AL VENERATISSIMO ARCIVESCOVO DI TORINO nella sua elevazione al Cardinalato pag. 137
1L SACRO CUORE DI Gesu' ALL'ALBA DEL NOVECENTO » 138
IL FONDAMENTO DELLA RISTORAZIONE SOCIALE . . . » 141
LE NOSTRE SOLENNITA' A MARIA AUSILIATRICE . . » 143
IL VIAGGIO DEI. VEN. NOSTRO SUPERIORE D. RUA » 145
MISSIONI: - BRASILE : Missione pastorale nel Matto Grosso (seguito e fine). - In favore dei nostri emigrati .
GRAZIE DI MARIA AUSILIATRICE . . » 156
NoTIZIE VARIE: - Inaugurazione dell'Oratorio festivo presso l'Istituto S. Ambrogio in Milano - La grandiosa fiera di beneficenza promossa dalle Signore Patronesse Torinesi - L'Istituto Salesiano d'Alessandria e l'Omaggio all'Opera di D. Bosco - Nuova Cappella all'Oratorio festivo S. Agostino in Torino - I Cooperatori di Casal Monferrato . . . » 159
RIVISTA BIBLIOGRAFICA » 163
ILLUSTRAZIONI: - D. Giovanni Bosco (da una fotografa di Spagna), pag. 139 - D. Michele Rua (pure da una fotografia di Spagna), 147 - Gruppo di Antichi Allievi del Collegio di Sarrià (Spagna), 151 - Istituto di M. A. Di Sarrià (Spagna), 154 - Incisionii del dramma IN IsRAELE, 161, 163.
Mons. Agostino Richelmy novello Cardinale di Santa Romana Chiesa
PER Voi, Eminentissimo Principe, che, nel bel mese di maggio, mentre i divoti accorrono più frequenti ad onorar Maria, foste chiamato allo splendore della Porpora Romana, esulta il popolo Torinese e plaude ai gran Pontefice, che con Voi si compiacque di illustrare la sede di S. Massimo. Oggi con lui tripudia pure la numerosa Famiglia Salesiana di Don Bosco, che ricorda con riverente affetto, come Voi, venendo da Ivrea a Torino, Vi siete degnato di mandare il primo saluto al venerando nostro Padre e Maestro, col richiamarci alla mente le gloriose sue pene e fatiche, esortandoci a seguirne i salutari consigli, l'orme benedette.
Grazie, Eminentissimo Principe ! e permettete che noi, mentre giovanetto Vi annoveravamo tra i nostri più zelanti Cooperatori, e poi fatto Sacerdote, Vescovo ed Arcivescovo sentivamo in Voi il Padre, il Consigliere, l'amorosissimo Patrono, facciamo festa al nuovo onore, a cui foste elevato, e che supplichiamo per Voi la Vergine Ausiliatrice, affinchè renda più efficace l'opera Vostra tra noi, e che, uniti di mente, di azione e di forze, con il magnanimo Leone, che oggi onora il Vaticano e chiama sopra di se l'ammirazione del mondo, tutti i popoli formino, sotto il suo impero benedicente e sacro, un solo ovile ed un solo Pastore.
IL mese del S. Cuore di Gesù si apre quest'anno sotto i più ridenti e splendidi auspizi. Leone XIII, riavutosi appena da un rio malore, che ne aveva messo in forse per qualche istante la preziosa esistenza, ideò ed espresse tosto il grande e salutare disegno di voler consacrare al
S. Cuore di Gesù tutto quanto il genere umano, compresi pure i paesi e le regioni non ancora illuminate dalla fede di Gesù Cristo. Veramente una prima consacrazione di tal fatta era già stata compiuta dall'angelico Pio IX nel 1875, secondo centenario della rivelazione del Cuor di Gesù alla Beata Margherita Alacoque. Ma essa non era stata così largamente universale, nè così splendidamente solenne, come quella annunziataci ora dall'immortale di lui successore sulla cattedra di S. Pietro. Son questi i santi progressi di un'umile e potente divozione; son gli albòri di quel giorno d'amore e di pace, in cui il Cuor di Gesù avrà per ogni parte propagato e stabilmente fondato il suo soave e salutare impero. Così Leone XIII, che Cardinal Vescovo di Perugia fu tra i primi a consacrar la sua Diocesi al Cuor di Gesù, doveva, fatto Papa, essere nelle, mani della Divina Provvidenza il più valido ed operoso strumento a propagarne la divozione; a lui doveva essere riservato negl'imperscrutabili disegni di Dio di chiudere il secolo XIX ed inaugurare il XX con la consacrazione di tutto il mondo al Cuor di Gesù. Miracolo di Pontefice, in cui non sai qual sia più da ammirare se cioè la freschezza dell'intelligenza e la vigoria della volontà in un'età nonagenaria, o l'ardore della pietà la più tenera e profonda, o la sapienza di governo che s'impone a' suoi stessi avversari (1).
Or questo grande atto dell' auguste Pontefice deve pure essere sentito, deve essere degnamente compreso da noi, o cari Cooperatori e buone Cooperatrici, sì, da noi, che ne abbiamo un dovere particolare non solo come cristiani, ma come figli di D. Bosco. Voi infatti ricorderete come il nostro buon Padre coronò la sua vita mortale con una delle più grandi e più durature prove di affetto al S. Cuore di Gesù, qual è l'erezione del tempio a Lui dedicato nella capitale del mondo cattolico. Oh! quel tempio, che colà sorge a Roma sull'Esquilino, quel tempio alla cui consacrazione, avvenuta il 14 maggio 1887, ebbe ancora la consolazione di assistere il nostro dolcissimo Padre, quel tempio dirà perennemente e a tutto il mondo nel suo muto, ma eloquente linguaggio quanto grande fosse in lui l'ossequio ed illimitata l'ubbidienza al Vicario di G. Cristo, per cui amore si sobbarcò volonteroso al difficilissimo e gravoso incarico della costruzione della Chiesa nel breve periodo di 8 anni, e quanto profondamente sentita la sua divozione al Cuor di Gesù. Dobbiamo dunque, lo ripetiamo, noi sopratutto, sull'esempio di D. Bosco, unirci ai sentimenti del Papa, far nostri i suoi desideri, i suoi voti, e lavorare con tutte le nostre forze, affinchè questa universale consacrazione si compia nel modo più solenne ed abbia a produrre i frutti più ubertosi nell'ordine religioso, morale e sociale.
Or due cose sono soprattutto necessarie a questo riguardo; noi dobbiamo cioè riparare con la fede e con la pietà lo grandi ruine apportate alla società dal secolo morente, e propiziarci il ventesimo che sta per sorgere con le opere della carità. - E cominciamo dalla prima. Dire che il secolo XIX non abbia fatto che male, sarebbe dir cosa contraria ad un tempo alla verità ed alla giustizia. Quelle grandi manifestazioni di fede a cui tuttodì assistiamo; quegli eroismi straordinari, onde dànno prova generosi missionari volanti intrepidi alla propagazione del regno di G. C. e all'esercizio della più santa delle carità; quel ritorno che si fa sentire ogni di più potente fra le sètte dissidenti ad un solo ovile e ad un solo Pastore; gli stessi grandi ritrovati delle scienze, delle lettere e delle arti, onde si abbella la civiltà nata dal Cristianesimo, e che costituiscono una delle più splendide glorie dell'età contemporanea, tutto ci attesta come il secolo XIX abbia pur le sue grandezze vere e sante. Che più? Non vediamo noi in pieno secolo XIX l'Italia e la Francia, vale a dire le dite nazioni più perseguitate dalla rivoluzione e pur le più devote al S. Cuore di Gesù e le più soccorritrici del nostro buon Padre D. Bosco, innalzar al Divin Cuore un monumento davvero perenne più del bronzo? Giacchè, o buoni Cooperatori e Cooperatrici, non si può senza un sentimento particolare di santa compiacenza pensare a quei due templi, che sorgono l'uno sull'Esquilino a Roma, l'altro a Montmartre in Parigi, opera il primo di un povero prete che vi spese egli solo nella costruzione oltre a tre milioni, frutto il secondo della generosità veramente cristiana della Francia che nel marzo u. s. aveva già raccolto 32.181.639.14, testimoni entrambi, e testimoni parlanti, di quali miracoli sia capace la Fede avvivata dalla Carità. Oh ! a questo nostro secolo si può bene rivolgere la bella sentenza che S. Agostino applicava alle lettere della Bibbia, tramandanti tutte e singole, per chi ben le intende, il suono di G. Cristo venturo: Christum sonant! Si, anche il nostro secolo, al pari de' 18, che lo precedettero dell'èra cristiana , Christum sonat, tramanda il suono di G. C. venuto.
Ma non sarebbe in pari tempo nè secondo verità, nè secondo giustizia negar il male enorme che questo medesimo secolo operò, negare l'atterramento di quanto la fede ha di più augusto e la carità di più tenero, negare la divinizzazione di quel che l'orgoglio ha di più feroce e il vizio di più abbrutito, atterramento e divinizzazione, a cui abbiamo troppo spesso assistito con orrore. Pur troppo il progresso odierno raccogliendo gli effetti del Cristianesimo e obbliandone con la più nera delle ingratitudini la causa, imbestialì assai spesso per vergognose dottrine e la civiltà fu veduta talvolta rìfarsi selvaggia. Il nostro secolo ha fatto troppo sovente come quel giovanetto del Vangelo che seguiva Gesù, coperto sulla carne di una veste di lino, e che colto e brancicato dai soldati di Gerusalemme, lasciò andare la veste e se ne scappò tutto nudo (1). Il secolo XIX ha pur esso preso da Gesù la bella splendida veste, ond'egli adornò coll'andar dei secoli la società civile; ma guasto dall'orgoglio e dalla dissolutezza, che sono i due più tremendi nemici di G. C., lasciò andar la veste e se ne corse via ignudo.
Noi abbiamo dunque, benemeriti Coo peratori e Cooperatrici, noi abbiamo il dovere di riparare questi grandi mali del nostro secolo, ripararli col rendere più viva e più franca in noi la fede senza cui non è possibile piacere a Dio (1), ripararli coll'esercizio più .divoto e più frequente della pietà, che è utile a tutto e per la vita presente e per la futura (2), ripararli con l'adempimento più fedele e più coscienzioso dei nostri doveri, ripararli infine con una vita più operosa, più santa, più degna, in una parola, di un cristiano. Il mese del S. Cuore di Gesù, in cui entriamo e le solennità a cui c'invita la Chiesa, ce ne offrono favorevole e salutare occasione.
Ma riparare non basta; bisogna ancora fare. Il Cuore di Gesù, che è la carità personificata, vuole da noi nel secolo che si appressa a morire, vuole da noi, nel suo mese sopratutto, un po' più di sacrifizio, un po' più di generosità cristiana per amor suo. E noi, pur lasciando alla vostra libera scelta quelle maggiori opere buone, che più vi parranno a proposito, vi raccomandiamo qui in particolar modo le missioni e l'educazione della gioventù. Oh! le missioni sono l'opera graditissima al Cuor di Gesù. Io le amo tanto le missioni, esclamava un giorno il Ven. Curato d'Ars, che morendo venderei il mio corpo, se potessi, per fondarne anche una sola. Ed un giorno, cioè il 25 settembre 1858, dichiarò all'amico suo Ab. Toccanier avergli il Signore per due volte fatto intendere con una forte ispirazione, come il miglior uso, che egli potesse far del danaro, fosse quello d'impiegarlo per fondare e soccorrere le missioni (3). Concorrete adunque con la vostra carità all'opera delle missioni, fate che esse si allarghino ogni di più a conforto di tanti infelici, che attendono con ansietà chi vada ad occuparsi del bene loro e dei loro figli, a salvezza religiosa e civile di tanti selvaggi, che gemono nella barbarie o nell'abbrutimento solo perché manca chi corra a rialzarli da quella miseranda condizione.
Nè meno delle missioni è, specialmente ai giorni nostri, di sovrana eccellenza e di necessità suprema l'opera della educazione della gioventù. Non son dessi i giovanetti la pupilla degli occhi di Gesù,. la delizia del suo Cuore, il sospiro dell'anima sua? Non son dessi la speranza della famiglia, la patria che si perpetua, il genere umano che rinasce, il rinnovamento dell'umanità nel suo fiore? Guai se il giovinetto in quell'età tenera ed innocente, durante la quale dormono ancora come assopite quelle passioni, che, più tardi agiteranno lui uomo tremendamente, non avrà egli un angelo tutelare che lo diriga con amore e lo infreni con fermezza! Guai se in un regno, così disertato da' barbari, qual è troppo spesso questo povero mondo, non avrà egli una cittadella in cui riparare, uno schermo contro il furore dei malvagi, un'ancora di salvezza a cui aggrapparsi. E cittadella sono i buoni Istituti di educazione; schermo le scuole informate alla fede e alla morale cattolica; decora di salvezza gli Oratori festivi, quest'opera la più grande del nostro D. Bosco, e che non sarà mai abbastanza raccomandata a quanti bramano davvero la gloria di Dio, la salute delle anime, la rigenerazione morale e civile della società. Dio voglia che la consacrazione al Cuore di Gesù abbia a portare con gli altri frutti anche un maggior ardore a promuovere le missioni e a caldeggiare la buona educazione della gioventù. - Si legge nel III libro dei Re che, terminata che ebbe Salomone con tutto Israele la solennissima festa della dedicazione del Tempio, durata 14 giorni, i popoli si ritirarono, benedicendo il re, nelle loro tende col cuor lieto e pieni di gaudio per tutti i benefizi fatti dal Signore a David suo servo e ad Israele suo popolo (1).
Voglia il S. Cuore di Gesù, che le grandi feste, le quali si stan preparando per la consacrazione solenne a Lui di tutto il mondo, abbiano ad essere seguite da altrettanti frutti di gioia, di pace, di concordia, d'amore. Ce ne affidano le parole del santo Vegliardo del Vaticano, il quale dichiarava, or son pochi giorni, con voce commossa e solenne, che quest'atto affretterà pel mondo l'ora della misericordia che noi attendiamo.
(1) Un novello tratto di tenerissima special divozione al Cuor di Gesù l'offriva Leone XIII col Decreto 2 Aprile u. s., mediante il quale approva le così care Litanie al Divin Cuore e ne arricchisce quei che le recitano di preziose indulgenze. Queste Litanie si vendono alla nostra Libreria di Torino in un fogliettino a parte nel formato dell' « Horae Diurna, » L. 2 al cento; in carattere grande nel formato delle cartelle per la Benedizione del SS. Sacramento: L. 0,20.
(1) Nudus profugit ab eis. S. Marco XIV, 51,52.
(1) Sine fide... impossibile est piacere Deo - Hebr. XI, 6.
(2) Pietas... ad omnia utilis est, promissionem habens vitae, quae nunc est, et futurae. I Tim. IV,8.
(3) Monnin. - Vita del Curato d'Ars, vol. 2°.
(1) Cap. VIII. v. 66. - Benedicentes regi pro fecti sunt in tabernacula sua laetantes et alacri corde super omnibus bonis, quae fecerat Dominus David servo suo et Israel populo suo.
