ANNO VI. N. 10. Esce una volta al mese. OTTOBRE 1882.
Direzione nell'Oratorio Salesiano. - Via Cottolengo. N. 32, TORINO
SOMMARIO. Dionigi il tiranno e i maestri irreligiosi - Lugubre fatto recente - L'Arcivescovo di Napoli e le scuole elementari - La Rosa del Carmelo nelle mani del Santo Padre -- La Rosa del Carmelo e l'Unità Cattolica - Un regalo appropriato per la prossima festa di Santa Teresa- L'Apostolo S. Giovanni e la Chiesa primitiva - La Chiesa di San Giovanni evangelista descritta dall'ingegnere Alberto Buffa - Le inondazioni - Il LXVII natalizio di D. Bosco e un brindisi del prof. Vincenzo Lanfranchi - Lettera americana - Storia dell'Oratorio di S. Francesco di Sales - Bibliografia - Indulgenze speciali pei Cooperatori Salesiani.
Racconta Plutarco, nelle Vite degli uomini illustri, un morale assassinio, commesso da Dionigi , tiranno di Siracusa , a danno di Dione suo cognato. Cacciato questi in esiglio aveva lasciato in città colla moglie un figliuolino, che per indole, per ingegno e per costumi formava la speranza , l'amore , la delizia dei genitori e di tutti i parenti. Or che fece il tiranno ? Per disfogare la sua rabbia contro dell' esiliato padre, comandò che al fanciullo fosse impartita una educazione scellerata: Filium eius, scrive il Cornelio, sic educari jussit, ut, indulgendo , tuirpissimis imbueretur cupiditatibus. Quindi con lezioni inique, con esempi scandalosi, con atti infami ne perverti la mente , ne corruppe il cuore , ne avvelenò l'anima per siffatta guisa , che per male inclinazioni, per vizi e turpitudini il ridusse più bestia che uomo. Dopo alcun tempo , Dione rimpatriò ; ma non gli fu più possibile di rivocare a sani consigli il depravato figlio, il quale anzi, infastidito e delle ammonizioni del padre e della sorveglianza dei custodi , salito un giorno sul tetto della casa, si tolse la vita precipitandosi a terra. Effetto funesto e spaventoso di una trista educazione ! É da compatire il figlio, da compiangere il padre, ma da esecrarsi Dìonigi, causa precipua del terribile caso. La sua fu vendetta , tradimento, assassinio, di cui non poteva essere capace fuorchè un tiranno barbaro e crudele , abborrito dai secoli.
Ma ohimè ! La catena di consimili fatti non è ancor finita. Spenta non è ancora la razza di quei maestri d'iniquità , che depravano le anime dell'incauta gioventù; e i padri e le madri, oggi più che mai, hanno motivo di temere insidie e tradimenti pei figli loro. Segnaliamo qui un fatto solo.
Nei primi giorni dello scorso settembre si è tenuto in Napoli il III Congresso dei maestri e delle maestre elementari d'Italia, di coloro cioè, in cui deposito , e alla cui educazione sono affidate le gioie e le speranze delle nostre famiglie. Or bene, questo Congresso, satanicamente inspirato, votò e sancì una proposta fatale , che deve atterrire ogni padre ed ogni madre, che abbia figliuoli alle scuole primarie. Il Congresso medesimo, l'anno passato, raccoltosi in Milano risolveva di rendere la scuola laica, come dicono, cioè atea, senza Dio ; deliberava di abolire il Catechismo nelle scuole; eccitava quindi maestri e maestre a non parlare di Religione ai loro allievi ed allieve, a tenerli insomma, su tal punto, in una ignoranza assoluta. Ma quest'anno l'inconsulta Assemblea, per promuovere più facilmente il regno di Satana in sulla terra , e distruggervi, se dato le fosse, quello di Dio, fece un passo in avanti, e prese la funesta deliberazione di rendere la scuola elementare anticlericale, vale a dire, apertamente irreligiosa ed empia ; propose ed inculcò ai maestri e alle maestre d'Italia di allevare i fanciulli e le fanciulle della rispettiva scuola non solamente ignoranti, ma nemici della Religione , nemici di Dio , nemici di Gesù Cristo , nemici della Chiesa , nemici del Papa; di formarli derisori di ogni verità e pratica sacrosanta; derisori della immortalità dell'anima e del giudizio; derisori del paradiso e dell'inferno; renderli in una parola increduli, viziosi, bestiali, sventurati in vita, disperati in morte, dannati per tutta la eternità.
Davvero che solo il demonio, chiamato già dall'apostolo S. Giovanni omicida fin dal principio del mondo , potè essere il consigliere di una tale proposta e deliberazione. Davvero che maestri e maestre, che riducano in pratica una risoluzione siffatta, sono più dannosi che i ladri, più temibili che gli assassini, più micidiali che gli avvelenatori. Davvero che cotali maestri e maestre per una famiglia sono più funesti di chi con tradimenti, con frodi e rapine la spogli di ogni ben di Dio, e la getti sul lastrico.
I bimbi anticlericali , i bimbi atei ! esclama dolorosamente tra gli altri giornali L'Osservatore Cattolico di Milano. È una mostruosità che mette ribrezzo. Avete mai veduto la mamma , che domanda al fanciulletto: « Dov'è Dio? » -- Il fanciulletto stende l'indice , lo rivolge al cielo, e risponde « È là » - « Sì, Dio è in cielo, in terra, in ogni luogo, prosegue la mamma. Tu verrai alto, tu lavorerai, tu soffrirai, e quando soffrirai ricórdati che Dio ti è sempre vicino, e conterà le tue lagrime , le muterà in gemme per una corona eterna. Tu siigli fedele. Egli per la sua Chiesa ti comanda il bene, ti vuol buono, ti giudicherà. Io morrò, figliuol mio, ma in Dio sarò, anche morta, presso di te, e tu in Dio saprai amarmi e pregare per me » . Un bacio sonoro , umido di soavissimo pianto depone la mamma sulle gote del fanciullino, che non tutto comprende ancora , ma a suo tempo comprenderà, e intanto sente la commozione di quel momento indescrivibile di fede e di amore - un bacio, che è un patto che dura sino alla eternità. Il maestro di scuola farà ben altro. Inaridirà coll'istruzione anticlericale le fonti tutte, dalle quali derivano queste maraviglie, Sulla tomba dei genitori dirà al figlio : Tuo padre non è che polvere, tua madre è putredine, tua sorella è vermini !!! ...
In vista di sì grande pericolo di pervertimento , che sovrasta forse anche a tante famiglie dei nostri Cooperatori e Cooperatrici, leviamo noi pure la debole nostra voce , e diamo l' allarme. Padri e madri, aprite l'occhio, e badate che certi maestri e certe maestre non siano per voi e pei figli vostri altrettanti Dionigi di Siracusa. Non permettete che i vostri figli si rechino a cotali scuole. « Che i maestri crescano degli asinelli, diremo col citato periodico, è già deplorevole; ma che poi agli asinelli, che crescono, abbiano ad insegnare a tirar calci contro le verità sacrosante , contro la Religione divina, contro la Chiesa Cattolica, è cosa assolutamente intollerabile. Sacra è la Religione, sacro è il fanciullo. I maestri, che hanno proposto la istruzione anticlericale , sono turpissimi iconoclasti : rimangano soli nelle loro scuole, e non un padre, non una madre, che abbia buon senso, affidi loro i figliuoli. Nè basta; ma genitori e Sacerdoti sorveglino i maestri elementari, e se sono antireligiosi sappiano cacciarli, come si meritano, dalle scuole dei loro paesi: non si dia loro quartiere; la pietà e i riguardi ai maestri anticlericali sarebbe l'eccidio dei figli. Non vogliamo sicarii ».
Mentre stavamo correggendo le bozze dell'articolo soprascritto ci giungeva, da un paese del Monferrato, relazione di un tristissimo caso, che ritrae assai di quello del pervertito figliuolo di Dione. Lo esponiamo qui quasi a conferma dei manifestati timori, sopprimendo solo il nome del luogo e della desolatissima famiglia.
« Nel paese di ..., havvi una famiglia signorile , cognominata ..., la quale teneva un giovane alla Università, studente di matematica. Or bene questo giovane già da due anni ingannava i suoi parenti, e lo stesso suo zio distinto Dott. di medicina, dando ad intendere che studiava e che era lodevolmente promosso ai corsi superiori, mentre invece passava il tempo in cattive letture, in male compagnie, e lontano affatto da ogni pratica di religione. Quest'anno ei doveva prendere la laurea. Noto che l'anno scorso dall'Università di Torino passò a quella di Pavia, forse per continuare la sua vita scioperata, e per meglio ingannare la famiglia. Nel mese del passato luglio i genitori l'aspettavano ansiosi per la speranza della conseguita laurea, ma egli non comparve. Ai 4 del corrente settembre si porta a Pavia per trovarlo il suo cognato colla moglie , e lo veggono irrequieto e furibondo. I due signori si accorgono ben tosto che lo studente non è pure inscritto a quell' Università , e se ne accertano de visu. Allora procurano di calmarlo , notandogli che vi sono moltissime altre carriere onorevoli nella società; ma l' infelice giunge a sottrarsi alla loro sorveglianza, e il giorno 7 va a buttarsi nelle acque del Ticino, lasciando scritto in un foglio queste parole : Colla morte vado a purgare i miei errori. Il suo cadavere fu rinvenuto due giorni dopo. Il povero giovane non aveva che 22 anni ! ! »
Ed ora, genitori tutti quanti, parenti, professori e maestri, erudimini, imparate. La sola Religione co' suoi celesti insegnamenti , co' suoi timori, colle sue speranze, co' suoi conforti può salvare la studiosa gioventù , e risparmiare alle famiglie i più amari disinganni, le più terribili sciagure.
Lo scandalo, prodotto in Napoli dal III Congresso degli insegnanti italiani, colla diabolica deliberazione da noi accennata , ha dato occasione allo zelantissimo Mons. Guglielmo Sanfelice, Arcivescovo di Napoli, di scrivere una preziosissima lettera pastorale, per condannare l' empio attentato , premunire il caro suo popolo, e ricordare ai padri di famiglia il più santo dei loro doveri.
Quantunque diretta alla sola archidiocesi napolitana, tuttavia gli insegnamenti, che la detta pastorale contiene, sono utilissimi a tutti gli altri fedeli, soggetti oggidì agli stessi pericoli e agli stessi doveri.
Per la qual cosa noi la riproduciamo per aggiungere maggiore efficacia a quanto esponemmo più sopra, e per fare vie meglio conoscere le insidie dei lupi rapaci, che sotto le blande lane del maestro cercano di menare strage degli agnelli di Gesù Cristo, e portare la desolazione nelle famiglie cattoliche.
GUGLIELMO SANFELICE ECC. Al Clero ed al Popolo della sua Archidiocesi salute e pace nel Signore.
« Posti dal Signore a vegliare sulle sorti di questo popolo fedele , Noi ci sentiamo profondamente contristare l' animo al vedere i pericoli sempre crescenti, che esso corre , e siamo stati costretti più volte a levare la nostra voce per avvertire quelli, che n'erano più particolarmente minacciati. Ma oggi, dilettissimi Figli, un pericolo assai più grave Ci obbliga a dirigervi la Nostra parola, conciossiachè i diabolici sforzi de' nemici della nostra fede han preso più direttamente di mira l'educazione della gioventù, di questa cara gioventù, speranza della famiglia e della società, e con un insegnamento irreligioso e libertino tentano di distruggere in sul nascere le speranze dell'avvenire.
« E per verità, senza dire di quegli insegnanti, e sventuratamente ce ne ha di molti, i quali, mentre sempre che loro cade in acconcio , gittano dubbii su' dommi di nostra fede, pongono in dileggio i riti della Chiesa e ne vilipendono la divina Autorità, e tessono le più sperticate lodi ad uomini per le loro false dottrine, e per la loro vita malvagia condannati dalla Chiesa, si dilettano poi di propalare le colpe, nelle quali la fragilità umana ha trascinato qualche ministro dell'altare, aggravandone le tinte, ed aggiungendovi senza scrupolo le invenzioni di perfidi calunniatori, tacendo con ogni studio le virtù di quegli altri moltissimi, che furono esempi specchiati di virtù morali e cittadine; senza dire di quella colluvie di libri, che nelle scuole si mettono ad arte nelle mani de' giovani semplici ed inesperti, ove il veleno della corruzione e dell'incredulità si propina largamente, libri perciò condannati espressamente dalla Chiesa nostra tenera Madre , ed infallibile Maestra ; in questi giorni il nostro cuore è stato atrocemente straziato dall'eco di un grido uscito di mezzo ad un Congresso d' insegnanti elementari, tenuto in questa nostra carissima e cattolica Napoli. Perocchè quasi non bastassero le insidie tese alla gioventù nell'insegnamento superiore dei Licei e de' Ginnasii, si è tentato di attaccarne le radici, scendendo alle scuole elementari , ed alle piante tenerelle, che in queste scuole si coltivano, innestare il veleno dell'ateismo.
