ANNO X - N. 4. Esce una volta al mese. APRILE 1886
DIREZIONE nell'Oratorio Salesiano. - Via Cottolengo, N. 32, TORINO
SOMMARIO - Il Cuor di Gesù e l'Eucaristia - Ancora della festa di S. Francesco di Sales e delle Conferenze Salesiane - continua la Conferenza tenuta in Torino il 28 Gennaio - Gli ultimi istanti di Francesco Montaldo insigne Cooperatore Salesiano di S. Nicolas - Grazia di Maria Ausiliatrice - Patagonia - Bibliografia - Elenco dei Cooperatori defunti nell'anno 1885.
Divinissima fra le divine cose è l'Eucaristia, questa maraviglia delle maraviglie, appellata giustamente l'opera più bella e più grande, il capolavoro del Cuor di Gesù. Gli atti più splendidi, gli esempi più luminosi di bontà e di tenerezza, di cui è tutta cosparsa la vita del Divin Redentore, cedono, si eclissano innanzi a questo che S. Francesco di Sales chiamava l'Amore degli amori. Che è il buono e il bello di Lui (Signore, Dio), esclamava già il profeta Zaccaria, se non il frumento degli eletti e il vino che fa germogliare i vergini? Quid enim bonum eius et quid pulchrum eius, nisi frumentum electorum et vinum germinans virgines ? (C. IX, 17). Quindi è che a quest'opera sovrumana di potenza e di bontà s'indirizzarono costantemente in tutta la vita mortale di Gesù i suoi desiderii più vivi ed ardenti , i palpiti più nobili e generosi del suo Cuore. E perchè comprendessimo l'altezza sovrannaturale del dono e la conseguenza sua infinita per la fede, volle Egli stesso, ancor innanzi di operarlo , spiegarcelo e come maneggiarlo con singolarissima cura questo atto di tanta delicatezza, nobiltà ed importanza, facendolo precedere dallo stupendo miracolo della moltiplicazione dei pani e scegliendo a luogo di sua parlata e la Sinagoga, dove il popolo accorreva da ogni parte, e Cafarnao, una delle più grandi e popolate città della Giudea (Joann. VI, 48 e segg.). Ma giunge alfine l'ora memoranda dalla eternità prestabilita all'istituzione di quest'ineffabile Sacramento, ed ecco anche qui pararcisi innanzi nuovo argomento di maraviglia nella circostanza affettuosamente solenne , nelle parole amabili e soavi , nel contegno sovranamente delicato e paterno del buon Gesù (Luc. XXII, 15 e segg.). Or che più poteva Egli fare per insinuarci e la dolcezza sovrumana dell'Eucaristia, e l'importanza, anzi necessità sua alla vita di un cristiano? La qual ultima cosa non sarà mai abbastanza ricordata, ai giorni nostri soprattutto, in cui vediamo pur troppo diffondersi e quasi pretendere di giustificarsi una cotal foggia di cristianesimo, che vorrebbe nella pratica prescindere dalla frequenza alla S. Comunione. Non v'ha cattolicismo, diceva un giorno nell'eloquente sua semplicità il nostro amatissimo D. Bosco, dove non vi ha la Madonna e l'Eucaristia. E ciò ben con ragione, poiché se a Maria deve il cristianesimo in Gesù la sua origine e la sua vita , l'Eucaristia è quella che ne costituisce l'anima , il compimento , la perfezione. Guai alla società in genere ! Guai alle nazioni, alle città , agli istituti di educazione, dove non regna la frequenza alla Comunione ! La loro esistenza moralereligiosa non può durare, i loro giorni sono contati!
Or vogliam noi ravvivare negli animi nostri ed altrui la fede e l'amore all'Eucaristia? Vogliamo noi che questa fede e quest'amore si trasfondano nelle opere, sì da far rivivere i tempi più belli del cristianesimo? Vogliamo noi infondere a questa società debole e fiacca un principio di forza, di virtù e di valore, a questa società guasta e minacciante cancrena un alito potente di castità, d'incorruzione, d'immortalità? Promuoviamo e pratichiamo con ardore la divozione al Sacro Cuore di Gesù. E che tale infatti sia lo scopo principale, primario di questa soavissima divozione , ben lo rileviamo da quello tra i Santi, a cui l'alta significazione e propagazione di siffatta divozione è più particolarmente dovuta, vale a dire dal nostro S. Francesco di Sales. Basta dare uno sguardo alla sua vita per tosto comprendere come nel consegnare alle Figlie della Visitazione, da lui istituite , il prezioso deposito di questa cara divozione, volesse egli anzitutto mantenerle affezionate al Sacramento dell'Eucaristia, per mezzo del quale il Divin Redentore ci dona il proprio Cuore, anzi ce ne fa in certo modo padroni. « Salutate frequentemente, scriveva il santo Vescovo, il Cuore di questo Divin Salvatore, il quale per mostrarci il suo amore si nascose sotto le apparenze di pane, onde dimorare famigliarmente ed intimamente con noi. L'amore, seguita il santo Prelato, vi farà conoscere quanto è grande l'amor del nostro Dio, il quale per rendersi più nostro ha voluto donarci Se medesimo in cibo per la salute spirituale dei nostri cuori, affinchè, nutrendoli, fossero più perfetti. » Quindi è che la Chiesa, affettuosa madre e infallibile maestra , nell'approvare la festa e gli Uffizi ad onor del S. Cuore di Gesù, dichiarò che lo faceva « affinchè i fedeli sotto l'immagine del S. Cuore onorassero con maggior divozione, fervore e spirituale loro vantaggio l'amore che ci dimostra Gesù Cristo nella sua passione e morte e nell'istituzione del Divin Sacramento. » Così il Cuore di Gesù, da cui nacque coi primordii della Chiesa l'Eucaristia, simboleggiata dai Padri e Dottori nel Sangue sgorgante dalla squarciatura operata dalla lancia, doveva essere nella decrepitezza morale e religiosa del mondo anche il mezzo, lo strumento più potente a farla rivivere e come rinascere nelle menti, nei cuori e nelle opere dei cristiani tralignati, divenendo per tal modo principio e termine, origine e fine del più Augusto dei Sacramenti.
Ma questa divozione deve avere un luogo dove abbia sua particolare stanza; questo Cuore amabilissimo deve avere un tempio, donde come da centro si spandano i suoi raggi benefici per tutt'il mondo. Or qual altra città poteva porgersi a ciò più acconcia di Roma, centro e vita della Chiesa universale? Qual altro luogo doveva essere più adatto di quel rione di essa, dove tanta gente lontana dalle antiche basiliche e dalle chiese, vive priva della parola di Dio , e dove migliaia di poveri giovani senza parenti, senza protettori, senza pane, provenienti da tutte parti d'Italia, per non dire del mondo, chiedono incessantemente un Ospizio che li salvi dalla rovina dell'anima e del corpo? Oh sorga adunque, e si compia con la chiesa e l'Ospizio del S. Cuore quel monumento, dove la fede ha ciò che vi è di più augusto, e la carità di più tenero. Sorga ad eternare l'amore che dobbiamo a Gesù Cristo, sorga a tener salda la devozione nostra al centro della cattolicità e della fede , sorga ad immortalare la gratitudine al Gran Pio IX, che l'iniziò e al degnissimo suo successore Leone XIII, che se ne fece strenuo continuatore, sorga infine a coronare i sacrifizi , a compiere i voti più ardenti del nostro D. Bosco. E poichè la gioventù e l'avvenire sono la stessa cosa, e da quest'opera così benefica e salutare si ripromette l'amatissimo nostro Padre un lieto e sereno avvenire per l'Italia, deh! si affretti quel momento in cui su quel colle Esquilino, dove sorgeva un dì il tempio sacro alla Concordia, vediamo consacrarsi la chiesa monumentale al clementissimo Cuor di Gesù, e dove profane excubiae o sentinelle stavano alla guardia di false divinità, s'innalzi un Istituto per educarvi le sentinelle destinate a vegliare per la gloria del vero Dio e a salute delle anime.