A CONFERMA di quanto si dice in sul finir del precedente articolo, ci piace riferire alcuni brani. della stupenda pastorale che l'Arcivescovo di Catania, Mons. Giuseppe Francica Nava de' Baroni di Bontifè, Nunzio Apostolico presso il Re Cattolico di Spagna, innalzato ora agli onori della porpora, rivolgeva a' suoi Diocesani nella passata Quaresima. Parlando egli dell'Omaggio Universale che si sta preparando a Gesù Redentore ed al suo Vicario in terra per la fine del secolo presente ed il cominciamento del venturo, così la discorre: « Ottimi sono al certo i festeggiamenti che propone il Comitato Internazionale per il detto Omaggio, e Noi siamo stati i primi ad aderirvi e ci sforzeremo di emulare le altre Diocesi nello splendore di tali cristiane dimostrazioni. Ma ciò, a cui sin d'ora bisogna rivolgere più di ogni altro tutte le nostre sollecitudini e premure, è l'educazione cristiana della gioventù. Imperciocchè è questa la principale opera, per la quale possiamo noi sperare che restino perenni i frutti, a cui si mira come ad uno dei fini più importanti. Infatti, se con l'educazione non formiamo gli uomini di forte tempra nella fede, di sode convinzioni in quanto a dottrina religiosa, di gran coraggio nella difesa pubblica lei diritti di Dio e della Chiesa, donde ci verranno i cattolici di azione verace e zelante, dei quali abbisogniamo per la rigenerazione religiosa e morale della società. Non possiamo dunque meglio prepararci a celebrare il solenne Omaggio a Gesù Redentore, che iniziando con tutto l'interesse e lo zelo cristiano questa grand'opera dell'educazione della nostra gioventù.
Per tal modo fattosi strada a trattare della importanza e necessità dell'educazione e come essa non possa sussistere senza la Religione seguendo passo passo il bambino nella famiglia, nella scuola e nell'officina, l'E.m° Prelato per ogni stadio suggerisce ai genitori importanti ammonimenti per impedire che il fanciullo ed il giovane abbiano fuor della casa a ricevere tutt'altra influenza da quella avuta in famiglia. Ed a questo proposito egli ha una pagina, che tutta, diremmo, ci riguarda e della quale non vogliamo privare i nostri lettori.
Dopo varii altri suggerimenti, così continua:
« Ma il rimedio più di ogni altro efficace per evitare il gran male delle scuole antireligiose è quello che viene altamente lodato e inculcato dall'Augusto Gerarca della Chiesa con la sua immortale Enciclica Sapientiae Christianae: « Quando si tratta di formare, egli dice, come conviene, l'adolescenza, non vi ha opera e fatica che possa dirsi sufficiente. Nella qual cosa son degni dell'universale ammirazione quei molti cattolici di varie nazioni, i quali con loro ingenti spese hanno fondato delle scuole per l' insegnamento dei propri figli. Conviene emulare il salutare esempio dovunque lo richiedano le circostanze » (10 Gennaio 1890).
» Per tali scuole, di cui parla il Santo Padre, devonsi intendere tutte quelle istituzioni cattoliche che hanno per iscopo la educazione cristiana della gioventù : collegi, orfanotrofi, patronati, oratori festivi, scuole primarie, secondarie e normali, serali e domenicali, istituti di arti e mestieri, ecc. E il primo posto fra tutti per importanza ed eccellenza l'occupa certamente il seminario, come quello che è diretto alla formazione dei giovani eletti particolarmente da Dio per divenire un giorno suoi ministri , dispensatori dei suoi misteri, maestri delle eterne verità, guide delle anime nel pericoloso cammino di questa terra, . e anche il miglior rifugio nelle necessità materiali della vita. Presso noi il seminario esiste, è vero, ma non può dirsi che sia provvisto di tutti i mezzi che gli sarebbero necessari, specialmente per la nuova condizione dei tempi.
» Esistono altresì fra noi, benchè non proporzionati al bisogno, degl'istituti per l'educazione cristiana degli altri giovani di ambo i sessi, i quali devono occupare diversi posti nell'umana società. E fra gli altri son degni di particolar menzione quelli che sono diretti dai figli dell'immortale D. Bosco, i quali han ben meritato dalla nostra diocesi per la loro. abnegazione veramente apostolica nel durare le più aspre fatiche in bene della nostra gioventù, circondata da ogni parte da insidie e gravi pericoli. Ma chi seconda, come conviene, i loro eroici sforzi? Chi li aiuta generosamente ad avanzarsi in questo nobile cammino (1) ? Si è perciò che per quanto sia grande e prezioso il ministero che essi fra noi esercitano, il frutto è assai ben poco avuto riguardo al grande bisogno. I giovani che possono salvare, voi lo vedete, sono in numero sparuto a petto di coloro che sono travolti nella corrente dell'incredulità e della corruzione.
» Or noi desideriamo ardentemente che, in vista dell'urgente bisogno che si ha nella nostra cara diocesi dell'educazione cristiana della gioventù, tutti i cattolici, i quali sentono nel cuore viva fede e sincero amore per la salvezza delle anime, e vogliono sollevare l'amata nostra patria dalla prostrazione morale e materiale in cui giace, uniscano tutte le loro forze per dare un grande sviluppo ad un'opera così grande e imperiosamente richiesta dalla tristezza dei tempi. I ricchi v'impieghino le generose loro offerte, i poveri diano anch'essi la loro tenue elemosina; imperocchè non vi ha carità più eccellente, più fruttuosa e più meritoria agli occhi di Dio di quella che ha direttamente per obbietto la salvezza delle anime, la salvezza della gioventù dal pericolo della sua perdizione, la incolumità della fede e la purezza dei cristiani costumi nel nostro popolo.
» L'Angelico Dottore dimostra che l'elemosina impiegata al bene delle anime per tre ragioni è più nobile e meritoria di quella che è destinata al sollievo dei corpi: 1° Per parte di ciò che si offre. Il dono della grazia, della fede e di altre virtù cristiane evidentemente è più prezioso del cibo e delle vestimenta. 3° Per ragione di ciò, a cui si reca aiuto, poichè lo spirito è più nobile del corpo. E quindi siccome l'uomo è tenuto a provvedere più al bene del proprio spirito che a quello del suo corpo, così trattandosi di carità del prossimo che egli deve amare come se stesso, è tenuto a provvedere prima ai di lui bisogni spirituali e poi ai materiali. 3° Per ragione degli stessi atti con cui si dà aiuto al prossimo giacchè gli atti spirituali sono più nobili dei corporali, i quali in certo modo si possono chiamare servili (1).
» Oltre a ciò la elemosina impiegata per l'educazione cristiana della gioventù ridonda a maggior vantaggio e della società in generale, e degli stessi indigenti in particolare. La buona educazione infatti data nel seminario vi farà il zelante e caritatevole parroco, l'esperto e saggio confessore, l'eloquente predicatore e forse anche il Vescovo secondo il cuore di Dio. Può darvi anche un Cottolengo un D. Bosco, un P. Ludovico da Casoria un Cusmano, per tacere di molti altri, i quali hanno portato innumerevoli benedizioni alla propria patria e ad intere provincie e regni. Un giovanetto ben educato nei collegi, nei patronati, nelle scuole cattoliche, nelle classi della Dottrina cristiana vi riuscirà un onesto e pio capo di famiglia, il quale alla sua volta educherà cristianamente i suoi figli, e formerà una lunga generazione, di probi cittadini utili alla società e degni del cielo. Da tali istituti si possono facilmente avere i coscienziosi padroni di officine e d'industrie, che ameranno come fratelli i propri operai; gli ottimi magistrati, che amministreranno con imparzialità la giustizia ; i savi insegnanti, che istruiranno i fanciulli nella vera scienza e nella retta morale; i prudenti e sapienti reggitori che guideranno la patria per un sentiero di felicità e di prosperità.»
Fin qui l'E.mo Arcivescovo di Catania. Mentre noi riverenti gli porgiamo l'espressione della nostra vivissima riconoscenza per parole sì lusinghiere verso dell'Opera nostra, facciam voti che le sue saggie raccomandazioni siano dappertutto accolte e secondate e che tutti si persuadano che qui debbono rivolgersi tutte le mire e le sollecitudini de' buoni, perchè l'educazione della gioventù è il vero fondamento della ristorazione sociale.
(1) Come eccezione dobbiamo citare l'esempio del Sac. D. Alfio
Rarbagallo e sue sorelle, i quali, tuttora viventi, hanno impiegato il loro
patrimonio per l'erezione di un Collegio salesiano in Pedara loro Patria. Iddio
saprà ricompensare la loro generosa carità e ispirarla ugualmente nel cuore di
altri.
In questa occasione ci gode anche l'animo di tributare la meritata lode al Sac.
D. Domenico Zappalà da S. Giovanni la Punta, il quale, in poco tempo, con
l'aiuto di Dio ha saputo fondare un istituto di educazione per povere
orfanelle, e lo dirige coli risultati veramente consolanti. Vorremmo che fosse
imitato almeno nei paesi più importanti della diocesi.
(1) Summ. Theol. 2.a 2.ae, q. XXXII, a. III.
COLL'ANIMO rìpieno di soavi emozioni prendiamo a parlare di queste care solennità, che ogni anno assumono proporzioni sempre maggiori. Solo la fede e la tenera divozione verso di una Madre divina sono capaci di simili spettacoli, che confondono gli increduli, convertono i peccatori, scuotono i pusillanimi, rapiscono i cuori di tutti, innamorandoli della bellezza e grandiosìtà della nostra santa Religione.
Oh! chi dir potrebbe quanti nel santuario di Maria Ausiliatrice, in quei santi giorni, si sono sentiti la mente farsi più lucida, il cuore divenire più buono e se ne sono tornati ferventi cristiani ! Quante pene lenite, quanti affanni mitigati, quante lagrime rasciugate ai piedi della potente Ausiliatrice dei Cristiani ! Oh ! quelli furon veramente giorni di benedizioni e di grazie indicibili.
Il numeroso concorso dei fedeli al santuario di Valdocco, in tutto il mese di maggio, per ascoltare la parola divina, predicata con zelo apostolico al mattino dal Rev. Teol. D. Giuseppe Bertello, Direttore dell'Oratorio, ed alla sera dal Rev.m° Mons. Ilario Vigo, Parroco di S. Giulia in città, andò aumentando e si fece animatissimo nella novena. In prìncipio di essa il veneratissimo nostro Superiore, di recente tornato dal suo lungo viaggio in Francia, Spagna ed Africa, con lettera circolare, invitava tutti i Cooperatori e le Cooperatrici della città e provincia di Torino, ad unirsi a lui nel ringraziare Iddio e la Vergine Ausiliatrice per l'assìstenza tutta particolare favoritagli in quel tempo e per l'aiuto incessante e manifesto che prestano dappertutto all'Opera nostra. Ed i Cooperatori e le Cooperatrici di Torino e d'intorni con slancio assecondarono il paterno invito e numerosissimi, insieme col popolo, vennero, durante le nostre feste, ad assieparsi intorno all'altare della nostra Celeste Patrona e con noi e coi nostri giovanetti s'unirono nell'innalzare a questa Eccelsa Signora il cantico dell'amore e della riconoscenza.
Il periodo delle feste fu iniziato la Domenica di Pentecoste.
Non parliamo delle consuete funzioni, nè delle Comunioni, nè della folla sempre rigurgitante nel santuario per tutta la giornata.
La Messa solenne fu assistita pontificalmente dall' Ecc.m° Mons. G. B. Bertagna, Vescovo Titolare di Cafarnao, sempre benevolo verso de' figli del suo illustre compatriota D. Bosco. La Scuola di canto dell'Oratorio ci fece gustare la Messa solenne del Mattioli, premiata dal Ministero nella passata Esposizione d'Arte Sacra, colla Sequentia del Maestro Amadei, musica veramente delicata e commovente.
L'Ecc.m° Mons. Bertagna chiudeva questa prima giornata delle feste colla Benedizione Pontificale.
Alle ore 15,30 del martedì, 23, il santuario di Maria Ausiliatrice era ripieno di Cooperatori e Cooperatrici, nobili signori e signore e pii popolani, che ambiscono di partecipare al bene che i Figli di D. Bosco vanno operando in tutte le parti del mondo.
Il venerato successor di D. Bosco, come un padre in mezzo ai suoi diletti figli, li intrattenne per oltre un'ora ed un quarto col racconto del suo viaggio in Francia, Spagna, Portogallo ed Africa. Con parola semplice e chiara, ci trasportò il numerosissimo ed eletto uditorio da Oulx, Romans, Montpellier a Barcellona, Sarrià, Gerona, S. Vincens dels Horts, Bilbao, Saragozza, Santander, Salamanca, Bejar, Braga, Oporto, Vigo, Lisbona, Malaga, Siviglia, Utrera, Almeria, Orano, bellamente notando le cordiali ed imponenti accoglienze r avute dovunque dai Cooperatori e Cooperatrici Salesiane, l'entusiasmo operoso suscitatosi presso di loro, e più che tutto i progressi sorprendenti che va facendo in quelle Nazioni l'Opera Salesiana. Solamente in Ispagna le istituzioni salesiane nel 1890 erano 4: ora sommano a ben 27. E più sarebbero, se maggiore fosse l'esercito salesiano. L' Ispettore della Spagna nella sola novena del Natale dell'anno passato ricevette ben 10 domandi di nuove fondazioni.
Di qui il Rev.m° Sig. D. Rua prendeva argomento per invitare nuovamente i Coopera tori e le Cooperatrici Salesiane ad unirsi a lui e a tutti i suoi figli nel ringraziare Iddio e la Vergine Ausiliatrice per la speciale assistenza e protezione che dappertutto prestano all'Opera di D. Bosco. Li esortava quindi a voler continuare nella loro cooperazione, animati pur dall'esempio di tanti Cooperatori d'altre Nazioni, ed a pregare il Padron della. Messe perchè mandi molti buoni e zelanti operai alla Pia Società Salesiana, per poter corrispondere alle tante aspettazioni ed aumentare così il bene delle anime.
La benedizione col SS. Sacramento, in seguito al canto di un mottetto e Tantum ergo in eccellente musica, pose termine alla Conferenza Salesiana.
I Primi Vespri, alle ore 18,30 si svolsero con gran pompa e magnificenza. La musica del Bossi, Pagella, Foschini, Ravanello, ed infine la Salve Regina del Dogliani si ebbe una felicissima interpretazione.
Una modesta luminaria sul fronte e sulla cupola del santuario trattenne la folla sul vasto piazzale fino a tarda ora, mentre col suono giulivo delle campane tutti invitava all'allegria pura e santa nella grande solennità della Madre nostra dolcissima.
Lo spettacolo, cui assistemmo nel gran giorno della Vergine Ausiliatrice, 24 maggio, è indescrivibile. Il concorso nella sua imponenza ci parve straordinario e forse superiore agli anni precedenti.
Dall'aurora fino al meriggio, scrive l'Italia Reale-Corriere Nazionale, il tempio è sempre gremito di fedeli, dalle più alte notabilità cittadine e militari al semplice operaio. Continua l'affluenza ai SS. Sacramenti amministrati da gran numero di sacerdoti salesiani, mentre agli altari è un succedersi ininterrotto di S. Messe celebrate da forestieri venuti pur da lontano per rendere omaggio alla Madonna di Don Bosco.
Nel santuario, riccamente adorno, tutto spira un profumo di pietà e di devozione: a ciò concorrono l'alternarsi di preci e laudi sacre, i graziosi mottetti, le armoniose melodie dell'organo e più che tutto il mirabile raccoglimento dell'immensa moltitudine, che appieno dimostra non essere da altro motivo attirata in questo santuario fuorché, dall'amore e dalla tenera devozione verso di Maria Ausiliatrice.
All'ora della Messa solenne più non era possibile circolare nel santuario: a stento si potè aprire il passo fino all'altare per Mons. Arcivescovo. Quivi già attendeva S. E. R.ma Mons. Ramon Angel Jara, Vescovo di Ancud nel Chilì, grande amico dei Salesiani, il quale, diretto a Roma, non volle lasciare di fare una visita al santuario di Maria Ausiliatrice e prender parte alla sua festa col celebrare il solenne pontificale. S. E. il Card. Arcivescovo v'assisteva pontificalmente.
Alla grandiosità de' sacri riti s'accoppiarono le inspirate note della Messa Benedicamus Domino del Porosi, la quale s'ebbe dai giovanetti dell'Oratorio, coadiuvati da distinti artisti della città, sotto la direzione del M. Dogliani, un'interpretazione assai felice per sicurezza negli attacchi, vivezza di colorito e costante affiatamento. Sedeva all'organo il giovane M. Mattey, il quale nell'accompagnamento della Messa e negli intervalli si dimostrò valente organista da far concepire liete speranze nel campo dell'arte.
