BS 1920s|1925|Bollettino Salesiano Maggio 1925

BOLLETTINO SALESIANO

PERIODICO MENSILE PER I COOPERATORI DELLE OPERE E MISSIONI DI DON BOSCO

ANNO XLIX.   TORINO, MAGGIO 1925   NUMERO 5.

REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE: VIA COTTOLENGO, 32 - TORINO (9)

SOMMARIO: La missione del Venerabile Giovanni Bosco e il Beato Giuseppe Cafasso. - Per i poveri lebbrosi. - I trionfi della Cooperazione Salesiana. - Dal Matto Grosso: un grido di soccorso. - Le Figlie di Maria Ausiliatrice nell'India. - Quaranta giorni di escursioni nella regione di Indanza (Equatore). - Sulle sponde del Rio Negro (Brasile). - L'Orfanotrofio di Ho-Si (Cina): III) La festa di Maria Ausiliatrice. - Le meraviglie di Maria Ausiliatrice. - Azione salesiana. - Notizie varie dall'Italia e dall'Estero. - Cooperatori defunti.

La missione del Venerabile Don Bosco e il Beato Giuseppe Cafasso.

Il Venerabile Don Giuseppe Cafasso di Castelnuovo d'Asti, maestro di spirito del nostro Fondatore, viene elevato all'onore degli altari, nel mese sacro a Maria SS. Ausiliatrice, al compiersi dell'anno centenario della prima meravigliosa illustrazione che il Signore concedeva al Venerabile Giovanni Bosco sulla missione che lo attendeva.

In omaggio alle due date per noi particolarmente care, rileviamo dalla prefazione che accompagna la ristampa delle Memorie scritte nel 186o dal Ven. Don Bosco sul Sacerdote Giuseppe Cafasso, queste pagine illustrative (1).

Entrambi del medesimo paese - Castelnuovo d'Asti - e quasi della stessa età - il Cafasso nacque l'11 gennaio 1811, Don Bosco il 16 agosto 1815 - se a ciò è dovuto il loro primo incontro in giovinezza, su ben altre basi sorse la loro santa amicizia.

D. Cafasso uomo « straordinario nell'ordinario » sin dalla fanciullezza fu semplicemente ammirabile nell'esercizio d'ogni virtù; mentre Don Bosco sin dalla fanciullezza fu uomo « straordinario tra gli straordinari »; e tra le prove della speciale assistenza che ebbe di lui il Signore, è quella di avergli posto al fianco Giuseppe Cafasso; il quale, benchè maggiore soltanto di quattro anni e mezzo, era ordinato sacerdote quando Giovanni faceva la terza ginnasiale, e divenne subito suo consigliere e benefattore, poi direttore e maestro di spirito.

Il primo incontro, narrato da D. Bosco medesimo (1), risale al 1827, quando Giovanni, dodicenne, era ancora un contadinello, e il Cafasso, di sedici anni e mezzo, già alunno di 1° corso di teologia. Per un momento noi risaliamo più indietro.

(1) Il Beato Giuseppe Cafasso. Memorie pubblicate nel 186o dal Sac. Giovanni Bosco: nuova edizione. Torino, S. E. I., 1925. Lire 4.

(1) Vedi Bollettino di aprile u. s. pag. 88.

L'annunzio.

Nell'età dai nove ai dieci anni Giovanni Bosco riceveva il primo annunzio della missione che lo attendeva. Vide in e sogno » una moltitudine di fanciulli che si trastullavano. Alcuni ridevano... non pochi bestemmiavano. All'udire quelle bestemmie mi sono subito lanciato in mezzo di loro, adoperando pugni e parole per farli tacere. Non con le percosse - gli disse un Uomo venerando, nobilmente vestito, chiamandolo per nome, e ordinandogli di porsi alla testa di quei fanciulli non con le percosse, ma con la mansuetudine e con la carità, dovrai guadagnare questi tuoi amici. Mèttiti dunque immediatamente a far loro un'istruzione sulla bruttezza del peccato e sulla preziosità della virtù. - Confuso e spaventato, Giovanni rispose che era un povero ed ignorante fanciullo, incapace di parlare di religione a quei giovinetti... - Io ti darò la Maestra, sotto la cui disciplina puoi diventare sapiente - proseguì quell'Uomo; - ed apparve una Donna di maestoso aspetto, che fe' cenno a Giovanni di avvicinarsi a Lei, e prèsolo con bontà per mano: - Guarda! - gli disse. - Giovanni guarda... Quei fanciulli erano tutti fuggiti; e, in loro vece, vede una moltitudine di capretti, di cani, di gatti, di orsi e da parecchi altri animali. - Ecco il tuo campo, ecco dove devi lavorare - continuò a dire quella Signora. - Renditi umile, forte e robusto: e ciò che in questo momento vedi succedere di questi animali, tu dovrai farlo per i figli miei. Volge lo sguardo, e, invece di animali feroci, vede altrettanti mansueti agnelli, che tutti saltellando correvano attorno belando, come per far festa a quell'Uomo e a quella Signora. - A quel punto Giovanni si mise a piangere, e quella Donna, ponendogli la piano sul capo, gli disse: - A suo tempo tutto comprenderai! (1)

Questo « sogno » fu così vivo e parlante, che senza indugio Giovanni Bosco iniziò la missione che gli era stata indicata.

(1) Queste citazioni, e le seguenti in corsivo e tra virgolette, sono tolte dalle memorie autobiografiche, che il Ven. Don Bosco lasciò ai suoi discepoli per espresso comando del S. Padre Pio IX, dove annotò quanto di straordinario o di soprannaturale gli era occorso nella fondazione dell'Oratorio e dell'Opera Salesiana.
A taluno le citazioni potranno parere soverchie, ma ricorrendo quest'anno il centenario della prima illustrazione che ebbe il Ven. Fondatore dei Salesiani, ci sembra che rivestano una certa opportunità che le rende gradite.

Primi passi e primi aiuti.

Don Cafasso era solito dire che il bene va fatto bene e che è meglio indugiare il principio di un'opera buona per poterla far bene. Don Bosco, invece, diceva che l'ottimo è nemico del bene e che è meglio far subito quel bene che si può, come si può, anzichè ritardarlo per poterlo far bene. E a dieci anni, ai Becchi e a Murialdo egli cominciò la sua missione e fu giocoliere e saltimbanco per essere l'apostolo dei compagni. Cosicchè, quando nel 1827 vide per la prima volta Giuseppe Cafasso, da due anni egli compiva codesto apostolato, che in una forma ancor più larga ed efficace proseguì 13 ai 15 anni, umile garzoncello di campagna alla Cascina Moglia, a Moncucco; poi a Castelnuovo nell'anno che attese ai primi studi di latino; e in seguito dal 1831 al '35 a Chieri, dove frequentando le pubbliche scuole di ginnasio, fondò tra i compagni la Società dell'Allegria.

A 19 anni il desiderio di una vita perfetta, che da tempo era la forte aspirazione dell'anima sua, si concretò nel proposito di entrare tra i figli di S. Francesco d'Assisi: e se non vi entrò fu per una nuova illustrazione meravigliosa, per il consiglio dello zio dell'amico Comollo, e per Don Cafasso. Il santo sacerdote, che fin dal primo incontro aveva intuito la bellezza e la generosità dell'anima di Giovanni, lo invitò a soprassedere per conoscere meglio la vocazione, ed egli ubbidì.

L'anno dopo, 1835, per i buoni uffici del Cafasso, il quale, conoscendo le sue strettezze famigliari, lo raccomandò al generoso Teol. Guala, entrava nel seminario di Chieri; e là pure, dove attese allo studio della Filosofia e della Teologia, continuò ad occuparsi dei piccoli amici, che ogni settimana, al giovedì, correvano ad intrattenersi con lui in parlatorio; ed anche durante le vacanze, tornando alla casa paterna, proseguiva intensamente il santo apostolato.

Prima di salire agli ordini maggìori, formatosi il patrimonio ecclesiastico con l'aiuto del fratello Giuseppe, che gli «assegnò tutto quel poco che possedeva » non bastandogli la « parte dei beni ereditata dal padre », « non avendo chi si prendesse cura diretta della (sua) vocazione » si consigliò nuovamente con Don Cafasso, che gli disse « di andare avanti e di posare nella sua parola ».

Grande era la riconoscenza che Bosco sentiva già per il suo benefattore. Ordinato sacerdote - il 5 giugno 1841 - in Torino - qui celebrò la 1a messa, nella Chiesa di S. Francesco d'Assisi, per salire con maggior raccoglimento all'altare e per avere la fortuna di essere assistito da Don Cafasso, che gli dava il consiglio di recarsi nel nuovo anno scolastico a Torino ad intraprendere lo studio pratico della Teologia Morale nel Convitto Ecclesiastico.

" La mia delizia ".

Nel frattempo il nuovo sacerdote restò a Castelnuovo: « Mancando a Castelnuovo il mio prevosto di vice curato, io ne compii l'ufficio per cinque mesi... Provava il più grande piacere a lavorare. Predicava tutte le domeniche, visitava gli ammalati... teneva in ordine i libri parrocchiali: ma la mia delizia era fare il catechismo ai fanciulli, trattenermi con loro, parlare con loro. Da Murialdo mi venivano spesso a visitare. In paese, poi, cominciavano pure a farsi compagni ed amici. Uscendo dalla casa parrocchiale era sempre accompagnato da una schiera di fanciulli e, dovunque mi recassi, era sempre attorniato dai miei piccoli amici che mi festeggiavano...»

Venuto a Torino il 3 novembre, manifestò subito al suo buon consigliere ogni segreto dell'anima sua. Così « Don Cafasso, che da sei anni era mia guida, fu eziandio mio direttore spirituale; e se ho fatto qualche cosa di bene lo debbo a questo degno ecclesiastico, nelle cui mani riposi ogni mia deliberazione, ogni studio, ogni azione della mia vita ».

Il saggio maestro di spìrito cominciò ad inviarlo alle carceri a portar dei soccorsi ai prigionieri; ed enorme fu l'impressione che n'ebbe il futuro Apostolo della gioventù. « Chi sa, se questi giovinetti avessero fuori un amico che si prendesse cura di loro, li assistesse, li istruisse nella religione nei giorni festivi, chi sa che non possano tenersi lontani dalla rovina, o almeno diminuire il numero di coloro che tornano al carcere. Comunicai questo pensiero a don Cafasso, e col suo consiglio e co' suoi lumi mi son messo a studiare il modo di effettuarlo, abbandonando il tutto alla grazia di Dio, senza cui sono vani tutti gli sforzi degli uomini ».

L'inizio.

E venne l'ora, segnata da Dio, per dar principio all'Opera Salesiana.

« Appena entrato nel Convitto di San Francesco subito mi trovai una schiera di giovanetti che mi seguivano per i viali e per le piazze e nella stessa sacrestia della Chiesa dell'Istituto. Ma non poteva prendermi diretta cura di loro per mancanza di locale, Un lepido incidente porse occasione di tentare l'azione del progetto in favore dei giovinetti vaganti per le vie della città, specialmente quelli usciti dalle carceri... » L'8 dicembre 1841, mentre si vestiva per andare a dir Messa, vede maltrattato dal sacrestano un giovane sui quindici anni, garzoncello muratore. Subito fa richiamare quel poveretto, gli rivolge amorevoli parole, e lo prega ad attenderlo dopo Messa, quando, deposti i sacri paramenti, e detta un'Ave, gli fece una prima lezione di catechismo. « Quell'Ave Maria, diceva don Bosco 44 anni dopo, recitata con fervore insieme col giovinetto Bartolomeo Garelli, fu la sorgente di tutte le benedizioni che Maria SS. ottenne da Dio sull'Opera Salesiana ».

La domenica seguente, 12 dicembre, sei poveri fanciulli, condotti da Bartolomeo Garelli, e due altri raccomandati da Don Cafasso, ascoltavano attentamente il nuovo apostolo della gioventù che mostrava loro la via del paradiso« Don Cafasso già da parecchi anni, in tempo estivo, faceva ogni domenica un catechismo ai garzoni muratori in una stanzetta annessa alla sacrestia », e Don Bosco lo riprese sul finire di quell'anno. E il numero dei giovani crebbe sempre, in modo che in breve si potè formare tra loro una schola cantorum, che cominciò a prodursi, con grande edificazione del popolo, in varie chiese.

I « sogni» cominciavano ad avverarsi; l'Opera Salesiana era iniziata; e il Signore veniva accendendo sempre più del desiderio della perfezione l'anima del Fondatore.

Don Bosco era destinato dalla Provvidenza Divina a fondare un Istituto, che avrebbe consacrato tanta parte della sua attività anche nel campo delle Missioni Estere. Era quindi naturale che sentisse vivo il desiderio di ritirarsi dal mondo e insieme di consacrarsi alle Missioni Estere; e avvicinandosi la fine del terz'anno che era al Convitto e dovendo scegliere la sua parte di lavoro nel ministero sacerdotale, sentendo più vivo il desiderio della vita perfetta, chiese un consiglio decisivo a don Cafasso. Questi gli rispose di andare all'eremo di S. Ignazio sopra Lanzo ad implorare i lumi celesti con un corso di esercizi spirituali. Don Bosco ubbidì; ma perdurando il generoso pensiero e vedendo che don Cafasso non gli diceva ancora nulla di preciso, conscio della pace che trova chi si affida ad altri più saggio e ne segue umilmente il consiglio, si presentò al Beato -così narrava egli stesso ai suoi - come chi è deciso di partire.

E dove volete andare? gli chiese D. Cafasso. - A Pinerolo, tra gli Oblati di Maria Vergine!

- Abbandonate ogni idea di vocazione religiosa, gli disse il santo sacerdote; continuate la vostra opera a pro' della gioventù; questa è la volontà di Dio, e non altra!

E a facilitargli il modo di raggiungere la mèta, parlò col teol. Borel - altro grande amico e benefattore di Don Bosco - e gli ottenne preventivamente l'ufficio di cappellano o direttore spirituale dell'Ospedaletto di S. Filomena, che sorgeva allora dalle fondamenta per la carità inesauribile della Marchesa di Barolo. Là avrebbe avuto la sua dimora e là avrebbe trasferito l'Oratorio.

Nuove illustrazioni e fieri contrasti.

Ma era un passo difficile, questo, e grave di preoccupazioni! La seconda domenica di ottobre « doveva partecipare a' miei giovanetti, che l'Oratorio sarebbe stato trasferito in Valdocco. Ma l'incertezza del luogo, dei mezzi e delle persone, mi lasciava veramente sopra pensiero. La notte precedente andai a letto col cuore inquieto. In quella notte feci un nuovo « sogno », che lo occupò fino all'alba; e fu un'appendice di quello che aveva avuto nella casa paterna.

Tornò a vedere una moltitudine di capre, capretti, agnelli, pecore ed altri animali, ed « io voleva fuggire, quando una Signora, assai ben messa, mi fè cenno di seguire ed accompagnare quel gregge strano, mentr'Ella precedeva. Andammo vagabondi per varii siti: facemmo tre stazioni o fermate: ad ogni fermata, molti di quegli animali si cangiavano in agnelli, il cui numero andavasi ognor più ingrossando. Dopo aver molto camminato, mi trovai in un prato, dove quegli animali saltellavano e mangiavano insieme, senza che nessuno tentasse di mordere gli altri.

« Oppresso dalla stanchezza voleva sedermi accanto ad una strada vicina, ma la Pastorella m'invitò a continuare il cammino. Fatto ancor breve tratto di via, mi sono trovato in un vasto cortile con porticato attorno, alla cui estremità eravi una chiesa. Qui mi accorsi che quattro quinti di quegli animali erano diventati agnelli. Il loro numero poi divenne grandissimo. In quel momento sopraggiunsero parecchi pastorelli, che aumentavano e prendevano cura degli altri. Crescendo i pastorelli in gran numero, si divisero e andavano a raccogliere altri strani animali e guidarli in altri ovili.

« Io voleva andarmene, ma la Pastorella mi invitò a guardare al mezzodì. Guardando, vidi un campo in cui era stato seminato meliga, patale, cavoli, barbabietole, lattughe e molti atri erbaggi.

» - Guarda un'altra volta. mi disse. E guardai di nuovo, e vidi una stupenda ed alta chiesa. Un'orchestra, una musica istrumentale e vocale mi invitavano a cantar messa. Nell'interno di quella chiesa era una fascia bianca, in cui a caratteri cubitali stava scritto:

» - Hic DOMus MEA; INDE GLORIA MEA! »

E lasciò il Convitto e trasportò l'Oratorio al Rifugio, dove l'8 dicembre 1844 piangeva di commozione al vedere i suoi giovani raccolti per le pratiche di pietà in una cappella propria, improvvisata in due camere dell'Ospedaletto, e dedicata, d'accordo col teol. Borel e con Don Cafasso, a S. Francesco di Sales.

Ma non era quella la méta: era la prima tappa di una lunga via dolorosa; le difficoltà, infatti, non tardarono a moltiplicarsi e ad ingigantire! La Marchesa di Barolo vedeva malvolentieri che un suo cappellano si dedicasse tanto ai giovani, e gli proibì di adunarli più a lungo nella striscia di terreno che divide anche oggi l'Ospedaletto di S. Filomena dalla Piccola Casa della Divina Provvidenza.

