ANNO II. N. 3 Esce una volta al mese. MARZO 1878
DIREZIONE nell'Oratorio Salesiano -Via Cottolengo, N. 32, TORINO
SOMMARIO - Una corona sulla tomba di Pio IX -Ultimi giorni ed ore di Pio IX - La festa del Dottore s. Francesco di Sales, e la prima Conferenza dei Cooperatori in Roma - Accademia ad onore del nuovo Dottore s. Francesco di Sales - Poesia - Maria Ausiliatrice - Avventure e termine del viaggio dei Missionari Salesiani - Indulgenze - Il nuovo Papa.
Cooperatori e Cooperatrici,
Si è coll'animo tuttora immerso nel più profondo dolore, si è cogli occhi ancor gonfi di lagrime, che noi vi volgiamo queste parole.
Già vi è nota di certo là grande ed immensa perdita che là Chiesa, Roma, l'Italia, il mondo, hanno fatto colla morte del gran Papa Pio IX ; del più illustre dei successori di s. Pietro, di cui emulò il pontificato e nella durata, e nelle opere immortali.
Non mai persona si è dipartita dà questa terra trafiggendo più cuori, e lasciando più desiderio di sé quanto Pio IX; perché niuno più di lui colle beneficenze, coi patimenti, con ogni sorta di fatti strepitosi e sovrumani, seppe guadagnarsi l'amore di tanta gente in ogni angolo del mondo.
Non vi è scrittore cattolico che non abbia in questi lugubri giorni vergate bellissime pagine à gloria di sì eccelso Pontefice. 'lutti i giornali di buon conto si composero a lutto, portarono un fiore di ammirazione, e di riconoscenza sopra là tomba di quest'Angelo del Vaticano.
Noi pure alla nostra volta vorremmo scrivere ad onor suo alcun che intorno alle sue egregie virtù, e alle sue alte cresta; enumerare le esimie doti personali, là giovinezza angelica, là longevità sempre incontaminata e santa. Passar vorremmo a rassegna le innumerevoli e gloriose sue opere ; porre in bella mostra lo zelo apostolico nel chiamare alla luce del Vero immensi popoli ; la vigilanza di fedelissima scolta nel segnare a tempo i nemici, ed impedire lo scempio nel gregge affidatogli. Proclamar ne vorremmo la tenerezza di Pastore nel correr dietro alle pecorelle smarrite, e l'amor di Padre che piange la fuga, che sospira il, ritorno dei prodighi figli, e pentiti li perdona, li accoglie, li consola e conforta colle più care finezze. Mostrar vorremmo la sua carità inesausta, per cui non fuvvi sulla terra calamità pubblica o privata, alla quale Egli non portasse sollievo, sino a leggere biglietti e suppliche, che da tutte parti gli spedivano vecchi cadenti, vedove e pupilli, ed ogni sorta di sventurati, e di propria mano segnarvi i soccorsi da mandarsi loro. Tesser vorremmo i meritati elogi alla costanza instancabile, alla invitta fortezza del suo imperturbato animo. Encomiar vorremmo il suo coraggio, la libertà sua nel proclamare la verità ai Grandi della terra, e nel prodigar loro consigli e rimproveri. Vorremmo far risaltare la fecondità della sua mente nel concepire, e l'attività, la tenacità di proposito nel compiere le più ardue imprese; nè quindi tacere il dogma di Maria Immacolata ; la Canonizzazione dei Martiri Giapponesi; il XVIII Centenario del martirio dei Santi Apostoli Pietro e Paolo; il Concilio Vaticano ; il ristabilimento della Gerarchia Ecclesiastica nell' Inghilterra, nell'Olanda, nella Scozia ; la creazione di circa 200 tra nuove sedi vescovili, delegazioni apostoliche, vicariati, e prefetture. Segnalare vorremmo il fatto straordinario ed unico nei fasti della Chiesa, che cioè Pio IX tra i 262 Papi, non escluso s. Pietro, fu il primo che nel corso di 19 secoli, abbia sorpassato i 25 anni di Pontificato romano ; segnalare altresì il fatto non meno stupendo, elle colla sua prudenza ed accortezza, col prestigio della sua persona il gran Pio seppe dare e conservare alla Chiesa un Episcopato, che formerà il modello di tutti i secoli, tenerlo così compatto, si unito, si attaccato di mente e di cuore alla Cattedra di Pietro, che di mille e più Vescovi di ogni rito, nazione e lingua, durante il suo pontificato di 32 anni non uno fece scismi o scandali nel mondo. Vorremmo pur far sentire la potenza della sua parola, la dolcezza delle sue maniere, con cui illuminava e convinceva le menti e incatenava i cuori. Vorremmo narrare i suoi Giubilei memorandi, Sacerdotale, Pontificio ed Episcopale, e come in ciascun di essi si scosse il Mondo Cattolico, e da ogni più lontana spiaggia mandogli in Roma non solo innumerevoli indirizzi e preziosissimi doni, ma a migliaia i pellegrini di ogni età e condizione, che con sacrifizi immensi, con pericolo della vita pei lunghi viaggi di terra e di mare vi si affollarono, per bearsi di un suo sorriso, udire una sua parola, riceverne una benedizione, per attestargli in persona il loro cocentissimo affetto, e dirgli in cento, e mille lingue : Santissimo Padre, noi crediamo alle vostre parole ; noi vi amiamo; noi saremo con voi sino la morte. Si, di tutto questo e d'altro ancora scrivere vorremmo, e intrecciare come una corona di laudi da deporre sopra la gran tomba. Ma ohimè ! Un tanto lavoro è superiore alle nostre forze, e la debole nostra penna se ne ritrae atterrita. Noi ci limitiamo in quella vece ad accennare alcuni fatti, che più da vicino ci riguardano, e mostrano ad evidenza che il compianto Pio IX dell'Oratorio, dei Salesiani, dei Cooperatori fu Amico, Benefattore e Padre.
I tratti di alta benevolenza di questo augusto Pontefice verso di noi si hanno da ripetere sin dai primordii del suo Pontificato.
Nel 1849 gran disordini, ribellioni e minacce di morte lo costrinsero a trafugarsi da Roma, e riparare in Gaeta. L'anno seguente nel luogo del suo esilio avendo Egli saputo che in un angolo di Torino, nell'Oratorio cioé di S. Francesco di Sales, allora nascente, stavasi raccolta una schiera di poveri giovani ammaestrati nella Religione, nelle scienze e nelle arti, ne andò lietissimo. Quindi in mezzo alle sollecitudini, che gli dava il governo della Chiesa universale, il Padre amoroso trovò tempo da volgere loro un suo pensiero, e mandò al loro Superiore un pacco di medaglie e corone da distribuirsi a ciascuno di essi in segno della sovrana e cordialissima predilezione. Da quel giorno Pio IX prese questa Casa sotto le ali dell'alta sua protezione, e pel corso di 28 anni più non cessò di amarla e beneficarla. Ne pago di ciò, Egli con parole d'incoraggiamento, con amorevoli accoglienze, con spirituali tesori, e pur con ecclesiastiche e civili onorificenze conservò e suscitò numerosi benefattori a concorrere con mezzi materiali e morali, per sostenere ed accrescere l'Oratorio di S. Francesco di Sales, e per promuovere efficacemente le opere sue.
L'anno 1858 ode dal Superiore che si trova in pecuniarie strettezze, ed Ei tosto gli dice: « Attendete un istante. » Entra quindi in una camera attigua, mette la mano nello scrigno, e gli porta tanti marenghi quanti le dita capir ne potevano dicendo : « Prendete, e fate contenti quei miei cari figli. »
Nel 1860 gli vien riferito che nell'Oratorio di Torino si stampano le Letture Cattoliche; e l'ammirabile Pontefice con una preziosissima lettera del 7 gennaio le loda e raccomanda ; anzi, dà ordine che siano attivate e diffuse nello stato Pontificio, facendo dal Cardinal Vicario diramare in proposito una circolare a tutti gli arcivescovi e Vescovi dello Stato medesimo.
Si pensa nel 1864 di fabbricarvi una Chiesa, che sia qual monumento degno di restare sino alle più tarde età. Si fa sapere a Pio IX, ed Egli con alto consiglio suggerisce d'innalzarla ad onore della Gran Madre di Dio sotto il titolo di Aiuto dei Cristiani ; ne benedice il disegno, manda una somma rilevante per darvi incominciamento ; poscia magnifici doni ed arredi ; e in fine profonde i più ricchi tesori di sacre indulgenze parziali e plenarie a chi la visita e frequenta.
Fu Pio IX che nell'anno 1858 coi suoi incoraggiamenti e consigli infervorò e diresse D. Bosco a fondare la pia Società di S. Francesco di Sales ; fu Pio IX, che sei anni dopo ne emanò il Decreto di collaudazione ; fu Pio IX ancora, che nel 1874 l'approvò definitivamente, la pose sotto il patrocinio della Santa Sede, la colmò di privilegi, l'arricchì di celestiali favori.
Due cari fatterelli, avvenuti in quell'occasione, dànno a divedere la paterna bontà sua verso di noi.
La Commissione dei Cardinali, stabilita appositamente per esaminare le nostre costituzioni, dopo matura e seria discussione, diede il suo parere favorevole, ma mancava un voto a formare l'unanimità. Portatasi questa deliberazione al Santo Padre - come fu ? domandò Egli al relatore. - Favorevole, Santità, rispose questi ; non manca che uno per avere i pieni voti. - Ebbene, soggiunse piacevolmente l'augusto vicario di Gesù Cristo, la cosa è presto aggiustata ; ci metto il voto mio, e così li avremo tutti.
Avuta la definitiva approvazione, il Superiore prima di partire da Roma, gli esternò il desiderio di avere un Cardinale protettore come hanno gli Ordini e Congregazioni religiose. Il Papa con dolce amabilità gli rispose : « Quanti protettori volete ? Non vi basta quello che avete avuto finora ? Mi avete sempre chiamato padre e protettore, ed io lo sarò. » Oh ! sì, la lingua nostra si dissecchi, o Gran Pio, piuttosto di cessar di proclamare da per tutto la tua bontà verso di noi.
Ne qui é il tutto.
L'Opera di Maria Ausiliatrice per le vocazioni allo Stato Ecclesiastico non fu ella ancora benedetta e raccomandata da questo gran Papa ? Non furono da Lui di preziose grazie ricolmi tutti coloro, che porgeranno la mano per sostenerla ? E appunto col favore di Pio IX che quest'Opera in tre soli anni di esistenza ha già dato frutti ubertosissimi, e dei più abbondanti ancora ne fa sperare. Colle offerte, colle limosine degli Oblatori, Benefattori e Corrispondenti, di cui si compone, essa ha già raccolte da varie parti d'Italia, ed oggidì mantiene ed istruisce in apposite Case Salesiane ben 300 giovani adulti che tra poco saranno altrettanti zelanti operai nella vigna del Signore. Costoro e quelli che li seguiranno e le anime da loro salvate, dovranno a Pio IX pel primo la loro felicissima sorte.
Oltre a quest'opera , la Congregazione Salesiana conta ormai 60 Case aperte nell'Europa ed America a pro della gioventù. Or le più fiorenti di esse si sono aperte appunto per consiglio, colla benedizione e col sussidio di Pio IX. Ei concorse generosamente ad impiantare l'Ospizio di San Vincenzo in Sampierdarena, ove circa 600 poveri fanciulli sono educati nella scienza, nelle arti e mestieri. Altri nostri Collegi ancora e Laboratorìi ebbero dal Gran Pio vita, incremento, e sostegno.
Solamente l'anno passato avendo saputo che, per effettuare la spedizione dei nostri Missionari in America, si era dovuto contrarre un debito di 20 mila franchi, né sapevasi come pagarlo, Egli, senza che alcuno gliene facesse richiesta (certamente da Dio inspirato), offerì questa precisa somma per quei più urgenti bisogni, affinché i nostri poveri giovanetti non ne avessero a soffrire, Oh ! sì, figli e allievi carissimi, piangete pure la perdita del gran Pio IX, che ne avete ben d'onde.
Che diremo ancora delle nostre Missioni americane ?
Questa impresa colossale, che Dio misericordioso volle affidare alla nostra Congregazione, ebbe pure da Pio IX forte impulso, validi appoggi, alti favori. Se un giorno, che speriamo non lontano, la incolta Patagonia fiorirà, come in più luoghi la generosa Argentina Repubblica, di ogni cristiana e civile virtù, la storia verace dovrà darne il vanto a Pio IX; poiché il savio progetto di cingere quella barbara ed immensa regione di Collegi Salesiani, e tentare di evangelizzarla co' suoi proprii figli pria raccolti ed istruiti, uscì dalla mente di questo gran Papa.
E dovrò io tacermi della benevolenza sua verso dei Cooperatori Salesiani ? - Non fia giammai, perché Pio IX fu il primo di essi ; primo, perché la loro Pia Unione Egli consigliò e promosse ; primo ancora perché talmente la favorì, che quando venne pubblicato il suo Breve del 9 maggio 1876, allo scorgere la copia dei celesti tesori che coll'apostolica Autorità Ei profondeva a pro di chi ne facesse parte, tutti ne fecero le più alte meraviglie.
