ANNO XV. - N. 7. Esce una volta al mese. LUGLIO 1891
DIREZIONE nell'Oratorio Salesiano -Via Cottolengo, n. 32, TORINO
Solennità di Maria Ausiliatrice in Torino ed in altre città. Il Cardinale Gaetano Alimonda, Arcivescovo di Torino. Notizie dei nostri Missionari - Lettera di S. E. R. Mons. Giovanni Cagliero. Il Sac. Giovanni Bonetti. Conferenze salesiane. Grazie di Maria Ausiliatrice. Don Rua in visita alle Case Salesiane. Viaggio dei Missionari Salesiani alla Colombia (Seguito). Di alcuni lavori decorativi nel Santuario di Maria Ausiliatrice. Notizie varie. Salute e medicina. (Bibliografia). Cooperatori defunti. Avviso postale.
Le feste a Torino.
Lodate Maria, - O lingue fedeli; Risuoni ne' cieli.- La vostra armonia.
Lieti e giocondissimi furono per noi i giorni 24 e 25 dello scorso Maggio, che consacrammo con pompa solenne alla Vergine Ausiliatrice.
Maria! Oh nome soavissimo e potente ! Erano i figli convenuti da mille paesi che la invocavano sotto le maestose volte del Santuario Torinese, e l'augustissimo nome veniva ripetuto tra gli evviva del cuore dai fratelli lontani. Dalle superbe alture di Bogotà e di Quito alle Pampas della Patagonia ; dalle popolose città di Parigi e Londra alle isole Malvine ed allo stretto di Magellano ; dal Mediterraneo al Pacifico, da Roma all'incipiente Cristianesimo dell'isola Dawson echeggiarono mille volte in quei dì i festosi concenti e le ferventi invocazioni alla Celeste Regina.
In mezzo allo spettacolo imponente dell'immenso affollarsi di popolo al tempio di Maria, nei momenti più sacri dei solennissimi riti, sotto le impressioni divine di tanta fede e divozione ricordavamo il passato. E come non ricordarlo?
Eran cinquant'anni che un umile prete ascendeva per la prima volta il santo altare, e sollevando l'Ostia santa di pace e di amore invocava Maria.
In Valdocco non v'erano che prati abbandonati e misere casucce. Poi quel sacerdote si occupò di giovanetti poveri ed abbandonati, li raccolse sotto l'invocazione di Maria, ed oggi i prati di Val docco sono coperti da grandi monumenti di cristiana carità, e dove un giorno non regnavano che lo squallore e la miseria, ora sorge il maestoso tempio di Maria Ausiliatrice !
Oh D. Bosco! D. Bosco! Sospirammo per lunga stagione il giorno del tuo giubileo sacerdotale. Sperammo per più anni vederti tra noi fino a questo faustissimo di Iddio nol volle.
Ma pure come dimenticarti all'altare di Maria in tanta occasione? Come non ricordarci di te nel tempio che la tua pietà seppe erigere così grande e maestoso alla gran Vergine Ausiliatrice?
Di te ci ricordammo e pregammo per te. Di te si ricordarono e gli oratori ed il popolo, i venerandi vescovi ed il clero tutto nelle preci ferventi, i figli, gli ammiratori e tutti gli amici tuoi.
Da te avevamo imparato il grido di Evviva Maria Ausiliatrice, e l'abbiamo ripetuto col medesimo ardore di fede e di amore come le prime volte che l'udimmo da te. Tu guidasti noi ed il popolo dei devoti per anni molti a celebrar la festa della Gran Madre di Dio, e noi ci siamo intervenuti ora dome quando tu ci eri maestro e duce.
Abbiam onorato Maria e sentimmo altra volta come sia dolce l'invocarla e mantenersele sempre affezionati figli e ripetemmo con sincero affetto l'antico canto:
Noi siam figli di Maria,
Lo ripetan l'aure e i venti, Lo ripetan gli elementi. Con piacevole armonia, Noi siam figli di Maria.
Ottimi e pregiatissimi giornali di Torino, Milano, Genova, Venezia, Brescia, ecc., ecc. pubblicarono diffuse relazioni delle nostre feste. Noi ne ringraziamo di tutto cuore i direttori, redattori e corrispondenti che si occuparono per tal modo di quanto abbiam tentato di fare per la celebrazione di feste a noi tanto care.
Riporteremmo qui di buon grado i loro articoli e per intero, se lo spazio ce lo permettesse, ma invece ci dobbiamo limitare a riprodurne appena qualche tratto e solo di qualcuno.
La festa. (Dall' Unità Cattolica).
Abbiamo avuto la fortuna di assistere all'imponente festa di Maria Ausiliatrice. Non c'era Don Bosco, ma lo si vedeva vivo vivo nella mente, nel cuore de' suoi figli ; il suo spirito aleggiava pel vasto tempio. Quell'ammasso di voci che partiva dall'orchestra ci trasportava alle più serene e incantevoli visioni. Quelle angeliche armonie del Palestrina, così maestrevolmente eseguite, arieggiavano quelle dei cantori della Cappella Sistina di Roma. Commoventissimo il raccoglimento, la divozione del piccolo clero. Pontificò Sua Eccellenza Mons. Valfrè, vescovo di Cuneo ; e fu madrina della festa quell'illustre e piissima gentildonna, che è la contessa Callori.
Il vasto tempio fu gremito di gente dalle tre del mattino, e sin quando non si chiuse non cessò la folla. Era cosa imponente e che strappava le lacrime il vedere la moltitudine compatta rimanersi disagiata in piedi, eppure silenziosa , divota , rapita innanzi al quadro della Vergine. Quante pure preghiere non salirono al trono della Regina dei cieli!... Ah! coloro che dicono Torino miscredente, avrebbero dovuto portarsi l'altro giorno a Maria Ausiliatrice.
Siamo rimasti edificatissimi della divozione d'un fanciullo di alto lignaggio, che colle mani giunte e immobile rimase molto tempo prostrato all'altare. - Là vi era rappresentata ogni classe della società : dalle spalline del generale all'umile tonaca del frate; dalla dama di Corte alla povera contadina che , partita la notte dal paese, si recava in pellegrinaggio a sciogliere il voto.
Abbiamo ammirato l'altare maggiore coperto di migliaia e migliaia di cuori d'argento. Durante le funzioni, che si ripeterono il lunedì seguente, spiccavano alla balaustra grandi bandiere di Società cattoliche italiane e francesi. Fummo invitati al servizio delle sacre funzioni. La sera, quando dopo la benedizione del Santissimo scendevamo l'altare, abbiam veduto una moltitudine sterminata che si stendeva dalla balaustra al fondo della piazza. Erano i divoti prostrati, ed a stento rattenemmo un singulto, che ci saliva dal cuore e ci faceva nodo alla gola. Uscendo dal sacro tempio, ci apparve la cupola brillante di mille variopinte fiamme, e unimmo il nostro grido d'entusiasmo al grido della moltitudine : - Viva Maria Ausiliatrice ! -
La predicazione.
(Dal Corriere Nazionale).
Predicò il mese Mariano fin dal 23 aprile p. p. nella chiesa di Maria SS. Ausiliatrice il sacerdote Salesiano D. Tommaso Pentore, e tale fu il concorso dei fedeli durante tutto il mese e più nella novena, che ben indicava come quella eloquenza facile, alla buona, senz'ombra di pretesa, ma nutrita e corroborata di studii e di ragioni, valesse alla persuasione della mente ed all'emendazione del cuore.
Dopo aver richiamati i suoi uditori nel corso del mese all'imitazione delle virtù della B. Vergine, nella novena svolgeva i seguenti argomenti
1° Maria fu con Gesù corredentrice del genere umano ; e siccome i benefizi della Redenzione sono riposti nella Religione, parlò fin dal primo giorno della necessità della Religione nell'individuo, per conoscere la scienza pratica, ossia la scienza della vita, per acquistare la virtù , per sostenere le lotte contro la sventura in questa valle di lacrime.
2° Necessità della Religione nella famiglia, giacchè essa sola insegna a ciascun membro i propri doveri. Dipinse coi più spiccati colori i quadri delle due famiglie religiosa ed irreligiosa.
3° Necessità della Religione nella società. La società ha bisogno di autorità per far leggi che difendano i cittadini, gli uni dai soprusi degli altri ; di giustizia, perchè queste leggi vengano eseguite. Ora l'autorità può solo venire dalla Religione che insegna Omnis potestas a Deo. Le leggi umane non vegliano se non sulle azioni aperte, non in quelle occulte ; puniscono la colpa, non la prevengono ; lasciano al cuore tutta la sua malvagità. La Religione va fino al cuore, tocca la coscienza e vi innalza un tribunale, dinanzi a cui chiama le azioni, le giudica e le arresta ancor prima che si manifestino. La Religione sola può inspirare l'abnegazione ed il sacrifizio necessari per formare una buona società. La Religione scioglie la gran questione sociale, col mettere ciascuna classe di cittadini ne' suoi veri termini.
4° L'oratore si fa l'obbiezione : come è possibile che la Religione sia necessaria alla società, se dessa è contraria all'amor di patrial Dimostra come non vi possa essere vero amor patrio senza Religione, e con calda parola richiama le nostre glorie italiane in prova del suo assunto.
5° Tutte le religioni sono buone. Dimostra quanto sia assurda questa proposizione, e stigmatizza giustamente certi strani pensatori de' giorni nostri, che con tale scusa non praticano alcuna religione, o meglio s'attengono solo a quella del vitello d'oro.
6° Quale la vera Religione? Risponde con gli argomenti più forti che ci provano la divinità del Cristianesimo cattolico.
7° Dimostra i benefizi del Cristianesimo , dipingendo gli orrori del paganesimo , idolatria , barbarie e schiavitù ; e la mirabile trasformazione operata dal Cristianesimo rigenerando la mente ed il cuore dell'individuo, consacrando la famiglia, diffondendo la carità nel mondo.
5° Miseranda condizione della società presente considerata nel suo stato religioso, morale e sociale. Chi può salvarla? Maria.
9° Maria salute del mondo.
Il giorno 25 tesseva il panegirico della Beata Vergine l'eloquente oratore D. Elena da Brescia. Fu un vero fiume di mirabile facondia e di profonda dottrina.
La musica.
(Dalla Musica Sacra di Milano).
La festa di Maria Ausiliatrice del 1891 formerà una pagina d'oro nei fasti della musica sacra di Torino. L'esecuzione della celebre Messa Papae Marcelli del sommo Palestrina costituisce già di per sè un avvenimento ; eseguita poi da una massa imponente e disciplinata di 230 cantori, come per ben due volte in due giorni consecutivi venne eseguita nella chiesa dei Salesiani, è stato più che un avvenimento, un vero trionfo.
Dire dei pregi, delle bellezze, delle ricchezze immense di questa composizione non si può senza che dessa ne scapiti , perchè Tanto operi nullum par elogium. Questa Messa è ciò che di più elevato, di più sublime, di più celestiale si possa concepire in fatto di musica eminentemente religiosa
Quell'entusiasmo che ridestò allora quando per la prima volta venne eseguita in Roma innanzi alla Commissione dei Cardinali e del Consiglio artistico, lo ridesterà sempre in tutti coloro che non abbiano smarrito affatto, insieme col sentimento religioso, ogni gusto artistico. Quanto all'esecuzione i soprani e i contralti furono sempre all'altezza della lor fama ; bene equilibrati i cori ; interpretazione giusta ; finezza di colorito, senza cadere nell'esagerazione ; sicurezza negli attacchi; affiatamento perfetto
Una parola di meritata lode va detta altresì all'egregio tenore cav. Pasini di Brescia, il quale da vero artista ha saputo, dirò così, sacrificare la potenza della sua voce alle esigenze della musica palestriniana, ed ha eseguito nei soli la parte di tenore con una finezza ed una maestria superiori ad ogni encomio. Così si poterono gustare le bellezze del sestetto nel Christe e dei due quartetti del Crucifixus e del Benedictus, che sono veri gioielli.
Per una felice combinazione, alle glorie artistiche di questa festa s'intreccia altresì un nome illustre, un nome assai bene conosciuto nel mondo musicale, il nome del compianto M°. cav. Giulio Roberti....
I suoi salmi pel Vespro rivelano robustezza di genio, squisitezza di sentimenti ed una coltura musicale non comune. Lo stile non è severo, ma corretto sempre e grave ; e in tutti i salmi aleggia sempre un fare così elegante e nobile che innamora. Venne pure gustata e lodata assai l'Ave Maria del maestro cav. Remondi, coro a quattro voci senza accompagnamento. È un lavoro di stile moderno, ma molto ben fatto e di gusto squisito... (1)
Lavoro stupendo è il Tantum ergo a sei voci del Tomadini. Sebbene in qualche frase del Genitori difetti un tantino di gravità , però rivela nel complesso il cultore profondo delle armonie palestriniane
Il canto Gregoriano. (Dall'Osservatore Cattolico di Milano).
- L' Introito, il Graduale ed il Communio furono in canto gregoriano accompagnato leggermente dall'organo. Noi crediamo che fosse allora a molti come rivelata per la prima volta la vera natura , la eccellenza e la incredibile efficacia delle melodie gregoriane ; con quanta ragione la Chiesa lo tenga e proclami il più degno interprete della sua mente e del suo cuore ; come i più grandi musicisti di ogni tempo lo abbiano encomiato di somme lodi. Il canto gregoriano udito il 24 maggio in Valdocco apparve veramente quello che egli veramente è, quanto di più grandioso siasi creato nella lingua dei suoni, un concento celeste, pel quale il sentimento della divina presenza ci dìventa più intimo, il soffio dello Spirito Santo aleggia d'intorno sempre più sensibile e manifesto. Intonava i varii passi una voce di basso e seguivano un vivace coro di soprani con voci sì diafane, così flessibili , così limpide e purgate ch'era una meraviglia. L'organo toccato leggermente nei soli principali, formava come il campo oscuro sopra il quale la melodia si disegnava netta e spiccata che non se ne perdeva un apice solo. Da quel gruppo di soprani moveva un canto nobile e dolce, il quale condiva le note di grazia e scendeva così bene al cuore che tutto lo serenava. Allora si fé palese come i lavori stessi del Palestrina, così splendido e sublime, possano togliere le loro ispirazioni dalle melodie gregoriane , se ne riempiano ed accendano di spiriti musicali, se ne rifioriscano e adornino come sempre con tutta verità si è affermato. -
L'egregio giornale fa inoltre una rivista completa di tutta la musica eseguitasi il giorno 24 e ripetutasi nel seguente. E dopo aver fatte con particolare affetto sincere congratulazioni col maestro Salesiano sig. Giuseppe Dogliani pel felice esito onde furono coronate le sue fatiche, applaude a quanto si fa da noi pel rifiorimento della musica sacra.
D'ogni cosa noi diamo gloria a Dio ed alla Beata Vergine, ben contenti se ci è dato di far del bene alle anime anche colla musica, secondo lo spirito e l'esempio dell'indimenticabile nostro Padre D. Bosco.
(1). L'illustre tenore Cav. Pasini, il valente maestro ed organista Cav. Remondi e tutti gli altri egregi artisti e benefattori nostri che ci vennero in aiuto nell'esecuzione della musica in queste, ed in altre feste, posero l'opera loro con disinteresse commendevolissimo ed unicamente per divozione a Maria Ausiliatrice ed affetto dell' arte. Si abbiano nuovamente e pubblicamente i nostri più vivi ringraziamenti. La Beata Vergine ne li ricompensi quanto lo desiderano i nostri cuori.
Dicono che la gratitudine sia una virtù tanto più bella, quanto è più rara nel mondo...
Sarà... ma se si mette piede nell'Istituto od Oratorio dell'Immacolata, credo che ciò non si troverebbe avverato.
Vedere quelle tante e tante ragazze, e non piccole soltanto, ma molte alte al pari di me, raccogliersi là le domeniche , le feste e in questo Mese di Maggio, non è bellissimo spettacolo? E che dimostra? Che noi lo amiamo quel luogo e professiamo gratitudine a chi ci fa del bene. E come non amarlo, quando ce lo rendono sì caro per ogni verso?
Nella cappella quel bravo Prof. Terreno, il direttore, da buon padre ci mette sempre sott'occhi le verità che a noi più sono necessarie, e sempre in modo da farsi sentire volontieri, sia che colla sua parola soavemente diletti, sia che salutarmente atterrisca.
Fuori.... ah ! fuori vi è quella buona Direttrice... chi non le vorrebbe bene? Essa vorrebbe farsi in mille per istare con ciascuna di noi, per tenerci allegre tutte, per dire a tutte una buona parola... e insieme pensare al convitto, al laboratorio, alla Casa insomma. Eppure ci riesce colla sua attività instancabile, col suo senno pratico e col garbo suo particolare. Tanto più poi che a lei è unito per coadiuvarla a meraviglia quello stuolo di suore che « vere figlie di Maria Ausiliatrice sono state dalla Vergine mandate qui, perchè collocandosi al nostro fianco ci servissero da Angioli suoi coadiutori per condurci nel retto cammino ». Che bel pensiero eh ? Ma appunto perchè è bello, non è mio, ma di Monsignor Vescovo. L'abbiamo udito la domenica scorsa (24 maggio) nel nostro Oratorio, dove abbiamo celebrata la Festa di Maria Ausiliatrice e insieme fatta la chiusa del Mese di Maggio.
