Anno LIII. SETTEMBRE 1929 Numero 9.
PERIODICO MENSILE PER I COOPERATORI DELLE OPERE E MISSIONI DI DON BOSCO
SOMMARIO: Compiacimento di S. S. Pio XI. Due Santi educatori italiani: S. Benedetto e il Beato D. Bosco. - Sulle Missioni Salesiane: Ai confini del mondo. - Tre lettere di Don Bosco. - Grazie del Beato Don Bosco. - In onore del Beato. - Rilievi alla figura di Don Bosco. - Dalle nostre Missioni: Fervido lavoro apostolico tra i Kivari d'Indanza. - Culto e Grazie di Maria Ausiliatrice. - Iniziative. - Nella nostra Famiglia. Mostra professionale. - Nuovo Santuario a M. A. - Nuovo Istituto. - Necrologio.
S. Em. il Card. Giuseppe Gamba aveva trasmesso al Santo Padre una esatta relazione sullo svolgimento delle trionfali onoranze tributate a Torino al Beato Don Bosco. Sua Santìtà, compiacendosene vivamente, ha fatto pervenire a mezzo dell'Em.mo Cardinal Gasparri, Segretario di Stato, la seguente lettera, al nostro Cardinale Arcivescovo:
Dal Vaticano, 21 - 6 - 1929.
Ill.mo e Rev.mo Signor mio Oss.mo,
Con particolare gradimento Sua Santità ha letto la relazione della Eminenza Vostra Reverendissima sulle feste celebrate in onore del Beato Don Bosco.
Il contegno devoto e fervido della popolazione, i festosi ornamenti delle case, l'intervento delle Autorità al completo, il grandioso e disciplinato corteo, e specialmente il concorso di tanta gente alla funzione religiosa e ai SS. Sacramenti, sono pubbliche manifestazioni di fede e di pietà tali, che non possono non commuovere vivamente il cuore del Santo Padre.
Mentre quindi Sua Santità si congratula volentieri con l'Eminenza vostra e con tutti i fedeli, che hanno dato una prova così illuminata di sincera adesione alle sacre tradizioni degli avi, prega il Signore che voglia largamente fecondare i germi di grazia diffusasi nei cuori di tanti figli, per intercessione del Beato Don Bosco. Come auspicio intanto di questi favori celesti e come pegno della Sua particolare benevolenza, imparte alla Eminenza Vostra e a tutti i diocesani l'Apostolica Benedizione. Baciandole umilissimo le mani, ho il piacere di riaffermarmi con sensi di profonda venerazione
Di Vostra Eminenza Rev.ma
Umil.mo e Dev.mo servitore
+ PIETRO Card. GASPARRI.
Riportiamo dal Sacro Speco dí S. Benedetto di Subiaco questo importante scritto del Sacerdote Giuseppe Parma, Oblato benedettino. Il dotto scrittore ha rievocato egregiamente i punti dove s'incontrano a distanza di quattordici secoli l'Educatore dell'Alto Medio Evo e l'Educatore del secolo XIX. Dopo aver esposto con mirabile chiarezza i « Lineamenti pedagogici di S. Benedetto » e « Le tradizioni educative benedettine » così tratta di D. Bosco:
Lineamenti pedagogici di D. Bosco.
Il Beato D. Bosco per divina provvidenziale disposizione, erede dello spirito dei grandi Santi educatori: S. Benedetto, S. Anselmo, S. Ignazio, S. Filippo Neri, S. Vincenzo de' Paoli e di tantissimi altri e principalmente di S. Francesco di Sales; contemporaneo ed Amico di due Beati, ferventi di carità, il Cottolengo ed il Cafasso, in un periodo molto agitato della vita italica, intuì, e qui sta la sua originalità, i bisogni dei tempi e la necessità di dare all'educazione un indirizzo che fosse efficace. In un'epoca di smodata aspirazione a far senza ogni autorità ed a superare la Chiesa, e di un anticlericalismo talora fine ed a volte volgarissimo, demolitore e devastatore, era necessario far opera d'una educazione che conciliasse libertà ed autorità, ponesse freno agli appetiti ed insieme sviluppasse le più nobili potenze, desse l'amore indomito alla Chiesa e facesse ai giovani gradita l'opera d'educazione che doveva compiersi intorno a loro. Il B. D. Bosco genialmente trovò la soluzione del poderoso problema; e si può ben dire, che, come San Benedetto, in un'epoca ben diversamente, ma al pari fortunosa, operò il grande miracolo. E così fu definito anche dal S. Padre Pio XI; miracolo che il Beato continua a compiere coi suoi figli, che dovunque sono una benedizione, e che oggi hanno raggiunto il numero cospicuo e sempre crescente di più di 8ooo, mentre 6ooo circa Figlie dell'Ausiliatrice s'occupano col medesimo spirito della gioventù femminile. L'originalità del Santo di azione, che ha comune con tutti i Santi l'unico fondamento della vita e della dottrina di Cristo, non può venire che dal particolare suo temperamento e della sua genialità, dalla forza d'intuizione del momento
storìco in cui vive e dall'applicazione efficace dei mezzi più opportuni. Per tutto questo, il Beato D. Bosco è il geniale educatore del secolo XIX e per questo la sua beatificazione interessò tutto il mondo. Il Beato, memore dei Santi che l'avevano preceduto, a chi lo richiedeva del suo sistema educativo rispondeva: « Il mio sistema, il mio sistema! non so nemmeno di averne. Se ho un merito è quello di avere agito, seguendo sempre la voce del Signore e adattandomi alle circostanze ». Un sistema però di pedagogia tutto suo, come organizzazione ed applicazione di principi, il B. D. Bosco lo ha trovato e lo fissò lui stesso in pochi, ma chiari regolamenti che stese in carta prima di morire. Eccone le somme linee (1).
Ci sono due modi di educare la gioventù usati in ogni tempo; il preventivo e il repressivo. Questo ultimo è il metodo del timore e del castigo, il preventivo invece « ... consiste, son parole del Beato, nel far conoscere le prescrizioni e i regolamenti di un Istituto e poi sorvegliare in guisa che gli allievi abbiano sempre sopra di loro l'occhio del direttore, degli assistenti, che come padri amorosi parlino, servano di guida ad ogni evento, diano consigli ed amorevolmente correggano, che è quanto dire mettere gli allievi nella impossibilità di commettere mancanze. Questo sistema si appoggia tutto sulla ragione, la religione e l'amorevolezza, perciò esclude ogni castigo violento, e cerca di tener lontani gli stessi castighi leggeri ». E questo è il sistema preferibile e che di fatto il Beato ha praticato e fa praticare. « Se è possibile, continua D. Bosco, non si faccia mai uso di castighi, ove poi la necessità chieda la repressione si ritenga quanto segue: L'educatore cerchi di farsi amare se vuol farsi temere. In questo caso la sottrazione di benevolenza è un castigo, ma un castigo che eccita l'emulazione, infonde coraggio e non avvilisce mai. Presso ai giovanetti è castigo quello che si fa servire per tale. Si è osservato che uno sguardo non amorevole sopra taluni produce maggior effetto, che non farebbe uno schiaffo. La lode per una bella azione, il biasimo per una colpevole trascuratezza può servire ottimamente di premio o di castigo... Il dar titoli, il percuotere in qualunque modo, il tirare le orecchie ed altri consimili atti, debbonsi evitare... Prima d'infliggere una qualunque punizione si osservi quale grado di colpabilità si trovi nell'allievo e dove basta l'ammonizione non si usi il rimprovero, e dove questo sia sufficiente, non si proceda più oltre ».
Pel resto il Beato dispone che attorno l'educando siano sollecite le attenzioni: che ci siano contatti immediati di intima e profonda compenetrazione di cuori; che si crei insomma attorno al giovane un'atmosfera di famiglia. Tutto deve procedere a base di sodi principi cristiani; d'amore profondo della religione; di frequenza amorosa e spontanea dei SS. Sacramenti; di pratiche di pietà in comune brevi, ma fatte bene e con splendore di servizio divino, con canto e musica sacra eseguiti coi modi liturgici. E deve dominare in tutti un'aura di gioia; vuole il
Beato che le sue case, piene d'aria e di sole, siano sempre in hymnis et canticis, tra lavoro e studio, interrotti da una ricreazione lieta a cui prendono parte gli stessi educatori, non come censori, ma come attori, per rendere più lieta la ricreazione stessa. Rifiutando egli i principii della pedagogia giansenista, fatta di timore e di rigore; e l'altro estremo della pedagogia così in voga di Rousseau dell'educazione puramente negativa ed a base di falso ottimismo; il Beato, tra i due estremi, batte la via media, che risponde magnificamente all'idea ed all'insegnamento pratico di Cristo. Essa non consiste nel soffocare, ma nello sviluppare la personalità del giovane. Per essa l'educatore è il collaboratore indispensabile che deve insegnare al giovane a fare senza di lui ed a reggere se stesso, secondo i principiì della ragione e della fede; deve persuadere all'educando l'amorosa necessità della mortificazione delle passioni per il trionfo della bontà e dell'azione della grazia in lui; deve formare in lui la vita interiore, formare il buon cittadino, il buon cristiano, che, attraverso ai doveri della vita, s'incammina alla conquista del Paradiso.
Così nella subordinazione e coordinazione di tutte le facoltà, il giovane riesce a quella perfezione alla quale l'uomo da Dio è chiamato: - Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro che è nei cieli.
Da questi brevi lineamenti credo che emerga abbastanza l'accostamento non solo in generale, ma in molti particolari e nello spirito fra l'antico Educatore ed il Nuovissimo; Santi entrambi, perchè la sola santità del maestro può davvero dare la completa educazione, che è infusione di vera e propria vita nel proprio discepolo e costruire un alcunchè di veramente vitale.
Essi hanno di comune: la educazione militante per il possesso della vita interiore negli educandi, la ricerca che nei loro Istituti spiri l'atmosfera di famiglia, nel dovere della preghiera e del lavoro; la grande discrezione nelle disposizioni educative; il grande rispetto ed il grande amore all'educando, e della sua personalità che si svolge da sè nei termini del possibile; e quel farsi tutto a tutti per tutti guadagnare a Cristo; infondendo sempre quella letizia che giova alla vita spirituale ed anche alla vita fisica e che conduce alla formazione della coscienza cristiana.
(1) Cfr.: SALOTTI MONS. CARLO, Il Beato Giovanni Bosco; ERNESTO VERCESI, D. BOSCO; FILIPPO CRISPOLTI, D. Bosco; D. B. FASCIE, Metodo educativo di D. Bosco; D. V. CIMATTI, D. Bosco Educatore; D. Bosco, Opere e scritti editi e inediti, tutti editi dalla Società Editrice Internazionale, 1928-29; « La Missione educatrice della Chiesa e la Glorificazione di D. Bosco. in La Civiltà Cattolica, Quaderno 1845, 1° Giugno 1929.
L'incontro del resto tra il Santo Patrizio romano fondatore del Monachismo occidentale e l'umile contadino dei Becchi, nell'unità e continuità di dottrine e d'intenti pedagogici, non deve meravigliare nessuno, come non devono meravigliare le necessarie differenze dovute ai diversi momenti storici ed alle diverse tendenze. Essi attingono ad una stessa fonte, l'unica fonte: il Signore Gesù, Verità eterna. Furono persuasi delle grandi parole del Vangelo di S. Giovanni ove è tracciato il programma unico dell'Educatore cristiano e dobbiamo dire dell'Educatore per eccellenza. E questo lo riconoscono anche pedagogisti che non sono cattolici ed arrivano al Cattolicismo pedagogico per le faticose vie razionali e sperimentali, come il Baire, il Barth, il Forster (1) (a quest'ultimo, come pedagogista, non manca che la professione aperta di cattolicismo). Ecco le parole a cui si allude: « Gesù disse loro quest'allegoria: Io sono il buon pastore; il buon pastore dona la vita per le sue pecorelle; ma il mercenario è colui cui non appartengono le pecorelle; vede venire il lupo, abbandona le pecorelle e prende la fuga, e il lupo le rapisce e le disperde. Il mercenario fugge, perchè è mercenario e non si dà pensiero delle pecorelle. Io sono il buon pastore; io conosco le mie pecorelle, e le pecorelle mi conoscono, come il Padre conosce me, ed io il Padre; io do la mia vita per le mie pecorelle ».
Qui non mancano che le determinazioni e le speciali disposizioni ed i metodi adattati ai tempi diversi ed ai diversi luoghi, chè del resto i principii dell'educatore e le virtù sue eroiche ci sono tutte, specialmente condensate in quel gran principio : io conosco le mie pecorelle, e le pecorelle mi conoscono, come il Padre conosce me, ed io il Padre... il quale importa l'intima comunicazione di sentimenti e di vita fra educatore ed educando, che resterà sempre il fattore principale d'una efficace educazione.
Non mancano peraltro nel Vangelo altri principii pedagogici magnifici; anzi tutta la sua parte dottrinale è anche una vera e propria pedagogia.
In entrambi poi i Nostri ed in tutti i Santi educatori è comune lo studio di preparazione fervida in Domino con una grande vita interiore. È troppo nota, perchè se ne debba parlare qui, la preparazione di vita in Dio del S. Padre Benedetto in questo Sacro Speco. « Ma anche il B. D. Bosco ha fatto precedere all'operosità esteriore la più soda preparazione e formazione interiore con l'acquisto delle virtù religiose e specialmente teologali e, mediante queste, ha innalzato e stabilito le virtù morali e capitali di prudenza, fortezza, giustizia e temperanza. Così è diventato un grande campione della Chiesa Cattolica che, dopo averlo esaminato minutamente in tutto il molteplice sviluppo dell'operosità da lui svolta, lo ha proclamato modello di vera operosità evangelica e moderna nello stesso tempo, degno di sedere nel consesso dei Santi » (1).
Tutto questo ci fa sempre più ammirare la divina vitalità della Chiesa e soprattutto la sua continuata missione educatrice nei suoi tipi più rappresentativi che sono i Santi. Essa in un temperamento equilibrato di idealità e di realtà, in una misura di sapienza meravigliosa e singolare, come tante volte ha detto S. S. Pio XI, prepara il Cristiano e lo fa insieme l'uomo del dovere, l'uomo intero, perfetto innanzi a Dio, alla società, ed alla sua Nazione, amante dell'interiorità e tuttavia pratico della vita, coi piedi in terra, ma innalzato al Cielo, di cui sarà cittadino per l'eternità. Perciò molto a ragione il Joergensen afferma che Cristianesimo e civiltà sono una stessa cosa; il rapporto che passa fra di loro è lo stesso rapporto che passa fra la radice e l'albero, fra il fiore ed il frutto... La Croce di Cristo è la massima potenza di cultura, perchè ogni cultura si fonda sul dominio della natura. Contro di questa Croce si scagliano perciò tutte le forze naturali delle passioni e tutte le potenze infernali dell'anarchia. Se la Croce venisse abbattuta, la civilizzazione dell'Europa (ed è così per tutto il mondo) che dura da diciannove secoli, perderebbe i fondamenti e dovrebbe crollare. Ed allora avremmo il caos!... » (2).
Ma Cristo trionfa, Cristo vince, Cristo impera ora e sempre... e a Dio sian grazie!
D. GIUSEPPE PARMA.
(1) BAIRE, Scienza dell'Educazione; BARTH, Pedagogia e didattica; Biblioteca Scienze Moderne, Torino, Bocca; FoRSTER, Opere, Società Tipografica Editrice Nazionale.