Nonostante il ciclone, che imperversò nel pomeriggio, alle funzioni della sera non diminuì punto il concorso. Pontificò ai Vespri Monsignor di Ancud, e la nostra Scuola di canto ci fece gustare ancora un scelto programma musicale. Piacque il grandioso Domine del Bossi, e il Dixit del Mattioli (che, se non per finezza, certo per grandiosità può stare a pari merito della sua Messa premiata l'anno scorso), ed il Magnificat del Ravanello,. composizione severa ed armoniosa in pari tempo.
L'immensa moltitudine, sollevata dall'arte, si trovò trasportata poi dalla parola affettuosa di Mons. Ilario Vigo, che tessè il panegirico della Vergine Ausiliatrice del Popolo Cristiano.
Dopo la Benedizione Pontificale, i giovanetti cantarono per lode finale la geniale e melodica Ave Maria del M.° Devalle, su parole di S. E. Mons. Ressia Vescovo di Mondovì, e potemmo ammirare la freschezza delle voci dei giovani cantori, nonostante i lunghì programmi musicali eseguiti in queste feste.
Il popolo, commosso e rapito, non sapeva più staccarsi, dalla cara Madonna di D. Bosco. la quale da quel suo quadro miracoloso in un mare di luci a sè traeva gli animi, confortandoli delle sue più elette benedizioni.
Nè qui cessarono le onoranze alla nostra grande Regina. Una provvidenziale coincidenza stabìliva che nei giorni 24, 25 e 26 maggio si tenesse (per la seconda volta) nel santuario di Maria Ausiliatrice la Corte a Maria, novella divozione introdottasi nella città di Torino in seguito al terzo Congresso Mariano, Alle Messe, Comunioni ed altre pratiche di pietà in suffragio dei defunti Cooperatori e Cooperatrici Salesiane, Confratelli e Consorelle dell'Arciconfraternita di Maria Ausiliatrice, s'aggiunsero speciali ossequi, frequenti visite, discorso e benedizione, con scelta musica, al mattino ed alla sera, prendendovi la popolazione parte vivissima come in giorno di festa. I pellegrini che ancor si trovavano in Torino, gli Istituti non pur delle vicinanze, ma ben anco delle più remote parti della città, gli Oratori festivi, i nostri giovanetti s'alternarono in tutte le due giornate a piè della Vergine Ausiliatrice per renderle gli omaggi figliali dell'amore e della riconoscenza ed invocare il suo potente patrocinio sopra di noi, della Chiesa e della Società.
Oh! sì, gradisca la Vergine queste imponenti manifestazioni di fede, d'affetto e di devozione ed ottenga alla Chiesa, alla Patria, alla Società tempi migliori, per la gloria di Dio e pel bene delle anime!
NELLA speranza di poter dare nei prossimi numeri una completa relazione di questo importante viaggio del veneratissimo nostro Superiore, continuiamo ora, per soddisfazione de' nostri Cooperatori, a presentare i brevi cenni che ne scrisse D. Giovanni Marenco che l'accompagnava:
Ecco due altre sue lettere:
M. R. Sig. D. BELMONTE,
Malaga, 11 Aprile 1899.
DOMANI partiremo alla volta di Almeria e venerdì prossimo da Almeria per Orano. Siamo dunque per lascìare questa terra spagnuola, dove tuttora vive la fede operosa in molti cuori, e dove il Sig. D. Rua ebbe tali attestati di affetto e di venerazione che mai i maggiori. Il viaggio del Superiore fu un vero trìonfo ininterrotto. In certi momenti, come a Carmona, a Ecija, a Montilla, io a stento credeva a ciò che vedeva ; e, in mezzo a quell'entusiasmo straordinario dì popoli e di città intere, andava meco stesso pensando : Quanto è grande il nome di Don Bosco in mezzo alle genti ! Di tutto sia gloria a Dio!
Ieri fu la volta per Malaga. Dopo un rìcevimento splendido alla stazione , dopo che il Vescovo ebbe mostrato con un convito la sua soddisfazione singolarissima nel ricevere il Superiore Generale dei Salesiani, i Cooperatori ordìnarono una grandiosa accademia per onorare il Successore di D. Bosco. Ebbe essa luogo nella grande Sala Filarmonica, che fa parte dell'Istituto musicale. Era tutta a fiorì e a luci da presentare un colpo d' occhio incantevole. Presiedeva Monsìgnor Vescovo ed erano presentì almeno ottocento persone, il fior fiore della città. Dal programma, che unisco, vedrà come gli argomenti svolti avevano tutti un'impronta veramente salesiana. L'esito fu eccellente ed i giornalì cittadìni ne parlarono tuttì.
Fu questa la seconda accademia celebrata dai Cooperatori ad onor del Sig. D. Rua qui in Ispagna. Io credo che , senza trascurare però l' uso delle Conferenze nelle Chiese, la pratica di simil pubblici trattenimenti potrà tornare molto vantaggiosa in tutti i paesi , ove sono stabilite Case Salesiane. Dette accademie si prestano mirabilmente per far conoscere l'Opera Salesiana anche a coloro che non vanno in Chiesa ; dà modo a molti di esprimere le loro buone idee, cosa che non sì può permettere ìn Chiesa.
Il Sig. D. Rua sta bene, grazie a Dio.
D. GioVANNI MARENCO.
Marsiglia, 22 Aprile 1899.
SIAmo arrìvati a Marsiglia. La traversata da Orano si potrebbe dire felicissima, se dalle quattro di stamane in poì il golfo di Lione non ci avesse voluto dare un saggio della sua meritata fama di tempestoso. Però, grazìe alla mole della nave araba Abd-el-Kader, il Sig. D. Rua non ha sofferto molto. Al porto eranvi D. Perrot e Don Grosso che ci facilitarono le visite doganali, cosicchè alle 11 abbìamo potuto celebrare la santa Messa all'Oratoire Saint-Léon.
Ed ora alcuni cenni del viaggio dall ultima volta che scrissì, che fu da Malaga. Di là con la lettera spedii pure varii giornali, che davano relazione di una solennissìma accademia celebrata per onorare il Successore di Don Bosco. Ebbene dalla lettura di quelle relazioni si sarà fatta una idea dell'entusiasmo che suscitò in quella città la presenza di D. Rua.
La partenza, che avvenne la sera del 12 corr., fu quello che poteva supporsi. Al porto non erano solo i Confratellì, i Cooperatori e gli alunni interni ed esterni dell'Istituto, ma un mondo di gente, che voleva vedere ancora una volta Don Rua, udirne una parola, riceverne la benedizione. A fatica sì potè arrivare alla scala del battello. Pareva che quel popolo non sapesse dividersi da colui, che stimava e dìceva un uomo di Dio. I prìncipalì Cooperatori salirono anch' essi a bordo e gli tennero onorata compagnia fino all'ora della partenza. Quando poi la nave stava per staccarsi dal molo ed apparve D. Rua sul ponte per sa lutare, la folla, come un sol uomo, si gettò ginocchioni chiedendo ad alta voce l'ultima benedizione. E Don Rua in mezzo ad un silenzio generale e divoto benedisse. Fu un momento di vera emozione ; fu una scena degna d'essere ritratta dal pennello d'un artista.
Perchè possa apprezzare meglio i sentimenti di quei Cooperatori, non voglio tacerle un tratto di squisita carità e gentilezza, che seppero ideare per far cosa grata a D. Rua e per lasciare ai giovanetti un ricordo del suo passaggio. Sapendo che tutti, interni ed esterni, con trombe e tamburi, sarebbero andati al porto per l'ultimo saluto, al porto stesso fecero la distribuzione inaspettata d'una copiosa merenda, consistente in pane, salame , dolci e frutta ; non come ordinariamente si costuma , ma ogni alunno ricevette la sua razione avvolta entro un bel fazzolettinoricordo, legato con nastri dai colori spagnuoli ed italiani. Si immagini la contentezza di quei cari fanciulli, e come il gentil trovato toccasse il cuore del Superiore.
Sull' imbrunìre lasciavamo la indimenticabile Malaga. Trovammo al largo il mare agitatissimo, e tal fu per tutta la notte. Il povero Don Rinaldi sofferse un vero purgatorio. Il Sig. Don Rua poi, sia per l'angustia della cabina, sia pel rumore indiavolato delle onde di fuori e delle valigie che si urtavano entro la cabìna stessa, non potè chiudere occhìo; cosicchè arrivò ad Almeria verso le otto del mattino stanco ed affaticato assai.
Ad Almeria non abbiamo nè casa, nè gran numero di Cooperatori ; eppure anche là vi fu un ricevimento solennissimo. Fin dalle cinque del mattino , ora in cui a mare tranquillo sarebbe giunto il piroscafo , le Autorità, il Comandante del porto, distinti Signori e molto popolo stavano attendendo. Appena la nave si ormeggiò, il Vicarìo Generale del Vescovo , il Comandante ed altri Cooperatori vennero ad ossequiare D. Rua e lo accompagnarono a terra sulla barca del Comando di porto, e poi col seguito d'una ventina di carrozze venne condotto in casa di Don Juan Vivas-Perez , insigne Cooperatore, che usò ogni maniera di attenzioni neì due giorni di fermata colà. Il nomìnato Signore è l'anima dei Cooperatori di Almeria; desidera ardentemente l'Opera di D. Bosco in favore dei poveri giovanetti almeriani, e a questo santo scopo destina il terzo del guadagno che ottiene dalla vendita del salicilato dì bismuto e cerio; da lui preparato. Veda quali anime cristianamente grandi si trovano in Ispagna!
Per Orano si avrebbe dovuto ripartire il giorno seguente, venerdì sera, ma il mare si fece tanto tempestoso, che a mezzodì vennero ad avvisarci che era assolutamente impossibile tentare la traversata del canale. Per questo inatteso contrattempo e per vedere il Sig. D. Rua assai stanco, credetti di doverlo dissuadere dall' andare ad Orano, e gli proposi di far ritorno per terra verso la Francia e l'Italia. Mi spingeva a far una tale proposta la responsabilità che pesava su me nell'accompagnare il Superiore, e d'altra parte era persuaso che i Superiori del Capitolo avrebbero nel caso consìgliato la stessa cosa. Ma a lui dispiaceva il lasciare delusi nelle loro speranze i Confratelli, gli alunni ed i Cooperatori dell'Algeria; quindi alla sera, uscendo per alcune visite e passando dal porto , gettò una medaglìa di Maria Ausiliatrice nelle onde tempestose , ritenendo che fosse volontà di Dio che si proseguìsse verso Orano, se il giorno seguente si avesse potuto partire.
Il mattino di sabato il mare era relativamente calmo e a mezzogiorno , come a Dio volle, si partì. La navigazione fu difficilissima. La nave non potè avvicinarsi all' isola di Alboran, dove doveva sbarcare viveri. Invece di otto ore, come di consueto , si impìegarono diciannove ore per gìungere ad Orano.
Le liete accoglìenze avute dai Confratelli e dagli alunni, il bene che fece colà la visita del Sig. D. Rua meritano di essere descrìtte; ma ora non ne ho il tempo. Lo farò poi a vìva voce. Ciò che fece immenso pìacere per lui fu, non solo il vedere le Case bene avviate, sia per gli interni, sìa per gli esternì, ma il trovare molto bene organizzata l'opera degli Antichi Allievi sullo spirito di D. Bosco, il quale desiderava cotanto che la santa influenza degli educatori continuasse sugli allìevi collocati nel mondo.
Devot.mo in G. C.
D. GIOVANNI MARENCO.
BRASILE Una Missione pastorale nel Matto Grosso.
(Continuazione della relazione di D. Giuseppe Solari )(*) V. Bollettino Salesiano di Aprile e Maggio 1899.. Cuyabà, 10 Dicembre 1898.
Benedizione di un futuro Cimitero - Naufragio in porto - Triste episodio a bordo - Arrivo a Corumbà - Missione al Ladario - Consolazioni - Benedizione della Via Crucis - Una promessa.
Durante questa forzata sosta in Aquidanana, lavoraì di nuovo quasi come nei giorni della precedente missione. Ai 13 ottobre, prima di imbarcarci per Corumbà, accompagnato dal Colonnello Francesco Alvez Correa e da molta gente, nonostaute il diluvìare dell'acqua, mi dovetti recare a benedire, secondo il Rituale Romano, il futuro Cimitero. Finita la festosa cerimonia, il cielo si rasserenò e noi, rifocillatici alquanto, ci disponemmo alla partenza, perchè il vapore doveva levare le ancore prima del tramonto del. sole. E qui poco mancò che non naufragassimo in porto. Siccome il fiume era molto scarso d'acqua, il vaporino non potendo entrare in porto si ancorò ad un chilometro circa dal porto stesso. Perciò per arrivare al vapore era necessaria una barca, ed una sola ve n'era in porto, quella destinata ai soldati di presidio. Su di essa ci ìmbarcammo in quattordici persone con i relativi bagagli. Ad un dato punto il letto del fiume viene a formare una specie di scoglio per la moltiplicità delle pietre accumulate, obbligando le acque a formare una specie di cascata per continuare il loro corso. La valentia dei nostri rematori doveva consistere nel far sì che si evitasse di esser lanciati dalla corrente divenuta impetuosa contro quella scogliera. Sventuratamente un officiale, che faceva parte della comitiva, ebbe la presunzione di voler dirigere egli la manovra, e fosse per inesperienza o per cattiveria, data una fortissima spinta, ci lanciò tutti contro lo scoglio. Fu un panico indescrivibile. Alcuni caddero in acqua, ma, bene inzuppati si ripararono sulle pietre: io, non sapendo nuotare, mi aggrappai ad una tavola della barchetta, mentre questa, spinta dalla forza delle onde, girò più volte su se stessa, minacciando d'affondare; ma poi, lontana da noi e dallo scoglio fatale, riprese il suo equilibrio. Mercè il pronto soccorso della barca di salvataggio del vapore, tutti fummo salvi, anche i nostri bagagli, benchè alquanto malconci.
Senonchè arrivati a bordo dovevamo assistere ad una scena ancor più truce. Mentre ìl comandante si trovava ancor a terra per le necessarie disposizioni, quel tale ufficiale che aveva sì malamente voluto guidar la barca, vedendo un marinaio della barca sconquassata parlare col cuciniere del vaporino, sospettò parlasse male di lui e, montato su tutte le furie, forse un po' alticcio per vino bevuto, lanciossi con un revolver in pugno sul mal capitato marinaio e, presolo pel collo, gli scaricò due colpi alla testa. Per fortuna e la furia ed i fumi non gli permisero di dare nel segno e le palle deviarono. Una di queste però andò a ferire un altro marinaio, il quale per salvarsi nel miglior modo possibile, si inchinò rapidamente, afferrò il malvagio per una gamba e gli fece perdere l'equilibrio. Nel cadere però trascinò pure seco l'altro, che s'era afferrato alle gambe, ed ambedue caddero nel fiume: ma sì l'uno che l'altro riuscirono a salvarsi e tutto finì li.
Il dì seguente all'aurora il Liguria levava l'ancora. La navigazione fu difficile e noiosa assai per la poca acqua del fiume. L'Aquidanana era talmente lene, che non si discerneva neppure da qual parte l'acque scorressero. Dopo quattro dì, finalmente si giunse alla foce del fiume Miranda, e l'Aquidanana per il nuovo contributo dì acque divenne più regolare, così che dopo un giorno potemmo entrare nel fiume Paraguay e giungere a Corumbà. All'indomani il Sig. Teutonio Cuelho Serqueira de Carvalho, capitano di mare e di terra ed ispettore degnissimo dell'Arsenale della marina nel Ladario, mandò espressamente il vaporino Bonifacio per trasportarmi colà a dare le sante Missioni. La veemenza della pioggia impedì che al nostro arrivo al Ladario la gente potesse venirci ad incontrare. Solo il Sig. Raimondo Giuseppe Souza Lobo, comandante della marina, sfidò l'imperversare del tempo, per venire incontro al Missionario. Mille grazie per tanta sua gentilezza!