Che bella festicciuola ! Al mattino Comunione numerosissima e funzione commovente, che inteneriva fino alle lacrime, celebrata da quel Monsignor Magni, che già ci aveva nelle sere del Mese fatta sentire la sua parola - semplice e persuasiva, la quale come partiva dal cuore, così andava subito in cerca del cuore. Alla sera Monsignor Vescovo assistè ai Vespri solenni, dopo i quali si rivolse a parlare a noi.
Che disse? Tante cose che io già non sono stata capace di tener tutte a memoria; ma ben ricordo quelle surriferite e il più importante. « Volete, ci disse, essere proprio figlie di Maria Ausiliatrice? Fate tre cose: 1. Abbiate a lei speciale divozione e continua.. 2. Fate il bene per amor di lei vostra Madre. 3. Fuggite il male per non addolorarla. E a quegli Angioli che vi ha mandato portate amore e gratitudine. » E dopo ci diè la benedizione col SS. Sacramento. Ed era finita la festa?
In Chiesa, sì; ma una volta fuori, suoni, canti, poesie e salti e poi luminarie... insomma allegria. Oh che? Credono forse che noi non sappiamo stare allegre all'Oratorio? Ma anche se non si avesse voglia, bisogna divenire allegre. In mezzo a quel brio, a quella gioia pura, a quelle tante compagne tutte del medesimo pensiero, con quelle suore così piacevoli... via è impossibile non godere vera allegria !
Il Vescovo e quanti lo accompagnavano e le distinte persone, che vollero assistere alla nostra festicciuola , furono soddisfatti pienamente... E sopratutto poi eravamo soddisfatte noi, come lo siamo sempre là dentro. E dico noi, perchè parlo anche a nome delle mie compagne assidue all' Oratorio. Prima di conoscerlo, avevano anche noi un pochino di diffidenza per l'Oratorio; ma provatolo, ne siamo entusiasmate, perchè là s'impara a lavorare, a studiare, ad esser buone e nello stesso tempo s'impara la maniera per essere veramente allegre.
Una giovane Oratoriana. A Catania.
- Quanto divota, altrettanto bella riuscì il 24 corrente la festa che si suol celebrare ogni anno ad onore di Maria SS. Ausiliatrice nella Chiesa ed Oratorio di S. Filippo Neri in Catania. La Messa di Maria Ausiliatrice , a tre voci , di Mons. Cagliero molto felicemente eseguita, lo stupendo panegirico con brio, dottrina ed unzione singolare recitato dal Sac. Salvatore Puglisi, la bella sfilata del piccolo Clero e l' edificante contegno delle parecchie centinaia di giovanetti dell'Oratorio, i quali quasi tutti, ed una ventina per la prima volta, si accostarono alla Eucaristica Mensa, furono tale uno spettacolo da visibilmente commuovere gran parte degli astanti accorsi sin dalle prime ore del giorno alla sacra solennità.
Ma il caro entusiasmo di quei giovani cuori ancor più vivamente spiccò la sera, allorquando nel teatrino, come diceva la bella epigrafe innalzata sull'ingresso, vollero festeggiare il primo cinquantenario dalla sacra Ordinazione del Sac. Giovanni Bosco.
Il trattenimento ebbe principio con alcune poesie e dialoghi di occasione avanti al ritratto del benemerito educatore della gioventù e colla graziosa e simpatica romanza : « il Fiorellino, » composta dal giovane sig. Antonio Savasta Virgillito, ed eseguita con espressione e rara dolcezza dal sig. Raffaele Auteri.
Seguì poi lo spettacoloso dramma in 5 atti, le Pistrine, del Sac. G. B. Lemoyne, intercalato dal duetto : Israele, che vuoi ? ecc. con la cabaletta: Trema, o Steno ecc. dell'opera Marin Faliero del Donizetti, con grande precisione ed arte eseguito dai Sigg. Francesco Valora e Silvestro Sanfilippo, ed inoltre da altri fiori poetici in varie lingue e in dialetto, i quali pure riscossero ben meritati applausi.
(Dal Zuavo, periodico di Catania). A Faenza.
Un ammiratore Faentino scriveva all' Osservatore Cattolico di Milano
La Chiesa dell'Istituto Salesiano di questa città, la Domenica 31 Maggio, era stata splendidamente addobbata, con ricco padiglione per la festa di Maria Ausiliatrice, Patrona principale dei Salesiani.
Celebrò la Messa della Comunione generale Mons. Francesco Baldassari, degnissimo Vicario della Diocesi. Molti furono i fedeli e giovani dell'Oratorio festivo che si accostarono ai SS. Sacramenti fino dalle prime ore del mattino.
Abbiamo ammirati i soavi mottetti cantati da quei bravi giovanetti con voci veramente angeliche. La Messa del Mitterer ed i Vespri della sera furono dai medesimi eseguiti con tale maestria e precisione, da riscuotere gli applausi non solo dal semplice volgo, ma pur dagl' intelligenti. La Messa solenne era celebrata dal Rev.mo Can.° Pietro Ghetti ed i Vespri dall'ottimo Canonico Ludovico Conte Tallandini di Bagnacavallo. La folla a tali funzioni era tanta che non capiva più in Chiesa, e se ne stava fin sui gradini della porta d'ingresso.
Il M. Rev. Sig. Prof. D. Domenico Conti, giovane sacerdote e valente oratore imolese, che predicava la Novena del S. Cuore di Gesù nella Chiesa del Carmine di questa città, invitato la sera precedente, si degnò rivolgere ai giovani ed al popolo Faentino un breve discorso, riscaldando tutti i cuori colla eloquente ed affettuosa sua parola, infervorandoli maggiormente alla divozione verso sì buona Madre e potente Patrona Aiuto dei Cristiani.
Chiuse la cara funzione il M. R. Sig. Parroco D. Aristide Botti, priore dei Parroci della città, colla benedizione del SS. Sacramento. Di poi il concerto dell'Istituto in apposito palco nell'ampio e verdeggiante cortile rallegrò colle melodiche sue sinfonie i molti forestieri accorsi alla festa.
In Alì Marina presso Messina.
La stessa Domenica , 31 Maggio, si celebrava pure e per la prima volta la festa di Maria Ausiliatrice in Ali Marina presso Messina, nella Chiesa delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Queste suore, stabilitesi colà da alcuni mesi, dopo aver iniziato l'Oratorio festivo, scuola e laboratorio, ai quali accorrono tutte le ragazze del paese , dovettero , malgrado la ristrettezza del locale, adattarsi ad ammettere all'istruzione religiosa, in classi separate, anche i giovanetti, tante furono le suppliche e le insistenze de' parenti, perchè di loro pure si prendessero cura. Oh ! sante e lodevoli, insistenze ! Ora si ha il piacere di vedere ogni domenica e festa una sessantina di ragazzi pendere attenti e docili dalle labbra delle Suore catechiste, che loro insegnano a conoscere , amare e venerare la nostra santa Religione e la pratica dei proprii doveri.
Il mese di Maggio di quest' anno fu il primo che si consacrasse a Maria con pompa speciale in quel ridente paesello. Quei buoni abitanti tutte le sere accorsero in gran numero alla recita del Rosario , al discorsetto tenuto dal Rev. D. Chiesa , Direttore dell' Oratorio di Catania, ed alla Benedizione del SS. Sacramento. Era bello e commovente udire quel coro di voci robuste , cantare unissoni le lodi della Vergine Ausiliatrice !
La vigilia della festa grande fu il concorso al Tribunale della Penitenza, e l'indomani numerosissima la S. Comunione , specie di giovanetti e giovanette. Prima di distribuire il Pane Eucaristico , il sullodato D. Chiesa rivolse fervide parole di zelo e di incoraggiamento. Ed oh ! quanto era commovente vedere quella numerosa schiera giovanile in devoto contegno circondare il sacro altare per ricevere il Cibo dei forti. Adulti e vecchi nell' emozione del cuore con vivo entusiasmo andavano ripetendo : - Quando mai si videro feste sì belle in Alì ? Benedetti Salesiani e benedette Figlie di Maria che si occupano dell'istruzione, dell' educazione religiosa della nostra gioventù ! -
NB. - Nel prossimo settembre si aprirà regolarmente in quel bel paese il Collegio-convitto femminile già annunziato nel Bollettino d'Aprile.
Il mese di maggio sotto un portico. Da Este. - Un buon Cooperatore Salesiano, che conduce in affitto una grossa campagna qui vicina, diede della sua divozione a Maria SS. sì bella testimonianza, che non posso tacerla a edificazione ed esempio di quanti amano la Regina de' Cieli.
Sotto il portico della sua cascina già da tempo fu dipinta una immagine di Maria SS. Egli si pensò di accendervi accanto alcune candelette, ed ogni sera radunarvi innanzi la famigliuola sua e i suoi soggetti a una qualche pratica divota in onore della Vergine benedetta.
Come pensò, così eseguì. Le prime sere erano quei di famiglia; ma poi i vicini campagnuoli traevano numerosi ed assidui molto più che si potesse dapprima pensare. Il buon Cooperatore, -tutto lieto di questo concorso, ogni sera intonava una lode, poi recitava il Rosario, faceva la lettura del mese Mariano, e finiva col canto delle Litanie Lauretane, e qualche vecchierella poi vi aggiungeva dei Pater e dei De profundis, sicchè il tutto durava all' incirca più di un' ora. Si principiava alle otto, dopo i lavori della giornata, e si finiva scoccate le nove.
Per tutto il mese non mancò la costanza a nessuno, e a coronarlo andavasi studiando una qualche maniera di solennità. Il buon Cooperatore si diè attorno. Venne al nostro Collegio Manfredini a pregare il Direttore che gli lasciasse l'harmonium e due cantori col maestro di suono; pregò il Cappellano di andare a tenere un discorsetto. Ottenne tutto quanto domandò; e l'ultimo sabato di maggio, giorno 30, sotto quel rustico portico si celebrò la chiusa del mese di Maria, da quei semplici cuori che l'avevano colà onorata per tutto il maggio.
Bisognava vedere il portico così ben trasformato da pigliarsi quasi per una vera cappella. Era stato sgombro tutto e riempito di ordinata fila di panchine e di sedie ai lati bianche lenzuola e coperte chiudevano e coprivano le pareti; in faccia, sotto la immagine della Vergine bella, s'era improvvisato un altarino adorno di mille fiori ; in fondo si era collocato l'harmonium e stavano i cantori.
Il Cappellano tenne ai convenuti un bel discorsetto, quale gli uscì allora dal cuore commosso. Eh, sì che bisognava lasciarsi commuovere. Veniva proprio voglia di piangere tra quella buona gente, tutta divota e vestita a festa, come se celebrasse una vera solennità , alla luce di quelle candele e lumi , al suono dell'harmonium, al canto innamorato di quei mottetti alla Madonna. E molti piangevano e più calda e così affettuosa alzavano la loro preghiera alla Celeste Madre, che certo non potè non gradire quell'amoroso ossequio. Tanto fu cara la commozione di quella festicciuola, che già si deliberò di non lasciar più cadere la pia pratica.
Possa questo esempio invogliare altri; chè sarebbero molti, i quali potrebbero in mezzo alle campagne avvivare facilissimamente la divozione sempre confortante e soave del Mese di Maria.
Este, 2 Giugno 1891.
È scomparsa una delle più elette e più poderose intelligenze del nostro secolo; ma quello che è più doloroso per noi, è scomparso l' amico, il benefattore, il padre dei Salesiani.
Il Card. Alimonda nacque a Genova a' 23 Ottobre del 1818, e morì in quella città a S. Francesco d' Albaro il 30 Maggio u. s.
- Egli riuniva in sé, al più alto grado, due nobilissime qualità, che raramente vediamo insieme congiunte, cioè genio e cuore, il volo dell'aquila ed il candor della colomba. Rapiva collo splendor della sua parola, conquideva colla potenza delle sue argomentazioni, ricche di immensa erudizione, vestite di forma sempre splendida, talvolta poetica. Nelle suo Conferenze, che formano 12 grossi volumi, rifulge la dolce armonia della scienza colla fede. È noto come C. Cantù chiamò le dette Conferenze un prodigio di scienza e di erudizione, aggiungendo pure che più stupendo lavoro di apologia religiosa non sorse ancora in Italia, e forse non sorgerà. Un tale elogio va pure applicato alle altre sue opere, quali ad esempio i Ragionamenti sul dogma dell'Immacolata, le Conferente su Lutero e l'Italia, i due volumi de' Panegirici, i due del Mio Episcopato, i 30 opuscoli dei Discorsi pastorali ed accademici, e pur essi quei carissimi racconti che sono Dall'Alba al tramonto e Fiori e Stelle, spiranti cotanto candore e olezzanti così vigorosa freschezza d'affetto vero e sentito.
Poichè più grande ancora della mente, il Cardin. Alimonda aveva il cuore. Chi lo avvicinava, non poteva non sentirsi affascinato da quel suo amorevole sorriso, da quel suo tratto paterno, con cui incoraggiava, compativa, consigliava secondo l'occorrenza. A Genova, ad Albenga, a Torino più grandi dei trionfi della sua eloquenza furono i prodigi che riportò di affetto, eccitando intorno a sè l'amore di tutti, sicchè fu detto senza tema di errare che poteva bene avere avversari, nemici non mai.
Ed ora non è più. Tutti lo hanno pianto, e noi Salesiani non meno di qualunque altro. La morte del Card. Alimonda è stata per noi una vera sventura. Sapevamo quanto egli ci amasse!
Ancora Vescovo di Albenga, accorreva volentieri, ogni volta che era invitato, ad onorare colla sua presenza le accademie e solennità religiose nel nostro Collegio di Alassio, posto in quella Diocesi, e vi prendeva la parola, ascoltato sempre con entusiasmo di figli, come paterno era l'affetto suo verso i superiori e allievi di quell'Istituto, che volle ancora particolarmente benedire negli ultimi giorni di sua vita. Il 29 Gennaio 1879, recitando a' suoi seminaristi il panegirico di S. Francesco di Sales, il principe dei moderni oratori rivolgeva a D. Bosco ed ai Salesiani queste graziose parole:
« E dove te lascio, o mio amico, venerando padre del Clero, Giovanni Bosco? A te giovanetto il Sales si rivelò ; e da lui prendesti il sapere amabile, la santità carezzevole, tutto il corredo delle dolci virtù cristiane, che tanto onore ti fanno. Prendesti da lui il concetto e lo spirito della tua benemerita Congregazione dei Salesiani. Io la vidi nascere e dilatarsi, come una pianta di paradiso trasferita in terra, simile in tutto al crescere e dilatarsi dei beati monasteri della Visitazione. S. Francesco di Sales rivive e moltiplica in te, e per te rivive e moltiplica nella comunanza civile. Questo tributo di lode io ti debbo per isfogo di gratitudine, imperocchè dell'opera solerte de' tuoi figli si giova e s'allieta la mia dilettissima Diocesi; ma più graziosi encomii e ringraziamenti più degni a te vengono dalla Chiesa Cattolica, a cui nell'Europa e nell'America per l'apostolato de' Salesiani si feconda il grembo di innumerabili fanciulli educati a virtù, di barbari convertiti e di cristiani santificati. » E come questo non fosse ancor sufficeiente alla pienezza del suo affetto, uguali sentimenti ripeteva pochi giorni dopo in un altro panegirico del soavissimo patrono dei Salesiani e de' loro Cooperatori, da lui tenuto nella Chiesa del nostro Collegio di Alassio.
Quest'affetto a D. Bosco ed ai Salesiani sempre più s'accrebbe nel nostro Cardinale. Ne diede chiare prove negli anni passati a Roma, ma più di tutto ancora quando la bontà del sapiente Leone XIII lo regalò Arcivescovo alla città di Torino. Allora noi esultammo di gioia ed il nostro Bollettino Salesiano così ne dava-l'annunzio: « Uno dei membri più illustri, che per ingegno, per sapere, per eloquenza, per pietà, per mitezza d' animo, per prudenza, per ogni sorta di belle doti di mente e di cuore onori oggidì la Sacra Porpora, è senza alcun dubbio il Cardinale Gaetano Alimonda, astro fulgidissimo della Chiesa Cattolica, onore di Genova sua patria, e glorioso vanto dell' Italia tutta. Or bene, quest' uomo, per tanti titoli eminente, quest' uomo che andrebbero meritevolmente superbe di possedere le prime Sedi del mondo, quest' uomo, dico, venne ultimamente dato dal Vicario di Gesù Cristo a Pastore, a Padre dei cattolici Torinesi. Il dono è così prezioso, che il Sommo Pontefice non potè farlo, fuorchè in un trasporto d' amore verso la città della Sacra Sindone e del SS. Sacramento. »
Il nostro Confratello, di cara memoria, D. Giovanni Bonetti per l' occasione della sua entrata nella nostra città riassunse la vita del Cardinal Alimonda in un opuscolo, che fin dalla prima edizione venne stampato in 100 mila copie, e si legge tuttora con particolare trasporto. Riesce impossibile ricordare anche i soli tratti principali, con cui ci dimostrò il suo affetto durante poco più di sette anni, che lo avemmo ad amatissimo Pastore a Torino. Non dimenticheremo tuttavia mai l' interesse che prese verso il nostro amatissimo Padre D. Bosco nell'ultima sua malattia. L'ultima volta, che questi uscì a passeggio, s' incontrò col Cardinale sotto i portici del Corso Vittorio Emanuele, e là successe una scena commovente. Alla presenza di tutti i passanti si abbracciarono con trasporto di tenerezza, e poscia il Cardinale volle accompagnare D. Bosco nella sua vettura fino all' Oratorio.
