Antonio Cercano. il M° G. M. Pelazza ; e pel canto il M° Cantone, il Cav. Giuseppe Bertone. il Sig. Prospero Succio, il Sig. Bronzino, il Sig. Luigi Fumero, il Signor Saladino, il Sig. Soldano, il Sig. Reano, il Sig. Carradori e più altri che ci passarono di mente. A loro tutti conceda il Signore di aver parte alle feste e alle musiche del Cielo, che dureranno in eterno.
Finito il Vespro, ascese il pulpito D. Bosco e pel primo vi annunziò la parola di Dio. La calca era tale, che a stento ei poté penetrare sino alla cattedra di verità. Siccome per le svariate e innumerevoli occupazioni egli non ebbe tempo di scrivere quello, che intendeva di dire, così ci riesce impossibile di qui riprodurre fedelmente il suo discorso. Tuttavia. se la memoria non ci tradisce la sostanza n'è questa : -
Dio é grande ed immenso, ei disse, e del suo essere infinito riempie il cielo e la terra. Sebbene per questa ragione noi lo possiamo in ogni luogo adorare in ispirito e verità, tuttavia Egli ha ordinato che vi fossero in sulla terra alcuni siti determinati, benedetti e a Lui dedicati, dove essere in modo particolare dagli uomini ossequiato, e dove ricevere il loro tributo di adorazione e di amore. Così Egli comandava fin dai primordii del mondo. Adamo, Enos, Noè, Abramo gli offrirono sacrifizi, gli presentarono l'omaggio delle loro adorazioni nei luoghi da Lui indicati. - Va, disse a quest' ultimo il Signore, e offrirai il tuo figliuolo unigenito in olocausto sopra uno dei monti che ti mostrerò; ed Abramo obbediente si portò al luogo, che il Signore gli aveva assegnato. - Il patriarca Giacobbe consecrava a Dio il sito, sopra cui dormendo aveva veduto una misteriosa scala, che dalla terra toccava il Cielo, e il Re dei secoli, che maestosamente vi posava sulla sua cima; e compiuta quella cerimonia vi adorò il Signore, offrendogli preghiere, sacrifizi e voti. - Per ordine di Dio Mosé fabbricava il Tabernacolo nel deserto ; per ordine di Dio Salomone innalzava il gran tempio in Gerusalemme, e, questo distrutto, un secondo per ordine del Signore ne erigevano gli Ebrei nel luogo stesso.
Dietro questi esempi ed altri moltissimi, che per brevità non accenno, la Chiesa Cattolica fin dai primi tempi scelse ancor essa dei luoghi determinati, li benedisse, li consacrò al Signore. Ivi i Cristiani si raccoglievano per pregare, celebrare i divini misteri , ricevervi i santi Sacramenti, udirvi la parola di Dio. Questa pratica si estese per tutta la Cristianità e durerà sino alla fine del mondo.
In questi tempi la gloria di Dio e il bene delle anime richiedevano che si erigesse pure una Chiesa in questo sito della città di Torino. La Chiesa fu eretta, ed oggi stesso consacrata solennemente, e colle più splendide cerimonie inaugurata al divin culto, in onore di S. Giovanni Apostolo ed Evangelista. Ad esempio del re Salomone noi celebreremo questa dedicazione con otto giorni di festa, secondo l'orario che venne pubblicato.
Nel corso dell'ottavario i sacri oratori vi tratteranno argomenti relativi alla solennità. Questa sera come introduzione io giudico che non vi debba tornare discaro un ragguaglio storico di questa Chiesa. Pertanto vi esporrò così alla buona ciò che era questo luogo , ciò che é e ciò che sarà, mediante il divino aiuto e la pietà e carità vostra. L'Apostolo, prediletto del divin Salvatore mi ottenga la grazia di svolgere degnamente l'argomento, che vi ho annunziato.
Dopo questo esordio, D. Bosco trattò il primo punto, descrivendo ciò che 35 anni sono erano e il luogo dove fu edificata la Chiesa e i suoi dintorni. Ecco per sommi capi i pensieri sviluppati da lui : -. Qui in allora non eravi alcuna traccia né di strade, né di palazzi, nè di giardini. Da questo sito fino alla sinistra del Po non vedevasi che un incolto e sterile gerbaio. Il sito poi, dove si innalza oggi la Chiesa, era coperto da poche casipole, strette, basse, affumicate, le quali erano le ultime abitazioni di questa parte. Le appigionavano alcune lavandaie , e se le tenevano care, e perché non molto distanti dal fiume , e perchè circondate da grande estensione di terreno libero, il quale loro si prestava comodissimo per distendere ed asciugare i loro bucati, da cui ritraevano giornalmente da campare la vita. Ma questi luoghi medesimi si porgevano pure acconcissimi ai più svariati divertimenti. Quindi nelle domeniche e nelle feste di precetto li coprivano e scorrazzavano da un capo all'altro schiere numerosissime di fanciulli e giovanetti, molti dei quali vi si intertenevano tutto il santo giorno, senza recarsi punto né alla Messa , né al catechismo, né alle sacre funzioni.
Era l'anno 1847. I tempi si facevano ognor più torbidi e disastrosi per la povera gioventù. L'Oratorio festivo di S. Francesco di Sales in Valdocco, frequentato da circa 800 giovani della città, non poteva più capirne altri. Allora si venne in pensiero di fondarne un secondo, e fu scelto questo luogo come più adattato ed opportuno. Molte e grandi furono le difficoltà incontrate per riuscire ad aprirlo. Da prima le lavandaie, che lo avevano in affitto, si sollevarono contro D. Bosco, perché costrette ad abbandonarlo ; ma furono acquetate e dalla speranza di un maggior lucro e dalla bontà della padrona , la signora Vaglienti. Don Bosco entratone in possesso adattò una parte delle catapecchie ad uso di Oratorio o di Cappella per le sacre funzioni, che venne benedetta il giorno della Concezione di quell'anno medesimo ; un'altra parte fu ridotta ad uso di scuola e di ricreazione. Avuto riguardo al grande bisogno, il sito era ristretto ; tuttavia ogni festa circa 500 giovinetti qui si raccoglievano per la Messa e pel catechismo, e oltre a due centinaia vi si recavano ogni giorno per la scuola elementare. A vantaggio di questo Oratorio, che prese il nome di San Luigi Gonzaga, spesero le loro fatiche e sollecitudini parecchi membri della Società di S. Vincenzo de' Paoli, e varii zelanti Sacerdoti di questa città. Tra questi sono degni di memoria il Teol. Giovanni Borel, il Teol. Francesco Rossi, il Sac. Don Demonte, gìà da Dio chiamati a ricevere il premio del loro zelo, e più altri tuttor viventi, che continuano a sacrificarsi al bene religioso e morale della gioventù. Così tirossi avanti parecchi anni ; e colla carità di varii signori e varie signore, e colla costanza e intrepidezza dei suoi aiutanti D. Bosco fece fronte a molti altri ostacoli, fra cui una fiera persecuzione per parte di monellacci, instigati da certa gente di questi dintorni ostile e nemica.
Ma intanto per l'amenità del sito e per la salubrità dell'aria questi luoghi andavano coprendosi di case e di palazzi; cresceva ogni anno la popolazione all'intorno, e con questa crescevano i bisogni religiosi. A questo si aggiunse l' insediamento dei Valdesi qui da presso, i quali col loro tempio, colle scuole, colle conferenze e con altri consimili artifizi mettevano a cimento la fede cattolica dei fanciulli e degli adulti.
Queste ed altre circostanze reclamavano una Chiesa più ampia, che desse agio non solo ai fanciulli, ma agli adulti di ambo i sessi, di santificare il giorno festivo, istruirsi nella cattolica Religione, e praticarne le opere di pietà e di devozione, e così viemmeglio premunirsi contro le insidie nemiche.
Qui D. Bosco passò a trattare il secondo punto, a dire cioè quello che sia oggimai il sito di 35 anni addietro. Siccome quello che esso sia ognuno lo vede, così D. Bosco toccò soprattutto le difficoltà a pochissimi note, le quali si dovettero superare, perchè il luogo divenisse quello che è. La prima difficoltà fu la mancanza di mezzi pecuniarii per incominciare la impresa ; ma fatto appello alla carità cattolica, i mezzi cominciarono a venire per affrontare le prime spese. - La seconda difficoltà fu la compera di varii pezzi di terreno e di casipole, i cui proprietarii non sapevano disfarsene, o pretendevano un prezzo esorbitante. A questo proposito uno di essi mosse tale un ostacolo, che ai più parve davvero insuperabile (1). A causa di questo, proseguì D. Bosco, si dovette soprassedere dai lavori per circa 8 anni ; ma coll' aiuto di Dio e per l' opera di persone benevole, soprattutto per lo zelo instancabile del benemerito Conte Reviglio della Veneria, furono superate e questa e più altre difficoltà insorte ancora di poi. Quindi sul principio del 1877, col consenso dell'Autorità, Ecclesiastica avuto fin dai primi anni, si ripigliarono i lavori con molta alacrità. Il Conte Edoardo Arborio Mella da Vercelli concepì e tracciò il disegno, dando luminosa prova del suo amore ardente pei sacri edifizi di stile antico, e di quella incontestata sua perizia nell'architettura, per cui gode una ben meritata fama ; il Cav. Spezia lo eseguì e diresse ; e l'ingegnere Vigna ne accudì egli pure i lavori, come se fossero opera sua. Dopo 14 anni di sollecitudini, di pene e di fatiche, quanti appunto ne trascorsero dal 1868 in qua, la Chiesa è oggi quello che voi vedete. Essa ha due parti: una è quella che ci raccoglie ; l'altra è sotto di noi. Nel sotterraneo vi ha un secondo membro, che serve di Oratorio ai giovinetti del vicinato, ed un luogo acconcio pei loro intrattenimenti religiosi e morali. Noi abbiamo pensato agli adulti, ma non dovevamo dimenticare i fanciulli, che sono le speranze della Chiesa, il sostegno delle famiglie, la caparra di ordine e di benessere alla civile società. Tutti sanno con quanto zelo e sollecitudine attendano all'ammaestramento e alla salute delle anime loro affilate i RR. Curati di S. Massimo, dei Santi Apostoli Pietro e Paolo e della Madonna degli Angeli, colle cui parrocchie confina questa Chiesa ; ma la loro popolazione da qualche anno è cresciuta di tanto, che ormai ne esaurisce tutte le forze (1).