Nel giorno 31 di gennaio alle 3 1/2 pomeridiane nell'Ospizio Salesiano di Firenze aveva luogo la Conferenza ai Cooperatori, intervenuti in gran numero. S. E. Rev.ma Mons. Donato Velluti Zati dei Duchi di S. Clemente , Vescovo titolare di Orope, tenne un bellissimo ragionamento sulle molteplici opere di D. Bosco e dimostrò splendidamente che il vero mezzo di arrecar decoro alla patria si è quello di pensare alla sana educazione religiosa e civile di quella parte del popolo, che è la più esposta ai raggiri dell'empietà e della corruzione. Deplorò che tanta parte della gioventù povera cada nelle insidie di falsi maestri, i quali, imbevendola di massime perverse, la riducono poi ad abitare le prigioni, cresciute malauguratamente di numero in questi tempi infelicissimi. Finì con parole infiammate da santo zelo, esortando i Cooperatori e le Cooperatrici ad aiutare efficacemente, colla raccolta di offerte in danaro od oggetti, l'Asilo Salesiano di Firenze, degno di richiamare sopra di sè l'attenzione e la benevolenza di ogni classe di cittadini che amino a fatti e non a parole il vero decoro della patria. Dopo la benedizione dell'augustissimo Sacramento il direttore dell'asilo annunziava che D. Bosco gli aveva fatto in quell' istante pervenire un telegramma di congratulazione. Alla festa di s. Francesco, celebrata il 1° di febbraio, S. E. Rev.ma Mons. Arcivescovo di Firenze celebrò la messa e distribuì la SS. comunione ai convittori.
Eziandio nell'Ospizio Salesiano di Lucca, celebrandosi il giorno 17 la festa del gran Vescovo di Ginevra, degnavasi S. E. Mons. Arcivescovo di andare a celebrare la S. Messa e fare la comunione generale. Il M. R. Signor D. Bassi Economo di Fiano mostrò col suo panegirico come egli sia fornito a dovizia di profondi studi e come sappia scuotere gli animi e toccare le più intime fibre del cuore. La Domenica seguente alla sera tenevasi la conferenza.
Dio ricompensi in questa vita e nell'eternità tanti nostri benefattori.
Mezzi da usare in proposito.
Ma tempo è ormai che io passi al terzo pensiero di D. Bosco , svolgendovi il quale avrò campo a facilitarvi la via per addivenire veraci nostri Cooperatori. Il terzo pensiero è sui mezzi da usare per venire in sostegno delle Opere salesiane. Questi mezzi io li riduco a tre: Pregare, operare, dare.
Pregare. Sì, pregate che Dio benedica le nostre Case , pregate che renda efficaci le nostre parole in pubblico ed in privato, nel cuore dei piccoli e dei grandi, dei fanciulli e degli adulti; pregate che l'Autore di ogni bene ci conceda lumi speciali nei dubbii e nelle incertezze, e vigore e conforto nelle contrarietà ed amarezze della vita. Credetelo pure, miei cari uditori, talvolta un povero prete, un missionario, un maestro, un capo d'arte sente tutto il peso del suo uffizio. Talora il principio di un'opera difficile lo accora ; talora la minaccia di ostilità di persona potente lo impressiona e lo affanna ; talora il pericolo di uno scandalo lo ferisce e lo addolora, togliendogli il riposo e di giorno e di notte. Abbiamo allora bisogno che Dio ci aumenti la sua grazia ed i suoi aiuti interni ed esterni, e questo favore Egli lo concede più volontieri alle preghiere altrui, che non alle preghiere nostre, perché si compiace di dare agli uni il premio delle fatiche e agli altri il premio della carità fraterna. Adunque pregate. Noi come i soldati di Giosuè combatteremo nella valle per acquistare a noi e al popolo di Dio la Terra promessa ; ma voi come novelli Mosè sul monte alzate le mani al Cielo e invocatelo per noi : le vostre preghiere ci otterranno vittoria. Pregate pei missionarii, che più di ogni altro si trovano al cimento. Pregate soprattutto che Dio ci tenga in vita il nostro D. Bosco, che da solo vale noi tutti; con lui per guida, con lui per consigliere, con lui per conforto i Salesiani non temono checchè possa loro accadere. Ma non contontatevi di pregare per noi; pregate anche per voi medesimi e pei vostri cari, che rimaniate saldi nella fede e perseveranti nella grazia di Dio. Pregate che il Signore vi conceda forte e tenace volontà di fare del bene mentre ne avete il tempo, e vi levi dal cuore la lusinga di avere ancora molti anni da vivere, affinché v'impegniate a non perdere il tempo presente per la speranza, il più delle volte vana, di molti anni futuri. Quanti per questo inganno fatale si trovarono già al punto di morte colle mani vuote! Non sia così di voi. Pregate adunque. Ecco il primo mezzo per essere buon Cooperatore e buona Cooperatrice.
Operare. Ma il pregare non basta; Dio vuole di più ; vuole le opere ; quindi operare. E questo il secondo mezzo. Sì, operate. Non siate paghi di lamentare i mali presenti ; ma ciascuno nella sua sfera si adoperi a diminuirli e a portarvi rimedio. Tanti padri e tante madri, tante persone anche costituite in dignità si lagnano, che la figliuolanza è cattiva, che la gioventù è insolente e scostumata, ma intanto che cosa fanno per farla buona, per renderla rispettosa e morigerata? Fanno un bel niente, se pure non le dànno ansa a peggiorare col loro malo esempio e col loro scandalo. Operate e colle parole e coi fatti. Il dare un buon consiglio, il persuadere un'opera di carità , il dissuadere una cattiva azione , il pacificare due o più persone insieme, il visitare una persona malata, il promuovere il catechismo, la frequenza alla Chiesa e ai santi Sacramenti, il prendersi cura dei fanciulli e delle fanciulle perico lanti, e, potendo, pagare loro la pensione per farli ritirare in qualche casa di buona educazione, il favorire nei giovanetti la vocazione allo stato ecclesiastico e religioso, ecco tante opere buone, che coll' aiutare secondo il vostro potere vi rendete altrettanti Salesiani e altrettante Suore di Maria Ausiliatrice in casa vostra e in mezzo al mondo, quindi veraci Cooperatori e Cooperatrìci. Operate adunque.
Dare. Ma forse il pregare e l'operare a molti costa poco o nulla; quello che loro fa pena è il dare. Eppure, se non facciamo anche questo a norma delle proprie forze, noi manchiamo al nostro dovere. Questo dare, cioè il fare limosina , secondo la propria possibilità, è un obbligo imposto da Dio; obbligo che disgraziatamente molti cristiani e molte cristiane o non conoscono o conoscendolo non lo adempiono, con grave pericolo della loro eterna salute.
Permettete dunque che in nome di D. Bosco ve ne parli, o amatissimi uditori, e ve ne parli colle parole dello Spirito Santo. Dio nell'antica legge e Gesù Cristo nel Vangelo , ecco gli oracoli a cui mi appello : - Dividi il tuo pane col famelico, dà ricetto al povero e all'abbandonato, provvedi di vestito chi è mal coperto, così parla il Signore per bocca del profeta Isaia (lsaia, LVIII). I Cooperatori e le Cooperatrici, quando soccorrono le Opere salesiane, compiono tutti questi sacri doveri, perchè le loro limosine sono in buona parte impiegate a dare del pane a chi ha fame, a dare ricovero a chi è senza tetto, a coprire chi è privo di abiti, e tali sono appunto migliaia di poveri giovani ospitati, mantenuti e vestiti nelle nostre Case di Europa e di America.
Nella nuova legge, nella legge di grazia e di amore, nel Vangelo il precetto di dare, di fare limosina, è uno dei più inculcati. A provarlo bastano le parole che il divin Giudice a quelli, che non avranno fatto limosina, dirà nel giorno estremo, nel giudizio universale : - Andate via da me, o maledetti, nel fuoco eterno, apparecchiato al demonio ed agli angeli suoi; imperocchè io aveva fame e non mi deste da mangiare, aveva sete e non mi porgeste da bere, era pellegrino e non mi deste ricetto, nudo e non mi copriste... Allorquando avete ricusata questa carità ad un solo di questi piccoli, l'avete ricusata a me stesso (Matt, XXV). - Queste parole sono chiare, e non vi è modo di sofisticarvi sopra. Chi potendo non fa limosina pecca di crudeltà contro Gesù Cristo medesimo, e la sua sentenza è già pronunziata Va via da me, o maledetto, nel fuoco eterno.
