Periodico della Pia Unione dei Cooperatori Salesiani di Don Bosco
ANNO XXVIII - N. 5. Esce una volta al mese MAGGIO 1904.
SOMMARIO - Per le imminenti solennità dell'Ausiliatrice
Preziosi ammaestramenti del Papa 131
Il centenario della Consolata 133
Ai divoti del Sacro Cuore 136
Pagina intima 157 Della Visita del R.mo Don Albera alle nostre Case d'America . 158
Missioni Matto Grosso : I primi battesimi alla Colonia del Sacro Cuore: Fine della relazione di Don Turriccia . . . 142 Fra gli emigrati italiani: al Sempione: a Liegi . . 148 Culto e grazie di Maria Ausiliatrice 150
Notizie compendiate: A Valdocco: Lanzo, Milano, Roma Orvieto - Dall'isola di Malta - Dalle Americhe : Bahia, Lima, Buenos Ayres, Gallegos, Punta Arenas, S. Paolo, Repubblica S. Salvador, Valparaiso 154
Bibliografia: Vita di S. Serafino da Montegranaro . 158
Necrologia : Card. Michelangelo Celesia-Conte Francesco di Viancino - D. Giovanni Mosca - Diac. Cesare Gauci . . . . . 158
Illustrazioni : D. Calcagno con fanciulli Jivaros, 139 - Tre Jivaros, 141 - Alunni dell'Istituto salesiano di Lima, 143 - all'Esposizione di Lima, 147 - Diploma di onore al Collegio di Lima, 155 - Il nuovo organo alla Boca (Buenos Ayres) 157
Il pio e commovente esercizio del Mese Mariano, che apre tanti cuori a soavi speranze ed a ferventi preghiere, nel Santuario di Valdocco avea principio fin dal giorno 23 aprile. Grazie a questa dolcissima anticipazione, insinuataci dallo stesso Don Bosco, noi chiuderemo la splendida serie di tali fervorosi omaggi proprio nel dì sacro alle glorie ed ai trionfi di Maria SS. Ausiliatrice. Quindi il 24 del mese corrente sarà per noi doppiamente lieto e solenne; poichè, nella spontaneità degli affetti, nel fervore della pietà e nella pompa delle sacre funzioni, non solo corrisponderà alla grandiosità della festa titolare, ma si vestirà pur anche di quelle intime e gioconde caratteristiche proprie della chiusura di un solennissimo Mese Mariano.
Da qualche anno invero la festa di Maria SS. Ausiliatrice è assurta ad una fama mondiale ; non solo pegli innumerevoli pellegrini che accorrono ad assistervi anche da molte nazioni straniere, ma per la parte vivissima che vi prendono in ispirito milioni di divoti sparsi in ogni punto del mondo. Oh! quante suppliche e quante relazioni commoventi giungono in questi giorni al Santuario non solo dal Piemonte e dall'Italia, ma anche dalla Spagna, dal Portogallo, dalla Francia, dall'Inghilterra, dal Belgio, dalla Germania, dalla Svizzera, dall'Austria e dai paesi d'Oriente... E la stessa gara di singolare e profonda fiducia nell'Ausiliatrice si accende in questi giorni anche nelle lontane repubbliche del Sud e del Centro America, che ovunque sorgono chiese, cappelle e monumenti dedicati a sì gloriosa Regina. Ma il pensiero e il cuore di tutti è rivolto a Valdocco, ove Ella, per opera del servo suo, Don Giovanni Bosco, si compiacque d'innalzare il trono delle sue regali munificenze. E donde tanta gloria?
Se taluno si facesse ad indagare le ragioni del rapido e meraviglioso diffondersi di questa divozione, che in soli sette lustri ha già reso celebre in tutto il mondo il nostro Santuario, egli ne troverebbe tre principali.
La prima è la visibile predilezione che dimostra Maria SSma. di essere invocata in questi nostri tempi col titolo di Ausiliatrice !
La seconda è l'impulso grande che hanno dato a questa divozione i SS. Pontefici Pio IX e Leone XIII. Fu Pio IX che elevò al grado di Arciconfraternita l'Associazione dei divoti di Maria Ausiliatrice, eretta da D. Bosco nel prodigioso Santuario con l'approvazione dell'Arcivescovo di Torino fin dal 1869; e fu Leone XIII che dopo aver insignito di privilegi l'Associazione suddetta e il Santuario, decretava, nello scorso anno, il sommo onore dell'Incoronazione Pontificia alla Taumaturga Immagine.
La terza ragione poi del rapido propagarsi di questo soavissimo culto è la riconoscenza vivissima che tutti i figli di D. Bosco professano a Maria Ausiliatrice polche, come si esprime affettuosarnente il Rev.m° nostro Superiore, Don Michele Rua : « Per noi Maria Ausiliatrice é tutto. È dessa che ispirò e guidò prodigiosamente il nostro Don Bosco in tutte le sue grandi imprese é dessa che continuò e continua tuttodì tale materna assistenza sulle nostre Opere, per cui possiamo ripetere con D. Bosco, che tutto ciò che abbiamo, lo dobbiamo a Maria Ausiliatrice (1).
È quindi con gran fiducia, che invitando tutti a pellegrinare a Valdocco nelle feste imminenti, ci auguriamo che la divozione a Maria SS. Ausiliatrice abbia a diventare la divozione caratteristica anche di tutti i nostri Cooperatori. Così Maria SS. Ausiliatrice, più largamente onorata e invocata, moltiplicherà, ne siam certi, su noi, sulle nostre famiglie, come sulla Chiesa e sul mondo, le sue materne benedizioni.
Non dimentichiamoci che il 17 corr. è il I° Anniversario dell'imponente Incoronazione di Maria SS. Ausiliatrice. Nel Santuario avranno luogo speciali funzioni solenni, conforme l'orario pubblicato nello scorso numero del Bollettino.
Raccomandiamo a tutti di ascriversi all'Associazione dei divoti di Maria Santissima Ausiliatrice. Gli ascritti si propongono, innanzi tutto, due cose : -promuovere la gloria della Madre del Salvatore, per meritarsi la protezione di Lei in vita e particolarmente in punto di morte; - e promuovere e dilatare la venerazione a Gesù Sacramentato. E non debbono esser queste le aspirazioni d'ogni buon cristiano ? (2).
Esortiamo parimente ciascuno dei nostri Cooperatori a diffondere largamente questa soavissima divozione. A questo gioverà assai proporre ai conoscenti, parenti od amici, allorchè si trovano in qualche dolorosa contingenza, di ricorrere a Maria SS. Ausiliatrice con gran fiducia. Dite loro : Provate e vedrete! E in tali circostanze rammentiamoci che D. Bosco soleva raccomandare tre cose: - I° Mettersi in grazia di Dio, e, potendo, accostarsi alla S. Comunione ; - 2° fare una novena di preghiere, recitando tre Poter, Ave e Gloria a Gesù Sacramentato con la giaculatoria Sia lodato e ringraziato ogni momento il SSmo e Divinissirno Sacramento, e tre Salve Regina con l'invocazione Maria, Auxilium Christianorum, ora pro nobis : - 3° fare o promettere qualche opera di carità, conforme alle proprie forze, a vantaggio delle Opere Salesiane, le quali si possono chiamare propriamente : Opere di Maria SS. Ausiliatrice. Taluno potrà farne le meraviglie, ma il fatto è e l'esperienza dimostra, che di quanti ricorrono a Maria Ausiliatrice, quelli che premettono o anche promettono qualche offerta a benefizio del suo Santuario di Valdocco o delle altre Opere salesiane, sono più facilmente e prontamente ascoltati.
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Ai Direttori Salesiani e Diocesani, ai Decurioni, Zelatori e Zelatrici dei nostri Cooperatori raccomandiamo vivamente la Conferenza prescritta dal regolamento della Pia Unione, in occasione della solennità di Maria Ausiliatrice. Si inviti all'uopo qualche illustre conferenziere ; ed ove ciò non fosse possibile, si preghi l'oratore del Mese Mariano od il predicatore domenicale della chiesa principale del luogo a voler dedicare qualche loro discorso alla nostra buona Madre Maria SS. Ausiliatrice.
Noi confidiamo che lo zelo industre dei nostri benemeriti Direttori, Decurioni, Zelatori e Zelatrici, ed il loro amore per la nostra buona Madre saprà trovar modo di realizzare dovunque solenni onoranze alla potente Ausiliatrice dei Cristiani per l'incremento della nostra Pia Unione ed il maggior bene delle anime.
PEL PIEMONTE E PER LA LIGURIA anche quest'anno sono concessi speciali ribassi ferroviari pei pellegrinaggi al nostro Santuario nei giorni 2324 maggio.
PER RICHIESTE DI TESSERE e relativi schiarimenti rivolgersi al Delegato Regionale Mons. Giuseppe Vicini, Piazza Cavour, N. 2, Saluzzo, o al Comitato Internazionale pei pellegrinaggi, Via Mazzini, 94, Bologna, ovvero ai soliti Incaricati Diocesani.
Per parte nostra ai capi di pellegrinaggi ricordiamo che giunti a Torino non conviene recarsi al Santuario processionalmente, nè in corpo organizzato con bandiere ; ma conviene venire alla spicciolata al Santuario e riunirsi sulla piazzetta per entrare insieme. Vogliano poi avvisare per tempo il Rettore del Santuario dell'ora del pellegrinaggio e delle sacre funzioni che vi si intendessero celebrare.
Per affari riguardanti il Bollettino Salesiano rivolgersi alla Direzione o alle persone incaricate all'uopo nella Sacrestia.
(1) Cfr. Boll. marzo 1903.
(2) Non vi è alcuna annualità pecuniaria : ciascuno, se vuole, può fare ogni anno qualche oblazione per sostenere le spese che occorrono nella Novena e Festa di Maria Ausiliatrice e per tutte le altre sacre funzioni che si compiono nel Santuario.
Il 12 marzo u. s. festa di S. Gregorio Magno, Papa e Dottore della Chiesa, il Sommo Pontefice Pio X, togliendo occasione dal compiersi del xiii secolo dalla morte di un tanto suo predecessore, pubblicava una nuova Enciclica, dalla quale, benchè diretta in maggior parte al Clero, noi ci facciamo un dovere di estrarre e di presentare ai nostri lettori questi importantissimi ammaestramenti
I. - Indefettibilità della Chiesa e necessità di ricorrere a lei.
«Se dall'alto di queste mura vaticane volgiamo attorno lo sguardo, a simiglianza di Gregorio e forse più ancora di lui dobbiamo temere ; tante sono le tempeste addensate da ogni lato, tante le ordinate schiere de' nemici che premono, e tanto insieme è l'abbandono in cui siamo di ogni umano sussidio per ribattere le une e sostenere l'impeto delle altre. Ma se riflettiamo dove poggiano i Nostri piedi, dove questa Sede pontificia è collocata, Ci sentiamo al tutto sicuri sulla rocca della Santa Chiesa.
» Passarono regni ed imperi ; tramontarono popoli fiorenti per nome e per civiltà; più volte le nazioni come accasciate dal peso degli anni si disfecero in se medesime; mentre la Chiesa, indefettibile nella sua essenza, unita con vincolo indissolubile al suo Sposo celeste, è qui fulgente di eterna giovinezza, forte del medesimo primitivo vigore, quale usci dal Cuore di Cristo spirato in croce. Uomini potenti del secolo si sollevarono contro di lei. Essi sparvero ed ella rimase. Sorsero sistemi filosofici innumerabili, d'ogni forma, d'ogni genere, superbamente vantandosene i maestri, quasi avessero finalmente conquisa la dottrina della Chiesa, rifiutati i dogmi della fede, dimostrato l'assurdo de' suoi insegnamenti. Ma quei sistemi l'un dopo l'altro si annoverano nelle storie, dimenticati, falliti ; mentre dalla rocca di Pietro rifulge così sfolgorante la luce della verità, come quel giorno che Gesù l'accese al suo apparire nel mondo e le diede l'alimento della sua divina parola : Passerà il cielo e la terra, ma le mie parole non passeranno (Matth. XXIV, 35).
» Noi nudriti di questa fede, solidati su questa pietra, sentendo nel fondo dell'animo tutti i doveri gravissimi che il Primato C'impone, ma insieme tutto il vigore che per volontà divina in Noi deriva, attendiamo tranquilli che si sperdano al vento le tante voci che ci gridano intorno , che la Chiesa cattolica ha finito il suo tempo, che le sue dottrine sono per sempre tramontate, che da qui a poco essa si vedrà condannata o ad accettare , placiti della scienza e della civiltà senza Dio od a sparire dall'umano consorzio. Insieme però non possiamo fare a meno di ricordare a tutti, grandi e piccoli, come già fece il Pontefice S. Gregorio, la necessità assoluta di ricorrere a questa Chiesa per avere la salute eterna, per battere la diritta via della ragione, per nutrirsi della verità, per conseguire la pace e la stessa felicita di questa vita terrena. »
§ II. - Quale sia il massimo errore del nostro tempo, e quali le sue funeste conseguenze.
« Oggi... sebbene il mondo goda una luce sì piena di civiltà cristiana... sembra però stanco di quella vita che pure è stata ed è tuttavia fonte precipua e spesso unica di tanti beni, non pure passati, ma presenti eziandio. Nè solo, come avvenne in altri tempi al sorgere delle eresie e degli scismi, taglia se stesso fuori del tronco quasi ramo inutile, ma pone la scure alla radice prima dell'albero che è la Chiesa, e si sforza di inaridirne il succo vitale, perchè la rovina di lei sia più sicura ed essa più non rigermini.
» In quest'errore, che è il massimo del nostro tempo e la fonte onde dimanano gli altri tutti, sta l'origine di tanta perdita della eterna salute degli uomini e di tante rovine in fatto di religione che andiamo lamentando, e delle molte altre che temiamo ancora, se al male non si ponga rimedio. Si nega cioè ogni ordine soprannaturale, e però l'intervento divino nell'ordine della creazione e nel governo del mondo e la possibilità del miracolo ; tolte le quali cose è necessario scuotere i fondamenti della religione cristiana. S'impugnano perfino gli argomenti, onde si dimostra l'esistenza di Dio, rifiutando con inaudita temerità e contro i primi principi della ragione la forza invincibile della prova, che dagli effetti ascende alla causa , che è Dio, e alla nozione dei suoi attributi, infiniti. Imperocchè le invisibili cose di lui, dopo creato il mondo, per le cose falle comprendendosi si veggono. anche l'eterna potenza e il divino essere di lui (Ad Rom. 1, 21,22).
Resta quindi aperto l'adito agli altri errori gravissimi, egualmente ripugnanti alla retta ragione e perniciosi ai buoni costumi.
» Di fatto la gratuita negazione del principio soprannaturale, propria della scienza di falso nome (Tim. VI, 20), diviene il postulato di una critica storica egualmente falsa. Tutto ciò che si riferisce in qualsiasi modo all'ordine soprannaturale, perchè o gli appartiene, o lo costituisce, o lo presuppone, o perchè solo in esso trova la sua spiegazione, è cancellato senz'altro esame dalle pagine della storia. Tale è la divinità di Gesù Cristo, la sua incarnazione per opera dello Spirito Santo, la sua resurrezione per virtù propria ed in generale tutti i dogmi della nostra fede. Posta così la scienza sopra una falsa via, non v'ha più legge critica che la ritenga, ed essa cancella a capriccio dai libri santi tutto ciò che non le garba o crede contrario alla tesi prestabilita che vuol dimostrare. Tolto infatti l'ordine soprannaturale, la storia delle origini della Chiesa deve fabbricarsi su tutt'altro fondamento, e però i novatori rimaneggiano a proprio talento i monumenti della storia, traendoli a dire quel che essi vogliono, non quel che intesero gli autori.
» Molti restano presi per modo dall'apparato straordinario di erudizione che si ostenta e dalla forza apparentemente convincente delle prove addotte, che o perdono la fede o se ne sentono gravemente scossi. V'ha pure di quelli, che fermi nella loro fede, accusano la scienza critica come demolitrice, mentr'essa è per sè innocente ed elemento sicuro di ricerca, quando sia rettamente applicata. Nè gli uni nè gli altri si avvedono del falso presupposto, onde pigliano le mosse, vogliam dire la scienza di falso nome, la quale logicamente li spinge a conclusioni egualmente false.
» Nè meno lagrimevoli sono i guasti, che da quella negazione provengono alla vita morale degli individui e della società civile. Tolto il principio, che nulla di divino esista oltre questo mondo visibile, assolutamente non v'ha più ritegno alcuno alle sbrigliate passioni, anche più basse ed indegne, donde asserviti gli animi si gittano a disordini d'ogni specie. Abbandonolli Iddio ai desideri del loro cuore, alla immondezza; così che disonorino in se stessi i corpi loro (Ad Rom. 1, 20.). Voi ben vedete, o Venerabili Fratelli, come veramente trionfi per tutto la peste dei depravati costumi, e come l'autorità civile, là dove non ricorra agli aiuti dell'anzidetto ordine soprannaturale, non sia punto capace di frenarla. Anzi l'autorità non sarà punto capace di sanare gli altri mali, se si dimentica o si nega che ogni potere viene da Dio. Il freno unico d'ogni governo è allora la forza ; la quale però, nè costantemente si adopera, nè sempre può aversi alla mano ; però il popolo si va logorando come per un occulto malessere, d'ogni cosa è scontento, proclama il diritto di agire a suo arbitrio, attizza le ribellioni, suscita le rivoluzioni degli Stati, talvolta turbolentissime, mette sossopra ogni diritto umano e divino. Tolto di mezzo Iddio, ogni rispetto alle leggi civili, ogni riguardo alle istituzioni anche più necessarie vien meno; si pone in non cale la giustizia; si calpesta la stessa libertà proveniente dal naturale diritto; si giunge perfino a distruggere la compagine stessa della famiglia, che è il fondamento primo ed inconcusso della compagine sociale. Ne segue, che a' tempi ostili a Cristo, si rende più difficile l'applicare i rimedi potenti, dal Redentore messi in mano alla Chiesa, a fine di contenere i popoli nel loro dovere. »
III. - Necessità di ritornare a Gesù Cristo e di ridestare la vita soprannaturale in ogni ordine della società.
« E nondimeno non vi ha salvezza al mondo se non in Cristo: Imperocchè non havvi sotto al cielo altro nome dato agli uomini, mercè del quale abbiamo noi ad essere salvati (Act. IV, 12). A questo Cristo convien dunque tornare. Ai suoi piedi convien di nuovo prostrarsi per ascoltare dalla sua bocca divina le parole di vita eterna ; poichè egli solo può additarci la via della rigenerazione, egli solo insegnarci la verità, egli solo restituirci la vita. Egli appunto ha detto : Io sono la via e la verità e la vita (Ioann. xiv, 6.). Si è tentato novellamente di operare quaggiù senza di lui ; si è cominciato a metter su l'edificio, rigettando la pietra angolare, come l'Apostolo Pietro rampognava ai Crocifissori di Cristo. Ed ecco di nuovo la costrutta mole si sfascia e ricade in capo agli edificatori e li stritola. Ma Gesù rimane pur sempre la pietra angolare della società umana, e di nuovo si verifica che fuori di lui non vi ha salvezza : Questa è la pietra rigettata da voi, che fabbricate, la quale è divenuta testata dell'angolo, nè in alcun altro è salute (Act. IV, 11, 12).