Che fare? durante la quaresima del 1845 parte dei giovinetti assidui all'Oratorio, per mancanza di locale all'Ospedaletto, erano stati condotti per il catechismo alla Cappella del Cimitero di S. Pietro in Vincoli, dove da dieci anni non si facevano più seppellimenti - fuorchè in qualche tomba patrizia dai locali perpetui; - e la domenica 25 maggio, Don Bosco vi condusse tutti i suoi giovani. Anche di là fu cacciato e malamente; e non potè ottenere di tornarvi, non ostante i buoni uffici di Don Cafasso che, per il momento, avrebbe voluto vederlo nominato cappellano dopo la morte di don Tesio, per favorire « un'opera di grande gloria di Dio, qual è di radunare nei giorni festivi una quantità di ragazzi abbandonati onde istruirli e tenerli lontani dai pericoli. (1) «.

Mentre il buio si faceva sempre denso sull'avvenire dell'Oratorio, il Signore tornò a confortare Don Bosco con un'altra illustrazione.

Vide di nuovo la maestosa Signora, che gli si palesò chiaramente essere la Vergine Santa, la quale, incoraggiatolo a lavorare in mezzo alla gioventù, gli mostrò nuovamente nei brulli prati di Valdocco una chiesa modesta, piena di giovani e incapace di raccoglierli; poi un gran tempio, la futura Basilica di Maria Ausiliatrice. E conducendolo amorevolmente Ella stessa sul luogo dove questo doveva sorgere, solennemente gli disse:

- In questo luogo, dove i gloriosi martiri di Torino, Avventore ed Ottavio, soffrirono il loro martirio, su queste zolle che furono bagnate e santificate dal loro sangue, io voglio che Dio sia onorato in modo specialissimo.

(1) Lettera di D. Cafasso alla Contessa Bosco di Ruffino.

"Andate avanti !"

Come vivi lampi ripetuti in una notte oscura mostrano per un istante al pellegrino la via, ma, cessando, rendono ancor più densa l'oscurità, così le ripetute illustrazioni celesti per un istante riempivano di coraggio l'anima di Don Bosco, ma le difficoltà sempre crescenti, create anche dalla santa novità con cui esercitava il suo apostolato, tornavano a piombarlo nell'incertezza. Anche la sua umiltà lo rendeva perplesso. Ma aveva al fianco Don Cafasso, il quale, pieno dello spirito del Signore, nell'udire le accennate meraviglie:

- Andate pure avanti tuta conscientia --gli diceva - nel dar importanza a questi sogni, perchè giudico che ciò sia di maggior gloria di Dio e di bene delle anime!

E le contrarietà divennero tali che avrebbero abbattuto qualunque tempra, che non fosse in modo particolare assistita dal Signore: ed anche qui splendette l'alta missione di Don Cafasso.

Per i buoni uffici di questo Servo di Dio, l'Arcivescovo Mons. Fransoni interpose le sue raccomandazioni perchè l'Oratorio potesse trasferirsi nella Cappella di San Martino, presso i Molassi, o Molini di Dora, e l'ottenne; ma dopo due mesi, per il chiasso che i giovinetti facevano nelle vicinanze, e perchè « un ragazzo con la punta di un chiodino aveva fatto una breve riga sulle pareti! », Don Bosco era obbligato a sloggiare anche di là: e l'Oratorio divenne ambulante: oggi in un luogo, domenica in un altro... e si avvicinava l'inverno!

Per buona sorte si riuscì ad affittare alcune stanze, sempre in Valdocco, presso l'odierna chiesa succursale della parrocchia di Maria Ausiliatrice, e nel suo gran zelo Don Bosco vi iniziò le scuole serali, mentre le adunanze festive venivano necessariamente ridotte a un catechismo nel pomeriggio dei giorni festivi, preceduto e seguito dal canto di alcune lodi innanzi una statuetta della Madonna.

Senonchè quel nuovo genere di apostolato cominciò ad impensierire le autorità ecclesiastiche e civili... e il padrone stesso di casa Moretta,

I Parroci presero a lamentarsi che tanta gioventù - che non metteva piede in chiesa - frequentando l'Oratorio, veniva a formare una classe indipendente di parrocchiani, che non avrebbe mai conosciuto il proprio parroco. Il Municipio, e precisamente il Marchese di Cavour, Vicario di Città, o capo del potere urbano, Insospettì di quelle accolte giovanili, quasi fossero un covo rivoluzionario, le raccomandò alla vigilanza speciale della questura, chiamò a sé Don Bosco e, qualificandolo un pazzo, minacciò di farlo chiudere in prigione.

I Parroci, raccoltisi a conferenza, convennero che non era possibile provvedere un Oratorio in ogni parrocchia e incoraggiavano il Venerabile a continuare nell'opera sua, fino a nuova deliberazione. Ma il padrone di casa Moretta, seccato dei lamenti degl'inquilini, diede a Don Bosco lo sfratto.

« A mali estremi, estremi rimedi! » Si avvicinava la primavera e Don Bosco affittò, là presso, un pezzo di prato, dove all'aperto raccoglieva nelle feste i suoi giovani a giuocare e pregare. Questi, d'un tratto, salirono a quattrocento!

" Lasciatelo fare! „

Ma, proprio in quel tempo, anche vari sacerdoti, di fronte ad uno zelo così nuovo e intraprendente, avvicinavano Don Cafasso, sapendolo il confessore di Don Bosco, per dirgli che sarebbe stato un vero servizio reso alla Chiesa il segnar limiti al suo zelo. « Guai a noi e alla Chiesa, dicevano altri, se Don Bosco non è un prete secondo il cuor di Dio!... e lo sarà? » E Don Cafasso, calmo e sorridente, ascoltava le frequenti rimostranze; e invariabilmente, con tono grave e con accento profetico, rispondeva a tutti:

- Lasciatelo fare! Lasciatelo fare!

Ma non lo lasciarono fare i fratelli Filippi, padroni del prato, i quali, vedendo che tanti ragazzi, pur radunandovisi una volta la settimana, distruggevano perfino le radici dell'erba, condonandogli la pigione scaduta gli diedero la diffida, con l'intimazione di lasciar libero il prato. fra quindici giorni.

Povero Don Bosco! Nemmeno un palmo di terra all'aperto!

Ma durante quest'ultimo tratto della via dolorosa ebbe un'altra illustrazione celeste. Rivide la scena viva e parlante dell'Oratorio con le due Chiese, con i cortili pieni di giovani e un gran numero di preti e chierici che l'aiutavano: ed allora più che mai comprese che il Signore voleva che egli formasse anche un nuovo Istituto religioso, che sposasse gl'ideali che gli erano stati ripetutamente indicati e che aveva cominciato a mettere in pratica.

Il nuovo « sogno » trionfò di ogni sua incertezza e, mentre non aveva un palmo di terra, cominciò a dire a tutti che presto avrebbe avuto case, chiese, cortili e aiutanti ai suoi cenni. Fu creduto pazzo, e due distinti ecclesiastici, che lo amavano e stimavano, tentarono di condurlo al manicomio; ma non vi riuscirono. :Lo stesso teol. Borel per un istante temette egli pure dell'equilibrio delle sue facoltà mentali. Solo Don Cafasso continuava a dire a tutti:

- Lasciatelo fare; lasciatelo fare!...

E talvolta spiegava il suo pensiero:

- Anch'io, diceva, certe cose non le comprendo, ma sapendo che i santi non vanno giudicati umanamente, mi accontento di ammirare quanto fanno!

Così, con le frequenti illustrazioni e con l'appoggio di D. Cafasso, Iddio conduceva al principio della lunga via, che doveva percorrere, il Venerabile Fondatore dei Salesiani.

Per i poveri lebbrosi.

Il salesiano Don Raffaele Crippa, Cappellano del Lazzaretto di Caño de Loro (Colombia), ha lanciato un caloroso appello a tutti i buoni per condurre a termine la chiesa, dove i poveri infermi possano soddisfare alla loro divozione.

L'erezione fu iniziata parecchi anni fa dalla Giunta Igienica del Lebbrosario, poi per vari motivi venne sospesa; e si supplì celebrando le funzioni in una stanza, o in un corridoio della casa del cappellano.

Ma il numero di lebbrosi è cresciuto, e s'impone ogni giorno più il compimento dell'opera, che tornerà di grande sollievo morale al cuore di quegli infelici.

L'appello reca un'affettuosa commendatizia dell'Arcivescovo di Cartagena, nella cui giurisdizione sorge il lazzaretto.

I trionfi della Cooperazione Salesiana.

Se fossi poeta, vorrei cantare un inno al Cooperatore Salesiano, al terziario di Don Bosco.

Bene osservò il S. Padre Pio XI nel magnifico Breve inviato al IX Congresso Generale dei Cooperatori Salesiani in Buenos Ayres, con qual alto consiglio il Ven. D. Bosco abbia saputo istituire in aiuto alle sue opere e per l'attuazione del suo programma l'Unione dei Cooperatori Salesiani.

Quando, in una delle solenni adunanze generali del suddetto Congresso, si svolse il tema: « La missione del Cooperatore Salesiano », l'imponente assemblea scattava unanime, più volte, in calorosi applausi. Erano i Cooperatori Salesiani stessi, che si vedevano fotografati al vero e aderivano a quella pittura con tutta la pienezza del loro cuore.

Il Cooperatore Salesiano, quale terziario di Don Bosco, come lo diceva l'immortale Pio IX e, recentemente, il regnante Pio XI, è un salesiano nel secolo che s'investe dello stesso spirito di Don Bosco, ne abbraccia l'apostolato, ne segue gl'insegnamenti in famiglia, nell'impiego, nell'officina, nella scuola, in società. Così i Cooperatori formano un esercito di cuori illuminati, operosi, ardenti, che rivolgono le loro energie a salvezza della gioventù, a bene del popolo, a servizio della Chiesa, a edificazione della società.

Per questa vasta e persistente diffusione e penetrazione di attività dei Cooperatori in parecchie nazioni, si videro i principii stessi pedagogici cristiani del Ven. D. Bosco salire fino alle più alte scuole universitarie, entrare negli istituti educativi nazionali, nei riformatorii ufficiali dei minorenni corrigendi e nelle direttive stesse educativoscolastiche di Ministri della Pubblica Educazione e Istruzione. Si vide il moltiplicarsi d'iniziative per fondare Circoli, Oratori Festivi, Collegi per studenti e per artigiani e colonie agricole e altre istituzioni per la gioventù, e un crescente interessamento per tutto ciò che riguarda la Religione, specialmente le Missioni Cattoliche tra i selvaggi e gl'infedeli, e un fervore nuovo per coltivare nella gioventù le vocazioni ecclesiastiche, religiose e missionarie, e un nuovo zelo per l'apostolato della buona stampa, scolastica e popolare; si accese, insomma, uno zelo fervente per tradurre in opera tutti i santi ideali di Don Bosco.

Tutto questo udii nel suddetto Congresso e tutto questo è ampiamente attuato dagli zelanti Cooperatori e delle intraprendenti e pie Cooperatrici, ovunque ebbi il bene di trovarmi in questo mio viaggio d'azione salesiana nel Continente Americano, nell'Uruguay, nell'Argentina, nel Chilì, nel Perù, a Panamà, al Salvador, ed ora nel Messico.

Sono ormai sei mesi che mi trovo in viaggio in queste generose Repubbliche, visitando i Cooperatori, tenendo conferenze, adunando i fiorenti Comitati d'Azione, specialmente quelli delle Patronesse e Zelatrici Salesiane e delle Dame d'Onore di Maria Ausiliatrice: e debbo confessare che il Comitato Centrale di Torino « Pro Missioni Salesiane » e il Comitato Centrale Torinese delle Dame Patronesse delle Opere di Don Bosco, cui presiede con tanto zelo S. A. R. I. la Principessa Letizia di Savoia-Napoleone, possono andare ben lieti di questa vasta e potente organizzazione dei Cooperatori e delle Cooperatrici d'America, sempre pronta ad accogliere le loro direttive.

E, così, le Opere Salesiane crescono: Santuari, Cappelle, Istituti Educativi maschili e femminili, Colonie Agricole, Missioni, ecc.; mentre altre sono in corso d'attuazione ed altre in progetto di esecuzione non lontana.

Molti fatti, adunque, e non solo parole!

Mi dispiace di non poter discendere a particolari: mi ci vorrebbero dei volumi, perchè ogni Chiesa, ogni Casa... ha la sua storia gloriosa, con particolari edificantissimi e bene spesso con palese intervento del soprannaturale. Don Bosco lo aveva predetto: « Vedrete che sono i miracoli! r

Guardiamo le case di formazione di nuovo personale dei Salesiani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice! Ogni Ispettoria ha la sua. Il Noviziato salesiano del Centro America e Panamà, ad es., sorge sopra un ameno colle di S. Tecla nel Salvador, ad Ayagualo, a mille metri sul livello del mare, verso il Pacifico, in un clima invidiabile di permanente primavera tutto l'anno: e conta una novantina di aspiranti, alunni di ginnasio e una quarantina di chierici tra novizi e alunni di Filosofia e Teologia. Locali ampii, circondati da una vasta area, coltivata a servizio dell'Istituto. Come sorse e come si mantiene? Come gli altri Istituti Salesiani del genere: con l'obolo dei Cooperatori, del ricco e del povero, con fedele costanza.

Ed anch'esso, come molte altre Case Salesiane, ha una buona mamma Margherita. Una pia donna, modestissima, che in S. Tecla ha un negozio-bazar,, ne porta gli utili all'Istituto che visita frequentemente per provvederlo, da buona matrona, dì quanto occorre.

Questa buona signora, in pochi anni, ha dato all'Opera Salesiana un valore di trenta e più mila dollari, ed è pure la benefattrice del Seminario Vescovile locale e di altre Istituzioni. Provvidenza di Dio!

Egualmente fiorenti sono le case di formazione, che visitai nel Paraguay, nell'Argentina, nella cara Patagonia e nel Chilì: tutte rigurgitanti di aspiranti e di chierici e tutte mantenute dai Cooperatori Salesiani con edificante e cordiale organizzazione.

Pertanto, mentre mi unisco al S. Padre Pio XI nell'inneggiare al sapiente consiglio di Don Bosco che suscitò i Cooperatori Salesiani, mando un plauso riconoscente agli stessi Cooperatori e alle Cooperatrici per la mirabile loro attività nel rispondere così bene alla loro nobile missione.

Messico, 9 marzo 1925.

Sac. STEFANO TRIONE.

LE MISSIONI SALESIANE

Dal Matto Grosso. = Un grido di soccorso.

(Lettera del Soc. Antonio Colbacchini al Sig. Don Rinaldi).

(Senza data).

Rev.mo Sig. Don Rinaldi,

Una brutta notizia della nostra povera Missione del Matto Grosso! Ci preparavamo con tutta l'anima a festeggiare la festa dell'Assunta. Era la vigilia. Le campane, sonando a festa, ne avevano dato l'annunzio ai nostri neofiti; la modesta cappella aveva assunto le vesti delle solennità; un intreccio di fiori olezzanti, raccolti dai nostri piccoli alunni, adornavano l'altarino della Vergine; e tutti, uomini e donne, attendevano tranquillamente ai loro lavori, quando s'ode un rumore sordo e un crepitio strano...

« Fuoco nel villaggio! » fu il grido di angoscia che si sparse in un baleno: e tutti corsero a portare soccorso e a salvar quelle poche cose che formano il mobilio di una capanna bororo.

Ma, ahi! il vento allarga le fiamme e, in men che non si dice, son due, tre, cinque le capanne che ardono!

Non s'erano ancora appiccate le fiamme alla terza capanna, che si levò un altro grido: «Fuoco nella residenza dei Missionari!... » Al nuovo allarme gli indii abbandonarono le loro capanne in fiamme e corsero dove incominciava il nuovo incendio, che avrebbe fatto assai maggior danno, che nelle loro povere casette. Alcune scintille, portate dal vento, passando sopra altri tetti di paglia, erano andate a cadere all'estremo limite della colonia, proprio nella casa dove si dava ospitalità ai viaggiatori.

Si fa appena in tempo a mettere in salvo quel po' che vi è dentro; e le fiamme si appiccano al tetto dell'officina falegnami, fabbri ferrai e tessitori, e al deposito di macchine agricole ed attrezzi di vario genere, come telai, carrette, basti, ecc. E qui, dolorosamente, fu inutile ogni sforzo nostro e degli indii. Tutto fu preda delle fiamme. Il vento continuava a soffiare da sud a nord con maggior veemenza, e il fuoco divorò tutto senza tregua, benchè sempre combattuto, anche senza speranza di estinguerlo.

Frattanto un gruppo di indii corse a mettere in salvo quanto stava nel caseggiato che si stende da ovest ad est, dov'è il dormitorio dei ragazzi, con varie camere e il magazzino dei viveri e dei ferri da lavoro. Radunarono molte coperte da letto, e inzuppatele bene di acqua le stesero sopra i tetti. Guai se il vento avesse mutato direzione! Della colonia non rimarrebbero che pochi pali bruciacchiati, poichè di là le fiamme sarebbero passate alla casa delle Suore e all'altro braccio di capanne del villaggio; e, in tanta ampiezza, forse non avrebbero risparmiato nemmeno la cappella, nè la nostra casa centrale.

Gli indii, è doveroso rilevarlo, si comportarono egregiamente. Roberto Pregudan, senza badare al pericolo, correva di continuo come uno scoiattolo, dove maggiore era il bisogno, e dappertutto rintuzzava, come poteva, l'opera distruttrice del fuoco. Fu visto, più di una volta, in pericolo di cadere, perchè le travi cedevano, ed egli, mettendosi in salvo con un salto, si arrampicava senza indugio in altra parte. Era così intento nell'opera di salvataggio da parer un esaltato; non vedeva altro, non capiva altro, non trovava riposo; e quando fu inutile la sua opera sui tetti, cominciò a correre colle secchie per acqua, che gettava sulle fiamme, e così proseguì, febbrilmente, tutto il giorno.

