ANNO VI. N. 3. Esce una volta al mese MARZO 1882.
Direzione nell' Oratorio Salesiano. -Via Cottolengo. N. 32, TORINO
SOMMARIO - Relazione sulla festa di San Francesco di Sales e sulle Conferenze dei Cooperatori - D. Bosco a Tolosa - Lavori compiutisi nella Chiesa del Sacro Cuore sino all' ultimo passato dicembre - Per la prossima apertura della Chiesa di S. Giovanni Evangelista - Premiazione pel Catechismo a Roma - Una Festa nell' Oratorio di S. Croce in Lucca - Scuole gratuite in Montevideo dirette dai Salesiani - Giubileo parrocchiale -- La Chiesa del Sacro Cuore e la Diocesi di Trento - Suor Maria Mazzarello - Storia dell'Oratorio di S. Francesco di Sales - Una disgrazia - Società Apostolica Istruttiva - La povertà ricca d' opere generose - Disegno della Chiesa del Sacro Cuore - Indulgenze.
Nei passati giorni da molte lettere abbiamo appreso con immensa gioia del nostro cuore la particolare divozione , colla quale in varie città e paesi i nostri Cooperatori e Cooperatrici celebrarono la festa del glorioso nostro Patrono S. Francesco di Sales. Fu uno spettacolo veramente consolante. Imperocchè in più luoghi essi non si contentarono di celebrarla privatamente e da soli; ma postisi d'accordo coi rispettivi Parroci si adoperarono che vi fosse una festa apposita, con Messa solenne e discorso analogo, e che vi prendesse parte tutta la popolazione. Così a mo' d'esempio, per tacere di tanti altri, si fece nel paese di Penango per lo zelo del degnissimo Parroco, il quale, perché più splendida riuscisse la solennità, ne diede avviso al suo popolo nella Domenica innanzi, volle che la Messa parrochiale fosse cantata in musica, e chiamò a tessere le lodi del Santo un distinto ecclesiastico del Monferrato, il Vicario Foraneo di Callìano.
Nulla diciamo del modo , onde la festa fu celebrata nei varii nostri Collegi; nulla delle solennità, che ebbero luogo nelle Chiese e pubbliche Cappelle annesse alle Case Salesiane; nulla della magnificenza, colla quale venne solennizzata in Torino, nel Santuario di Maria Ausiliatrice, dove il concorso del divoto popolo eguagliò quello delle primarie feste dell'anno.
Splendidamente più che altrove l'amabilissimo nostro Santo fu onorato nella Cappella provvisoria del Sacro Cuor di Gesù in Roma. Ci basti il notare che nel mattino vi celebrò la Messa della Comunione generale Sua Eminenza Reverendissima, il Signor Cardinale Gaetano Alimonda, il quale vi si prestò con una bontà superiore ad ogni encomio; nelle ore pomeridiane vi predicò e fece un mirabile panegirico Sua Eccellenza Reverendissima, Mons. Antonio Maria Grasselli, Arcivescovo di Colossi; e pose la corona alla funzione Mons. Gaspare Mermillod, Vescovo d'Ebron in partibus infidelium, e Vicario Apostolico di Ginevra, inclito successore di S. Francesco, e da 7 anni vittima illustre della persecuzione ed esule dalla sua sede.
Quello che si fece in Italia venne pur fatto nella Spagna ed in Francia. Ad Utrera la festa del nostro Santo si celebrò per la prima volta nella Chiesa della Madonna del Carmine con una pompa, che rapì a meraviglia e commosse tutta la città. Vi predicò nella novena e nella festa il Dottor D. Vincenzo De Manterola, Canonico di Malaga, il più eloquente dei sacri oratori di Spagna ; e con singolare bontà vi si recò a pontificare l'Eccellentissimo Mons. Marcello Spinola, Vescovo di Milo, ed ausiliare dell'Arcivescovo di Siviglia. Questi poi, per un tratto di speciale benevolenza, all' indulgenza plenaria, concessa dal Papa, degnavasi di aggiungere l'indulgenza parziale di 80 giorni a tutti i fedeli, che visitassero la Chiesa amministrata dai Salesiani.
Nel giorno della festa la spaziosa Chiesa si fece incapace di contenere la moltitudine accorsa. E quello che fu pure edificante si è che il Municipio di Utrera volle assistere alla sacra funzione, accompagnato da tutti i suoi dipendenti in abito di gala, ed elargì una buona limosina per sopperire alle spese occorrenti.
Con non minore solennità la festa medesima fu celebrata nelle nostre Case di Francia, soprattutto nell'Oratorio di S. Leone a Marsiglia.
In questa guisa si ottenne che S. Francesco di Sales fosse vie meglio conosciuto ed onorato dal popolo cristiano; si ottenne che venissero poste sempre più in chiara luce le sue opere, le sue virtù, i suoi meriti; si ottenne che un maggior numero di fedeli, innamorato di lui, se lo prendesse a protettore e modello ; si ottenne insomma di riaccendere in molti la fede, fomentarne la cristiana pietà, e stimolarli più efficacemente ad operare la propria e l' altrui santificazione.
Non meno esemplare e confortante fu la premura colla quale, in moltissimi luoghi , si tenne la Conferenza dei Cooperatori e delle Cooperatrici ad onore del Santo. Il dirne anche solo per sommi capi ci porterebbe troppo in lungo. Laonde dal fondo del cuore noi ringraziamo i signori Decurioni dello zelo, con cui si sono prestati a quest'opera di religione e di carità ; li ringraziamo delle relazioni che ce ne hanno mandate , le quali conserveremo siccome preziosi documenti della pietà di tante buone persone; li ringraziamo in modo particolare delle limosine che ci spedirono, come pure delle promesse fatteci di adoperarsi di raccoglierne altre nel corso dell'anno, perché i ripigliati lavori della Chiesa del Sacro Cuore in Roma ci mettono in gravi strettezze, e ci fanno ardentemente sospirare i soccorsi della cristiana carità.
Abbiamo sotto gli occhi bellissime descrizioni, che varii nostri Cooperatori e Cooperatrici ci fanno pervenire, intorno alla prefata festa e conferenza di S. Francesco di Sales. Meriterebbero soprattutto di vedere la pubblica luce quelle mandateci da Vicenza, da Cherasco, da Penango, da Trecastagni in Sicilia, da Cremona, da Borgo S. Martino, da Lu, da Stella, da Varazze, e da cento altri luoghi ; ma, per non occupare troppo spazio del Bollettino, le passiamo per ora sotto silenzio, e daremo luogo ad una corrispondenza da Tolosa di Francia alla benemerita Unità Cattolica di Torino , che già la pubblicava nel suo numero 38 dell'anno corrente.
Confessiamo di essere stati alquanto peritosi, se dovessimo qui riprodurre la detta corrispondenza, perché vi si tributano lodi a D. Bosco, al quale i Redattori del Bollettino temono non tornare gradito , che sieno pubblicate ; ma vi ci conforta il pensiero che egli é ormai persona pubblica, e che gli encomii non tanto sopra di lui si riversano, quanto sopra le sue Istituzioni approvate dalla Chiesa, ed accette alla stessa civile società. Del resto lo Spirito Santo insegna bensì di non tributare lodi a sè stesso, ma punto non proibisce di riceverla dalla bocca degli altri : «Ti dia lode la bocca altrui, dice il Savio, e non la tua: » Laudet te alienus, et non os tuum (Prov. XXVII, 2.).
E qui , giacché ci cade in acconcio , diciamo che, per quanto ci sarà possibile , rispetteremo bensì la suscettibilità di taluni, ai quali certe narrazioni di opere buone sembra che non vadano asangue ; ma non intendiamo di portare la delicatezza sino al punto, da bandire dalle colonne del nostro periodico ogni notizia e relazione sul bene, che coll'aiuto di Dio e col soccorso della carità cattolica si va facendo qua e colà. Ecchè? Se i nemici della Religione, allo scopo d'incoraggiare i loro addepti, e attirare dei fautori agli empi loro disegni , per poco che facciano danno tosto fiato alle trombe, e lo tramandano ai quattro venti , dovranno forse i figli di Dio e della Chiesa, sotto il manto di una malintesa umiltà, nascondere il bene, che operano a gloria di Dio e a vantaggio del prossimo? No, di certo ; poiché, se Gesù Cristo proibì di far il bene per esserne lodati, e di porre la nostra gloria sulla bocca degli uomini , in ore hominum, comandò altresì di far risplendere la luce delle buone opere agli occhi degli uomini, affinché questi ne sieno edificati, e ne glorifichino il Padre celeste: Sic luceat lux vestra coram hominibus, ut videant opera vestra bona, et gloriflcent Patrem vestrum, qui in coelis est (Matt. V, 16).
E necessità di così fare vi ha soprattutto in questi giorni, nei quali il demonio, antico bugiardo ed omicida fin dal principio del mondo . per mezzo di giornalacci infami si arrabbata per gettare il fango delle sue brutture sopra di coloro, che attraversano i suoi infernali disegni.
Ecco pertanto la corrispondenza citata ;
Tolosa, 7 febbraio 1882.
« I buoni cattolici di Tolosa in questi giorni ebbero la consolazione d' aver in mezzo di loro quell'uomo di Dio, che è D. Bosco. Da circa un mese egli trovasi in Francia. Passando per Lione, fu meravigliato, fin dalla prima volta che metteva piede in quella grande città, d' incontrarvi tanta simpatia e benevolenza. Monsignor Luigi Guiol, rettore dell'Università cattolica, si tenne onorato di poter ospitare il buon Sacerdote. Molti Cooperatori Salesiani, quelli specialmente, che noi conoscevano ancora di persona, furono ben lieti di poter mettere nelle sue mani stesse il loro obolo in aiuto alle Opere Salesiane.
» Non meno benevola accoglienza egli ebbe a Valence, a Tain, a Tournon. Sempre pronto a compiacere tutti, avrebbe ben voluto accondiscendere alle vive istanze, che gli venivano fatte da molti zelanti Cooperatori, di trattenersi più a lungo con loro; ma i suoi passi erano diretti a Marsiglia, ove l' attendevano colla massima ansietà i suoi figli dell'Oratorio di S. Leone. Si fu nel tempo che egli trovavasi a Marsiglia, che giungevagli una lettera del Cardinale di Tolosa, il quale lo pregava di voler prendere la direzione di un Orfanotrofio, che già esiste in questa nostra città, ma che non può reggersi per mancanza di mezzi e di personale. Come se ciò non I bastasse, per parte di S. E. il Sacerdote Raimondo Julien recossi a Marsiglia, e tanto disse e tanto insistette, che ottenne la promessa che D. Bosco il giorno 5 febbraio avrebbe fatto una i visita all'Orfanotrofio.
» Dopo un viaggio di ben 12 ore, D. Bosco giunse a Tolosa. Credevasi quasi sconosciuto fra noi; vi trovò invece molti Cooperatori ed ammiratori. La novella del suo arrivo erasi sparsa per tutta Tolosa, ed il mattino seguente la Chiesa dell'Orfanotrofio era già piena di signori e di signore, che desideravano di ascoltare la sua Messa, e ricevere dalle sue mani la santa Comunione. Alle 10 Sua Eminenza il Cardinale lo accolse colla massima benevolenza, e si fece promettere d'inviare ben presto i suoi Salesiani a Tolosa. Non potendo poi soddisfare a tutti quelli, che desideravano ascoltare da lui la storia dell'Oratorio Salesiano , egli accolse volentieri l' invito che gli venne fatto di tenere una conferenza nella cattedrale. Era il giorno meno opportuno, essendovi nella stessa ora un importantissimo sermone di carità, detto da Lamothe-Tenet, rettore di quell'Università cattolica; tuttavia l'ampia nave dell'antica nostra cattedrale fu letteralmente stipata, e S. E. volle assistervi in persona, Il numeroso uditorio pendette per ben un' ora dal labbro del predicatore ; non si badava alla parola non sempre propria, alla frase non sempre corretta; era lo spirito del buon Sacerdote, era il suo cuore acceso di carità, che teneva attenti e interessava gli uditori. Ognuno era meravigliato nell'intendere gli umili principii ed il rapido sviluppo dell'opera di D. Bosco. Egli terminò col raccomandare una limosina a favore della Chiesa e dell'Ospizio del Sacro Cuore di Gesù in Roma, la cui costruzione gli fu affidata dallo stesso Leone XIII.