Nostro Signor Gesù Cristo in altro luogo del Santo Vangelo fissa persino quello, che si deve dare in limosina. Udite quello che Ei dice : Quod superest date eleemosynam: date in elemosina quello, che sopravanza al vostro bisogno, e bisogno ragionevole e non creato dal lusso, dal vizio o dal capriccio. Altrove il Vangelo medesimo spiega ancora che cosa sia questo sopravanzo, e dice: Chi ha due vesti ne dia una a chi non ne ha, e faccia similmente chi ha dei commestibili (Luc. III). Con ciò nostro Signore non proibisce già di avere in casa due mute di abiti per qualche circostanza, come pure non proibisce di tenere presso di noi più cibo o pel giorno d'oggi o pel domani; ma fa intendere che non ci dobbiamo astenere dal fare limosina pel vano timore che ci possa mancare qualche cosa in futuro. Al presente il povero soffre, il giovane è abbandonato, le anime si perdono : provvediamo a questi bisogni urgenti, e Dio non mancherà di provvedere a noi nei bisogni avvenire.
Da queste ed altre sentenze del divin Salvatore i santi Dottori della Chiesa insegnano concordi che il precetto di dare in limosina quanto non è necessario alla vita nè per noi nè pei nostri, secondo la propria condizione, è un precetto che sta inchiuso nel settimo comandamento della divina legge : Non rubare; ond'è che il non fare limosina, o con irragionevoli spese rendersi impossibile il farla, o pel sostentamento dei poveri, o pel vantaggio della religione , o per la salute delle anime, è una specie di furto. Udite a questo proposito le parole dei più rinomati Dottori. Sant'Ambrogio dice : - Non è minor delitto il rubare a chi ha, che, avendo e potendo, negare limosina ai poveri (Serm. 81). San Girolamo scrive: - Se hai qualche cosa più che il vitto ed il vestito necessario, dàllo via, e di questo conosciti in dovere (Epist, ad Hedib). Sant'Agostino ripete : - Le cose superflue dei ricchi sono le cose necessarie dei poveri, e perciò si posseggono cose d'altri, quando si ritengono cose superflue (In tract. in psal. 147.). S. Bernardo parla così: - E cosa nostra, gridano i poveri; quello che voi gettate e spendete in vano lo rubate crudelmente a noi (Epist. ad Hen).E S. Tommaso, l'oracolo delle scuole, così preciso e misurato nelle sue sentenze, insegna la stessa verità con queste parole : - Le cose che altri hanno con soprabbondanza per diritto naturale spettano ai poveri Il Signore non solo comanda che si paghino le decime, ma che si dia anche ogni cosa superflua ai poveri (In 2, quest. 66, art. 7, e quest. 87, art. I. ). E finalmente il cardinale Bellarmino, uno dei più dotti teologi, nel suo opuscolo Dell'arte di ben morire, dopo di aver riportate queste ed altre sentenze, aggiunge : - Se vi fosse chi contendesse che non si devono dare ai poveri le cose superflue a stretto rigor di giustizia, tuttavia non credo possa negare che ciò deve farsi per obbligo di carità. Ed a me pare che sia cosa poco differente l'andare all'inferno per aver mancato alla giustizia, ovvero andarvi per aver mancato alla carità (Lib. 1, cap. 9.).
Vi è dunque obbligo di dare, o miei buoni uditori , e ve lo mostrai non colle parole mie, che non sarebbero autorevoli, ma colle parole di Dio, che ci ha da giudicare, colle parole dei santi, che saranno i testimoni e gli assessori del nostro giudizio. Ma in quale misura dobbiamo dare? Lo dice lo Spirito Santo nel libro di Tobia: - Sii misericordioso in quel modo che puoi: se hai molto dà molto, se hai poco dà poco, ma questo poco studia di darlo volontieri (Tob. 1V.). E poi badiamo che Dio sa quello che ciascuno può dare, e dobbiamo fare i nostri conti con Dio, siccome procuratore dei poveri, delle opere di carità, di beneficenza, di religione, e non colla cupidigia, e neppure con certi maestri dalla coscienza larga, talora poco istruiti od anche ignoranti , ma per lo più mancanti essi medesimi di carità e di zelo.
Vi è obbligo di dare ; ma quando? Subito che si può , senza rimandare questo dovere da un giorno all'altro , lasciando intanto languire i bisognosi, lasciando perdere tante anime che potrebbero ancora essere salvate, lasciando che periscano tanti istituti, tante opere buone , che sostenute a tempo rimarrebbero in piedi a gloria di Dio e della Chiesa. Quindi è che il Signore per bocca del Savio ci dice : - Non rispondere al povero va e ritorna, ti farò limosina domani, quando invece subito puoi farla (Prov. III.). Tanti cristiani e tante cristiane, contro a questa divina ingiunzione, dispongono che delle loro sostanze si facciano opere di carità o di religione per dopo la loro morte. Certamente è meglio tardi che mai: ma basterà ella una tale disposizione per farli sicuri al tribunale di Dio? E non si mettono essi al pericolo di non far nulla? E non è egli vero che certe ultime volontà sono di continuo osteggiate, e il più delle volte vinte e distrutte o dai parenti , o dai nipoti , o dagli avvocati ?
Vi è obbligo di dare; ma con quale disposizìone dell'animo ? Con retta intenzione di piacere a Dio e non per ottenere plauso dal mondo. Non è gran tempo che un ricco signore fu invitato a prendere parte alla costruzione della Chiesa e dell'Ospizio del Sacro Cuore di Gesù in Roma , ma egli si è rifiutato dicendo : - Io non voglio concorrere a fare il bene con altri, ma voglio farlo da me solo, in modo che il mondo presente e la posterità lo sappia ; ora fare quest'opera da me solo non è più possibile, perchè è già troppo avanzata, e perciò non fo nulla. - E con questo strano ragionamento s'indusse persino a rifiutare i biglietti della lotteria egli che, senza scomporsi, potéva disporre di milioni. No , Dio non vuole la carità di limosinieri superbi, ma di coloro che, nel poco o nel molto che dànno , mettono in pratica l'insegnamento di Nostro Signor Gesù Cristo : Quando fate limosina non vogliate suonare la tromba; e non sappia la tua mano sinistra quello che fa la destra (Matth. VI). La tromba la suoneranno a suo tempo i vostri beneficati : la suoneranno i santi in cielo, applaudendo alla carità vostra ; la suoneranno gli Angeli alla fine del mondo, svegliando il vostro corpo e chiamandolo rivestito di gloria a ricevere anche su questa terra il premio delle vostre limosine, in faccia al mondo universo.
Vi è obbligo di dare ; ma come? Con gioia. E perchè ? perché è maggior ventura il dare che il ricevere. Questo appunto insegnò Gesù Cristo con queste parole : Beatius est magis dare, quam accipere (Act. XX.). E perchè mai è maggior ventura il fare limosina , che non il riceverla? Una delle ragioni io credo che siano i grandi frutti che ella produce a vantaggio di chi la fa. Uditene alcuni a vostro stimolo e conforto, ed affinchè questo stimolo e conforto sia più divino che umano, udite questi frutti esposti nella Sacra Scrittura da Dio medesimo.
Primo frutto. La limosina sia che si faccia per soddisfare ai peccati , sia per impetrare grazie , sia per qualsiasi altro santo motivo, libera dalla morte sempiterna, cioè dalla eterna dannazione, coll'ottenerci il perdono dei peccati. Eccone le divine parole : - La limosina libera da ogni peccato e dalla morte, e non permette che un'anima vada nelle tenebre... Essa è che fa trovare misericordia e vita eterna... L'acqua estingue il fuoco ardente e la limosina resiste ai peccati (Tob. VI. XII - Eccli. III.). E in questo medesimo senso si spiegano i Santi Padri, dando alla limosina come la forza del santo battesimo. Per amore di brevità basti qui per tutti sant'Ambrogio , vescovo di Milano: - La limosina, egli dice, è in certo qual modo un altro battesimo delle anime, come lo manifesta il Signore, dicendo: Date in limosina e tutto in voi sarà puro; e, sel potessimo dire, la limosina ci giova piú del battesimo, poiché questo si riceve una volta sola, ed una sol volta ci vien perdonato, mentre la limosina ogni volta che si fa ci ottiene questo perdono (Serm. 31).
Secondo frutto. La limosina accresce in chi la fa la fiducia verso Dio. Eccone le divine testimonianze : - Avranno grande fiducia verso il Sommo Iddio coloro tutti, che faranno limosina (Tob. IV.). Onde il martire S. Cipriano, vescovo di Cartagine, chiama la limosina il grande conforto dei credenti. E come no, se ricordano che il Figliuolo di Dio ha detto : Beati i misericordiosi, perchè conseguiranno misericordia, e che al dì del giudizio a quelli, che avranno fatta carità, rivolgerà queste consolanti parole : Venite, benedetti ral Padre mio, possedete il regno che vi è stato apparecchiato dal prineipio del mondo; imperocchè... quando faceste la carità ad uno di questi miei piccoli la faceste a me (Matt. V. XXV.)?