Anche Tiago Marques Aipoburéu, che da giovanetto accompagnò Mons. Malan in Italia, mostrò tutto il suo coraggio ed il suo affetto per la Missione. Pensò subito a salvare quanto macchinario gli sarebbe stato possibile, ma la porta del deposito era chiusa a chiave: cercò di forzarla, e l'architrave, investito dal fuoco, cedette, e la porta insieme con un gran blocco di terriccio gli cadde addosso e l'avrebbe seppellito, se un compagno, visto il pericolo, non fosse corso a liberarlo.

A sera il fuoco aveva compiuto l'opera sua ; e il vento spirava ancora, e le scintille, staccantisi dai pali in brage, non ci lasciavano tranquilli. E noi, benchè stanchi, spossati e colla gola arsa per il calore, dovemmo proseguire fino a tarda notte a spegnere ogni tizzone per evitare nuovi pericoli.

Ma il Signore se con una mano ci colpì, coll'altra ci volle salvi. Non dovemmo lamentare neppur una vittima, e potemmo salvare la parte principale della colonia...

La causa dell'incendio?...

Un'imprudenza! Una giovane donna preparava qualche cosa da offrire al marito al ritorno dalla caccia. Acceso il fuoco più del necessario, vi sovrappose una pentola piena d'acqua; e godeva, godeva, nel veder salir alte le fiamme; ma queste troppo vicine alla parete di paglia, in men che non si dice, le diedero fuoco. Presa dalla paura, non chiamò soccorso, ma corse alla fontanella che è in mezzo alla piazza, per attingere acqua, e in quel mentre le fiamme si svilupparono, investendo la casetta.

In mezzo al grande trambusto, abbiamo anche ammirato la fede delle nostre Suore nella loro Madre, la Serva di Sio Suor Maria Mazzarello. Sulla strada, che divide la residenza delle due comunità, e precisamente sulla cerchia che chiude il loro terreno appesero il quadro della Serva di Dio, e l'invocarono a salvarle dalle fiamme; e il vento non cambiò direzione.

Anche i nostri neofiti ringraziarono di cuore la Madonna, celebrando la festa dell'Assunzione con maggior fede. La Comunione generale, la Messa e la benedizione solenne, tutto ebbe l'impronta di un inno di ringraziamento alla Vergine, che li volle salvi da maggiori pericoli.

Rev.mo Sig. Don Rinaldi, questa povera Colonia, la prima aperta fra i Bororos da Mons. Malan e dal caro Don Balzola, è, dunque, priva delle sue officine di fabbri ferrai, falegnami, tessitori, di tutto il macchinario agricolo, di varie case e capanne. Il danno, ingente in sè, è ancor più grande per noi, per le difficoltà che dovremo di nuovo affrontare per riattivare il tutto, giacché non basta aver i mezzi per riacquistare il macchinario, ma bisogna poi trasportarlo qua, a cinquecento chilometri da Cuyabà, senza mezzi di trasporto, attraverso a terre senza strade. Ed è necessario per il bene di queste anime!

Come faremo?

È questa, per il momento, la nostra maggiore preoccupazione; dico la maggiore, perchè, come avrà già saputo, si ebbe anche una visita poco gradita dei Cajamos, ma tutto si ridusse ad un po' di vandalismo nella casa delle piantagioni.

Oh!... dica, dica Lei, amatissimo Padre, una parolina ai nostri buoni Cooperatori, alle pietose Cooperatrici... una di quelle paroline che sanno giungere al loro cuore: e li assicuri che tutti, missionari e neofiti, sapremo essere grati coll'innalzare ogni giorno ferventi preghiere secondo le loro intenzioni più care.

Si degni Ella pure benedirci e mi abbia sempre

Suo umile figlio in C. J.

Sac. ANTONIO COLBACCHINI. Missionario Salesiano.

Le Figlie di Maria Ausiliatrice nell'India.

Ci scrivono da Tanjore:

Tra le occupazioni che abbiamo in questa Missione una delle più interessanti è la visita ai villaggi di questa estesissima Parrocchia; una settantina, sparsi qua e là, lontani fin venti e trenta miglia da Tanjore. Ve ne sono alcuni che hanno un buon numero di cristiani.

Le nostre gite si fanno sopra un carro tirato da buoi, i quali camminano come possono, malgrado il battere ed il gridare del conducente; e si arriva al villaggio dopo quattro, cinque, sei ore di viaggio, con le ossa peste a causa delle scosse causate dalla strada, seminata di alti e bassi continui. Arrivate a destinazione, si avrebbe bisogno di un po' di riposo per mettere a posto le ossa; ma bisogna cominciar subito a ricevere i numerosi cristiani, che corrono quando vedono arrivare il carro del Sami (Prete) che ben conoscono.

In visita ai villaggi.

La prima volta che si arriva fra loro, sono meravigliati e sorpresi di vedere che, invece del Sami, scendono suore. Però, venendo a sapere che siamo mandate dal Sami (e il suo carro è per loro la prova più convincente) e sapendo che siamo venute a visitare i loro ammalati, la sorpresa si cambia in confidenza e tutti ci vogliono dovunque vi siano ammalati da vedere, bambini che muoiono, persone che soffrono.

Sotto la guida del catechista, che ci accompagna, si visitano prima i casi più urgenti. Si incontrano scene degne di compassione. Troviamo poverini che soffrono da tanto tempo per mancanza di quel consiglio, di quella medicina, qualche volta molto semplice, che basta per curarli. L'olio di ricino, il chinino sono i rimedi principali della nostra farmacia portatile; abbiano, pure, acqua per il mal d'occhi, siringa per le orecchie, tintura di iodio, laudano, bismuto, percloruro di ferro, e unguenti di ogni specie per piaghe di ogni genere. La prima cura da farsi è sempre la pulizia, ne hanno tutti un gran bisogno; si usa, poi, qualche rimedio, secondo il caso, e si riesce quasi sempre con buon risultato. Gli indiani hanno gran fiducia nelle nostre medicine; quando ci vedono aprire la cassetta ed osservano tutti quei botticini, tutti ne vogliono, anche quelli che non son ammalati.

Curiamo i corpi, e ci occupiamo anche delle anime, sia coi cristiani, sia coi pagani, che hanno pure tanta fiducia nelle nostre medicine. Si parla di Dio, della Madonna; si fa un po' di catechismo, si apre il loro cuore alla fede e alla confidenza in Dio e nella Divina Provvidenza.

Spesso troviamo bambini che non sono fatti per vivere in questo mondo e diamo loro l'acqua della salute, aprendo loro così le porte del paradiso. Siamo sempre circondate da gente; vengono cristiani, vengono pagani, vengono maomettani; tutti voglion qualche cosa. Diamo immagini, rosari, medaglie; cerchiamo di contentarli tutti, quantunque non sia sempre possibile. Verso mezzogiorno, quando il caldo è estremo, ci fermiamo sotto qualche albero, apriamo il nostro canestro e prendiamo un po' di cibo. Gli indiani ci guardano un po' meravigliati, perchè alcuni credono che noi non mangiamo. Giunta la notte, ci ritiriamo nel nostro carro e, se vi è la cappella, vi entriamo. Sul carro prendiamo un po' di cena dal medesimo canestro, poi, dopo aver ringraziato il Signore della buona giornata concessaci, stendiamo sul suolo la nostra stuoia, una scatola od un sacco ci serve da cuscino, e cerchiamo di dormire. Di fuori, però, ci sono ancora gli indiani, che parlano ad alta voce, come sempre; alcuni dormono presso di noi, per essere i primi al mattino a condurci presso qualche ammalato.

Siamo già state una volta in tutti i villaggi; ed ora abbiamo ricominciato il giro.

Il primo villaggio che visitammo per la seconda volta fu Pullianattam. Sorge in mezzo a risaie e la strada, o meglio, il fosso per il quale vi si accede era ridotto a un canale abbastanza provvisto di acqua, di modo che, non potendo scorgere gli avvallamenti della strada, il proseguire era un'impresa abbastanza ardua. Ardua, ma non impossibile, quando si è spinti dal desiderio di fare un po' di bene. I buoi non temono molto le vie allagate e faticose; in parte vi sono abituati, e in parte spinti dal pungolo del carrettiere vanno avanti. Anche noi abbiamo fatta omai l'abitudine a questo genere di scosse così frequenti. I cristiani che incontrammo per istrada ci seguirono sino al villaggio, facendoci le più festose accoglienze, e ci dissero che desideravano molto il nostro arrivo, poichè, proprio in quei giorni, infieriva nel villaggio la febbre e quasi tutte le famiglie contavano degli ammalati. Per buona fortuna avevamo con noi una buona provvista di china! Cominciammo col visitare quelli che ci dissero essere più sofferenti; ci fermammo due giorni, facendo del nostro meglio per aiutare tutti, e Maria Ausiliatrice benedisse i nostri medicamenti perchè, prima che partissimo, la febbre aveva lasciato molti.

La bontà della Madonna.

Le nostre medicine nelle quali, come ho detto di sopra, gli indiani hanno fede illimitata, operano spesso, a detta loro, prodigi. Un pagano, secondo la mente di questi cari neri, era affetto da colera, poichè da due giorni aveva sforzi di vomito, dissenteria e tremiti convulsi. Tutti avevano ferma speranza che l'avremmo guarito. Andammo a vederlo; soffriva assai; avevamo con noi ben poco che facesse per il caso. Recitammo una fervida Ave Maria ed una Salve Regina alla nostra Madonna, e gli demmo quel poco che avevamo. Due ore dopo l'ammalato si alzò e venne a ringraziarci; stava già bene. Cosa sia stato quel male e come sia successa la guarigione così improvvisamente, non saprei definirlo. Questa l'attribuisco all'aiuto della Madonna. E non è un caso isolato.

Avvenne pure un fatto allarmante. Una donna, mentre strappava dell'erba, fu morsicata da un serpente alla mano destra. Il serpente era grosso e di una specie velenosissima: un cobra, così che nessuno sperava di salvarla. Ce la portarono svenuta, e anche noi vedendo il caso quasi disperato, ci raccomandammo anche questa volta alla Madonna. Confidando più nella potenza di Maria SS. che nell'efficacia dei contravveleni, allargammo la ferita per farne uscire il sangue, applicammo i contravveleni più potenti, e demmo alla povera paziente delle pillole speciali contro le morsicature dei serpenti. Anche questa volta il pericolo fu scongiurato e la povera donna fu salva. Maria Ausiliatrice, da vera madre, sembra compiacersi di moltiplicare questi casi per aumentare la fiducia di questi poveri indiani, non solo nelle medicine che ricevono, ma anche in Lei, cui non manchiamo d'ispirare confidenza ed amore.

" La vostra religione è difficile!"

Tutti desiderano, anche i pagani, di scambiare qualche parola con noi, e noi approfittiamo di questa cordialità e cerchiamo di far cadere il discorso su materia religiosa, poichè il nostro intento non è solo di portare medicine e curare i loro mali corporali; ma, e più ancora, di fare un po' di bene alle loro anime, immerse nell'idolatria. Alla cappella di Pullianattam dove sostammo, con quelli che abbisognavano di medicina e con i curiosi, sempre numerosi, vennero due giovinotti pagani, i quali, benchè avessero sulla fronte gli emblemi del dio Siva, ci salutarono alla maniera dei cristiani: « Sarvesuranuccu Tostiram » - « a Dio sia lode ». - Ci sorprese il loro modo di fare, e domandammo il perchè di quel saluto.

- Noi non siamo cristiani - ci risposero, - tuttavia veniamo sovente alla cappella ed abbiamo imparato a fare il segno di Croce e conosciamo qualcuna delle preghiere che dicono i cristiani.

- Questo va bene, ma non pensate mai seriamente alla salvezza dell'anima vostra? Non riflettete mai che adorate lo spirito dei male? Finchè servirete al demonio, non farete che del male all'anima vostra!... Perchè non rompete le catene, facendovi cristiani?

- La vostra religione è difficile; la nostra è più comoda. I cristiani non devono asserire il falso, non devono rubare... a noi invece tutto è lecito, possiamo soddisfarci in tutti i modi senza dispiacere al nostro dio.

- Sì, ma dopo morte voi andrete all'inferno col vostro demonio, a soffrire per sempre; e i buoni cristiani, invece, andranno in Paradiso, con il buon Dio a godere per sempre.

E la conversazione finì così; non risposero più; uno accusò mal di testa, l'altro mal di gola, e, presa la medicina, se ne andarono.

Chi sa che la nostra parola, avvalorata dalla grazia del Signore, non produca, a suo tempo, buoni frutti in quelle anime, ancora schiave di Satana!

Una difficoltà.

Ci prepariamo a fare la visita ad un altro villaggio e vi andiamo volentieri, malgrado la fatica, i sacrifizi e il caldo soffocante, poichè si può fare del bene a tante anime. Vorremmo andare spesso a vedere quei buoni e cari cristiani, lontani dalla chiesa e che ci ricevono tanto volentieri, ma vi è una difficoltà. Spesso non abbiamo le medicine necessarie da portare con noi. Quando vi andiamo dobbiamo distribuire in ogni villaggio almeno per lire 150 di medicine, poi ci sono i buoi da mantenere, il carrettiere da pagare, cosicchè spesso si deve rimandare la nostra visita per mancanza di mezzi. Voglia il Signore ispirare alle anime buone di venirci in aiuto:

Prendete sopra di voi, o buoni Cooperatori, in tutto o almeno in parte la visita di un villaggio: 150 LIRE. I villaggi sono 70, vi è posto per la carità di molte anime caritatevoli. Qui non si tratta di dare del pane a chi potrebbe forse guadagnarselo; ma di dare medicine a chi soffre. Se potessimo far vedere i bisogni che abbiamo, siamo sicuri che molti verrebbero in nostro soccorso. Le preghiere dei Missionari e quelle delle anime soccorse si innalzeranno al Cielo onnipotenti per i loro benefattori.

La Direttrice delle Figlie di Maria Ausiliatrice.

Quaranta giorni di escursioni nella regione di Indanza (Equatore).

(Relazione del Missionario Salesiano Don Carlo Crespi al Sig. Don Rinaldi(Vedi Bollettino di Aprile.).

Consolazioni apostoliche.

Verso sera arrivammo al colossale macigno bianco di trachite, che s'innalza in mezzo alla valle verdeggiante: i fianchi scoscesi impediscono lo sviluppo di piante: per questo fu battezzata « pietra bianca » tutta la località.

Qui, avendo avuta la fortuna di incontrare dei falegnami, che stavano tagliando assi alla foresta, in poco tempo si potè fabbricare ex novo una bella cappelletta con un divoto altare.

Pur troppo, i coloni che vengono all'Oriente, non sono stabili, alcuni sono vagabondi, cercati dalla Polizia; non rechi quindi meraviglia che Dio ricompensi le incredibili fatiche missionarie con conversioni di Indios, che da 20, 30 anni non s'erano riconciliati col sacerdote.

Terminate le messe, un giovinotto mi condusse nella foresta ai piedi di un albero gigantesco e: - Qui sotto ci sta il fratello di mio padre: - mi disse - preghi per il riposo eterno dell'anima sua.

Invano, dopo una fervorosa preghiera, potei tentare di strappargli il segreto della morte.

 - È un orribile fatto di sangue; mi disse il giovane; e piangeva, e non potei sapere altro.

Intanto la nostra escursione ai cristiani del distretto di Indanza era terminata.

In 15 giorni, a marcie forzate, sopportando disagi e pericoli non lievi potemmo riconciliare a Dio una cinquantina di cristiani! Frutto miserabile, impari ai sacrifici lo giudicherebbe un osservatore superficiale!

Che importa? È la pecorella smarrita che Dio ci ha imposto di cercare e la cercammo nel folto della foresta, lacerandoci le vesti, insanguinandoci le membra, felici di spargere qualche goccia di sangue per la sublime causa di Cristo!

Le vie del Signore.

Non tutto il male però viene per nuocere; le piogge continuarono con tal violenza, che assolutamente mi sarebbe stato impossibile il ritorno ed avrei dovuto rimanere senza celerare la S. Messa per mancanza di vino.

Risalendo il sentiero della Missione mi colpì il suono del tunduli, tronco di legno incavato che i Kibaros usano per dare i segnali e che si ode sino a 25 chilometri di distanza. Il suono monotono annunciava la presa del Natema; la mia visita quindi alle loro case sarebbe stata inutile, anzi pericolosa perchè in detta occasione si abbandonano alla più volgare ubbriachezza.

Passati, quindi, alcuni giorni con alcuni Kibaretti della casa nell'esplorazione delle foreste circostanti, in cerca sopratutto di legnami preziosi e di erbe médicinali, assoldati peones e guide meno timide, mi slanciai per la valle del Junganza, Chupianza, affluenti del Namangora.

Commovente incontro.

La prima notte .la passammo ancora tra i pochi coloni stabiliti alle origini del fiume tra le feste e la gioia più pura, preparando i loro animi alla divozione all'Ausiliatrice, la cui festa avremmo celebrata insieme, come ringraziamento, dopo l'escursione difficile alle Kibarie.

La mattina seguente, detta la S. Messa di buon ora, accompagnato da due robusti Kibaros, arrivammo alla Kibaria del Charupi.

Malgrado il tempo, perfido e piovoso, il venerando selvaggio si dimostrò di un'ospitalità veramente eccezionale.