» Le sue parole eloquenti nella loro semplicità trovarono un'eco fedele nel cuore dei buoni Tolosani; ne fu prova la considerevole somma che produsse la questua. In segno di riconoscenza D. Bosco celebrava il giorno appresso una Messa per i suoi benefattori di Tolosa. Alle tre pomeridiane di quel giorno medesimo ebbe luogo un'altra commovente funzione nella Chiesa dell'Orfanotrofio De la grande allée. I Cooperatori Salesiani di Tolosa e molti altri desiderosi d'inscriversi alla Pia Unione si radunarono attorno a D. Bosco, per ricevere una parola d'incoraggiamento e per apprendere sempre meglio la maniera di cooperare coi Salesiani. Fu una grata sorpresa per D. Bosco quando vide giungere il Signor Cardinale, che si degnò presiedere l'adunanza. Vi accorse tutto il fiore del clero, della nobiltà e dei cattolici di Tolosa.
» Colla massima semplicità e chiarezza il buon Sacerdote parlò dell'origine, dello scopo e dei vantaggi della Pia Unione dei Cooperatori Salesiani; raccomandò la limosina a favore dell'Orfanotrofio, cui metteva sotto la protezione dei Cooperatori Salesiani. Si conchiuse la funzione colla benedizione del SS. Sacramento, impartita da S. E. - Nell'uscire dalla Chiesa vedevasi la gioia dipinta sul volto di tutti: essi sapevano d'aver bene impiegata quell'ora, e di avere concorso col loro obolo ad un'opera di carità.
» D. Bosco, atteso con impazienza a Marsiglia, avrebbe voluto lasciare Tolosa di quella stessa sera, ma si volle trattenere ancora fra noi fino a martedì, per poter venerare le reliquie di S. Tommaso d' Aquino nella basilica di S. Saturnino. Celebrò infatti la S. Messa nella cappella dell'angelico Dottore, ov'è esposto alla venerazione il corpo, e poi discese nella cripta. ove se ne conserva il capo. Accompagnato dal Reverendissimo Arciprete e da varii altri ecclesiastici, egli pregò a lungo innanzi a questa venerata reliquia , che tante altre Chiese avranno certamente invidiata a quella di Tolosa. Come sarà stato dolce al suo cuore sì pio poter pregare in tal luogo quel Santo Dottore, che Leone XIII ha proposto a tutta la Chiesa come maestro delle teologiche e filosofiche discipline!
» I Tolosani non dimenticheranno giammai questa visita di D. Bosco e fanno voti, perché ben presto sia stabilita nella loro città una famiglia di Salesiani. » (Fin qui la corrispondenza dell'Unità Cattolica.)
Nel mese di Gennaio domandavamo ai nostri Confratelli di Roma relazione dei lavori compiutisi già nella Chiesa del Sacro Cuore , e ci veniva spedita. Per mancanza di spazio non avendola fin qui potuto pubblicare , la mettiamo ora sott'occhio ai nostri benefattori.
Roma, 9 gennaio 1882.
CARISSIMO,
In tutta fretta ti spedisco i seguenti cenni, che ci hai domandato intorno alla Chiesa del Sacro Cuore di Gesù.
È un anno circa che il S. Padre Leone XIII degnavasi di affidare alla cura di D. Bosco la costruzione di detta Chiesa, che deve servire di parrocchia in un nuovo centro di popolazione al Macao, e nel tempo stesso di monumento al grande Pio IX.
L'estensione di questa parrocchia è dal palazzo delle finanze (escluso però) alla porta di San Lorenzo, e dalla stazione (esclusa) alle mura della città. La popolazione attuale è di circa 6 mila anime, e sempre si fabbricano case e palazzi. Vi è una popolazione mista. Vi sono Piemontesi, Lombardi, Veneti, Genovesi, Toscani, Napoletani ecc. La minor parte è di Romani. Vi sono dei buoni Cattolici, vi sono degli indifferenti, dei cattivi, dei protestanti ed anche dei turchi. Questi ultimi non ci danno da fare; ma ben ce danno i penultimi colle loro arti nel cercar proseliti tra i Cattolici, o almeno col rendere loro sospetta la nostra santa Religione, e coll'allontanarli dalla salutare sua influenza.
Quando D. Bosco, per incarico dello zelantissimo Pontefice, intraprese quest' opera , trovò fatte le fondazioni della Chiesa per circa un terzo. Dopo d'allora si è ampliato il disegno, e sollecitato quanto più si poteva il lavoro. Ora sono compiute tutte le fondazioni per la Chiesa, per la casa parrocchiale e parte della sacristia. Inoltre i muri del presbiterio, del coro, che è assai grande , e dell'abside, furono innalzati all'altezza del cornicione, che sarà fatto appena il tempo lo permetterà, essendo tutto preparato. I muri esterni della Chiesa, con pilastri di travertino e spicchi di cortina in mattoni arrotati, sono innalzati fino ai capitelli del 1° ordine esterno, cioè all'altezza delle navate laterali. Sette di detti capitelli esterni sono già collocati al loro posto , ed appena cesserà il tempo cattivo, ed il pericolo del gelo , si collocheranno gli altri dieci. Essi sono di travertino di Cività Castellana , e costeranno in complesso L. 10,500, compresa la posizione in opera.
Ritardarono molto il lavoro i grandi sterri e le fondazioni, che sono profonde circa 18 metri, avendo incontrati antiche gallerie , da cui si estraeva pozzolana , e fu d' uopo andarvi sotto. Questa operazione aumentò la spesa , ma lo richiedeva la solidità del sacro Edifizio , affinché non accadesse come accade oggidì a parecchie nuove fabbriche di queste parti, alcune delle quali sono già rovinate, ed altre sono inabitabili.
L'atrio o porticato di accesso alla sacrestia è quasi ultimato, avendo fatti tutti i volti meno uno. Sono pure fatti i voltoni di coprimento dei sotterranei della Chiesa. I quattro pilastri di granito bianco di Baveno sono lustrati e preparati per la collocazione a posto. Così pure le basi e gli zoccoli di marmo rosso di Levanto.
Due delle otto colonne sono giunte da Baveno, e se ne attendono presto altre già pronte per la spedizione.
Ciascuno dei pilastri suddetti compreso lo zoccolo di marmo rosso , la base ed il capitello di marmo bianco di Carrara, il trasporto e posizione in opera, costerà L. 3,500 almeno; ciascuna delle colonne tutto compreso come sopra. L. 5,000.
Il contratto pei capitelli suddetti del 1° ordine interno fu fatto, ma vedo molta lentezza nel lavoro, per cui non posso dire quando saranno ultimati. Per la nave di mezzo oltre le fondazioni s'innalzano due pilastroni di travertino greggio, che verranno più tardi rivestiti di marmo. Per questa nave di mezzo non si può far altro , finchè non siano a posto le colonne di granito.
Per le tre porte principali di facciata sono necessarie 6 colonne di granito della Balma, come quello della colonna votiva della Consolata in Torino. Ne ho perciò domandato costì il prezzo , e presto manderò il disegno.
Si è scelto questa qualità di granito, perchè il suo colore oscuro è più in armonia coi colori della facciata. Non si troverebbe tra i Cooperatori o tra le Cooperatrici chi voglia accollarsi questa spesa? Sarebbe un bell'atto di pietà verso il sacro Cuore di Gesù, atto ben degno di eterna memoria.
In questo frattempo si è pure acquistato tutto il terreno adiacente al sacro Edificio colla casa entrostante in costruzione; e questo per dar più vasta e grandiosa proporzione al Tempio , e per erigere i fabbricati dell'annesso Ospizio, che avrà da albergare 500 poveri giovanetti.
La casa in costruzione acquistata oggimai è ultimata, e serve per abitazione al parroco.
In essa si adattò pure una cappella con due altari, uno dedicato al Sacro Cuore di Gesù e l'altro alla SS. Vergine Addolorata. Ivi da più mesi si fanno, quantunque a disagio per la ristrettezza, tutte le funzioni parrocchiali. Vi è molta frequenza anche nei giorni feriali ; ma alla festa è assolutamente insufficiente , sebbene si cerchi di dare ogni comodità ripetendo le funzioni ad ore diverse.
Ecco quanto ho creduto bene dì scriverti per incarico avuto dal caro D. Dalmazzo. Quando occorra, manderò altre notizie, affinché i Cooperatori e le Cooperatrici sappiano, quanto coll'aiuto di Dio, si fa e si ha da fare, mediante il concorso della loro carità, in questa Capitale del Cattolicismo. Tanti rispetti e saluti.
Prega pel
Tuo Affezionatissimo
Sac. SAvio ANGELO.
ND. A proposito della suddetta Parocchia del Sacro Cuore leggiamo queste graziose linee nell'Osservatore Romano del 23 dello scorso febbraio : « Ieri 21 febbraio, alle cinque e mezzo si chiudeva con una solenne funzione il Carnevale santificato nella Parrocchia del S. Cuore di Gesù. Vi predicò ogni giorno con molto zelo e con frutto il parroco stesso, il quale ha saputo in poco tempo guadagnarsi la stima e l' affetto di tutti i suoi parrocchiani, che volenterosi e in gran numero accorsero ad udire la sua parola sempre eloquente e calda di amor di Dio. Impartirono la benedizione Monsignor Grossi, e nelle sere precedenti altri due Vescovi, cioè i Monsignori Kirby e Mariano. »
I Cooperatori e le Cooperatrici sono già informati, che, salvo qualche inconveniente inaspettato, la Chiesa di S. Giovanni Evangelista in Torino, quale monumento di loro venerazione e gratitudine al grande Pontefice Pio IX, sarà inaugurata al divin culto nel prossimo mese di Maggio. Pubblicheremo a suo tempo il giorno e l'ordine delle sacre Funzioni.
Sappiamo che molte divote persone sarebbero disposte a continuarci il loro aiuto, col provvedere sacre suppellettili ed arredi, se conoscessero quali.
Laonde per norma alla loro pietà noi presentiamo qui sotto un elenco di oggetti , necessarii o per l' ornamento della Chiesa , o per le sacre cerimonie.
Nutriamo la più viva fiducia che i nostri benefattori, e specialmente le pie signore, le Comunità religiose, e le buone nostre Cooperatrici vorranno industriarsi, per dare un qualche segno di loro venerazione al Discepolo prediletto di Gesù, al figlio adottivo di Maria, a S. Giovanni Evangelista.
I doni potranno spedirsi a D. Bosco, o portarsi al Prefetto di Sacristia della Chiesa di Maria Ausiliatrice in Torino, via Cottolengo. n. 32.
Arredi per l'Altare.
Croce - Candelieri - Cartegloria - Tovaglie - Sottotovaglie - Sopratovaglie - Pagliotti o controaltari bianchi, rossi , verdi, violacei , neri.
Arredi per la celebrazione della S. Messa e per la SS. Comunione.