Terzo frutto. La limosina concilia la benevolenza di molti, i quali pregano Dio pii loro benefattori, ed ottengono loro grazie temporali e spirituali, aumento di meriti e di gloria. Ce ne assicura il divin Salvatore , dicendo : - Fatevi degli amici colle inique ricchezze, affinché, quando ne avrete bisogno, siate ricevuti negli eterni tabernacoli (Luc. XVI.). E bella la spiegazione che D. Bosco fece a queste parole nell'ultima sua lettera ai Cooperatori e alle Cooperatrici. Giova qui il richiamarla alla memoria: - « Questi amici, egli dice, saranno tanti giovanetti tolti dalla perdizione e salvati per la vostra carità; saranno i cristiani e i pagani convertiti ; saranno i bambini degli infedeli battezzati e divenuti angioletti del paradiso; saranno i padri e le madri di tanti figliuoli ricondotti sulla via della virtù e nelle loro braccia in cielo ; saranno gli Angeli custodi di tante anime , o già entrate o che entreranno in loro compagnia per opera vostra; saranno i Santi e le Sante , più felici ed esultanti per un maggior numero di fratelli e di sorelle per voi acquistati; questi amici saranno infine la Beatissima Vergine, il Padre, il Figliuolo e lo Spirito Santo, che avrete fatto meglio conoscere, amare e glorificare in terra. »
Quarto frutto. - Potrei esporvi ancora più altri frutti della limosina, ma per non andare troppo per le lunghe ve ne cito ancora uno, ed è che la limosina spesso è pur causa di accrescimento dei beni temporali. Questo frutto è anche degno di essere conosciuto , perchè pur troppo non pochi cristiani e non poche cristiane non fanno la limosina, che potrebbero fare, trattenuti dalla vana paura di dover poscia starne in disagio , mentre invece è tutto il contrario. Udito anzitutto lo Spirito Santo: - Ha per debitore il Signore quegli, che usa misericordia coi poveri; chi dà al povero non cadrà in povertà (Prov. XIV. 21 - XIX, 17.).
La Storia Sacra ci racconta pure che Tobia dispensava liberalmente ai poveri, e in breve ottenne grandi ricchezze. Vero è che fu per qualche tempo afflitto, ma quella non fu che una prova mandatagli da Dio per fare meglio risplendere la sua virtù e la protezione del Cielo in suo favore. La Storia Sacra ci narra ancora che nella città di Saretta una vedova per avere, sebben povera e in tempo di caristia, dato limosina al profeta Elia , fu così benedetta dal Signore, che finchè visse non mancò mai più di niente nè per sè nè pel figliuolo (III Reg. XVII. ). Se non temessi di abusarmi di vostra pazienza, potrei qui recare in mezzo esempi innumerevoli, raccolti quali dalla ecclesiastica e quali dalla profana storia, comprovanti tutti che Dio benedice e prospera anche temporalmente coloro che fanno la carità. Per questo S. Basilio paragona le ricchezze alle acque dei pozzi, le quali quanto più si attingono tanto diventano più limpide ed abbondanti, ma se sono lasciate ferme e quiete stagnano e marciscono. Quante persone e quante famiglie anche dei giorni nostri hanno esperimentata questa doppia verità! Molti sarebbero i fatti che potrei citare in un senso e nell'altro, e moltissimi ne ricorderete voi pure, perchè accaduti forse sotto i vostri occhi medesimi.
Ma passiamo sotto silenzio questi ed altri fatti e poniamo termine al nostro discorso; e io pongo termine col rammentarvi le parole di un Angelo e l'esempio di un Martire. L'Arcangelo Raffaele dava a Tobia e al figlio Tobiolo tra gli altri questo insegnamento : - E meglio fare limosina che accumular tesori (Tob. XII.). Riflettete, miei buoni uditori, che questo insegnamento non è umano , ma divino, e perciò verace ed infallibile. Lo ripeto quindi, perché s'imprima bene nella vostra mente: - E meglio fare limosina che accumular tesori. E meglio per l'anima e pel corpo; è meglio pei grandi frutti che se ne ricevono spirituali e materiali ; è meglio per la vita presente e per la vita futura. E meglio perchè con questo mezzo tirerete sopra di voi le benedizioni di Dio, le quali faranno fruttificare il cento per uno i beni, che riserbato per vostro uso e per uso della famiglia ; vi manterranno in sanità, e così non ispenderete danaro in medici e in medicine; vi conserveranno e vi renderanno savii i figliuoli e modeste le figliuole, affinché non diano fondo al patrimonio col giuoco, col lusso, coi divertimenti, coll'ambizione ; vi terranno lontane le liti, i fallimenti, i rovesci di fortuna e simili, cose tutte che valgono più che ogni tesoro del mondo. Se è meglio fare limosina che accumulare tesori dunque, miei amatissimi Cooperatori e Cooperatrici, d'ora innanzi l'impegno, la sollecitudine, l'ardore, che forse taluni hanno finora adoperato nell'ingrandire il patrimonio, senza o con poco riguarda ai poveri e alle opere di carità e di beneficenza, lo mostrino nel dare. e nel trovar modo di poter dare più che sarà possibile. Rendete gloria a Dio e al suo Angelo col credere verace non solo in teoria, ma in pratica il suo celeste insegnamento, e ne proverete anche in effetto la consolante verità.
E qual è l'esempio ? E quello del Martire san Lorenzo. Viveva egli verso l'anno 260 dell'éra cristiana, ed era diacono e tesoriere di Papa Sisto Il, il quale lo aveva fatto depositario dei tesori della Chiesa e suo limosiniere, e incaricatolo della cura delle vedove e degli orfanelli, dei poveri e dei bisognosi di ogni genere. Insorta la ottava persecuzione contro i cristiani, mossa dall'imperatore Valeriano, e martirizzato pel primo il santo Pontefice, il diacono Lorenzo tosto si. avvide che il persecutore, non meno avido di danaro che di sangue, non avrebbe tardato a tentar la prova di rapigli le sostanze della Chiesa, che aveva in consegna, e da savio pensò di metterle al sicuro. Provvede pertanto più centinaia di abiti e di vesti, compera gran quantità di frumento e di pane, e divide in più parti il danaro che gli resta ; indi raccoglie i più poveri cristiani e cristiane di Roma, e a ciascuno distribuisce vitto, vestito, e danaro secondo il bisogno. Aveva appena avuto tempo di fare questa distribuzione, quando il santo Martire è citato al tribunale del prefetto di Roma, che prima di ogni altra cosa gli comanda di consegnargli i tesori che possiede. Sorride il Santo a quella intimazione, e gli chiede il tempo di mostrargli dove li ha collocati, che gli vien concesso. Allora egli raduna presso la casa del prefetto la turba innumerevole dei poveri poc'anzi soccorsi, e a lui rivolto gli dice : - Ecco i tesori che tu mi domandi. Essi sono collocati negli abiti di costoro, che ho vestiti e coperti; sono collocati nel vitto, con cui da più giorni si vanno nutrendo e togliendo la fame ; sono collocati nelle mani di quei poveri padri e di quelle povere madri, con cui hanno provveduto a sè ed ai loro figliuoli e figliuole ; collocati in mano di quegli orfanelli, che sono le speranze della Chiesa e i futuri cittadini del Cielo. Le mani di costoro hanno già cangiato i danari, che tu ambisci, in brillanti corone, in tesori celesti per tutti quelli, che li hanno regalati alla Chiesa : Facultates Ecclesiae, quas requiris, in coelestes thesauros manus pauperum deportaverunt. Così il gloriosissimo Martire.
Uditori carissimi, badate a voi. Tempi minacciosi si avvicinano : i beni dei ricchi sono adocchiati, e forse non è lontano il giorno, in cui mani violente si proveranno a scaricarneli. Salvateli a tempo, collocandoli in luogo dove giungere non possa la rapacità disonesta ; salvateli, convertendoli in marmi, in colonne, in altari, in chiese del Dio vivente ; salvateli, formandone asili di carità per giovani raminghi e abbandonati, in pensioni per poveri chierici, in patrimonii per sacerdoti, che saranno salvatori di anime ; salvateli, premettendoli in Cielo per le mani dei poveri. Verrà forse il fallimento, verrà il disastro, verrà la comune, verrà anche solo l'esattore a cercare le vostre sostanze più o meno superflue, e voi col sorriso in sulle labbra potrete allora rispondergli : - Le sostanze, che tu ricerchi le mani dei poveri le hanno di già portato nei tesori celesti : Facultates, quam requiris, in coelestes thesauros manus pauperum deportaverunt.