» Di qui di leggeri riconoscerete, o Venerabili Fratelli, l'assoluta necessità che ci stringe tutti di risuscitare con la massima energia dell'animo e con tutti i mezzi che possiamo disporre, codesta vita soprannaturale in ogni ordine della società : nel povero operaio che suda da mane a sera per guadagnarsi un tozzo di pane e nei grandi della terra che reggono i destini delle nazioni...»
I nostri buoni Cooperatori preghino e, per quanto possono, si adoperino in ogni guisa, perchè siano tradotti in atto i santi ammaestramenti del Romano Pontefice.
CON intima gioia uniamo la nostra nota di giubilo all'inno di riconoscenza e di amore che più fervente innalzano quest'anno alla loro celeste Patrona i buoni e pii Torinesi. Chi conosce la divozione tenerissima che essi portano alla Vergine Consolata e più ancora chi ebbe la sorte di varcare, anche una volta sola, le soglie benedette di quell'antico Santuario, comprenderà benissimo, perchè noi registriamo con tanto affetto il faustissimo evento che allieterà nel prossimo mese l'augusta Torino. È un risveglio di soavi memorie e di ricordi paterni; è un omaggio doveroso di riconoscenza sentita e profonda.
Infatti, prima che in Valdocco torreggiasse sublime la cupola maestosa di Maria Ausiliatrice, lo sguardo di D. Bosco e di tutti i suoi figli era costantemente rivolto al Santuario della Consolata. Colà pellegrinavano sovente gli alunni tutti dell'Oratorio di Valdocco ; colà, nel luglio del 1846, s'implorò non senza lagrime e non senza voti che D. Bosco guarisse da mortale malattia; colà recavasi per cercar conforto Don Bosco stesso la mattina che perdeva sua madre... E la prima immagine della Madonna che D. Bosco solennemente propose alla nostra divozione fu appunto una divota statua di Maria Consolata!
D'altra parte, se queste ragioni non bastassero, noi ne abbiamo delle altre ancor più gravi nella vivissima simpatia e nel generoso aiuto che ebbe in ogni tempo l'Opera nostra dai buoni Torinesi: è perciò un dovere per noi gioire della loro gioia e sposare la nostra nota di giubilo all'inno festoso che si preparano a sciogliere con tanta spontaneità ed intensità di affetto al compiersi dell'ottavo secolo del loro devotissimo culto a tanta Patrona.
Porremo quindi i nostri lettori a parte dì queste giocondissime feste ; e per questa volta, usando le stesse affettuose e calde parole dell'Emm° sig. Card. Agostino Richelmy, venerato nostro Pastore, ripeteremo con un intimo senso di gioia e insieme di gratitudine le glorie e i trionfi della Consolata.
I. - Origine e sviluppo della divozione alla Consolata.
« A vero dire, così l'Eminentissimo Card.Arcivescovo nell'affettuosa sua Lettera Pastorale del 25 marzo u. s., torna difficile lo rintracciare le prime origini fra noi della devozione alla Consolata. Ammaestrati i Torinesi dal Grande S. Massimo ad onorare con tenerezza filiale la Beatissima Vergine, ben presto ìn Lei riconobbero la sorgente di ogni conforto, e presero a salutarla quale Consolatrice degli afflitti. Ma le molte guerre e le calamità dell'età di mezzo come hanno in parte impedito il fiorire della vita religiosa nel Piemonte, così valsero ad occultare i segni della venerazione e dell'amore a Maria.
» In sul principio dell'undecimo secolo Re Arduino gemendo sotto il peso di forti dolori giaceva gravemente infermo nella città d'Ivrea; e la Pietosissima Regina del Cielo si degnava manifestarsi a lui con un tratto di singolarissima misericordia. Mentre lo assicurava della prossima guarigione, lo eccitava ad edificare in suo onore tre cappelle, una a Valperga, un'altra a Crea nel Monferrato e la terza a Torino presso la Chiesa già esistente di S. Andrea. Obbedì Arduino, e come narra l'antica cronaca, nel giorno 23 novembre dell'anno 1014, per ordine di lui furono gittate le fondamenta della vetusta cappella delle Grazie nel nostro Santuario. Fu grande per certo la letizia dei nostri padri : ed è a credere non siano mancati frutti preziosi della rinnovata divozione a Maria Consolatrice. Ma i tempi correvano ancora tristi assai, e ben presto per l'irruzione di popoli barbari Torino fu ridotta a troppo infelice condizione, e l'opera di Arduino insieme colla chiesa stessa di S. Andrea soggiacque alla sorte comune.
» Pure non era possibile che il luogo scelto da Maria dovesse rimanere privo di gloria e sterile di benefici per gli abitatori del Piemonte.
» Correva l'anno 1104, e in Brianzone, piccola città del Delfinato, viveva nell'amore santo della nostra augusta Religìone un pio signore, ricco di beni di fortuna, ma povero quanto a doti di natura, perchè privo del lume degli occhi: il nome suo Giovanni Ravacchi. Di lui si volle servire la Vergine come di strumento avventurato a risvegliare nei nostri maggiori i sensi della fede e della devozione. Avvertito dalla stessa Regina del Cielo che in Torino fra i ruderi di un antìco tempio trovavasi una sua immagine, e che era prossimo l'istante in cui la medesima doveva pubblicamente essere restituita al culto, egli si incamminò con grande coraggio alla volta del Piemonte, e superate felicemente le peripezie della lunga e difficile peregrinazione giunse fra noi nel cuore della state dell'anno anzidetto 1104. Come vuole la tradizione, era il 20 giugno quando alla presenza del Vescovo e di una devota moltitudine venne scoperta la prodigiosa immagine dietro le indicazìoni del Ravacchi, il quale prostratosì con trasporto innanzi alla stessa ebbe ad acquistare subitamente la vista. Non è facile dìre a parole la piena della sua allegrezza, ma non è difficile lo intendere come dalle sue labbra spontaneo siasi sprigionato bentosto l'inno della gioia e della gratitudine. E quanti furono spettatori del prodigio ebbero a sciamare con lui: O Beata Maria, o Celeste Consolatrice degli afflitti, pregate per noi, intercedete pel vostro popolo diletto. Ora pro nobis, intercede pro populo tuo, Virgo Consolatrix. La prece devota salì ben accetta al trono di Maria, e la devozione a una tanta Madre in Torino non venne più meno giammai. Il nostro Santuario della Consolata acquistò un nome illustre non solo fra le chiese della città e della diocesi, ma in tutto il Piemonte ; e parve costante la gara fra la benignità di Maria nel largire grazie e benedizioni e la sollecitudine dei Torinesi nel moltiplicare le domande, i ringraziamenti e gli atti di ossequio.
» In modo straordinario presero ad affluire i fedeli, e tanto crebbero le tavole votive, i cuori di argento e gli altri segni della devozione e della riconoscenza, che, più non bastando le pareti del tempio, i medesimi si dovettero accumulare pure nei luoghi vicini alla chiesa, e non fu tampoco possibile serbare accurata memoria di tutte le grazie ottenute. Ne basti qui lo accennare ad alcuni fatti di maggior momento.
» Nelle pestilenze che travagliarono i secoli XIII, xiv, xv, xvi, xvii, fu manìfesta la protezione della Consolata ; poichè in mezzo alla costernazione dell'Italia e dello stesso Piemonte Torino tal fiata fu immune dal morbo, tal'altra solo lievemente ne ebbe a soffrire, e anco quando vide morire parecchi de' suoi figli, sempre provò in mille modi la forza del celeste conforto. La guerra più e più volte ebbe per certo ad afflìggere le nostre contrade, ma fra gli orrori della stessa non venne meno l'aiuto di Maria Consolatrice.
» In modo specialissimo giova qui ricordare la prodigiosa liberazione di Torino dal triste assedio dell'anno 17o6. Le truppe francesì e spagnuole, come a tutti è noto, da tre mesi tenevano stretta la nostra città e l'aveano ridotta a tale, che pareva follìa lo sperare redenzione. Ma il nostro Beato Sebastiano Valfrè non cessava dall'infondere coraggio nei soldatì e nei cittadini, tutti esortando a ricorrere alla Consolata e a porre in Lei ogni fiducia. E Maria invocata sui colli di Superga dal prode Vittorio Amedeo, a lui ed all'invitto Principe Eugenio ottenne le grazie opportune per isbaragliare il nemico e mutare subitamente in gaudio la piena del lutto... »
II. - Dei recenti trionfi di questa divozione.
« Ma egli è sovratutto in questi ultimi anni che la devozione alla Consolata conquistò siffattamente gli animi dei Torìnesi, da divenire come la caratteristica della pìetà cittadina....
» Un nuovo flagello, quasi a sostituire le antiche pestilenze, nel secolo decimonono più e più volte ebbe a seminare desolazione e strage nelle contrade dell'Europa: il cholera-morbus, ma Torino ogni volta ebbe a sperimentare la protezione di Maria. Fu caro spettacolo nel gìorno 3 settembre 1835 lo scorgere i primi magistrati della città accorrere in forma solenne al nostro Santuario, inginocchiarsi innanzi all'Altare della Consolata e deporre nelle mani dell'Arcivescovo Mons. Luigi Franzoni il voto della confidenza e dell'amore. Oh! come bene aveano allora i rappresentanti del popolo compreso il carattere del loro mandato! Era sorta in tutte le menti, avea occupato tutti i cuori la persuasione che a liberare Torino dal nuovo morbo Maria Consolatrice null'altro aspettava che la manifestazione del comune affetto. E fu pure bellamente scelto l'oggetto del voto. Oltre le preci pubbliche e le devote funzioni a compiersi nel Santuario, fu promessa la erezione sopra la piazza attìgua al tempio di una colonna di granito portante una statua in marmo della Vergine Santissima con iscrizione relativa alla circostanza dell'innalzamento. Non fu delusa l'aspettazione unìversale. Pochissimi casi di cholera si ebbero in Torino dopo la presentazione del voto; e in quell' anno funestissimo per l' Italia e per il Piemonte, sole 125 si noverarono nella città nostra le vittime del contagio. Dall'alto del grazioso monumento oggi ancora pare che Maria rivolga ai Torinesi lo sguardo della materna compiacenza e a tutti vada ripetendo che non si ricorre mai invano alla potente bontà del suo patrocinio... »
Qui l'Eminentissimo passa a parlare della speciale protezione accordata dalla Vergine a Torino anche il 26 aprile 1852 nel terribile scoppio della polveriera, e dopo di aver soggiunto che è ancora pia opinione « che alla benignità della Vergine Consolatrice debba Torino lo esser scampata da un grave pericolo nell'anno 1859, » quando « scoppiata la guerra contro l'Austria, poco mancò non venisse la nostra città occupata dai nemici » eloquentemente soggiunge: « Ritornò ancora in questi ultimi anni la sventura sotto diverse forme a battere alle porte delle nostre abitazioni ; ma sempre, pur in mezzo alle calamità inevitabili della vita presente, rifulsero gli effetti soavi delle consolazioni di Maria. E, quello che più è, fra l'imperversare delle tristi sétte, fra gli sforzi continui dei nemici della Chiesa, Torino sempre si mantenne città religiosissima; ed oggi ancora pare di giorno in giorno la fede e la pietà vadano moltiplicando il numero e lo splendore delle sante conquiste.
» Oh! non sia vietato a colui , che di Torino può dirsi figlio e padre al tempo stesso, il toccare, con un senso di gioia e insieme di gratitudine, delle glorie intime e dei trionfi spirituali della Consolata!... »
III. - Dei favori speciali, con cui piacque alla Vergine illustrare ed arricchire sovratutto nel campo dello spirituale la città di Torino in questi ultimi tempi.
Dopo di aver dimostrato come il Santuario della Consolata meriti « in modo sovraeminente il nome di Casa di orazione » e come sovratutto in questi ultimi tempi sia divenuto « il ritrovo delle anime pie desiderose di abbeverarsi alle fonti del Salvatore specialmente col ricevere il primo e il più grande dei Sacramenti la Divina Eucaristia » l'Eminentissimo Card. Arcivescovo descrive con divota unzione la solennità annuale del 20 giugno, e quindi passa ad accennare i « favori speciali con cui piacque alla Vergine illustrare ed arricchire sovratutto nel campo dello spirituale la città nostra in questi ultimi tempi. »
» Sono decoro e vanto di Torino, scrive l'Eminentissimo nostro Pastore, gli istituti di Don Bosco e del Venerabile Cottolengo; l'uno e l'altro ben possiamo dire che sono nati e cresciuti all'ombra della Consolata.
» Maria, che altra volta nella sua casa in Torino aveva ospitato il Santo Vescovo di Ginevra, dalla vicina borgata di Castelnuovo Astese chiamò fra noi il pio sacerdote, che dal Salesio dovea trarre non il nome soltanto per la nuova congregazione degli innumerevoli suoi figli, ma il prezioso secreto di accoppiare colla inalterabile dolcezza lo zelo più illuminato, l'operosità più ardente. Accanto al Santuario delle consolazioni dovea sorgere nel secolo decimonono il tempio augusto di Maria Ausiliatrice, perchè sempre meglio intendessero gli abitatori del forte Piemonte, che dalla Regina del Cielo insieme colla soavità del conforto hassi ad aspettare la forza dell'eroismo. »
E della Piccola Casa della Divina Provvidenza soggiunge : « In essa la devozione alla Consolata, fin dai più umili inizi dell'Opera, regna sovrana. In quella guisa che il Venerabile Fondatore giunto a Torino per addottorarsi in Sacra Teologia, piamente scherzando com'era suo costume, volle, celebrando nel nostro Santuario, dalla Madre di tutte le Consolazioni prima che dagli uomini ricevere l'onore della laurea, cosi ancora al presente non è possibile a chi pone il piede nella Piccola Casa godere delle sue largizioni o tampoco visitare le sue meraviglie, se prima non offre alla stessa Consolata i suoi devoti omaggi, inginocchiandosi innanzi alla effigie di Lei, che del pio luogo e delle migliaia di persone che lo abitano è insieme, Guardiana, Signora e Madre. »
Quindi conchiude
« Io non dubito punto di ascrivere all'amore di Maria per i Torinesi quella moltitudine di opere caritatevoli e di case di beneficenza, che contraddistinguono la nostra città e la fanno oggetto di invidia ai vicini ed ai lontani; ed insieme riconosco da Marìa Consolatrice quei trionfi, che in tempi ostili alla Religione fra difficoltà innumerevoli ha rìportato in mezzo a noi la Causa della fede e della devozione. »
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L'immagine prodigiosa della Consolata, che venne decorata di aurea corona settantacinque anni or sono per decreto del Venerando Capitolo Vaticano, nelle solennità centenarie e precisamente nel sabato 18 giugno verrà arricchita di una corona di stelle formate di gemme preziose e di brillanti, offerte dai numerosi divoti e dallo stesso Sommo Pontefice Pio X.
Nel prossimo numero daremo anche noi l'intiero programma delle feste.
Privilegi ed indulgenze concesse al Santuario del S. Cuore di Gesù in Roma.
PARE che sia stato misericordioso consiglio della divina Provvidenza di aver riservato a questi nostri calamitosissimi tempi, pieni di tanta indifferenza religiosa ed incredulità, la promulgazione o lo sviluppo delle più belle e care divozioni che sono presentemente più diffuse fra il popolo cristiano. Così, ad esempio, dal 1854 prese singolare sviluppo la divozione alla Immacolata Concezione di Maria; dal 1871 giganteggiò nella nostra penisola il culto soave del S. Cuore di Gesù ; dal 1868 cominciò a rendersi popolare prima in Piemonte, poi in Italia e quindi in ogni parte del mondo la dìvozione a Maria Ausiliatrice, come in questi ultimi anni è divenuto popolare ed altamente proficuo il culto alla S. Famiglia Nazzarena.
Ora fin dall'anno 1871, quando tutti i vescovi d'Italia vollero che tutti i fedeli delle diocesi alle loro cure commessi fossero consecrati al Cuore adorabile di Gesù, nacque l'idea che in Roma, nella città santa, centro del cattolicismo, come per ogni altra devozione così per quella al S. Cuore di Gesù a nessuna seconda, avesse a sorgere un grande santuario dedicato a questo divin Cuore, dal quale come da un focolare la vita avesse ad irradiare perennemente sul mondo. Quel grande ed immortale Pontefice , fatto secondo il cuore di Dio, che fu Pio IX, la caldeggiò, ed avendo a proprie spese già fatto acquisto di un tratto di terreno sull'Esquilino per costruire una chiesa da dedicarsi a San Giuseppe, che Egli da poco aveva dichiarato patrono della Chiesa universale, dispose che su quell'area medesima sorgesse un novello tempio, lieto che da quel punto più elevato della città, il Cuore di Gesù come da un trono avesse a benedire a Roma e al mondo.
Rapito alla Chiesa un tanto Pontefice e assunto al seggio pontificale Leone XIII di f. m. il quale, come vescovo di Perugia, era stato fra i primi pastori d'Italia a consecrare la diocesi a questo Cuore SS., il concetto primitivo si concretò. Per mezzo del suo Vicario l'E.mo Cardinal Raffaele Monaco La-Valletta, fece invito a tutti i vescovi dell'Orbe cattolico (con lettera 1 agosto 1878) di concorrere a quest'opera grandiosa, e segnò il primo anno del suo glorioso pontificato con l'inizio della costruzione di questo Tempio, sicché ai 17 agosto dello stesso anno il prelodato Card. Vicario , in nome di S. S. Leone XIII, poneva la prima pietra del grande edifizio. Senonchè, alla fine del 188o, essendo venuti meno i mezzi per la continuazione della fabbrica, furono sospesi i lavori.
Ma il S. Padre, desiderando ardentemente che non mancasse di Chiesa parrocchiale la nuova popolazione dell'Esquilino, e bramando insieme di provvedere ai bisogni della gioventù pericolante, degnavasi di affidare al sacerdote Don Giovanni Bosco la costruzione dell'Opera colossale con queste parole : « Vi affidiamo la elevazione del gran tempio da consacrarsi in Roma al culto del Divin Cuore:. Noi vi concorreremo col nostro censo, riserbaudoci la costruzione della facciata. » Non è a dire quanto il nostro D. Bosco si stimasse onorato e con quanta riconoscenza ricevesse quell'incarico, e come con tutte le forze siasi adoperato per corrispondere dia sovrana e pubblica aspettazione. In seguito a questa benevola disposizione del Santo Padre, Don Bosco credè conveniente acquistare un'altra area limitrofa di ben 5.500 mq. per ampliare la Chiesa e per innalzare un Ospizio con scuole e laboratori per ricoverarvi giovanetti di ogni paese e nazione educandoli alla scienza ed alle arti, ma sovratutto alla virtù facendoli buoni cristiani. Superate coll'aiuto divino tutte le difficoltà, il 14 maggio 1887 Don Bosco aveva la consolazione di assistere alla solenne consacrazione del grandioso tempio eretto coll'obolo di tutto il mondo.
Ora, il grande Pontefice Leone XIII di s. c. memoria, fin dal 15 novembre del 1888, concedeva al nuovo Santuario il privilegio della messa votiva del S. Cuore in ogni venerdì dell'anno; e la sovrana bontà del Sommo Pontefice Pio X, felicemente regnante, arrichivalo delle seguenti straordinarie indulgenze
« I) Tutte le messe che verranno applicate alle anime del purgatorio da qualsiasi sacerdote secolare o regolare (celebrate all'altare dedicato al Cuore SS. di Gesù) godranno in perpetuo le medesime indulgenze e favori come se fossero celebrate all'altare di S. Gregorio (1).
