ANNO XIX. N. 2 - Esce una volta al mese - FEBBRAIO 1895.
SOMMARIO.
UN FIORE SULLA TOMBA DI DON Bosco . 29 TUTTI AL CONGRESSO 30
PERCHÉ IL CONGRESSO • 31
CIRCOLARE DEL COMITATO PROMOTORE del primo Congresso Salesiano in Bologna . 32 APPROVAZIONE ED ADESIONE dell'Em.mo Cardinale Svampa e del Rev.mo Don Rua - 33
IL SOTTOCOMITATO DELLE SIGNORE BOLOGNESI per questo Congresso 34
L'OPERA SALESIANA IN ITALIA : Tre nuovi Oratorii festivi, a Milano, Castellamare di Stabia e Borgo San Martino . * . 38
INGHILTERRA: - Inaugurazione dell'organo nella Chiesa Salesiana di Battersea . 38
NOTIZIE DEI MISSIONARI DI D. Bosco: - Tre mesi di Missione nelle Cordigliere patagoniche e duecento sessantatrè novelli Cristiani. - Lettere di Mons. Lasagna intorno ai Coroados, selvaggi del Brasile. - Felice viaggio e festose accoglienze dei primi Salesiani partiti per la Venezuela. ecc. 40
NECROLOGIA : - Don Camillo Ortuzar . 48
GRAZIE DI MARIA AUSILIATRICE . . . 49 LE COMMISSIONI DEI COOPERATORI . . . 50 VARIETÀ 51
COOPERATORI DEFUNTI . . 55
(31 Gennaio 1895)
SE dolce e cara cosa ci torna ogni giorno dell'anno parlare di Don Bosco, nostro Padre amantissimo ed amatissimo, di grande conforto ci riesce al 31 gennaio, che ci ricorda la dolorosa sua dipartita da noi.
Sett' anni or sono, qual lutto, quale tristezza, quale desolazione ci apportava questo nefasto giorno ! La sua aurora veniva a rapirci chi noi più amavamo sopra la terra, l'amico dei nostri cuori, il padre delle anime nostre, il nostro più grande benefattore.
Oh! Don Bosco ! D. Bosco! di quanta rassegnazione avemmo allora bisogno ! Ed ora il nostro cuore si riconforta e si riempie di indicibile consolazione nel volare a quella benedetta tomba che racchiude le tue spoglie mortali. I mesti salici che la circondano, ci rinnovano bensì l' antico cordoglio, ricordandoci il grave lutto che ci accompagnò quando consegnammo alla terra l'amata tua satina ; ma le ridenti aiuole che le fan corona, ci rammentano le grandi virtù che tu, o Don Bosco, ci lasciasti e tuttor ci predichi colla tua incancellabile memoria.
Caro Don Bosco! sono passati sette anni dal giorno che tu volasti a Dio ; ma la tua dolce memoria, l'entusiasmo di amore che per te sentivamo, l' ardore nel lavoro onde noi cercavamo di consolare il tao paterno cuore, no, non si è punto spento in noi, anzi lo sentiamo ogni dì crescere più potente nell'animo nostro.
Tu volasti al riposo eterno, ma non ci abbandonasti. Noi ti sentiamo come nei giorni più belli del tuo terreno pellegrinaggio : ci par di vederti, di sentirti in tutta la messe in cui lavoriamo: il tuo spirito ci è sempre presente, il tuo cuore palpitante e vivissimo lo sentiamo nei nostri cuori: piantammo la tua bandiera in nuovi lidi, altre contrade si sono aperte al nostro umile apostolato, ma dovunque è Don Bosco che vive, è il tuo spirito che ci guida, è il tuo cuore che ci infiamma. O tomba benedetta, noi ti invidiamo quelle carissime spoglie mortali, ma lo spirito, ma il cuore del padre è sempre con noi.
Padre carissimo, accogli benigno i suffragi che con ineffabile pietà deponiamo su quest' urna e quelli che in tutte le chiese salesiane i tuoi figli innalzano a Dio per la tua memoria. Il riposo e la gloria eterna sia all' anima tua, e tu prega pe' tuoi figli che altro non cercano, altro non sospirano che di continuare ad estendere le mirabili tue opere e seguire i tuoi sapientissimi ammaestramenti.
Requiem aeternam dona ei, Domine ! Et lux perpetua luceat ei !
Come negli anni precedenti, il solenne funerale celebratosi il giorno 31 gennaio nella Chiesa di Maria Ausiliatrice in Torino in suffragio di Don Bosco attirò un bel numero di Cooperatori e di Cooperatrici a pregare per l'anima di questo nostro amatissimo fon. datore e padre. Vi fu pontificale ed i nostri cantori eseguirono con lodevole precisione Ta grandiosa Messa funebre a quattro voci del M. P. Terziani di Roma. - Nel pomeriggio fu un continuo andirivieni di figli e amici alla tomba in Valsalice per pregare la pace dei giusti all'anima benedetta dell'indimenticabile D. Bosco.
Benemeriti Cooperatori, Benemerite Cooperatrici,
CoN viva consolazione vi rinnoviamo l'annunzio che, a Dio piacendo, si terrà nella colta e gentile città di Bologna, nei giorni 23, 24 e 25 del p. v. aprile, il Primo Congresso dei Cooperatori e delle Cooperatrici Salesiane. Tale Congresso promosso da un Comitato d'illustri signori e da un nobilissimo Sottocomitato di signore di quella città, sotto l'alta protezione dell'Eminentissìmo loro Cardinale Arcivescovo Domenico Svampa, incontrò subito universale benevolenza e va preparandosi con intelligente studio ed alacre lavoro. Noi di gran cuore ne diamo lode a Dio, e con vivissima riconoscenza ne ringraziamo quanti vi poser mano con tanto affetto, e specialmente l'Eminentissimo Porporato che vi presiede con tanta bontà e cuore.
Cooperatori e Cooperatrici, noi non solo vi invitiamo tutti, ma vi attendiamo in gran numero a quel caro e solenne convegno di famiglia.
V'interverranno alcuni Eminentissimi Cardinali, parecchi Eccellentissimi Arcivescovi e Vescovi ed illustri e nobilissimi signori e dame appartenenti alla nostra Associazione da varie parti del mondo. Ci sarà dolce colà incontrarci coi principali protettori, benefattori e benefattrici dell'indimenticabile nostro buon padre D. Bosco e dei suoi umili figli. Sentiremo a ricordare gl'insegnamenti preziosi che il nostro amatissimo Fondatore ci dava per la salvezza morale e religiosa di tanta gioventù, e valentissimi oratori li svolgeranno a comune nostro ammaestramento ed edificazione. Si parlerà dello sviluppo delle Opere Salesiane e specialmente delle nostre Missioni per gli emigrati e per gl'infedeli, argomento che occupava tanto l'animo ed il cuore del compianto D. Bosco. Saranno toccati tutti gli argomenti più interessanti della nostra cara Associazione.
Il Congresso durerà tre giorni soli, ma saranno giorni d'ineffabile giocondità, una vera festa, in cui ci sarà dato di manifestare tanti affetti del nostro cuore. - Il lavoro sarà fatto parte in sezioni separate, nelle quali tornerà più agevole ai Congressisti il prendere la parola, e parte in adunanze generali. - La lingua ufficiale del Congresso sarà l'italiano, ma udiremo con piacere anche qualche breve parola in altre nobili lingue. - Saran pure celebrate solenni sacre funzioni, in cui alla maestà dei sacri riti vi si unirà scelta musica, eseguita da nostri allievi. Si sperano di ottenere speciali facilitazioni pei viaggi nelle ferrovie italiane. Altre notizie ed informazioni saranno date nel prossimo numero.
Per ora preghiamo quanti potranno intervenirvi, che abbiano la bontà di darne notificazione fin d'ora al Comitato Promotore di Bologna, od all'Eminentissimo Cardinale Arcivescovo di quella città, od a noi in Torino.
Quelli che non vi potessero intervenire, ma bramassero con gentile pensiero concorrere per le spese del Congresso, mandino pure la loro offerta per tale intento, che sarà accolta con molta riconoscenza. Ciò che sopravanzerà alle suddette spese, sarà devoluto alle Opere Salesiane, quindi non si abbia scrupolo nel dare.
Raccomandiamo infine vivamente a tutti, che si preghi con molto fervore il buon Dio, interponendovi la validissima intercessione di Maria SS. Ausiliatrice e di S. Francesco di Sales, onde ottenere l'assistenza ed il favore del Cielo per la preparazione ed il buon esito di questo primo nostro generale Congresso.
Lavoro e preghiera! Questi due grandi ricordi che D. Bosco stampava sulla sua bandiera e che ritraggono tutta intera la sua vita ed il suo apostolato, ci servano oggi come di valida preparazione al gran fatto che ci attende. Preghiamo e lavoriamo.
Per questo Noi lodiamo e incoraggiamo in tutte le guise i Cattolici a radunarsi con frequenza nei Congressi... È col più grande amore che Noi invitiamo i cattolici ad unirsi più strettamente al Pontefice di Roma, che esercita sulla terra l'autorità di N. S. Gesù C.
(Lettera di S. S. Leone XIII all'Arcivescovo di Tarragona).
CoN la trepidazione nel cuore i nostri padri salutarono l'aurora del XIX secolo, perchè, figlio della rivoluzione, sorgeva minaccioso di ruinosi eventi. Ora i figli, uomini d'oggi, non meno trepidanti e sbigottiti ne stanno osservando il vicino tramonto. Chè infatti nel volger di questi anni, estremi aneliti del secolo che muore, assistiamo ad un agitarsi febbrile di popoli, a vive contese di classi sociali , a mene di tenebrose sette. I meeting, le radunanze tumultuose, gli scioperi, le proteste insolenti e minacciose sono cose del giorno. Mentre queste agitazioni di turbolenti passioni e di orribili teorie ci facevan ognor più tremare e allibire, risuonò una voce. Dalla rocca del Vaticano partita, veloce come il fulmine, si ripercosse nel mondo: « I nemici della Chiesa minacciano la vostra fede, s'agitano per rapirvela, voi difendetevi. Agite, ma non agitatevi , estendete la vostra azione a difesa di quanto v' ha di più sacro; opponete stampa a stampa, riunioni a riunioni. Salvate voi, la famiglia, la fede vostra. » La voce del Leone di Giuda, sempre terribile pei suoi nemici, si disperse nello spazio e solo la sua eco feconda si riudì in Vaticano. Ai meeting turbolenti si oppongono pacifici congressi, a lurida stampa s'oppone onesto e cristiano romanzo, contro al settario menzognero sorge il giornalista cattolico : perchè il S. Padre ha parlato, i figli ubbidiscono. Eccoci così allo spettacolo di questa fin di secolo: il mondo, commosso dalla agitazione dei nemici di Dio, trova la pacifica azione dei buoni che vi fa equilibrio e che si slancia al trionfo. Vi furono, si succedono, vi saranno Congressi cattolici, Congressi Eucaristici, Congressi di singole Associazioni, tutto per unire le forze e dirigerle al medesimo punto d'assalto. Vis unita fortior, funiculus triplex difficile rumpitur. Qual meraviglia adunque può egli destar l' idea d'un Congresso dei Cooperatori Salesiani? - Dei Cooperatori Salesiani? - Sì, amici, questa è la nostra volta. Ma come? Perchè un Congresso?
A quanti mai non sarà passata sul labbro questa domanda all'annunzio d'un Congresso Salesiano ! E quanti pure avranno tra sè mormorato, muovendo il capo e passando oltre: È la smania del secolo; è voglia di nuove ciarle! Ma non penseremo così noi Cooperatori, conscii della nostra missione; non penseranno certamente così quelli che conoscono lo scopo santo della nostra Pia Società. È Cooperatore chi si associa ad altri in qualche impresa; e i Cooperatori Salesiani si associano ai Figli di D. Bosco e con essi hanno comune la messe. Ma, Cooperatore non vuol dire semplicemente mandar qualche offerta in aiuto delle opere di D. Bosco? Questo è un buon mezzo di cooperazione, ma è solo un modo di cooperazione. Il grande D. Bosco in testa al Regolamento faceva stampare Pia Società dei Cooperatori Salesiani : ossia Modo Pratico per giovare al buon costume e alla civile Società , e dal Sommo Pontefice essa è considerata come un terz'ordine degli antichi, colla differenza che in quelli si proponeva la perfezione cristiana nell' esercizio della pietà, qui si ha per fine principale la vita attiva nell' esercizio della carità verso il prossimo e specialmente verso la gioventù pericolante. Nell'esercizio della carità adunque è la messe dei Cooperatori Salesiani , come vi è quella dei Figli di D. Bosco. Educazione, istruzione dei fanciulli poveri e pericolanti , coi Catechismi parrocchiali, col collocamento in luoghi sicuri per la fede e pel buon costume, col soccorrere con mezzi materiali le istituzioni aventi questo per oggetto, ad esempio dei fedeli primitivi che portavano le loro sostanze ai piedi degli Apostoli, affinchè se ne servissero a favore delle vedove, degli orfani e per altri gravi bisogni. Davanti a campo sì vasto, a messe così grande ci domanderemo ancora il perchè d'un Congresso?
È per unirci, è per intenderci, è per animarci. Unirci nell'azione del bene in aiuto dei Figli di D. Bosco, favorendone le opere; dei nostri Parroci, aiutandoli in ogni opera di cristiana pietà ; dei nostri Vescovi, ubbidendo ai loro ordini ; è per unirci finalmente ognor più a quel sapiente Leone che giorni sono scriveva al popolo spagnuolo : « È col più grande amore che Noi invitiamo i cattolici ad unirsi più strettamente al Pontefice di Roma, che esercita sulla terra l'autorità ali N. S. Gesù Cristo ». È per intenderci nelle vie segnateci nelle opere di carità a pro del prossimo , sui mezzi più acconci al tempo, alle circostanze, nel fine unico della gloria di Dio e della salvezza delle anime. È per animarci in questa salutare missione, che è quella della Chiesa, per tener ognor vivo nei nostri petti quel fuoco di cui gli Apostoli eran pieni, per riprender lena e coraggio nel lavorare nel vasto campo della carità con azione spiegata in tutte le sue forme.
Amici Cooperatori, questo è il perchè del Congresso, e quando la benemerita Commissione di Bologna renderà di pubblica ragione il programma del Congresso, tutti ammireranno l'importanza sociale del medesimo.
Riparleremo ; preghiamo , preghiamo intanto Iddio che la speranza di coloro che ebbero questa felice idea abbia ad essere benedetta e coronata di felice successo e numeroso concorso. Auspice Maria SS. Ausiliatrice, la potente protettrice dei Salesiani, ne facciamo i più lieti augurii.
UN COOPERATORE.
Ill.mo Signore,
Bologna, 9 Gennaio 1895.
RIANNODARE coi vincoli dell'amore le classi sociali per ottenerne con la osservanza dei mutui obblighi la concordia ed il benessere; rendere l'operaio conscio della sua dignità, ma in pari tempo de' suoi doveri ; educare la gioventù, affinchè risponda degnamente alle speranze della Religione e della Patria ; evangelizzare popoli ancor selvaggi, acciocchè siano fatti degni di conoscere Gesù Cristo e la sua civiltà ; assistere gli emigrati Italiani per far sentire loro, coi benefizi della Fede che appresero dalle labbra della madre, meno amaro il ricordo della terra natale; ecco il còmpito nobilissimo che il sacerdote D. Giovanni Bosco, si propose ed effettuò.
Umili furono gli inizi di questo apostolato religioso e civile ; ma la sua fecondità diffusa nel mondo per mezzo dei Salesiani e dei benemeriti loro Cooperatori e Cooperatrici (mirabile ed amplissima Associazione internazionale fondata dal venerando Sacerdote a sostegno e diffusione delle sue Opere) mentre attesta dell'eterno e del divino vigore della Chiesa Cattolica sempre pronta, sempre atta a sovvenire la società secondo la varia indole dei bisogni che l'affliggono, infonde nuove speranze nei cuori trepidi sull'avvenire.
Pertanto il far conoscere più largamente lo spirito da cui fu informato D. Bosco; il farlo vie meglio penetrare e crescere segnatamente nell'animo dei Cooperatori e delle Cooperatrici Salesiane ; il moltiplicarne le istituzioni ; è opera quanto mai corrispondente ai bisogni della età nostra, e percìò altamente commendevole.
A questo fine mira il primo Congresso che nei giorni 23, 24, 25 Aprile 1895, terranno in Bologna i Cooperatori Salesiani. Il disegno di questa generale riunione, benedetto dall'Eminentissimo nostro Cardinale Arcivescovo, fu presentato da noi sottoscritti al Rev.mo Sig. D. Michele Rua, successore immediata di Don Bosco ; ed egli si è compiaciuto risponderci colla più larga approvazione e i più caldi incoraggiamenti.
Alcuni Eminentissimi Cardinali, parecchi Eccellentissimi Arcivescovi e Vescovi, personaggi insigni sì ecclesiastici che secolari, d'Italia e fuori, illustreranno di loro presenza il Congresso ; e vi parleranno trattando con sapienza ed amore, e sotto un aspetto essenzialmente pratico, questioni attinenti al miglioramento religioso e morale del popolo.
Ne avrà la presidenza di onore Sua Eminenza Rev.ma il signor Cardinale Domenico Svampa, Arcivescovo di Bologna. La effettiva sarà affidata al Rev.mo signor D. Rua, il successore di D. Bosco. Bologna, città delle più ospitali , accoglierà con reverenza e letizia quanti si compiaceranno d'intervenirvi.
All' opera grande e salutare noi ci siamo accinti con lena e confidenza in Dio. Però acciocchè riesca, è necessario che i Cooperatori Salesiani, e tutti quei savi cittadini, i quali dal risveglio religioso si ripromettono per la Patria un avvenire migliore, ci porgano il loro desiderato aiuto.