Dovendo poi sul finir di Dicembre del 1887, quando il nostro buon Padre volgeva al termine della sua vita mortale, recarsi a Roma, venne l' amatissimo Cardinale a vederlo ancora una volta. Lo abbracciò, lo baciò ripetutamente, lo benedisse , mentre il nostro carissimo Superiore protestava innanzi a lui la sua sottomissione all' autorità della Chiesa e il suo volere che i Salesiani fossero sempre e in ogni luogo i difensori del Papa.
A quest' ora essi si sono già incontrati in Paradiso. Caro incontro ! stupendo quadro
Ma al quadro mancava forse la cornice, e il Signore, sei giorni dopo il Card. Alimonda, chiamava pure al paradiso chi aveva tanto lavorato per la Chiesa e per la nostra Pia Società, colui che, qual postulatore della Causa di Beatificazione di D. Bosco, faticava con tanto zelo per la glorificazione del nostro buon Padre, in una parola il nostro confratello e superiore D. Giovanni Bonetti.
Sia fatta la santa volontà di Dio !
Lettera di S. E. R. Mons. Gio. Cagliero. REV.mo E CARIS.mO SIGNOR DON RUA
Terminò l'anno 1890, e con esso terminarono gli esami degli alunni e delle alunne della nostra Missione; si distribuirono i premii; si fecero i ss. spirituali Esercizii, e s'incominciò il nuovo anno scolastico 1891, che qui principia sul declinar dell'estate, ossia alla fine di Febbraio ed al principia di Marzo, e si riprese il cammino delle Missioni.
Ora è giusto che dia una relazione di tutto questo movimento salesiano effettuatosi nella Pampa Centrale, Bahia Blanca, sul Colorado, Rio Negro, Cordigliere, nonchè agli ultimi confini della Patagonia, cioè nella Terra del Fuoco ed Isole Malvine.
Missioni.
Le nostre Missioni prendono ogni giorno maggiori proporzioni.
Don Savio fu incaricato di esplorare l'interno della Pampa Centrale, al Sud-Ovest di Buenos Aires. Anni addietro era stato teatro delle invasioni degli Indii del Caruhuè, sopra le popolazioni della provincia di Buenos Aires, ed ora furono soggiogati dall'esercito Argentino, come quelli della Patagonia.
Egli v'impiegò tre buoni mesi, percorrendone i principali punti già popolati da gruppi di case pastorizie, da nuove Colonie e da una guarnigione di soldati per dar principio alla fondazione di una nuova città, che col tempo sarà Capitale di quel vasto territorio. Superò tutte le difficoltà del viaggio e della rigorosa stagione invernale, e ricavò non pochi frutti dalla sua apostolica escursione. Ora spetta a noi lo stabilire regolarmente quella Missione, edificando Chiesa, Casa e scuole; e tutto questo faremo presto, se presto verrà l'aiuto che speriamo da Torino.
La nuova Casa di Bahia Blanca ultimamente aperta al Nord della Patagonia, ed al Sud-Est della Pampa centrale, è di una importanza straordinaria, sia per la popolazione che è tra i 15 e 20 mila abitanti, sia pel suo porto, giudicato il migliore della Repubblica e sia per la rete ferroviaria, che quanto prima porrà le Provincie Argentine in comunicazione col Rio Negro, Neuquen e Chili.
Al mio passaggio in quella nuova città sia andando, che ritornando dalla mia visita al Brasile, ho potuto vedere la necessità di pre sto aprire scuole, oratorii e laboratorii, per educare fanciulli e fanciulle, unico mezzo per rigenerare quella popolazione, ancor troppo debole nella Fede e troppo libera nei costumi. Chiesi perciò a Don Costamagna in Buenos Aires quattro Suore di M. Aus., che con altre tre mandate dalla Patagonia aprirono il Collegio, già frequentato da oltre 200 alunne. Si vinsero le difficoltà pecuniarie, e diedi ordine al nostro Don Borghino di mettere tosto mano all'edifizio delle scuole ed oratorio per fanciulli, intanto che un Benefattore s'incaricò di innalzarci una bella Chiesa, con gli annessi laboratorii per una Escuela de Artes y Oficios.
Don Lasagna da Montevideo mandò Don Cavalli e Don Isabella, ed io feci il sacrifizio di Don Veneroni, del Ch. Franchini e del nostro capo falegname, Marini, col Catechista Rossetti. Questo personale posto in movimento, farà del gran bene. Gli uni attendono alla Parrocchia, gli altri alle scuole, mentre Don Cavalli visita gli ammalati nell'Ospedale e le numerose Colonie di Italiani, i quali già riuscimmo d unire in Società Operaia Cattolica di mutuo soccorso. La Società di Beneficenza Massonica ha colà sette loggie, compresa una per le donne !
Don Veneroni poi catechìzza le Colonie di Tornquints, formata di Poloni Russi, buoni cattolici; quella della Viticola, del Villarino, del Napostà ed altre sparse nella campagna pel circuito di 40 e più leghe.
Il nostro Don Milanesio, missionario veterano, dopo percorse durante sei mesi le sponde del Rio Colorado, predicando, confessando e battezzando, attualmente sta in Missione sul Rio Negro. Mi scrisse di questi giorni, che sempre trova delle spighe perdute, ossia Indii sparsi nelle Colonie, pùestos ò estancias, formandone buoni manipoli ut congreget in horrea. Gli Indiì lo considerano come loro paysano, e perchè abbronzato come essi, a causa degli strapazzi del deserto, e perchè parla la loro lingua come uno di loro.
Mentre scrivo, Don Stefenelli con un Catechista , Manuel Mendez , un Indio e tre Suore di M. Aus., sono in viaggio per la Missione di Roca, distante 120 leghe da noi, quanto ve n' ha press' a poco da Torino a Roma ; ed a cagione dell'abbassamento delle acque, essendo sospesa la navigazione sul Rio Negro, devono fare tutto questo lungo cammino per terra ed impiegarvi ben 20 giorni. Il loro equipaggio è di 15 cavalli, due cavalieri e due carri, l'uno per le Suore, e l'altro per le masserizie e la casa ambulante, come farina, riso, galletta, etc. ; per via poi troveranno carne ed appetìto.
Collo stesso treno (della carretta) sono pure partiti il nostro Don Luciani e tre altre Suore di M. A. per la Missione di Pringles, ma la loro distanza è solo di 20 leghe, ossia 100 chilometri. Di lì, sino a quella di Choele Choel (70 leghe), li accompagnò il nostro
Don Pedro, mentre Don Roggerone stette di sentinella vigile in Roca, per due mesi, lui solo guardiano della Casa, Missionario, sacrestano, cuoco, maestro e scuolaro ad un tempo, perchè epoca delle vacanze.
I due poveri romiti di Chosmalal, D. Panaro e D. Gavotto, distanti da noi 200 leghe, non poterono prender parte ai ss. spirituali Esercizi e solo comunicano con noi per lettera
In Patagones e Viedma, luogo di nostra residenza, prosperano la Pia Unione delle Figlie di Maria, l'Associazione del. S. Cuore di Gesù, e la Compagnia di S. Luigi; si sta lavorando per istabilire pur quella di San Giuseppe per gli adulti. E bisogna pur dirlo, da una parte e dall' altra, i Salesiani e le Suore di M. A. hanno lavorato assai, e si possono calcolare da 10 a 12 mila le Comunioni nell'anno 1890; ma tutte di signore, fanciulli e fanciulle ! E gli uomini? Fatta eccezione deglì Indii convertiti, di pochi Italiani e di qualche Spagnuolo, negli altri manca la Fede, abbonda il rispetto umano, e l'interesse regna padrone dei loro cuori! Dio, anima, eternità, sono pensieri sterili, e parole vuote di senso per loro ! I cavalli, le pecore, le vacche, i buoi, le lane, i cuoi, sono il loro culto; l'acquavite (caña), l'ubbriachezza (borrachera) ed altre più basse divinità, sono l'oggetto della loro devozione ! Nelle Indie Orientali, S. Francesco Zaverio non potè convertire gli Indiani senza prima convertire i commercianti Europei; e fu questo il più grande de' suoi miracoli ! Noi al contrario troviamo facile convertire i selvaggi, ma non potemmo ancora guadagnare questi trafficanti civilizzati, che quali locuste divoratrici hanno infestato questa terra !
Scuole - Collegi - Oratorii.
una relazione che scriveva all'Arcivescovo di Buenos Aires ed al Ministro dell'Istruzione Pubblica del Governo nel Gennaio di quest' anno, diceva che passavano il migliaio gli alunni e le alunne (di colore bianco, olivastro e nero), che frequentano le nostre scuole o Collegi, come li dicono qui, sparse in diversi punti della Missione.
Gli ultimi esami qui in Viedma riuscirono splendidi, per testimonianza delle stesse Autorità scolastiche del Governo; e le Accademie maschili e femminili, che si tennero nella distribuzione dei premii, presenti molti Ufficiali ed un Generale dell'Esercito Argentino, riscossero molti applausi. Tra i premiati vi furono molti Indii, ed è degno di nota che il primo premio di ricamo, lo guadagnarono nientemeno che due indigene, raccolte nel nostro Ospizio, appartenenti alla Tribù di Yancuche. - Sono in attività le classi di grado superiore e quelle di latino, ed i giovanetti scelti per tali corsi danno speranza di buona riuscita.
Le scuole di arti e mestieri vanno progredendo di giorno in giorno con i nostri trenta piccoli artigianelli, falegnami, fabbri, lattonai, calzolai e sarti. I laboratorii funzionano con alacrità, ed oltre le commissioni esterne, provvedono pure ai bisogni dei molti orfanelli ed orfanelle ricoverati nelle nostre Case.
La piccola Banda Musicale, composta dei nostri Coadiutori, di Indii e di Orfanelli, di cui il maggior numero non tocca i 15 anni, alterna lo studio ed il lavoro diario con pezzi allegri, gravi sinfonie e rumorose marcie. Le sue melodie conciliano il decoro e la devozione nelle sacre funzioni, e servono di onesto divertimento nelle solennità.
Mercè l' operosità dei nostri falegnami e fabbri, si potè condurre a termine il nuovo Collegio di Pringles, con sale ampie e ben ventilate; e spingere molto innanzi l'edifizio nuovo in Viedma di cinque lunghi e larghi saloni per dormitorìo, laboratorio e scuole delle ragazze.
Le alunne ed orfanelle ricoverate nel Collegio femminile di Maria Ausiliatrice, oltre lo studio ed i lavori, si distinguono nella musica vocale, ed i loro canti chiamano l'attenzione anche degli intelligenti, per l'accurata cultura, soavizzando con dolci armonie gli Atti del divin Culto e le accademie religioso-drammatiche.
Così pure gli Oratorii festivi d'ambo i sessi ed i Catechismi sono frequentati come le scuole; ed i regalucci, le lotterie e la ginnastica, sono pur sempre gli allicienti della gioventù, sia essa di Europa o di America, della città o del deserto. I fanciulli ! ecco i fratellini di quei parvuli qui petierunt panem ! e come son fortunati coloro che trovano qui frangant eis!
In Carmen di Patagones le Suore di M. A. tengono aperto tutte le feste un Oratorio speciale per le fanciulle dei negri. I quali qui formano come una casta separata, che vive da sè e poco comunica coi bianchi. Questo fa che nelle funzioni comuni non li possiamo avere in Chiesa cogli altri. Lo stesso succede con gli Indii. L' orgoglio e la vanità mondana di quelli, disdegnano la umiltà e fratellanza cristiana di questi. Laonde ogni Domenica dopo l'Oratorio delle bianche, si apre quello per le negre, le quali accorrono numerose e sollecite ad imparare la Dottrina Cristiana ed a prepararsi ai SS. Sacramenti. Allora è che l'anima loro candida e pura può con ragione dire : nigra sum., sed formosa - morena soy, empero hermosa!
Persecuzioni e vittorie.
Tanto bene non può piacere all'eterno nemico delle anime. Abbiamo quindi avuto le nostre contraddizioni : ma educati alla scuola del Divin Redentore positus in signum cui contradicetur. le abbiamo affrontate e con la pazienza, col silenzio ed a suo tempo con la parola, le abbiamo vinte.
Il male ha pure il suo rappresentante nella Patagonia, cioè la libertà di stampa! - La stampa nella Patagonia l E perchè no? La stampa con una tipografia, giornale, giornalista, macchina e macchinista per tribolare ì poveri Missionarii ! È vero che tutto è piccolo, meschina e lurida carta, caratteri ed inchiostro : ma il male è grande e più che luridi sono gli articoli, perchè dettati dall'odio del male contro il bene !
Da otto anni siamo oggetto de' suoi assalti, ma siamo pure soliti a non farne caso, a nulla leggere, rispondere nulla, come soleva fare ed insegnarci il nostro caro Don Bosco.
I pochi buoni gemono con noi; ma la: turba , dei tristi, degli ignoranti e degli indifferenti, certo ne subiscono la mala influenza. - Ed ultimamente col pretesto di monumento istorico nazionale, due altri capoccia, con alla testa un ballocco di nazionalità francese, che si intitolarono « Consejo deliberante » volevano spodestarci di una piccola torre, fatta ancora dagli Spagnuoli, perchè servisse di campanile alla antica reale Cappella del forte di N. S. del Carmen di Patagones.
Le campane che avevamo benedette e collocate solennemente, sopra della torre nel 1885, dovevano stornare il loro sonno, per cui ce ne intimarono lo sgombro. Noi che conoscevamo i diritti della Chiesa ab antiquo sopra la torre, su cui s'innalza la Croce, lasciammo spirare il termine concesso. Allora i nostri prodromi del Consiglio Deliberante, istigati sempre dal giornalista, che la faceva da consigliere imperante, decisero toglierci le campane con la forza. Visto che facevano sul serio, invitai al mio Episcopio (due stanzette a pian terreno, presso la torre in questione) il Commissario ed il Giudice di pace o conciliatore, ed avuto da essi solo buone parole, disposi i nostri sulla difensiva, con calma, ma insieme con energia, per tutelare i diritti della Chiesa.
La mattina pertanto del 24 Dicembre pp.° Don Pirola e Don Dallera mi avvisano, che un incaricato del famoso Censiglio Deliberante girava per trovare gente e dare la scalata alla torre. Questo infelice, che venne a domandarci scusa ancora prima dell'attentato, dicendosi costretto ad ubbidire a' suoi padroni, trovò rifiuto in tutti i barcaiuoli del fiume, e solo incontrò un giovane napoletano ed un rinnegato maltese, che si prestarono all'infame azione; il primo perchè allettato dall'esca di una buona mancia; il secondo perchè invaso da quaranta gradi di febbre settaria!
Alle 2 del pomeriggio si presentarono adunque con scala, funi e palanche di ferro. Allora vidi che era pur tempo di operar noi, e siccome le Autorità poliziali si dimostravano indecise, feci chiamare due de' più distinti del paese, quali testimoni, mentre i nostri Coadiutori e Maestri salirono sopra la torre e quantunque non suonassero le campane a stormo, diedero però nelle voci, gesticolando e minacciando di repellere la forza con la forza.
Intimoriti gli anticampanisti, stettero con la scala a debita distanza e pel buon spazio di un'ora. - In tale perplessità, stando i nostri sempre in atto di difesa, faceva spedire un lungo telegramma al Ministro del Governo alla Plata, reclamando il suo intervento contro un atto di dispotismo e di arbitrarietà di coloro che si dicevano « Consiglio Deliberante ». Un'ora dopo il telegrafo aveva già fatto due volte 200 leghe, ed intimava agli arrabbiati campanofobi di desistere dalla loro inconsulta impresa; risultando che il più bello tra i monumenti di una popolazione, sono il campanile e le campane della Chiesa.
Deo autem gratias qui dedit nobis victoriam per Jesum Christum.
Questo in Patagones :ma un'altra già l'avevamo vinta in Viedma.