» II) Indulgenza plenaria quotidiana perpetua da lucrarsi da tutti quelli i quali, confessati e comunicati, visiteranno detto Tempio, pregando il Cuore di Gesù per l'esaltazione di S. Chiesa, l'estirpazione delle eresie, la conversione dei peccatori, la concordia tra i principi cristiani, e secondo l'intenzione del Sommo Pontefice.
» III) Tutti i fedeli che, confessati e comunicati come sopra, visiteranno il detto Santuario dai primi vespri dell'Ottava del Corpus Domini ad un'ora dopo il tramonto del sole del giorno seguente, solennità del Cuore SS. di Gesù, pregando per l'esaltazione di S. Chiesa, la conversione dei peccatori, l'estirpazione delle eresie, la concordia dei principi cristiani e secondo l'intenzione del Sommo Pontefice, toties quoties essi lucreranno l'indulgenza plenaria tanto per sè, quanto per le anime del Purgatorio - come pel perdono d'Assisi. - »
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Richiamiamo l'attenzione dei benemeriti nostri Cooperatori sulla Pia Opera del S. Cuore di Gesù eretta nel suddetto tempio del S. Cuore in Roma, i cui ascritti mediante l'offerta di una lira italiana per una volta sola godranno in perpetuo della celebrazione di sei messe quotidiane, e saranno messi a parte di tutte le preghiere ed opere buone che si compiranno nella chiesa suddetta. Fra queste ci piace rilevare la commoventissima funzione del I° venerdì del mese, in cui si celebra coram Sanctissimo, molti fedeli uniti agli alunni ed ai confratelli dell'annesso Ospizio si accostano alla S. Comunione e dopo il canto grave ed edificante delle Litanie del S. Cuore s'imparte solennemente la Benedizione Eucaristica.
La Pia Opera ha due centri : l'uno a Roma, l'altro a Torino. - A Roma l'indirizzo è il seguente: Reverendo Sig. Direttore dell'Ospizio del S. Cuore di Gesù, Via Porta S, Lorenzo, 42. - A Torino: Rev. Sac. Michele Rua, Superiore generale dei Salesiani, Via Cottolengo, n. 32.
(1) Fiducia, qua fideles retinent, celebrationem Missae in altari S. Gregorii in eius ecclesia caelimontana (idque dicendum de altaribus gregorianis ad instar) uti specialiter efficacem ex beneplacito et acceptatione divinae misericordiae ad animae ex Purgatorii poenis liberationem, pia est et in ecclesia probata. (Cfr. BuccERONI, Th. Mor. VOI. 2. n. 1379).
Le commissioni dei Cooperatori.
Giornalmente ci vengono recapitate centinaia di lettere dei nostri Cooperatori con commissioni di vario genere appartenenti ai diversi uffici dell'Oratorio.
Ora accade, che talvolta non si possa dar tosto evasione alle varie commissioni che ciascuno ci lascia, quando queste son fatte di seguito nel corpo stesso della lettera.
Per la qual cosa pur continuando a scrivere al Superiore per ciò che riguarda più da vicino la sua gestione , come ad es. l' accettazione di persone nell' Istituto , preghiere da farsi , relazioni di grazie ricevute, limosine, offerte ecc. ecc., i nostri benemeriti Cooperatori sono pregati di scrivere le altre commissioni in altrettanti biglietti, secondo la diversità dell'oggetto, colla data e col proprio nome e cognome, e poi di unirli alla lettera, avvertendo però di notare sopra il biglietto : Direzione del Bollettino se per diplomi di Cooperatori o qualunque cosa riguardi il Bollettino; Prefetto della Casa se per pagamento di pensione; Prefetto di Sagrestia se per tridui, novene nel Santuario di Maria Ausiliatrice o per farsi ascrivere nell'Arciconfraternita dei suoi divoti ecc. ecc. ; Libreria se la commissione è per libri ; Magazzino Somministranze se per statue, immagini, medaglie, oggetti religiosi ecc. ecc.; Direzione delle Scuole Professionali se per lavori da sarto, calzolaio, fabbro, falegname; e così del resto, secondo il bisogno. Avuti questi biglietti nella sua lettera, il Superiore li distribuirà nel tempo stesso ai diversi uffizi cui appartengono, i quali, potranno eseguire le varie commissioni con tutta sollecitudine.
Notizie di famiglia.
Sua Ecc. Rev.ma Mons. Giovanni Cagliero, da vent'anni Vicario Apostolico della Patagonia e Vescovo titolare di Magida, è stato promosso Arcivescovo titolare di Sebaste.
Il 19 marzo u. s, nel nostro Oratorio di Lugo veniva comunicata in forma solenne al Rev.mo Can. D. Pompeo Petroncini, Parroco dei SS. Petronio e Prospero, la sua nomina a Cameriere segreto soprannumerario di sua Santità, in abito paonazzo, dovuta alla sovrana benevolenza del Santo Padre. Vive e sentite congratulazioni al novello Monsignore, zelantissimo Cooperatore Salesiano.
Ultimamente la Società Geografica di Lima nel Perù che è una delle più celebri, e la Società Nazionale di Agricoltura della stessa città, nominavano loro socio corrispondente, il direttore del nostro Collegio di Arequipa, Sac. Alfredo Sacchetti, in vista dei servizi resi all'agricoltura e alla scienza dalla Colonia Agricola e dall'osservatorio metereologico, annessi al nostro istituto di Arequipa.
Al Congresso internazionale di Musica Sacra, tenutosi la scorso mese all'Apollinare in Roma, durante le feste centenarie di S. Gregorio Magno, presero viva parte anche parecchi maestri Salesiani per poter determinare comuni norme direttive alle singole nostre Scuole di musica.
Ai RR. Parroci e Sacerdoti.
Avviene spesso che nei paesi si trovino di giovani contadini già alquanto adulti, i quali dimostrino ferma volontà di volersi ritirare dal mondo, per vivere una vita divota, lontana dai pericoli, lavorando pel Signore.
Qualora i RR. e Ben.ti Parroci, nostri Cooperatori, conoscessero qualcuno di questi giovani, potrebbero liberamente rivolgersi a noi per collocarli, che abbiamo aperte case apposite per ritirarli e coltivarli bene ; ma occorre che abbiano superati i 16 anni e che siano di complessione sana e robusta.
Per facilitare le pratiche di accettazione potrebbero anche direttamente rivolgersi al Sac. Gius. BERTELLO, Oratorio Salesiano, Torino; od al Sac. EUGENIO BIANCHI, Direttore della Colonia Agricola Salesiana in Ivrea, poichè quella casa appunto sarebbe destinata per farvi le prime prove di tal genere di vita.
Un pensiero di Don Bosco.
Maria è la creatura più amata e la più amante. L'ama Iddio Padre, l'ama Gesù suo divin Figliuolo, l'ama lo Spirito Santo, l'amano gli Angeli, l'amano i santi, l'amano tutti i cuori ben fatti... Ella poi ama noi coll'amore di una madre; e se ama tutti i cristiani in genere, porta un amore più tenero alla gioventù. Maria fa come il divin suo Figliuolo Gesù, il quale voleva tanto bene ai fanciulli, che li avrebbe voluti sempre presso di sè a fargli corona. Se Gesù diceva agli apostoli: Lasciate che i fanciulli mi vengano a trovare, Maria va pure ripetendo a sua volta. chi è piccolo venga da me: Si quis est parvulus veniat ad me! .
(Cinque lustri di Storia dell'Oratorio, pag. 189).
Tutti a Valdocco
Rinnoviamo caldamente a tutti i nostri Cooperatori l'invito di pellegrinare a Valdocco delle feste solenni dell'Ausiliatrice.
E' vero che la Madonna ascolta dappertutto le preghiere dei suoi divoti; ma è pur vero che vi sono dei luoghi in cui Ella dispensa, in modo speciale, a chiunque la invoca, le sue beneficenze e le sue grazie...
Ai nostri giorni uno di questi troni di miserìcordia è appunto il Santuario di Valdocco !...
A Valdocco adunque, o divoti della Taumaturga Ausiliatrice !
(Relazione del Sac. Calogero Gusmano *Vedi Bollettino di aprile. )
NELL'EQUATORE
A Cañar - Alla volta di Cuenca - Un altro pericoloso incidente.
Il nostro viaggio contìnua colle stesse difficoltà alternando le ascensioni colle discese; i panorami incantevoli coi precipizii orrendi; i patimenti presenti colle; lusinghe di gioie future.
Prima di arrivare a Cañar, capoluogo del canton omonimo, ci vennero incontro , a cavallo, molte distinte persone, fra gli altri il fratello dell'ex-Presidente della Repubblica, Dott. Luigi Cordero, decano dei Canonici nella città di Cuenca. accompagnato dall' infaticabile apostolo deì Jivaros : il nostro D. Mattana, cui la folta, lunga ed imponente barba ci aveano reso irriconoscibile : erano 15 anni che non lo vedevamo più! Impossibile dire le attenzioni cui fummo fatti segno in questa città. Clero municipio e popolo parve si sollevasse come un sol uomo per implorara dal Visitator salesiano la fondazione di una casa di arti e mestieri colle sezioni almeno dei sarti calzolai, cappellai e una scuola di musica istrumentale. Fu una continua successione di preghiere di privati e di corporazioni, di profferte di case e di dimostrazioni della necessità che aveva il paese di un simile istituto. Se vi son momenti in cui si senta tutta la pena della penuria di personale, questo senza dubbìo dovette essere uno per Don Albera.
L' indomani di buon mattino eravamo sui nostri cavalli; volevamo nella stessa giornata arvare a Cuenca, la seconda città dell'interiore della Repubblica, l'Atene dell'Equatore, città còlta e gentile. Anche questa volta ad alcune ore di distanza una cinquantina di cavalieri con focosi destrieri mossero incontro a D. Albera e si volle che cambiasse cavallo.
Qui è opinione che il cambiar cavalcatura dopo lungo viaggio riposi la persona e pare non sia una illusione e che si ottenga realmente il benefico effetto. D. Albera era adunque attorniato da tanti amici e cooperatori, che io credetti poter accelerare il passo al mio bucefalo e cambiando l'ordinaria mia posizione di retroguardia pormi nell'avanguardia. La comitiva però troppo ritarda a raggiungermi; comincia a nascermi qualche sospetto, ritorno indietro e vengo a conoscere che D. Albera era nuovamente caduto, e questa volta le cose erano più serie. Stramazzato malamente a terra, la gamba sinistra eragli rimasta sotto la pancia del cavallo ed il piede ricevette tale colpo che si gonfiò straordinariamente e temevamo di una qualche frattura; per tre giorni egli fu costretto a completo riposo in camera. I Padri Redentoristi lo vollero loro ospite ed io non so se si possa immaginare carità più amabile, attenzioni più delicate di quelle prodigateci da quei buoni religiosi. Dio ne renda mercede non solo a loro, ma a tutti i loro confratelli che più e più volte in dìverse Repubbliche di Sud-America ci usarono simile carità durante i. nostro lungo viaggio.
L'Opera di D. Bosco a Cuenca.
A Cuenca l'Opera salesiana ha anche ricevuto il marchio delle opere di Dio. Dispersi i confratelli nel 96, ai tempi della persecuzione di Alfaro, la fiorente casa di artì e mestieri passò in altre mani, poco pratiche e non sempre use a trattare colla gioventù e quei laboratorii divennero presto una memoria e lo stesso fabbricato si trova ora in cattivo stato. A noi tuttavia era necessaria, fosse pure una semplice residenza, a Cuenca, porta naturale e della massima importanza per l'Oriente, sostegno della missione tra i Jivaros, ed il sig. D. Rua da Torino stesso assai bene lo capì, inviando il danaro necessario per l'acquisto di una benchè modesta casa, in cui s'è potuto dar ricetto a qualche dozzina di orfani, ed i confratelli alternano le cure dell'educazione col ministero sacro, officiando l'annesso Santuario dedicato al Cuore di Maria, cui tanta divozione nutrono i buoni cuencani. Cuenca, posta a 2580 m. d'altezza, conta 30,000 abitanti; si presenta bene ed appaga il visitatore; s'estende su d'una pianura e gode di un clima, relativamente all'altezza, temperato. Anche qui nessun edificio veramente architettonico; ma sono belline le chiese dei Redentoristi e del Sacrario; nel centro della città, vedesi una vasta piazza, nel cui mezzo zampilla una stupenda fonte. Cuenca diè i natali ai più grandì letterati della Repubblica e merita il nome di città dotta.
A Cuenca si ricorda tanto D. Calcagno. il primo superiore delle case salesiane: Egli ovunque sapeva cattivarsi l'affetto di tutti. Impedito da mal ferma salute di penetrare fino alle foreste dei Jivaros, si fece fotografare con alcuni indii: quella fotografia è là ad attestare il cuor grande di quell'uomo che non potè realizzare i suoi generosi progetti sorpreso dall'esìlio e dalla morte: il nobil animo però dei cuencani tutto comprese e quel gruppo orna le pareti riconoscenti di tante famiglie.
Si parte nuovamente - Al Sigsig Entusiasmo e pericolo.
D. Albera ricevette a Cuenca molte visite; ma, per l'incomodo del piede, non potè restituìrne alcuna. L'undici giugno, appena fu in grado di cavalcare, riprendemmo il cammino per la missione; la marcia era forzata di tredici ore almeno; dovevamo andare a pernottare al Sigsig, ultima popolazione prima d'internarci completamente nella foresta. Il Sigsig è una parrocchia, si può dire, di Maria Ausiliatrice. Quanta divozione a questa nostra tenera Madre ! a migliaia si contano gli ascritti all'Arciconfraternita di Maria Ausiliatrice e neì dintorni numerosi sorgono i piloni e le cappelle dedicate alla Vergine di Don Bosco: noi fummo a visitarne alcuni. D. Mattana è un appassionato propagator di questa divozione e le sue frequenti missioni in mezzo alle popolazioni o ai centri di campagna più abitati sono veramente fruttuose. Per avere un'idea dell'attività del nostro Mattana le basti sapere che in otto mesi aveva dettato 39 missioni nelle diverse parrocchie e non rare volte, ci raccontavano i fedeli, fu visto passare le notti al confessionale.
Ma a quanti sacrificii non s'assoggettano anche quelle povere popolazioni per mantenere la missione di Gualaquiza! Al Sigsig s'aspetta il Visitatore dei Salesiani con un entusiasmo che non ho visto mai l'uguale: 15o dei principali signori, capitanati dal Clero,vennero ad alcune ore dalla città a prendere D. Albera e ben inteso sempre a cavallo, compagno indivisibile dell'uomo in queste terre; sembra anzi che qui tutti naturalmente sappiano cavalcare: ho visti bambini a quattro, cinque anni montare imperterriti vivaci animali e pìangere solo perchè il padre per tema d'una caduta voleva assicurarli alla sella: l'incipiente amor proprio restava offeso. Caso volle che proprio la vigìlia del nosto arrivo al Sigsig capitassero colà, per una malintesa, una quindicina di soldati e non avendo in che occuparsi, essendo quelle popolazioni assai pacifiche, si abbandonarono a ciò che pur troppo è il debole di quelle terre, all'ubbriachezza. Quando noi arrivammo nelle vicinanze del paese era notte ; le case però dappertutto illuminate e il più fosse possibile; i 15o cavalli, animatì dai canti e dalle voci di evviva i Salesiani ! facevano un calpestio incredibile. Quei bravi soldati, ignarì forse di tutto, s'addombrarono; nella loro esaltata mente chi sa mai che immaginarono fosse avvenuto; un di loro ebbe l'infelice idea di fermare il cavallo di un ex-colonnello, un colosso d'uomo che si credette offeso da quell'atto, e con un pugno stramazzò a terra il barcollante soldato. Allora fu un minacciare ed uno schiamazzare crescente; qualche donnicciuola spaventata grida; D. Albera non giunge a capire di che si tratti; qualcuno raccomanda prudenza e noi ci ritiriamo. Mentre eravamo nella casa del Parroco si odono dei colpi di fucile ed un grido, poi voci contraddittorie ed apprensioni: si seppe più tardi che i valorosi negri, chè tali erano nella maggior parte quei soldati, vistisi soli, cominciaciarono a scaricare i loro fucili contro le case. Non s'ebbe a lamentare nessuna vittima; ma varie porte furono perforate dalle palle. La stessa notte una delegazione del paese partì per Cuenca onde far rapporto al General Andrade, magistrato assai cortese e gentile, che ordinata una inchiesta, castigò severamente quei soldati, che già l'indomani, liberi dagli effetti dell'alcool, incontrandoci per istrada, ginocchioni domandavano la benedizione dimentichi che la sera innanzi proprio contro di noi avevano spianato i fucili. Fu quello realmente un momento di trepidazione e, diciamolo pure, di pericolo, non solo per noi personalmente, ma eziandio per l'istituzione che si rappresentava.
Detto di cuore un grazie a quella popolazione che tutta quanta dal parroco all'ultimo indio fu con noi di un affetto che inteneriva, e più ancora alla divina Provvidenza che nel deserto di tante privazioni morali, fatiche corporali e stenti d'ogni sorta ci faceva incontrare tali oasi d'affetto, vero balsamo ristoratore al cuore di D. Albera, continuammo per Gualaquiza. D'ora in avanti non più popolazioni, ma tambos; non più case, ma ranchos e ciò per tre intiere giornate, monotone, rese eterne dalla pioggia che c'impediva lo scambio di qualche parola ed il piacere di sollevare lo sguardo a contemplare le bellezze dalla natura.
A Gualaquiza. Aspetto di questa regione.
Eccoci adunque alla tanto sospirata Gualaquiza!
Bisognava vedere quei nostri confratelli con gli occhi lagrimanti ed il sorriso sul volto, macilenti e per tutta la vita, gettarsi tra le braccia di D. Albera e dimentìchi quasi del Superiore abbandonarsi tra le braccia del Padre e gridare a squarcia gola: Viva il progresso dell'Oriente! Per loro quella visita segnava un gran passo avanti ; in nove anni che esisteva la missione non avevano visto neppur un Superìore, e nell'eccesso della loro gioia continuavano a gridare e baciare quella mano, quasi non credessero ai loro occhi stessi e volessero accertarsi che quella che stringevano tra le loro e bagnavano di lagrime, era proprio la mano dì D. Albera, cui variì di essi avevano conosciuto a Torino.
I lettorì del Bollettino non possono avere un'idea di che cosa voglia dire giungere a Gualaquiza, specie per un uomo della salute di D. Albera. Da tutti eravamo stati sconsigliati ad avventurarci a quel viaggio, e pochi confratelli erano a parte della nostra determinazione. Lo stesso intrepido Mons. Costamagna informato, a fatti compiuti, non potè trattenersi dal grìdare all'imprudenza del giovane segretario ; ma sia detto con buona venia di D. Albera che, se imprudenza vi ebbe, la colpa non fu solo del segretario.
Gualaquiza è nient'altro che una vallata non molto estesa, formata dalla confluenza di due fiumicellì che ne formano un solo, da cui prende nome la missione. Non è un villaggio, ma un deserto o meglio una foresta, ed appena vi si scorgono una decina di case di bianchi, che vivono là qualche mese dell'anno, assicurati dalla presenza dei missionarii. Le case dei Jivaros non sono visibili, le loro choze bisogna andarle a cercare in mezzo al bosco come si andrebbe in cerca di una tana di leoni, di un nido di passeri, di una nave perduta in mezzo alle onde agitate del Pacìfico.