Con quale occhio benigno Egli poi riguardasse questa novella associazione, qual fiducia in lei riponesse, il dimostrò l'anno scorso e nel presente ancora. Un anno or fa, Pio IX parlava dei Cooperatori con persona di sua confidenza, quando uscì in tali espressioni, che noi ci periteremmo di qui riportare, se non tornassero più ad onor sue, che a lode nostra : « I Cooperatori Salesiani, disse il gran Pontefice con maestosa enfasi, sono destinati a fare del gran bene nella Chiesa e alla civile società. L'opera loro, perché mira specialmente alla coltura ed al sollievo della gioventù pericolante, sarà col tempo così apprezzata, che già mi par di vedere non solo famiglie, ma città e paesi intieri a farsi Cooperatori Salesiani. Ecco il perché io li amo, e li ho cotanto favoriti ora ed in perpetuo. »
Cosa pur degna di particolare menzione è questa. Da principio taluno era d'avviso che la Pia Unione compor si dovesse di soli uomini ; ma Pio IX, che colla sua mente acutissima penetrava a fondo le cose, e col suo gran cuore abbracciava le anime tutte, osservò e disse : « E perché farne fuori le donne ? Ancor esse potranno aiutarci assai ed operare gran bene. » Quindi di moto proprio pose nel Breve suddetto le parole : Omnibus utriusque sexus Christi fidelibus : a tutti i fedeli dell'uno e dell'altro sesso, vale a dire, ai Cooperatori e Cooperatrici.
Un'altra prova, che doveva essere l'ultima, di sua cordiale benevolenza, il Sommo Gerarca Pio IX ce la dava ancora pochi giorni prima dell'infausta, ma preziosa sua morte. Il 29 Gennaio, festa del glorioso nostro patrono S. Francesco di Sales, del quale Egli aveva poc'anzi resa più ricca e fulgida la corona di gloria coll'aggiungervi la preziosa gemma del Dottorato, Pio IX incaricava lo stesso suo Vicario, l'Eminentissimo Cardinale Raffaele Monaco La Valetta, di onorare e presiedere la prima conferenza dei Cooperatori Salesiani tenutasi come sotto i suoi occhi e nella sua Roma, maestra di verità , fonte ed esempio d'ogni più bella azione.
Ben ci avvediamo che più non finiremmo, se volessimo qui tener parola di tutti gli atti di amorevolezza, con cui ci confortò questo compianto Pontefice. Basti la rassegna di questi pochi fatti, scelti tra mille, per appieno convincerci che colla morte di Pio IX, noi abbiamo fatto una incommensurabile perdita ; perdita di un Benefattore insigne, di un Padre amoroso; perdita di sì gran danno, che solo Iddio ce ne può risarcire.
« O grande Pontefice, o Padre amatissimo, che ci hai lasciati su questa terra, siam certi che ora stai già pregando per noi in Cielo, ove hai ricevuto quella immarcescibile corona di gloria, che ti hanno meritato le tue virtù. Ma non c'é possibile frenare il pianto, né trarre conforto alla nostra desolazione dal saperti eternamente felice. Troppo ci hai amati, Santissimo Padre, e troppo sei stato amato, perché la tua dipartita non ci strappi il cuore. Prega, oh sì prega per la Chiesa, pel mondo Cattolico ; prega per noi, e sulla santa tua fronte risplenda l'aureola di nostro benigno mediatore presso il trono di Dio ». (1)
(1) Dall'Osservatore Romano, 8 febbraio 1878. - Parole queste uscite dal cuore e dalla penna di figli amorosissimi e fedelissimi di Pio IX, e che noi abbiamo tatto nostre, perchè corrispondono appieno ai sentimenti del nostro cuore.
Pio IX ci fu Benefattore e Padre. Or tocca a noi più che ad ogni altro, il dare alla sua felice Memoria un attestato non dubbio di sincera gratitudine e di figliale amore.
Noi vi esortiamo ad unirvi per intrecciare una corona di preghiere e deporla sulla sua tomba.
Quantunque speriamo, anzi nutriamo la più viva fiducia che quell'anima pia, di tanti meriti ripiena, sia già entrata nei tabernacoli eterni, e che, lungi dall'abbisognare dei nostri suffragi, non tardi a spuntare il giorno che potremo, non solo in privato, come fin oggidì, ma ancora in pubblico ai piè degli altari rivolgergli come a Santo le nostre preghiere, tuttavia voi fareste al vostro Superiore cosa del più alto gradimento, se insiem congiunti, o ciascuno di per sé, vi sceglieste un di del corrente mese, e vi accostaste divotamente ai santi Sacramenti, coll'intenzione di acquistare la indulgenza plenaria,, che ci è concessa a pro de' defunti. Se le nostre preghiere ed indulgenze non avranno più a giovare all'anima di Pio, perché già in gloria, intendiamo che vadano a sollevare quell'anima invece che su questa terra gli fu più fedele ed amica.
Nei luoghi, in cui siete in numero da formare almeno una Decuria, quanto ci tornerebbe caro se faceste celebrare una Messa cantata, o almeno letta da vivo o da morto, come vi aggrada, e durante la medesima partecipare alla Mensa degli Angeli ! Raccomandiamo questa cosa allo zelo e prudenza dei Capi o Decurioni.
Ai Direttori poi delle nostre Case ordiniamo che procurino, se ancor nol fecero, di celebrare nel mese di marzo un funerale il più sontuoso che si possa ; e in quel mattino si faccia da tutti il così detto Esercizio della Buona Morte (1).
Noi abbiamo molta fiducia nella vostra pietà, o dilettissimi Confratelli e Consorelle, e non possiamo neppur dubitare che non siate per offrire questo tributo di riconoscenza ed amore al gran Pio IX.
Vi confessiam fin d'ora che quando sapremo che in ogni luogo, ove esistono Cooperatori, si sono formate di queste mistiche corone di preghiere e Comunioni per deporle, a così dire, sul suo sepolcro, in suffragio della bell'anima sua, il vostro Superiore ne sentirà sì dolce conforto, che gli allevierà di molto il dolore immenso, di che tuttora gli amareggia il cuore la morte di sì buon Amico, Benefattore e Padre.
(1) Giovedi 7 del corrente, intorno alle 912, avranno luogo solenni Funerali pel compianto Pontefice, con musica e con 4 assoluzioni, nella nostra Chiesa di Maria Ausiliatrice in Torino. Invitiamo i nostri Cooperatori di Torino e sue vicinanze a volervi prender parte.
A figliuoli affettuosi torna assai caro il ricordare le ultime azioni del loro buon Padre. Quindi a costo di duplicare e fors'anche di triplicare i fogli del BOLLETTINO di questo mese, noi abbiamo deliberato di aggiungere le seguenti notizie sugli ultimi giorni ed ore del compianto Pio IX. Speriamo che i nostri Cooperatori e Cooperatrici le gradiranno, e ce ne vorranno saper grado.
Da qualche tempo il nostro amorossimo Padre Pio IX cominciava a sentire più che mai il peso dei suoi 86 anni, e a venirgli meno di giorno in giorno le forze del corpo, mentre freschissime gli rimanevano le facoltà della mente, sempre lucida e serena.
Sul finire dell'anno passato e sul principio del corrente, per un continuato malore, Egli fu obbligato a tenere il letto ; e stante la sua così grave età, si temeva fortemente che ne avesse a soccombere.
Appena si ebbe sentore di siffatto pericolo, la più viva commozione s'impadronì di tutti i cuori, prima in Roma e poi in ogni paese dell'orbe cattolico ; quindi nel timore di una imminente sventura, da tutte parti si levarono le mani al Cielo, e colle più fervide preghiere in pubblico ed in privato, e pur colle lacrime, si domando a Dio che non ci volesse rapire un Padre sì dolce, ma lo lasciasse ancora quaggiù al governo della Chiesa, all'amore e conforto de' suoi figli diletti. Molte anime pie dicevano in quel giorno al Signore
« Oh buon Dio, facciamo un cambio : noi vi cediamo i giorni, gli anni e la vita nostra, e Voi, misericordioso qual siete, concedeteci ancora la vita preziosissima del nostro S. Padre. »
Da preci cotali, da si pietose dimande Iddio sentì farsi dolce violenza al cuore, e le esaudì. Ecco pertanto Sua Santità ristabilirsi in piena salute, e lasciare la più fondata speranza che avesse ancora a restare molto tempo tra noi.
E impossibile il descrivere la gioia che si destò nel cuor dei Cattolici al diffondersi con certezza una così consolante notizia.
« Oggi, 3 febbraio (cosi una lettera da Roma), il Santo Padre cominciò a fare un poco di passeggiata nelle camere del Vaticano ; gran festa in Roma. »
Di questo miglioramento Pio IX era pur Egli contento, sorrideva ed era raggiante di gioia in mezzo alle lagrime degli astanti, che piangevano ad uno spettacolo cotanto sospirato ed umanamente inatteso. « Ora, disse il Santo Padre, ora non domando a Dio che una cosa: che mi dia forza bastante perché io possa mettermi in ginocchio e ringraziarlo. » Parole degne del grande e piissimo Pontefice.
Né l'accennato ristabilimento era solo apparente ; poiché il Sommo Pio prese tosto a sbrigare gravissimi affari per la Chiesa, scrivere a vescovi, dare udienza e tenere eziandio importanti discorsi.
L'anno 1803, il 2 di febbraio, giorno sacro alla purissima Vergine, un giovanetto di sembianze angeliche, acceso di serafico amore, nella chiesa cattedrale di Sinigallia, sua patria, faceva la sua prima Comunione. Quel caro fanciullo era Pio IX.
Or, l'amor figliale che sentì sempre l'universo Cattolico per questo Pontefice straordinario, cercando nel corso di sua vita i principali e più lieti avvenimenti per festeggiarli trovò che il 2 febbraio dell'anno corrente si compieva il settantesimo quinto anniversario di quel giorno beato. Quindi il desiderio, quindi il proposito di degnamente onorarlo nel modo che sapevasi tornare più gradito al divotissimo Pio. Laonde Cardinali, Vescovi, Parrochi, Sacerdoti, Direttori e Direttrici d'Istituti e Case d'educazione, Maestri e Maestre di scuola, Padri e Madri di famiglia, e soprattutto le varie società e Comitati della Gioventù Cattolica, accesi del più ardente zelo, si diedero attorno a fine di preparare drappelli di giovinetti e giovinette, ed anche degli adulti, a fare in quel dì la santa Comunione a pro dell'angelico Pio.
I Romani, che in ogni altra occasione furono mai sempre i primi nel dare le più sincere manifestazioni di riverenza e d'amore al loro Principe e Padre, nella suddetta circostanza non si mostrarono secondi ad alcun popolo, ma a tutti modello. In quel giorno memorando le Chiese dell'alma Città dal mattino sino alla sera furono costantemente affollate di fedeli. Straordinario, indicibile fu il numero di divoti che si accostarono alla santa Mensa per implorare al loro dolcissimo Padre giorni lunghi e felici. La cara festa fu celebrata solennissima nella Chiesa del Gesù, e preceduta da un devoto triduo di predicazione. Al mattino poi del bellissimo giorno vi celebrò la Messa l'Eminentissimo Cardinale Vicario, che nella Comunione generale vi distribuì il Pane degli Angoli ad una schiera immensa di fanciulli e fanciulle e ad innumerevoli altri. Dopo la Messa si cantò il Te Deum, in ringraziamento all'Altissimo che avea per sì lunga serie d'anni conservato alla Chiesa un Pastore sì pio e zelante, e restituitagli poco anzi la primiera salute.
Alle preghiere degli innocenti, agli inni di grazie, alle armonie dei musicali strumenti si unì in quel giorno il canto dei poeti, ed un valentissimo di essi, Domenico Panizzi da Reggio Emilia, dopo aver celebrato in bellissimi versi il faustissimo settantesimo quinto anniversario della prima Comunione del Nono Pio, finiva pregando così
Dio clemente,
Al Vicario tuo dolente
Per quel giorno pien d'affetto,
Quando in petto
Ei t'accolse, infante ancor,
Fa che torni
Lo splendor dei primi giorni,
E la terra rinsavita Viva unita
Al suo Prence, al suo Pastor.
Ciò che quel giorno si fece in Roma e in Italia, si praticò pressochè in tutti i paesi cattolici.
Pio IX, cui palpitava in petto un cuore il più grato e riconoscente, fu altamente commosso a tante prove di ossequio e di amore, che non cessavano di porgergli i diletti suoi figli. Laonde, come presago della vicina sua morte, Egli colse la prima occasione che gli fu presentata per volgere a tutti il più vivo ringraziamento e dare alcuni consigli, che furono come gli ultimi ricordi di un padre alla cara famiglia (1). Pertanto nel giorno stesso che Roma, l'Italia, il mondo cattolico festeggiava la sua prima comunione e i fanciulli innocenti gli pregavano ogni bene dal Cielo, questo amatissimo Padre, attorniato dalla sua nobile Corte, dai Capitoli delle Patriarcali e Collegiate di Roma, non che dai Capi d'Ordine, Collegi ed altre rappresentanze, che gli avevano presentato i Ceri, tenne il seguente memorando discorso.
« È per me una grande consolazione il vedervi qui riuniti a farmi gradita corona di figli affettuosi. Vi ringrazio dello zelo, che non cessate di manifestare per la tutela e salute delle anime che vi son confidate.
Ringrazio i Pastori delle anime che si sforzarono di ottenere la frequenza della Preghiera e dei Sacramenti.
» Ringrazio anche i Pastori di anime e tutti del Clero secolare e regolare delle preghiere che sotto la loro direzione i fedeli non hanno cessato di innalzare a Dio per me. Vi invito a ringraziarne in mio nome tutti coloro che alle vostre cure sono affidati. Ringraziate e significate loro ch'io domando a Dio che ad essi conceda la perseveranza nella preghiera, nella fedeltà al Capo della Chiesa. Dite a questi ch'io mi ricordo di loro, e che prego Dio per essi ogni giorno, affinchè voglia conservarli sotto l'egida della sua destra protettrice. Una cosa ho poi a dirvi prima di congedarvi.