Un Segretario che la voleva fare più che da Governatore in questa piccola Capitale della Patagonia, accusò dinanzi al tribunale del Territorio il nostro Don Vacchina, che fa da Parroco, perchè aveva rifiutato di ammettere come Padrino di Battesimo uno Svizzero, Protestante, ed unito solo civilmente con una baldracca indigena. Aveva quindi fatto unicamente il suo dovere, ed osservato i sacri Canoni ; ma l'altro: «Che Canoni! » diceva; « dispongo dei cannoni (ve n'è soltanto uno custodito nel cortile rustico del Governatore), e vedremo ! » Ma s'ingannò. Il Tribunale rispose che se egli era Ispettore del Registro Civile, non lo era dell'Ecclesiastico per poter intervenire nell'amministrazione di un Sacramento. Allora furioso ricorse al Ministro del Culto di Buenos Aires; ma il poverino, non solo non ricevette nessuna risposta alla sua balorda requisitoria, ma quello che è più e peggio, ricevette il castigo di Dio anche troppo presto. Perchè accusato dinanzi al Governo, di pasticci ed imbrogli amministrativi, dovette tre mesi dopo allontanarsi più che in fretta da Viedma, rinunziando al suo impiego.
In Pringles i nostri Missionari hanno pure avuto da sostenere parziali combattimenti coi Maestri dello Stato, perchè vedevano deserte le loro scuole, e ripiene le nostre.
In Chosmalal poi, alle falde delle Cordigliere, dovettero soffrire non poche prepotenze. Nientemeno che una delle Autorità locali pretendeva stare nella Casa della Missione, unicamente perchè più bella e più comoda della sua. Ma siccome questa Autorità doveva poi insegnare agli altri che res clamat ad dominum, cedette, e lasciò in pace i padroni della loro Casa!
Questi trionfi morali e la difesa della torre, non a mano armata, ma semplicemente serrata, hanno aumentato il nostro prestigio in queste Missioni, e malgrado le opposizioni dei tristi nostrali e stranieri, che si annidano dovunque e perciò anche nella Patagonia, noi seguitiamo a fare tutto il bene che posiamo, ai buoni ed ai cattivi, agli amici ed ai nemici: maledicimur et benedicimus, persecutionem patimur et sustinemus.
Farmacia - Ospedale Assistenza agli infermi.
Col personale di cui dispone la Missione, possiamo oltre al bene spirituale delle anime, occuparci eziandio delle opere di carità corporali.
Qui in Viedma particolarmente, centro della Missione, il derelitto trova ricovero; l'infermo un letto ove curare i suoi dolori; il povero indigeno, lavoro ed alimento. La nostra Farmacia è aperta a tutti, l'assistenza e le cure mediche sono per tutti, e ciò che caritatevolmente retribuisce il ricco, supplisce la povertà dell'indigente.
L'Ospedale, unico in tutto questo vastissimo territorio, non rigetta alcuno, e benchè povero in mobiglia, è però ricco di carità. Le Suore di M. A. vegliano, quali madri amorose, al capezzale dell'infermo, e portano sollievo e consolazione, tanto nelle sale del ricco, come nella capanna (choza) del povero, e sotto la tenda (toldo) dell'Indio.
Iddio e Maria Ausiliatrice, bisogna pur dirlo, operano delle guarigioni al tutto sorprendenti. L'abilità del nostro D. Garrone ed i suoi rimedii sono di un'efficacia meravigliosa, senza dubbio; ma moltissimi casi di malattie gravissime e spedite dall'arte, hanno trovato nel solo ricorso soprannaturale della grazia il loro felice scioglimento.
Un Indio di 17 anni, affetto da una meningite cerebro-spinale, di difficilissima guarigione, ci fu portato dalla distanza di 90 leghe, da un Comandante le truppe della frontiera. Fu ricoverato nell'Ospedale, istruito e battezzato in articolo di morte. Era un silvestre fiore del deserto che si pensava trapiantare nel giardino del Cielo, quando rinvenne poco a poco, e dopo sei mesi di letto, eccolo ora col suo bastoncello, che va e viene e si diverte a vedere i nostri giovanetti, alcuni suoi compagni di tribù, a salterellare e ricrearsi nel cortile.
Un altro di 16 anni, pure Indio, lo trovammo abbandonato da' suoi snaturati padroni, all'uscio della Farmacia, tutto pesto nella persona per una caduta da un carro. Alle sue grida accorsero i nostri, lo tolsero in braccio, se gli compose la spalla lussata, e coricato in un lettuccio del nostro Ospedale, dopo un mese ne uscì sano. Fu ancor lui battezzato ed ora è uno dei nostri garzoncelli fabbri-ferrai.
Di questi giorni un robusto Gaucho, che nel deserto aveva uccìso ben 20 e più leoni puma, partì pure dall'ospedale sano, dopo aver ringraziato il Signore e ricevuti i SS. Sacramenti.
Fu pure ritirata dalle Suore di Maria Ausiliatrice una piccola India, nipotina del cacico Namuncur z, di 5 anni appena e reietta, perchè inferma.
Stette un anno con le Suore e le altre sue compagne orfanelle, e fu tanta la sua intelligenza , dopo ricevuto il S. Battesimo e la Cresima, che non solo apprese le orazioni e lezioni del Catechismo , ma con una precocità rarissima, trovandosi agli ultimi dì di sua vita, domandò ed insistette di volersi confessare per ricevere Gesù nella S. Comunione. Non aveva raggiunto ancora i sei anni, ma giudicai che avesse più che raggiunto l'uso della ragione. Mosso quindi dalle sue suppliche, volli contentarla. Si confessò ben tre volte e nel suo infantile linguaggio dava a conoscere appieno che amava Gesù , pregava Gesù, desiderava Gesù ! Vestita di candida veste, con nastro azzurro alla cintura ed una corona di rose in capo, volli che assistesse alla mia Messa,. e così fece, ma in braccio di una Suora. Fu messa in ginocchio al momento della Comunione, che per lei fu pure Viatico; e ripresa in braccio, ringraziò il suo Signore e Salvatore Gesù. Riportata a letto, ricevette la stessa sera l'Estrema Unzione, ed assistita e benedetta dal mio segretario Don Riccardi, alla mezzanotte rese l'anima sua innocente a Dio ! La mattina seguente era un ansioso correre delle piccole nostre alunne alla cappella del Collegio per contemplare un bel angioletto di cera, adagiato su piccola bara, inghirlandato di fiori, circondato di lumi. Verso sera desideravano vederla ancora... ma non c'era più!... Dissero allora : « Se n'andò al Paradiso ! è là che dimorano gli Angioli ! »
Un infelice Spagnuolo in sui 50 anni affetto da grave idropisia menava una vita gramissima nel corpo, ma affetto pure da una più grave pretofobia, menava una vita scioperatissima riguardo all'anima. Abbandonato dagli amici e dai nemici, stava per morire sotto un portico aperto a tutti i venti. Fu allora da noi raccolto e coricato in soffice letto.
L'assistenza delle Suore, le cure usategli giorno e notte e la carità dei Missionarii lo confusero. Entrò in se stesso , si pentì di aver bestemmiato per tanto tempo la religione ed i suoi ministri, si confessò , ricevette i SS. Sacramenti con fede e fervore.
Guarito, non aveva che elogi per la carità cristiana, ed ogni settimana ci portava un capretto come pegno di sua gratitudine per averlo salvato da doppia morte , dell'anima cioè e del corpo.
In generale tutti quanti gli infermi, siano curati ed assistiti a domicilio, o siano ricoverati nell'ospedale, muoiono poi cristianamente; se Indii, si battezzano; se indigeni, fanno la loro prima Comunione in articolo di morte ; gli stranieri ricordano la fede perduta; i dissidenti poi, cioè protestanti, seismatici ed anglicani, confusi dalle sollecitudini più che materne della religione cattolica, la riconoscono di molto superiore alla loro, e leggono volentieri i libri che loro procuriamo per istruirsi nei fondamenti della nostra santa fede.
Questa confessione uscì di bocca allo stesso Pastore anglicano che venne a Viedma prima di noi, ma che ora restò senza fedeli, senza missione e senza soldo della Società Biblica, perchè si lasciò vincere in zelo dai Missionarii cattolici.
Isole Malvine e Terra del Fuoco.
La Missione delle Isole Malvine progredisce pure, e le scuole e la chiesa nostra sono frequentate da molti fedeli anglo-sassoni, bramosi di imparare con l'idioma spagnuolo le verità di nostra santa religione. Vi lavorano indefessamente due Missionarii con un catechista.
Di là mi scrivono il nostro Don Mario Migone e Don Patrizio O'Grady che il freddo, malgrado sia d'estate, è già intenso ! Che sarà nel prossimo inverno l hanno essi pure ingaggiata battaglia coi Pastori protestanti.
Nella Terra del Fuoco prospera la Missione di S. Raffaele nell'Isola Dawson, con buon numero di Indii fueghini neofiti ; mentre in terraferma si attende sempre alle stazioni del Rio Santa Cruz e Gallegos, d'ai Missionarii residenti in Puntarenas.
Don Fagnano è sempre di una attività straordinaria, e le due sponde del Magellano sono il teatro delle sue missioni. Ora sta edificando una chiesa grande ed in legno per la popolazioùe di Puntarenas, che va facendosi sempre più cristiana.
Anche lui ha avuto i suoi disgusti e dispiaceri ; presentemente però regna la bonaccia ; ed ora che ha ricevuto il rinforzo da Torino di maestri, suore e coadiutori, quanto bene farà!
Ecco, mio carissimo signor Don Rua, le notizie che desiderava dare delle nostre Missioni.
Ora non mi resta che invitare i nostri buoni Cooperatori e Cooperatrici a lodare con noi il Signore per il progresso che fanno le Missioni della Patagonia. Noi, dal canto nostro, pregheremo perchè non rallenti il loro fervore e non diminuisca la loro carità, che fu sino ad ora il sostegno delle medesime, la vita spirituale è materiale dei nostri neofiti e la salvezza di tanti Europei, che per causa di un mal inteso interesse son venuti a perdersi in questi sterminati ed aridi deserti. Questa carità ce la devono continuare specialmente nelle presenti critiche circostanze in cui ci troviamo, cioè la terribìle crisi finanziaria che minaccia di rovinare la Repubblica Argentina e la spaventosa sio cità che flagella da due anni la povera Patagonia che vede morire quasi tutto il suo bestiame, unica fonte di sua ricchezza ed unico elemento di sua vita.
Appello.
Qui giunto, colgo un'idea che mi viene di getto. Fare cioè un caldo appello alla generosità dei signori farmacisti, droghieri, specialisti e proprietarii di laboratorii chimici , pregandoli a volerci venir in aiuto per sostenere il nostro ospedale di Viedma e gli Ospizi di Pringles, Roca, Puntarenas, Terra del Fuoco e Malvine, dove si dispensano gratuitamente i rimedii ai poveri ed agli Indii.
Essi potrebbero a tal fine inviare all'Oratorio di Torino rimedii, prodotti chimici, cioè essenze, sali, estratti ed anche materie prime. L'Oratorio poi s'incaricherebbe di farcene la spedizione, e come sono destinati alle Missioni, si spera di ottenere l'esonerazione dalle spese doganali.
Da due anni in qua, mediante cooperazione generosa dei signori fratelli Belmonte di Torino e quella caritatevolissima del signor dott. P. Carles di Bordeaux, abbiamo potuto fare un gran bene, perchè oltre il sollievo che si arreca alla povera umanità sofferente, curando i corpi, si ha così occasione di curare anche le loro anime, che altrimenti perirebbero senza i soccorsi corporali e spiri. tuali in mezzo alle steppe del deserto.
Credo pertanto opportuno che ai signori farmacisti, droghieri, ecc. nostri conoscenti e non conoscenti in Italia ed all'estero si mandi copia di questo appello pubblicato nel Bollettino.
Sono sicuro che essi, leggendo questa nostra esposizione , si persuaderanno del gran bene spirituale che può fare il Missionario col mezzo dei rimedii corporali, e perciò vuoi per sentimento di pietà, vuoi per ispirito di umanità, non esiteranno a venirci in aiuto col loro obolo farmaceutico.
Di questo modo concorreranno ancor essi alla propagazione della religione e della civiltà nelle Missioni Salesiane della Patagonia.
Il Signore della pace vi dia in ogni tempo ed in ogni luogo una pace sempiterna, e sia con voi tutti con la sua grazia.
Dominus pacis det vobis pacem sempiternam in omni loco : Dominus sit cum omnibus vobis. (Ad Thess. III. 16.)
Viedma, 15 marzo 1891.
Aff.mo in G. C.
+ GIOVANNI, Vescovo titolare di Magida Vicario Apostolico della Patagonia.
Una nuova Casa Salesiana nel Chili - I nostri missionari di Concezione e Talca nel Chilì coi nuovi rinforzi ultimamente ricevuti poterono formare il personale necessario per aprire una nuova Casa a Chuchunco, sobborgo di Santiago, di sei mila anime e senza un prete in mezzo a loro. Vi andarono in numero di sei, due Sacerdoti, due Chierici e due Catechisti, il giorno stesso di Maria Ausiliatrice , 24 maggio scorso. La nuova Casa prese il nome di : Istituto di D. Bosco. Quei nostri confratelli dovevano pure di questi mesi scorsi incominciare l'Orfanotrofio del Carmine nel centro di quella capitale stessa; ma stante i movimenti rivoluzionarii non per anco sedati, la milizia prese stanza proprio nei locali riservati pei Salesiani da quell'Arcivescovo, il quale fa ardenti voti che si faccia pace per non differire più oltre l'andata colà dei nostri Missionari a vantaggio di tanta povera gioventù abbandonata.
Don Calcagno in Italia. - Nel mese di aprile scorso arrivava a Torino D. Calcagno, Direttore della Missione Salesiana di Quìto. Egli è venuto per combinare di presenza col nostro Rettor Maggiore la nuova fondazione che si vuole a Riobamba e più tardi a Quenca, donde si aprirà la Missione Salesiana degli Indii Orientali, disgraziati al pari, se non di più, dei poveri Fueghini.
Nel giugno testè passato si recò a Roma a presentare al S. Padre gli ossequi suoi e de' nostri Missionarii unitamente a quelli della cattolica nobiltà di Quito. Egli ripartirà questo autunno non senza condur seco un eletto stuolo di altri Missionarii.
La nobiltà di Quito imitatrice in tutto dei primi Cooperatori di D. Bosco - Ci raccontava di questi giorni D. Calcagno, come tra la nobiltà Quitese siasi formata una Commissione, allo scopo di venir in soccorso ai giovanetti che frequentano l' Oratorio festivo annesso al Collegio del S. Cuore. Detta Commissione deve pensare pei regali da farsi, per i premii annuali consistenti in oggetti utili di vestiarii, libri etc. e cercare lavoro a quei poveri giovani che si trovassero disoccupati. Fu nominato Presidente il Dott. Aurelio Espinosa, vero imitatore dei primi Cooperatori di D. Bosco. Egli, con altri illustri signori, ogni Domenica recasi all' Oratorio festivo, e là con vera edificazione di chi lo vede , si getta in mezzo alla turba dei giovanetti per divertirli ed insegnare loro un po' di Catechismo. Ed è bello vedere quella moltitudine infantile attorniarli, e con tanto piacere rispondere alle domande del Catechismo che loro vengono fatte e ripetere quasi a memoria anche la predica udita dal Sacerdote per aver qualche regaluccio. -Noi applaudiamo di cuore a questi nobili Quitesi, veri imitatori dei nobili di Torino nei principii degli Oratori di D. Bosco e ci auguriamo d'avere simili pro tettori in tutti i nuovi Oratorii festivi che andremo aprendo nelle varie città e paesi.
I Salesiani di Montevideo - Quest' anno i nostri Confratelli Sacerdoti residenti ne' dintorni di Montevideo s' unirono ai più celebri oratori locali per tenere i discorsi della settimana santa. Il giovedì santo nella Parrocchia del Paso-Molino D. Domenico Albanello diceva il sermone dell'istituzione dell'Eucaristico Sacramento, e l'indomani, venerdì santo, quello delle Sette parole nella Parrochia di S. Francesco con comune soddisfazione. Nella stessa Parrocchia del Paso-Molino il venerdì santo alla 1 pom. teneva il discorso dell' Agonia il giovane Sacerdote Ambrogio Turriccia. - Per tutta la Quaresima D. Giacomo Giovannini, invitato dal Parroco di S. Rosa, dalla capitale recavasi colà, dove si meritò ampii elogi dei giornali per la sua parola franca, chiara e soave, pel ragionamento convincente e per saper dare il necessario colorito al periodo. - La settimana di Pasqua poi D. Lasagna teneva nella Chiesa della Concezione un triduo di prediche agli operai cattolici in preparazione alla solennissima festa di S. Giuseppe, loro patrono, che celebrarono il 5 di aprile. Disse la Messa della Comunità S. E. il Vescovo Diocesano ed innanzi alla numerosissima Comunione D. Lasagna diceva alcune calde parole intorno al SS. Sacramento. (Notizie tolte dal Bien, giornale di Montevideo)
Un Indio che desidera saper la via del Paradiso. - Un giorno mentre il Catechista Salesiano Ghiotti dal Collegio Pio IX di Buenos Aires recavasi alla Chiesa degli Italiani detta Mater Misericordiae, cui è annesso un Oratorio per intrattenere ed istruire i giovanetti nei giorni di festa, gli si presenta un fanciullino Indio battezzato di sette anni all' incirca, e - Maestro gli dice , - ella che sa la via che conduce al Paradiso, abbia la bontà di indicarmela, perchè ci voglio andare anch'io al Paradiso. - Se vuoi imparare la via del Paradiso , devi venire tutte le feste all' Oratorio, dove t'insegnerò un po' di Catechismo. - Sì, signore, verrò sempre, - soggiunse con ingenua ilarità. E fu di parola, e tutte le feste sapendo per qual strada passava il Catechista, lo andava a incontrare e con lui recavasì all'Oratorio. Dopo alcune feste di frequenza il bambinello sapeva i misteri principali di nostra santa fede e recitava correntemente e con senso il Padre nostro. - Maestro, allora chiese, quando si sa il Padre nostro si può andare in Paradiso. - Sì, purchè tu non faccia nessun male, nessun peccato.