(1) Sac. P. Lingueglia in Bollettino Salesiano di giugno 1929.
(2) JOERGENSEN - HUYSMANS - COPPÉE, D. Bosco. Trittico a cura di D. A. Cojazzi. Società Editrice Internazionale, 1929.
Ai confini del mondo.
Dagli Acrócori del Mattogrosso alle isole del Mar Giallo
- Don Bosco, mi disse a Torino uno che lo conobbe, Don Bosco al solo vedere l'atlante dell'Asia piangeva.
Perchè queste lagrime? Le compresi soltanto quando, quattro anni or sono, a Roma visitai la grande esposizione missionaria che, per l'Anno Giubilare, era stata aperta nei giardini vaticani. Nella sezione statistica, istruttiva come quella etnografica, ma naturalmente di meno diretto godimento, pendeva da una parete la rappresentazione grafica del rapporto in cui stanno oggi i cristiani e i pagani. Linee di lunghezze diverse rappresentavano i diversi gruppi nei quali si divide l'umanità, sotto l'aspetto religioso. Ivi lessi, in cifre tonde: 13 milioni di ebrei, 24o di maomettani, 68o di cristiani. Di fronte a questi 933 milioni di monoteisti, sta un numero uguale o forse maggiore di pagani: circa 1000 milioni, un miliardo di anime. Ancora più sconfortante era un altro quadro. In mezzo alle tenebre di questo miliardo, un mosaico di quadrettini rappresentava i 125.ooo missionari cristiani che lavorano nelle terre pagane. a Davide di fronte a Golia s, diceva giustamente la scritta.
Aveva dunque ragione Don Bosco di cummuoversi fino alle lagrime alla vista del grande mondo pagano: campi sterminati, e operai pochi. Egli quindi cercò il suo posto nelle file dei missionari e, come sempre, lo trovò in visione.
Il sogno missionario.
«Mi parve, narrò egli più tardi, di trovarmi in una regione selvaggia ed affatto sconosciuta. Era una immensa pianura, tutta incolta, nella quale non scorgevasi nè colline nè monti. Nelle estremità lontanissime però tutta la profilavano scabrose montagne. Vidi in essa turbe di uomini che la percorrevano. Erano quasi nudi, di un'altezza e statura straordinaria, di un aspetto feroce, coi capelli ispidi e lunghi, di colore abbronzato e nerognolo, e solo vestiti di larghi mantelli di pelli di animali che loro scendevano dalle spalle. Avevano per anni una specie di lunga lancia e la fionda.
« Queste turbe di uomini, sparse qua e là, offrivano allo spettatore scene diverse; questi correvano dando la caccia alle fiere; quelli andavano e portavano conficcati sulle punte delle lance pezzi di carne sanguinolenta. Da una parte gli uni si combattevano fra di loro: altri venivano alle mani con soldati vestiti all'europea, e il terreno era sparso di cadaveri. Io fremevo a questo spettacolo: ed ecco spuntare all'estremità della pianura molti personaggi i quali dal vestito e dal modo di agire conobbi missionari di vari Ordini. Costoro si avvicinavano per predicare a quei barbari la religione di Gesù Cristo. Io li fissai ben bene, ma non ne conobbi alcuno. Andavano in mezzo a quei selvaggi, ma i barbari, appena li vedevano, con un furore diabolico, con una gioia infernale erario loro sopra e li uccidevano, con feroce strazio li squartavano, li tagliavano a pezzi e ficcavano i brani di quelle carni sulla punta delle loro lunghe picche. Quindi si rinnovavano di tanto in tanto le scene delle precedenti scaramucce, fra di loro e con i popoli vicini.
« Dopo di essere stato ad osservare quegli orribili macelli, dissi fra me: - Come fare a convertire questa gente così brutale? ... E vidi in lontananza un drappello di altri missionari, che si avvicinavano ai selvaggi con volto ilare, preceduti da una schiera di giovinetti.
« Io tremavo pensando: Vengono a farsi uccidere! E mi avvicinai loro: erano chierici e preti. Li fissai con attenzione, e li riconobbi per nostri Salesiani. I primi mi erano noti e, sebbene non abbia potuto conoscerne personalmente molti altri che seguivano i primi, mi accorsi essere anch'essi missionari Salesiani, proprio dei nostri.
- Come va questo? esclamavo.
« Non avrei voluto lasciarli andare avanti ed ero li per fermarli. Mi aspettavo da un momento all'altro che corressero la stessa sorte degli antichi missionari. Volevo farli tornare indietro, quando vidi che il loro comparire mise in allegrezza tutte quelle turbe di barbari, le quali abbassarono le armi, deposero la loro ferocia, ed accolsero i nostri missionari con ogni senso di cortesia. Meravigliato di ciò dicevo fra me: - Vediamo un po' come ciò andrà a finire! E vidi che i nostri missionari s'avanzavano verso quelle orde di selvaggi: li istruivano, ed essi ascoltavano volentieri la loro voce; insegnavano, ed essi imparavano con premura; ammonivano, ed essi accettavano e mettevano in pratica le loro ammonizioni.
« Stetti ad osservare, e mi accorsi che i missionari recitavano il santo Rosario, mentre i selvaggi correndo da tutte le parti facevano ala al loro passaggio e di buon accordo rispondevano a quella preghiera.
«Dopo un poco, i Salesiani andarono a porsi nel centro di quella folla che li circondò, e s'inginocchiarono. I selvaggi, deposte le armi per terra ai piedi dei missionari, piegavano essi pure le ginocchia. Ed ecco uno dei Salesiani intonare: Lodate Maria, o lingue fedeli; e quelle turbe tutte a una voce a continuare il canto di detta lode, così all'unisono e con tanta forza di voce che io, quasi spaventato, mi svegliai ».
Primi apostoli.
Cotesto sogno o visione cade fra il 1869 e il 187o. Ma dove abitavano quei selvaggi? Prese allora in mano volumi e volumi di etnografia per trovarli. Il primo pensiero si volse all'Africa e specialmente ai guerreschi abissini. Il brondo, il loro cibo nazionale, corrispondeva forse a quei pezzi di carne sanguinolenta che aveva veduto in punta alle lance? Pensò, anche all'Oceania con i suoi papua e i suoi maori, ma neppure questi usavano per arma quella fionda che aveva veduto in mano ai selvaggi del sogno. Poichè in quei tempi Roma gli aveva fatto comprendere di volergli affidare una missione in India, eccolo di nuovo a studiarne gli abitanti. Ma non erano quelli. Nel frattempo però ordinò a un certo numero dei suoi preti di studiare l'inglese.
L'enigma fu sciolto solamente nel dicembre dei 1874, quando il Console dell'Argentina, risiedente in Savona, gli rivolse richiesta di missionari da parte del Vescovo di Buenos Aires, per quella repubblica e specialmente per la Patagonia. Studiò allora quella regione e riconobbe i selvaggi del sogno nei Patagoni dal mantello di pelle, dalla lancia e dal lazo che egli aveva scambiato per una fionda.
Il 14 novembre dell'anno seguente, partivano per l'Argentina i suoi primi dieci missionari, sotto la guida di Giovanni Cagliero. Li accompagnò fino a Genova e rimase con loro sulla nave sino all'ultimo; e congedandoli diede loro questo viatico spirituale:
«Cercate anime, ma non denari, nè onori, nè dignità. Prendetevi cura speciale degli ammalati, dei fanciulli, dei vecchi e dei poveri. Fuggite l'ozio e le questioni. Rendete ossequio a tutte le autorità. Non criticate gli altri missionari. La vostra povertà sia nota a tutti. Osservate le nostre regole, nè mai dimenticate l'esercizio mensile della buona morte. Nelle fatiche e nei patimenti ricordatevi che abbiamo un grande premio preparato in Cielo».
Dopo mezzo secolo.
Da quel novembre era passato mezzo secolo, quando nello stesso giorno del 1925, da Torino partirono, non dieci, ma 230 missionari Salesiani. Dei primi dieci restava uno solo, Cagliero. Partito teologo era tornato cardinale. In quel mezzo secolo, i dieci erano diventati millecinquecento, e si erano estesi dai Patagoni ai Fueghini, alle tribù selvagge del Matto
Grosso, dell'Equatore, del Paraguay; dalle foreste lungo il Rio La Plata e l'Amazzoni alle foreste africane lungo il Congo, e poi all'Egitto, alla Palestina, all'India, al Siam, alla Cina, per chiudere l'anello che cerchia il globo nel Giappone.
Don Bosco non visse tanto da vedere questa rigogliosa espansione; ma nelle sue visioni visitava spesso le vaste plaghe dove lavoravano i suoi figli. Mirabile a questo riguardo è un sogno, lungo e dettagliato, che ebbe nella notte sul 31 agosto 1883, e che ha sorprendenti somiglianze con le note visioni bibliche di Caterina Emmerich. Quasi fosse sopra un dirigibile, visitò tutta l'America meridionale e sorvolò le Ande fino al Pacifico.
Ma se nell'America egli non ci andò in persona, visse però tanto da veder l'America venir a lui. Dopo dieci anni, Cagliero condusse uno dei primi frutti della missione: una bimba, da Mons. Fagnano salvata da morte nel primo viaggio attraverso la Terra del Fuoco. Essa aveva allora dodici anni e Don Bosco era a pochi mesi dalla morte. S'inginocchiò davanti al suo seggiolone e, nella lingua imparata nella scuola salesiana, con accento semibarbaro, presentò al vecchio evangelizzatore il grazie suo e del suo popolo:
- Vi ringrazio di aver mandato i vostri missionari a salvare me e i miei fratelli. Essi ci hanno resi cristiani e ci hanno aperto le porte del Cielo!
Ed egli pianse!
GIOVANNI JOERGENSEN.
Pubblichiamo tre lettere inedite di D. Bosco - preziosi documenti - che egli inviò a D. Cagliero a Buenos Aires. Sono copie autentiche (scritte di pugno da D. Bosco) di altrettanti originali inviati a persone dell'Argentina e comunicate per norma a D. Cagliero. Provvidenzialmente i manoscritti furono salvati dal fuoco: in occasione del trasferimento del Collegio di S. Nicolàs de los Arroyos già si trovavano nel cestino della carta straccia;: per buona sorte l'Ispettore vi gettò su gli occhi salvandoli dall'estrema rovina (19oo). Riguardano la fondazione delle Missioni in America e riflettono il programma tracciato da D. Bosco ai suoi figli.
(1a LETTERA)
Rev.mo Monsig. Espinosa Vicario Gen. di Buenos Aires,
La grazia di N. S. G. C. sia sempre con noi.
Il Sig. Comm. Gio. Batt. Gazzolo, console della Repubblica Argentina in Italia ha Più volte parlato dello zelo di V. S. Rev.ma e del lavoro indefesso che sostiene a pro di Sua Eccellenza Rev.ma l'Arcivescovo di cotesta vastissima Archidiocesi. Nel tempo stesso mi accennava la grande penuria di operai evangelici, specialmente di quelli che di proposito si applicassero all'educazione ed istruzione cristiana della gioventù. Questo benemerito Signore nello scopo di secondare lo spirito della Salesiana Congregazione e fare il maggior bene che Può alla Repubblica che qui rappresenta, deliberò di scrivere alla prefata E. S., come i Salesiani non sarebbero alieni di offrirgli le deboli loro fatiche ove ne fosse stato mestieri e ciò tornasse di gradimento.
La S. V. Rev.ma ebbe la, bontà di rispondere che Mons. Arcivescovo gradì il pensiero, e riceverebbe volentieri i novelli missionari e li proteggerebbe.
Premessi ora i più vivi ringraziamenti all'uno e all'altro, le dico di essere disposto ad accettare il Progetto e a tale uopo intendo di trattare in modo formale con V. S. come rappresentante dell'Ordinario Diocesano.
Ad effettuare questo progetto gioverebbe assai quanto scrive il Dott. Ceccarelli Prov. di S. Nicolás, il quale è disposto ad offrire casa, parrocchia, e suo appoggio ai Salesiani, qualora andassero in modo stabile a compiere le molte cose che colà restano senza frutto per mancanza di operai. - Ciò posto si potrebbe venire a questa Proposta, che intendo di umiliare alla illuminata saviezza di Sua Eccellenza:
1° Io invierei alcuni sacerdoti a Buenos Aires per formare ivi un Ospizio centrale. Al che gioverebbe assai avere una chiesa qualunque per le sacre funzioni, specialmente per fare Catechismo ai fanciulli più abbandonati della città. Il prelodato Comm. Gazzolo mi disse essere assai opportuna la chiesa della Madonna della Misericordia, che dovrebbe farsi vacante. In difetto di chiesa pubblica, potremmo anche servirci di qualche locale atto in qualche modo a raccogliere e trattenere poveri fanciulli.
2° Manderei poscia a S. Nicolás quel numero di Sacerdoti, chierici, laici, che saranno necessari pel servizio religioso, canto, ed anche per fare scuola ove ne fosse bisogno.
3° Da questi due siti i Salesiani potrebbero essere altrove inviati secondo che meglio sembrerà all'Ordinario.
Se questi pensieri sembrano poter formare la base per concertare il nostro progetto, Ella potrebbe scrivermelo ed io mi darò premura di venirne a capo.
Per sua norma le dirò che la nostra Congregazione è definitivamente approvata dalla Santa Sede, e sebbene lo scopo primario sia la coltura della povera gioventù, tuttavia si estende ad ogni ramo del Sacro Ministero. Inoltre il Santo Padre, essendosi messo egli stesso per nostro Protettore, desidera che gli si Presenti la Pratica Prima di concludere definitivamente. So per altro, che gradisce molto questo divisamento, perchè Porta speciale affetto a questi lontani Paesi, che furono oggetto del suo zelo apostolico al tempo che egli ivi fu inviato col Nunzio della S. Sede.
Scrivo anche al Vicario di S. Nicolás in senso relativo alla sua lettera.
Non ho scritto nè latino, nè spagnuolo perchè osservo che Ella scrive a meraviglia in lingua italiana.
Raccomando me e le mie famiglie alle sante preghiere di V. S. e a quelle di S. E. l'Arcivescovo; e facendo ad ambedue umili ossequii, con profonda venerazione reputo al massimo onore di potermi professare
Della S. V. R.ma
Obbmo. Umil.mo Servitore Sac. GIo. Bosco.
(La data manca, ma sarà probabilmente la stessa della lettera seguente).
(2a LETTERA)
Giorno della Nascita di N. S., 1874.
Illmo. e Rev.mo Sig. Dott. Ceccarelli Vicario Foraneo di S. Nicolás - Buenos Aires.
La grazia di N. S. G. C. sia sempre con noi.
Il Sig. Comm. Gio. B. Gazzolo Console della Repubblica Argentina in Italia, nostro amico e benefattore, mi diede comunicazione della rispettabile sua lettera, in cui manifesta il suo beneplacito per una missione di Salesiani nella sua parrocchia. Con carità e zelo veramente disinteressato, siccome tra noi è assai noto, Ella offre la sua casa, parrocchia, ed il suo appoggio a questi miei figli spirituali, che la Divina Provvidenza mi volle affidare. Non occorre più altro per compiere il nostro progetto, perchè l'unico nostro desiderio si è di lavorare nel sacro Ministero, specialmente per la gioventù povera ed abbandonata: Catechismi, scuole, predicazioni, giardini festivi per la ricreazione, ospizi, collegi, formano la principale nostra messe.