» So che vi son sempre nelle diverse parrocchie degli ignoranti, che non hanno neppur le necessarie nozioni della Religione. So pure che vi sono genitori colpevolissimi di lasciar siffattamente crescere i loro figliuoli in questa ignoranza religiosa ; ma so ancora che noi dobbiamo correre in traccia dei peccatori per convertirli, e degli ignoranti per illuminarli.
» Cercate dunque gli ignoranti ; illuminateli con zelo, affinché non si possa dire che nel Centro del mondo cattolico vi sono anime, che ignorano i principali misteri della nostra santa Religione. Adoperatevi con tutte le forze vostre per togliere da Roma questa vergogna ; adoperatevi, perché, mediante il vostro zelo e le vostre preghiere, si convertano le anime, e la verità risplenda dappertutto nella Città santa.
» Son queste le parole che più mi premeva di rivolgervi in questa circostanza, non permettendomi la debolezza mia di dirvi davvantaggio.
» Ed ora vi benedico. Benedico le vostre persone, le vostre Case religiose, tutte le anime che vi sono affidate. Questa benedizione vi accompagni in tutti i giorni della vita, e questa benedizione sia il tema delle vostre preghiere e delle vostre lodi, quando piacerà a Dio di chiamarvi in Paradiso. »
La Voce della Verità, dopo aver riferito questo mirabile discorso, soggiunse
« Il labbro venerato e caro del Padre amorevole e santo, che pronunciava soltanto sei giorni addietro queste parole di salute e di carità, ora è muto.
» Ma eterne resteranno le ultime sue parole ispirate. Raccogliamo con affetto e con forti propositi questo sante testamento del Padre nostro, che ora è in Cielo. E nell'adempimento fedele di questo testamento, degno di un gran Pontefice, di un padre amorossimo qual fu Pio IX, é in questo testamento, in questi consigli supremi che stanno la salvezza della Chiesa di Gesù Cristo, ed il risorgimento dell'umana Società decadente. »
(1) Iddio a molte anime sue predilette suole far conoscere o nel segreto della preghiera, o per arcane illustrazioni, il tempo di loro morte, o almeno ne dà loro sì forte presentimento da non poter più dubitare che essa sia loro vicina. Da qualche tempo Pio IX presagiva ancor Egli non lontano il suo fine.
L'anno scorso ai 13 di Maggio egli entrava negli 86 anni di vita. Avendogliene un suo Cappellano augurato in quell'occasione ancora molti altri, il Santo Padre, sorridendo come era solito a fare: Eh! ottantasei, disse, e poi, e poi basta.
Il Cielo invidiava Pio IX alla terra ; e da lungo tempo i figli della Chiesa trionfante erano pel suo possesso, in dolce conflitto coi figli della Chiesa militante. Questa gemma, questo tesoro di Papa reclamavano gli Angeli, cui Egli somigliava cotanto nella vita intemerata e pura ; il domandavano i santi Pontefici suoi predecessori, le cui virtù sublimi ed eroiche aveva sì bene imitate e le orma fedelmente seguite ; il bramavano gli innumerevoli Santi e Beati, a cui Egli aveva quaggiù decretato l' onor degli altari (1) ; al suo seno materno pure il sospirava Maria Immacolata, perché suo devotissimo figlio e di sue altissime glorie predicatore e promotore insigne. In questa gara amorosa la Chiesa militante colle sue fervide preci, colle caldissime lacrime sparse ai piedi dello Sposo divino, aveva sino a questi ultimi giorni riportata prodigiosa vittoria. Ma ahimè ! finalmente il Cielo vinse la prova e la vinse per sempre.
Dopo il festosissimo giorno del 2 febbraio, la salute del Santo Padre continuò ad esser buona e permettergli di levarsi ogni giorno di letto, e attendere più ore al governo della Chiesa. Al domani Egli ricevette nella sua biblioteca privata alcuni membri del corpo diplomatico, varii Cardinali e Prelati ; e così fece nei tre giorni seguenti, lunedì, martedì e mercoledì. Anzi, in quest'ultimo giorno, che fu la vigilia di sua morte, Egli compì ancora due atti che resteranno memorandi nella storia ; e furono l'invio di un magnifico dono al Vescovo di Piacenza, ed un'affettuosissima lettera al Vescovo di Alessandria, ambidue meritevoli di lode e di conforto. Nulla, nulla affatto faceva perciò presagire la terribile sciagura, che quindi riuscì per tutti quanto dolorosa, altrettanto improvvisa.
Ma eziandio pel suo Vicario in terra il Signore voleva che si avverasse il suo gran detto : Qua hora non putatis : io verrò in quell'ora che nol pensate. Felice Pio IX, che vi era apparecchiato, di cui anzi tutta la vita pura, innocente e santa, non fu che una continua preparazione alla morte (2).
La sera del mercoledì 6 febbraio, 24 ore prima della gran catastrofe, il Santo Padre fece la sua piccola refezione, come il solito. Verso le ore 10 il Dottor Ceccarelli, recatosi a visitarlo, avvertì nel Sommo Pontefice i sintomi di una febbretta, ma non se ne fece caso. Pio IX era sereno di mente ; saluta il medico e lo licenzia (1).
Se non che verso mezza notte Egli sentissi assalito da gagliarda febbre; chiamò il famigliare che dormiva nella camera attigua, che accorso trovò il Santo Padre oppresso e prostrato di forze. Venne con premura avvisato il prelodato Dottore, che non tardò ad avvedersi della gravezza del male.
Sopraggiunsero intanto altri dottori e Prelati, e il Santo Padre, rivolto uno sguardo attorno, disse alcune parole interrotte e confuse agli uni e agli altri.
Verso le due del mattino del 7 la febbre si fece più intensa, e l'augusto infermo si assopì. Ma alle tre essendogli somministrato un po' di ristoro, sentissi alquanto rinvigorito, riacquistò la favella e passò circa due ore bastantemente tranquillo.
Erano le cinque quando manifestossi un malessere generale; forte tremolio nelle membra, grande agitazione ed una inquietante frequenza di respiro.
Il Santo Padre aveva lucida e serena la mente, libera la parola.
Intorno alle otto, aumentando ognora la prostrazione, e la respirazione facendosi vie più difficile, il Sommo Pontefice conobbe tutta la gravità del suo stato. Senza provare il menomo turbamento, chiese immediatamente del suo Confessore, si riconciliò e domandò il SS. Viatico, che alle otto e mezzo gli fu portato in forma solenne da Monsignor Marinelli, Sacrista di Sua Santità.
Pio IX ricevette il suo Gesù con piena cognizione di ciò che faceva, con animo tranquillo, e con una gioia pura e serena, che gli brillava sul volto. Fu un momento di commozione indescrivibile. Gesù e il suo Vicario si abbracciavano per l'ultima volta in terra. La cameruccia del Santo Padre spirava in quel punto qualche cosa di soprannaturale; ei ti pareva di trovarti colà più vicino a Dio, e come nell'anticamera del Paradiso. Era uno spettacolo di mestizia e di gioia misteriosamente insieme congiunte; spettacolo che strappava dagli occhi lacrime di dolore e di consolazione ad un tempo.
Dopo la Comunione passò un intervallo, in cui Pio IX rimase raccolto ed in silenzio adorando e godendo il suo Dio, quantunque il male incalzasse e sempre più gravi se ne manifestassero i sintomi.
Alle ore nove lo stesso Monsignor Marinelli amministrava al Santo Padre l'Estrema Unzione.
Intanto per Roma cominciava a spargersi la triste novella che Pio IX era stato soprappreso nella notte da un improvviso affollamento di umori, tale da metterne in forse la preziosa esistenza; ma voci siffatte non vennero tosto credute. Si era tanto avvezzi a sentire menzogne intorno alla malattia e morte del Papa, che da bel principio si credette ad uno dei soliti indegni tranelli per atterrire i suoi figli affettuosi. Ma ecco a togliere ogni dubbio venir fuori un ordine del Cardinal Vicario di esporre in tutte le Chiese parrocchiali il SS. Sacramento, e chiamare i fedeli ai piedi dell'Ostia Santa a supplicare Iddio, che ci conservasse il nostro amatissimo Padre ed avesse pietà dei figli suoi. Dire allora la costernazione dei buoni Romani non é possibile. Le Chiese furono tosto ripiene di popolo. Si piange, si sospira, si prega; ed ogni cuor ben fatto si sforza di piegare il buon Gesù e l'Augusta sua Madre e tutti i Santi del Paradiso a continuarci la grazia. Ma a Roma, alla Chiesa, ai Cattolici di tutto il mondo era riservata una prova suprema ; doveva colpirci tutti la sventura più grande.
Mentre la gente si avvicendava presso gli altari, cominciò un vero pellegrinaggio al Vaticano. Cardinali, Prelati, Diplomatici, Principi e Nobili, tutti si dirigevano colà, ove stava riposto il tesoro di tutti; ognuno vi portava il cuore trepidante tra il timore e la speranza. Coloro che venivano ammessi nelle stanze del Vaticano, non tardavano a leggere la conferma dei loro timori nella tristezza che regnava su tutti i volti.
Difatto, il morbo fatale faceva rapidi progressi. Alle ore dieci il polso del Santo Padre era appena sensibile; la superficie del corpo accennava a raffreddarsi, e alle estremità compariva un incipiente lividore.
Passava un'altra ora, e la respirazione si faceva sempre più difficile, e, cosa straziante, era accompagnata da un rantolo di tristissimo augurio. La mente del Sommo Pontefice rimaneva per altro sempre serena.
Le anticamere erano gremite di tutti gli attinenti alla Corte, i quali, confusi cogli Eminentissimi Cardinali, coi membri del Corpo diplomatico e con altri personaggi, non celavano ormai la espressione del loro dolore.
In sulle undici e mezzo il Santo Padre, preso in mano il Crocifisso, benediceva tutti coloro che gli circondavano il letto.
Suonava il mezzo giorno. Molti Porporati stavano raccolti nella stanza del moribondo Pontefice, e ai suoi fianchi tenevansi continuamente gli Eminentissimi Cardinali, Bilio, Penitenziere Maggiore, e Marinelli. Il respiro si faceva sempre più affannoso e il rantolo sempre più dichiarato.
All'una pomeridiana l'Eminentissimo Bilio in mezzo ad un religioso silenzio, interrotto solo dai singulti degli astanti, incominciava la raccomandazione di quell'anima benedetta, e Pio IX da se stesso ripeteva, sebbene a stento, le preghiere. Nel recitar l'atto di contrizione, Egli, raccolte tutte le sue forze, pronunziava con sensibile voce queste parole : Col vostro santo aiuto. Poi disse commosso : In domum Domini ibimus: Noi ce ne andremo nella casa del Signore. Erano pur queste le parole che pronunziò S. Luigi Gonzaga quando gli venne detto che sarebbe morto tra poco. Pio IX poteva ripeterle con tutta ragione, perchè era stato una copia perfetta di quell'angelico giovane, sicchè veniva chiamato l'Angelico Pio.
Detta una parte delle commoventi preghiere che la Chiesa fa recitare presso al letto dei suoi figli morenti, il Cardinal Bilio si arresta visibilmente commosso a quella, che incomincia : Proficiscere Parti, o anima cristiana, da questo mondo. Il Santo Padre si accorge, e con inarrivabile coraggio gli dice: Sì, proficiscere ; quasi dicesse come il divin Maestro: Consummatum est; finito è il mio cómpito quaggiù; finite le mie pene, le mie angustie, le mie persecuzioni; più nulla ho da fare su questa terra ; sì, partiamo pure.
Finite le stupende preghiere, Pio IX sempre in perfetta cognizione, vedendosi circondato da tanti divotissimi figli, fa capire come gli dolga di non potere esprimere verbalmente le sue idee. L'Eminentissimo Bilio gli domanda che benedica tutto il Sacro Collegio dei Cardinali, ed Egli leva la mano e benedice.
Intorno alle due, risollevate un poco le forze, Pio IX dura per qualche tempo in questo stato. Era la fiamma della lucerna, che un istante prima di spegnersi, manda ancora uno sprazzo di luce più viva.
Ma alle quattro gli occhi del Santo Padre cominciano a velarsi e l'agonia incomincia. E qui ci manca la lena, scrive l'Osservatore Romano, da cui sono pur tolte queste care notizie, per descrivere lo spettacolo straziante che nelle due lunghissime ore che essa è durata, hanno presentato quelle sale tutte piene della presenza del Santo Pontefice, mute spettatrici dei suoi dolori, testimonii delle sue diuturne ed ardenti preghiere. Non pareva possibile che una tanta vita stesse per ispegnersi.
Frattanto le più sante parole di conforto erano pronunziate all'orecchio dell'augusto moribondo dai Cardinali assistenti ; le preci si alternavano alle preci, e tutto il tesoro delle divine Misericordie era invocato sul capo dell'amatissimo Padre, che stava per lasciare derelitti su questa terra i suoi amorosi figliuoli.
Nelle anticamere si affollavano moltissime persone, cui era stato consentito l'ingresso, e che, genuflesse al suolo, invocavano piangenti la divina Pietà.
Alle cinque il Cardinal Bilio ripeté il Proficiscere; poscia incominciava a recitare i Misteri dolorosi, a cui affannosamente rispondevano i presenti.