- I Padri - diceva ai suoi figli - li manda Iddio. Essi sono come gli stregoni; gli stregoni però tengono nelle loro mani tutte le malattie, tutti i malefizi per gettarli sui poveri Kibaros e farli morire, mentre i Padri tengono tutte le benedizioni di Dio Quando essi vogliono, le malattie scappano; quando il tigre minaccia i porci, essi lo fanno fuggire; quando gli orti sono aridi, essi fanno nascere radici di mandioca grossissima; quando noi andiamo alla caccia, essi ci fanno incontrare molti porci selvatici.

E rivolgendosi a me: - Per questo, Padre, io ho dichiarato guerra a tutti gli stregoni, e voglio molto, ma molto bene ai Missionari! Vedi quante bellissime terre! Se vieni qua tu, te le regalo tutte. Ti faccio una bella casa, le mie donne ti regaleranno molta ciccia, e tu insegnerai ai miei figli a conoscere la moneta, a leggere, a scrivere.

Troppa grazia Sant'Antonio!

Mentre continuava la sua fervida arringa, le donne felicissime si apprestavano a porgermi la ciccia, frutto delle loro ributtanti masticazioni.

Infatti si presenta la più anziana e mi offre una tazza che poteva contenere 5 litri del bianco e saporito rinfresco.

La stanchezza grande e la sete orribile mi fecero rompere il riserbo, che generalmente tengo nell'accettare una bevanda tanto discussa, perchè tanto masticata, e feci un largo vuoto nell'ampia tazza. Non l'avessi mai fatto: dopo la prima donna si presenta la seconda con una tazza ancor più grande, quindi una terza ed una quarta.

E qual fu la mia sorpresa, quando, terminata la prima processione, ne incomincia un'altra con tazze ancor più ampie e ripiene di un'altra ciccia fatta colle frutta della palma « chonta », ciccia assai più saporita, ma carica di alcool. Allora mi feci coraggio e dissi al Charupi:

- Io sono contento e mi congratulo con te che tieni cuciniere una più valente dell'altra, e le voglio premiare con un bello specchio.

All'idea dello specchio a malincuore deposero le tazze: ed io mi ero liberato dal pericolo inevitabile di un'ubbriacatura.

I Padri pregano colle mani!

Intanto diedi subito ordine di preparare un bell'altarino per le preghiere della notte e per esporre una bella immagine dell'Ausiliatrice per attirarli ad un culto, sia pur rudimentale della dolcissima Madre.

Mentre alcuni si erano sparsi nella foresta per scegliere i più bei fiori, approfittai per cambiare le lastre della mia macchina fotografica.

Raccolto in un angolo della capanna, e coperte le mani e le braccia colla veste e con alcuni indumenti, con la massima circospezione lavoravo per caricare i chassis. Appena il venerando Charupi mi vide in posizione, impose il più rigoroso silenzio alle donne ed ai fanciulli.

- Silenzio, io lo so, sono vecchio: il Padre sta conversando con il suo Dio, sta pregando perchè i nostri porci ingrassino! Non bisogna disturbarlo.

- No, gli risposi io, possono parlare: sto lavorando colla macchina.

- Forse che sono un ragazzo? - mi rispose seccato. Non preghi tu forse colle mani nascoste sotto la veste?

E quando udiva il rumore dei vetri che si battevano uno contro l'altro diceva:

- Ecco come prega il Padre!

Qualunque spiegazione fu inutile: avrei dovuto sprecare delle ore per persuaderlo che si può pregare anche così, ma che lavoravo colla macchina:

- No, no: io lo so; io sono vecchio; voialtri, Padri, pregate molto, e non volete farlo sapere, per questo nascondete le mani.

Intanto l'altarino stava pronto, ma stava pronta anche la loro cena. Parlare di religione ai Kibaros prima di mangiare, è come gettare un pezzo di carne ad un cane e pretendere che non lo divori.

Innanzi all'Ausiliatrice.

Quando i miei merlotti furono ben pasciutii e ben bevuti e le donne pure avevano terminata la fabbricazione della ciccia, furono accese le candele dell'altarino, ed, intorno ad esso come cagnolini si accovacciarono i poveri figli delle tenebre.

Il primo catechismo nelle foreste ad una ventina di persone di tutte le età, di tutti i sessi, in una lingua non ancora scritta, rappresenta un arduo problema.

Estrassi dal petto il Crocifisso che Lei stesso mi aveva dato ai piedi dell'Ausiliatrice di Torino, e con le lagrime agli occhi narrai l'orribile storia di sangue di quell'emblema. Ad ognuno di essi faceva toccare i chiodi con cui l'avevano ammazzato i ladroni.

Immagini Lei, amatissimo Padre, che difficoltà insuperabili molte volte si provano nel far penetrare le più semplici narrazioni bibliche od evangeliche.

Qualche cosa, però, avevano compreso della spiegazione, e quando appesi all'altare il Crocifisso e li invitai a pregare con la massima devozione, tutti senza alcuna eccezione, mirando il Dio della Croce, si misero a ripetere quelle poche invocazioni che la Fede mi suggeriva.

Il segno della Croce.

L'insegnare il segno della Croce è qualche cosa di arduo. I Kibaros, così furbi e scaltri quando si tratta di ammazzare uomini e salvaggina, quando si tratta di religione si mostrano di una rudezza che pare impossibile. Coi bambini si conchiude qualche cosa: colle donne e con gli adulti poco più di nulla. Il Missionario fa il segno della croce, dieci, venti volte: lo fa ripetere ai catecumeni, ma le donne incominciano a ridere, gli uomini a parlar forte; uno lo fa colla destra, l'altro lo fa colla sinistra, uno incomincia dalle spalle, l'altro dal petto„ e molte volte si passano tre, quattro ore senza. neppur avere la soddisfazione di aver insegnato il più elementare atto di culto esterno. S'immagini poi Lei, amatissimo Padre, che cosa rimarrà di questa faticosissima Missione, quando il Missionario, ben difficilmente potrà passare e rinfrescarla prima di un anno!

La grazia di Dio, però, ha operato qualche cosa; spente le candele dell'altare, nell'oscurità della notte, al lume roseo di brage ardenti, ai piedi dei singoli letti, nella penombra si vedevano dei fanciulletti che insegnavano alle loro madri il segno della Croce, commentando magari con larghe risate le parole del Padre dette al Catechismo.

Non c'è da offendersi: il Kibaro ride sempre di tutto e di tutti, sopratutto quando ha la pancia piena.

(Continua)

Sac. Prof. CARLO CRESPI Missionario Salesiano.

Sulle sponde del Rio Negro (Brasile).

Ci facciamo un dovere di riportare un'interessante relazione di vita missionaria sulle sponde del Rio Negro in Brasile, pubblicata dopo un'intervista col Prefetto Apostolico Mons. Pietro Massa, nell'autorevole « Osservatore Romano » (Cfr. n. del 22 marzo u. s.).

... L'attivo Prefetto Apostolico è venuto in Italia per visitare il Santo Padre ed esporgli la situazione della sua vastissima Prefettura, poi per vedere dì reclutare Missionari, medici ed infermieri che occorrono all'esplicazione del suo Apostolato. E pare che sia riuscito ormai nel suo intento, perche ripartirà presto per l'America con una ventina di Missionari, Suore ed infermieri raccolti nelle file della Pia Società Salesiana, più alcuni medici avuti dall'Istituto Cattolico di Wurzburg di Baviera. Una piccola ed agguerrita spedizione di autentici colonizzatori... di Cristo!...

Le Amazonas.

Questa affidata alle cure di Mons. Massa, è forse la Missione più originale di tutte le altre. In essa infatti si deve constatate tutta la gamma della civiltà; dall'indigeno che fugge il consorzio umano e mangia magari i suoi simili, al civilizzato che conosce e pratica tutte le raffinatezze del progresso umano, dopo di aver compiuti i suoi studi nelle Università d'Europa ed apprese parecchie lingue.

- Pensi, mi dice sorridendo Monsignore, che un giorno ho trovato uno di questi ricchi giovani indiani, intento a leggere in italiano la Storia Universale di Cesare Cantù, giudicandola ed apprezzandola per quello che vale. C'è, insomma, di che rimaner sorpresi!

Fa piacere conoscere direttamente dati e notizie di queste terre lontane dove i nostri Missionari vanno a spargere i loro sudori, e imi pare che ciò serva meglio ad apprezzare l'importanza del problema missionario. Ecco alcuni dati interessanti.

Lo Stato delle Amazzoni ha una superficie di quasi due milioni di chilometri quadrati, ed è diviso in cinque Prelature e Prefetture ed una Diocesi. C'è una città moderna Manaos, che è come la Capitale. Conta circa 8o.ooo abitanti, e, per eleganza e progresso, può competere con le migliori nostre città europee.

La Prefettura del Rio Negro.

Restringiamo le nostre domande a quello che più riguarda direttamente Mons. Massa, ed egli ci risponde gentilmente.

La Prefettura del Rio Negro, creata nei 191o, venne affidata ai Salesiani nel 1915. Però essi non giunsero colà se non nel 1916. Il campo di lavoro era vastissimo ed il problema massimo consisteva nel trovare operai per tanta seminagione. Si tratta di una estensione di oltre 300.000 chilometri quadrati: un'altra Italia!

A questo punto la domanda era naturale:

- E gli indigeni sono adunque scomparsi del tutto?

Monsignore conosce bene uomini e cose, e mi può dare una risposta precisa:

- Ecco: le Amazzoni contavano un tempo oltre 350 tribù indigene, ma ormai non ne esisteranno forse 8o, alcune numerose, altre ridottissime per via delle malattie che mietono terribilmente, delle lotte ed anche delle persecuzioni scatenate dai bianchi, così detti civili. Nel Rio Negro avremo una ventina di tribù con una massa variabile tra i mille ed i quattro mila membri: come quelle dei Tucani, dei Macù, dei Piratapuia, dei Terani, dei Baniva, ecc. Alcune di queste tribù sono più o meno addomesticate in relazione al lavoro ed al contatto per ragioni commerciali che hanno coi civilizzati; altre invece, specialmente quelle che vivono nell'interno, sulle sponde dei grandi fiumi, si trovano in uno stato più selvaggio. Avvicinare costoro non è così facile, e non mancano i pericoli.

- Cosicchè i Salesiani sarebbero i primi dissodatori del vastissimo campo?

- No, prima dei figli di Don Bosco, già altri Missionari gettarono la loro buona semente: Così vi passarono i Mercedari, i Carmelitani, i Cappuccini: poi, o per vicende politiche o per gravi difficoltà locali, dovettero ritirarsi, lasciando però tracce non insensibili di civiltà cristiana.

- E l'azione governativa brasiliana? come si fa sentire su queste terre?

- Il territorio del Rio Negro è diviso in tre Municipi con le proprie autorità federali, statali e municipali. Così abbiamo il Municipio di Moura, di Barcellos, antica capitale delle Amazzoni, e di San Gabriele, attuale sede della Prefettura Apostolica. Il Governo fa quello che può per aiutare quelle lontane regioni, ma purtroppo le distanze immense - vi sono oltre quaranta giornate a cavallo dalla capitale della Repubblica - rendono forzatamente deficiente l'opera governativa. I Missionari bisogna che si accomodino alla meglio in tutti i sensi.

Il Rio Negro dal 1914 al 1919 attraversò una terribile crisi economica: lo spettro della fame ci si parò dinanzi, quando i Salesiani vi fecero il loro primo ingresso. La Provvidenza ci aiutò a superare il momento difficilissimo ed ora la regione si sta rapidamente rialzando mediante l'esportazione sopratutto di gomma, di balata da cui si estrae il caucciù, di castagne, di legnami finissimi da costruzione...

Azione Missionaria.

- Evidentemente in un terreno così vergine l'opera evangelizzatrice deve essere riuscita ben difficile.

- Certo: tuttavia la Provvidenza non ci ha abbandonato mai. Noi vi abbiamo trovato una dozzina di parrocchie abbandonate, senza un sacerdote, con cappelle, molte delle quali in rovina; e in dieci anni di lavoro, lento e faticoso, siamo riusciti ad ottenere benefizi e consolanti risultati morali e religiosi.

Abbiamo svolta la nostra attività in mezzo ai .civilizzati che sono molti: gente buona, docile, amante dell'istruzione, desiderosa di progresso e di fede.

Abbiamo cercato di ripristinare poco alla volta le antiche parrocchie, riassettare cappelle in rovina, aprire collegi, farmacie ed ospedali.

Così pure tra gli indigeni non ci limitiamo ai viaggi, ma stiamo fondando dei centri di missione; tra i Tucani abbiamo già un'opera di vera civiltà cristiana, con scuole, farmacia, insegnamento agricolo, ecc...

L'antica fede a poco a poco si riaccende; si è ritornati all'uso dei Sacramenti; la SS. Comunione che era stata del tutto dimenticata, si va ora ricevendo con sempre crescente progresso. Da 8o Comunioni distribuite nel 1916 siamo arrivati a più di 22.000 nell'anno passato.

- Monsignore, vuol dirmi quali opere attualmente maggiormente prosperano?

- In San Gabriele abbiamo una scuola agricola con 140 alunni, figli di civilizzati ed anche d'indigeni, la cui fusione coi civilizzati dà ottimo risultato. Un asilo con 8o bambine, diretto dalle Suore di Maria Ausiliatrice, che sono vere eroine di bene, e veri angeli tutelari della donna...

- E per la lotta per le malattie che fanno strage fra quella popolazione che cosa tentano di fare i nostri Missionari?

- E veramente la nostra maggiore preoccupazione, perchè da essa dipende il prosperare della Missione stessa.

Fin dal 1921 si fondò un dispensario gratuito di rimedi e consulti, che distribuì dal 1921 al 1924 ben 275.000 medicine.

Abbiamo Suore farmaciste e dentiste diplomate. Anzi ad accompagnare queste Suore andò un medico romano, il dott. prof. Carlo Brunetti, libero docente di patologia chirurgica a questa Università di Roma, il quale vi si fermò alcun tempo, eseguì molte operazioni e curò più di 580 ammalati.

Fu lui stesso che diede le più importanti nozioni di patologia tropicale alle Suore aiutandole a mettere su la farmacia ed il dispensario. Ritornò dal suo viaggio, entusiasmato del Rio Negro.

Abbiamo pure fondata nel 1921 una Casa centrale della Missione a Manaos, che attualmente conta più di 500 alunni.

Stiamo preparando pure i primi lavori per un altro Istituto a Barcellos, che avrà collegio, asilo di razze, ed anche un piccolo ospedale.

A San Gabriele l'ospedaletto ha 20 letti, è dotato di laboratorio d'analisi e di tutti i moderni apparecchi...

La marcia della civiltà.

- Cosicchè dietro la religione viene la civiltà. - Precisamente: lo dice la fondazione di alcune agenzie postali, che facilitano il commercio della regione. Ma c'è di più. La Missione fondò tre osservatori metereologici, che funzionano regolarmente, in comunicazione diretta coll'Osservatorio centrale di Rio Janeiro.

Questo fatto produsse l'ammirazione di una Commissione d'Ingegneri colombiani e svizzeri, che passarono pel Rio Negro e che rettificarono i loro strumenti servendosi dei nostri.

Abbiamo intenzione ora di fondare un piccolo Istituto Biologico per lo studio della flora e della fauna, quasi sconosciute.

Dopo i lavori del barone di Humboldt non vi sono stati più lavori o ricerche scientifiche nella regione, e noi vogliamo appunto accingerci, poco alla volta a dare alla scienza la contribuzione efficace, che del resto essa sempre ebbe dalla religione.

A quest'uopo, nel prossimo mese di maggio, porto con me uno scienziato per cominciare detti studi e ricerche.

Sto pure organizzando un paziente lavoro di esumazione degli archivi del Rio Negro per pubblicare i principali documenti storici di quest'immensa regione.

Vicino all'ospedaletto di San Gabriele si sta pure edificando una créche per bambini rachitici.

E bene a sapere che a San Gabriele abbiamo banda di musica con 28 suonatori; una piccola orchestra, esercizi militari con tiro a segno ecc...

I ragazzi e le bambine dànno ottimi risultati, ne abbiamo già mandati alcuni dei più buoni ed intelligenti a studiare nella Capitale di San Paulo, in nostri Collegi...

Le fatiche del Missionario.

Sulla porta dell'angusta stanzetta che ha udito i nostri conversari, Mons. Prefetto continua, buono e sorridente, a parlarmi di quanto passa laggiù nel suo campo di lavoro e nella rievocazione di cose e di avvenimenti sembra illuminarsi.

- Vuole un episodio tra i tanti della vita Missionaria. Eccolo:

Viaggiavo nell'altipiano dell'Araguaya, un gran fiume dalle acque fresche, limpide e cristalline. Arrivato a tarda ora di notte con un confratello e due indiani alle sponde del Rio das Mortes o Rio Manso, luogo infestato dai terribili serpenti sucurì, dei quali se ne vede un bell'esemplare nell'Esposizione Missionaria, lunghi 12, 14 e più metri, attaccai la mia rete, o amaca, da dormire tra due tronchi d'albero, nella foresta, sopra un gran cespuglio e dormii tutta la notte. Al Missionario stanco e spossato non fa più paura e non impressionano più i rumori notturni misteriosi e sordi che si sentono in mezzo alla foresta.

Alla mattina mi alzai e celebrata la Santa Messa quando si ritiravano le reti, quale non fu il mio terrore, scoprendo che aveva dormito sopra un nido di un terribile sucurì. Avrei potuto scomparire in quella notte, avvinto e stritolato dalle strette di quel mostro: e n'ebbi così grande terrore che ebbi l'impressione che i miei capelli si fossero repentinamente imbiancati... ».