Gli zelanti Curati reclamano aiuto e per la istruzione dei grandi e per il catechismo dei piccoli. E intenzione di D. Bosco che la Chiesa di San Giovanni sia un loro rinforzo, come essi desiderano e come hanno più volte domandato.
Per siffatta guisa Don Bosco si fece strada a svolgere il terzo punto del suo discorso. - La Chiesa è consacrata, ei disse, ma che sarà in avvenire? Sarà sorgente di grazie e di benedizioni. In essa si darà gloria a Dio ed alla Beata Vergine; in essa saranno celebrate Messe, verrà distribuita la SS. Eucaristia, saranno ascoltate le confessioni dei fedeli, si farà il catechismo, si terranno prediche a tempo ed ora opportuna. - Che cosa sarà questa Chiesa in avvenire? Sarà la casa di orazione e la porta del Paradiso : Domus Dei, porta coeli. In questa Chiesa si avvereranno le parole del divin Salvatore : Chiunque chiede, riceve; e chi cerca, trova ; e sarà aperto a colui che picchia : Omnis qui petit, accipit; et qui quaerit, invenit; et pulsanti aperietur. I genitori troveranno la cristiana educazione della loro figliuolanza ; la prosperità nel commercio ; la sanità nelle persone; la pace e la concordia nelle famiglie; tutti volendo vi troveranno la perseveranza nel cammino della virtù. E infine? Infine vi troveranno la porta che li metterà in Cielo : Porta coeli. - Ed ora quali grazie vi renderò io mai per la carità, che mi avete usata nella costruzione di questa Chiesa ? Io non posso degnamente rimunerarvi ; ma vi rimunererà Iddio per me. Sì, o generosi Cattolici, Iddio pregato tutti i giorni in questo santo luogo, pregato da migliaia di giovanetti, raccolti nelle Case dei Salesiani e in molte parti del mondo, questo Dio misericordioso vi ricompenserà largamente di quanto avete fatto e sarete ancora per fare a vantaggio di questa Chiesa. E qui vi confido che vi sono ancora varii debiti a saldare e molte spese a sostenere; ma vi aggiungo che io confido altresì che la vostra carità, la quale non mi venne meno in passato, non mi verrà neppur meno per l'avvenire. Voi proseguirete ad aiutarmi a compiere opere di carità e di relìgione, e il Signore Iddio proseguirà a spandere sopra di voi e sopra delle vostre case le sue grazie, le sue benedizioni pel corpo e per l'anima, temporali ed eterne. - Don Bosco terminava il suo dire riepilogando e adattando all'immenso suo uditorio la stupenda preghiera, fatta a Dio dal re Salomone in presenza del popolo d'Israele, accorso da tutte le parti in Gerusalemme per la dedicazione del primo tempio. - Grande Iddio, egli diceva, la vostra maestà è infinita; né il cielo, nè i cieli dei cieli la possono capire ; ma giacché vi siete degnato di scendere ai abitare in questa Casa, che abbiamo innalzato alla gloria del vostro nome, deh ! ascoltate le preghiere che vi presentano i vostri servi. Fate che tutti coloro, i quali entreranno in questa Chiesa per ispandere dinanzi a voi il loro cuore, per esporvi i loro bisogni, per pregarvi di aiuto, trovino sempre aperti i tesori di vostre misericordie , e se ne partano di qui consolati. Consolati i padri e le madri nei loro figli morigerati e pii; consolati i figli nei loro genitori esemplari ed amorevoli; consolati i padroni nella fedeltà dei loro servi ; consolati i servi nella bontà dei loro padroni ; consolati gli infermi nella liberazione o nella pazienza dei loro mali ; consolati i poveri nella carità dei ricchi; consolati i giusti nella perseveranza di loro giustizia ; consolati i peccatori nel perdono dei loro peccati, nella pace della coscienza, nell' amicizia con Voi, o mio Dio. Se chiuso il cielo, mancheranno alla terra le pioggie benefiche ; se rottene le cateratte ne piomberanno violente ad inondarci ; se volgeranno a male i nostri negozi e le nostre campagne ; se la fame, se le malattie, se le guerre, se lo tribolazioni insomma o di corpo o di spirito ci verranno addosso per rendere infelice la nostra vita, e noi pentiti dei nostri peccati verremo ad implorare in questo luogo la vostra misericordia, deh ! o Signore , perdonateci , benediteci , salvateci. Se mai i vostri fedeli si allontanassero dalla via dei vostri comandamenti, o mio Dio, ed invece di servire a Voi solo si facessero schiavi del demonio, delle passioni, del mondo, ma illuminati dalla luce della verità , guadagnati dalla soavità della vostra grazia volgeranno uno sguardo a questa vostra Casa, e compunti invocheranno la vostra pietà, deh ! non rigettarli, o Signore, ma prostrati a questi tribunali di penitenza accoglieteli, come già accoglieste il figliuol prodigo, date loro il bacio di pace, rivestiteli del candore della vostra grazia , ristorateli delle carni sacrosante del vostro Unigenito Figlio, ed ammetteteli un giorno alle eterne feste del Paradiso. E questo favore impartite eziandio a coloro, che non sono del novero dei veri credenti ; a coloro che non seguono il Vangelo del nostro Signor Gesù Cristo; a coloro che sono stranieri alla Chiesa Cattolica Apostolica e Romana, che è l'unica vera Chiesa, fuori della quale non vi è salute. Da divino ed amoroso Pastore delle anime, per mezzo di questo santo luogo richiamate al vostro ovile tante pecorelle erranti , affinché in abbondanza ricevano con noi la salute e la vita. Sì, o grande ed onnipotente Iddio, ripetete a noi pure quelle promesse, che già faceste a chi vi innalzava il primo tempio: - Gli occhi miei saranno aperti e intente le mie orecchie all'orazione di chiunque mi invocherà in questo luogo ; perocchè io l'ho eletto e santificato, affinché porti in eterno il mio nome, e fissi siano sopra di esso gli occhi miei, e il cuor mia in ogni tempo. - Adesso adunque, conchiuse D. Bosco colle parole di Salomone, levatevi, o Signore Iddio, e venite al vostro riposo, voi e l'arca di vostra possanza : i vostri Sacerdoti siano ammantati di salute, e i vostri santi festeggino pei vostri benefizi : Nunc igitur consurge, Domine Deus, in requiem tuam, tu et arca furtitudinis tuae : Sacerdotes tui, Domine Deus, induantur salutem, et sancti tui laetentur in bonis (II. Paral. vi, 41.).
Questo fu il tenore del discorso di D. Bosco, che durò quasi tre quarti d'ora. Noi lo abbiamo qui riportato solo a memoria ed in succinto.
(1) Don Bosco non espresse appieno quale fosse questa difficoltà ; onde la diremo noi. Si trattava ancora dell'acquisto di una striscia di terreno di circa 400 metri quadrati , senza della quale la costruzione invece di riuscire in linea retta al Viale del Re, oggi Corso Vittorio Emanuele II, avrebbe formata una diagonale ed offesa la vista. Oltre a questo la Chiesa sarebbe riuscita troppo piccola e inetta al bisogno.
Or si diede il caso che quel lembo di terra appartenesse ad un Valdese, il quale o per instigazione dei suoi ministri, o per odio alla Religione cattolica, o per proprio interesse, non voleva alienarlo, se non glielo sì pagava 130 mila lire. Riuscite vane tutte le proposte di un equo accomodamento, fu d'uopo ricorrere al Ministro dei lavori pubblici ed al Consiglio di Stato, per far dichiarare la costruzione della Chiesa opera di utilità pubblica, onde ottenere poscia una espropriazione forzata. Ma da un'autorità civile di Torino furono mosse sì forti opposizioni, che passarono anni ed anni prima che si potesse avere una risposta. Dopo molte insistenze e raccomandazioni finalmente le carte fermate alla Prefettura fecero il loro corso, e il 3 febbraio del 1876 il Decreto veniva firmato dal Re. Ma qui nuovi ostacoli. Il Prefetto di Torino in base al Decreto reale emanò alla sua volta il Decreto di espropriazione forzata contro al Valdese ; ma questi che fece ? Trasportò tale quantità di pietre nel luogo, che doveva sgombrare, da farne come una montagna. Quindi domandò 6 mesi di tempo a compiere lo sgombro, e il risarcimento dei danni e delle spese, che doveva subire per effettuarlo. Ma coll' aiuto di Dio, dopo perizie sopra perizie, dopo sentenze sopra sentenze l'eretico fu costretto a piegare il capo, e lasciare libero il terreno al prezzo non già di 130 mila lire, come egli domandava, ma di 23 mila, seicento e cinquantasette! Dopo Dio, il felice esito di questo affare D. Bosco lo attribuì al Conte Carlo Reviglio della Veneria, il quale, con una costanza e sollecitudine degna della causa, lo promosse sino alla fine, sottostando egli stesso a molte spese occorrenti.
Avuto poi riguardo alle immense difficoltà per avere quel tratto di terreno ; avuto riguardo che esso fu coperto di sassi, che vi formavano come una piccola montagna; avuto specialmente riguardo alla tenacità di una setta potente e spalleggiata da persone autorevoli, la vittoria ottenuta venne da taluno paragonata al miracolo di s. Gregorio il Taumaturgo. Questo Santo, come si legge nella Storia Ecclesiastica, doveva ancor egli fabbricare una Chiesa nella città di Neocesarea, ed essendo troppo stretto il sito, per causa di una contigua montagna, ottenne colle sue preghiere e colla sua fede che il monte di tanto si scostasse quanto occorreva al bisogno. Quel Santo avendo solamente a fare con un monte senza vita e senza ragione riuscì nell'intento più facilmente di chi ebbe a lottare contro persone dotate del bene dell'intelletto e del libero arbitrio, ed eccitate a resistere dall'interesse e dall'odio di religione, e più che da ogni altro dal superbo e testardo Satanasso, il quale non cede che a Dio onnipotente.
Qui vi sarebbero a dire più altre cose, ma ci mancano varii documenti, che esistono tuttora in casa del compianto Conte della Veneria. Ne diremo compiutamente a tempo più opportuno.
(1) La parrocchia della Madonna degli Angeli si compone di 10 mila anime; quella di S. Massimo di 13 mila, e quella dei Santi Apostoli Pietro e Paolo di 21 mila.