Non avrebbe un'idea esatta chi credesse d'incontrare grandi centri di popolazione tra i Jivavaros; le loro abitazioni sono isolate le une dalle altre ad immense distanze, e chi non è accostustumato a quei cammini tortuosi ed assai simili a quelle che ammiriamo nelle catacombe romane, corre pericolo di viaggiare tre, quattro, dieci ed anche venti chilometri senza incontrare una sola casa: di andare per settimane intiere senza scorgere ombra di persona vivente e quel ch'è peggìo perdendo ogni orizzonte a tal punto da non conoscere nè a che punto si trovi, nè di dove è venuto, nè a che parte è diretto: guai se la guida infedele abbandona ìl missionario o lo tradisce! - Non di rado le case deì selvaggì sono circondate d'insidie che non lasciano tranquilli e possono essere tomba all'incauto viaggiatore. - Ma prima di andar oltre, credo non sarà discaro un cenno su questa nostra missione.
Il Vicariato di Gualaquiza. - La casa della missione - Solenne Te Deum.
È noto come il 6 ottobre 1888 il degnissimo Presidente dell'Equatore, Dottor Antonio Flores con autografo tutto spirante pietà, amore pei poveri selvaggi e devozione alla cattedra di Pietro, partecipava al S. Padre che le rappresentanze della Nazione, radunate in Congresso nelle due Camere, avevano decretato di chiedere alla competente autorità ecclesiastica l'erezìone di quattro Vicariati Apostolici nel Territorio Orientale della Repubblica. Il 1° di Napo, il 2° di Macas e Canelos, il 3° di Mendez e Gualaquiza ed il 4° di Zamorra, implorando che i primi due continuassero rispettivamente a carico dei benemeriti Padri della Compagnia di Gesù e dell'Ordine dei Predicatori, il terzo venisse affidato ai Salesiani ed il quarto ai Francescani.
L'immortale Leone XIII, che null'altro bramava che estendere il regno di Gesù Cristo, tributato un giusto encomio al Capo del Governo per la saggia decisìone, sicuro inìzio di un prospero e veramente glorioso avvenire, l'assicurava che prendeva grandemente a cuore la proposta, e ch'era già stata affidata allo studio di persone competenti ; e l'8 febbraio 1893 la Segreteria della S. Congregazione per gli affari ecclesiastici straordinarii stendeva il decreto di erezione del nuovo Vicariato Apostolico di Mendez e Gualaquiza, che faceva pervenire al nostro venerato Rettor Maggiore negli inizii stessi del faustissimo Giubileo Episcopale del S. Padre.
I confini del nuovo Vicariato,- secondo il suaccennato decreto, sarebbero i seguenti: Al Nord il fiume Apatermona che sbocca nel fiume Morona e questo a sua volta nel Marañon; al Sud, il fiume Zamorra che mette nel Santiago e tutti e due nel Marañon; all'est, ì fiumi Morona e Marañon; all'ovest, la diocesi di Cuenca e di Loja.
Gualaquiza è posta a 730 m. sul livello del mare e sopra d'una collinetta che s'eleva dal piano all'altezza di circa 30 m., sorge la nostra casa in posizione da poter dominare quasi per intiero la sottostante vallata. La casa è presto descritta; nel centro una discreta chiesina che raccoglie quanto di prezioso havvi nella missione ed ai lati due braccia di fabbricato di legno, nella maggior parte intonacato di fango, che a quando a quando si dìstacca, lasciando non invisibili fessure; ma mi sono accorto che omai nessuno vi faceva caso e che si era contenti quando al tempo delle pioggie si poteva trovare un cantuccio nella stanza, ove si fosse privi delle molestie della pioggia. Le finestre in gran numero non hanno ancora le imposte e fin li non vi sarebbe gran male, poichè la temperatura anche di notte non discende mai al disotto dei 17 gradi, se non fosse dei vampiri, questi girovaghi notturni, ingordi bevitori di sangue, che approfittano di quella povertà dei dei nostri per andare durante la notte a succhiare loro il sangue, lasciando in essi una spossatezza e malessere grande in tutta la persona, spesso la parte offesa gonfia. Notai che si nutriscono di preferenza di sangue indigeno e giovane, e sopratutto applicano per buona fortuna le loro spaventevoli mandibole agli animali che non di rado se ne muoiono di sfinimento per tali morsicature; io tuttavia presi le mie brave precauzioni a costo di non dormire pel troppo caldo, e dico il vero non ebbi mai ad esperimentare l'ingrata loro visita.
Entriamo adunque nella casa della missione, mèta delle nostre fatiche. Nella stanza di D. Albera, la miglìore senza dubbio, nel posto d'onore campeggiava il ritratto del Vicario Apostolico di Mendez e Gualaquiza Mons. Costamagna: i Jivaros lo conoscevano e sapevano anche che solo forza maggiore poteva trattenerlo lontano, e che coll'affetto era in mezzo a loro.
Noì tolti gli arnesi da viaggio e assestati alla meglio i nostri abiti sentivamo il bisogno di prostrarci ai piedi di Gesù per ringraziarlo e, quanto meno solenne, tanto più spontaneo e di cuore sgorgò il nostro Te Deum di ringraziamento: un vecchio armonìum cercava di accompagnarlo. Io non so se fosse liturgico, se armonico: in quei momenti si sente si prova una gioia che penetra, intuisce il significato, facendo astrazione da tanti accessoriì: è il cuore che domina. E mentre le labbra e il cuore ripetevano: salvum fac populum tuum Domine, alla nostra mente si presentarono come in un quadro quelle migliaia di disgraziati selvaggi che vivono nella foresta del Vicariato di Mendez e Gualaquiza, i loro barbari costumi, la loro triste condizione; pensavamo che da venti secoli il sangue di Gesù Cristo scorre quasi inutilmente per loro, eppure ancor essi sono popolo di Dio! Oh bastasse la nostra totale offerta per la conversione di quelle migliaia d'anime! volesse il Signore servirsi dei poveri Salesianì quale istru- . mento delle sue misericordie verso quegl'infelici ! Mentre questi e molt'altri simili pensieri si succedevano veloci nella nostra mente, Gesù Sacramentato ci benedìsse ; non si udìva un respiro ma Iddio legge nei cuori !
(Continua).
Matto Grosso
I primi battesimi e la festa di Natale alla Colonia del S. Cuore.
(Lettera del Sac. Giovanni Balzola).
Barreiro (Cuyabà), Colonia del S. Cuore di Gesù, 27 dicembre 19o3.
VENERATISSSMO SIGNOR D. RUA,
Viva il dolcissimo Cuor di Gesù e Maria SS. Ausiliatrice!
Grazie a Dio, anche questa volta le posso dare delle notizie che torneranno indubbiamente care al suo cuore di padre. I carissimi nostri selvaggi continuano a diportarsi bene, e a darci fondate speranze della loro conversione. Par proprio che sia arrivato il giorno, in cui il S. Cuore di Gesù li voglia raccogliere attorno il suo altare.
L'8 corrente, festa dell'Immacolata e dì per noi sempre memorando, apersi anch'io il libro dei battesimi di questi poveri selvaggi; giacchè di quanti vivono stabilmente al nostro villaggio, nessuno, nemmeno dei neonati, aveva ricevuto ancora la grazia di essere solennemente ammesso nella Chiesa di N. S. Gesù Cristo. E, memore che D. Bosco nel 1841 cominciava con un sol fanciullo l'opera grande degli Oratorii, volli cominciare anch'io la redenzione di questi infelici col battesimo d'un solo bambino. Pensai che il dare grande importanza a questo Sacramento avrebbe influito non poco nell'animo degli adulti e non m'ingannai. Tutti assistettero all'atto solenne e ne uscirono molto impressionati. Il primo battezzato era nato qui alla Colonia il giorno di tutti i Santi, per cui gli diedi il nome di Andrea Avellino dos Santos, pregando uno dei nostri che gli facesse da padrino, ma quale suo procuratore, chè ho voluto riservato a Lei, amatissimo Padre, cotesto onore.
Tre altri battesìmi, in forma ancor più solenne e con intervento e vero interesse di tutti i selvaggi, ebbero luogo nelle feste di Natale. Uno dei nuovi battezzati fu quel bambino che venne alla luce il 17 luglio u. s. e che fu il primo nato alla Colonia, e siccome egli venne al mondo nella festa di San Leone IV e negli ultimi giorni dell'immortale Leone XIII, lo battezzai col nome di Leone, ed ora lo chiamiamo tutti Leone Pecci. Il secondo fu un ragazzino di circa quattro anni, tanto svegliato ed intelligente che è l'ammirazione comune. Sa già fare il segno della S. Croce, recita speditamente il Pater noster e l'Ave Maria e ci fa concepire davvero le più belle speranze. Questi fu chiamato Giovanni, in memoria del nostro Fondatore ed ora da noi si chiama comunemente il Capitan Gioanin: ed egli n'è così contento che quando taluno gli domanda come si chiama, risponde subito sorridendo: Imi capitan Gioanin! Il terzo neo-battezzato fu uno dei figliuoli del Capitano Joaquin, che si può dire fu lo strumento di cui si servì la Divina Provvidenza per incominciare questa Colonia.
Aggiungo , per suo conforto, o amatissimo Padre, che questi indii sarebbero tutti pronti a ricevere il S. Battesimo; ma ci pare più conveniente prima istruirli bene, conoscerli bene e ammettere pei primi al Battesimo quelli che più se lo meritano. Coi piccoli per altro affretteremo un poco, poichè hanno tutti le migliori disposizioni. Essi frequentano regolarmente la scuola e la chiesa, recitano molto bene il Pater noster e l'Ave Maria e vanno apprendendo speditamente le altre orazioni; similmente cantano già con noi il Lodate Maria - Perdon, caro Gesù! - Là, sotto quel vel! ecc., ecc. e il bello si è che in mezzo ai loro divertimenti, anche andando qua e là, si sentono sempre a ripetere il Pater noster o l'Ave Maria o a cantare alcune delle strofe che cantano con noi in italiano. Basta: per marzo, prima di venire in Italia, verrà a visitarci il nostro Ispettore Don Malan e allora spero di dargli la consolazione di amministrare un buon numero di battesimi.
Grazie a Dio, quest'anno le feste di Natale le abbiamo potuto celebrare con un po' più di solennità dell'anno scorso. La nostra cappella, quantunque abbia ancora il tetto di paglia, tuttavia aveva già le pareti di muratura, e noi con qualche coperta che ancor ci rimaneva e con qualche tela colorata le coprimmo anche in modo da far rimanere questi indii a bocca aperta. Durante la novena abbiamo pur cantato le profezie, ma senza accompagnamento, perche il vecchio armonium da sè non suona e di noi nessuno è capace a toccarlo. Tuttavia abbiam cantato lo stesso, e con grande entusiasmo. Gli indii non sapevano darsi ragione di quella novità, e si meravigliarono più ancora quando loro parlai della messa di mezzanotte: tuttavia procurai di far ad essi comprendere in qualche modo la cosa, intrattenendoli più volte sul mistero dell'Incarnazione e sulla festa del S. Natale.
Alla vigilia poi siamo giunti ad entusiasmarli preparando una... splendida illuminazione. Sa?... abbiamo fatto dei vasetti col fango, che poi abbiamo riempiti di sevo e provvisti di piccolo stoppino! quindi li abbiamo collocati in fila intorno alla nostra aldea, cioè al nostro villaggio, ed altri ne abbiamo pur messi in altri luoghi. Quella sera gli indii assistettero tutti alla benedizione, poi li mandai a riposo, dicendo che a suo tempo li avrei destati con alcuni colpi di fucile, avvisandoli insieme di non aver paura. I ragazzi invece li feci fermare con noi, per averli più pronti. Distesi per terra alcune stuoie, ed essi vi si coricarono sopra come tanti pulcini e si addormentarono tranquillamente.
Alle 11 si spararono i fucili, si prese a suonare la piccola campana, si accesero tutti i lumicini, che fecero un effetto stupendo, specie per chi non era mai uscito dalla foresta; e così, in un istante, gli indii accorsero tutti a noi pieni d'impazienza che si desse principio al S. Sacrifizio, che doveva far discendere sull'altare il Verbo Incarnato, cui molti speravano di poter vedere cogli occhi corporali, non essendo ancora istruiti nei misteri della fede. Uscì finalmente la messa, però senza alcuna solennità, non avendo, come dissi, nessun musico. Tuttavia il momento della Comunione è sempre solenne, e non mancò di riflettersi nei poveri indii quella gioia e quella divozione che si manifestava in coloro che si accostavano a ricevere l'Agnello Immacolato. Si celebrò una messa sola per non istancarli, e li invitai per le altre due all'indomani.
Pel giorno del Santo Natale, come di costume tra noi, avevo stabilito la levata più tardi, ma prima del nascere del sole, ecco già tutti gli indii pronti per ascoltare la santa Messa. Quella loro prontezza, che giunse a far loro sacrificare persin il sonno, mi piacque. Fu insomma una festa bellissima.
Ed è sempre bello, amatissimo Padre, il vedere come i ragazzi e le ragazze corrono tutti i giorni festivi per assistere alla S. Messa ed alla Benedizione. Quando si dà il primo segno con la piccola campana i più vicini corrono subito gridando e chiamando gli altri:
« Neghe, cuguri, tadiago matta ...Jordua Papài grande!... Ragazzi, venite in fretta a vedere il Papà grande. »
Si fanno quindi lavar bene e poi si dà a ciascheduno la sua camicia, con la quale assistono alla funzione, ma che poi si cavano di nuovo. Che pena non poterli fornire abitualmente almeno della camicia!
Alla Messa è addirittura un incanto il sentirli a recitare con noi il S. Rosario e a cantare, come le ho detto, qualche lode sacra, così bene e con tanta serietà da poter servire di esempio a tanti vecchi cristiani.
Il giorno di Natale assistettero alla seconda e alla terza Messa di seguito senza manifestare la più piccola noia, anzi vi stettero con molto rispetto e piacere... Voglia il Bambino Gesù convertire quanto prima in tanti fervorosi cristiani questi poveri figli della foresta.
Il loro numero, qui nella Colonia, continua ad essere più o meno di 140 stabili, abitando 20 case; ma costantemente vengono gruppi di altre aldee, che abitano le rive del Rio das Mortes, a farci visita, e ci sarebbe facile il farli venire anche tutti ad abitare con noi; ma ce ne dissuade la mancanza di mezzi.
Queste reciproche comunicazioni da un lato mi piacciono assai, perchè ci mettono in grado di fare un po' di bene anche agli altri; ma dall'altro non lasciano di produrre alcuni inconvenienti. Infatti, fu mio vivo desiderio di poter distribuire almeno una camicia a ciascuno, con una coperta ai principali, e diversi coltelli per loro uso; ma che succede? Quando vengono da altre aldee, siano parenti o amici, tutti vogliono qualche cosa, e siccome io non posso soddisfarli, dicendo che non ne ho neppure per gli abitanti della Colonia, essi allora si raccomandano ai loro parenti ed amici, e questi si privano per soddisfarli, contando di ricevere di nuovo da noi. Anche questa cosa da una parte mi fa piacere, perchè si vede che hanno carità e si aiutano a vicenda, ma per altro mi spiace perchè così li vedo sempre nelle medesime strettezze. Poveretti! quanto ci fanno pena!
Voglia Iddio, commovere il cuore di qualche anima generosa perchè venga in soccorso di questa povera missione! Pel vitto, con l'aiuto della Divina Provvidenza, speriamo di poter fare da noi coltivando la terra, ma pel vestito, per gli utensili e tante altre cose necessarie non possiamo assolutamente far nulla, e abbiamo bisogno che Lei, amatissimo Padre, ci raccomandi caldamente ai nostri generosi cooperatori e zelanti cooperatrici; dicendo loro, che le preghiere di questi novelli cristiani saliranno quotidianamente al cielo secondo le loro intenzioni, e si presenteranno al trono di Dio ad implorare le più elette benedizioni sopra le loro famiglie e sopra i loro interessi, e sopratutto per assicurare loro la vita eterna in cielo.
Vorrei dirle anche qualche cosa sull'andamento materiale della Colonia, e solo per non annoiarla di soverchio, rimando ciò ad un'altra lettera; ma permetta che le ripeta, come noi abbiamo grande necessità di soccorsi materiali e spirituali, e le aggiunga che ci occorrerebbe ancora almeno una mezza dozzina di fervorosi e zelanti missionarii, pieni di spirito di sacrificio e di una virtù a tutta prova, per poter ricavare quell'abbondanza di frutti che la Missione promette.
Affido pertanto al suo cuore paterno i vari bisogni di questa difficile e spinosa missione e Le offro i più cordiali e sinceri saluti di tutto il personale, pregandola a trasmetterli ai nostri amatissimi Superiori e Cooperatori, perchè ci raccomandino nelle loro preghiere insieme a questi poveri selvaggi. Ella poi benedica tutti ma specialmente il suo
Aff.mo ed obb.mo figlio in Corde Jesu
SAC. GIOVANNI BALZOLA
Missionario salesiano.
La Missione degli Indii Coroados Bororos. - Fatiche e sudori dei Missionari, vita e costumi degli Indii.
(Relazione del Sac. D. Ambrogio Turriccia *)
« Esorcismi » - La caduta d'un bolide.
I Borórós credono che in ogni cibo sieno celati molti Bope, allo scopo di fare del male; per cui essi, prima di usarne, sogliono presentare al Bari ogni carne o pesce, come anche i primi frutti della stagione, perchè ne sia scacciato il nemico. E i Bari affermano che nel compiere questa cerimonia il Bope esce realmente di là ma per entrare in loro, donde essi poi lo scacciano nuovamente con l'aiuto di Marebba.
Degna di nota è la scena curiosissima dei loro esorcismi, dirò così, mi si passi la parola. Cominciano col pronunciare parole interrotte e a bassa voce, che poi van man mano innalzando finchè cacciano il corpo all'indietro per darle maggior forza: e in ultimo giungono a lanciare grida così stentoree e disperate che stordiscono. Quindi emettono una specie di pianto, mentre tremano in tutto il corpo, sudano e fanno tali movenze da parere indemoniati. Con gran furore raccolgono quindi dei pezzi di carne, cui dan morsi tali che incutono spavento. E quasi a coonestare quell'atto, dicono che è Bope che mangia con tanta fame e non essi. Il Bari Michele, che contava queste cose, essendo stato richiesto come Bope entrasse in lui, mentre si sforzava di darci spiegazione cominciò a tremare, gli occhi gli si empirono di grosse lacrime, e fuggì dicendo che Bope era già entrato nel suo corpo.
I Bari sembrano veramente ossessi nell'esersercizio delle loro funzioni e chi sa che non vi abbia davvero gran parte lo spirito maligno. Ma io ritengo che v'è molta finzione e, vorrei dire, ipocrisia. E noto che i Coroados si servono molto della religione per tenere assoggettate le donne: poichè gli uomini non credon se non quello che loro conviene. Tuttavia, e quasi mi contraddico, questi indii hanno molta paura di Bope.