Quam speciosi pedes evangelizantium!...

L'Orfanotrofio Salesiano di Ho=Si in Cina.

(Relazione del Missionario Don Carlo Braga al Sig. Don Rinaldi).

III (Cfr. Bollettino di aprile u. s.)

La festa di Maria Ausiliatrice.

28 Maggio! alba radiosa! cielo tersissimo! levata a suon di banda e fragoroso sparo di petardi. Messa della Comunione generale: i neofiti in banco distinto, raccolti, divoti, oggetto di attenzione e di invidia a molti. Ore 9, festa della pignatta. Alle io il collegio era gremito di gente; si ordinarono le file, bandiere al vento, fanfara, orfanelli in divisa, cristiani, catecumeni. S'invoca l'aiuto di Maria. Squillano le fanfare, rullano i tamburi: avanti! passa la nuova Cina: la Cina di Cristo e di Maria!...

Giunti all'approdo delle barche, veniamo informati che si era ripigliata la caccia ai portatori: non uno dei tanti uomini trepidò, non uno volse i passi indietro! Per buona sorte erano con noi Don Lareno e Don Foglio, che fecero da angeli custodi e tutelarono e strapparono una volta dalle mani dei soldati le pecorelle del nostro piccolo gregge fedele.

Mentre le barche, cariche di pellegrini, si cullavano sulle acque giallognole, si diè fiato alle trombe e voce al coro, e si cantò il Marinaio del Cardinal Cagliero, con parole cinesi. Sana e fresca poesia! Non erano le barche di Genezaret, ma lo stesso Gesù che animava, chiamava, evangelizzava quella gente che si muoveva guidata da un unico nocchiero: « Pietro ».

Raffiche improvvise di scirocco sballonzolavano le barche in modo impressionante; alcuni bimbi, estratta la corona, mormoravano « Ave Maria », altri animavano i barcaioli nella dura fatica.

Sbarcati e riordinato il corteo, si fece l'entrata in città. Ai primi clamori delle trombe, la gente scappava e si tappava in casa, chiudendo affrettatamente usci e finestre; i pizzicagnoli ritiravano in fretta le poche mercanzie, i rivenditori ambulanti trotterellavano verso un rifugio o infilavano il primo uscio aperto e si precipitavano nelle case altrui, accrescendo confusione e spavento. Poi, fattisi certi che non trattavasi di soldati, ma di innocui collegiali, il contrattempo alimentò la gioia e ravvivò l'entusiasmo, che si manifestò cordiale e gentile con lo sparo di numerosi petardi. Fu un trionfo!

La gente correva da tutti i vicoli laterali e si riversava tutta nella Tai-Kai (la via principale di Shiu Chow) in un pigia pigia, in un delirio indescrivibile. Stretti fra due fittissime ali dì popolo festante, sospinti, pigiati, acclamati, salutati, onorati da mille inchini, i nostri orfanelli, i derisi, i reietti, i trascurabili di ieri, avanzavano modesti umili, sorridenti, con lo sguardo fisso alla loro guida, ad una bandiera ondeggiante sopra la folla, sopra quel mare di teste, che portava scritto un nome: Maria!... la stella del mare, l'Ausiliatrice nostra.

Quando tra il rullo del tamburo e il suono delle fanfare si giunse alla residenza, il corteo era di un migliaio di persone. Si dovettero chiudere le porte, e fermare all'entrata più di 50o persone.

Mentre la bandiera di Maria varcava la soglia, come venne spontanea alle labbra l'invocazione: Janua Coeli, ora pro nobis! Oh! sì! Maria Ausiliatrice è anche in Cina - felix Coeli porta! - Come sospirammo il giorno, in cui potremo aprire ampie le porte a tutti, e non più fermare, per mancanza di spazio, di locale, le anime alla soglia.

Molti degli esclusi non si perdettero d'animo, ed attesero pazientemente circa due ore.

Don Guarona cantò la Messa solenne e disse, con cuore di figlio, con slancio d'apostolo, le lodi di Maria, Ausiliatrice. La Schola Cantorum eseguì, passabilmente, la bella e sonora Messa XIII a due voci dispari, i mottetti Gaudeamus, Dirigatur Domine del nostro D. Pagella, le antifone Virgo Parens Christi ed Inviolata in gregoriano; e per gl'inesperti cantori poteva bastare.

La cappella non potè contenere che una piccola parte degli intervenuti, gli altri assistevano alla funzione dall'orto, potendo seguire la cerimonie, guardando dalle finestre e dalla porta.

Quando, terminata la funzione e dileguatisi i curiosi, i nostri orfanelli si trovarono liberi del campo, non uno fece atto di uscire; si contesero, con delicatezza filiale, i posti più vicini all'altare della Madonna, proprio come le api, che si raggruppano attorno alla loro regina. Organizzarono così, la corte a Maria, si divisero in drappelli, ed a turno fecero la guardia d'onore alla Madonna. Poi ciascuno offrì a Maria l'omaggio, certo gradito, di una letterina in cui si prometteva l'emendamento di un difetto e l'acquisto di una virtù, ed eleggevano Maria per Madre e si consacravano al suo amore.

Come i soldati di Gedeone si erano chinati a bere l'acqua tersa del torrente Cisson, così i piccoli paggi di Maria s'erano abbeverati alla sua fonte purissima di grazie, prima di accingersi alla loro prima conquista di anime a Dio. Confortati dalla benedizione di Maria Ausiliatrice e da un'abbondante refezione, che la generosità del sig. Pro-Vicario aveva somministrata, si ripigliò la via del ritorno e si rinnovò l'entusiasmo, l'ammirazione, l'animazione del mattino. Altri spari, altre lietissime accoglienze! Persino un impiegato, protestante inglese, non potè resistere al suo tavolino di lavoro, mi corse incontro, mi strinse ripetutamente la mano e carezzò quell'ondata di balda e sana gioventù con gli occhi velati dalle lagrime.

Sbucati dal lungo viottolo che i cinesi chiamano pomposamente « Gran via », ed usciti in aperta campagna, sciolte le file, data quiete alle trombe, i ragazzi mi si strinsero tutti intorno e gridavano lieti: - « To cha Tien Chu! To cha Sin Mu » (Deo gratias et Mariae!) - e ne avevano tutte le ragioni!

Quei cari fanciulli erano contenti anche per una piccola e santa vendetta, che la Madonna s'era presa per loro. Innanzi la squadra, involontario spettatore del nostro ingresso in città era un maestro protestante, che abitualmente scherniva i nostri orfanelli per gli abiti dimessi e, sopratutto, perchè quotidianamente si lavavano i poveri cenci.

Incanalato fra le sponde di quella fiumana, non trovò via di liberarsene, fu sospinto sino all'uscio di casa nostra, e non poteva persuadersi che giovani dai piedi scalzi, dai vestiti dimessi, avessero conquistata tanta stima e tanto favore. Mentre i ragazzi, si scambiavano le impressioni e fomentavano il fervore, io percorrevo rapidamente col pensiero il molto cammino, che in poco tempo s'era compiuto.

L'ambiente intorno a noi era completamente mutato; da trascurati, da negletti eravamo balzati ai priori posti nella stima e nell'affetto di molti.

Due anni addietro nessuno ci conosceva. In città ed in campagna nessuno che ci salutasse, non una cordialità, non una parola amica; e se alcuno si curava di noi, ci ripeteva: - Muk-Su (ministro protestante) - che suonava insulto, minaccia, rimprovero, e sprone a non tardare d'un sol giorno il nostro lavoro, di non differire più oltre l'attuazione del nostro programma.

Oramai il nome di Sin-Fu è famigliare a tutti, è il saluto cristiano sulle labbra di molti; e cordialità, espansività, liete accoglienze ovunque. Ma quello che per me ha ancor oggi del misterioso, nonostante l'esperimento quotidiano, è il vedere i ragazzi d'ogni condizione sociale, al primo vederci, non spaventarsi, non adombrarsi, ma dirci un cordialissimo: - Sin Fu! - oppure un rispettoso: - Lao-Sin-Sang (vecchio maestro). --Spesso anche bimbi ingenui, portati in braccio o gettati come uno zaino dietro la schiena, dondolando ritmicamente il capo ci guardano, ci sorridono, si agitano, come se volessero volarci fra le braccia.

eccoci al fiume: la vecchia Ta tai, che ha già fatto il sacrificio di undici idoli ma non ha il coraggio di buttar nell'acqua le tavolette degli spiriti, ci attende ansiosa e spinge la barca con giovanile energia, scossa dallo squillare della fanfara.

Ritorniamo in collegio a riprendere lena per l'ultima operazione di guerra al diavolo, per l'ultima consolantissima impresa della giornata. Ristorati i giovani con una tazza di thè bollente, smuoviamo i passi verso il primo cascinale, distante un tiro di schioppo dalla nostra casa. Il sentiero stretto ed irregolare ci obbliga a camminare in fila indiana, ed avanziamo tra la salmodia del rosario e le note giulive della banda. Ci precedono saltellanti come cerbiatti gli alunni esterni, che ci indicano la via e sono fieri di ricevere per i primi la benedizione della Madonna.

I contadini sono ad attenderci sull'aia, i vecchi in gruppo e gli altri variamente atteggiati in un tutto armonico e pittoresco. Si entra a suon di musica, si fanno e si ricevono i complimenti d'uso, mentre le donne sono in faccende nel mettere ordine e nettezza nella sala centrale, e le bimbe sono affacendate a radunare i pulcini ed il pollame, che il rullio dei tamburi aveva dispersi e confusi.

Fatto rinnovare il consenso da tutti, si principia la funzione. Due cristiani dei più fervorosi ed intrepidi salgono all'altare, strappano dall'icona le iscrizioni superstiziose, tolgono dal centro la tavoletta degli avi, ripuliscono ogni cosa; poi si perlustra casa per casa, stambugio per stambugio, angolo per angolo, si lacerano le iscrizioni poste ai lati del focolare, si raduna il tutto, carta, assi celle, idoletti, tele rosse e vi si appiccica il fuoco, e i bimbi vi fanno attorno un chiasso indiavolato. Mentre il fuoco consuma tante nequizie, volgo lo sguardo attorno per leggere sul volto dei presenti i diversi stati d'animo. Nei più si vede fiorire la gioia più schietta, più sincera; in alcuno un senso indefinito di rimpianto; in altri un viso interrogativo come se volessero dire: - E poi che succederà? come l'andrà a finire?

Ripulito ed ornato l'altare, rinnovate le iscrizioni, tra lo sparo dei mortaretti, al suono della fanfara viene solennemente collocato al posto d'onore il quadro di Maria Ausiliatrice. Il momento è solenne e ognuno lo sente; una nuova vita incomincia per loro, tutti si prostrano e pregano: « Salve, Regina... ». « Ave Maria!... ».

Il coro è poderoso, nutrito; i bimbi cantano le lodi; poi silenzio, raccoglimento profondo. Salgo sopra uno sgabello di bambù, e parlo a quella gente parole di amore, di fede, di speranza, di conforto, di fiducia, di perseveranza.

Affidata alle cure di Maria quella, per più ragioni, sua nuova famiglia, tra ripetuti ringraziamenti, nella gioia più serena, non velata da nubi, si passò alla seconda tappa del nostro lavoro. Si ripetè l'istessa funzione, si consacrò il cascinale al castissimo Sposo di Maria, a San Giuseppe, e poi si mossero i passi verso il terzo rione, che si dedicò a San Francesco di Sales, sempre tra l'entusiasmo più vivo e con una turba di gente che ci seguiva estatica e meravigliata.

Uno splendido tramonto inondava con la sua luce dorata la vasta cerchia delle colline che fanno corona a Shiu Chow, e pensavo che erano i raggi della medesima luce che avvolgeva di splendori la statua che vigila dall'alto della cupola di Maria Ausiliatrice, che dalla medesima fonte di grazie scaturiva anche la conversione di questi poveri cinesi, ch'era il medesimo piede che faceva di Valdocco la terra di Maria e che schiacciava la testa al serpente dell'eresia e del paganesimo; ch'era sempre l'Immacolata che trionfava sulle venti e sui cuori.

(Continua)

SUO. CARLO BRAGA Missionario Salesiano.

A GLORIA DEL S. CUORE!

Ogni giorno fate vostra l'intenzione assegnata agli ascritti all'Apostolato della Preghiera e il so venerdì del mese, sacro al Cuore di Gesù, e il 24 sacro a Maria SS. Ausiliatrice, raccomandate anche l'intenzione speciale da noi proposta.

INTENZIONI PER IL MESE DI MAGGIO. Intenzione quotidiana: « LA PRATICA DELLA COMUNIONE FREQUENTE »

È desiderio di Gesù, - ci ripete la Chiesa, --che ci accostiamo alla Mensa Eucaristica OGNI GIORNO! E per la Comunione quotidiana non si richiede miglior preparazione di quanta ne esiga le Comunione annuale; perchè, oltre l'esser digiuni, si richiedono e bastano due cose: a) non aver l'anima in stato di colpa grave; b) accostarvisi con retta intenzione, cioè per corrispondere al fine di così Augusto Sacramento, che è dare perseveranza ai giusti, fervore ai tiepidi, ravvedimento ai peccatori, e a tutti l'amor di Dio in questa vita e il paradiso nell'altra.

Per il 1° venerdì e il 24 del mese. « IL VICARIATO APOSTOLICO DI SHIU-CHOw »,

La guerriglia, che da più anni tiene in armi e in allarme quelle popolazioni, è sempre un impedimento all'espansione della missione e all'attività di quei nostri Confratelli, i quali, tuttavia, vedono crescere il numero dei nuovi cristiani per grazia di Dio. Domandiamola più abbondante la grazia del Signore in questo mese consacrato alla Patrona delle Missioni Salesiane.

INTENZIONI PER IL MESE DI GIUGNO. Intenzione quotidiana.

« LA DEVOZIONE ALLO SPIRITO SANTO ».

Lo Spirito Santo è la terza persona della SS. Trinità, alla quale attribuiamo più specialmente l'illuminazione e la santificazione delle anime. Questa, iniziata nel cenacolo sugli Apostoli, continua non solo su tutta la Chiesa, particolarmente sul Romano Pontefice e sui sacri Pastori, ma anche sulle singole anime dei fedeli, ispirandole, indirizzandole e attraendole al bene. Quest'azione diverrà tanto più ampia ed efficace, quanto più le anime, convenientemente istruite e disposte, l'imploreranno esse stesse con fede. Preghiamo perchè si diffonda sempre più la devozione allo Spirito Santo.

Per il 1° venerdì e il 24 dei mese.

IL VICARIATO APOSTOLICO DEL KIMBERLEY (AUSTRALIA). »

Affidato ai Salesiani nel 1922, è una missione vasta, povera, scarsa di popolazione e, per altre ragioni, difficilissima. Ha bisogno, perciò, del miglior appoggio materiale e spirituale di quanti zelano l'incremento delle Missioni di Don Bosco.

Le meraviglie di Maria Ausiliatrice

ASSOCIAZIONE dei divoti di Maria Ausiliatrice.

Raccomandiamo a tutti di ascriversi e di procurare nuove ascrizioni all'Associazione dei Divoti di Maria Ausiliatrice, fondata dal Ven. Don Bosco ed elevata dal Sommo Pontefice Pio IX al grado di Arciconfraternita.

Agli ascritti si propongono due cose: Promuovere la gloria della Madre del Salvatore, per meritarsi la protezione di Lei in vita e particolarmente in punto di morte; e promuovere e dilatare la venerazione a Gesù Sacramentato.

Volete grazie da Maria Ausiliatrice?

* In primo luogo abbiate fede, PREGATE! Pregate Gesù in Sacramento, che è il centro di tutte le grazie, e Maria SS., che ne è la dispensatrice. Recitate PER NOVE GIORNI 3 PATER, AvE e GLORIA a Gesù Sacramentato, con la giaculatoria Sia lodato e ringraziato ogni momento il santissimo e divinissimo Sacramento, e 3 SALVE REGINA alla Madonna con la giaculatoria Maria, Auxilium Christianorum, ora pro nobis.

* In secondo luogo promettete di viver sempre in grazia di Dio, e nei giorni in cui fate le accennate preghiere accostatevi - una volta almeno - AI SS. SACRAMENTI DELLA CONFESSIONE e COMUNIONE.

* In terzo luogo ricordate la parola del Divin Salvatore: - Date e vi sarà dato. - Voi volete una grazia? Fate anche voi un'elemosina a vantaggio delle opere suscitate da Maria Ausiliatrice per l'educazione cristiana della gioventù e per la conversione di tanti popoli idolatri, SOCCORRETE LE OPERE SALESIANE.

Intenzioni di preghiere per il mese di Maria Ausiliatrice.

Durante il mese di Maria Ausiliatrice, ogni giorno i benemeriti Cooperatori e le pie e zelanti Cooperatrici vogliano espressamente ricordare nelle loro preghiere le intenzioni seguenti:

DAL 23 AL 26 APRILE.,- I bisogni particolari di tutte le Nazioni.

DAL 27 APRILE AL 3 MAGGIO. - Le Missioni. Cattoliche, particolarmente le Missioni Salesiane.

DAL 4 AL 10 MAGGIO. - Il Sommo Pontefice e i bisogni di Santa Chiesa.

DALL'11 AL 17 MAGGIO. - Le nostre opere giovanili e la vita cristiana dei nostri giovani.

DAI, 18 MAGGIO AL 31 MAGGIO. - LA CAUSA DI BEATIFICAZIONE DEL VEN. DON Bosco.

