PERIODICO MENSILE DEI COOPERATORI DI DON BOSCO
ANNO XL - N. 1 1 GENNAIO 1916
1° SUPPLEMENTO PER I SACERDOTI
SOMMARIO
Ai Cooperatori Salesiani Sacerdoti - Il programma Benedizioni.
La missione educativa del Venerabile Giovanni Bosco (dalla „Civiltà Cattolica").
"Se tutti i preti fossero come lei!
Come dobbiamo lavorare attorno la gioventú (da una predica inedita del Ven. Don Bosco).
Un modello dì Sacerdote Cooperatore -- Mons. Taroni e le „Letture Cattoliche".
Un concorso per le "Letture Cattoliche".
Albo d'onore dei Direttori Diocesani.
Norme e consigli per la festa di S. Francesco di Sales
"Acta Apostolicae Sedis": riassunto di tutti gli atti pubblicati dal mese di settembre al 31 dicembre 1915.
Azione Salesiana: Schemi di conferenze per la festa di S. Francesco di Sales -- Tracce di fervorini pel 24 di ogni mese --- Tre raccomandazioni.
Facciamo conoscere le opere nostre.,
REDAZIONE E AMMINISTRAZiONE - VIA COTTOLENGo. 32 - ToRINo
Reverendi ed amati Confratelli,
Nelle commemorazioni tenutesi in occasione del 1° Centenario dalla Nascita di Don Bosco, due pensieri risonarono concordi sul labbro di tutti gli oratori: l'uno di alta ammirazione pel bene compiuto dal nostro Venerabile Padre, l'altro di ringraziamento a Dio che si compiacque assisterlo visibilmente in tutte le sue imprese.
« Quanto bene - si ripeteva da tutti - quanto bene ha potuto fare un povero prete nel breve giro di un secolo Quante anime, chiamate o ricondotte alla luce e alla pratica della Religione, per lo zelo di un degno Sacerdote!... Ne sia benedetta quell'adorabile Provvidenza che, di continuo, veglia pietosa sulle umane vicende! ».
Nel rilevare quell'unanime plebiscito di ammirazione e di umile e devota gratitudine, un altro pensiero ci si affacciò vivo alla mente
« Se si potesse moltiplicare il numero dei sacerdoti zelanti ! Se ci fosse dato di stringere sempre più attorno a noi, accesi dello stesso fuoco che avvampò nel cuore del Ven. Don Bosco, i numerosi sacerdoti suoi cooperatori ! » .
Qualunque sacrificio ci parve piccolo di fronte a questo santo desiderio. Ed ecco perchè, anche in mezzo alle gravi strettezze presenti, noi prendemmo la deliberazione di pubblicare un Supplemento al Bollettino Salesiano.
Il Signore, nella sua infinita bontà, lo abbia come prova del nostro buon volere; Maria SS. Ausiliatrice, che ce lo ha ispirato, lo benedica come opera sua; e Voi, reverendi ed amati Confratelli, ricevetelo come pegno del nostro affetto fraterno e, anche, come un'ispirazione del cielo.
Torino, gennaio 1916.
Aff.mo in C. J.
Il programma.
Il „Bollettino Salesiano", felicemente arrivato colle sue edizioni in nove lingue alla tiratura mensile di oltre 300.000 esemplari, entrando nel XL° anno si allieta quasi di nuova fioritura col presente Supplemento.
Esso è diretto a tutti i Cooperatori Salesiani sacerdoti ; ed è nostra ferma speranza di pubblicarlo regolarmente tre volte all'anno, in gennaio, a maggio e in settembre.