Ma ohimè ! il momento fatale era giunto. Erano le ore 5,45. Nell'incominciarsi del quarto Mistero, quelli che più da presso circondavano il letto del Pontefice, sorgono in piedi ; il rantolo va cessando ; l'ultima lagrima appare sul ciglio dell'ottimo Padre; le parole dell'Assoluzione sono ripetute ad alta voce, accompagnate dal lento rintocco della campana, che suonava l'Ave Maria della sera. A quel suono, quasi fosse l'invito di Colei, che Pio IX proclamò Immacolata, dalle labbra del Pontefice esce coll'ultimo respiro la sua bell'anima immortale.
« Così quando al mesto cadere del giorno la gentil preghiera, che saluta la Vergine, suonava sul labbro dei credenti, in Cielo-gli Angeli baciavano in fronte il santo Vegliardo, chiamato al premio dopo una lotta da gigante, sostenuta per un lungo mezzo secolo » (1).
Qual supremo momento ! quale desolazione pei figli della Chiesa militante !
Il Cardinale penitenziere maggiore con voce grave, velata dalla commozione, pronunzia allora il Requiem aeternam dona ei, Domine. A queste parole nessuno più regge la piena dell'affanno che trabocca dal cuore ; ognuno si sente impotente a frenare il pianto, i sospiri, le grida ; e tutti, Cardinali, Prelati, guardie, famigliari, si precipitano, s'incalzano per baciare ancora una volta la mano, che li aveva tante volte benedetti ; quella mano che aveva sparso dappertutto benefizi, consolazioni e conforti.
In un baleno si sparse per Roma la funesta notizia che Pio IX era morto, mentre i fili del telegrafo la tramandavano per ogni parte del mondo. La penna nen é atta ad esprimere la stretta che ne sentì ogni cuore veramente Romano e Cattolico; ogni volto si coperse di lutto ; ben poche ciglia rimasero asciutte.
L'Osservatore Romano, scritto da figli devotissimi a Pio IX, all' indomani dava il triste annunzio della sua dipartita con queste dolorose parole :
« Una suprema, immensurabile sventura si è aggravata sulla Chiesa, su Roma, sull' Italia, sul mondo, nel momento stesso in cui schiudevasi il Cielo per accogliere un Santo di più.
» Il Sommo Pontefice Pio IX, il Vicario augusto di Gesù Cristo, il Maestro infallibile dei Cattolici, il Principe clemente e magnanimo, il Padre, l'Amico, il Benefattore universale, ieri alle ore 5,45 pom. rendeva a Dio la santa sua anima.
» Le lagrime, le suppliche, la desolazione del popolo cristiano non valsero ad ottenere dalla Provvidenza divina che fosse ritardato l'eterno guiderdone, che all'Angelo benedetto del Vaticano avevano meritato le sue virtù, le sue opere, i suoi sacrifizi, i suoi dolori inenarrabili e sovrumani.
» Lo sgomento che ci ha colpiti, il dolore immenso che ci opprime tronca sul nostro labbro ogni parola.
» Cattolici, chiniamo umilmente la fronte dinanzi ai formidabili decreti della Provvidenza divina ! Prostriamoci ad invocare dalla sua misericordia consolazione ed aiuto alla Chiesa ed a noi.
» Ed affinché le nostre preghiere non abbiano ad essere inesaudite, invochiamo il Patrocinio di Colui, che cinse di nuova ed immortale corona la Madre benedetta di Dio. Pio IX sia mediatore per noi presso l'Onnipotente e presso la Vergine Immacolata ».
(1) In due solenni canonizzazioni Pio IX elevò all'onore degli altari 52 Santi, in 17 beatificazioni 221 Beati, ed approvò il culto immemorabile di altri 105 Beati. Tre sono i Santi fregiati dell'aureola di Dottore : S. Ilario di Poitiers, Sant'Alfonso de' Liguori, e S. Francesco di Sales.
(2) Si ritiene fondatamente che a Pio IX non riuscisse punto inaspettata la morte, ma solo ai suoi figli. Egli poi, oltre al presagirla vicina, vi era preparatissimo e da molto tempo l'attendeva. Nella sua carriera aveva un quadruccio in rame rappresentante Gesù Cristo che batte alla porta dell'anima, per chiamarla con sè nella gloria, dicendo Ecce sto ad ostium et pulso: ecco che sto alla porta e batto. Or, udita che ebbe il Santo Padre la morte del Re, disse : « In quanto a me sto qui aspettando la volontà di Dio ; vedete quel rame ? l'ho fatto a bella posta collocare in cornice, e lo tengo sempre sugli occhi ; appena il Padrone bussi, io sono già per le scale ». Sempre piacevole anche nel discorrere di cose ingrate, poteva Pio IX parlare così di sua morte, appunto come il Giusto, che avendo nulla a temere, anzi tutto a sperare, aspetta il Giudice con gioia.
(1) Dal più profondo del cuore facciamo ancor noi plauso alle parole di sentita riconoscenza che l'Osservatore Romano rivolse all'egregio professore Ceccarelli, che senza riguardo alla sua delicata salute, si è giorno e notte incessantemente adoperato intorno alla persona del nostro amatissimo Padre, finchè fu in vita ; e, defunto, non l'ha abbandonato un momento, finchè non lo ebbe composto sul suo letto di morte in quel miglior modo, che alla umana scienza era possibile. Tutti i Cattolici gli serberanno di certo la più viva gratitudine delle sollecite cure da lui usate al loro dolcissimo Patire Pio IX.
(1) Osservatore Cattolico di Milano.
Nel mese di gennaio noi facevamo umile invito ai nostri Cooperatori, che, ove si trovavano in discreto numero, volessero celebrare il meglio che fosse lor dato, la festa del glorioso nostro Patrono s. Francesco di Sales, stato recentemente proclamato Dottore di Santa Chiesa dall'Oracolo infallibile dell'ammirabile Pontefice Pio IX, (ahimé ! rapitoci poc'anzi da inesorabil morte). Or dalle lettere che ci pervengono ogni giorno da varie città e paesi, ci gode l'animo di scorgere che la nostra parola fu accolta di buon grado ed ascoltata. Il giorno 29 gennaio venne da loro festeggiato coll'accostarsi ai Santi Sacramenti, in alcuni luoghi con far cantare Messa solenne accompagnata pur anco da scelta musica, con panegirico, con apparati e funzioni splendidissime. Dove la solennità non si poté celebrare in pubblico, o con tanta pompa esteriore, vi si supplì in privato con pratiche di pietà non meno divote e gradite al Santo. Quasi poi da per tutto, sotto la direzione degli zelanti ed operosi Capi e Decurioni, si tenne la Conferenza prescritta dal Regolamento, inspirandosi ognuno in tanta tristizia di tempi, ed eccitandosi vicendevolmente ad operare il maggior bene possibile a pro della gioventù di ambo i sessi, nelle famiglie, nelle chiese, nelle scuole, negli istituti e col consiglio e colla mano, e facendo altresì l'offerta che la pietà a ciascun suggeriva, e le forze permettevano.
Ne siano pertanto lodi amplissime a Dio, Autore primo di tanto bene ; e vive grazie ed applausi altresì ai Cooperatori e Cooperatrici, che diedero una novella prova di voler essere uniti di mente e di cuore al loro superiore, mettendone così fedelmente in pratica gli amichevoli e paterni consigli.
Se lo spazio del Bollettino cel consentisse, noi riferiremmo qui di buon animo quanto di bene si fece in parecchi luoghi in questa circostanza ; ma per dover di brevità conserveremo negli archivii della nostra Pia Unione le relazioni che ci vennero e che ci verranno ancora spedite in proposito; e daremo in quella vece una più estesa notizia della prima Conferenza tenuta ai Cooperatori e Cooperatrici in Roma, sicuri che ciò tornerà a tutti di maggior gradimento e della più alta edificazione.
Roma cristiana fu e sarà sempre l' inspiratrice, il focolare d'ogni bella impresa : fu e sarà sempre il Sole, che illumina le menti e riscalda i cuori a conoscere e a praticare il bene nel mondo, dandone per la prima l'esempio. Né può essere altrimenti ; poiché in quell'alma Città nella persona de' suoi Pontefici vive ed opera ognora il divin Salvatore, che è la Verità e la Vita ; in essa più che altrove si é trasfuso lo spirito e l'ardore di S. Pietro, primo sempre nella fede e nell'amore; in essa più che in qualunque altra città del mondo si fa sentire tuttora il profumo delle virtù degli innumerevoli martiri che parlano dai loro sepolcri, ed accendono i loro figli e nepoti a seguire le loro orme, segnate col proprio sangue. E questo un fatto più chiaro che la luce meridiana ; fatto che negare non si può fuorché da una mente ignorante, o da chi malignando voglia far getto della propria ragione. Ed in vero, per poco che sia versato nella storia, chi non conosce le Missioni, che in ogni tempo da Roma cristiana presero le mosse ad ammaestrare ed incivilire le più incolte e barbare genti? Chi non conosce i consigli di salute, che nello spazio di 1800 e più anni mandò Roma ai popoli e ai loro reggitori ? In una parola, chi può ignorare oggidì che tutte le Istituzioni che illustrano la Chiesa, e consolano l'afflitta umanità ebbero in Roma e da Roma principio, od incremento ? Tutte queste opere benefiche sono dovute principalmente ai Papi, ciascuno dei quali nel più o meno lungo suo pontificato pertransiit benefaciendo su questa terra come il divin Maestro ; ma in parte si hanno da attribuire pur anco allo zelo ed alla fede operativa del clero e popolo Romano, al quale convenne in ogni tempo la lode, che fin dai primordii del Cristianesimo tributavagli l'Apostolo delle genti scrivendo : « La vostra fede, o Romani, vien celebrata per tutto il mondo : fides vestra annuntiatur in universo mundo » (Rom. I, 8).
Non è intento nostro di qui segnalare tutte le opere di fede e di carità praticate in ogni tempo da Roma papale, e da lei promosse e sostenute per ogni dove ; chè questo non sarebbe lavoro per la nostra penna. Ma per quello che più ci riguarda, i nostri lettori più non ignorano che la Congregazione Salesiana, e la Pia Unione dei suoi Cooperatori e Cooperatrici ebbero dal primo Pastore della Chiesa, incoraggiamento, vita e sostegno. Nè basta ; ché i fidi Romani dall'oracolo e dall'esempio del loro Maestro e Padre avendo conosciuto che queste due Instituzioni erano per divina Provvidenza destinate a fare del gran bene in mezzo al popolo cristiano, e specialmente tra la gioventù pericolante, non tardarono ad appoggiarle e favorirle e colla parola e coi fatti. Quindi é che dietro istanza di Eminentissimi Personaggi del Collegio Cardinalizio, e di altri illustri individui del clero e vero popolo Romano, ben tre Case Salesiane stanno già aperte nei dintorni di Roma, come ad Albano, ad Ariccia, a Magliano, ed altre non tarderanno ad aprirsi nello stesso suo seno.
La Pia Unione poi dei Cooperatori e Cooperatrici annovera ormai nella Metropoli del Mondo Cattolico un contingente di parecchie centinaia di individui, nel quale primeggiano varii Principi della Santa Romana Chiesa, tra cui lo stesso Eminentissimo Cardinale Raffaele Monaco La Valletta, Vicario di S. Santità, insigni Prelati, cospicui gentiluomini, illustri Matrone, ed altre rispettabili persone del clero e del laicato, nobili tutte o per nascita, o per dottrina, o per singolare pietà.
Or, questi ferventi cattolici, e Romani di nome e di fatti, dopo di aver già messo mano in pubblico ed in privato a parecchie opere secondo lo spirito e lo scopo della nostra Pia Società, diedero testé una novella e più splendida prova che ne sono e vogliono essere membri esemplari, zelanti ed effettivi. Laonde, come fu già accennato, dietro semplice invito del Superiore, che per affari importanti trovavasi in Roma, intervennero numerosi alla prima Conferenza prescritta dal Regolamento, celebrando con lui la festa del Dottore S. Francesco di Sales, nostro celeste Patrono, con pompa e magnificenza veramente Romana.
Nei giorni precedenti si spediva ad ogni Cooperatore e Cooperatrice un invito a stampa, concepito in questi termini
« Il 29 del corrente Gennaio, alle ore 3 pomeridiane, con l'autorizzazione e con l'intervento di S. E. Rev.ma il Sig. Cardinal Monaco La Valletta, Vicario di Sua Santità, avrà luogo la prima Conferenza dei Cooperatori Salesiani, come sta prescritto nel Capo VI, articolo 4 del Regolamento.
La radunanza sarà tenuta nella Chiesa della Eccell.ma Casa delle Oblate di Santa Francesca Romana, nota sotto il nome di Torre de' Specchi.
Si entrerà per la porta maggiore dell'Istituto e si andrà direttamente in Cappella.
Tutti i Cooperatori sono rispettosamente invitati. Sua Santìtà con tratto di grande bontà concede indulgenza plenaria a tutti i Cooperatori, che prenderanno parte a questa Conferenza.
Secondo la prescrizione delle regole sarà fatta una questua in favore dei Missionarii Salesiani che sono in America, per altri che si preparano alla partenza, ed anche in favore di alcune case che si stanno attivando in paesi, in cui ve n'è massima urgenza.
Roma, 25 Gennaio 1878.
Sac. Giovanni Bosco.
I Cooperatori romani accolsero questo invito con entusiasmo, e vi corrisposero appieno.