Il Ladario, che dista circa sette chilometri da Corumbà, è uno dei più vasti arsenali della marina militare del Brasile. Intorno ad esso sorgono numerose abitazioni per le famiglie degli impiegati. Quivi anticamente risiedeva un Cappellano militare e nell'interno dell'arsenale sorgeva una bella Chiesina, dove convenivano tutti gli abitanti per le loro divozioni. Ma avendo la Repubblica dichiarata la separazione dello Stato dalla Chiesa, furono soppressi i Cappellani militari e la Cappella del Ladario distrutta. Ma il comandante Sig. Raimondo Giuseppe Souza Lobo, uomo di gran fede, si accinse a raccogliere offerte per l'erezione di una nuova Chiesa. I lavori di questa sono già molto avanti, ed una volta finiti sarà un gioiello di Chiesa. Il presbiterio è già compiuto e serve per le sacre funzioni quando possono avere qualche prete.
Al Ladario mi fermai sei giorni e furono pieni di celesti consolazioni per l'entusiasmo, con cui tutti risposero alla grazia del Signore. Oh ! la fede di questo popolo è ben viva e grande! Mi basti il dirle che tutto il mio tempo, se si eccettua quello che doveva impiegare nelle sacre funzioni., lo passai sempre in confessionale, di modo che i Ladariensi contavano sulle dita quelli che tra loro non si confessarono. Dovetti molte volte piangere di consolazione al vedere la bontà di Dio verso quelle anime, e ben posso asserire che fu un vero trionfo della grazia divina, la quale, credo, si volle servire del Signor Raimondo Giuseppe Souza Lobo per operare un tanto bene. Questi colla sua bontà, coi suoi sentimenti religiosi e più di tutto col suo buon esempio, è un vero apostolo in mezzo ai suoi dipendenti, cattivandosi le generali simpatie. Solenne fu durante la Missione la benedizione del nuovo Cimitero e delle stazioni della Via Crucis. A ricordo di quei santi dì venne piantata la tradizionale Croce delle Missioni, e prima di far ritorno a Corumbà, i Ladariensi vollero ad ogni costo formale promessa che non sarei partito da Corumbà senza prima ritornare in mezzo a loro fosse anche solo per poche ore. Promissio boni viri est obligatio. Ergo...
La Missione a Corumbà- Esercizio di filantropia - Arti maligne -Condizioni per essere padrini - Ire dell'inferno - Poveri illusi: - Un consiglio fuor di posto - Una congiura? - Un libello - Salutem ex inimicis.
Le consolazioni ineffabili provate al Ladario mi erano di felice augurio per la Missione di Corumbà, dove era assai maggior il bisogno di una totale rinnovazione morale. Ma il demonio non voleva lasciar invadere impunemente i suoi dominii, e per mezzo dei suoi satelliti fece di tutto per screditare la Missione ed ìncutermi timore. Difatti alcuni nemici di nostra Santa Religione, assai prima del mio arrivo cominciarono a spargere la diceria che io aveva detto di voler ammazzare un enorme serpente di tre mila piedi di coda, che aveva stabilito sua dimora in una collina dirimpetto a Corumbà. Forse i settari avevano lassù stabilito il loro covo, e perciò vedendo che la Missione sarebbe stata fatale per loro, inventarono una tale diceria, che poi a loro maggior scorno divenne storia. Questi settari avevano stabilito in Corumbà un'associazione filantropica, la cassa della quale era sempre vuota, perchè i signori amministratori sapevano bene esercitare la filantropia, che altro non è se non una sonora ciancia per potere legalmente appropriarsi l'altrui. La maggior parte dei soci perciò, vedendo una ingiustizia sì patente, si ritirò dall'associazione, riducendola a fin di vita. I caporioni tuttavia non si diedero per vinti, ma tentarono di ristabilirsi, cercando di accalappiare nelle loro reti con inganni ed astuzie gli incauti. I lupi vestirono le pelli degli agnelli, proclamando ai quattro venti la loro associazione non essere contraria alla Santa Chiesa Cattolica, Apostolica, Romana, anzi favorirla, proteggerla, difenderla; essere Associazione di pura beneficenza; avere per patrono S. Giovanni il Precursore, ecc., ecc. Ma Iddio misericordioso, non volendo permettere che tante anime semplici di questa città incappassero bonariamente in simili lacci, mandò la Missione ad illuminare le menti ed a riavvivare gli animi illanguiditi. Nelle mie prediche mai non parlai di tale settaria associazione, i cui fini essendo diametralmente opposti a quelli del Vangelo, dalla chiara e semplice esposizione dei dogmi e precetti di Santa Chiesa dovevano ricevere un colpo fatale. All'apertura della Missione, data lettura della Pastorale di Mons. Vescovo, presi a spiegare il fine della Missione, il modo di approfittarne ed infine prescrissi l'orario delle sacre funzioni. Giunto all' ora fissata per l' amministrazione della Cresima (alle due dopo il mezzodì), volli fermarmi a rammentar loro le condizioni richieste dalla Chiesa per essere padrini dei nuovi soldati di Cristo, affinchè nessuno avesse ad esser rigettato pubblicamente per mancanza delle condizioni volute. Quindi per far meglio capire la cosa, enumerai loro quelli che non potevano esser padrini con queste testuali parole : « Coloro che partecipano a qualche setta contraria alla nostra Santa Religione, come sono gli spiritisti, i positivisti, i razionalisti, i protestanti, ecc. non sono abili ad esser padrini ad un Sacramento cattolico; così pure quelli che sono maritati solo civilmente ». Questa esplicita dichiarazione venne presa per un grido d'allarme dai settarii, mentre agli altri aperse gli occhi. Alcuni giovanotti, che si erano lasciati abbindolare dai settari ed avevano già dato parola di entrare nell'associazione, compresero che essa era contraria alla Cattolica Chiesa e vi si svincolarono tosto con acco starsi pubblicamente ai Santi Sacramentì. Un giornaluccolo locale in lingua italiana si prese l'incarico di rivendicare i diritti della setta, ed in un articolo firmato da un tenente d'artiglieria, scagliò calunnie e falsità tali sul conto mio, che si rese semplicemente ridicolo e nauseante presso tutti i ben pensanti. Il Console italiano ivi residente fu pregato da alcune brave persone a voler impedire sì spudorati insulti, ma fece orecchio da mercante. Nè ciò fa meraviglia, se si riflette che egli pure, come mi fu assicurato, appartiene alla setta e che nei suoi discorsi bestemmia Dio, la Religione e Leone XIII con odio satanico. Che onore fanno certuni alla nostra incantevole patria!
In Corumbà vi sono molti Italiani: alcuni, è vero, sono buoni e ben degni del nome italiano, che equivale a cattolico; altri invece sarebbe meglio che non si dicessero mai italiani : sono additati come la peggior genia del paese. E dire che pretendono passare per cattolici ! Si figuri, nel citato giornaluccolo, un disgraziato, dopo aver scritto le più spudorate infamie contro la Chiesa Cattolica ed i suoi Ministri, ha nientemeno che la ridicola pretensione di firmarsi : un vero cattolico ! Poveri illusi! non si sa se sia maggiore la malizia o l'ignoranza. Nelle mie istruzioni, senza mai far alcun cenno nè a giornali, nè a setta, cercai di istruire tutti nel miglior modo possibile. E l'assicuro, amatissimo Sig. Don Rua, che tutte queste istruzioni furono tante freccie avvelenate al cuore dei capi settari. Una mattina ebbi la visita di una distinta persona per supplicarmi a voler esser più moderato nelle mie istruzioni, perchè molti cattivi soggetti vedevano troppo chiaramente smascherati i loro malvagi disegni. - Sarei un buon pastore, le domandai, se lasciassi entrare il lupo nell'ovile di Gesù Cristo a divorare le inesperte pecorelle, senza almeno alzare la voce ed il bastone per difenderle?
- Ma, Padre, ne va di mezzo la sua vita.
- E Gesù non ha dato la sua per salvare le anime? Io son disposto anche a morire per il bene delle anime dei miei fratelli.
- Lei ha tutte le ragioni, ma io vengo per avvisarla che ier notte i capi settari si radunarono e decisero di farla uccidere. Questo io so di certo, ma non mi chiegga come sia venuto a saperlo. Però per darle una prova della verità di quanto dico, stasera durante la predica vedrà sotto il pulpito una dozzina di soldati. Questi hanno ordine di star attenti se lei parla ancora contro le sette, ed allora di mettersi a schiamazzare, far rumore ed in quello scompiglio di mandarla come che sia all'altro mondo...
- La ringrazio della premura che s'è presa per la mia povera persona, ma io non posso non compiere il mio dovere; non posso non parlare. Già da tempo ho offerto a Dio la mia vita per la salvezza delle anime, e se egli crede sia giunto il tempo di compiere il mio voto, ch'Ei sia benedetto in eterno. Eccomi pronto.
La sera, salito in pulpito, vidi tosto i soldati sotto il pulpito, come mi era stato detto. Salutato N. S. G. Cristo, per un buon tratto di tempo ed in profondo silenzio fissai il gruppo dei soldati. Questo bastò per farli consapevoli che io conosceva le loro macchinazioni. Allora dissi chiaramente che alcuni nemici di nostra Santa Religione avevano già decretata la mia morte, ma che io Ministro del Martire del Calvario non mi sarei lasciato intimorire per questo e che anche in faccia alla morte avrei compiuto l'alto mio ministero di dìspensare la parola di Dio a tutti. Questa dignitosa dichiarazione confuse talmente i tapinelli mandati appositamente pel losco affare, che non osarono più nulla, e durante tutta l'istruzione regnò il più perfetto silenzio. Però per vèndicarsi fecero stampare un libello infamatorio, distribuendolo a volenti et nolenti. Questo libello era sì spudorato, che non si attrasse le simpatie di alcuno, molto più perchè sottoscritto da tre nullità che si proclamavano difensori costituiti del popolo, cioè un farmacista ignorante e spiantato, un semplice soldato ed il becchino!
Tutte queste lotte e congiure dell'inimicus homo, invece di disturbare la Missione, svegliarono in tutti un vivo desiderio di istruirsi e convertirsi, sicchè ben puossi asserire anche questa volta che la salvezza di tante anime devesi in parte al nemico stesso delle anime: salutem ex inimicis nostris !
Obligatio boni viri: - Buon cuore - L'addio dei Ladariensi - Spettacolo Commovente - Benedizione sacerdotale da bordo - Quanta fede ! - Cifre significanti - Urgente necessita di operai evangelici - Un caro ricordo - Sempre sulla breccia.
L'ultimo giorno della Missione, 2 novembre, caddi in una totale spossatezza di forze da non potere neppur più parlar piano. Tuttavia, siccome il vapore per Cuyabà non partiva che il dì quattro, la mattina seguente dovetti rassegnarmi a mantenere la promessa fatta alla popolazione del Ladario. Anzi per rammentarmela, il Sig. Raimondo Giuseppe de Souza Lobo venne a prendermi con apposito vaporino. Arrivai colà di sera, e al mattino al suono delle campane annunzianti la Santa Messa tutto il popolo si riversò in Chiesa e dintorni. Mi sforzai di dire qualche parola per raccomandare loro la vivezza e costanza nella fede e nel ben operare, ma m'accorsi che la mia voce non giungeva neppur alle orecchie dei più vicini. Pazienza! Essi capirono però assai bene il mio pensiero, perchè me ne diedero belle prove.
Presa un po' di refezione in casa dell'Eccell.mo Sig. Lobo, mi disposi a ripartire per Corumbà. Molta gente erasi adunata in piazza per accompagnarmi all' imbarco. Prima però mi si volle far visitare e benedire tutto l'arsenale, e così ancor una volta potei fruire della generosità e squisitezza d'animo dell'Ispettore Capitano di mare e terra, Sig. Teutonio Cuelho Serqueira de Carvalho, e del Sig. Segretario Dioclezio Moreira, ambidue grandi ammiratori di D. Bosco. Anche gli altri ufficiali e marinai si mostrarono educatissimi e pieni di simpatie per questo povero figlio di D. Bosco.
Ma è tempo di partire... e l'Eccell.mo Sig. Ispettore, esaudendo ben volontieri le preghiere di vari Ladariensi, permise che, oltre all'equipaggio, vari signori e signore mi accompagnassero fino a Corumbà. Quando passammo dinanzi all'avviso di guerra Fernando Fiera, alla corazzata Bahia e alla cannoniera Carioca ancorate nel porto, tutti i marinai si tolsero il berretto , agitando i fazzoletti per salutare il Missionario. Lo stesso faceva la moltitudine dal porto. Quanto buon cuore in tutti per il Mìnistro di Dio!
Arrivammo a Corumbà verso le due pomeridiane, e si andò tosto in Chiesa, letteralmente gremita di popolo, per la solenne funzione di partenza. Per quanto la voce me lo permetteva, feci ancor un fervorino di incoraggiamento, e data la benedizione col SS. Sacramento, mi ritirai in Sacrestia. Quivi tutti volevano entrare per salutarmi. Il Sig. Lobo mi abbracciò tutto commosso, altri baciarono chi le mani, chi la veste talare, altri singhiozzavano e piangevano, ed altri infine tutti lagrimosi gridavano : « Ah ! Padre delle nostre anime, non ci abbandonare ! Ministro di Dio, rimani con noi ! » Vi furono persino svenimenti... Invano procurava aprirmi il passo fra quella moltitudine: tutti volevano ancora baciarmi la mano, dirmi una parola, ricevere un'ultima benedizione.
Mio Dio, mio Dio ! la gloria è tutta vostra. Voi ciò avete permesso per confondere i nemici del Vostro santo Nome e dell'Immacolata Sposa del Vostro divin Figlio Gesù Cristo.
Quella moltitudine di oltre due mila persone, accalcantisi intorno a me, mi volle accompagnare o meglio trasportare fino al porto. dove mai più avrei finito, se avessi voluto dar ascolto a tutti... Dovetti troncare ogni indugio e lanciarmi sulla barca, che doveva condurmi a bordo del Rio Verde, di dove benedissi ancora tutto quel popolo inginocchiato e piangente sulla spiaggia... Questa benedizione dall'alto della nave mi richiamò alla mente il Lago di Genezaret, la barca di Pietro e Gesù che da essa benediceva alle moltitudini... e mi. commosse profondamente. Prima che partisse il Rio Verde, si doveva attendere ben due ore, ed il popolo sempre là sulla spiaggia a guardare pur me... Finalmente vennero, le àncore ed allora il panorama del porto di Corumbà parve trasformarsi d'un tratto, chè un'infinità di fazzoletti vennero agitati da tutti per darmi un ultimo saluto Quanta fede in questa povera gente!