« E ciò si è procurato di fare non pure negativamente, non essendosi quel Congresso dato alcun pensiero dell'istruzione religiosa, che fu mai sempre riputata come la base di ogni sana educazione, ma si è preteso positivamente di elevarlo a dignità di principio, dichiarando che la scuola elementare debba essere anticlericale ! Quel che oggi suoni codesta barbara parola , già tutti lo sanno. Essa suona odio al Clero, odio alla Chiesa, odio soprattutto al Papa, che n'è il Capo e per conseguenza alle pratiche religiose; odio a Dio, perchè fuori della Cattolica Chiesa dov'è la vera Religione, dov'è Dio? E or quest'odio appunto si vuole infondere, alimentare nell'animo de' bambini ! E si vuole infondere ed alimentare nelle scuole, da quelli che han contratto innanzi alla famiglia ed alla società l' obbligo di educarne la mente ed il cuore! E non è questo il più nero tradimento? Non è questo il baratro più orrendo, che si scava alla famiglia ed alla società? Ah! imbevuto di false massime il fanciullo travia ben presto ; traviato non torna indietro, perchè non sa dove tornare ; andrà oltre , sempre oltre nella via dello scostume , dell' iniquità e del delitto! Il giovanetto (lo ha detto lo Spirito Santo ne' Proverbi XXII, 6), presa che ha la sua strada, non se ne allontanerà nemmeno quando sarà invecchiato.
« Or come Pastore e Padre delle anime vostra Noi protestiamo, Figliuoli dilettissimi, altamente contro codesto gravissimo attentato. e con tutte le forze dell' animo Nostro , con tutto il peso della Nostra Autorità detestiamo, riproviamo e condanniamo siffatto empio disegno di eliminare dalle scuole de' fanciulli ogni elemento religioso.
« E però a voi innanzi tutti, o religiosi insegnanti, che avete coscienza dell'alta missione affidatavi, a voi, da' quali dipende in gran parte la prosperità delle famiglie, e l'avvenire della civile società, a voi Ci rivolgiamo, e col maggior zelo, di cui è capace il Nostro cuore, vi esortiamo, perché nel compiere il vostro gravissimo uffizio non cessiate mai d'ispirarvi alle sante dottrine della Chiesa, e non solamente vi guardiate con ogni cura dal porgere a' vostri allievi insegnamento alcuno, che possa comecchessia menomare in essi il rispetto alle dottrine , alle pratiche religiose , ai ministri della fede degli avi nostri, ma cerchiate anzi efficacemente co' precetti, co' consigli e con gli esempi di istallare in que' vergini cuori quel senso di pietà, che, come dice san Paolo (I Timoth. iv, 8), è buona a tutto, avente le promesse della vita di adesso e della futura.
« Voi poi, o genitori cristiani , voi , che siete i primi ad assaporare i frutti della educazione de' vostri figli, deh abbiate pietà, nonché di loro, di voi medesimi. I figli vostri sono altrettanti talenti, che il celeste Padrone diede a voi da trafficare. E guai, guai a voi, se per vostra colpa questi talenti andranno perduti. Vedete adunque a quali mani li affidate ; e non vi lasciate sedurre dalla speranza, per lo più vana, di procurar loro più felicemente per mezzo di empii maestri un titolo legale. Quand'anche ciò fosse vero, dovreste sempre ricordarvi, che i figli vi sono dati, perché l'indirizziate primieramente pel Cielo , dov' è la vera nostra patria, e la perpetua nostra dimora. E perché i padri di famiglia, specialmente del popolo, sieno aiutati nel disimpegno di questo loro importantissimo cómpito, Noi invochiamo l'opera di tutti que' zelanti Cattolici, che fanno parte delle tante Opere Pie istituite in questa Città Nostra , che si occupano del Catechismo cattolico, e li scongiuriamo nel Nome di Gesù Nostro Signore, perchè nel crescere de' pericoli si raddopii l'opera loro. Ma che cosa diremo poi a voi, o Sacerdoti, a voi, che innanzi agli altari assumeste l'obbligo di spendervi in servigio delle anime redente dal Sangue di Gesù Cristo, Nostro sommo Sacerdote? Ah ! lo zelo, di cui deste sempre si splendide prove, è necessario che in questi giorni si accresca, e che facciate quanto è in voi per isventare le trame, che a' figli del nostro popolo ordiscono i nemici della nostra fede.
« Si, stringiamoci tutti, Fratelli e Figliuoli dilettissimi, nel Nome di Gesù Nostro Salvatore, e di Maria nostra Madre, che oggi la Chiesa solennemente commemora; stringiamoci attorno alle preziose spoglie del nostro Protettore S. Gennaro, il cui Sangue é per noi sempre vivo a testimoniare l'antica sua fede in Dio, ed il potente patrocinio verso di noi : invochiamolo , perché ci ottenga da Dio la grazia di preservare la nostra cara gioventù studiosa da' pericoli, che la circondano, di serbare ad esempio di lui, anche a costo del sangue, intera la fede, e tramandarne intatto ai nostri nepoti , quale lo ricevemmo da' padri nostri, il preziosissimo deposito.
« A questo fine ordiniamo che in tutte le Chiese in cui si conserva il Santissimo Sacramento si faccia un Triduo di apparecchio alla festa di questo Taumaturgo Confessore della fede, recitandosi le Litanie de' Santi, il Credo e tre Pater, e conchiudendosi con la benedizione del Santissimo.
« Intanto con tutta l'effusione del cuore Vi benediciamo nel Nome del Padre e del Figliuolo e dello Spirito Santo.
Dato dal Nostro Palazzo Arcivescovile nel di sacro al Nome SS. di Maria dell'anno 1882.
+ GUGLIELMO Arcivescovo. »
Siamo lieti di far conoscere un nuovo tratto d'insigne bontà del nostro Santissimo Padre, Leone XIII.
Poco tempo fa lo scrittore della vita di santa Teresa di Gesù « La Rosa del Carmelo » per mano dell' Eminent.mo Signor Cardinale Lorenzo Nina, amorevole Protettore dei Salesiani, ne faceva umiliare una copia a Sua Santità. Or bene il Santissimo Padre non solo gradiva l' umile offerta, ma aveva l'incomparabile degnazione di dare alla prelodata Eminenza l' incarico di far pervenire all' autore parole di conforto e di ringraziamento, unitamente all'Apostolica Benedizione.
Questo atto di benignità, che rivela mirabilmente il bell' animo del Supremo Gerarca della Chiesa , riesce ad un tempo un forte incoraggiamento a tutti i fedeli, per industriarsi, ognuno secondo le proprie forze, a far qualche poco di bene in mezzo al popolo cristiano, soprattutto in questi tristissimi tempi ; onde le parole di conforto e di ringraziamento, nonché l'Apostolica Benedizione mandata all' umile scrittore della vita di S. Teresa, possono estendersi altresì a tutti quelli, che si adoprano a diffonderla a vantaggio spirituale delle anime.
Ecco pertanto la preziosissima lettera dell'Eminentissimo Cardinal Protettore.
REV. SIGNORE,
Nella udienza di giovedì decorso mi recai a premura di umiliare al. S. Padre, per di Lei conto, la vita di S. Teresa, ed in pari tempo gli manifestai i bei sentimenti contenuti nella lettera a me diretta, che la stessa Santità Sua volle leggere tutta quanta ; e quindi mi affidò l' onorevole incarico di manifestarle il suo gradimento per la offerta , e ben persuaso dei sentimenti da Lei espressi nella lettera ani ordinò di farle giungere parole di conforto e di ringraziamento insieme alla Benedizione Apostolica, che Le comparte con tutto il cuore.
Lieto di esaurire tale officio, ed unendo anche i miei sinceri ringraziamenti per la copia favoritami, con preghiera di non dimenticarmi nelle sue orazioni passo con sensi di distinta stima a raffermarmi
Di Lei Rev. Signore
Roma, 16 settembre 1882
Affez.mo per servirla L. Card. NINA Protettore.
Al Rev.do Signore D. Giovanni Bonetti de' Salesiani in Torino.
É veramente edificante l' ardore, col quale molti Cooperatori e Cooperatrici accolsero la nostra proposta, di acquistare e diffondere tra i fedeli l'operetta: La Rosa del Carmelo, ossia la recente Vita popolare di S. Teresa di Gesù, scritta ad onore e gloria di Lei pel prossimo III Centenario della preziosa sua morte, e venduta a vantaggio della Chiesa del S. Cuore di Gesù in Roma. Da circa un mese la libreria Salesiana di Torino è in continuo moto per ispedire pacchi ai Committenti, i quali non si contentano d' inviare il prezzo per una o due copie, ma per 11 ed anche per 100, a fine di godere l'agio indicato, e per dilatare maggiormente il bene spirituale tra. le anime cristiane.
Noi non possiamo a meno di ringraziarli di detta benevolenza e favore, e imploriamo sopra di essi i le più copiose benedizioni del divin Cuore, e le gioie più prelibate della Vergine del Carmelo.
Speriamo poi che i Cooperatori e le Cooperatrici, i quali non hanno ancora' avuto tempo od opportunità di concorrere a questa dimostrazione di carità e di fede, il vorranno fare in questi ultimi giorni, onde il 15 del corrente Ottobre, giorno della Centenaria Solennità, possano gioire in cuor loro di avere efficacemente cooperato alla gloria di una Santa così degna di stima, di riverenza e di amore, e allargare il cuore alla dolce speranza di aver parte a quelle grazie, di cui il suo Sposo celeste la faràin quel dì memorando più larga dispensatrice.
Chi non avesse comodità di spacciarne copie da Cent. 50 tra conoscenti ed amici, e volesse tuttavia in questa occasione promuovere la divozione verso la Santa , e concorrere alla erezione della Chiesa del Sacro Cuore di Gesù in Roma, potrebbe supplirvi coll'acquistare, per sè o per la famiglia, una delle copie dell' operetta stampata su carta fina, oppure legata in lusso, da L. 2, o da L.3.
Parecchi giornali cattolici si compiacquero di annunziare l' operetta in discorso, con espressioni molto benevole , tra questi fu L'Unità Cattolica di Torino, e La Stella del Carmelo di Siena. Noi ne li ringraziamo di cuore, e facciamo voti che il Cielo ne li ricompensi per noi.
Intanto affinchè ognuno meglio conosca il libretto annunziato crediamo bene di qui riferire il bellissimo articolo bibliografico , che già ne pubblicava la egregia Unità Cattolica, nel suo N° 192, del 19 ultimo Agosto, col titolo: La Rosa del Carmelo ossia Vita popolare di Santa Teresa. Ecco adunque le parole dell' autorevole giornale.
« Nell' ottobre del 1880 il Sacerdote D. Giovanni Bonetti, dell'istituto Salesiano di D. Bosco, ci scriveva una lettera, con cui ci pregava che volessimo ricordare nell' Unità Cattolica il prossimo centenario della preziosa morte di S. Teresa, ed esortare gli Italiani a prepararsi a celebrarlo degnamente, proponendo ad un tempo il da farsi.
Accogliendo di buon grado il lodevole consiglio, non abbiamo creduto di meglio favorire l' ottimo divisamento che col pubblicare la fervida sua lettera, che vide appunto la luce nel N° 247 del nostro giornale.
» La nobile proposta fu accolta con particolare slancio. Poco dopo di quella pubblicazione fu instituito un apposito Comitato, composto di parecchi personaggi insigni e di varii membri dell'Episcopato; si promossero varie opere di pietà e di beneficenza ad onore della Santa; si domandarono ed ottennero dalla Santa Sede grazie e favori per la prossima ricorrenza delle feste centenarie. Mentre si lavorava e si lavora in Italia, la Spagna si mosse altresì, e da un anno si prepara alla sua volta a festeggiare con solennità veramente splendide e grandiose la Donna più celebre e più santa, che essa abbia dato alla Chiesa,
» Ma colui, che colla sua opportuna proposta aveva gettato la prima scintilla per iscaldare i cuori al centenario avvenimento, non lasciava di adoperarsi ancora in appresso al glorioso còmpito. Egli scriveva, e di questi giorni pubblicò, una vita popolare, col titolo: La Rosa del Carmelo, coll' intento di far conoscere gli alti meriti di santa Teresa, e per questo modo innamorarne i fedeli, ed indurli più facilmente ad onorarla, ad imitarla, a festeggiarla prossimamente con maggior trasporto di devozione. Noi siamo d'avviso che egli non potesse fare d meglio per conseguire il nobile scopo; anzi, colla sua operetta, il Sacerdote Bonetti ha innalzato un bel monumento alla Serafina del Carmelo, e i devoti di lei gliene sapranno grado.