Una sera, avevamo appena finito di cenare e stavamo conversando fra noi, quando di botto ci interruppe un clamore infernale che veniva dal villaggio. Don Balzola mi assicurò che non aveva mai udito un fracasso eguale, e:
« Andiamo, dice, andiamo a vedere ciò che succede. »
Vi andammo di fatti e al giungere in piazza li trovammo tutti nel disordine e nella confusione più completa. Uomini, donne e fanciulli tutti erano colpiti da grave terrore. Dopo molto indagare, ci rendemmo conto che tutto quel panico era stato prodotto dalla caduta d'un bolide, che essi avevano creduto fosse un Bope disceso per recar loro qualche danno. A stento riuscimmo a convincerli di non dover temere, poichè non ve n'era motivo alcuno e ci pareva di avere conseguito l'intento, quando arrivò anche il Bari Michele accompagnato dal Bari Totò Pais, la cui voce spiccando stranamente fra tutte fece sì che si rinnovasse il timore e lo spavento. Si accesero allora tre fuochi intorno ai quali si sedettero, tremando dalla paura. Solo i Bari stavano in piedi coperti dalla testa ai piedi di aricu (o vernice colorata). Smaniavano come ossessi, e mentre facevano giri intorno al gruppo ululavano continuamente, ora abbassando, ora alzando la voce, in questo suono: Bu! bu! e gl'indii ripetevano « Bu! bu! bu! » Tornati che furono i Bari ad occupare i loro posti, chiesero sigari che alzarono in atto di offerta al cielo, ma sempre gridando. Li accesero, fumarono e tornarono ad offrirli al Dio buono, piangendo e gridando sempre. Durò un'ora questa strana commedia. Quanto ci fece compassione!.... e quanto ne fummo addolorati nel non potervi porre rimedio.
Pose fine alla scena il Bari Totò Pais, avviandosi alla sua capanna urlando come un disperato. Michele invece s'inginocchiò sedendosi sopra i calcagni, e tutti gli si aggrupparono d'intorno per sapere qualcosa: ci avvicinammo noi pure e udimmo che il Bari diceva, che alfine erano arrivati a farsi udire da Marebba, il quale col coltello e fucile in mano andava inseguendo Bope. A tale annunzio si alzarono tutti pieni di giubilo ed andarono a dormire. Da ciò si può compredere quanta sia l'autorità dei Bari.
Le trasmigrazione delle anime -- Apparizioni delle Aruè, ossia delle anime dei morti.
I Boróros credono anche la trasmigrazione delle anime in altri corpi. I buoni godranno in cielo con Marebba, ed i cattivi soffriranno la fame e la sete senza poterla soddisfare. Ma i Coroados, secondo essi, sono buoni e certissimamente vanno con Marebba. Quando muore alcuno, essi credono che l'anima passi in un animale, da cui può essere liberata. E questo il motivo per cui non mangian cervi, nè struzzi, nè tigri, poichè dicono che in loro vi sono anime di defunti, ed uccidono soltanto le tigri. La morte di un tigre è indispensabile ad un vedovo per passare a seconde nozze, poichè solo in tal guisa libera dalla sofferenza la prima moglie ed ei rimane libero.
Cacciando un qualche tigre celebrano grandi feste. Ne presenziai una io pure e spero che la S. V. Rev.ma non avrà a male che gliela narri. Tali feste si fanno di notte. Infatti, al cadere del sole, vidi che toglievano la pelle d'una tigre confitta sopra una specie di marco. La posero diritta assicurandola con bastoni e innanzi alla medesima si assise il Bari Michele, il quale accompagnandosi con il poare (una zucca piena di pietruzze e che agitata produce un suono sordo come quello d'un tamburo dalla pelle floscia) si pose a mormorare alcune parole a bassa voce. Alla fine si avanzarono tre capitani adornati di enormi Panicos. Anch'essi suonavano il poare e si posero a cantare cogli occhi chiusi ed al ritmo della strana musica si curvavano fino a terra e si alzavano continuamente. Giunsero poi le donne e collocandosi dietro ai capitani si unirono al canto, prendendo l'ottava alta dei primi. Si associarono alla baldoria giovani e fanciulli, situandosi intorno alla pelle del tigre, facendo giravolte e battendo in misura i piedi. Giunsero altri gruppi di bambini e succedendosi gli uni gli altri, tutti mascherati in varie guise continuavano instancabili la loro curiosa cerimonia. Noi invece ci stancammo e credemmo meglio di ritirarci; ed alle 5 del mattino, quando noi ci alzammo da letto, essi continuavano animosi come quando avevano cominciato alle 7 della sera antecedente!
I Bororos credono anche che le Aruè (le anime dei morti) possano apparire nuovamente in questo mondo e lasciarsi vedere dai parenti; ma ciò che son per narrarle mi persuase che talvolta la religione è pei Coroados un mezzo per dominare la donna, facendole credere cose che gli uomini comunemente non ammettono. E credenza, se non generale, almeno di molti, che, trascorsi io anni dalla morte di qualche parente, lo si può richiamare a sè, ove lo si desideri. Questo desiderio lo esprimono, a quanto pare, al Bari, il quale deve determinare il giorno in cui apparirà quell'anima. Giunto il giorno prefisso formano intorno alla porta del Baito uno steccato semicircolare con bastoni e rami come per impedire il passo ad estranei e per tempo si chiamano i parenti delle anime che devono apparire, i quali accorrono con regali, e pronti alle ultime dimostrazioni di affetto consistenti nel farsi dei tagli sul corpo per versare lagrime di sangue. La porta del Baito in codeste occasioni suole prendere proporzioni colossali ed è disposta in modo che, dato il segno, cade di botto per dare il passo alle anime che si avanzano tra il piagnucolare dei parenti... Generalmente le anime non sono più di due e si presentano col volto coperto e senza fiatare. Si avanzano con una danza speciale, ma sono vere statue che non restano commosse, nè dal pianto, nè dalla generosità dei parenti, i quali son tutte donne che non potrebbero dare maggiori dimostrazioni di affetto e di tenerezza. Gli è che queste anime son giovani mascherati; e siccome una volta la Superiora delle Suore, assistendo alla cerimonia giunse a discernere ed a conoscere gl'individui, si vide costretta a promettere al Bari di non dirlo alle donne indie e di serbare il segreto. Solo a questo patto gli uomini si acquetarono.
E pure curioso il vedere come preparano e vestono codeste anime. Il tronco del corpo è di donna, poichè, secondo i Coroados, nell'altra vita non v'è differenza di sesso e le anime son tutte donne: sopra la testa hanno un elmo enorme di cera dello spessore di varii centimetri, in cui si infiggono buon numero di freccie, talora fino a 30, che dànno alle persone un aspetto gigantesco; innanzi al volto hanno una maschera di fibre di foglie incerate, e dalla cintura pende loro una specie di sottanino di foglie di palma. Poveri indii!
Culto pei trapassati.
Nel Bacururù dei morti, essi hanno un'altra cerimonia, la quale conferma quanto ho detto. Chiamano essi Aigi un pezzo di legno piatto, più grosso ad un'estremità che all'altra, dì circa 25 cent. di lunghezza per 8 circa di larghezza che, trattenuto ad una estremità da una corda abbastanza lunga, avvolgono con tutta rapidità intorno al capo, e dicono che è simbolo dell'anima del defunto che passò all'altra vita. Le donne appena comincia tale cerimonia fuggono, si nascondono e si coprono il volto. Se taluna giungesse a vederlo dovrebbe perire senza fallo. V'ebbe un caso in cui una giovane per curiosità alzò gli occhi e ciò bastò perchè il padre la lasciasse morire di fame, perchè, secondo essi, sarebbero riusciti inutili gli sforzi per salvarla, essendo la morte conseguenza certa e necessaria del suo fallo. Credono anche che le anime dei defunti possono venir loro in aiuto ed è per ciò che, nella notte anteriore al giorno prefisso per la caccia e nel mattino del giorno stesso, supplicano le anime che siano loro propizie e li aiutino nella caccia. Vorrei che vedesse e sentisse, amatissimo Padre, gli uomini riuniti nel Baito, quando circondano il Bari od il Capitano encabezante con le braccia incrocicchiate sopra le spalle, e, piegando continuamente il corpo sopra le ginocchia, ora in coro ora a soli, cantano imitando il Bari che non smette un solo istante di cantare da solo, o con gli altri, accompagnandosi col celebre poare! Come fanno compassione! In questi canti gravi e piuttosto malinconici usano anche un raro strumento... quattro zucche riunite, nelle quali soffiano producendo un suono sordo come i bassi di un contrabasso. I suoni sono dati di quattro in quattro, come se fosse realmente uno strumento, le cui note possano servire per segnare il tempo, dacchè esse si levano sopra il canto.
I Coroados talvolta convitano pure le anime a mangiare, particolarmente quando si tratta di primizie. Una sera passeggiavo col mio libretto di note pel villaggio, quando udii gridare nel Baito ed immediatamente accorsi con D. Balzola nella certezza d'incontrare il Bari in funzione. Ma nell'accostarci abbaiano due cani ed immediatamente la voce tace. Entriamo e troviamo il Bari Totò Paiz seduto, che mangiava frutta selvaggie, come se niente fosse avvenuto. Meravigliati chiedemmo che era successo ed egli ci rispose che aveva chiamato le anime dei defunti invitandole a mangiare, che già si erano avvicinate, ma che dopo, intimorite dai latrati dei cani, s'erano allontanate. Secondo intesi, essi comprendono perfettamente che la morte separa l'anima dal corpo: cioè separa dal corpo, secondo essi, ciò che comunica la vita alle ossa e alla carne; ed è questo principio di attività quel che passa in altri animali e che non abbandona coll'affetto coloro i quali rimangono nel mondo. A ciò, suppongo, devono riferirsi le grandi cerimonie intorno ai cadaveri e chi sa per avventura che non corrisponda alla credenza d'una risurrezione la cura di comporre le ossa dei morti. Benchè il compianto Mons. Lasagna abbia già descritto le dette cerimonie, pure ne farò parola, essendone stati noi testimoni. Casualmente il mio arrivo alla Colonia coincidette con gli ultimi giorni del Bacururú dei due morti, dei quali dissi nella descrizione particolareggiata del villaggio. Siccome erano morti con pochi giorni d'intervallo, le cerimonie furono comuni per entrambi.
Il Bacururú dei morti - Due giorni di veglia e venti di funerali - Al fiume e nel Baito..
E, primieramente, fu un nuovo trionfo di Don Balzola, il riuscire a persuadere gl'indii e gli stessi Bari, che era meglio seppellire i defunti non a tre vare dal villaggio dove erano morti, ma bensì ad un centinaio di metri. Chi conosce la pertinacia degli Indii nel serbare i loro costumi potrà apprezzare questa vittoria. Ma veniamo al racconto.
Morto l'individuo, immediatamente comincia il pianto che non solo consiste nel versar lagrime, ma anche nel ricordare le virtù ed i meriti dell'estinto con una cantilena speciale che ripetono per molti giorni, ed ogni volta che qualche parente fa una buona caccia. Vegliano il cadavere 48 ore, durante le quali non cessano un solo istante i canti tristi, le preghiere ed i pianti, che tutti indicano col nome di Bacururú. Mentre dura la veglia si spezzano gli utensili e le armi che servirono al defunto: e ciò che dello stesso può ancora restare si fa a pezzi dal Bari l'ultimo giorno dei funerali. Finita la veglia scavano una fossa di appena 2o centimetri circa di profondità, in cui collocano il cadavere, appena coperto con una stuoia. Frattanto per venti giorni, di sera e di notte, continua nel villaggio tra i parenti il pianto ed il duolo, ed una volta al giorno i parenti più prossimi, accompagnati dal Bari ed alcuni capitani che pare vadano pregando, vanno alla fossa, alzano la stuoia e buttano acqua sopra i cadaveri. Si può di leggieri immaginare che peste esali all'intorno in tali occasioni! Infine nel ventesimo giorno di lutto, si riuniscono gl'indii e mentre alcuni pongono in moto l'Aigi, simbolo dell'anima che vassene, altri corrono alla fossa, sollevano la stuoia in cui sta involto il corpo già in istato di decomposizione e recano questo al fiume vicino, ove con somma cura ne puliscono tutte le ossa che poi riuniscono in un piccolo canestro fatto a posta. Si riuniscono in seguito tutti i parenti ed ordinati si dirigono al villaggio, accompagnati dal pianto degli uni e dal canto di altri. In questa cerimonia va innanzi a tutti un giovane con una specie di flauto, e col suono di tale strumento si sforzano d'imitare la voce del defunto, e sembra vogliano ricordare che dell'estinto più non esistono che le ossa inanimate. Giunta la comitiva al Baito, avviene la cosa più emozionante. Mentre da alcuni si prende il cranio che vien coperto interamente di piccole penne di varii colori, formanti disegni curiosi, e il Bari brucia ciò che ancora rimane di quanto apparteneva al defunto e talvolta distrugge persino gli animali che esistevano nel suo rancho al momento della morte, i parenti successivamente si avvicinano alla cassetta delle ossa, cui, facendosi dei tagli sul corpo, vanno spruzzando col proprio sangue! È tale l'entusiasmo cui giungono, che chiedono aiuto per potersi dare dei tagli, dove essi non possono arrivare con le proprie mani, ed i fanciulli anelano di raggiungere l'età prescritta (14-15 anni) per far pompa di questa barbara dimostrazione di dolore e di affetto. Le donne parenti, cioè la moglie, la madre e le sorelle si strappano anche i capelli di guisa che sopportano contemporaneamente due orribili supplizia. In fine terminate queste lugubri cerimonie, rinchiudono il cranio e le ossa in un cestello nuovo che poi si fa sparire. Si sa che sono portate in fondo ad un fiume, ma nessuno ne conosce il sito preciso.
Ascendente di D. Balzola sugli Indii e loro deferenza - Speranze, e conclusione.
Quando si venga a possedere perfettamente da noi l'idioma Bororo e gl'Indii possano spiegarsi con facilità, può darsi che si trovi grande analogia tra quanto essi credono attualmente circa la sorte dei defunti e quanto si deve loro insegnare. Dall'esposto puossi dedurre come una volta che si pervenga a dominare l'autorità dei Bari, si potrà agevolmente ottenere che i Coroados rinunzino a tante superstizioni per ammettere soltanto ciò ch'è realmente verità. I Missionarii hanno già ottenuto molto in poco tempo, ed è consolante il rilevare, come questi Indii non si siano mai mostrati avversi alle istruzioni dei Salesiani e non si abbiano nulla a male che Don Balzola si burli apertamente molte volte delle loro cerimonie. Ho veduto chiamare presso infermi il Bari che funge anche da medico, ma ho pur notato che non tralasciavano di chiamare Don Balzola o le Suore, e tutto ciò senza alcun inconveniente. Lo stesso Bari Michele per curare la moglie volle che si chiamasse il suo collega Totò Pais ma volle al tempo stesso D. Balzola, ed ho osservato che prestano maggior fede a ciò che suggerisce loro il missionario.
Per parte mia li ho giudicati di molta buona indole e credo che sarà agevol cosa istruirli. Di già nei giorni festivi di precetto assistono alla santa messa, e mi fece la più cara impressione udire i piccoli Indii e le piccole indie a recitare il S. Rosario. Oh! senza dubbio Maria SS. Ausiliatrice in quelle lontane regioni non può non benedire tanti sudori! I poveri Indii son persuasi che Marebba ama i Salesiani e talvolta accorrono, affinchè siano essi gl'intermediarii ed ottengano favori a loro vantaggio. Un giorno D. Balzola li invitò a udire la S. Messa prima di recarsi alla caccia, dicendo loro come ciò fosse più accetto a Marebba che il Bacururú, e accondiscesero e rimasero poi contentissimi, poichè in capo a poche ore ritornarono con 35 cinghiali. Singolar impressione destarono i santi spirituali esercizii, in cui si ritirarono i nostri confratelli. Quei poveri Indii non potevano comprendere il perchè di tanto silenzio, e nelle ore che io predicava si accostavano alla porta ed alle finestre del ranchito con molta curiosità: e finita che era la predica, attorniavano premurosi D. Balzola, perchè spiegasse loro ciò ch'io avevo detto da parte del Papai Grande, lietissimi quando udivano che gli ordini da me comunicati consistevano tutti nell'animare i Salesiani a trattar bene i Coroados, e nell'assicurarli che così sarebbero divenuti anch'essi amici sempre migliori del Papai Grande (cioè del Dio Buono).
Son dunque lusinghiere le speranze di questi nostri missionaria, e in realtà, se loro non verrà a mancare denaro o personale, saranno anche preziosi i frutti che non tarderanno a raccogliere. L'indio finora conosce solo l'interesse immediato, e perciò i Missionarii, anche per farli lavorare, abbisognano non solo degli strumenti necessarii, ma anche di vitto, vestito e di cento ammenicoli, pur necessarii a quei poveri figli della foresta. Non bisogna anche dimenticare le incredibili sofferenze e privazioni cui vanno continuamente incontro quei poveri figli di D. Bosco, sia pel clima, sia per la distanza enorme da ogni punto civilizzato. Vogliano quindi i nostri benemeriti Cooperatori ricordarsi di loro nelle quotidiane preghiere e nelle loro limosine: e Lei pure, amatissimo Padre, raccomandi ogni dì nella S. Messa i suoi degni figli della Colonia del S. Cuore.
Accolga pure i miei ossequi, mi benedica e mi creda
Suo Dev.mo ed aff.mo figlio
in Corde Iesu
Sac. AMBROGIO M. TURRICCIA.
AL SEMPIONE
Singolare benevolenza del S. Padre. -- La festa di S. Giuseppe. - Gara catechistica e rappresentazione drammatica.
(Lettera del sac. D. Giuseppe OddoNe).
Naters, 3o marzo 1904
REVERENDISSIMO SIG. DON RuA,
DACCHÈ sono al Sempione con piacere Le scrissi più volte per darle, or più or meno belle notizie; ma oggi posso dirle sinceramente, che mai come stavolta il mio cuore provò tanta gioia.
Ecco il perchè.
Sul finire di febbraio u. s. inviai una lettera a Sua Eminenza il sig. Cardinal Merry del Val pregandolo di presentare i nostri più fervidi voti di felicità al Santo Padre pel prossimo Suo onomastico, imploplorando in pari tempo l'Apostolica Benedizione. Sua Eminenza consegnò la lettera al Santo Padre, e Sua Santità la lesse e la gradì tanto che accordò generosamente l'Apostolica Benedizione, più due oleografie preziosissime di un metro di altezza per ottanta cm. di larghezza, di cui una rappresenta la Sacra Famiglia e l'altra le stesse venerate sembianze del S. Padre, insieme ad una bellissima fotografia pure di Sua Santità con la seguente dedica autografa: « Al diletto figlio Don Giuseppe Oddone Missionario Salesiano ed agli ugualmente diletti fanciulli e fanciulle dell'Asilo e delle Scuole di Briga e di Naters con particolare affetto impartiamo l'Apostolica Benedizione. PIUS P. P. X. »
Sua Em. il Cardinal Merry del Val ordinò subito la spedizione degli oggetti e comunicommi il tutto per mezzo di una bellissima lettera. Nel leggerla e nel ricevere tali doni sentii tanto giubilo nel mio povero cuore che io non so descrivere, e lascio a Lei immaginare. Risposi tosto con una lettera di ringraziamento a Sua Eminenza; poscia comunicai ogni cosa a quei di casa nonchè alle Reverende Suore, e tutti l'appresero con sommo piacere. Per la qual cosa tutti i cuori sentironsi come elettrizzati per ben festeggiare e S. Giuseppe e l'onomastico del S. Padre.