Venga dunque la S. V., siccome caldamente ne la preghiamo, a questo primo Congresso dei Cooperatori Salesiani. Ne diffonda l'annunzio, ne faccia conoscere il fine, la importanza e gli effetti che se ne sperano ; ci procuri adesioni, offerte, conforto di preghiere, aiuti di qualsivoglia genere. In questa occasione ci offrano la loro mano, ecclesiastici e laici, ricchi e poveri, grandi e piccoli, imperciocchè il fine a cui miriamo è di universale vantaggio.
Col massimo rispetto ci professiamo
Di Lei I. S.
Devotissimi I Componenti il Comitato Promotore:
+ NICOLA, Vescovo Titolare di Sebaste, Vicario Generale di Bologna, Presidente.
ZANASI Mons. Can. EVARISTO, Cancelliere Arcivescovile, Vice-Presidente.
SASSòLI TOMBA Marchese Comm. Avv. ACHILLE, VicePresidente.
CARPANELLI Dott. D. GIACOMO Parroco, Segretario. SASSòLI DE BIANCHI Marchese Dott. GIUSEPPE GUIDO, Vice-Segretario.
RIGHI RAFFAELE, Cassiere.
Acquaderni Conte Comm. Dott. Giovanni. Ambrosini Avv. Raimondo.
Apparuti Can. Carlo.
Bacchi Prof. Dott. D. Vincenzo, Parroco. Bentivoglio Conte Ing. Annibale.
Bernardi Dott. Cav. Antonio.
Bevilacqua Duca Dott. Lamberto.
Biancani Dott. Francesco.
Cavalletti Dott. Primo.
Crispolti Marchese Tommaso.
De Maria N. U. Cesàri Francesco. Donini Ing. Cav. Luigi.
Farnò Giovanni.
Filippetti Ing. Giovanni Battista.
Foresti Cav. Giambattista.
Gaiani Prof. Dott. D. Pietro, Parroco. Gallini Can. Prof. Dott. Carlo.
Giovannini Mons. Arciprete Dott. Enrico. Grazia Can. Gaetano.
Gualandi Ing. Giuseppe.
Hercolani Principe Filippo.
Laghi Paolo.
Lodi Can. Prof. Dott. Ettore, Rettore del Seminario. Marsigli Marchese Annibale.
Malvezzi 'Campeggi Marchese Girolamo. Malvezzi Campeggi Marchese Cav. Francesco. Moruzzi Agostino.
Nardi Dott. D. Giovanni, Parroco. Ottani Luigi.
Pedrelli Dott. D. Luigi, Parroco. Peli Avv. Pompeo.
Ranuzzi De' Bianchi Conte Mons. Primie. Dott. Amedeo. Ranuzzi Conte Vincenzo.
Reggiani Avv. Lorenzo.
Romagnoli Can. Prof. Augusto.
Rossi Avv. Annibale.
Rossi Ing. Enrico.
Rossi Conte Comm. Giuseppe.
Scarselli Marchese Antonio.
Toselli P. Maestro Domenico, Priore dei Domenicani. Venturoli Comm. Dott. Marcellino. Zacchia Rondinini Marchese Luigi. Zucchelli Cesare.
Mentre accettiamo la presidenza onoraria del primo Congresso dei Cooperatori Salesiani nella città di Bologna, ci uniamo di buon grado al presente invito del Comitato promotore; e su tutti quelli che si degneranno di aderire, invochiamo le più copiose benedizioni del Cielo.
Bologna, 10 Gennaio 1895.
+ DOMENICO Card. Arciv.
È dessa diretta a S. E. Rev.mo Mons. NICOLA ZOCCOLI, Vescovo Titolare di Sebaste e Vicario Generale di Bologna, Presidente del Comitato Promotore del Congresso. Così scrivevagli D. Rua in data 2 Dicembre
Eccellenza Rev.ma,
APPORTATORE di grande consolazione per me e pe' miei confratelli fu il venerato foglio in data 27 novembre indirizzatomi da Vostra Eccellenza e dalla eletta schiera di insigni personaggi che con Lei si firmarono. Noi ringraziamo di cuore il Signore per aver ispirato così bella idea di un primo Congresso Salesiano nell'illustre città di Bologna, ed in pari tempo presentiamo i sentimenti della più viva riconoscenza all'E. V. Rev.ma e a tutti gli altri che a Lei si unirono in tale divisamento. In modo particolare umiliamo i ringraziamenti più cordiali a Sua Eminenza .Rev.mo il Cardinale Svampa, loro veneratissimo Arcivescovo, per le parole piene di bontà, con cui volle accompagnare il precitato foglio. Voglia l'E. V. Rev.mo farsi interprete della nostra riconoscenza presso gli altri membri del Comitato e specialmente presso l'E.mo Cardinale.
Lascio immaginare a V. E. con qual piacere io approvo sì bel disegno dandovi a suo tempo tutta la pubblicità, tutto l' appoggio, di cui posso essere capace verso i nostri benemeriti Cooperatori. Se poi pare conveniente che come Superiore dei Salesiani io assuma la presidenza effettiva di tale Congresso, sebbene con qualche trepidazione accetto il benevolo invito, confidando a mia volta sull'appoggio del Comitato e sulla benignità dei Cooperatori che vi prenderanno parte.
Nutriamo noi pure fiducia che da tale riunione di persone di sì buona volontà, quali sono i Cooperatori Salesiani, abbiano a risultare abbondanti frutti pel bene delle anime e specialmente nuovo e potente impulso alla educazione cristiana della gioventù e però alla vera rigenerazione della società, come giustamente si fa risaltare nell'accennato foglio. A tal fine, fin d'ora raccomandiamo il progetto al Signore da cui ogni bene procede, non senza ricorrere alla protezione di S. Francesco di Sales nostro Patrono ed alla potentissima intercessione di Maria Santissima Ausiliatrice che, come fu il continuo sostegno del nostro venerato padre D. Bosco e delle opere sue, vorrà, fermamente lo speriamo , esserlo pure per la felice riuscita di questo primo Congresso di Cooperatori Salesiani da lui fondati.
Gradisca i rispettosi omaggi con cui godo professarmi con tutta venerazione
Di V. E. Rev.mo
Um.mo ed Obb.mo Servitore
Sac. MICHELE RuA.
A quanto già abbiam detto del primo Congresso dei nostri Cooperatori aggiungeremo ancora alcune notizie della fondazione di un Sottocomitato di Signore Cooperatrici pel medesimo Congresso, desumendole in parte dal giornale l' Unione di Bologna, dal suo numero 10 gennaio 1895.
Non ostante la stagione sfavorevolissima, (così incomincia la relazione quel benemerito giornale) ieri, un numeroso ed eletto stuolo di signore e signorine, tra le quali notammo la Signora del Prefetto e i più bei nomi del patriziato bolognese, si trovava raccolto nell'artistico Oratorio dei Fiorentini, a tenore dell'invito rivolto giorni sono dall'E.mo Arcivescovo, onde formare un Sotto-comitato femminile pel futuro Congresso dei Cooperatori Salesiani.
Quando S. E. R.ma il nostro Cardinale Arcivescovo, seguito da Mons. Vicario Generale e da alcuni membri del Comitato, giunse verso le 15 e mezzo, il vasto salone, che era stato convenientemente arredato, presentava un bellissimo colpo d'occhio.
Nel palco della presidenza presero posto oltre all'E.mo Arcivescovo, S. E. R.ma Mons. Zoccoli, Presidente del Comitato promotore del Congresso, Mons. Zanasi, Direttore dei Cooperatori Salesiani in Bologna, Mons. Ranuzzi, Primicerio della Metropolitana, il Rev.mo Can. Ciarpella, segretario dell'E.mo , i M.M. R.R. Parroci di S. Giovanni Battista dei Celestini e di S. Procolo, il Vicario del Santuario di S. Luca ed il M. R. Arciprete di S. Pietro in Casale. - Al banco della Commissione della stampa sedevano il M. R. Dott. D. Giacomo Carpanelli, Segretario del Comitato promotore del Congresso, il March. Tommaso Crispolti, nonchè il cronista dell' Unione. - Ad altro tavolino apposito sedeva il M. R. D. Stefano Trione Salesiano.
Compito delle Signore del Sottocomitato.
Non appena S. Em. R.ma si fu assisa, il Dott. D. Carpanelli pronunciò un breve ed elaborato discorso d'introduzione. Prese poscia la parola D. Trione, il quale s'intrattenne specialmente sui lavori preparatorii del Congresso e della parte che vi potranno anche avere le Dame Cooperatrici, le quali potranno assumersi un triplice compito, cioè
I. Divulgare la notizia del Congresso che i Cooperatori Salesiani terranno in Bologna il 23, 24, 25 aprile 1895: procurargli adesioni e simpatie, facendo conoscere che in esso , bandita intieramente la politica, si discuterà solamente della maniera più efficace per diffondere le Opere di D. Bosco che sono
a) le missioni per evangelizzare i selvaggi dell'America,
b) l'assistenza degli emigrati italiani , specialmente in Francia e nell'America del Sud,
e) la educazione della gioventù, segnatamente del popolo, mediante i collegi, gli oratorii e ricreatorii festivi, i collocamenti nelle officine, la buona stampa, ecc.
II. Dare e raccogliere offerte anche se tenui e di pochi centesimi, per sopperire alle spese indispensabili del Congresso, e per concorrere a fondare con la parte che sia per rimanerne, un Istituto Salesiano in Bologna , a vantaggio dei giovanetti del popolo. Inoltre offerire, chi l'abbia, un alloggio completo per un vescovo, per un sacerdote salesiano, o per qualcuno degli oratori invitati ; e chi non l'abbia, cercarlo presso qualche famiglia di sua conoscenza: e chi non possa o non voglia fare nè l'una, nè l'altra cosa, limitarsi a dare e raccogliere.
III. Pregare (la qual cosa è possibile a tutte) acciocchè Iddio benedica il Congresso, e ne faccia scaturire frutti copiosi di bene particolarmente per la gioventù.
L'oratore disse poscia delle norme pratiche per la costituzione del Sottocomitato, dal quale si sperano aiuti copiosi pel desiderato Congresso.
Infine dopo aver portato alle dame convenute il saluto reverente ed affettuoso di D. Rua, si disse da lui incaricato di consegnare una piccola memoria che verrà distribuita all'uscita. Termina coll'invocare l' approvazione dell' Eminentissimo sulle cose dette, nonchè la Pastorale Benedizione all'adunanza.
Parole dell'Em. Card. Svampa.
Non appena D. Trione ebbe terminato il suo discorso, l'E.mo Arcivescovo pronunziò le seguenti parole
« Io non solo approvo e benedico le parole che il carissimo D. Trione ha rivolto a queste dame bolognesi, ma esprimo altresì la mia gratitudine e la mia riconoscenza per queste opera di apostolato sociale che egli è venuto qui a promuovere.
» L'opera del Congresso si può ritenere omai assicurata, e ciò si deve all'energia di D. Trione, giacchè egli l'ha completata coll'appello rivolto a queste nobili signore , colle idee lucidamente ed efficacemente esposte sul Congresso, sulla sua importanza, e sulla cooperazione che egli attende dalle signore bolognesi, sia col decoro del loro nome, sia colla rappresentanza di tutte le Cooperatrici del mondo, sia con particolari aiuti alle Commissioni promotrici, e sia infine col valore delle loro preghiere.
» Io sono di ciò gratissimo a D. Trione istesso ed a queste signore, e le ringrazio poi loro intervento, con che mi danno una novella prova della loro benevolenza figliale; spero vivamente che proseguiranno a darmene coll'aderire all'invito rivolto da D. Trione, e sarò tanto più lieto quanto più vedrò accrescersi il numero delle signore aderenti al Sottocomitato.
» Ho veramente la convinzione che il Congresso sia assicurato nella sua riuscita. Tenendo dietro a quanto in fretta e con amore s'è fatto in brevissimo tempo, ho veduto che tutte le difficoltà si sono dileguate, mi sono persuaso che Iddio benedetto lo vuole, e lo sancirà colla sua speciale protezione in guisa che il Congresso riuscirà glorioso per Bologna, memorando per coloro che vi prenderanno parte, glorioso per la famiglia salesiana, vantaggiosissimo per tutto il mondo , nel quale l'Opera di D. Bosco va ognor più producendo benefici effetti, per la santificazione delle anime ed in particolar modo della gioventù.
» Intanto godo d'invocare sopra di voi tutti la celeste benedizione. »
Dopo queste parole l'assemblea inginocchiossi per ricevere la pastorale benedizione. Le parole dell'Eminentissimo Oratore fecero consolante im pressione e fin da questa prima adunanza si potè considerare come costituito il Sottocomitato.
All'uscita veniva distribuita la memoria mandata da D. Rua, consistente in una bellissima fototipia dell'immagine del venerato D. Bosco, sotto alla quale si leggono le seguenti parole dettate da lui negli ultimi giorni di sua vita
Chi protegge i poveri sarà largamente da Dio ricompensato al suo divin tribunale.
SAC. Gio. Bosco.
AVVISO.
Essendosi aperto un concorso musicale per un solenne Inno Inaugurale e Commemorativo del Congresso, i signori Maestri di musica che vi bramassero concorrere e non ne avessero ancora il Programma, ne facciano domanda al M. R. D. Stefano Trione - Oratorio Salesiano - Torino.
Saranno esposti in opposita sala presso il Congresso alcuni lavori delle nostre Scuole Tipografiche d'Europa e d'America divisi in tre categorie : Stampa religiosa e liturgica - Stampa pel popolo - Stampa per le scuole.
Speriamo che i nostri cari allievi vi concorreranno con affettuosa gara.
Avremmo voluto combinare una esposizione artistica con invito a tutte le scuole di arti e mestieri della Pia nostra Società ; ma ci sarebbe voluto maggior distanza di tempo dal Congresso.
INAUGURAZIONE dell'Oratorio Salesiano di S. Ambrogio in Milano
Il giorno sacro all'Epifania del Signore era quello che doveva coronar l'opera, era quello che doveva compire le speranze dei Cooperatori Milanesi. I Salesiani, già da alcune settimane in Milano, inauguravano l'Oratorio, si slanciavano così in campo aperto al lavoro nei locali dell'antico Oratorio di S. Stefano generosamente ceduto dal Comitato dei Cooperatori. La via Commenda, sulla quale è sito, presentava un aspetto insolito. Da varii giorni andirivieni di vetture pubbliche e private , di persone d'ogni ceto, l'avevano tolta alla consueta quiete. Erano i zelanti signori del Comitato, e le premurose pie signore del Sottocomitato, che gareggiavano tra loro in visitare e provvedere di quanto poteva abbisognare la nuova casa dei Figli di D. Bosco. Ci commosse veramente e ci faceva dare in esclamazioni di ringraziamento al Signore la loro solerzia e la loro carità per noi. Si rinnovarono in quei giorni i commoventi episodii dei tempi del compianto nostro D. Bosco, quando egli inaugurava la Chiesa di Maria Ausiliatrice in Torino. Quante volte si riudirono da pii signori e signore queste parole : Manca il calice; m'incarico io! Manca la Via Crucis; fra un' ora vi sarà! Manca la pianeta, l'ostensorio, la pisside; provvedo io ! Manca tappeto, tovaglie; ho tutto preparato. O santa carità cristiana, quanto sei feconda di sante industrie, di ingegnose previsioni !
Alla mattina, presenti molti membri del Comitato e Sottocomitato, il Sig. D. Rua benedisse la Cappella e vi celebrò la S. Messa pei Benefattori. Nel pomeriggio vi fu l'adunanza inaugurale. Sua Em. R.ma il Card. Ferrari Arcivescovo giungeva alle quindici e mezzo, accolto da D. Rua, dal Direttore dell'Oratorio e dai Cooperatori, che in gran numero lo attendevano. La banda di S. Cecilia aperse il trattenimento. Il Direttore del Comitato dei Cooperatori doveva pel primo prendere la parola; ma il nemico d'ogni bene, non potendo vendicarsi diversamente, se la prese con lui e il caro D. Pasquale Morganti, che tanto caldamente aveva desiderato quel giorno, dovette essere assente, causa indisposizione di salute. Lesse pertanto la relazione dell'operato dal Comitato Salesiano il M. R. Don Lorenzo Saluzzo, Direttore dell' Oratorio, relazione che il benemerito Osservatore Cattolico si degnava riportare per intiero e che noi per mancanza di spazio riassumiamo.
Ringraziato il Signore che i Figli di D. Bosco secondo i comuni desideri siano finalmente a Milano, fa la cronologia del movimento a favore dei Salesiani che egli dice impresso dalla mano stessa e dal cuore di Don Bosco. È desso che si reca a Milano per istudiare l'organizzazione di quegli Oratori aperti già da quasi tre secoli per opera e per ispirazione dei grandi Borromei Carlo e Federico e che ritorna a Torino ripetendo « essere suo vivo desiderio aprire una Casa in mezzo ai Lombardi ». Gli allievi di D. Bosco ritornati in patria raccontano le meraviglie vedute in Torino, e dietro loro replicate istanze, D. Bosco nel 1886 con D. Lasagna, ora Vescovo nel Brasile , ritorna a Milano, il 12 sett., giorno che fu pel movimento salesiano una giornata di conquista. Nel 1892, ai 14 di giugno, un ardente figlio di D. Bosco tenendo conferenza in S. Marco ridesta l'idea e costituisce il Comitato, che ai 15 di gennaio 1893 comincia il suo lavoro con una conferenza nella stessa chiesa tenuta da Mons. Cagliero. È questo, dice l'egregio Direttore, il punto di partenza dell'azione del Comitato, che divulga un appello, il quale con meraviglia e commozione viene accolto e favoreggiato. Vorrebbe nominare i più cospicui oblatori, ma la presenza di molti e il tempo lo costringono solamente alla memoria di un defunto: il Sig. Felice Baroncini, che D. Bosco e Maria Ausiliatrice ricompensino delle ben 30 mila lire da lui destinate per l'erigendo Istituto. Accennato il concorso dei giornali locali : l'Osservatore e la Lega Lombarda, nonchè la Sveglia del Popolo di Varese, conchiude con questa calda esortazione
« Ed ora che la mia esposizione è finita, mi si consentirà ancora una parola di esortazione. E' vero che i Salesiani non ponno, nè amano decorar di ciondoli i loro benefattori , nè ripagarli altrimenti con retribuzioni umane, come si usa là frammezzo ai cosidetti filantropi ; ma ben meglio sanno ringraziarci non solo con le onnipotenti preghiere dei loro innocenti ricoverati, ma più ancora coll'educarci i nostri fanciulli buoni cittadini e ferventi cattolici. E dovrò io spender pur una parola per dipingere il bisogno, che sente Milano di altri e numerosi ricoveri per la sua gioventù maschile, massime operaia? Chi di voi non prova ogni giorno un fremito d'orrore quando s'imbatte in quelle torme di giovinetti, che escono dalle officine con sul labbro la bestemmia, con alla mano un fogliaccio che li educa a gridare « Nè Dio, nè padrone » secondo il decalogo anarchico? Forse mezzo secolo fa potevamo contare ancora sulla bonarietà e religiosità Ambrosiana, e reputar prossoche inamissibili certi eccessi ; ma dopochè a Lione cade fulminato Carnot e tutt'Europa n'è sgomentata, noi Lombardi nel purtroppo nostro Caserio dobbiamo ravvisare quanto in questa metropoli sia insidiata e tradita la nostra gioventù. Qui, quel povero figlio di sì buona madre veniva in nome del progresso e dell'umanità tramutato in una belva, qui nella gentile e cattolica Milano, ove pur troppo l'esecranda scuola della setta prosegue ad avvelenare i cari nostri giovani.