Paramentali completi bianco, rosso, verde, violaceo e nero, - Pianete, stole, manipoli, veli e borse dei singoli colori sopradetti - Stoloni dei medesimi colori - Amitti - Camici - Cingoli - Corporali - Purificatoi - Animette - Selviettini - Calici con patene - Pissidi - Messali - Tovaglie per la balaustra - Patena o comunichino per la Comunione - Tre seggioloni pei ministri nelle messe e vespri solenni.
Per la Benedizione del SS. Sacramento.
Rochetti - Cotte - Piviali colle rispettive stole - Velo omerale o continenza - Cartella - Raggio oppure Ostensorio - Turiboli con navicelle.
Arredi per funzioni varie.
Croce astile o processionale - Faldistorio o sedia pel Vescovo - Vasetti per Olii Santi - Ombrellino per l'accompagnamento del SS. Sacramento - Baldacchino processionale pel medesimo - Urna per deporre le sante Reliquie - Reliquiarii - Secchiolino coll' aspersorio - Tappeti o strati pel pavimento del presbitero.
I Catechismi attivati nelle diverse Chiese di Roma danno ottimi frutti, e moltissimi giovanetti ne riportano consolante vantaggio. A maggiore eccitamento, di quando in quando nelle parrocchie più esemplari si celebra una festa particolare, in cui si distribuiscono premii a quei ragazzi e a quelle ragazze , che vi frequentano l' istruzione della dottrina cristiana. Una di queste solenni premiazioni ebbe appunto luogo, il 12 del mese passato, a S. Bernardo alle Terme , con grande edificazione.
Si aperse la funzione con una disputa sul Catechismo. La sostenevano cinque ragazzi pronti nel domandare, rispondere e correggere, che era una maraviglia l'udirli. Due di essi rimasero egualmente vincitori, ed il favorito dalla sorte si ebbe in premio una grande medaglia di argento.
Dopo l'incruenta battaglia e la gloriosa vittoria, l'egregio Mons. Rossi , deputato della dottrina cristiana in quella parrochia, tenne un opportuno discorso. Con brevi ed acconcie parole egli dimostrò la necessità dello studio del Catechismo ; provò come questa scienza sia la più nobile fra tutte le scienze, e come da essa vengano grandi ed immensi vantaggi alla società , facendoli specialmente rilevare nell'opera della donna cristiana, quando fra le mura domestiche essa insegna il Catechismo alla sua famiglia. Le parole dell'illustre Prelato scesero persuasive in tutti gli animi, e grandi e piccoli ne riportarono felici impressioni.
Noi vorremmo che la festa Catechistica di san Bernardo alle Terme, e di più altre parrochie di Roma, fosse ripetuta in tanti altri luoghi, e in quelli specialmente, dove i fanciulli e le fanciulle o non si portano mai al Catechismo, o vi si portano molto di rado e a stento. Sarebbe questo uno dei mezzi più efficaci, per iscuotere l' indolenza di molti genitori, che non si curano punto d'inviare la propria figliuolanza alla scuola della Religione, e nel tempo stesso una dolce attrattiva per guadagnarvi la gioventù, che, vivendo d'impressione, abbisogna di essere in particolar modo scossa e condotta al bene da graziosi e nobili spettacoli.
Intanto prendiamo propizia occasione per raccomandare caldamente ai nostri buoni Cooperatori Sacerdoti e laici, come pure alle pie Cooperatrici, di prestarsi volentieri in aiuto dei Parrochi nel dare l' ammaestramento religioso ai giovanetti e alle giovanette, o in Chiesa o nelle case private. Così facendo eglino opereranno da veri Salesiani, da veri seguaci di S. Francesco di Sales, il quale ancor da Vescovo scendeva nella sua Cattedrale a fare il Catechismo ai fanciulli. Oggimai
l'impartire la religiosa istruzione alla gioventù d'ambo i sessi è l' unico argine , che possiamo opporre all'irrompere dell'empietà ; è l'opera più benefica, a cui possa applicarsi una persona dabbene; è il mezzo sicuro di cogliere gloriose palme, e procacciarsi splendide corone pel Cielo.
Il giorno 22 gennaio fu uno dei più belli per i giovanetti, che frequentano l' Oratorio festivo Salesiano, che da circa quattro anni venne fondato nella città di Lucca. Quel giorno era stato eletto per fare la distribuzione dei premi a quei giovanetti, i quali si sono distinti per frequenza e lodevole contegno nell'anno decorso 1881.
A tal fine erano invitati parecchi signori, specialmente quelli, che colla carità o colla benevolenza hanno aiutato quest' Opera; vennero anche invitati i parenti dei giovanetti, sicchè il locale del teatrino, dove ebbe luogo il trattenimento , benché ampio assai, era letteralmente pieno. Chi ha veduto come erano contenti quei vispi giovanetti, e come soddisfatti i loro genitori, ha dovuto convincersi essere ben salutare il pensiero di togliere dai pericoli tante anime inesperte, ed indirizzarle al servizio di Dio e al buon costume, specialmente nei giorni festivi.
Presiedeva al trattenimento il Rev.mo signor Canonico A. Menesini, Priore generale della Dottrina cristiana nella Diocesi Lucchese , la qual cosa fu veduta con intera soddisfazione tanto dagli alunni quanto dai signori presenti, poichè dopo il Rever.mo ed Eccell.mo Arcivescovo, alle sue cure principalmente si deve la fondazione di un Istituto Salesiano in quella città.
La funzione ebbe principio con un inno di circostanza, cantato da una cinquantina di giovanetti dell'Oratorio festivo, coll' accompagnamento della banda musicale dell'Oratorio interno, la quale rallegrò pure gli animi con diverse suonate negli intervalli. Quindi , esposto brevemente lo scopo dell'adunanza, si passò alla premiazione. I premii consistevano in libri , immagini, ed oggetti di vestiario, offerti da varii benefattori, e specialmente dall'Illustrissimo Marchese Enrico Cittadella; il quale da tre anni con rara carità e sollecitudine si impegna di procurare oggetti anche da altri signori, per fare mensilmente una piccola lotteria a favore dei giovanetti.
Verso il fine il Rev.mo signor Canonico Enrico Bertocolini, invitato a rivolgere una parola ai giovanetti, li regalò di un breve ma sugoso discorsetto, del quale daremo un sunto, non potendolo riferire per intero. - Esordì col manifestare anche a nome degli altri signori la propria soddisfazione, nel vedere tanti giovanetti raccolti nell'Oratorio, dove hanno mezzo per passare santamente il giorno del Signore, di ricevervi nel tempo istesso quell' istruzione, che deve farli onesti cittadini, e, quel che più importa , buoni cristiani. Fece notare ai giovanetti che nella loro età non potevano conoscere l'alta importanza di intervenire all'Oratorio, e di approfittare degli insegnamenti che vi si danno, ma che bene l'avrebbero conosciuta coll' avvanzarsi negli anni. Li esortò ad essere riconoscenti a Dio dell'avere ispirato D. Bosco a mandare nella città di Lucca, e specialmente per essi, parecchi Sacerdoti e maestri Salesiani. Ricordò che avevano ad imitare nella ubbidienza e nelle altre virtù tante migliaia di altri giovanetti, i quali in diverse città e paesi si educano sotto la stessa disciplina e sotto la stesso padre. Infine raccomandò l'amore e la riconoscenza verso i maestri, il timor di Dio, e la frequenza all' Oratorio. - Ogni cuore era commosso a queste parole, sicché scoppiarono vivi e prolungati applausi.
Dopo il gradito discorso venne ripetuto l'inno di circostanza; indi si passò nella vicina Chiesa per ringraziare il Signore e riceverne la benedizione. Tutto fa sperare che il buon Dio continuerà a tenere i suoi sguardi benigni sull'Oratorio di Santa Croce, e che vorrà ricompensare largamente quelle anime caritatevoli, che prestano il loro aiuto ad un'opera, la quale, purchè sia aiutata e soccorsa, può arrecare un grandissimo vantaggio alla società e particolarmente ai poveri figli del popolo.
Il Bien Público Montevideo sotto il titolo di Vanguardia Católica ha un bell' articolo riguardante il progresso scientifico, morale e religioso delle scuole del Collegio di San Vincenzo in quella capitale sotto la direzione dei nostri Missionari. Dice così:
« Abbiamo assistito con vero giubilo del nostro cuore ad un atto di molta importanza - Duecento ottanta giovanetti facevano nobile corona al nostro veneratissimo Prelato ed a molti distinti personaggi della città nel grande salone del Collegio di S. Vincenzo de' Paoli in occasione della distribuzione dei premii (1). Questi giovanetti appartengono alla classe del povero, e perciò dimostra quale interessamento si prendano i buoni di questi poveri figli del popolo.
» Si diede principio alla modesta accademia col canto dell'Inno orientale e con una poesia al Sommo Pontefice Leone XIII. E niente di più naturale che il cominciare un trattenimento scolastico coi deporre le prime ghirlande sopra l'altare della Religione e della patria ; niente di più bello che l'avvezzare i teneri giovanetti, sull'aurora della loro vita, ad offrire i loro canti e le loro prime ispirazioni infantili alla patria ed alla Religione. - Dopo vani canti e declamazioni eseguiti con rara abilità da questi figli del popolo, lesse un forbito discorso D. Antonio Metalli Salesiano e Direttore del Collegio, provando la necessità dell' insegnamento Religioso nelle scuole ; dopo il quale Sua Eccellenza Rev.ma Monsignor Yeregui chiuse l'atto con isvolgere le parole del Santo Vangelo - Sinite parvulos venire ad me - e manifestando il suo giubilo nella premiazione di coloro, che se ne erano resi meritevoli, e tanto più perché questa premiazione era stata meritata dai figli del popolo.
» E noi non possiamo lasciar passare questa occasione senza tributare le dovute lodi ai generosi sacrificii della Commissione, che sostiene questa opera di carità; ai Salesiani, che tanta cura pongono per coltivare la mente ed il cuore di quelle tenere pianticelle, che pei loro frutti già si trovarono degne di premio ; nonché ai giovanetti, che saranno un dì la consolazione dei loro genitori ed un bene per la società.
» Sono adunque 280 giovani che frequentano le scuole , sostenute da alcune caritatevoli persone consacrate al bene del nostro paese ; 280 giovani che ricevono, con la istruzione della mente, la educazione del cuore, e tutte e due sopra il fondamento solido della Religione.
» Sono 280 giovani, che escono dalla scuola oggi per entrare domani a spiegare la loro attività industriale in una bottega, in un laboratorio od in una fabbrica, e sotto il potente influsso dell'arte, delta scienza e della Religione. E non è a dire con quale immenso vantaggio delle famiglie e della società, perché questi non saranno di quelli, che oziosi, e vagabondi corrono pericolo di battere il cammino del delitto per poi popolarne le carceri. No, perché sono sotto all' usbergo della scienza e della Religione.
» Oggi sono 280 fanciulli, domani 280 cittadini ; oggi imparano a rispettare Iddio, e ad _amare la patria ; domani, ponendo in pratica quanto hanno imparato, sapranno, quando fosse necessario, morire per la Religione, per la pace, per la prosperità e gloria del nostro paese. Saranno in una parola la avanguardia del Cattolicismo, e per conseguenza la avanguardia della libertà e della patria. » Fin qui El bien Público.
Lo stesso giornale agli ultimi di dicembre scorso dava la descrizione della bella funzione e cerimonia del solenne battesimo di un fanciullo Indio , oriundo dei Pampas, nella modesta cappella dello stesso Collegio di S. Vincenzo, tributando elogii allo zelo dei nostri Missionarii a pro di questi sgraziati figli del deserto.
NB. Da Villa Colon abbiamo pure ricevuto la fausta notizia che i nostri Missionarii sono giunti felicemente in America. Ne pubblicheremo lettere nel prossimo numero.