Mentre D. Bosco predicava, giungeva in Torino Sua Eccellenza Revma Monsignor Emiliano Manacorda, Vescovo di Fossano. Lo zelante Prelato, che non mai si ricusa di prestare l' opera sua, ove si tratta di cooperare alla gloria di Dio e di compiacere D. Bosco , aveva accolta e tenuto con trasporto di gioia l'invito di venire a pontificare nella Chiesa di S. Giovanni nei giorni della solenne e sospirata sua dedicazione. In una lettera, che serberemo quale prezioso documento, tra le altre cose egli scriveva così: « Verrò a pontificare secondo il suo invito, e come nel passato, così in avvenire sarò sempre felice di assecondare i voti di D. Bosco a gloria di Dio e ad incremento della mirabile sua Congregazione. »
Come se D. Bosco, colle parole tolte dai Libri santi : I vostri Sacerdoti, o Signore Iddio, siano ammantati di salute , pronunziate nel chiudere il suo discorso, avesse invitato i sacri Ministri a dare principio alla solenne funzione, il Reverendissimo Pontefice ammantato di ricchi paramenti, circondato da numeroso clero procedeva con maestà e decoro all'altare, ove fattasi la Esposizione del SS. Sacramento, e cantatosi il Tantum ergo, impartiva pel primo la trina Benedizione ad un popolo innumerevole e divoto. La Chiesa presentava in quei momenti uno spettacolo, che inspirava soavità e dolcezza, e incuteva riverenza ed ammirazione. Rischiarato come a giorno da mille faci, risuonante delle candide e robuste voci dei musici, che eseguirono perfettamente il Tantum ergo del maestro Frasi , rimbombante delle armonie dell'organo, che faceva prova di tutta la sua potenza, il Luogo Santo ti dava l'idea del Paradiso. Il canto del veneremur cernui, laus et iubilatio, faceva ricorrere alla mente le parole del divino uffizio : Haec est aula Dei: Sponsum eius Christum adoremus in ea. In dedicatione templi decantabat populus laudem; et in ore eorum dulcis resonabat sonus : É questa l'aula di Dio Adoriamo in essa Gesù Cristo Sposo di lei : Nella dedicazione del tempio il popolo dava lode al Signore, e sulla loro bocca risuonavano dolci melodie. In mezzo alla generale commozione terminavano le sacre funzioni del primo giorno. Gli astanti ne furono così rapiti che si dovette lasciare la Chiesa aperta fino a sera inoltrata, perchè sembrava che i fedeli non potessero staccarsene, ed usciti gli uni n' entravano altri per venirsi ad inebriare nella giocondissima vista. Il ravvivamento della fede, i pensieri e gli affetti di pietà e di religione, le sante risoluzioni eccitate in quella sera e nei giorni consecutivi, Dio solo li conosce. Il certo si è che tutti prorompevano in esclamazioni di divozione e di maraviglia ; e a molti spuntavano sugli occhi lagrime dolcissime o di pentimento o di gioia.
Mattino.
Il secondo giorno, 29 di ottobre, era domenica. Alle ore cinque, dopo il lieto suono delle campane a festa, si aperse la Chiesa. Poco appresso si cominciarono a raccogliere i più ambiti frutti della solennità. I confessionali vennero circondati da penitenti di ambo i sessi, ansiosi di aggiustare le partite dell' anima loro. Quantunque parecchi Sacerdoti dell' Istituto dovessero celebrare nella Chiesa di Maria Aus. in Valdocco a comodità dei fedeli di quella regione, tuttavia in quella di San Giovanni le Messe non mancarono mai. Molte furono pure le sante Comunioni, e se ne amministravano ancora verso mezzogiorno.
La Chiesa fu frequentata in tutto il mattino da gran numero di fedeli, che si rinnovavano ad ogni Messa ; ma verso le ore dieci era in ogni angolo stipata di popolo. Il concerto delle campane aveva dato l'annunzio della Messa solenne, onde tutte le vie che mettevano sul Corso riboccavano di gente, che si dirigeva a S. Giovanni. Alle ore 10, secondo l'orario pubblicato ed affisso alla porta di tutte le Chiese della città, cominciava la Messa solenne. Pontificava con tutto lo splendore dei sacri riti il prelodato Mons. Manacorda , assistito dal Teol. Reviglio Curato di Sant'Agostino, dal P. Teodoreto Curato della Madonna degli Angeli, dal Teol. Leonardo Murialdo direttore del Collegio degli Artigianelli, e dal Sac. D. Giuseppe Casalegno Rettore della chiesa della SS. Trinità.
I musici coll'accompagnamento dell'organo eseguirono la messa del maestro Haydn, e all'Offertorio cantarono il Peccavimus del Palestrina, riscuotendo l'ammirazione degli intelligenti e imparadisando gli animi di tutti.
Dopo il pontificale si fece in quel giorno e nei due consecutivi la Esposizione del SS. Sacramento a modo di Quarant' Ore. Non pareva quello il tempo più opportuno per questa solenne adorazione, perché stante il grande concorso di gente a visitare la nuova Chiesa si temeva di non poter ottenere da tutti il dovuto silenzio ed il più rispettoso contegno. Ma la solenne Esposizione del SS. Sacramento era già stata da parecchi mesi pubblicata nella tabella e fissata per quei giorni medesimi ; imperocchè nella fondata speranza che la Chiesa di San Giovanni si potesse inaugurare al divin culto almeno nel mese di luglio, come D. Bosco avevane scritto a Mons. Arcivescovo, si erano fissate le Quarantore da celebrarvisi nei tre ultimi
giorni di ottobre. Ma ad onore del vero dobbiamo confessare che la solenne adorazione venne nondimeno compiuta con tutto il decoro possibile, quantunque entrassero in Chiesa non solamente cattolici, ma increduli eziandio, ebrei ed eretici.
Alle ore 3'/2 ebbero principio i Vespri solenni pontificali. Sull'orchestra si cantò il Vespro del maestro Generali, ed il Pange Lingua del maestro Giovanni De-Vecchi. Il popolo rispose alternativamente parecchie strofe dell'inno con un'armonia così grave e dolce, da scendere proprio al cuore e formare un ben degno riscontro al coro dei musici.
Terminato il Vespro, si portava al pergamo il M. Rev. Teol. D. Prospero Venck, Canonico della Collegiata di s. Lorenzo in Torino, per varii titoli uno dei più celebri sacri oratori. A stento gli si poté aprire il passo a salirvi, tanto compatta era la calca di popolo, avido di udirlo. Con una parola dotta, chiara ed attraente egli fece un esordio magnifico, cui tenne dietro un discorso ammirabile. Ci duole il doverne dire solamente a volo e per sommi capi. Nell'esordio egli ricacciò in gola la bestemmia a coloro, i quali vanno gridando che la Chiesa è morta, e che il Cattolicismo ha fatto il suo tempo. - La Chiesa è morta! disse il valoroso oratore; ma intanto, per non toccare che fatti recenti ed avvenuti in questa Torino sotto gli occhi nostri, ma intanto in breve tempo s'innalza una sontuosa Chiesa alle glorie di un prode campione della Legion Tebea, il martire s. Secondo, e s'inaugura al divin culto con tale affluenza di popolo, con solennità così grandiosa e splendida che resterà memoranda nei fasti della nostra patria. La Chiesa è morta ! Ma ecco sorgere il VII Centenario della nascita del poverello d'Assisi, il Patriarca s. Francesco. Ad onore di lui migliaia di fedeli riempiono le nostre Chiese, pendono riverenti dal labbro dei banditori della divina parola, assiepano i sacri tribunali di penitenza, e circondano la Mensa eucaristica divinamente famelici , dando così a divedere che i figli della Chiesa vivono una rigogliosissima vita. La Chiesa è morta ! Ma l'eco di esultanza e di gioia pel VII Centenario del grande italiano non ha ancor cessato di ripercuotere, che già comparisce l' aurora del III Centenario dalla preziosa morte della Serafina di Spagna, la Vergine s. Teresa. Torino nuovamente si scuote e si accende. La Chiesa titolare della Santa per la pietà dei divoti si abbella di pitture, si adorna di marmi, si arricchisce di ori; indi per otto giorni si riempie di popolo, che con una frequenza non interrotta si prostra all' urna della Serafina , e protesta di credere, di sperare e di amare. E sono questi segni di morte, oppure di vita? La Chiesa è morta! Ed eccovi oggi una prova lampante della sua morte ! Un Prete cattolico, un figlio di questa Chiesa concepisce il pensiero d'innalzare un tempio in questo luogo. Egli è povero, non ha mezzi di fortuna, è senza umani appoggi, anzi nella sua impresa è osteggiato dagli uomini. E ciò non ostante il tempio è innalzato, e sì bello, sì ricco, si splendido che tutti rapisce a meraviglia. Uditori, questo è un fatto, che dimostra la Chiesa viva di una vita divina. Viva la dimostra l'aiuto, che tanti fedeli porsero per innalzare questo sacro monumento; viva il concorso imponente, con cui voi veniste ad assistere a questa funzione ; viva il contegno, il rispetto, la pietà, onde date luminoso esempio ; viva lo spettacolo di questa grandiosa solennità. Sì, la Chiesa è viva; viva nei suoi figli zelanti, viva nelle sue opere di carità, viva nello splendore delle sue feste; viva a dispetto di chi la vuol morta. La Chiesa non è morta; il Cattolicismo non ha ancor fatto il suo tempo: essi passeranno per tutte le generazioni umane; essi resisteranno a tutte le persecuzioni del mondo e dell'inferno insieme congiurati ; essi dureranno sino alla fine dei secoli: Et portae inferi non praevalebunt: Ecce ego vobiscum sum omnibus diebus, usque ad consummationem saeculi. É promessa divina; e sillaba di Dio non si cancella.
Svolti copiosamente questi ed altri consimili pensieri in modo oratorio, il Rev. Canonico passò all' assunto del suo discorso, che divise in due parti. Nella prima dimostrò quanto belle e commoventi sieno le cerimonie cattoliche, prescritte nella consacrazione delle Chiese, toccando delle principali e più istruttive. Nella seconda parte mostrò quanto fosse opportuno e conveniente che in Torino, città della Sacra Sindone, del SS. Sacramento, e di Maria Consolatrice si erigesse una Chiesa in onore di s. Giovanni Apostolo ed Evangelista ; di quell' Apostolo, il quale corso pel primo al Sepolcro di Gesù Cristo risorto ne baciò la Sacra Sindone, onde era stata ravvolta la salma divina ; il quale nell'ultima cena, quando fu instituita la SS. Eucaristia, era il più vicino a Gesù, e gli pose il capo sul petto; il quale ancora da Gesù morente in croce ebbe in custodia la divina sua Madre, e le fu prediletto e divotissimo figlio.