» L' autore con una lingua purgata, ma in istile piano e alla portata di tutti; con un fino criterio nella scelta dei fatti più edificanti; coll' inserire nelle sue pagine preziosi detti ed utili insegnamenti, tolti dalle più belle opere della Santa, colla descrizione delle pene, dei travagli, delle lotte da lei sostenute, e delle vittorie infin riportate, ti mette come sott'occhio la sua grande figura, il suo nobile carattere; te la mostra veramente degna di stima, di amore, di venerazione; ti costringe di tratto in tratto ad esclamare: Teresa di Gesù è una gran Donna, è una gran Santa, è una Eroina.
» Quello che è pur degno di essere notato si è che il biografo, senza omettere le cose soprannaturali e mirabili, si trattiene di preferenza a segnalare le singolari virtù della Santa, dalla sua fanciullezza sino al letto della morte ; ti svela e mette in bella luce il suo zelo per la gloria di Dio e per la salute delle anime, il suo coraggio e la sua pazienza, la sua fortezza d'animo, la sua carità e tenerezza verso il prossimo. Egli ti dipinge tutte queste ed altre virtù con sì vivi colori, te le rappresenta in sì bello ed attraente aspetto, che tu ne resti preso, e ti risolvi a ricopiarle in te.
» Quindi noi non ci peritiamo di affermare che questa operetta è destinata a fare del gran bene in mezzo ai fedeli ora e in avvenire ; e perciò ne raccomandiamo la lettura e la diffusione. Si vende alla libreria Salesiana in Torino al prezzo di centesimi 50 per ogni copia ; di lire 5 per ogni 11 copie, e di lire 40 per ogni cento copie. Stampata su carta fina in brochure, lire 2 per copia; legata in lusso, lire 3. Avuto riguardo ai nitidi caratteri, e alla grossezza del volume di oltre a 350 pagine, il prezzo è modicissimo. Lo scopo della libreria Salesiana si è di facilitarne la diffusione ad onore della Santa e a vantaggio morale e religioso del popolo. »
Tra i buoni cristiani regna la lodevole usanza di fare doni e regali alle persone, parenti od amiche, nel giorno loro onomastico, ossia nella festa del Santo o della Santa, di cui portano il nome. Chi sa quante Terese, il 15 del corrente ottobre, riceveranno simile attestato di stima, di gratitudine, di affetto ! Or bene , chi avesse da fare un regalo a qualche Teresa per la detta occasione , noi lo consiglieremmo di offrirle una Vita della Santa, legata in lusso. Costa, è vero, lire 3 ma per la finezza del lavoro e per gli ornati riesce un dono, che potrebbe tornare gradito a qualsiasi persona, anche ricca e nobile.
Per l'occasione dell'apertura della Chiesa di S. Giovanni Evangelista in Torino, il Sac. Don Giovanni Lemoyne, nostro confratello, scrisse per incarico di D. Bosco la vita del discepolo prediletto col titolo : L'Apostolo San Giovanni e la Chiesa primitiva. Nel desiderio di darne un opportuno annunzio bibliografico, la porgemmo a leggere ad un nostro Cooperatore Salesiano di Torino, con preghiera di farcene avere il proprio giudizio. Accolse egli la nostra preghiera, e ce ne scrisse le soavi impressioni, che di buon grado qui pubblichiamo.
PREGmO SIG. DIRETTORE,
Ho letto attentamente la nuova opera del Sacerdote D. Lemoyne : L'Apostolo S. Giovanni e la Chiesa primitiva, e secondo la preghiera che la S. V. mi fece, gliene trasmetto il mio giudizio.
Le dico sinceramente che , se il D. Lemoyne colle preziose sue operette : Cristoforo Colombo; L'Evangelista di Vittemberga ; Il Tiberio della. Svizzera, ecc. si era già mostrato prima d' ora uno scrittore facile ed ameno, coll'opera « L'Apostolo S. Giovanni » si schierò tra gli scrittori dotti e valorosi. Il suo libro basterà che sia conosciuto, perché si diffonda per tutta l' Italia. In quelle auree sue pagine egli rappresenta il Santo Apostolo in tutto il suo amabile e sublime carattere ; lo mette in relazione coi luoghi , coi fatti contemporanei , coi personaggi , che servirono a dare maggior risalto alla nobile sua figura. Percorrendole ei ti pare di trovarti con Giovanni alla scuola di Gesù, e con Maria in casa e nei viaggi. Ti vedi passare dinanzi le città della Palestina e dell'Asia Minore , e qui accompagni il Santo passo passo nelle sue fatiche, prendendo parte alle sue gioie, e ai suoi dolori. La descrizione procede sempre grave, maestosa, tranquilla e improntata di sacra maestà, quale si addice all'argomento.
Alcuni capitoli poi sono veramente mirabili. Chi legge per es. il capitolo - S. Giovanni, Maria SS. e la via dolorosa, è costretto in fine ad esclamare : Vale un tesoro.
L'autore non si contenta di narrarci la vita del Santo, ma ci fa gustare i capi più squisiti del Vangelo da lui scritto , ci mette innanzi gli squarci più belli delle sue lettere; anzi ci da persino un breve commento del libro mirabilissimo dell'Apocalisse , facendoci come assistere alle lotte, che deve sostenere la Chiesa, e spronando i lettori a prendervi parte e a combattere in sua difesa.
Un'altra dote ancora rende preziosa ed utile quest'opera del Sacerdote Salesiano. I tentativi dei nemici sono oggidì rivolti specialmente a rapire la fede alle cristiane popolazioni, spargendo dubbii , e negando persino la divinità di Gesù Cristo. Contro coloro, che tale empietà spacciarono, atteggiandosi a dotti di grande calibro , sorsero gravi ed eruditi scrittori cattolici, che loro ricacciarono in gola la sacrilega bestemmia; ma le opere di questi valorosi per essere più o meno voluminose sono a mala pena il patrimonio dei ricchi e dei dotti. A difesa del semplice popolo, tra il quale emissarii stipendiati , giornali e libercoli satanici diffondono a man salva l'empio errore , di molto si è pur fatto ; ma pur troppo non abbastanza. Or bene, il libro del Lemoyne mira in modo speciale a confermare e dimostrare al lettore che Cristo è Dio, celeste la sua dottrina , divina la sua Chiesa , e il fa con argomenti così solidi e ad un tempo così popolari, che appagano il dotto e istruiscono l'ignorante.
La S. V. adunque per mezzo del Bollettino faccia pure conoscere questo libro , che davvero lo merita. Dal canto mio non temo di dirle che appena i Sacerdoti, i Parrochi, i maestri, i capi di famiglia e di comunità lo avranno letto da capo a fondo , lo troveranno così utile ed opportuno, che ne faranno premurosamente ricerca per diffonderlo in ogni parte.
DIVISIONE E INDICE DELL'OPERA.
A queste parole del benevolo Cooperatore aggiungiamo la divisione e l'indice dell'opera, affinché meglio si conosca la importante materia svolta dall'autore.
PARTE PRIMA. - San Giovanni alla scuola di Gesù Cristo.
L'espettazione del Messia. - Le rive del Giordano. - Gesù Cristo e S. Giovanni. - Vocazione di S. Giovanni. - La pesca miracolosa. - Elezione di San Giovanni all'Apostolato. - Giovanni testimonio della risurrezione della figlia di Giairo. - Giovanni cogli Apostoli è mandato da Gesù nei paesi e nelle città per annunziare la sua venuta. - La promessa dell' Eucarestia. - La trasfigurazione. - Tre ammonizioni date da Gesù a S. Giovanni. - La risurrezione di Lazzaro. - Vocazione, consigli evangelici, premio celeste. -S. Giovanni e l'entrata trionfale di Gesù in Gerusalemme. - S. Giovanni interroga Gesù sulla profetata distruzione di Gerusalemme, sulla fine del mondo e sulla seconda sua venuta sulla terra. - Giovanni è mandato a preparare la cena Pasquale. - La cena legale. - L'istituzione della SS. Eucarestia. - La lavanda dei piedi. - S. Giovanni, Giuda e gli altri Apostoli nel Cenacolo. - Ragionamenti di Gesù nell'andare al monte Oliveto. - Pietro, Giacomo e Giovanni testimoni delle agonie di Gesù nell' orto. - Cattura di Gesù e miracoli. - S. Giovanni , Maria SS. e la via dolorosa. - Giovanni ai piedi della Croce. - Il colpo di lancia e Giovanni testimone della sepoltura di Gesù. -- S. Giovanni e la risurrezione di Gesù Cristo. - Gesù apparisce sulle rive del lago di Tiberiade. - Conferisce a Pietro il supremo potere nella Chiesa, e di Giovanni predice il futuro. - L'Ascensione.
PARTE SECONDA. -S. Giovanni Figlio Adottivo di Maria SS.
La discesa dello Spirito Santo - S. Pietro e S. Giovanni guariscono il paralitico alla porta del Tempio, e confessano la prima volta Gesù Cristo al cospetto del Sinedrio. - S. Giovanni cogli altri Apostoli è messo in carcere, liberato da un angelo e poi flagellato. - S. Giovanni e Maria Santissima. - Un amico ed un discepolo di San Giovanni. - Maria SS., S. Giovanni e la Chiesa primitiva. - Il primo Martire e un nuovo Apostolo. - Pietro e Giovanni in Samaria. - Maria e il monte Carmelo. - Vocazione dei Gentili. Partenza di S. Giovanni per l'Asia Minore.- Efeso.- Apostolato di San Giovanni nn Efeso. - Maria SS. e le tradizioni. - Ritorno di Maria in Palestina. - Giovanni al concilio di Gerusalemme. - Maria SS. in Gerusalemme e trionfi del Cristianesimo in Efeso. - S. Giovanni e la morte di Maria Santissima.
PARTE TERZA. - Apostolato di San Giovanni.
San Giovanni ritorna in Efeso. Chiese dell'Asia Minore. - Lettera di S. Paolo agli Efesini. - Le Chiese dell'Asia Minore. - S. Giovanni fra i Parti. Distruzione di Gerusalemme. - Gli Eresiarchi. - Apollonio di Tiane.
PARTE QUARTA. - S. Giovanni Martire e Profeta.
Persecuzione di Domiziano. - San Giovanni ante portam latinam,. - Patmos. - L'Apocalisse. - Le sette Chiese. - Il trono di Dio e l' Agnello. - Combattimenti. - I segnati da Dio in mezzo alla sconvolgente corruttela del mondo. - Castighi di Dio sul mondo prevaricatore a difesa de' suoi eletti. - Gli avvenimenti s'incalzano. I precursori dalla seconda venuta di Gesù Cristo. - La donna e il suo figlio. Guerra che muove loro il Dragone. - Il regno della Bestia. - Sorte finale riserbata da Dio ai vergini ed agli iniqui. - Spaventose amarezze degli empi mentre sperano trionfare della Chiesa. - Condanna e sconfitta della Bestia. - Sconfitta di Satana e dei suoi seguaci. - Fine del mondo, venuta di Cristo Giudice, premio eterno dei giusti. condanna eterna degli empi. - La Gerusalemme Celeste. - Il gaudio dei Santi, la speranza dei Giusti manifestata da Giovanni alla Chiesa col suo libro dell' Apocalisse, anima i Cristiani a sostenere le prove e le persecuzioni. - Cessa la persecuzione pel decreto di Nerva. S. Giovanni è liberato dall' esiglio.
PARTE QUINTA. - San Giovanni Evangelista.
Ritorno di S. Giovanni in Efeso. La pecorella smarrita. - Il Vangelo e San Giovanni. - Prima lettera di S. Giovanni. - Mezzi per mantenersi in società con Gesù Cristo. -- Nemici della nostra società con Gesù Cristo. Il peccato e gli eretici. - Motivi pei quali il Cristiano deve stare con Gesù Cristo. - La carità cristiana e la fermezza della fede frutto della società con Gesù Cristo. - L' amore del prossimo e la pace della coscienza provano la nostra società con Gesù Cristo. - La fede in Gesù Cristo colle opere buone sono il fondamento della vita eterna. - Seconda lettera di S. Giovanni ed Eletta. - Terza lettera di S. Giovanni a Gaio. - Ultime fatiche e morte del salito Apostolo.
PREZZO DEL LIBRO.
L'opera è in due edizioni, e si vende alla Libreria Salesiana di Torino. L'edizione ordinaria: Due volumi in-32° di pag. VIII-372 il 1° e di 344 il 2° : L. 1, 25 ; legati in tela : L. 2, 25.
L'edizione di lusso, su carta orientale satinata ed illustrata da tre incisioni, due volumi in-16° di pag. xii-400 il 1° e di 364 il 2° : L. 4 ; legati in tela fina : L. 6.