La Chiesa delle nobili e benemerite Oblate era magnificamente addobbata, e l'altare così riccamente adorno, che rapiva l'anima a Dio, e ti faceva assaporare il dolce della divozione e della pietà, che in quel sacro recinto, santificato dalla presenza e dalle opere di santa Francesca, dalle degnissime sue figlie sì beve come in sua fonte (1).
Nel giorno ed ora prefissa il luogo santo si riempì di un'eletta schiera di ecclesiastici e laici, Signori I e Signore, non sapresti dire se più illustri per sangue, o per dignità e sapere. Tu vi scorgevi vani Monsignori e Prelati ; parecchi Vescovi ed Arcivescovi ; Cavalieri, Conti e Marchesi ; molte Matrone delle prime famiglie, Duchesse e Principesse pur anche : il fiore insomma del Clero, del Patriziato, e Nobiltà di Roma.
Siffatto Consesso, già così imponente di per sè, veniva reso più magnifico dalla presenza di due Eminentissimi personaggi, il sopra detto Cardinale Monaco La Valletta, Vicario della prima Sede del Mondo, ed il Cardinale Enea Sbarretti, entrambi zelanti Cooperatori, i quali vi presiedevano ornati delle divise cardinalizie. Breve : il decoro, e la grandezza di cotale spettacolo, i sensi di commozione e di venerazione che destava la maestosa presenza dei due Porporati, circondati da una sì splendida corona di tante illustri persone, appena colla mente immaginar si possono, e non colla penna descrivere. Tutto era grande, tutto imponente.
Alle 3 pomeridiane si dava principio alla commovente funzione colla lettura di un capo della vita del Santo Dottore, cioé dell'amor suo verso i poveri. Dopo in ossequio al Santo Padre veniva cantato il bellissimo Mottetto, Tu es Petrus, eseguito con molta grazia e maestria, con accompagnamento e organo.
Cessato il canto, D. Bosco salì su apposito ed elegante palco, e pronunziò un discorso di circostanza, che durò quasi un'ora. Egli cominciò così « Eminenze Reverendissime, nobili e rispettabili signori. In questo bel giorno dedicato a S. Francesco di Sales, prima solennità, che celebra la Santa Chiesa dacchè ne venne proclamato Dottore, ha luogo in Roma la prima Conferenza dei Cooperatori Salesiani, e a me è dato l' alto onore di parlare alla vostra presenza. Il Santo Padre ci manda la sua apostolica Benedizione, e ci concede il prezioso tesoro dell'Indulgenza Plenaria, mentre il Cardinal Vicario si degnò di venire ad assistere e a presiedere questa adunanza. Fu scelta all'uopo questa Chiesa delle Nobili Oblate di Santa Francesca, perchè questo Istituto fu il primo che in quest'alma Città abbia cominciato a beneficare i poveri ragazzi delle Case Salesiane. Io stesso, che avrei dovuto trovarmi altrove, ho dovuto per forti motivi trattenermi qua, e questo mi procaccia la dolce consolazione di prendere parte a questa prima Conferenza. Sia dunque benedetto il Signore, siano sempre adorate le sue divine disposizioni. Intanto per secondare lo scopo di questa prima radunanza io non fo un discorso accademico, non una predica morale, ma un racconto istorico intorno all'origine e progressi dei Cooperatori Salesiani. »
Dopo questo esordio, D. Bosco passò ad esporre i principii e le prime opere dei Cooperatori e Cooperatrici Salesiane ; accennò il rapido progresso ed i buoni risultati di quest'Opera protetta e favorita dal Santo Padre Pio IX, epperò benedetta da Dio. Narrò lo stato presente della Salesiana Congregazione ; come vada estendendosi in tutte le parti d'Italia non solo, ma altresì nella Francia, e, varcati i limiti dell'Europa, si propaghi ampiamente nell'America del Sud, ove colla grazia di Dio consolantissimi sono i frutti già ottenuti. In un punto specialmente l'oratore eccitò nel nobile uditorio la più grande emozione, e il più vivo interessamento; e fu quando annunziò che le Chiese e le Case Salesiane aperte sono già in numero di 60, e che in tali Chiese, Collegi ed Ospizi ascendono a ben 20 mila i giovanetti tra studenti ed artigiani, ritratti dalla via del male ed educati a virtù cristiane e civili.
Ove si accalorò la sua parola fu nel dimostrare lo scopo precipuo dei Cooperatori e Cooperatrici, e nell'esortarli a coadiuvare i Salesiani a far fronte e porre un argine all'irreligione e al mal costume ognor crescenti, che nelle città e paesi travolgono alla eterna rovina tanta povera ed inesperta gioventù. « Illustri Signori, diss' Egli, i protestanti, gli increduli, i settarii di ogni fatta nulla lasciano d' intentato a danno della incauta gioventù, e come lupi affamati si aggirano a far scempio degli agnelli di Cristo. Stampe, fotografie, scuole, asili, collegi, sussidii, promesse, minacce, calunnie, tutto mettono in opera a fine di pervertire le tenere anime, strapparle dal seno materno della Chiesa, adescarle, tirarle a sé, e gettarle in braccio a Satana. E quello che più addolora si è che maestri, istitutori, e persino certi genitori prestano la mano a quest'opera di desolazione. Ora a spettacolo così straziante ce ne staremo noi indifferenti e freddi? Non sia mai, o anime cortesi ; no, non si avveri che sieno più accorti, più animosi nel fare il male i figli delle tenebre, che non sieno nell'operare il bene i figli della luce. Laonde ciascuno di noi si faccia guida, maestro, salvatore di fanciulli. Alle arti ingannatrici della malignità contrapponiamo le industrie amorose della carità nostra, stampe a stampe, scuole a scuole, collegi a collegi ; vigiliamo attenti sui bimbi delle nostre famiglie, parrocchie, ed istituti ; e poichè una turba immensa di poveri ragazzi e ragazze si trova in ogni luogo esposta ai più grandi pericoli di pervertimento o per incuria di parenti, o per estrema miseria ; e noi, secondo le forze e la posizion nostra, facciamoci lor padri e nutrici, mettendoli in luogo sicuro, e al riparo dalle lusinghe del vizio, e dagli attentati dei traditori. A stimolarci poi e a rinfrancarci ogni dì più ad opera sì bella ci ricordi sovente le cure, le amorevolezze, le finezze d'amore dal Figliuolo di Dio prodigate ai pargoli in sua mortal carriera ; ci rammenti l'alto premio da Lui promesso a chi coll'esempio, colla parola e colla mano farà del bene ad un fanciullo. Il centuplo Egli ci assicurò in questa vita, ed una corona immarcescibile nell'altra.
Venendo a toccare delle difficoltà, che gli uditori avrebbero potuto muovergli, D. Bosco due ne accennò, e disse : « I Salesiani nell'opera loro non incontreranno ostacoli presso le autorità civili ? - Non avvi questo pericolo, Egli rispose, perché l'opera dei Salesiani e loro Cooperatori tende a giovare al buon costume, diminuire il numero dei discoli, che abbandonati a se stessi corrono grande pericolo di andare a popolare le prigioni. Istruire costoro, avviarli al lavoro, provvederne i mezzi, e dove sia necessità, anche ricoverarli, nulla risparmiare per impedirne la rovina, anzi farne buoni cristiani ed onesti cittadini, queste opere, dico, non possono non essere rispettate, anzi desiderate da qualsiasi governo, da qualsiasi politica. Certamente in tanta nequizia di tempi è. d'uopo colla semplicità della colomba unire nel più alto grado la prudenza del serpente. Noi dal canto nostro useremo questa prudenza, mirando a salvare le anime, sostenendo inviolabilmente i principii, ma risparmiando e rispettando le persone. »
Taluno dirà, soggiunse ancora D. Bosco : Le opere dei Salesiani, a cui si dovrebbe cooperare, sono belle e buone, ma sono fuori di Roma. Or, é d'uopo che noi Romani limitiamo le nostre beneficenze a sollevare le miserie della nostra città . - Rispondo : I Romani che fecero sempre grande carità, e fortemente aiutarono le opere dei Salesiani, devono consolarsi di aver fatta cosa utile ai Romani. In ogni tempo un notabile numero di ragazzi fu inviato da questa Città nelle Case Salesiane ; molti vi si trovano presentemente, parecchi dimandano ora di esservi condotti e ricoverati. Del resto ognuno cooperi pure al benessere della gioventù di questa grande città ; poiché i Salesiani stessi godono della speranza che Dio concederà loro di potersi presto unire a Voi, e a questo zelantissimo Clero a pro della povera gioventù di Roma. Ma frattanto si rifletta che Roma è città cattolica, anzi il Centro del Cattolicismo ; perciò in ogni tempo la carità dei Romani si é estesa a tutti i paesi, e a tutti i Cattolici. Da Roma, e col soccorso dei Romani partirono' sempre drappelli di Missionarii a propagare, e a sostenere la religione nelle estere contrade. Pertanto se voi aiutate i Salesiani che sono all'estero, se aiutate le opere che essi promuovono nei paesi nostri, Voi lavorate pel Cattolicismo, voi lavorate per la Chiesa tutta, la quale, avendo in Roma il suo Capo Supremo, è sparsa nei suoi figli per tutta la terra : Te per orbem terrarum sancta confitetur Ecclesia.
Con queste ed altre simili parole ed eccitamenti il Superiore dei Salesiani poneva fine al suo dire, lasciando la nobilissima assemblea vivamente commossa, ed animata alla nobile impresa.
Disceso D. Besco dal palco, apparve un vero spettacolo; egli discendeva, ed il Cardinal Vicario, vestito di tutti gli ornamenti di sua alta dignità, saliva al luogo medesimo. Ognuno commosso serbava profondo silenzio. « Io non posso che lodare l'opera, dei Cooperatori Salesiani, disse l' Eminentissimo. Porporato, i quali mentre hanno il sublime scopo di tutelare il buon costume e giovare alla civile società, non trascurano d'insinuare e propagare i sani principii di nostra Santa Cattolica Religione. Coraggio adunque. Ma non dimenticate Roma, dove in questi momenti è gravemente sentito il bisogno dell'opera vostra. Qui voi dovete rivolgere le vostre mire ; qui le vostre sollecitudini ; qui fare in modo che quanto prima si apra una Casa di Salesiani, i quali si uniscano al nostro Clero per salvare tanti fanciulli pericolanti, cui sovrasta un tristo avvenire, se una mano benefica non li raccoglie, non li sostiene, non li conduce al lavoro, alla Religione, alla virtù. » Fattosi poscia a svolgere il testo di S. Paolo ai Tessalonicesi : Vos autem fratres, nolite deficere benefacientes : ma voi, o fratelli, non vi rallentate nel ben fare ; l'eloquente oratore con profonda dottrina, e con quella unzione, che faceva ricordare quella dei santi Padri della Chiesa, prese ad esortare i Cooperatori e Cooperatrici a continuare vie più animosamente nella loro santa impresa. Accennò le principali difficoltà e pericoli che per lo più si incontrano nell'operare il bene, che sono : la noia, la tristezza ed il timore. Disse non dover noi lasciarci vincere dalla noia, ma crescere di giorno in giorno nel fervore ; non dover lasciarci abbattere dalla tristezza, malgrado che alcuna volta non si scorga il frutto delle nostre buone opere, ma consolarci al pensiero che il nostro è un buon seme, che al certo germoglierà frutti salutari ; non dover infine lasciarci spaventare dai pericoli e persecuzioni, ma da forti essere costanti fino alla morte.
Le forbite parole di Sua Eminenza furono una ben degna sanzione di quanto prima aveva detto il Superiore, e nulla più lasciarono a desiderare. Si cantò un altro mottetto, Panis vivus, e si conchiuse la carissima festa colla solenne benedizione del SS. Sacramento, che degnossi impartire l' Eminentissimo Vicario, lasciando tutti col cuore contento e pieno di sante risoluzioni.
Così la Pia Unione dei Cooperatori Salesiani arricchita con tante indulgenze dalla inesauribile bontà del Santo Padre Pio IX, accresciuta di molte ottime persone, onorata da illustri personaggi, a tanti altri vanti può aggiungere pur quello di aver tenuta colla pompa più solenne la sua prima Conferenza come sotto gli occhi del Sommo Pio, poco prima che Ei li chiudesse per sempre, sotto gli auspizi del suo degnissimo Vicario, ed in quella Roma, che, Centro della Relìgione Cattolica, è modello sempre e di fede e di carità (1).
(1) Il meraviglioso Istituto delle Oblate di Torre de' Specchi fu fondato da S. Francesca nel 1433. - Questa Matrona Romana spaventata dal lusso smodato cui si abbandonavano molte signore della prima nobiltà, fondò una Casa a' piè del Campidoglio e precisamente vicino alla Rupe Tarpea, e la offrì a quelle zitelle o vedove nobili che desiderassero rifugiarsi dai guasti del secolo. - Molte pie e ricche signore si raccolsero in quell'arca di salvamento, e la stessa S. Francesca rimasta vedova ivi si ritirò e si fece Oblata nel 1440. - Il fervore e l'osservanza religiosa si sono costantemente conservati inalterabili. La pietà e la carità furono sempre note caratteristiche delle Oblate di Torre de' Specchi.
Diconsi oblate perché non fanno voti, ma una semplice Oblazione con cui rinunciano alle mondane vanità, promettono di osservare le loro regole che sono quelle di S. Benedetto, modificate secondo il loro stato e condizione.
