ANNO XV - N. 2. esce una volta al, mese. FEBBRAIO 1891.
DIREZIONE nell'Oratorio Salesiano -Via Cottolengo, N. 32, TORINO
NUOVO ricordo della Pia Opera del Sacro Cuore di Gesù. Don Bosco - Funebri rimembranze. Annunzio e preghiera. Laboremus. Notizie dei nostri missionarii - Apostoliche scorrerie. L'ampliamento dell'Oratorio di S. Leone a Marsiglia. Grazie di Maria SS. Ausiliatrice. Le Commissioni dei Cooperatori. Notizie varie. Il Dottore Celso Bellingeri. Passeggiate - Periodo III.. Avventure d'una spedizione alla Colombia. Vita e Martirio del B. Perboyre.
Il Bollettino Salesiano viene in quest'anno con fronte nuova ed illustrata. L' anno testè incominciato è giubilare per noi; è il cinquantesimo dacchè Don Bosco , ordinato sacerdote da pochi mesi, dava principio nella festa della Immacolata del 1841 all'opera sua benefica a pro della gioventù.
Noi alziamo supplichevoli le voci alla Gran Madre Ausiliatrice, affinchè continui adesso e sempre a stendere la sua potente mano sopra di noi e sopra i Cooperatori tutti, e ci aiuti a condurre tra le braccia di Gesù un numero immenso di anime.
S. Francesco di Sales , nostro glorioso Patrono, renda più accetti questi voti colla sua benigna protezione e ci infonda il suo spirito di soavità e di apostolico zelo.
Abbiamo fatto preparare un nuove ricordo da mandare a tutti i pii offerenti di una lira per le sei Messe da celebrarsi in perpetuo in Roma, nella chiesa del Voto internazionale, dedicata al Sacro Cuore di Gesù.
È una finissima cromolitografia del quadro del Sacro Cuore di Gesù che venerasi nel detto tempio.
Se taluno bramasse moduli e programmi apposta stampati, per la diffusione di questa pia Opera, non ha che da farcene richiesta.
Col più sincero affetto ringraziamo pertanto tutte le pie persone, che finora ci vennero in aiuto in opera così egregia, che ha per iscopo l'erezione dell'Ospizio del Sacro Cuore per giovanetti abbandonati, e li preghiamo che ci vogliano continuare la loro carità.
Son tre anni ! L'aurora del 31 gennaio del 1888 sorgeva funestissima per noi, poneva fine ai giorni preziosissimi dell'amatissimo nostro Padre. Il suo Successore ne dava prontamente il triste annunzio ai Soci, ai Cooperatori salesiani ed alle Suore di Maria Ausiliatrice. Quella lettera portava lutto immenso ai nostri fratelli ed amici di mille paesi.
Nel pomeriggio fummo a visitare la salma del caro estinto. Don Bosco, vestito coll'abito talare e con tutti gli indumenti sacerdotali, come se fosse per celebrare la Santa Messa, era seduto sopra un seggiolone presso quell'altare privato, sul quale aveva tante volte celebrato gli ultimi anni l'incruento sacrifizio; aveva un calice in mano, gli occhi chiusi; pareva dormisse... egli era morto !
La dimane lo portarono nella chiesa di San Francesco, ridotta a cappella ardente. Passammo tutti avanti a lui, quanti eravamo in casa, per salutarlo; ed un'onda incessante di amici e di ammiratori vennero in quel giorno a vedere Don Bosco ed a pregare per lui. Seduto in alto e fra cerei ardenti e fiori funerei pareva meditasse... egli era morto !
A sera tarda tutti quanti dell'Oratorio ci raccogliemmo a pregare colà. Uno dei Superiori pronunciò commoventissime parole. Don Bosco pareva udisse... ma no, egli era morto !
Morto Don Bosco? Il cuore nol credeva, voleva illudersi, ma indarno. Ei non era più !
Fummo altamente commossi allo spettacolo immenso dei suoi funerali; ma intanto una tomba era aperta, colà furono portate le spoglie mortali del Padre, furon chiuse e più non le vedemmo.
Caro Padre, tu ci abbandonasti orfani nel pianto !
Una lettera fu allora aperta: era il testamento del suo cuore per noi. La leggemmo con indicibile affetto e ne andammo consolati.
Io vi lascio qui in terra, ci aveva scritto Don Bosco, ma solo per un po' di tempo. Spero che la infinita lllisericordiia di Dio farà che ci possiamo tutti trovare un dì nella beata eternità.
Vi raccomando di non piangere la mia morte. Questo è un debito che tutti dobbiamo pagare, ma dopo sarà largamente ricompensata ogni fatica sostenuta per amore del nostro Maestro, il nostro Buon Gesù.
Invece di piangere fate delle ferme ed efficaci risoluzioni di rimaner saldi nella vocazione sino alla morte
Se mi avete amato in passato, continuate ad amarmi in avvenire colla esatta osservanza delle nostre Costituzioni.
Il vostro primo Rettore è morto. Ma il nostro vero Superiore, Cristo Gesù, non morrà. Egli sarà sempre nostro Maestro, nostra Guida, nostro Modello. Ma ritenete che a suo tempo Egli stesso sarà nostro Giudice e Rimuneratore della nostra fedeltà nel suo servizio.
Il vostro Rettore è morto, ma ne sarà eletto un altro che avrà cura di voi e della vostra eterna salvezza. Ascoltatelo, amatelo, ubbiditelo, pregate per lui, come avete fatto per me.
Addio, o cari figliuoli, addio. Io vi attendo al Cielo. Là parleremo di Dio, di Maria, Madre e sostegno della nostra Congregazione; là benediremo in eterno questa nostra Congregazione, la osservanza delle cui regole contribuì potentemente ed efficacemente a salvarci.
« Sit nomen Domini benedictum ex hoc nunc et usque in saeculum. In te, Domine, speravi, con confundar in aeternum. »
Avendo preso la penna per scrivere di Don Bosco nel terzo anniversario della sua dipartita da noi, il cuore ci dettò queste rimembranze e noi le scrivemmo. Son ricordi di famiglia che spontanei ci tornano, all'animo. Son fiori funerei, ma raccolti alla tomba del Padre.
Abbiamo ricordato la morte, ora lasciamo ad altri il ricordare la vita.
Alla morte di Don Bosco mille giornali, mille riviste e periodici parlarono di lui e delle sue opere. Vorremmo qui riprodurre innumerevoli articoli; per amore di brevità non ne riporteremo che poche parole, estratte da giornali a nessuno sospetti quando inneggiano al prete.
Il Corriere della Sera : « Semplice sacerdote, iniziò un movimento meraviglioso, che, partito dal Piemonte, da principio si estese alla nostra penisola, quindi alla Francia, poi alla Spagna ed a parecchie Repubbliche dell'America del Sud, infine alle contrade dei Pampas e della Patagonia. Si mise di proposito per una nuova strada, senza conoscere la grandezza del fine per cui si incamminava, la grandezza dei risultati. Discordi, lontani anzi da lui in fatto d'opinioni politiche. non possiamo non ammirare l'opera sua. Così ne campo liberale si potessero contare tanti uomini, i quali di Don Bosco avessero la mente organizzatrice davvero superiore e sorretta da quella forza di volontà, da quella perseveranza che conduce a compiere le più meravigliose imprese ! »
L'Italia di Milano : « Con lui si spegne una vita tutta vigorosamente dedicata a un'idea, anzi si può dire che si spegne una potenza. Gli uomini come Don Bosco sono di stampo antico; ai dì nostri son rari. Poniamo che ai nostri occhi egli non abbia niun altro merito : questo di aver voluto ferreamente l'incarnazione del suo ideale costituisce una caratteristica degna di considerazione. Nato e cresciuto in tempi poco favorevoli alla sua missione, in ambiente talora francamente avverso, egli ha saputo sviluppare sì grande potenza di volontà, sì grande avvedutezza, sì grande ingegno da crearsi fama e considerazione pari a quelle dei più celebri apostoli. Sarebbe stato un eccellente Gesuita, se non avesse avuto ambizione e spirito di iniziativa tali da stringerlo a far da solo quello che altri ottiene per via di cooperazione e colleganza. L'opera sua, comunque, è stata grande e va considerata sotto due aspetti : il sociale e il religioso. »
In un secondo articolo, intitolato Particolari della vita di Don Bosco, conchiude: « La sua scuola filantropica non è la nostra. Il suo sistema a base di ascetismo non è accettato dallo spirito dei tempi nuovi. Ma bisognerebbe essere ciechi per non vedere ch'egli è stato un uomo superiore, una volontà di ferro, una energia di primo ordine ed una mente vasta e profonda. »
Il Secolo scrive : « Dotato d' ingegno non comune, di cuore e di criterio finissimo, fin da giovanetto intravvide grandi cose da fare a profitto dell'umanità sofferente e sopratutto della Chiesa pericolante. »
Il Caffaro di Genova scrive che « la sua propaganda, la mirabile operosità, l'impianto da lui fatto di numerosi Istituti e Convitti, non solo in Italia, ma anche in America, gli aveva acquistata una fama mondiale. »
La Nazione di Firenze: « Nei cinquant'anni di sua vita sacerdotale si mostrò sempre dotato di spirito intraprendente, di memoria felice, di colpo d'occhio sicuro, di fede robusta e d'animo vigoroso. Passò traversie forti senza mai lasciarsi scoraggire. Calmo sempre ed amorevole, riceveva con affabilità il povero artigiano ed i ricchi Principi. Trovandoci davanti ad un uomo che solo coll'obolo della carità a migliaia e migliaia di poveri ragazzi provvedeva giornalmente e pane ed istruzione, potremo dissentire da lui nei metodi educativi, ma non potremo negargli la nostra ammirazione; e siamo costretti ad esclamare che Don Bosco, co' suoi Istituti, co' suoi ricoverati e colle sue beneficenze d'ogni genere, ha dimostrato quanto possa, anche nel nostro secolo, la ferrea volontà di un prete cattolico congiunta a virtù ed alla vera carità del vangelo. »
Queste poche parole valgano a riaccendere sempre più in noi e nei benemeriti nostri Cooperatori e Cooperatrici la costanza e l'ardore di operosità e di carità, richiesti pel saldo sostegno e progressivo sviluppo delle opere lasciateci dall'indimenticabile D. Bosco.
I.
Nell' ultimo numero dello scorso anno accennammo di volo al processo di Beatificazione del nostro caro Padre Don Bosco, iniziato presso la R. Curia Arcivescovile di Torino. Ora ne diamo notizie più dettagliate.
Il giorno 8 maggio 1890, i Vescovi delle due provincie ecclesiastiche di Torino e Vercelli si riunivano a Torino, sotto la presidenza del nostro veneratissimo Arcivescovo, l'Eminentissimo Sig. Cardinale Alimonda, per affari di alto rilievo. - In quell'occasione, Sua Eminenza annunziò a quei Prelati essere sua intenzione di cominciare il Processo Diocesano riguardante la vita, le virtù e i miracoli del Servo di Dio, Don Giovanni Bosco, nostro venerato fondatore , processo richiesto per l'introduzione della Causa di Beatificazione a Roma.
L'adunanza diede a unanimità voto favorevole; e il 4 giugno seguente l'Eminentissimo Principe cominciava, secondo le forme canoniche, il processo auctoritate ordinaria. - Il Tribunale ecclesiastico costituito dal nostro Eminentissimo Arcivescovo continua la sua missione, e già hanno avuto luogo parecchie sedute.
Intanto il M. R. Sig. D. Michele Rua, Superiore generale della nostra Pia Società, ha incaricato uno dei più antichi figli di Don Bosco, suo segretario e confidente, di scrivere la Vita del nostro amatissimo Padre, e perciò di radunare tutti i documenti, che possono concorrere al felice esito di questo lavoro tanto difficile, e così desiderato da tutti i nostri amici.