Egli desiderava veramente d'andare al Paradiso, e Dio in premio di questo suo desiderio chiamavalo due giorni dopo aver fatta questa domanda. Moriva tra le braccia di sua mamma, e spirando diceva : Mamma, mamma, me ne vado al Paradiso.
Una perdita gravìssima ha fatto l'Oratorio di S. Francesco di Sales. Virtù eminente , infaticabile zelo sacerdotale, pietà, carità, scienza filosofica e teologica, coltura letteraria non comune adornavano la bell'anima di D. Giovanni Bonetti da Caramagna. Nato l'11 maggio 1838 da Lorenzo e Catterina Alessio, entrava nell' Oratorio come studente nell' ottobre del 1855 ed era ordinato Sacerdote nel 1864. Professore titolato di lingua latina ed italiana fu compagno a D. Michele Rua nel fondare il piccolo Seminario di Mirabello. Quivi insegnante di terza ginnasiale nell'anno scolastico 1863-64, Prefetto nel 64-65 e Direttore di quel Collegio, che dopo qualche anno fu trasportato a Borgo S. Martino, fino all'ottobre del 1877, fu tutto nel promuovere il bene sanitario, scientifico, morale dei giovanetti alle sue cure affidati, che conservarono imperitura la ricordanza del suo affetto.
E non poteva essere altrimenti.
In una lettera ad un suo confratello, senza volerlo dipingeva se stesso: «Bisogna far noto ai nostri aiutanti di campo che l'aver giovani buoni e che consolino undequaque, è, specialmente ai tempi in cui viviamo, non solo una grazia, ma direi quasi un privilegio, e quindi dobbiamo meritarcelo da Dio con una condotta santa, preghiera, avvisi, assistenza, vigilanza; insomma dobbiamo mettere in pratica tutte le sapientissime norme che ci furono date da D. Bosco. A questo modo vedremo fiorire nei nostri collegi ogni più bel fiore di virtù. » E in altra : « La grazia della buona riuscita di un giovane dobbiamo strapparla dal Cuore di Gesù con uno spirito di preghiera e di continuo generoso sacrificio. »
E come scriveva così operava.
D. Bosco nel 1877 lo richiamò a Torino per affidargli il Bollettino Salesiano, del quale fu l' unico redattore fin verso la fine del 1884, quando per una lunga e dolorosa malattia dovette ad altri rimetterne la direzione. Scrittore purgato , brillante, incisivo e robusto, scrisse un gran numero di opuscoli sui varii argomenti che levarono rumore, specialmente quelli in difesa della divinità oltraggiata di Gesù Cristo e contro l' invadente Protestantesimo. Sua opera precipua interessantissima è la Storia dell'Oratorio di S. Francesco di Sales che presto vedrà la luce, e intorno alla quale lavorava con tanto amore, da volerne ancora correggere le bozze di stampa la stessa vigilia della sua morte.
Fu Sacerdote infaticabile nella predicazione e nell'esercizio del Sacro Ministero. Dal 1884 al 1891 occupò le prime cariche della Pia Società Salesiana. Per l'Istituto delle Figlie di
Maria Ausiliatrice, del quale fu sempre valido difensore contro i nemici del bene e Direttore generale, scrisse e stampò la vita di S. Catterina di Racconigi e quella di Santa Teresa di Gesù. Quest'ultimo fu un lavoro da tutti giudicato un capo d'opera nel genere suo.
In tutto il tempo di sua vita zelatore ardentissimo della divozione del Sacro Cuore di Gesù, scrisse su questo argomento l' aureo libretto intitolato Il giardino degli eletti, e colla sua penna cooperò in modo efficacissimo e con lungo lavoro all'erezione del tempio del Sacro Cuore in Roma.
In quest'anno la sua robusta sanità era gravemente scossa. Tuttavia volle ancor dettare in varii nostri Istituti i santi spirituali Esercizi; e visitando affrettatamente molte case delle Figlie di Maria Ausiliatrice, tenne tali ragionamenti, che seppero di mistero a quante l'udirono, sicchè conclusero : - Sembra che sia venuto a darci l'ultimo addio!
Di ritorno da una di queste apostoliche imprese accusò febbre piuttosto grave e dovette porsi a letto. Cadeva sulla breccia ! Era il 12 Maggio. I medici constatarono bronchite abbastanza acuta, non però tale di far temere di sua vita. Egli per altro non cessava dal dire che non sarebbesi rimesso da quella infermità. - Io me ne vado, io me ne vado ripeteva a quanti lo visitavano.
Per lui fu grande amarezza la notizia della morte dell'Eminentissimo Cardinale Ali monda pel quale professava un'affezione ed una venerazione senza limiti.
Il giorno 4 Giugno pareva fuori di pericolo, ma essendo vigilia della festa del S. Cuore di Gesù, volle che ne fosse messa la statua tra fiori e candelieri sull'altarino eretto nella sua anticamera.
Il mattino seguente, 5 Giugno, desiderava d'ascoltar la S. Messa. Di buon'ora v'andò un Sacerdote per celebrare, ed egli colla più viva divozione si preparò alla S. Comunione, ricevuta la quale, come fùori di sè per l'allegrezza, esclamava : - Questo è uno dei più bei giorni di mia vita ! - Sì, quello era uno dei più bei giorni di sua vita, giacchè era quello del suo passaggio al bel Paradiso, come fermamente speriamo. Qualche ora dopo si sentì venir meno: gli corrono daccanto i Confratelli, gli amministrano gli ultimi conforti di nostra santa Religione, egli leva gli occhi in alto, e con uno sguardo sereno stende le braccia come verso un caro oggetto e tranquillamente spira.
Moriva in età di 53 anni. Poco prima aveva dato alle stampe un libretto in forma di lettera, col titolo Esortazione alla pratica dell'amor di Dio, nel quale fra gli ultimi periodi sì legge il seguente: « Quando vi sentite a venir meno la vita, esercitatevi più che mai in atti di amore di Dio, e fra questi fate sovente quello che consiste nel sacrifizio della vita, uniformandovi alla sua divina volontà, e quello altresì che faceva S. Paolo vale a dire l'atto di amor di desiderio di andare a vedere, abbracciare, godere Gesù: - Cupio dissolvi et esse cum Christo. Così facendo vivrete e morrete da santi..., e vi meriterete l'ambitissima grazia di fare un perfetto atto di amore di Dio e così veemente, per cui l'anima uscita dal corpo immacolata e pura se ne voli al cielo, senza toccar neppure le fiamme del purgatorio. »
E singolare coincidenza! Egli moriva nel giorno stesso dedicato al Sacro Cuore di Gesù, del quale tanto aveva zelato .l'onore Quando Giovanni Bonetti entrò nell' Oratorio i compagni gli apposero il soprannome di papà; quando morì tutti i suoi confratelli si udirono esclamare : Aveva un cuore di madre.
Vale, o devoto del Divin Cuore, o strenuo difensore della Chiesa , o amico per tanti anni, o fratello desideratissimo! Noi tutti, i tuoi Confratelli, i Cooperatori Salesiani, chi ti è succeduto nello scrivere le pagine di questo Bollettino pregando per l'anima tua aspettiamo il giorno che ci ricongiunga con D. Bosco e con te.
L' Esposizione del cadavere, il trasporto funebre alla Chiesa di Maria Ausiliatrice, la Messa e le Esequie, furono con tutta quella solennità che il dovere e l'affetto ci imponevano. Dalla Chiesa al Cimitero il carro funebre fu accompagnato dai Confratelli, da centocinquanta giovanetti, da una cinquantina di Figlie di Maria Ausiliatrice e da altra folla di persone, che recitavano ad alta voce il santo Rosario in suffragio del defunto. Ivi il feretro fu deposto in un locale a poca distanza da quello che racchiude la venerata Salma dell'Eminentissimo Cardinale Alimonda.
Il Rettor Maggiore della Pia Società porge sentiti ringraziamenti a tutti gli amici che intervennero ai funerali di D. Bonetti in Torino. Ringrazia pure quei Cooperatori ed in modo speciale i Rev.mi Parroci di Lenta e di Pécetto e loro popolazioni, che vollero con solenne funerale rendere un tributo di cristiana amicizia nelle loro Chiese Parrocchiali al nostro Confratello defunto.
Le conferenze salesiane, specialmente quando s'uniscono con qualche solennità, come nell' occasione della festa di Maria Ausiliatrice, riescono sempre meglio e con maggior concorso di popolo, ove se ne dia avviso per tempo dalla stampa periodica.
Dopo la Conferenza poi è anche cosa ben fatta, come suolsi in tanti luoghi, pubblicarne brevi relazioni a comune soddisfazione ed incoraggiamento dei Cooperatori stessi. Egli è a questo scopo che anche ora pubblicheremo alcune delle molte relazioni pervenuteci, in capo alle quali ci sarà lecito porre un cenno di quella tenutasi nella Chiesa di Maria Ausiliatrice in Torino il 23 Maggio scorso, vigilia delle solennissime feste celebratesi in detto tempio.
Torino.
Alle ore 3 3/4 pom., dopo breve lettura e canto di un mottetto, ascendeva in pulpito il Rev.mo D. Rua con cotta e stola e dopo breve esordio così ripigliava
Tutte le circostanze della vita dei valorosi operai della vigna evangelica meritano attenzione, perchè di frequente preludono ciò che avranno ad essere. Di D. Bosco si poteva far qualche previsione fin dai primi suoi anni! Nacque nella più grande tra le solennità di Maria, vale a dire nel giorno 15 di agosto sacro all' Assunzione della B. V. l'anno 1815, nel quale il Papa Pio VII di s. m. istituiva la festa di Maria SS. Ausiliatrice.
Allevato nel timor di Dio e nella divozione alla Beata Vergine, sui dieci anni od in quel turno ebbe un sogno, dal quale potevansi avere di lui felici presagi. Lo raccontò la mattina seguente ad un gruppo di compagni, da uno dei quali, che ben lo ricorda ancora, io stesso lo sentii ripetere non è molto tempo.
Trovossi in sogno in ampia pianura di prati e campi. Gli comparve colà una pastorella di celestiale aspetto , circondata da numeroso gregge di agnellii che scappavano qua e là, e gli disse : Giovannino, vieni qua; vedi questi agnelli? vedi quelli che scappano? voglio affidarli tutti a te; tu abbine cura. - Il giovanetto risponde : Che cosa potrò io fare son povero, non ho prati ove condurli al pascolo... - Non ti corrucciare per questo, ripiglia la celeste pastorella, a tutto ci penserò io ; tu prendi cura di loro e fa la parte tua, ed io farò il resto. - Detto ciò, sparì. L'impressione lasciata da questo sogno nel giovanetto, fu così soave e gioconda, da riempirlo d'indicibile contento; tant'è che i compagni gli lessero in volto al dimani l'insolita gioia e ne lo interrogarono; ed egli tutto narrò con ingenuità.
Dopo questo breve racconto, D. Rua ricordava i fatti principali della vita di D. Bosco e della Pia Società Salesiana e li lumeggiava mirabilmente, ponendoli sotto l'intervento e la incessante protezione della celeste Pastorella.
Seppe parlare con tanto affetto ed unzione e con tale accento di verità e richiamo di fatti interessantissimi, che fu udito con incessante attenzione.
Finita la conferenza, si cantò altro mottetto dall' orchestra , e dopo il canto del Tantum ergo, il pio e sempre caro prelato Monsignor Basilio Leto, Titolare di Samaria, impartiva solennemente la benedizione col SS. Sacramento.
Genova.
Nel vasto e ricchissimo tempio di S. Siro il giorno 8 Giugno u. s. celebravisi la festa di Maria SS. Ausiliatrice e tenevasi l'annuale Conferenza Salesiana.
I giovanetti dell'Ospizio Salesiano di S. Pier d'Arena vi eseguirono scelta musica.
Nella conferenza, il Sacerdote Salesiano Stefano Trione parlò delle opere che D. Bosco seppe compiere in pieno secolo XIX mediante la protezione della Ausiliatrice dei Cristiani.
La colta udienza gli tenne attenzione vivissima.
L'abbondante elemosina, che si ebbe dalla questua fatta in Chiesa, andò a benefizio del nostro Ospizio di S. Vincenzo de' Paoli, e specialmente per l'ampliamento del locale, reso troppo ristretto per il numero crescente dei ricoverati.
Noi ringraziamo di gran cuore i benemeriti Cooperatori e le benemerite Cooperatrici Salesiane di Genova, dell'interesse grande che manifestarono continuamente per le opere di D. Bosco. Vogliano serbarci sempre il loro affetto, affinchè possiamo continuare alacri nella via apertaci dal nostro buon Padre, che essi conobbero, amarono, ed aiutarono tanto, specialmente negli ultimi anni della sua vita.
Nuovi ringraziamenti noi ci sentiamo in dovere di presentare a S. E. Rev.ma Monsignor Arcivescovo di Genova e al Rev.m° Sig. Can.co Prevosto di S. Siro, per la squisita carità che ci usano ogni anno, nel lasciarci tenere le conferenze Salesiane nel detto sontuoso tempio. Il buon Dio ne li rimuneri largamente quanto lo desiderano i nostri cuori e quelli dei nostri giovanetti.
Macerata.
Un Cooperatore di Macerata ci scrive
L'Opera di D. Bosco estesasi anche a questa nostra città dà a sperare che anche tra noi incomincierà presto un'era novella di salute per la povera gioventù abbandonata. L'Ospizio di S. Giuseppe non è per anco finito e già si vede d' attorno un' infinità di poveri orfanelli, necessitosi d'essere raccolti, per avere una cristiana educazione ed imparare qualche arte o mestiere. È cosa veramente che fa pena, vedere le tante domande che ogni giorno arrivano a questo buon Direttore, il Sac. Prof. D. Eugenio Armelonghi, e ci commuove il cuore e ne è di eccitamento e sprone a favorire ed appoggiare, per quanto ci è possìbile, un' Opera sì provvidenziale, qual'è l'incipiente Ospizio Salesiano di questa città. Per questo la mattina del 26 maggio nella Cappella di detto Ospizio si tenne per la seconda volta l'annuale conferenza Salesiana. Intervennero un buon numero di Signori e Signore di Macerata e dintorni, cui presiedette S. E. Rev.ma Mons. Roberto Papiri, Vescovo di Macerata e Tolentino.
Precedeva alla cara funzione un solenne funerale pei defunti Benefattori e Benefattrici dell' Ospizio. Sorgeva nel mezzo della chiesuola un abbastanza elegante catafalco, ed i giovanetti dell' Ospizio, ammaestrati e diretti dal Sacerdote Salesiano D. Luigi Baldi, eseguirono lodevolmente la Messa a due voci di Mons. Cagliero. Soddisfecero pure assai nel canto del Sit nomen Domini benedictum dello stesso autore e del Beati Mortui del M. D. Giuseppe Baini.
Dopo la Messa prese la parola il M. Rev. D. Cesare Cagliero, Procuratore generale dei Salesiani. Egli parlò degli ultimi progressi che fecero le opere dell'indimenticabile D. Bosco. Il suo dire chiaro e conciso riuscì penetrante ed efficace; l'elemosina raccolta raggiunse le 250 lire. - Chiuse la religiosa funzione S. E. Rev.ma impartendo la Benedizione col SS. Sacramento , ed i giovanetti vollero farci sentire ancora una volta un bel Tantum ergo musicato dal Prof. D. Carlo M. Baratta.
Ne sia lode ai Snperiori di quest' Ospizio che sanno sì bene allevare la gioventù ed i nostri elogi s'estendano pure a quest' eletto stuolo di giovanetti che col loro contegno ci hanno tanto edificati
Al S. Cuore di Gesù in Roma.
Riceviamo da Roma la seguente corrispondenza
Giovedì, 21 maggio, nella chiesa del Sacro Cuore di Gesù si tenne la prescritta conferenza dei Cooperatori. Il conferenziere fu S. E. R.ma Mons. Manacorda , vescovo di Fossano, di passaggio casualmente a Roma. I devoti che accorrevano assai numerosi alle prediche del mese Mariano (come si spera accorreranno al mese dedicato al S. Cuore), accondiscendendo di buon grado all'invito del predicatore, solleciti si trovarono in maggior numero all'ora annunziata per udire l'illustre Prelato del Piemonte.