Il nome Torre de' Specchi, dal latino Turris Speculorum„ si vuole derivato da un'alta torre del Campidoglio, ove di notte splendeva una grande lucerna, il cui lume di lontano vedevano i naviganti, ai quali serviva di guida sul mare. Sopra quella stessa torre e accanto a quella lucerna erano congegnati alcuni Specchi, con cui pretendevasi di scoprire le cose che facevansi in tutto il mondo. Così il Cancellieri nell'opera Delle Campane.
Ma il Bernardini, Rioni di Roma, dice che Torre de' Specchi derivò da un'antica famiglia di tal cognome, che un tempo dimorava in un suo palazzo, presso cui venne più tardi edificata la casa delle Oblate di S. Francesca.
Si può leggere il Dizionario del Cav. G. Moroni, articolo: Oblate di S. Francesca.
(1) La relazione di questa Conferenza venne altresì pubblicata dai giornali l'Unità Cattolica di Torino nel suo N. 30, l'Osservatore Cattolico di Milano, N. 27; e lo Spettatore 5 e 6 Febbraio 1878.
In tutti i Collegi della Congregazione Salesiana in Europa e in America la festa di S. Francesco fu celebrata colla più splendida pompa. In alcuni di essi poi si solennizzò non solo in Chiesa, ma fuori altresì, e si tennero Accademie, in cui coi più melodiosi canti si fecero echeggiare le lodi del Dottore Ascetico, e con varii componimenti in verso ed in prosa si proclamarono gli alti suoi meriti, le virtù esimie, le gloriose gesta. A piccolo saggio pubblichiamo la seguente poesia molto bellina, che veniva recitata in quell'occasione da un allievo del nostro Collegio di Varazze.
Confitebor tibi in cithara
(Psal. 42.)
Io son parvolo, - Io non son vate ; Mi sento al genio - L'ali tarpate,
E raro avviene - Ch' io faccia bene.
Ma i condiscepoli - Che fanmi schiera Scuoton la cetera - In questa sera ;
E ohimé che versi - Torniti e tersi !
E dovrò mutolo - Senza due carmi, Senza due sillabe - Sol io restarmi ? Signori, no. - Parlare io vo'.
Parlar del Massimo - Nuovo Dottore, Della Savoia - Sublime onore Ancorché sia - D' Italia mia !
Ma già la facile - Rima mi manca, L'erta sì ripida - Già già mi stanca... Caro Francesco ! - Oh mi stai fresco.
D'onde comincio ? - Quando al castello Soling o, patrio - Cresceva ? e bello Se lo nutria - La madre pia ?
Oh sì ! la vivida - Pupilla ardente
Fra tanti secoli - Ci vede niente...
Ahi ! che non ne esco, - Caro Francesco !
Dirò le prediche - Di lui Bambino, Quando investivalo - L'amor divino ? Ma ascolto invano - Da sì lontano !
Poi, come esprimere - O in versi o in prose L' immenso cumulo - Di quelle cose? Perciò che pesco - Per S. Francesco ?
Quale spettacolo - Curioso, e bello
Fu a tutto il nobile - Paterno ostello ;
E quanti affetti - Destò ne' petti !
Già fin da bambolo - Per chi l' udiva
Il Santo Apostolo - Si presagiva,
Che avrebbe a Dio - Chiamato il rio.
E quando a Padova - Si fe' Dottore, Concordi dissero : - Di mente e cuore Com'é gagliardo - Il Savoiardo !
Ma il santo giovane - Con nobil ira Spregiando il secolo, - Che sì delira, Sol volle Iddio - Fervente e pio.
Lasciò la gloria - Del mondo vana, Vestì del Chierico - L' umil sottana,
E fu la gioia - Della Savoia !
E quelle ruvide - Alpine creste Stupite videro - L' umile veste,
E i sorridenti - Natii torrenti.
Con alma intrepida, - Con gran virtù Ei corre, predica ; - E al buon Gesù Chiama a salute - L'alme perdute.
Siccome turbine - D' ira feroce Svellea l'eretico - Di Dio la Croce Ei ripiantolla - Per ogni zolla.
Il sacro tempio - Era crollato Egli l'edifica - Per ogni lato ;
E alla sua fede - Ogni alma cede.
Era l'immagine - Di quel Pastore
Che l'alme pascola - Con vivo amore
E ancor s'apprezza - La sua dolcezza.
Qual sol che placido - Scioglie le nevi, I cuor più rigidi - Piegar vedevi A sua parola - Che passa e vola.
Ogni tugurio - Più poveretto
Accolse il gemito - Del santo petto, Che in voce bella - A Dio l'appella.
Chi può combattere - Col prode atleta ? L'accento, l'anima - Ha d' un profeta,
E sulla fronte - Di Dio le impronte !
Se imprende a scrivere - Sembra Giovanni, Quei che dell'aquila - Riporta i vanni, Quei che sul cuore - Stette al Signore.
Se quindi libera - Apre la bocca,
Con mille immagini - Rapisce e tocca Il cuor, la mente - Come un torrente.
O balze ripide - Della Savoia,
Fate tripudio, - Sonate a gioia, Cingete a festa - La nivea testa !
Dall'alto cerchio - De' vostri massi Guerrieri intrepidi - Mossero i passi,
E d' un tal pondo - Che empiro il mondo.
Ma niun negli animi - Fe' tanto impero, Come il Salesio - Col dolce e il vero Dei cuor si fe' - Padrone e Re.
L'ultima foglia - Di sua corona
F Pio l'angelico - Che gliela dona Ei che esemplare - Sel volle fare !
Ed ora trepido - Finisco il canto ;
L' umile cetera - Depongo, e intanto Ti fo preghiera - Calda, sincera
Su questi giovani - Con cui lavoro, Delle tue grazie - Versa il tesoro Ora che il puoi - Rendici tuoi !
Fa che nel vivere - Su questa terra Sappiam combattere - Di Dio la guerra ; Stimiamo bello - Il tuo modello.
Tu della gloria - Spregiando i vanti Avesti titoli - E tanti e tanti... Hai questa sorte - Sin dopo morte.
Dl' lor che cerchino - Di Dio la gloria ; E sì fia stabile - La lor memoria, Che avranno vita - Mai più finita.
La via dei triboli - A noi rischiara, E dall'empireo - I voti impara Di chi t'onora - Presso alla Dora.
Alla famiglia - Che nata é appena, La tua sant'anima - Infonda lena
Tu la difendi - Ne' giorni orrendi.
Fra le molte relazioni che ci vennero fatte di grazie ricevute dopo divoto ricorso a Maria Ausiliatrice, diamo per ora la preferenza alla seguente, siccome quella che ha per testimonio un intiero paese.
Vignole Borbera, 5 Gennaio 1878. M. R. SIGNORE,
Nell'or passato dicembre 1877 si presentava gagliarda la malattia difterite, o angina, nei fanciulli di questo paesello : e i padri e le madri ne temevano pei loro figli. A porre un sicuro ostacolo al rio malore si pensò allora di ricorrere al Cielo. Pertanto si fece una colletta, alla quale concorsero ben cinquantasei persone, e col frutto della medesima si fece celebrare nella nostra Chiesa un triduo in onore di Maria Ausiliatrice, implorando la sua protezione in tanto pericolo, con promessa di mandare al suo Santuario in Torino il sopravvanzo delle offerte, per ordinarvi speciali preghiere.
Non tornò vano il nostro ricorso a sì dolce e pietosissima Madre : imperocché dal primo giorno del triduo, 28 dicembre, festa degli Innocenti, sino ad oggi non si ebbero più sinistri casi, essendo scomparso affatto il temuto nemico. Noi nutriamo la più grande fiducia che la Vergine Ausiliatrice lo terrà da noi per sempre lontano, e continuerà a coprire noi e i figli nostri col manto della sua materna e validissima protezione.
Fedeli alla fatta promessa, ecco pertanto nelle mani della S. V. la piccola somma avanzata. Ne faccia Ella quell' uso che crede tornare più gradito a Maria SS. soddisfacendo così al nostro comun desiderio.
Sono con tutto rispetto
Suo Dev.mo ARONA PRIMO Cooperatore Salesiano.
I vari drappelli dei nostri Missionarii partiti per l'America nel passato novembre giunsero tutti sani e salvi alla propria destinazione. Da alcuni punti del loro viaggio, e poscia dalle nostre Case ove son giunti, eglino scrissero a D. Bosco certe avventure loro occorse, e gli diedero varie notizie, che torneranno pur gradite ai nostri Cooperatori e Cooperatrici ; e perciò secondo la promessa fatta nel N° antecedente qui le pubblichiamo a comune edificazione e diletto.
Isola di Flores, 14 dicembre 1877. Carissimo e Rev.mo nostro D. Bosco,
Isola di Flores !! - 14 dicembre !!! Che cosa ne dice nostro buon padre ? Quanto non sarà Ella maravigliato al leggere questo nome e questa data? « I miei figli in un' isola ! ci sembra udirla ad esclamare. Ma io li mandai in un continente, a Montevideo, a Buenos Ayres, a S. Nicolas ; ed ai 14 dicembre già vi dovevano essere arrivati ; ed invece mi scrivono da un' isola, e sono tuttora in viaggio. Che é mai ? » Ecco, Sig. D. Bosco, per Lei e per noi verificato il gran proverbio, che dice L'uomo propone, e Dio dispone. Ascolti ora la nostra dolente storia.
Dopo un viaggio felicissimo di 15 giorni sul grande Oceano, il nostro Vapore Savoie ancorava il 16 corrente nell' incantevole porto di Rio Janeiro, capitale del grande impero del Brasile, nella quale da qualche tempo era scoppiata la terribile febbre gialla. Noi discendemmo tuttavia per ossequiare il Vescovo, Monsignor Pietro Lacerda, il quale nel suo soggiorno in Italia erasi degnato di prendere ospitalità nel nostro Oratorio in Torino, e ci aveva altamente edificati colla sua rara dottrina ed esimia pietà. Siccome il nostro illustre ospite era partito dall' Italia assai prima di noi, così credevamo che già fosse arrivato alla sua sede ; ma c' ingannammo. Essendosi egli fermato per varai giorni in Portogallo, noi lo avevamo preceduto al Brasile. Fummo per altro accolti e trattati con molta amorevolezza dal suo sig. Segretario, dal Vicario generale, e da altri degni Sacerdoti, ed abbiamo potuto scorgere che una casa di Salesiani in quelle parti sarebbe vista di buon occhio, e vi potrebbe fare del bene assai.
Delle accoglienze però ricevute al molo, ed in alcune vie della città non ci sentiamo il coraggio di fargliene la descrizione. Che cose, che cose le sono cose proprio dell' altro mondo ! Le basti il sapere che se la ciurmaglia del porto non ci ha messo le mani addosso lo avemmo a gran ventura. Fu un momento che noi ci credevamo in mezzo a tanti diavoli. Per fortuna che avevamo lasciato le Suore a pregare sulla nave. In Rio Janeiro vi saranno senza dubbio delle anime buone, ma di certo colà vi deve essere il covo di Satana. Dio usi misericordia a quella misera città, la quale assai più che dalla febbre gialla è travagliata dalla febbre nera della irreligione e immoralità. Quanta povera gioventù ingannata e tradita, o caro D. Bosco ! quante anime che vanno perdute ! Noi ci restituimmo a bordo coll'animo profondamente amareggiato per quello che avevamo veduto ed udito. Tiriamogli un velo sopra, e non parliamone più.
Intanto il venerdì, vigilia di Maria Immacolata, noi salpammo per la Repubblica dell' Uruguay, lieti della speranza di abbracciare i nostri fratelli, e ristorarci alquanto nel nostro Collegio di Villa Colon ; ma ahimè ! quale duro disinganno non ci attendeva mai al nostro arrivo nel porto di Montevideo ! A nostra insaputa partiva da Rio Janeiro un telegramma ed avvertiva le autorità di questa Repubblica che il nostro bastimento aveva toccato quel porto, e comunicato per dove infieriva la febbre. Tanto bastò per fabbricarci quel fulmine, che dopo 5 giorni scoppiar dovea all' improvviso sul nostro capo, e mutarci la sospirata gioia dell'arrivo in un cordoglio amarissimo.
Tuttora ignari di ciò che ci stava aspettando noi salutammo con giubilo l' aurora del giorno undici dicembre, in cui dovevamo discendere a terra ; e quando cominciammo a vedere le torri e i campanili di Montevideo, il cuor nostro esultò di un inesprimibile gaudio. Crebbe ancora la nostra gioia quando nel primo vaporino che ci venne incontro, scorgemmo un ecclesiastico. Chi sarà mai ? ci domandammo l' un l'altro ; e poi guarda e riguarda, mira e rimira; finalmente in un giovane pretino dai capelli rossi, dagli occhi vivaci ci venne dato di riconoscere il nostro carissimo D. Luigi Lasagna, Direttore del Collegio Pio di Villa Colon. Salutatolo di sopra il ponte, già ci preparavamo a calare nel suo barcone per abbracciarlo e portarci con lui alla spiaggia ; ma ohimé ! nel più bello ci cascò l'asino, e cascò morto decisamente. Frammischiate ai saluti del caro D. Luigi noi udimmo le sinistre voci : «Signori, non si discende; ma bisogna fare nove giorni di quarantena nel lazzaretto dell' isola di Flores». Alla parola quarantena e lazzaretto, noi rimanemmo mutoli, e come di stucco. Scossi dopo alcuni istanti, e rotto il silenzio, scambiammo ancora qualche mesta parola con D. Lasagna, gli demmo le commissioni più necessarie, e poi addio. Il vaporino disparve, e con lui la magica visione del caro confratello.