II.
Agli amici del nostro amatissimo Padre, che, avendo avuto con lui o direttamente o indirettamente relazione, volessero giovare alla sua causa, ci permettiamo di suggerire quanto segue:
1° Pregare e far pregare Maria Ausiliatrice, affinchè la causa di colui, che quaggiù fu il fedel servo di questa buona Madre, riesca a maggior gloria di Dio.
2° Mandare al più presto - in forma di racconto continuato o di note sparse - quello che essi si ricordano, che possa giovare alla causa di lui, o ne riguardi la vita. Un fatto, un aneddoto, un detto, un tratto qualunque, ecc. ecc. (purchè conformi alla più rigorosa verità) noi l'accetteremo colla più viva riconoscenza. Niuno ignora che alle volte un nome proprio, una data, un particolare per se stesso insignificante, possono schiarire un fatto e aggiungere autorità al racconto.
3° Mandare l'originale o una copia delle lettere, dei biglietti, dei manoscritti dettati ovvero scritti intieramente o in parte, o anche soltanto firmati dal nostro venerato Padre. L'originale delle lettere sarà restituito.
4° Così pure mandare gli scritti, stampati o inediti, in cui o in maniera privata o pubblicamente si parla di D. Bosco e delle sue opere: opuscoli, resoconti, articoli di giornali o riviste, in qualunque lingua siano scritti.
Ogni sorta di comunicazione si indirizzi, munita sempre di firma, al Sac. G. B. Lemoyne, 32, via Cottolengo TORINO.
L'OPEROSITÀ è il gran precetto di Dio. Sulle soglie dell'Eden diceva Iddio all'uomo: In sudore vultus tui vesceris pane. Questo comandamento conobbero gli uomini di ogni paese e di ogni età. Nei fondachi, per le vie e per le piazze della città, nei villaggi, nei campi, sui monti e nelle valli leggesi sulla fronte di tutti : In sudore vultus tui vesceris pane.
Questo è il grido delle macchine che nelle officine, sulle linee ferrate o sui piroscafi sviluppano immensurabile attività; questo leggesi sui monumenti di ogni tempo, sulle pergamene e nei volumi delle biblioteche, sulle tele e nei marmi dei musei; questo ripetesi dalle cattedre e sui banchi delle scuole, sul libri e giornali d'ogni dì.
La grande parola compiesi oggi più che nei primi secoli. Siam chiamati al lavoro. L'operosità è richiesta pei beni materiali, e pei beni spirituali ed eterni.
Gesù Cristo medesimo ce ne dà esempio fulgidissimo. Nella sua vita evangelica passava le notti in orazione ed i giorni interi predicando, curando gl'infermi, convertendo i peccatori, facendo del bene a tutti e non riposando neppur in croce, Egli che tutto avrebbe potuto fare con una sola parola, con un solo effluvio della sua divina grazia. Gli Apostoli hanno il dono dei miracoli, sono tabernacoli viventi dello Spirito Santo, ma pure lanciansi sul campo della fatica, percorrono operosi ed instancabili provincie e nazioni per diffondere il regno di Gesù Cristo.
A misura del lavoro vengono i frutti
Facienti quod in se est, Deus non deest (Cornelio a Lapide).
Iddio dice: Avrai il sole della mia luce, la pioggia della mia grazia, il miracolo della messe. copiosa, ma dopo che avrai lavorato. Difatti ad ogni conversione di popoli si versano fiumi di sudori. Quando ricordiamo le splendide glorie degli ordini religiosi, dì quelle immense famiglie di Santi, di quei conventi che furono ad un tempo baluardi della fede, santuarii, delle lettere e delle scienze, prodigio di coltura, civiltà e santità, non dobbiamo dimenticare l'operosità dei loro fondatori. ed i sudori degli operosi lor figli, che ne perpetuarono gli esempi a traverso i secoli per diffondere le benefiche istituzioni per tutto il mondo.
Tommaso d'Aquino muore a quarantanove anni e lega alla scienza diciasette volumi in foglio, che faranno stupire i primi intelletti. Il Zaverio, predicando e battezzando, gira tanta parte di mondo quanta nè Alessandro, nè Cesare uniti insieme ne corsero. Un frate Papa aveva famigliare il detto: Morire in piedi. Era Sisto V. Azione adunque, zelo, operosità, lavoro, ecco il ricordo della Storia, la lezione dei Santi, il precetto di Dio.
In questi giorni abbiam celebrato con funebri onori la cara memoria del nostro Fondatore e Padre, il compianto Don Bosco. Dal feretro, che circondato di mille faci sorgeva sotto la maestosa cupola di Maria Ausiliatrice, ci pareva di udire l'anima del venerando Padre a ripeterci la calda esortazione: Figliuoli, lavorate, lavorate. Pregammo presso la sua tomba e piangemmo sulle sue venerate spoglie, ma da quelle ossa ci pareva uscisse un grido: Figliuoli, lavorate, lavorate. Una delle ultime parole che disse prima di morire, parola che ripeta più volte nelle ultim'ore della sua vita, fu questa: Lavoro! lavoro ! Questa era l'eco fedele di tutta la sua vita.
L'esempio di Don Bosco, la sua raccomandazione, il suo ricordo valgano per noi, o carissimi Cooperatori e Cooperatrici, di eccitamento incessante a continuare nella santa impresa di lavorare indefessamente, perchè sempre più si estenda il regno di Gesù Cristo e si salvino anime innumerevoli.
Non dormono i nemici di Dio e della sua Chiesa; deh! non dormiamo noi seguaci di Gesù Cristo, figli della verità.
Maniera di cooperazione.
Per discendere in particolare a far parola delle opere nelle quali più specialmente è chiamato a cooperare lo zelo di quanti appartengono alla Pia Unione dei Cooperatori salesiani, riportiamo qui quanto si legge al Cap. IV del nostro Regolamento. Ai Cooperatori salesiani si propone la stessa messe della Congregazione di s. Francesco di Sales, cui intendono associarsi.
1° Promuovere novene, tridui, esercizi spirituali e catechismi, , sopratutto in quei luoghi dove si manca di mezzi materiali e morali.
2° Siccome in questi tempi si fa gravemente sentire la penuria di vocazioni allo stato ecclesiastico, così coloro che ne sono in grado prenderanno cura speciale di quei giovanetti ed anche degli adulti che, forniti delle necessarie qualità morali e di attitudine allo studio, dessero indizio di esserne chiamati, giovandoli coi loro consigli, indirizzandoli a quei Collegi o a quei piccoli Seminari in cui possono essere coltivati e diretti a questo fine. L'opera di Maria Ausiliatrice tende appunto a questo scopo.
3° Opporre la buona stampa alla stampa irreligiosa mercè la diffusione di buoni libri, di pagelle, foglietti stampati di qualunque genere in quei luoghi e fra quelle famiglie cui paia prudente di farlo.
4° Infine la carità verso i fanciulli pericolanti, raccoglierli, istruirli nella fede, avviarli alle sacre funzioni, consigliarli nei pericoli, condurli dove possono essere istruiti nella religione sono altra messe de' Cooperatori salesiani. Chi non fosso in grado di compiere alcuna di queste opere per sè, potrebbe fare per mezzo di altri, come sarebbe animare un parente, un amico a volerle prestare. Tutto quello che si raccomanda pei fanciulli pericolanti si propone eziandio per le ragazze che si trovano in pari condizione.
5° Si può cooperare colla preghiera o col somministrare mezzi materiali dove ne fosse mestieri, ad esempio dei fedeli primitivi che portavano le loro sostanze ai piedi degli Apostoli, affinchè se ne servissero a favore delle vedove, degli orfani e per altri gravi bisogni.
Tutti cooperiamo e secondo le proprie forze.
Ma dovremo noi lavorare e tutti ad un modo ? Nessuno è dispensato e ciascuno deve concorrere secondo le proprie forze.
Un giorno Gesù fermossi presso una ficaia e pronunciò contro la medesima la sentenza di perpetua sterilità perchè la ritrovò senza frutti. Altra volta racconta la parabola del padrone che visitando i poderi s'imbattè in un albero fecondo solo di foglie; vivo ritratto di quelli che si perdono in soli desiderii e parole; pazienta un anno e poi, vedendo che non produce frutto alcuno, esclama : E che fa qui quest' albero? Sia sradicato, fatto a pezzi e gettato nel fuoco. Doppiamente eloquente poi è la parabola dei talenti, nella quale, se condanna severamente il servo che non trasse frutto da un talento, ben fa conoscere che più severamente avrebbe punito gli altri più ricchi se non avessero fatto fruttare quanto possedevano. A ciascuno dei servi operosi dice: Bene sta, servo buono e fedele, perchè nel poco sei stato fedele, li farò padrone di molto: entra nel gaudio del tuo Signore. Ed al pigro ed avaro fa togliere il talento che ha, lo chiama servo inutile e lo condanna a trista fine. Gran lezione ci dà in ciò Gesù Cristo.
Il cristiano adunque cooperi al bene con tutti i mezzi che possiede. Da chi ha di più, il Signore pretende di più; da chi ha meno, di meno, ma da tutti pretende qualche cosa e secondo le singole forze d'ognuno.
La nostra attività e la nostra carità siano corrispondenti adunque ai doni che abbiamo da Dio, se vogliamo il premio promesso ai servi fedeli. Dopo la morte sarà rivolto anche a noi quel consolantissimo invito : Serve bone et fidelis, intra in gaudium Domini tui.
Dal Chili alla Valle del Neuquen - Giubilo delle popolazioni all'arrivo del Missionario - Accoglienze che gli fanno.
I nostri lettori sanno come Don Angelo Savio, per incarico di Mons. Cagliero (V. Bollettino Sales. di luglio 1890), dalla Patagonia s' era recato nel Chilì traversando il deserto della Patagonia e valicando l'alte Cordigliere de Los Andes, allo scopo di trattare a Los Angeles la nuova fondazione salesiana che si voleva, e dare missione qua e colà, ove maggiore fosse il bisogno. Dopo mille avventure e pericoli era giunto a Concezione, dove sperava fermarsi alquanto per dar sollievo a quei nostri confratelli ; ma altra lettera di Mons. Cagliero gli ordinava di ripassare tosto Los Andes e riportarsi a Chos-malal per visitare la valle del Neuquen ed altri punti tra questo rio e l'alto Colorado, dove va aumentando fuor misura la popolazione.
Pertanto per non avventurarsi su vie sconosciute, non potendo avere una guida pratica dei luoghi, preferì rifare il cammino già fatto. In compagnia di un giovane di nome Giacomo Tene ritornò a Los Angeles, dove ebbe nuovi tratti di gentilezza da quel buon parroco, tutto zelo per le anime. Le autorità ripeterono le istanze per la Casa da impiantarsi, si rinnovarono gli accordi e Don Savio cercò di sbrigarsene in breve, per continuare il suo viaggio. - Percorsi 50 chilometri sopra mule, giunse a notte oscura a Canteca ed alloggiò presso di un buon cristiano, che si tenne fortunato d'albergare un sacerdote missionario, perchè poteva all'indomani aver comodità d'udire la s. Messa e di invitare i vicini a bella festa. Poterono tutti accostarsi anche ai SS. Sacramenti. Don Savio , dopo aver così soddisfatto ai bisogni spirituali di quella popolazione, accompagnato per un buon tratto da quel brav'uomo, si rimise in cammino. Non è a dire quanto abbia sofferto egli , il giovane suo compagno e le povere cavalcature sino ad Antuco. Una pioggia dirotta con un vento freddissimo li sorprese a metà strada e li accompagnò per ben quattro leghe. Non v'era mezzo alcuno per ripararsene e la via era divenuta un vero profondo ruscello. Madidi fino alle ossa, finalmente arrivarono ad Antuco, dove il buon parroco , che già conosceva il nostro missionario, prestò ogni soccorso mostrandosi fratello più che amico.