Giunto il fausto giorno, intervennero alle funzioni più di mille dei nostri connazionali, e furonvi moltissime confessioni e comunioni. Dopo pranzo ebbe luogo nel teatrino dell'Asilo una gara catechistica a cui presero parte trenta ragazze. La vincitrice fu proclamata Regina e condotta sul seggio preparato, mentre più di quattrocento spettatori applaudivano ed il concerto Belli da Firenzola, con istrumenti a corda, flauto e piano forte eseguiva egregiamente pezzi di musica scelti. Poscia altre 30 ragazze cantarono con molta perfezione la Marcia trionfale di Don Garlaschi con accompagnamento dello stesso concertino. Si ebbero un vero subbisso di applausi. In seguito si lessero bellissimi componimenti.
In ultimo salii io sul palco, e dopo di aver presentati i preziosissimi doni del Santo Padre feci fra la massima attenzione un fervorino sulle virtù di S. Giuseppe, sulla carità e benevolenza del Santo Padre e sul modo come deve comportarsi l'operaio cristiano. Erano presenti tutte le autorità ecclesiasiastiche e civili, le famiglie più distinte di Briga e di Naters compreso il nostro Viceconsole con tutta la famiglia.
Terminato il trattenimento mandai il seguente telegramma: « Roma-Vaticano - Santo Padre - Missione Salesiana Briga Naters, Asilo, Scuole, Colonia Italiana pregano Dio per vostra conservazione - Don Giuseppe Oddone Salesiano ». - Sua Santità fece subito rispondere: « Briga-Naters - Don Giuseppe Oddone Salesiano - Santo Padre compiacendosi preghiere Asilo-Scuole-Colonia Italiana concede Apostolica Benedizione - Card. Merry del Val. » - Tosto che il comunicai, tutti lo ricevettero con grande gioia e venerazione.
All'indomani nel medesimo teatrino e alla stessa ora rappresentavamo il dramma di S. Eustella martire. Gl'intervenuti furono più di cinquecento. Le attrici eseguirono ognuna così bene la propria parte che destarono entusiasmo. Negli intermezzi, due bimbe cantarono la romanza l'Orfanella con tanta grazia di espressione che commossero fino alle lacrime. È da notarsi che tutte queste ragazze sono alunne delle Suore di Maria Ausiliatrice. Oh! quanto bene fanno queste buone religiose. Ora capisco perchè quando si trattava della loro venuta il demonio andò in furia e mi mostrò perfino le corna.
Eccomi al fine. Gradisca, Rev.mo Sig. Don Rua, i miei rispettosi ossequii estensibili a tutti gli altri Superiori, e mi creda quale con profonda riverenza mi segno,
Di Lei, amatissimo Padre, Dev.mo obbl.mo figlio
in G. e M. Don GIUSEPPE ODDONE. A LIEGI..
Leggiamo nella Gazette de Liege: La festa italiana, del 19 marzo ?904, organizzata dal Salesiano Don Vincenti, Direttore dell'Opera degli Emigrati poveri italiani, a vantaggio di questi emigrati, sorpassò ogni aspettazione. Il ricavo dei doni, delle sottoscrizioni e della vendita di cartoline illustrate fu dei più consolanti, e permetterà di sostenere per qualche tempo quest'opera degna di ogni appoggio.
Molte famiglie italiane aderirono all'invito di D. Vincenti e si raccolsero nella sala dell'Istituto S. Andrea, messa gentilmente a disposizione del Comitato organizzatore, dal sig. Saverio Francotte, presidente dell'Istituto.
D. Vincenti, dopo di averle disposte al precetto pasquale, le raccolse ad una festa seguita da un banchetto. Più di cento, tra genitori e figliuoli, si sedettero attorno a tavole abbondantemente provviste. Nobili dame si prestarono pel servizio. La tavola d'onore era presieduta da Mons. Monchamp, vicario generale, il quale aveva alla sua destra il signor F. Lesoir, membro del Comitato generale di Assistenza pegli emigrati italiani, che ha sede in Torino, più il direttore dell'Istituto S. Andrea e i Vicari della parrocchia: alla sua sinistra stavano il Curato-Decano di S. Nicola e D. Vincenti.
Mons. Monchamp lodò lo zelo di D. Vincenti e rilevò l'utilità della sua opera caritatevole e religiosa, elettrizzando l'uditorio con l'elevatezza dei suoi pensieri e con l'armonia della lingua italiana da lui parlata con Molta purezza.
Il sig. Lesoir fece la storia dell'emigrazione italiana ed esortò gli uditori all'agricoltura, alle industrie locali, e propose l'istituzione di borse di lavoro e di società di mutuo soccorso ad imitazione di Bruxelles. Insistè sulla necessità d'una soda istruzione e di una buona educazione. Fu assai applau dito e i nostri emigrati si fermarono lungamente a discutere sui mezzi di mettere in pratica le sue proposte.
Dopo il banchetto, ebbe luogo una funzione religiosa e verso le 8 1/2 un trattenimento di proiezioni luminose che incontrò il comune gradimento.
Noi siamo persuasi, che nelle vicende dolorose dei tempi che corrono non ci restano altri conforti che quelli del cielo, e tra questi l'intercessione potente di quella benedetta che fu in ogni tempo l'Aiuto dei Cristiani. Pio PP. X.
Nel Santuario di Valdocco.
Fin da quando viveva D. Bosco, riuscivano sempre imponenti le care solennità di San Giuseppe nel tempio augusto di Maria Ausiliatrice. Anche quest'anno, affrettato dai voti e dalle preghiere di un mese intero, il 19 marzo rivestì uno splendore di riti solenni e di divozione, da accendere vieppiù i cuori di tutti ad amare ed onorare il castissimo sposo di Maria.
- Dopo un triduo di devota preparazione il 29 marzo, cioè il martedì santo, si accostavano alla S. Comunione all'altare di Maria Ausiliatrice gli alunni artigiani dell'Oratorio, per soddisfare al Precetto Pasquale. Eguale commovente cerimonia, preceduta dalla stessa preparazione, aveva luogo il dì seguente, mercoledì santo, per gli alunni studenti.
- Le funzioni poi della Settimana Santa, a cominciare da quella della Domenica delle Palme, si svolsero tutte con la solita gravità e riverenza ; ma più forti emozioni destarono nei cuori tanto la Comunione del Clero come la lavanda dei piedi, nel giorno del giovedì santo. Celebrò a tutte il Rev.mo sig. D. Rua.
- Nel pomeriggio del giovedì santo ininterrotta e devota fu l'affluenza dei fedeli a visitare il S. Sepolcro, innanzi al quale vennero pure a pregare Sua Ecc. Rev.ma Mons Giov. Batt. Bertagna, Arc. tit. di Claudiopoli, e l'Em.mo nostro Card. Arcivescovo.
-- Nel dì solenne dí Pasqua cantò messa il Missionario D. Luigi Valetto, Direttore della Casa Salesiana d'Iquique.
Nelle altre parti del mondo.
In questo mese, colla mente ripiena di molti gloriosi ricordi e collo sguardo commosso alle recenti manifestazioni di singolar divozione verso la nostra Incoronata Ausiliatrice, noi vorremmo riportar in un sol quadro l'elenco eloquentissimo di tutte le chiese e cappelle dedicate a si pietosa Regina, e corredarlo insieme delle relative notizie storiche, che sono altrettanti documenti della bontà, della clemenza e della potenza di Maria SS.
Invero, dalle Alpi al Lilibeo, da Londra al Capo di Buona Speranza, dalla Palestina a Lisbona al Messico ed alla California, dagli altipiani di Quito e di Bogotà alle sponde del Brasile del Chili e della Terra del Fuoco, su mille e mille altari splendono maestose le sue care sembianze, a dolce conforto di milioni di divoti. E ovunque s'ode risuonar commovente la dolcissima giaculatoria : Maria , Auxilium Christianorum, ora pro nobis! Quale trionfo per la nostra Incoronata Regina!
Nel prossimo numero cominceremo la pubblicazione del suaccennato elenco e quindi ci raccomandiamo a tutti i nostri corrispondenti perchè c'inviino a tempo le necessarie notizie.
- Splendidissima riuscì la funzione mensile di febbraio ai piedi del monumento di Maria Ausiliatrice in Nictheroy. Celebrò Sua Ecc. Reverendissima Mons. Pietro Peixoto de Abreu Lima, e disse le lodi della Vergine il chiar.mo Padre Gustavo Dehaese.
- A Chieri continuano alacremente i lavori decorativi della Chiesa di Maria SS. Ausiliatrice, eretta, or sono dieci anni, in quella città.
- A Buenos-Ayres, per volontà del Successore di D. Bosco, è stata inviata ed accolta in trionfo la prodigiosa statua dell'Ausiliatrice, che, benedetta da D. Bosco, aveva per vent'anni ascoltato tante suppliche nella Cappella dell' Istituto Salesiano di Parigi. Il veneratissimo simulacro sarà collocato nel nuovo sontuosissimo tempio, che ad onore del S. Cuore di Gesù e della Incoronata Regina di Valdocco si sta costruendo in quella capitale.
Una povera madre consolata.
Veniva qui in Roma, nello scorso dicembre, scassinata un'osteria verso le due dopo la mezzanotte. Alcune guardie se ne avvidero e rincorsero i ladri, arrestandone dei tre uno. Affermando una di queste guardie di aver tra i due fuggitivi riconosciuto il mio figlio Venceslao, veniva egli due giorni dopo arrestato, e quantunque comprovasse la sua innocenza e l'alibi, sottoposto al procedimento penale. Nel 2o gennaio u. s. innanzi la sesta sezione di questo Tribunale fu discussa la causa ed i magistrati basandosi sull'affermazione della detta guardia ritennero il detto mio figlio complice di furto e lo condannavano a 2o mesi di reclusione, tenendo in non cale la deposizione di cinque testimoni di specchiata probità, i quali comprovarono che mio figlio nell'ora che veniva consumato il furto trovavasi in loro compagnia. Contro questa ingiusta sentenza fu interposto appello e Iddio sa con quale angoscia nel timore che la Corte di Appello si avesse a basare sulla deposizione dell'agente.
Mi rivolsi allora alla Vergine Ausiliatrice e le dissi : Oh ! Vergine, tu sola sai che mio figlio è innocente : rendilo a me sua madre desolata : io pubblicherò questa grazia nel Bollettino Salesiano. Il 9 corr. si discusse l'appello: e poichè l'avvocato difensore, al fine della difesa, esternavami il suo parere che la Corte avrebbe riconfermato la sentenza, mi sentii venir meno, ma mi rivolsi nuovamente alla Vergine e a Lei riconfermai colle lagrime agli occhi il mio voto. I magistrati al termine della difesa si ritirarono a deliberare e dopo non breve permanenza uscirono dichiarando il mio figlio prosciolto dalla imputazione ascrittagli. Quest'assoluzione io l'ascrivo all'intervento della Vergine Ausiliatrice, e compio la promessa facendo pubblicare la grazia.
Roma, 10 marzo 19o4.
ELVIRA PESCI.
Maria Ausiliatrice aiuta i Cooperatori Salesiani.
Il giorno 15 corrente mi pervenne la lettera, diretta dal sig. D. Rua ai Cooperatori e Cooperatrici Salesiane nella festa dell'Epifania.
In tale giorno io era in grande angoscia, causa una seria operazione che dovevasi fare ad un mio caro parente, e, quasi per distrarmi, lessi la detta lettera. Nel leggerla, cui venne il pensiero di rivolgermi alla cara Maria Ausiliatrice, e promisi, che se l'operazione riusciva bene, avrei fatto la tenue offerta di lire cinque pei bisogni che il Successore di D. Bosco fa conoscere nella sunnominata lettera.
Ora col cuore pieno di santa gratitudine rendo vivissime grazie alla Vergine Santa per la buona riuscita dell'operazione, inviando la piccola somma promessa, e nello stesso tempo La prego ad ottenere al caro malato una pronta e completa guarigione.
Frassineto Po, 25 gennaio 19o4.
ANGELA BARBERO.
Una famiglia riconoscente a Maria Ausiliatrice.
Ciò che non ho fatto prima, parte per ignoranza e parte per negligenza, lo faccio volentieri oggi, per dovere e per gratitudine verso Maria SS. Ausiliatrice.
Il 20 febbraio del 189o, partii di casa, diretto per l'America. Durante la traversata, per ingannare il tempo, chiesi ad un buon amico qualche libro da leggere, ed egli per combinazione, o meglio per disposizione della Divina Provvidenza, mi diede un libretto scritto da D. Bosco di v. m., in cui erano descritte molte grazie e favori concessi dalla potente Ausiliatrice dei Cristiani. Io lo lessi con vero piacere, ne fui commosso ed ebbi gran fede
Ritornato in Italia, insieme con la mia famiglia, feci una novena a questa Madre celeste per ottenere una grazia, perchè io da molto tempo ero travagliato da un'artrite nei piedi da non potere quasi più camminare, e la mattina dell'ultimo giorno della novena (24 maggio 1891) d'un tratto mi trovai perfettamente guarito, con somma mia contentezza e della mia famiglia.
In questo mentre però, alla mia povera moglie Quintilìa, nel dito mignolo del piede sinistro, si sviluppò pure un principio di terribile artrite, da obbligarla subito al letto, con dolori insopportabili, da non potersi quasi più muovere. Chiamato il dottore, questi pure riconobbe che era un'artrite e disse che potevale invadere tutta la gamba. E noi allora ricominciammo una seconda novena, e con somma meraviglia nostra, il male sparì senza farsi più vedere Ma contemporaneamente, a una mia figlia di pochi anni incominciò una di quelle tossi forti e convulse che negli attacchi lasciano semivivi i poveri fanciulli; allora impensieriti di questa unica bambina, incominciammo subito una terza novena, e la tosse, da maligna si convertì in benigna, e in pochi giorni disparve senza più ricomparire.
Io queste guarigioni così sorprendenti le attribuisco ad un intervento soprannaturale, cioè alla bontà grande di Maria Ausiliatrice sempre pronta a consolare i suoi dìvoti, e quindi mi raccomando perchè almeno ora siano fatte di pubblica ragione.
Macerata, via Santa Croce, 31 marzo 1904. VINCENZO CIURLANTI.
Una meravigliosa guarigione.
Il giorno 15 luglio u. s. fui colpito all'orecchio destro d'un dolore insopportabile per cui dovetti sottomettermi alle cure mediche, benchè per lungo periodo di tempo non si potesse conoscere neppure di che cosa si trattasse, quando per mezzo del nervo ottico si formò una diplopia e si riconobbe una Ottite media purulenta acuta con paralisi del muscolo retto esterno dell'occhio destro. Pieno di timore andai da diversi scienziati, ma vedendo inutile ogni cura, dopo quattro mesi circa, il 5 novembre, trovandomi in caso disperato perchè il male incessante e insopportabile mi faceva perdere ogni speranza di guarigione, fui consigliato da papà a ricorrere a Maria SS. Ausiliatrice dicendomi che egli era stato più volte esaudito. Allora con viva fede feci voto di dire tre Ave al giorno e di portarmi in persona nel giorno di Maria SS. Ausiliatrice al suo Santuario e di far celebrare una Messa al suo altare, offrendole quello che le mie forze potranno e di più di fare inserire nel Bollettino Salesiano la grazia ricevuta.
Qual meraviglia ! nel medesimo giorno sparve il male , cominciai a star bene , ed ora sono sei mesi che posso dichiarare di non aver più sentito dolore. Sieno rese grazie infinite a Maria SS. Ausiliatrice.
Costanzana Vercellese, Aprile 1904.
Coppo G. BATTISTA.
S. Stefano Roero. - Il giorno 23 del corrente mese, un bambino, di due anni appena, sparve dai nostri guardi. Pensi ognuno se i poveri genitori, accortisi che il bambino non si vedeva più in nessuna parte, non si dessero a cercarlo con grande ansietà ! Stentando a trovarlo, si raccomandarono alla Vergine Ausiliatrice. Fatta la preghiera, lo trovarono in una fossa piena di acqua. Lo estrassero e pareva morto. Capita in quel momento un medico, proprio di passaggio. Chiamato, visitò il povero bambino e lo dichiarò perduto, senza più alcuna speranza di farlo rinvenire. Non cessò però la fiducia dei genitori in Maria Ausiliatrice. Infatti. dopo alcune cure del caso, il bambino cominciò ad aprire gli occhi, riprese il respiro e qualche ora dopo era pienamente fuori di pericolo. Egli è tuttora sano e salvo, a nostra grande consolazione. Invio un'offerta di riconoscenza alla potente Ausiliatrice !
25 febbraio 1903.
LUIGI DELPERO DI BARTOLOMEO.
Cittadella (PADOVA). - Colpito da una forte febbre tifoidea, ricevetti il SS. Viatico e l'Estrema Unzione. Il male andava consumandomi spaventosamente e il 2 novembre 1903 tutti attendevano la mia prossima fine. Maria Ausiliatrice però, invocata da me, dai parenti, da tante anime buone con una novella in suo onore e la promessa di un'offerta al suo Santuario, quand'era perduta ormai ogni speranza umana, volle egualmente salvarmi. Terminata infatti la novena, cominciai a migliorare e ora mi trovo completamente guarito.
Febbraio 1904.
Chier. GIOVANNI FABRIS.
Torino. - Perduto ingiustamente l'impiego, mi trovai sul lastrico. Promisi all'Ausiliatrice dei Cristiani che se mi avesse fatto trovare entro otto giorni, un posto buono ove non avessi da lavorare alle feste, avrei fatto dire una messa e pubblicare la grazia. E la grazia venne. Sia benedetta Maria Ausiliatrice
31 gennaio 19o4.
RETENNA ALBERTO.
Montiglio (MONFERRATO). - Un mio cognato, certo Francesco Martini, era in fine di vita per una gravissima polmonite. Essendo perduta umanamente ogni speranza di salvarlo, io che già altre volte ebbi ad esperimentare la bontà di Maria Ausiliatrice, a Lei mi rivolsi con voto. Quando già il caro malato pareva prossimo a spirare, successe come per incanto un rivolgimento nel decorso del male, che in breve lo diede vinto. Ringraziando la Vergine SS. di tanta grazia , invio l'offerta per una messa.
Maestra CASALEGGIO FIORENZA.
Lugo. - Il giorno 8 agosto dello scorso anno 1902 fui colto all'improvviso da forti dolori all'o recchio destro. Sul principio credevo fosse cosa da nulla, ma il dolore, anzichè diminuire, andò sempre crescendo al punto tale che fui obbligato andare all'ospedale e sottomettermi ad una dolorosa operazione. Feci voto a Maria SS. Ausiliatrice che se l'operazione fosse andata belle e mi avesse fatto guarire, avrei mandato un'offerta al suo Santuario e fatto pubblicare la grazia ricevuta nel Bollettino Salesiano. Coll'aiuto di Maria SS. Ausiliatrice, l'operazione andò bene, ed è già passato circa un anno dacchè fui operato, nè ho più sentito male alcuno. Sia perciò ringraziata e benedetta ora e sempre Maria SS. Ausiliatrice, ed il suo manto materno si estenda ognora su me, chè ne ho tanto bisogno.