IL 25 MAGGIO. - I Cooperatori Salesiani e i Devoti di Maria Ausiliatrice defunti.

N. B. - Dovendosi quest'anno - e precisamente il 30 giugno - tenere a Roma la Congregazione Antipreparatoria sull'esame delle virtù del nostro Ven. Fondatore, avremmo caro che gli amici e i devoti del Venerabile facessero OGNI GIORNO per il buon esito della Causa una preghiera speciale.

GRAZIE E FAVORI (*)

La fede di una famiglia cristiana.

Da più che dieci anni questa famiglia - Urbani - ha fatto provvidenzialmente conoscenza con la Vergine Ausiliatrice e, da allora in poi, sempre, in modo palpabile ne esperimentò i benefici effetti nella forza e nella rassegnazione tra i dolori e nella provvidenza dei mezzi per vivere.

Più volte oppressi, ma fidenti, ripetemmo la novena consigliata dal Ven. don Bosco e inviammo tenui offerte, sempre meschinelle, perche poveretti e sempre sventurati, ma con tanto cuore! In questi ultimi tempi, per la nostra famiglia di crescenti sconforti, quante volte non intravedemmo risorse in alcun lato, che nell'opera, sempre efficace per noi, del caro nostro Don Bosco e dell'Ausiliatrice! La disperazione più nera ci minacciava in certe ore opprimenti, e, in un ebetismo desolante, ogni membro della famiglia, con sguardi languidi e frase unica, si domandava: « Come faremo? » E in buon punto, come a centro di concentrazione, ognuno si dirigeva a don Bosco e all'Ausiliatrice, e in comune accordo, rincorati, si ripeteva: « Confidiamo e preghiamo!... l'aiuto non tarderà! » E sempre così: e ancora così!

Quando ci stava per morire il babbo che per trent'anni fu il sostegno di noi tutti, si cominciò a venire a Torino in ispirito e a cercare da Maria Ausiliatrice la forza necessaria. E il caro babbo, benedicendo la desolata famiglia, promise aiuto, e sereno compì il sacrificio della vita.

La mamma e sette figliuoli, piangendo il babbo, si raccomandarono alla potente Ausiliatrice e si sottoposero rassegnati al peso della gran croce.

Era tempo di guerra ed il fratello maggiore dovè prestar servizio militare. Furono tre anni di trepidante attesa, perchè in casa era lui, questo fratello buono, tutta la speranza e l'appoggio! E, poveri noi, per tre anni militare, fu ferito e gravemente, perdette una mano, un occhio, ed ebbe ferite multiple alle coscie! Tre mesi in ospedali di campo, cinque all'Ospedale di Milano, poi la morte!. Andatolo più volte a trovare, quel caro figliuolo non aveva parole più rincuoranti di queste: « Io morrò; ma l'Ausiliatrice vivrà con voi e vi sorreggerà!... abbiate fede!... »

E la mamma e noi sorelle maggiori si restava in trepidazione per tre fratellini senza babbo e senza il fratello maggiore che sarebbe stato loro guida, e quante volte con essi ripetemmo: «Santa Ausiliatrice, prega e provvedi: nessuno di questa famiglia deve far torto al Signore e ai cari trapassati! »

E quei tre birichini furono salvi. Abbandonarono tutti la mamma piangente e vollero seguire più da vicino Cristo Gesù: due fra i Francescani, uno fra i Figli del Sacro Cuore di Verona, ed ora scrivono che sono felici e che ricordano D. Bosco e la Vergine Ausiliatrice.

Così la famiglia, senza alcun appoggio, si ridusse a tre sorelle e la mamma: ma don Bosco e l'Ausiliatrice provvedono perchè l'assistenza del Signore continui. Una di queste sorelle si ammala di gastrica e peritonite e, dopo interminabili iniezioni oleose, è colta da ascessi dolorosi e prolungati con febbre ed esaurimento, e in ultimo da etisia. Da vent'anni a ventiquattro quella ragazza è stesa su di un letto, quasi di continuo...

« Oh Santa Ausiliatrice! - si grida desolati - provvedi! » E le cure più costose, le premure più sollecite, un mese di Casa di salute costosissimo, e preghiere, e proteste, e novene... e quella giovane vita si spegne nel maggio 1924 ripetendo sul morire: « Confidate nell'Ausiliatrice, io vado a vederla, Le parlerò di voi, siate degni di Lei! ». L'avrà vista, speriamo, perche non finirono le croci!

La sorella minore, un mese dopo, si ammala ed è costretta a letto, per sofferenze e dolori, ed è portata all'ospedale, per due mesi eterni, lontana dalla mamma e dalla sorella, che frementi d'angoscia ripetono: « Santa Ausiliatrice! Don Bosco! pensateci voi!... » Un'ingente somma per le spese di operazione e le cure dell'ospedale,... e ritorna in famiglia. Da cinque mesi è di nuovo con noi e ancora non si regge da sola che pochi passi! Non sta male, ma così poco bene, che fa seriamente temere sieno malucci incurabili, e che una nuova giovinezza abbia a spegnersi presto!

Ma, Dio buono! chi è che infonde la speranza nel cuore della povera mamma, che tutto e tutti oramai ha sacrificato, sposo e figli? Sempre la cara Ausiliatrice e il Ven. Don Bosco! Pace e intrepidezza perseverante per la cara ammalata, rassegnazione e coraggio alla povera mamma.

E non finiscono qui i doni magnifici, fatti a noi dall'Ausiliatrice; questi i doni comuni, per tutti.

Mi resterebbe a dire di altri, molto più palpabili,. ricevuti dai singoli membri di famiglia, fatti rassicuranti l'aiuto e l'intervento potente di Don Bosco e della SS. Vergine. Tutti noi siam pronti a dire e ridire a quanti ce lo chiedano che Dio è sempre più mirabile nei suoi Santi!

Ne sia resa immensa e perpetua lode a questo Dio buono, alla SS. Vergine, al Ven. Don Bosco, che operarono meraviglie in tanti modi .e in modi tanto chiari.

Avevo promesso da tempo di scrivere sul Bollettino Salesiano qualche cosa che tornasse ad onore e gloria alla SS. Vergine e al caro Don Bosco. Ma come fare? Sono una povera ragazza di montagna, che non ho fatto che la terza classe elementare, una so che le persone dotte sanno appunto compatire l'altrui miseria.

Della mia narrazione si pubblichi sul Bollettino molto o poco come parrà meglio, magari anche nulla; io non ho che l'intenzione di rendere gloria in qualche modo alla divina assistenza celeste, che ci ha conservato la fede nel cuore, e di muovere altri cuori a confidare nel valido aiuto di Don Bosco e dell'Ausiliatrice, che non si pregano mai invano e non si lasciano vincere in generosità.

Per noi tutto il poco, che finanziariamente abbiamo, sarebbe poco offrirlo in omaggio e in ringraziamento; ma Dio buono non lo pretende, e accetterà, così com'è, la nostra tenue offerta di L. 50 in riconoscenza. Promettiamo, insieme, costanti preghiere, pur meschine, per le opere del Ven. Don Bosco e pel sempre più splendido culto alla SS. Vergine, e col cuore ci raccomandiamo - inalata e sane - (nonchè i fratelli lontani, perchè corrispondano ai doni grandi del Signore che li ha scelti fra mille a seguirlo così da vicino!) alle preghiere dei buoni, perchè dopo aver loda a la magnificenza celeste in terra, possiamo andare a goderla per sempre!

Sermogo (Sondrio), 12 febbraio 1925.

BETTINA URBANI fu CELESTE. COME È BUONA MARIA AUSILIATRICE! - Mia madre s'ammalò gravissimamente il 29 febbraio del corrente anno, con bronco-polmonite e pleurite e con una forte debolezza di cuore che le dava continui collassi, e data l'età un po' avanzata, i molti dispiaceri sofferti, i dottori temevano molto per lei.

Addoloratissima, e anche disperata, ricorsi a Maria SS. Ausiliatrice ed al Cuore Sacratissimo di Gesù, perchè come altre volte, mi concedessero la guarigione della mia mamma.

La SS. Vergine mi ha anche questa volta esaudita, ed io grata invio un'offerta per le Opere Salesiane.

Boccheggiano (Grosseto), 24 maggio 1924.

SANTI BIANCA.

RICONOSCENZA ETERNA! - Il 20 marzo dell'anno scorso il mio bimbo Mario ammalò. Dapprima, parve trattarsi di una leggera forma influenzale, poi sopraggiunsero fenomeni gravi di meningite. che ci piombarono nel più grande sgomento. Ma in quel terribile frangente ricorremmo, come sempre, alla Vergine Ausiliatrice e a Don Bosco e fumino consolati. Infatti dopo ancora pochi giorni di trepidazione il bimbo cominciò a migliorare e in capo a qualche settimana, perfettamente guarito, poteva riprendere i suoi studi ed essere felicemente promosso.

Maria Ausiliatrice e il Ven. Don Bosco, per una terza volta, lo hanno prodigiosamente salvato. E di innumerevoli altre grazie vado debitrice a questa buona Madre e al Ven. Don Bosco. La mia riconoscenza sarà eterna!

Faenza, 4 aprile 1924

ANNA GHETTI MASOLINI.

GRAZIE, VERGINE BENEDETTA! - Il bambino Gino Scarparo di Ricciotti, di anni 7, s'ammalò sui primi di questo anno di meningite-cerebrospinale. Visitato da parecchi professori, e fatta la radiografia, il caso fu dichiarato disperato, e al povero piccino furono dati pochi giorni di vita, mentre erano già 40 giorni che teneva il letto e lottava fra la vita e la morte.

Una nostra allieva andò a trovarlo ed appuntò alla sua carnicina una medaglia benedetta di M. Ausiliatrice, invocando con fede dalla potente Regina, la guarigione del piccolo Gino. Ed oh, potenza di Maria! Il bambino si riebbe e in pochi giorni scomparve il male che doveva portarlo alla tomba. I genitori riconoscenti inviano offerta di L. 1o ringraziando la taumaturga Ausiliatrice.

Livorno, 14-3-1925.

La Direttrice dell'Asilo Santo Spirito.

QUANTO È BUONA MARIA AUSILIATRICE! - Il mio bambino, credo, se non fosse di Maria Ausiliatrice, a quest'ora non l'avrei più.

I dottori dissero che per cattiva digestione era rimasto avvelenato nello stomaco. Stette più di due ore come morto cogli occhi spalancati. Non sapendo più che fare mi rivolsi subito a Maria Ausíliatrice, ed in breve tornò sereno e prese il sonno. Il giorno dopo era guarito perfettamente.

Lucy ROSA.

GRAZIE, o MARIA AUSILIATRICE! - Assai sofferente da più di un anno per gravi dolori al fegato, non potendo più continuare ad attendere a' miei lavori, mi fu giocoforza sottostare ad una grave operazione chirurgica, di esito incerto, all'estrazione di parecchi calcoli ed asportazione della vescica biliare, tutta involta in lunghe aderenze.

La Vergine SS., alla quale mi ero votata il 24 novembre u. s., condusse a buon esito l'operazione in modo che gli stessi sanitari ne fecero le meraviglie ed ora, come da promessa fatta, pubblico la grazia ricevuta, inviando la mia tenue offerta e supplicando questa buona Madre a voler continuarmi la sua efficace e materna protezione.

Tortino, Marzo 1925.

GIOVANNA ANSELMINO.

IL GIORNO DELL'ANNUNZIATA feci una caduta (ed ho 73 anni e son poco saldo con i miei poveri piedi) e così in malo modo, a corpo morto lungo disteso, da fracassarmi il cappello. Restai sbalordito soltanto, dallo spavento che durò 5 giorni. Oggi, 31 marzo, mi sento già un altro uomo. In coscienza io l'attribuisco a una visibile protezione di Maria Ausiliatrice e del Servo di Dio Don Bosco, pel quale vorrei anch'io portare un granellino alla sua glorificazione.

Gorizia 31-III-25.

ANTONIO MARCUZZI.

Ottennero pure grazie da Maria SS. Ausiliatrice e alcuni, pieni di riconoscenza, inviarono offerte per la celebrazione di Sante Messe di ringraziamento, per il Tempio erigendo a Gesù Adolescente e alla Sacra Famiglia, per le Missioni Salesiane, o per altre opere di Don Bosco, i seguenti:

A) - A. B,, A. M., Accini M. in Massa, Accordino T., Agosti M., Alberghina M., Aberti M., Alessandrina M., Allavena G., Alliod R., Allione C., Altieri S., Angeloni N., Angioni M., Angius L., Annioni C. in Bizzezero, Anselmi R., Antognoli I., Apostolo A., Ardemagni A., Arduino D., Arena M. in Marzullo, Armigliato A., Arnoldi C. Artavelli M. in Manzoni, Artisi G., Aschieri O., Assereto L., Avon G.

B) - B. G., B. AI., B. T., Bagini M., Bagnoli G., Bailo A., Balbi C., Baldi A., Balestri G., Baraldi T. in Perinetti, Barbieri E., Barbieri A., Barera d. A., Bassoli E., Battezzati L., Batzella E., Bauchero G. in Garibaldi, Baudino S., Bazzolo P., Beinat G., Bellagamba G., Belli P., Bellìngieri L., Bellintani I., Bellone C., in Bassette, Bellonzier M., Beltrami M., Beltrando C., Beltrando M., Berci A., Bergadano B., Bergamini M., Bernardotti A., Bertoldi M., Bertone L., Berton T., Besenva( C., Besso E., Bettarini Z. in Piccioli, Bevilacqua G., Benedetti G., Benuzzi A., Benzoni R., Bianchi D., Bianchi A., Bianchi P., Bianco b1., Biancorosso V., Biasan P,, Biffi A., Bigazio D., Bigotti G., Binda d. A., Bizzzanelli L., Blesi M. in Commiglione, Bodrito G., Bogliolo G., Boglione A., Bollati B., Bona G. in Panseri, Bonardi A., Bonetti A., Boni L., Bovini C., Bonino A., Bottarelli F., Brignone L., Brunelli E., Brunelli M., Bruno C., Bruno G. in Giaccardi, Brunetti O., Bruschini L., Bucelli can. A., Buccheri L., Buffa M., Bugata A. in Ferrarini, Bugliani D., Buoni M., Burri F., Buscaglione G., Bussolini A., Buzzolan G.

C) - C. C. in C., C. T., Caffaro M., Calcagno I., Calleri R. in Barale, Camillucci E., Canesa suor M. C., Canale suor M., Cannizzaro V., Canteri R. Canziani P., Capettini F. in Ponti, Capocchi L. in Dagoberto, Cappa L., Cappellari M., Carbone A. M. Carbonelli I. C., Carelli L., Carnara G., Carretto A. in Baitone, Carta E., Castellani A., Castello A., Cattaneo C., Cattaneo G., Cathieni M., Cavagnada V. in Trabucchi, Cavalieri C., Cavaliere E., Cazzolino M., Cecino M., Cencigh d. A., Cerra M. T., Ceschi A., Cheglio A., Chenal L., Chiappero L., Christille L., Cipriano A., Cocciolo A., Cocco ch. G., Cogarelli B. in Fiorentini, Coggiola P., Concina R.; Coniugi Bruno, Flerbst, Morandi, Regazzoni, Reviglio; Cooperatrice Salesiana di Cefalù, Corvaia E. in Tita, Costa B., Crosta A., Crosta L.

D) - D. N., D. P., Dagna A., Dalmazzo M., De Antonini L. in Andreis, Defilippi G., Delfino A., De Melo L. in Borca, De Paolini C., Desirello d. A., De Vecchi O., Dignatica C., Di Meio N., Di Somma A., Dispenza R., Dolce I.

E) - E. A., Enrico D.v Vicca, Espa A.

F) F. G., Fabbri N., Facchinelli F., Faggion R., Fagnoni M., Falcione T., Famiglie Baretta, Bassetti, D. M. C., Dani, Garoglio, Morbelli, Faganzio R., Farina A., Fedrigotti L., Fenoglio P. ved. Ribando, Ferrara A. in Barbosio, Ferrari C., Ferrare I., Ferrari M. in Fiorito, Ferraro M. in Bosio, Ferraro M., Ferreri E., Filippini L. in Grigna, Floriani A., Fontana B. in Graziano, Fontana V., Fosson F., Furlan A., Furlani I.

G) -. Gabrielli C., Gabutti G., Gagliasso G., Gallina d. G., Gamba E. in Miegge, Gandin M., Garibaldi G., Garizio R., Gasparotto C. in Rossato, Gasperini D., Gelo M. in Pezzoli, Gennari R., Gesù suor D., Ghirar delli C., Giachetti V., Giannini G. C.,, Giansiracusa I., Giglioli A., Gunva E., Gola M., Guarnieri E., Guerinoni P., Guidetto M.

J) - Jance G.

1) - I. C., Imarisio A.

L) - Laceranza G., Ladisa A,, Lai G., Laiolo G., Lama C., Lazzara F., Laurent j. Lega C., Legé M., Leone R., Levetto F., Lidi C., Lingua M., Littardi G. in Manessero, Longa C., Lovisolo T., Lucy R.