Degna di particolare menzione fu altresì la raccomandazione della limosina : essa non poteva essere fatta con parole più acconcie e persuasive. All' oratore servirono di argomento e la bellezza del tempio, eretto ad esclusivo benefizio del popolo, e la sollecitudine del fondatore, che niente altro desidera fuorché di poter fare del bene alle anime, e il residuo di alcuni debiti ancor da saldare.
Ma affinchè serva di norma per l'avvenire dobbiamo pure notare che il frutto della limosina non fu in quella sera quale si aspettava ; ed eccone la ragione. O per mancanza di raccoglitori più adattati, o perché non si previde l'inconveniente, si mandarono a raccoglierla in mezzo al popolo colle borse in asta alcuni giovinetti vestiti da Chierici. Or avvenne che giunti ad un certo punto le borse piene di soldi presero a pesare cotanto, che i giovanetti non le potevano più reggere. Cercarono allora di recarsi nella sagrestia per vuotarle e indi ritornare alla raccolta; ma tanta e così compatta era la gente in Chiesa, che ai buoni ragazzi non fu più possibile uscirne di mezzo, e furono costretti a fermarsi colle borse nel luogo, in cui si trovavano, e cessare di raccogliere.
Il fatto non si rinnovò più nè al domani nè ai giorni seguenti; e speriamo che non succederà nè anco più in avvenire. Crediamo che non sia d'uopo di qui avvertire chi di ragione che in simili circostanze e in mezzo ad una grande moltitudine di popolo per ricevere la limosina in Chiesa occorre un buon numero di giovinotti o uomini nerboruti e forti, che possano resistere alle fatiche e rompere la calca.
Finita la predica, i musici cantarono il mottetto . Veni dulcis Jesu , di Don Cagliero; e prostrati poi che furono all'altare i sacri ministri e compiuta la incensazione al Venerabile, eseguirono il Tantum ergo a quattro parti del medesimo. Era la prima volta che questo Tantum ergo, una delle più belle e commoventi composizioni musicali, risuonava in quei nuovo tempio, e l'effetto ne fu tale che ogni anima ne rimase scossa e intenerita. In quei momenti in Chiesa non eravi più un palmo di pavimento libero, ed impossibile riusciva piegare il ginocchio ; ma tu vedevi più migliaia di teste riverenti e chine, e lo spettacolo ti si faceva di una imponenza indcscrivibile.
Più d'ogni altro ne provò un sentimento ineffabile Mons. di Fossano, che impartita la Benedizione e deposto il sacro Ostensorio sull' altare, non potè contenere in cuore la piena degli affetti, onde rivoltosi al popolo gli diresse alcune parole, improntate della più viva fede e del più acceso amore. Egli lodò quella incalcolabile moltitudine di Cattolici della splendida dimostrazione di fede, che davano in quel momento ; poscia li animò a ricopiare in se stessi le virtù caratteristiche di S. Giovanni Evangelista, la cui figura insieme con quella di Gesù Crocifisso e di Maria Addolorata campeggia egregiamente dipinta nell'abside della Chiesa: pazienza nei dolori e nelle angustie della vita, facendo come S. Giovanni divota compagnia al Figlio ed alla Madre in sul Calvario ; fortezza nella fede, oggi come al tempo del santo Evangelista combattuta dagli eretici e dagli increduli ; carità ardente ed operosa verso il prossimo, come faceva l'Apostolo dell'amore, il quale già pervenuto alla decrepitezza niun'altra predica faceva fuorchè questa : Figliuoli miei, amatevi l'un l'altro. Le calde parole di Mons. Manacorda servirono di bella corona alla Solennità di quel giorno, la cui memoria sarà imperitura.
Il terzo giorno dell' ottava , lunedì 30 ottobre, era dì feriale; quindi alla Chiesa vi fu minor quantità di gente, ma pur sempre grande e consolante, specialmente nelle ore vespertine. Nel mattino vi fu un maggior numero di Messe, molte Confessioni e Comunioni
Alle 9 del mattino arrivava in città Sua Eccellenza Revma Mons. Basilio Leto, Vescovo di Biella, il quale alle 10 1/2, pontificava la Messa solenne, assistito dal Rev. sig. Canonico Salvatore Roero di Monticelli, dal sig. D. Gio. Batt. Piano Curato della Gran Madre di Dio, dal Rev. Teologo Marco Pechenino, e dai RR. D. Bellia e D. Lemoyne. Qui ci è dolce il ricordare le cordiali parole, con cui il piissimo Prelato teneva l' invito umiliatogli da D. Bosco, perchè venisse ad onorare la Solennità. - Piacendo a Dio, egli ci scriveva, io verrò molto volentieri pel giorno 30 del corrente mese a pontificare la S. Messa nella Solennità della Consecrazione della Chiesa di s. Giovanni Evangelista... Affretto col desiderio il momento di dirle a voce che mi raccomando alle sue orazioni e sempre sono ecc.
La Messa eseguita dai musici fu quella a 6 parti, intitolata da s. Cecilia, e composta da D. Cagliero. All'offertorio si cantò pure il mottetto, O quam metuendus. Esposto infine il SS. Sacramento, uno stuolo di fedeli continuò a rinnovarsi in tutte le ore pomeridiane per compiervi la santa adorazione.
Con nostro vivo dispiacere Mons. Leto per affari di urgenza dovette nelle prime ore del pomeriggio ripartire per Biella; onde per le sacre funzioni della sera lo surrogò Mons. Manacorda, che fortunatamente si trovava ancora in Torino.
Per la musica fu eseguito il Vespro di s. Cecilia, il mottetto, Sit nomen Domini benedictum, e il Tantum ergo pastorale, tutte opere di D. Cagliero.
Passando sotto silenzio più cose del secondo giorno comuni ai precedenti, diremo poche parole del secondo discorso tenuto dal sig. Canonico Venck, il quale non fu meno istruttivo ed ammirato del primo. Ammesso che la natura, che il Cielo, che l'Universo sia il più bel tempio che la Divinità abbia innalzato a se stessa, egli passò a dimostrare la ragionevolezza di dedicare nondimeno a Dio dei tempii parziali e determinati, ove adorarlo o pregarlo. Dopo di questo, confutò trionfalmente varie obbiezioni, che su questo proposito muovono i nemici del culto esterno. - A che, dicono costoro, a che profondere tanto danaro per erigere ed abbellire di marmi ed oro le Chiese? E assai meglio spenderlo in opere di beneficenza e a sollievo dei poveri e degli indigenti. - Quelli che la discorrono così, rispondeva il dotto oratore, non fanno che ripetere le parole di Giuda il traditore. Primo tra i nemici del culto esterno quell' ingrato discepolo, veduta la pia Maddalena, in casa di Simone il lebroso, a profondere un vaso di unguento preziosissimo sul capo del divin Maestro, uscì appunto in queste parole : - A che pro questo spreco? Poteva vendersi questo unguento e darsene il prezzo ai poveri. - Così parlava Giuda, osserva l' Evangelista s. Giovanni, non già perchè gli calesse dei poveri, ma perchè amava la borsa. Anche oggidì ciò che muove certa gente a declamare contro le spese di culto non è già l'amore dei poveri, ma è l'indifferenza religiosa, ma è l'empietà. Cosa singolare! Quelli, che per togliere alle Chiese si mostrano in parole tanto teneri dei poveri, sono intatto i meno caritatevoli verso dei medesimi ; e all'opposto coloro, i quali più spendono danaro alla gloria di Dio, sono nel tempo stesso i più compassionevoli e i più larghi verso i bisognosi. Prova di ciò è il recarsi di questi per aver soccorso non già alla porta dei teatri e dei pubblici divertimenti, frequentati per lo più da gente poco amica delle Chiese; ora il portarsi alla porta dei buoni e pii Cattolici, alla porta delle Chiese, ben sapendo che la pietà verso Dio e la carità verso i poveri sono sorelle, e che chi ama le Chiese e spende per Dio spende altresì per soccorrere i poveri da lui raccomandati. Una prova pure indistruttibile ce ne somministra il fondatore di questa Chiesa medesima e di altre non meno sontuose, il quale con una mano innalza Case al Signore e coll'altra raccoglie in ospizi e ricoveri migliaia di giovanetti poveri ed abbandonati, porgendo loro il pane della intelligenza e della vita. - Ingiusti ed irragionevoli cotesti nemici delle Chiese ! E perché non serbano essi i loro rimproveri per coloro, i quali tanto danaro vanno sprecando nel fabbricare teatri e case di peccato? Perché non si levano contro di coloro, i quali in vece di consacrare qualche moneta a coprire chi veste luridi cenci , a consolare chi piange infermo nel letto del dolore, a saziare chi soffre la fame per mancanza di cibo, a raccogliere dalle vie e dalle piazze tanti diseredati della fortuna, la gettano in divertimenti ed in ispassi mondani, in lussureggiare nella persona e nella casa con ornamenti superiori alla propria condizione , e a scialare la vita in feste, in pranzi, in gozzoviglie? Eppure costoro dai nemici del culto esterno sono ammirati, sono applauditi, sono imitati. - E poi : dovere di riconoscenza e di gratitudine impone che una parte di quei marmi e di quell'oro s'impieghi alla gloria di Dio, che lo creò e ne arricchì le viscere delle montagne a benefizio dell'uomo. Dovere e di riconoscenza e di gratitudine vuole che i luoghi dedicati a Dio siano per quanto è possibile ricchi e splendidi, affinchè il popolo si faccia di Lui un più alto concetto, e per via dei sensi esterni si ecciti più efficacemente alla pietà ed all' amore. Or riceverebbe ella una buona impressione la moltitudine, se vedesse per una parte i palazzi dei signori e dei potenti del secolo rifulgere di ogni ricchezza, e per altro lato scorgesse nelle Case del Re del Cielo e della terra la miseria e lo squallore ? Una delle cagioni della poca pietà cristiana presso i Protestanti, si è appunto la nudità, in cui tengono i loro tempii. In essi povertà, in essi non immagini, non pitture nè di Cristo, nè della Vergine, nè dei Santi ; quindi niuno stimolo a divoti pensieri, niun eccitamento a nobili affetti. - Ma Cristo, soggiungono i nostri avversarii , nacque e visse povero, condannando così la sontuosità dei tempii. - Vero è, rispose il sacro banditore, che Gesù Cristo nacque in una grotta o passò la sua vita in una casa poverissima ; ma con tutto ciò Egli non proibì punto nè la sontuosità, nè lo splendore nei luoghi, sacri alla Maestà di Dio. Lodò anzi la maravigliosa struttura del secondo tempio di Gerusalemme, che così di spesso onorava di sua presenza, e donde divinamente sdegnato ne scacciava i profanatori ; encomiò la pietà di coloro, che offerivano limosine pel suo decoro , e pianse amaramente sulla prossima sua distruzione e rovina. Gesù Cristo nacque e visse povero, è vero ; ma questo Egli fece per sua bontà e per amore degli uomini ; questo Egli fece per nobilitare col suo divino esempio la condizione dei poveri, dei quali è composta la maggior parte del genere umano; questo Egli fece per insegnare ai possidenti a non attaccare soverchiamente il loro cuore alle ricchezze e a farne un buon uso. Gesù Cristo si fece povero, osserva s. Paolo, per fare ricchi noi delle sue divine ed immortali ricchezze ; onde la riconoscenza e l'amore ci devono spronare a farci poveri, o a consacrare almeno una parte di nostre sostanze a fare ricco Lui medesimo, collo splendore nelle sue Chiese, e così vie meglio cooperare alla sua gloria tra mezzo agli uomini. Gesù Cristo nacque e visse povero, sì, ma appena spirato e compiuta la nostra redenzione dispose che il suo corpo fosse trattato da ricco ; da ricco coll' essere domandato e sepolto da un uomo dovizioso e potente ; da ricco coll' essere unto di preziosissimi aromi; da ricco coll'essere deposto in un sepolcro nuovo e splendido, dimostrando cosi che approva le spese, le quali si fanno nelle Chiese a suo onore e gloria.