(1) Ai primi del passato gennaio , incominciando colà le vacanze , perchè tempo di eccessivo calore per quell'emisfero australe.
Gratitudine ed ammirazione esigono, che diciamo due parole di una cordialissima festa, fatta in ossequio ad un egregio Sacerdote dell'archidiocesi di Torino , nostró Cooperatore , promotore di un Oratorio festivo nella sua parrocchia, e benefattore insigne di varii giovani del suo gregge , alcuni dei quali oggidì zelanti Sacerdoti ed anche Salesiani. Intendiamo dire del giubileo parrocchiale del M. R. sig. Teologo D. Giuseppe Vaccarino , Parroco di Buttigliera d'Asti.
Questo Sacerdote incomparabile per dottrina , zelo e pietà, dal quale D. Bosco e i giovani dell'Oratorio di S. Francesco di Sales ebbero ripetute prove di sincerissimo affetto , sul principio dello scorso mese celebrava il cinquantesimo anniversario del possesso di sua parrocchia. Le feste che gli fecero gli amati parrocchiani, pressoché tutti da lui rigenerati a Cristo, non potevano essere nè più belle, né più affettuose. Ritornando egli da un ritiro spirituale , nel suo ingresso in paese la intiera popolazione gli andò incontro, prorompendo in entusiastici evviva. Preparati con un triduo di predicazione, moltissimi nel mattino del 5 di detto mese si accostarono ai santi Sacramenti per lucrare l' indulgenza plenaria , concessa per quella occasione dal Sommo Pontefice Leone XIII, ringraziando Iddio del benefizio di aver dato loro un tanto pastore, e implorando sopra di lui ogni terrena e celeste benedizione. La sera poi tutto il paese , in significazione di gioia, comparve illuminato. Indarno si sarebbe cercata una casa, che non avesse le finestre rischiarate da lumi, in mezzo ai quali non comparisse la scritta : Viva il nostro Padre! Viva il nostro Benefattore! Viva il nostro Prevosto ! Ed avevano ben ragione di così amorosamente festeggiarlo, poiché egli alla sua volta pur tanto li amava , da rinunziare a pingui canonicati, e per due volte alla mitra episcopale, piuttosto che separarsi da loro.
Qui noi vorremmo dire eziandio della cordialissima agape, che gli diede il Comitato appositamente constituitosi per le feste , del quale era presidente lo stesso Sindaco del paese ; vorremmo dire della paterna e commovente parlata che tenne il pio vegliardo , il quale pareva ringiovanito di 50 anni ; dire dell' edificante contegno del clero della parrocchia ; dire dei graziosi componimenti letti per esprimere la gioia, l'amore, la gratitudine ; ma tutto questo ci menerebbe troppo in lungo. Noteremo solo che tra le lettere congratulatorie, che pervennero in quei giorni al degno Prevosto, una specialmente gli piacque e lo conimosse. E da sapere che tra i molti giovani da lui avviati ed aiutati allo studio uno è Sacerdote Salesiano, e trovasi oggidì Missionario nella Patagonia. Or bene, questo religioso, in sì fausta occasione , non si dimenticò del suo Pastore, e da quelle selvagge e remote contrade gli spedì a tempo una lettera, la quale scosse tutte le fibbre del suo cuore. Il Missionario Salesiano gli scriveva così
Patagones, 10 dicembre 1881.
MOLTO Rev. SIG. PREVOSTO,
Dalle remote spiaggie del maestoso Rio Negro, dalle deserte terre di questa immensa region Patagonica , di sotto le capanne dei mansi ma incolti indiani, perverrà di sì lungi il mio accento a Lei , Pastor diletto ? In mezzo agli evviva ed alle infinite felicitazioni di tutti i suoi cari parrocchiani, sarà possibile tarmi udire con la mia debol voce? Oh con che ansia desidererei trovarmi con Lei in sì fausto giorno ! Con quanto ardore bramerei essere costì in sì bella occasione, per felicitarla ed a viva voce esprimerle i sentimenti del mio amore e della mia gratitudine ! Ma questo non mi è dato ; troppa è la distanza che ci separa.
Ciò non pertanto il mio cuore non lascia di esultare e di far festa; ciò non pertanto io non lascierò di dimostrarle il mio affetto. Non posso partecipare ai regali, alle dimostrazioni pubbliche e private , e a tutto quello che si farà costì pel suo Giubileo Parrocchiale; pure voglio farle anch'io un regalo ; non voglio star dietro agli altri. E sa quale regalo? Tale, che nessuno può farle un consimile. Prezioso? - Preziosissimo - Bello? Bellissimo. E quale? Eccolo : Al primo indiano, che battezzerò, imporrò il nome di Lei : Giuseppe Vaccarino ; e a suo tempo gliene farò avere la fotografia qual ricordo del suo Giubileo
Intanto nel fausto giorno di sua festa radunerò quanti ragazzi indiani potrò trovare, e dopo aver loro raccontato alcune delle tante virtù, che adornano il suo bell'animo, li farò gridare nel loro idioma : Vivas , y eternos vivas á D. José Vaccarino.
Finisco augurandole lunghi anni ancora di felicissima vita al bene dei miei sempre cari comparocchiani, e pregandole dal Cielo tutte le più elette benedizioni.
Accetti questi miei voti ed augurii in questa sì bella occasione del suo Cinquantenario parrocchiale e mi benedica.
Suo devotissimo e gratissimo parrocchiano
Sac. LUIGI CHIARA
Presentiamo ai cortesi nostri lettori l'ultima lettera sulla relazione del viaggio fatto dal nostro collettore nell'ottima diocesi di Trento.
Riva di Trento, 29 settembre 1881. AMATISSIMO SIG. D. Bosco,
Come gode il soldato di raccontare agli amici le varie vicende della percorsa campagna, così a me torna oltremodo gradito informarla di quanto m'accadde nel resto del viaggio in queste simpatiche vallate Trentine. E tanto più volentieri lo faccio inquantochè sento d' avere , coll' aiuto del Signore, compito, con esito felice, il mandato che ella si degnò d'affidarmi.
Da Trento, su per una comodissima strada postale, ripigliai il mio viaggio per Val Sugana. Mi fermai a Civezzano, sede d'un Decanato ; e di lì per molti paesetti, posti a cavaliere, o sul pendio di apriche collinette , fui condotto dal fedele mio quadrupede a Pergine, capoluogo d' un distretto importante, e sede di vasto Decanato. Mi accolse assai gentilmente in Canonica quel bravo, dotto ed energico sig. Decano , e accompagnato dal buon Segretario della Gioventù Cattolica feci visita ai principali signori, dai quali m'ebbi non poche offerte.
Uscito di Pergine costeggiai per buon tratto il Lago di Caldonazzo. Visitato Calceranica e Caldonazzo , e girando a fianco di un altro ameno laghetto dalle limpide onde , che da fertile colle era separato dal primo , mi si presentò alla vista, come seduto su dolce declivio, il ricco e bellissimo paese di Levico. E questo assai celebre pe' suoi stabilimenti balneari , dove accorre d'estate d' ogni parte la classe signorile, a ricuperare l'infralita salute ed a respirare quelle purissime arie montanine. Quest'anno ebbe l'alto onore di annoverare fra' suoi ospiti l'Emin.mo Cardinale Alimonda, e S. E. R. l' Arcivescovo di Genova, cui mi feci un dovere di ossequiare.
Poco lungi da Levico si trova Roncegno, dove v'è pure un altro stabilimento di bagni, a cui mi diressi. Grazie alla cortesia del signor Parroco e dell'ottima signora Wais, fervente cattolica, potei presentarmi a quei signori , nel suo stabilimento, a perorare la mia causa, e m'ebbi offerte da ogni genere di persone.
Di là lungo le sorgenti della Brenta, giunsi al grosso paese di Borgo, dove ha sua sede un altro zelantissimo Decano, e dettogli il fine di mia visita, lo pregai a favorire pel ritorno la mia causa. Tosto presi la via di Strigno, dove venni ospitato con gran bontà e generosità in Canonica dal signor Decano. Al mattino per tempo , ascendendo per due ore erta e pittoresca salita, giunsi a Tesino. Mi si presentarono le persone vestite in tal foggia , che mi pareva d' esser negli Abbruzzi. Cosa singolare! Sono quivi tre paesi quasi uniti insieme, che parlano l'Italiano, ma conservano certe tradizioni di costumi, e certe mode di vestiti, che si discostano affatto dal comune del Trentino. Il Clero è superiore ad ogni eccezione ; ospitale, zelante, istruito, e dalla sua conversazione di leggeri si può conoscere quanto soda ed eccellente sia stata la sua istituzione.
Consigliato , mi determinai di recarmi a Primiero , distante di là nove ore di strada, che si dovea in gran parte percorrere a cavallo. Inforcata la mia bestia , e passando per burroni , per balze e per selve, arrivai finalmente ad un altissimo poggio , chiamato il Broccon. Preso un po' di riposo, discesi per una strada d'inferno la rapida china, ed arrivai al piccolo villaggio di Ronco, dove m'ebbi, colle più ospitali accoglienze , ogni ristoro dal buon cuore di D. Garbari , curato di quel solitario paesello. Al mattino per tempo percorsi a piedi Cauria , Canale S. Bovo , Imer e Mezzano, e finalmente m'avvicinai a Primiero.
Qui che è, che non è ? Sono fatto segno da parte di quei buoni valleggiani a dimostrazioni di grande rispetto e venerazione , e giunto presso il paese tutte le campane suonano a festa , e una schiera di paesani riverenti, capitanati dal Cappellano, mi viene incontro e mi dà il benvenuto. Io restai di stucco; ma m'avvidi bentosto d' uno scambio curioso , poichè da alcune voci ho potuto conoscere che all' indomani dovea aver prìncipio una missione pel giubileo, e, per singolare combinazione di tempo, m'avevano preso pel Missionario, che dovea arrivare in quell'ora, come difatti giunse poco dopo. Visitai quel compito sig. Decano ed in fretta alcune famiglie, e feci ritorno sul tardi a Canale, dove riposai in Canonica.
Al mattino celebrata la S. Messa per tempo ritornai a Ronco, quindi al Broccon e a Tesino , contento, se non altro, d'aver trovato una religiosa popolazione e d'aver provata la vita d'Alpinista. Ritornato a Strigno , poi a Borgo ed a Levico grazie la cooperazione di quei buoni Decani potei fare ovunque le mie collette. Dopo un breve riposo a Pergine , con una via sempre in discesa ritornai felicemente a Trento. Per singolare coincidenza vi arrivò quasi allo stesso tempo da Malè il carissimo D. Febbraro , ben rimesso di salute e ristorato di forze. Grazie sincere a quei cordiali e buoni Padri Cappuccini, che lo trattarono con tanta carità e amorevolezza.
Al dimani, presi i nostri concerti, ripartimmo al dopo pranzo insieme per le valli delle Giudicarie, ed arrivammo alla sera a Calavino, fermandoci nei paesi che incontravamo per via.
Il viaggio non, potea riuscire ne più ameno, ne i più attraente. Dopo una salita molto lunga , godemmo della vista di tre bellissimi laghetti, seduti in fertile vallicella, dai quali prende il nome il grosso ed allegro paese di Terlago , che visitammo pure con molto frutto. Per via incontrammo Vezzano, e non potendo pernottare per ristrettezza di spazio in Canonica , giungemmo a tarda ora a Calavino, celebre pe' suoi vigneti e per le sue uve, dove fummo accolti e ristorati con grande carità nella casa del sig. Decano. Al mattino, D. Febbraro per la postale, ed io per altra via ci dirigemmo a Dro, per visitare tutti i paesi di quelle ridenti collinette piantate d' ulivi. Sulla sera si giunse in Arco , dove venimmo accolti ed ospitati dai cari Padri Cappuccini. E questo un grosso e ben fabbricato paese, ricco di edificii e stabilimenti sanitari, dove accorrono nella stagione invernale molti stranieri, per godere del dolcissimo e saluberrimo clima , e per ristorare e rinfrancare la malferma salute.