Quivi trovarono buon letto, buon cibo, buon pane, e buon vino; che differenza dal viver del campo ! Per tema che questa differenza gli riuscisse troppo penosa dopo, Don Savio, fermatosi alcuni giorni per aiutare nel sacro ministero quel zelante parroco che deve attendere a tre parrocchie, vaste ciascuna come le nostre diocesi, determinò di incominciare il passo delle Cordigliere. Per fortuna trovò libera la via più breve e più comoda, quella di Capulhue, che sovente è ingombra di neve ; si mise per quella, e nello stesso giorno percorsi quaranta chilometri nella Valle de Las Damas, tra il Rio Trucuman e l' Agrio , giunse a Norquin ed albergò presso di una buona famiglia di Mendoza che vi tiene un albergo e che l' aveva già accolto con tanta carità altre due volte nelle precedenti missioni. Per il missionario era riserbata la camera più decente, la quale di notte serviva per dormire, e di giorno con un bell'altare era adornata a cappella. Quivi accorrevano tutti i vicini, avvisati dell'arrivo del missionario , il quale con molto piacere fermossi ivi otto giorni, tenendo dodici istruzioni, sette battesimi, venti confessioni e quindici comunioni. Al mattino , durante la celebrazione della s. Messa, e sul far della sera tutti si radunavano in quella cappella e recitavano il s. Rosario.
Quanto si desidera il Missionario - Come s'impieghi il giorno in missione - Infelicità di quella buona gente.
Un bel giorno ecco capitare a quella Casa una donna che veniva da lontano con un bambino per farlo battezzare. Aveva essa pure ricevutala nuova del missionario. Dopo aver fatto cristiano il piccolo fanciullo , - Padre, - disse a Don Savio, - questi non è il solo mio figlio, ne ho parecchi altri più grandicelli e tutti mori, cioè non battezzati. Venga, la prego; sono al di là di quella montagna, e con loro vi son molti vicini che desiderano d' esser fatti cristiani e parecchi infermi che da tanto tempo aspettano un sacerdote. - Don Savio si sarebbe messo subito in cammino dietro i passi di quella buona donna, ma gli mancavano le cavalcature ; quelle che l' avevano fin qui portato eran divenute ormai inette. Che fare? Di fermarsi non aveva neppure egli troppo voglia, perchè altra era la sua meta. Prende la palla al balzo, dice alla donna che gli mandi due cavalli ed una mula, e due giorni dopo era in sella galoppando alla volta dell'estremità Nord della Valle di Norquin.
Taquimilan è ìl nome di quella regione, datole dal fiumicello omonimo che la irriga prima di gettarsi nel Neuquen, che rapido e maestoso scorre a poche miglia di distanza. Ivi giunto a tarda notte Don Savio col compagno ripararono nella prima capanna che lor venne d'incontrare, abitata da una buona famiglia chilena, di cui al mattino presto battezzava tre bambini. Quel giorno fu passato in visitare le molte capanne e confessare gl'infermi, dei quali uno se ne moriva contento la notte seguente. Verso sera visti i bisogni di quella popolazione, decise di fermarsi alcuni giorni. Si convertì pertanto a cappella una povera capanna per potervi comodamente amministrare i Sacramenti e dare istruzioni. Tanta era la gente che vi accorreva da ogni parte, che più non fu sufficiente non solo la capanna, ma neanche il portico costrutto dinnanzi con lenzuola e coperte. I giorni erano ben impiegati fino a notte tarda ; s' incominciava colla s. Messa, dopo la quale veniva l' amministrazione dei Sacramenti del Battesimo, della Confessione e Comunione, l' istruzione per gli adulti, il catechismo poi fanciulli e si finiva la giornata colla recita del s. Rosario. Il giovane che accompagnava D. Savio faceva egli pure da missionario, istruendo i piccolini delle verità principali di nostra santa Fede.
Più si andava avanti e più si manifestava il bisogno di una Missione in tutta regola per quella popolazione; bambini da battezzare, matrimonii da aggiustare, ignoranti da istruire, indifferenti da persuadere, insomma tutte cose che richiedevano tempo e che avrebbero di troppo deviato il nostro Don Savio dalle intenzioni del superiore. Però egli pensò bene di lasciare quegli abitanti promettendo di presto ritornare a trovarli. Non potè egli stesso mantenere la promessa in persona, ma in suo luogo vi andò Don Panaro da Chosmalal, e la sua missione riuscì veramente con abbondante frutto, come era da sperarsi. Giacche la popolazione di Taquimilan è chilena, e in fondo è buona come sono tutti i chileni, e se aveva qualche cosa di male, ciò proveniva dal non aver veduto da tempo un sacerdote. Essa è data alla pastorizia ed anche un poco all' agricoltura, seminando frumento, orzo, patate, legumi ecc. nella valle, dove riesce facile la coltivazione e la irrigazione. Prima che Don Savio partisse di là, lo caricarono di zucche, patate, cipolle , uova ed altri commestibili e perfino gli portarono alcune galline, le quali però pensarono bene di prendere il volo per via e darsela per ignote regioni.
Provvidenziale arrivo del Missionario a Chosmalal-Un'abbondante pioggia - Sacrifizi e consolazioni.
A Chos-malal giaceva infermo da alcune settimane il nostro confratello missionario Don Matteo Gavotto. Lungi da medici e senza medicine, Don Panaro gli prestava quanto l' esperienza poteva suggerire: decotto di erbaggi silvestri e brodo lungo di pecora. L'arrivo di Don Savio fu provvidenziale; egli seppe suggerire e preparare tali rimedii che l'ammalato ne sentì tosto sollevamento. - Don Panaro prese occasione di questa visita per appagare quegli abitanti bramosi di belle funzioni religiose. Se ne fecero difatti parecchie molto solenni, con gran concorso di popolo e molta devozione. Vi fu un bel numero di confessioni e di comunioni e parecchie prediche ed istruzioni alla gente che da' dintorni vi conveniva. Le provviste che Don Savio portava da Concezione ed i regali avuti qua e colà e specialmente a Taquimilan furono opportunissimi per sovvenire un poco alla grande miseria dei nostri confratelli di Chos-malal. Sprovvisto quasi di tutto, dato l' addio a quel confratelli, si pose in viaggio per correre la valle del Neuquen.
Fece breve sosta a Filoe, a 20 chilom. da Chos-malal, e più lunga a Cortadera, distante 80 chilom. Colà tra le molte capanne, non ne trovò una in cui potesse stare in piedi per celebrare la s. Messa; fu perciò d'uopo piantar una tenda con lenzuola e coperte per non essere molestati dal vento. Numeroso fu l'intervento al S. Sacrificio; ma quivi pure havvi indifferenza religiosa, matrimonii da aggiustare, fanciulli da battezzare. Povere anime ! Muovono proprio a compassione, pensando che tutto loro deriva dalla mancanza del sacerdote.
Da Cortadera a Roca vi saranno 330 km. circa senz' alcuna popolazione, nè capanna. Il nostro povero Don Savio, col suo compagno durante questo tratto ebbe a soffrire una pioggia dirotta per due giorni e due notti di seguito. Cercò bensì di ripararsi in un folto bosco, ma il vento fortissimo svelleva persino i grossi alberi, sotto ai quali si rifugiava. Di giorno almeno si poteva camminare, ma qual martirio di notte dover star fermi per l' oscurità e ricevere a cielo scoperto una rugiada sì copiosa ed abbondante Ognuno può immaginarsi con qual febbre siano arrivati a Roca da' nostri confratelli colà residenti !
Le più premurose cure furono per loro, e grazie a Dio la febbre passò in breve, tanto che Don Savio potè continuare il suo viaggio fino a Patagones, donde si recò a Bahia Bianca e Buenos Aires, dove lo vedemmo cori Don Milanesio ed altri due sacerdoti salesiani scorrere per la città a confortare le vittime della rivoluzione (V. Bollettino Sales. ottobre 1890). Da Buenos Aires recatosi a Rosario , riprese la missione nella Pampa centrale. Dal 4 settembre al 10 ottobre u. s. si fermò a Victorica presso il Rio Salado. Quivi le apostoliche sue fatiche fruttarono 56 battesimi, 24 matrimonii , 79 figli legittimati, 345 confessioni, 322 comurioni, di cui 6 per Viatico, 3 Estreme Unzioni e 5 sepolture. Egli continua la sua missione ed il 20 ottobre ci scrisse da Trenque Lauquen, a 323 km. da Victorica, dove pure la sua missione pare abbia portato frutti consolanti.
Sia ringraziato Iddio di questo po' di bene che si fa per mezzo de' nostri Missionarii, e voglia Egli mandare nella sua vigna nuovi zelanti operai.
Questo è in breve l'itinerario delle apostoliche scorrerie fatte l'anno scorso dal nostro Don Angelo Savio; vediamo ora quale direzione abbia tenuto D. Milanesio da una sua stessa lettera.
Patagones, 31 Ottobre 1890.
AMATISSIMO SIG. D. RUA,
Eccomi a Patagones dopo circa sette mesi di assenza. A voler dire minutamente di così lunga campagna oltrepasserei certamente i termini permessi alla brevità di una relazione di questa fatta, ond'è che mi contenterò di toccarne i punti più rilevanti.
In marzo ed aprile D. Borghino, D. Cavalli ed io, accompagnati dal Confratello Carlo Rossetti, abbiamo dato come una specie di Missione nel paese di Bahia Bianca la quale come piacque a Dio fu copiosa di buoni frutti.
Per la Campagna - Gente di varie nazioni - La nostra ospitalità e cibo - Una buona pesca di Indi.
Al principio di Maggio restando D. Borghino e D. Cavalli alla cura di quella parrocchia, io essendo accompagnato da un giovanotto per nome Nicola Esandi , figlio di ottimi padri e che la Provvidenza mi fece trovare per quella Missione, cominciai le mie solite escursioni. Visìtammo le due colonie Tornquinst e la Viticola Argentina. Ricorremmo una parte del litorale dell' Atlantico, le valli adiacenti ai fiumi Sauce grande ed al torrente Naposta, le colline della Ventana e finalmente la pianura del Sauce piccolo, percorrendo non meno di 500 Kil. per lo più a cavallo, ed impiegando due mesi di tempo.
In così lungo giro non ho trovato, eccettuato Tornquinst, che forma una piccola borgata, alcun aggregato di case, essendo le abitazioni sparse qua e là a certa distanza le une dalle altre. Vi si trovano tutte le nazioni europee confuse coi figli del paese, che spesso sono anch'essi provenienti da altre provincie della repubblica. Come è naturale, queste differiscono non solo nel colore, ma pure nei costumi e nella religione. In generale vi regna l'indifferenza, frutto della libertà portata all'eccesso secondo lo spirito dei tempi.
Molte dovettero essere le nostre fermate e dovunque fummo accolti cortesemente e serviti di buon cuore, perchè l' ospitalità in queste parti è tuttavia una delle più belle prerogative. Rare volte ci toccò dormir al suolo, il cibo fu alquanto migliore che nei deserti della Patagonia e spesso potemmo anche ristorare lo stomaco con qualche bicchiere di vino.
Stando io nella Colonia Viticola, giunse da Buenos Aires il Reverendo P. Adriano Col, Passionista, il quale negli otto giorni che si fermò colà, fece un gran bene tra gl'Irlandesi, dei quali riuscì a prepararne 150 a compiere il precetto pasquale. Io poi mi occupava di ridurre alla fede alcuni Indi che aravano la terra in quei dintorni, e di cui, grazie a Dio, battezzai 22 tutti insieme, il giorno 18 Maggio. Erano tutti uomini fatti, contando il più giovane 15 anni ed il più anziano 70.