Monsignore parlò del bisogno che hanno i cattolici di operare per opporre un argine alla fiumana sempre più crescente dell'empietà. L'azione delle sétte, del mondo e del demonio per condurre a disastrosa rovina le anime specialmente della povera gioventù è pur troppo terribilmente operosa ed instancabile. I Cooperatori Salesiani, i cattolici tutti debbono quindi adoperarsi in ogni modo, senza mai stancarsi, e coll'opera materiale e coi consigli e colle preghiere insistere e cercare di salvare questa gioventù pericolante. E qui l'Eccellentissimo Manacorda veniva ai mezzi pratici da scegliersi , alle industrie da usarsi per riuscire in quest'intento. Ci si vedeva un cuore pieno di santo zelo per le anime, che avrebbe voluto, se gli fosse dato, incendiare tutto il mondo del suo fuoco. E le sue parole produssero certo una profonda impressione sul numeroso uditorio.
Pubblicheremmo ben volentieri in questo numero alcune tra le più recenti relazioni di grazie ottenute per l'intercessione della Vergine SS. Ausiliatrice, e specialmente quelle che riguardano favori segnalatissimi ottenuti da vicini e da lontani nella fausta ricorrenza della scorsa solennità, ma per la ristrettezza dello spazio concessoci dobbiamo limitarci a pubblicar solo le seguenti, che già erano per andar in macchina nei mesi scorsi.
Tutte le siffatte relazioni poi che non possiamo pubblicare nel Bollettino saranno gelosamente conservate negli archivii del Santuario ed in buon numero saranno pubblicate in appositi fascicoli delle nostre Letture Cattoliche.
La pace restituita. - In una famiglia eravi mortale discordia. La cosa andò tanto avanti da far temere di giorno in giorno funestissime conseguenze. Una parente, donna di pietà sentita, Cooperatrice Salesiana, all'insaputa dei coniugi principia con fiducia una novena a Colei che è l'Aiuto de' Cristiani promettendole, ove ottenga la grazia, di farne relazione sul Bollettino Salesiano. Non avea ancora finita la novena, che, quasi per incanto, ritorna la calma in quella famiglia e Maria, quasi per far toccare con mano il suo manifesto intervento, suggella di nuova grazia la confidenza in Lei riposta e guarisce intieramente , dietro altra novena , la nata bambina , che , dopo un anno appena di vita , minacciava colla sua morte di gettare nella costernazione e nel pianto i pacificati genitori.
D. EMILIO CAVEDON Parroco.
Lobia di Sambonifacio, 14 aprile 1891.
Guarigione istantanea. - Amatissimo signor D. Rua, - Pago un debito di gratitudine a Maria Ausiliatrice per grazia singolarissima ottenuta a sua intercessione. Ecco il fatto. Il giorno 10 corrente aprile un ottimo giovanetto collegiale di nome Saglimbene Nicolò da Castiglione,, alunno della 1a ginnasiale, fu colto da angina maligna. In pochi giorni l'infermo si aggravò in modo così allarmante da farci temere una prossima catastrofe. I parenti avvisati per telegramma accorsero al letto dell'infermo, e, compresi della gravità del caso, chiamarono a consulto quattro distinti medici, i quali sebbene dissentissero alcun poco sul carattere della malattia , convennero sullo stato gravissimo e poco men che disperato del giovanetto infermo. Tralascio di descrivere la mia angoscia, accresciuta a cento doppi da timori esagerati e sopratutto dalle voci sparse in paese sul carattere della malattia e sul numero ognora crescente dei giovanetti collegiali che si dicevano coipiti dallo stesso male. Timori e dicerie che sarebbero parse soverchie, se anche fosse scoppiata la più grave delle epidemie, mentre invece trattavasi di malattia comune ed ordinaria, per quanto grave si possa immaginare. Il martedì e mercoledì seguente il male si aggravò davvantaggio. Febbre altissima, continuo delirio coll'aggiunta di un totale squilibrio, che il medico qualificò atassìa, quale suole verificarsi nei casi di tifo gravissimo. Il povero ragazzo aveva ricevuto i Sacramenti, meno la S. Comunione, che per la natura del male non gli si potè amministrare. Vi si era però accostato il giorno prima che cadesse ammalato, essendo solito comunicarsi più volte la settimana.
Le nostre speranze erano riposte in Maria Ausiliatrice, alla quale si era fatto ricorso dal primo istante che fu palese la gravità del caso, e posso aggiungere che quanto più cresceva il pericolo, altrettanto cresceva la nostra fiducia in Colei che si compiace di essere invocata col bel titolo di Salus Infirmorum e Auxilium Christianorum. Ed essa gradì questa nostra fiducia ed esaudì le nostre preghiere in modo veramente meraviglioso. Il mercoledì sera i nostri giovanetti avevano accolto la proposta di una novena a Maria Ausiliatrice per ottenere la guarigione del loro compagno, la quale novena doveva incominciarsi il giorno seguente.
Verso le 10 mi accostai all'infermo e gli comunicai la deliberazione dei collegiali, invitandolo ad unirsi in ispirito ai medesimi e suggerendogli qualche analoga preghiera. In quel medesimo istante l'infermo che da cinque giorni non aveva più chiuso occhio , in uno stato di totale sfinimento , in preda a delirio con febbre elevatissima , in quell'istante, dico, piegò il capo e si addormentò placidamente, nè si svegliò che dopo le cinque del mattino con febbre appena sensibile, sereno lo sguardo, libero il respiro, sciolta la parola e regolare appetito. La guarigione si può dire che fu istantanea. Tant'è che il giorno seguente potè scendere da letto e la dimane uscire dall'infermeria, divertirsi nei corridoi , allegro e con colorito naturale, come non fosse stato mai ammalato. Persuasi i nostri giovanetti dell' efficacia delle loro preghiere e attribuendo l'istantanea guarigione del loro compagno a grazia specialissima di Maria Ausiliatrice, oggi festa del patrocinio di S. Giuseppe, si accostarono tutti alla Santa Comunione in rendimento di grazia a Colei, che veglia non meno alla salute delle anime che a quella del corpo dei suoi divoti.
Gradisca i nostri ossequii e preghi pel suo
Aff.mo in G. C.
D. GUIDAZIO PIETRO Direttore.
Randazzo (Sicilia), Collegio S. Basilio.
Tre guarigioni. - Colpita da grave bronchite l'unica mia figlia di pochi mesi, era agli estremi. Una buona giovanetta venne allora da me e mi portò una medaglia, benedetta da D. Bosco, coll'effigie della Beata Vergine Ausiliatrice. Appesi al collo della mia bambina detta medaglia e pregai con fede. La mia figliuola era per morire da un momento all'altro ; ed invece dopo pochi minuti dacchè le posi la medaglia al collo ripigliò un po' di fiato, si riebbe, ed in pochissimi giorni me la vidi guarita.
L'anno appresso s'infermò nuovamente e collo stesso male, supplicai di bel nuovo Maria Ausiliatrice e la mia bambina risanò in modo provvidenziale.
L'estate scorsa ebbi la mia vecchia madre in fin di vita. Supplicai Maria Ausiliatrice a volermi ottenere da Dio la guarigione dell'amatissima vecchia, e per la terza volta fui esaudita.
Gran Madre, Benedetta Ausiliatrice, l'indegna vostra serva non cesserà mai di lodarvi e benedirvi, promettendo di morire col vostro Santo Nome nel cuore e sulle labbra.
LUIGIA ANTOGNOLI in TORCHIANA Maestra.
Fordinovo, 19 settembre 1890.
Malta.- La Sig.a Paolina dei Conti SaintFournier ringrazia affettuosamente la Vergine Ausiliatrice per segnalate grazie ottenete.
S. Martino di Palermo. - Il M. R. Parroco in sul principio dell'aprile n. s. fu colpito da una congiuntivite acuta all'occhio destro. Per tre giorni sofferse dolori atroci, tanto da sembrargli doverne morire per l'acerbità del male e gli pareva che l'occhio dovesse scoppiare. Appena incominciammo una novena a Maria Ausiliatrice il dolore, che da tre giorni e tre notti non gli dava requie, cessò interamente ed in breve l'infermità scomparve.
Sac. G. MESSINA,
Torino. - Il sig. Lucco Matteo scampò in modo mirabile da grave pericolo incorso per scoppio di gaz. Ne ringrazia di cuore Maria Santissima, a cui si era rivolto con fede ed al cui altare erasi recato il giorno prima a raccomandare sè 'e la sua famiglia.
Givoletto. - Il M. R. Prevosto Don Bolle Andrea riconoscente ringrazia Maria Ausiliatrice e manda ampia relazione di una segnalata grazia temporale e di grazie spirituali ottenute in modo prodigioso dal suo fratello Avv. Bolle Giuseppe, Pretore.
4 marzo 1891.
Cordiali dimostrazioni di stima verso il Successore di D. Bosco. (Dalla Specola di Padova).
Da Este - Domenica, 26 aprile, ho assistito ad uno di quei geniali trattenimenti, che non si dimenticano per tutta la vita.
Qualche giorno prima era venuto a visitare il Collegio Manfredini il Rev.m° Don Michele Rua , Superiore dei Salesiani. Potete immaginare la festa dei preposti e degli alunni del Collegio per avere con loro il Padre comune della grande Famiglia Salesiana
I superiori del Collegio vollero che altri partecipassero della loro letizia e distribuirono molti inviti per una piccola accademia. Alle 5 1/2 pom., ora fissata, nella sala maggiore del Collegio addobbata a festa e dove primeggiava l'immagine di Don Bosco, oltre a quelli della famiglia, che comprende più di 160 convittori, erano convenuti molti sacerdoti, signori e signore. Quando D. Rua entrò nella sala fu salutato con una salva di prolungati battimani , e come fu seduto, si diè principio al trattenimento.
Dapprima si cantò un coro da molti collegiali, sotto la direzione di Don Scotti. Poi il Rev. D. Fasce diè a D. Rua il saluto a nome del Collegio ; con poche parole rilevò assai bene i sentimenti onde erano tutti compresi. Quindi parecchi giovani delle varie classi lessero quali poesie, quali lettere. Parlare di tutte sarebbe troppo lungo; dirò solo che tutte erano ben fatte e che da tutte traspariva la grande venerazione ed il grande affetto in cui tengono il loro Padre. Non posso però lasciare di ricordare la bellissima poesia di Don Gallo, che, sempre felice, sta volta fu felicissimo. Fu un inno manzoniano , da lui stesso declamato ; tratteggiò le virtù di Don Rua , il cui nome , disse, è acclamato dall'un polo all'altro, quanto si estende la grande opera dei Salesiani. La recita di questi componimenti era intrammezzata da scelti pezzi di musica a canto e suono, nell'esecuzione dei quali ci rimarrà sempre impressa la simpatica e robusta voce di Don Scotti, e la perizia del violino del dilettante Enrico Cortelazzo , nostro amico di qui. Si chiuse ripetendo il coro d'apertura. Dopo si alzò Don Rua e disse parole commoventi. Premesso che da tanto tempo desiderava di venire a visitare i suoi figli del Collegio Manfredini, e che era finalmente contento di trovarsi in mezzo a loro, espresse la gratitudine del suo animo per i ringraziamenti e per i complimenti che gli erano stati indirizzati; però, disse, che i ringraziamenti prima dovevano essere rivolti ai defunti Don Bosco, cav. Benedetto Pelà e D. Agostino Perin, che tanto fecero per l'impianto e la prosperità del collegio, ed a tanti altri presenti ed assenti che vi contribuirono ; quanto ai complimenti, disse che si erano pronunciate delle bugie, alludendo umilmente agli elogi che di lui si erano fatti , e che gli era tornata di grande consolazione la promessa degli alunni di voler profittare dell'educazione che tanto sapientemente viene loro impartita nel collegio e per la quale egli, erede della volontà e dei desideri di Don Bosco, colla grazia di Dio non risparmierà fatiche e sacrifizi. Disse essere vero che il suo nome è sulla bocca e dell'Europeo e dell'Afro e dell'Americano , ma che tanti parlano di lui perchè invocano da lui soccorsi per gli Istituti già esistenti e per la fondazione di nuovi, come apparisce dalle molte lettere che continuamente riceve. Accennò alla sua speranza che anche da questo collegio escano giovani animati da fervido zelo nella cooperazione ai Salesiani: finì augurando a tutti le benedizioni del cielo ed acclamando con un evviva al direttore del Collegio, agli istitutori, ai collegiali ed a tutti i presenti. Così ebbe termine la cara festa, che ci lasciò impressioni soavi. .
A Lugo.
Da Este D. Rua per Bologna ed Imola passò a Lugo , dove sono stanziate dallo scorso anno le Suore di Maria Ausiliatrice con orfanotrofio, scuole elementari ed oratorio festivo per le giovanette.
Quivi D. Rua si convinse sempre meglio del bene che possono fare alle ragazze le suddette Figlie di Maria; e non solo bene morale, sì anche bene intellettuale, quale si richiede in una giovane che al giorno d'oggi voglia passarsela con onore in società. In una ben ordinata accademia che si volle dare pel suo arrivo, parecchie delle interne ed altre scelte tra le numerosissime esterne che frequentano l' Oratorio declamarono a memoria belle composizioni in prosa ed in poesia con tal grazia, spigliatezza e disinvoltura, da commuovere i molti invitati e da riscuotere generali applausi.
Di questo bene, dopo a Dio ed alle Figlie di Maria che consacrano la loro vita, ne siano pur rese grazie alla Marchesa Borea-Spreti, che graziosamente pose a nostra disposizione i locali necessari non solo per l'Orfanotrofio e l'Oratorio festivo femminile, sibbene anche per l' Oratorio maschile, pel quale si spera presto di mandarvi alcuni Salesiani.
I Cooperatori di Faenza raccolti nella Cappella dell'Istituto Salesiano.
(Dall'Unione di Bologna).
Il 4 Maggio alle 10 del mattino la chiesa dell'Istituto Salesiano di Faenza era tutta occupata da zelanti Cooperatori, accorsi in buona parte dalle città circonvicine. Ricevuto Monsignor Vescovo Cantagalli a suon di banda , fu accompagnato nel presbitero, dove il Rettor maggiore dei Salesiani tenne Conferenza. Narrò rapidamente la storia degli Oratorii e degli Ospizi salesiani, enumerò quelli fondati dopo la morte del compianto Don Bosco, e ne dimostrò la opportunità ai nostri giorni, chiamandoli un porto di salvezza per la gioventù povera ed esposta a mille pericoli di pervertimento. S'alzò quindi Monsignore, e con acconcia parole dimostrò quanto importi che si sostenga questa benefica istituzione. - Chi sarà, diceva, chi sarà fra pochi anni padrone del mondo? Questi giovani. Fra poco noi non vi saremo più, ed essi formeranno la società. E questa sarà buona se essi saranno educati bene. Guardo questi giovani, crescente generazione, guardo a voi che vedo convenuti in gran numero e mi date a dimostrare che siete persuasi anche voi che il bisogno de' tempi nostri è la educazione de' figli, non solo l'istruzione di cui oggimai non difettiamo più.
- L'educazione importa uomo perfezionato; essa infonde il carattere della virtù, e virtù dal vis latino significa forza, e forza che conduca a Dio; ecco che cosa importa educazione. Ma crescono oggi educati i giovani? Oh ! purtroppo essi crescono senza freno e vanno per la peggio. Un giorno lessi un libro che aveva per titolo : Facciamo l'uomo. Questa frase vale per noì : sì, facciamo l'uomo. Quando la Grecia era minacciata da estrema ruina si unirono i grandi per porvi rimedio. Tutti dissero qualche cosa, solo un vecchio se ne stette mutolo. Invitato a parlare gittò a terra al cospetto dell'assemblea un pomo fradicio e disse : in questo pomo non tutto è guasto, ma ancora serbonsi sani i semi, poneteli in buon terreno e vedrete che frutteranno. Salvate la gioventù, educate bene i giovani e salverete la patria. La Grecia cadde perchè non ascoltò il savio consiglio , Ciò che essi non seppero o non vollero fare facciamolo noi. In questo sta specialmente l'opera dei preti di Don Bosco. Ma questi prodi educatori, traboccanti di carità, hanno bisogno dell'opera e dei mezzi vostri, carissimi figli. Essi hanno un ramo della carità, voi abbiatevi l'altro ramo. Dirò che la carità che fate loro vi sarà grandemente ricompensata, perchè se Gesù Cristo ha detto che chi dà al povero dà a lui, come non terrà dato a sè quello che vien dato ai fanciulli che erano le sue particolari delizie
- Ecco che cosa posso dire a voi di cui conosco la bontà, che siete miei figli e che tutti porto nel cuore.
- E (volgendosi ai convittori) voi, cari giovanetti, conservatevi buoni, di voi abbisogna la società. In questi tempi, in cui tanti che dovrebbero cercare il bene dei giovani cercan di strappar la fede daì loro teneri animi, noi, carissimi figli, noi dobbiamo fare il contrario. E io dico a me : ecco i giovani che porranno una diga al male che innonda ; guardo a voi e spero bene della mia patria. Mi congratulo con voi e colla mia cara Faenza, e formo un voto, e questo è che cresciate su buoni, e quest'augurio estendo alle altre città vicine e alle città tutte dell'Italia nostra.