INSIGNE COOPERATORE SALESIANO DI S. NICOLAS S. Nicolas de los Arroyos, 21 dicembre 1885.
W. Maria.
MOLTO REV. SIG. DIRETTORE,
Le comunico, per incarico del mio caro signor Direttore una notizia assai dolorosa; il sig. Francesco Montaldo, nostro cooperatore modello, il Benefattore, il Padre dei Salesiani di S. Nicolas non è più; il venerdi 18 del mese di dicembre p. p. alle 9 del mattino, quasi senza agonia, circondato dai fratelli, dalla sua numérosa famiglia e dagli amici che non l' abbandonarono un solo istante nella sua breve ma penosissima malattia, spirava la sua bell'anima nel bacio del Creatore, per ricevere, non lo dubitiamo, il guiderdone dei giusti. Nulla abbiamo tralasciato per far sospendere ancora il decreto della sua morte; tutto abbiamo fatto per conservare tra noi l'amico, il padre : le messe, le comunioni, le preghiere furono continue ma a nulla valsero . se il sig. Montaldo era amato dagli uomini, lo era molto più da Dio; gli angeli gli avevano già intrecciata la corona del trionfo colle perle preziose delle sue buone opere e Dio non volle aspettar più oltre per collocarlo sulla sua fronte cristiana. É proprio il caso di ripetere qui il detto della S. Scrittura : « Placita erat Deo anima illius: propter quod properavit educere illum de medio iniquitatis. » La sua morte fu, come doveva esserlo, lo specchio della sua vita; era vissuto bene e morì bene; era vissuto cristianamente e santamente ed ebbe una morte cristiana e santa.
Dal momento in cui conobbe che il male si andava aggravando e che i medici raccolti in consulta manifestavano serti timori di non poterlo salvare, volle, senza tardanza aggiustar tutti i suoi affari temporali, per potere, come egli diceva, pensare unicamente al gran negozio dell'anima sua ed a suoi futuri ed eterni destini. Da quel momento non ebbe più nemmeno un pensiero per la terra e per tutto ciò che lasciava. Volle benedire, uno per uno, tutti i membri della sua numerosa famiglia, ed a tutti lasciò un pensiero, un ricordo che loro rimarrà certamente impresso nel più profondo della mente e del cuore. Non solo era interamente rassegnato alla santa volontà di Dio, ma anche animava gli altri, recitando frequentemente e con voce forte, affinchè lo udissero, quelle parole di Gesù Cristo: Sia fatta, o Signore, la tua volontà e non la mia. Fuvvi un momento in cui non fu possibile frenar le lacrime, quando con voce supplichevole ed interrotta dai singhiozzi volle domandare umilmente perdono a tutti gli astanti di tutto ciò che avesse potuto fare o dire contro di loro, volontariamente o contro sua volontà. E che cosa dovevano perdonargli, se solamente avevano ricevuto benefizi da lui? Se tutta la sua lunga vita era stata impiegata nel far del bene a tutti, insegnando loro colle parole e più cogli esempi la pratica della virtù, il cammino della santità? E tuttavia per contentarlo e tranquillizzarlo fu necessario assicurarlo che tutti gli perdonavano di cuore e che a loro volta gli domandavano perdono, se in qualche cosa l'avessero offeso. Fin dai primi giorni della malattia egli stesso domandò che gli si amministrassero i SS. Sacramenti, che ricevette con una pietà, con un fervore, con una fede che lasciò ammirati persino coloro che lo conoscevano intimamente.
Non debbo tralasciare una circostanza che dipinge al vivo il cristiano. La domenica 13, alle 9 1/2 di sera gli venne uno svenimento e si credette che morisse. Non avendo ricevuto ancor la santa comunione, appena potè parlare : Presto gridò, presto il Signore e l'Estrema Unzione. Venne un uomo a cavallo ad avvisarci. Il Direttore partì immediatamente a tutta corsa, mentre si preparava la vettura nella quale portammo poco dopo il santo viatico. Appena il Direttore arrivò al suo letto : Mi porta il Signore ? dimandò con ansietà, mi porta il Signore ? Sì, caro sig. Francesco, fra pochi momenti arriverà. Alzò allora gli occhi e le mani al cielo e, grazie, disse, grazie, mio Dio. Oh! che paura aveva, che gran paura di morire senza comunione; e coprendosi il volto colle mani per nascondere le lacrime, grazie, mio Dio, andava ripetendo. Il Direttore e gli astanti si sentivano commossi alla vista di una fede così viva e di un amore così ardente a Gesù Sacramentato.
Temendo di morire improvvisamente, manifestò il desiderio di essere assistito continuamente da alcuno dei nostri sacerdoti e noi di buon grado non l'abbandonammo un solo momento nè giorno nè notte, durante gli otto giorni della sua malattia. Di quante scene commoventi non fummo spettatori in questo tempo! Soventi volte ci pregava che gli facessimo qualche divota lettura che si sforzava di ripetere con voce debole. Siccome soffriva molto, lo esortavamo frequentemente a sopportar con pazienza i suoi dolori col pensiero di Gesù Crocifisso : « Coraggio, sig. Francesco, soffra tutto per Gesù; unisca i suoi patimenti a quelli di Gesù; » « Oh! si, sì esclamava subito in italiano : Voglio soffrir tutto per Gesù: datemi forza, Gesù mio » Quindi avvicinava alle labbra il crocifisso che teneva tra le mani e lo baciava una, due, tre e più volte, ma con una passione, un ardore tale che inteneriva tutti coloro che erano presenti: poi lo collocava sul suo cuore e se lo stringeva tanto come se avesse voluto farselo entrare nel petto. Altre volte lo mostrava agli astanti e col sorriso sulle labbra, « eccolo qui, diceva, eccolo qui il mio Dio il mio Salvatore e Redentore » e lo contemplava per lungo tempo come rapito in estasi, per ritornare a baciare ad una ad una tutte le sue piaghe. Correndo numerosissimi i suoi amici a visitarlo e domandandogli di sua salute, siccome non poteva parlare se non con molta fatica, si contentava di alzar gli occhi e le mani al cielo e baciava il crocifisso quasi dicesse loro : Colà me ne vado e questo sarà il mio compagno e la mia guida in questo lungo viaggio. Ed in quei momenti come resistere e non piangere? Oh! di quante dolci lacrime non fu testimonio quella camera in cui giaceva moribondo il nostro sig. Francesco!
Insomma sì può ben dire che questi otto giorni furono una continua missione, durante i quali a tutti predicava colla muta ma eloquentissima voce della sua pazienza, rassegnazione e conformità illimitata colla volontà di Dio ! E che ardente desiderio aveva di morire ! Avendo saputo che facevamo un solenne triduo di Messe con Benedizione a Maria Ausiliatrice per ottenere dal cielo la sua guarigione, una notte mi disse : Padre io so che non volete che io muoia; ohi perché mi priverete della consolazione di andare in paradiso ? Lasciatemi, lasciatemi fare caro sig. Francesco, gli risposi; è vero che facciamo tutto il possibile per non lasciarlo partire : ma con una condizione... « Mi capì e soggiunse : Allora, si: sia fatta la santa volontà dì Dio. Quella mattina prima di ritirarmi gli dissi : sig. Francesco vado a offrire il S. Sacrifizio per lei; che cosa vuole che domandi in particolar al Signore? Riflettè per un minuto poi disse : che mi conceda la pazienza, la perseveranza e la sua santa grazia. »
Per dir il vero, quantunque il male andasse in aumento, ed il povero infermo si indebolisse sempre più di giorno in giorno, non disperammo giammai di salvarlo. Conosciamo per esperienza la bontà e potenza di Maria alla quale lo avevamo raccomandato per dubitare di Lei : e le nostre speranze crebbero nella notte del lunedì: durante quella notte il sig. Francesco parlava con voce più forte, quasi naturale e senza molta fatica ; il fuoco interno che lo consumava era diminuito tanto, da non esser più necessario il ghiaccio dei giorni precedenti, e noi, fidandoci della apparenza, realmente speravamo assai. Ma presto svanirono le nostre speranze ; quel miglioramento non era che l'annunzio della vicinanza della morte. Infatti verso le 9 ant. del venerdì contro l'aspettazione dei medici che avevano predetto una lunghissima agonia, quando men si pensava, il paziente entrò in agonia. Non si turbarono neppure gli assistenti, credendo esser quello un momentaneo svenimento, effetto della sua estrema debolezza : tanto più che cogli occhi fissi in alto come se fosse testimonio di una visione, andava ripetendo : « Oh! come è bella! Guardatela la nostra Madre, guardatela : come e splendente. » Poco appresso cessò di parlare, cessò la respirazione ed ogni movimento che indicasse ancora la vita. Durante quella dolcissima estasi, la sua bell'anima si era sciolta soavemente dai legami che la vincolavano per volare al seno di Dio. In breve tutta la città seppe la triste notizia, e gran numero di persone si portavano alla casa del defunto per dar l'ultimo addio a colui che avevano tanto stimato ed amato invita. La recita del S. Rosario continuò quasi senza interruzione durante tutta la notte : e Iddio avrà sicuramente ascoltato quelle preghiere che da cuori pieni di gratitudine salivano al suo trono e domandavano il riposo eterno del nostro caro defunto.