Poco lungi da Arco sta, alla estremità settentrionale dell'imponente lago di Garda , la bella e commerciante città di Riva, di dove appunto le scrivo. Fummo gentilmente ospitati dal sig. Decano, il quale con zelo illuminato ed apostolica attività dirige calmo e fermo questa importante Parrocchia e Decanato.
Al mattino il mio compagno di viaggio prese il lago per la volta di Torino , dove spero che sia felicemente giunto, ed io, grazie ai buoni servigi del signor parroco , venni gentilmente accompagnato e presentato a molte famiglie da D. Bortolo Olivieri, sopraintendente scolastico. Questi assunse con tanto impegno e tanta buona volontà l'affidatogli incarico, che ottenni delle offerte, che superarono ogni mia aspettazione. Iddio benedica largamente l' ottimo pastore e quanti cooperarono a quest'opera di carità.
Al pomeriggio per una strada meravigliosamente intagliata nel vivo sasso, da cui si godeva la stupenda ed incantevole vista del lago di Garda , ascesi alla fertile valle di Ledro fino ai due Tiarni. Non posso dire quanto lo spirito restasse soavemente impressionato nell' ammirare le campagne tutte rigogliose di lussureggiante vegetazione, le selve ricchissime d'ogni sorta di piante da taglio e da fuoco, e ad ogni svolta di via tanto belli e svariati panorami , quali solo nella sua semplice maestà sa presentare madre natura.
Ma ben presto cambiasi la scena. Passato il paese di Tiàrno di Sotto per una ristretta valle malinconica e cupa discesi fino a Staro , e di là via per Condino, sede d'un Decanato. Dopo d'essermi alquanto riposato e ristorato in casa del signor Decano, e ripetuto il giro consueto, ripigliai il mio viaggio. Sostato a Roncone, dove m' ebbi una generosa offerta da quel buon Municipio, giunsi finalmente a Tione. Lo percorsi con frutto tutto quanto insieme coll' ottimo Cappellano , e quindi mi diressi alla Val di Rendena fino a Pinzolo, dove trovai un Curato così cordiale e affezionato alle opere Salesiane, che sembrava uno dei nostri. Visitai pure vari Comuni e molti degnissimi ecclesiastici , che mi furono larghi di loro carità e cortesie.
Ritornatomi a Tione , mi diressi alle Sarche , visitando il sig. Decano di Lomaso, tutto bontà e schietta cordialità, col quale passai una bellissima e poetica serata. Al mattino venni consigliato di ascendere un montuoso altipiano , su cui si trovavano varie Curazie colla parrocchia di Bleggio. Quivi potei ammirare una stupenda croce di marmo di colossale grandezza, che sta maestosa su d'un poggio, quale voto di una santa missione. Un curioso aneddoto o meglio scena ridicolo-comica venne a variare la monotonia del viaggio, nella quale io stesso sono stato e spettatore e attore , ma per motivi di prudenza credo meglio di parlargliene a viva voce al mio ritorno.
Da Bleggio passai a Stenico , quindi alle Sarche, e, percorrendo una poetica strada sul fianco di un monte , giunsi al pittoresco e storico lago di Massenza dominato dal suo vetusto castello. Giratogli attorno, m'avvicinai finalmente a Vezzano, e sulla sera arrivai a Trento. Quivi mi fermai un paio di giorni per visitare molti Cooperatori e varie famiglie cattoliche, che non lasciarono deluse le mie speranze.
Finalmenle salutata e cordialmente ringraziata l' eccellente e cattolica famiglia Garbari , da cui avea ricevuta distinta ospitalità, ripartii per Rovereto, e, visitando i paesi lungo lo stradale, rividi Ala, luogo della mia prima campagna, di dove giunsi a Muri e colla posta ho fatto ritorno a Riva.
Domattina pel lago di Garda partirò per Milano e di là per Torino, dove spero di rivederla sano e salvo.
In questa dolce speranza, e pieno l'animo di riconoscenza a Dio, che mi ha finora visibilmente protetto, passo al piacere ed all'onore di professarmi con alta stima e sincero affetto
Di V. S. Rev.ma
Obbl.mo Osseq. figlio in G. C. Sac. POZZAN PIETRO.
Il venerato nostro Superiore D. Bosco rimase assai soddisfatto della carità trovata in mezzo ai suoi Cooperatori Tirolesi; onde volle esternare loro la sua riconoscenza con una lettera stampata di ringraziamento , che venne loro a suo tempo diretta.
Dopo questo primo esperimento fu deciso che nella prossima primavera s'imprenderebbe una seconda escursione per tutto il Veneto , dove abbiamo numerosi e zelanti Cooperatori , pronti a prestarci la mano per la Chiesa del Sacro Cuore in Roma, e a far conoscere quest'opera ai buoni cattolici , conoscenti ed amici, che vivono tra loro.
La prima Superiora Generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice.
Dalla rara disposizione di animo, che abbiamo ammirato nella prima Figlia dell'istituto di Maria Ausiliatrice, noi possiamo facilmente argomentare quale sia stata la prima Superiora Generale. Tuttavia per far meglio rilevare le belle doti della nostra Suor Maria Mazzarello, diremo ora particolarmente del suo zelo straordinario, e della sua operosità nel procurare la gloria di Dio e la perfezione delle anime, non che dello sviluppo stragrande che prese il novello Istituto sotto la savia sua direzione.
Dopo che le prime Figlie di Maria Ausiliatrice ebbero fatta professione il 5 agosto 1872, come abbiamo veduto, e dato così cominciamento al nuovo Istituto, D. Bosco pensò che sarebbe stata cosa loro assai vantaggiosa l'essere per qualche tempo dirette ed ammaestrate da alcune religiose di altro Istituto più antico. A questo fine egli pregò l'ottima Superiora delle Suore di Sant' Anna in Torino, che volesse inviare alcune sue religiose ad essere maestre alle nuove Suore di Maria Ausiliatrice nella costoro Casa di Mornese. Aderì di buon grado a questa dimanda la egregia Superiora, e vi spedì due Suore dello stimatissimo suo Istituto, le quali colla esimie loro virtù , e coi savii loro ammaestramenti fecero del gran bene alla novella Comunità, lasciandovi una imperitura e gratissima memoria.
Se dalla compagnia e dalle lezioni di sì abili maestre ne profittarono tutte le Suore di Maria Ausiliatrice, più di ogni altra se ne giovò Maria Mazzarello. Quindi è che, ritiratesi di lì a qualche tempo le Suore di Sant'Anna, D. Bosco risolse di eleggerla definitivamente a Superiora Generale.
Era pertanto il 14 Giugno dell'anno 1874, ed egli, trovandosi a Mornese, stabilì di compiere questo atto. Radunata l'intera Comunità in apposita sala, dopo aver invocata l'assistenza dello Spirito Santo, D. Bosco tenne un'apposita allocuzione alle Suore, indi col consenso delle Professe e con immensa gioia di tutte, creava Superiora la nostra Maria, e le affidava il governo della nuova Congregazione. Nel tempo stesso le dava per aiutanti una Vicaria, un'Assistente ed un'Economa, che con essa formarono il primo Capitolo Superiore.
In quell' occasione D. Bosco raccontò un fatto non ancora ben conosciuto da tutte. Disse adunque che nell' anno 1871 in una privata udienza, che ebbe dal Santo Padre Pio IX, di gloriosa memoria, gli manifestò il pensiero di stabilire un Istituto di Religiose, e lo supplicò di un'opportuno consiglio sulla convenienza o non convenienza di un tale divisamento. Il Vicario di Gesù Cristo ascoltò tutto e poi gli rispose : « Vi penserò sopra, e in un'altra udienza vi dirò il mio parere. » Dopo alcuni giorni D. Bosco ritornò dal Santo Padre, il quale per prima cosa gli disse : « -Ho penSato sul vostro disegno di fondare una Congregazione di Religiose, e mi e parso della maggior gloria di Dio e di vantaggio alle anime. Il mio avviso adunque si è che abbiano esse per iscopo principale di fare per la istruzione ed educazione delle fanciulle quello, che i membri della Società di S. Francesco di Sales fanno a pro dei giovanetti. In quanto poi alla dipendenza, dipendano esse da voi e dai vostri successori a quella guisa, che le Figlie della Carità di S. Vincenzo de' Paoli dipendono dai Lazzaristi. In questo senso formolate le loro Costituzioni e cominciate la prova.
Il resto verrà in appresso. »
Di qui si vede che tanto i Salesiani quanto le Suore di Maria Ausiliatrice e i Cooperatori e Cooperatrici Salesiane debbono riguardare il grande Pontefice Pio IX per loro insigne benefattore.
La novella Madre ricevette la nomina all'alta sua carica con segni della più grande umiltà, non disgiunta da una confidenza illimitata in Colui, che può tutto, o nelle cui mani anche gli istrumenti più inetti possono fare un gran bene.
Da quel dì la degna Superiora si mise con maggior fervore ad animare le sue figlie per la via della perfezione religiosa e coll'esempio e colla parola. Era bello l'udirla, specialmente nelle conferenze, che teneva loro ogni Domenica, con quale energìa e con quale amore ella parlava delle varie virtù, che doveano praticare. Spiegava loro la bellezza ed i pregi dell'umiltà, dell'obbedienza religiosa, della mortificazione interna ed esterna, e ciò faceva con tanta abilità e con tale santa unzione, che tutte le innamorava di farsi sante. A fine poi di mostrare che ella non le spronava a cose impossibili, ne insegnava la pratica coll' esempio suo , sicchè persuadeva ed incoraggiava anche le più timide e sfiduciate. Quale candelabro splendidissimo, mostrava a ciascuna la luce del sue buone opere. Quindi tu l'avresti veduta non solo puntuale alla cappella , e prima negli esercizi di pietà , ma eziandio fra le più assidue al lavoro , mortificatissima in tutti i suoi sentimenti, schiva dei propri comodi e delle proprie soddisfazioni sì spirituali sì temporali, desiderosa ed amante solo di Dio e delle cose del cielo ; vivente insomma la pura vita dello spirito. Attentissima era soprattutto ad esigere l'osservanza della Regola, e a non lasciare introdurre abusi nè grandi nè piccoli, i quali paragonava ai fori di una barca, che, riempiendosi a poco a poco di acqua, mette a pericolo la vita di quelli, che vi si trovano dentro. Quindi se per caso intravvedeva nella Comunità una qualche infrazione alla Regola, ovvero il principio di qualche abuso, oh ! allora bisognava sentirla! Erano così energici i suoi detti, sì penetranti le sue parole, che, giungendo sino al profondo del cuore, commoveva ed eccitava ognuna al primo fervore. Con tutto ciò non si ha da credere che, possedendo una virtù così sublime , essa fosse aliena dalle oneste ricreazioni e tutta seria e schiva della conversazione; era anzi molto gioviale , e di una compagnia piacevolissima. Allorchè la sua gracile complessione glielo permetteva, era sempre fra le più animate nei divertimenti , e quasi direi l' anima della ricreazione , tanto colle Suore quanto colle giovani educande.