» Oh come non iscuoterci ? come non appigliarci all'unico rimedio di sottrarre tanti innocenti vittime a quegli artigli, per adagiarli nelle braccia amorose dei Figli di D. Bosco? Oh divario tra l'artiere anarchico e l'artigiano di D. Bosco! Deh! miei concittadini, nel nostro Padre Ambrogio, sotto i cui auspici apresi oggi questo pio ostello, infuochiamoci di zelo ardentissimo contro gli Ariani odierni, che tentano svellere dal cuore dei nostri figli la fede e l'amore a Gesù Cristo, vero Dio e vero Uomo, e riconduciamoli ai piedi del Crocifisso, senza badarla a sacrifici, memori della solleticente sentenza d' Ambrogio : Accogliendo con carità il fanciullo, imagine di Cristo, voi accogliete Gesù medesimo. Ci sproni a generosità verso i poveri figli del nostro popolo, la presenza e più l'amore, l'esempio di questo degno successor di S. Ambrogio, il veneratissimo ed amatissimo nostro Cardinale Arcivescovo, che nella sua povertà ha pur trovato come splendidamente soccorrerci, e nell'opprimente, vastissimo ed urgentissimo suo ministero sa moltiplicar sè stesso e venir in persona a condecorar anche la nostra umilissima adunanza e ad infiammar vieppiù la nostra carità col fuoco della sua parola. E finalmente ci commuova anche la presenza del degno successore di D. Bosco, cotanto parziale nel suo affetto pei Milanesi, il quale vorrà dirvi ciò che a' suoi Figli commette di fare in seguito pei nostri. »
Dopo la lettura di questa relazione, l'egregio Dott. Giuseppe Mauri, con un bel discorso pieno di vigoria, dimostrò l'importanza sociale della nuova istituzione. S'alzò poscia il sig. D. Rua, il quale, come scrive l'Osservatore Cattolico, con quella sua evangelica affettuosità, che tanto ricorda in lui il venerato Antecessore, disse del disegno costante vagheggiato da D. Bosco di fondare anche in Milano una Casa Salesiana e ringraziò tutti quanti concorsero all'attuazione di esso. Alcuni giovanetti, primizie dell' Oratorio di S. Ambrogio , presentarono a Sua Eminenza un ritratto di D. Bosco, accompagnandolo con alcune parole di offerta. E qui, a compimento solenne dell'inaugurazione, giunse la parola dell'Em.m° Cardinale Ferrari.
L'Eminentissimo Porporato, che la domenica 16 dicembre aveva concessa benigna udienza a tutti i zelanti membri del Comitato e Sottocomitato Salesiano Milanese, composto di una cinquantina di illustri persone, e li aveva sommamente consolati, manifestando la sua grande fiducia nell'opera dei Salesiani, ora non potè a meno che esprimere la gioia che provava in cuore per l' inaugurazione di quest'Oratorio.
« Se voi godete, così esordiva ai circostanti, se voi godete, o buoni Milanesi, se siete lieti, non certo meno gode, non certo meno è lieto il vostro Arcivescovo. Se voi siete contenti, io non la cedo, io sono più contento di voi. » E così continuando tessè un discorso chiaro, semplice, apostolico, efficace; discorso, che oltre dimostrare quanto egli ami ed apprezzi l'opera di D. Bosco , risvegliò negli ascoltanti un trasporto generale. In sul finire poi quando rammentando la famiglia salesiana di Treviglio, fece voti di poter presto trovarsi ad altre inaugurazioni simili in Busto Arsizio e in Somma Lombardo , altri luoghi della sua Diocesi , fu salutato da un caloroso applauso. Benedisse i Salesiani, l'opera loro ìn Milano e i Cooperatori tutti , e così finì il bel trattenimento.
Dopo, seguendo Sua Eminenza, tutti entrarono nella Cappella, ove cantato un Te Deum di ringraziamento, il Rev.mo Mons. Castelletti impartì la Benedizione col SS. Sacramento.
I Milanesi, franchi di carattere e larghi di cuore, s'abbiano i nostri ringraziamenti per la voce stessa del nostro Superiore D. Michele Rua, a mezzo della lettera che egli sul partire da Milano scriveva al Direttore del Comitato D. Pasquale Morganti e che noi qui pubblichiamo
« REv.m° E CARISS. D. PASQUALE,
« Milano, 7 Gennaio 1895.
« Non posso allontanarmi da questa illustre città senza esprimere i sentimenti della mia ammirazione e riconoscenza anche a V. S. Car.ma, che con generale rincrescimento non potè ieri per incomodo di salute partecipare alla inaugurazione dell' Oratorio Salesiano di Sant'Ambrogio.
« La degnazione di S. E. Rev.ma il Card. Ferrari Arcivescovo, le parole piene di bontà al nostro indirizzo da lui pronunziate alla numerosa udienza, lo zelo spiegato dai benemeriti membri del Comitato Salesiano, le caritatevoli premure delle signore del SottoComìtato per provvedere la nuova cappella di tutto il necessario, somministrando eziandio i mobili pel piccolo alloggio destinato ai Salesiani qua venuti a stabilirsi, l'entu- siasmo dei numerosi Cooperatori e Coopera- trici intervenuti alla simpatica riunione; l'opera così spontaneamente prestata dall'eccellente Circolo musicale di Salita Cecilia, tutto fece in me la più grata impressione.
Vorrei a ciascuno in particolare presentare cordiali ringraziamenti, ed in modo speciale ai due ottimi giornali milanesi l'Osservatore Cattolico e la Lega Lombarda che tanta parte ebbero nel promuovere il nuovo Istituto Salesiano : ma per la mancanza di tempo essendomi ciò impossibile , prego la S. V. a voler fare le nostre veci , assicurando tutti della vivissima nostra gratitudine che non ci lascierà giammai dimenticare nelle nostre orazioni chi mostra tanta benevolenza per la Società Salesiana e tanto interesse pel bene spirituale e temporale della gioventù.
« L'opera è ora inaugurata ; la generosità ed alacrità finora dimostrata dai Milanesi non si arresterà certo a mezza via; ma, son persuaso, continuerà in guisa da veder fra breve sorgere locali adatti per accogliere buon numero di poveri giovanetti bisognosi di sostentamento , d'istruzione religiosa e civile e di apprendere un mestiere con cui campare onoratamente la vita.
« L'impresa è evidentemente opera sommamente gradita a Dio ; Egli stesso, come ieri ci assicurava S. E., si farà largo rimuneratore coll'abbondanza delle sue benedizioni sopra gli oblatori e sulle loro famiglie.
« Si abbia poi la S. V. la porzione più grande dei nostri ringraziamenti , giacchè Ella fa l'iniziatore ed il sostenitore più valido di tutto questo movimento.
« Voglia il Signore ridonarle presto perfetta salute per continuar ad impiegar così utilmente le sue forze a gloria sua ed a benefizio del prossimo.
« Mi creda quale godo professarmi con sincera stima e vivo affetto
Della S. V. Rev.ma e Carissima
« Obb.mo servitore ed amico « Sac. MICHELE RUA. »
A CASTELLAMARE DI STABIA. Castellamare di Stabia, 11 Dicembre.
(Ordon) 2 scorso appena un mese, da che i Salesiani sono venuti in questa nostra città, e già incominciano a vedersi le opere, che il loro zelo a favore della cristiana educazione della gioventù va operando. La prima , fra tali opere, è stata appunto l'istituzione dell'Oratorio festivo, il cui scopo è di raccogliere nei giorni di festa i giovani, e, facendoli pigliar parte ad onesti e leciti divertimenti e nello stesso tempo facendoli assistere al catechismo, alla istruzione ed alle altre pratiche religiose, tenerli lontano dalla strada del vizio.
Sabato, festa dell'Immacolata, se ne fece l'apertura con un po' di solennità. Nelle ore ant. buon numero di giovani della città e del terziero di Scannano intervennero alla Messa solenne e molti di questi s'accostarono ai Sacramenti della Penitenza e della Eucarestia. Nelle ore pom. l' Ecc. nostro Mons. Vescovo si recò a benedire l'ampio locale per divertimenti ginnastici, ove si trovavano disposti in semicerchio oltre 200 tra fanciulli e giovinetti. Dopo, tutti si portarono nella Cappella della Casa, ove premesso il canto delle Litanie e del Tantum Ergo, Mons. Vescovo, che fece un commovente fervorino, impartì la trina benedizione. Più tardi a tutti quei giovani fu permesso d'assistere alla rappresentazione di un dramma: Tarcisio, e delle due farse : La consegna di russare, e lo Sbadato, che furono dati nel teatrino della Casa. Furono cantate pure alcune canzonette buffe come intermezzo. In complesso una giornata passata nelle opere di pietà e in divertimenti ben riusciti.
Oh quanto bene questi benedetti Figliuoli di D. Bosco potrebbero arrecare alla gioventù meridionale d'Italia, se avessero i mezzi e se fossero chiamati in tutte le diocesi !
(Dalla Domenica dell' Operaio).
A BORGO S. MARTINO.
Borgo S. Martino da molti anni possiede un fiorentissimo Collegio Salesiano; ma era comune il desiderio che colà i nostri confratelli, oltre a curarsi della istruzione ed educazione dei convittori e dei numerosi esterni nelle publiche scuole elementari, potessero estendere le loro sollecitudini anche a pro della gioventù del paese colla istituzione di un Oratorio Festivo. Nel giorno 8 dicembre p. p. questo desiderio diveniva una consolante realtà. Compiutasi nel mattino dal molto reverendo Dott. D. Angelo Bordone, attuale Direttore del Collegio , con tutta la pompa dei sacri riti , la benedizione della nuova Cappella appositamente fabbricata per l'Oratorio, questo fu inaugurato solennemente nel dopo pranzo , ed , appena spalancata la porta, l'ampio cortile fu tosto ripieno di una turba di circa 200 giovanetti che presero d' assalto i giuochi per loro preparati , e poi, passati alla Cappella vi intesero con compostezza e devozione edificante le affettuose parole rivolte loro dal molto reverendo D. Carlo Natale, Direttore del nuovo Oratorio , ed assistettero alla Benedizione col SS. Sacramento. In tutte le domeniche e feste seguenti continuò il gaio ed edificante spettacolo, e nel primo giorno di quest'anno moltissimi fra loro si accostarono ai SS. Sacramenti ed implorarono la benedizione del Cielo su tutti i loro benefattori , specialmente sul molto reverendo Dott. D. Giuseppe Bertello, antico Direttore del Collegio , il quale con grande cura aveva preparato il locale per l'Oratorio che poi non potè vedere inaugurato per esser stato destinato Ispettore delle Case Salesiane di Sicilia , sul molto reverendo D. Cornelio Barbano, Parroco locale che, oltre un generoso sussidio pecuniario, porge tutto il suo aiuto morale all'incremento e prosperità del nuovo Oratorio , sul caritatevole Sig. Avv. Patrucco, e su tutti gli altri benefattori. Speriamo e facciamo voti che la benedizione di Dio e la protezione di Maria SS. Immacolata e di S. Carlo Borromeo, a cui è dedicato l'Oratorio, faccia sempre più consolidare ed estendere la novella istituzione a vantaggio della gioventù di quel paese , che alla scuola dei discepoli di D. Bosco impara la santificazione del giorno festivo ed a congiungere l'onesta e santa allegria al servizio del Signore.
Inaugurazione dell'organo nella Chiesa Salesiana di Battersea - Londra.
La chiesa salesiana del S. Cuore in Londra, benché consacrata da un anno, mancava tuttavia di un organo, di questo liturgico istrumento che sì bene concorre all'accompagnamento dei sacri cantici ed alla maestà dei sacri riti. Ora finalmente veniamo a sapere che quei nostri confratelli hanno potuto provvedere a questo importante loro bisogno. La domenica 4 novembre scorso, festa di S. Carlo Borromeo, onomastico di quel Direttore, D. Carlo Macey, se ne faceva la solenne inaugurazione con tale un concorso di cattolici e di dissidenti, quale non si era mai più visto dal giorno della consacrazione della chiesa stessa.
* *
Il Catholic Standard and Ransomer dell' 8 novembre, dando conto di quanto fecero quei parrocchiani in omaggio a Don Macey, ci annunciava pure quest'inaugurazione
« Domenica scorsa (così il detto giornale) fu giorno di santa letizia per la chiesa del S. Cuore a Battersea. Celebravasi la festa onomastica di Don Macey, degno Superiore dei Salesiani di Londra, a cui presentossi in dono per la chiesa del S. Cuore un ricco paramentale, ed in pari tempo facevasi l'inaugurazione d'un bellissimo organo nuovo.
La festa onomastica cominciò veramente la sera antecedente, quando fu recitato mirabilmente dai giovani un dramma intitolato Aladdin, ossia The Wonderful Lamp. La mise en scène fu di grande effetto, e la riuscita tale che ben puossi congratularsi con Don Rabagliati, allo zelo instancabile del quale si deve il trattenimento. Furono recitati molti componimenti in latino, francese ed inglese dai parrocchiani, dai membri del Club o Circolo Cattolico e dalla comunità; e si ebbe pure il gradito annunzio che il Circolo in onore del suo Presidente Don Carlo Macey avrebbe al lunedì seguente rappresentato il dramma The Pontifical Zouaves.
Domenica alla Messa solenne delle 11 si cantò con esecuzione inappuntabile la Messa di Hayden N° 1, in Si b. E qui non possiamo tacere una parola di lode all'indirizzo del signor Maestro Carey, già noto compositore musicale, che presiedeva all'organo da quel valente artista ch'egli è, e la cui cooperazione, generosa quanto pregevole, contribuì non poco alla buona riuscita della festa.
Lunedì poi fu rappresentato dal Circolo Cattolico il dramma di cui sopra The Pontifical Zouaves; e qui basta dire che fu dato in onore del Presidente, Don Macey, e che fu degno dell'occasione e della festa di S. Carlo Borromeo. »
Mentre i buoni parrocchiani di Battersea s'industriarono per solennizzare il meglio possibile l'onomastico del loro Parroco, i Salesiani a loro volta procurarono che le sacre funzioni di quel giorno riuscissero più imponenti del solito. E veramente esse presero l'aspetto grandioso delle solennità principali.
Alla Messa solenne celebrata dal sullodato Direttore-Parroco, la scuola parrocchiale di canto eseguì la religiosa musica dell'Hayden, e le maestose note sprigionantesi dalle robuste canne del nuovo organo, toccato dall'egregio Prof. Carey, riempivano di soave consolazione l'anima dell'affollato uditorio, il quale in quell'ora, col muto, ma eloquente linguaggio del suo devoto contegno, ben rendeva ragione alle parole del Sac. Federico Barni sulla efficacia della musica sacra nel culto esterno dovuto a Dio.
Alla sera i Vespri furono in canto gregoriano ; dopo di cui D. Macey, salito in pulpito e prese le mosse della solenne dedicazione del magnifico tempio di Salomone, tessè un commovente discorso, facendo ardenti voti al cielo, perchè la novella chiesa del S. Cuore in Battersea, nella quale v'è profusa la carità del ricco e l'obolo del povero, sia sorgente di copiose benedizioni e di molte conversioni. Seguì poscia la solenne processione col Santissimo nell'interno della Chiesa e quindi la benedizione. Cattolici e dissidenti, che riempivano letteralmente le vaste navate di quella chiesa, se ne uscivano tutti quella sera colle più dolci impressioni ; gli uni entusiasmati della grandiosità delle sacre funzioni e colla ferma decisione in cuore di volervi ritornare altro volte, gli altri lodando e ringraziando Iddio d'aver in così breve tempo concesso a quella chiesa il desiderato organo.
L'organo è provveduto e questa è già una gran cosa per la chiesa salesiana di Londra ; ma rimane ancora in gran parte da pagarne la spesa. Il suo valore è di 400 lire sterline, ed i buoni cattolici di Battersea nella loro povertà seppero trovar modo di raccogliere fra di loro una novantina di lire sterline, equivalente quasi ad un quarto di detta spesa. Gli altri tre quarti si aspettano ancora dalla Provvidenza, rappresentata nella persona dei nostri cari amici.
Intanto i Salesiani di Londra si industriano in ogni maniera, affine di poter riuscire a coprire quest'altro debito. A tale uopo, verso la fin dell'anno prepararono, ne' locali delle scuole parrocchiali ben arredati e rischiarati da brillante luce elettrica, un gran bazar d'oggetti più o meno preziosi. Se ne fece l'apertura il giorno di S. Stefano, 26 dicembre, sotto la presidenza della Signora Whiting, esimia Cooperatrice Salesiana, e con un opportuno discorso di quel Direttore, il quale mentre dava il benvenuto all'illustre e benemerita Signora, esponeva lo scopo del bazar ed invitava tutti a voler mostrarsi generosi, trattandosi di dare per la casa di Dio.