Non sarà, e non dev'essere, un Bollettino di ascetica, o d'istruzione e di cultura sacerdotale; ma un umile e ardente propagandista dello spirito sacerdotale del Ven. Don Bosco, col semplice e costante ricordo de' suoi esempi, delle sue parole, delle sue sante raccomandazioni. In pari tempo:
I) illustrerà le piú spiccate figure sacerdotali che si studiarono di calcar le orme del Venerabile;
II) zelerà la conoscenza
e la diffusione
della cooperazione salesiana, tanto della parte rivolta a beneficio delle Opere di Don Bosco come di quella da svolgersi a vantaggio delle singole parrocchie e diocesi; additerà insomma qual fu nel concetto del Ven. Fondatore e quale perciò dev'essere la cooperazione salesiana ;
III) a comune incoraggiamento farà cenno dell'azione individuale di quei sacerdoti, che suscitano sull'esempio di Don Bosco nuove opere a favore della gioventú;
IV) in ossequio alla devozione del Ven. Don Bosco verso il Vicario di Gesú Cristo e la Cattedra apostolica, additerà tutti gli atti e decreti del sommo Pontefice e delle S. Congregazioni Romane, pubblicati ufficialmente dagli Acta Apostolicae Sedis ;
V) in copertina annunzierà le migliori novità librarie di ascetica e cultura sacerdotale.
dell'esporre questo programma a tutti i sacerdoti d'Italia, ascritti alla Pia Unione dei Cooperatori salesiani, noi aggiungiamo che le nostre speranze son riposte nella grazia di Dio, nella benedizione di Maria SS. Ausiliatrice, ed anche
a) nei pratici consigli e nelle sagge proposte dei benemeriti lettori ;
6) nell'efficace collaborazione di quelli che, pieni di zelo e dello spirito di D. Bosco, si sentono portati a lanciare ai loro confratelli una santa parola, riboccante di fede, diretta a promuovere l'educazione e istruzione cristiana della gioventú, il benessere delle omissioni, la diffusione della buona stampa, e tutte le altre opere che son parte integrale dell'azione salesiana,
c) nel cortese invio di ogni pubblicazione (articoli, discorsi, conferenze, ecc.) concernente Don Bosco e le Opere Salesiane, e di ogni nuovo libro o pubblicazione d'istruzione e cultura sacerdotale. Tali invii vanno fatti direttamente alla Redazione del Bollettino Salesiano, Via Cottolengo, 32 Torino.
Benedizioni.
Avendo manifestata l'idea di questo Supplemento ad alcuni Ecc.mi Vescovi, affezionatissimi all'Opera di Don Bosco, ne abbiamo avuto in risposta parole di alto incoraggiamento e di benedizione.
Ci scriveva Sua Ecc. Rev.ma Mons. Giov.
Vincenzo Tasso, dei Preti della Missione, Vescovo di Aosta:
Plaudo di tutto cuore al progetto di un Supplemento Sacerdotale al Bollettino Salesiano, che qualche buon angelo mi venne ad annunziare.
Coincidenza al tutto provvidenziale!
L'elevazione del Card. Cagliero alla Porpora è un nuovo vincolo che unisce più strettamente le varie classi e categorie di salesiani al Santo Padre, il Papa, e il Bollettino sacerdotale sarà un nuovo organo per diffondere lo spirito e l'azione sacerdotale, eminentemente papale, di Don Bosco nel Clero, che n'estenderà al popolo i benefici effetti. Cosí si stabilirà, una specie di flusso e riflusso dello spirito salesiano, che dal Papa a cui lo porterà il Cardinale, rifluirà piú puro ed abbondante per mezzo del Bollettino nel Clero e nel popolo.
Il momento è veramente propizio. In questa crisi e rinnovazione sociale ornai tutti cominciano a sentire il bisogno di ritornare a Dio e alla Religione antica, a Gesú Cristo e al suo Vicario, e di ristabilire la società sulle antiche sue basi di religione e di ordine. Perciò tutti guardano al Papa, come a faro luminoso, come ad àncora di salute, che salvi la società dal naufragio e dallo sfacelo. Omai tutti cominciano a considerare Benedetto XV come l'uomo della Provvidenza e come il personaggio piú autorevole, anche umanamente parlando, per ristabilire la pace e l'ordine sulla terra.
Ben venga dunque il Supplemento sacerdotale del Bollettino Salesiano ad aprirgli la via alle sue pacifiche conquiste sulle menti e sui cuori. Io lo benedico con ambo le mani e gli auguro la piú larga diffusione.
Aosta, dicembre 1915.
+ Gio. VINCENZO, Vesc. d'Aosta.