Ho scritto pertanto a S. E. l'Arcivescovo che io accetto in base il progetto, e gli notai che sarebbe assai utile avere un piccolo ospizio in Buenos Aires, dove possano recapitare quei nostri religiosi che giungessero o dovessero ricevere ordini o disposizioni pel sacro ministero.
Mettendomi quindi nelle sue mani, manderò quel numero di Sacerdoti, chierici, laici, musicanti, artigiani, nel tempo e nel numero che Ella mi dirà essere necessari.
La prego però a voler continuare la sua dimora (o stare con loro) almeno fino a tanto che i novelli inviati abbiano sufficiente cognizione della lingua e dei costumi, per così promuovere la maggior gloria di Dio.
Chi sa che, seguendo i Salesiani i suoi consigli, il suo esempio e il suo zelo Ella non diventi loro Superiore effettivo? Insomma io la prego fino da questo momento di considerarli tutti quali umili figliuoli in G. C. e darci tutti quei consigli e quella direzione, che giudica necessari od opportuni per questa pia impresa.
Dio benedica e la conservi in sanità per continuare le sue fatiche a pro' delle anime: preghi anche per me e per tutti i Salesiani e professandole vivi ringraziamenti, profonda gratitudine e venerazione, ho la consolazione di potermi professare
Della S. V. Ill.ma e M.to R.da
Affmo. in S. C.
Sac. Gio. Bosco.
(3a LETTERA)
Torino 2 febbr. 1875.
(a D. Francesco Benitez). Eccellenza,
La grazia di N. S. G. C. sia sempre con noi.
Molte persone della Repubblica Argentina, e specialmente il Sig. Comm. Gio. B. Gazzolo, mi hanno parlato assai della sua grande carità, della sincera affezione di V. E. alla S. Sede, e del suo zelo per tutte le opere di religione. Dio sia in ogni cosa benedetto e conservi l'E. V. a lunghi anni di vita felice pel bene di nostra Santa Madre Chiesa! Il Sig. Dottor Ceccarelli, mio antico amico, mi ha pure in modo particolare proclamata la protezione speciale che Lei si degna di prendere pei Salesiani che fossero destinati per la novella casa di S. Nicolás. Dolce tratto di Provvidenza! La E. V. porta il nome di Francesco e prende sotto la sua paterna protezione la Congregazione di S. Francesco Salesio. Io la ringrazio di tutto cuore e f n da questo momento metto una speciale intenzione per cui Ella possa partecipare di tutte le Messe, di tutte le preghiere che i Religiosi Salesiani saranno per fare in comune oppure in privato. Ogni mattina poi nella S. Messa io farò un memento particolare per la conservazione dei giorni dell'E. V.
Siccome la nostra Congregazione si trova in principio ed ha tra mano la fondazione di molte case e collegi, così noi ci raccomandiamo tutti umilmente alla sua carità per amore di N. S. G. C.
Dio ci benedica tutti e ci conceda la grazia di poter tutti camminare per la via del bene, e trovarci un giorno raccolti insieme col Padre Celeste nella patria dei beati. Così sia.
Raccomando anche me alla carità delle sue sante preghiere e mi professo
Della E. V.
Obbl.mo Servitore
Sac. Gio Bosco.
D. Bosco dovunque faceva assegnamento sulla protezione delle Autorità, non pretendeva grandi locali, nè mezzi pecuniari: si limitava a domandare umilmente la carità, confidando nella Provvidenza. Queste tre lettere furono tutto il patrimonio dei primi Salesiani arrivati in America.
Don Bosco chiedeva che i suoi figli ponessero solo piede a terra in Buenos Ayres e in S. Nicolas. La Commissione non potè far nulla e dopo la morte dell'ottimo Papà Benitez sottentrò la Municipalità il cui Intendente chiamò i Salesiani a possessori in mala fede ».
Ma il Signore ci aiutò assai: los quinteros italianos de S. Nicolás donarono il terreno su cui sorge il collegio e il tempio, considerati, non ostante il malvolere degli uomini, la prima casa e il primo tempio salesiani nel nuovo Mondo.
Don Bosco mi ha liberato dalla decapitazione.
Improvvisamente alcune migliaia di bolscevichi, discesi dalle montagne, il sabato 1° giugno erano piombati sopra Nam Young priva di truppe regolari e l'avevano occupata.
Mentre mi recavo in città a visitare gli alunni delle scuole che si dicevano in pericolo (ignoravo ancora l'arrivo dei bolscevichi), fui fermato da una pattuglia presso le prime botteghe e imprigionato. La notizia del mio arresto venne tosto a conoscenza dei confratelli radunati a Li Heu Kiau per celebrare, il 2 giugno, la festa di Maria Ausiliatrice. Don Munda si recò subito a Chi Hing, facendo gran parte della strada (4o km.) di notte, per telegrafare la notizia della mia cattura al Vicario Apostolico, Mons. Versiglia.
Così il 2 giugno, il giorno felice da tanti anni sospirato della glorificazione di Don Bosco, tutta la missione del Nam Lan Lien era in profondo cordoglio per la mia vita minacciata da gravissimo pericolo. Ma tutti - dal Vicario ai confratelli, agli allievi e cristiani - pregavano D. Bosco perchè non avessi a cadere vittima del fanatismo bolscevico cinese.
Quel giorno i bolscevichi tennero un comizio con la partecipazione di una gran folla di popolo; ed io, legato, con un altissimo cappello rosso in testa e con l'immancabile iscrizione che diceva: - Abbasso il cane imperialista - fui condotto per le vie della città, ludibrio dei fanatici e oggetto di commiserazione da parte del popolo che mi conosceva; quindi venni legato presso il palco degli oratori propagandisti, sotto un sole cocentissimo, alla presenza di varie migliaia di persone. E dovetti sentire una serqua di insulsaggini e bestemmie contro la nostra santa religione e contro il suo Capo augusto, senza che mi si permettesse di ribattere tanti errori e tante calunnie. Tutti avevano libertà di parola, solo a me venne negata nel modo più rigoroso.
In quei momenti però provai una calma di spirito, una forza e serenità così grandi che non posso attribuire a me stesso: era un effetto straordinario prodotto dalla preghiera che tutti innalzavano al Beato Don Bosco per me. Eppure io leggevo in viso ai buoni che mi commiseravano l'angoscia per la mia prossima fine: mi dissero poi che la decapitazione mi attendeva e nessuno pensava più che potessi sfuggirvi, essendo vari dei miei compagni di prigionia già stati decapitati.
Ma ne fui salvo per una grazia specialissima del Beato D. Bosco; dovetti però accompagnare la banda come prezioso trofeo, quando con pingue bottino essa lasciò Nam Young per dirigersi a marce forzate sui monti. Quella continua marcia fra alte montagne, per sentieri impraticabili, mi prostrò nelle forze e presagii davvero la mia fine per lo strapazzo e per le dure privazioni.
Un giorno mi decisi a scrivere al generale della banda una lettera nella quale gli dicevo: « Se sono colpevole, decapitami pure: ma se sono innocente, perchè mi trascinate con voi per farmi morire di stenti e di disagi? Autorevoli persone s'interessano di me giorno e notte, mi seguono e vorranno soddisfazione del trattamento che mi hai fatto ».
Non so se la mia lettera abbia fatto effetto su quelle anime; so solo che il 9 giugno, mentre in spirito partecipavo all'apoteosi che Torino faceva al Beato, fui chiamato alla presenza del generale. Con lui era il suo Stato Maggiore pronto a tenere tribunale per decidere della mia sorte. La discussione si protrasse per varie ore della notte: mi accorsi allora sensibilmente dell'aiuto che Don Bosco mi porgeva, animandomi a sostenere con forza insolita la difesa di me stesso. Chi si mostrò equanime nella discussione fu lo stesso generale Phang Tet Fai che seppe frenare l'audacia dei miei nemici, i quali, impotenti a demolire l'evidenza delle mie ragioni, ad uno ad uno si allontanarono, e restai solo col generale. Egli allora mi rivolse parole di speranza e mi congedò benevolmente.
In quella notte fu decisa la mia liberazione Restai ancora tre giorni tra i bolscevichi per servire di sicurezza finchè non avessero raggiunto il loro rifugio; poi fui lasciato in pace.
Il mio ritorno a Nam Young fu come una apparizione; i più non volevano credere ai loro occhi e mi prendevano per un risuscitato, tanto erano sicuri che io fossi stato ucciso. I confratelli e i cristiani che ben sapevano donde veniva la mia liberazione, si unirono meco nell'esaltare e ringraziare la bontà e potenza del Beato Don Bosco.
Nam Young, 21 giugno 1929.
Sac. UMBERTO DALMASSO
Missionario Salesiano.
Una guarigione. Reverendissimo Padre, La ringrazio della parte che, nella sua bontà, ha voluto prendere alla nostra festa di Famiglia.
La Messa di ringraziamento è stata magnifica e cantata dai membri della famiglia accorsi in numero molto grande, per presentarmi le loro felicitazioni. È stata una cosa molto commovente.
Ora parliamo della nostra cara Suora Economa ammalata da sei mesi. Essa aveva ricevuto i santi sacramenti il 9 gennaio e dopo quel momento quante volte, e di giorno e di notte, non sono venuti a chiamarci pensando che fosse agli estremi.
Molte volte abbiamo recitato le preghiere degli agonizzanti perchè il medico diceva che era alla fine, ed invece sempre si riaveva. Nel frattempo ebbi qualche relazione epistolare col P. Prin per certi libri che desideravo. Due otre mesi fa gli scrivevo: Padre, ho ricevuto 100 franchi pel mio giubileo. Ve li donerò se il Ven. D. Bosco ci otterrà la guarigione della nostra Suora gravissimamente ammalata, e sei postulanti per il 30 giugno, epoca del mio giubileo.
Il Rev.do Padre mi rispose che egli avrebbe pregato coi suoi giovani e ci invitò a far anche una novena, unendoci a loro.
Ma nè guarigione, nè postulanti. Ne scrissi al R. P. Prin che continuò a pregare.
L'ammalata era sempre molto grave, ed in fine il male salì al cervello, ed essa, che era così intelligente, perdette tutto; non facendo che gridare, dire delle stranezze, senza più conoscerci.
Era per noi cosa peggiore della morte. Alla fine di qualche giorno si calmò, un po' più tardi le ritornò l'intelligenza, si rimise, mangiò e bevve, cosa che non aveva più fatto da due mesi.
Noi eravamo mute per lo stupore; era la settimana prima del giubileo. Mi sono detto: « E D. Bosco che ci ottiene ciò ». Nello stesso tempo seppi che la Signora Velge aveva fatto fare delle novene in quattro case del Beato D. Bosco. Il miglioramento continua dolcemente perchè è debolissima; ma si occupa già a scrivere delle lettere circa le feste giubilasi, ecc.
Voi mi domanderete che male aveva: molta albumina, male alla testa, ai reni, agli intestini, al fegato, ecc., ecc.
Voglia gradire, Rev. Padre, l'espressione dei miei umili sentimenti.
Suor MARIA GIUSEPPINA VELGE D. S. B. della Visitazione di S. Maria
Scampato dalla morte.
Nei giorni della Beatificazione di D. Bosco, io e la mia bambina maggiore, in mancanza di altri fiori, abbiamo ornato la sua effige di fiori di ginestra; e D. Bosco fu pronto a ricompensare il nostro tributo d'amore.
Il 14 giugno di buon mattino cavalcavo per una stradicciuola sulle pendici di una montagna, diretto alla casa di un'ammalata che bisognava dell'opera mia. La cavalla ad un punto inciampa, precipita per la scarpata, ed io con lei. Non so quel che successe. Un uomo che era presente narrò in seguito che io precipitai sotto la bestia in una macchia di ginestra che attutì l'urto, e dalla ginestra rotolai liberandomi miracolosamente i piedi dalle staffe: la cavalla continuò a rotolare percorrendo oltre 15 m. e scorticandosi assai. Io ebbi una leggiera commozione cerebro-spinale, forti contusioni al torace e all'addome.
Da 15 giorni sono a letto: mi è spuntata una pleurite che è in via di regressione, ma sono tutto dolori al torace e all'addome.
Debbo ringraziare il Beato D. Bosco se non sono rimasto sfracellato sul posto; in seguito penserò, se Iddio vorrà, a fare qualcosa che dimostri meglio la mia riconoscenza.
Capizzi.
Dott. MINGARI Niccolò. Perfettamente risanato.
Un malessere strano con vertigini e fortissimo mal di capo da 33 giorni mi opprimeva, costringendomi a letto e rendendomi incapace di attendere ai miei studi. Il medico tentò tutte le cure ma inutilmente
Ricorsi al Beato D. Bosco con un triduo di preghiere e coll'applicazione della Reliquia, e ne fui perfettamente risanato.
Cuenca.
Sudd. MASCIANDARO LEONE.
Non ho pregato invano.
Da anni soffriva al cuore e alla milza. Un giorno ebbi uno schianto così tremendo che mi vennero meno le forze e risentii dolori atroci alla parte sinistra ad ogni movimento del braccio, con forte palpitazione e asma. Di notte poi non potevo prender riposo, parendomi minacciata da continuo soffocamento.
Il 26 maggio, udendo narrare i prodigi di D. Bosco, mi risolvetti di recarmi a Valsalice per pregare presso la salma benedetta del Beato. Il 28 potei con stento effettuare il mio desiderio.
A Valsalice quel mattino vi era poca gente e potei inginocchiarmi presso la salma e raccomandare con fede la mia causa. - D. Bosco - dissi - appartengo anch'io alla vostra famiglia come Dama di Maria Ausiliatrice: voi vedete le mie sofferenze e il mio avvilimento. Non vi chiedo completa guarigione perchè so che bisogna soffrire, ma, se piace a Dio, datemi almeno sollievo nei miei dolori.
Recitai in ginocchio il Rosario e nel partire mi raccomandai per una preghiera in mio favore ad un sacerdote salesiano che era di servizio presso la salma. Verso mezzogiorno uscii... Per via mi accorsi che il mio passo era celere, libero il respiro, che più non avevo disturbi e dolori.
Il 30 maggio, guarita, poteva partire per Roma e prender parte alle feste della Beatificazione di D. Bosco e effondere la mia riconoscenza al Beato per la bontà usatami.
Torino.
FURLANI GIANNINA.
Una grazia spirituale.
Da tanti anni si pregava in famiglia pel ritorno del padre alla frequenza dei SS. Sacramenti, ma inutilmente. Le mie quattro figlie Suore si unirono a pregare con noi, e le due di esse che sono missionarie in America recentemente scrissero per incoraggiarci a sperare in quest'anno la grazia dal Beato D. Bosco. La speranza non è andata delusa: il padre da se stesso ha ricevuto i Sacramenti piangendo di consolazione, ed ora riconosce egli pure la grazia ottenuta dalla Madonna per l'intercessione del Beato D. Bosco.
TERESA B.
Guarito da meningite.
Mio figlio Gaudenzio di anni 7 fu colpito nel febbraio u. s. da meningite purulenta assai grave e ritenuta incurabile dagli stessi medici dell'Ospedale Maggiore di Novara. Affidai il malato alla protezione del B. D. Bosco mettendogli in dosso la reliquia di lui. Subito si è notato un miglioramento che è andato progredendo in guarigione completa.
Novara.
GoIo FRANCESCO, ex allievo.
Muta la condotta del figlio.