M) - M. B., M. C., Machet V., Maccocco A., Macconi C., Maffei D. in Borletti, Magnani C., Magrin V., Maia E., Malinverni E., Malugani L., Mandelli E. in Bogatti, Mangiarotti T. in Mocchi, Manzini E., Marchetto M., Marcolongo A., Maringoni D., Martinetto L., Martinis I. in Beltrame, Masias M. A., Massa B., Mazzo A., Melandri S., Melano M., Mele M. A. in Etzo, McLs F., Mencarelli F., Menossi N., Meriti M., Messina M., Mesturini G., Mettica A., Meynar(.li T., Micca A., Milanesi G., Minelli F., Miretti V., Modica R., Mogavero L., Moglia R., Molinari G., Molinari T., Molino M., Molino T. in Balbo, Mombelli R., Monferrino B., Monginì E., Montafia L., Montanaro C, in Feisoglio, Montanelli A., Montresoro A., Moreschitti C. in Zaffagni, Moresi M., retti M., Morini D. in Balzi, Morselli E., ISMorsiani A., Morsiani C., Mortola A., Mosagna M., Moschino A in Nai, Mossano O., Motta C., Motta F., Multi C., Mura cav. R., Muzio R.

N) - N. N. di Borgo S. Martino, Rivarolo Canavese e Vicenza, Naldoni F., Nardini P., Navoni E., Negri V., Negro G., Nilla G., Noussan.

O) - Occhiena E., Occhipinti E. in Biunda, Oglietti D., Oliveri A., Oliveri A. in Rossi, Olivero D., Olivero F., Olivero G. ed M., Oneto P., Ongaro G., Orefice M., Ornati B., Orlo G., Orio M., Osella T., Ossola F.

P) - P. C., Pace S., Pagani I., Paisan A., Palladini cont.ssa A., Palladino A., in Canessa, Pallanzona G., Valvati M., Panero L., Pani M., Parenti E., Parietti G., Parodi M., Parinello P., Pascut A., Pasini A., Pasotti A., Passera prof. d. F., Pastorelli A., Patrucco R., Pellegrini A., Pellegrini M., Pelleri C., Pellerino E , Perdomo F., Perelii G., Peresotti E., Peretti R., Perfumo A., Perinelii A., Perino T., Pernice cav. G., Pertile G., Perutelli, Peruzzini O., Petitti O., Petralli E., Petrina L., Petrina cav. avv. M., Peverati I., Piatti A., Pighetti G., Pina V., Pintus R., Piras G., Piro N., Piroddi N. in Corias, Pirovano G., Pistone, Pisu A. in Olla, Pitarelli S., Pizzorni R. ved. Minetti, Podestà R., Poggi R. in Santinoli, Poggio M., Poletti A., Poli G., Pontoni E., Pons A., Porello M. in Vico, Porro T., Porta L., Porta M., Poverini A., Pozzi M. in Gadda, Pozzo E., Prandi C. in Giordano, Pranzato M., Puppi A.

Q) - Quagliotti D., Quartino T.

R) - R. G., Ramandini F., Ramponi M. G., Rapetti G., Rapetti N., Matti R., Ravina R., Regazzi D., Reggianini M., Remondaz V., Peyneri C., Riba G. B., Riecardi L., Riccomagno T., Rigamonti P., Righetti V., Righi M., Rigola M. in Alluzzati, Rinaldi F., Rinaudo P., Rio S., Ripetta M., Rizzo M., Rodella N., Rognoni A., Rolla C., Ronco M. in Linati, Ronco T., Rossi in Candiani, Rossi C., Rossi G., Rossi M. R., Rovere P., Russo A., Rustici F. in Ciucci.

S) - Sachetto M., Sala C., Salsilli L. e G., Salvo I., Santancini M., Sangiovanni G., Santocono R., Sartori L. in Casetta, Sartoriggi M., Savio C., Sbaragli A., Scarparo G., Scavarda d. R„ Scavarda M., Schiaffino suor M. V., Scolari M. e Cabelli F., Scotti L. in Bolla, Scremin O., Siccardi C., Selva M. in Corti, Semino F., Serra A., Solari P., Solaro A., Solaroli Marchesa E., Sorelle Martinez, Beltramo, Sottimiano V., Spagnoli d. P., Spellanzon L. in Palù, Stefam d. C., Sterpi G., StignoniGuzzi, Storani C.

T) - Tambutto D., Tami L., Tardelli G., Tiboni C., Timossi G., Tomasini G., Tomassone G., Torazza G., Torchio T., Torchio E. ved. Fenoglio,'Torregrossa L., Tortorella A., Traini Battista, Trannero M., Travaglio M., Travani L., Tremasi L., Turco I.

U) - Uberti G., Uroda E.

V) - Vacchino M., Vacchino P. in Comotto, Valle L. in Novella, Valmacchino C., Vannello M., Vanni E., Vanni G., Vanotti C., Vassallo E., Vassella V., Vandagna A. in Cavalieri, Vernetti m. in Giubasso, Verri d. L., Vezzolli B. in Mazzotti, Vezzolli M. in Belli, Viano T., Vidoni O., Vielto G., Viganotti V., Viglino C., Vittorio E.

Z) - Zambelli B. in Munas, Zanchi P., Zampino D., Zanetta T„ Zanini L , Zearo G., Zehl A., Zerbini G., Ziggio d. G. B., Zola G., Zorzi A., Zucca T.

Basilica=Santuario di Maria SS.ma Ausiliatrice.

GIORNI FERIALI. -Messe dalle 4,3o alle 10. - Ore 6: Messa della Sezione Artigiani, Discorsino, Benedizione. - Ore 7,30: Messa, della Sezione Studenti. - 17: Canto di una lode, Predica, Benedizione. - 19,45: Rosario, Predica, Benedizione.

GIORNI FESTIVI (3, 10, 17, 21 maggio). - Messe dalle ore 4,30 alle 11,30. - Ore 6,30: Messa della Sezione Artigiani. - Ore 7,30: Messa della Sezione Studenti. - Ore 9,30: Messa solenne. - Ore 15,15: Rosario, Predica, Benedizione. Ore 17: Vespri, Predica, Litanie e Benedizione solenne.

ORATORI: ore 6,3o rev. Don Bernardo Savarè, Salesiano. - Ore 17 rev. Dott. Don Giov. Battista Calvi, Sales. - Ore 2o (e 2a funzione pom. giorni festivi) rev. don Giovanni Zerollo di Genova.

VENERDI 15 MAGGIO. - Comincia la Novena: Messe fino alle 10,30.

DOMENICA 17 MAGGIO. - Ore 8: Pellegrinaggio degli Oratori festivi e Circoli giovanili salesiani. - Ore 15,30: Adorazione predicata per le Figlie di Maria e le Oratoriane.

24-26 MAGGIO. - Corte di Maria.

SABATO 23 MAGGIO. - Vigilia della Solennità di Maria SS. Ausiliatrice. --- Ore 7,15: Messa di Sua Ecc. Reverendissima Mons. Giov. Battista Pinardi, Vescovo Tit. di Eudossiade. - Ore 17: Primi Vespri pontificali, Discorso e Benedizione solenne. - Ore 2o: Magnificat, Predica, e Benedizione. - Illuminazione e concerto.

NB. - Il Santuario rimane aperto per la Veglia Santa. Alle ore 22,15: Ora di adorazione predicata, Magnificat, Supplica a Maria SS. Ausiliatrice. Recita del Santo Rosario.

DOMENICA 24 MAGGIO. - SOLENNITÀ DI MARIA SS. AUSILIATRICE. - Messe dalle 0,30 alle 13. - Ore 6,30: Messa del rev.mo Don Rinaldi, Rettor Maggiore dei Salesiani. - Ore 7,15: Messa di S. E. R. Mons. Giuseppe Gamba, Arcivescovo di Torino. - Ore io: Messa Pontificale, Panegirico detto dal rev. Don G. Zerollo. - Ore 16: Rosario, Discorso del rev. Don Calvi, Benedizione pontificale. - Ore 18,30: Secondi Vespri pontificali; Processione; Benedizione col SS. Sacramento, impartita dall' Ecc. Mons. Arcivescovo. Illuminazione e concerto.

25-30 MAGGIO. - Mattino: Benedizione solenne. - Alle ore 20, Predica, ecc. come nel mese.

DOMENICA 31 MAGGIO - Solennità di Pentecoste. Chiusura delle feste. - Ore 7,15: Messa celebrata da S. E. Rev.ma Mons. Costanzo Castrale, Vescovo tit. di Gaza. - Ore 9,30: Messa solenne. - 16,30: Vespri solenni, Conferenza Salesiana. - Te Deum e Benedizione pontificale.

AZIONE SALESIANA

Pro Missioni Salesiane.

h davvero consolante il movimento di propaganda che si compie in Italia e all'Estero per le Missioni Salesiane. Da varie parti ci giungono notizie e ragguagli: sono allievi, ex-allievi e cooperatori che, ispirandosi alle direttive del Comitato Centrale di Torino, vanno diffondendo in mezzo al popolo la conoscenza e i bisogni delle Missioni Salesiane. Ottimo augurio per la celebrazione del cinquantenario che s'inizierà prossimamente.

Ricordiamo la conferenza tenutasi a Cremona da Mons. Lombardi, che rievocò, eloquentissimo, quanto vide co' propri occhi nel lungo viaggio compiuto nelle repubbliche del Sud-America - e quelle dei nostri propagandisti don Evasio Spriano nel salone fiorentino a Firenze, a chiusura di un ciclo di conferenze promosse dagli ex-allievi e dai cooperatori - e dal dott. Don Antonio Fasulo a Napoli nel R. Politeama, a. cura di un eletto comitato, al quale aderirono, con altre illustri personalità, anche S. E. il Cardinale Arcivescovo, il R. Commissario on. Geramicca e il Comm. Castelli, prefetto della provincia.

Don Fasulo ha visitato varie altre città e paesi del napoletano, e dovunque .ha tenuto conferenze missionarie riuscitissime. Ricordiamo quelle che si svolsero a Resina, Cava dei Tirreni, Castellamare di Stabia, Canosa, Melfi, Maddaloni, Caserta, Bari, Corigliano d'Otranto e Sansevero...; e dall'intimo del cuore rinnoviamo i più vivi ringraziamenti alle Autorità Governative, Civili ed Ecclesiastiche, che le onorarono del loro appoggio e del loro intervento, e a quanti cooperarono alla buona riuscita.

Convegni d'azione salesiana.

Meritano, poi, un rilievo particolare i Convegni d'azione salesiana, che si svolsero a Caserta, Napoli, Bari, Corigliano d'Otranto e Sansevero... Centinaia di decurioni, presieduti dai veneratissini loro Pastori, ebbero la bontà d'intrattenersi sull'azione salesiana, sui doveri che assume un decurione e un direttore diocesano, sul modo di formare in sè e negli altri lo spirito del Ven. Don Bosco, sui mezzi e sui vantaggi della diffusione del culto di Maria SS. Ausiliatrice, e sul Cinquantenario delle Missioni Salesiane.

A ricordo dell'entusiasmo che regnò in ogni convegno, riferiamo le parole dell'E.mo Card. Ascalesi, Arcivescovo di Napoli. Sua Eminenza si compiacque nel vedere tanti zelanti sacerdoti e prelati convenuti nella Metropoli del Mezzogiorno per attingere alla pura sorgente del Ven. Don Bosco lo spirito d'azione per salvare le anime nel momento storico che attraversa la Società. « Don Bosco, disse l'Eminente Pastore, lo si deve considerare come il continuatore dell'opera di S. Alfonso, che istituì a suo tempo Cappelle serotine e Congregazioni di spirito per la salvezza della gioventù. Noi, perciò, dobbiamo aiutare efficacemente lo sviluppo dell'Opera Salesiana. Nè vi sembri un fuor d'opera questo consiglio, perchè io ricordo che quando in Piemonte si sviluppò l'opera del Ven. D. Bosco, crebbero in tutti i Seminari le vocazioni sacerdotali, ed io son certo che anche nelle nostre città avremo maggior numero di apostoli che ricondurranno nelle anime la luce e la grazia di Gesù Cristo ».

E tutti i convenuti con telegrammi pieni di affettuoso interessamento espressero il loro proposito di attiva propaganda salesiana al sig. Don Rinaldi, il quale, a mezzo nostro, vuole rinnovata ad essi l'espressione della più viva riconoscenza.

NOTIZIE VARIE

ITALIA.

* ROMA. - II, PELLEGRINAGGIO DI FRASCATI.

- Merita, per noi, un cenno speciale. Il 22 marzo il Santo Padre riceveva in solenne udienza i pellegrini della diocesi di Frascati che si recarono in massa alla visita delle Basiliche, con a capo l'E.mo Card. Cagliero.

Stante il loro numero ingente di circa cinquemila, l'udienza ebbe luogo in due gruppi, il primo nella Sala ducale, dove erano riunite le Associazioni e gli istituti femminili, e l'altro nell'Aula delle Beatificazioni, per la prima volta riaperta al pubblico dopo i recenti restauri, eseguiti per munificenza del Santo Padre.

Sua Em.za il Card. Cagliero, Vescovo diocesano, con brevi parole presentò a Sua Santità le Associazioni raccolte nella Sala, esprimendo la sua gioia nel poter rendere testimonianza al Santo Padre del fervore di pietà col quale esse, come tutti i fedeli della sua diocesi, si erano preparati a partecipare ai tesori spirituali del Santo Giubileo, e del desiderio ardentissimo col quale attendevano dal Vicario di Gesù Cristo la Benedizione Apostolica che servisse di conferma ai generosi propositi.

Il Santo Padre rispondeva manifestando la profonda, squisita gioia che provava il suo cuore nel vedere tanti figli venuti nella Casa del Padre comune per salutarlo, felice di vedere in essi il fiore dei presente e le speranze per l'avvenire di Frascati. Con graziose parole osservava anche come si trovava bene in mezzo a loro il Cardinale Cagliero, che pur nella sua veneranda età rappresentava una primavera per il vigore della vita e l'energia dell'azione. E a tutti impartiva l'Apostolica Benedizione. Quindi Sua Santità si recava all'Aula delle Beatificazioni, e salito nel vestibolo in sedia gestatoria, attraversava la vastissima sala, mentre i pellegrini che l'affollavano prorompevano al suo passaggio in incessanti applausi.

L'E.mo Cardinale pronunciò un nuovo discorso: ricordando a Sua Santità come la Diocesi di Frascati, per essere più vicina a Roma, più vivamente anelava al momento di potersi prostrare ai piedi del Vicario di Gesù Cristo, tornava ad esprimere i sentimenti di fede e i voti filiali dei suoi diocesani.

Il Santo Padre rispondeva ai dilettissimi figli della bella e cara vicina Frascati, che davvero essi gli avevano preparato uno spettacolo magnifico e tale da riempire il Suo cuore delle più squisite consolazioni. Soggiungeva che aveva già benedetto molti pellegrinaggi, ma quello di Frascati era certamente al primo posto, era il pellegrinaggio più importante, tanto per la grandezza del numero, quanto per quel pio e composto atteggiamento che è indice sicuro della profonda ed intima pietà dell'animo.

Con un senso, perciò, di piena verità e bellezza il Santo Padre poteva dire evviva a Frascati e compiacersi della nobiltà di sentimenti dei fedeli di quella cara Diocesi, i quali ben dimostravano, come, pur essendo fieri di abitare dove tante gloriose memorie aleggiano intorno alle ville di Cicerone e di Catone, sentono una gloria e un conforto anche maggiore nel conoscere le verità cristiane, nell'assaporare tutte le dolcezze della vita cristiana. E raccomandava ai pellegrini la perseveranza nella preghiera, perchè solo chi sa pregare è uomo perfetto, e la perseveranza nella pratica dei Sacramenti, perchè preghiera e Sacramenti sono il filo d'oro che tiene l'anima unita a Dio.

Quindi aveva parole affettuosissime per Frascati, dicendo tutta la consolazione che i pellegrin i di quella Diocesi avevano portato al suo cuore e ricordava come spesso, nelle quotidiane passeggiate nei giardini del Palazzo Vaticano, si ferma a guardare sui colli laziali Frascati candida e bella, adagiata sulla verdeggiante collina, e dì là manda alla bella cittadina la sua Benedizione, realizzando così con quei suoi cari figliuoli quella intima unione, quella continua comunanza dei cuori nel nome di Dio che è una delle più care consolazioni dell'animo cristiano.

Il Santo Padre raccomandò, e con viva premura, la mutua edificazione, il buon esempio della vita irreprensibilmente cristiana, la partecipazione a tutte le opere buone, specialmente alle organizzazioni dell'azione cattolica; in fine implorava e su tutti e su ciascuno dei presenti l'Apostolica Benedizione.

Non avendo potuto distribuire di persona, dato il numero ingente dei pellegrini, la medaglia commemorativa dell'Anno Santo, Sua Santità ne faceva consegnare una quantità sufficiente all'Emo Cardinale Vescovo, incaricandolo della distribuzione.

- Il 14 aprile il S. Padre si degnava di ricevere in udienza nella Sala Clementina anche i Superiori e gli alunni del Collegio Convitto Salesiano di Villa Sora in Frascati, accorsi a Roma per l'acquisto del Giubileo. Sua Santità porse a ciascuno a baciare la mano e distribuì la medaglia commemorativa dell'Anno Santo, benedicendo a tutti con parole di paterna bontà.

* NELL'ORATORIo SALESIANO DI FIuME si sono inaugurate le nuove sale dei Circoli Giovanili Don Michele Rua e San Tarcìsio, e un nuovo e vasto campo sportivo. Alla giornata, piena di entusiasmo, parteciparono in folla, insieme con i numerosi fanciulli e giovani dell'Oratorio, gli abitanti del rione di Via Trieste, molti invitati, e le Autorità.

La festa s'iniziò con la Messa della Comunione generale, celebrata da S. E. Mons. Sain, nella quale oltre trecento giovani si accostarono alla SS. Eucarestia con pietà edificante. Alle 10,30 ebbe luogo la Messa solenne con assistenza pontificale; quindi S. E. Mons. Sain, in abiti pontificali, si recò nelle belle e vaste sale per benedirle; e le paterne parole del venerato Pastore ebbero eco in tutti i cuori.