Non dobbiamo passare sotto silenzio la descrizione della Chiesa suddetta, fatta dal sig. Alberto Buffa, non meno abile e dotto ingegnere, che fervido e coraggioso cattolico. Accennato l'origine della Chiesa, e l'idea di farla servire a monumento al grande Pio IX, in memoria degli insigni benefizi da lui impartiti ai Salesiani e ai loro Cooperatori, egli ci dà una intelligente descrizione dello stile, dell'architettura, e delle singole parti del sacro edificio interne ed esterne, e non dimentica gli oggetti di ornamento e di utilità, ,tra cui l'organo, la statua di Pio IX, e i dipinti. E un opuscolo in-8° grande di 22 pagine, preceduto dal disegno della prefata statua e susseguito da quello della Chiesa medesima. Il lavoro è molto pregevole, e mentre rileva la grande perizia dell'autore, spiega dinanzi agli occhi le intime bellezze del sacro monumento.
Si vende al prezzo di Cent. 75 , a beneficio dell'Ospizio annesso in costruzione.
Muovono al pianto le disgrazie e le rovine prodotte verso la metà dello scorso mese, dallo straripamento e dalle rotture dei fiumi in molti luoghi dell'alta Italia. Allo scorrere i dispacci e le lettere, che recavano in quei giorni le desolanti notizie di campagne e città allagate, di case rovesciate, di centinaia e di migliaia di persone in pericolo della vita, il nostro pensiero rivolgevasi sui tanti Cooperatori e Cooperatrici, che abbiamo in quelle parti. Oh! con quanto ardore li abbiamo raccomandati a Maria Ausiliatrice, ed implorato per essi la sua potente e misericordiosa intercessione ! Voglia il Cielo aver esaudite le nostre preghiere e risparmiato almeno le loro persone.
Intanto al vedere molte famiglie anche ricchissime spogliate in poche ore d' ogni sostanza, e ridotte alla miseria, è impossibile non riflettere che caduchi e passeggieri sono tutti i beni di questa terra. Tanta pena per raccoglierli, tanta cura
per conservarli, fors'anche contro la legge di Dio, della Chiesa, e della carità, e poi in un baleno tutto è trascinato via e scompare. Felici coloro, che possono almeno ripetere di averne per lo passato rimesso una parte nelle mani di Dio colle opere di religione e di beneficenza! Certo è che quelli non periranno per alcun rovescio di fortuna, ma si troveranno intatti e moltiplicati pel dì della morte. Questo pensiero sproni ognuno che può a porgere soccorrevole la mano a tanti fratelli, i quali oggidi implorano l'aiuto della carità per campare la vita.
Il giorno 15 del passato agosto, festa di Maria SS. Assunta in Cielo, cadeva pure il giorno natalizio del nostro amatissimo Superiore e Padre, D. Giovanni Bosco. Perla quale felice circostanza parecchi amici e benefattori si unirono ai membri dell'Istituto Salesiano ed ai giovanetti della nostra Casa di Torino, per fargli le più vive e cordiali congratulazioni. La mancanza di spazio avendoci impedito di farne cenno nei numeri precedenti, ne diamo ora un breve ragguaglio.
Alla sera dopo le sacre funzioni, ad un'ora fissata, i giovani, studenti ed artigiani, si disposero in largo cerchio nel cortile; i cantori salirono sopra apposito palco; la banda, capitanata dall'egregio maestro Giovanni De-Vecchi, si schierò in avanti. Assiso che si fu D. Bosco sopra il trono per lui eretto, circondato da una eletta schiera di signori della città, si diede principio al trattenimento. Si cantò un melodioso inno di circostanza, accompagnato dai musicali strumenti; si lessero discorsi e componimenti varii in prosa e in poesia; e si distribuirono i premii a quelli tra i giovanetti, che per condotta , studio e lavoro eransi durante l'anno meglio segnalati.
Di tratto in tratto la banda eseguiva scelti pezzi di musica, rallegrando gli animi del Padre e dei figli.
Sul far della notte una splendida luminaria si aggiunse a rendere più gioconda la festa. Sul balcone, in prospetto alla cattedra di D. Bosco, formato con lumi di vario colore, e a caratteri cubitali, compariva questo bellissimo augurio: Multiplicentur tibi anni vitae: Ti si moltiplichino gli anni della vita. Questo augurio rispondeva appieno ai voti di tutti gli astanti , e in quel dì fu ripetuto a D. Bosco le cento volte a voce e per iscritto.
Vorremmo eziandio qui riprodurre almeno per sommi capi l'allocuzione, che in fine tenne D. Bosco; ma per amor di brevità notiamo solo che egli parlò dei premìi e dei premiati, accennando come 32 anni fa, in una festa pur molto solenne, erasi distribuita a tutti i giovani dell'Oratorio una preziosa coroncina, benedetta e regalata dal grande Pontefice Pio IX, di santa memoria; parlò del suo giorno natalizio, ringraziando il Signore di averlo conservato sino a quel dì, esternando la speranza di celebrarlo ancora in avvenire, come tutti gli auguravano,ma esternando eziandio i suoi timori, stante l'incertezza della vita e la certezza della morte; ringraziò i benefattori e le benefattrici, presenti ed assenti, del favore e dell' appoggio, che avevano fino allora prestato a lui e alle sue opere, pregandoli a volerglierlo continuare, e promettendo d'invocare tutti i giorni nella Santa Messa sopra di essi e le loro famiglie le benedizioni del Cielo; infine raccomandando a tutti che, anche in mezzo alle varie vicissitudini del mondo, tenessero ognora rivolti i pensieri della mente e gli affetti del cuore al Cielo, dove era Assunta e dove ci attende Maria, ebbe compimento la festa.
Ma se non possiamo esporre per intiero il discorso di D. Bosco , godiamo che ci sia dato di qui riprodurre il classico brindisi, che in quel giorno, nel levar delle mense, gli lesse l'egregio professore Vincenzo Lanfranchi, ricevuto da tutti i commensali con fragorosi applausi. Ed eccolo in tutta la sua bellezza.
Più non sorridemi Il Pieno coro, Gli estri dileguano Coi sogni d'oro : Cadonmi i rosei Serti dal crine: E, mentre transito Fra sassi e spine,
Dura, aspra, ferrea La prosa dietro Viene, ed inseguemi Vindice spettro.
Pur, dove palpita La vita, io sento Ancor l'etereo Fuoco ncn spento;
E in te fisandomi, Unto di Dio,
Dei carmi a pungermi Torna il disìo
Oggi, che memore li dì beato,
Che al secol devio Tu fosti dato.
E poiché ad agape Lieta i tuoi cari Qui ti circondano Nei sacri lari,
A farli un brindisi, Come amor spira, Lascia che spingali La smessa lira.
- Amici, un brindisi A Don Giovanni Bosco, che compie Sessansett'anni !
Il vino è vecchio, Pretto, non fosco; Colmiamo i calici: Viva Don Bosco!
Quest'oggi, quindici Agosto è nato: Alla su t gloria Cionchiam d'un fiato!
Non l'anno dicovi, Non il paese Della sua nascita; Tutto è palese.
Solo un aneddoto Narrar vi devo: Indi a suoi meriti D'un fiato io bevo.
Visto quel bambolo Su tanti putti Così bellissimo, Pensaron tutti
Qual nel battesimo Nome egli avrìa; Chi il volea Giacomo,
E chi Mattia:
Uno, Anastasio, Un Ghirigori ..., E già movevansi Vivi i rumori.
Quando la savia Sua genitrice
Parlò: - ascoltatemi; Il cor mi dice,
Che questo pargolo, Cui Dio mi dona, Lorchè allevandosi Farà persona,
Vorrà a' più miseri Dei giovanetti Volger le assidue Cure e gli affetti;
Trarli dal vizio,
E ai loro verdi anni
Giovare...; oh chiamisi Dunque Giovanni! -
- Brava, bravissima, Questa è un idea! - Sclamò allegrissimo Un che sedèa.;
Un, che l'origine Delle parole Seppe senz'essere Ito alle scuole.
Trovato ha il Paroco Quel nome vero,
E Giovan disselo Al battistero.
Noi da quell'epoca Assai remoti. Scorgendo ad litteram Compiuti i voti
E dell'amabile Madre, e del sano Sottil filosofo,
E del Pievano,
Amici, un brindisi A Don Giovanni Bosco, che inizia Sessantott'anni!
Il vino è vecchio Strevi, il conosco; Alziamo i calici Viva Don Bosco !
Paysandú, 2 Luglio 1882.
AMATmo E Rev.do PADRE,
Con grande nostra soddisfazione abbiamo ricevuto nel mese scorso da Colon la gratissima sua lettera , con cui ci partecipava la Benedizione Apostolica, che l' augusto Sommo Pontefice nello scorso Aprile si degnava elargire alla nostra Pia Società. Tutti i Salesiani di questa piccola Casa ne ringraziarono di cuore il Signore e pregarono, come lo pregano, che ci conservi per lunghi anni il nostro SS. Padre.
Nel tempo stesso il cordiale saluto della S. V. mi richiamò a mente la promessa, che le feci cinque mesi or sono, d'informarla cioè più distesamente sopra questa Missione, affidata da un anno e mezzo alle nostre cure. Varie cause mi hanno impedito sinora di compiere questa promessa. Una di queste fu l'incendio sviluppatosi in questa nostra Chiesa, la notte della domenica di Passione al lunedì. Era il 26 di marzo. Nella sera aveva avuto luogo la novena della SS. Vergine dei Dolori , devozione assai comune tra questo popolo. Sventuratamente il sagrestano, avendo dovuto compire qualche lavoro, dimenticò una candela accesa dietro l'altar maggiore. Consumandosi, la candela diede fuoco al cassone sopra cui era posta, e di qui a poco a poco si comunicò all' altare tutto di legno, il quale si alzava altissimo, ricco d'ornati e di lavori preziosi. L'incendio non ci fu manifesto che presso le due del mattino, quando già le fiamme vorticose e distruggitrici uscivano per le finestre del presbiterio. Che notte trista fu quella mai ! Abbiamo proprio fatto compagnia al pazientissimo Gesù, e alla sua Madre addolorata. Noi dormivamo tranquilli, e quando fummo destati la Chiesa era già come una fornace. Il primo a darne l'avviso fu il Sereno o guardia notturna. D' improvviso sento alla porta ripetuti colpi di martello... Che sarà ? Pensai tosto che fosse qualche povero moribondo come il solito. -- Que hay ?domando. - Arde la Iglesia , risponde; presto las llaves! Apersi la finestra per porgere le chiavi, e vidi cogli occhi miei il tristo caso. Lo splendore illuminava sinistramente la collina opposta, e la fiamma, che si sollevava sino alla cima della cupola, vomitava una pioggia di scintille, spinte in alto vorticosamente dal vento. Il doloroso spettacolo mi fece tal colpo, che dopo quattro mesi ne sento ancora le conseguenze, sicchè il solo affacciarsi all'immaginazione lo spaventoso quadro mi scuote ed agita, non ostante i continui sforzi per vincermi.
Le campane suonate a stormo destarono tosto tutta la città, e col popolo atterrito si presentarono le Autorità e la truppa. Entrato nella Chiesa non potei far dieci passi pei fumo, pel calore soffocante, e per la polvere prodotta dalle macerie, che cadevano dalla volta. Feci spalancare le tre porte d'ingresso, onde dopo un poco di sfogo, rischiaratasi la Chiesa, potè vedersi l'altare tutto avvolto in una fiamma. Per buona sorte il sacro edifizio è di pura pietra e mattoni, e di uno spessore a prova di cannone, altrimenti sarebbesi intieramente diroccato.
In mezzo all' immenso dolore avemmo pure la consolazione di aver salvato il SS. Sacramento , che si conservava all' altare del Sacro Cuore di Gesù. La prima cura fu di trasportarlo alla Cappella del battistero in fondo alla Chiesa , poiché si temeva fortemente che il fuoco scoppiasse pure a destra e a sinistra in prossimità dell'altar maggiore ; ciò che Dio non permise. Alle cinque del mattino l' incendio era domato e si poteva dire spento. La gente si ritirava commossa, e noi aiutati da molti benevoli riordinammo le cose alla meglio, facendo in appresso le sacre funzioni ad un altro altare. La novena si seguitò nondimeno con molto concorso ; e fuori, della perdita fatta , tutto fu aggiustato. Le Autorità si radunarono tosto ; si formò una Commissione incaricata di raccogliere fondi per restaurare la Chiesa. Soprattutto le signore della città si prestarono a quest' opera con molto zelo , e la compirono eccellentemente. Che Dio le benedica ! Il danno fu calcolato da trenta a quaranta mila lire, e sinora si è già raccolto presso a poco la metà. Ci pervennero aiuti da molte parti della Repubblica, e anche dall'Italia. Adesso daremo principio ai restauri , che speriamo di terminare prima del giorno della festa della nostra Patrona, che è la Madonna del Rosario. L' altare maggiore seguiterà tuttavia ad essere provvisorio, perchè i lavori richiedono molto più tempo. Oltre le opere di riparazione si costruirà pure la gradinata della facciata della Chiesa stessa , che sarà tutta in marmo bianco di Carrara, del valore di quindici mila lire.