Mio figlio Luigi-Lorenzo, studente di 3a ginnasiale nel 1926, dimostrava pochissima volontà di attendere allo studio, sebbene non gli mancasse quell'intelligenza necessaria all'uopo.. La madre pensò di rivolgersi a Colui che dei giovani era stato educatore sommo e del quale io le avevo parlato sempre con tanto entusiasmo. Posi il figlio sotto la protezione di Maria Ausiliatrice, recitando la novena raccomandata dal Beato D. Bosco e pregando sempre indefessamente il grande apostolo della gioventù affinchè il nostro Luigi-Lorenzo cominciasse a provare un po' di amore allo studio.
Nello stesso anno 1926, dopo che il suo professore aveva chiaramente detto a mia moglie essere il ragazzo uno dei peggiori della classe, si verificò in lui un sensibile miglioramento nel modo di comportarsi a scuola, tanto che fra gli esami di luglio e quelli di ottobre ottenne l'ammissione al ginnasio superiore. Intanto anche il ragazzo, esortato dalla madre e da me, faceva la detta novena a Maria Ausiliatrice, riportandone ottimi frutti, di modo che nel seguente anno scolastico ottenne a primo scrutinio il passaggio di 4a in 5a ginnasiale e nel 1928 riusciva con discreta votazione, nell'esame di Stato per l'ammissione al Liceo.
Attualmente egli frequenta la 1a Liceo, dimostrandosi volenteroso e diligente.
Sia la presente quale testimonianza della grazia ricevuta ed attestazione di gratitudine verso il fondatore della Pia Società Salesiana, oggi elevato agli onori degli altari.
Frosinone.
Dott. GIUSEPPE PERSICHETTI ANTONINI.
PISA. - Quanto largamente sia diffusa la conoscenza, l'affetto, la devozione al Beato Don Bosco in Pisa, l'hanno dimostrato i Pisani affollando nei giorni del solenne triduo la chiesa di S. Eufrasia che apparve troppo piccola per contenere la folla bramosa di partecipare alla celebrazione della Beatificazione. Il triduo predicato da Mons. Pietro Fritz di Verona ebbe il 23 giugno il suo epilogo in una solenne manifestazione religiosa cui presero parte tutte le Autorità Ecclesiastiche e Civili.
SAMPIERDARENA. - Dove da 57 anni sorge un Istituto Salesiano, tanto apprezzato come quello di Sampierdarena, la glorificazione di D. Bosco non poteva non riuscire splendida ed entusiasta.
La folla di popolo che partecipò con viva pietà al solenne triduo, il largo intervento del clero genovese e di altre personalità che ebbero sempre per l'Opera di Don Bosco il più cordiale affetto, la presenza dell'Ecc.mo Arcivescovo Mons. Minoretti, che volle esaltare con la sua eloquente parola la figura e le virtù di Don Bosco, tutto ciò fu ben degno del Grande e ben atto a recargli quell'onore che tutti con slancio cordiale gli volevano tributare.
All'agape non mancarono discorsi esprimenti il profondo affetto e la riconoscenza verso Don Bosco che è in ogni cuore: questo sentimento espresse pure Mons. De Amicis che ricordando le manifestazioni di Torino invitò tutti a far rivivere Don Bosco nell'esercizio delle sue virtù.
Alla sera nel salone dell'Università Popolare il nostro conferenziere Don Fasulo tenne una simpatica conferenza offrendo con nitide proiezioni e con calda parola una visione della grande opera del Beato nel mondo.
TOLMEZZO. - Autorità ecclesiastiche e civili, con a capo S. E. l'Arcivescovo di Udine, il Sottoprefetto, il R. Provveditore agli Studi di Venezia, si raccolsero il 16 giugno a Tolmezzo per glorificare Don Bosco, prendendo occasione dalla chiusura dell'anno scolastico. I friulani della Carnia scesero da ogni vallata per rendere devoto omaggio al Beato, rispondendo così con vivissimo entusiasmo all'appello del Comitato, presieduto dal Prof. Sandro Marchetti.
Al Collegio Salesiano l'Arcivescovo Mons. Nogara distribùì infra Missam la prima Comunione a buon numero di fanciulli e amministrò loro la S. Cresima. Frattanto giunte le Autorità scolastiche, s'inizia la cerimonia della solenne chiusura dell'anno scolastico in piazza XX settembre addobbata per la circostanza.
Scolaresche, Autorità, e rappresentanze vi si recano in corteo partendo dal Collegio Salesiano, e il R. Provveditore agli studi Comm. Gasperoni apre la cerimonia con un elevato discorso, esaltando l'opera educativa di Don Bosco meditata nel silenzio e compiuta con grande costanza per educare anime e per lenire sofferenze.
Il discorso dell'illustre Capo della Scuola Veneta, fu seguito da quello di Monsignor Arcivescovo, il quale, rilevando che il primo pensiero di Don Bosco fu per la giovinezza, e che egli tanto lavorò per dare alla Patria buoni cittadini e alle Famiglie ottimi figliuoli, inculca alla gioventù quello che Don Bosco inculcava ai suoi giovinetti: « il cuore - egli dice - è fatto per amare; amate sopratutto Dio e servitelo in purità di spirito; amate la Patria e siatene figli amorosi, amate la famiglia e siatene membri affezionati ».
Finita la cerimonia Autorità e Popolo si portano ai Duomo dove ha luogo la Messa solenne con assistenza pontificale. Al Vangelo Sua Eccellenza sale sul pergamo e pronuncia una bellissima omelia su Don. Bosco, facendo risaltare com'Egli rappresenti un prezioso aiuto alla triplice missione della Chiesa: di santificare, di educare, di evangelizzare.
Finita la sacra funzione ha luogo il solenne ricevimento in Comune, dove il Podestà Cav. Lino De Marchi saluta con fervide parole le Autorità e inneggia a Don Bosco «grande italiano che con le parole e con le opere rese benedetto il nome d'Italia nel mondo ».
Dopo il banchetto, offerto dal Comitato alle Autorità, la giornata vien chiusa coll'inaugurazione di un busto del Beato Don Bosco sulla parete esterna del Collegio Salesiano, alla presenza di tutte le Autorità: l'on. Deputato Piero Pisenti, con fervida parola esalta le due attività salienti del glorificato; l'apostolato della scuola e l'opera missionaria.
Indi chiude l'Arcivescovo rilevando l'alto significato della commemorazione ed esprimendo a quanti cooperarono per la felice riuscita il suo compiacimento e il suo plauso.
CAIRO (Egitto). -- La celebrazione della beatificazione si svolse al Cairo il 9 Giugno, solenne, entusiastica, e la Colonia Italiana accorse numerosa per dare il tributo della sua simpatia e della sua gioia al grande figlio d'Italia, esaltato agli onori degli altari.
« Non credevamo - scrive L'Imparziale - che l'entusiasmo per Don Bosco e per i Salesiani fosse così grande e così sincero. Alla sera tutto il salone era gremito di signore e di signori, di parenti e di amici: non una sedia vuota, non un posto libero. Tutti gli Italiani, usi oramai alle belle feste e commemorazioni salesiane, vennero per godere coi Figli di Don Bosco la gioia di vedere il loro Padre proclamato alla venerazione universale ».
Al posto d'onore erano: S. E. Rev.ma Mons. Valerio Valeri, Delegato Apostolico, S. E. il Ministro d'Italia Marchese Paternò e Marchesa, il Console Cav. Uff. Bombieri e Signora, S. E. Mons. Girard, gli Eccellentissimi Patriarchi e Vescovi Armeno Cattolico, Mechitarista, Caldeo, Siriano Cattolico. L'arcivescovo Copto, impossibilitato, mandò cordiale adesione. Inoltre i Superiori delle Famiglie Religiose, Autorità civili e scolastiche.
La cerimonia si aperse con l'Inno di Don Bosco del M° Antolisei, quindi sorse a parlare S. E. il Delegato Apostolico, tessendo una stupenda orazione in lode di Don Bosco, dalla quale la figura del nostro Beato balzò netta nella sua luce di virtù, di attività santa per le anime e per la Chiesa.
Dopo il Delegato Apostolico parlò anche il Ministro d'Italia rilevando che « a Don Bosco l'Italia deve una schiera innumerevole di buoni Italiani i quali operano nella retta via del bene perchè guidati dalla luce inestinguibile emanante in eterno dalla figura del Santo Apostolo della Carità ». E dopo aver accennato alla vastità dell'Opera di D. Bosco nel mondo, dove milioni di esseri imparano dalla santa regola di Don Bosco ad amare e servire Dio, chiuse dicendo: « Oggi qui al Cairo dove la gioventù ha potuto esperimentare le belle doti dei figli e delle figlie di Don Bosco così italianamente e intelligentemente guidati con spirito di esemplare abnegazione da un uomo a me particolarmente caro, oggi, ripeto, sono presenti con noi milioni di spiriti i quali vi dicono come sia immortale la figura di Don Bosco e come grande sia la loro riconoscenza per la imperitura opera che egli in nome di Dio e per il bene dell'umanità ebbe la ventura di compiere sotto il manto della carità più bella ».
PORTO SAID (Egitto). - Una solenne funzione si svolse in onore del Beato Don Bosco nella parrocchia di Santa Eugenia, gentilmente messa a disposizione dai RR. PP. Francescani, i quali vollero per la circostanza addobbarla sontuosamente.
Il R. Console Cav. A. Calisse e Signora, col Segretario del Fascio unitamente ai suoi collaboratori - la colonia Italiana - le Scuole maschili e femminili diedero alla bella cerimonia una particolare imponenza colla loro entusiastica partecipazione : le squisite esecuzioni musicali sotto la direzione del M° Don Cammarata e la parola efficacissima del P. Domenico Podagrosi aggiunsero dolci emozioni al rito del ringraziamento, già così profondamente eloquente per cuori vibranti di devota venerazione pel grande educatore.
OSWIECIM (Polonia). - Le celebrazioni della Beatificazione di D. Bosco riuscirono imponenti pel concorso di migliaia di fedeli accorsi dalla provincia e da tutta la Polonia, e degli Ecc.mi Vescovi Mons. Lisiecki, Mons. Sapieha e Mons. Rospond.
Alla vigilia della festa una delegazione speciale giunta da Torino recava le reliquie del Beato, attese da una folla enorme alla stazione, riccamente decorata: le reliquie furono portate in processione fino alla chiesa parrocchiale, donde, dopo i Vespri, Mons. Rospond le trasportò solennemente alla chiesa salesiana.
Là il giorno seguente Mons. Principe Sapieha celebrò il pontificale e pronunciò un discorso: all'accademia della sera parlò Mons. Lisiecki. La parola di questi esimi Prelati destò molto entusiasmo per Don Bosco e per le opere sue.
FULPMES (Austria). - Nella parrocchia alpina di Fulpmes, presso Innsbruck, che ha il vanto di possedere un Istituto Salesiano, la Beatificazione di Don Bosco fu festeggiata con triduo solenne, durante il quale parlarono di Don Bosco il Vescovo Mons. Waitz, il P. Dietrich, priore dei Premonstratensi di Veldidena, Mons. Weingartner, prevosto di S. Giacomo di Innsbruck e chiuse l'abate Shuller con un solenne pontificale e un commovente discorso sull'opera prodigiosa di carità svolta da Don Bosco e sul premio che egli ebbe da Dio. La sera del 16 giugno i festeggiamenti ebbero il loro epilogo in una bella accademia in onore di Don Bosco, cui presero parte numerosissimi Cooperatori ed amici.
GERUSALEMME (Palestina). - Sua Eccellenza Mons. Evasio Colli, Vescovo di Acireale, fervido e zelante ammiratore di Don Bosco, giunto a Gerusalemme con sessanta pellegrini italiani, si fece premura di significare ai Salesiani che la Direzione del suo pellegrinaggio avrebbe volentieri preso parte ai loro festeggiamenti per la Beatificazione di Don Bosco. Il Direttore della Scuola si disse lieto di tanta degnazione, specialmente perchè S. E. Mons. Barlassina aveva accordato ai Salesiani di celebrare il 2 giugno la Messa solenne in onore di Maria Ausiliatrice.
S. E. dispose che il Pellegrinaggio facesse per quel giorno una parentesi al programma dell'itinerario, per mettersi interamente a disposizione dei Figli di D. Bosco: e celebrò un solenne pontificale, assistito dai sacerdoti pellegrinanti nella Chiesa Latina dell'Ospedale Italiano, presenti il R. Console Generale Comm. Giovanni Pascale, la sua distinta famiglia ed il Corpo Consolare, una larga rappresentanza dei PP. Francescani della Custodia, delle Comunità Religiose e la Colonia al completo. Monsignore volle pure onorare Maria Ausiliatrice e il B. D. Bosco con un panegirico detto con sentimento e con slancio di anima devotissima.
L'indomani, 3 giugno, il Vescovo ed i Pellegrini si degnarono di assistere ad un breve, affettuoso trattenimento che i Superiori ed il Reparto esploratori «D. Bosco» di Gerusalemme vollero tenere in ringraziamento di tanta benevolenza, nel salone « Principe Umberto », annesso alla Scuola.
Le Figlie di Maria Ausiliatrice con le loro allieve vi presero larga parte e si prodigarono non poco, per i preparativi del Pontificale. Anche per loro Mons. Evasio Colli ebbe parole d'alto encomio per le benemerenze copiose delle loro istituzioni.
VARESE. - L'esaltazione commossa che Varese ha fatto di D. Bosco nella giornata del 7 luglio, fu certamente una delle più vibranti e più solenni che gli ex allievi e cooperatori abbiano saputo ideare.
Predicò il triduo solenne il nostro D. Secondo Rastello e la sua fervida parola fu ascoltata con viva divozione da una folla straordinaria di fedeli che gremiva la Basilica di S. Vittore, addobbata sontuosamente per la circostanza e sfarzosamente illuminata. E il triduo fu propizia occasione ai devoti per dar sfogo alla pietà con la frequenza ai Sacramenti.
Durante il solenne pontificale del 7 luglio, celebrato da S. E. Mons. Comin, Vicario Apostolico di Mendez e Gualaquiza, il colpo d'occhio che la Basilica presentava era veramente magnifico: tutte le navate letteralmente gremite di fedeli: il Coro Senatorio tutto occupato dalle Autorità provinciali e cittadine con a capo S. E. il Prefetto gr. uff. Gino Brogi: e sull'altare maggiore il Beato, dall'alto della sua gloria colle braccia aperte in atto di protezione pareva assicurare tanta folla protesa dinanzi all'altare di presentare alla vittima divina le sue speranze, i suoi voti. Sceltissima musica accompagnò il sacro rito che sotto la direzione del Cerimoniere maggiore del Duomo di Milano il can. Zocchi, si svolse in tutta la sua magnificenza liturgica.
Nel pomeriggio la festa ebbe il suo punto culminante nell'Apoteosi. Dopo i vespri solenni per oltre due ore sfilò per le vie della città un'imponente processione di più di 8ooo partecipanti. Lungo il percorso finestre, balconi, porte erano adorni di drappi, sandaline, fiori, segno esterno dell'unanimità di partecipazione della cittadinanza; e sulle vie centrali della città la folla, a decine di migliaia, ha fatto ala alla sfilata con un contegno devoto e con segni di particolare emozione al passaggio della Reliquia e dell'Immagine del Beato.
Un momento di intensa commozione fu quando l'immagine del Beato rientrò nella Basilica... Dalla gradinata Mons. Comin aveva impartito alla folla che gremiva la piazza la benedizione colla Reliquia; un uragano di applausi, di evviva, di canti scoppiò tra la folla comunicando l'entusiasmo all'altra che gremiva l'interno della Basilica. Così che quando l'Immagine del Beato a passo lento, entrò nella Basilica, e fu portata lungo la navata centrale, come se una forza misteriosa avesse ad un tratto acceso in tutti i presenti la stessa fiamma di incontenibile entusiasmo religioso, scoppiò un lungo prolungato applauso, sul quale ondeggiava, solenne, travolgente, a piena voce, il canto: Don Bosco ritorna!