Nel pomeriggio la Banda del 26° Reggimento di Fanteria, gentilmente concessa, nel cortile dell'Oratorio, pavesato a festa, con bandiere e festoni di edera e di alloro, eseguì un attraente concerto, durante il quale la squadra calcistica dell'Oratorio e quella del 26° Fanteria inauguravano il nuovo Campo sportivo. Seguì il ricevimento delle Autorità, tra gli evviva dei giovani e della folla che gremiva il cortile; e, dopo la visita dei locali, un breve trattenimento nel teatrino. A notte una beltà illuminazione a lampadine elettriche alla facciata dell'Oratorio, con un grande stellone visibile da ogni punto della città, additava a tutti i Fiumani il luogo dove i Figli di Don Bosco attendono all'educazione cristiana dei loro figli.

* L'ISTITUTO SALESIANO DEL REDENTORE, che a Bari compie un benefico apostolato di carità per tanti fanciulli, ebbe, recentemente, la visita del Presidente della Commissione Reale per la Provincia, On. Pugliese, e dell'On. Marino, del Segretario generale dell'Amministrazione provinciale, del Commissario Prefettizio, del Segretario generale del Comune, e dell'Ingegnere Capo dell'Ufficio Tecnico, accolti dalla Presidente del Comitato dell'Istituto contessa Casale y Figoroa, dal Direttore e da tutto il personale insegnante.

La banda intonò l'Inno Reale e i piccoli orfani applaudirono vivamente gli illustri visitatori. Il Direttore, ringraziatili della visita, spiegò gli scopi che intende svolgere l'Istituto, ricordando conce fosse stato necessario ampliare i locali e impiantare nuovi corsi professionali per l'accresciuto numero dei piccoli ricoverati, che ammontano ora a 263. « Abbiamo voluto che insieme agli alunni che si incamminano per gli studi classici, vi fossero quelli che imparassero nelle nostre officine un mestiere. Così oltre ai reparti di sartoria e calzoleria, abbiamo ora istituite le officine meccaniche e le officine per elettrotecnici. Per far ciò, naturalmente, è stato necessario fare dei debiti. Ma la fede ci sorregge e noi siamo certi che i debiti saranno presto pagati... Noi confidiamo anche nel generoso concorso della Provincia e del Comune, che certo non potrà mancare... ».

Le Autorità si compiacquero della organizzazione dei reparti ed espressero la più viva soddisfazione per il funzionamento dell'Istituto.

ISOLE FILIPPINE.

IL RAPPRESENTANTE DEL PAPA TRA I LEBBROSI DI CULION. - Togliamo da « La Defensa » di Manila del 13 gennaio u. s. alcuni interessanti particolari sulla visita del Delegato Apostolico Mons. Guglielmo Piani, Salesiano, ai lebbrosi di Culion.

Sua Eccellenza si recò al lazzaretto sulla nave costiera « Basilan » la vigilia dell'Epifania. Il viaggio durò circa 24 ore, di modo che verso le 9 del giorno dell'Epifania, celebrata a bordo la Santa Messa perchè potessero adempiere al precetto festivo i numerosi passeggeri, Mons. delegato giungeva a Culión.

Il vapore era pavesato a festa: e gli mossero incontro su di una lancia e parecchie barche, adorne con banderuole e palme, alcuni gruppi di lebbrosi desiderosi di salutare il Rappresentante del Papa, prima che scendesse a terra. Glì andò incontro anche la banda musicale della Congregazione Mariana della Colonia, formata di giovinotti pur essi affetti di lebbra, che vestivano un bell'uniforme.

Dal poggio sovrastante e da tutte le case la gente salutava, agitando fazzoletti. Sul piccolo molo attendevano per dare il benvenuto a S. E. le autorità, i due Padri Gesuiti addetti alla Colonia le Suore di Chartres, e vari gruppi di impiegati ed operai che abitano fuori del recinto fissato ai lebbrosi e costituiscono il « pueblo sano ».

Mons. Piani si fermò quattro giorni a Culión, e la sera stessa dell'Epifania compì l'entrata solenne nella colonia dei lebbrosi. Che spettacolo commovente! Qual contrasto fra la spontanea letizia di quei poveretti e la misera condizione delle loro membra infette e disfatte dal terribile male!

Si formò la processione, si entrò in chiesa, si intonò il « Te Deum », eseguito con mirabile precisione da un coro di lebbrosi, e s'imparti la benedizione col SS. Sacramento; quindi Mons. Piani, con accento commosso, rivolse una tenera allocuzione a quel singolare uditorio, dicendo che si era recato tra loro qual rappresentante del S. Padre Pio XI, per consolarli e benedirli in suo nome.

Il mattino seguente celebrò per i lebbrosi che gremivano la chiesa. Varie centinaia di essi, uomini, donne e fanciulli, si accostarono alla Sacra Mensa; e Mons. Delegato, malgrado il caldo ed il sudore, volle soddisfare il loro pio desiderio, distribuendo egli stesso, a tutti, la S. Comunione.

Degno di nota il fatto che le S. Comunioni distribuite nella chiesa e negli ospedali di Culión nel corso di un anno oltrepassano le 116 mila: cioè più di 300 Comunioni quotidiane!

Nella stessa mattina Sua Eccellenza conferiva la Santa Cresima a circa 6oo figli di lebbrosi.

Ad onorare, nel suo Rappresentante, la persona del S. Padre, sotto l'abile direzione del Padre Millan, i lebbrosi stessi organizzarono un bel trattenimento, in cui fecero bella mostra del loro senso artistico e dei più delicati sentimenti di gratitudine, e di attaccamento alla nostra S. Religione.

Mons. Piani impiegò due pomeriggi nella visita ai sette padiglioni od ospedali, ed alle case-dormitorii affidate alla vigilanza dei Padri Gesuiti e delle Suore di Chartres, passando da un letto all'altro, donando a ciascuno un po' di denaro, e sigari, dolci, medaglie e immagini. Varie ditte ed alcune caritatevoli persone di Manila avevano fatto, per la circostanza, vistose offerte di vestiti, calzature e generi diversi. E quanta riconoscenza manifestavano tutti, uomini, donne e fanciulli, al ricevere nelle mani piagate, o prive delle dita, l'obolo della carità cristiana!

CALIFORNIA.

A Los ANGELES (CALIFORNIA) in pochi mesi venne ultimata la nuova chiesa di Maria Ausiliatrice. Non è una maestosa cattedrale, ma è un ampio edificio, quale esigeva la numerosa colonia italiana. Ha tre altari. Sull'altare maggiore posa sorridente una bellissima statua di Maria Ausiliatrice; gli altri due sono dedicati al Sacro Cuore di Gesù e San Giuseppe. Il giorno dell'inaugurazione vi predicò il nostro D. Simeoni.

Vivi, però, in gran parte sono i debiti incontrati per la costruzione... Ci fa sperare nel generoso contributo della Colonia il consolante concorso di ogni genere di persone al nuovo tempio.

BRASILE.

MoNS. ANTONIO DE ALMEIDA LUSTOSA, Vescovo di Uberaba nello Stato di Minas, fece il solenne ingresso in diocesi il 1° marzo u. s. Fu una giornata memoranda che sarà registrata a caratteri d'oro nella storia di Uberaba. Collegi ed Associazioni Religiose si recarono in gran numero alla stazione, e un popolo immenso che gremiva tutte le adiacenze accompagnò Monsignore alla Cattedrale, dove il nuovo Prelato rivolse il primo saluto ai suoi diocesani. Un'imponente dimostrazione lo accolse all'uscir di chiesa e lo accompagnò alla residenza.

ARGENTINA.

AI PRIMI DELL'ANNO A VIEDMA, IN PATAGONIA, si svolsero due importanti cerimonie per la posa delle pietre fondamentali del nuovo Ospedale della Missione Salesiana, richiesto dai bisogni della vasta regione, e del nuovo Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Ambedue le cerimonie vennero compiute dal rev.mo Don Giuseppe Vespignani, Visitatore straordinario delle Case Salesiane dell'Argentina.

Negli stessi giorni veniva inaugurato un tronco ferroviario da Viedma a Bariloche. Lo sviluppo che l'industria e il commercio assumono in quelle terre, un tempo selvagge, reclama un maggior numero di missionari per l'assistenza religiosa dei numerosi immigrati di ogni nazione e per la cristiana educazione dei loro figli.

Alle mamme savie che trepidano per i loro figli, lanciati lontani per gli studi nelle grandi e piccole città, noi diciamo.

« Fate in modo che a loro arrivi ogni mese la parola cristiana che scuote, che conforta, che sostiene, e quindi abbonateli alla "Rivista dei Giovani".

Molte mamme fecero così e benedissero questa rivista, che f u benedetta più volte anche dal Santo Padre ».

Un anno lire 12. - Un semestre lire 6. Corso Regina Margherita 174, Torino (9).

NECROLOGIO

Comm. DOMENICO MASERA. - Per più di quarant'anni coperse importanti cariche in Roma, e trasferitosi a Pisa prestò segnalati servizi all'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Cristiano esemplare, nutriva un particolare interessamento per l'Opera Salesiana.

Can. Don FRANCESCO CANCLINI. - Pietà edificante, bontà d'animo, prontezza ad ogni opera buona, semplice parola pastorale gli conquistarono gli animi della buona popolazione di Teglio (Valtellina). Morì a 43 anni.

Can. Don TEODORO GANNA. - Comparroco per 43 anni di Quinto nel Canton Ticino, favorì l'azione cattolica nelle sue molteplici manifestazioni, zelò la propaganda salesiana, dotò la parrocchia di un istituto femminile per l'educazione e l'istruzione delle figlie del popolo. Era uno dei più benemeriti sacerdoti nella Diocesi Ticinese.

Teol. FRANCESCO GARRIONE. - Pievano di Confienza, oratore valente, predicò molte sacre missioni nella Diocesi sua e nelle finitime, apprezzatissimo per l'evangelica e calda parola. Ma sua cura prediletta fu sempre il suo gregge, che ne ammirava l'abnegazione e la rettitudine dello spirito.

LUISA ALFAZIO CAMERANA. - Volò al Cielo da Poirino nella veneranda età di 91 anni. Affezionatissima all'Opera Salesiana, ne zelò in ogni guisa l'incremento. Divotissima del Ven. Don Bosco sospirava il giorno di vederlo elevato all'onore degli altari. Continui la veneranda signora a pregare per noi nella patria dei Santi. Vive condoglianze alla famiglia.

Preghiamo anche per

ACCAME Serafina, † Pietra ligure (Genova). ACTis PIAZZA Stefano, † Rodallo (Torino). ALESSI Antonio, † Nove (Vicenza).

ANTONINI Angelica, † Quinzano (Brescia). ARDISSONE Marco, † Borgo Franco (Torino). ARRIGONI Elisabetta, † Barzio (Como). ARRIGONI Pasqualina, † Barzio (Como) ARRIGONI VALSECCHI Elisabetta, † Barzio (Como). AZZANO Marianna, † Fiume Veneto (Udine). BSGIINO Santina, † Fontanigorda (Pavia). BALDINI D. Cesare, † Numana (Ancona). BARAZZONI Giuseppe, † Corniano (Reggio Em.). BATTAGLIERO Evasio, † Varengo (Alessandria). BOBBIO Clotilde, † Oriolo di Voghera (Pavia). BOCCAGNINI Margherita, † Legos (Trento). BoGGIo Grato, † Saluggia (Novara). BONTEMPI Marta FENAROLI, † Marone (Brescia). BOSCHETTI Maria, † Vergano (Novara). BRANDO Margherita, † Borgone Susa (Torino). BREDA Pietro, † Monte Veneto (Brasile). BRUNO Stefano, † Torino.

BRUSATI Antonio, † Bellinzago Nov. (Novara). CACCHI Margherita V.a TURCI, † Cesena (Forlì). CAMERANA Luisa ALFAZIO, † Poirino (Torino). CANTARINI D. Giuseppe, + Masi Torello (Ferrara). CAPUANA Agrippina, † Mineo (Catania). CARLOTTO Giovanni, † Carlos Barbosa (Brasile). CASAGHI Ester, † Firenze.

CATTANEO Luigi, † Lorito (Brescia).

COGGIOLA Angiolina, † Lu Monferrato ( Aless.). COLOMBO Antonio, di Giuseppe, † Meda (Mil.). CRISAFULLI Maria, † Messina.

CRISCUOLO Cav. Avv. Vincenzo, † Castellamare St. CROWTHER Federico, † Torino.

CURNILLON Letizia, † Napoli.

DACQUINO Luigia, † Acqui (Alessandria). DEGAUDENZI PINELLI Angiolina, † Vercelli (Nov.). DEMARCHI Teresa, † Raveo (Udine). DEMARCHI Lucia, † Raveo (Udine). DEROSSI Teresa, † Cigliano (Novara). DOGLIANi Emilia DAL MAS, † Belluno. DRAGHI Maria, † Giarola (Pavia). FABRICIO D. Giacomo, † Villotta (Udine). FACCA Eleonora, † Cordovado (Udine). FERRARio Giovanni, † Parabiago (Milano). FERRERO Caterina, † Fossano (Cuneo). FERRETTI Rocco, † Fontanigorda (Pavia). FIANDRO Carolina, † Torino.

FLORES-MARONGIN Antonietta, † Thiesi (Sassari). FLORIO Giuseppe, † Cosenza.

FORNO Michele, † Agliano (Alessandria). FRESCOBALDI Marchesa Leonia, † Firenze. GAFELLA Lucia, † La Loggia (Torino).

GARELLI Giuseppina, † Villanova-Mondovì (Cuneo). GARIGLIO Cav. Federico, † Torino. GAROSCI ARMISSOGLlo Giuseppina, † Torino. GIOVANELLi Enrica, † Forlì.

GIRAUDO Antonietta, † Cuneo.

INVERNIZZI Maria, † Barzio (Como).

LABADINI Giovanni, † Roccavarsi (Parma). LEGENA Giovanni, † Malonno (Brescia). LEONCINI Simone, † Campo Ligure (Genova). LORENZINI D. Guido, † Montepulciano (Siena). MACULOTTI Pierina, † Pezzo (Brescia).

MAIONE Anna Maria, † Firenze.

MANZONI Paolo, † Barzio (Como).

MARAVELLI CALAI Angela, † Umbertide (Perugia). MARONI Spirito, † Primaluna (Como). MASSERONi Giovanni † Maggiate Inf. (Novara).. MEAGLIA Giovanni, † Torino. MINOGLIO Pietro fu Valentino, † Villa S. Secondo. MOLINO Lorenzo, † Torino. MoRINO Giov. Batt., † Castelbrocchero (Aless.). MOTTA Gerolama, † Novara. MUNARETTI Romano, † S. Giovanni Ilarione (Vic.). MURINSKY D. Francesco, † Selva (Treviso). NANI Teresa, † Costigliole (Saluzzo). NARDI Angelo, † Nerversa (Treviso). NATALE Virginia, † Bergamo. NEGRI Giovanni, † Occhieppo Sup. (Novara). NICOLETTI D. Giovanni, + Martino in Riparotta NODARI Cecilia, † Malonno (Brescia). NURZIA Concetta, † Aquila. ORLANDO Elisa V.a CAVALLI, † Torre de' Passeri. GTTONELLO TOMMASO, † Genova.

PALADINO Dott. Michelangelo, † Campo Ligure PAVIGNANO Caterina, V.a MIGLETTI, † Occhieppo. PELUSO Silvia, † Napoli. PEPE D. Domenico can., † Monte S. Angelo. PERENCO Maria, † Nus (Torino). PERSONÈ Raimondina, † Nardò (Lecce). PIANA Rosa, † Refrancore (Alessandria). PIEROTTI Ester, † Castelnuovo (M. Carrara). PIGAFETTA Amalia, † Agugliaro (Vicenza). PIOVANO Padre Pietro, † Genova. PISSAVINi Angela, † Luino (Como). PIVIANi Giovanni, † S. Felice (Modena). POLLINA Nazzarena, † Cammarota (Cirgenti). PoNCHIA Luigi Seb., † Montanaro (Torino). PoNCiNi Filippo, † Ascona (Vizzera).

Pons Adelaide, † S. Pietro Val Lemina (Torino). PORRINO Carolina, † Montegrosso d'Asti (Aless.). PRÉTE Luigia, † Torino. RANA D. Domenico, † Selva di Progno (Verona). RAMATI Cherubino, † Ottobiano (Pavia). RAMPONI Luigia, † Selva di Progno (Verona). RINALDI Giorgio, † Torino. ROLANDO Lucia, † Torino. ROSSETTI Maria, † Torino. Rossi Maria, † Robella (Alessandria). Rosso Lucia, † Torino.

ROTTONDI Carmelina, † Rescalda (Milano). RovELLi Pierina, † Monza. RUBBA Teresa, † Garessio (Cuneo). ScEVoLA D. Emilio, † Vigevano (Pavia). SELVA Antonio, † Cortabbio (Como). SIMONETTA Carolina, † Comabbio (Como). TAVASSI Com. Avv. Edoardo, † Roma.

TOREI Giacomo, † S. Gregorio di Sassola (Roma). VALENTE Teresa, † Asti. VENTURUZZO Angelo, † Cordovado (Udine). VIRILI Mons. Raffaele Maria, † Roma. ZAINO m.a Teresa, †

ZANINETTI Luigi, † Borgomanero (Novara).

R. I. P.