Una nuova Cappella e Benedizione della medesima - La fronte solcata da ferite -Il sogno di un Indio convertito.
In Tornquinst, finita la Missione, trattai coll' amministratore D. Rodolfo Funke sul modo di costruire una cappella. Egli, approvato il mio progetto, interessò i vicini, i quali si prestarono di buona volontà. Costrussero una cappelletta di legno lunga 18 metri, larga 5 1/2 con un' altezza corrispondente. Finita, mancavano gli arredi sacri . per funzionarla e ciò motivò la mia andata a Buenos Aires, dove, come parmi averle già detto, assistei i feriti della rivoluzione scoppiata nel luglio scorso, con evidente pericolo di essere io pure perforato dalle palle.
Passati i pericoli della rivoluzione e fatte le provviste della nuova Cappella, tornai a Tornquinst. Mi accompagnava il P. Juan Xirtenberger Passionista, il quale a mia richiesta venne inviato dal suo Superiore per confessare una dozzina di famiglie allemanne, buoni cattolici e di una fede a tutta prova. Il giorno 17 agosto, con licenza dell'Arcivescovo, accompagnato dal suddetto Padre, ho benedetto la nuova cappella, con immenso giubilo di quei popolani, dedicandola al culto del glorioso Patriarca S. Giuseppe.
Volto a Bahia Bianca e partito per altra missione verso il Rio Colorado, tra le altre consolazioni del ministero, provai un gran piacere nell' occuparmi in varie occasioni della conversione degl'Indi. Più di una volta al mettere sulla lor fronte il sacro Crisma, sperimentai un po' di distrazione al vederla solcata di ferite antiche già rimarginate, e che fanno ricordare quanto avranno dovuto soffrire quei poveri nello stato di loro infedeltà !
Uno di loro mi diceva: Oh, padre, come sono contento adesso che mi sono fatto cristiano! Un altro mi contò con gioia inesprimìbile il sogno che fece la notte dopo essere stato batezzato. « Sognai, mi disse, di trovarmi sull' orlo di un gran precipizio e già stava per cadervi, quando apparve un uomo come lei, che porgendomi la mano, mi tolse al pericolo, mettendomi al sicuro».
Il 23 settembre ritornai per l'ultima volta ad unirmi ai cari confratelli di Balia per Celebrare la festa della Patrona la Vergine della Mercede. La solennità fu splendida, il concorso straordinario. Dopo la processione, per evitare inconvenienti, si dovette mettere una guardia alla porta, che regolasse la entrata delle persone e più della metà restarono fuori. Questa è una prova di più, che fa presagire il ritorno di molti al loro caro Signore, che da più tempo avevano abbandonato. Alcuni giorni dopo tornai col mio catechista a Patagones, dove felicemente mi trovo. Voglia intanto V. S. R. pregare per me e benedire
il suo Aff. in G. e M.
SAC. DOMENICO MILANESIO.
Il 14 dicembre u. s., terza Domenica d'Avvento, nell'Oratorio Salesiano di S. Leone a Marsiglia ebbe luogo una cara funzione, di cui vogliamo fare parola anche ai nostri. buoni Cooperatori d'Italia.
Tutti sanno come, dodici anni or sono, piacque alla divina Provvidenza di chiamare i figli di Don Bosco a stabilire una Casa nella città di Marsiglia in Francia sotto la parrocchia di S. Giuseppe. L'Oratorio, quasi prodigiosamente là sòrto, porta il titolo di S. Leone, in omaggio del glorioso regnante Pontefice.
I Salesiani v'andarono nel 1878; nella primavera del 1879 si poneva la prima pietra alla Cappella, ed in seguito, con niun'altra risorsa fuori delle offerte dei benemeriti Marsigliesi, si innalzava un ampio locale, dove si stabilirono laboratori e scuole per giovani poveri ed abbandonati. Tosto l'edifizio venne ripieno, e nel breve spazio di dodici anni più di 2500 orfanelli vi appresero chi un'arte, chi una scienza , tutti una soda cristiana educazione, tanto da campare onoratamente la vita in società, e non pochi dressi entrarono poscia nei Seminarii od in qualche Congregazione religiosa per dedicarsi a Dio nella carriera ecclesiastica.
Presentemente sono ivi raccolti ed educati 220 giovanetti, quanti a stento ne può contenere la Casa ; ma le domande di accettazione di altri poveri e pericolanti orfanelli, che annualmente si dovevano respingere, sono innumerevoli. Sanguinava il cuore ai Salesiani colà stabiliti dover rispondere che non v'era più posto per quei meschinelli, la maggior parte raccomandati dagli stessi benefattori della Casa. Si venne pertanto nella felice risoluzione di ampliare l' edificio, tanto da poter contenere almeno il doppio di giovanetti. Manifestata l'idea ai Cooperatori di quella città e dintorni , loro arrise, poichè colla risposta , per incoraggiarne il Superiore, alcuni mandarono subito la loro offerta.
Si affidò il progetto al sig. Adolfo Fleury, architetto professore alle Scuole di Belle Arti di Marsiglia, ed il disegno presentato fu definitivamente accettato il 13 giugno u. s., festa del S. Cuore di Gesù.
La nuova costruzione, di cui diamo l'illustrazione, copre la superficie di 640 metri e permetterà di accogliere all'anno 400 fanciulli. La spesa si calcola a più di 100,000 franchi.
Il 14 dicembre scorso pertanto, si dava principio alla nuova fabbrica ponendovi solennemente la prima pietra angolare. La funzione riuscì interessante e veramente bella.
Presiedeva il Parroco di S. Giuseppe, il Rev.mo Canonico Guiol.
Alle 2 pomeridiane, con un sole risplendentissimo, radunavasi attorno alla pietra un gran corteo di clero, artigiani, studenti, benefattori e benefattrici, amici , antichi allievi di quell'Oratorio e coadiutori, ed una numerosa deputazione della Casa Salesiana della Provvidenza. Il celebrante col clero e i cantori si dispongono in bell'ordine sopra d'un palco apposta preparato.
S'incomincia la funzione con un discorso del Rev.mo Parroco. Egli parla della nostra Pia Società, parla dell' attuale prosperità delle Case Salesiane , e specialmente di Francia, le quali gli mostrano ad evidenza che l'opera di D. Bosco è opera di Dio e ne dànno certa caparra di futura prosperità i nuovi laboratori di S. Leone. Conchiude facendo appello alla generosità dei presenti e rimette egli pel primo al Superiore una bella offerta a nome di una pia signora.
Si procede alla solenne benedizione liturgica, ed intanto i cantori fanno risuonare l'aria di religiose melodie. Si legge quindi un rapporto sull'Oratorio di S. Leone dalla sua fondazione ed il verbale della cerimonia scritto in pergamena e firmato dal celebrante, da D. Albera ispettore delle Case nostre di Francia, dal Direttore di S. Leone D. G. P. Grosso, dai membri del Comitato e da altri ragguardevoli signori presenti. Ciò fatto, si mette tutto con medaglie e monete del tempo nella pietra benedetta ; il celebrante è il primo che dà il colpo di martello, poi viene un ragazzetto a nome di tutti i suoi compagni. Scena commovente ! Un orfanello che aiuta a porre la prima pietra d'un edifizio per orfanelli ! Quest'atto ce ne richiama alla mente un altro, invero eroico, di un ex-allievo di quell'Oratorio, ora soldato, il quale con sacrificio si priva e vende quel po' di vinti, che settimanalmente gli vien somministrato e si astiene dal fumare per poter mantenerci a suo conto un orfanello a S. Leone. Anima pia e generosa!
Ma ritorniamo a noi. In quel frattempo la banda del Collegio suonava scelti pezzi di musica, portando all'entusiasmo la gioia che ognuno provava al pensiero che si era dato principio all'ampliamento d'un'opera di tanta beneficenza.
Finita la religiosa funzione , D. Albera , ritiratosi in una sala, ricevette tutti quei benefattori che vollero parlargli e presentare a lui stesso le loro limosine.
Quella bella giornata terminò con una merenduola ed una lotteria ai giovanetti dell'oratorio, offerta loro dal buon parroco, il R. Can° Guiol.
CONTINUIAMO a dare succinta relazione di alcune grazie e favori celesti che la Gran Madre di Dio, la potentissima Regina Ausiliatrice, largisce ai divoti che la invocano. Vorremmo pubblicare tutte le lettere che ci pervengono con relazioni di tali grazie e pubblicarle quali sono scritte dai divoti, tutte spiranti fede vivissima e riconoscenza la più affettuosa e sincera ; invece, per la ristrettezza dello spazio concessoci, ne scegliamo appena alcune tra le molte e le pubblichiamo come qui leggonsi.
Pertanto e quelli che scrivono e quelli che leggono si uniscano tutti quanti in un cuor solo ed in un'anima sola ad invocar Maria, cantarne le lodi, amarla del più fervente affetto ed a farla amare da sempre maggior numero di divoti.
Ricordiamoci tutti, che nulla sono i favori che Maria comparte ai suoi divoti in terra, in confronto di quelli che tien loro preparati in Cielo.
Invochiamo con fede Maria. - Una mia sorella era in sul finir dì vita, oppressa da gravissima e dolorosa infermità. Facemmo voto a Maria Ausiliatrice per la sua guarigione e ne andammo ben liete, perchè fummo in breve esaudite.
Io poi alcun tempo dopo, trovandomi assai male in salute, pel male e per la mia tarda età, temeva assai di dover morire prima di poter sistemare qualche importante affare di famiglia. Mi rivolsi a Maria Ausiliatrice, mi riebbi tosto in miglior salute e potei compiere quanto mi stava a cuore.
Monforte, dicembre 1890.
M. C.
Al primo giorno della Novena. - Eravam dolentissimi in casa per la grave infermità della mia povera moglie. Le cure mediche tornavano inutili , perciò ci raccomandammo a Maria SS. Ausiliatrice. Scrivemmo lettera in proposito a Torino ed in quell'ora appunto, che nella risposta era detto, che si sarebbe incominciata una novena nel Santuario della Vergine Ausiliatrice, l' inferma si sentì tanto migliorata, che potè alzarsi subito di letto. Riebbe prontamente piena salute con meraviglia di tutti.
Mando la tenue offerta di L. 25.
DITRANDO SEBASTIANO.
Adempite i voti. - Un mio figlio era epilettico. Il male lo assaliva di frequente ed era incurabile. Per ottenerne la guarigione, mi raccomandai con fede a Maria SS. Ausiliatrice e mandai al suo santuario di Torino l'offerta di L. 40, pregandone il Rettore che avesse la carità di far celebrare una novena secondo la mia intenzione. Promisi a Maria che dopo un anno dalla guarigione del figlio avrei fatto una seconda offerta.
Maria SS. mi esaudì, il mio figlio per tutto l'anno non ebbe più assalto di sorta ; ma non avendo io nel tempo stabilito adempiuto la mia promessa , dopo altri due mesi il male, che da quattordici mesi era scomparso, ritornò.
Mando ora prontamente l'offerta promessa, sperando dalla Vergine Ausiliatrice il perdono della mia negligenza.
P... S... Udine, 26 dicembre 1890.
F.V.R.
La preghiera della fede. - Vero prodigio di Maria SS. Ausiliatrice! Mia figlia giaceva inferma travagliata da febbre che ascendeva a quarantadue gradi, quando scrissi al santuario di Maria Ausiliatrice per ottenere che la raccomandassero alla Beata Vergine.