Mille e mille mani si protesero verso l'Immagine del Beato. Scrosciarono nuovi applausi. Ed il coro riprese sempre più solenne, accompagnato dalla voce maestosa dell'organo, nel ritornello, che traduceva tutta la foga di quelle migliaia di fedeli: Don Bosco, ritornai
« Da tutti - scriveva la Luce di Varese - si è pianto in quei momenti e furono quelle lagrime di gioia di tutto un popolo, la corona più preziosa tessuta sulla fronte del Beato, nel giorno della sua apoteosi a Varese ».
La Benedizione Eucaristica chiuse la bella giornata, mentre attorno all'Immagine del Beato continuò fin tardi ad avvicendarsi altra folla a pregare.
Rileviamo ancora un particolare.
Al banchetto, dato dal Comitato in onore di Mons. Comin, il Presidente Can. Ezio Rossi, tra vivissimi applausi diede lettura di questa nobilissima lettera fatta pervenire dal Podestà di Varese, Cav. Domenico Castelletti:
7 Luglio 1929. M. R. Can. Ezio Rossi
Città.
Il Comune di Varese partecipa con vivo entusiasmo alle onoranze religiose e civili che oggi si rendono al beato Giovanni Bosco.
La figura dolce di questo Santo italiano è presente nel cuore dei Varesini, i quali ricordano i suoi meriti verso Dio e verso la Patria.
Voglia presentare i miei omaggi a S. E. Mons. Comin e mi tenga presente in tutte le cerimonie solenni.
A ricordare l'avvenimento della beatificazione di Don Bosco, intitolerò al Suo nome una via della Città.
Formulo l'augurio che lo spirito di Don Bosco mi ispiri spesso nella amministrazione della pubblica cosa, per il bene di Varese.
Con osservanza
DoMENICo CASTELLETTI.
Mons Comin, prima di partire da Varese ha espresso al Podestà la riconoscenza della Famiglia Salesiana per l'appoggio dato alla celebrazione in onore del Beato Don Bosco, e sopra tutto per la deliberazione di intitolare una via al Beato.
CRESPANO DEL GRAPPA - Alle falde dello storico Monte, sacro al cruento martirio e al sublime trionfo della Patria, il nome di D. Bosco ha trovato nel cuore del Podestà Dott. Roberto Chiavacci (ex allievo tra gli ex allievi salesiani, ammiratore fervente e conoscitore dello stesso Beato) e del Rev. Arciprete, l'eco più viva di tenerezza e di entusiasmo. Essi possono essere ben soddisfatti della giornata 28 luglio, nella quale Crespano cattolica tributava al Beato l'omaggio riverente della sua fede e della sua divozione.
Alla cerimonia, presenti le rappresentanze dei figli di Don Bosco di vari centri del Veneto, fra i quali quelli di Belluno, Mogliano, Porto di Legnano, ecc., la popolazione ha partecipato in massa. Il paese era imbandierato, e sui muri striscie di carta e manifesti inneggiavano al Beato ed all'avvenimento.
Dal palazzo municipale, fastosamente addobbato, accanto al tricolore era stata collocata la bandiera pontificia.
Durante le funzioni del mattino in chiesa furono fatte più di mille comunioni, ed ogni fedele ricevette in dono una medaglia-ricordo, benedetta dal sig. Don Rinaldi, sulla tomba del Beato Don Bosco. Alla Messa prima, il Rev. Arciprete, eccitò i genitori ed insegnanti a imitare il grande maestro dei giovani che seppe con l'amore educare anche le anime più ribelli alla morale religiosa e civile.
Il prof. don Uguccioni, direttore del collegio di Mogliano Veneto, alla Messa seconda, parlò agli allievi ed ex allievi del loro patrono speciale il Beato don Bosco. Alla Messa solenne celebrata dal rev. Prof. don Mario Signorini, direttore del Collegio di Belluno, il prof. don Mariano Fantuzzo del Seminario di Treviso con un discorso chiaro ed avvincente illustrò i doni di cui la Provvidenza si compiacque dotare il Beato perchè meno ardua trovasse la via della sua missione terrena.
Nel pomeriggio, ai Vespri, lo stesso prof. Don Mariano Fantuzzo parlò delle qualità grandi del Beato, delle eccelse sue virtù di attirare le anime a Dio. Tanto alla Messa solenne quanto ai Vespri, la Schola Cantorum Scalabriniana eseguì musica del Palestrina e di Perosi a 4 voci dispari, destando la generale ammirazione.
Alle 18 una vera folla, composta anche di molti forestieri, si riversa al Collegio Femminile nella lussuosa e ampia sala teatrale per la commemorazione civile. Il podestà, dopo aver presentato con parole di alto elogio l'oratore Prof. Leone Ogniben, R. Preside del GinnasioLiceo di Belluno, rivolge, manifestamente commosso, il suo ringraziamento sentito a quanti presero a cuore la sua nobile iniziativa ed in ispecie al Rev. Arciprete Cav. Uff. Don Ferdinando Galzignan, che con lui assiduamente cooperò per l'esito più felice della lieta cerimonia. Egli si dichiara commosso per i soavi ricordi di una fanciullezza trascorsa nel collegio Manfredini d'Este e successivamente in quello di Alassio ove ha avuta la somma ventura di ricevere la comunione da Don Bosco, di trattenersi con lui per oltre 30 minuti e di servirgli la Messa. Manifesta ancora tutta la sua grande gioia per il dono avuto dal superiore generale dei Salesiani, don Rinaldi, consistente in una preziosa reliquia, e prega i Salesiani di recare ai Superiori il tributo di riconoscenza e di affetto dell'intera cittadinanza.
Il prof. Ogniben, ringraziato il dottor Chiavacci delle lusinghiere espressioni che gli ha rivolte, con frase elegante, parla, spesso interrotto da lunghi applausi e chiude il suo poderoso discorso inneggiando alla Patria vittoriosa, al Re, al Papa, al Duce, a Don Bosco, fra una interminabile ovazione. La banda locale diretta dal maestro Lucin suona gli Inni e la Scuola Scalabriniana eseguisce musica scelta del Palestrina e l'Inno «Lode del Beato ». Poi Don Signorini ringrazia autorità e pubblico della vibrante manifestazione d'amore espressa a D. Bosco e alla sua grande famiglia, implorando su Crespano le più ampie benedizioni del Cielo.
SPEZIA -Tutta Spezia ha partecipato alle feste in onore del B. Don Bosco. La nostra chiesa presentava un aspetto di grandiosità e di magnificenza colle artistiche decorazioni e coll'Effige del Beato (pregevole tela ad olio della Sig.ra Maria Massa Viscardi) sull'altar maggiore in mezzo ad un trionfo di luci e fiori.
Mons. Giovanni Costantini pontificò al mattino e alla sera, partecipando una enorme folla di popolo alle funzioni rese più suggestive da ottime esecuzioni musicali.
GUSSOLA (Cremona). - Il Rev. Sig. D. Antonio Lupi, parroco di Gussola ha fatto salutare la beatificazione del 2 giugno col suono festoso delle campane della parrocchia ed alla sera ha raccolto nel tempio la popolazione per una funzione di ringraziamento, che riuscì solenne ed espressiva.
FLAVIA STENO ha scritto sul Secolo XIX di Genova due pregevoli articoli su D. Bosco: offriamo un largo sunto del primo intitolato:
Il Santo dell'Azione.
La coincidenza del centenario di S. Benedetto e dell'assunzione di D. Bosco agli onori degli altari, non è, dice la scrittrice, senza significato. « A quattordici secoli di distanza si trovano abbinati nella venerazione degli uomini i due santi che, in momenti così diversi della civiltà, videro ugualmente nel lavoro un mezzo di perfezione e così seppero elevarlo e spiritualizzarlo da farne «preghiera in atto ».
Il grande segreto di entrambi fu l'affermazione - luminosamente dimostrata - che, contrariamente a quanto asserivano taluni mistici, non esiste incompatibilità tra l'azione e la vita interiore ove questa sia così intensa e profonda da dominare quella e permearla ».
Dopo aver accennato alla triplice « espressione dell'azione dei Monaci Benedettini: culturale, educativa, agricola » aggiunge:
« Se, quattordici secoli più tardi, don Bosco darà altri caratteri alla sua azione di solidarietà cristiana sociale, non sarà men vero che il concetto intimo della sua opera si riconnetterà ancora a quello di San Benedetto, sarà, come quello, preoccupazione di salvaguardare il pensiero cristiano attraverso la scuola; di strappare i giovani alle insidie tutte della perdizione educandoli con intelletto d'amore; di fare del lavoro la nuova scala mistica per ricongiungere a Dio a sua creatura.
***
« Mirabile, in Don Bosco, il senso della realtà.
Questo Santo così « inquadrato » nell'eterno, è un santo moderno per eccellenza. Non è possibile essere più del suo tempo di quanto egli non sia.
La sua azione coincide appena col primo avvento dell'industria ed Egli vede e comprende subito che questa è, socialmente, la grande prova e il grande pericolo.
Non sarà possibile fare dei giovinetti che egli raccoglierà dei pensosi o dei mistici: bisognerà farne dei lavoratori.
Ed ecco che le prime scuole che Egli aprirà saranno d'arti e mestieri.
E il tempo in cui, in Francia, Fournier, Blanc, Saint Simon scoprono il « quarto stato » e gli preparano i trampolini per la scalata. Don Bosco trova la parola da apporre a tutte le vane promesse, a tutte le false deplorazioni sobillatrici: carità! La charitas divina che è la più sublime delle solidarietà. È nel suo nome che egli cerca per i suoi ragazzi: che cerca e che trova.
Prima viene l'Oratorio, poi l'Asilo, poi la Scuola. E questa si moltiplica: esce da Torino, si sparge per l'Italia, si diffonde oltre l'Oceano » .
E rileva infine che « è il buon senso italiano del quale è permeata tutta la sua organizzazione che imporrà all'estero le Missioni Salesiane come fattrici di civiltà, come avanguardie di penetrazione pacifica e civile ».
E conclude: « I Salesiani sono andati, vanno dappertutto: e portano, dovunque vadano, il nome della nostra cara Patria, il suono del nostro dolce idioma, la testimonianza di questa nostra civiltà, che, come ha dato i più grandi Poeti, i più mirabili Pittori, gli insuperati Scultori e Architetti al mondo, ha dato al Cielo i più grandi Santi.
Non ultimo, Questo che oggi veneriamo mentre la Sua spoglia mortale e benedetta passa, composta nell'urna di cristallo, attraverso la città che fu Sua, che Egli amò, che Lo assistette nell'opera meravigliosa e che oggi esulta della gloria che il mondo intero Gli tributa e che Dio ha sanzionata.
9 giugno.
FLAVIA STENO,
Riferiremo i giudizi della stampa estera sulla Beatificazione di Don Bosco man mano che ci perverranno i giornali: in questo numero ci limitiamo a riportare i giudizi dei giornali brasiliani, intonati tutti alla più viva simpatia pel novello Beato e per l'Opera sua.
O Estado:
« L'avvenimento della beatificazione interessa l'intero Brasile dove l'opera salesiana è assai diffusa e dove il nome di Don Bosco è da tutti conosciuto e venerato. L'elevazione del grande educatore agli onori degli altari avrà perciò la più simpatica ripercussione tra noi ».
A Noticia di Rio scrive:
« In tutti gli angoli del Brasile la beatificazione produrrà giubilo immenso: tanto nelle popolose città, quanto nelle remote selve, il nome di D. Bosco sarà pronunciato con sommo rispetto e venerazione ».
A Uniào di Rio dedica a Don Bosco un'intera pagina col seguente titolo: « La beatificazione di D. Bosco offre al mondo l'utile insegnamento che la pedagogia cattolica è assai perfetta e fattiva; essa santifica, prepara e produce uomini robusti moralmente, intellettualmente e fisicamente ».
Elogia il sistema di D. Bosco e chiude riportando il giudizio che ne diede tempo fa Cesare Lombroso.
A Ordem di Rio si compiace della beatificazione di D. Bosco, « il glorioso fondatore dei Salesiani che tanti servigi hanno teso al nostro paese col catechizzare gli aborigeni e col formare. i nostri elementi sociali ».
Correio do Brasil di Rio scrive:
« Don Bosco non è solo una grande figura di santo e di apostolo che i cattolici venerano e ammirano. Anche i profani sono stati scossi profondamente dall'opera sua, dalla sua parola buona e dalla sua saggia dottrina.
« Don Bosco è una figura che emerge dal tempo presente per proiettarsi nel futuro e nell'eternità. Fu per eccellenza un apostolo dell'educazione; un benefattore, un amico, un padre della gioventù ».
La Critica di Rio scrive:
« La data della beatificazione di D. Bosco è la data di una grande, intensa e giusta gioia per tutto il mondo cattolico. Che sia stata la vita di questo santo prete, lo dice l'immensa opera di educazione e di carità cristiana che egli ha disseminato per l'universo ».
O Globo di Rio:
« Rinnovare la società, cristianizzando i piccoli coll'insegnamento del dogma e della morale cristiana, innalzandoli all'amore del Papa e per mezzo del Papa a Cristo, tale fu la grande missione che la Chiesa affidò a D. Bosco.
a La beatificazione di lui assume proporzioni di un consenso eccezionale in tutto il mondo cattolico, e questo è fatto assai espressivo rivelando l'unanime approvazione all'opera sua, opera di bontà e di fede.
« Nel Brasile, dove gli influssi dell'opera salesiana si fecero sentire in modo tanto notevole e benefico, la grande cerimonia della beatificazione è accolta con lo stesso entusiasmo con cui si compie a Roma ».
O Jornal di Rio de Janeiro:
« La beatificazione di D. Bosco è uno degli avvenimenti più significativi che si incontri nella storia della Chiesa.
« La vita di questo virtuoso sacerdote è formata da tutta una lunga serie di azioni che hanno l'impronta della dedizione e dell'amore per la cristianità e per l'umanità.
« Per la gradita ripercussione che la beatificazione avrà nel mondo, può ben dirsi che la Chiesa vive in questa data uno dei suoi giorni più gloriosi, onorando con somma riverenza la memoria di uno dei suoi figli più cari e più devoti».
O Paiz di Rio scrive:
« Il 2 giugno passerà alla storia come un giorno santo della pedagogia cristiana e della beneficenza sociale. La beatificazione di Don Bosco, l'immortale fondatore dell'Opera Salesiana è uno degli avvenimenti più belli e fecondi, dal quale scaturirà con maggiore efficienza la cristianizzazione della pedagogia e dell'insegnamento professionale nelle future generazioni di uomini buoni e laboriosi.
« Il grande educatore irradia di più vivida luce gli altari della Chiesa, per l'onore che ha dato all'Italia e al mondo colla bellezza della sua opera, colla bontà e dolcezza della sua vita, coll'edificazione della sua santa morte.
« È giusto che la Chiesa esalti sugli altari chi può essere, come sacerdote, missionario, educatore, guida delle coscienze, rimirato senza macchia e senza ombra ».
O Fluminense di Nictheroy scrive:
« Dopo la soluzione della questione romana, il primo atto compiuto dal Pontefice fu la beatificazione di Don Bosco del quale Egli è amico personale e grande ammiratore.