Dalla descrizione che ce ne fanno varii giornali anche protestanti, apprendiamo come, sia per la qualità degli oggetti, che per la disposizione dei medesimi, quel bazar avesse una speciale attrattiva. Il visitatore non poteva porvi il piede, senza sentirsi lo sguardo affascinato e quasi direi sforzato alla compera. Qui gli si paravano davanti stupendi lavori di ago - irlandesi e chinesi, - colà magnifici quadri e statue in plastica provenienti dalle primarie fabbriche di Londra e di Parigi ; ora erano vasi orientali di singolare bellezza, ed ora il grande albero del Natale, da cui pendevano giocattoli d' ogni genere e colore, che tanto rallegravano i fanciulletti : dappertutto una svariata quantità di articoli di fantasia ed oggetti di vestiario per ragazzini e ragazzine. Vi era poi la sala del selvaggio di Borneo ; quella della fotografia istantanea; delle arti belle, molto ingegnosamente ed umoristicamente aggiustata ; e quella dei quadri viventi, i quali, sia per la scelta come per l'esecuzione, colla luce proiettata da due potenti lanterne magiche, riuscivano di mirabile effetto; nè mancava, dopo tutto, lo stallo dei rinfreschi, che si potevano avere a buon prezzo e di qualità eccellente.
I più preziosi lavori di ago erano offerti dalle buone Suore di N. D. de Namur, dalle Dames della Retraite, da alcune pie signore e signorine della Parrocchia. L'ottima ed esilarante musica sì vocale che strumentale era dovuta ad alcuni gentili signori protestanti, sotto la direzione dell'egregio M. Brown.
Il concorso pare sia stato assai numeroso; quindi c'è a sperare che, nei quattro giorni in cui fu aperto, siasi potuto raggranellaree qualche cosa. Noi ci congratuliamo di cuore con quei nostri confratelli.
PATAGONIA
Tre mesi di missione nelle Cordigliere. -- Duecento e sessantatrè novelli Cristiani.
Chi scrive la seguente relazione è Don Domenico Milanesio, il Missionario degli Indii della Patagonia superiore, colui che è chiamato il Padre Indio dagli stessi selvaggi, perchè conosce e parla assai bene il loro idioma. Egli, dopo aver vagato per ben tre mesi a dar missioni tra le Cordigliere patagoniche , arrivava a Concezione nel Chili con tanto di barba da non essere più riconoscibile: cause imprevidibili e forti l'avevano a ciò indotto. Quei nostri confratelli però vollero in quello stato prendergli la fotografia, che ci trasmisero e che noi presentiamo in questo numero stesso.
REV.m° SIG. D. RUA,
Concezione del Chilì 22 Maggio 1891.
LE scrivo dal Chili , dove mi trovo da venti giorni. Sono più di tre mesi che ho lasciato Don Vacchina a Rawson nel Territorio del Chubut, e dopo d' aver fatto immensi giri e rigiri nel centro della Patagonia e ai piedi delle Ande, mi sentiva il bisogno di avvicinarmi ad alcuna delle nostre Case per confortare alquanto il mio spirito e riposare il corpo affranto dalle fatiche. Questa volta aveva spiuto i miei passi più che mai nell'interno visitando in pari tempo le varie tolderie di indigeni accampati ai piedi e dentro delle Cordigliere.
Mi accompagnava il solito catechista Gregorio Mendez e per un ben lungo tratto di circa 300 leghe, cioè di 900 miglia , abbiam avuto pure la compagnia di un negoziante italiano, per nome Giovan Battista Ferrero, uomo religioso ed onesto. Con lui ci eravam messi d'accordo per darci la mano a vicenda: io gl'imprestai i miei cavalli, ed egli si obbligò a trasportare i nostri bagagli e condurci sopra il suo carrettone per tutto quel tratto. Il rimanente del viaggio, lungo di circa altre 200 leghe, lo facemmo a cavallo. Per venire al Chili valicammo le Ande nel passo denominato Lonquimayo, che mette in comuni razione Junin de los Andes dalla parte argentina con Vittoria nel Chilì, due punti di frontiera che distano circa 90 leghe tra loro.
Veramente non saprei come incominciare a parlare delle varie peripezie accaduteci, perchè sono tante, che a volerle contare tutte per filo e per segno bisognerebbe scrivere un grosso volume. E ciò non mi è permesso dalla presente stagione, la quale minaccia di chiudermi il passo delle Ande colla neve; quindi , rimandando ad altro tempo il, farne più minuta descrizione , ora mi limito a darle un breve resoconto del poco bene che, grazie a Dio, si è potuto fare in questi tre mesi scorsi.
Le tribù evangelizzate in quest' ultima escursione appartengono alle tre già note, cioè alla araucana, alla pampa, ed alla tehuelcha. E quantunque per molti sia stata questa la prima visita che ricevettero dal Sacerdote, ciò nondimeno la missione fu coronata da un esito felicissimo. Ogni giorno mi vedeva attorniato da uno stuolo di po veri Indii che attenti mi ascoltavano con piacere e si disponevano a ricevere il Bat- tesimo , la Cresima e molti anche la santa Comunione. Operando la divina grazia, ho potuto battezzare 263 persone, di cui 245 prette indigene e la metà adulti; a 300 circa amministrai la S. Cresima ed a quasi altret- tanti la S. Comunione. Inoltre benedissi 15 Matrimonii, di cui uno solo non era tra in- digeni.
Come vede, amatissimo Padre, dobbiamo ringraziare Iddio che si serve della nostra Pia Società per estendere ognor più la reli- gione nostra santissima tra i Patagoni chia- mandoli alla fede. Cionondimeno io non posso nasconderle una pena che prova il mio cuore. Mentre questi Battesimi per una parte mi riempiono il cuore di una gioia inesprimibile, per altra essi mi contristano non poco al pensiero che presentemente in quei luoghi, dove più numerosi sono i novelli convertiti, non abbiamo ancora stabilita alcuna resi- denza, e che non coltivando continuamente la loro fede, c'è molto a temere che questa abbia da pericolare. Questi buoni indigeni ne ne stanno ritirati ai piedi delle cordi- gliere, perchè colà i campi sono assai più fertili, vi abbondano i pascoli, la legna, l'acqua e la cacciagione. Queste circostanze sarebbero anche favorevoli per noi, giacchè vi si potrebbero fondare delle Case e man- tenerle senza grandi spese, e per tal modo si rassoderebbe quel poco di bene che andiamo facendo adesso.
Prima di terminare questa relazione , credo far cosa gradita esponendole in forma di specchietto il nome delle tolderie visitate , il numero dei varii toldos , delle persone, ecc. e la rispettiva distanza dall'una all'altra tolderia.
Da ciò risulta che furono visitate 107 famiglie, predicata la fede a 948 indigeni e percorse 482 leghe, ossia 1446 miglia italiane. Ad majorem Dei gloriam.
Benedica questo suo
Aff. figlio
Sac. DoMENICo MILANESIO Missionario Salesiano.
BRASILE Lettere di S. Ecc. R.ma Mons. Lasagna intorno agli Indii Coroados
VII.
Ritratto ed usi dei Coroados - Loro governo - Abilità nel cacciare e pescare - Triste condizione della donna - Crudeltà verso i bambini.
AMATISSIMO PADRE,
A bordo del Ladario, 20 Luglio 1894.
Dopo averle descritto il lungo viaggio fatto per venire al Matto Grosso, non le sarà discaro io credo, di sentire alcune informazioni più importanti che io raccolsi sul luogo intorno agli Indii Coroados. Il loro nome preso letteralmente suona tonsurati; infatti tutti portano sul cocuzzolo una specie di tonsura, che essi fanno collo svellersi in quel luogo i capelli. Che abbiano ciò appreso nei tempi passati dalla relazione con qualche Missionario ?
Comunque ciò sia, essi sono di statura piuttosto alta, di colore abbronzato, colla capigliatura ispida e folta, gli occhi neri tagliati a mandorlo, i zigomi avanzati, il naso rincagnato, la bocca severchiamente grande, e le labbra alquanto rigonfie, tali appunto come sono dipinti tutti gli indigeni della razza americana. Non hanno fronte scoperta, ma sì popolata di capelli sino al sopracciglio. Per contrario essi non tollerano sul corpo loro neppure un pelo e se li svellono tutti uno ad uno, cominciando dalle sopracciglia e dalle ciglia e giù scendendo per tutto il viso ed il corpo intero.
Vanno nudi interamente, portando al collo ed ai polsi de' collari fatti di pezzettini di conchiglie o di guscio di lumaca, arrotonditi coi denti o su pietre e forati nel centro con un osso affilato, donde vi fanno passare un cordoncino che estraggono e torcono colla fibbra di una foglia di cocco, chiamato tucù. Vi alternano delle palline rosso o nere di certi frutti, sì da dar loro l'aspetto di rosarii. Nelle grandi feste poi si cingono stranamente il capo ed i fianchi con ghirlande di penne vistosissime di pappagalli e di truccani o di altri uccelli dai colori vivaci. Allora si pongono al collo, alle spalle, ai polsi, a guisa di smaniglie, dei ciondoli bizzarramente composti coi denti di tigre, di tatù, di coccodrilli e di altre fiere.
Si dipingono stranamente tutto il corpo con una specie di pomata rossa che formano colle frutticine scarlatte dell'urucù, mischiata colla grassa di tigre e più ancora di coccodrillo. Sembrano così dei diavoletti scappati dalle fiamme dell'inferno. Questa pomata vuoi pel suo fetore, vuoi per essere attaccaticcia come la pegola, li difende dalle zanzare e da cento altri vampiri, che qui abbondano orribilmente.
La tribù e le sue frazioni sono rette da un capo supremo, aiutato da altri subalterni. Il primo vien chiamato Pachemmegera, il secondo Taemegera, ed il terzo Agmegera. Hanno un loro sacerdote o stregone che chiamano Baire. Il Pachemmegera è elettivo ed il Baire ereditario. Per aspirare a divenire capo della tribù bisogna che l'Indio sia forte, valoroso in guerra contro le tribù nemiche, audace nelle scorrerie e nella caccia delle fiere e che conosca bene le foreste, affine di traslatare or qua, or là in cerca di nuova caccia la sua tribù, che gli ubbidisce ciecamente. Sono assai vendicativi, e se loro ammazzano qualcuno della tribù, fanno sempre crudel vendetta ; ed è appunto per tal motivo che questi infelici sono continuamente in guerra fra loro e senza accorgersi si vanno sterminando da se stessi.
Vivono di caccia e pesca. L'uomo porta l'arco e le freccie ed è destrissimo nel tirare a 25 metri difficilmente sbagliano un colpo, fors'anche quando vogliono frecciare un uccellino che vola nell'aria od un pesce che guizza nelle acque.
Uomini e donne sono fin da bimbi così abili nuotatori, che si direbbero anfibii. Scendono nei gorghi i più profondi del fiume e nuotano sott'acqua ad occhi aperti per gran tratto. Inseguono sott'acqua il grosso pesce chiamato jahù e lo infilzano nelle sue grotte con un giavellotto, a cui lasciano attaccata una funicella che si legano al braccio e colla quale tornati alla riva si tirano su la enorme preda già morta. Quando non trovano miglior caccia, si buttano a lottare corpo a corpo col coccodrillo fino ad ucciderlo a pugnalate ; cercano tartarughe, e si cibano anche di scimmie e di altri animali.
Le donne sono tenute veramente come bestie da soma. Quando il marito esce a cacciare, fissa alla sua donna l'ora del pranzo, e guai ! se tornando non trova di che saziare la sua ingordigia. Bisogna che cerchi, che chiegga al vicino, che rubi, che peschi, che s'industrii, perchè nel suo pentolino bolla qualche cosa, altrimenti il marito la picchierebbe maledettamente. Sono le donne che con argilla fabbricano e cuocono le pignatte; sono esse che con scuri di pietra tagliano legna e fanno fuoco col fregare rapidamente un piuolo dentro un buco scavato in un legno secco; sono esse che con vimini intessono una gran cesta chiamato baquitè, dentro cui caricano ogni loro attrezzo, che trasportano sul capo a grandi distanze, mentre sul dorso e sui fianchi portano i figli piccolini.
Le loro capanne semplicissime sono fabbricate con quattro pali ed un tetto di paglia o foglie di palme, a cui appendono la cacciagione. Dentro una borsa, che loro pende sul dorso e che non depongono mai, conservano i loro trofei, le loro ghirlande e qualche ninnolo. Di notte dormono all'aperto su pelli di tigre e la borsa suaccennata loro serve di capezzale.
Questi Indii si possono considerare come perpetuamente fanciulloni. Incostanti, imprevidentissimi, sono disamorati verso le loro donne e severi all'eccesso coi figli, usando fino di crudeltà nel correggerli. Alle volte configgono loro per castigo un osso ben aguzzo nel polpaccio della gamba e ve lo lasciano talvolta dentro le carni, colla punta che esce fuori dalla parte opposta di cinque e più centimetri, per due giorni e più.
Sono fastidiosi nel chiedere e mendicare dall'ospite, e guai se non si avessero doni da regalar loro. Un coltello, od un'accetta, od un amo è ciò che più stimano, avendone tanto bisogno per far legna e tagliar le carni e pescare ; ma sono avidissimi di collane, di nastri dai colori vivaci, di specchietti e di forbicine.
Essi allevano separati affatto e di giorno e di notte i maschi dalle femmine, ed è difficile vedere fra i giovanetti il menomo atto di indecenza. I fanciulli ai quindici anni escono di tutela e devono già vivere da sè, colla propria cacciagione, e fin d'allora cercano di sposare una fanciulla, che diventa da quel momento la loro schiava. La poligamia vi è rarissima, essendo appena un privilegio dei loro capi.
I bambini al decimo giorno di loro nascita sono presentati con certa solennità al Mago della tribù, il quale con un osso affilato a guisa di stiletto, col manico tutto ornato di piume, che essi chiamano baragara, loro fora il labbro inferiore, e per tenere il buco aperto vi mette dentro un bastoncino rotondo, di modo che durante tutta la vita, nelle grandi solennità vi possono attraversare delle cannuccie nere, o rosse, o bianche somiglianti ai nostri portapenne.
Uffizio del Baire - Che terribile profeta : - Fino a qual punto giunge il culto superstizioso dei morti - La festa del Bacururu - La metempsicosi.
Il Baire, loro sacerdote o stregone, ha per ufficio principale di fare gli scongiuri sugli alimenti che potrebbero esser nocivi, come la carne di coccodrillo e di tigre e la meliga verde. Gliela portano dinanzi quando il sole è ben alto, ed egli, inghirlandato di penne, incomincia a gesticolare, a strabuzzare gli occhi, ad urlare, a dare dei gridi strani sempre guardando il sole, e finisce con fare cantilene, nelle quali l'accompagna la sua donna; fatto lo scongiuro, si toglie la miglior parte della preda e si ritira alla capanna. Egli non esce mai a cacciare, e la tribù lo provvede di viveri ; egli sta sempre pronto alla chiamata dei suoi, poichè è anche il medico della tribù. Ma non sa fare altra cura, che legare strettamente con corteccia d'albero le parti o membra che dolgono, e poi gesticolare e cantare fino a stordire l'infermo. Qualche volta applica la bocca alla pelle dell'ammalato, dove più il dolore lo punge, e succhia, succhia con forza per estrarne lo spirito maligno; e se, malgrado questo, l'infermo peggiora , se lo spirito maligno non se ne va , allora il baire profetizza il giorno e l'ora della morte, ed il povero ammalato inesorabilmente deve morire, affinchè la profezia non vada a vuoto. Avvicinandosi l'ora fatale, lo stregone butta sul viso dell' ammalato un tessuto di foglie e poi, passando la mano sotto quel velo grossolano, con due dita gli stringe le narici e col resto della mano gli tura e comprime fortemente la bocca e lo uccide di asfissia. E questa è l' orribile infallibilità di questo profeta di satana, che pure tutti venerano, rassegnandosi tutti come pecoroni ad essere un dì o l'altro soffocati dalle sue branche.
Quando la vittima spira, il baire pronuncia solennemente questa parola : Bi, che vuol dire, è morto ! ed allora incominciano gli ululati, le strida e le orride scene. Se il morto è un bambino, la madre sporge il petto sul cadavere e con un vetro si tagliuzza orizzontalmente ambe le mammelle per far gocciolare il suo sangue sul cadaverino; che se il morto è un adulto, allora tutti i parenti più prossimi si tagliuzzano orribilmente le coscie fino a coprirlo di sangue; quindi, sempre ululando, si strappano tutti i capelli del capo, fino a restare orridamente calvi. Poscia con succhi d'erbe si ungono di nero il corpo in segno di lutto , e quei succhi penetrando nelle ferite lasciano poi una macchia indelebile a misura che si cicatrizzano.
Il loro culto superstizioso pei morti raggiunge davvero la follia. Oltre a quanto già dissi, altre cose praticano curiosissime, che io non voglio passare sotto silenzio. Dopo dodici ore dalla morte seppelliscono il cadavere poco lungi dalla capanna, quasi a fior di terra , e per accelerarne la putrefazione vi versano sopra ogni giorno molt'acqua. Dopo quindici giorni, scoprono quel corpo mezzo infracidito e se lo recano al fiume vicino od al laghetto; lo sommergono nell' acqua, e tutti i parenti, mettendosi in giro, vi dan di piglio e ne spiccano le membra, squartandolo in tanti pezzi; colle unghie poi staccano le carni dalle ossa , le quali lavano e ripuliscono bene, senza perderne uno solo, e così nette poscia se le recano alla capanna le ungono colla celebre pomata rossa detta urucù, le compongono in un cestino tutto adornato di vaghissime piume di uccelli e così si preparano per l'indomani alla celebre festa detta Bacururù.