Quel medesimo giorno le si amministrarono gli ultimi conforti religiosi. Poco dopo si notò un miglioramento e quando ricevetti la risposta da Torino, in cui mi si diceva che si era fatto celebrare una santa Messa nel tempio di Maria Ausiliatrice, l'inferma era interamente fuor di pericolo. Attribuendone la guarigione alla Beata Vergine, mando al suo santuario, pei lavori di decorazione, la tenue offerta di L. 20.
In vita ed in morte invocherò sempre con fiducia Maria SS. Ausiliatrice.
Stazzano, 16 dicembre 1890.
AMERI ROSA
Cooperatrice Salesiana.
Posi la mia fiducia in Maria. - Alcuni anni sono, quando aveva appena compiti i corsi di filosofia, fui colpito da gravissima polmonite lenta, per la quale i medici disperarono unanimamente della mia guarigione. In tale stato io mi rivolsi con animo tranquillo e con fiducia figliale a Maria SS. che si venera in codesto santuario sotto il glorioso titolo di Aiuto dei Cristiani, facendo voto, che se avessi ottenuta la grazia di guarire perfettamente e di arrivare quindi al sacerdozio, io mi sarei recato personalmente a Torino allo scopo di ringraziarvela solennemente mediante la celebrazione della santa Messa in codesto santuario.
Maria si compiacque di esaudire il voto del suo umile servo : imperocchè non solo mi ha ristabilito in modo da poter ultimare gli studii necessari al sacerdozio , ma potei altresì assumere il regime di una parrocchia , che da due anni dirigo senza verun incomodo per parte della mia salute. Nel giorno 28 dell'ult. pass. marzo, con mia ineffabile consolazione, celebrai la s. Messa in codesto santuario all'altare di Maria Ausiliatrice, per soddisfare il mio voto e in tenero ringraziamento a questa nostra dolcissima Madre celeste della grazia speciale che mi concesse. - La presente. pubblicazione giovi ad inspirare negli animi la più tenera devozione e la più viva fiducia in Maria SS. Ausiliatrice, dalla quale possiamo ottenere ogni cosa in ordine al nostro vero bene e miglioramento.
Cagiallo, 15 novembre 1890.
Sac. Gio. DE-LUIGi, Parroco.
Da una lettera di un Missionario. - Sul principio del corrente anno ammalava gravemente una bambina di un certo Riccardo Crespo nostro benefattore ; fu chiamato in fretta un sacerdote salesiano perchè si recasse a benedirla , il quale accorso, la trovò coi sintomi di prossima morte. I parenti avevan perduto ogni speranza ed il dottore aveva loro detto che la polmonia doppia, da cui era fulminata la ragazzina, non si poteva più arrestare; tuttavia animati dallo parole del sacerdote, si armano di fede ed invocano Maria Ausiliatrice.
Si pone la medaglia di Maria al collo della bambina, le s'imparte la benedizione e prontamente il male cessò. Sa appena balbettare, ma pur s' ingegna di dire per prima cosa. a tutti quei che trova : Maía Siliadoa me ha salvao. All' udirla fa ricordare l'Ex ore infantium et lactentium.
Non erano passati che pochi mesi e di nuovo era chiamato in tutta fretta il sacerdote, per amministrare il Battesimo ad un bamino figlio di un certo Riccardo Abel, che, a detta del medico, non doveva passare quel giorno in vita. La visita del sacerdote gli apportò salute ; diede all' infermo la benedizione di Maria Ausiliatrice, gli pose al collo la medaglia ed il pericolo scomparve, anzi l'infermo guarì completamente.
Un altro giorno venne una divota signora per nome Antonia Molina, per dirci che aveva bisogno di una grazia speciale. Dopo pochi giorni ritorna contenta e giuliva per offrire in dono alla Vergine una bella statuetta d'argento che simboleggiava la grazia ricevuta.
Patagones, 16 novembre 1890.
Sac. DALLERA CARLO Mission. Sales.
Non si ricorre invano. - Quanto è buona la Madonna!
Scrissi a Torino per una novena di Messe nel santuario di Maria Ausiliatrice, implorando la guarigione d'un amico gravemente infermo. Il primo giorno della novena; 26 dicembre, con istupore del medico gli cessarono gli sbocchi di sangue che prima aveva frequenti. Il terzo giorno era già alzato da letto, migliorato assai. In breve si riebbe ed ora è perfettamente guarito. Viva Maria Ausiliatrice !
Cambiano, 6 gennaio 1891.
TAMIETTI
Maria benedice le campagne. - Nel mese di luglio ultimo scorso mandava al santuario di Maria Ausiliatrice una elemosina e faceva speciali preghiere, per implorare la benedizione di Maria sopra la mia campagna. Maria mi esaudì.
Non ebbi danno, nè da grandine, nè da infestazioni di sorta. Il raccolto dell' uva fu tanto abbondante, che corrispose al doppio di quello dell'anno antecedente, gli altri raccolti furono pure abbondanti. Invocherò sempre Maria.
Spedisco altra offerta pei lavori del suo santuario, e nel mio cuore serberò sempre viva la divozione alla gran Madre di Dio.
Ormea, 25 Dicembre, 1890.
MICHELIS FRANCESCO.
Maria mi ha guarita la moglie. - Ebbi per due mesi gravemente ammalata di bronchite capillare con febbre infettiva mia moglie Adelaide Marabelli, Cooperatrice Salesiana.
Ricordevole dei continui benefizi e delle grazie che dispensa Maria SS. Ausiliatrice, mi rivolsi a questa celeste Madre per ottenere la guarigione dell'ammalata, e feci promessa di un'offerta per le decorazioni della chiesa eretta a suo onore dal gran servo di Dio che fu Don Bosco.
Avendo ottenuto la grazia, mi affretto ad adempiere la promessa ed invio L. 50.
Ancore (Brianza), 16 novembre 1890.
ANGELO RAVIZZA,
Una novena a Maria. - Il 15 ottobre u. s. nella mia famiglia si cominciava la novena alla Beatissima Vergine Ausiliatrice, nei modi che indicava il compianto D. Bosco di v. m., per ottenere una grazia speciale per la trattazione di una divergenza difficile e scabrosa, ed inviai nel tempo stesso all'offerta a Torino al Santuario di Maria Ausiliatrice. La sera dell'ultimo giorno della novena, dopo una burrascosa giornata, mentre tetto pareva si volgesse alla peggio, il Cielo m'arrise e tutto si potè amichevolmente comporre con felice esito.
Viva Maria Ausiliatrice ! Olgiate Olona, 19 novembre 1890.
BOMBAGRI TRANQUILLO.
Mi dissero che non sarebbe più guarito. - Nel novembre dell'anno 1888 un mio nipote di 14 anni, che si era recato a Brescia a studiarvi il secondo corso tecnico, fu colpito da terribile malattia ; visitato tosto da tre medici lo dichiararono inguaribile perchè trattavasi di angina pectoris. Fu condotto alla casa paterna , ed ivi chiamati altri medici, dietro la più diligente diagnosi, constatarono la stessa malattia, ed emisero la stessa sentenza dei medici di Brescia.
Libero io momentaneamente dalle cure parrocchiali, mi recai a visitare il paziente, ed esortandolo a confidare in Maria Santissima Nostra Signora Ausiliatrice, dalla quale altre volto siamo stati beneficati, incominciai una divota Novena, e mandai tenue offerta onde fosse celebrata una Messa al suo altare nel Santuario di Torino. Da quel giorno gli accessi del fiero morbo diminuirono e tanto che entro il mese successivo l'infermo si trovò guarito, di modo che dietro la decisione dei medici esso ha potuto nel giorno 9 gennaio 1889 ritornare agli studi e non ebbe più traccia del fiero malore.
Ho voluto aspettare fino ad ora a pubblicare tale grazia per avere maggior argomento da comprovare la realtà del fatto.
Ne rendo le più vive grazie a Maria SS. Ausiliatrice.
Formigosa (Mantova), 26 novembre 1890. Sac. Domizio TUROLA, Arcipr.
Catania. - Mio padre veniva colpito da rio malore. Nei momenti dei suoi più crudi dolori lo raccomandai a Maria SS. Ausiliatrice. A costo di un miracolo io domandava la guarigione del padre. I dolori più acerbi cessarono prontamente e la dimani mio padre era in perfetta salute.
12 novembre 1890.
GRECO ORAZIO.
Mondovì-Piazza. - Mandiamo lire cinquanta pei restauri del tempio di Maria Ausiliatrice. Domandammo una grazia e l'ottenemmo.
28 novembre 1890.
Sorelle MADDALENA e TERESA GRISERI.
Castelnuovo-Calcea. - Pregai Maria Ausiliatrice per una grazia e Maria mi esaudì. Il cuore mi si apre a nuove speranze. Pertanto incomincio a spedire l'offerta di L. 60 pei restauri del suo Santuario in Torino.
17 novembre 1890.
TRIBERTI G. B., Cooperatore.
Martinengo (Bergamo). - Il signor Bernardino Mantegari ringrazia Maria SS. Ausiliatrice. Nella tarda età di 77 anni caduto infermo, era già spedito dai medici. Si pregò per lui ed il pericolo fu superato. Entrò ben presto in piena convalescenza. Manda riconoscente un'offerta per la decorazione del tempio di Maria Ausiliatrice.
LE COMMISSIONI DEI COOPERATORI.
Nella nostra Casa principale di Torino noi riceviamo dalla posta presso centinaia di lettere al giorno, la maggior parte delle quali sono di Cooperatori e Cooperatrici che ci lasciano commissioni. Queste poi sono di varie specie per accettazione di giovanetti od altre persone nell'Istituto ; per celebrazioni di Messe, preghiere, benedizioni in onore di Maria Ausiliatrice ; per tipografia; per libri, associazioni, immagini e medaglie; per diplomi di aggregazione alla Pia Unione dei Cooperatori e relativo Bollettino ; per associazione all'Arciconfraternita dei divoti di Maria Ausiliatrice; per pagamento di pensione e via dicendo.
Di vivo cuore e colla più alta riconoscenza noi ringraziamo i Cooperatori della fiducia che in noi ripongono , e dell' aiuto eziandio che in siffatta guisa ci somministrano nel promuovere e sostenere le varie nostre opere, le quali, come è lor noto, mirano tutte alla maggior gloria di Dio e dell' augusta sua Madre, alla cristiana educazione dei giovanetti poveri ed abbandonati e alla diffusione della buona stampa tra il popolo.
Talvolta per altro, con nostro rincrescimento, accade che non si possono tosto eseguire le commissioni che ciascuno ci lascia, allora sopratutto quando queste sono molte e varie. La ragione si è che dovendo la lettera passare pei differenti Uffizi, separati gli uni dagli altri, secondo la diversità delle attribuzioni , l' impiegato per la moltiplicità delle quotidiane domande non può subito copiarne la parte che gli spetta, per trasmettere poscia la lettera all'altro Uffizio per lo stesso lavoro. Succede pur di spesso che certe lettere racchiudano cose di confidenza, e non potendo lasciarle nelle altrui mani, dobbiamo rilevarne noi medesimi le commissioni che contengono, la qual cosa ci porta via del tempo assai. Sembra necessario ovviare a questo inconveniente a comune soddisfazione.