« L'opera di Don Bosco, altamente meritoria, è assai apprezzata nel Brasile; e i brasiliani molto le debbono per essere state varie generazioni educate da essa a.
Il Minas Geraes, organo ufficiale dello Stato omonimo, in un articolo editoriale scrive:
« L'umile contadino di Castelnuovo ha creato nell'anima brasiliana un centro di vero culto, e l'opera che egli svolse è un glorioso motivo perchè la sua memoria sia cara e immortale e meriti da noi una entusiastica glorificazione.
Spirito sereno, cuore ammirabile, evangelizzatore instancabile, Don Bosco, sotto il patrocinio di S. Francesco di Sales diede al mondo un grande aiuto coi fondare ovunque istituti e scuole, spargendo colla parola viva e cogli scritti la luce della sua anima eletta, e incitando tutti a praticare la virtù e ad amare il prossimo a
E dopo aver tracciato le grandi linee dell'opera di Don Bosco, aggiunge:
« Nel Brasile grande fu l'esito della sua sacrosanta missione. Da nord a sud, nelle città popolose e nelle foreste, con vero spirito di abnegazione i Salesiani sotto l'impulso del cuore generoso di Don Bosco fecero brillare l'aurora del nuovo sole - l'istruzione - col sistema Preventivo...
Oggi l'opera salesiana nel Brasile conta 3 Ispettorie con 24 collegi, 7 scuole agricole, 9 scuole professionali, 6 tipografie, 10 santuari, 3 missioni tra gli indigeni, ecc. Per tutto questo Don Bosco merita da noi un culto di riconoscenza: per questo il popolo brasiliano si rallegra coi Salesiani di tutto il mondo per la gloriosa beatificazione di Don Bosco, il grande patriarca dell'istruzione, del bene e della carità ».
***
Lo stesso giornale ha un bel articolo di Mario de Lima, nel quale lo scrittore dopo aver messo nella luce di fede e di carità la figura di Don Bosco, conclude:
« Già durante la sua vita terrena in fatto di santità godeva una canonizzazione collettiva, sincera e spontanea da parte di tutti coloro che ammiravano e riconoscevano in lui e nell'opera sua il segno soprannaturale. La Chiesa oggi sanziona il giudizio comune.
« L'elevazione di Don Bosco agli altari è come una intronizzazione in migliaia e migliaia di cuori, che in ogni parte della terra benedicono il suo nome e implorano le sue grazie. E nel concerto glorificatore il Brasile, che tanto deve all'azione benemerita dei Salesiani, vuoi prendere posizione di avanguardia ».
Raccomandiamo ai benemeriti Cooperatori ed Ex-Allievi, alle benemerite Cooperatrici ed Ex-Allieve delle Istituzioni del B. Don Bosco, che, in occasione di festeggiamenti per la beatificazione del nostro Fondatore, vogliano per mezzo dei signori Predicatori e Conferenzieri, o in altro modo, far conoscere e diffondere sempre più la Pia Unione dei Cooperatori Salesiani.
Questa propaganda tornerà molto gradita al nuovo Beato a cui tanto stava a cuore la Pia Unione. Anzi egli stesso in ogni occasione, sia stando in Torino sia nei frequenti viaggi, soleva inscrivere molti nuovi Soci; parecchi di questi ricordano con speciale compiacenza di essere stati aggregati tra i Cooperatori Salesiani dallo stesso D. Bosco che ora venerano Beato.
Per l'organizzazione di festeggiamenti in onore del Beato, si prega di voler chiedere all'Amministrazione del Bollettino l'Opuscolo contenente norme e documenti opportuni, appositamente pubblicato e che si invia a semplice richiesta.
Fervido lavoro apostolico tra i Kivari d'Indanza
(Relazione di D. Carlo Crespi)
Rev.mo Sig. D. Rinaldi,
Da alcuni giorni sono ritornato dalla visita compiuta alla Missione d'Indanza e seguendo le sue paterne insinuazioni mi affretto a mandarle alcune notizie.
Il viaggio riuscì come al solito pieno di avventure. Dopo aver fatto alcune conferenze cinematografiche nella borgata di Gualaceo, terminati i preparativi ci slanciammo per la valle del fiume S. Francisco fino alle altissime sorgenti: la mulattiera aperta sull'orlo del fiume presenta qua e là bellissimi paesaggi con rapide cascate, burroni enormi sui cui cigli è dato scorgere qualche indigena della Sierra che con l'aratro completamente di legno sta rubando alla scoscesa natura qualche fertile zolla per le sue coltivazioni di mais.
Tra i campi di fragole silvestri.
Man mano che la mulattiera s'innalza cessano le vestigia dell'umana civiltà, incominciano i boschi cedui, le praterie abbandonate e, ciò che più rallegra l'osservatore, macchie enormi di fragole silvestri contemporaneamente in fiore ed in frutto. Ho voluto accennarle questo fatto, perchè sopratutto nei viaggi di ritorno dalla Missione, dopo aver passata l'altissima Cordigliera flagellata dai venti e dal nevischio, con un freddo da morire, con una fatue implacabile e con una debolezza enorme, questa l'unica frutta che il buon Dio ha posto in questa zona deserta per salvare la vita di viaggiatori sperduti nel labirinto delle valli andine.
La valle del mistero.
Facemmo quindi onore al piatto presentatoci galla prodiga natura, e ripreso il viaggio entrammo nella valle di Culebrilla, imponente nella sua mesta solitudine per i fantastici piccacci grigio-neri che ovunque la circondano, e spaventosa sopratutto nelle ore in cui colossali cavalloni di nubi nere rincorrentisi nella sovrastante atmosfera, riflettono nei frequenti laghetti scene di alto mistero.
Valle della desolazione ricoperta qua e là di una monotona graminea che attira qualche mandra di bestiame semi-selvatico, e di alcuni ceppi di una specie di cicoria, cibo prediletto degli orsi e dei tapiri che vi scorrazzano liberamente ed indisturbati.
Per buona fortuna non ci colse la tormenta sull'alta cima, e dopo sei ore di un penosissimo viaggio incominciammo la ripidissima discesa.
Il cielo fino allora imbronciato, in un attimo si squarciò e ci apparve in tutto il suo splendore il colossale, fantastico panorama delle lunghe, interminabili valli, che compongono l'immensa foresta amazzonica. Che tramonto! Che giuoco di luci e di colori lassù nel cielo e nel lontano orizzonte, tra gli schermi di centinaia di felci arborescenti dalla slanciata e bella chioma piangente!
Ormai spuntavano le prime stelle: continuare il viaggio di discesa per tanti burroni e precipizi per arrivare al rifugio del Zapote sarebbe stata un'imprudenza; incontrato quindi nel piano del Potrerillo un pezzo di terreno asciutto riparato da alcune foglie di felci, sospendemmo la marcia. La Divina Provvidenza ci fece incontrare in quella solitudine una famiglia indigena che usciva dalla Missione d'Indanza, e scaldato un poco di brodo, recitate le nostre preghiere, della sera, ci sdraiammo alla meglio sul nudo suolo intirizziti dal freddo aspettando ansiosamente i primi bagliori dell'aurora. Per buona fortuna piovette, ed appena terminate le pratiche di pietà col corpo indolenzito ci gettammo per la valle d'Indanza verso il Zapote.
Tra le vergini foreste.
La vegetazione in questa zona ha veramente del caratteristico: centinaia di specie differenti di felci, muschi, licheni, macchie brillanti di alberi in piena fioritura e dipingenti le valli sottostanti qua in rosso scarlatto, là in bianco neve, altrove in giallo splendente, frequenti orchidee ora sporgenti timidamente dal suolo ed ora slancianti sull'orlo di precipizi magnifiche infiorescenze di alcuni metri di lunghezza, ed ovunque la colossale forza delle acque di centinaia e centinaia di cascate alcune visibili, la maggioranza invisibili e riempienti l'atmosfera di un rumore continuo, eterno, come se centinaia di macchine fossero in movimento, o migliaia di anime si sprigionassero in doloranti preghiere. Se la strada non fosse una continua minaccia alla vita, quali profonde meditazioni sulla infinita sapienza del gran Dio dell'Universo.
Le pessime condizioni della mulattiera minacciavano di farci passare un'altra nottata nella foresta perchè il tramonto ci aveva sorpresi a tre ore dalla missione, quando il caratteristico ruggito del giaguaro venne a svegliare le nostre mule le quali si gettarono a corsa sfrenata per l'orribile sentiero, superando trionfalmente ed all'impazzata pali caduti e con salti proibitivi fangali pericolosi. Dai missionari poi seppi che nei giorni precedenti le stesse mule erano state assalite dalla bestia feroce in un prato vicino alla Missione, e che avevano avuta la vita salva perche il bestiame bovino e porci la pagarono per loro.
Il Padre Plà ed il Padre Volpi ci accolsero con una cordialità straordinaria, veramente fraterna che ci fece dimenticare le peripezie del lungo viaggio.
I progressi della Missione d'Indanza sono evidenti: l'antica casa fabbricata dodici anni or sono da Monsignor Costamagna e rovinata dalle termiti è stata rifatta in una posizione più sana e malgrado sia di legno e non ancora ultimata è già una buona base per un efficace lavoro apostolico; bella pure la chiesetta fabbricata con le offerte di una insigne benefattrice di Cuba: osservai un nuovo molino di canna da zucchero e relative caldaie per la preparazione della melassa zuccherina a servizio di tutti i coloni, e qua e là delle piantagioni di mandioca, banani, che sono un aiuto discreto per offrire ai selvaggi un poco di alimento quando vengono alla Missione.
Immense difficoltà.
Le difficoltà in cui si svolge l'opera missionaria in Indanza sono veramente grandi. I selvaggi sono disseminati nella maniera più irrazionale e separati dalla Missione da torrenti così turbolenti che basta un temporale o poche ore di pioggia per renderli assolutamente intransitabili con canoe o zattere.
Tra i selvaggi poi già da anni esistono delle inimicizie causate da stragi e guerre anteriori di modo che le difficoltà di radunarli intorno alla Missione sono per ora insuperabili, anzi alcune delle migliori famiglie per paura degli stregoni o delle vendette preferirono abbandonare il versante delle Amazzoni ed emigrare addirittura alle foreste del Pacifico in un clima malsano, fatale nei dintorni di Naranjal, Bucay, ove si credono sicuri dagli assalti nemici.
Progressi apostolici.
Malgrado queste difficoltà, i progressi apostolici non sono indifferenti.
Il missionario caricando l'altare portatile, una coperta ed un po' di viveri si porta alle loro case, vero buon pastore che cerca la pecorella smarrita attraverso burroni e sentieri ripidissimi esponendo continuamente la propria vita pur di portare un raggio di quella luce che sana e converte. Oh amatissimo padre, senza uno squisitissimo spirito di Fede, il lavoro tra i Kivari sarebbe una vera pazzia. Quanto zelo, quanta pazienza, quanto spirito di mortificazione per potere avvicinare queste menti rozze, il più delle volte orribilmente grossolane e mal educate! Eppure il missionario arriva alla casa Kivara, vero tempio del paganesimo e vi rimane alcuni giorni annunciando con tutti gli artifici, con tutti gli stratagemmi la Buona Novella. Appena vede che i bambini sono stanchi del giuoco o della caccia, colle più soavi maniere li raduna per l'istruzione religiosa: non appena uomini e donne hanno un momento di libertà sono avvicinate dal missionario, ma sopratutto la sera ed il mattino sono i momenti preziosi in cui intorno ad un altarino improvvisato ed adornato con fiori della foresta, vengono celebrati i sacri misteri e iniziati i poveri figli delle tenebre alla sfavillante luce del Vangelo. E queste peregrinazioni si succedono per giorni, per settimane, per mesi finchè la salute può resistere e finchè uno sfinimento generale non obbliga a ritornare alla sede.
Un occhio superficiale osservando questi selvaggi li troverà come prima, perchè come prima fabbricano le loro case, come prima coltivano i loro orti, come prima osservano le leggi della loro millenaria civiltà, ma pure la trasformazione cristiana si va operando lentamente ma infallibilmente. Alla domenica molti si asténgono dal lavoro, vengono alla Santa Messa ed al catechismo malgrado le enormi distanze: hanno bisogno di un consiglio vanno dal missionario; c'è qualche infermo chiamano il sacerdote; è nato un bambino insistono perchè venga battezzato; sono travagliati da qualche sciagura invocano il buon Dio e la Vergine Ausiliatrice. E vero, siamo ancora lontani dal poterli dire veramente cristiani, ma i fatti sopra accennati sono un indizio che il lavoro compiuto in questi dodici anni non fu sprecato.
Dalla scoperta dell'America fino al 1916, nessuna Missione era stata aperta ad Indanza (i gesuiti stettero solo in Gualaquiza una parte del 1869 e del 1870): il lavoro quindi dei fi gli di Don Bosco può ben dirsi benedetto dal Signore e sono convinto che quando avremo personale sufficiente per aprire una scuola agricola, con laboratori elementari, un ospedaletto e un piccolo orfanotrofio tenuto dalle suore di Maria Ausiliatrice i progressi saranno più rapidi e le conquiste più sicure.
Sac. Dott. C. CRESPI.
A Maria non si ricorre invano.
Durante tutto il mese di Dicembre nella mia qualità di ufficiale telegrafico ricevevo quotidianamente da Torino notizie sempre più allarmanti sulla salute del mio carissimo cognato D. Calogero Gusmano. Quando ogni speranza era perduta, ricorsi con fiducia alla Vergine Ausiliatrice con la promessa di un'offerta. Il 24 dicembre - commemorazione di Maria Ausiliatrice - cessarono gli attacchi che parevano dovessero stroncare la sua vita di momento in momento e l'ammalato s'avviò prontamente verso la guarigione.
Cesarò, 24 luglio 1929.
MARIANNINA CALÌ. Una bella grazia.
Il 24 maggio dell'anno scorso 1928 purtroppo da giovane spensierato ed inesperto, andavo pazzamente a grande velocità sul mio motore di recente acquistato verso il paese di Premilcuore di qui distante 25 chilometri, quando ad un tratto in una svolta alquanto curva e pericolosa della strada m'imbattei in un'automobile che pure a forte velocità proveniva da detto paese, e l'urto fu tale che l'automobile si alzò di pianta in aria colla parte davanti indietreggiando ed io col mio motore sbalzato fuori di strada sotto di esso, privo di sensi e di coscienza con la testa mezzo fracassata, il braccio destro rotto nella spalla e la gamba destra pure rotta in due posti. In tale stato miserevole fui dagli accorsi portato all'Ospedale della vicina Santa Sofia dove ricevetti le cure del corpo prima, dell'anima poi, appena tornato in me, rassegnato già alla prossima morte. Però giacchè era il giorno di Maria Ausiliatrice innalzai tosto il mio pensiero ad essa e l'invocai con tutta la forza della mia fede.
Da tale Ospedale passai dopo alcuni mesi all'Ospedale Mussolini di Bologna, ma non mancai d'invocare ogni giorno Maria Ausiliatrice in mio soccorso. Lunga e dispendiosa è stata la cura, come lungo e doloroso lo stento sofferto; ma ora, in grazia della Vergine di D. Bosco, mi trovo finalmente di nuovo rifatto nella mia salute. A perenne memoria della mia fatale caduta e della grazia ottenuta, ho già fatto erigere ad onore di Maria Ausiliatrice, una colonna a tempietto lì sul posto, che certa varrà a risvegliare verso tanta celeste benefattrice il suo culto anche in altri.