Per la Settimana Santa è venuto ad aiutarci il nostro Ispettore , D. Lasagna , e fece tre discorsi di circostanza. Dopo Pasqua sono partito subito alla campagna per la missione parrocchiale, e vi attesi per una ventina di giorni. Dovendo poi ritornare in città a causa dei lavori della Chiesa, mi venne a surrogare D. Mazzarello, e vi seguitò ancora per un mese.
Non so se già altra volta le abbia detto come si fanno queste missioni parrocchiali ; perciò gliene fo cenno nella presente. Partiti dalla città , andiamo a fermarci in un punto più o meno centrale, secondo che si crede opportuno, ma distante almeno quindici o venti miglia dal paese. E questa è la prima tappa ; dopo ne viene la seconda, la terza e via di seguito. Ma per avere la gente raccolta si fa così : Quindici giorni od anche un mese prima di dare principio alla missione si avverte che il tal dì o il tal altro il Sacerdote si troverà in tal casa, affinché le famiglie abbiano tempo a provvedersi, sia per far battezzare , sia per contrarre matrimonio. A quest'uopo si scrive ad una casa di commercio di quel tal punto ; di colà si sparge la notizia, ed il vicinato pel giorno prefisso si trova riunito nella casa, che gli è stata indicata. Si fa presso a poco come nei primi tempi della Chiesa , quando avevano luogo le così dette Stazioni. In quel giorno se il tempo è bello si vedono arrivare in lontananza e da tutte le direzioni gruppi di gente a cavallo, uomini e donne coi loro bambini , e' talora frotte di fanciulli ancor essi in groppa al loro cavallino. E uno spettacolo che muove alle lagrime. Dove il luogo e il terreno lo permette, vengono anche su carri o in carrozze, secondo le condizioni di ciascheduno, giacchè vivono per queste campagne permanentemente anche famiglie agiatissime e signorili. Essendo la campagna la unica ricchezza , molti signori preferiscono la vita del campo a quella della città, nell'estate principalmente, per essere più tranquilla ed anco più utile, attendendo personalmente ai proprii interessi.
Riunitasi in tal modo la gente, si dirigono alcune parole d' istruzione circa le verità fondamentali della fede , per quanto il tempo lo permette, giacchè avendo fatto chi dieci, chi quindici e chi anche venti miglia nel mattino per venire , e dovendo rifare la stessa distanza per ritornare al loro rancho, molte volte possono appena attendere una breve esortazione. E novantanove su cento bisogna contentarsi che sappiano il Pater noster , il Credo e i Comandamenti. Dopo si passa all'amministrazione dei sacramenti. Trovandosi famiglie educate e cristiane , e passandosi per queste, nell'occasione della Messa, vi si fa pure qualche Comunione anche fuori del tempo pasquale. Per ordinario parlare di questo Sacramento è come favellare in tedesco, ed il tempo non dà luogo a fare di più. In fine si distribuisce qualche immagine , medaglia , o librettino a chi sa leggere , con qualche buon ricordo , e si lasciano andare.
Fermatisi due o tre giorni in un luogo, si carica l'equipaggio sulla groppa di qualche ronzino, e si parte alla volta della seconda tappa, o meglio stazione, alla distanza di altri quindici o venti miglia, dove la gente già prevenuta ci sta aspettando. Quivi si ripetono le stesse sacre funzioni ad altre povere creature , e così di seguito per uno o più mesi ; dopo cui si ritorna in città, carichi più o meno di spirituali manipoli.
Questo andare in giro ha le sue incomodità , vuoi per la cavalcatura, vuoi per il tempo, il luogo e le persone, con cui si deve trattare. Fa bisogno un sacco di pazienza per la molta ignoranza, che ha sempre le sue tristissime conseguenze. Benchè la gente in generale sia docile , tuttavia se ne trovano di quelli, che non vogliono sentirsi a dire certe verità, che ciò non pertanto fa d'uopo ripetere senza ambagi, con fermezza e faccia franca, non curando il malumore, che possano produrre in qualcuno. In alcuni luoghi il concubinato è all' ordine del giorno , ed i figli crescono come i genitori. Quindi avviene che lo scandalo si fa come un'usanza ed un costume del luogo, e non fa più ribrezzo, Resta tuttavia in salvo la idea religiosa, che coltivata produce ancora buon frutto. Senza di questo certe famiglie sebbene battezzate diventerebbero come pagane. Per impedire questo disastro noi procuriamo di moltiplicarci, e farci vedere il più spesso che ci è possibile tra questa povera gente, la quale ha buon cuore e rispetta il Sacerdote. Quantunque per ignoranza non intenda tutto il valore del Sacerdozio, tuttavia conosce che rappresenta qualche cosa di superiore, e che il Prete è un Messo di Dio. Questo sentimento avrebbe già dato prima d'ora più copiosi frutti , se coloro che doveano coltivarlo non l'avessero in quella vece trascurato, e come soffocato, servendo non già a Dio e alle anime, ma bensì a mammone , all' idolo della borsa.
Nella prossima domenica, 16 del corrente luglio, festa della Madonna del Carmine , andrò a benedire una Cappella in campagna, distante di qui circa ottanta miglia, in, un punto assai popolato di questa parrocchia. E un edifizio semplicissimo di dieci metri di lunghezza, ma di grande utilità, perchè serve a radunarvi il vicinato e a poter fare qualche sacra funzione. In quel giorno si farà in quel luogo una gran festa, e più di uno dalla barba bianca vedrà celebrarvi per la prima volta la santa Messa.
Vi ha pure un' altra Chiesuola molto bellina, distante dalla città una quindicina di miglia, proprietà di una buona famiglia d' Inglesi, sotto il titolo del Buon Pastore , e vi si va a celebrare tutti gli anni in settembre e ottobre , facendovi udire la parola di Dio.
Qui in città abbiamo in costruzione la Chiesa di S. Raimondo , che quando sia finita sarà di grande utilità per la popolazione del porto, lontano un miglio dalla Chiesa parrocchiale.
In quest'anno avevamo pensato d'impiantare un oratorio festivo , ma non ce lo permisero ancora tante circostanze, di cui le principali sono , che siamo pochi, e la parrocchia per la sua estensione a centinaia di miglia ci dà moltissimo a fare. Aspettiamo il ritorno del nostro Ispettore dal Brasile, e poi vedremo ciò che si potrà fare.
I tre confratelli , che sono con me , godono buona salute , specialmente il nostro buon vecchiotto, che sta lottando colla lingua spagnuola a più non posso. L'armonia in casa è perfetta , e spero che seguirà così pure in avanti colla benedizione del Cielo. Siam pochi , ma uniti; e l'unione fa la forza. Frattanto ella ci benedica e non ci dimentichi mai nelle sue preghiere. Riceva gli affettuosi saluti dei suoi figli di Paysandù, e particolarmente dal suo in G. C.
Umil.mo ed Aff.mo figlio
SaC. PIETRO ALLAVENA.
Il primo prefetto od economo della Cisa - Il march. Domenico Fassati - Abile catechista - Lodevoli fatti - Acconcia osservazione sugli Oratorii - Gravi strettezze -- Renato d'Agliano - Piccola lotteria -- Il Sindaco di Torino e il Ministro dell'Interno - U. Rattazzi all'Oratorio - S. Clemente e Mons. Luigi Fransoni - Dialogo tra Rattazzi e D. Bosco.
Il dono di un santo giovanetto, quale Domenico Savio , non fu il solo, che Iddio facesse in quel torno al nostro Oratorio ; imperciocchè nell'anno stesso il Signore inviava eziandio a nostro servizìo, e in aiuto di D. Bosco, uno dei più esemilari e laboriosi ecclesiastici dell'Archidiocesi di Torino, che fu il Sacerdote D. Vittorio Alasonatti di Avigliana. Egli fu il primo prefetto od economo della Casa; fu per D. Bosco il braccio destro, per noi un secondo padre, per l'opera degli Oratorii un forte ed intelligente sostegno. Per consacrarsi a nostro vantaggio quel degno Sacerdote lasciò generosamente l'agiatezza di sua benestante famiglia; rinunziò ad un considerevole stipendio, che percepiva come esperto e stimato maestro nel suo paese; pose in non cale le considerazioni più o meno mondane, che alcuni conoscenti, e persone anche ragguardevoli del Clero, gli mettevano dinanzi per distornarlo dal suo divisamento. Più di ogni altro valse nel suo cuore e lo mosse verso l' Oratorio il riflesso che Don Bosco era solo, ed aveva bisogno di un Prete, che stesse abitualmente con lui in Valdocco; lo mosse il sapere che gli apriva un vasto campo da esercitarvi utilmente il sacro Ministero a pro di tanta gioventù derelitta , e che se non poteva dargli altro stipendio fuorché il vitto ed il vestito, gli prometteva a nome di Dio una ben ricca corona di gloria in Cielo. Disposta pertanto ogni cosa , egli abbandonò la sua casa, la sua patria, i suoi cari, e venne tra noi la vigilia dell' Assunzione della Beata Vergine al Cielo, e vi stette sino alla morte. La sua vita fu così ricca di buone opere, che merita un particolare ricordo, e noi ne diremo più a lungo, quando parleremo di sua preziosa morte, avvenuta nel nostro Collegio di Lanzo il giorno 8 di ottobre dell'anno 1865. Qui ci basta l'aver segnalato il regalo fattoci dal Signore nell'anno 1854, inviandoci un Sacerdote operosissimo, e in fama di straordinaria virtù.
Né qui si fermarono i favori di Dio e de., li uomini verso di noi. Se prima di quel tempo molte persone del Clero e del laicato si mostrarono affezionatissime all'Oratorio, d'allora in poi i benevoli crebbero e di numero e di zelo. L' opera di carità, l'assistenza prestata dai giovani ai colerosi durante la terribile epidemia, e la pubblica lode tributata dal Municipio di Torino, fecero vie meglio conoscere l'Istituto di D. Bosco , la sua natura e il benefico scopo. Per altra parte la straordinaria, per non dire prodigiosa, preservazione dal primo all'ultimo di noi dal morbo fatale mostrò ad un tempo un tratto di specialissima protezione e benevolenza del Cielo verso l'Ospizio e l'Oratorio di S. Francesco di Sales. Di qui ne venne che gli antichi benefattori continuarono ed accrebbero le loro sollecitudini verso di noi poverelli, e molti altri ne imitarono l'esempio.
Noi avremmo qui da registrare vani nomi di persone benemerite, in buona parte tuttor viventi, che per più anni furono per noi gli strumenti della Divina Provvidenza; ma riserbandoci di farne parola a luogo più opportuno , ricordiamo in quella vece il signor Marchese Domenico Fassati, già chiamato da Dio a godere il premio della insigne carità sua.
Scendeva egli da una delle più nobili famiglie del Piemonte. Fedele al suo Re , lo aveva servito da prode in pace ed in guerra, e si era segnalato sui campi lombardi nel 1848 e 49. Pel suo valor militare era insignito del grado di maggior Comandante delle Guardie del Corpo, che formava come l'antica coorte dei pretoriani. Era congiunto in matrimonio con Maria De-Maistre , figlia dell'illustre Rodolfo, e degna nipote di quel Giuseppe, che fu diplomatico accorto ed abilissimo, filosofo insigne e profondo, scrittore forbito e sapiente, della cui fama é tuttora ripieno il mondo; donna di sì rare qualità di mente e di cuore, che la Regina Maria Adelaide, sposa di Vittorio Emanuele II, la scelse per sua Dama di corte, anzi per sua prima amica ed intima confidente.
Or quest'uomo di sì alti meriti e di così splendide e rare attinenze, avendo conosciuta l'Opera di D. Bosco, se ne fece tosto ammiratore e sostenitore. Tra le altre cose qui ci rammenta che egli veniva sovente all'Oratorio, come se vi ospitasse una sua famiglia ; vi si portava ad istruire i giovanetti interni ed esterni; e per più anni nelle feste e in tutti i giorni della quaresima vi si recò assiduamente a fare il catechismo ad una classe numerosa di poveri artigiani , trasferendo persino ad ora più incomoda la sua refezione. Una volta che vi giunse un po' tardi, e trovò un altro catechista a suo posto, l'umile non meno che nobile signore disse: « Ho commesso un fallo e ne debbo fare la penitenza. » Ciò detto si pose a sedere sulla panca tra i ragazzetti, e vi stette insino alla fine ad ascoltare il catechismo come uno di loro.