Per la qual cosa, quando occorresse ai Cooperatori di mandare al Superiore della Casa una lettera con più commissioni, noi li pregheremmo che volessero limitarsi ad esprimere nel corpo della medesima le cose confidenziali, e quelle che riguardano, a mo' d' esempio, l' accettazione dì persone nell'Istituto, preghiere da farsi, relazioni di grazie ricevute, limosine , offerte, quello insomma che spetta più da vicino alla sua persona ; e poi scrivere le altre commissioni in altrettanti biglietti distinti , secondo la diversità degli oggetti, colla data del tempo e del luogo, col proprio nome e cognome, ed unirveli, avvertendo però di notare sopra il biglietto : Tipografia se la commissione è per stampa ; Libreria se per libri : Letture Cattoliche, Biblioteca della Gioventù Italiana, immagini e medaglie ; Direzione del Bollettino se per dìplomi da Cooperatori e per Bollettini; Prefetto di Sacrestia se per tridui, novene nel santuario di Maria Ausiliatrice, o per farsi ascrivere nell' Arciconfraternita de' suoi divoti ; Prefetto della Casa se per pagamento di pensione e così del resto, secondo il bisogno. Avuti questi biglietti nella sua lettera, il Superiore li distribuirà nel tempo stesso ai diversi uffizi cui appartengono, i quali poi ciascuno alla sua volta potranno eseguirne la commissione molto più speditamente.
Tre nuovi Oratorii festivi a Firenze.
Riceviamo consolanti notizie dai nostri confratelli dell'Oratorio dell' Immacolata. Finalmente hanno potuto condurre a termine una nuova Cappella, discreta per ampiezza e per architettura, ma abbastanza comoda e che darà loro modo di aumentare il numero dei giovanetti dell'incipiente Oratorio festivo. Venne benedetta il 31 dicembre ult. scorso.
A proposito di Oratorii festivi dobbiamo con piacere annunziare che col consenso e l'incoraggiamento di S. E. Revma il Cardinale Arcivescovo, sul principio del nuovo anno scolastico, i Salesiani di Firenze ne hanno aperti tre in quella città. Uno a S. Frediano, ove havvi una bella chiesa frequentata anche da adulti. Colà il numero dei giovanetti non è ancor troppo grande, ma sperasi col tempo di poter fare molto del bene, perchè quello è il luogo del maggior bisogno per la gioventù fiorentina. Molto più numerosi sono i giovanetti che accorrono all'altro dapprima aperto in una chiesa vicina al Duomo ed ora trasportato alla chiesa di S. Maria Maddalena per avere la comodità di un cortile di ricreazione. Quivi dànno molto da fare al sacerdote per le confessioni. Il terzo è annesso all'Ospizio dell'Immacolata e colla nuova cappella si spera che aumenterà del doppio almeno il numero dei giovanetti.
Questi ricreatorii festivi sono, come soleva dire il nostro Don Bosco, l'àncora di salvezza per la gioventù dei giorni nostri. Poveri giovani ! Nelle scuole più non si parla loro di Dio; ancor in tenera età, non vedono che scandali: nelle officine, per le vie, sulle piazze non odono che bestemmie ed imprecazioni a Dio, ai Santi, alla Religione ed ai preti. Il rispetto umano incomincia ad impossessarsi dei loro cuori e la è finita per essi; più non son capaci di far un po' di bene. Poveri giovani ! Ma ecco, vien la domenica: i giuochi, i divertimenti dell'Oratorio ve ne attira una gran moltitudine. Mentre sgombrano le vie e le piazze piene di mille pericoli materiali e morali specie nei giorni di festa, la solerte vigilanza dei catechisti impedisce tra loro e fa dimenticare i vezzi e le brutte abitudini apprese sui trivii. Intanto il suono della campana li chiama alla chiesa. Tutti ci vanno, nessuno arrossisce, nessuno si meraviglia. Tutti insieme ascoltano la S. Messa, odono la divina parola, imparano a ben vivere e son messi sull'avviso contro le macchinazioni dei tristi. Buoni ragazzi ! Dopo un po' di tempo che v'intervengono con assiduità, di cattivelli che erano, ei si fan buoni, son più rispettosi, più obbedienti ai loro parenti, affezionati alla Religione, buoni cristiani, ottimi cittadini.
Lode adunque sia allo zelo ardente di quei nostri fratelli, che non la risparmiano a fatica alcuna, e gloria a Dio che di loro si degna valersi per fare un tanto bene alla gioventù fiorentina.
Accanto all'Ospizio dell'Immacolata si è pure aperta nello scorso anno una nuova Libreria Salesiana con Legatoria annessa, e si è potuto anche accogliere un maggior numero di poveri orfanelli nell'Ospizio.
Traduciamo dall' Union Malouine et Dinannaise il seguente articolo
Leggiamo nella Settimana Religiosa di St. Brieuc:
Siamo ben lieti di accogliere tra noi i Salesiani. Essi vengono a stabilire un orfanotrofio con laboratorii d'arti e mestieri nei locali del Circolo Cattolico , stati loro ceduti.
Già da molto tempo le anime caritatevoli sospiravano quest'istituto, dove i poveri giovanetti dalla morte privati dei genitori e dei parenti, loro naturali protettori e sostegno, venissero raccolti, pietosamente allevati ed educati. Nella nostra diocesi, ricca di istituti consimili per ragazze, non ce n'era che un solo per ragazzi. Il bisogno era urgente; e Mons. Fallières, nostro amatissimo Pastore, non esitò ad assicurare questo asilo per l' infanzia abbandonata. I Salesiani , ch' egli ha testè chiamati fra noi, porteranno in questa nuova loro Casa quella carità tenera e sapiente che rese Don Bosco il san Vincenzo de' Paoli del secolo XIX. La novella Casa ha per direttore D. Riccardi, originario di Nizza, che fino ad ora fece parte della Casa di Marsiglia.
Don Bosco ardentemente desiderava di aprire un Ospizio nella piccola Brettagna: e quando i membri del Comitato, che ha la direzione del Circolo Cattolico, gli offrirono a questo scopo il loro locale in via Beaumanoir, il santo prete rispose loro con una lettera inspirata al più ardente affetto per la gioventù abbandonata.
Eccone un brano commovente
« ... La Divina Provvidenza, quasi per togliere ogni merito al mio totale abbandono a' suoi voleri. durante la mia non breve vita, ha fatto sempre che io trovassi sul mio cammino anime piene d'un eroico spirito di sacrifizio, cuori incomparabilmente generosi. La Francia, voi ben lo sapete, non fu l'ultima a versare nella mie mani i tesori della sua carità ; carità multiforme, che ha un balsamo per tutte le miserie, carità che si trasforma, si moltiplica, in una parola, colla stessa misura con la quale vien elargita.
Voi me ne avete dato testa un'altra prova. Il Comitato di Dinan, il cui zelo è un frutto spontaneo dell'antica fede brettone, fede grande come il mare, forte come il granito, a questa fede ha attinto quei suoi nobili sentimenti di cristiana filantropia; le parole di quella lettera non potevano mancare di trovar un'eco nella mia fede, comunicarle nuovo vigore e consolarla con quello speranze di cui abbiamo una celeste promessa. La vostra generosità mi commuove, io vi ringrazio colla più viva riconoscenza; riconoscenza che oramai sarebbe ben poca cosa pel numero stragrande di beneficii di cui le anime caritatevoli m'hanno ricolmato, se non ne fosse pure a parte il Padre celeste degli orfani e degli abbandonati.
La nobile e antica patria Brettone, sempre cristiana e sempre fedele, mi ha or ora procurata una di quelle consolazioni che solo Dio può quaggiù procurare : essa mi offre delle anime a salvare. Che Iddio ne la benedica !
Io accetto questo dono celeste che è l'eredità di G. C. ; poichè io spero di poterglielo offrire un giorno, coll'aiuto della sua grazia onnipotente e mediante il concorso della cattolica Brettagna, arricchito di frutti di salute. Quando l'ora da Dio stabilita sarà venuta, i miei figli impiegheranno, a servigio dei vostri orfanelli, il loro cuore e il loro braccio con tutto l'amore di che sono capaci; io ve li manderò; e v'assicuro che il solo pensiero di quel giorno è già per me una sorgente di inéffabile consolazione. Posare il piede su codesto suolo brettone, reso famoso da tanti e sì gran santi, percorrere il vostro amato paese che diventerà allora pure il mio, eccovi la speranza de' miei ultimi anni ; domandate a Dio che il peso degli anni e delle malattie non mi privi del piacere di vedere co' miei occhi quello che fra voi sa fare la fede e l' amore verso Gesù e la sua benedetta Madre. I vostri orfanielli, i miei figli ed io pregheremo per tutti i membri di codesto Comitato. L'amico dei poveri, dei fanciulli e degli abbandonati , il nostro caro Gesù si degni concedere a voi e a tutti quelli che partecipano alle vostre fatiche la pienezza delle sue più elette grazie.
» Torino, 31, ottobre 1887.
» Il vostro riconoscent.mo e devot.mo Servo Sac. G. Bosco. »
Il sogno di D. Bosco non potè avverarsi interamente , pur troppo. Non li vedrà egli il buon vecchio i suoi orfanelli di Dinan ; ma dal Cielo egli certamente proteggerà questi giovanetti derelitti, raccolti dallo zelo e dalla carità de' suoi figli.
Sanno già i Cooperatori e le Cooperatrici che sin dall'anno 1878, sotto il titolo di Santa Teresa, esiste nella città di Chieri un fiorente Oratorio festivo femminile, a cui è annesso un Collegio d'istruzione e di educazione per fanciulle di civile condizione, diretti ambidue dalle Suore di Maria Ausiliatrice, fondate dalla veneranda memoria di D. Bosco.
Il primo giorno dell'anno corrente le Figlie del detto Oratorio e Collegio ebbero la consolazione di vedere per la prima volta tra di loro il nuovo Parroco dell'insigne Collegiata di S. Maria della Scala, il M. R°. Canonico Teologo D. Michele Fellaro, che da poco aveva preso possesso della sua Parrocchia in mezzo al plauso universale della popolazione.
Il degno pastore si compiacque di prendere parte nella sera alle sacre funzioni celebrate nella Cappella dell'Istituto e impartirvi la Benedizione col SS. Sacramento, dopo la quale onorò eziandio colla sua presenza una breve Accademia data in ossequio di lui. Ascoltò con paterna compiacenza un inno cantato in musica dalle educande, e la lettura di varie composizioni, tra le quali un'affettuosa protesta di devozione alla sua persona e alla sua parola dalle Figlie di Maria Immacolata. Assistevano alla cordiale dimostrazione un 400 e più fanciulle della città, una larga corona di signore Cooperatrici, un Superiore dei Salesiani, il direttore dell'Oratorio, il Teol. Giuseppe Paletti, professore di filosofia nel Seminario , ed alcuni altri degni ecclesiastici. La festicciuola riuscì bella e cordiale, e la sua memoria rimarrà incancellabile nell'Istituto.
E poichè se ne presenta l'occasione notiamo qui una cosa verissima, ed è che le persone giudiziose di Chieri sono concordi nell'asserire che il suddetto Oratorio Femminile ha prodotto già un bene grandissimo religioso e morale ; perché oltre che la maggior parte delle ragazze della città per più ore del giorno festivo vi sono trattenute in onesta ricreazione, e perciò lontane dai vani e pericolosi divertimenti, vengono a tempo debito ammaestrate nel Catechismo, divise per età in altrettante classi quanto occorrono, e poscia istruite ancora con una predica, e per gli argomenti scelti e per la facile esposizione, adattata alla loro capacità e alla speciale loro condizione. Per tal modo istruite e per più anni avviate alla pratica della religione le giovanette ne prendono l'amore e la santa abitudine, e quindi allorquando, o per età troppo avanzata o perchè prendono stato, non possono più andare all'Oratorio, si avviano molto facilmente e per coscienza alla Parrocchia e si mostrano e si conservano buone cristiane. La cosa non può essere altrimenti; onde molti parroci, specialmente delle città, sono convinti che un Oratorio festivo sarebbe l'arca di salvezza della loro gioventù, e non potendolo essi medesimi impiantare, godono che altri vengano loro in aiuto, e se ne mostrano riconoscenti.