A più altre difficoltà degli avversarii rispose il sacro oratore , e sempre con prove così forti e stringenti da non lasciare loro scampo veruno. Nella seconda parte, egli dimostrò come le Chiese cattoliche siano quaggiù gli unici luoghi, in cui tutti gli uomini sono trattati da eguali. Ivi accanto al ricco s'inginocchia il povero ; ivi alla stessa Mensa eucaristica si asside la dama di corte e l'abitatrice della soffitta ; ivi la medesima parola di Dio è dispensata al monarca ed al suddito, al dotto ed all'ignorante. A differenza delle case dei potenti, le Chiese cattoliche sono aperte per tutti e a tutte le ore, e per ottenere di presentarsi e parlare al Padrone non occorrono nè domande di udienze , nè protezioni , nè anticamere , nè annunzi. Alla casa, al trono di Dio può accedere chi vuole; anzi tutti vi sono chiamati dai rintocchi della campana. Qui, qui solo dunque regna la vera eguaglianza , e tutti devono amare le Chiese e cooperare al loro decoro.
Nel mattino di martedì, 31 ottobre , quarto giorno dell' ottava, il concorso dei fedeli, la celebrazione di Messe, la frequenza ai santi Sacramenti fu pressoché come nel giorno precedente. Alle ore 10'/2 cominciò la Messa Solenne. Pontificava Sua Eccellenza Rev.ma Mons. Lorenzo Pampirio, veneratissimo Vescovo di Alba, giunto in Torino sin dalla sera innanzi. Con quanto piacere egli sia venuto a funzionare in quel giorno ne sono una bella prova le parole seguenti, che ricaviamo da una sua lettera del 23 ottobre : « Sono ben lieto di poter partecipare alle feste, che si faranno costì per la Consacrazione della Chiesa di S. Giovanni Evangelista. Pertanto il giorno 31 corrente io sarò in detta Chiesa per i Pontificali, conforme al gentile invito fattomi col beneplacito di S. E. l'Arcivescovo nostro. » Mons. Pampirio era assistito dal M. Rev. D. Giulio Traversa, Curato della Parrocchia di S. Massimo, dal sig. Teol. Michele Lotteri, Curato di S Maria di Piazza, dal Teol. Giulio Barberis, Dirett. del Collegio di S. Benigno, e dal Sac. D. Nicolao Cibrario, Direttore della Casa di Maria SS. Ausiliatrice in Vallecrosia. Fu eseguita dai musici la Messa di Haydn, cantata nella domenica innanzi, e si osservò che fece un maggior effetto, perchè essendovi minor calca di gente, la Chiesa risuonava di più. Anche all'adorazione non mancarono mai i fedeli.
I Vespri furono altresì pontificati dallo stesso Mons. Pampirio, e i cantori eseguirono parimenti la musica della domenica, perciò il Vespro del Generali, il Pange lingua del De-Vecchi, il mottetto, Veni dulcis Jesu, e il Tantum ergo a 4 parti di D. Cagliero.
Degno di essere almeno brevemente ricordato è il terzo discorso del Canonico Venck. Esordì egli dalle catacombe descrivendo la pietà dei primi cristiani, che frequenti ai divini misteri sulle ossa dei martiri vi attingevano ogni virtù e costanza. Venne quindi a parlare dei templi cattolici, sorti per ogni parte, ed accennato che non ostante le presenti basiliche sollevino in alto le maestose loro cupole, pur non sono più testimonii di tanta fede e divozione come le antiche cripte e catacombe, si fece strada a parlare, nella prima parte, del rispetto che si deve alle Chiese, sfolgorando meritamente il contegno irriverente, con cui vi stanno molti cristiani e molte cristiane. Nella seconda parte, ricordate le promesse fatte da Dio al re Salomone a pro di tutti coloro, i quali ne lo avrebbero pregato nel tempio, che quel monarca gli aveva innalzato, con calde parole invitò ogni condizione di gente a portarsi nelle Chiese Cattoliche, eredi delle divine promesse, per ricevere in copia le benedizioni celesti, pel corpo e per l'anima, pel tempo e per l'eternità. Invitò alle Chiesa i Sacerdoti, poi quali vanno preparandosi tempi ognor più tristi e più fiere battaglie; invitò i padri e le madri, che oggidì hanno ben giusto motivo a temere per la loro figliuolanza ; invitò la gioventù, presa più particolarmente di mira dalle sette empie e sovvertitrici, contro delle quali ha bisogno di far prova di quel coraggio e di quella fortezza, che gli antichi martiri come a propria fonte attingevano appiè degli altari; invitò i ricchi ed i poveri, i sani e gli ammalati, i giusti e i peccatori, e terminò il suo dire con una bella preghiera a Gesù in Sacramento, in onore del quale si chiudeva in quella sera il triduo dello solenni Quarantore.
Il canto giocondissimo del Tantum ergo e la moltitudine di fedeli, che in divoto atteggiamento adorava il Dio tre volte Santo, riempirono di tanto affetto il cuore di Mons. Pampirio, che impartita la trina Benedizione gli diede sfogo, tenendo ancor egli al popolo una breve, ma commovente parlata. Davvero il pio e facondo Prelato si mostrò in quei momenti così fervido ed eloquente, che le sue parole sarebbero state bene sulle labbra di un Serafino, tutto fiamma d'amore. Manifestata da prima la gioia ineffabile, di cui era ricolma la sua anima , egli parafrasò il versetto , Sit nomen Domini benedictum, invitando il popolo a benedire Iddio pel felice compimento e per la dedicazione della Chiesa di S. Giovanni Evangelista; a benedirlo pei benefizi, che in quella Chiesa compartiva ed avrebbe compartito a tante anime ; a benedirlo, perchè maledetto e bestemmiato in tante parti del mondo, e in Torino medesima, da empi e sacrileghi giornali, i cui scrittori paiono sbucati dagli infernali abissi; a benedirlo, perchè il nome suo sia nostro scudo, nostra difesa contro i pericoli della vita, nostra protezione e conforto nelle angustie della morte; a benedirlo in questa terra. a fine di renderci meritevoli di andarlo a lodare e benedire in cielo per tutti i secoli de' secoli.
Fu un istante di commozione indescrivibile, quando il popolo come elettrizzato dalla parola di Mons. Pampirio alzò una voce colossale e fece rimbombare la Chiesa gridando: Dio sia benedetto: Benedetto Gesù Cristo vero Dio e vero uomo: Sit nomen Domini benedictum ex hoc nunc et usque in saeculum. Così finivano i giorni più solenni dell' ottavario, e la fine non poteva tornare più devota e decorosa.
Il quinto giorno della dedicazione era la festa di Ognissanti. Il concorso di popolo fu uguale, e fors'anche superiore a quello della domenica innanzi; imperocchè erasi già diffusa più largamente per la città e nei paesi vicini la notizia dell' apertura della nuova Chiesa e delle Solennità che vi avevano luogo. Non essendovi più i pontificali la Messa solenne fu cantata dal M. Rev. Curato di S. Massimo. I cantori eseguirono la Messa composta dal maestro L. F. Rossi (detta di Corio). Alla sera cantati i Vespri secondo il rito, il Canonico Venck chiuse la predicazione, che con tanta bontà si era assunta, e tesse il discorso sulle anime purganti. Esordì ribattendo brevemente, ma con ben misurati colpi, le dicerie degli increduli e degli eretici contro il Purgatorio. Indi notando che egli parlava ad un'udienza di credenti alla cattolica verità, propose e trattò il suo argomento descrivendo dapprima le pene del danno e del senso, che soffrono le anime nel Purgatorio; indi mostrò l' obbligo di natura, di gratitudine e di giustizia che ci stringe a suffragarle ; e in fine venire dicendo dei mezzi più facili ed efficaci per ottenere il loro sollievo, la loro liberazione. Nella seconda parte il valoroso avvocato delle anime tentò le più sensibili fibre del cuore umano, ricordando le promesse di fedeltà e di amore, fatte in vita e al letto di morte del padre o della madre, dello sposo o della sposa, del figlio o della figlia, e riscontrandole colla fredda o indifferente condotta serbata dai più verso i proprii defunti. Rilevata in fine l' avventurata sorte di mettere più presto un'anima in Cielo, e la benevolenza e protezione, che dessa ci porgerà di mezzo agli eterni gaudii, l'oratore pose fine al suo discorso, col volgersi agli Angeli Custodi di quelle anime sofferenti, e pregandoli di andarle a consolare col portare loro l'annunzio della vicina liberazione per le opere di pietà de' suoi divoti uditori,
Il Tantum ergo cantato per la solenne Benedizione del SS. Sacramento fu quello del maestro Felice Frasi.