Ma fu al mattino seguente che il sig. Montaldo riceveva la prova migliore di stima, per la quale conoscemmo quanto era amato e stimato da tutti. Tutta la numerosissima colonia italiana, senza nessun special avviso, accompagnò il cadavere fin alla sua ultima dimora. Quantunque fosse lunghissimo il tratto da percorrersi per giungere al cimitero, i nostri buoni italiani vollero per sè l'onore di portare a mano il cadavere. Poche volte si era visto in S. Nicolas un accompagnamento funebre sì numeroso. Giunti al cimitero il Mons. Ceccarelli Parroco di S. Nicolas benedisse la tomba e tra la commozione generale recitò sul cadavere le preghiere dei defunti. Non ebbe discorsi quel modesto funerale: nè lo voleva nè lo abbisognava il defunto, ma ebbe lacrime e numerosi elogi spontanei e per certo meritati.
Sig. Direttore ! Il sig. Francesco Montaldo uno dei nostri più zelanti cooperatori, l'amico sincero, il padre affettuoso, il cristiano perfetto ha lasciato per sempre questo misero esiglio per andar ricevere il premio della sua virtù. Ma ci consola il pensiero che non ci ha abbandonati del tutto : egli vive tuttora tra di noi colla sua venerata memoria; vive negli esempi che ci ha lasciato e nel ricordo delle virtù che ha praticato in grado eroico. Noi non dimenticheremo mai questi esempi, queste virtù : sono e saranno la più bella eredità, il patrimonio più ricco della numerosa famiglia che gli sopravvive , e parteciperanno anche di questa eredità tutti coloro che lo conobbero ed amarono in vita. « Non recedet memoria ejus, et nomen ejus requiretur a generatione in generationem, ha detto il savio parlando dell' uomo giusto : così sarà del nostro amatissimo Montaldo. No, la sua memoria non si cancellerà dalla nostra mente, non passerà col tempo ma vivrà più di noi; e la colonia italiana ricorderà sempre con santo orgoglio che il suo fondatore fu un uomo integerrimo, un amico sincero, un consigliere un vero padre: Francesco Montaldo.
Felice la casa salesiana che potrà annoverare nel numero dei suoi benefattori, dei suoi cooperatori, uomini di zelo, di cuore e di fede come il Montaldo! Felice il cooperatore che giunto al termine della sua carriera mortale potrà avere una morte sì dolce, sì rassegnata, sì santa ed invidiabile come questa!
Sig. Direttore: raccomandi alle orazioni, dei buoni cooperatori italiani l'anima del nostro caro sig. Francesco, affinchè aiutata da questi suffragi, e pienamente soddisfatta , se ancora non lo fosse, la divina giustizia, sia ammessa negli eterni tabernacoli della gloria, per godere eternamente della vista di quel Dio che tanto ha amato in vita.
D. EvAsio RABAGLIATI.
Ai primi di Gennaio giungeva al Sig. D. Bosco una lettera in cui raccomandavasi alle sue preghiere ed a quelle dei suoi giovanetti un infermo colpito di polmonite. D. Bosco subito rispose assicurando preghiere. Ora ecco un'altra lettera che narra quanto siano efficaci le preghiere fatte alla nostra buona Madre e nostro Aiuto Maria SS.
T. Corte presso Troncano 12. 1. 86. Molto. Rev. Sig. D. Bosco.
Coll'animo ricolmo della più sentita riconoscenza verso M. SS. Ausil. vengo a narrarle la grazia, che a lei dobbiamo:
Era l'ottavo giorno della malattia di Papà e benchè passata la settimana, il caro infermo non dava segni di miglioramento. Aspettavamo tremando la crisi che avrebbe risolto in bene od in male il terribile malore, quando mi giunse la pregma sua. Posso con ragione chiamarla la Provvidenza di Dio, giacchè la sera dello stesso giorno i medici constatavano un principio di traspirazione, circostanza indispensabile per la buona risoluzione di questa malattia e che fin allora non si era potuto ottenere; ed il domani con loro estrema sorpresa trovarono il male completamente scomparso. Le faccio notare che negli anni scorsi
Papà era già stato colpito due volte da questa brutta polmonite. Anche allora andò in fin di vita, ma per grazia di Dio fu salvo benchè ne avesse per più mesi. Ed ora alla sua avanzata età, la ripetizione della malattia con sintomi abbastanza gravi, faceva temere una catastrofe, che sarebbe giunta senza l'intercessione potente di M. A. I medici, non si sapevano spiegare questa repentina guarigione, ma lo sapevamo ben noi e dal profondo del nostre cuore benedicevamo Dio e M. A. che non lasciano mai senza soccorso chi ad essi ricorre con fiducia.
Favorisca Sig. D. Bosco, render nota ai Coop. Sales. la tenerezza, la bontà e misericordia di M. A. verso di noi, come pure la nostra sentita riconoscenza verso di Lei, pubblicando nel Bollettino S. la grazia che ricevemmo e ciò per soddisfare alla nostra promessa. Spero che sul finir di Marzo potremo recarci costì con Papà per portarle la nostra offerta e ringraziare Maria SS. nel suo santuario : e Lei che colle sue preghiere e quelle dei suoi cari giovanetti sforzò il cielo a conservarci sì preziosa esistenza.
Perdoni RevmO D. Bosco se mi dilungo troppo e creda alla mia sincera riconoscenza ! Che il Signore continui a colmarlo delle sue benedizioni.
Con la massima stima mi professo
D. V. S. M. R.
Devma serva
ENRICHETTA TAVALLINI
Il 2 Marzo il Sig. Tavallini fu in grado con tutta la famiglia di esternare la sua profonda riconoscenza a M. SS. nel suo santuario e depose una generosa offerta nelle mani del Sig. D. Bosco. Che il Signore ricompensi largamente la sua carità, e Maria Aiuto dei Cristiani continui a tener lui, e la sua amata e pia famiglia sotto il materno suo manto.
Carmen de Patagones, 12 novembre 1885 CARISSIMO SIG. DIRETTORE,
Il mattino del giorno 4 novembre Mons. Cagliero con l'intrepido D. Milanesio e con Zanchetta partiva per varie colonie a qualche lega distante da Patagones. Il governatore Generale Winter mandò gentilmente un soldato che gli servisse di guida e nello stesso tempo ordinava ai comandanti dei diversi posti di favorire il Vescovo nella sua missione, che durerà quindici o venti giorni. Di giorno regna un eccessivo calore e in tutto il campo fino alle Cordigliere non s'incontra un albero di due metri di altezza.
Ciò non ostante , in mezzo a non pochi disagi, strapazzi e privazioni, Monsignore continua a godere ottima sanità: O quam bonus Deus!
Intanto non voglio tralasciare un lepidissimo fatto accaduto circa un venti giorni fa. Mentre terminavamo di pranzare, scompare dal refettorio il nostro Z... (egli è matto per i cavalli); che è, che non è, eccoti dopo dieci minuti un vigilante ad annunziarci ridendo, che el famillar de su Señoria esta en la carcel. Questa notizia che in altri tempi ci avrebbe rattristati, ci mosse invece ad una generale ilarità. I giovani stessi ridevano proprio di gusto. Ecco il fatto.