Singolare era lo zelo, mirabili le industrie che adoperava per rendere i giovani attenti ed assidui, e per farli progredire nella scienza della religione. Assuefatto all'ordine, egli da buon soldato disponeva i suoi giovanetti in modo di averli tutti sotto gli occhi, interrogava or questo or quello alla spicciolata e come all'improvviso, affinché nel timore di essere domandato a rispondere niuno si divagasse. In un foglio teneva registrato il nome e cognome di tutti i suoi catechizzandi, ne segnava le assenze e la più o meno buona condotta. Di quando in quando distribuiva imaginette , medaglie, libriccini e simili ai più diligenti. Quantunque tenesse coi giovani un aspetto serio e da militare, pure questi lo amavano tanto, che quando lo vedevano giungere in classe ne davano vivi segni di gioia, e difficilmente vi mancavano. Insomma il Marchese Fassati manteneva i fanciulli in sì bell'ordine di disciplina e li ammaestrava si bene da essere proposto a modello. Desideroso di perfezionarsi ognor più nell'arte d'istruire i piccoli, il nobile uomo non disdegnava di assistere alle conferenze, che D. Bosco teneva di tratto in tratto ai suoi catechisti. Soleva poi dire che niuna conversazione, niun convegno, niuna serata anche la più brillante tornavagli di tanta soddisfazione , quanto una mezz'ora di catechismo fatto ai giovani dell'Oratorio. Esempio questo e parole assai edificanti, e ben meritevoli che ne faccia tesoro ogni buon cattolico specialmente nei giorni che corrono.
Né il sig. Marchese mostravaci la sua benevolenza solamente a parole, ma bensì con certi fatti non tanto facili ad essere dimenticati. Uno di questi fu nell' ultimo giorno di carnovale del 1855. Don Bosco fin dai primi anni dell'Oratorio aveva introdotta la pratica del cosi detto Esercizio della buona morte. Consiste questo nel fare una Confessione ed una Comunione come se fosse l'ultima della vita, e nella recita di alcune preghiere acconcie alla circostanza. Questo Esercizio ha luogo ogni mese e nell' ultimo giorno del carnovale, e in questo dì si compie in suffragio delle anime del purgatorio. Ciò saputo il Marchese Fassati disse : « I figli di Don Bosco l'ultimo giorno di carnovale sogliono consolare le anime purganti , coll' offrire in loro sollievo la Confessione, la santa Comunione, ed apposite preghiere , ed io voglio rallegrare essi medesimi ; » e così fece. Era il 20 febbraio. Al mattino oltre un centinaio di giovanetti dell' Ospizio e molti altrì dell' Oratorio festivo udirono la Messa, si accostarono ai santi Sacramenti, risposero alle preghiere della buona morte recitate da D. Alasonatti, ed offersero a Dio per le anime sante non solo quelle pratiche di pietà, ma la pena di un freddo intenso, che intirizziva le membra. Ma all' uscire di Chiesa noi ci trovammo un premio inaspettato; ed erano due buone pagnotte, accompagnate da una grossa fetta di salame. Pareva che le anime dei purgatorio ci ricompensassero, per mano del signor Marchese, del sollievo loro portato coi nostri suffragi.
Ma fuori di ogni usato fu il pranzo allestitoci in quel giorno medesimo. Il caritatevole signore oltre ad una buona pietanza volle che ci fossero serviti gli agnellotti. Ne occorrevano oltre a 100 dozzine; onde fu necessario che nella vigilia vi lavorassero attorno la buona mamma Margherita, e parecchi giovani sotto la sua guida. « Ma gli agnellotti vanno bagnati, » disse il provvido signore; e quindi spedì all'Oratorio una buona quantità di ottimo vino delle sue vigne del Monferrato. Si compiacque poi di assistere egli stesso in persona al nostro convito dicendo : « Voglio vedere cogli occhi miei l'effetto, che producono nei giovanetti due bicchieri di buon vino; » e il vide e l'udì con sua grande soddisfazione. Dopo cinque minuti che ne avevano bevuto il primo , i giovani non potevano già più stare nella pelle; le chiacchere si mutarono in un passeraio; gli evviva al sig. Marchese si succedevano senza interruzione; era uno spettacolo da carnevale, ma onesto ed innocente. Si trattava di mescere il secondo bicchiere; ma in vista della nostra allegria giunta oramai al colmo, D. Bosco domandò al signor Marchese che gli permettesse di battezzare alquanto quel generoso liquor di Bacco, a fine di premunirci da suoi fumi e dai capogiri. In quel giorno noi fummo arcicontenti; ma la gioia più soave fu quella del signor Marchese. La pietà, la fede, che guidava tutte le sue azioni, gli insegnava cbe aveva rallegrato uno stuolo di poveri giovanetti , i quali avrebbero pregato Iddio ad aprirgli un giorno il seno della sua misericordia, e a dargliene in Cielo un premio adeguato ed imperituro; questo pensiero gli inondava l' anima di consolazione ineffabile.
Un'altra non comune allegria ci procacciò l'egregio signore nella festa di S. Luigi, di cui era stato fatto Priore. La sera di quel dì, che fu la prima Domenica di luglio, dopo le sacre funzioni, egli provvide pane e salame a tutti i convenuti all'Oratorio, i quali, compreso il gran numero di esterni, superavano gli ottocento. Siccome era molto generoso, così ei volle che il companatico fosse piuttosto abbondante; onde era un divertimento il vedere i giovani, che, ricevuta la propria porzione, se la mettevano dinanzi agli occhi , e mirandola gridavano in tono di giubilo: Non si vede Superga, non si vede Superga. É questa una frase famigliare tra noi, per dinotare la grossezza di una fetta di salame o di cacio; in quanto che se lascia vedere Superga, collina al nord est di Torino, è segno che è sottile e trasparente ; se no, è prova che è spessa ed opaca, e vi ha molto a godere. E tale appunto era quella, regalataci dall'amorevole Priore.
Questi ed altri consimili atti di carità, esercitati ora da questo ora da quell'altro dei signori di Torino, erano di efficace stimolo ai giovanetti esterni ad intervenire al catechismo, e alle religiose funzioni dell'Oratorio. Eglino vi scorgevano come un avveramento di quella sentenza del santo Vangelo: Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e il resto vi sarà dato per giunta. Ricevendo di quando in quando questa giunta in modo loro adattato, attendevano più spesso e volentieri alle cose di Dio e dell' anima , a poco a poco si fondavano nella religione, si fortificavano nella virtù, e così rendevansi buoni cristiani, savii ed onorati cittadini.
E qui, poiché ci cade in acconcio, giova dirlo per norma dei direttori e promotori degli Oratorii festivi. Se si vogliono frequentati dai giovanetti, vi sono indispensabili onesti allettamenti. Senza di questi, la maggior parte dei fanciulli liberi di se stessi , o perchè orfani di genitori, o perché trascurati dai medesimi , non s'inducono punto ad intervenire alle sacre funzioni e alla istruzione religiosa, che vi s'imparte. Per sua leggerezza e vivacità questa cotal gente rifugge quasi per natura dallo stare ritirata, e dall'assoggettarsi alla sorveglianza. Bisogna quindi attirarvela e prenderla come le mosche, con buoni favi di miele. Quindi affinchè prosperi un Oratorio festivo si richiedono divertimenti, giuochi, trastulli, belle ed amorevoli maniere, e questo sempre; poscia di quando in quando occorrono teatrini, piccole lotterie, regalucci, passeggiatine, colezioni, merenduole e via dicendo. Se vi hanno queste attrattive, sì vedranno gli Oratorii gremiti di ragazzi; se no, si avrà il rammarico di vedere nei giorni festivi le piazze, i viali , i dintorni delle città ingombri di monelli, i quali crescono nell'ignoranza della religione e nella scienza di ogni mal fare; si avrà il cordoglio di vedere crescere una generazione senza Dio , senza fede e senza legge; si avrà il dolore di vedere a formarsi famiglie e società, che rimpiomberanno il mondo negli orrori del paganesimo e nella barbarie. Se ne veggono fin d' ora luttuosi esempi in molte città d'Italia e di Francia, che non è mestieri di qui segnalare. Si scuotino adunque i Cattolici più o meno favoriti di beni di questa terra, e in tanta tristizia di tempi sappiano fare qualche sacrifizio, sappiano privarsi eziandio dei loro onesti piaceri, per attirare al bene tanti scapatelli, per conservarli o ridonarli a Dio, alla patria , al Cielo. Se più si aspetta, non saremo più in tempo ; ché la ignoranza, le passioni, le male compagnie faranno di tanti poveri ed incauti giovani le reclute, i gregarii delle società sovvertitrici, i discepoli di coloro, che si gloriano persino di inneggiare a Satana, di raccogliersi e combattere sotto i suoi neri vessilli, gridando : Viva l'inferno!
I signori badino anche a se stessi , e temano i che Iddio tardi o tosto non si serva di qualcuno li questi esseri disgraziati, come di un flagello, a punirli di quella loro indifferenza , per cui tanta gioventù cresce empia e scellerata; procuriamo tutti almeno colla carità e colla beneficenza nostra di meritarci la misericordia di Dio nel giorno , forse non lontano , nel quale scoppierà la giusta ira sua.
Noi avremo ancora molti altri lodevoli fatti da notare a memoria e ad encomio dell'illustre Marchese Domenico Fassati; ma siccome ci accadrà di riparlare di questo insigne nostro benefattore ed amico, così a suo tempo ne faremo cenno in altre pagine di questa nostra istoria.
Se la Dio mercè, cresceva la benevolenza degli uomini, non diminuivano punto i bisogni del nostro Oratorio. Negli anni 1854 e 1855 la miseria di molte famiglie fece moltiplicare le domande di accettazione di poveri giovani nell' Ospizio. Mancando il posto, il più delle volte davasi bensì una dolorosa negativa ; ma talora l'abbandono di certi ragazzi e i pericoli dell'anima e del corpo, in cui versavano, erano di tal fatta, che a D. Bosco non reggeva l'animo di rispondere con un rifiuto. Molti poi non solo di Torino, ma di altre parti dello Stato, per ottenere più facilmente di essere ricoverati, ricorrevano ora al Sindaco del paese , ora all'Intendente o Prefetto della provincia , e non di rado agli stessi Ministri del Re, i quali poi alla loro volta li raccomandavano a Don Bosco con espressioni troppo efficaci. Per la qual cosa il nostro numero si accresceva, si aggravavano le spese, e si facevano ingenti i debiti specialmente verso il panattiere. Soprattutto l'anno 1855 fu assai memorando ; funesto pel Piemonte, e gravoso per noi. Nello spazio di pochi mesi ben cinque persone della famiglia reale furono rapite dalla morte, tra cui il savio e prode Ferdinando di Savoia-Carignano, Duca di Genova, e le due Regine, Maria Teresa e Maria Adelaide, due angeli della Corte, due madri dei poveri (1). Maria Teresa moglie di Carlo Alberto, e madre del defunto Re Vittorio Emanuele Il , mandava sovente all'Oratorio non comuni limosine, ora per mano del signor Teologo Roberto Murialdo, ora per mezzo del Cav. San Giusto addetto alla Corte.
Una volta tra le altre inviò ben mille lire in suffragio dell'anima dell'augusto suo consorte. In un'altra circostanza, trovandosi D. Bosco in grave bisogno , le scrisse domandandole un qualsiasi soccorso, e la santa donna al domani per tempo gli faceva tenere altre lire mille. In più altre occasioni ella ci fece da vero angelo della Provvidenza. Quindi è che la sua morte fu anche per noi una delle più grandi sventure.
Parimenti la guerra di Crimea e la spedizione di 15 mila soldati Piemontesi in aiuto dei Turchi , della Inghilterra e della Francia contro la Russia minacciosa; la così detta crittogama o malattia delle uve, che da alcuni anni intisichiva i più floridi vigneti del Piemonte ; la scarsità delle raccolte nelle campagne; la ricomparsa del coléra nella Sardegna , e più altri malanni servirono pure alla lor volta a peggiorare la condizione dei ricchi e dei poveri. Laonde il nostro Ospizio, che viveva di carità, ebbe a trovarsi in gravi bisogni e in dolorose strettezze.
Ma di tratto in tratto Iddio dava a divedere che non ci avrebbe abbandonati. Appunto in uno di quei giorni, mentre D. Bosco stava par uscire in città in cerca di qualche soccorso per noi, gli si presenta il signor Conte Renato d' Agliano , nobile gentiluomo di Torino, illustre non meno per sangue che per sentimenti di cristiana pietà, e gli dice: « Ho mia consorte gravemente ammalata , preghi e faccia pregare i suoi giovanetti per la sua guarigione; » e in così dicendo gli rimette una limosina, che corrispondeva alla metà del debito del pane. Don Bosco ringraziò il caritatevole signore e lo esortò a confidare , notandogli che con quell' opera di carità , compiuta prima ancora di ottenere la grazia, egli obbligava in certo qual modo Iddio a concedergliela. Intanto della sera stessa alle orazioni comuni D. Bosco ci fece aggiungere un Pater ed Ave per una malata , e raccomandò che altrettanto si facesse nei giorni seguenti infino a nuovo avviso. Ma il terzo giorno ritorna all'Oratorio il nobile Conte, e con parole di profonda gratitudine racconta che con alto stupore del medico la moglie sua era fuori di ogni pericolo e come guarita. Pieno di riconoscenza a Dio pel favore così inaspettatamente ottenuto, egli rilasciava a nome di lei un' altra offerta per ringraziamento. La divina Provvidenza sempre ammirabile nel suo governo aveva disposto che questa seconda limosina fosse eguale alla prima; così che D. Bosco in capo a tre dl potè saldare appieno il suo debito col panattiere.