Ma una cosa manca da più anni all' Oratorio Femminile di Santa Teresa in Chieri, ed è una Cappella più ampia e decorosa. Facciamo voto che qualche persona benestante o della città o del fuori ci stenda generosamente la mano per la spesa di 50 mila franchi che occorrono ad innalzarla. Tale persona farebbe opera utilissima alle anime, e oltre il merito grandissimo che ne avrebbe da Dio in Cielo, si acquisterebbe in terra il diritto alle preghiere e alla riconoscenza di più centinaia di giovanette. La Cappella sarebbe dedicata alla serafina del Carmelo, Santa Teresa di Gesù.
Nei primi giorni dello scorso mese passava agli eterni riposi il Dottore in medicina Celso Bellingeri , zelante Cooperatore salesiano. Fervoroso cattolico e dotto ed esperto cultore dell'arte salutare, fin dai principii dell'Oratorio coadiuvò Don Bosco nelle sue opere di carità. Egli visitava i nostri giovanetti interni, dei quali fu il primo medico, prestò le sue diligenti cure alla Madre di Don Bosco nella sua ultima malattia nel 1856, e fece scuola di scienze naturali ai primi chierici che si preparavano per essere insigniti dei gradi universitarii. Don Bosco gli professò sempre la più affettuosa amicizia e viva riconoscenza. Noi lo raccomandiamo alle preghiere dei Signori Cooperatori. Sia pace alla sua bell'anima.
PERIODO TERZO. CAPO I. L'annunzio misterioso - La novena del S. Rosario - Arriva Don Bosco - Un verme - Giungono i giovani con un ospite inaspettato - Un altro ospite non atteso - Come facevano i nostri vecchi - Il sole ritorna, e si parte.
Si dice che l'appetito viene mangiando e noi potremmo fare una variante dicendo, che il desiderio di passeggiare nell'autunno cresceva in tutti noi un anno più dell' altro. Eravamo intanto arrivati al mille ottocento e sessanta, all'anno famoso delle vessazioni per il nostro Oratorio, e si temeva, con molta ragione, che il nostro caro e perseguitato Don Bosco avrebbe avuto tutt' altra voglia che di pensare a divertirci, dovendo aiutarsi in mille guise per evitare una catastrofe per il suo e nostro Oratorio. Invece, vedete bontà di cuore! Appunto in quel tempo, l' amorevole padre, proprìo da dirsi «Curante più d'altrui che di se stesso», aveva meditato una di quelle passeggiate, che noi anche adesso ne restiamo meravigliati e storditi. E si noti che passarono da quei dì nientemeno che trent' anni! Pareva che le difficoltà non arrestassero mai l'opera sua, anzi lo rendessero più forte, scorgendovi più chiara la volontà di Dio. Noi quindi anche ora, non possiamo abbastanza ripetere che egli per il bene de' suoi figli sacrificava ogni suo momento di vita, ogni suo pensiero, e che superava, con affettuosa e pertinace costanza, tutto ciò che cercava d'impedirgli la via.
Eravamo al mese di agosto, e mentre alcuni di noi , pallidi per gli esami, appena superati, ed altri, poi ancora più per il molto faticare nei laboratorii , sentivamo il bisogno di un po' di ristoro, vedevamo che Don Bosco era in maggior pensiero di noi.
Un bel dì dopo pranzo, mentre noi ce ne stavamo attorno a lui, e godevamo di sentirlo a parlare, e di vederlo interessarsi delle nostre povere faccenduole, egli, col suo ingenuo dire, cominciò a parlarci che eran vicine le vacanza, e che la passeggiata si doveva fare, e che perciò bisognava tenersi ben preparati, dovendone far una di quelle che avrebbe lasciato un solco profondo nella nostra memoria. La parola solco dice assai meno che ënchërna, del nostro dialetto, ma s'intende che dovea cioè penetrare dentro alla carne. Non ci volevano più parole per mettere in tutti noi una di quelle spine che difficilmente si tolgono.
Ogni dì poi sorgeva una nuova circostanza, che allargata con la nostra fervida immaginazione, ci rendeva contenti come altrettanti re. La narrazione entusiastica , poetica, si direbbe, che noi facevamo delle nostre passeggiate ai nuovi arrivati all'Oratorio, e varia e colorita, quasi come l'arco baleno, cresceva in tutti la voglia di sapere e dove e come si sarebbe fatta e chi ne avrebbe preso parte. Un giorno uno più curioso e confidente degli altri, chiese a D. Bosco: « Si va di nuovo a Villa S. Secondo? » Ed egli con piacevolezza rispose : « Si va alla Villa, ma poi molto più in là. » E lasciando cadere il discorso, parlò di altre cose, e ci lasciò tutti con la bocca asciutta. Era poca cosa, lo vediamo anche noi, ma ci fa esclamare, dopo tanti anni: Oh segreti cari e provvidenziali, che tenevano le nostre agili fantasie in un mare di luce, in un paradiso di delizie ! « Dunque si va, » ci dicevamo a vicenda, « bisogna che ci studiamo di essere tra i fortunati »
Oltre a quelli che si dovevano fermare all' Oratorio, perchè senza parenti, che li potessero ricevere nelle vacanze, si aggiungevano alcuni, che desiderosi di godersi questa ricompensa, troncavano a mezzo le loro vacanze nei loro paeselli, e venivano ben volentieri tra noi al giorno ed all' ora fissati. Intanto D. Bosco aveva lasciato sentire qualche parola, che prometteva più assai che la nostra viva e già ardente fantasia soleva immaginarsi.
A metà di settembre cominciò la radunanza dei nostri amici alla casetta di Don Bosco. Essi ci dovevano preparare la via, e andarci là ad aspettare. Vien la novena del s. Rosario, e la carovana si raddoppia, e l'allegria comincia a farsi più rumorosa. - Quei giorni erano e sono il più soave ricordo della nostra vita. Ai Becchi noi riposavamo un poco più al mattino , e giunta l' ora della levata si discendeva in Cappella, ove in generale si procurava di far la santa Comunione tutte le mattine, qualche visita lungo il giorno a Gesù in Sacramento e poi nella sera la funzione della novena. « Ma che vacanze eran queste? » potrebbe dire qualcuno. Noi gli risponderemmo, che furono le vacanze più dilettevoli della nostra lunga carriera. E ci pensavamo per tempo. Padrone della nostra coscienza era Don Bosco. E prima di partire ci acconciammo da lui, e con tutte le facoltà di poter fare la s. Comunione per qualche giorno, lo aspettavamo poi là, con una delicatezza di coscienza, desiderabile in ogni tempo, con santa trepidazione di esserne degni fino al dì stabilito. Egli intanto venne ! Gli si andò in quest'anno all'incontro fino a Buttigliera, perchè egli giungeva da Chieri, e sempre a piedi con tre o quattro amici di scorta. Si traversò il rio della valle, e senza aver bisogno di zolfanelli come altra volta, e poi con una rapidità giovanile ci trovammo nella parte opposta. Mentre stavamo sparpagliati qua e là all'ombra chi di una noce e chi di un pioppo, guardando con curiosità e meraviglia quel sorriso di cielo , e quell' abbondanza di raccolto, uno dei nostri dalla vista più acuta, grida : « Don Bosco! » Non sapremmo dire l'effetto magico che questa parola produsse in tutti noi. Si corse con quanta forza che ciascuno poteva avere maggiore , e tutti a studiarsi di arrivare i primi d'attorno al caro padre che arrivava.
Erano pochi giorni che non l'avevamo più veduto, e ci parevano già molti. Chi non vide Don Bosco tra i suoi figli, non può e non sa farsi un'idea dello slancio che si aveva per avvicinarci a lui , e senza ritegno e senza cura di nessuno. Ora dopo esserci presentati per chiamargli notizie del suo viaggio, ed esserne con paterna carità da lui interrogati, si ridiscendeva nella valle, e con vero tripudio.
- Come si sta all'Oratorio
- Verranno molti quest'anno alla passeggiata?
- La musica verrà ben ella e tutta? - E D. Bosco a darci risposta con ordine e come se lo avessimo interrogato non so delle cose più serie di questo mondo.
Non posso dimenticare una bella lezione che ci diede Don Bosco mentre si discendeva a valle. Già non si correva, perchè con Don Bosco bisogna andar adagino. Si faceva una fila lunga lunga, non volendo calpestar l'erba. Uno dei nostri amici che con un bastoncino in mano trovava un po' di appoggio, si era fermato a mirare alcuni vermi che usciti dal loro buco, si strisciavano per quel sentiero. Credo che nol facesse a posta, sicuramente senza cattivo cuore, essendo d'animo mite, ma con la punta del suo bastone ne infilzò uno, e poi lo sollevò in alto. Lo vide Don Bosco, e subito gli disse com'egli soleva con dolcezza mista a severità : « Perchè ucciderla così, povera bestia! La vita per loro è il più bel dono che abbiano da Dio ! e tutto finisce con la morte. » Fu un avviso che tenemmo a memoria, e ci guardammo con premura dall'offendere questi poveri animaletti che si incontravano per via.
Viene intanto il sabato a sera, e verso le quattro si comincia a sentire qua e là qualche tromba, poi il rullo del tamburo...:. E noi che stavamo quasi alla vedetta, si gridava: Son qui ! e giù a correre per la valle per salutare gli amici che arrivavano. Dopo i primi saluti , dopo le strette di mano ai nuovi arrivati, fu nostra cura di numerarli, per vedere quanti mai fossero stati scelti, e quali e quanti avessero dovuto rimanere all'Oratorio. Il numero era cresciuto dagli anni passati, e ci faceva sperare un lieto avvenire. Ma con essi abbiamo visto che si era pure unito un signore di Torino, già nostro buon amico , il quale aveva preso troppo alla lettera la parola di Don Bosco, che lo invitava a fargli una visita ai Becchi. S'intendeva una visita e non una fermata. Egli aveva aspettati i nostri compagni a Chieri, dove era disceso da una sua villeggiatura, e poi in loro compagnia senza cerimonie veniva a fare, come diceva, una sorpresa a D. Bosco. Egli aveva sentito a dire da qualcuno, che non aveva guari Don Bosco nel suo libro, che colà egli si era fabbricato un magnifico alloggio, un appartamento da principe, e che le miserie, che contava, erano omai più fittizie che vere; e che invece Don Bosco, dalle tasche dei credenzoni continuando a tirar fuori, se la scialava. Ora, vedendo noi, diceva tra sè e sè quel signore : « Dev'essere proprio così; perchè come potrebbe alloggiare tanta gente, se non avesse camere e letti ed appartamenti ? » Grosso anzi che no di corpo ed alto di persona, non aveva poco a fare per tenerci piedi. La musica, che di quando in quando ci esilarava, gli toglieva un po' di noia e di stanchezza. « Ma, diceva, arrivato, mi riposerò.» Il poverino cominciò a provare una prima disillusione, quando nell' arrivare vide la piccola casetta , dove tutti entrarono e ne riempivano la sala più grande, in attesa di vedere Don Bosco. La seconda disillusione la provò, quando s' incontrò con Don Bosco, e sentì a dirsi con il più bel garbo possibìle che si farebbe di tutto per dargli almeno una camera, ove ritirarsi, e poi a suo tempo una tavola meno frugale della nostra. Non fu poca la pena che si provò, tanto più che, per l'ora tarda, non si poteva farlo accompagnare a Castelnuovo, dove con facilità si sarebbe provveduto ad ogni cosa. Il buon fratello di Don Bosco preparando meglio la sua camera, e conducendolo colà per un po' di riposo e per dargli un po' di rinfresco, gli diceva per confortarlo : « Vedrà come lo aggiusteremo ! Se non da principe veramente, sarà almeno giù di lì. Ella ci compatisca , veda, siamo in campagna. » « Oh pensi, diceva egli, sforzandosi di nascondere la sua vera costernazione ; tutto va bene , tutto a meraviglia ! » Noi crediamo, che mentre pronunziava queste parole, si pentiva d' aver dato retta a chi gli aveva magnificata l'abitazione di Don Bosco. « Sì, sì; abitazione da principe; castello ! Venga a vedere quel fanfarone che me lo assicurava. Don Bosco è sempre Don Bosco, cioè tutto sollecito per gli altri e nulla per sè. Non posso negare che mi accolse con piacere ! La pena grande di non potermi trattare come vorrebbe gliela si leggeva sul viso. E veramente mi pare che gli fui e gli sono d'imbroglio. »
Noi indovinammo per aria l'imbarazzo reciproco : tanto più che Don Bosco avrebbe voluto tenergli compagnia, ed invece doveva andare in confessionale, dove stava da dieci a dodici ore. Ci siamo avvicinati a quel buon signore ed abbiamo cercato di trattenerci con lui e fargli vedere le piccole meraviglie di quel sito. Gli mostrammo la cameretta, ov'era nato D. Bosco, il sito dove raccoglieva i primi giovani per divertirli ed insegnare un poco di timor di Dio. Bevemmo anche una volta alla sua salute, ed intanto gli si faceva aggiustare il letto. Lo confortammo a bene sperare e gli raccomandammo solo un benevolo compatimento. Ci siamo data la muta; e da quell'istante Don Bosco non ebbe più la molestia di doverlo lasciar solo, e lui nemmanco tempo da credersi inopportuno. Prese parte alla nostra ricreazione della sera, ed alla mattina seguente ci disse d'aver dormito benissimo, ancorchè in letto senza materasso. Anche ci industriammo perchè avesse occasione di divertirsi non poco di tutta quella festa. E veramente riuscì splendida, maestosa, solenne! Alla sera però questo buon signore fu consegnato al buon parroco di Castelnuovo, che l' ospitò presso di sè e riparò, se possiamo dire così, alla mancanza trovata da noi. Ed a Castelnuovo appunto alla dimane noi lo abbiamo riveduto, quando, dopo la festa del santo Rosario, si passò da quel buon prevosto, che non voleva che si rompesse la bella e pia tradizione di andare a casa sua per mangiare la solita polenta.