Sì grande poi era il numero di gente in Chiesa, che in quella sera come nella precedente domenica si stava in timore di qualche disgrazia nell' uscita; ma, la Dio merce, avendo aperte per tempo ben 4 porte, tutto procedette col massimo ordine. Di mano in mano che la gente ne usciva, quella che stava attendendo sulla piazzetta o sul viale, vi entrava ad occuparne il posto, così che la Chiesa si riempiva di bel nuovo. Una poi era la esclamazione di tutti : Che bella Chiesa! che cara funzione! sembra di trovarsi in Paradiso. Bastava di fatto uno sguardo nell'interno del Luogo Santo per sentirsi l'anima come liquefarsi in dolce commozione. Soprattutto in quella sera i Cattolici Torinesi diedero una dimostrazione di fede così grandiosa e solenne, che superò l' aspettazione ; onde la gioia di aver cooperato alla maggior gloria di Dio e al bene delle anime ci ricompensò di ogni pena e di ogni fatica.
Il sesto giorno era la Commemorazione di tutti i fedeli, morti nella carità e nell'amicizia di Dio. Quantunque fosse giorno feriale, tuttavia molte persone si portarono ad udire la Messa, e si accostarono ai Santi Sacramenti in suffragio dei loro defunti.
Verso le ore 10 '/2 cantò la Messa Solenne da Requiem. il Sac. Salesiano D. Antonio Sala, e i musici eseguirono la Messa funebre di D. Cagliero. Alla solita ora della sera si cantarono i Vespri in musica, dopo cui il M. Rev. sig. Canonico Roero di Monticelli fece il primo dei tre discorsi, che ancor rimanevano per terminare l'ottava della Consacrazione. Quasi fino alla vigilia noi avevamo sperato di avere un Vescovo a predicare in quegli ultimi giorni, quindi il Canonico Monticelli accettando quell'impegno così da vicino ha dimostrata una grande benevolenza verso di noi, e dato una non dubbia prova di sua esimia pietà verso Dio, e del suo zelo ardente pel bene delle anime. Nel suo discorso egli svolse il testo scritturale: Domus mea, domus orationis est. La Chiesa à casa di Dio, dunque usiamole rispetto. Esigono rispetto e lo riscuotono dai loro sudditi i grandi della terra, e non lo potrà esigere ed ottenere dai cristiani il Re dei re? Con quanto rispetto, anzi con quale riverente timore non si presentava Ester dinanzi ad Assuero suo sposo? E non potrà ottenere altrettanto da noi Gesù Cristo, Sposo delle anime nostre? Ah ! se avessimo un po' di fede! Ma oltre all'essere Casa di Dio, la Chiesa è pure Casa di orazione. Dunque veniamo per pregarvi. Iddio vi siede pronto a concederci quanto gli domandiamo.
Cantato dai musici il Tantum ergo, il prelodato Sac. D. Sala impartiva pure la Benedizione col SS. Sacramento.
Al mattino un numero consolante di fedeli vi si trovò in ogni ora per ascoltare la s. Messa ed anche per accostarsì alla Mensa degli Angioli. Alle ore 10 1/2 vi fu Messa solenne, cantata dal M. Rev. sig. Teol. Maurizio Arpino, Curato della Parrochia dei santi Apostoli Pietro e Paolo. Il medesimo funzionò parimenti alla sera a' Vespri e alla Benedizione. La musica eseguita in questo giorno fu la Messa così detta di Maria Ausiliatrice, Vespro e Tantum ergo di D. Cagliero.
Il sig. Canonico Monticelli nel suo affettuoso discorso trattò delle frequenti visito alle Chiese, e dimostrò che questa pratica è doverosa e salutare. Gesù nelle Chiese nostre si trova come Re, come Padre, come Sposo fattosi prigioniero d'amore per noi ; desidera di vedersi visitato, ed a farlo c'invita con amoroso parole. Or che direste di un suddito, di un figlio, di una sposa, i quali potendo non andassero sovente a visitare cotali persone vittime per essi? Stiamo tanto volentieri con chi ci ama, ne cerchiamo talora avidamente la compagnia, anzi talora vi perdiamo persino il tempo. Ah! riserviamo un poco di questo tempo per venire a far compagnia a Gesù ; Egli saprà ricompensarcene. Questa pratica è pur salutare. Se in ogni luogo Gesù Cristo dispensa i suoi benefizi, Egli si compiace di dispensarli in modo speciale e in maggior copia nelle sue Chiese. Da quel tabernacolo Gesù va a tutti dicendo Venite ad me omnes: Qui sitit veniat ad me! E quanti bisogni non abbiamo! Veniamo dunque più sovente a trovare Gesù nelle sue Chiese, dove pur troppo vi sta più ore come abbandonato, e confidiamo che tra le altre grazie Egli infine ci farà pur questa, vale a dire ci restituirà la visita, quando inchiodati in un letto ci vedrà in procinto di rendergli l'anima.
Questo giorno , 4 di novembre ed ultimo dell'ottavario della Consacrazione, venne contraddistinto alla sera col canto di un solenne Te Deum in ringraziamento a Dio, dal qual discende ogni benefizio ed ogni dono perfetto. Due cori di cantori, l'uno formato dai musici, l'altro dall' affollato popolo, pareva che gareggiassero nel benedire e, ringraziare il Signore. Lo ringraziavano per aver data ai Torinesi con quella Chiesa una prova novella che Egli non li abbandona, ma vuole anzi trovarsi in ogni angolo della loro città ; lo ringraziavano per aver fatto sorgere in quel luogo una Chiesa sì bella, quasi per lavare la macchia, che la eresia aveva impressa sulla cattolica Torino colla erezione di un tempio Valdese in quell' amenissima regione; lo ringraziavano, perchè con quella Chiesa Egli ha preparato soprattutto ai Cattolici di quelle parti come un arsenale, ove procacciarsi le armi necessarie per difendere la loro fede insidiata dagli eretici e dagli increduli; come una palestra, ove addestrarsi alle battaglie del Signore; come una fortezza, ove ritirarsi nei pericoli, e dalla parola di Dio e dai Santi Sacramenti, che vi si dispensano, attingere lume e conforto nell'arduo cammino della vita.
La Messa solenne e i Vespri furono cantati dal Sac. Salesiano D. Giovanni Marenco, già Direttore della nostra Casa di Lucca, ed oggi Rettore della Chiesa di s. Giovanni. La Benedizione fu impartita dal Rev. D. Antonio Pagani Economo del Seminario di Magliano Sabino, venuto fin di colà ad onorare la solenne Dedicazione, e a pregare dall' Apostolo prediletto la grazia di una saggia e fruttuosa educazione ai giovani di quel Convitto, speranza della Diocesi dell'Eminentissimo Signor Cardinale Luigi Bilio, e di molte famiglie.
La musica cantata alla Messa ed ai Vespri fu del maestro Mercadante, il Te Deum ed il Tantum ergo di D. Cagliero.
L'affettuosissima predica del Canonico Monti - celli si raggirò sull'obbligo di ringraziare Gesù Cristo per avere scelto quel luogo per sua speciale dimora ; ed affinchè il ringraziamento fosse meno indegno del benefizio, raccomandò di offrirgli il cuore e serbarglielo fedele sino alla morte.
Noi non abbiamo fin qui parlato dell'immortale Pio IX, a memoria del quale i Cooperatori e lo Cooperatrici ci prestarono la mano ad innalzare la Chiesa di s. Giovanni Apostolo ed Evangelista, come a titolo di perpetua riconoscenza e gratitudine per gli innumerevoli benefizi, che quel Gran Papa ci largheggiò durante il glorioso suo pontificato. Noi non ne abbiamo fatto cenno per ragioni di prudenza e di convenienza; ma al nostro silenzio supplì la maestosa figura dell'Angelico Pio, che giganteggia nel tempio medesimo. Visitata la Chiesa, tutti si fermavano davanti alla statua di lui, come l'oggetto e l'ornamento, che più di ogni altro a sè attraeva gli sguardi. In fissare gli occhi e in contemplare quelle amabili e simpatiche sembianze, ritratte così al vivo dall'impareggiabile scalpello del Confalonieri, tutti ne rimanevano compresi da maraviglia e come estatici. Persona che in quei giorni passò le ore di maggiore affluenza presso la statua, per ricevere le limosine dei fedeli, confessò di aver udito dalla gente tante e sì belle lodi, che raccolte formerebbero un serto il più ricco e splendido sul capo di Pio IX. So per ora non è dato di fare di più, speriamo che non tarderà a spuntare il giorno, in cui ci sarà lecito di lasciare libero il corso alla foga dei nostri affetti di stima, di venerazione e di amore verso il più insigne nostro Benefattore ; speriamo che col nome di Gesù Cristo, di Maria Immacolata e dell'Apostolo s. Giovanni, potremo un giorno far echeggiare per le sacre volte di quella nostra Chiesa, con tutto l'impeto di un cuore riconoscente e grato il grido soavissimo di Viva Pio IX.
II.
Guidato dalla più viva fede il nostro compianto D. Carlo Cays, nell'abbracciare l'Istituto dei Salesiani, non intendeva tanto di fare un regalo di se stesso al Signore , quanto di ricevere da Lui una grazia, della quale nella sua umiltà reputavasi indegno. Perciò colto il consiglio di D. Bosco egli si diede a pregare il Signore, che ove nella sua bontà volesse accettarlo al suo servizio si degnasse di farglielo conoscere, confermarlo nel suo divisamento, e porgergli il modo di mandarlo ad effetto. A questo fine egli intraprese la novena di Maria Ausiliatrice, con un grande fervore di spirito, facendo privatamente come una muta di spirituali esercizi. Ogni mattina udiva la Messa, si accostava alla santa Comunione, e attendeva a pie letture e a meditazioni. Alla sera faceva inoltre la visita al SS. Sacramento; e si portava al discorso e alla Benedizione, che avevano luogo nel Santuario di Maria Ausiliatrice in Valdocco.