Di buon mattino si radunano tutti quelli della tribù, e dallo spuntar del sole fino al suo tramonto, senza prender cibo, non fanno che cantare a due cori, donne e uomini, una incomprensibile cantilena, accompagnati colla musica, la quale consiste nel far scorrere un bastoncino su di una canna incavata in vari punti e nel battere due assicelle a mo' di tamburo. Per non soccombere, così a digiuno, tengono in bocca e masticano una radice, che loro conserva sino alla fine e sempre eguale la rantolosa voce, per quanto essi urlino e si sfiatino, e la quale è per loro un secreto sacro e per nessun prezzo svelano mai di qual pianta essa sia. Fattasi notte portano processionalmente a seppellire quelle ossa composte nel cestino inghirlandato di piume. Se esse appartengono ad uno dei capi o stregone, le seppelliscono nel fiume, dove il vortice è più profondo : due di loro scompaiono sotto l' acqua e vanno a legare il cestello ad un macigno del fondo del fiume, dove lo lasciano per sempre. Se il defunto è persona del volgo, allora lo seppelliscono dentro terra; ma nella fossa collocano e sotto e sopra de' rami, in modo che la terra non abbia a toccare affatto il cestello, il quale quindi coperto di terra viene abbandonato pure per sempre. Questi Indii hanno tanta paura dei morti, che, dopo le funzioni qui descritte, non si avvicinano mai più ad una sepoltura.
Essi hanno il sentimento dell' immortalità dell'anima, ma goffamente credono nella metempsicosi o trasmigrazione degli spiriti. Credono infatti che l'anima dei loro Baire trasmigri in una stella, sicchè quando vedono qualcuno dei fenomeni celesti chiamati stelle cadenti, allora li invade un terrore, una confusione indicibile. Escono tutti fuori e gridano, piangono, urlano e gesticolano colle mani per iscongiurare quell' anima di Baire, per tema che torni in terra a far loro del male. Le anime invece del volgo credono, come già mi par d'aver detto in altra lettera, che entrino di preferenza in certi grossissimi pappagalli, dal becco enorme e penne fulgidissime in rosso, giallo e verde, chiamati araras. Ed è perciò che se li allevano domestici intorno a sè nelle capanne, e le donne li portano poi seco nel Baquitè ogni volta che mutano stanza. Ed è colle penne di questi uccelli che si formano le ghirlande, i cimieri ed i cinti stranissimi con cui s'abbelliscono.
Ma m'accorgo adesso che la lettera mi riesce troppo lunga e termino così per ripigliarla domani e finire una volta questi ragguagli sui Coroados.
VIII.
Credenza nel dualismo - Varietà di linguaggio - Voracità, robustezza dei Coroados - Loro esercizi più comuni - Maniera di tessere - Rimedio contro le morsicature del serpente -
La caccia del tigre - Infelicità di quei selvaggi.
A bordo del Pingo, 22 Luglio 1894.
DA ciò che ho narrato nelle precedenti lettere, ella amatissimo Padre, avrà potuto desumere facilmente come queste tribù di Coroados hanno una credenza vaga in una specie di dualismo; il dio del bene che essi identificano nel sole, ed il dio del male che essi chiamano Boupe, lo stesso che viene chiamato Gualicio presso le orde patagoniche. La lor religione quindi non ha altra manifestazione che nel culto superstizioso ed esagerato dei morti e nei molteplici scongiuri fatti dal loro Baire contro il temuto Boupe.
Tutte queste tribù hanno una lingua propria, tanto che tra loro quasi non s'intendono; quindi i Missionari dovranno faticare non poco ad impararle tutte. E questo dovranno fare stando cogli stessi Indi e raccogliendo ogni espressione di lor bocca stessa; poichè non esistono nè grammatiche, nè dizionarii all'uopo. Queste lingue o dialetti hanno radici comuni, siccome è facile a scoprirsi; per esempio i Coroados chiamano i lor sacerdoti col nome di Baire, ed altre tribù li chiamano Pagé ed altre Payà. Non è duopo che io dica che tutte queste lingue sono poverissime di vocaboli : colla stessa voce un po' modificata esprimono molte cose diverse. Non coniugano punto i verbi, ma li usano sempre all'infinito. Coi pronomi poi e cogli avverbi e più ancora coi segni delle mani ne indicano le variazioni di persona e di tempo.
Come tutti i selvaggi di questa zona, i Coroados sono voracissimi. Quando conseguono buona cacciagione, la divorano fino a riempirsi come otri. Pare che loro pianga il cuore di vedere qualche sopravvanzo; epperciò in quel caso tornano alla carica e si rimpinzano di tal fatta, da non poter stare più ritti in piedi. Sono ghiotti assai di bevande alcooliche , e quando ne possono avere, si ubbriacano sconciamente. Sono così imprevidenti, così spensierati, che, trovando qualche albero fruttifero, l'abbattono per raccoglierne la frutta, non avendo nessun pensiero, nessuna cura dell'avvenire.
In generale questi Indi sono robusti e così agili nel correre da non si credere. Sogliono fare frequenti esercizi di corse, recando sul capo dei tronchi d'albero, o delle pietre del peso di 100 e fino a 120 Kg. E si avvezzano a questo di tal modo, che corrono velocissimi e per grandi tratti senza lasciar cadere a terra il loro peso, malgrado i cespugli che devono saltare ed i rami intricatissimi degli alberi, tra cui devono aprirsi il passo. E così facendo hanno di mira di rendersi atti a salvare in guerra i parenti e compagni quando essi cadono feriti o morti sul campo di battaglia; poichè giudicherebbero somma sventura abbandonarli alle vendette od agli oltraggi dell'odiato nemico.
Un altro esercizio che è comune agli Indi si è la danza, che alle volte protraggono dei giorni interi in occasione di lor feste, come dopo una vittoria o dopo la caccia al tigre. Danzano sempre gli uomini separatamente dalle donne, e tenendosi isolati gesticolano colle braccia, piegano stranamente il capo e contorcono il corpo tutto in varie guise. Ma i loro movimenti sono piuttosto lenti e goffi assai, tanto che al vederli non potei cacciare di mente l'impressione che ebbi da fanciullo alla vista di quei brutti orsi che alle volte i ciarlatani portano in giro pei nostri villaggi d'Italia, facendoli ballonzolare davanti al popolino curioso, con quelle movenze sgraziate e stupide, tutte proprie di quella bestia ripugnante.
Questi Coroados non sanno tessere altro che certe piccole fascie, che usano poi mettersi al collo od aì polsi come nastri nei dì di festa. Si servono della fibbra del tucù già sopra menzionato e del filo rosso o verde e giallo, quando lo possono ottenere da qualche cristiano nelle loro scorrerie. Allora puntano i due capi di un grosso ramo incurvato nel suolo ed in faccia a questo un altro simile: dall'uno all' altro stendono la stretta orditura che poi tessono, stringendo e comprimendo i fili traversali con una spatola di legno. E questo lavoro vien fatto dagli uomini, essendo l'unica arte che conoscono quest'infelici e che loro serve ben poco.
Dalle morsicature dei serpenti essi si curano col cauterio, applicando inesorabilmente sulla ferita un tizzone ardente e bruciando la carne offesa sino all'osso. A proposito di questi rettili spaventosi , ella saprà benissimo come in questi ultimi anni la scienza ha scoperto un rimedio infallibile contro le loro morsicature, le quali solevano prima essere sempre fatali e talora fulminanti. Colle iniezioni di permanganato di potassio, fatte a tempo, si è trovato che restano subito neutralizzati i più potenti veleni. Così i serpenti a sonagli, e cento altre specie di ofidii che prima uccidevano rapidamente tra spasimi atroci molti incauti viaggiatori, da pochi anni non sono più tanto temuti. È anche questo un conforto non leggero pel povero Missionario, che qui deve sempre essere munito di questo portentoso contraveleno.
La caccia del tigre essi non la fanno punto colla lancia o collo stocco, lottando corpo a corpo come fanno gli Indii delle Amazzoni. I Coroados in questa pericolosa faccenda hanno già imparato un altro uso proprio dei cristiani. Pigliano anch' essi dei numerosi cani in aiuto, e questi, scoprendo il tigre in distanza, cominciano a latrare disperatamente, ed avanzandosi poco a poco in circolo contro di lui, coi continui latrati e digrignando i denti, lo obbligano ad arrampicarsi ad un albero ed accovacciarsi in alto tra i grossi rami, dove torna più facile al cacciatore puntargli contro la freccia od il fucile e trapassargli il cuore.
Sebbene il tigre di questi luoghi, chiamato qui onza, sia assai più piccolo del tigre d'Africa e dell'Indostan, pure è fortissimo oltre ogni dire. Assalta di fronte il bue, gli punta una zampa sul petto e coll'altra l'afferra alle narici, quindi con un movimento rapido gli contorce il muso in su, in guisa da torcergli il collo in un batter d'occhio e farlo stramazzare morto al suolo. Allora l'addenta in una coscia, se lo gitta sul dorso e lo trascina dove è più fitta e più buia la foresta per divorarselo a suo bell'agio. Questa fiera è comune assai in queste foreste e forma il flagello degli allevatori di bestiami, che occupano sempre varii uomini e molti cani nel perseguitarla.
Ho qui con me a bordo la pelle di un magnifico tigre, ucciso poco lungi da noi, ed appena giunto a Montevideo gliela farò spedire a Torino, affinchè possa co' suoi occhi esaminare a suo talento i terribili unghioni, e le zanne potenti ed affilate di questa ferocissima belva. Le manderò pure freccie, archi, collari, fetuccie, e sacchetti lavorati dagli Indii, e più tardi le faremo giungere pure animali ed uccelli curiosi di queste lontanissime zone.
E per farla finita, le dirò che i Coroados muoiono facilmente di polmonite fulminante o di tisi lenta, a cagione di loro ignoranza e de' loro usi selvaggi. Poichè essi amano stare quasi sempre nell'acqua come le rane, e dopo lo fatiche e le corse più affannose cercano refrigerio in essa, dentro cui si diguazzano a lor grado e così contraggono malattie mortali. Guai poi se tra loro invade o il vaiuolo, o la scarlattina, o l'influenza, o la semplice rosolia, come già successe varie volte; allora neppur uno de' malati ne scampa. Poichè al sopravvenire della febbre, essi non sanno frenarsi dal correre frettolosi a refrigerarsi nel fiume vicino, e quanto più la febbre li cuoce e più essi restano sommersi nelle onde, epperciò ognuno può immaginarsi a che fatali conseguenze si espongono.
Poverini ! Da qualunque lato si osservino, essi sono proprio degni di compassione, fanno veramente pietà ! Bisogna dunque che si trovino al mondo dei cuori generosi, che volino in loro salvezza. Checche ne pensino altri, io credo e dico, che essi sono perfettamente suscettibili di educazione, e presi da fanciulli si piegano con facilità a tutti i nostri usi, imparano a leggere e scrivere ed arrivano a capire bene ed a gustare le dottrine di nostra santa religione. Ci vuole certo il tempo necessario, ci vuole una gran dose di pazienza e di abnegazione, ma il felice risultato riempirà un dì il cuore del Missionario di una ineffabile allegrezza, allieterà gli Angeli e farà gioire persino gli uomini più scettici e duri di cuore.
Vengano dunque i valorosi, vengano accompagnati dalle preghiere e dai soccorsi dei buoni, ed in pochi anni vedremo sorgere come per incanto delle Cristianità fiorenti, dove ha regnato per tanti secoli il demonio; vedremo con gioia svolgersi la civiltà ed il benessere, dove stese il suo pianto funereo la barbarie e lo squallore ; vedremo questi figli della foresta, zimbello di satana e vittime delle più orribili superstizioni, divenire anch'essi figli di Dio e fratelli nostri nella Carità di Gesù Cristo.
Suo Aff.mo Figlio in G. C.
+ LUIGI
Vescovo di Tripoli.
VENEZUELA
Felice viaggio e festose accoglienze dei primi Salesiani partiti per quella Repubblica.
REV.mo SIG. D. RUA,
Valencia, 22 Novembre 1894.
SIAMO GIUNTI sani e salvi a nostra destinazione! Maria Ausiliatrice, sotto i cui auspicii siamo partiti, ci protesse fino alla fine del nostro viaggio. - Appena usciti dal suo santuario di Torino, testimonio di tante altre partenze dei nostri compagni che ora lavorano nell'immenso campo del nuovo mondo; appena sedati in cuore i palpiti del commovente addio datoci dal venerato Arcivescovo di Torino e dai nostri amati Superiori, e salutati ancor una volta i cari amici che ci attendevano sulla piazza di Maria Ausiliatrice , ci inviammo alla stazione di Porta Nuova. Quivi ci separammo da D. Tomatis e dagli altri compagni che partivano pel Chili, ed il treno in un batter d'occhio ci allontanò da Torino, dalla Casa-Madre, dalla venerata tomba di D. Bosco, a cui mandammo ancora un caro saluto. Alle undici di notte si arrivava a Sanpierdarena, ove fummo ben accolti dai confratelli, e dove celebrammo la S. Messa il giorno di Tutti i Santi nella chiesa di S. Gaetano. Alla sera dello stesso giorno già ci trovavamo a bordo del Rosario, piccolo piroscafo della Compagnia La Veloce, che verso le diciasette prendeva il largo e ci allontanava dalla superba Genova e dal suolo italiano.
Il tragitto da Genova a Barcellona fu eccellente per tutti. Il piroscafo gettò l'ancora ai piedi del grande monumento Cristoforo Colombo. Preso terra, andammo diffilati a los talleres Salesianos di Sarrià, ove passammo allegramente alcune ore in compagnia dei nostri confratelli e tra i concenti della loro bella banda musicale. La Casa di Sarrià è in via di grande progresso.
Al dopo pranzo ripartimmo , ed in pochi giorni arrivammo a Santa Cruz de Teneriffa.
Nel traversare lo stretto di Gibilterra incontrammo buon numero di piroscafi, ma il nostro come più veloce degli altri , li avanzò tutti. Alla sera dell' 8 novembre si dava l' addio all' ultimo lembo di terreno Europeo, ed entravamo nell'Atlantico. Appena usciti dal riparo dell'isola, molti passeggieri furono assaliti dai soliti incomodi di mare e tra essi s'annoverano anche i nostri cari compagni, eccettuati lo scrivente e D. Savoia , il qual ultimo si mantenne impavido fino alla fine. Essendo il Rosario un piroscafo lungo e stretto, il più piccolo movimento dell'acqua o buffo di vento lo faceva molto sensibilmente dondolare, e questo dondolio durò quasi tutto il viaggio con grande disagio dei passeggieri. Gli acquazzoni ci costringevano alle volte a ritirarci nelle cabine, ove il caldo e i miasmi aumentavano la nausea di chi pativa il mal di mare. Contuttociò essendo il mare abbastanza buono, si potè arrivare senza gravi inconvenienti alla Guaira , il 19 novembre di buon mattino.
Durante il viaggio si potè dire la Messa e fare la Comunione quasi tutti i giorni. Il nostro piroscafo sembrava piuttosto un convento, che un trasporto di passeggieri.
Oltre a noi Salesiani ed al nostro carissimo amico D. Victor Julio Arocha, vi erano pure due Sacerdoti del Collegio di S. Calocero di Milano, un terzo Gesuita ed un quarto piemontese, ma di Colon, con venti monache cappuccine di Germania ed altre diciotto di S. Anna di Barcellona. Alla domenica si diceva Messa all'aperto sulla tolda, si suonava l'harmonium e si cantava. I passeggieri di tutte le classi assistevano al santo sacrifizio con raccoglimento e con molto piacere. Alla sera , essendovi diversi che sapevano suonare violino, chitarre, mandolini e flauti, si davano concerti e si passavano alcune ore di allegria. Il capitano poi era persona molto gentile, e sovente c' invitava nella sua sala, ove ci intratteneva delle cose del viaggio. Per tal modo ci passò in fretta il tempo e ben presto ci trovammo in faccia all'America, alla meta del nostro viaggio.
Alla Guaira appena giunti in porto, ed appena sbarcati fummo accolti dal clero e dai cattolici della città, al suono della banda e di tutte le campane. Ci condussero in chiesa ove si cantò un solenne Te Deum in musica e s'impartì la benedizione col SS. Il parroco montò in pulpito e con fervente sermone inneggiò al nostro arrivo ed al bene che si aspetta da noi. Alla sera il medesimo ricevimento ci si fece nell'altra Chiesa di Maiquetia, dove andammo per visitare la tomba del compianto nostro confratello Giuseppe Eterno, la quale è ben conservata e quasi tenuta in venerazione dalla gente di quei dintorni. Il buon parroco del luogo, dopo una magnifica funzione in chiesa, alla sua grotta di Lourdes, ci condusse in vettura all'Ospedale, ove nel 1890 spirava l'anima sua il nostro carissimo Eterno e dove noi con piacere salutammo le buone Suore che l'assistettero e gli usarono tante cure negli ultimi momenti; poscia ci recammo al cimitero, dove si cantarono le esequie in suffragio della sua anima. Al ritorno si cenò in casa del Parroco, e tra i razzi ed altri segni di gioia di quella popolazione, si ritornò alla Guaira e si passò la notte nell'ampio Hotel Nettuno, proprietà del fratello del nostro più zelante Cooperatore di Venezuela, il Dottore e Canonico Arteaga.
Alle otto del mattino seguente, accompagnati da vari Sacerdoti della Guaira, andammo alla stazione, e dopo due ore e mezzo di tragitto attraverso ad alti monti ed a precipizi profondissimi, il treno ci portò alla stazione di Caracas. Colà stavano ad aspettarci la popolazione, il clero , i Canonici della metropolitana : l'accoglienza fu delle più belle e cordiali. Quindi, al suono di tutte le campane, in vetture ci condussero alla cattedrale, ove il Rev.mo Canonico Arteaga recitò un commovente discorso d'occasione, si cantò il Te Deum e si impartì la benedizione. Terminata la funzione, trovammo allestito un buon pranzo al Collegio del Sacro Cuore di Gesù, dove pure fummo accolti con canto e musica.