Tra i canti religiosi, ho notato il non facile Laudate pueri del cavalier Capocci, eseguito dai giovanetti con abilità e grazia.
La sera poi i giovani alunni vollero onorare il Superiore dei Salesiani con letteraria accademia. È inutile il dire che i faentini, come sempre, vi si recarono in numero straordinario ; e questo prova che amano il bello unito a virtù. Erano presenti illustri e benemeriti personaggi della città, ed insigni benefattori della pia opera.
I Salesiani di Parma in Festa.
(Dalla Sveglia).
Ha ospitato in Parma per pochi giorni il Successore di Don Bosco, il R.mo Don Michele Rua, Rettore Maggiore della Congregazione Salesiana.
Ha tenuta la Conferenza ai Cooperatori in S. Benedetto mercoledì 6 maggio , e nel giorno dell'Ascensione recitava un sermone analogo alla solennità ed impartiva ad un popolo affollato la benedizione eucaristica.
Intanto nell'attiguo Collegio tutto era animazione, attività, allegria per preparare un trattenimento ad onore dell'ospite desideratissimo : e verso sera si dava incominciamento col suono del nuovo concerto dei giovani dell'Oratorio. Quei bravi giovanetti riscossero prolungati applausi dai moltissimi spettatori dell'uno e dell'altro sesso, sacerdoti e laici , che facevano corona al degno Successore di quel santo uomo che fu Don Bosco. - Pareva che tutto fosse terminato, ed ognuno, lasciata la sala del trattenimento, si accingeva a far ritorno alle proprie case; ma quale sorpresa per tutti, allora che, entrati nel cortile interno, videro come per incanto preparata una illuminazione ! Centinaia di lumi scintillanti posti a disegno ed una quantità di palloncini colorati davano un aspetto incantevole a quel luogo , ove tutti i convenuti si arrestarono per godere di nuovo i suoni del piccolo concerto ed assistere all' ascensione di globi areostatici. Anche qui i battimani ai giovani, ai Salesiani , all'instancabile Direttore del Collegio, a Don Rua furono molteplici, ed ognuno tornò a casa benedicendo il Signore che per mezzo dei Salesiani ha procurato alla nostra città il modo di tener lontana tanta cara gioventù dagli artigli delle sétte che congiurano alla loro rovina.
ALLA COLOMBIA Lettera di D. Evasio Rabagliati
(seguito)
Una prece sulla tomba del Confratello - I Cooperatori Salesiani di Caracas - Una futura Casa Salesiana a Maiquetia.
Dopo che i Sacerdoti ebbero celebrata la Messa e gli altri fatta la santa Comunione, in suffragio dell'anima del nostro caro Eterno, discendemmo a terra a visitare la città. Ma l'ansia principale era di correre al cimitero, ed inginocchiarci su quella tomba che guarda le spoglie del confratello ed amico estinto ; il che si fece, dopo aver visitato il piccolo ospedale, ove fu raccolto gentilmente dal dottor Machado, vista la stanza dove spirò e gli servì di cappella ardente , e ringraziate le Suore della carità usata ai nostri Salesiani nel gennaio dell'anno scorso. La tomba, senza essere di lusso, è certamente la più bella e gentile che si trovi in tutto il cimitero. Fatta una fervorosa preghiera a' piedi di quella croce, si ritornò alla Guaira, per prendere il treno che in poco più di due ore ci doveva portare alla capitale, col fine principale di ossequiare l'Arcivescovo, e col secondario di curiosare un poco e conoscere quella capitale della Venezuela.
La ferrovia che mette in comunicazione il porto della Guaira colla capitale della repubblica, Caracas, è certamente un capo d'opera nel suo genere; il celebre Ferdinando di Lesseps ebbe a chiamarla la via ferroviaria più arrischiata e difficile del mondo. Per fortuna il tragitto è corto ; e nella contemplazione di quelle meraviglie che ad ogni momento si presentano alla vista, passarono poco più di due ore, quando ci trovammo in Caracas , ricevuti , festeggiati, magnificamente trattati dal nostro grande ammiratore ed amico, il dott. Arteaga. La prima visita, come era di dovere, si fece a S. E. R.mo Monsignor Arcivescovo. Ci ricevè come un padre riceve i figli ; l'unico argomento trattato in quel breve intrattenimento fu : I Salesiani in Caracas. Alle nostre evasive rispondeva sempre con una affermativa , e finì con dire esser suo desiderio di trattarne presto personalmente coi Superiori di Torino. Presa la sua benedizione, tornammo al nostro alloggio in casa del dott. Arteaga, dove si passarono lunghe ore in amena conversazione, parlando di Don Bosco e dei Cooperatori della Venezuela. È veramente cosa mirabile trovare in questa terra Americana più di 2000 Cooperatori e Cooperatrici; tutto è frutto dello zelo del dott. Arteaga, sostenuto e coadiuvato nella sua opera di propaganda dal dott. Monteverde. In ogni città e paese, anche più remoto della capitale, stabilirono centri di Cooperatori, coi quali mantengono attiva corrispondenza; si fanno dappertutto le riunioni e conferenze che i regolamenti prescrivono ; il Bollettino è ricevuto e letto con entusiasmo da più di 2000 famiglie che, piene di generosità per l'Opera Salesiana, mandano, poi il loro obolo a Torino. È fra loro, tra così buoni amici che moriva il caro confratello Giuseppe Eterno !
Nel giorno stesso che noi passammo alla Guaira, si fece scrittura pubblica per compra di un terreno in Maiquetia, piccolo paese vicinissimo alla Guaira nel cui cimitero fu sepolto il nostro Eterno, dove si innalzerà un edilizio con chiesa per i Salesiani, tanta è la certezza che hanno questi Cooperatori di averci presto o tardi in mezzo a loro. Oltre a ciò il dottor Arteaga aveva in pronto una buona limosina da mandare a Torino per il sostenimento delle nostre missioni della Patagonia e Terra del Fuoco. Prima d'imbarcarci il dott. Monteverde ci volle con lui a pranzo e non fu possibile rifiutare così gentilissimo invito. Quindi , di buon mattino, celebrata la Santa Messa in Caracas, si visitò in tutta fretta la Cattedrale, il Seminario, i monumenti principali della capitale; e sempre accompagnati dal dott. Arteaga, che in quei due giorni non ci lasciò un momento, ritornammo alla Guaira.
Per pagare in parte il debito contratto con quei buoni amici, per tante cortesie ricevute in quei giorni, prima di separarci, volli lasciar loro qualche memoria di Don Bosco, ed un centinaio di medaglie di Maria Ausiliatrice. Aveva indovinato; fu il più prezioso regalo che loro avessi potuto fare. Il Signore rimuneri quei buoni e zelanti Cooperatori della carità che ci hanno usata in tutti quei giorni.
A Cartagena incominciano i fastidi - Arrivo del vaporino Bismark - Tristi pensieri.
In Puerto-Cabello fu breve la fermata ; e l'8 di Marzo alle 10 del mattino arrivammo a Cartagena. Quanto son mai fortunati i Salesiani nei loro viaggi ! per ogni dove trovano amici e fratelli carissimi. Colà ci attendeva, in nome di Monsignor Biffi, il suo segretario Don Pietro Brioschi, che tutti ci abbracciò come se fossimo antichi conoscenti; e pensando a tutto, al nostro bagaglio, alle nostre casse, al nostro trasporto, liberandoci così da ogni molestia, che non sono poche in un porto di sbarco, ci condusse tutti all'Episcopio, che sarà presto, sperano , la futura Casa dei Salesiani. Ricordare qui tutte le gentilezze usateci da Monsignor Biffi mi porterebbe troppo in lungo ; basti il dire che in sette giorni non permise che alcuno dei dodici, che eravamo, prendesse alloggio e vitto fuori di casa sua.
Le nostre proteste furono inutili ; tutto era già preparato, letto, tavola e per tutto il tempo richiesto. Ben potevamo restare là sette settimane, chè nulla ci sarebbe mancato del necessario. Quanto amore in quel suo cuore per noi!
In Cartagena per altro incominciarono i nostri fastidi; in nessun modo si poteva continuare il viaggio, nè noi, nè le nostre casse; il dique, piccolo canale che mette in comunicazione il porto di Cartagena col fiume Maddalena in una borgata detta Calamar , era del tutto secco, non avendo più piovuto durante sei mesi, e bisognava aspettare le pioggie di Aprile o di Maggio, perchè il canale fosse navigabile. Questa fu la più brutta notizia che potessimo ricevere in Cartagena, e quella che più io temeva. D'altronde quivi trovai varie lettere da Bogotà, pregando e supplicando che senza dimora seguissimo il nostro viaggio alla capitale, per affari urgenti colà pendenti. Che fare? Aspettare indefinitivamente, finchè le pioggie si degnassero visitarci, mi pareva cosa troppo lunga e troppo seria; nessuno di noi poteva rassegnarsi ad una fermata di un mese e forse più fuori di casa e senza occupazione. D'accordo con Monsignore, si approfittò di un vapore che andava a Sabanilla (porto principale del fiume Maddalena) ed in dodici ore, con cattivissimo tempo e peggior trattamento, siamo giunti colà con pochi bauli di roba; il grosso delle casse restò in Cartagena, dove andrà poi di proposito un vapore della compagnia fluviale per trasportarcelo fino a Jeguas, al piè della montagna ; ma bisognerà aspettare che il cielo ci faccia regalo di qualche grossa pioggia ; fino allora vi sarà il sequestro per i nostri 174 cassoni di macchine. Pazienza! contro l'impossibile non si può lottare. In
Barranquilla aspettammo due giorni che un vapore ci portasse fino al piè della montagna... Arrivò finalmente avviso che si sarebbe messo in viaggio un vaporino della compagnia fluviale che porta il nome d'un famoso diplomatico europeo, Bismark. Nostro rincrescimento si era che prevedevamo di non poter giungere a Bogotà, per il giorno di Pasqua. Pazienza ! dicemmo ; se ci toccherà passarlo sul più alto della montagna, ci figureremo di trovarci sul Golgota, ed assisteremo in ispirito alla gloriosa risurrezione di Nostro Signor G. C
A Barranquilla - Uno strano episodio - Pericoli e ritardi.
Rio Maddalena. Venerdì Santo del 1891.
...Passare la settimana santa , tutta la settimana santa, prima di giungere ai piè della montagna, era l'ultimo dei miei pensieri. Pazienza! vi arriveremo domani, sabbato santo, verso sera, e passeremo in Honda il giorno di Pasqua, non essendo possibile nè conveniente incominciare un viaggio di montagna in giorno così solenne.
Abbiamo lasciato Barranquilla dopo 48 ore di fermata. Non ho ancor potuto parlare di questa città, che pare non abbia alcunchè di attraente. È piena di stranieri, e di questi stranieri i più sono protestantì. Malgrado i suoi 30,000 abitanti, non ebbe per moltissimi anni che un solo prete per il servizio religioso. Come poteva un uomo solo, con tutta la sua carità ed il suo zelo , servire di argine al torrente dei vizi che irrompevano da ogni parte, principalmente dagli Stati Uniti e dalla Germania? Adesso sono tre i Sacerdoti che lavorano in quel campo aridissimo, tenuti là da M.gr Biffi, anche con discapito di altre popolazioni prive affatto di assistenza religiosa; ma il nemico era già penetrato nella fortezza, ed aveva fatto suo il campo. Per meglio tradire, senza lasciar scorgere la mano che feriva, aveva il Protestantesimo in Barranquilla eretto il suo tempio, i suoi asili, le sue pubbliche scuole, e sparso a mani più o meno piene il suo oro ; è così che riuscì a farsi padrone della piazza. Il Dottor Valiente, che regge adesso quella parrocchia, valente davvero di nome e di fatto, perchè zelantissimo nel sacro ministero, fa sforzi sovrumani per sloggiare il nemico, ma ci vorrà del tempo ed abbisognerà d'altri aiuti. Vi sono, è vero, le Figlie della Carità, che mantengono in fiore un ospedale ed una scuola per le bambine, ma è troppo poco al bisogno.
A proposito di Barranquilla, voglio contare un fatto che per la sua originalità ben merita di essere riferita. Mentre una mattina mi trovava nell'ospedale, dopo d'aver detto la santa Messa , si presenta un signore alla Madre Superiora, colla quale stava io in quel momento conversando. Dopo i convenevoli -
Sa, dice, R. Madre, quello che succede? Abbiamo in città sei corsari travestiti da prete, per sfuggire così camuffati alla giustizia che li cerca. E questo il tema di tutti i parlari della città da due giorni. Stia in guardia da siffatta gente, glie lo dico per suo bene, perchè si vocifera anche che qualcuno di tali corsari venne qui all'ospedale per celebrare la santa Messa. - Si figuri la mia sorpresa al sentire tali cose. - Ma, interrogò la Madre, come si sanno mai in città queste cose? - È naturale ; furono visti due giorni sono sbarcare in Sabanilla e dirigersi a Barranquilla. Or bene essi sono quei corsari, che settimane or sono sostennero lotta così furiosa colla polizia di Cuba. Avendo avuto la polizia sentore che quei famosi corsari si erano imbarcati a bordo di un piroscafo Norte Americano diretto a Colombia , li credè in gabbia, e s'imbarcò pur essa per prendere i merlotti. In alto mare si fece l'intimazione di arrendersi tutti in nome dell'Autorità; ma essi risposero col remington e revolver e la difesa fu così accanita che cinque di loro restarono morti su quel campo di battaglia ; uno solo scappò alla morte, ma non alle manette. - E diceva tutto questo con calore, quasi fosse stato attore o almeno testimonio di quella tragedia, senza avvedersene il buon uomo degli strafalcioni madornali che diceva. Questo racconto dapprima faceva strabigliare la buona Madre, la quale per altro accortasi dell'esaltamento di quella testa e dell'affastellamento d'idee spropositate : - Ma come, interrogò, come sono mai qui quei terribili corsari se restarono quasi tutti morti in quel combattimento che lei dice? - Tableau ! ! ! - La tragedia si cambiò in comedia; uno scoppio di grasse risa mortificarono talmente quel poverino, che ammutolì all'istante; perchè come fare a trattenere le risa, al sentire tali spropositi? Se le dicerie fossero così pubbliche e generali come ebbe a dirlo quel dabben uomo, io non volli verificarlo ; ma il fatto quasi lo meritava per la sua eccezionale originalità.
Il settimo giorno, della nostra navigazione, sul Bismark, il più bello dei venti vapori che ha la Compagnia fluviale, verso sera d'un tratto una scossa mette sottosopra tutto l' equipaggio dal capitano fino all' ultimo marinaro. Che succede? qualche cosa di serio certamente. Il piroscafo si ferma istantaneamente. Il capitano fissa gli occhi in un punto della nave, vien pallido nel volto e si mette le mani nei capelli. Aveva dato della chiglia in un banco di sabbia, e s'erano aperti due grossi buchi a prora. Già si vedeva nella sentina scoperta, quasi un metro di acqua entrata là in pochi minuti. L'affare era più serio di quello che si credeva. Per altro il pericolo non era nè per noi, nè per tutti i passeggeri, chè avevamo la riva a dieci metri di distanza; il pericolo era per il piroscafo e per tutto quell'enorme carico che portava. A Dio gra zie, poterono turare i buchi e togliere colle pompe l'acqua già entrata. Ma tutto questo richiese tempo e lavoro ; e noi non potemmo ripartire che dopo 36 ore ; tempo richiesto perchè venisse un altro vapore a caricare noi e le cose nostre. Era il Ricaurte, assai più piccolo del Bismark, ma anche assai più sicuro nelle circostanze in cui navighiamo. Lasciammo che il Bismark ritornasse a Barranquilla a medicarsi le ferite, e noi, in miglior stato di lui certamente, continuammo il nostro cammino.
Altro pericolo corse su questo fiume un nostro Catechista. Una bella sera, mentre in un porto si caricava della legna (che tiene le veci del carbone) gli venne voglia di scendere a prendere un po' d'aria fresca sulla sponda del fiume. Poveretto! Quasi quasi si prendeva invece un bagno fresco. Sul piccolo ponte posticcio gli scivolò un piede , perdè l'equilibrio, e cadde. Per gran fortuna., varii marinai occupati a caricare legna, lo ricevettero nelle loro braccia e lo portarono in salvo. Fortunato lui e noi, giacchè non avrebbe solamente preso un bagno, ma sarebbe stato buona preda per gli enormi coccodrilli che rondavano il bastimento. « In questo sito è dove i coccodrilli sono in maggior numero, ci dicevano poi i marinai, e sono anche i più furiosi. È poco tempo che una povera donna venne qui alla sponda per riempire la sua anfora di acqua, e mentre si occupava in questo, fu presa per un braccio da una di queste bestiaccie e portata nel fiume per farne suo pasto. »
Fin qui le piccole avventure di mare e di fiume ; ora ci attendono altre sulle montagne. Siano pur rese grazie di cuore al Signore ed alla Madonna Ausiliatrice che con tanto amore vigilarono su tutti noi in questo interminabile viaggio, e ci condussero sani e salvi fino quasi al termine di esso.