Con questo esemplare e divoto tenore di vita egli giungeva al 23 di maggio, vigilia della festa di Maria Auxilium Christianorum, che al domani nel detto suo Santuario in Torino dovevasi celebrare con solennissima pompa. Molte pie persone fin da quel mattino già si portavano alla Chiesa, quali per ringraziare la Vergine pietosissima dei favori ricevuti, e quali per implorarne dalla sua inesauribile bontà. Anche l'anticamera di D. Bosco era piena di gente. Alcuni desiderando la benedizione di Maria Ausiliatrice aspettavano di riceverla l'uno dopo l'altro per mano di lui ; altri poi attendevano per parlargli, riferirgli grazie ottenute, chiedergli consigli e simili. Tra i molti che facevano anticamera trovavasi eziandio l'illustre conte Cays. Egli veniva per dire a D. Bosco che aveva praticato il suo suggerimento; che il desiderio di abbandonare il mondo gli durava tuttora , ma che nel tempo stesso signoreggiavalo un dubbio, un certo qual timore, che non poteva bandire dall'animo ; veniva in una parola a prendere una finale risoluzione sotto la guida di lui.
Era già da un buon pezzo che con altri egli attendeva il suo torno per essere ricevuto da Don Bosco, quando entra nella camera d'aspetto una signora di Torino, la quale, anzi che menare, parte strascinava e parte portava una sua figliuoletta di circa 10 anni , per nome Giuseppina Longhi. Da qualche tempo soggetta a terribili convulsioni la povera fanciulla era rimasta paralitica ; non poteva più reggersi in piedi , aveva perduto il moto della mano destra, e da circa un mese anche la parola. Desolati i parenti erano ricorsi a medici, a medicine, e ad ogni rimedio dell'arte, ma senza alcun giovamento, onde non solamente andavano deperendo di giorno in giorno le forze fisiche, ma ancora le facoltà mentali. Riusciti inutili i mezzi terreni, i genitori si appigliarono allora ai mezzi celesti. Pertanto la madre avendo udito a raccontare le grazie straordinarie, che Maria Santissima otteneva in favore di quelli, i quali la invocavano sotto al titolo di Aiuto dei Cristiani, fece ancor essa appello alla Vergine Ausiliatrice. Animata dalla più viva fiducia ella condusse in quel mattino stesso la figlia al Santuario in Valdocco, la raccomandò alla celeste Regina, indi la portò a D. Bosco, perché le desse la benedizione di Maria Ausiliatrice.
La buona ed afflitta signora entrata che fu nell'anticamera pose a sedere la sua piccola malata, la quale mosse a compassione tutti gli astanti. Ella soffriva immensamente, o sebbene la madre le usasse tutte le possibili attenzioni, tuttavia lasciavasi cadere or di qua or di là ; in piedi non poteva stare, seduta neppure. Dopo alcuni minuti - è impossibile , disse la madre, é impossibile aspettare di più ; questa povera figlia non resiste; bisogna ritornare a casa ; - e desolata già si disponeva ad uscirne. Tutti n'erano commossi profondamente. Allora il Conte Cays , più che ogni altro intenerito, prese la parola e le disse : - Io credo di essere fedele interprete di questi signori, e a nome loro la prego a fermarsi : noi tutti le cediamo il posto e lei potrà passare innanzi colla sua malata. - Tutti gli astanti aderirono di buon grado, ed appena uscito chi parlava in quel momento con D. Bosco, la signora si presentò colla figliuola, che come cascante era sostenuta di tutta forza. Entrata che fu, il Conte Cays disse tra sè e sé : - Se questa fanciulla uscirà guarita da questa camera io avrò questo fatto come una prova che la Madonna mi vuole Salesiano, e bandirò da me ogni dubbio ed ogni timore ; - e intanto con tutti gli altri stava aspettando l' esito. Ed ecco che cosa ne seguì.
La desolata madre venuta dinanzi a D. Bosco e seduta sopra un sofà la figliuoletta, gli raccontò il caso doloroso, e disse che non le rimaneva più alcuna speranza, fuorché nella misericordia di Dio
e nella potente intercessione della Beata Vergine, implorando ad un tempo la sua benedizione. D. Bosco la esortò ad avere fiducia nella pietà di Maria, indi fatta inginocchiare la madre impartì alla piccola malata la benedizione di Maria Ausiliatrice. Ciò fatto , invitò la fanciulla a fare il segno della santa croce, ed essa si dispose a farlo ma colla mano sinistra. - Non colla sinistra , ma colla destra, disse D. Bosco - Non può colla destra, rispose la madre - Lasci, lasci che provi, e ripeté alla figlia l'invito. Costei obbediente alza il braccio paralitico e la mano attratta, se la mette alla fronte, indi al petto, alla spalla sinistra ed alla destra, come se non avesse avuto alcun male. - Brava, disse D. Bosco, l'hai fatto bene il segno di croce ; ma non hai dette le parole : ora ripetilo ed accompagnalo colle parole come fo io: Nel nome del Padre e del Figliuolo e dello Spirito Santo, così sìa. - La fanciulla muta da circa un mese, scioglie allora la lingua, rifà l'augusto segno e lo accompagna colle parole, e fuori di sé si mette a gridare : O mamma, la Madonna mi ha guarita. - All'udire la figlia a parlare così la madre alzò un grido, e poscia si pose a piangere di gioia. - Ora che la Madonna ti ha ridonata la parola, continuò D. Bosco, ringraziala tosto e recita di cuore l'Ave Maria; - e la figliuoletta la recitò con tutta chiarezza e divozione. Ma questo non era il tutto : rimaneva ancora a provare se potesse stare in piedi e camminare senza sostegno. Invitata a passeggiare per la camera ella lo fa più volte con passo libero e franco. Insomma la guarigione era ottenuta perfettamente, e in modo prodigioso. A questo punto la fortunata fanciulla non potendo più contenere i sentimenti di gratitudine, che le riempivano il cuore, apre la porta dell'anticamera, si presenta agli astanti, che pochi minuti innanzi l'avevano veduta attratta, zoppa e muta, e con disinvoltura superiore all'età sua, e con una parola che pareva inspirata, - Signori, disse, ringraziate con me la SS. Vergine ; Essa con un atto grande della sua misericordia mi ha guarita. Vedete : io muovo la mano, cammino e parlo : io non ho più alcun male. - Quella vista e queste parole produssero una commozione indescrivibile : tutti attorniarono la fanciulla , e chi piangeva, chi pregava, chi esclamava : Oli gran Dio! Oh Maria! Oh che miracolo! Oh! fortunata figliuola! Lo stesso Don Bosco era così impressionato, che ne tremava da capo a piedi. Dopo essere stata per alcuni minuti oggetto di maraviglia e di gioia a tutta quella gente, la figlia colla madre scese dalla camera di Don Bosco, ed ambedue si portarono nuovamente dinanzi all'altare di Maria Ausiliatrice, e più colle lagrime che colla parola la ringraziarono dell'ottenuto favore (1).
E il conte Cays? Il conte Cays, testimonio oculare di un tal fatto, non ebbe più bisogno d'altro per assicurare la sua vocazione. - La Madonna ha parlato, disse ; questo mi basta ; io sono Salesiano. - Entrato poco dopo nella camera di D. Bosco, se la sbrigò in poche parole : - Era venuto per conchiudere con lei, disse, e prendere una definitiva risoluzione ; aveva ancora qualche dubbio; ma la Madonna me ne liberò affatto; - e, raccontatagli la condizione apposta ed avveratasi , soggiunse : - Se D. Bosco mi accetta , io sono Salesiano. -- Venga pure tra noi, rispose D. Bosco, e sarà formalmente accettato. - Quando potrei venire ? - Quandochessia -- Verrei fin di domani, festa di Maria Ausiliatrice e 40° anniversario del mio matrimonio ; ma siccome avrei ancora qualche affare da sistemare, così se nulla osta verrò il giorno 26 - Va benissimo, conchiuse D. Bosco ; il 26 é festa di s. Filippo Neri ; e questo santo così divoto della Madonna io spero che le otterrà la perseveranza sino alla fine. - E il giorno assegnato il conte Cays si trovava a suo posto.
Entrato nell'Oratorio di S. Francesco di Sales il nobile signore diede tosto saggio di sua specchiata virtù. Solito in casa sua a riposare sino ad ora comoda, egli ruppe l'antica abitudine e si adattò all'orario comune: quindi al suono della campana alzavasi di letto come tutti gli altri, e portavasi alle preghiere e alla meditazione ; e ciò non solo nella bella stagione, ma nel cuore dell'inverno. Era poi una edificazione il vederlo alla tavola comune. Uso nel secolo ad essere servito a mensa di molte pietanze, confezionate con tutte le ricercatezze dell' arte, egli dimenticò tutto ; quindi contentavasi di quella data porzione, che venivagli presentata dalla Comunità, e superando se stesso se ne cibava, come se ogni cosa fosse di suo gusto. Talora i Superiori scorgendo lo sforzo, che far doveva in sul principio per adattarsi alla mensa comune, ed avendo riguardo alla condizione ed età sua, cercavano di farlo servire a parte ; ma il virtuoso Conte nol permetteva dicendo : - Non voglio eccezioni; debbo acconciarmi alla regola ; bisogna che io faccia prova di me stesso. E poi questo pane è stupendo; e di simile minestra, pietanza e vino non ne hanno certamente tutti gli uomini del mondo. - Egli fece di più. Siccome i giovani, che facevano prova per essere definitivamente ascritti alla pia società Salesiana, mangiavano in un refettorio a parte, così il nostro Conte dopo alcuni giorni abbandonò la compagnia di D. Bosco, che gli era carissima, e andò ad unirsi con essi per tutto il tempo richiesto , dando così un grande esempio di mortificazione, di umiltà e di perfetta osservanza. Quando in Torino si conobbe che il nobile patrizio erasi ritirato presso i Salesiani e vi tirava innanzi, successe in tutti da prima un vero stupore, e poscia una grande edificazione. Chi lo aveva praticato da vicino e sapeva che per la sua non troppo buona salute egli abbisognava di molti riguardi soprattutto nel cibo, non poteva darsi ragione come il Conte si acconciasse e resistesse alla nuova vita. Tra gli altri il barone Carlo Bianco di Barbuglia andava dicendo: - Io reputo questo fatto come un miracolo.