E qui la nostra carovana dovette dividersi in due; quattro dei nostri già erano giunti a loro destinazione, e potemmo vederli installati; gli altri quattro alla sera dello stesso giorno, ritornammo alla Guaira, e saliti a bordo proseguimmo il nostro viaggio sino a Puerto Cabello, dove sbarcammo la mattina seguente. Pranzammo da quel buon Parroco, e poi ripartimmo per ferrovia verso Valencia. A mezzo cammino vennero ad incontrarci una deputazione dei preti della città, co' quali proseguimmo il viaggio. La stazione di Valencia era gremita di popolo e di ecclesiastici, che ci accolsero con grandi segni di entusiasmo e di allegria. Una lunga fila di vetture di lusso ci accompagnò alla Chiesa della Divina Pastora, ove l'amatissimo nostro amico D. V. J. Arocha recitò uno splendido discorso di ricevimento, poscia si cantò anche qui un solenne Te Deum e s'impartì la benedizione del SS., tra il suono giulivo delle campane e dei campanelli, secondo l' uso di queste contrade. Terminata la funzione, colle medesime vetture ci condussero alla nostra casa provvisoria, che trovammo apparecchiata di tutto punto, e ci trovammo noi pure installati nella nostra Missione.
Ecco in breve ed in fretta alcune notizie del nostro viaggio. Ora non ci rimane che rendere grazie infinite a Dio ed a Maria Ausiliatrice , che ci guidarono in questo viaggio, e ringraziare pure l'Ecc.mo nostro Arcivescovo Mon. Crispolo Uzcàtequi, il suo Vicario Generale, il novello Vescovo di Mèrida, il Molto Rev. Dottore D. Arteaga e D. Arocha e tutti gli altri zelanti Parroci e Cooperatori Salesiani della Guaira, di Caracas e di Valencia, che furono così gentili e generosi nel riceverci con tanta affabilità e festa.
Venendo ora ai nostri bisogni, dirò che la Casa ove ci troviamo presentemente, quantunque pulita e comoda per una famigliuola, non è tuttavia adattata per ospizio e ci converrà procurarcene un' altra. Le domande dei giovani per essere accolti da noi sono tantissime ; l'entusiasmo presso tutti è molto; rincresce che noi siamo pochi e non potremo quindi corrispondere alle comuni aspettazioni. Confidiamo nell'aiuto di Dio e di Maria Ausiliatrice, e nelle preghiere che i nostri confratelli ed amici innalzeranno al cielo per noi. Ci benedica tutti, amatissimo sig. D. Rua, e specialmente chi ha l'onore di professarsi
L'ultimo dei suoi figli
Sac. F. A. BERGERETTI.
Anche gli altri Missionari partiti nel Novembre e Dicembre scorso sono tutti giunti sul loro campo di azione. Nel prossimo numero daremo ampie notizie anche di loro.
Il Missionario Don Giacomo Costamagna. - Nella notte precedente al S. Natale, mentre tutta la comunità dell'Oratorio di Torino stava radunata nella chiesa di Maria Ausiliatrice, e Don Rua saliva all'altare per celebrare la solenne Messa di mezzanotte, arrivava tra noi il carissimo nostro Missionario Don Giacomo Costamagna, Ispettore delle Case Salesiane dell'Argentina. Dopo diciasette anni di apostoliche fatiche in quella Repubblica, dove lascia ricordi imperituri del suo zelo e della sua energica operosità, quasi improvvisamente dovette partirsene ai primi del Dicembre u. s. Pare che il nostro Superiore Don Rua abbia stabilito, d'accordo colla S. Sede, di affidargli la importantissima e difficile missione degli Jivaros nell'Equatore, eleggendonelo Vicario Apostolico. Ne terremo informati i nostri lettori. Certo è che già si pensa ad allestire una nuova spedizione di Missionari, che sarà capitanata da Don Costamagna stesso.
Da Agua de Dios, in data 15 novembre, D. Unia ci scrisse una letterina dandoci consolanti notizie di sua salute. Dopo aver passati alcuni giorni in una bella villeggiatura di un ottimo Signore, che già altre volte avea albergato i Salesiani della Colombia, dove l'aria è saluberrima, l'acqua buonissima ed il latte ottimo, D. Unia ha potuto riacquistare le perdute forze e mettersi in tale stato da poter continuare ad occuparsi dei lebbrosi di Agua de Dios.
*
Pei lebbrosi della Colombia. - Nel Telegrama (giornale di Bogotà, capitale della Colombia) del 22 novembre leggiamo un lungo, ma interessante resoconto che D. Evasio Rabagliati, Superiore della Casa Salesiana di Bogotà, presentava, da San Gil in data 6 novembre stesso, al Governatore del Dipartimento di Santander, riguardante una visita ch'egli fece al Lazzaretto della Contratacion nello scopo di perorarne alcuni miglioramenti. Dopo d'aver passato 15 giorni tra quei lebbrosi, dopo d'aver ricorse minutamente le popolazioni del Dipartimento di Santander, egli si convinse della necessità di fondare un grande ed unico Lazzaretto nei Piani di Casanare per tutti i lebbrosi della Colombia.
I lebbrosi del Dipartimento di Cundinamarca, ei dice, raccolti nel Lazzaretto di Agua de Dios, presentemente sono 800, quelli del Lazzaretto della Contratacion 709; ma ve ne ha un numero assai maggiore che vivono in mezzo alle popolazioni e disseminati in varie parti della Repubblica, con grande danno di tutto il paese. Il male è assai contagioso; quantunque in certe parti sia per il clima, sia per altre circostanze il male non sia attaccaticcio, in altre parti invece il clima stesso ed altre particolari circostanze ne favoriscono la propagazione. Mentre nell'anno 1888, secondo una minuta relazione del Dottor Mutis, gli infermi di questo male nel Dipartimento di Santander erano 1419, oggi, secondo dati da me raccolti da persone competenti, non credo d'esagerare dicendo che superano i 6000 e forse i 7000. Quanti saranno da qui ad altri sei anni, se si lasciano liberi a propagar il male? »
Egli quindi, per impedirne una maggior propagazione, proporrebbe un isolamento generale e dei ricchi e dei poveri infetti, nei Piani di Casanare, il qual luogo sia pel clima, sia per l'abbondanza dell'acqua e della legna, sia per la fertilità del terreno, sembra di tutti i luoghi proposti il migliore. Questi Piani distano 9 giorni dal Lazzaretto della Contratacion e 15 da quello di Agua de Dios. D. Rabagliati colla proposta presenta pure il disegno col preventivo delle spese che occorreranno per innalzare il nuovo stabilimento; e permettendoglielo i suoi Superiori, egli si offre per andare raccogliendo offerte pei lebbrosi poveri e per esortare nel tempo stesso i ricchi infetti di lebbra a volersi ridurre al Lazzaretto, ove troverebbero assistenza materiale e spirituale e quant'altro possono desiderare, come se fossero ne' loro paesi.
Il progetto non dispiacque al Governatore di Santander, il quale incaricò D. Rabagliati stesso a volerne trattare col Governo Nazionale, assicurandolo di tutto il suo appoggio per poter riuscire nell'intento.
Ad ogni costo si vogliono i Salesiani nella Bolivia. - Le pratiche per avere i Missionarii Salesiani nella Bolivia continuano. I nostri lettori ricorderanno ancora la lettera del Presidente di quella Repubblica da noi pubblicata nel numero di ottobre dello scorso anno. Or eccone un'altra diretta allo stesso D. Giacomo Costamagna, finora Ispettore delle Case Salesiane dell'Argentina
MIO CARO Antico,
Sucre, 20 Ottobre 1894.
Ho ricevuto la sua graditissima del 24 settembre tembre u. s. Ora le rispondo con la salute ristabilita. Ritorno dunque con amore all'opera salesiana.
Mandai le basi del nuovo contratto al Ministro Boliviano in Parigi , Emmanuel Argendofia (Rue Charonne 66), con autorizzazione di modificarle o di approvarle. Di esso glie ne parlerà certamente D. Rua, affinchè le studii e ne proponga le variazioni che crede convenienti : tanto meglio ; non ne sorgeranno inciampi. Mi sono impegnato per ottenere dalle Camere delle partite che mi autorizzino per le spese...
Come a lei, così anche a me spiace che sì ritardi la venuta degli amici del povero, dei veri realizzatori della democrazia ; ma essi verranno a questo dolce e docile paese, soltanto che sulla sua superficie vi troveranno l'alito impuro della corruzione intellettuale che affligge il mondo.
Suo affmo amino
M. BAPTISTA.
Nella presente lettera l'ottimo Presidente della Bolivia allude ad un'allocuzione da lui tenuta in pieno Congresso a questo proposito. Dopo aver richiamata l'attenzione dei Congressisti sopra un argomento che più di tutto s'impone ai nostri giorni, l'importanza e la necessità dell' educazione pubblica, la quale direttamente ed immediatamente mira all'avvenire del paese, egli annunziava la decisione presa di chiamare in quella Repubblica i Salesiani. « L'anno scorso, egli diceva, vi ho annunziato della iniziativa. Siamo giunti a metterci in contatto col Superiore dei Salesiani in Torino. Malgrado lo straordinario numero di domande che il mondo civilizzato fa a quella Pia Società, abbiamo già ottenuto, sopra positive garanzie di accordo, di rimettere le basi di un contratto per il servizio popolare, per ora mediante uno o due collegi, aumentandoli di poi a tutti i nostri centri principali. Per raggiungere questi risultati abbiamo ottenuto che l'augusta volontà di S. S. Leone XIII si inclini affabilmente a favorirli colla sua suprema autorità. »
D. CAMILLO ORTUZAR.
Coll'animo addolorato raccomandiamo alle preghiere dei nostri lettori l'anima di un nostro carissimo confratello e collega nella redazione del Bollettino Salesiano, il Sacerdote D. CAMILLO ORTUZAR. Nativo di Santiago nel Chili, dopo aver sostenute con lode nella sua Diocesi varie cariche onorifiche, tra le quali quella di Vicario di Iquique, l'umile Sacerdote per isfuggire a maggiori onori, prese a viaggiare in Europa per visitare i più insigni Santuarii. Fu in questi pii pellegrinaggi che si fe' più che mai sentire nel suo cuore un antico desiderio, quello di vita più perfetta nello stato religioso. Con animo retto presentossi a D. Bosco di v. m. per consultarsi sulla sua vocazione, deciso di fare quanto l'uomo di Dio gli avrebbe suggerito ; e D. Bosco, sentite e considerate le cose, gli profferse lavoro, pane e Paradiso nella Pia Società Salesiana. Da quel giorno D. Camillo Ortuzar si pose a praticare con tale esattezza la vita nostra, da essere di esempio a tutti i suoi confratelli. Egli fu per parecchi anni insegnante di lingua spagnuola e di scienze sacre ai Chierici del Seminario delle Missioni Salesiane, cappellano e confessore del defunto Principe D. Augusto Czartoriski, pure nostro con fratello , e da sei anni a questa parte redigeva con amore e diligenza il Bollettino in lingua spagnuola; nel tempo stesso scrisse parecchie utili operette in lingua castigliana, che saranno un eterno monumento della grande sua pietà, dell'inalterabile sua devozione verso Maria SS. e della profonda venerazione che nutriva per D. Bosco. Dopo lunga malattia ,sopportata con esemplarissima rassegnazione , munito di tutti i conforti di nostra santa Religione, desideroso del Paradiso, spirava nella nostra Casa di Nizza Marittima, in età d'anni 46, il giorno 8 gennaio scorso. La sua morte fu veramente quella del giusto. Riposi in pace l'anima sua bella, e Iddio si degni mandare alla nostra Pia Società molti suoi servi che a D. Camillo somiglino nella virtù e nell'operosità.
Riconoscenza a Maria! -il sottoscritto Parroco, mentre invia tenue offerta al santuario di Maria Ausiliatrice in Torino , rende grazie infinite a quest'Ausiliatrice dei Cristiani per segnalato favore da Lei ottenuto a favor suo, e manifesta pure la pubblica riconoscenza dei Parrocchiani di Casola, sua terra natia, i quali, venerando la nostra celeste Regina sotto il bel titolo di Aiuto dei Cristiani in una piccola cappella locale eretta in segno di divozione dal defunto suo genitore, ne provarono e tuttavia provano i mirabili effetti della sua valida protezione.
Vegni, 15 Dicembre 1894.
SAC. DAVIDE CALLEGARI.
Una Messa ad onor di Maria. - Nell'estate scorso il mio povero marito venne colto da un terribile malore alle gambe , che, a detta del medico, gli sarebbe durato per un po' di tempo, costringendolo a stare in riposo. Ricorremmo tosto a Maria Ausiliatrice, mandando un'offerta al suo santuario di Torino, perchè fosse celebrata una santa Messa al suo altare. Oh! prodigio! Chi il crederebbe? Proprio il dì seguente mio marito stava meglio, e di lì a pochi giorni potè rimettersi come prima a lavorare. Ne sia ringraziata di tutto cuore la Vergine Ausiliatrice dei Cristiani !
Verres, 18 Dicembre 1894.
MARIANNA GAGLIARDINI.
In seguito ad una novena. - Domenico Bedeschi del Castello di Granarolo di Faenza (Ravenna) sente il dovere di rendere pubbliche grazie a Maria SS. Ausiliatrice per essere stato scampato , mercè la sua intercessione, da gravissimo pericolo di morte. Colto ad un piede da reo malore, degeneratosi poi in cancrena, operato più volte da ferro chirurgico, nella grave età di settant'anni, rimanendogli poco o nulla più a sperare dalla scienza e dall'arto, abbandonossi con fede vivissima nelle braccia della Madonna , invocata sotto il titolo di Ausiliatrice dei Cristiani , a cui incominciò fervorosa e costante novena. Or appunto negli ultimi giorni della medesima sentì in sè stesso il principio della guarigione, la quale effettuossi piena ed intera ivi a non molto tempo. Avendo egli fatto promessa di pubblicare in onore di Maria SS. Ausiliatrice la grazia, se per buona ventura ne fosse fatto degno, adempie ora all'obbligo suo attestando alla gran Madre di Dio ed Ausiliatrice dei Cristiani la sua gratitudine e divozione perpetua.
Da Faenza, la vigilia del Santo Natale del 194.
Invochiamo sempre l' aiuto di Maria - 1° L'anno scorso, nelle feste di Natale, andai a visitare un mio nipote, gravemente ammalato, e lo trovai quasi in fine di vita. Vedendo l'inutilità dei rimedii umani, lo esortai a fare con me una novena a Maria Ausiliatrice colla promessa della celebrazione di tre messe e di un'offerta e di far pubblicare la grazia : intanto io scrissi al signor D. Rua, perchè volesse a quest'uopo far pregare. Venuto il medico dopo due giorni, rimase stupito di trovarlo in uno stato di miglioramento straordinario, e dopo quel giorno la convalescenza seguitò regolarmente per varii giorni. Sopravvenne l'influenza, ma anche questa fu superata, ed ora compie un anno, dacchè riacquistò la sua salute. Si adempirono le due prime promesse: ora si soddisfa a quella della pubblicazione.
2° Una mia nipote varii mesi addietro mi scriveva desolata che aveva una bambina in fin di vita e che pregassi. La esortai a fare una novena con me a Maria Ausiliatrice ed a consecrare la bambina a questa nostra buona Madre. Dopo qualche mese venne a trovarmi, e mi raccontò come il medico una sera le disse tristamente che la bambina non sarebbe giunta al domani. Si pregava : ed in quella notte !stessa cominciò a migliorare. Il medico andato a consolarla sulla certezza della morte, visto il miglioramento reale, disse alla madre: L'hanno salvata le preghiere.
Savona, 29 Dicembre 1894.
UN COOPERATORE.
Salvata da morte. - Nell' ottobre scorso essendosi sparso in questo paese il terribile morbo del tifo, il quale fece alcune vìttime, tra gli altri fu pure assalita la mia cara consorte, ma con tale fierezza, che dopo ventun giorni di cure e di medicine, già si disperava di poterla salvare. Fu allora che io, animato da viva fede, ricorsi con speciali preghiere a Maria Ausiliatrice e le promisi una graziosa offerta. Era quella una inspirazione del Cielo. In breve si quetò la burrasca, il fiero malore diminuì di forza e la povera inferma si vide come risuscitata.
Ora, guarita perfettamente, si unisce a me nel ringraziare la potentissima Ausiliatrice del Cristiani.
Cegni, 24 Dicembre 1894.
BIAGIO ZANOCCO.
Rendono pure grazie a Maria Ausiliatrice i seguenti
Adele Ripa di Meana ved. Chionio, Nizza Monferrato. -—Dott. Giuseppe Broli, Cremona. - Isabella Calcagno. - N. N. di Prasco di Acqui, con offerta di L. 60 ( Qui videt in abscondito reddet tibi). - Maria C. Dolceacqua. - Angelica Fumea, Como. - Teresina C. C.di Montecchio Maggiore - Ch. Francesco Brusa, Lugano. - E. G., Voghera. - Sac. Giov. Mellano, Borgo S. Martino. - Fr. R., Blumenau. - Felice Avio, farmacista, Acquata Scrivia - Sac. Gerardo De Feo, Omignane. - Catterina Ellena, Torino. - Ved. PasqualBrocoa Edvige, Torino. - P. C. Torino. - Antonio Tunesi, Verzusca. - P. G. B., Buia. - Un Missionario Salesiano di Quito per un giovanetto ricoverato. - Motura Giuseppe, Villafranea Piemonte - Motura Domenica, Villafranea Piemonte. - Revelli Carolina, - Fossati Giuseppe. - P. Giovanni Daverio, Parroco, Armate. - Quarone Giuseppe, Valfenera - Piglia Sabina, Zanco. - Berra Teresa. - Martini Bruno, -.Condove - Davico Teresina, Cumiana. - Bono Giuseppina ved., Torino - Torchio Maria, Vinovo. - Torreri Sofia, Cornegliano d'Alba. -Peyretti Maria, Quargnento. -Sorelle Grosso, Cuorgnè- Lenti Teresa, Torino. - Massimino Maria, Torino. - Viotto Giuseppe, Scalenghe. - Longo Vaschetti Alessandro, Carmagnola. - Maletti Francesco, Cumiana. - Severo Francesco Nichelino. - Ceretti Maria, Mongrando. - Ariana Vedova, Bianzè. - Carletta Maria, - Sciar Felicita, Ceva. - Gazzotti Francesca, vedova Lenti, Torino. - Giordano Giovanna, Vinadio. - Arduino Andrea, Valfenera. - Grana Lucia, idem. - Canta Lorenzo, 8. Damiano d'Asti. - Gambino Vincenzo, Poirino. - Berutti Teresa - Bognome Eugenia, - Fornasari Anna, Pagno. - Casassa Anna - Visetti Clotilde, Torino. - Testa Giovanna, Monticelli d'Alba - Sorelle Ubertis, Borgo S. Martino. - Florio N. idem - Manassero Giovanna, Torino. - Rolando Pietro, Ceresole (Reale). - Franco Margherita, Montà d'Alba. - Viariggi Domenica, Castiglione. - Viariggi Giovanni, idem. - Sac. Giov. Penunti, Gorgonzola. - Davico Francesco, Settimo Torinese. - Forcherio Maria, Torino.