Dopo sette giorni di viaggio arrivai a Cuyabà fra i nostri carissimi Confratelli. Eran quattro mesi che non aveva più visto alcuno e mi sentii rivivere
Ma è tempo che termini questa mia e lo farò trascrivendole alcune cifre che parlano da sè. Durante questa Missione, oltre alle molte sacre funzioni, prediche, Confessioni e Comunioni, amministrai 3.107 Cresime, 491 Battesimi e benedissi 118 Matrimoni. I chilometri percorsi per terra e per acqua superano la cifra di 5000, ma un campo immensamente maggiore rimane a percorrere. Il bisogno è urgente, ed il Vescovo non cessa tra il vestibolo e l'altare di innalzare a Dio ferventi suppliche per aiuto, tanto più che i nemici della Chiesa di G. C. non dormono. Quest'anno vennero da queste parti alcuni ministri protestanti e missionari della Società Biblica a far propaganda... E noi ridotti ai minimi termini, sopraccarichi di lavoro, solo ci è dato gemere e piangere in vedere tante anime che vanno perdute per mancanza di chi le salvi. Non credo vi sia al mondo Diocesi che sia in uguali o peggiori condizioni di quella del Matto Grosso. Come Lei già saprà, Sig. D. Rua, il Vescovo dovette abbandonare il suo episcopio e ridursi ad abitare in Seminario, per assistere e far scuola a quattro (dico quattro, non per indicare solo un numero piccolo, fin per indicare il numero reale) ragazzini, i quali hanno da aspettare un bel po' d'anni prima di arrivare al Sacerdozio, se pur vi arriveranno. Il Vescovo non ha nè segretario, nè sacrista, e non può pontificare senza l'intervento dei Salesiani... Qui la necessità di buoni Sacerdoti è veramente estrema e per i figli suoi, amato Sig. D. Rua, v'è un campo immenso a lavorare. Nei pochi. anni che siano in questo Stato s'è già fatto molto, e la prova più certa si è che il demonio è molto adirato contro di noi e per mezzo dei suoi satelliti tutto escogita per perseguitarci. E dire che il bene che rimane a fare è immensamente superiore alle nostre forze, perchè da tutte le parti ci chiamano colle più vive istanze. A Ladario, per l'ottima disposizione di quella brava popolazione, quanto bene si farebbe se potessimo stabilirvi almeno due preti a far scuola ed attendere al ministero ! Lo stesso dicasi di Miranda, Aquidanana, Campo Grande. S. Anna dei Paranahyba, Nioac, S. Antonio, ecc. Quante anime abbandonate, che tendono supplichevoli le mani a Lei, carissimo Sig. D. Rua, implorando un salvatore, una guida spirituale... Ascolti, ascolti le voci che da queste contrade vengono a ferire il paterno suo orecchio; assottilizzi il personale delle altre Case, dove, se non v'è abbondanza di Sacerdoti, pure con un po' di sacrifizio si popotrebbe anche fare con uno di meno, e ne invii qualcuno quaggiù Un caro ricordo porto sempre con me, nel mio breviario, Sig. D. Rua, sia perchè è la memoria del Padre amato, ma più di tutto perchè contiene in se un pensiero che è un'arma potente per commuovere il suo cuore a venirci in aiuto. Venuto in Italia nel 1893, la S. V., prima che ripartissi pel Matto Grosso, mi volle regalare una bella immaginetta di Maria SS. Addolorata, scrivendovi a tergo le parole di S. Dionigi Areopagita: Divinorum divinissimum est in salutem animarum cooperari. Procuri dunque, amato Padre, che ci sia la maggior cooperazione nella salvazione delle anime, mandando - per amor di Maria immersa in un mare di desolazione per la perdita di tanto anime del Matto Grosso - un po' di rinforzo ai suoi omai spossati figli quivi degenti. Essi lavorano sempre ben volontieri, ma Lei sa pure che l'arco troppo teso si spezza... Come buoni soldati saranno sempre sulla breccia e su di essa morranno, se fra d'uopo; ma almeno loro sia data la soddisfazione di vedere che l'inimicus homo non possa divenir padrone del campo, perchè altri robusti e vigorosi soldati di Cristo vengano ad occupare il loro posto... Affido questa supplica ardente agli angeli tutelari di queste sgraziate regioni, affinché facciano sì che venga esaudita dal paterno cuore di Lei.
E qui faccio punto fermo.
Benedica, amatissimo Sig. D. Rua, a tutti i figli suoi del Matto Grosso ed all'ultimo fra di essi
Il suo Ubb.mo ed Aff .mo in G. C.
Sac. GIUSEPPE SOLARI.
DA Ponte Nova del Brasìle il Confratello D. Giovanni Crippa ci invia pure buone notizie del bene che ivi si opera in favore dei nostri connazionali colà emigrati.
Sono noti ormai gli orrori dei nostri emigranti in Brasile, perchè i giornali italiani ne fecero argomento di studio per opera di distinti scrittori che poterono de visu constatare, le cose. L'Osservatore Cattolico qualche mese fa parlando di una pubblicazione in proposito del Prof. Bolzoni, scriveva e riportava le seguenti note : « Fatta eccezione di quelle fazendas o tenimenti, che quasi servono a buttar polvere negli occhi, e per effetto delle quali il Conte Antonelli, che non ha visto altro, ha potuto mandare favorevoli relazioni al Governo, la condizione è questa : Nelle altre tutte abbiamo il rovescio della medaglia: non solo non si pagano i coloni, ma si fanno bastonare dai capangas o si cacciano in prigione, se osano domandare ciò che loro spetta. Se poi tentano di fuggire, si organizza contro una vera caccia; una volta presi ogni sevizia è lecita. Le case delle fazendas non hanno nulla da invidiare alle più luride dei nostri villaggi. Per tutto questo e perchè manca ogni conforto intellettuale e spirituale, il colono sta male.
» Segregato dal mondo, colle notizie della patria e dei parenti che gli giungono assai raramente, non essendovi nel Brasile un regolare servizio postale e ferroviario e mancando del tutto le strade, col terrore bianco negli occhi, colla paura nel cuore trascina il povero colono una vita di stenti.
» La nostalgia lo impadronisce, lo domina, sospira il giorno, l'ora, il minuto, in cui metterà il piede sul piroscafo in partenza; ma il ferreo contratto onde è legato al padrone, il debito, del quale è gravato, gli dicono : tu per anni ed anni rimarrai schiavo ! Le povere donne non hanno nemmeno il conforto della preghiera. non chiese, non santuari, non sacerdoti.
» La scuola? soltanto in quattro su mille e mille fazendas è aperta; i piccoli italiani. crescono nell'ignoranza, strumento di dominazione, dimentico della patria, piena l'anima di odio e dì livore. Morti i genitori, venuti su scettici, vanno ad ingrossare le file dei vagabondi, primi nell'opera dissolvitrice del coltello e del malandrinaggio.
» Non è dunque da meravigliarsi, se dalle campagne del Brasile non giungono più dai coloni denari ai parenti rimasti in Italia Il buon tempo antico è passato ».
Abbiamo creduto opportuno riferire questa viva pittura, perchè serve mirabilmente a far meglio valutare l'opera dei nostri Missionari laggiù.
Fede dei nostri emigrati e commovente episodio.
Dalla relazione di D. Crippa appare manifestamente che i nostri emigranti hanno ancor molta fede e che per praticarla fanno dei grandi sacrifizi. Durante la quaresima del 1897, così ci scrive, molti vennero dalle più lontane aziende fino alla nostra Chiesa di Ponte Nova per compiere il precetto pasquale. Peccato che era solo per potere convenientemente attendere a tutti. Un giorno dell'aprile dello stesso anno, nel recarmi all'Oratorio festivo pei ragazzi alla parte opposta del paese, m'imbattei in una Colonia Italiana di 30 famiglie diretta al paese di Biendos. Poverini! dopo un cammino di ben 50 Km., stanchi di viaggiare tra quelle montagne e foreste, si erano fermati vicino al Collegio nostro, per poi all'indomani riprendere il loro viaggio. M'intrattenni con loro, m'informai delle loro necessità spirituali e corporali. Con che affanno mi raccontavano le loro miserie e la loro vita pressochè selvaggia! Dico il vero che il loro racconto mi commosse profonda, mente, ed essi come si mostravano contenti in vedere un Sacerdote italiano, che prendeva a cuore le loro pene, che cercava provvedere alle loro necessità. Oh, dicevano, il Signore nella sua bontà ci mandò un angelo a confortarci ! Ed avevano proprio bisogno di conforto... I poverini erano fuggiti dalla Colonia per disperazione, dopo aver sostenuta una vera lotta coi Negri brasileni, riportando alcuni più ferite... Le madri mi presentavano i loro pargoli, perchè li benedicessi; e siccome alcuni non avevano ancor ricevuto il S. Battesimo, li battezzai. Esortai tutti a profittare dell'occasione per fare la santa Pasqua, ed essi, contenti, in sulla sera, tutti, meno quelli che dovettero rimanere per custodire le loro masserizie, si recarono alla nostra Chiesa per compiere l'obbligo loro. Feci un pd d'istruzione sul Sacramento della Penitenza, e poscia mi posi a loro disposizione per le confessioni. Prima gli uomini, poscia, al mattino, le donne, tanto che ebbi la consolazione di vederli tutti riconciliati con Dio e con gli uomini. Si prepararono poscia, col canto di laudi sacre e colla recita del Rosario a far la Santa Comunione. Quanto erano felici in quei momenti questi sventurati ! La loro tremula voce e le abbondanti lagrime dicevano la grata emozione che provavano nel sentirsi vicini al Dio della loro infanzia... Prima di ammetterli all'atto solenne della perfetta unione col Dio Eucaristico, con un fervorino, ricordato loro il popolo Eletto nel deserto, i prodigi da Dio operati in suo favore, li animai a porre tutta la loro confidenza nella Divina Provvìdenza, che non li abbandona neppure nelle più strazianti afflizioni. Mentre porgeva loro il cibo degli angeli, le mie lagrime si mescevano con le loro... Erano le lagrime della consolazione e della fede la più viva..:.. Prima di accommiatarli, li regalai tutti di una medaglia di Maria Ausiliatrice e ciascuna famiglia di un Rosario, consigliandoli a recitare la corona in comune tutte le sere. Diedi pure una lettera di raccomandazione per il loro nuovo padrone ed ora seppi che sono tutti ben collocati.
Visita alle famiglie italiane delle fazenda., dos oratorios.
Nell'agosto 1897 andai a visitare i nostri connazionali nell'azienda del nostro amico Dottor Luigi Martins. Questi, col suo bravo amministratore Angelo Broilo trentino, ebbe la gentilezza di accompagnarmi casa per casa. Quel giorno fu di grande allegrezza per me, pel padrone dell'azienda, ma specialmente peì nostri emigrati, quasi tutti Padovani e Tirolesi. All'annunzio dell'arrivo d'un sacerdote lasciarono tutti le loro occupazioni, per potersi intrattenere con lui per mille consigli... Le madri mi recavano, per esser benedetti, i loro figliuolini, ed unanime era il rimpianto di non avere nè chiesa, nè sacerdote. Tutti supplicavano che mi fermassi con loro, perchè, dicevano, la vita ci è dura e pesante solo per non aver comodità nè di ascoltare la santa Messa e la parola di Dio, nè di poter frequentare i SS. Sacramenti. Non potendo per le mie occupazioni accontentarli, li animai a sperare e che appena avessi avuto in aiuto un altro sacerdote, sarei ritornato fra loro a dar una Missione. Questa promessa li consolò tutti.
Emigranti disoccupati ed ammalati.
Molti sono continuamente gli Italiani che vengono senza lavoro, e posso dire che impiego buona parte del tempo in procurarglielo con raccomandarli a buoni padroni. Così pure grande è il numero degli infelici ammalati, che non possono provvedersi i mezzi per guarire, ed io procuro loro un medico di gran cuore, che è quella bell'anima del Dottor Giuseppe Marianno di Lanna, nostro grande amico ed un vero apostolo.
Un episodio fra mille.
Un giorno di novembre del 1897, trovandomi in città per attendere alla Parrocchia, il cui Parroco già da tre mesi si trovava assente, incontrai alcuni italiani che non sapevano dove dirigersi. Erano stati mandati a Ponte Nova dal Vice Console di Juiz de Fora, senza destinazione, senza viveri e senza denari. Lasciate le loro famiglie presso la stazione, essi si aggiravano per la città incerti, col volto smunto e bianco come cera... Da ben due giorni non avevano preso cibo i meschinelli! Chi non avrebbe avuto compassione di loro? Ordinai loro di andare a prendere le proprie famiglie e di seguirmi... Non se lo fecero dire due volte: in un attimo furono tutti intorno a me, contentissimi di aver trovato chi provvede alla loro urgente necessità. Come ringraziavano il Signore! Mi dissero che un individuo aveva promesso di dar loro del lavoro, ma non sapevano più chi fosse e questo li affliggeva. Li ristorai alla meglio; li animai a confidare nella Provvidenza di Dio e li invitai a venire alla sera alla Chiesa per compiere le loro pratiche religiose. Al mattino tutti fecero la santa Comunione. Intanto scrissi al Sig. Dottor Emanuele Vieira Martins de Souza, nostro buon Cooperatore, perchè volesse interessarsi di loro. Questo buon Signore trovò per tutti lavoro, ed ora essi sono felici e vivono da buoni cristiani e vengono anche a trovarmi assai di frequente.
Propaganda di buoni libri e fondazione d'una scuola.
Questi buoni coloni dell'azienda del Signor Emanuele Vieira Martins de Souza provavano una grande pena per non poter educare, come desideravano, i loro figliuoli. Io, dopo aver molto pensato al modo di consolarli, riuscii ad indurre uno della Colonia stessa, che sa qualche cosa, a riunire i bambini e far loro un po' di scuola. Lo provvidi di vari buoni libri e a tutte le famiglie distribuii un Catechismo della Diocesi di Torino. Per mancanza non potei darne uno ciascuno. Ora tutte le domeniche si fa il Catechismo ed oh ! quanto di più si potrebbe fare se una qualche anima pia mi provvedesse di libri e di Catechismi!
Alla Stazione di Porto Novo.
Nel gennaio 1898 recandomi a Lorena per i Santi Esercizi, ebbi ad assistere ad un altro pietoso caso. Giunto alla stazione di Porto Novo, ebbi due ore di fermata, che furono provvidenziali. Disceso dal mio carrozzone, in mezzo ad un viavai di gente e carrette, scorsi, fra i vagoni del treno, una povera donna con tre bambini. Dopo qualche domanda, capii che erano tutti ammalati, o meglio sfiniti di forze per mancanza di cibo. Era una famiglia calabrese, come ben si scorgeva dagli stessi vestiti. Parlavano il dialetto calabrese e nessuno li comprendeva. Il marito, col suo vestito , e colla camicia mezzo fuori dei pantaloni, era oggetto di riso e di scherno presso tutti. M'avvicinai al meschino, e, siccome durante il mio tirocinio militare in Sardegna, aveva fatto un po' di pratica con quel dialetto, mi venne dato comprendere la compassionevole sua situazione. L'unica sua risorsa era una lettera che lo dichiarava inabile al lavoro : doveva rimpatriare e non aveva neppure il denaro occorrente per andare fino a Rio de Janeiro. Che fare? Diedi loro quel po' di viatico che m'era portato pel mio viaggio, che lo divorarono in un attimo ; poscia scrissi al Signor Agente di polizia, domandando il passaggio gratuito fino a Rio Janeiro per l'infelice famiglia, che si ottenne subito. Scrissi ancora una lettera pel Console Italiano di Rio Janeiro, raccomandandogli questi infelici, i quali non cessavano di ringraziarmi. In questa stazione v'erano pure altre famiglie di emigranti lombardi, che tosto si fecero attorno al sacerdote per raccontare le loro miserie... Tutti erano privi di mezzi di sussistenza e per tutti provvidi nel miglior modo possibile.
Pochi minuti prima della partenza del treno vidi un veneziano, allo sportello della distribuzione dei biglietti, gridare che voleva continuare il viaggio fino a Rio Janeiro per procacciarsi lavoro, e non avendo il denaro per pagare il biglietto per sè e per la moglie, supplicava che gli volessero dare il passaggio per quel poco denaro che ancor aveva... Nessuno lo ascoltava; io mi avvicinai a lui, dicendogli di tranquillizzarsi, e poscia dal capo stazione gli ottenni quanto desiderava. Quanta riconoscenza in quel tapino! Come fuor di sè, andava gridando : Benedetto le mille volte il sacerdote ! Il prete è proprio l'amico del povero!... Mi volle baciare la mano, inondandola delle lagrime della riconoscenza.
Missione nella fazenda dos Oratorios.