Z... era uscito di refettorio per esercitarsi qualche minuto sul cavallo senza essere osservato. Udendo però il rumore dei giovani, pensò meglio di uscir dal cortile, e così come era, senza nulla in testa, senza sella nè drappo, spinse il cavallo fuori, e giù al galoppo per la vasta piazza di fronte alla Chiesa. Ma oh fatale incontro! Una guardia o vigilante, vistolo in tal condizione che mal reggevasi in arcione, credendolo un dei tanti soliti Gauchos Boraches, si spinse dietro a lui col suo cavallo, e gli intimò l'arresto.
Povero Z... ! In quell'istante quei che lo videro, dicono che diventò pallido pallido come un cencio lavato, e senza aprir bocca s'accinse ad obbedire. Ma qui stava il busillis! Il cavallo che conosceva forse di non avere torto alcuno ed avendo tuttavia da terminare il suo pasto frugale, non s'arrendeva alle esortazioni del cavaliere, e resisteva e s'impennava, nè voleva ad ogni costo essere prigione. Convenne al cavaliere discendere e prenderlo amichevolmente pel morso, pregandolo a titolo di amicizia di seguirlo. Buon cuore di un cavallo!
Lo seguì e rimase in carcere per circa una mezz'ora. Intanto si mandò una persona al comissario, il quale avendo conosciuto che il nostro cavaliere era tanto innocente come il suo ronzino, li rilasciò liberi entrambi, solo premonendo Z... che la legge proibisce di correre a galoppo nel luogo abitato. Z... ed il cavallo ritornarono ai proprii lari e furono ricevuti a festa e a suon di trombone. Z... in carcere però si fece tanto onore come il cavallo , poiché , dice egli stesso , essendo proprio quella l' ora del pasto , volle egli pure la sua parte di assado e se la mangiò con appetito, sebbene da solo una mezz'ora avesse terminato il pranzo.
Tanto coraggio infonde la coscienza del sentirsi puro! Dopo questo fatto però sbollì un poco il suo ardore per la cavallerizza, e quando deve uscire di casa sempre raccomanda ai compagni di non correre a galoppo , se no.... ed egli per conto proprio tiene le redini ben tese e sta fermo in arcione come un... trionfatore.
2 di dicembre 1885.
Monsignore è tra noi sano e salvo, vegeto, allegro e sufficientemente soddisfatto dell'esito della sua Apostolica prima missione in Patagonia. Ritornò la mattina di S. Andrea Apostolo 30 di novembre p. p.
Egli e noi con lui ci persuadiamo ogni giorno più della grande verità, che per poter fare un po' di bene in queste povere colonie e tribù, il Missionario ha stretto bisogno di molti mezzi materiali.
Egli può bensì mettervi del suo i disturbi, le fatiche, la fame, la sete e qualche cosa d'altro, ma se non ha buoni cavalli, se gli mancano le guide, se difetta di arredi sacri, se non può portare seco e distribuire nelle famiglie qualche quadretto, immagini, corone, medaglie, e se, richiestone da taluno, non ha un libro buono e di preghiera da lasciare come missionario continuo in sua vece, chepuò fare di bene? E di queste cose, (che pur qui costano un occhio) noi siamo sprovvisti quasi affatto, senza saper ove rivolgere le nostre mire, privi come siamo affatto di mezzi, e carichi, tracarichi di debiti. Una cosa sola vale a mantenere in noi la lena, a proseguire innanzi, ed è la speranza nella D. Provvidenza ed in Colei che di essa è Madre. Sì speriamo che il Signore, come sempre, muoverà pure in quest'anno novello molti dei nostri Cooperatori e Cooperatrici Salesiane a venire ìn aiuto di questa missione.
Molto hanno già fatto i Missionarii in poco tempo per mezzo dei soccorsi avuti da cotesti ottimi Cooperatori , e molto più ci promettiamo di fare in quest' anno che sta per cominciare. Monsignore ha in cuore grandi cose e a quando a quando ne dice qualche parola; ma, conchiude subito, attendiamo la Provvidenza ! D. Fagnano sta disponendosi per la partenza. In gennaio o febbraio salperà da Buenos Ayres per Punta Arenas e di là per le Malvine. Che farà egli in queste terre? Con quali mezzi darà principio alla sua Prefettura Apostolica? Che cosa potremo noi dargli di qui se neppur sappiamo trovar modo di uscir dagli impacci? la Provvidenza ci penserà!
Non dico nulla dei bisogni di personale! Per essere la messe abbondantissima, è troppo scarso il numero dei mietitori, le loro forze vengono meno sensibilmente e diminuisce il loro numero. Si adoperi lei, Carissimo Sig. Direttore , getti in mezzo ai nostri cari giovanetti dell' Oratorio una scintilla di amore per tanti loro compagni che attendono dall'Italia, da Torino, dall'Oratorio di san Francesco di Sales quella mano pietosa , che li aiuti a percorrere sicuri il retto cammino della verità e della vita.
4 dicembre 1885
Riattacco la corrispondenza per annunziarle che ieri sera alle 5 1/2 partì D. Milanesio con D. Panaro e l'aspirante Forcina per una novella missione di tre o quattro mesi su pel Rio Negro, a Rosa, Neuquen, Limay e Malbareo fino alle Cordigliere, ove arriveranno fra un mese circa, percorrendo la distanza di 300 e più leghe ossia 900 miglia circa. Dopo gli Esercizi Spirituali di Buenos Ayres, ritornando Monsignore qui pensa di andarli a raggiungere colà per vedere se vi fosse modo di formare in Malbarco un Centro od una residenza. Qui si vedrà la chiesa intitolata al SS. Sacramento, secondo la pia intenzione di una insigne benefattrice.
Preghiamo per i nostri valorosi Confratelli affinchè nulla incontrino di male e possano invece fare molto ma molto bene in quelle povere Colonie. Le Missioni ora si possono dire aperte ufficialmente e canonicamente.
21 dicembre 1885
Il giorno 8 dicembre passato fu uno dei più belli per la nostra Missione.
Sentendosi riposato Monsignore, predicò il triduo in preparazione alla solennità di Maria Immacolata.
La nostra nuova chiesa quantunque non terminata, faceva bella mostra di ornamenti e tapezzerie e sopra di un trono maestoso e splendidamente illuminato primeggiava la bellissima statua di Maria Immacolata regalataci dalla pietà dell'Illustrissimo Sig. M. de Farcy di Rennes.
La vigilia della festa lavorammo tutti, chi in preparare il canto e chi il suono; ed i confessori per disporre le anime a ricevere il Pane degli Angioli. - Monsignore confessò quasi tutto il mattino ed il dopo pranzo. Spuntata l'alba del bel giorno, le nostre tre campane suonando a festa infondevano santo giubilo nei cuori divoti della Vergine Immacolata o come dicono qui della Pura y Limpia. Si confessò ancora assai e Monsignore, uscito verso le 8 dal Confessionale, si portava all'altare, aspettato dal piccolo Clero e dal servizio per celebrare la Messa della Comunione Generale.
E che bello spettacolo ! La nostra modesta chiesetta si trovò questa volta piena zeppa di gente. In una cappella laterale che serve pure di sacrestia erano tutti i giovanetti del nostro ospizio e Collegio; presso al trono di Maria Immacolata un numeroso stuolo di giovanette Figlie di Maria vestite di bianco-celeste, tra le quali figuravano una ventina di quelle della Prima Comunione cui cingeva la fronte una corona di bellissimi fiori. Erano gli angioli della terra che con gli angioli del cielo faceano nobile corteggio per onorare la loro comune Madre e Regina. Il popolo riempiva il resto della navata contemplando attonito questo spettacolo di divozione per lui raro e nuovo.
La S. Messa fu accompagnata con divote preghiere, recitate ad alta voce e seguita da un caldo sermoncino di Monsignore, dal cui volto traspariva la soddisfazione e l'interna sua gioia per sì bella e numerosa comunione, fatta dalle anime più semplici e dai cuori più puri.
Fra le venti prime comunioni di giovanetti e giovanette si notò quella di una ragazzina di poco più di 7 anni e mezzo.