Nella nostra Casa principale di Torino noi riceviamo dalla posta presso a cento lettere al giorno, la maggior parte delle quali sono di Cooperatori e Cooperatrici, che ci lasciano commissioni. Queste poi sono di varie specie : per accettazione di giovinetti od altre persone nell'Istituto per celebrazioni di Messe, preghiere, benedizioni in onore di Maria Ausiliatrice ; per tipografia ; per libri, associazioni, immagini e medaglie ; per diplomi di aggregazione alla Pia Unione dei Cooperatori e relativo Bollettino , per associazione all'Arciconfraternita dei divoti di Maria Ausiliatrice ; per versamento di danaro e via dicendo.
Di vivo cuore e colla più alta riconoscenza noi ringraziamo i Cooperatori della fiducia che in noi ripongono, e dell'aiuto eziandio che in siffatta guisa ci somministrano nel promuovere e sostenere le varie nostre opere, le quali, come è lor noto, mirano tutte alla maggior gloria di Dio e dell'augusta sua Madre, alla cristiana educazione dei giovanetti poveri ed abbandonati e alla diffusione della buona stampa tra il popolo.
Talvolta per altro con nostro rincrescimento accade che non si possono tosto eseguire le commissioni che ciascuno ci lascia, allora sopratutto quando queste sono molte e varie. La ragione si è che dovendo la lettera passare per diversi Uffizi, separati gli uni dagli altri secondo la diversità delle attribuzioni , l'impiegato per la molteplicità delle quotidiane domande non può copiarne la parte che gli spetta, per trasmettere poscia la lettera all'altro Uffizio per lo stesso lavoro. Succede pur di spesso che certe lettere racchiudono cose di confidenza, e non potendo lasciarle nelle altrui mani, dobbiamo rilevarne noi medesimi le commissioni che contengono, la qual cosa ci porta via tempo assai. Sembra necessario ovviare a questo inconveniente a comune soddisfazione.
Per la qual cosa, quando occorresse ai Cooperatori di mandare al nostro Superiore una lettera con più commissioni, noi li pregheremmo che volessero limitarsi ad esprimere nel corpo della medesima le cose confidenziali e quelle che riguardano, a mo' d'esempio, l'accettazione di persone nell'Istituto, preghiere da farsi, relazioni di grazie ricevute, limosine, offerte, quello insomma che spetta più da vicino alla sua persona ; e poi scrivere le altre commissioni in altrettanti biglietti distinti, secondo la diversità degli oggetti colla data del tempo e del luogo, col proprio nome e cognome, ed unirveli, avvertendo però di notare sopra il biglietto ; Tipografia se la commissione è per stampa ; Libreria se per libri, Letture Cattoliche, Biblioteca della Gioventù Italiana; Magazzeno, se per statue, imagini, medaglie ed altri simili articoli ; Direzione del Bollettino se per diplomi da Cooperatori e per Bollettini ; Sacristia se per tridui, novene nel Santuario di Maria Ausiliatrice, o per farsi ascrivere nell' Arciconfraternita dei suoi divoti; Direzione della Casa, se per l'accettazione di qualche giovanetto o per versamento di danaro in loro favore, e così del resto, secondo il bisogno. Avuti questi biglietti nella sua lettera, il Superiore li distribuirà nel tempo stesso ai diversi uffizi cui appartengono, i quali poi ciascuno alla sua volta potranno eseguirne la spedizione molto più speditamente.
Si prega inoltre che nella sottoscritta si voglia sempre scrivere chiaro e preciso il proprio indirizzo, affinchè non si abbia a sbagliare nella risposta.
I CANTORI DELL'ORATORIO DI TORINO alle feste centenarie di Loreto.
Per mancanza di tempo e di spazio nell'ultimo numero del Bollettino, abbiamo appena accennato all'andata dei nostri cantori a Loreto , riservandone la relazione più estesa pel presente numero. Fu certamente un grande onore per i nostri cantori l'essere chiamati a prendere parte coll'insigne Cappella Lauretana alle esecuzioni musicali per quelle solennissime feste centenarie. Grati di tanto onore, essi vi andarono in numero di 60, e sostennero la parte corale e dei soprani di concerto per cinque giorni consecutivi. Oltre l'unione della nostra scuola colla suddetta rinomata Cappella, vi erano pure valentissimi Professori di Pesaro e di Bologna, tanto per la parte vocale quanto per la parte orchestrale.
Descrivere l' effetto incantevole e celestiale di quelle musiche, veramente degne della circostanza, ci riesce impossibile. Quasi tutti i giornali delle Marche e delle Romagne ebbero a fare grandissimi elogi tanto delle classiche composizioni, quanto della inappuntabile esecuzione, sotto la direzione dell'illustre Maestro di quella Cappella Sig. Cav. Roberto Amadei. Della soddisfazione lasciata colà dai nostri cantori, sarebbe troppo lungo il riportare quanto dissero in proposito i suddetti giornali; per brevità citeremo solo un brano di lettera dello stesso sullodato Cav. Amadei che è molto eloquente.
EGREGIO E CARIS.mO MAESTRO DOGLIANI,
Sento il dovere ed ho la soddisfazione di rendere infinite grazie al Rev.m° Signor D. Rua ed a lei infaticabile e distinto Maestro unitamente a cotesti cari ragazzi, per la valevole cooperazione prestataci nelle nostre grandi esecuzioni musicali dell'apertura delle feste Centenarie ecc.
Sono tanti i loro meriti, che io non potrei enumerarli tutti. Dico solo questo : i suoi allievi furono trovati all'altezza degli altri esecutori, ossia dei nostri cantori della Cappella e dei Professori di Bologna e di Pesaro.
Suo DEV.mo ROBERTO AMADEI.
In qualità di figli di D. Bosco, i nostri cantori, durante il viaggio che essi consideravano come pio pellegrinaggio, ebbero a godere speciali favori, de' quali riconoscenza vuole che noi pur facciam parola. Senza dubbio la stagione critica e la lunghezza del viaggio, qualora questo si fosse dovuto fare tutto d'un tratto, avrebbero potuto danneggiare la voce dei piccoli viaggiatori; ma a questo inconveniente cercarono d'ovviare la carità dei nostri benefattori ed il buon cuore dei Superiori ed allievi delle Case Salesiane di Parma, Bologna, Faenza, Firenze e Spezia, per dove i nostri giovanetti dovevano passare, invitandoli a fare una breve fermata.
Partiti da Torino la mattina del 3 dicembre, arrivarono a PARMA alle ore 20 dello stesso giorno. Alla stazione stava ad attenderli quell'ottimo Direttore, Prof. D. Carlo Baratta, musico valente, il quale ebbe pure il felice e caritatevole pensiero di tenere colà preparati tre omnibus che riuscirono una vera provvidenza, stante la distanza che vi è per andare all'Istituto di S. Benedetto. Quivi, accolti fra le entusiastiche acclamazioni di quegli allievi schierati in due file ed al tono giulivo della banda musicale dello stesso Istituto, per quella sera e la mattina seguente furon fatti segni a mille cure e a mille gentilezze.
Alla stazione di BOLOGNA erano attesi dall'Ill.mo Sig. Marchese Dott. Giuseppe Guido Sassoli De Bianchi e da un Sacerdote della Casa Salesiana di Faenza. Dell'accademia tenutasi in Bologna e del suo scopo già si parlò a lungo nel numero precedente. Ora vogliamo segnalare la carità dell'Em.m° Card. Svampa, il quale dopo l'accademia volle che i nostri allievi prendessero una buona refezione in Seminario ed i loro Superiori s'assidessero con lui alla sua mensa ; e la gentilezza del prelodato Marchese Sassoli, che degnossi tener compagnia ai nostri giovanetti nel visitare i principali monumenti di quella città. Furono a S. Petronio, a S. Domenico ed a Santa Catterina. Qui poterono contemplare il venerabile corpo della Santa rimasto incorrotto ancora dopo quattrocento anni, e davanti ad esso eseguirono un mottetto corale del loro Maestro Dogliani senza accompagnamento, e quell'ottimo Rettore prima di lasciarli partire li regalò tutti di una bella immagine della Santa, che resterà sempre loro come un caro ricordo di quella visita. Ricevuta ancora una volta la benedizione dell'Em.m° Card. Arcivescovo, colle più belle impressioni si rimisero in viaggio.
Le accoglienze avute in FAENZA sono indescrivibili. L'ora tarda dell'arrivo non permisero alla banda di quel Collegio di andare a ricevere i fratelli di Torino alla stazione ; ma vi andò quel Direttore Prof. D. Giambattista Rinaldi con una squadra di allievi, i quali, dopo reciproci saluti, accompagnarono i nostri alla lor Casa, dove le marcie bellissime, gli accalorati applausi, una splendida illuminazione, i bei componimenti, suoni e canti, tutto fu messo in atto per attestar la gioia che si provava per l'arrivo dei giovanetti della primaria Casa di D. Bosco. Viva D. Bosco ! Viva D. Rua ! Vivano i nostri fratelli di Torino ! erano gli applausi che unisoni erompevano da quella massa di bravi faentini, i quali posero pure in trasparenti splendidamente illuminati queste medesime acclamazioni, coronate dal bel motto del Salmista : O quam bonum et quam jucundum habitare fratres in unum. O quanto buona e dolce cosa ella è che i fratelli siano insieme uniti ! Gentil pensiero fu eziandio pel nostro Maestro Dogliani quello di sentirsi eseguire da quei bravi musici parecchie sue cantate e suonate. Quel buon Direttore aveva diramata una lettera circolare ai Benefattori Faentini, notificando loro il passaggio dei giovanetti di Torino, invitandoli ad una grandiosa accademia palestriniana che si sarebbe tenuta al loro ritorno da Loreto, e nello stesso tempo pregandoli a volerlo aiutare nel dare conveniente ospitalità a questi figli di D. Bosco. Dobbiamo dire che i Faentini si mostrarono davvero generosi ; chè ai nostri giovanetti non mancò proprio nulla : si ebbero tutti un buon letto per riposarsi e un'ottima tavola per rifocillarsi.
L'accennata accademia fu infatti tenuta dopo le feste lauretane. Venne onorata dalla presenza delle LL. EE. Rev.me Mons. Gioachino Cantagalli Vescovo di quella città, e Mons. Francesco Baldassari, nuovo Vescovo di Urbania, da parecchi Rev.mi Canonici, e da moltissime altre notabilità del clero e del laicato faentino. Il compitissimo programma ad onor dell'illustre cultore della musica sacra venne eseguito con mirabile precisione dai giovinetti di Faenza, alternati dai nostri di Torino. Essi si ebbero accalorati applausi dalla colta udienza e pubblici encomii dai giornali bolognesi.
La partenza da Faenza fu una scena carissima. Dopo le commoventi parole di addio di quel Direttore, questi figli di un sol padre, gli uni ringraziando, gli altri lodando, andavano a gara nel manifestarsi a vicenda i sentimenti di affetto e di amore che si portano tra loro. Tra gli evviva fragorosi i nostri dovettero partire, accompagnati alla stazione da quei Superiori e da un gruppo di quegli allievi.
* *
LORETO era la meta desideratissima di questo viaggio. Lasciata Faenza e passata Rimini, ecco l'Adriatico presentarsi coi suoi neri cavalloni. Il grido di mare ! mare ! riempie di gioia il cuore dei nostri viaggiatori, i quali s'affacciano ai finestrini del carrozzone e si deliziano nel contemplare gli scherzi dei flutti, che, per le tenebre che si abbassano, hanno un non so che di misterioso. Si oltrepassa intanto Ancona, ed eccoli arrivati a Loreto. Viva Loreto! Viva la S. Casa! è il grido entusiastico che erompe da quel coro di sessanta giovani, che con ansia febbrile sporgono la testa a destra per vedere il cupolone del miracoloso Santuario.
Alla stazione sono aspettati dal Direttore di quel Collegio Salesiano, Prof. D. Pietro Giordano, e da altri Superiori. Salgono in vetture, e dopo poco più di mezz'ora sono sul luogo. Il Collegio è destinato per le refezioni, l'alloggio è presso il Santuario.
Dire delle festose accoglienze fatte a Loreto ai nostri giovanetti, esprimere le emozioni da questi provate nella S. Casa di Nazaret dove quasi in tutti quei giorni ricevettero la S. Comunione per le mani del loro Direttore D. Carlo Farina, che li accompagnava, e dei due Professori Sacerdoti D. Giovanni Scotti e Teol. D. Luigi Caligaris, non è cosa di poco momento. Essi sentivano di trovarsi fra quelle avventurate mura che ospitarono il nostro Divin Salvatore fino all'età di trent'anni, e questo grande pensiero loro richiamava mille dolci ricordi, mille sante memorie, che riempivano i loro cuori di indicibile consolazione. Essi erano profondamente inteneriti !
I cinque giorni dì straordinarie feste nella fortunata città di Loreto passarono come un lampo, ed i nostri cantori si trovarono in un momento al dì della partenza. Prima però ebbero l'onore di essere ricevuti in udienza dagli Eminentissimi Signori Cardinali Malagola e Svampa, di eseguire in loro presenza alcuni pezzi accademici e di riceverne la santa benedizione. Poi partirono, ma nei loro cuori è rimasto indelebilmente impresso il dolce ricordo della S. Casa, di quelle straordinarie feste vedute e delle gentilezze e cortesie ricevute dai buoni Lauretani.
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Nel ritorno, da Faenza si passò a FIRENZE, dove era pubblicata la conferenza salesiana che vi doveva tenere il nostro D. Stefano Trione nella
Chiesa dell'Annunziata. Non parliamo delle accoglienze che furono veramente da fratelli. Dietro appello di quel caro Direttore Prof. D. Stefano Febraro, i Benefattori di quella Casa si diedero ogni premura per fornire ai piccoli ospiti l'occorrente letto e quant'altro potè abbisognare in quel soggiorno : l'Ill.ma Signora Marchesa Altoviti con gentil pensiero s'incaricò del vino, per tenere, diceva, un poco allegri questi bravi cantorini, e ve ne mandò nientemeno che quaranta grossi fiaschi.
In Firenze i nostri giovanetti si accorsero di trovarsi davvero nella gentil città d'Italia. Al Collegio per loro si tenne accademia : alla Chiesa dell'Annunziata si eseguì una Messa a grand'orchestra , riscuotendo ammirazione il tenore ed il baritono Sigg. Professori D. Giov. Scotti e Teol. D. Luigi Caligaris, ed in S. Firenze alcuni mottetti per la conferenza suddetta. All'Annunziata una graditissima sorpresa : I RR. PP. Serviti, in segno della loro soddisfazione, si compiacquero di scoprire la miracolosa Annunciazione di Fra Angelico, davanti alla quale S. Luigi Gonzaga giovanetto consacrava con voto perpetuo la sua verginità. Cosa più gradita non avrebbero potuto fare quei buoni Padri : i nostri giovanetti non se l'aspettavano neppure, avendo sentito che da sette anni non si lasciava vedere ad alcuno.
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Anche a SPEZIA, gran cuore e grandi gentilezze, e non mancò anche qui la banda a salutare i fratelli nell'arte musicale. Quell'ottimo Direttore D. Giuseppe Scappini aveva ottenuto di poter far loro visitare l'arsenale : furono quelle alcune ore di interesse generale e di molta soddisfazione. Ebbero ancora il piacere di visitare la grande corazzata La Sardegna, il cui comandante Signor Conte Candiani usò loro ogni cortesia immaginabile.
Benchè a malincuore, quei buoni confratelli e giovanetti dovettero lasciar partire tosto i nostri amici, i quali erano aspettati a Torino per la sera del 16 dicembre per incominciare con noi la novena del Santo Natale. Arrivarono infatti la detta sera e non diciamo con quanta espansione di cuore li abbiamo ricevuti : anche la nostra banda si mise in moto, eseguendo le sue più belle marcie e le migliori sinfonie. Dopo due settimane di assenza, noi desideravamo di riveder questi nostri cari giovanetti : da loro desideravamo sentire le meraviglie di Loreto, le notizie dei nostri Collegi per dove passarono, le notizie dei nostri cari confratelli e degli amati Benefattori ed essi ci soddisfecero appieno. Allora ci unimmo a loro nel ringraziare Iddio e Maria Ausiliatrice del felice viaggio compiuto; ed ora ad essi pure ci associamo nel mandare i più sentiti e cordiali ringraziamenti a tutti i cari Direttori, confratelli e giovanetti delle Case qui sopraccennate ed agli ottimi Benefattori per le splendide accoglienze fatte dovunque a questi nostri piccoli cantori.
Nel Monferrato.
Il nostro confratello D. Tommaso Pentore ha percorso il Monferrato, tenendo Conferenze Salesiane nei principali punti di quella regione , ed è rimasto commosso allo spettacolo di fede cristiana e di affetto verso i Salesiani, che nutrono quei buoni nostri amici. D. Bosco aveva visitato ripetutamente quei paesi al principio della sua Istituzione, ricavandone i primi mezzi per poterla sostenere, e molti ancora lo ricordano con vero entusiasmo.