La cena di quella sera ci parve di assenzio ; la notte turbata da funesti pensieri ; ed il sole dell' indomani per quanto bello sorgesse sull'orizzonte ci sembrava rifulgere di mestissima luce. Sino ad una cert' ora noi andavamo tuttavia lusingandoci che la nostra condanna non fosse che un sogno, o almeno fosse revocabile; ma ben tosto ogni raggio di speranza ci venne rapito e dalla bandiera gialla, che il capitano della Savoie dovette inalberare sulla prora, e da un ordine ricevuto dalla Commissione sanitaria di partire immantinenti per l' isola fatale. Allora fu d'uopo chinare il capo, e rassegnarci alle disposizioni della divina Provvidenza. Caricati tosto sopra un grosso barcone i nostri bagagli, e salitivi ancor noi ci mettemmo in balla delle onde in cerca del luogo del nostro esiglio, ridottoci a sei giorni. I nostri fratelli che non avevano da discendere a Montevideo continuarono il loro viaggio sino a Buenos Ayres attesi ancor essi ad una quarantena più o meno lunga sui lazzaretti flottanti della Plata. Credevamo che l'isola di Flores non fosse distante che di pochi metri ; e quindi per farci coraggio ci mettemmo a cantare sulla nostra baleniera ; ma quando vedemmo a scomparire il Savoie, e a poco a poco anche la bella capitale dell' Uruguay, ci morì sul labbro ogni canto, e non pensammo più che a raccomandarci a Dio, e a difenderci dai cocenti raggi del sole.
Dopo più di due ore di tragitto vedemmo finalmete a spuntare il nostro isolotto, e in breve ne fummo alla riva. Altri passeggieri di quarantena ci stavano colà osservando, e pareva che ci dicessero : « Coraggio, non siete soli ». Il comandante del luogo ed il dottore ci vennero tosto incontro, e ci accolsero molto cordialmente ; anzi quando seppero che noi e i nostri compagni quasi in N° di 100 eravamo pressoché tutti italiani ci fissarono la parte più vasta dell' isola per nostro soggiorno.
Ma di una cosa non ci vollero far grazia, e noi dovemmo sottometterci con grande disagio. Questi signori temevano che noi portassimo la febbre dentro i bauli ; quindi tratti i bagagli a riva, fummo costretti a cavarne una per una le nostre robe, sciorinarle al sole ed aspettare un impiegato che passasse ad aspergerle con una cert'acqua disinfettante. Fatto ciò, ogni oggetto veniva segnato colla lettera R, che alcuni interpretavano per Riveduto, ed altri più giustamente per Rovinato. Se avesse veduto, signor D. Bosco, che spettacolo ! A noi pareva di trovarci sul marcà dle pate ant ël borg dël Balon a Turin. Durante tutte queste così diligenti operazioni noi facemmo qualche osservazione morale e sociale insieme. Quante precauzioni, dicevamo tra noi, quante cautele si usano mai, perché non s' introduca una febbre, un contagio in un paese ! Cose tutte e belle e buone ; ma perché non si usano le stesse cautele, affinché non entri nei regni, nelle repubbliche, nelle città, nelle famiglie, la peste delle anime, le male dottrine, i libri, i fogli empii ed immorali ? Ah ! cecità umana, quanto sei da compiangere !
Or le daremo breve contezza di quest'isola, che ci serve di Purgatorio ; dico Purgatorio, perché difatti vi ci hanno cacciati nostro malgrado, e a fine di purgarci, come dicono, dai miasmi assorbiti in Rio Janeyro, e così mondati da ogni neo meritare di contemplar tra poco il caro aspetto della città di Montevideo, e godere la dolce compagnia dei nostri confratelli di Villa Colon. Sappia dunque che quest' isola non è che un gruppo di tre scogli di circa 400 metri quadrati ; in due dei quali stanno i viaggiatori della quarantena, e l'altro è occupato dai conigli e dalle vacche che vengono uccise col fucile, e servono di cibo ai condannati a domi cilio coatto, rei di null'altro che d'aver fiutato l'aria del Brasile. Il lazzaretto é diviso in tre va sti cortili, che mettono in tre parti dell' isola, i ciascuna delle quali escono a passeggio i poveri esiliati. Mi limiterò a farle visitare il quartier toccato a noi, perché guai se varcassimo il confine che ci é segnato da un fil di ferro! Ci raddoppie- rebbero la quarantena, o purgatorio; cosa che no: ci garba punto, perché sospiriamo ardentemente la patria. Primieramente questa si chiama isola Flores cioé dei fiori, e noi non vi troviamo che fiori di camomilla. Al contrario abbondano le lu- mache, e sotto un' erbaccia alta un metro stri- sciano qua e là lunghe serpaccie, che ci fanno da salti di spavento. Ah ! se fosse con noi il caro teol. Belasio, che paventa cotanto le biscie, il buon ve gliardo ne morrebbe certo di paura ! Intorno all'isola per altro si possono cogliere le ostriche ih quantità ; e chi fosse buon tiratore potrebbe fari ottima caccia di uccelli, che passano a stormi, si fermano anche su queste roccie, come spediti dalla Divina Provvidenza a gradito pascolo dei poveri isolani. A quando a quando si veggono dalle onde gettati sulla spiaggia avanzi di bastimenti e barche naufragate, legni, cappelli, ciabatte, candele e simili ; ed oggi stesso se fossimo abili ad aggiustare un bastimento ne avremmo uno a nostra disposizione. Poveretto ! Due giorni prima del nostro arrivo venne a dar di cozzo contro questi scogli, E vi lasciò la vita, rimanendo però salvi tutti i passeggieri. Questa sventura ci fece meglio riflettere quanto sia stato buono Iddio con noi, poiché abbiamo passato i maggiori pericoli senza la minima disgrazia. Ma qui ci pare di udire il nostro caro D. Bosco a dire : Voi mi parlate dell'isola Flores senza fiori, delle sue lumache, delle biscie, e di millanta cose per me poco o nulla interessanti ; ma nulla di voi, ditemene pur qualche cosa : come state di salute ? che cosa fate di bello su cotesto scoglio ? Carissimo padre, viva pur tranquillo sul nostro conto. Tolta la pena sofferta all'annunzio della inaspettata nostra quarantena, noi non abbiamo patito male alcuno nè di corpo nè di spirito. Ci duole la spesa non prevista di circa mille lire, che ci costa la fermata in questo luogo, dovendo pagare uno scudo al giorno per testa ; ma il Signore saprà ricompensarcene colla carità inesausta dei nostri benefattori, e questa fiducia ce ne lenisce il dolore.
Il capitano dell'isola é un italiano e ci usa quindi molti riguardi ; con isquisita gentilezza ci tratta eziandio il medico, certo Sig. Bertelli, che é di Gavi presso al nostro Mornese, appartenente ad una famiglia a noi conosciutissima. Alle nostre Suore fu assegnata una decente camera da potervi stare tutte insieme ; ed un'altra per noi molto comoda. Come vede, neanche in questa situazione che pareva doverci tornare così trista, il Signore non ci venne meno, ed oltre alla sanità che ci dona, ci fa usare dagli uomini le maggiori finezze. Oh ! beati quelli davvero che sperano in Lui, e si abbandonano nelle sue mani.
Ma ora che fate di bello costi ? - Quello stesso che lungo il viaggio, e qualche altra cosa ancora. Anche qui noi troviamo Iddio da servire e delle anime da salvare; anche qui vogliamo essere figli di D. Bosco. Quindi al mattino se la S. V. si trovasse sulla cima di questo faro vedrebbe in fondo in fondo davanti alla Chiesuola del Cimitero uno stuolo di Suore di Maria Ausiliatrice, le quali attendono alle loro preghiere, e più in qua sopra di una roccia vedrebbe raccolti i Salesiani con qualche buon Napolitanetto che recitano le loro orazioni, e fanno la meditazione. Più tardi ci troverebbe a tavola con un appetito che bello é il vedere come ci serve; e con cui facciamo toccare con mano al sór Dottore Sanitario, che invece della febbre gialla abbiamo la fame grigia. In certe ore poi del mattino, e del dopo pranzo Ella ci troverebbe parte a studiare, parte a lavare, ché tal è l'ordine del comandante, parte a pescare e cacciare ; ed altri a tenere piacevole conversazione coi nostri compagni di viaggio allo scopo di far loro alcunchè di bene all'anima. Nè dimentichiamo i pochi ragazzi che qui si trovano, i quali tengono sempre il primo posto nel nostro cuore. Insomma noi procuriamo che questi pochi giorni ci tornino utili; e vedremo di trarne profitto col meglio apprendere la lingua e i costumi del paese, ed anche col fortificarci e farci buon sangue, a fine di lavorare poscia con maggior lena, quando tra poco ci troveremo in campo coi nostri fratelli.
La lettera é ormai troppo lunga, e perciò concludiamo. Tutti, e Salesiani e Suore di Maria Ausiliatrice, la riveriamo cordialissimamente, e ci raccomandiamo tuttora alle sue preghiere. Finito l'esiglio, le scriveremo dalla patria.
Suo aff.mo in G. C.
SaC. GIACOMO COSTAMAGNA.
Villa Colon, 4 Gennaio 1878. Rev.mo ed amatissimo Padre,
Coll'aiuto di Dio e della Vergine SS. Ausiliatrice, non che per le preghiere di chi ci vuol bene, noi siamo giunti felicemente al nostro nido. D. Costamagna e i destinati a Buenos Ayres e a S. Nicolas sono già di qui partiti, e speriamo che ancor essi saranno arrivati al loro posto incolumi, poichè il tragitto non è che di dodici ore.
Noi stiamo ottimamente. In questo paese incantevole si respira un'aria balsamica, si gode di un cielo bellissimo, e vi ha da lavorare finchè si vuole. Ma ohimé! ci manca una cosa... la vista del nostro caro D. Bosco. Oh se sapesse come ora lo desideriamo ! Quando avremo la fortuna di vederlo in America?? Lo speriamo, sa! Ce lo ha promesso. Tutti i giorni noi ci ricordiamo di Lei. Moltissime volte nella giornata noi sulle ali del nostro pensiero veniamo costì, e col nostro spirito ci raggiriamo or nella Chiesa di Maria Ausiliatrice, or nel cortile dell' Oratorio, ora sotto il porticato in cerca del nostro buon padre. Ma se cogli occhi del corpo non ci é dato di vederlo, ben il vediamo con quelli della mente, e questo ci basta, perchè il buon Dio ci consola in tante altre maniere. Non le stiamo ora a descrivere il nostro viaggio fin qui, nè la famosa visita a Rio Janeiro, nè la nostra quarantena, nè altre particolarità, perché Le furono già a nome di tutti raccontate dalle varie nostre soste, specialmente dalla più lunga e e disgustosa dell'isola Flores. Le narriamo invece la festa che pochi giorni dopo il nostro arrivo si fece in Collegio per la chiusura delle scuole.
Qui giunti noi trovammo i nostri fratelli occupati negli esami finali, che terminarono il 22 dicembre. Il 25 festa del SS. Natale fu l' ultimo dell'anno scolastico. Alla Messa di mezzanotte si fece una funzione splendida e divota, e ci pareva davvero di trovarci in mezzo ai giovani dei nostri Collegi in Europa. Nel pomeriggio poi ebbe luogo una magnifica Accademia letteraria e musicale, stata prima annunziata su pei giornali di Montevideo col suo programma. Quindi all'ora stabilita una folla di gente invitata si versò nel Collegio. Il salone più vasto era tappezzato da più di 60 bandiere di varie nazioni. Un palco da una parte serviva pei cantori, e per quelli che declamavano ; dall'altra parte un secondo palco sospeso in alto era pei forestieri, che più non vi capivano sotto. La gran sala adorna in modo brillante, gremita di gente, faceva un effetto mirabile.
L'accademia si apri coll' inno nazionale. Per la parte letteraria si pronunziarono discorsi, si declamarono poesie spagnuole, portoghesi, inglesi, italiane, e persino in latino, sebbene qui siasi pochissimo amanti di questa lingua. Nella parte musicale, se non temessimo di mettere invidia ai musici dell'Oratorio, diremmo che in un anno solo questi musici hanno propriamente fatto mirabilia. Oltre all'inno nazionale si cantò il terzetto di Crispino, il coro del Giuramento, Alla pace degli Eletti, la Preghiera nel Mosè, il terzetto del nostro D. Costamagna, gli Esami Finali, e qualche romanza, tutta roba italiana. Gli applausi furono strepitosi.
L'Accademia fini colla lettura dei voti ottenuti negli esami, che ebbero un esito felicissimo. Un discorso assai applaudito del Direttore pose fine alla festa.
I giovani nella sera stessa se ne andarono tutti. Ma se partirono gli alunni non partì il lavoro poichè assai vi é da fare in Collegio e fuori a pro delle anime ; e non solo pei sacerdoti, ma per tutti. Laonde noi come soldati giunti or ora sul campo, e perciò ancor freschi di forze, solleviamo i nostri fratelli, che in si poco numero sostennero nondimeno da soli per un anno intiero tutto il peso della battaglia. Poverini ! sono magri e spartiti, che mettono compassione ; ma per grazia di Dio nessun ammalato.
Ora più che mai noi abbisogniamo di aiuti dal Cielo. Perciò ci raccomandiamo vivamente alle preghiere di Lei, ottimo, Padre, e di tutti coloro che ci vogliono bene. I suoi figli di questa Casa, i primi e i secondi arrivati, Le domandano la paterna benedizione, ed in modo speciale
Il suo aff.mo in Gesù Cristo
Ch. PIETRO ROTA.