Non sono poi a tacersi le rare doti, di cui il Signore aveala adorna per la direzione delle anime. Bastava vedere poche volte una persona, per conoscerne tosto i buoni o cattivi sentimenti, da cui era animata. Pareva veramente che avesse il dono della discrezione degli spiriti. Più volte riuscì a smascherare le imposture di certe anime, che la facevano da santocchie, ed erano già riuscite ad ingannare molti. Se poi tra le sue figlie ne scorgeva alcuna chiamata ad una speciale santità, era tutta cuore per guidarla nella difficile via , crescendola ad uno spirito forte, staccato da tutto o da tutti, persino dalle consolazioni più sante, e coll'aiuto dello Sposo celeste le faceva toccare in breve tempo le alte cime della perfezione.
Sotto la guida di così esperta maestra di spirito non poteva a meno di fiorire il nuovo Istituto, che in breve s'ebbe un bel numero di Suore accese del desiderio di cooperare alla salute delle anime, e di far conoscere a tutto il mondo, se fosse possibile, quanto sia dolce l'amare e servire il Signore. Tra queste teneva sempre il primo posto la Superiora. Talora in mezzo alle Suore usciva in queste ed altre consimili espressioni: « Oh! quanto mi stimerei, fortunata, se potessi trovarmi in mezzo alle povere figlie del popolo ! Vorrei istruirle, educarle, santificarle; vorrei far loro conoscere la vanità del mondo ; vorrei accenderle d'amor di Dio; vorrei insomma adoperarmi a riempiere di loro il Paradiso. »
Il buon Dio non tardò e porgere alla Madre ed alle Figlie propizia l'occasione di soddisfare a questo santo desiderio.
L'anno 1874 le Figlie di Maria Ausìliarice vennero chiamate ad aprire la prima Casa a Borgo S. Martino nella Diocesi di Casale Monferrato, per coadiuvare coll'opera loro i confratelli Salesiani a vantaggio della gioventù. Era il giorno 8 di Ottobre di quell' anno, e quattro Suore partivano da Mornese per recarsi a dare principio alla novella Casa. Le Suore destinate erano fra le più anziane, ed avevano per Direttrice la sorella della Superiora stessa. In questa occasione si conobbe appieno quanto amore nutrisse la buona Madre per le sue figlie; chè, malgrado la sua energica volontà, non potè nascondere quanto soffrisse il suo cuore nel doverle per la prima volta allontanare da sè. Ebbe tuttavia la fortezza di accompagnare la piccola squadra per buon tratto di via. Nel lasciarle disse: Andate, o figlie, e vi consoli il pensiero, che nella nuova Casa troverete lo stesso Sposo e la stessa Madre, che sono Gesù e Maria. »
Intanto il nuovo Istituto cominciava a farsi conoscere in mezzo alla società ; le giovani postulanti affluivano da molte parti alla Casa di Maria Ausiliatrice, e il numero delle Suore, andando di anno in anno aumentando, porgeva occasione alla Madre Generale di aprire nuove Case di sue figlie , desiderose di fare vie meglio conoscere ed amare Gesù Cristo e la SS. Vergine, Aiuto dei Cristiani.
Pertanto il 9 febbraio del 1876 la zelantissima Religiosa partiva con tre altre Suore alla volta di Bordighera, presso Ventimiglia, per quivi fondare una nuova Casa , con apposita scuola alle fanciulle cattoliche, insidiate nella fede dai vicini protestanti. Ed oh! quante candide colombe ella conservò e ricondusse nel sicuro nido della Chiesa cattolica per mezzo delle sue Figlie !
Alla casa di Bordighera tenne dietro quella di Torino in Valdocco colle scuole quotidiane e domenicali e coll' Oratorio festivo, frequentato da parecchie centinaia di ragazze della città , con grande loro vantaggio morale e religioso.
Nell'ottobre dello stesso anno l'instancabile Suor Maria Mazzarello , assecondata e diretta dal Sui periore dei Salesiani, inviava altre sue Figlie ad aprire una Casa nella città di Biella, chiamatevi da Sua Eccellenza Rev.ma Mons. Basilio Leto. Nel tempo stesso un nuovo drappello ne indirizzava alla città di Alassio.
Venivano in seguito altre e poi altre Case, Asili d'infanzia, Scuole, Oratorii festivi , Educatorii, Orfanotrofii, Spedali in Piemonte , in Liguria, in Sicilia, in Francia, che troppo lungo sarebbe il qui nominare. Che più ? Allo zelo della prima Generale del novello Istituto di Maria Ausiliatrice non bastavano più i paesi vicini. Quindi è che dai Salesiani fatta consapevole del grande abbandono, in cui si trovano tante povere fanciulle nelle lontane regioni dell' America , sino colà ella estese i suoi pensieri e le sue sollecitudini. Per la qual cosa da lei infervorate ben 30 Suore di Maria Ausiliatrice spontaneamente non solo si esibirono, ma partirono animosamente pel nuovo mondo, allo scopo di guadagnare anime alla religione ed alla civiltà ; anzi, emulando l'ardore delle sacre Vergini di altri antichi e benemeriti Istituti religiosi, non dubitarono di portarsi tra gli stessi barbari, e per le prime penetrarono coi Salesiani sino nell'interno dell'inculta ed inesplorata Patagonia. Se una tale generosità di proposito merita una giusta lode alle Figlie, un ben alto encomio va pur tributato alla Madre, che colla savia sua direzione, coll'ardenza del suo amore per Dio e pel prossimo, seppe così santamente educarle.
Lo svenuto - I lazzaretti e le sassate - Uno dei primi colerosi - Singolare scoperta di una malata - Tuttì preservati - L'unico caso di coléra - Il ringraziamento - Gli orfanelli delle vittime - Lettere del Sindaco.
È pregio dell'opera, che segnaliamo qui alcuni fatti, avvenuti tra di noi, durante l'imperversare del coléra sopra descritto.
E primieramente non si ha da credere che ai giovani infermieri, dei quali abbiamo parlato, non toccasse di fare da principio un supremo sforzo, per superare la paura e vincere se stessi ; ché si errerebbe a partito. Vive tuttora uno di quei 14, che pei primi diedero il proprio nome, e si accostarono coraggiosarnente al letto dei colerosi , il quale basterebbe di per sé a farci comprendere la violenza, che fu loro necessaria, per applicarsi a quell'opera , e durarla sino alla fine. Imperocchè la prima volta che egli pose piede nel lazzaretto, al vedere gli atti, che facevano i colpiti dal terribile morbo, al mirarne le faccie livide e incadaverite, gli occhi incavati e semispenti, al vederli sopratutto a spirare in orribil modo, ci fu preso da tanto spavento, che divenne pallido al pari di loro, gli si oscurò la vista, gli mancarono le forze, e svenne. Fortunatamente si trovava con lui D. Bosco, il quale, accortosi del caso, lo trattenne dal cadere a terra, lo trasportò all'aria libera, e lo fece tosto confortare con apposita bibita ; ché altrimenti il poverino sarebbe forse stato giudicato per assalito dal coléra , e messo cogli altri infermi.
Veramente non di poco coraggio era d'uopo essere fornito, per raggirarsi intrepido tra quei luoghi di lutto e di morte. Imperocché oltre gli strazianti dolori, a cui erano in preda tanti poveri malati, restringeva il cuore per alta compassione il vederli, non appena spirati, trasportare nel vicino deposito, e quasi subito trasferire al cimitero e sotterrare. Talvolta parevano ancor vivi, e già venivano collocati tra i morti. In un lazzaretto , ove servivano i giovani dell'Oratorio, avenne tra gli altri questo episodio. Si era da poco trasferito nella vicina camera mortuaria un cadavere , quando il custode viene nella infermeria e dice al medico : « Signor dottore, quel tale si muove ancora ; dovremo forse riportarlo qui ? - Lascialo pur là, rispose burlescamente il medico ; bada solo che non ti scappi. » Quindi ognuno può immaginarsi quale sangue freddo, o, per meglio dire, quale fortezza d'animo fosse necessario possedere, per assistere impavidamente a consimili scene.
Nei primi giorni poi, non solo era mestieri rendersi superiore alla paura del morbo e della morte, ma delle minacce altresì di certa gente. Qui giova sapere che i lazzaretti, quantunque venissero impiantati nei sobborghi e fossero una saggia provvidenza , tuttavia erano mal visti, anzi abborriti e dai malati e da coloro, che ne avevano le abitazioni vicine. I primi erano dominati dal pregiudizio, che in quei luoghi si morisse più presto e si facesse anche morire, mediante l'acquetta; i secondi temevano non senza ragione che il lazzaretto corrompesse più facilmente l' aria all' intorno, e mettesse a repentaglio la loro vita. Perciò, non avendo potuto impedire che vi fossero aperti, taluni si argomentarono di farli chiudere o renderli inutili, per vie altrettanto vili, quanto illegali. Pertanto in Borgo S. Donato, come pure altrove, una turba di monellacci del vicinato prese il partito di atterrire quanti si presentavano a servizio degli infermi colà ricoverati , lusingandosi che non se ne sarebbero portati altri, qualora niuno si ardisse di recarsi a curarli ed assisterli. A questo intento. quei malevoli cominciarono colle minacce, indi scesero persino alle busse ed alle sassate, sicché per portarsi al lazzaretto o partirne, specialmente di notte, convenne per alcun tempo farsi scortare dalla pubblica forza. Ed era appunto una delle prime sere, quando due dei nostri, tra cui il chierico Michele Rua , se la videro assai brutta ; poiché usciti dal lazzaretto, allorché furono in una oscura discesa diretti verso l'Oratorio, odono una incomposta salva di urli e di fischi , misti alle grida di dàgli dàgli. Né bastò ; perocché quei dissennati , dato di piglio a ciottoli, di cui abbondava il sito , ne diressero alla loro volta tale una tempesta, che i due giovani, infermieri dovettero alla prestezza delle loro gambe e al fortunato incontro di due guardie daziarie , se non ne furono raggiunti, malconci e pesti.
Non ostante questa disumana accoglienza, si continuò a recarsi al lazzaretto finché ne fu bisogno. In appresso si raffreddò l'ira dei vicini, rimanendo solo l'ammirazione di tutta la città.
Degno pure di particolare ricordo ci sembra l'aiuto prestato ad uno dei primi colerosi. Nel mattino del 16 di agosto, festa di s. Rocco, compatrono di Torino , una persona viene all' Oratorio dicendo che , seduto sopra la riva del prato dei fratelli Defilippi, già campo dei nostri convegni, stavasi un povero uomo in preda a dolori, e domandava soccorso. Don Bosco chiama tosto il giovane Carlo Tomatis e con lui si porta sul luogo. Colà trova difatto un operaio colto poc' anzi dal morbo micidiale , mentre stavasi mangiando un melone, di cui aveva ancora d'accanto un mezzo. Alcuni curiosi lo stavano osservando con aria di spavento ; ma niuno osava dargli la mano, tanto era il panico terrore, onde tutti erano compresi. Fattoglisi da presso , Don Bosco lo conforta con incoraggianti parole, indi aiutato dal predetto giovane lo alza e lo rimette in via. Il povero uomo per qualche tratto poté ancora muovere le gambe e camminare ; ma arrivato ad un certo punto fu assalito dal granchio e da dolori così gagliardi , che si diede come corpo morto. Fu d'uopo allora sollevarlo di viva forza e portarlo come un cadavere. Giunti al lazzaretto, gli si prodigarono tosto le prime cure, gli si amministrarono i Sacramenti, e a mezzogiorno egli non era più.