Questi atti di beneficenza, che avevano piuttosto dello straordinario e prodigioso, infondevano grande fiducia nella bontà di Dio, e nel tempo stesso inspiravano a D. Bosco le. più amorose industrie, per provvedere a tutti i nostri bisogni. Le relazioni che abbiamo in proposito sono concordi nel mostrarcelo in quel tempo come una povera ma sollecita madre, che, vedendosi circondata da numerosa famiglia, e temendo che per la penuria i suoi bimbi abbiano in qualche modo a soffrire , non si dà posa, affinché nulla venga a loro mancare del necessario alla vita.
A quest'uopo egli, per non istancare la generosità dei soliti benefattori, divisò di fare ricorso alla carità pubblica. Pertanto essendo rimasti liberi alcuni dipinti della lotteria precedente , D. Bosco ne ideò una seconda più piccola, come appendice della prima, con biglietti a soli 20 centesimi l'uno. Egli diceva : - Due anni sono , siamo ricorsi alla carità dei fedeli per la fabbrica della Chiesa e della casa ; ora vi ricorriamo per la fabbrica dell'appetito. - Con questo intento sin dai primi mesi del 1854 egli stabilì un apposito Comitato di caritatevoli signori e signore di Torino; domandò le facoltà opportune e si diede attorno a smerciare biglietti per ogni parte. Egli ne face invio ai Vescovi e ai Parroci del Regno ; ne distribuì ai Sindaci, ai Senatori, ai Deputati, ai Ministri del Re ; ne mandò a tutte le persone costituite in qualche dignità ecclesiastica o civile , e non dimenticò le persone più o meno benestanti, mettendole così nella dolce necessità di fare un' opera buona a sollievo di tanta povera gioventù, statagli da Dio affidata. La comparsa del colera avendo sospeso il corso di quest'opera, essa venne ripigliata e condotta a fine nell'anno seguente.
Ad ogni pacco di biglietti andava unita una copia di lettera litografata, di questo tenore.
Torino, 8 Maggio 1835.
ILLmo SIGNORE,
La critica annata ed il gran numero di ragazzi, fatti orfani nella fatale invasione del coléra , mi hanno posto quasi nella necessità di dover considerevolmente aumentare il numero dei giovani, ricoverati nella Casa dell' Oratorio di S. Francesco di Sales, sicchè il loro numero attuale ascende a cento circa. Pelché ridotto a gravi strettezze, nè sapendo a qual partito appigliarmi per provvedere loro il pane, ho chiesto il parere di alcuni pii e benemeriti Signori, nominati nell'Elenco dei Membri della Commissione, i quali proposero di fare una piccola lotteria di alcuni dipinti. Accolta tale proposta, e adempiuto le incombenze dalla legge prescritte, tratterebbesi ora di smerciare i biglietti, che ho divisato di affidare a quelle pie persone, che in altre occasioni presero parte ai miei bisogni. Per questo mi faccio animo di ricorrere eziandio alla provata bontà di V. S. Ill.ma unendovi biglietti N°... con pregliera di volersi adoperare per ismerciarli presso coloro, che giudicherà propensi a simili opere di carità. Qualora però non potesse distribuirli tutti, e non giudicasse di poterli ritenere per sè, la prego di aggiugnere novello favore e spedirli otto giorni prima dell' estrazione (12 Luglio) a quello tra i Membri della Commissione, presso cui le tornerà più agevole il recapito : la qual cosa potrà egualmente fare per la rimessione dell'importo dei biglietti smerciati o ritenuti.
Avrei ben voluto poter fare a meno di recare a Lei questo disturbo; ma attesa la gravezza delle spese cui debbo far fronte, e il gran numero dei ragazzi abbandonati che dimandano pane, ho dovuto appigliarmi a questo spediente. Mi creda è proprio un dar da mangiare ai poveri affamati.
Mentre poi le professo la sincera mia gratitudine, l' assicuro che mi unirò coi beneficati miei figli per pregare Iddio buono, affinché voglia spandere copiose benedizioni sopra di Lei e sopra di tutti quelli, cui Ella desidera in particolar maniera augurare . felicità per la vita presente e per la futura. Con pienezza' di stima reputo al massimo onore il potermi dire
Di V. S. Ill.ma
Obblmo Servitore
SAC. GIOVANNI Bosco.
Fu in vero edificante il concorso prestato a D. Bosco in quella circostanza. Presso che ognuno ritenne i biglietti ricevuti, e ne spedì l'importo, aggiungendo parole d'incoraggiamento. Fra gli altri vi prese bellissima parte il Sindaco di Torino, né si stette dal concorrervi lo stesso Urbano Rattazzi, in allora Ministro degli affari interni. Sono degne di essere conosciute le lettere scritte in quell'occasione da questi uomini autorevoli, i quali davano a conoscere con quale criterio giudicassero, e in quale alta stima tenessero l'Opera degli Oratorii, e l' Ospizio di S. Francesco di Sales.
Il signor Cav. Notta , Sindaco di Torino, fin dal 13 maggio del 1854 scriveva: - Premuroso di dimostrare, sebbene in tenue modo, il vivo desiderio di concorrere a quanto possa tornare ad utile degli Oratorii festivi , dalla S. V. Molto Reverenda con tanto plauso iniziati e sorretti a profitto morale e materiale dei giovani abbandonati, mi professo ben fortunato di poter secondare l' invito da Lei ricevuto colla lettera in margine accennata, ritenendo i 100 biglietti di lotteria a beneficio degli Oratorii medesimi trasmessimi; e compiegandole il prezzo di detti biglietti in L. 20, unite alla presente, faccio voti perchè i pii Oratorii trovino ognora patrocinio presso chi si trova in grado di proteggerli, come ben lo meritano, e dommi il pregio di professarmi ossequiosamente
Di V. S. molto reverenda
Devmo Obblmo Servo NOTTA.
Breve ma non meno cortese è pure la lettera di Urbano Rattazzi, avuto per uno dei più famosi uomini di Stato. Dal suo gabinetto particolare così egli scriveva a D. Bosco, in data del 12 di maggio dell'anno medesimo.
ILLmo e REvmo SIGNORE,
Di buon grado assecondando la richiesta della S. V. fattami di concorrere alla pia Opera instituita per sopperire alle urgenti spese, che occorrono all' Oratorio maschile di S. Francesco di Sales in Valdocco, Le acchiudo nella presente L. 40 in un colla restituzione dei 200 biglietti di lotteria inviatimi; e ringraziandola d'avermi per tale effetto richiesto, ho l'onore di costituirmi con distinta stima
U. RATTAZZI.
Forse i nostri Cooperatori faranno le maraviglie nell' apprendere che il Ministro Rattazzi pigliasse sì vivo interessamento per D. Bosco e per l'opera sua; imperocchè sono note a tutto il mondo le sinistre opinioni politiche di quell'uomo, e la parte pur troppo efficace che egli si ebbe in certi fatti dolorosi, sopra cui non occorre che noi portiamo qui il nostro giudizio, essendo già in dominio della storia. Lasciando dunque a parte la sua politica , notiamo ad onore del vero che l'avvocato Rattazzi da Deputato e da Ministro guardò sempre di buon occhio il nostro Oratorio ed Ospizio. Soleva dire che il Governo era obbligato a proteggere cotale istituzione, perché cooperava efficacemente a scemare gli inquilini delle prigioni, e a formare dei savii cittadini, nel mentre che ne faceva dei buoni cristiani; ed egli stesso ne dava l'esempio. Quindi incoraggiava D. Bosco nell' opera sua , inviava sussidii , raccomandava giovanetti, e giunse persino ad affidargli un giovane suo cugino, dì nome Cesare Rattazzi, affinché glielo riducesse a buoni sentimenti e a sani consigli. Ogni qual volta poi che saliva al Ministero degnavasi di far sapere a D. Bosco che nulla avrebbe a temere. Queste benevole disposizioni egli prese a nutrire sin dal momento che fece personale conoscenza con D. Bosco, e in modo incognito venne al nostro Oratorio. Il fatto è degno di essere qui segnalato.
Era una Domenica mattina del mese di aprile dell' anno 1854 , verso le ore dieci e mezza. I giovani dell' Ospizio con molti altri degli esterni si trovavano per la seconda volta in Chiesa ; avevano cantato Mattutino e Lodi dell' Ufficio della Beata Vergine, ascoltata la Messa , e D. Bosco salito in pulpito stava raccontando un tratto di Storia Ecclesiastica , già incominciata da qualche tempo addietro. In quel mentre entra per la porta esterna della nostra Chiesa un signore, che nessuno e neppur D. Bosco conobbe. Udendo che si stava predicando, ei si sedette sopra uno dei banchi preparati in fondo pei fedeli, e fermossi ad ascoltare sino alla fine. Don Bosco aveva principiato la Domenica innanzi a narrare la vita di S. Clemente Papa, e in quel mattino raccontava come il santo Pontefice in odio alla Religione Cristiana era stato dall'Imperatore Trajano mandato in esiglio nel Chersoneso, chiamato oggidì Crimea, dove in quell'anno incominciava la guerra sopra accennata. Terminato il racconto egli soleva interrogare qualcuno dei giovani , se avesse qualche domanda a fare in proposito, o quale moralità si potesse trarre dal fatto di storia. In questa guisa egli ci obbligava a stare attenti, e nel tempo stesso dava alla narrazione un più vivo interesse. Così pur facendo in quella mattina, egli interrogò uno dei giovani esterni. Costui contrariamente ad ogni aspettazione venne fuori con una domanda appropriata bensì, ma inopportuna pel luogo, e per quei tempi molto pericolosa. Disse adunque : - « Se l'Imperatore Traiano commise una ingiustizia, cacciando da Roma e mandando in esilio Papa S. Clemente, ha forse fatto anche male il nostro Governo ad esigliare il nostro Arcivescovo Mons. Fransoni? - A questa domanda inaspettata D. Bosco rispose senza punto scomporsi: - « Qui non è il luogo da dire, se il nostro Governo abbia fatto bene o male a mandare in esiglio il nostro veneratissimo Arcivescovo ; è questo un fatto di cui si parlerà a suo tempo; ma il certo si è che in tutti i secoli e fin dal principio della Chiesa i nemici della Religione Cristiana hanno sempre preso di mira i Capi della medesima, i Papi, i Vescovi, i Sacerdoti, perché credono che tolte di mezzo le colonne cada l'edifizio, e che percosso il pastore si sbandino le pecorelle , e divengano facile preda dei lupi rapaci. Noi pertanto quando udiamo o leggiamo che questo o quel Papa, questo o quel Vescovo, questo o quel Sacerdote è stato condannato ad una pena, come per es. all' esilio, alla prigione e fosse anche alla morte , non dobbiamo tosto credere che egli sia veramente colpevole come lo dicono; imperciocchè potrebbe darsi in quella vece che egli sia una vittima del suo dovere , sia un confessore della fede , sia un eroe della Chiesa , come furono gli Apostoli, come furono i Martiri, come furono tanti Papi , Vescovi-, Sacerdoti e semplici fedeli. E poi teniamo sempre a mente che il mondo, il popolo ebreo, Pilato condannò alla morte di croce lo stesso divin Salvatore, quale un empio bestemmiatore, ed un sovvertitore del popolo, mentre era vero Figliuolo di Dio, aveva raccomandato obbedienza e sottomissione alle potestà costituite, mentre aveva ordinato di dare a Cesare quello che è di Cesare, e a Dio quello che è di Dio ».
Aggiunte alcune altre parole sul dovere di tenersi forti nella fede e nella devozione e rispetto ai Ministri della santa Chiesa , D. Bosco discese dal pulpito, e noi, recitato il solito Pater ed Ave in onore di S. Luigi Gonzaga , e cantato il Lodato sempre sia il nome di Gesù e di Maria, ce ne uscimmo di Cappella per la porta laterale. Dietro di noi usciva pure lo sconosciuto signore, che venuto nel cortile domandò di parlare con D. Bosco. Questi era allora allora salito in camera , e gli fu accompagnato da un giovane. Fatti i primi convenevoli, tra D. Bosco e Rattazzi usci un breve dialogo udito dal giovine medesimo. il quale, secondo il solito di quei tempi poco beati, dopo aver introdotto il signore, erasi fermato colà sino a che D. Bosco non gli accennò di andarsene pure, perchè nulla occorreva. Il dialogo è questo.
D. Bosco - Potrei sapere con chi ho l' onore di parlare?
Rattazzi - Con Rattazzi.
D. B. - Con Rattazzi: Quel grande Rattazzi (coul gran Ratass), Deputato, già Presidente della Camera ed ora Ministro del Re?
Rat. - Per lo appunto.
D. B. Dunque (sorridendo) posso preparare i polsi alle manette, e dispormi per andare all'ombra della prigione.
Rat. - E perché mai?