7 ottobre 19o3.
SaC. VENERIO NARDI.
Torino. - Il 27 maggio caddi ammalata, affetta da periostite al braccio sinistro. I medici avevano dichiarata la malattia molto grave, e indispensabile una dolorosissima operazione. Temevano inoltre che complicazioni gravi si fossero fatte, che l'osso fosse stato profondamente intaccato; ed allora, per evitare una febbre d'infezione, sarebbe stata necessaria l'amputazione del braccio. Innanzi a sì dolorosa prospettiva, io fiduciosa rivolsi fervide preghiere alla SS. Vergine Ausiliatrice, La invocai e La feci pregare nel momento supremo in cui i dottori stavano facendomi l'operazione. Tutto, grazie all'aiuto di Dio, procedette bene ; a poco a poco andai sempre migliorando, ed ora sono completamente guarita.
20 gennaio 1904.
AMEDEA COPASSO.
Busca (CUNEO). - Sul finire del gennaio 1901, colpita dalla gravissima perdita del mio amatissimo padre, col cuore straziato dal dolore, fidente nella bontà della SS. Vergine Ausiliatrice, umilmente ricorsi a Lei, perché si degnasse aiutarmi a ben sistemare i diversi affari di famiglia, promettendole di pubblicare la grazia sul Bollettino. Cosa ammirabile! La SS. Vergine si degnò di benignamente accogliere la mia preghiera, e nel corso di ben tre anni la sua valida protezione fece sì che ogni cosa riuscì splendidamente bene. Riconoscentissima ho l'onore di sciogliere il voto fatto, rendendo pubblica la grazia ricevuta.
28 gennaio 1904.
GIUSEPPINA NASSÒ.
Il Segretario del sig. D. Rua ci comunica, che la sig.a C. M. pur desiderando di rimanere incognita, sente il dovere di ringraziare pubblicamente Maria Ausiliatrice che ridonò la pace alla sua famiglia, e invia l'offerta promessa.
Anche una Signora di Locarno, pur desiderando di rimanere incognita, vuole che sia nota a tutti la particolare protezione accordatole da Maria SS. Ausiliatrice « in un affare di somma importanza da cui dipendeva il suo interesse materiale e morale. »
La Direzione.
Aprile 1904.
Ottennero pure grazie da Maria SS. Ausiliatrice, e alcuni pieni di riconoscenza inviarono offerte al Santuario di Valdocco per la celebrazione di S. Messe di ringraziamento, o per le Missioni Salesiane, o per le altre Opere di Don Bosco, i seguenti:
A*) - Alcamo: Lipari Camilla, 3.- Ascona. Sassello Basilio, 10.
B) - Badia Polesine (Rovigo) : Caneazzo Giusto, 50. - Barano d'Ischia (Napoli) : Caterina Conte, 5. - Bento Gonçalves (Brasile) : Friacca Secondo e Rosset Domenico. - Bologna: Bottazzi Romeo, 5. - Borgo S. Dalmazzo (Cuneo) : Maria Beltramo. - Brugnato (Genova) : Celle Francesca Ricchetti, 6. - Buriasco (Pinerolo) : Rainaudo Giuseppe.
C) - Cagliari (Sardegna) : Ch. Mosè Farci, i. - Casola: Pietro Casella. - Caspaggio (Sondrio) : Pegorari Costantino, 15. - Chiavari: Migone Giambattista. - Coggiola: Maria Ubertalli, 15, riconoscentissima per la guarigione della sua cara mamma. - Como: Gorio Camilla, 2. - Conegliano Veneto A. B., Cooperatrice Salesiana. - Costigliole Saluzzo: Caterina Savio-Dogliani. - Crema: Agostino Cavallanti, 2,25. - Cuneo: Donna Teresa Stafferi Rossi, 3. - Cuorgnè: Lucia F.
D) - Danta (Belluno) : Dariguzzi Luigi Bozzo, 5. E) - Elice (Teramo) : Maria De Sanctis. F) -- Firenze. Adele e Giuditta Marchettini, 15, per la guarigione di una cara persona. - Fobello (Novara): Amalia Manio-Falcione, 1,25. --Foglizzo Canavese: Givogri Annetta e Marietta, 10, per la guarigione della mamma Givogri Maria nata Zemo. - Francenigo (Treviso) : Cao Raimondo, 2. - Friburgo (Svizzera) : Maria Crotti Bisi, 120, per la guarigione della nuora. - Fumane (Verona) : Ferri Clelia Ved. Ugolini, 15.
G) - Genova: E. Scarsi, 4, implorando che la Vergine Ausiliatrice completi la grazia incominciata. - Gattinara: A. P. per la sua Adelgisa.
H) - Haverstraw: Lagomarsino Lucia, 5.
I) - Intra: Tosi Marianna, 5. - Ivrea (Torino) : N. N.
L) - Lavina (Porto Maurizio) : Garelli Maddalena e Valcado Giovanni, 5.
M) - Maranzana (Alessandria) : Gosio Francesco, riconoscentissimo per la guarigione della figlia Teresa. - Massafra (Lecce) : Schettini Isabella, 3. - Meda (Milano) : P. G., 2. - Milano: Giuseppe Lasagna, Procuratore, 20. - Moncalieri (Torino) B. R., 2. - Monchiero (Cuneo) : Conterno Teresa. 3, per la figlia Maria Luigia. - Monza (Milano) Maria Elisa. - Mondovì: Amo D. Bartolomeo.
N) - Napoli: M. C. C.. Cooperatrice Salesiana, 41,20, per la guarigione della figlia e per la speciale protezione di Maria Ausiliatrice in un affare temporale. - Novara: Secondo Colombara, 8, per la prodigiosa guarigione dell'unica sua filia Giuseppina.
O) - Olginate (Como): Orlandi Anigoni Calimèro, 5. - Orgiano (Vicenza) : Acerbi Valentino, 10.
P) - Pallanza : Lavatelli Em,na Azzari, 1o. - Parma: Suor Albertina Camattini, Figlia di Maria Ausiliatrice. - Perosa Argentina (Torino) : Lorenza Fratnik, 2.
Q) - Quarto d'Asti : Lorenzini Marianna da Ovada, 5.
R) - Ragusa : Una Cooperatrice salesiana. - Reggio Emilia: Angiolina Bertani n. Franzini, 2. Rimini: Bignardi Ciro, 15. - Rivarolo Canavese: Nida Guglielmo ; Paglia Francesca, 2. - Rivalta Torinese : Carignano Luigia, 3. - Roma : Piroli Maria ved. Pavoni, 3. - Rosignano Monferrato Cloverio Rosalia, 50.
S) -Sampeyre (Cuneo) : Giraudo Chiaffredo, 10. -S. Damiano d'Asti : N. N., 10. - S. Giuseppe di Comacchio : Gigina Trafforini, 2.- S. Luca di Ferrara: Zeffira Bernardi Devoto, 20. - S. Pier d'Arena (Genova) : Flaminia e Federico Ferri pel loro Marietto. - Sassomorello: Ranuzzini Luigi. - Savona; S. B. - Sorisole (Bergamo) : Maria Bordegna, cooperatrice. - Stradella (Pavia) : M. G. O., 1o. - Strona (Novara) : N. N., 2. - Sabbiano (Arezzo) : Arc. D. Cafassini, a nome della Ma Isolina Gabbrielli.
T) - Tarantasca (Cuneo) : Ricchiardi D. Giuseppe, 2o p. g. r. - Ticineto Po: Cassini Don Pietro, 4. - Torino : Fiore Giuseppina, sarta, offre il suo anello nuziale p. g. r.; Lina Olivieri Tarchetti ; Anna Rey per una conversione consolante ottenuta il 10 ottobre 1903 fa celebrare una messa di ringraziamento ; Sardo Giuseppe. - Torre Pellice: L. M., 25. - Tortone : Carnevale Filomena, 27, per la guarigione del figlio ammalato gravemente di polmonite. - Troy (New-York) : Chierico Filippo Garbellini.
V) - Velo d'Astico (Vicenza) : Martini Giustina Stella, 5. - Venezia : Nobil Donna Conti Maria Morosini Venier, 30, per l'implorata grazia della sua guarigione ; N. D. B., 5., per grazie. - Vi - lanova Canavese: Rita Castagnaro Sardo, implorando una grazia. - Villaraspa di Mason Vicentino Giovanni Spagnolo, 2. - Vinovo: Griffa Francesca.
X) - Mellogri Emma di Enrico, 5.- Lanfranco Orsola. - B. M. 14,50.
A Valdocco.
Solenne e degna di speciale menzione fu la festa del glorioso Patriarca S. Giuseppe. Il celebrarla con singolare trasporto era già tradizione antica all'Oratorio : ma quest'anno, se non andiamo errati, si riuscì a fare qualche cosa di più, ricorrendo in tal giorno l'onomastico del S. Padre, e volendosi pure dare dai giovanetti un omaggio di riconoscenza e di affetto al loro Direttore D. Secondo Marchisio. Come riuscirono piene di santo decoro le funzioni religiose, non meno fu brillante la serale tornata accademica. Lesse un affettuoso indirizzo il Prof. Giov. Garino, i giovanetti interpretarono il Giuseppe riconosciuto del Metastasio e con scelta musica di canto e suono s'alternarono quadri allegorici di buon effetto.
Ma ancora per un'altra ragione si doveva considerare la festa di S. Giuseppe come una data memoranda. Questo giorno segnava come la fine del tirocinio professionale di molti dei nostri alunni artigiani che dovevano lasciare la casa di educazione ed entrare nella società, per incominciare, sotto gli auspizi di S. Giuseppe, quella vita di operai amanti del lavoro e della religione dei quali si sente il bisogno. E anche quest'anno, ci gode l'animo il dirlo, uscirono un buon numero di questi giovani operai dei quali la società non avrà mai, così noi speriamo, da lamentarsi.
Molti di essi dai Superiori furono collocati presso buoni padroni affinchè potessero avere lavoro senza pericolo della loro fede, gli altri ritornarono alle loro famiglie. Mentre poi gli uni uscivano, altri entravano a rimpiazzarne il posto ; e, Dio solo sa, a quanti, che facevano istanze per entrare nell'Oratorio, si è dovuto rispondere negativamente per mancanza di posto ! Queste continue e numerose domande e il bisogno da tutti riconosciuto di formare buoni e valenti operai c'indussero a sobbarcarci a nuove spese per l'acquisto di altra macchina degli ultimi modelli, benedetta dal Rev.mo sig. Don Rua, per mettere i giovani al corrente dei nuovi progressi; e ad incominciare un nuovo corpo di fabbrica nell'interno dell'Oratorio, la cui pietra fondamentale fu solennemente benedetta, nella vigilia stessa della solennità di S. Giuseppe. Siamo certi che il glorioso Patrono degli operai verrà in nostro aiuto e toccherà il cuore a molti dei nostri Cooperatori ad aiutarci coi loro soccorsi affinchè non siano vane le nostre speranze.
- Nella chiesa di S. Francesco di Sales, che serve di cappella ai numerosi giovanetti dell'Oratorio festivo, il giorno di Pasqua più di 700 di essi si accostarono alla S. Comunione per soddisfare al precetto pasquale, oltre 110 che nello stesso giorno furono per la prima volta ammessi al Banchetto Eucaristico. Fu davvero uno spettacolo consolante, che si vide ripetere alla Domenica in Albis, nella quale si aggiunsero gli antichi allievi in numero assai rilevante.
In Italia.
LANZO TORINESE. - Agli antichi allievi e superiori dei Collegio Salesiano in Lanzo Torinese. - Ci scrivono « Il giorno 19 del prossimo Giugno coll'intervento del Municipio, delle primarie autorità cittadine, dei rappresentanti dei principali giornali del Piemonte e di diverse bande musicali si festeggerà solennemente il 400 anniversario della fondazione del Collegio San Filippo di Lanzo Torinese. A quella lieta radunanza ed all'agape fraterna che si terrà nei locali del Collegio sono invitati tutti gli allievi che in questi quarant'anni di prospera esistenza vi hanno avuto parte della loro educazione e della loro istruzione, ed insieme tutti i superiori che vi hanno prestato l'assistenza, l'insegnamento o la direzione. Per questo furono già diramate apposite circolari col programma delle feste, coi grandi ribassi ferroviari che si possono godere non solo sulle principali linee del Regno, ma ancora sulla Torino-Ciriè-Lanzo. Il numero degli aderenti è già grande, essendo ogni anno degnamente rappresentato, tuttavia siccome di molti antichi allievi e superiori il Comitato non ha potuto rintracciare gli indirizzi, gli interessati che non avessero ricevuto la circolare personale, sono pregati di rivolgersi, anche col solo biglietto di visita, in Lanzo Torinese al Segretario generale del Comitato, Francesco Turinetti, il quale provvederà prontamente. - Per il Comitato : Avv. DOMENICO CABODI, Direttore dell'Ospedale Mauriziano in Lanzo Torinese ».
MILANO. - L'E.mo Cardinal Ferrari al nostro Istituto. - Dobbiamo ringraziare la squisita bontà del Veneratissimo Cardinal Ferrari per aver voluto, l'ultimo giorno di Carnevale, onorar di sua presenza la recita al nostro teatrino. Si rappresentava, la prima volta a Milano, una nuova commedia, ancora inedita, in 4 atti, del sacerdote salesiano Gio. Battista Lemoyne dal titolo: Un Venerdì. Quei piccoli attori animati dalla presenza di un tanto personaggio e di un'immensa schiera di benefattori superarono, come si suol dire, se stessi e fecero gustare in ogni parte tutta la bellezza e tutta la fine arguzia di cui è saporitamente ricco quel ben riuscito lavoro,; e l'Eminentissimo Principe accomiatandosi dal superiore locale, D. Lorenzo Saluzzo, ebbe più volte a felicitarsi con lui e del lavoro davvero squisito e della giusta interpretazione dei piccoli artisti.
ROMA. - Una bella festa alla Chiesa del S. Cuore al Castro Pretorio e la somma benevolenza del S. Padre. - Togliamo dall'Osservatore Romano: « La Domenica di Pasqua nella Chiesa parrocchiale Salesiana del Sacro Cuore di Gesù, circa duecento tra giovanetti e giovanette fecero pubblicamente con imponente edificazione la prima Comunione. Erano stati preparati con otto giorni di esercizii spirituali nei rispettivi Oratorii festivi tenuti dai Salesiani e dalle Suore di Maria Ausiliatrice ; la mattina stessa della Comunione, rinnovarono in forma solenne i Voti Battesimali, assistiti dai loro genitori e parenti, molti dei quali s'accostarono essi pure alla Sacra Mensa.
» Fu uno spettacolo splendido di fede e di amore.Un'altra fortuna indimenticabile ebbe quel giorno quella schiera giovanile. Verso le ore 11 erano accolti in Vaticano dal Santo Padre, il quale rivolse loro parole semplici, inspirate e piene di affetto, congratulandosi ed esortandoli alla fermezza nei propositi santi di quel giorno solenne. Egli stesso, il Santo Padre, volle regalare a ciascuno una medaglia come ricordo, e nel distribuirla godeva intrattenersi a sorridere, a benedire ciascuno con bontà ed affetto ineffabile ».
ORVIETO. - Per la Musica Sacra. - La commissione istituita da S. E. Mons. Fratocchi in obbedienza al Motu proprio di S. S. Pio X, volle dar principio all'opera sua coll' indire una conferenza, della quale fu incaricato il nostro D. Matteo Dott. Ottonello, Direttore del Collegio Leonino, il quale fatto un breve accenno alla questione che nell'ultimo trentennio si agitò intorno alla Musica Sacra, passò a dimostrare come cotesta riforma sia affare di coscienza, di gusto e di buona volontà.
Dall'isola di Malta.
SLIEMA (MALTA). - All'istituto Salesiano. - La sera della festa di S. Giuseppe, nell' incipiente Istituto Industriale di S. Patrizio in via Don Bosco, Sliema, ebbe luogo un trattenimento musicodrammatico, in onore dei nostri benefattori. Sul finire, il Direttore rivolse un caloroso ringraziamento agli intervenuti, dopo il quale-come scrive il giornale Malta e sue dipendenze - « prese ancora la parola il Rev.mo Mons. Dr. D. Luigi Farrugia, Direttore dei Cooperatori Salesiani Maltesi, e con facile ed eloquente parola richiamò l'attenzione del pubblico sul meraviglioso svolgersi dell'opera dell'immortale Don Bosco, e ben a ragione si gloriava di avere conosciuto il Generale dei Salesiani D. Michele Rua a Torino; ricordò il collocamento della prima pietra, cinque anni or sono, lì dove ora sorge il maestoso, sebbene non ancora completo edificio dell'Istituto Salesiano di Sliema; e parlò di quella prima pietra come del seme di senapa che germogliato, già cresciuto cominciava ad allignare e stendere i suoi benefici rami sull'Isola ; acclamò alla venuta dei Salesiani tra noi, suo voto ardente di anni molti, e faceva voti che presto possano essi anche a Malta mostrare e svolgere tutte le loro energie tnercè la valida protezione e l'aiuto di quanti possono concorrere ad un'opera sì patriottica e benefica, qual'è quella di educare cristianamente la gioventù. »
Dalle Americhe.
BAHIA (BRASILE). - L'Esposizione delle scuole professionali dell'Istituto Salesiano che ebbe luogo nel dicembre u. s. fu una chiara attestazione del grande progresso che hanno fatto quei laboratori e dell'insegnamento pratico ed elaborato che vi s'impartisce ai giovanetti ricoverati. Concorsero all'esposizione le scuole professionali dei sarti, calzolai, legatori, tipografi e falegnami. Alcuni libri rilegati attrassero l'ammirazione di tutti, e furono giudicati lavori nel loro genere perfetti.
LIMA (PERÙ). - Un'altra esposizione professionale. - L'anno scolastico 1903 venne coronato nel Perù da una piccola ma geniale esposizione. Al buon esito di questa contribuì grandemente la presenza dei Direttori di Arequipa, La Paz e Sucre. Questi portarono seco alcuni dei migliori lavori usciti dai loro rispettivi laboratori, i quali uniti ai lavori presentati dalla casa di Lima, offrirono all'occhio esperto dei numerosi visitatori uno splendido saggio dei non mediocri risultati ottenuti in breve tempo, in questo ramo dell'Opera Salesiana, nell'Ispettoria del Perù e Bolivia.
L'esposizione si inaugurò, con tutta la solennità possibile, il 25 dicembre p. p., alla presenza dell'Ecc.mo Sig. Delegato Apostolico, Mons. Alessandro Bavona, di S. E. il Ministro d'Italia, accompagnati dal Ministro di Spagna, da vari senatori e deputati, e da un gran numero di riguardevoli personaggi. Non è a dire con quali elogi sia stata da tutti grandemente encomiata la graziosa esposizione. Ne parlarono con compiacenza i giornali più conosciuti di questa capitale, e lungo sarebbe il riportare fosse pure un estratto delle lodi e degli incoraggiamenti che indirizzarono ai superiori delle case che vi presero parte. Ci limiteremo a copiare alcuni periodi della « Voce d'Italia » organo della Colonia Italiana di Lima.
« L'Esposizione , così si esprime, comprende quattro sezioni, cioè : Lima, Arequipa, La Paz e Sucre; nelle quattro sezioni, oltre ai prodotti delle arti meccaniche e dei vari mestieri, come falegnami, fabbri-ferrai , calzolai, sarti e tipografi, che tutte hanno come oggetto comune, si ammirano specialità di maggiore perfezionamento.