Al principio della quaresima del 1898 potei effettuare la promessa che l'anno prima aveva fatto ai coloni di questa fazenda. La sala più vasta della casa del padrone venne trasformata in una piccola Cappella, ma fino dal primo giorno l'affluenza fu tale, che la gente non capiva, e si dovette convertire in Cappella un salone che serviva da granaio, meno decente, ma più vasto. Predicai due volte al giorno, mattina e sera, facendo alle ore 11 un'ora di catechismo pei fanciulli, a cui intervenivano però quasi tutti anche gli adulti. Il resto del tempo lo impiegava in ascoltare le confessioni, e ciò per lo spazio di otto giorni. Commovente fu la Comunione generale della chiusura della Missione. La padrona colle sue figlie volle che tutto riuscisse solenne: fu una vera festa, la festa del cuore. Vi furono trenta prime Comunioni. Quanta contentezza in tutti questi buoni coloni! Piangevano come bambini per le consolazioni che provavano.
Durante questa missione venni chiamato un giorno fino alla vicina fazenda do Piao per confessare una negra, madre di famiglia, gravemente inferma. Confessatala, le amministrai l'Estrema Unzione; ma essa desiderava poter ricevere anche il Santo Viatico. Come fare? Attendere al mattino per celebrare ivi la S. Messa non poteva, perchè aveva la missione : venire col Santissimo dalla fazenda dos Oratorios non era cosa molto facile a combinarsi, distando ben quattro chilometri. Tuttavia l'assicurai che avrei cercato di soddisfare al suo desiderio, e ritornato a dos Oratorios, nella predica della sera annunziai che al mattino avrei portato il Santo Viatico fino alla fazenda do Piao, ma che non era necessario che mi accompagnassero fin colà, essendo troppo lontano. Bastava che venissero solo per un tratto di strada. Il mio consiglio non venne ascoltato, perchè tutti vollero accompagnare Gesù Sacramentato fino a Piao. Anzì questa buona gente volle preparare un carro apposito, su cui posero una sedia per il sacerdote che portava l'Eucaristia, ed intorno a lui collocarono ancora venti ragazzini della prima Comunione con lumi accesi per l'adorazione. Questo carro tirato da una mula era preceduto dagli uomini e dai ragazzi in devoto contegno e fervorosa preghiera. Seguivano di dietro altri uomini, poi le donne e le fanciulle medesimamente pregando con viva fede. Gli stessi padroni dell'azienda vollero prestare quest'ossequio di fede a Gesù, facendo 4 chilometri a piedi, sotto la sferza di una canicola cocentissima. Ma i loro cuori ardevano più di amore a Gesù...
Era la prima volta che Gesù visitava i poveri abitatori della foresta, ed i brasiliani vollero preparargli un'entrata trionfale. Improvvisarono un baldacchino, ma che baldacchino! Una coperta da letto, la più bella che avessero, sostenuta da quattro aste e sotto di essa accompagnarono Gesù fino alla casa dell'ammalata. La strada, per dove si doveva passare, era ben pulita e coperta di fiori e di foglie aromatiche; dalle finestre delle case pendevano lenzuola, coperte, fazzoletti, insomma, tutto ciò che avevano di meglio. Intenerito fino alle lagrime nel vedere tanta fede fra quella gente, senza nessuna istruzione religiosa, giunsi all'ammalata, presso la quale, per cura dei padroni del luogo, era stato preparato un bell'altarino, dove collocai il SS. Viatico... Compii la ineffabile funzione e benedissi con Gesù tutta la moltitudine, invocando sopra tutti le più elette benedizioni.
Sono queste le notizie più importanti della corrispondenza di D. Crippa, notizie che fanno abbastanza vedere il bene grande che si può fare ai nostri poveri connazionali emigratì nel Brasile. Preghiamo il buon Dio che voglia suscitare anime generose che si dedichino a quest'apostolato di sincero patriottismo.
Guarigione portentosa.
Eravamo al 1° ottobre del 1898. Già da qualche giorno la Sig.a Maria Genovese-Actis, d' anni 34 , madre di sei bimbi, sentiva un malessere, che finalmente la obbligò al letto. Tosto si chiamò il Dott. F. Ferrero, che subito constatò la gravità del male e ne principiò la cura con tutti i mezzi che la scienza gli suggeriva; ma vedendo che la signora sempre più peggiorava, dopo 25 giorni di cura si fece una consulta, alla quale prese parte il Dott. Lessona. Questi, dopo aver fatto quanto la sua nota perizia suggerivagli, dichiarò apertamente che per la Sig.a Genovese non vi erano più che poche ore di vita, tanto il male era grave. Di questo parere era pure il dottor Ferrero, il quale esortava il di lei marito, Sig. Pietro Genovese, a rassegnarsi a tanta sventura, essendo omai impotente la scienza medica a guarire la diletta sua consorte. Passarono in tale angoscia ancora tre giorni il 25, 26 e 27 ottobre, sempre tra la vita e la morte, non cessando mai essa di raccomandarsi a Dio ed alla Vergine , onde ottenere una buona morte, poichè si era perfettamente rassegnata e convinta dì dover morire, ed anzi supplicava la Vergine che la prendesse seco in giorno di sabato. Non pago però il marito di questi dottori, volle domandarne un terzo, il Dott. Porta, il quale pure fece la sua ordinazione, ma convinto anch'esso di un'imminente catastrofe. In sì terribile frangente, la madre, che mai abbandonava l'inferma un momento, il marito, le sorelle od altri amici di casa, vedendo il caso disperato, ricorsero fiduciosi alla Vergine Ausiliatrice, la quale si degnò un'altra volta dimostrare che, quando la scienza umana ha esaurito tutti i suoi mezzì, Essa ancora ne possiede de' migliori e più efficaci. Difatti il giorno 30 l'inferma incominciò a migliorare un tantino. Il Dott. Ferrero, che sempre le era a lato, perchè nessuno ancora si illudesse, diceva al marito, che quello era un miglioramento passeggiero e di poca durata; che era impossibile guarire da sì mortale infermità, anzi che era un vero miracolo che ancor vivesse. Il Rev.mo Sig. Curato, che più. volte venne a visitarla, era dello stesso parere e l'andava preparando al gran passaggio. Passò il giorno 30, il 31 ed il 1° novembre, sempre stazionaria, senza peggiorare; quìndi poco a poco principiò a cessarle la febbre e a migliorare sensibilmente; il giorno 20 novembre potè alzarsi da letto con istupore di tutti i dottori e di quanti la conoscevano. « Non ringraziate noi, dissero i bravi sanitari, ma ringraziate pure Iddio e la Madonna, se siete salva. Certe non sono le nostre medicine che vi abbiano salvata. È stato proprio un miracolo. S'è visto che, quando gli uomini non son più capaci a nulla, v'è ancora da sperare in Colei che è chiamata Salus infirmorum. » Entrata in piena convalescenza , in dicembre potè riprendere i suoi ordinari lavori domestici. Riconoscente a questa potente Signora, offre la tenue offerta di L. 20, pregando sia fatto noto al pubblico il miracoloso avvenimento a sempre maggior gloria di Maria Ausiliatrice. Colla salvata dalla morte s'uniscono pure nel ringraziare Maria quanti furono testimoni più intimi del fatto.
Torino, 15 Gennaio 1899.
MARIA GENOVESE n. ACTIS. PIETRO GENOVESE. DOMENICA GAJ.
Grazie infinite a Maria.
Per debito di giustizia e di gratitudine rendo nota la guarigione di mio figlio, ottenuta per grazia di Maria SS. Ausiliatrice. Egli fu incolto da uno spavento, e fantasmi terribili lo agitavano in modo da non aver più tregua ne giorno, né notte; oltre a ciò in conseguenza dello stesso malore divenne affatto sordo. Dopo aver esperimentato per alcun tempo l'arte medica, senza alcun risultato, si fece ricorso a Maria SS. Ausiliatrice con una novena, e subito nei primi giorni si notò un sensibile miglioramento; ed ora è perfettamente guarito. Perciò mantengo la promessa fatta col mandare la tenue offerta di lire 5 in ringraziamento- della grazia ricevuta. Ciò serva a dimostrare una volta di più come sia sicuro di essere esaudito chi invoca con fiducia il Nome SS. di Maria Auxilium Christianorum.
Cugnasco, 4 Aprile 1899.
GEREMIA VOSTI.
Una famiglia consolata.
Trovandomi in Torino, lontano dal mio paese nativo, il 18 giugno 1898 ebbi una dolorosa notizia di famiglia. Un male repentino aveva da due giorni costretto mia madre a starsene immobile nel letto. Tre giorni dopo mi giunse di nuovo una lettera, in cui lessi : « In famiglia siamo tutti afflittissimi. La madre soffre continui ed atrocissimi dolori: è incapace a muoversi anche menomamente, e le nostre cure ed i rimedi del medico sembrano tornarle inutili. Si raccomanda alle tue preghiere e vuole che ti si mandino queste poche lire, perche tu faccia pregare Maria Ausiliatrice pel bene dell' anima sua. Il fratello Felice che da due anni sempre invano si attiene or a questo or a quel consiglio di vari e valenti medici per trovar miglioramento alla cagionevole sua salute, ora si trova più che mai indebolito e sconfortato, e lo sfavorevole suo stato va ognor peggiorando. Non possiamo tacerti come a questi mali si unisca pure un grave sconcerto di altri affari materiali, onde tutto in questi giorni sembra minacciarci desolazione e rovina e da un momento all'altro ci fa temer più triste l'avvenire. »,
Io, afflittissimo per tali nuove, mi portai in quel giorno stesso dal Rev.mo Sig. Don Rua, a cui consegnando la piccola offerta pervenutami, esposi sì desolanti notizie di mia famiglia, ed affidando ogni buon esito nell'aiuto di Maria SS. Ausiliatrice, promisi che,. se mia madre avesse ottenuta la grazia della guarigione, l'avrei fatta palese, riconoscendola ricevuta dalla potente Ausiliatrice dei Cristiani. « Confidate in Maria Ausiliatrice,. mi disse con affabilità il Rev.mo Sig. Don Rua; e fate sapere ai vostri che il giorno 23 corrente si celebrerà una S. Messa all'altare di Maria SS. Ausiliatrice a questo fine. Intanto invitateli ad unire in quel giorno anche la loro intenzione, e poi sperate. » Scrissi subito : e mentre nella vigilia di S. Giovanni Battista si celebrava la s. Messa, alcuni miei compagni, consci delle mie afflizioni, vollero pure pregare pei bisogni di mia famiglia, accostandosi con questo scopo alla SS. Comunione.
Oh bontà di Maria!.... Il giorno seguente, 24 giugno, mia madre con maraviglia grande di tutti era fuori dì letto, ogni dolore scomparso ed essa sana come prima. Le rimasero alcuni segni prodotti dall'applicazione dei rimedi ; ma, fuori d'ogni convalescenza, sin da quel giorno stesso, potè di nuovo attendere alle consuete sue domestiche occupazioni. Il fratello cominciò pure a migliorare in salute, per cui ora si occupa di nuovo ne' suoi lavori. Gli imperiosi bisogni materiali si erano - pure inaspettatamente allontanati, e la Divina Provvidenza anche in questo ci fu larga di favori oltre ogni nostra aspettazione.
Riteniamo queste grazie ottenute mercè la potente e benigna intercessione di Maria Ausiliatrice, cui serberemo la più viva e sentita riconoscenza , mentre dal più profondo del cuore gridiamo: Evviva Maria Santissima Aiuto potente dei Cristiani !
Torino, 22 Aprile 1899.
ANGELO RIGOTTI.
Maria mi ha salvata dalla morte.
Verso la fine del passato marzo lui colse una pericolosa malattia che, oltre a togliermi l'uso dei sensi ed a deformarmi il viso, mi condusse sull'orlo della tomba. In breve si notò tal complicazione nella malattia, che non solo il viso, ma tutto il capo era divenuto un' intera piaga. Trascorsi parecchi giorni, il male si diffuse per tutta la persona. Parevo colpita dalla lebbra. I medici mi davano spedita : i parenti temevano la mia perdita. In tanta costernazione ricevetti la visita d' una pia Cooperatrice Salesiana, la quale mi suggerì di ricorrere alla Madonna di D. Bosco.
Mi mise al collo una medaglia di Maria Ausiliatrice e mi raccomandò di far con fede tuia fervorosa novena. Così fece la mia far miglia, insieme all'ottima Cooperatrice. Maria Ausiliatrice mi ha salvata ! Dal momento che indossai la medaglia benedetta si notò in me un leggiero miglioramento : poi il male andò a poco a poco scomparendo, ed io mi trovo ora perfettamente ristabilita. Riconoscente per sì portentosa grazia, invio lire cinque con preghiera di celebrare una Messa all'altare di Maria Ausiliatrice e di pubblicare questo fatto sul Bollettino Salesiano.
Mascali-Nunziata, 11 Maggio 1899.
S. MARIA CARMELA PATANÈ.
Viva Maria Ausiliatrice.
Per solidarietà legale, alla quale io dovevo rispondere di un debito dovuto da un mio parente ad un cotale, mi furono da questo, mandati gli atti coattivi e financo pignorati ì miei mobili. In tale circostanza assai critica pensai, al 28 dello scorso marzo, d'inviare al Sig. Don Rua l'elemosina per una s. Messa da celebrarsi all'altare di cotesta nostra cara Madre e cominciai con fede la novena di Maria Ausiliatrice. Al settimo giorno, e propriamente il giorno precedente a quello indicato nel bando per la vendita dei miei mobili, il debitore, sino allora senza mezzi e poco volonteroso, si affrettò a soddisfare il suo creditore, pagandogli sin anco tutte le spese di giudizio, come se fosse stato spinto a ciò da forza sovrumana....! Così io fui libero di tanta afflizione morale e materiale, per la vera intercessione di Maria Auxilium Christianorum! Ringrazio con figliale riconoscenza la nostra gran Madre Protettrice, e, per animare i sofferenti a ricorrere ad Essa nei loro bisogni., prego a voler pubblicare la presente nel Bollettino Salesiano.
Ganzirri (Messina), 22 Aprile 1899.
COSMO VENTO.
Ottennero pure grazie da Maria SS. Ausiliatrice, e pieni di riconoscenza inviarono offerte al santuario di Torino o per la celebrazione di S. Messe di ringraziamento, o per le Missioni Salesiane, o per le altre Opere di D. Bosco, i seguenti
A*) - Alba: Suor Alfonsa Arione Luigina. - Alcamo (Trapani): Vincenzo Rocca del fu Cav. Matteo, L. 20 per la guarigione di una sua figliuoletta. - Alessandria: E. V., 2 per una S. Messa.
(*) L'ordine alfabetico qui segnato è quello delle città e paesi, cui appartengonuo i graziati da Maria Ausiliatrice.
B) - Baldissero: Felicita Benedetto, 5. - Beluggio: Catterina Panero. - Borgo S. Dalmazzo : Famiglia Prever, 5. - Bosnia (Austria): Giovanni e Rosa Berlenda-Doboi, 10 corone per due S. Messe all'altar di Maria Ausiliatrice per la guarigione prodigiosa dell'unico loro figlio Clemente.
C) - Cagli (Pesaro): D. Geremia Sermosi, 10 in ringraziamento alla Vergine Ausiliatrice a nome di pia persona, che miracolosamente ottenne la guarigione già disperata di un fanciulletto suo nipote. - Cagliari: Paola Lonis nata Bernardini, 5. - Capo di Ponte (Brescia): Onesta Briscioli, 10; Lavinia Agostani. - Cardé: Giuseppina Vaira, 25. - Carmagnola: Elisabetta Occhetti, 1,50. - Castellinaldo : D. Luigi Sibona, Arciprete,'85,30. - Catania: Marco Tamburino da Mineo, 3 per una S. Messa. - Cellarengo: Carlo Gino, 10. - Cenobbio: Vittorio Brusa, 2. - Corneliano (Alba): Innocenza Calliano, 4. - Creta di Cartel San Giovanni (Piacenza): Marina Quadri. - Crusinallo: Alessandro Franchini, Maestro, per due segnalatissime grazie.