Di un altro fatto alquanto singolare, e fors'anche prodigioso , vogliamo pur far cenno, ed è il seguente. In una casa , situata in via Cottolengo non lungi dal pio Istituto del Rifugio , portavasi a lavorare una buona, ma povera donna. Ella vi rimaneva lungo il giorno, e nella sera, eccettuate rarissime volte, ritornava a casa sua. Per comodità di lei il padrone lasciava a sua disposizione un oscuro stanzino presso al solaio , dove quella riponeva qualche oggetto di sua spettanza, e prendeva un po' di ristoro. Or bene , il giorno 8 di settembre, festa della Natività di Maria Vergine, un giovanetto dell' Oratorio , del quale dovremo occuparci a suo tempo , si presenta in quel sito e domanda al padrone: « Vi è forse qui alcuna persona presa dal coléra ? - No, per grazia di Dio, qui non ve n'è alcuno, rispose colui. - Eppure qui ci deve essere qualche infermo che sta male, riprese il giovanetto. - Scusa , buon ragazzo , conchiuse il padrone, tu avrai presa una casa per un'altra; ma qui in fede mia siamo tutti sani e fuori di letto. » Ad una negativa così recisa il nostro fanciullo se ne esce di là un momento, dà uno sguardo all'intorno, e poi rientra e dice al padrone : « Mi faccia il favore di osservare attentamente , perché in questa casa vi deve essere una malata. » A questa graziosa insistenza quell' uomo accondiscese a fare una visita per la sua casa. Insieme col giovanetto passa dall'una all'altra stanza, finché giunge eziandio in quel nascosto bugigattolo. Colà appunto con sua dolorosa sorpresa egli trova rannicchiata quella povera donna, ridotta agli estremi di vita. Credeva il padrone che la sera innanzi , secondo il solito, ella si fosse recata a casa, ed invece salitavi forse per un po' di riposo era stata colpita dal coléra all'insaputa di tutti. Le si chiamò subitamente il Sacerdote, il quale, confessata che l'ebbe , ed amministratale l'Estrema Unzione, la vide spirare nel bacio del Signore.
Noi passiamo qui sotto silenzio varii altri fatti per toccare di uno, che ci riguarda molto da vicino. In quel tempo i giovani del nostro Ospizio, compresovi D. Bosco e sua madre, formavano già una famiglia di quasi cento persone. Orbene, posti in un sito, dove il coléra infierì così crudelmente, che, a nostra destra, a sinistra e di fronte, ogni casa ebbe a piangere i suoi morti, dopo circa quattro mesi, passato il flagello, noi ci contammo, e di tanti che eravamo non uno mancava. Il morbo ci aveva serpeggiato attorno, erasi avanzato sin sulla porta dell'Oratorio, era penetrato anzi nella stessa camera di Don Bosco ; ma parve che una mano invisibile gli additasse di retrocedere, ed egli obbedì, rispettando la vita di tutti. Cosa poi, la quale faceva stupire, era il vedere i giovani, che in quel tempo eransi consacrati al servizio degli infermi. Erano essi così sani, vegeti e prosperosi, che parevano aver passati quei giorni, non già tra le esalazioni mefitiche dei lazzaretti e delle case appestate, ma in campagna deliziosa e salubre , in seno alle vacanze ed al riposo. Quindi tutti quelli, che conoscevano la cosa, n'erano maravigliati, e noi più di ogni altro ; ed era impossibile non iscorgere in quel l'atto la pietosa mano di Dio, che ci aveva visibilmente protetti.
Abbiamo accennato di sopra, che il morbo era penetrato sin nella camera di D. Bosco ; dobbiamo aggiungere che ancor lo assalì. Infatti, ci raccontò la madre sua Margherita , che una sera , dopo un giorno di grande strappazzo , egli , postosi in letto, sentissi sorpreso da una grande debolezza in tutta la vita ; poscia dal freddo e dal granchio ai piedi e alle gambe; insomma da tutti i segni precursori del gran nemico. Che fare ? Temendo forse di spaventarci, se domandava aiuto, egli si prestò da se stesso il servizio solito a prestare ai colerosi. Laonde , tenendo con ambe le mani la coperta e le lenzuola, ei si diede a fregare l' uno coll' altro e a dimenare i piedi e le gambe con tanta forza nel letto , che , dopo un quarto d'ora, stanco ed oppresso dalla fatica, tutto il suo corpo era immerso in un sudore. In quello stato D. Bosco si addormentò, svegliandosi al mattino senza alcun male. Fu questo l'unico caso di coléra, che avessimo tra noi.
Cessato che fu intieramente il malore in città e nel suo territorio , D. Bosco volle che noi ne rendessimo vive grazie al Signore, per avercene così amorosamente difesi. A questo fine venne fissato l'otto di dicembre, solennità dell'Immacolato Concepimento di Maria Vergine, che in quel giorno stesso l'immortale Pontefice Pio IX, nella Basilica Vaticana, circondato da 200 tra Cardinali, Patriarchi, Arcivescovi e Vescovi, accorsi anche da lontane parti del mondo, proclamava solennemente dogma di fede. Nel mattino di quel dì memorando, i giovani dell'Ospizio e molti dell'Oratorio festivo si accostarono divotamente ai Santi Sacramenti della Confessione e della Comunione ad onore di Maria Immacolata , che aveva certamente pregato per noi, e copertici col manto della sua bontà di Madre. Nella sera poi D. Bosco con apposito discorso preparò gli animi nostri al rendimento di grazie. Parlò in modo conveniente e a noi adattato del caro mistero , definito in quel dì quale verità di fede ; disse poscia della bontà e potenza di Maria a pro de' suoi divoti ; e infine passò a dire come, scomparso ormai ogni pericolo del coléra, noi fossimo in dovere di ringraziare il Cielo per avercene preservati. D. Bosco paragonò il passaggio del coléra nei nostri paesi al passaggio dell'Angelo sterminatore in Egitto ; e per farci meglio comprendere l'insigne benefizio, che ci aveva fatto il Signore, egli ci descrisse varie scene dolorose, avvenute in più luoghi della Liguria, del Piemonte, in Torino stessa, e in alcune case del nostro vicinato. « Sì, così egli terminò, sì, miei cari figli, ringraziamo Iddio, chè ne abbiamo ben donde; poiché, come voi vedete, Egli ci ha conservati in vita tra mille pericoli di morte. Ma, affinché il nostro ringraziamento gli riesca più gradito, uniamolo con una cordiale e sincera promessa di consecrare a Lui solo il resto dei nostri giorni , amandolo con tutto il cuore , praticando la Religione da buoni cristiani, osservando i comandamenti di Dio e della Chiesa, fuggendo insomma il peccato mortale , che è un morbo infinitamente peggiore del coléra e della peste. » Ciò detto, egli intonò i. Te Deum, e i giovani ne proseguirono il canto col più vivo trasporto di riconoscenza e di amore.
Porremo fine a questo capo con un ultimo fatto. E qui primieramente siamo lieti di tributare una ben meritata lode al Municipio Torinese di allora, il quale non soltanto usò le più sollecite cure e per prevenire e per scemare i tristi effetti del malore pestilenziale; pubblicando per tempo savie regole d'igiene, creando lazzaretti qua e colà , e sopratutto provvedendo alla cura ed all'assistenza dei malati ; ma pur col soccorrere a tanti poveri fanciulli di mano in mano, che venivano orbati dei loro parenti. A questo benefico scopo egli aperse provvisoriamente un Orfanotrofio presso la Chiesa di S. Domenico , dove provvide albergo , vitto e vestito ad un gran numero di orfanelli , i quali senza di questa caritatevole misura sarebbero stati in quel terribile frangente abbandonati sopra di una strada. Si fece di più ; poiché il Sindaco non fu pago che quei poveri fanciulli fossero provvisti delle cose necessarie al corpo, ma pensò eziandio alla cultura della mente e del cuore, e quindi pregò D. Bosco che volesse assumersi l'uffizio di loro institutore. Non occorre il dire con quanto piacere il nostro buon padre assecondasse il lodevole desiderio del Capo del Municipio di Torino. Per la qual cosa egli prese a dividere il suo tempo tra i colerosi e i poveri orfanelli, passando varie ore del giorno con essi; anzi, affinché avessero la necessaria istruzione, scelse alcuni dei giovani dell' Oratorio più abili , e li destinò a fare loro scuola in ore determinate , ed ammaestrarli nella Dottrina cristiana.
Così praticossi sino al mese di novembre, quando il Municipio chiuse l' Orfanotrofio , e ne affidò i fanciulli parte ad uno e parte ad un altro Istituto di beneficenza. Venti dei più piccini furono consegnati a D. Bosco , e da quel giorno divennero nostri compagni ed amici. Formavano essi una classe a parte , che per celia noi chiamavamo la classe bassignana, perché composta dei più piccoli o bassi. Alcuni di loro, imparata che ebbero una professione, uscirono poscia dall'Ospizio; altri vi rimasero e vi rimangono tuttora , affezionati sempre a colui, che divenne loro secondo padre.
La istruzione impartita agli orfanelli di S. Domenico, e il ricovero di una buona parte di loro nel nostro Ospizio di S. Francesco di Sales, furono due atti, che gradirono altamente al Comitato di pubblica beneficenza stabilitosi in quel tempo pei poveri colerosi di Torino, e il Sindaco ne scriveva a D. Bosco lettere , che per debito di storici vogliamo qui riprodurre.
« Città, di Torino - Torino, addì 7 dicembre 1854. » ILL.mo SIGNORE,
» Il Sindaco sottoscritto, a nome del Comitato di pubblica beneficenza pei poveri colerosi e loro famiglie , recasi a doverosa premura di rendere alla S. V. Ill.ma le più distinte grazie pel nobile, e generoso di Lei concorso prestato coll' istruire quei poveri orfani, che vennero temporariamente ricoverati nell'Orfanotrofio di S. Domenico, i quali non mancheranno al certo di innalzare preci a Dio pel loro degno istruttore.
» Nell'adempiere lo scrivente all'affidatogli incarico, si pregia nel suo particolare di rinnovarle i sensi della sua più distinta stima e considerazione.
» Il Sindaco Presidente
NOTTA. »
In altro foglio in data del 4 dello stesso mese, nel pregare che ei fa D. Bosco, che voglia accogliere nel suo Istituto un nuovo orfanello per nome Andrea Fioccardi , il medesimo sig. Sindaco aggiunge : « Coglie il sottoscritto questa opportunità, onde ringraziare la S. V., a nome del Comitato a tal fine istituitosi, pel concorso da Lei prestato nel ricoverare quei poveri orfani, di cui i genitori rimasero vittima del fatal morbo, che per circa quattro mesi afflisse la nostra città e territorio (1). »
I fatti sopra esposti, e questi documenti del Municipio di Torino, sono una non dubbia prova del vantaggio, che apportava sin d'allora l'Istituzione dell'Oratorio di S. Francesco di Sales ; vantaggio, il quale dopo 28 anni non e punto scemato, che anzi col favore di Dio e dei buoni continua , esteso oggimai , non più ad un luogo solo, ma a più di 140 tra Italia, Francia, Spagna ed America.
(1) Vedi opuscolo : L' Oratorio di S. Francesco di Sales, Ospizio di beneficenza, appendice n. 3, Torino Tipografia Salesiana, 1879.
Nella lettera indirizzata ai Cooperatori e alle Cooperatrici , da noi pubblicata nel Bollettino di Gennaio, D. Bosco tra le altre cose diceva loro « Io sarei ben disposto ad attenermi al consiglio di sospendere altre opere buone, ma a patto che il demonio ed i suoi seguaci sospendessero anche le loro opere malvagie. Ma siccome essi fanno il contrario , così vi dico in verità che neppur io posso fermarmi, e tiro innanzi appoggiato alla divina Provvidenza e alla vostra carità. »
Queste parole tornarono molto amare al demonio, il quale per vendicarsene tentò di fare contro di lui quello , che colla divina permissione fatto aveva contro il pazientissimo Giobbe. Ecco di che si tratta.