Il Signore Iddio gradì altamente lo spirito di mortificazione del suo servo, e non tardò di dargliene un premio inaspettato. Nel secolo soffriva egli di forte emicrania, la quale di tratto in tratto gli faceva passare dei giorni assai dolorosi. Oltre a ciò aveva per lo più una grande inappetenza e difficilmente trovava cibo o che gli aggradisse appieno, o che non gli desse qualche fastidio. Or bene, dopo alcune settimane che era in Comunità la emicrania gli scomparve affatto, e alla noia del cibo successe un appetito singolare, onde soleva dire : A casa non avrei mai voluto scendere a tavola ; e qui mi tarda sempre l' ora del pranzo e della cena.
Ad onor del vero dobbiamo tuttavia notare che nei primi giorni il conte Cays fu assalito da una grave tentazione contro il suo proposito. Il mutamento di vita gli parve così gravoso ed arduo, che egli prese a temere di non poterla durare a lungo; quindi cominciò a pensare se non fosse meglio fare una ritirata onorevole sul principio, piuttosto che essere costretto a farla più tardi con ammirazione del pubblico, e dopo aver cagionato disturbi all'Istituto. Nelle prime 24 ore, e soprattutto nella notte egli ebbe una lotta spaventosa. Siccome il nobile uomo non teneva segreti col suo Superiore, così ripieno il capo di inopportuni pensieri si presentò a D. Bosco e gli aperse intieramente l'animo suo. D. Bosco uditi i suoi dubbi, timori e pene, si accorse tosto che il Conte trovavasi allo prese colla natura ricalcitrante e col demonio seduttore. Per la qual cosa quanto più erasi mostrato restio ad incoraggiarlo allo stato religioso avanti che egli vi si risolvesse , altrettanto più s'industriò ad animarlo dopo che vi si era deciso prima così voleva la prudenza; dopo così esigeva la carità. Gli disse pertanto : - Convengo appieno che V. S. provi delle difficoltà nella nuova vita intrapresa : chi più chi meno ne provanotutti ed i giovani stessi : tanto più ne deve provare Lei a questa sua età, e assuefatta finora ad un tenore di vita comodo ed agiato. Ma le difficoltà, che si provano in una nuova carriera, non sono un buon argomento che Iddio non vi ci voglia ; anzi generalmente il Signore manda o permette di questo ed altre consimili difficoltà, per darci occasione a far prova di nostra volontà e a meritare da Lui grazie più segnalate. Le osservo poi che tutti i principii sono penosi ; che molte volte il demonio movendo la fantasia c'ingrandisce le difficoltà, per atterrirci e farci retrocedere dalla via del bene; e che se Dio l'ha chiamata, come io credo , a questo stato , saprà darle gli aiuti che saranno necessarii. - Ma qui sta appunto il mio timore, riprese il Conte ; temo cioè che Iddio non mi abbia chiamato. - Mi scusi, sig. Conte, ma lei ha detto e ripetuto più volte che da molto tempo sentivasi mosso ad abbandonare il mondo; per meglio conoscere la volontà di Dio ha pregato, ha fatto pregare, ha domandato consiglio, a parecchie persone , che la esortarono a tirare innanzi ; finalmente per cacciare via ogni dubbio ha posto per condizione ed ottenne di vedere una guarigione, che Lei stessa giudicò miracolosa. Ma che cosa vuole di più? Vuole forse che venga un an - gelo ad accertarla ? Non dobbiamo pretendere questo; e poi venisse anche un angelo ci resterebbe ancora il dubbio , se sia un angelo buono o un angelo cattivo travestito di luce. - Ha ragione, rispose il Conte tutto rasserenato; io non faceva queste riflessioni, o perciò mi sono lasciato turbare senza motivo. - Facciamo dunque così, conchiuse D. Bosco ; Lei non badi tanto alle difficoltà quanto agli aiuti di Dio, che non le lascierà mancare ; provi almeno qualche settimana la nuova vita, che intende di abbracciare ; e intanto preghiamo ambidue. Se il Signore non vuole che Lei prosegua in questo stato io spero che ce lo farà in qualche modo conoscere.
Le parole di D. Bosco ed i consigli e gli incoraggiamenti del prof. D. Celestino Durando, col quale aprivasi pure con molta confidenza, riuscirono al Conte di un grande conforto; ma un altro gliene mandava poco dopo il Signore, che finì per farlo appieno vincitore. Nelle sue angustie e perplessità soleva egli animarsi , pensando soprattutto alla guarigione della Giuseppina Longhi ; ma dopo alcun tempo la sua mente venne sorpresa da un dubbio, che molto lo affliggeva. Chi sa, andava dicendo seco stesso, chi sa se quella guarigione avrà continuato? - Chi sa se non sia stata una cosa solo momentanea ? Chi sa qui, chi sa là. - Or bene , una mattina nel recarsi in Chiesa il signor Conte, passando nella sacrestia, vede quella fortunata giovanetta , che accompagnata dai suoi genitori era venuta a portare una offerta ad onore della celeste sua Benefattrice. La fanciulla riconosciutolo gli si fa innanzi, lo riverisce per la prima e - Non mi conosce? - gli dimanda. - Oh ! sei la Giuseppina Longhi? rispose il pio gentiluomo tutto giulivo. - Per lo appunto - E come stai ? - Benissimo : parlo, cammino, scrivo e studio come se non avessi mai avuto alcun male. - Veda, aggiunse pure la madre, che bel colore ha già messo ; mangia con un appetito che non mai l'eguale. I nostri vicini convengono tutti con noi che questa guarigione é un vero miracolo.
Non si potrebbe dire a mezzo la consolazione che ne provò il signor Conte, il quale riferendo poscia la cosa ebbe a dire : - Questo incontro fu per me veramente provvidenziale : la Madonna ha veduto il mio dubbio su quella guarigione e me ne volle liberare affatto. Ora sono convinto che Ella fece quella grazia sul serio; dunque ragion vuole che faccia la cosa sul serio ancor io. - Da quel giorno la sua risoluzione di essere Salesiano fu inalterabile.
A suo tempo e con ammirabile fervore di spirito egli emetteva poscia i sacri voti di povertà, di castità ed obbedienza, legandosi all'amore e al servizio di Dio con nodo indissolubile.
(1) Questa guarigione fu già pubblicata nel fascicolo v delle Letture Cattoliche dell'anno 1880 a pag. 117 e seguenti.
Abrato Teol. Gio. Matteo Vic. For. - None Agnesi D. Vincenzo Can. Decano - Sutri Alasia D. Bernard. Teol. - Sommariva del Bosco. Ambrogio D. Domenico Felice - Roccaforte Antoniazzi D. Pietro - Collalto.
Anghinelli D. Agostino - S. Nicolò oltre Trebbia. Andreoli Elena - Piazze d'Artogne. Antolini D. Gio. Batt. - Verona. Angelini D. Antonio Parr. - Cavanella. Apollonio D. Luigi Parroco - Fiumicello. Aprosio Catterina - Ventimiglia. Aprosio Rosa - Torrione.
Ardissono D. Gio. Ant. - Ivrea. Asti Catterina - Volvera.
Aviani D. Domenico - Codroipo.
Azimonti Ved. Maria - Torino. Balardini D. Antonio Parroco -- Meano.
Banzi D. Francesco Priore- Tizzano Val Parma. Bandini D. Giuseppe Parroco - Gamogna. Baronio Francesco - Vogogno. Bartoletti D. Gaetano Parr. V. F. -Montelovescovo. Barboni D. Luigi Rettore - Argiano. Baratta Bertolina - S. Maria Maggiore. Barani D. Tommaso - Pegli. Barbolini D. Germiniano - Modena. Bartolin D. Federico - Bagnile. Barberini D. Filippo - Colle S. Stefano. Basati Angela - Mezzana Bigli. Baudin Marguerite - Aoste.
Beccari Suor Teresa - Trino.
Belzetti Canonico - Pinerolo, Benassuti D. Luigi - Cerea. Bertolotti D. Andrea - Cremona.
Bertulli Pres. rella Società Agric. - Travagliato. Berardi Teol. Bartolomeo - Torino. Berardi D. Erasmo - Ascoli Piceno. Bernardi D. Antonio - Risano. Bertarelli D. Ignazio - Roma. Bernardi Turvano Maria - Torino.
Beretta D. Giuseppe - Lacclaiarella Olona. Bernardis D. Antonio - Risano. Bernabei D. Paolo - Castorano. Bessone D. Bartolomeo Rett. - S. Grato. Bettera D. Bartolomeo - Fiumero. Bevilacqua Luigi - Bologna. Biancheri Bartolomeo - Torino. Bianco Carlo Antonio - Caluso. Biancheri Catterina - Ventimiglia. Bianchini D. Gaetano Econ. - Nociveglia. Bignami-Piatti - Seleno. Biolchini D. Federico - Querciola. Bizzozero D. Pietro - Croce. Blua D. Felice Parr, - Entraque. Boassi Elisabetta - Torino. Bogino Orazio - Torino. Boi D. Antonio Benef. - Cagliari. Bollati D. Guglielmo - Cardò. Bollo D. Paolo - Moneglia. Bombardi Can. Carlo - Sutri.
Bonomelli D. Tobia - Spinone. (Continua)
Per concessione pontificia in data del 6 di maggio 1876 ogni Cooperatore ed ogni Cooperatrice puo guadagnare tutte le indulgenze dei Terziarii di S. Francesco di Assisi, tanto plenarie quanto parziali.
Fra le altre può acquistare Indulgenza plenaria una volta al giorno, da applicarsi alle anime del Purgatorio, recitando la terza parte del Rosario di Maria Vergine avanti al SS. Sacramento, e non potendo avanti al divin Sacramento , recitandola innanzi al Crocifisso.
Indulgenza plenaria ogni volta che si accosta alla santa Comunione.
Può altresì lucrare moltissime Indulgenze plenarie nel corso del giorno mediante la recita di sei Pater Ave e Gloria , secondo la mente del Sommo Pontefice. E queste Indulgenze applicabili alle anime purganti, le può acquistare toties quoties, ossia tutte le volte che recita i suddetti Pater, Ave e Gloria in qualunque luogo senza bisogno di Confessione e Comunione purché sia in grazia di Dio.
Oltre a queste, un' altra Plenaria ne può guadagnare ogni domenica, e nei giorni qui sotto notati, purchè confessato negli otto giorni e comunicato visiti una qualche chiesa, pregandovi secondo l'intenzione del Sommo Pontefice.
2. Purificazione di Maria Vergine.
4. S. Giuseppe da Leonessa.
13. Beata Angela da Foligno.
22. Cattedra di S. Pietro in Antiochia. 23. Santa Margherita da Cortona. 24. S. Mattia Apostolo.