F) - Farigliano: Teresa Cappa. -Fonte (Treviso): Antonietta Conte-Garbini.
G) - Genova: Ester Magnano, 5.
L) - Loreto di Costigliole d'Asti: Leone Squillare.
M) - Marcagno: Giacomo e Vittoria Girardi, che sciolgono la loro promessa di ringraziare pubblicamente la Vergine Ausiliatrice per la completa guarigione del loro piccolo Giacomino da grave malattia, nonchè per quella del padre loro dopo lunghi anni di notevoli disturbi, 5. - Milano: Carlotta Fornara, 10 per essere scampata da gravissimo pericolo di perdere l'occhio destro; L. S. F., 2 per la guarigione d'un bambino mediante l'applicazione della medaglia di Maria Ausiliatrice; F. F. M., per una grazia speciale e per essere benedetta in modo evidente nel raccolto della campagna, per cui offre ogni anno a Maria Ausiliatrice una cauzione onde interessarla in suo vantaggio. - Mombaruzzo-Casa lotto: Sac. Carlo Valle, Rettore, 100 a nome di pia persona, cui è riuscita felicemente una dolorosa operazione, mercè la protezione della Vergine. - Monchio (Modena): Maria Piacentini per la guarigione di una gamba, 20 per Messa di ringraziamento. - Monerivello: Teresa Ferraris Ved. Santià, 3 per Messa. - Mondovì: Luigi Drocco, 2. - Metta Licenza: Giacomina Perocco, a nome delle sorelle Saccardi del fu Luigi, per la guarigione da congiuntivite all'occhio sinistro di una loro sorella.
N) - Nucetto : Anna Goano, 4. P) - Poirino: Olimpia Bosco, 5.
R) - Ranzi Pietra: Bernardo Baragno, 10 a mezzo del Sac. G. B. Pastorino. - Rapallo (Genova): Colomba Figallo, 6-Riva di Chieri: Maria Votapane, 5. - Roasio (Novara): Domenica C. Perazzo.
S) - S. Damiano d'Asti: Un padre di famiglia 5, ed una madre, 5, a mezzo delle sorelle Franco. - S. Paolo (Brasile): D. Golfino, 15. - Sommo (Pavia): D. Pietro Poltroneri, Arciprete, a nome della sua parrocchiana Lorenzina Caretta-Gazzaniga, 2 per Messa; nonchè per altra pia persona della sua parrocchia, 1; egli poi aggiunge a nome suo altra offerta per una miracolosa conversione ottenuta mercè la medaglia di Maria Ausiliatrice; speriamo poterla pubblicare in qualche numero seguente. - Spezia: Marianna Magnani, con offerta. - Strona: Maria Aimone-Gronda, 5 per Messa.
T) - Terranova (Sicilia): Pasquale Fontana, 5, - Torino: Lucia Mosso, 5 ; Ernesta Sargat, 4 ; Giuseppe Bensi, offerta per una Messa ; Domenico Mac. cugino, 5- - Torre Pellice: I Coniugi Macario, 10. - Tortona: Un Sacerdote, 5. - Trento: Agar De Carli Betta, con offerta. - Trino: Camilla Scapino, 10. - Trisobbio: M. C. P. V. P. Z.
V) - Velez:Rubio (Almeria-Spagna): Sac. Agostino Manchon, per essere stato salvato e da calunnie e dal pericolo stesso della vita. - Versa (Gorizia): Lucia Lazzaroni. - Veruno: Maria Valsesia, 1,50. - Verzasca (Canton Ticino): M. C-, 5. - Vigone: Ambrogio Gioffredo, 10. - Villanova d'Asti-Frazione Savi: N- Nper la guarigione della propria moglie da ostinata emorragia, offerta per Messa. - Volvera: Arcangelo Balbiano, 20.
X) - D. Sidrac Mastetti, 5. - N. N. figlia di Maria, 2. - A. A. per la guarigione di una sua bambina. - R. C. E., 5. - Una Cooperatrice, 1,20 per Messa di ringraziamento. - M- L. B., 20 per due Messe. - Isabella Actis. - Alessandro Vonis. - M. F., Cooperatore Salesiano. - F. D. L. pel migliora. mento della sorella Margherita 5, per Messa.
INAUGURAZIONE DELL'ORATORIO FESTIVO presso l'Istituto Salesiano S. Ambrogio in Milano.
In una bella orazione composta da Pio IX e stampata sulle imagini di Maria Ausiliatrice, venerata sotto questo titolo in Spoleto, il grande Pontefice rivolgeva a Dio queste parole: « Signore Dio Onnipotente, che sapete cavare il bene dal male; » le quali hanno una continua conferma in tutta la storia dell'Antico e Nuovo Testamento, come in quella poi di tutta la Chiesa; poichè vediamo ogni dì come l'infinita Sapienza sa coordinare ad un maggior bene anche i fatti più luttuosi. Di questa verità avemmo noi in Milano una recente ed eloquente prova il giorno 7 Maggio, quando gli ottimi Figli di Don Bosco poterono finalmente aprir le porte del nuovo braccio del loro Istituto per ammettervi nei giorni festivi anche i fanciulli esterni della Parrocchia di San Gioachino, che almeno qualche volta in settimana potranno accostare chi parli loro anche di Dio e dell'anima.
Molto opportunamente lo strenuo Osservatore Cattolico in un articoletto d'invito alla funzione, intitolato 7 Maggio ! faceva rilevare la coincidenza nello stesso giorno, ad un solo anno di distanza, di terribili disordini, che funestarono Milano e l'Italia nello scorso 1898, e di un avvenimento ben diverso, anzi di quello riparatorio, quale era appunto l'inaugurazione di questo nuovo Oratorio. Felice poi era anche il richiamo che faceva di Giuda Maccabeo, il quale volle che le solennità riparatorie dei sacrileghi oltraggi fatti da Antioco al Tempio ed al culto del vero Dio si celebrassero nel giorno medesimo corrispondente a quello appunto, in cui tali scellerate empietà erano state perpetrate : Qua die autem templum ab alienigenis pollutum fueral, contigit eadem die purificationem fieri (2 Mach. X., 5).
I lettori del Bollettino conoscono già la storia di questo Oratorio. Scoppiati proprio nei pressi dell'Istituto Salesiano i disordini di Maggio, che poi turbarono per ben 4 giorni Milano, e calmatasi poi la burrasca, una Commissione di ottimi Signori, ancor vivamente impressionata dello sciame di ragazzi e ragazze, che costituivano l'avanguardia delle orde tumultuanti, pensò subito all'erezione d'un nuovo lato dell' Istituto S. Ambrogio per accogliervi in Oratorio festivo i fanciulli esterni di quei paraggi. Allo scopo occorrevano non meno di 100 mila lire; ma la spesa non isgomentò la loro fiducia, che infatti non fu delusa, poichè subito affluirono limosine cospicue, che, toccata la metà dell'occorrente, bastò ai coraggiosi Salesiani per dar principio alla fabbrica. E il 29 Giugno con grande solennità ed affluenza di popolo S. E. il Cardinal Arcivescovo poneva la prima pietra, dicendosi lieto di veder pago anche questo ardentissimo suo voto. - Il 16 Febbraio u. s., festa di S. Francesco di Sales, il degno successor di S. Carlo ritornava in Via Copernico per benedire la Cappella del nuovo Oratorio, costrutta colla nota sua valentia in puro stile lombardo dall'Ing. Arpesani.
Rimaneva finalmente che la stagione e l'essiccamento dei muri permettessero l'uso del nuovo locale e l'ammissione quindi dei giovani esterni; ed anche questo finalmente potè compiersi la prima domenica del corrente mese, cioè il giorno 7 Maggio, anniversario dei torbidi, dai quali la divina Provvidenza trasse appunto questa nuova opera benefica.
Al mattino gli ottimi Convittori dell'Istituto fecero la S. Comunione pei nuovi fratelli, che avrebbero acquistato nella giornata, e pei Benefattori, che loro hanno preparato l'asilo. - Alle 9 1/2 il venerando Proposto di S. Gioachino, D. Paolo Biraghi, cantava la S. Messa, accompagnata dalla, Schola Cantorum dell'Istituto, che eseguì uno squisito lavoro polifonico del M.° Cervi, abilissimo loro istruttore. - Alle 15 1/2 poi il Sac. Pasquale Morganti rivolgeva pel primo la parola ai 50 giovanetti, primizie del nuovo Oratorio, dimostrando loro quali vantaggi essi vi avrebbero trovato, e quindi il R.mo Proposto impartiva la Benedizione col SS. Sacramento. - Sotto i portici poi era stata disposta da alcune Dame del Comitato Salesiano una festa di beneficenza, alla quale trasse per tutta la giornata una gran folla, composta d'ogni ceto dal Sacerdote e Patrizio all'umile operaio, il quale ultimo potè vedere, nella gran festa fatta ai nuovi venuti, in quale alto concetto tengano la Chiesa e la Carità cristiana anche il figlio del proletario. - A sera poi nel teatrino, specialmente colla rappresentazione del Satana, si ribadì in capo a quei vispi fanciulli ed ai loro parenti, che stipavano la sala, che nell'Oratorio avrebbero trovato nei figli di D. Bosco quegli Angeli appunto, che li difendano da quel demonio, che continuamente li assedia nella scuola, nella bottega, per le vie e per le piazze.
Ora, concludo anch'io coll'Osservatore Cattolico, si allietino i generosi oblatori d'aver cooperato ad impresa sì urgente e santa, e tutti, specialmente i Cooperatori della Città e Diocesi milanese, concorrano col loro obolo per aiutare i nostri buoni Salesiani, che tanto bene han già compiuto in -poco tempo pei nostri figli, a soddisfare all'ultima e rilevante parte del debito, onde sono aggravati. Maria Ausiliatrice renda feconda la mia povera voce !
Milano, 8 Maggio 1899.
Un COOPERATORE.
LA GRANDIOSA FIERA DI BENEFICENZA promossa dalle Signore Patronesse Torinesi.
Il giorno 10 maggio la tranquilla via Montebello in Torino aveva cambiato di aspetto. Era un affollarsi di cocchi eleganti, di equipaggi signorili, di nobili dame, che accorrevano alla
Mole Antonelliana per la festa della carità. E soltanto la carità cristiana poteva ispirare di trasformare il salone del 1° piano della Mole - imponente e vasto salone, ma rozzo e greggio, come tutti gli edifizi incompiuti - in un ricco padiglione orientale, in un luogo di delizie.
L'Eminentissimo Richelmy, da Sua Santità recentemente elevato all'onore della porpora, si degnò intervenire alla festa gentile, e le Duchesse Elena d'Aosta, Elisabetta ed Isabella di Genova colla loro presenza augusta ne accrebbero la solennità.
Alle ore 15 1/2 Sua Altezza la Principessa Elena d'Aosta, per incarico avuto da Sua Altezza Imperiale e Reale la Principessa Laetizia di Savoia, Presidente Onoraria del Comitato delle Patronesse per l'Omaggio Internazionale a Don Bosco, apriva solennemente la fiera di beneficenza ; e l'Eminentissimo Arcivescovo, con parola efficace tratteggiava l'opera benefica, che aveva per iscopo di concorrere all'erezione della Chiesa di Valsalice e di soccorrere l' Orfanotrofio Salesiano di Betlemme. Terminava Sua Eminenza inchinandosi alle LL. AA. RR. e benedicendo le caritatevoli Dame, che da due mesi si adopravano indefessamente per la buona riuscita della Fiera.
Il Marchese Filippo Crispolti , incaricato dal Comitato delle Dame Patronesse, salutava riverente le Principesse, ossequiava Sua Eminenza e con mirabile slancio oratorio definiva lo scopo delle caritatevoli feste , ringraziando pure tutte le Autorità, che benevoli avevano favorita l'opera buona.
Al suono della banda salesiana dell'Oratorio Sua Eminenza e la Principessa visitarono la fiera, fermandosi ammirato dinanzi al Banco della Ruota, ove la fortuna attraeva tutti con innumerevoli premi, e dinanzi ai Banchi di Vendita, ove anche gli Augusti Visitatori vollero portare il loro contributo. Un Banco sopratutto attirava pel pensiero gentile. Era il Banco dei poveri e degli arredi di Chiesa, ed in esso gli acquisitori avevano mezzo di beneficare in doppio modo, acquistando cioè, a profitto della fiera, oggetti che dopo servivano per beneficare i poveretti od adornare gli altari di Nostro Signore.
Anche gli intervenuti all' inaugurazione - ed erano i rappresentanti la parte più eletta della cittadinanza torinese - partirono soddisfattissimi, e ben si vide nei giorni seguenti nell' affollarsi continuo di visitatori e di acquisitori.
Le feste si successero alle feste, tutte belle e geniali, e dilettanti illustri, come la signorina Bersezio, il Prof. Follini ed il March. Pallavicino, non sdegnarono di concorrere per rendere vari e graditi i divertimenti diurni e serali. Le bande militare, cittadina e salesiana, le Scuole di canto e ricreative degli Oratorii festivi S. Giuseppe e S. Francesco di Sales, la brava orchestra diretta dalla signora Ganora, ed altre Compagnie dilettanti si avvicendarono ogni giorno. Fra tutte fu riuscitissima la Festa dei Bambini, che venne onorata dalla presenza di Monsignor Ramon Angel Jara, Vescovo di S. Carlos d'Ancud nel Chilì. Indimenticabile sarà per tutti lo spettacolo giocondo, che presentava quel giorno la sala dei trattenimenti: bimbi e bimbe erano accoccolati ai piedi di Monsignore, davanti al palcoscenico, e mentre si ral. legravano dello spettacolo, si affollavano pure presso al Vescovo, a cui facevano a gara per baciare l'anello. Egli, mite e paziente, rinnovava la scena del Vangelo : Sinite parvulos venire ad me, e sulle sue ginocchia aveva installato un piccino, cui Iddio tolse prematuramente un angiolo di madre, e con soave accento lo consolava ed accarezzava.
Le feste durarono 14 giorni, ed ora sono finite. Ancor una volta Torino si mostrò benefica e generosa, accorrendo con slancio alla Mole Antonelliana. Questo grande edificio, che da tanti anni interessa i torinesi e passò per tante vicende, era riserbato dalla Divina Provvidenza ad essere inaugurato per Don Bosco e per un'opera sublime di carità. Tutti ebbero parole di lode per lo splendido esito delle feste ; e non a torto una persona, che contemplava la Mole, asseriva che in quei giorni pareva che la sua cupola gigantesca si elevasse come un inno verso il Cielo! E quest'inno s'ebbe la sua eco profonda ne' cuori dei figli di Don Bosco, i quali mai più dimenticheranno quest'imponente omaggio dato all' Opera del Padre loro, mercè lo zelo industre delle nobili Signore torinesi, da tutte le classi sociali. Pieni di ammirazione e commossi pertanto porgiamo vivissimi ringraziamenti alle LL. AA. RR. , alle Autorità tutte Civile, Militare, Politica ed Ecclesiastica, e sopratutto all'eletto e numeroso stuolo di Signore e Signorine Patronesse e Zelatrici Torinesi, che in quest'occasione ci diedero splendida prova di quanta abnegazione e di quanti sacrifizi è feconda la cristiana carità che albergano i loro cuori. Le ricompensi Iddio pienamente di tutto !
ISTITUTO SALESIANO IN ALESSANDRIA e l'Omaggio all'Opera di D. Bosco.
La domenica 30 aprile fu per Alessandria una giornata, memorabile e soavissima per religiose emozioni e per lieto e sicuro auspicio di copiosi frutti di pubblico bene. Trattavasi della solenne inaugurazione dell'Istituto Salesiano, testè sorto in quella illustre città e salito subito a mirabile splendore, coll'intento di provvedere alla buona educazione della gioventù non solo mercè il Convitto, Semiconvitto, Scuole ed Oratorio festivo, già omai fiorentissimi, ma anche con laboratorio per giovani artigiani , che sta pure sommamente a cuore a quell'Ecc.mo Vescovo, Mons. Capecci. E la solennità fu compiuta con funzioni religiose edificantissime, collo scoprimento d'una lapide, ove sono scolpiti i nomi dei principali Benefattori dell'Istituto, e con apposita Conferenza ed Accademia per l'Omaggio internazionale all'Opera di D. Bosco.