D. B. - Per quello che V. Eccellenza udì poc'anzi nella nostra Chiesa, a riguardo di Mons. Arcivescovo.
Rat. - Niente affatto. Lasciando a parte, se
fosse più o meno opportuna la domanda di quel ragazzo, Lei dal canto suo rispose e se la cavò egregiamente, e niun Ministro del mondo potrebbe fargliene il minimo rimprovero. Del resto, quantunque io sia di parere che non convenga trattare di politica in Chiesa, tanto meno con giovanetti, che non sono ancor capaci di farne il dovuto apprezzamento, non si hanno tuttavia da rinnegare le proprie convinzioni in faccia a nessuno. Si aggiunga anche che in un Governo Costituzionale i Ministri sono responsabili delle loro azioni, le quali possono essere sindacate da qualsiasi cittadino, e perciò anche da D. Bosco. Io stesso, sebbene non tutte le idee e gli atti di Mons. Fransoni mi arridano, sono lieto che la severa misura contro di lui non sia stata presa sotto il mio Ministero.
D. B. - Se è così, conchiuse facetamente Don Bosco, posso dunque stare tranquillo che V. E, per questa volta non mi farà mettere in gattabuja, e mi lascierà respirare l'aria libera di Valdocco. Allora passiamo ad altro.
A questo lepido esordio tenne dietro un serio discorso di quasi un'ora ; e il Rattazzi con una infilzata di domande a D. Bosco si fece dire per filo e per segno l'origine, lo scopo, il progresso, il frutto della instituzione dell'Oratorio e dell'unito Ospizio; e uomo qual si era di buon cuore ne andò così bene impressionato , che da quel giorno, come abbiamo di sopra accennato, e come vedremo ancora in appresso, divenne nostro avvocato e protettore. Fu questo per noi un tratto di speciale provvidenza , imperciocchè facendosi anno per anno più difficili le condizioni dei tempi, ed avendo il Rattazzi avuto molto sovente le mani al Governo, ed essendo rimasto ognora uomo influente, il nostro Oratorio ebbe in lui tale un appoggio, senza di cui avrebbe forse risentite delle fortissime scosse, ed anche sofferti dei gravissimi danni. Ed invece fu il contrario. Pare che il Signore abbia voluto servirsi di lui per farci del bene, e per non lasciarci recare del male, come allo stesso fine sotto il re Nabucodonosor erasi servito dell' opera di un Ministro potente in pro del giovane Daniele e dei suoi compagni. Dio giammai non muta. Egli é sempre qual provvido Padre. Felice chi lo ama e in lui confida.
(1) A proposito di queste morti e di tanti funerali in Corte avremmo un fatto ammirabile da raccontare, ma dobbiamo riservarlo ad altro tempo, a fine di non dispiacere a colui, che è il nostro protagonista.
La Geometria in servigio delle scuole ginnasiali, tecniche e normali, esposta secondo i nuovi programmi governativi pel Sac. Prof. Clemente Bretto - Un Vol. in-16° di circa pag. 240.
Nell'aprirsi del nuovo anno scolastico annunziamo ai professori e ai direttori questo trattatello, molto acconcio al bisogno, sia perchè conforme ai nuovi programmi del Governo, sia pel modo facile e chiaro, con cui l'Autore procede nelle sue dimostrazioni.
La materia é divisa in tre libri. Nel primo l'Autore parla della retta , e porge le primarie nozioni sui poligoni; nel secondo tocca delle nozioni secondarie sui poligoni e viene quindi a trattare del circolo; nel terzo infine espone quanto è più importante della Geometria solida. Vanno unite circa 270 figure per la più facile e retta intelligenza.
Il Prof. Bretto, avendo per più anni insegnato la Geometria in un Liceo, seppe coll'operetta sua alleggerire di assai al maestro la fatica di tale insegnamento, e nel tempo stesso rese all'allievo meno arida e disgustosa una scienza , la quale per quanto utile ed importante , non gli é però sempre tra le più gradite ed amene.
Si vende nella libreria Salesiana di Torino a L. 2 la copia.
Per concessione pontificia in data dei 9 di maggio 1876 ogni Cooperatore ed ogni Cooperatrice può guadagnare tutte le indulgenze dei Terziarii di S. Francesco di Assisi, tanto plenarie quanto parziali.
Fra le altre può acquistare Indulgenza plenaria una volta al giorno, da applicarsi alle anime del Purgatorio, recitando la terza parte del Rosario di Maria Vergine avanti al SS. Sacramento, e non potendo avanti al divin Sacramento, recitandola innanzi al Crocefisso.
Indulgenza plenaria ogni volta che si accosta alla santa Comunione.
Può altresì lucrare moltissime Indulgenze plenarie nel corso del giorno mediante la recita di sei Pater, Ave e Gloria, secondo la mente del Sommo Pontefice. E queste Indulgenze applicabili alle anime purganti, le può acquistare toties quoties, ossia tutte le volte che recita i suddetti Pater, Ave e Gloria in qualunque luogo senza bisogno di Confessione e Comunione purché sia in grazia di Dio.
Oltre a queste, un' altra Plenaria ne può guadagnare ogni domenica , e nei giorni qui sotto notati, purché confessato negli otto giorni, e comunicato visiti una qualche chiesa , pregandovi secondo l'intenzione del Sommo Pontefice.
1. Festa di Ognissanti.
2. Commemorazione di tutti i fedeli defunti. 6. S. Agnese d' Assisi sorella di S. Chiara. 9. Sant' Elisabetta di Ungheria.
21. Presentazione di Maria Vergine al Tempio. 26. S. Leonardo da Porto Maurizio. 29. Festa di tutti i Santi dei tre Ordini di San Francesco d' Assisi.
30 Sant'Andrea Apostolo.
Questo mese diamo un secondo numero del Bollettino Salesiano ai Cooperatori, a fine di partecipare loro la Solenne Dedicazione della Chiesa di S. Giovanni Evangelista in Torino, come vedranno nelle pagine seguenti.
Benemerito Signore
Con lieto animo sono in grado di dare alla S. V. la consolante notizia che il 28 del corrente Ottobre sarà consacrata al divin culto la Chiesa di S, Giovanni, Apostolo ed Evangelista, eretta in Torino per cura e specialmente per la carità dei Cooperatori e delle Cooperatrici Salesiane. A giudizio dei più ragguardevoli artisti, la Chiesa, e per l'architettura e per la decorazione, riuscì uno dei più perfetti ed eleganti sacri monumenti, che arricchiscano la città. del SS. Sacramento e di Maria SS.
Ora è nostro dovere di ringraziare il Signore che ci abbia in tante guise aiutati a superare le varie ed innumerevoli difficoltà incontrate per innalzare questo Tempio ad onor suo, e che nella sua pietosa Provvidenza, per mezzo del consiglio, dell'arte, e dell'opera di tante pie e benemerite persone, ci abbia fornito i mezzi per riuscire nell' impresa.
Nel tempo stesso dobbiamo pregarlo che voglia degnarsi di prendere la nuova Chiesa sotto la onnipotente sua protezione, e guardare con occhio benigno ed amorevole tutti coloro, i quali verranno in appresso ad effondere il loro cuore dinanzi a' suoi altari, ad esporgli le proprie necessità spirituali e temporali, ed implorare il suo possente aiuto.
A questo fine, ed anche perché la Dedicazione fosse per riuscire più solenne, sarebbe mio vivo desiderio che vi prendessero parte i nostri Cooperatori e Cooperatrici non solo di Torino , ma di ogni altra città e paese ; ma siccome questo generale intervento non è possibile, così io li invito ad unirsi con noi in quel modo, che a ciascuno suggerirà il proprio cuore.
Qualora V. S. o qualcuno della famiglia, potendo, volesse intervenirvi personalmente , troverà più sotto l' orario delle sacre funzioni , che avranno luogo negli otto giorni della Dedicazione.
Ho voluto dare questa comunicazione alla S. V. Benemerita, affinché goda nel sapere che la carità sua comincia ad ottenere il santo fine, per cui l'ha fatta, quale si è la gloria di Dio, il vantaggio della Religione, la salvezza delle anime. Le lodi, che da quel giorno in poi nella nuova Chiesa s' innalzeranno a Dio, le preghiere, che vi faranno tanto migliaia di fedeli , la salute , che vi otterranno innumerevoli anime , sono altrettanti beni, che saranno altresì partecipati alla S. V., e dei quali Ella riceverà a suo tempo dal Signore una copiosa mercede.
Dal canto mio non cesserò di unire le povere mie preghiere a quelle dei Salesiani e dei giovanetti loro affidati , e domanderò ogni giorno al Signore che si degni di spandere sopra la S. V. e sopra i suoi parenti le più elette benedizioni nella vita presente, e che le conceda un premio distinto nella vita futura, secondo queste sue divine parole : « Io non toglierò la mia misericordia a chi edificherà la Casa al mio Nome, e gli stabilirò un trono nel regno sempiterno : Misericordiam meam non auferam ab eo ; et stabiliam thronum regni ejus usque in sempiternum. »
Voglia infine la S. V. continuarmi il valido appoggio della carità sua per le molte opere, else Iddio per sua bontà ci ha posto nelle mani, affinchè possiamo fare un po' di bene al nostro prossimo, soprattutto alla povera gioventù abbandonata, mentre con sentimento di profonda gratitudine ho l'onore di professarmi
Di V. S. Benemerita
Torino, 15 Ottobre 1882.
Obbligatissimo Servitore Sac. GIOVANNI BOSCO.
NB. La Chiesa è terminata in ogni sua parte , ed alcuni oggetti dì minore importanza, che mancano ancora, sono già ordinati. Tuttavia non debbo nascondere che rimane ancora una passività di 45 mila lire da estinguere, parte per l'organo, parte per la decorazione ed altri lavori eseguiti in questi ultimi mesi. Chi pertanto, potendo, mi prestasse la mano a soddisfare questo debito farebbe davvero opera di carità e di religione, e Dio certamente non lascierebbe di dargliene una condegna ricompensa.
NEL GIORNO DELLA CONSACRAZIONE E DURANTE L'OTTAVA SABATO 28 OTTOBRE.
Giorno della Consacrazione
MATTINO.
Alle ore 8 comincierà la Solenne Consacrazione, fatta da Sua Eccellenza Revma Monsignor Lorenzo Gastaldi, Veneratissimo Arcivescovo di Torino. - Finita la sacra funzione, e verso mezzogiorno, il Sacerdote D. Giovanni Bosco celebrerà la santa Messa pei Benefattori e per le Benefattrici della suddetta Chiesa.
SERA.
Alle ore 3 1/2 avranno luogo i Vespri Solenni. Seguirà un Discorso tenuto dal Sacerdote Don Giovanni Bosco; e in fine si darà la Benedizione col Santissimo Sacramento.
DOMENICA, LUNEDI' e MARTEDP
Solenne Esposizione del SS. Sacramento.
Nel mattino dei tre giorni predetti, 29, 30 31 di Ottobre, si darà comodità ai fedeli di accostarsi ai santi Sacramenti della Confessione e della Comunione, e di ascoltare la santa Messa in tutte le ore.
Alle ore 10 di ciascun giorno vi sarà Messa Solenne Pontificale, indi Esposizione e Adorazione del SS. Sacramento.
Nella sera, alle ore 3 1/2: Vespri Solenni Pontificali, Discorso del M. Rev. Signor Canonico Prospero Wenk, e Benedizione col Venerabile.
PRIMO GIORNO DI NOVEMBRE.
Festa di Ognissanti.
Nel mattino, comodità di accostarsi ai santi Sacramenti, Messe lette ad ogni ora, ed alle 10 Messa Solenne, conce nei giorni precedenti. - Alla sera, Vespri secondo il rito, Discorso detto dal M. Rev. Sig. Can. Wenk, e Benedizione.
SECONDO GIORNO DI NOVEMBRE
Commemorazione di tutti i fedeli defunti.
Nel mattino, Messe lette a comodità dei fedeli, e alle ore 10 Messa funebre Solenne in suffragio delle anime dei defunti, specialmente dei Benefattori e delle Benefattrici della Chiesa consacrata. - Nella sera, all' ora solita, cantati i Vespri, avrà luogo un breve Discorso, dopo cui si darà la Benedizione.
DUE ULTIMI GIORNI DELL'OTTAVA
3 e 4 di Novembre.
Nel mattino, Messe lette; alle ore 10, Messa Solenne, e nella sera dopo i Vespri si terrà un Sermoncino e si darà la Benedizione. La sera del Sabato, ultimo giorno dell'ottava, si canterà in oltre il Te Deum in ringraziamento a Dio pei benefizi compartiti.
NB. In tutte le Solenni Funzioni, eccettuata quella della Consacrazione, verrà eseguita scelta musica, con accompagnamento dell'organo, dai giovani dell'oratorio di S. Francesco di Sales, coadiuvati da distinti Maestri della Città di Torino, che prestano volentieri l'opera loro.