Fra i molti lavori d'abbellimento, che già compieronsi nel Santuario di Maria Ausiliatrice, meritano special menzione ventidue così dette lesene. Misurano ciascuna metri 8,00 d'altezza per 0,62 di larghezza; sono ornate di ricchi candelabri, eseguiti a stucco in bassorilievo dello stile rinascimento, con ornati e trofei allegorici alla Chiesa. Si pose sommo studio nell'ottenere esatta armonia sì nel disegno come nel rilievo, cercandovi con scrupolo un'intonazione giusta nell'assieme.
Nasce ciascuna lesena da una base solida per lo più fatta con linee architettoniche, e poi con ornati che dalle forme robuste vanno a finire con maggior leggerezza sia nella movenza che nel disegno.
All'altezza di metri 2,55 dalla base, per ogni lesena, due putti alati sorreggono una cartella su cui campeggia la croce rossa su marmo bianco, la quale segna la consacrazione della chiesa, e da questa cartella partono due palme che con un ornato fanno base alle singole Stazioni della Via Crucis rappresentate in quadri in rilievo. Queste Stazioni della Via Crucis sono opera dello scultore torinese sig. Erbetta Giuseppe , e furono eseguite nella scuola di scoltura del nostro Oratorio di Torino, dalla quale avemmo già stupendi lavori d'arte. Ciascun quadro della Via Crucis misura metri 0,77 per 0,56.
Sopra la Via Crucis parte un nuovo sviluppo di ornati, che legati insieme da motivi sempre diversi nelle forme di disegno e rilievo arrivano alla estremità superiore.
Eseguite con varietà di soggetti, vanno tuttavia accoppiate una di fronte all'altra. Spicca nelle prime due laterali all'altare di San Pietro la tiara pontificia con uno stendardo sul quale sta scritto Lepanto, ricordo della vittoria riportata ai tempi di Pio V, per intercessione di Maria SS. Ausiliatrice, sopra i Turchi. Su quelle laterali all'altare di San Giuseppe campeggiano i gigli ed uno stendardo su cui vi ha la croce. Quelle laterali alla balaustrata dell'Altare Maggiore portano, fra gli ornati, spighe di grano e grappoli d'uva per simboleggiare la SS. Eucaristia e finiscono con un'ostia raggiante. In quelle poi laterali all'Altare Maggiore spicca un intreccio delle iniziali M. A. con ornamenti varii ed una corona di stelle. In altre stanno benissimo legate assieme fiaccole con turiboli fumanti, e sopra una mensola posa un libro aperto ; come in altre ancora si distacca una testa di putto, dalla quale vi pendono vasi e oggetti sacri.
Alle otto lesene che non hanno quadro della Via Crucis, gli ornati partono dal gruppo dei putti, e armonizzati nel rilievo arrivano a completare il lavoro come le altre. Si studiò che tutte le lesene avessero alle medesime altezze il loro sviluppo di disegno e forza di rilievi sia nello sboccio dei rosoni, come negli emblemi e pendoni di frutta, fiori, fogliami d'alloro e panneggiamenti.
Sono queste lesene opera dei due fratelli Giovanni e Carlo Borgogno di Torino (1) già allievi di Don Bosco. Affezionati e riconoscenti al loro benefattore, cercarono con tutto l'impegno possibile di eseguire lavori, che per arte gareggiassero con i non meno pregevoli in questo tempio eseguiti dagli altri egregi artisti, che già altra volta ricordammo.
(1) Studio di intagli e stucchi. via Bertola, 42, Torino
I Figli di D. Bosco a Dinan.
Poco numerose sono in Francìa le Case del venerato D. Bosco; ve ne sono due o tre al mezzogiorno ; una è a Lilla, un'altra a Parigi, e punto fermo. Credo che tutto finisse lì fino a pochi mesi or sono. Senonchè, proprio al 1° di gennaio , come mandatici dal Cielo in istrenna, tre figli di colui che fu chiamato sì giustamente il S. Vincenzo de' Paoli del nostro tempo, fecero il loro ingresso nella nostra Brettagna.
Siano i benvenuti ! - Essi erano stati chiamati a Dinan ; si offrì loro un locale vasto e bello, già appartenente al Circolo Cattolico. E i nuovi operai evangelici si adoperano a trasformarlo in una specie di scuole professionali, dove saranno ricevuti i poveri fanciulli orfani, di età non inferiore ai 12 anni.
Là, questi fanciulli, sotto una guida intelligente e amorosa, acquisteranno le cognizioni necessarie per potersi poi guadagnare onoratamente il pane quotidiano ; e qualcuno anche, chiamato all'apostolato, andrà ad accrescer le file dei Missionari Salesiani nelle lontane terre della Patagonia. Giacchè i figli di D. Bosco non conoscono limite nel loro zelo : sono missionari e ad un tempo maestri, operai, artisti , secondo i bisogni della carità. Nessuna lettura è più attraente del Bollettino mensile delle Opere Salesiane ; vi si fa, sto per dire, il giro del mondo, e vi si respira il profumo della gioventù , la gioventù d'un istituto religioso, il profumo della fede ingenua e più profonda, della speranza più viva, della carità più ardente. Il Bollettino è destinato pei Cooperatori Salesiani, ossia ai benefattori di qualunque condizione essi siano, grandi e piccoli, poveri e ricchi : poichè tali istituti hanno bisogno per vivere dell' elemosina di tutti ; i giovani affatto abbandonati, privi d'ogni mezzo di sussistenza, vi sono ricevuti gratuitamente ; dagli altri poi si richiede una qualche retribuzione, che però serve solamente a pagare i piccoli debiti personali.
D'altronde, quante spese ci sono da fare ! Tutto resta a fare ancora a Dinan : tramezzi, scuole , laboratorii , cappella. Perciò si può inviare colà in elemosina qualunque cosa , vestimenti, libri, utensili, sicuri che ogni cosa sarà utile : perfino musica. La casa è vuota: ne parlo perché l' ho veduta. Tutto dunque sarà ricevuto volentieri.
Niuno pensi che questa sia una casa di pena o di correzione ; oh no certo. Il ragazzo che vi entra deve presentare buoni certificati la casa di Dinan , come tutti gli Ospizi di D. Bosco, è un asilo, un rifugio per la povera gioventù , dove la disciplina è amorevole, paterna.
« Di quante dolcezze è priva la vita di questi poveri ragazzi ! mi diceva quel carissimo Direttore ; ed è per questo che noi facciamo di tutto per compensarneli con altrettanto affetto. »
È questa una caratteristica dell'Opera di D. Bosco. Né si può tacere di quello spirito di pietà, che è l'anima di questa istituzione, e al quale si lascia larga parte nella vita dell'Oratorio (è questo il nome degli asili Salesiani). I risultati sono meravigliosi : prova evidente della celeste benedizione.
Non è molto, e sulle colonne stesse dell'Espérance, noi aprivamo una sottoscrizione, in questa nostra buona città di Nantes , a favore dei poveri Carmelitani di Sydney, a cui fu corrisposto con generose offerte. Noi non siamo esclusivi : quanto a me, oso sperare che i cuori dei miei concittadini si apriranno a favore dell'Oratorio di Gesù Operaio (in Dinan, via Beaumanoir) - e che l'ospitale Brettagna darà una novella prova della sua nobil fama. Forse qui non ci sono le ricche borse, i grossi portafogli di Lilla, la ricca città industriale ; ma non vi è certamente minor carità. - Vorrei aggiungere ancora che in Brettagna le Opere per l'educazione dei giovani artigiani sono pressocbè sconosciute ; non ci sono che colonie agricole o case di correzione.
Perciò l'Oratorio di Dinan risponde a un vero bisogno ; che se una parte della classe operaia uscisse da questa Casa di D. Bosco, per certo non avremmo a temere la rivoluzione sociale nel nostrò paese.
E. des B.
(Dall'Espérance du peuple de Nantes).
Festa Scolastica nel Vescovado di Parma.
La scuola di religione fondata in Vescovado da Mons. Giovanni Andrea Miotti nostro veneratissìmo Vescovo, veniva per quest'anno terminata il 21 Maggio , colla solenne distribuzione di bellissimi premii ai giovani che più si distinsero per assiduità e profitto. S. E. Mons. Vescovo, ai cui lati sedevano S. E. Mons. Benassi e molti distinti membri del Clero e del Laicato, lesse un forbito discorso sugl'immensi vantaggi che arreca lo studio della religione, e terminò
invitando il numeroso e sceltissimo uditorio ad un evviva ai figli di Don Bosco, che tanto si prestano in quelle scuole. Poscia quattro giovani studenti della facoltà Teologica nel Seminario Urbano declamarono componimenti poetici, esaltando le glorie della religione, celebrando la fecondità del cattolico insegnamento, ed invitando i giovani ad ammirare in Luigi Gonzaga, di cui quest'anno ricorre il Centenario, il modello della virtù e della cristiana perfezione. Il colto e gentilissimo uditorio applaudì moltissimo a questi giovani, ed a ragione perchè essi si mostrarono veramente bravi. Nel nostro Seminario lo studio delle belle lettere tanto raccomandato dai Santo Padre, è coltivato con amore come quello delle scienze ; ed i frequenti saggi che ne sanno dare gli allievi, ne è bella e consolante prova.
(Dalla Sveglia).
SALUTE E MEDICINA
OSSIA
Guida popolare alla conoscenza del corpo umano , dei mezzi per conservarlo sano e per ripararne i disordini con immediati soccorsi.
Un vol. in-16° gr. di pag. 432, con tavole
Già da parecchi anni presso le nazioni più civilizzate, compresa l' Italia, si istituirono alcune scuole, a scopo di insegnare alla popolazione i mezzi valevoli a soccorrere, in caso di urgenza, un ammalato, e ad assisterlo convenientemente sia in un Ospedale, sia in famiglia, come già si pratica in Torino colla scuola per gli Infermieri, diretta dal distinto Clinico e scrittore Dottor Calliano Carlo.
Ora, se cotanto giova l'istruire in proposito il cittadino, malgrado trovisi con tutta facilità in condizioni di avere in pronto quasi ad ogni istante e Medici, e Farmacie, chiunque dovrà ammettere essere non solo necessario, ma indispensabile l' istruire con scritti, giacchè non si può fare altrimenti con apposite scuole, gli abitanti dei piccoli paesi e delle grosse borgate, sprovvisti e lontani dai Sanitarii e dalle Farmacie, il Viaggiatore, l'Emigrante, il Missionario, il Soldato in remote regioni, lontani da ogni consorzio e soccorso umano.
A questo intento soddisfa il libro - Salute e Medicina - del Dottore Giov. ALBERTOTTI, in cui sono in breve descritti gli organi e le funzioni del corpo umano, coll' aiuto di opportune incisioni anatomiche, - si danno le principali nozioni di igiene riguardo al vitto, agli abiti , al lavoro, ecc., - le nozioni indispensabili pel soccorso d'urgenza in caso di una ferita, di una morsicatura, di una perdita di sangue, di un avvelenamento , ecc., - le nozioni per l' assistenza di un ammalato ; - havvi una nozione generale di tutte le malattie più comuni , e conosciute nei climi temperati, comprese le malattie mentali, ed il modo di comportarsi in queste dolorose circostanze ; - havvi una nozione completa delle malattie più frequenti ed interessanti nelle regioni calde ed intertropicali, - e finalmente soavi le nozioni più importanti intorno alle disposizioni anti-igieniche delle case rurali, ed al modo di ripararvi.
Questo libro poi ideato specialmente per favorire l' istruzione della popolazione rurale, priva di Medici e Farmacie ; indica pure i rimedii ed istrumenti più usuali e meno costosi da provvedersi e ritenersi in un piccolo armadio portatile per servirsene in caso di urgenza.
Mettendo in pratica gli insegnamenti di questo libro si potrà sempre dar tempo alla chiamata del Medico, anche in lontana dimora, senza mettere in pericolo la vita dell' ammalato, e si eviteranno tanti erróri volgari, per cui non rare volte si fa più male coll' intenzione di far bene, che non rimettendosi alla semplice aspettativa.
AVVERTENZA.
A titolo di Società cooperativa, conviene far acquisto da qualsiasi farmacista, in comunione cogli abitanti dei centri, dei paesi e delle grosse borgate, sprovviste di Medici e farmacie, dell'Armadio portatile coi relativi medicamenti ed istrumenti, consegnandoli poscia in custodia o del Parroco, o del Sindaco, o del Maestro , o della Maestra ecc. ; i quali in caso di disgrazia indicheranno tosto i mezzi necessarii da adoperarsi sul momento, servendosi del contenuto in detto Armadio.
Con pochi centesimi da spendersi da ciascheduna famiglia per una volta tanto si può provvedere ad una disgrazia qualunque.
Il presente volume è vendibile dalla Libreria Salesiana di Torino al prezzo di L. 3.75 franco di porto, mediante l'invio di vaglia o cartolina postale.
(Dal Corriere Nazionale).
1. Achille D. Domenico, Parroco - Villanuova (Brescia)
2. Azonno Gaspare n. Aubert- Torino. 3. Balma D. Michele - Sparone (Torino).
4. Barberis Giuseppina - Carignano (Torino).
5. Benerini Catterina - Spezia (Genova).
6. Berretta C. D. Giuseppe, Arciprete - Motta dei Conti (Novara).
7. Bonelli Battista- Sabbio Chiese (Brescia).
S. Bonino Alvaro, R. Ispettore Scol. in riposo - Caraglio (Cuneo).
9. Bosinelli Marino - Legnago (Verona).
10. Bosso Benedetto - Geloso (Torino). 11. Brusa D. Francesco, Parroco - Cavaglione (Milano).
12. Buzzetti. Carlo - Torino.
13. Caprera P. Gins. Ant. Carmelit. S. - Noto (Siracusao
14. Carminati D. Stefano - Trigolo (Cremona).
15. Cesati B. n. Frigerio - Napoli.
10. Corna D. Flaminio - Rivarolo C.
17. Duprè Fontana B.ssa Laura-Torino. 18. Faroldo D. Leopardo, Canonico - Ventimiglia (Porto M°).
19. Fasoli Carlotta - 5. Pietro Ineari ano (Verona).
20. Galvagno-Gatti Vincenza - Torino. 21. Gatto Giuseppe- Varazze (Genova). 22. Ghiotti Edoardo - Mondovì Piazza (Cuneo).
23. Giannini D. Pietro, Parroco - Vitolini (Firenze).
24. Gilardi Maria Ant. - Gerra Gaia. barogno (Svizzera).
25. Godo Luisa - Maggiate Inf. (Novara).
26. Grattarola Mariani i - Ponzone (Alessandria).
27. Imberti Enrico - Cavour (Torino). 28. Maffei D. Giuseppe, Parroco - Maggiate Inf. (Novara).
29. Menegoi Maria - S. Pietro Incariano (Veronao.
30. Nicolis Rosa - (Verona).
31. Polli D. Francesco, Rettore - Torre d'Isola (Pavia).
32. Rossi P.e Liberio Obb. Miss.o - Rho (Milano).
33. Russo Ruggero - S. Ferdinando di Preglia (Foggia).
34. Russo Galletto Natalina - Id. (Id.). 35. Sani Cecilio - Bagnacavallo (Ravenna).
36. Simonelli Avv. Giov. - Spezia (Genova).
37. Sottetti Maria, Maestra - Crevacuore (Novara).
38. Sottimano Delfina - Gravanzana (Cuneo).
39. Sugari Antonio - Brescia.
40. Tani D. Gaetano - Marrara (Ferrara).
41. Terrazzi D. Celestino - Gattino (Novara).
42. Trevisani Bernardo - S. Pietro In cariano (Verona).
43. Vesco D. Giovanni - Marano (Venezia).
44. Zambetti D. Angelo, Parroco- Piacenza).
45. Zanella Teresa - Lonigo V.to (Vicenza.
46. Zanni Dorotea - Montecchio Maggiore (Vicenza).
Per norma dei nostri Cooperatori e per non incorrere in sopratasse a causa di francobolli insufficienti, pubblichiamo le seguenti disposizioni Governative
Col giorno 30 giugno corrente cesseranno d'aver corso: a) i francobolli per la corrispondenza da cent. 30 e 50 , trasformati in altri per corrispondenza da cent. 20; b) i francobolli come sopra, da lire 5 istituiti con l'articolo 132 del Regolamento generale pel servizio delle poste, approvato con decreto 30 giugno 1889; e) i francobolli speciali per i pacchi, trasformati in altri per corrispondenza da cent. 2; d) le cartoline per l' estero da cent. 15 e 30 e trasformate in altre per corrispondenza da cent. 10; e) le cartoline per pacchi da cent. 75, trasformate in altre per.pacchi da cent. 60. I francobolli e le cartoline di cui sopra sono ammessi al cambio a tutto il 30 giugno 1892. Il cambio dei francobolli dovrà essere fatto esclusivamente con altri francobolli, e quella, delle cartoline con altre cartoline.