Volle però intervenire chi noi non avevamo invitato, e non intendevamo invitare, se non fosse stato allora che per breve intervallo e per aggiustarci la via, cioè la pioggia, e fummo lì lì sul pericolo di vederci troncare la passeggiata prima ancora di cominciarla. « Oh! dicevamo, l'anno passato la guerra, ora la pioggia. Ma come si terminò quella, così farem cessare anche questa. » Erano appunto le nove del mattino, e dopo la Messa, fatto un po' di colazione, messi in ordine i nostri fagotti, come un esercito in moto stavamo per partire, e non si poteva. La pioggia veniva giù fitta, uggiosa ed abbondante, come in certi giorni d'autunno avanzato. Non solo non ci permetteva di partire, ma neppure di mettere piede fuori di casa.
- Oh come si fa
- Staremo qui !
- Pianteremo qui le nostre tende!
- Eppure bisogna partire ! - Oh, ma che pioggia!
E chi stava guardandola dalla porta di casa, chi andava alla finestra, chi metteva la testa fuori, chi sporgeva la mano, chi più audace saltava nel cortile. Chi diceva: piove! Chi: non piove più ! Chi: che cosa facciamo ?
- Oh che vita!
Allora Don Bosco era tuttavia in cappella, ignaro e tranquillo come se nulla lo risguardasse. Appena uscì gli fummo d' attorno dirgli: - Piove! piove ! Don Bosco.- Ed allora lui con nuovo e bel garbo, per deviare la nostra attenzione, ed esilararci in tanto mal animo, venne fuori a proporci un quesito. Disse dunque serio serio, come di cosa della massima importanza, che per altro produsse in noi un meraviglioso effetto di graziosa aspettazione : - Sapete voi che cosa facevano i nostri buoni vecchi quando pioveva?
- Oh chi lo sa?
- Portavano il parapioggia, neh ! vero
- Un cappellaccio !
- Un gran mantello?
- Se la prendevano tutta ! - E chi ne diceva una, chi un' altra, chi voleva imporsi a tutti , vociando quasi a squarciagola, che se la dovevano prendere , o se restavano rintanati in casa, come le marmotte. E mentre il rumore si propagava, il fracasso cresceva e la ricreazione si avvivava, Don Bosco dice : - Si vede che non lo indovinate. Poveretti ! Aspettate un momento,. e ve lo dirò io il bel metodo che avevano i , nostri vecchi , e poi sia nostra cura di praticarlo anche noi. Ecco, quando pioveva, i nostri vecchi... chi lo sa? avete ancora tempo un momento per dirlo... chi l' indovina ? i nostri vecchi... - E qui dopo un breve respiro disse con tutta solennità: - Quando pioveva, i nostri vecchi lasciavano piovere!!
O che scoppio di meraviglia, di Ah ! di Oh! di Ohi!
- Lo sapevamo anche noi...
- E che novità c'è in questo?
- Sì, sì, lasciavano piovere : e noi che cosa dobbiamo fare ?
- Bella sapienza antica ! Evviva i nostri vecchi!
- Era necessario pensarci su tanto, per venir fuori con una cosa tanto strana?
E mille altre osservazioni esclamative si facevano accompagnate da risa, da lepidezze che assordavano la cameretta. Era intanto passato un po' di tempo, ed un po' di sole era comparso a traverso le inferriate, salutato con universale applauso. - Oh qual gioia ! Il sole, il sole ! - Correre fuori , alzare il naso all'insù, rientrare , salutarci a vicenda, un tripudio, un sollazzo da non dirsi : e gridare senza fine: « Il sole, il sole ! »
Non so se avremmo fatto più strepito, se avessimo scoperto un tesoro, perciò non potevamo più contenerci nei giusti limiti di un'onesta gioia, ma così gridando e correndo,_ cercavano una maggior espansione.
- Dunque si va? Dunque partiamo ?
- Via, via!
- Ma bisogna aspettare che il tempo si rassodi.
- Che rassodare d'Egitto, si parta !
- No! Sì !
- Vogliamo dunque aspettare che piova di nuovo?
- Ma non siano noi che dobbiamo decidere, ma aspettare D. Bosco che decida. - Dunque?
Noi così dicendo, sforzandoci di stare in silenzio , ci siamo voltati a D. Bosco, quasi aspettando il fato, disse sotto voce un rettorico d'allora, per sentire la irreparabile sentenza. Mentre dunque si stava così fra le spine, uno di mezzo grida : « Don Bosco dice che si parta ! » Egli ha proprio detta la gran parola, e quelli che gli stavano più dappresso l'avevano sentita dal suo labbro, e comunicata a noi più lontano.
In un baleno tutti ne fummo avvertiti-, e tutti radunati all'aperto nell'aia: aspettavamo quale doveva essere la via da prendersi. Era Don Bosco la nostra guida, e si pendeva da' suoi cenni , e lui solo dovevamo interrogare, per sapere l'ordine della giornata. Ora poi il tempo piovoso era anche intervenuto a guastare i nostri , cioè i suoi progetti , e se non era di quel poco di sole avremmo dovuto prendere ben altra via; cioè quella di Torino, e sicuramente malcontenti come chi ha patita una disgrazia.
Don Bosco adunque mentre sorbiva un po' di caffè nero , stando in piedi, ci avvisò di aspettarlo un istante a basso , che sarebbe andato in camera e poi disceso. E passo innanzi passo, senza punto turbarsi o prendere il movimento dalla nostra agitazione, montò lentamente l' unica e ripida scala, che ve lo conduceva di sopra.
(continua).
Avventure d' una spedizione alla Colombia, per cura del sac. Carlo Maria Viglietti.
È un'operetta dettata con tale brio e verità da farsi leggere con gusto e frutto grandissimi. Chi ne legge le prime pagine non può abbandonare il libro finchè non ne sia arrivato al termine. Sono avventure interessantissime accadute a Missionari Salesiani e specialmente al nostro Direttore della prima Casa Salesiana della Colombia Don Evasio Rabagliati.
« Questo che presentiamo ai nostri lettori, così l'autore nella prefazione, è un fedelissimo estratto dalle lettere scritteci dai nostri Missionarii d'America e specialmente da Don Evasio Rabagliati, che lasciando la direzione della Casa di Concezione nel Chilì, doveva assumere quella di Bogotà nella Colombia, casa apertasi in quest'anno 1890, obbedendo ai voleri del Santo Padre Leone XIII, dietro le calde istanze del Governo Colombiano.
» Parvero quelle lettore interessantissime, sia pel cammino affatto nuovo, che i nostri Missionaria percorrevano, sia poi casi or tristi or lieti, che resero memorabile tra i Salesiani questa spedizione; e si pensò far cosa grata ai tanti amici ed ammiratori delle opere di Don Bosco, col pubblicarlo sotto forma di memorie del protagonista della spedizione, D. Evasio Rabagliati.
» Voglia Iddio mandare nella sua vigna molti operai di tanta buona volontà o di tanto zelo, e faccia sì, che non ci venga mai meno la cooperazione, sia in preghiere, sia in opere, dei nostri buoni lettori. »
Ne raccomandiamo la lettura e la diffusione. - Prezzo L. 0,70.
VITA E MARTIRIO del Beato G. GABRIELE PERBOYRE Prete della Missione per C. POSA-FORNELLI
Un elegante vol. in-16 di pag. 250 con ritratto del Beato L. 1,0
« Il libro, a cominciare dalla parte materiale è uscito in bella, nitida e corretta forma dalla benemerita Tipografia Salesiana, ed è non poco pregevole, anche pel ritratto del novello Beato che porta in fronte.
Che se guardiamo l'interno del grazioso volumetto, di circa 250 pagine, noi che l'abbiamo letto in poco meno di quattro ore, potremmo affermare da ciò che ne abbiamo provato, essere il libro della signora C. RosaFornelli una di quelle fortunate produzioni, le quali invogliano chi ne comincia la lettura, a proseguirla e terminarla senz' altra interruzione che quella di divoti sentimenti e di affetti fervidi, i quali nascono e vigoreggiano ad ogni pagina, fintantochè la commozione violenta delle scene del martirio giunge a spezzare la vena del pianto, e allora ci sgorga spontanea dal cuore sul labbro l'invocazione Beato martire Gabriele, prega per noi!
In una semplice e breve rivista, noi non possiamo mettere in luce tutta la bellezza, la concisione e la vivacità del racconto dell'apostolato e del martirio del Perboyre, nè la sublimità delle sue risposte ai giudici, nò l'eroismo della sua fortezza, nelle quali scene la signora Rosa-Fornelli mostra tutto l'ardore della, sua fede e ne segue fedelmente, scrivendo lo ispirazioni; ma ci confortiamo della speranza che i lettori ne dividano con noi le religiose impressioni, e dagli esempi del Beato martire, così bene tratteggiati in questo libro della sua vita, imparino a stimare la nostra santissima fede e professarla coraggiosamente colla lingua e colle opere.
A dir breve, il volumetto della signora C. Rosa-Fornelli, sì per la novità ed opportunità del racconto, sì per la nobiltà dell'argomento, sì per la modesta bellezza delle forme, e più di tutto per la soavità dell'unzione cristiana che traspare da ogni pagina, merita di esser letto e meditato dal popolo fedele e specialmente dalla gioventù; e noi ci congratuliamo coll'egregia autrice di sì preziosa opera, augurandole che il suo libro si diffonda per tutta l'Italia e ravvivi la fede negli animi dei cristiani. »
Estratto dal Corriere Naz. di Torino, N.25-26-1-91,
NB. Si vende presso tutte le Librerie Salesiane e presso la Libreria del S. Cuore rímpetto ai SS. Martiri in Torino.