S. Cassiano di Predappio Nuova, 4 giugno 1929.
NELLo PIOLANTI.
Guarita da encefalite.
Nello scorso febbraio la mia figliuola si ammalò di influenza, che poi si cambiò in encefalite. Presentandosi il caso assai grave, furono tenuti vari consulti e prodigati vari rimedi; ma inutilmente. L'ammalata si aggravò sempre più e le si dovette far amministrare l'Estrema Unzione non potendo ricevere gli altri sacramenti.
In quei momenti d'angoscia una speranza brillò al mio cuore; incominciai una novena a Maria Ausiliatrice. Al terzo giorno la figlia si destò dallo stato comatoso in cui era da quattro giorni e da quel punto andò sempre migliorando.
Palermo.
ROSA TOMASINO.
Miracolosamente salvato.
Affetto di pielonefrite mi ridussi in fin di vita; gli uomini della scienza chiamati nulla poterono fare ed allora la mia signora rivolse fervide preghiere alla Madonna Ausiliatrice ed al Beato Don Bosco per ottenere dal Sacro Cuore la grazia della guarigione.
La notte del 26 giugno essendo in grave stato, il male si risolse per le vie naturali e fui miracolosamente salvo.
Vicari, 3 luglio 1929.
Dottor DOMENICO CASTELLANA.
Mi ha salvato il figlio.
Rendo pubbliche grazie a Maria SS. Ausiliatrice, per aver salvato mio figlio! - Il giorno 15 aprile 1928, mio figlio, Giovanni Lasagna, accompagnava come meccanico, il celebre corridore Pietro Bordino, nell'allenamento sul Circuito di Alessandria. E noto a tutti, il disastro automobilistico avvenuto, la morte tragica di Bordino. - Mio figlio, invece, per grazia singolarissima di Maria Ausiliatrice, da lui e da me spesso invocata, scampò da morte certa, rimase gravemente ferito, riportando la frattura della base cranica, lo sfondamento di alcune costole, e numerose contusioni.
Trasportato all'Ospedale, e dando pochi segni di vita, gli venne amministrata l'Estrema Unzione. Alla notizia di tanto dolore mi recai subito ad Alessandria, ed angosciata posi ogni mia speranza in Maria SS. Ausiliatrice. La buona Madre Celeste, che già aveva reso visibile la sua materna protezione, caldamente implorata, completò la grazia.
Dopo dodici giorni di permanenza all'Ospedale, mio figlio era sempre in condizioni gravissime; non aveva coscienza di sè, e faceva temere serie complicazioni. Un mattino, tornando dalla S. Messa, ed accostandomi al letto, lasciai inavvertentemente cadere un'immagine di Maria SS. Ausiliatrice, che tanto avevo invocato... Cosa singolare! mio figlio, che prima, stentatamente riconosceva sua madre, vide l'effige della Madonna, la volle fra le sue mani, e si pose a leggere divotamente la preghiera. Da quell'istante, riebbe pienamente le sue facoltà mentali, e la guarigione delle numerose e gravi contusioni si avviò rapidamente. Dopo 20 giorni usciva dall'Ospedale completamente guarito.
A Maria SS. Ausiliatrice, che fu l'Aiuto potente del mio caro Giovanni, rendo vivissime grazie, implorandone ancora e sempre la preziosa protezione su tutta la mia famiglia.
Torino, 24 aprile 1929. La Mamma.
Mi guarisce da una cancrena.
Da circa due anni mi sentivo male ad una gamba. Nel settembre scorso, il male si localizzò nel mignolo del piede sinistro. Dolori atroci non mi lasciavano riposare nè dì, nè notte. Portata all'Ospedale di Milano, i dottori vi riscontrarono una cancrena, e siccome il sangue era già troppo infetto così ritennero inutile anche l'amputazione della gamba. Ritornata a casa angosciata del mio destino, fui consigliata da pie persone di affidarmi a Maria Ausiliatrice. Lo feci, la supplicai di cuore, e feci anche pregare gl'innocenti bimbi dell'Asilo. La Madonna esaudì le nostre suppliche, ed ora mi trovo guarita.
Castellanza. ANGELINA FUSI.
Assiste la sorella in una dolorosa congiuntura.
Or è un anno, mia sorella Maria ebbe un tumore allo stomaco. Dapprima i medici non compresero il male, ma aggravandosi i disturbi e visitata da bravi specialisti, si trovò essere urgente l'operazione all'inferma. Essa partì subito per Catania e noi, con lo schianto nel cuore, l'accompagnammo con le nostre preghiere a Maria Ausiliatrice perchè la proteggesse e guidasse a buon esito l'operazione. Così avvenne conforme alle nostre speranze, mentre col ritardo di qualche giorno sarebbe stata una rovina irreparabile.
SAVERIA ARTEsI.
Ottennero pure grazie da Maria SS. Ausiliatrice e dal Beato D. Bosco, e alcuni, pieni di riconoscenza, inviarono offerte per la celebrazione di Sante Messe di ringraziamento, per le Missioni Salesiane o per altre opere Salesiane, i seguenti:
A) - Aimone Maria, Alais Iole, Amerio Maria, Antonioli Caterina, A. R., Alessio Gina, Airandi Biagio, Arresi Saveria, Armand T., A. G. (Volvera), Arduino Maria.
B) - Berra Margherita, Balbo Luigia, Bellonotto T., Prega Alice, Bono Teresa, Baramasco Delfina, Busso Margherita, Badini (Bitti), Bourlot Rosa, Boni Maria, Bertocchi Ambrosina, Bonfanti Maria, Bonanomi Maria, Benga Rachele, Bottala Giuseppe, Boni Luigia, Bergamini Irene, Bertero Andrea, B. M. (Torino), Balbo Enrico e Maria, Broglio Adele, Bechelli Giovanni, Buscemi Maria Domenzio, Brussino (Torino), Buscaglia Maria, Buscaglia Eleonora, Bonino Sorelle, Bertodatto Maria Bairo.
C) - Calvo Ernesta, Colonna Luigi, Chiardola Coniugi, Ceria Rosina, Caldarola Giovanni, Cisilino Marianna.
D) - D. A. (Torino), Del Pio Vincenzo, Del Conte Angiletta.
E) - E. D. (Torino).
F) - Fancon Pietro, Fioretto Antonietta, Fasano Sr. Palmira, Fruscello Francesco, Ferrero Maria.
G) - Giusto Teresa, Gossetti Bianca, Goria Angelica, Garrone Emilio, Guidetti Sr., Garrone Giuditta, Guarnaschelli Antonietta, Giordano Giuseppina, G. A. Torino).
I) - Can. Innocenzi Edoardo, Ians Perrod.
L) - L. E., Leoncino Luciano.
M) - Mosca Angela, Mandelli Giovanni, Michelangeli Orsola, Memeo Giacinto, Morrone Gaetano, Manfredi Maria, M. V., Momo Teresa, Milani rag. Guido, Merlo Lorenzo, Montersino Carmela, Mainini Giuseppina, Martinolo Ada.
N) - N. N. (Orbassano), N. N. per gr. ric. da D. Bosco,
O) - Oreggi Ada.
P) - Perotti Clementina, Ponzetto Domenica, Perrone Margherita, Piana Giuseppe, Pellegrino Filippina, P. F. (Racconigi Tagliata), Puddu Amedeo, Pevosio Maria, P. G. S., P. L. (Nichelino), Pistocchini Giuseppe.
R) - Romano Felicita, R. M. (Carmagnola), Raiteri Giovanni, Righetti Maria,
S) - Sardo Giovanni fu Gius., Sivelli Carolina, Sig.ra Sclafani, Serione Orsola ved. Grassoni, Sismondo Margherita, Stella Oliva.
T) - Tesio Antonietta, T. B. (Torino), Taraglio Enrico, Coniugi Tarditi per grazia ricevuta.
U) - Usai Maria Pasqua.
V) - Visconti Edvige, Vanoni Antonio (Somma L.), Vergano Emilia, Vaudano Celestino, Vassia Francesco, Vernetti Teresa, Vianco Adelaide, Vandero Alessandrina ved. Bianchi, Vaschetti Adalgisa.
Z) - Zengiaro Martino.
Casale Monf. Il Rettore del Santuario del S. Cuore di Gesù, come omaggio a Don Bosco e a ricordo della Beatificazione ha deciso di dotare il Santuario di un bellissimo organo, costruiti da una primaria casa italiana. La nuova opera che aggiungerà pregio alla stupenda chiesa del compianto ing. Giuseppe Gallo, sorgerà per sottoscrizione dei fedeli.
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A Bergamo il 7 luglio ebbe luogo la benedizione della prima pietra della Cappella in onore del Beato Don Bosco, iniziativa delle Cooperatrici, dei Cooperatori salesiani, degli Ex Allievi e dei Confratelli di San Vincenzo, memori questi che fu proprio Don Bosco ad istituire la prima Conferenza della città.
La funzione ebbe lungo al patronato S. Vincenzo dei giovani operai e la cappella sarà appunto un dono a questa fervida istituzione. Compì la cerimonia Mons. F. Méderlet, Arcivescovo di Madras e vi assistette folla grandissima di popolo e di autorità. Il conte Felice Colleoni, presidente del Comitato, disse del nobile scopo che esso si proponeva con questo omaggio a Don Bosco e il Comm. Mario Ramelli, presidente degli ex Allievi diede lettura della pergamena: chiuse Mons. Méderlet con efficaci parole esprimendo la sua gioia per quest'onore fatto al Beato, auspicando tante grazie sulla gioventù bergamasca. Poi le autorità presenti - l'Arcivescovo, il rappresentante del prefetto e del Podestà, Mons. Cavezzali Pro-Vicario della Diocesi di Milano, Don P. M. Valoti, direttore dei Cooperatori, il Comm. Ramelli, il conte Colleoni, D. Tavassori, direttore del Patronato, il prevosto D. Scattoni, il rappresentante del Questore, dei Reali Carabinieri, il Comm. Tacchi per la Croce Rossa, ecc. - firmarono la pergamena.
In ottobre si confida di poter aprire la cappella ai giovanetti del Patronato che si sono impegnati ad eseguire gli scavi e già si preparano a speciali feste in onore del novello Beato, sicuri che i buoni cooperatori bergamaschi li aiuteranno a compiere l'opera alla quale han posto mano.
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Gli ex Alievi di Spezia, nell'ultima adunanza su proposta del loro presidente decisero di erigere nella Parrocchia Salesiana di N. S. della Neve un altare in onore del B. Don Bosco.
L'altare sarà eseguito gratuitamente dall'ex allievo scultore Binelli, e verrà posto pure gratuitamente in opera dall'imprenditore edile ex allievo signor Tartarini.
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Gli ex allievi di Lanusei il 2 giugno,, giorno della Beatificazione di Don Bosco, superando tutte le difficoltà che finora l'avevano ritardata, hanno costituito l'Unione Ex Allievi e tenuto il primo convegno.
« Non essendo possibile - scriveva il Direttore - darci l'intesa per venire a Roma, ci demmo l'intesa di trovarci riuniti insieme al collegio nel giorno solennissimo per sentirei più vicini a Lui e a tutti gli altri suoi ex allievi, che in quel giorno lo volevano così straordinariamente esaltare.
La distanza dal Collegio, la dispersione degli Ex-allievi nostri, la difficoltà delle comunicazioni si erano sempre opposte al nostro convegno. Basti dire che diversi ex Allievi per trovarsi al Convegno dovettero impiegare tre e più giorni, data la distanza e la deficienza dei mezzi di comunicazione.
Il Convegno fu riuscitissimo, l'entusiasmo traboccante, commoventi le dimostrazioni di affetto e di attaccamento al Collegio e all'Opera Salesiana, come confortantissimo fu il frutto di bene che essi seppero trarre e mirabilmente conservare negli anni.
E si addivenne all'istituzione di una Borsa missionaria che si volle intitolare al primo direttore del Collegio di Lanusei, al defunto Don Matteo Ottonello, che specialmente fra gli Ex-allievi della Sardegna è in benedizione e particolare venerazione ».
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A Podenzano (Piacenza), celebrandosi la festa di Maria Ausiliatrice, il Rev. Arciprete Sac. Dott. Ernesto Caccialanza, volle riuscisse una partecipazione alla glorificazione di Don Bosco, nel 2 giugno. Per l'occasione fu pure svolto nella borgata un ciclo di Conferenze sull'educazione, per iniziativa e impulso del Cav. Mannarini (Ispett. Scol.) e della Sig.na Elena Sarzi (Dirett. Didattica).
Si svolsero così i seguenti temi: Vita del B. Don Bosco (Sig.ra M. Maria Gentilini), il Metodo Educativo del B. Don Bosco (M. Giuseppina Torelli), Critica del Metodo Educativo del B. Don Bosco (Sig.na Maria Paravidino).
L'Ispettore scolastico, assai soddisfatto di questo ciclo di conferenze, quasi a continuazione volle assegnare altri temi per altre conferenze analoghe e interessanti, tra i quali uno specialmente attirò l'attenzione degli egregi insegnanti: Perchè Don Bosco si fece autore di un nuovo Metodo educativo, mentre
gli erano pur noti altri esimi educatori, come i Teatini, gli Scolopi, i Gesuiti, i Fratelli delle Scuole cristiane?
Le varie trattazioni hanno portato le egregie insegnanti ad un amoroso studio del Beato Don Bosco e alla applicazione pratica della sua dottrina nella scuola, con grande vantaggio degli alunni.
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Fossano, che tante benemerenze ha nella vita del B. Don Bosco, e tante altre ne aggiunse testé in occasione delle feste della beatificazione a Roma e a Torino partecipando largamente e con vivissimo entusiasmo, ha per iniziativa del suo ottimo Podestà, Comm. Luigi Dompé, deliberato di intitolare Via Beato Giovanni Bosco l'attuale « Via R. Ospizio ».
Così Fossano che si gloria di aver tanto amato e soccorso Don Bosco quand'era in vita, di aver affidato ai figli di Don Bosco il suo Convitto Civico, vuol anche questo vanto che una delle sue vie ricordi il nome del Grande, ben degno di figurare accanto a quelli illustri che rammentano le sue più belle tradizioni di fede e di patriottismo.
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A Berthoulla, presso Torino, nell'Asilo Infantile, diretto dalle Figlie di M. A. si è inaugurato un busto del Beato Don Bosco, presenti S. Em. il Card. Gamba, Mons. Jara, il comm. Grassi, il R. Provveditore agli Studi, comm. Renda ed altre autorità. La funzione dello scoprimento del busto fu seguita dalla premiazione degli alunni, e da vibranti discorsi detti dal comm. Grassi e da Sua Eminenza, esaltanti la grande figura del Beato
Mostra Professionale.
A Milano, nell'Istituto Salesiano di S. Ambrogio, il Podestà accompagnato dal Vice-Prefetto e dalle autorità, il 12 maggio inaugurava la « Mostra professionale », assisteva con viva soddisfazione ad un saggio ginnastico dato dai 400 giovanetti ed apriva un grandioso Banco di Beneficenza.
Le sale della mostra specialmente attirarono una folla di visitatori che ne riportarono ammirazione ed ebbero vive espressioni di lode.
La scuola di Disegno Professionale espose schemi dei più moderni motori, progetti d'inferriate e cancelli, disegni di mobili d'ogni stile, copertine a colori di libri e cartelle, tagli di vestiti e forme di calzature, e insieme lavori di fantasia, molto bene ideati da allievi delle scuole.