I nostri lettori sapranno che tra le Case Salesiane vi ha pure una cartiera nel paese di Mathi Torinese, destinata a provvedere la carta per istampa alle nostre tipografie di Torino, Sampierdarena, Nizza Marittima e Buenos-Aires ; poiché i libri che vi s'imprimono e si diffondono a benefizio della istruzione del popolo ascendono a più milioni di copie all'anno.
In detta fabbrica erano impiegati varii giovani e uomini addetti al nostro Istituto , ed una sessantina di persone ed operai del paese, che dal proprio lavoro provvedevano il pane a se stessi e alle loro famiglie. Alcuni vi attendevano anche di notte , quali presso la macchina a vapore, e quali in uno o in altro indispensabile uffizio.
Or bene, il 3 dell'or passato febbraio, .verso le cinque e mezzo del mattino, si ode un gran colpo, che scuote e atterrisce tutto il paese. Orribile a dirsi ! Mentre due operai esterni, praticissimi del loro mestiere , lavoravano , intorno alla macchina, scoppia d'improvviso una caldaia a vapore, entro cui cuocevano gli stracci ; fa saltare in aria le volte , i muri, il tetto della casa ; sconquassa tutto il macchinismo della fabbrica, e, quello che è più deplorabile, seppellisce e schiaccia i due poveri uomini, rendendoli informi cadaveri. Disgrazia più grande non ci accadde giammai. Imperocchè nella notte del 2 dicembre del 1852 ci cadeva la nuova casa in costruzione del nostro Ospizio di S. Francesco di Sales, ma non ci faceva alcuna vittima. Nel mese di agosto del 1856 si rovesciavano ben quattro piani del resto della fabbrica , che si stava allora innalzando , ma niuna persona vi era colta. Ma ultimamente, oltre la rovina della casa, si ebbe a deplorare la morte di due uomini.
Il buon Dio per altro nel permettere questo sfogo di rabbia al nemico di ogni bene non si dimenticò della sua bontà e misericordia; poiché, se mai lo scoppio fosse accaduto anche solo un'ora dopo, quando cioè tutti gli operai si trovavano sul lavoro, non si può calcolare quanto più grande sarebbe stata la disgrazia! Ma ciò non fu; ne sia benedetto il Signore.
E benedetti sieno pure tutti coloro , che concorsero in quei giorni a lenire il nostro dolore; benedetto il Sindaco e il Municipio di Mathi, che soccorse le famiglie orbate dei loro capi ; benedetti quei coraggiosi, che dimentichi di se stessi, e come prodighi di loro vita si prestarono volenterosi a cercare e trarre di sotto alle ruine le povere vittime; benedetti i padroni e i lavoranti delle vicine fabbriche, che al domani diedero un attestato di vera fratellanza coll' accompagnare all'ultima dimora le spoglie mortali dei compianti operai. Sì, il buon Dio tutti li benedica, e tenga da loro lontane consimili disgrazie.
Intanto si capirà facilmente che il danno materiale arrecatoci è assai grave. Per ripararlo, occorre nientemeno che rifabbricare la casa, provvedere nuove macchine, acquistare nuovi attrezzi. O fare così, o darla vinta al demonio, cessando o diminuendo pubblicazioni, che spargono in mezzo al popolo i semi della vera civiltà, col sostenere la religione e il buon costume. Dovremo darla vinta a satana ? Non mai. Abbiamo solo bisogno, che altri ci aiuti.
E qui ricordiamo di buon grado quello che accadde al santo Giobbe. Rubati gli armenti, uccisi i servi , rovesciate le case, schiacciati i figli ; e tutto questo , come ci racconta la sacra Bibbia , fu cagionato dal demonio, col permesso di Dio, che volle far prova del suo servo. Ma ben presto il Signore fece risplendere la sua bontà ; ebbe compassione di lui, dice il sacro Testo, e gli rendè il doppio di quello , che gli era stato rapito. Difatto Iddio pose in cuore agli amici, ed ai conoscenti di Giobbe un vivo desiderio di aiutarlo; e quindi con una gara amorevole gli uni portavangli una pecora, gli altri un agnello, quegli un oggetto d'oro, questi un altro dono: Et consolati sunt eum ; et dederunt ei unusquisque ovem unam, et inaurem auream unam (1). Per questo modo Giobbe ritornò nel suo stato primiero e più florido ancora, e riprese ad essere, come prima, l'occhio del cieco, il consolatore degli afflitti, il padre degli orfani.
Noi speriamo che i nostri caritatevoli Cooperatori e Cooperatrici non vorranno essere da meno di quell'antica gente. Essi sapranno tenere da conto del fatto loro; non faranno spese inutili, e s'industrieranno per mettersi in grado di concorrere in qualche modo a medicarci questa ferita.
Essi potrebbero eziandio cooperare a quest'opera di cristiana e civile beneficenza col diffondere libri da noi pubblicati , coll' associarsi alle Letture Cattoliche, col procurarci altri associati, e col mandare il saldo dell'associazione , qualora non lo avessero ancor fatto.
(1) Job. cap. ultim.
Raccomandiamo la Società Apostolica Istruttiva , il cui scopo consiste in un generale Apostolato per l'istruzione accoppiata all'insegnamento dei doveri di religione. Consacrata al S. Cuore di Gesù , è posta sotto la protezione di Maria SS., Regina degli Apostoli. Benedetta dal S. Padre, incoraggiata da Eminentissimi Cardinali e Prelati, è distinta in tre gradi o categorie di soci.
I fedeli d' ogni età e d' ambo i sessi possono essere iscritti al terzo grado, i cui Regolamenti saranno spediti gratis ad ogni richiesta. L'organo di detta Società è il Monitore Romano , Bollettino istruttivo illustrato, che si pubblica in Roma due volte al mese, al prezzo annuo di sole L. 2,50. La stessa Società è anche in grado di stampare l buone pubblicazioni a prezzi mitissimi. Sono pregati specialmente i RR. Parroci a farsi cooperatori di questa impresa eminentemente cattolica col fondare sezioni parrocchiali a tenore dei regolamenti del III grado.
Non solamente il I grado di detta Società, che si dedica esclusivamente a questo santo scopo, è in piena azione, ma anche il III grado è già stato introdotto in diverse diocesi d'Italia e dell' Estero.
Per ogni informazione e richiesta dirigersi alla Direzione generale in Roma, casa di S. Brigida, piazza Farnese 96.
Acconcissimo all'educazione dell'operaio si presenta il libretto portante questo titolo, dalla nostra tipografia testé pubblicato. E un libro fatto proprio per il popolo , e scritto da Francesco Gallo, Tenente nel R. Esercito. Ecco come lui stesso nella prefazione a tal proposito scrive.
« I fatti che espongo in questo libro non sono creati dall'immaginazione, ma reali. Alcuni avvennero sotto i miei occhi, e io stesso ne fui parte; altri mi furono narrati da testimoni oculari. In essi si vedrà quanto le persone più umili e ignorate, educate dalla Religione Cristiana , possono essere utili al prossimo, necessarie alla società , grandi al cospetto di Dio. Esse passarono sulla scena del mondo senza vantarsi, senza pretendere ricompense, senza credersi da più degli altri; anzi, quanto più furono caritatevoli, si reputarono più inutili e più pigre nel ben fare. Non dissero nemmeno una volta: - Feci il mio dovere ; - ma temettero sempre di non averne fatto neppure una piccola parte; imperocché ebbero costantemente davanti agli occhi un modello di carità così perfetto in tutto, che nel profondo del loro cuore si stimarono quasi dà meno del nulla. Se ebbero le loro debolezze , come tutti ne abbiamo, non ebbero mai quella di ricordarsi del bene che fecero; e in questo splende di luce purissima la santità della nostra Religione, che infonde un si grande amore per gli altri, e ne permette così poco per noi stessi. Quando si ha lavorato tanto da non poter più alzare un braccio, non si crede di aver fatto abbastanza, ma di non saper adoperare l'energia che ci diede il Creatore, per correre verso la fine a cui ci chiamò. E questo è vero. Un uomo che conosca la sua dignità, non deve mai essere stanco , non deve mai credere d'aver fatta tutta la sua parte. La ricompensa che è preparata alla virtù è tanto grande, che non è mai troppo ciò che faremo per conseguirla.
Io cercai le persone più oscure, sia per glorificare , se mi è possibile , il loro nome, che per mostrare ai grandi quanto devono essere benefici, ed ai piccoli come possono nobilitare la loro povertà. Voglia Iddio concedermi la grazia che io non abbia scritto invano. »
Contiene i seguenti racconti : - Bianca Maria Maggiani - La vera amicizia - Il soldato cristiano - La sapienza d'un calzolaio - Le glorie dei grandi e dei popolani - Peripezie di un avaro - Bianchina Parodi, ossia la carità verso i parenti.
É un volume in 16° piccolo, su carta distinta, di pag. 308, e vendesi dalla Libreria Salesiana in Torino, e da quelle di S. Vincenzo in S. Pier d'Arena e dell'Oratorio di S. Croce in Lucca, a beneficio dei giovani operai raccolti ed educati negli Istituti Salesiani delle stesse città. Prezzo L. 2, legato in tela per premiazioni L. 2,70.
In questo N.° va unita una copia del disegno della Chiesa del Sacro Cuore di Gesù in Roma.
Noi l'offriamo ai nostri caritatevoli Cooperatori e Cooperatrici , e speriamo che ci aiuteranno, affinché questo disegno sia realizzato al più presto possibile.
Lo facciano eglino conoscere nei proprii paesi , e se ne servano per eccitare qualche persona a compire un atto di carità e di religione , a fare una qualche elemosina ad onore del Sacro Cuore di Gesù, fonte di amore e di misericordia.
Ciascuno ricordi a se stesso e agli altri le belle promesse fatte dal divin Cuore a' suoi divoti. Se Egli assicura di benedire le abitazioni , dove sarà esposta ed onorata la sua immagine , quali grazie non verserà mai sopra di coloro, che si adopreranno ad erigergli una Chiesa?
Per concessione pontificia, in data del 9 di maggio 1876, ogni Cooperatore ed ogni Cooperatrice può guadagnare tutte le Indulgenze dei Terziarii di S. Francesco di Assisi, tanto plenarie, quanto parziali.
Fra le altre può acquistare Indulgenza plenaria una volta al giorno, da applicarsi alle anime del Purgatorio, recitando la terza parte del Rosario di Maria Vergine avanti al SS. Sacramento, e non potendo avanti al divin Sacramento, recitandola innanzi al Crocefisso.
Indulgenza plenaria ogni volta che si accosta alla santa Comunione.
Può altresì lucrare moltissime Indulgenze nel corso del giorno , mediante la recita di sei Pater, Ave e Gloria, secondo la mente del Sommo Pontefice. E queste indulgenze , applicabili alle anime purganti , le può acquistare toties quoties, ossia tutte le volte che recita i suddetti Pater, Ave e Gloria in qualunque luogo, senza bisogno di Confessione e Comunione, purché sia in grazia di Dio.
Oltre a queste, un' altra Plenaria ne può guadagnare ogni Domenica, e nei giorni qui sotto notati, purché confessato negli otto giorni, e comunicato visiti una qualche Chiesa o pubblico Oratorio, pregandovi secondo la mente del Sommo Pontefice.
2. Tutti i giorni della Settimana Santa dal 2 al 9.
24. S. Fedele da Simmaringa. 28. S. Paolo della Croce.
Con permesso dell'Aut. Eccl. - FERRARI GIUSEPPE gerente respons. Tip. di San Vincenzo De' Paoli, Sampierdarena 1882.