Alla fausta solennità parteciparono coll'infaticabile Vescovo gli zelantissimi e R.mi Canonici e Parroci ed altri insigni ecclesiastici della città, cospicui personaggi del laicato, d'ogni opera buona largamente benemeriti, e moltitudine immensa di popolo. Da Torino recaronsi il Rev.mo Prof. D. Cerruti, rappresentante il Capitolo Superiore Salesiano, il nostro conferenziere Prof. D. Albino Carmagnola, come pure gli egregi Avv. Stefano Scala e Avv. Cav. Enrico Alloati pel Comitato Promotore dell'Omaggio internazionale all'Opera di D. Bosco.
Nel mattino, solenni, commoventi e grandiose funzioni nella vetusta e magnifica Chiesa Parrocchiale di S. Maria del Castello, gentilmente concessa da quel degnissimo Parroco. L' Ecc.mo Vescovo Mons. Capecci disse la Messa della Comunione generale, nella quale circa quattrocento giovanetti dell'Istituto ed Oratorio festivo s'accostarono alla S. Mensa, edificando col loro devoto contegno la moltitudine accorsativi. Mons. Vescovo rivolse tenerissime parole di incoraggiamento a quei cari giovanetti, augurandosi che il loro bell'esempio trovi moltissimi imitatori nella sua diletta Alessandria. Alle 10 1/2 assistette pontificalmente alla Messa solenne, celebrata dal Provicario della Diocesi Can. Giuseppe Villa. La. Schola Cantorum di quel nostro Collegio eseguì con accompagnamento d'orchestra la Messa dell'Incoronazione del Cherubini.
Alle 15, ebbe luogo lo scoprimento della lapide, e alternate dalla musica, si udirono commoventi e splendide parole pronunziate dal venerando
Mons. Bolla Vicario Generale, ringraziamenti affettuosi del D. Cerruti a nome di tutti i Superiori Salesiani ed un cordiale saluto dall'Avv. Scala.
Alle 16, nella sunnominata Chiesa di Santa Maria del Castello, si tenne la Conferenza per l'Omaggio internazionale all'Opera di D. Bosco, dal Prof. Don Albino Carmagnola, che colla sua toccante eloquenza commosse o persuase l'affollatissimo uditorio. Niun dubbio che, come si raccolsero lì per lì copioso offerte, così ci sarà dato quanto prima di annunziare la costituzione in Alessandria del locale Comitato per l'Omaggio.
Datasi infine solennemente la benedizione col: SS. Sacramento, S. E. R.ma Mons. Capecci a stento aprendosi il, passaggio tra la folla, che gli si stringeva attorno per baciargli il sacro anello, si recò nel vasto locale del teatrino dell' Istituto Salesiano, ov'ebbe luogo l' accademia; nella quale, alternati con dolcissimi canti, si udirono applauditissimi discorsi , anzitutto del Professore D. Cerruti, poi dell'illustre Sig. Prof. Castelli, tanto valente e simpatico oratore, quanto ammirabile e indefesso zelatore in Alessandria d'ogni opera di religioso e civile vantaggio, quindi dell'Avv. Scala e dell'Avv. Alloati ; si chiuse la splendida riunione con un'efficacissima allocuzione di Mons. Capecci e la pastorale benedizione da lui impartita a tutti gli astanti.
Come corona a questa festa, che non poteva riuscire nè più solenne, nè più soave, venne la benedizione del S. Padre col seguente telegramma: -Monsignor Vescovo di Alessandria: Santo Padre lieto inaugurazione cotesto nuovo Istituto Don Bosco ha concesso di gran cuore invocata benedizione. -
M. CARDINAL RAMPOLLA.
NUOVA CAPPELLA all'Oratorio festivo S. Agostino in Torino.
La domenica 23 aprile, festa del Patrocinio di S. Giuseppe, veniva finalmente soddisfatto un sentito bisogno dell'Oratorio festivo S. Agostino colla solenne benedizione di una nuova e bellissima Cappella, che dovrà d'ora innanzi raccogliere nei giorni festivi moltissimi giovanetti del Borgo S. Donato.
Fin dalle prime ore del mattino, nel cortile dell'Oratorio, vagamente adorno, notavasi una numerosa accolta di persone liete di vedere che l'opera dei figli di D. Bosco non va mai disgiunta dal fine santo di procurare ogni mezzo, onde favorire la cristiana educazione de' figli del popolo. Terminata alle otto e mezzo la solenne cerimonia della benedizione, compiuta dal Rev.mo Dottor D. Francesco Cerruti, si celebrava nella nuova Cappella la prima Messa, durante la quale più di 200 giovanetti s'accostarono alla S. Mensa, distinguendosi fra essi e pei loro festivi abbigliamenti e sopratutto pei devoto loro contegno una ventina che facevano la loro Prima Comunione.
Nel pomeriggio la solennità veniva rallegrata dall'intervento dell'Ecc.mo Arcivescovo Monsignor Agostino Richelmy, il quale va legato a quest'Oratorio da specialissimo affetto, per essere tutta sua creazione e dedicato inoltre al suo Santo Protettore. Con parola affettuosa e penetrante intesse il discorso delle virtù e delle benemerenze rii S. Giuseppe, esortando quei cari fanciulli, estasiati ai suoi paterni accenti, all'imitazione di lui ed alla confidenza nel suo valido patrocinio. Impartì quindi la benedizione col SS. Sacramento.
Poi v'ebbe breve accademia in omaggio allo stesso Ecc.mo Arcivescovo, nonchè ai principali Benefattori dell'Oratorio. Assistevano, oltre ai giovanetti e ad un bel numero de' loro parenti, parecchi nobili Signori e Signore, che generosamente avevano concorso all'erezione della nuova Cappella ed alla felice riuscita della festa d'inaugurazione. Meritano special menzione i Signori De-Luca, che accettarono inoltre l'onore di essere padrino e madrina della festa, con tutti quei pesi però che tal carica importa. Applauditissimi furono i piccoli attori nelle loro svariate declamazioni e ben riuscito il programma musicale, sostenuto parte dalla Compagnia mandolinistica dell'Oratorio stesso e parte dalla banda del Collegio delle Scuole Apostoliche. Pose fine al trattenimento Monsignor Richelmy, rivolgendo cordiali parole di encomio al Direttore dell'Oratorio festivo Don Carlo Mannucci e di ringraziamento a tutti i benefattori per l'aiuto prestato nell'erezione di questa nuova Cappella, e augurandosi che i sostenitori dell'Oratorio di S. Agostino abbiano a crescere di numero a beneficio di tanta povera gioventù.
Di quest'augurio, che l'Ecc.mo Mons. Richelmy presentava ad un piccolo nucleo di Signori, noi ci facciamo eco presso tutti i nostri lettori della città di Torino. A loro in modo particolare è noto quanto sia necessario un fiorente Oratorio festivo pei popolosi quartieri operai dei borghi S. Donato e Campidoglio; a loro son pur conte le strettezze finanziarie, in cui si trova il Collegio delle Scuole Apostoliche, che deve sostenere quest'Oratorio Festivo Salesiano; a loro quindi sopratutto afdiamo l'augurio del veneratissimo nostro Arcivescovo, perchè diventi presto una consolante realtà a conforto di quei nostri Confratelli ed al maggior bene delle anime di tanti cari giovanetti.
I COOPERATORI SALESIANI di Casale Monferrato.
Numerosissimi si raccolsero, il giovedì 27 aprile, nell'artistica e vasta chiesa parrocchiale di S. Domenico, gentilmente concessa dal degnissimo Rettore D. Eugenio Notte, per ascoltare la parola del nostro conferenziere Don Tommaso Pentore ; il quale dimostrò anzitutto « quanto il Cooperatore Salesiano debba gioire di partecipare colla tenue sua offerta al bene che i Salesiani vanno operando coi loro Istituti a favore della gioventù, sia riguardo alle scienze, che in riguardo alle arti, sia nel campo delle missioni fra i selvaggi che nella cura dei lebbrosi e di ogni qualsiasi infermità corporale o spirituale. A vivi colori dipinse i benefici frutti che raccolgono dalle loro imprese, e sacerdoti e laici e suore, colle sovvenzioni dei Benefattori e dei Cooperatori alle molteplici svariate Opere Salesiane. Passò quindi ai doveri di un vero e buon Cooperatore Salesiano, il quale deve mantenersi fedele e sincero cristiano, ed adempiere tutti e singoli i precetti della sua religione augustissima, non solo per conto proprio, ma onde potere col suo esempio e co' suoi saggi consigli dall' esempio avvalorati, conservare, propagare, avvalorare nel seno della propria famiglia, di mezzo agli amici e conoscenti, lo spirito religioso, ed i perversi ancora ridurre sul buon sentiero del giusto, dell'onesto, della santità. E di qui nello slancio del suo ardore per la gioventù abbandonata traeva argomento per insinuare e provare quanto necessario sia per Casale di veder sorgere infra le sue mura un Oratorio festivo maschile, se non si vuole più tardi piangere, ma inutilmente, sui traviamenti dei giovanetti lasciati nell'ignoranza religiosa, in preda alle proprie malnate passioni. Inculcò il dovere di sovvenire, sostenere, propagare la buona stampa per mezzo di giornali e libri per elevare un argine alla irrompente fiumana dell'empietà, che si va a larga mano spargendo dalla stampa infernale ed, a preferenza, di mezzo appunto alla incauta gioventù. La sua parola disinteressata, calda, animata, tutta ispirata al bene della gioventù, destò entusiasmo, e noi speriamo che presto l'Oratorio festivo maschile in Casale abbia ad essere un fatto compiuto (Dal Corriere di Casale del 5 maggio.) ».
Prima e dopo la conferenza i giovani cantori del fiorente Collegio di Borgo S. Martino fecero gustare soavi melodie, strappando lagrime di tenerezza a più d'uno degli uditori ed alti encomii per la squisita educazione che ricevono dai figli di D. Bosco.
A loro, come pure agli amati loro Superiori porgiamo vivissimi ringraziamenti anche a nome di tutti i Cooperatori Casalesi pel valido contributo che ogni volta danno pel buon esito della Conferenza Salesiana.
Pollantea Oratoria. - Pubblicazione periodica di sacra eloquenza diretta da Mons. Can. Mario Mineo Janny sotto la protezione dell'E.mo Card. Celesia, Arcivescovo di Palermo.
Abbiamo ricevuto i primi fascicoli di quest'anno, e mentre ringraziamo l'esimio direttore Mons. Mineo Janny, della generosità usataci in favorirci il cambio, la raccomandiamo ben di cuore a tutti i Sacerdoti nostri Cooperatori. Con sole cinque lire annue si possono avere due fascicoli mensili di argomenti predicabili sempre corrispondenti ai bisogni attuali della società
Del resto i 20 anni dell'esistenza di questa pubblicazione ne sono la miglior raccomandazione. Noi vorremmo poter avere tutta la colleziono perchè saremmo sicuri di possedere un nuovo tesoro oratorio. Per abbonamento rivolgersi al Sig. Cav. Pietro Sofia Meti. Palermo, via Cuba, u. 49, p. 2°.
Il Promotore della divozione verso S. Giuseppe, Patrono della Chiesa Cattolica. -Periodico Mensile illustrato con appendice di materie dilettevoli, istruttive e predicabili. - Abb. L. 3 annue. - Dirigersi al R mo Don Giuseppe Maria Serio, via S. Gennaro a Materdei, 15, Napoli.
La nostra Libreria Ed. di. Torino ha pubblicato coi tipi della Scuola Tipografica Salesiana di San Benigno Canavese una novità assoluta che ci facciamo un dovere di tosto annunziare ai nostri lettori sicuri di far loro cosa graditissima.
L'artistica fototipia della copertina - che qui a lato riproduciamo - sotto il titolo « In Israele » rappresenta una vallata lussureggiante di orientali palmizi ed ubertosi pascoli, circoscritta da altissime montagne, dietro le quali si eleva un sole luminoso che viene con la vivezza degli innumeri suoi raggi ad illuminare e vivificare tutto il panorama. In mezzo alle fiorite zolle di quest'amenissima valle, il cuore della terra promessa ad Israele, e nelle vicinanze di Betlemme, sta ritto in piè mi uomo dal truce aspetto, cogli occhi, spiranti odio feroce, fissi in un lontano orizzonte, in atto di mirare un personaggio che pronunzia una sentenza, ed ai suoi piedi sono scolpite queste parole uscenti dal labbro di lui: - Sento ancora in fondo al cuore l'eco lontana d'una più lontana promessa. -
Questo quadro racchiude tutto il concetto fondamentale dell'originalissimo nuovo lavoro. Ne è autore il Sac. Giovanni Minguzzi, Salesiano, già noto nel campo dell'arte drammatica per il suo commovente dramma in 5 atti « Generoso perdono », e sopratutto per la « Vittoria di S. Luigi Gonzaga » dramma in 3 atti che l'autorevole periodico « La Civiltà Cattolica » disse un vero gioiello d'arte. Egli, scostandosi intieramente dalle mille, ma troppo semplici rappresentazioni - che sino ad oggi soleansi dare in occasione del Santo Natale - metto in scena con forma ed intreccio affatto nuovo, i tempi della nascita di Gesù Redentore.
L'odio implacabile di Satana, raffigurato nel truce personaggio sculto sulla copertina, le sue astuzie per sedurre, sotto le sembianze di nobile persiano, gli incauti; i pregiudizi che gran parte dei Giudei avevano intorno al futuro Messia ed il suo regno, la crudeltà di Erode nella strage degli innocenti e la gioia infernale di Satana per questa carneficina, che poscia, sfidando l'Eterno, si sprofonda in un vortice di fiamme, fanno mirabile contrasto con la vita buona e semplice dei pastori Betlemiti, con l'annunzio angelico del grande avvenimento, con la prodigiosa venuta dei Magi d'Oriente, con la fuga miracolosa del nato Messia e con la finale apoteosi del Cristianesimo coi martiri fanciulli e gli angeli portanti la croce.
L'azione, rapida e grandiosa sempre, si svolge in tre atti ed ha luogo nella valle dei pastori e nella reggia di Erode. Continui mirabili contrasti rapiscono lo spettatore e gli ricercano lo più intime fibre del cuore, conducendolo in un continuo crescendo di ancor più intimi affetti.
L'amor figliale ha il suo nobile trionfo nel salvare il padre dalle insidie del seduttore; la virtù semplice dei pastori nello benedizioni del divino Infante ed il delitto nella punizione divina dei persecutori. Insomma tutto è con bella maestria condotto ed è uno di quei pochi drammi che, allettando al sommo, sommamente istruiscono.
Noi l'abbiam visto più volte nello scorso gennaio, sulle scene del nostro teatrino di Valdocco, gremito sempre di più migliaia di intelligenti spettatori, e l'impressione profonda che produceva sull'animo dei nostri giovanetti, nonchè gli applausi frenetici e più di tutto le lagrime, che imperlavano le gote di tante gentili spettatrici e spettatori, ben ci dicevano tutta la potenza che l'autore ha saputa imprimere a queste scene.
Inoltre questo dramma è un'assoluta novità per l'edizione ricca di finissime fototipie (di cui noi diamo qualche, saggio in questo numero) e per la modicità del prezzo: costa solo L. 0,60.
Aggiungiamo ancora che questa è un'edizione unica, perchè dopo passerà a coprire un numero esaurito della Collana delle Letture Drammatiche. Le case di educazione quindi che desiderano possederla per il prossimo Natale, siano sollecite a procurarsela prima che l'edizione venga esaurita