I laboratori dei Calzolai, dei Legatori, dei Tipografi, dei Falegnami e Fabbri, hanno esposto lavori veramente superbi per l'esattezza dell'esecuzione, per l'indovinata colorazione dei motivi, per la finezza ed eleganza di intarsio e di scoltura, per la concezione artistica. Tanto più ammirati questi lavori per il riscontro del graduale passaggio che gli allievi percorrono dal primo all'ultimo anno del loro tirocinio professionale e che mette in evidenza lo svolgersi progressivo di un insegnamento che plasma in essi la coltura di un operaio moderno.
Che la Scuola Professionale dell'Istituto S. Ambrogio di Milano abbia ben meritato nella formazione artistica dei suoi allievi, lo dicono le numerose onorificenze conseguite dai singoli laboratori.
Nuovo Santuario a M. A.
Finalmente i voti ardenti di tante anime divote del Mattogrosso sono stati appagati: desideravano nella capitale un bel santuario dedicato a Maria Ausiliatrice e a prezzo di molti sacrifizi esso venne innalzato e aperto solennemente al culto il 13 aprile u. s.
L'inaugurazione fu motivo di festa, riuscita straordinariamente solenne per la partecipazione delle più alte personalità dello Stato di Mattogrosso e di gran folla di popolo. Il Presidente della Lega Cattolica aprì la cerimonia della inaugurazione con un poderoso discorso, cui seguì la benedizione liturgica alla presenza del Presidente dello Stato, Senatori e Deputati. A sera fu cantato nel Santuario un solenne Te Deum.
Ricordiamo che i primi lavori della grandiosa fabbrica vennero intrapresi nel 1911 cogli scavi delle fondamenta eseguiti da una squadra di 24 indi Bororos cristiani, provenienti dalle colonie del S. Cuore, dell'Immacolata e del Sangradouro. Col loro concorso ad un'opera in onore di Maria Ausiliatrice essi vollero testimoniare alla Madonna la loro riconoscenza per aver inviato i Missionari nelle loro foreste a redimerli e a civilizzarli. Ed anche quest'opera ora compiuta, fu inaffiata alle sue origini dal sudore di quello zelante missionario che fu Don Balzola, il quale capitanando la squadra dei Bororos volle lavorare con essi e dire colla fatica materiale tutta la riconoscenza del suo cuore alla Madonna per averlo scampato da tanti pericoli e benedetto l'apostolato intrapreso tra quei selvaggi.
Il santuario ricorderà ai posteri una grande impresa compiuta dai figli di Don Bosco, tra le selve brasiliane, colla protezione di Maria Ausiliatrice.
Nuovo Istituto a Rio Janeiro.
Un nuovo Istituto Salesiano, dedicato al santo Patrono della nostra Pia Società - San Francesco di Sales - è stato aperto il 29 gennaio u. s. nella capitale Federale del Brasile.
L'Istituto sorge nell'antico Ritiro dei Giornalisti, acquistato dall'Associazione Brasiliana della Stampa, e il vasto terreno annesso, di 35000 mq., è una generosa donazione del Dott. Magalhaes Castro, grande amico e protettore delle Opere Salesiane in Brasile.
L'Arcivescovo di Marianna, Mons. Elvezio Gomez de Oliveira, celebrò la Messa e benedisse solennemente l'edificio alla presenza di cospicue personalità e di ottimi Cooperatori e rappresentanti delle Associazioni religiose e della Stampa. Dopo il sacro rito il direttore dell'Istituto porse un cordiale saluto e ringraziamento ai presenti rilevando l'atto di grande generosità compiuto dal Dott. Castro nell'appagare il vivissimo desiderio dei Salesiani di aprire in Rio de Janeiro un'istituzione che esplicasse la sua opera educativa e sociale a vantaggio della gioventù con l'Oratorio Festivo e con le Scuole Professionali.
Altri oratori seguirono: e chiuse il Dott. Castro svelando la storia della donazione fatta. Egli ricordò che fu sempre una sua ambizione di cedere quel terreno ai Salesiani e molti anni or sono egli ne fece l'offerta che non venne accolta. Non si scoraggì perchè il cuore gli diceva: credi e spera. Poi l'offrì a certe religiose; ma anch'esse non accettarono. Infine lo mise a disposizione dell'Associazione Giornalistica che vi costruì il famoso Ritiro (dove i giornalisti avrebbero dovuto meditare sulle loro grandi colpe commesse colla penna); ma fallì allo scopo. Ora finalmente è scoccata l'ora in cui la fede e la speranza del donatore sono diventate realtà.
Possano i nostri confratelli, con l'aiuto di Dio, svolgere una proficua missione tra la gioventù di Rio de Janeiro.
MISSIONARI ! MISSIONARI !
P. Paolo Manna, superiore generale del Pontificio Istituto delle Missioni Estere, nell'ultimo grandioso Congresso Sacerdotale Eucaristico di Roma, ha chiuso il suo discorso sulle « VoCAZIONI MISSIONARIE » con queste fervide parole: - Scrivete nel vostro programma ..: «Non ho avuto l'onore di essere missionario, ma vorrò farmi sostituire: mi farò suscitatore di vocazioni missionarie, così moltiplicherò la mia attività in vita ed anche oltre la tomba vi sarà chi combatterà per me le battaglie del Signore, chi salverà anime per me ».
Ecco in queste belle parole un programma, che i nostri ottimi Cooperatori svolgono già con gran frutto, ma potranno ancora intensificare. Se, per es., trovassero giovani agricoltori che si sentissero chiamati alle missioni pur continuando nella loro professione, li indirizzino al nostro ISTITUTO AGRICOLO MISSIONARIO DI CUMIANA (Torino), creato in questi ultimi anni per preparare missionari-agricoltori, di cui si sente vivamente il bisogno nelle Missioni.
Mons. Caron.
La morte di Mons. Caron segna per la nostra Congregazione non solo la perdita di un amico affezionatissimo, ma di un benefattore dei più generosi ed entusiasti.
Era andato a Nazaret in Palestina per celebrare le sue nozze di diamante nella splendida basilica di Gesù Adolescente che egli aveva generosamente donata alla Congregazione; ma il Signore volle colà premiare col premio eterno l'operosità zelante del suo servo fedele.
La morte di Mons. Caron fu pei nostri confratelli motivo di santa invidia: essi poterono vedere come muoiono i santi. Sul letto di dolore dove l'aveva immobilizzato una paralisi, gli ultimi otto giorni di vita di Mons. Caron furono una efficace lezione di umile rassegnazione alla santa volontà di Dio: non un lamento benchè indicasse di soffrire assai, ma solo un sublime gesto della mano al Cielo per accettare dal Signore la dura prova.
Attese con impazienza il sabato e quando giunse egli domandò a chi l'assisteva se fossero le 6 e 1/2. Impressionato da questa domanda il confratello domandò all'infermo:
- Desidera qualche cosa per le 6 e 1/2?
- Sì... rispose Mons. Caron; desidero... Non potè continuare perchè la paralisi gli rendeva impossibile articolare le parole: ma il suo volto prese un dolcissimo aspetto. Alle 6 e 1/2 il suo cuore, cuore nobilissimo e generoso, cessò di pulsare. I confratelli si raccolsero nella camera per la recita delle preghiere dei moribondi, e dopo un poco la vita ritornò col suo ritmo uguale. Che cosa si sia verificato in quel momento tanto desiderato da Mons. Caron non si sa...
Continuò a soffrire cristianamente per altri giorni, finchè non venne l'ultima ora. Come fu edificante! Con quanta pietà Mons. Caron accostava alle labbra il Crocifisso e ripeteva le giaculatorie che gli erano suggerite. Spirò serenamente alle 2 pomeridiane del 29 aprile.
La sua salma venne riposta nella Cripta della basilica, proprio nel loculo che Mons. Caron si era riserbato per ultima dimora, nel paese di Gesù Adolescente.
Il presentimento della morte prossima egli l'ebbe chiaro. Alcuni giorni prima di essere colpito dalla paralisi, era disceso nella Cripta per celebrare all'altare di S. Ludovico e alla fine della Messa, ancor vestito dei sacri paramenti egli si era inginocchiato presso la tomba dicendo ai presenti: - Recitiamo un De profundis per me! Ben presto dovrò morire e allora forse nessuno pregherà più... per me...
Marchese Luigi Malaspina.
Quasi ottantaquattrenne, santamente spirava, com'era vissuto, in Villafranca di Lunigiana, il 20 gennaio. Mite d'animo ed austero ad un tempo, di costumi irreprensibili, rigidissimo nell'adempimento dei propri doveri sia nella vita pubblica che in quella intima, fu modello di virtù religiose e civili. Cattolico praticante, scevro di rispetto umano, sempre difese la causa della Chiesa e del buon costume. Consorte e padre affettuoso, scrupolosamente vigilò sull'educazione della numerosa prole che affidò ad istituti religiosi e specialmente alla Pia Società Salesiana, che in Lui trovò uno dei primi ammiratori e Cooperatori, in Valdimagra, delle opere del Beato G. Bosco, sopratutto delle Missioni Estere. Cristianamente, sopportò i dolori della vita e quelli del lungo e crudele morbo che lentamente lo trasse alla tomba.
Benedizione e universale compianto accompagnarono la scomparsa della bella e veneranda figura di questo uomo benefico e generoso.
Beatrice Brovia.
Si spegneva serenamente in Nizza Monferrato il 2o aprile.
Sposa e Madre esemplare, consacrò tutta se stessa al bene della sua famiglia e seppe mirabilmente conciliare le cure domestiche con l'apostolato cristiano-sociale.
Zelante Cooperatrice salesiana volle assumersi la cura dell'Altare di Maria SS. Ausiliatrice nella parrocchia di S. Giovanni e adoperarsi efficacemente a diffondere la devozione alla Vergine, promovendo in parrocchia la S. Comunione del 24, con l'esercizio di Buona Morte e la Benedizione.
Tutte le elemosine versate nella cassetta della cappella furono da lei raccolte con scrupolosa diligenza in un libretto della Cassa di Risparmio montante a L. 3200, che venne consegnato dagli eredi al Rev.mo Sig. Vicario, perche provvedesse ad opportuni lavori di abbellimento e di restauro. Maria Ausiliatrice avrà certo premiata questa sua ardente e zelante divota.
Luigia nobile Besozzi-Benioli.
Eletta figura di gentildonna cristiana lasciò conforto di esempi indimenticabili con la sua affabilità verso il prossimo, con la sua fervida operosità per tutto ciò che si riferiva all'onore di Dio e della religione, donde traeva vita la sua profonda pietà.
Giulia Taboni.
Fervente e generosa cooperatrice esultò nelle ultime ore di vita alla notizia della prossima beatificazione di D. Bosco, pel quale ebbe affettuosa venerazione e generosa carità.
Cav. Uff. Giuseppe Maccaferri.
Moriva dopo lunga e dolorosa malattia, rassegnato e pieno di speranze nella bontà di Dio, per amore del quale tanto bene aveva compiuto nel corso della sua vita.
Maria Luisa Squadrilli.
Anima benedetta visse i suoi 71 anno nella pietà e nell'esercizio delle più belle virtù, sostenendo colla sua generosa carità le opere di bene, specialmente quelle di D. Bosco.
Contessa Camilla Viani d'Ovrano Ved. De Rege Donato.
Nobildonna di squisito sentire religioso promosse quanto potè le opere di carità, che furono il suo merito più bello, e che lasciarono grato ricordo della sua fruttuosa vita.
Antonio Zammit.
Lasciò la terra pel cielo a 79 anni, chiudendo la sua vita operosa e cristiana con merito, per la generosa carità e per la costanza nell'adempimento dei suoi doveri. Fu onorato di poter dare a Dio due dei suoi figli nel sacerdozio.
Marta Vitali Inserviente del Municipio di Bellano.
Amò ed aiutò secondo le sue forze le opere di D. Bosco e morendo ad esse rivolgeva ancora il suo pensiero e la generosità del suo cuore, donando il frutto dei suoi risparmi alle opere salesiane.
Argia Santoro in Debernardi.
Moriva a Torino il 12 aprile a 58 anni, lasciando di sè il più grato ricordo. Affezionata alle opere di D. Bosco prodigava all'Istituto di Cavaglià tutti i riguardi di un interessamento materno pel bene dell'istituzione e della gioventù in essa educata.
Giuseppe Mazzocchio fu Francesco.
Cessava di vivere a 78 anni in Casteltermini il 13 febbraio dopo breve malattia. Una morte placida fu suggello alla sua vita profondamente cristiana e virtuosa, sempre rivolta a glorificare Dio con opere buone.
Conte Ferdinando Monroy di Ranchibile.
Spirava santamente il 18 giugno in Palermo. Buono, pio, profondamente religioso, ammiratore dell'opera del Beato D. Bosco volle essere tra i primissimi cooperatori dell'Istituto di Palermo, al quale diede con generosità un aiuto prezioso e costante. Era divotissimo di Maria Ausiliatrice, cui offriva in omaggio le opere buone che egli andava compiendo.
Audisio Giacomo, Buttigliera d'Asti (Aless.).
Baffi Demetrio, Gragnano Trebbiense (Piacenza). Bass-Ellero Teresa, Cassacco (Udine).
Battaini D. Antonio, Parroco, Monno (Brescia). Bettini Giuseppina, Tagliole (Modena). Billi Augusta, Bagnarola (Bologna). Cassol Luigi, Nova Padova (Brasil).
Ceriana Mayneri Nomis di Pollone contessa Antonia, Vernone (Torino).
Chiarlone Margherita, Alba (Cuneo).
Conte Chiarelli Can. Benedetto Pannini, Cento (Bologna). Dal Fara Luigi, Nova Padova (Brasil). Dal Pos Sebastiano, S. Fior di Sotto (Treviso). Dell'Acqua Maria, Grossotto (Sondrio). Fanetti Luigi, Galliate (Novara). Fino Carlo, Avigliana (Torino). Franceschi Angelina, Rovereto (Trento). Imperiali Rosa De Angelis, Palombara Sabina (Roma. Janetti Virginia, Roma.
Gallardo Maria, Calciavacca (Torino).
Ghelfi Luigi, Pieve di Bagnone (Massa Carrara). Gianotti Teresa, Cossano Canavese (Aosta).
Groppo Lucia ved. Groppo, Sommariva Bosco (Cuneo). Lobetti Bodoni Maria n. Cravosio, Torino. Maringa Giovanna, Nova Padova (Brasil). Martinengo Maria, Volvera (Torino). Marzano Guglielmo, Bottigliera d'Asti (Alessandria). Minneci Concetta fu Pietro, Petralia Soprana (Palermo). Moro Galbusera Palmira, Morbegno (Sondrio). Mosena Maria, Villa Garibaldi (Brasile). Nadir Felicita, Barone Canav. (Aosta). Panora Orsola, Breganzona (Svizzera). Ramondini Lorenzo, Carmagnola (Torino) Raviola Angela, Torino.
Rinero Teresa Maddalena, Cuneo. Rizzoli Cacciari Laura, Bologna. Roberti Attilio, Bergamo. Ruotolo Avv. Eucario, Napoli. Sacco Omboni Maria, Roma.
Samperi Michele, Mazzarino (Caltanissetta). Scarpa D. Alfonso, Botrugno (Lecce). Torchio Filippo, Torino
Trinchesi D. Ferdinando Parroco, Montaldo Torinese. Zanetti Giovannina, Arcene (Bergamo). Zanin Teresa ved. Fael, Cordignano (Treviso).
Presentiamo vivissime condoglianze alle famiglie, raccomandando ai suffragi dei nostri Cooperatori gli amici defunti.