Un giorno che Monsignore visitava le scuole e parlava alle alunne della S. Comunione, essa manifestò con ansia il desiderio di farla ella pure con le sue compagne. Monsignore sorridendo le disse : - Ah! carina! tu sei ancora troppo tenera; la farai quando las guindas (le nostre griotte) sieno mature. - La cosa passò senz' altro così, e più nessuno ci pensava, come era naturale; ma non nella mente e nel cuoricino della piccola fanciulla, la quale con sorpresa di tutti, l'antivigilia della festa porta alla Madre Superiora, dos bellas guindas di fresco staccate dalla pianta, dicendo: Le mostri a Monsignore perché veda che sono mature e mi lasci quindi fare la S. Comunione.: La parola era data, la condizione si era verificata... Che fare?... Fattole dare un poco di esame la si trovò più che preparata ed istruita pel grande atto e le si permise di fare insieme colle sue piccole compagne la sua Prima Comunione. Che santa semplicità! Come si trovò bene Gesù in quell'anima candida ed innocente!
Queste solennità, svegliano non poco il sentimento religioso in questa popolazione, ed ai neofiti danno un'alta idea della nostra Fede Santissima, che mentre tende a sollevarci sempre più al Cielo, sempre più ci distacca da questa bassa e miserabile terra!
21 dicembre 1885
Ieri e nei due. giorni precedenti abbiamo avuta una terribilissima tempesta ! Avesse visto il Rio; che onde! Pareva il mare in burrasca... si aggiunsero a un tratto ben 14 trombe di terra. In Viedma una di queste esportò una casa di campo ! Che spettacolo ! La pioggia dirottissima spinta dalla bufera inumidiva le pareti delle case di fango, e noi dobbiamo lamentare in Carmen la caduta di nove di esse. Due pareti del nostro cortile furono diroccate per la lunghezza di più che 10 metri e all'esterno fu scrostata tutta la facciata della casa. In Viedma ebbero il cortile allagato tanto da potervisi andare in barca. Si mossero alquanto i due campanili delle chiese sicché occorrono nuove riparazioni e nuove spese. Da ben 15 anni nessuno ricorda una bufera simile e tanto lunga! Tre giorni e tre notti. Tuttavia non si hanno fortunatamente a lamentare vittime umane. Oggi il tempo è bellissimo e calmo che pare d'essere in Italia. Concludo questo mio giornale perchè il corriere sta per mettersi in viaggio.
Monsignor manda i suoi affettuosi saluti al Carissimo padre D. Bosco, a D. Rua e a tutti i Confratelli e giovanetti.
Affm° in Domino D. ANTONIO RICCaRDI BIBLIOGRAFIA
Rimangono presso la Libreria Salesiana alcune copie dell'opera del Padre Giordano intitolata: La Missione, o Temi facili e popolari per Esercizi e Missioni.
Ricordiamo ai nostri lettori la specialità di questo libro. Quella, imprima, di adattare, per quanto possibile, gli argomenti ed il metodo di Sant'Ignazio alle intelligenze anche meno elevate del pubblico. E quella, in seguito, di mirar sempre nello svolgimento delle massime alla riforma e conversione delle anime, penetrandovi per la via più spedita del cuore.
Que' Sacerdoti impertanto che, nell'occorrenza del presente Giubileo, venissero ricercati per dettar Esercizi o Missioni, ma che, sopraffatti da altre cure del ministero, non avessero avuto agio né tempo per ultimare lavori a quel uopo, sono quì prevenuti, che, con l'aiuto del predetto libro, facilissimo ne' suoi temi per l'ordine ed i pensieri, potrebbero, anche presto, riforbir le loro armi, e, con le benedizioni di Dio, entrar in campo felicemente.
Il vol. di circa 600 pag. in-16°
Si manda franco per la.posta a L. 3 50
401 None D. Filippo, Can. - Torino.
402 Novaresio D. Gregorio, Prev. - Villamiroglio (Alessandria).
403 Nurri P. Fedele - Masullas (Cagliari). 404 Oberosler Giuseppe - Trento (Austria-Tirolo).
405 Operti Giacomo - Torino.
406 Ortu D. Francesco, Vic. Pari-. - Situala (Cagliari).
407 Ottone D. Pietro Paolo, Prev. - Bellinzago (Novara).
408 Pacchiotti D. Giacinto - Giaveno (Torino). 409 Pace D. Giuseppe, Prof. - Racconigi (Cuneo).
410 Padre Giovanni della Croce - Loano (Genova).
411 Padre Mareello - Novara.
412 Paganoni D. Agostino, Prev. - Bergamo. 413 Pagliari Rosa - Castellamare di Stabia (Napoli).
414 Palazzo Lucia - Bagnolo Po (Cuneo).
415 Palermo D. Vincenzo - Nusco (Avellino). 416 Pampado Luigi - Pincara (Rovigo).
417 Pampirio Pio Filippo - Boscomarengo (Alessandria).
418 Panciera D. Giovanni - Schio (Vicenza). 419 Paolini D. Giuseppe, Parr. - Baggio (Firenze).
420 Papanti Cav. Vittorio - Voltriano (Pisa). 421 Parietti D. Luigì, Parr. - Credaro (Bergamo).
422 Parodi Colomba - Genova.
423 Parodi Giovanni - Roneo (Svizzera-Canton Ticino).
424 Parodi Teodoro - Ronco (Svizzera-Canton Ticino).
425 Paseto Teresa - Soave (Verona).
426 Patriarca D. Antonio, Can. Vie. gen. - Vercelli (Novara).
427 Patroni D. Raffaele - Bagnoli Irpino (Avellino).
428 Patuzzi D. Francesco, Pari-. - Tenno (Austria-Tirolo).
429 Pederzoli Francesco - Angone (Brescia). 430 Pellegrinetti D. Carlo, Prep. - Sillicano (Massa Carrara).
431 Pellegrini Giovanna - Trento (AustriaTirolo).
432 Pellerino Giuseppe - Torino.
433 Pellizzari D. Giuseppe, Arcip. - Asigliano (Vicenza).
434 Perabò D. Agostino - Milano.
435 Perbellini Mons. Luigi, Can. Arcip. - Verona.
436 Peretti Giovanni - Cardè (Cuneo).
437 Peri D. Giuseppe - Sesto San Giovanni (Monza).
438 Perletti D. Francesco, Conte - Piacenza. 439 Perlo Maria - Caramagna (Cuneo).
440 Perotti Rosa - Castelnovo Calcea (Alessandria).
441 Perrucchetti Giuseppe , Parr. - Cadrezzate (Como).
442 Pesce. Matteo - Mombaruzzo (Alessandria)
443 Pesce Vincenza - Salerno.
444 Pescolonna Giovanni - Chieri (Torino). 445 Petrini D. Pietro - 1Ylorsingo (Alessandria).
446 Peyrolo D. Luigi, Prev. - Bruzzolo (Torino).
447 Pezzia D. Antonino, Prev. - Piatto (Novara).
448 Pezzotti D. Angelo, Arcip. - Vttiana (Perugia).
449 Piadeni D. Giuseppe, Pari-. - Viconago (Como).
450 Piano Anna Maria - Caramagna (Cuneo). 451 Pigliasco Giulia - Saliceto (Cuneo). 452 Pignatta Catterina - Torino. 453 Pinarni Anna Maria - Rossiglione (Genova). 454 Pini D. Gaspare, Rett. - Monte Aceraia (Firenze).
455 Pini D. Ottavio, Prev. - Coi-lo (Modena). 456 Pinna Pietro, Prof. - Nuoro (Sassari). 457 Piobesi Lucia - Piobesi (Torino). 458 Piras D. Dionigi, pro-Pair. - Lunamatrona (Cagliari).
459 Pistorino Maria - Incisa Belbo (Alessandria).
460 Pitti Cont. Maddalena - Firenze. 461 Pojachi D. Luigi - Lodi (Milano).
462 Poponi Gioacchino - Montecatini (Lucca). 463 Porru D. Sebastiano, Pari-. - Belvi (Cagliari).
464 Pozzati D. Egidio, Cur. - Cis (Austria Tirolo).
465 Prete Rosa - Trisobbio (Alessandria); 466 Prioli D. Michele - Corniglio (Parma). 467 Priotti D. Giacomo, Prev. Vic. For. - Bra (Cuneo).
468 Puggelli Sac., Par-. - Grignano (Firenze). 469 Pulin D. Luigi, Cappell. - Montebelluna (Treviso).
470 Puppa D. Livio - Ariano (Udine).
471 Puxeddu D. Francesco, Vice Pari-. - Arbus (Cagliari).
472 Quadrio D. Camillo - Pinerolo (Torino). 473 Queirolo D. Nicolò - Rapallo (Genova).
(continua).