Buenos Ayres, 2 Gennaio 1878.
Carissimo D. Bosco,
Finalmente ci siamo, e ci siamo davvero senza pericolo più di burrasche e di quarantene. Ne sia benedetto Iddio, e la Vergine Immacolata che vi ci hanno condotti sanissimi. Diciamo sanissimi non solo perchè ci liberarono da gravi pericoli per terra e' per mare, ma perché diedero mirabilmente la sanità a quelli di noi, che partirono di costì poco bene in salute. Così fu difatto del nostro caro Don Vespignani, il quale sta così bene, che ormai più non lo si riconosce da quello che era due mesi fa. Anche gli altri godono salute. E di star bene si ha qui un grande bisogno, perchè il lavoro è molto, e va crescendo ogni dì. Sapevamo per relazioni, che qui non si stava in ozio ; ma ora che vediamo le cose cogli occhi nostri ci accorgiamo davvero che non erano cose esagerate. Oltre al ministero sacerdotale nelle Chiese della Bocca, della Misericordia, del Collegio, nonchè di altre ancora, oltre la visita e l'assistenza agli infermi, si aggiungono le scuole ai giovani poveri, come la S. V. tanto ci raccomandò. Laonde, or pei sani, or pei malati, or per gli adulti, or pei giovinetti, si è da tutti e tutto il giorno occupati.
Varii sono i campi che il Signore ci ha dato qui a coltivare ; ma il più vasto e che pel momento presenta una più abbondante raccolta, si è la Chiesa della Misericordia. Le basti il sapere che lungo il giorno noi non facciamo che calare e salire le scale, perchè in Chiesa vi é sempre gente venuta or da più, or da meno lontano, che ci chiama. La maggior parte sono Italiani. E non sono soltanto persone pie e divote, che ci dànno questo gradito disturbo ; ma il più delle volte sono pesci, così grossi, che farebbero stracciare le nostre reti, se non fossero di filo celeste e ben forte. In questi incontri è tanta la consolazione che noi proviamo, che ci fa dimenticare ogni pena e fatica. Il cuor nostro va poi veramente in giubilo quando in certe ore del giorno ci vediamo attorniati da una bella schiera di bamboletti dai 19 ai 20 anni, i quali non hanno ancor fatta la lor prima Comunione, e sanno appena che vi é Dio. Dopo averli per qualche giorno bene istruiti, oh ! quanto si gode al vederli poi a confessarsi con grande compunzione, e poscia con divoto contegno accostarsi a ricevere per la prima volta il Pane degli Angeli, e dar principio ad una vita veramente cristiana ! E allora che noi esperimentiamo adempita in noi medesimi la promessa fatta da Gesù Cristo a coloro che lasciano tutto per amor suo, di dare cioè in premio, oltre la vita eterna, il centuplo ancora su questa terra ; centuplo di beni spirituali, di gioie, di delizie anticipate di Paradiso. Noi riceviamo appunto questo centuplo, più prezioso, più desiderabile che non tutte le più grandi cose del mondo. Oh! si tengano pure i ricchi le loro ricchezze, i mondani i loro divertimenti, le loro libertà, le loro gioie, chè noi non li invidiamo. Imperocchè conforta di più, consola di più il condurre un'anima ad amare Iddio, cui prima non conosceva né amava, che non tutto il pelago degli umani piaceri. Or di queste stille di celestiale dolcezza noi ne riceviamo nel cuore tutti i giorni, pel gran numero di giusti e di peccatori, che vengono a cercare rifugio in questa Chiesa.
Abbiamo voluto esaminare qual fosse la causa di tanto concorso a questo luogo, la causa di tanta pietà, di tante conversioni, la causa insomma per cui questo campo del Signore presenta messe così abbondante. Crediamo di non andare errati dicendo che, dopo Dio e l'Augusta Madre di Gesù, due sono le principali cagioni di tanto bene. La prima, sono i sudori del compianto D. Baccino. Imperocchè dopo che quello zelante fratello della prima spedizione venne a lavorarvi, la gente prese ad accorrervi in gran folla, e cominciò fin d'allora quel movimento che continua tuttavia, e mostra di andar crescendo ancora. La seconda cagione sono le preghiere che vi fanno, e gli esempi di singolarissima pietà che vi dànno i confratelli della Misericordia, quasi tutti Cooperatori Salesiani.
Questi buoni e ferventi cattolici ogni mattino per tempo vengono in gran numero alla prima Messa, dicono ad alta voce le loro orazioni, e la terza parte del Rosario, e poi fanno la Santa Comunione. Dopo ciò ognuno si reca alle proprie occupazioni, e vi passa santamente la giornata.
Alla sera poi sul fare della notte vi ritornano con molte altre persone, cantano lodi alla Mater Misericordiae, di cui sono divotissimi, e Le ripetono il Rosario. Ma le loro preghiere sono fatte così di cuore, il loro contegno é così esemplare, che pare di trovarsi in mezzo ad una comunità religiosa delle più fervorose. Essi presero questa maniera di vita fin dal primo anno che vi giunsero i nostri fratelli. Sentendo che i nostri al mattino facevano la meditazione e preghiere in comune, cominciarono pochi per volta a venirvi a prendere parte ancor essi, ed ora vengono moltissimi, e fanno così bene, che tutto il popolo n'è edificato. Or è facile argomentare così : « Oratio justi clavis est Coeli... ascendit oratio, et descendit Dei miseratio : » l'orazione del giusto é la chiave del Cielo; vi ascende l'orazione, e ne discende la misericordia . di Dio. La loro vita edificante, i loro esempi di virtù, dimostrano che questi Confratelli e Cooperatori Salesiani sono persone pie e giuste ; quindi le loro preghiere penetrano il Cielo, e sono da Dio ascoltate. Ed ecco per conseguenza dal trono della divina Misericordia discendere la rugiada, anzi la pioggia di copiosissime grazie ; grazie di perseveranza pei giusti, grazie di conversione per le anime più perdute.
Per tutte queste cose, o caro D. Bosco, noi la ringraziamo che ci abbia qui mandati, dove vediamo le nostre fatiche così ben corrisposte. Appena si abbia costì qualche altro operaio evangelico lo mandi pure ad aiutarci in questo gran campo, nel quale non si ha solo a spigolare, ma a raccogliere grossi covoni, vale a dire innumerevoli anime, che attendono di essere radunati nei sicuri granai del Signore. Né si tema che per la nostra venuta non vi sia più del lavoro per altri ; no, no, questo non sarà mai. Se quest'anno vi è qui da fare per dieci, l'anno venturo ve ne sarà per venti.
Tuttavia non creda già che in mezzo a queste rose non vi siano le pungenti spine. D. Bodrato mi narrò poc'anzi che passò alcuni giorni di vera trepidazione. Il demonio accortosi che i nostri cominciavano ad incomodarlo, prese a dimenarsi ed agitarsi contro di loro orrendamente. I framassoni minacciarono nientemeno che bruciare la casetta di tavole che D. Bodrato con molta spesa e fatica si era fatto fare nella Parrocchia della Bocca. Ma Iddio non ha permesso questo delitto. Speriamo che i malevoli finiranno per convincersi che l'opera nostra ad altro non mira che a fare del bene al popolo, e ai figli del popolo, che essi hanno sempre in bocca. Noi chiamiamo l'opera nostra, opera di carità ; essi la chiamino pure umanità e filantropia, ma è opera sempre degna di essere rispettata da ogni persona ragionevole e di buon cuore. Carissimo Padre, preghi tanto per essi e per noi ; per essi affinchè non ci facciano del male, per noi, affinché possiamo far del bene a loro, e a tutto il mondo.
Monsignor Arcivescovo, che qui ci fa da padre, e ci tien luogo di D. Bosco, ci lascia di ringraziarla cordialmente dei libri che `. S. gli ha mandato per mezzo nostro.
I nostri fratelli andarono in festa a ricevere le sue care letterine. Se potesse scrivere più di spesso quanto bene ci farebbe ; ma non osiamo pretenderlo, ben sapendo il gran peso di affari, che le gravita ogni giorno sulle spalle. Tutti la riveriamo. Saluti tutti i fratelli, e raccomandi ai sacerdoti che nel Memento dei vivi si ricordino sempre dei loro Missionarii americani. Gradisca in particolar modo i rispetti di chi scrisse la lettera, che é il
Suo affamo in G. C.
Sac. GIACOMO COSTAMAGNA.
NB. Una delle prime notizie che riceverà in America questo nostro caro confratello, è una notizia ben dolorosa, la morte della madre, avvenuta poco fa in Caramagna sua patria. La pia donna nell'abbracciarlo quasi presaga di non averlo più a vedere su questa terra gli disse: A rivederci in Cielo. Quantunque speriamo che essa abbia già ricevuto il premio pel suo sacrifizio, tuttavia la raccomandiamo alle preghiere dei Cooperatori e Cooperatrici, anche per lenire il dolore del figlio, e dargli un segno di sincera riconoscenza, e di amor fraterno.
Ogni Cooperatore può acquistare indulgenza plenaria una volta al giorno da applicarsi alle anime del purgatorio, recitando la terza parte del Rosario di Maria Vergine avantì al SS. Sacramento, e non potendo avanti al divin Sacramento, recitandola innanzi al Crocifisso.
Indulgenza plenaria ogni volta che celebra la Messa, o si accosta alla santa Comunione.
Oltre alla indulgenza della Messa o della Comunione, un'altra plenaria ne può guadagnare ogni Domenica e nelle feste qui sotto notate, purché confessato negli otto giorni, e comunicato, visiti una qualche Chiesa, pregandovi secondo l'intenzione del Sommo Pontefice.
5. S. Giovanni della Croce.
9. Santa Francesca Romana, vedova.
11. Santa Catterina da Bologna.
19. S. Giuseppe, Sposo della SS. Vergine. 25. Annunziazione della SS. Vergine.
Diamo tregua alle lacrime, e la mestizia ceda posto alla gioia. Cessò di esser vedova la Chiesa; non sono più orfani i figli di Lei.
Il 20 Febbraio, appena 1.4 giorni dopo la morte del Grande Pio IX, il buon Dio allietava di un nuovo Capo la Chiesa, e noi tutti rallegrava di un altro amorosissimo Padre nel Cardinale Gioachino Pecci, che assunse il nome di Leone XIII (1).
Ringraziamo il Signore, non solamente perché ci abbia così presto consolati di un nuovo Papa, ma perché ce lo ha dato nella persona di un Cardinale, degnissimo delle Somme Chiavi.
L' alta sua dottrina, le virtù egregie, la esimia bontà dell' animo ; lo zelo apostolico, la prudenza nel trattare gli affari più delicati, il coraggio e l'energia nel mandare ad effetto le imprese più ardue, l'attività sorprendente dimostrata già e come Delegato, e come Vescovo, come Nunzio Apostolico, come Cardinale, e in fine come Camerlengo della Santa Romana Chiesa, tutte queste ed altre singolarissime doti, mentre lo facevano meritevole della più sublime dignità del mondo, sono altresì una caparra sicura che per Lui la Sede di Pietro continuerà a risplendere di fulgidissima gloria per tutta la terra.
SANTISSIMO PADRE,
Noi Salesiani e Cooperatori, prostrati in ispirito ai Vostri piedi, esultiamo della più viva gioia per avervi a Pastore supremo, a Guida sicura, a Padre amorosissimo delle anime nostre. Noi crediamo che voi siete il successore di Pietro, il Maestro infallibile, il Vicario di Gesù Cristo ; e perciò con tutta l'effusione del cuore vi giuriamo obbedienza, fedeltà ed amore. Parlate, e Vi ascolteremo, comandate, e Vi ubbidiremo ; segnateci la via, e noi, facile od aspra, la batteremo sino alla fine. No, col divino aiuto, noi non ismentiremo giammai il nostro nome. Figli del Salesio, noi ci glorieremo di stare con lui attaccatissimi a cotesta Cattedra di Verità, e nella nostra pochezza ci faremo ognora un vanto di Cooperare davvero con Dio e con Voi all'esaltazione di Santa Chiesa, alla salute delle anime colla parola, colla penna, coi libri; coopereremo specialmente alla coltura della povera gioventù, a Voi più cara che la pupilla degli occhi, ed ahimè ! or più che mai insidiata dai nemici di Dio, che nella fede e nei costumi cercano di corromperla e pervertirla.
SANTISSIMO PADRE,
Dalla Vostra sublime altezza degnatevi di volgere uno sguardo benigno sopra di noi, e sopra le opere nostre ; Vi piaccia di continuarci l'alta benevolenza, colla quale ci ha sempre confortati l' immortale Pio IX, Vostro illustre Predecessore ; benediteci, e noi Vi saremo devoti sino alla morte.
(1) Il nuovo Pontefice nacque in Carpineto, diocesi d'Anagni, il 2 Marzo 1810. Gregorio XVI nel I837 lo nominò suo Prelato domestico, e lo mandò Delegato a Benevento, a Spoleto, a Perugia. Nel 1843 lo inviò nunzio nel Belgio, e nel I846 gli diede il governo della Chiesa di Perugia, che egli resse saggiamente per 32 anni. Il compianto Pio IX lo creò Cardinale nel I853 ; e il 21 settembre dell'anno scorso gli conferì la dignità di Camerlengo. Finalmente il Collegio cardinalizio lo eleggeva a succedere a Pio IX il Grande, e il Figliuolo di Dio gli consegnava come a Pietro le chiavi del regno dei Cieli.