La loro dote particolare è il cuore; basta battere a quella porta, perchè essi si riscuotano e si prestino a' più generosi sacrifizi. Caro e benedetto popolo! Sopra una busta consegnata al nostro conferenziere era scritto: « Con questa tenue offerta vorrei poter dare tutte le mie forze, tutto il mio sangue, agli orfanelli ed alle missioni di D. Bosco. » Qualche povera donna diceva : « Io non posso disporre di danaro , ma offro una camicia od un lenzuolo , per mandare ai selvaggi della Patagonia. »
Alla Conferenza di Casorzo accorsero pure i Cooperatori Salesiani di Vignale, Camagna, Frassinella d' Olivola; a quella di Montemagno erano venuti i nostri amici di Viarigi e di Grana; a Lu, quelli di Mirabello, Occimiano, S. Salvatore e Cuccaro ; a Rosignano, quelli di Cella Monte , S. Giorgio, S. Martino, Ozzano e Treville ; a Nizza quelli di Incisa, Mombaruzzo e Mombercelli.
Lo stesso D. Pentore tenne pure conferenza anche nella cattedrale di Alessandria, e qui pure vi fu un grandissimo concorso.
Iddio rimeriti tutti questi nostri buoni Cooperatori e Cooperatrici colle sue grazie più consolanti.
In Liguria.
Anche i nostri Cooperatori della Liguria hanno corrisposto con affettuoso slancio all'appello, che il suddetto nostro conferenziere rivolse loro per venire in soccorso delle Opere Salesiane. Molti di quegli uomini che intervennero a sentir la Conferenza, erano stati in America e avevano colà conosciuti i nostri Missionari. Essi quindi potevano confermare la verità di quanto asseriva l'oratore, del gran bene cioè che si fa dai Salesiani specialmente nella Repubblica Argentina, nell'Uruguay e Brasile a profitto degli emigrati italiani. Noi ringraziamo di tutto cuore questi nostri cari amici di Novi Ligure, di Tortona e di Rapallo.
Carità pei poverelli.
Leggiamo nell' Italia Reale-Corriere Nazionale del 31 dicembre 1894
Il Circolo Cattolico Pier Lombardo di Novara, con sede propria nell'Oratorio festivo di S. Giuseppe, in una sua seduta aveva deliberato di offrire nel giorno di Natale da pranzo a venti poveri della città. Questi vennero trovati e scelti per cura della benemerita Società dì S. Vincenzo de' Paoli, ed alle ore quattro di detto giorno si videro tutti quei buoni vecchi seduti a tavola allegri e contenti, mangiare con gioia, con una serenità dolce e cara che scendeva al cuore. I loro sorrisi valevano più che un ringraziamento, la gioia che si vedeva sui loro volti compensava bene la carità dei giovani del Circolo. Ed era bello vedere quei buoni vecchi che stringevano amicizie tra loro e chiaccheravano, discorrevano lietamente con un mormorio allegro che metteva brio ed allegria. Era proprio la pace veramente cristiana che ivi regnava. Da quella tavola era sbandito ogni pettegolezzo di etichetta, la famigliarità più schietta e più cara regnava tra quei buoni vecchi che si vedevano serviti con gentilezza e con premura da vari soci del Circolo ; i quali sotto la direzione del loro Direttore s'affaccendavano intorno ai commensali che ringraziavano contenti e confusi dai modi belli che loro sapevano usare, e ringraziando il Signore benedicevano la gioventù buona, la gioventù cristiana che dà il suo soldo al povero, anzichè all'oste od al ballo. Nè i brindisi mancarono. Brindarono quei buoni vecchi, brindarono alla salute del Circolo, e quando il Direttore raccomandò a loro di pregar Dio con cuore, di innalzare una prece anche pel Circolo , tutti s'alzarono, e gridando un evviva al Direttore, commossi, contenti ringraziavano Iddio di aver loro concesso di passare così bene il bel giorno del Santo Natale.
Noi non possiamo nè sappiamo esprimere i sentimenti belli che ci commuovono ad azione così nobile, ma il nostro bravo di cuore mandiamo a quei giovinetti che portando alta la bandiera di Cristo, e cantandone le lodi non dimenticano di volgere lo sguardo all'ingiù e portano la carità loro tra le persone più care e più amabili : i poveri vecchi....
Ed una parola bella anche al Sig. Direttore D. Ferrando. Fu lui che istituì il Circolo, fu lui che lo compose, ed è lui che coll'esempio e colle parole, anima e tien vivo quel fuoco santo che acquista e rende buona tanta gioventù. Oh anch'egli era lieto nel giorno di Natale. Passeggiava contento tra quei buoni vecchi, sorrideva , parlava loro, come a loro continuamente raccomandava di pregare pel Circolo, per la sua prosperità. Sì,.. Don Ferrando, stia fermo e sicuro... i poveri pregheranno pel Circolo e per il suo buon Direttore.
L. BERNACCINO.
Ali Marina.
Il giorno 19 del dicembre scorso ebbe luogo la solenne distribuzione dei premii alle alunne del convitto femminile Maria Ausiliatrice, nella marina di Alì. Questa festa del cuore e della mente, venne aperta con un discorso del Rev. Ispettore salesiano Sac. Prof. Don Bertello, il quale con quella erudizione che lo distingue, disse egregiamente sull'educazione giovanile, e provò come al raggio luminoso della fede cristiana puossi solamente ottenere quell'indirizzo uniforme, schietto e sicuro, molto difficile nei nostri giorni, che pel cozzare di varii sistemi, presentano un triste spettacolo di contraddizioni, che conducono a quel desolante scetticismo, tanto esiziale all'individuo e alla patria. Varii componimenti letterarii vennero in seguito abilmente declamati dalle alunne. Anche la musica concorse mirabilmente a rendere più gaia la festa.
Dei progressi di questo pregevole Istituto, si è detto con lode varie volte, e noi cogliamo questa occasione per manifestare il nostro compiacimento nel vederlo di anno in anno prosperare, sia nel numero delle convittrici, sia negli studii, in cui esse attendono, sotto l'intelligente ed amorosa guida delle Suore di Maria Ausiliatrice, che nulla risparmiano, perchè le loro allieve vengano avanti, con quel corredo di virtù morali ed intellettive, tanto necessarie per far prendere alla donna cattolica quel posto che la divina Provvidenza le ha assegnato nella famiglia e nella società.
La scelta adunanza espresse, durante la premiazione, varie volte e con affettuoso entusiasmo il suo compiacimento pell'indirizzo e pel progresso di questo Istituto, mentre si deliziava, guardando dagli spaziosi balconi della sala, attraverso le cime degli aranci del sottostante giardino, il vasto panorama del mare e dei calabri monti, illuminati dalla luce purpurea di un sereno tramonto.
Anche noi innamorati di quell' incantevole e grandioso paesaggio, abbiamo spinto il nostro sguardo attraverso quei vani, e in quell' ora solenne di mestizia, di fronte alla grigia nebbia della sera, che velava lentamente l'oro delle nubi infuocate, che si spandevano lontan lontano nel luminoso orizzonte, abbiamo melanconicamente meditato che anco l'errore ed il vizio, effetto di perversa educazione, avrebbero potuto velare lo splendore delle ingenue menti di quelle giovinette che ignare di so stesse e dei triboli della vita, s' abbandonavano in quell' ora in un innocente tripudio. Ma la vista del Crocifisso di metallo bianco, che alla luce del tramonto brillava severa sulla saia nera di quelle suore, che come dolci visioni le circondavano, abbiamo slargato il cuore nei più dolci conforti, ed abbiamo sperato, molto sperato , per la religione, pella società, pella patria, e per le nostre care fanciulle
(Dal Risveglio di Messina).
Con piacere apprendemmo come il Circolo Beato Sebastiano Valfrè della Gioventù Cattolica Italiana , costituitosi in Comitato Regionale Piemontese per decreto del Consiglio superiore di Roma, e per volere delle Loro Eccellenze Reverendissime gli Arcivescovi di Torino e di Vercelli, per degnamente celebrare la fausta ricorrenza del sesto Centenario della traslazione della Santa Casa di Loreto, ha determinato di promuovere per il giorno di Domenica 21 aprile corrente anno solenni religiose funzioni nella Chiesa di San Dalmazzo in Torino, ove si venera le taumaturga immagine della Vergine Lauretana. Le quali feste saranno precedute dalla predicazione di un triduo di un valente sacro oratore, e onorate dalla presenza di Eccell.mi Vescovi. E per dare maggior agio ai buoni cattolici torinesi di pregare e venerare Maria Santissima, gloria e salvezza di tutta la cristiana famiglia ed in modo particolare della patria nostra diletta, ha organizzato pure religiose funzioni da celebrarsi nella medesima Chiesa la terza Domenica dei tre mesi precedenti. Inoltre promuove un grandioso pellegrinaggio piemontese alla S. Casa stessa di Loreto, al quale facciam voti che abbiano da prendervi parte anche un bel numero dei nostri lettori. Il progetto è approvato e benedetto dall'Arcivescovo di Torino.
Quell'uomo tanto benemerito della bachicoltura che è l' egregio Comm. Luigi dell' Oro di Milano (Via Silvio Pellico 12), nostro esimio Cooperatore, in un supplemento al Setaiolo datato da gennaio u. s., invita quanti s'occupano di questa benefica arte, a voler essere previdenti e procurarsi solo seme originario, onde triplicare in media il raccolto. Così si potrà guadagnare la campagna perduta nel 1894 pel vile prezzo dei bozzoli; perchè dove non arrivasse il prezzo di essi, arriverebbe almeno la maggior quantità loro che si produce coll'allevare il detto seme originario. Quelli dei nostri lettori che s'occupano di bachicoltura, vedano di approfittarsene.
La Vergine del Rosario - periodico mensile : 32 pag. in 4, - copertina colorata - carta di lusso tipi-nuovi. Questo periodico si pubblica in Roma sotto gli auspici del S. Padre e corrisponde perfettamente alle venerate esortazioni contenute nelle Encicliche papali sul S. Rosario, tantochè Sua Santità si degnò chiamarlo eccellente periodico. Contiene tutte le notizie riguardanti la Vergine del Rosario anche sotto il titolo di N. S. di Lourdes. La storia, la importanza, la efficacia e la utilità della pia pratica del Rosario, danno materia ad elaborati articoli, i quali mentre servono al popolo per riaccendere in esso la fede e sono molto istruttivi, servir possono agli oratori sacri per argomenti di discorsi sul Rosario : molti esempi storici e fatti edificanti danno pur materia al periodico, che riporta eziandio, oltre la storia di N. S. dì Lourdes una speciale rubrica di notizie d'interesse religioso e morale. - Abbonamento per l'Italia L. 3 per un anno con diritto ai fascicoli arretrati dell'annata; per l'estero L. 4. Le associazioni si ricevono in tutti gli uffici postali del Regno. - In ROMA alla Direzione della Vergine del Rosario, Via S. Chiara 39.
Il Corriere della Domenica di Milano - è una pubblicazione letteraria che supplisce sufficientemente alla penuria che patiscono i cattolici di buoni e serii giornali letterarii che rispondano alle esigenze di tutti. È entrato lo scorso mese nel suo sesto anno di vita. Esce ogni domenica in fascicoli di 8 pagine a tre colonne, (edizione di lusso); è redatto ìn forma affatto moderna pur mantenendosi di principii inappuntabili : si è proposto di seguire il movimento letterario del tempo, facendolo nelle sue parti buone ; reca articoli di varietà, conversazioni, riviste scientifiche, artistiche e blibliografiche, bozzetti, novelle, romanzi, poesie e ricreazioni a premio. - Abbonamento annuo in Italia lire 6. Numeri di saggio gratis a richiesta. - Direzione e Redazione, Via S. Marta, 23, Milano; Amministrazione, Tipografia Vescovile dell'Oratorio, Como.
Abbiamo ricevuto un numero di saggio del periodico illustrato Il XV Centenario della morte di S. Ambrogio, che esce in Milano a cura della Commissioneper le feste del Centenario stesso costituitosi in quella città sotto la presidenza del Cardinale Ferrari. Sarà mensile nel 1895, quindicennale nei 1896, settimanale nel 1897: è in formato di 8 pagine in quarto di testo ed illustrazioni, e quattro di copertina. Oltre ad essere l'organo ufficiale della Commissione e delle opere da essa promosse, si occuperà della cronaca dello feste, della illustrazione di S. Ambrogio, delle suo opere e dei suoi tempi, della storia della Chiesa Milanese, di studii artistici o critici relativi al periodo Ambrosiano e al culto del Santo. Il periodico è ben redatto e stampato. I numeri di saggio si mandano gratis dietro richiesta. L'abbonamento per queste, anno è di lire 2,50. Direzione: Via S. Maurilìo 21, Milano,
1. Amati D Giuseppe - Milano.
2. Amoretti Luigi - Saliceto (Cuneo). 3. Arnaul Alessandrina Ved. Dumontel - Torino.
4. Auderlini D. Gregorio - Salecchio (Novara).
5. Baioni Costanza - Lugo (Ravenna). 6. Banchieri D. Giuseppe -Pontecchio (Massa Carrara).
7. Barco D. Giovanni - Vaccarezza (Genova).
8. Bardesio Paolina n. Torriani -- Torino.
9. Bartoli Maria Ved. Marabini - Castel Bolognese (Ravenna).
10. Bassi Avv. Gaetano - Spezia (Genova).
11. Battaglia Teresa - Rondissone (Torino).
12. Berardi Ved. Luigia. - Torino. 13. Bontà Filetto Giustina - Venezia. 14. Borgogna D. Salvatore - Asigliano (Novara).
15. Bosco Conte Alerano - Torino.
16. Bortolotti D. Bartolomeo - Rotari (Modena).
17 Buzzi D. Carlo - Milano
18. Cabianca D. Federico - Roveredo di Cologna (Verona).
19 Caliandro Antonio - Torino. 20 Cane Antonio - Torino.
21 Cantoni Giovanni -Beregnardo (Pavia).
22 Cantù Maria - Cambiano (Torino). 23. Capris di Cigliè Conto Ottavio - Torino.
24. Cavaglià Giuseppe - Santena (Torino).
25. Cerato Antonia - Torinoe
26. Charrier Clara - Torino., 27. Christoph Laura - Torino.
28. Coletti Giuseppe - Perarolo (Torino).
29. Comba Can D. Luigi Tool. - Cuneo.
30. Colombo Adelaide - Varedo (Milano).
31. Colombo Luigi - Varedo (Milano). 32. De Beni Domenica - Fonsazo (Belluno).
33. De-Contorbia Delfino Corano. (Novara).
34. De-Vivo Monsig. Gennaro, Vescovo di Pozzuoli - Napoli.
35. De Zugliani D. Pietro - Perarolo (Belluno).
36. Dogliani D. Giuseppe - Magliano (Cuneo).
37. Donatoni Domenico - Gargagnago (Verona).
38. Fagazzi Antonietta - Torino.
39. Fascio Vedova Rovigliano - (Alessandria).
40. Ferrari Amadio - Colombaro (Brescia).
41 Filippo Cav. Edoardo - Genova. 42 Frigatti Antonio - S. Maria Selannicco (Udine).
43. GaddiNercolaniD.Leopoldo-Forlì. 44. Galbiate Giuseppe - Lodi (Milano). 45. Irico D. Pietro Cap. - Trino (Novara).
46 Langhi C. Angiolina -Novara.
47 Losito D. Angelo - Andria (Bari). 48. Maffezzoli D. Giovanni - Ronco (Brescia).
49. Maggia Angola - Vigliano Biellese (Novara).
50. Manzone D. Spirito - Susa (Torino). 51. Marcolina D. Francesco - Monreale Cellina (Udine).
52. Marone Maria - Zamporo (Novara). 53. Mensio voti. Catterina - Cambiano (Torino).
54. Miglietti Carlo - Occhieppo Inferiore (Novara).
55. Moeiano D. Sante- Gangi (Palermo). 56. Mozzi Teresa - Bobbio (Pavia). 57. Navone Maurizio - Torino.
58. Noè D. Federico - Casate Nuova (Como).
59. Padre Eugenio Nicco - Poirino (Torino).
60. Pecchio Stefano - Settimo Torinese (Torino).
61. Poggio D. Enrico-Caretto (Genova). 62. Pratesi D. Alessandro - Pistoia (Firenze).
63. Raber Amadio - Cavazzo Carnico (Udine).
64. Rambaldelli D. Giacomo. - S. Michele Extra (Verona).
65. Rambaudi Cav. Tommaso - Sanfrè (Cuneo).
66. Reasso Giuseppe - Torino.
67. Riboni D. Antonio - Premia (Novara).
68. Ronchi Conte Comm. Carlo - S. Daniele (Udine).
69. Rossi D. Domenico - Valenza (Alessandria).
70. Rossi Margherita - Nozza (Brescia). 71. Salomoni Dr. Giuseppe - Verona. 72. Salvi D. Carlo - Vinci (Firenze). 73. Stagnati D. Amilcare - Rogona (Cremona).
74. Tola D. Angelo Parr. - Pieranica (Cremona).
75. Tossoglia Carlotta - Carignano (Torino).
76. Tricerri Esattore - Trino (Novara). 77. Vezzio D. Pietro - Buia (Udine). 78. Viasson C.ssa Vittoria - Torino. 79. Villani Carmela -Melpignano (Lecce).
80. Visini Martino - Nozza (Brescia).. 81. Voli Avv. Melchiorre - Torino. 82. Volpe Marta - Agliè (Torino).
I nostri lettori vorranno nei loro quotidiani esercizi di pietà ricordarsi delle sante Anime di questi cari che in vita ci furono congiunti coi dolci e forti vincoli della carità. I Sacerdoti facciano ogni giorno un memento di esse nel santo Sacrifizio della Messa; gli altri offrano Comunioni, preghiere speciali e buone opere pel loro eterno riposo. Ricordiamoci sempre che questi suffragi ci verranno ripagati ad usura dalle sante Anime del Purgatorio, e che questa fiorita carità che noi usiamo verso di esse, altri la userà poi con noi medesimi dopo la nostra morte.