» Così, per esempio, nella sezione d'Arequipa sono notevoli i prodotti dell'agricoltura e le opere di pittura ; in quella della Paz i lavori di stipetteria, intarsiatura e intagliatura in legno e in legatoria di libri. In questa sezione abbiamo ammirato una matrice universale da far viti e madre-viti in ferro, d'un lavoro finissimo e d'una originalità apprezzabile ; nella sezione di Lima forma una specialità la calligrafia e la calzoleria, in quella di Sucre si ammirano bei lavori d'ebanisteria e così via dicendo.
» Molti di questi lavori potrebbero figurare in qualunque più importante esposizione industriale e in tutti si vede la caratteristica dell'ingegno e delle attitudini italiane, messe a disposizione dell'educazione d'un popolo nuovo, perchè non bisogna dimenticare che l'opera salesiana si dedica specialmente alla educazione pratica industriale delle classi più diseredate dalla fortuna e più abbandonate dalle istituzioni pubbliche. »
È facile immaginarsi come l'esposizione abbia eccitato tra le case dell'Ispettoria una santa emulazione, per far progredire sempre più le arti, con vera ammirazione per l'opera di D. Bosco. Infatti le città principali del Perù e Bolivia domandano con istanza una casa salesiana. Ultimamente si conchiusero le trattative per una nuova fondazione al Cuzco ; ed il Congresso votò una somma discreta a questo scopo. Maria Ausiliatrice, nostra buona Madre, voglia continuare a benedirci, e ci conceda la grazia di estendere sempre più il suo culto unitamente al nome ed all'opera benefica del nostro amato Padre.
Ad esposizione compiuta perveniva ai singoli Collegi di Lima, Arequipa, La Paz e Sucre questo onorifico diploma
LA R.a LEGAZIONE DI S. M. IL RE D'ITALIA NELLE REPUBBLICHE DEL PERU', BOLIVIA ED EQUATORE, in vista dei lavori esposti nella Mostra che ebbe luogo nel Collegio dei RR. Salesiani di Lima il giorno 25 dicembre 19o3, e costatando i progressi realizzati nelle varie Sezioni d'Arti e Mestieri del Collegio Salesiano di... rilascia il presente DIPLOMA D'ONORE e BENEMERENZA al Direttore e ai Maestri del sullodato Collegio. Lima, 1 gennaio 1904.
Il R. Ministro G. PIRRONE.
BUENOS AYRES - Inaugurazione di un nuovo organo alla Chiesa di S. Giovanni Evangelista alla Boca. - Il nuovo organo, degno lavoro del riputatissimo stabilimento del sig. Vegezzi-Bossi, venne religiosamente inaugurato il 31 gennaio, celebrandosi la festa di S Francesco di Sales. Per la circostanza accorsero da Montevideo gli organisti D. Rota e il sig. Ochoa e da quella capitale il sig. Pelazza e il sig. Medina. L'organo fu suonato alle messe delle 5, 6, 7,30, 8, 9,30 e 11, cioè quasi tutta la mattinata. La messa delle 9,30 fu solenne, con buona musica e squisito accompagnamento. Alla sera vespri parimente solenni, con severe e grandiose composizioni musicali e, prima del Tantum Ergo, canto del Te Deum dell'Haller. Tanto il gran popolo accorso, come gli organisti sullodati, nonchè molti altri accorsi durante le funzioni che si ripeterono nei due giorni seguenti, encomiarono altamente la bontà dello strumento, la delicatezza dei suoni e la perfettissima intonazione di tutti i registri. Lodatissimo fu il ripieno che fu trovato forte e insieme dolcissimo ; e, tra i registri vennero assai lodati l'oboe, il concerto di viole, il flauto ed altri... Siamo lieti di poter dare il cliché del nuovo e grandioso strumento, che fa veramente onore all'industria e all'arte italiana.
PUNTA ARENAS (MAGELLANES CHILE). - Una bella e consolante notizia. - Il 23 gennaio p. p., festa dello Sposalizio di Maria SS—, la nostra chiesa di Punta Arenas provava una grande allegrezza. Un protestante di Scozia, Davide M., da vari anni abitante in quella città in qualità di capitano di nave mercantile, abiurava i suoi errori, entrava nel seno della Chiesa cattolica, riceveva sotto condizione il S. Battesimo, si riconciliava con Dio con un'umile confessione, dipoi riceveva la Cresima, il Sacramento del Matrimonio e per ultimo il Pane degli Angeli. Da parecchi anni stava unito civilmente in matrimonio con una buona signora chilena, la quale pregava continuamente per la conversione di suo marito, finchè fu esaudita. Dopo la funzione il buon Davide era profondamente commosso e ringraziava teneramente Iddio di avergli aperto gli occhi e fatto conoscere il grande tesoro di N. S. Religione, la sola che ci può far felici in questa e nell'altra vita. Che il Signore gli conceda la santa perseveranza !
S. PAOLO (BRASILE). - La Commissione nazionale del Brasile per l'Esposizione internazionale di S. Luigi degli Stati Uniti (Nord America) ha rivolto gentile invito alla Direzione del Collegio del Sacro Cuore di S. Paolo, perchè volesse concorrere a quella Mostra internazionale con qualche lavoro eseguito in quelle scuole professionali, ad onore della città e della Repubblica brasilena. Questo invito, è di vero onore a quell'Istituto che conta ben 350 alunni interni e più di 450 esterni, poichè dimostra in quale stima sieno tenute quelle scuole professionali che in poco tempo fecero veri progressi.
Mentre si stanno ultimando i lavori che saranno inviati all'Esposizione, quella scuola tipografica ha pubblicato un elaborato programma dell'insegnamento teoretico-pratico che si segue in quei laboratori, i quali crebbero ultimamente di numero e di macchinario. Degno di lode speciale è l'impianto di un completo laboratorio di fototipia con tutti gli annessi per dare ai lavori quella morbdezza e quelle sfumature che si ammirano nei clichés che escono dai primari stabilimenti. Annesso vi è un riparto di galvanoplastica per la riproduzione dei clichés con macchine di ultimo modello, dalle quali si ottengono finissimi lavori. A dir breve, non vi è arte o industria che non sia coltivata in quelle scuole ; e se lo spazio ce lo permettesse, potremmo trascrivere , a soddisfazione dei nostri benefattori, vari recenti articoli dei primari giornali di S. Paolo, inneggianti al crescente progresso di quelle scuole professionali.
REPUBBLICA DI S. SALVADOR (CENTRO AMERICA). -Nella città di S. Anna grande è l'interesse per l'Opera di D. Bosco. A capo di questo movimento sta il Rev.mo P. Filippo di Gesù Moraga, che da 3o anni, cioè dal giorno che la rivoluzione lo scacciò da un importante convento del Guatemala ove era superiore, è divenuto l'Aposto lo di S. Anna. Ed è veramente un uomo singolare. Con piccole elemosine, che nessuno sa negargli, egli ha costrutto la migliore delle chiese ivi esistenti, ha eretto un orfanotrofio, dove trovano asilo cento orfanelle ed a cui convengono ogni dì trecento fanciulle esterne ; e l'anno scorso finì di fabbricare il nostro collegio, che ora pensa già d'ingrandire. La popolazione lo ha in concetto di santo.
La città di S. Anna, anteriore alla conquista, è una delle migliori della Repubblica. Unita colla linea ferrata alla capitale ed al porto di Acajutha, è di molto commercio. Ha varie chiese, scuole, ospedale, una grande caserma, un teatro in costruzione, giardini pubblici, ecc., ecc. Le case son abbastanza solide, molte a due piani, e ben costrutte ; le strade rette e lastricate; l'illuminazione notturna a luce elettrica. I dintorni, ben coltivati e assai feraci, producono caffè, zucchero, tabacco e ogni sorta di granaglie ed abbondano di miniere. Le industrie vanno sensibilmente perfezionandosi. Conta più di 33.000 abitanti, molto ospitali e generosi... I ragazzi sono docili ed ubbidienti.
Poco tempo fa, un nostro alunno interno, andato cogli altri in refettorio, fu visto stare al suo posto, fermo e un po' triste. Gli chiesero: « Perchè non mangi? Sei malato? ». Ed egli: « Sto bene, rispose; ma siccome D. Bosco dice: Chi non lavora, non mangi... io non oso mangiare, perchè non ho potuto imparare la lezione ». Aveva sentito leggere il regolamento e ne seguiva l'osservanza alla lettera. Fu poi condotto nuovamente in refettorio e mangiò con buon appetito.
Il collegio di S. Anna al presente può accogliere circa 6o ragazzi interni e 300 esterni. E un vasto palazzo ad un sol piano, in forma di rettangolo, con ampie sale, alti porticati e spazioso cortile nel centro. È dotato di sufficiente acqua per i bagni ed ha annesso un terreno che, mentre si presta mirabilmente per ulteriori ampliamenti, serve utilmente per orto. La costruzione del nostro Collegio di S. Anna si deve allo zelo del sullodato P. Filippo e, in gran parte, alla generosità d'un'esimia Cooperatrice.
A S. Salvador le Suore di M. Ausiliatrice, assistite da un operoso Comitato di signore Patronesse, fanno un gran bene fra le figlie del popolo. La loro cappella è frequentatissima : l'annuale distribuzione dei premi, che ebbe luogo sulla fine di novembre, riuscì imponente.
Anche a S. Tecla il concorso all'Accademia annuale nel nostro Collegio non poteva essere più lusinghiero ; v'intervennero tutte le principali famiglie della città.
Riuscitissima l'esposizione dei lavori delle Scuole professionali, nella quale incontrarono appieno il comune gradimento un altare in legno di stile gotico per la Chiesa parrocchiale, un'elegante balaustrata tutta di ferro battuto, destinata alla Cappella delle Suore di S. Salvador; e così pure riscossero i più vivi elogi varie pelli ivi conciate e svariatissime calzature eseguite con materiale accuratamente preparato nell'Istituto. È bene notare che la concia delle pelli era rimasta un'incognita fino ad oggi per quella repubblica.
VALPARAISO (CHILì). - Nel Collegio di Valparaiso s'inaugurò un nuovo Circolo Pio X, a vantaggio dei numerosissimi antichi allievi di quell'Istituto. La cerimonia si svolse in forma solenne ; e ciò che destò in tutti la più pura letizia fu il seguente telegramma dell'Em.mo Cardinale Segretario di Stato: « Superiore dei Salesiani, Valparaiso. Santo Padre, lieto dell'inaugurazione del Circolo intitolato dal suo nome medesimo, benedice ai fondatori ed ai soci. - MERRY DEL VAL ».
VITA DI S. SERAFINO DA MONTEGRANARO LAICO CAPPUCCINO scritta dall' E.mo Card. Domenico Svampa, ARCIVESCOVO DI BOLOGNA nel terzo centenario della morte del Santo e riccamente illustrata da 56 fotozincotipie.
Questo splendido lavoro lo dobbiamo alla facile ed elegante penna di un Principe di Santa Chiesa, all'Angelo della Chiesa di Bologna, al Cardinale DOMENICO SVAMPA.
Questo illustre nostro Cooperatore non ha creduto di poter meglio occupare quelle poche ore che gli restano dalle cure della immensa ed importante Diocesi a Lui affidata, che a scrivere le memorie di un Santo Laico Cappuccino che nato nella sua stessa patria aveva lasciato di sè onorata memoria per le sue virtù. Com'è diversa la sorte degli uomini mondani! Di certa gente che ieri solamente riempivano il mondo con le loro parole e la loro superbia, oggi è silenzio e tenebre, e quasi si ha da dire con il poeta che « Il nome vostro appena si trova. » Dei Santi non è così. Il Signore li beatifica in Paradiso, ed anche su questa terra li protegge e ricopre di splendida luce ed immortale Questo buon Laico « Al duro mondo ignoto » ritorna cinto di un'aureola rifulgentissima e per opera dell'Eminentissimo Scrittore, dopo trecento anni dalla sua morte, parla di nuovo a' suoi conterrazzani ed a tutta l'Italia, e ci assicura che la fede inghirlanda di gloria i suoi campioni, e sparge d'attorno i loro sepolcri, diventati altari, a mille a mille i fiori, imagine delle loro virtù. Ben venga all'Italia l'umile Laico Cappuccino, e faccia sentire per bocca dell'Eminentissimo Arcivescovo Cardinale Svampa, ad un secolo vano ed amante di agiatezza, « il vivo desiderio di imitare il candore, l'innocenza, il distacco dal mondo, e specialmente il fuoco del divino amore. »
Il prezzo dell'opera, considerata la finezza dell'edizione e la ricchezza delle illustrazioni , è eccezionalmente mite e chi vuol farne acquisto invii Cartolina vaglia di L. 2,20, al M. R. Dott. D. Alfonso Zagni, Curia Arcivescovile, Bologna.
Non vogliamo in fine passare sotto silenzio una cosa, cioè che l'E.mo Autore, disinteressato quanto mai, mentre ha sostenuto senza dubbio anche una spesa non piccola nella stampa del libro, vuole tuttavia che il ricavo vada a totale vantaggio dell'erigenda Chiesa al Sacro Cuore di Gesù in Bologna. Anche tale lodevolissimo scopo invogli i nostri Cooperatori ad acquistare la vita di S. Serafino da Montegranaro.
Un pacco postale di copie sei: L. 11,70.
Il Cardinale Michelangelo Celesia arcivescovo di Palermo.
Vivamente addolorati pel lutto che colpiva il S. Collegio, raccomandiamo ai particolari suffragi dei nostri Cooperatori il Card. Michelangelo Celesia, Arcivescovo di Palermo, rapito all'affetto universale il 14 aprile u. s.
D'animo mite, di gran cuore, di pietà somma, egli era divenuto popolarissimo, e innumerevoli furono le testimonianze d'affetto tributategli dalla popolazione palermitana, che negli ultimi mesi s'appassionava per il suo Arcivescovo più che non avrebbero fatto i figli più teneri verso il migliore dei padri.
I figli di D. Bosco, associandosi al dolore dei Palermitani, intendono di testimoniare pubblicamente il proprio dolore e la propria doverosa ed imperitura riconoscenza.
Il Conte Francesco di Vìancìno.
L'illustre campione e decano dell'azione cattolica in Piemonte, il Conte Francesco di Viancino, spegnevasi la sera del 13 aprile u. s. Tutta la sua vita di 83 anni fu azione, preghiera e carità. Pio IX e Leone XIII lo ebbero carissimo dandogli replicate prove della loro stima e fiducia, e fregiandolo della commenda degli ordini di S. Gregorio Magno, Piano e Gerosolimitano. Pio X ne confortò colla benedizione gli ultimi momenti.
Per quell'amicizia che lo legò a D. Bosco e la benevolenza che il nobile Conte ebbe sempre per le opere nostre, noi prendiamo parte vivissima al lutto che ha colpito la nobiltà cattolica del Piemonte, e, raccomandando l'anima eletta alle preghiere dei nostri Cooperatori, umiliamo ai nobili congiunti le nostre sentite condoglianze.
Il Sac. Giovanni Mosca.
IL 25 Marzo u. s. si spegneva placidamente in Torino nell'invidiabile età di anni 8o il Rev. D. Giovanni Mosca.
Nato in Alba, passò quivi i primi suoi anni, frequentando con assiduità e pietà ammirevole la Cattedrale, dove fu conosciuto dal Can. Giocondo Salvai, che divenne in seguito Vescovo di Alessandria. Fu egli che lo incoraggiò a studiare ed a prendere la patente da maestro. Insegnò per oltre 2o anni, come maestro municipale, nè bastandogli la scuola, dove esercitava un vero apostolato, prestava pure l'opera sua negli oratori festivi, specialmente in quello di S. Luigi, e visitava gli infermi degli ospedali. Il tempo che gli rimaneva ancor libero l'impiegava quasi interamente nel visitare Gesù Sacramentato, davanti al quale passava delle lunghe ore in adorazione. Ogni anno si recava immancabilmente agli Esercizi Spirituali al Santuario di S. Ignazio sopra Lanzo, e là sentì la vocazione al Sacerdozio. Fu pur là che strinse relazione col nostro buon Padre Don Bosco, con cui conversava di preferenza, animandosi a far sempre maggior bene. Dopo la morte del nostro buon Padre, Don Mosca continuò a S. Ignazio nelle mute annuali dei secolari, specie nel tempo di ricreazione, la benefica missione esercitata prima dal suo indimenticabile amico , infiammando alla virtù or questo or quello degli esercitandi, con zelo ardente non disgiunto dalla necessaria prudenza.
Lasciata la scuola, vestì nell'età di cinquant'anni l'abito ecclesiastico. Fu ordinato sacerdote nel 1877. Fatto Rettore del Ritiro di S. Pietro per le figlie abbandonate, ne ebbe una cura più. che paterna, ampliò il fabbricato della pia opera; e divenuto vice Rettore e Rettore della Arciconfraternita della SS. Trinità, trovò in quella chiesa. largo campo per esercitare il ministero delle confessioni. Ristabilitosi quasi del tutto da una. paralisi che lo colpiva tre anni fa, veniva in pochi giorni di malattia trascinato alla tomba da. una violenta polmonite.
Morì della morte dei Santi e volò senza dubbio al Cielo al quale da tanto tempo sospirava. Fra le opere buone che ornarono la vita del degno ministro di Dio i figli di Don Bosco ricorderanno sempre con piacere quanto egli fece in favore delle Scuole Apostoliche al Martinetto e del Santuario di Avigliana. Entrata, in ottima e particolare relazione col Rev.mo Sig. Teologo Agostino Richelmy, ora Veneratissimo Cardinale Arcivescovo di Torino, si unì col medesimo e col Rev.mo Signor Canonico Giuseppe Casalegno per l'acquisto dell'una e dell'altra casa che poi nel 1894 furono affidate per la squisita bontà del sullodato Teologo Mons. Agostino Richelmy, allora Vescovo d'Ivrea, alla Pia Società Salesiana.
Prima poi di andare a raccogliere il premio delle sue buone opere il carissimo D. Mosca di f. m. volle manifestata ai figli di Don Bosco la sua soddisfazione per il servizio che vanno prestando fin dai suoi primordii all'Istituto di San Pietro da lui sì bene diretto. I fervidi suffragi già fatti e quelli che si continuano a fare, pel caro estinto, se non sono più necessarii pel suo riposo eterno, come speriamo, valgano almeno a lenire il dolore dei suoi cari, specie del suo nipote il síg. Parroco di Montà nostro antico allievo, a cui presentiamo le più vive condoglianze, ed a testimoniare la grata memoria che i Salesiani serberanno di un così degno Sacerdote.
Il Diacono Cesare Gauci.
IL 31 gennaio u. s. XVI Anniversario della morte del nostro caro padre Don Bosco, spirava in Valletta (Malta), munito dai Conforti Religiosi, il Cooperatore Salesiano Diacono Cesare Gauci, nella verde età di 25 anni, assistita dal Priore dei Carmelitani, suo zio, e confortato dal fratello Salesiano.
Noi abbiamo pregato per la sua bell'anima e pregheremo ancora, come ora lo raccomandiamo ai suffragi di tutti i Cooperatori a conforto della. desolata famiglia, cui rinnoviamo le più sentite, condoglianze.