Sua Ecc. Rev.ma Mons. Giovanni Marenco, della Pia Società Salesiana, Vescovo di Massa e di Carrara, scriveva:
Plaudo all'idea del Supplemento al « Bollettino Salesiano », destinato ai Sacerdoti, perché farà un gran bene. Formerà i Pastori di anime allo spirito di S. Francesco di Sales e del Ven. Don Bosco e quindi renderà efficace il loro ministero nei tempi presenti. Per indiretto ne verrà vantaggio all'Opera Salesiana, giacché io sono tuttora persuaso che i Cooperatori non dànno ancora alla Chiesa e alla Società cristiana quell'aiuto che il Ven. Fondatore intendeva. Avanti adunque nel nome di Dio!
Massa, dicembre 1915.
+. GIOVANNI, Vescovo.
Nell'anno che tramonta, chi volesse istituire il bilancio morale di tutto il centennio che lo precede, crederebbe che le potenze del male soverchino quelle del bene. Ma s'ingannerebbe a partito; giacché queste si maturano nel silenzio e nell'umiltà, quelle nel clamore e nell'appariscenza.
La parte di civiltà moderna, costruitasi durante un secolo in vistoso edificio di progressi materiali cementati di spirito anticristiano, si è quasi distrutta nel breve giro d'un anno, con le sue proprie mani, coi suoi stessi mezzi che ci stordiscono per la loro potenza. Sulle rovine che seppelliscono questa civiltà, sembra che non resti se non il deserto ed i suoi abitatori: le iene e gli sciacalli.
Ma vi ha un'altra civiltà, sempre viva e rigeneratrice, che suscita giorno per giorno, di contro alle potenze del male, germi di vita e appropriati rimedii, e li fa germogliare e fruttificare anno per anno, secolo per secolo, a beneficio del genere umano. È questa la civiltà cristiana. Essa iscrive le sue immense partite di bene sul libro d'oro della Provvidenza, la quale regge il mondo e trae sempre, meravigliosamente, il bene dal male.
Questo libro ha sempre i suoi conti all'attivo; avventurato l'occhio illuminato dalla Fede che sa leggervi dentro! Tra le partite ivi registrate, durante il centennio che si chiude in quest'anno, una fra le altre ne vedrà luminosissima e feconda d'immenso bene anche pei secoli da venire. È l'opera d'un umile sacerdote che vide la luce, il 16 agosto del 1815, in una povera casa di campagnuoli nella borgata oscura di un paesello di Piemonte.
Quest'opera che doveva colmare i vuoti cagionati dalla rivoluzione ed accrescere in singolar modo le forze della civiltà cristiana, era effetto d'una missione provvidenziale, e, appunto perché tale, d'una missione particolarissima, proporzionata ed appropriata ai nuovi tempi. Solo studiando la necessità storica ed il carattere speciale di una siffatta missione, potremo noi brevemente descrivere, e i lettori potranno comprendere in uno sguardo e valutare meno imperfettamente, tutta l'immensa partita di bene iscritta da Don Bosco, durante lo scorso secolo, nel libro d'oro della Provvidenza.
Chiunque legge la vita del ven. Giovanni Bosco, scritta dal Lemoyne, con fedeltà di storico e con amorosa intelligenza di discepolo (1), vede aprirsi allo sguardo come un vastissimo campo che non ha confini, dove non si vedono che giovani, d'ogni lato, per ogni verso, dove non si sentono che voci giovanili, dove tutto questo popolo adolescente che dà vaghissimo spettacolo di immensa varietà, brio e movimento, manifesta insieme d'esser mosso da una misteriosa forza d'attrazione concorde. Tutto si aggira attorno ad una persona, la figura soavemente paterna di Don Bosco. Così lo rimirò in profetica visione, un altro grande personaggio, il ven. Giuseppe Cottolengo, che, stringendo fra le sue dita le maniche della veste di D. Bosco, giovane sacerdote ventiseenne, gli disse:
- « Ma voi avete una veste di panno troppo sottile e leggero. Procuratevene una che sia molto più forte e molto consistente, perché i giovanetti possano attaccarvisi senza stracciarla... Verrà un tempo in cui vi sarà strappata da tanta gente!»
Così, in molte visioni profetiche e simboliche, avute ripetutamente in sogno, qual novello Giuseppe, sin da fanciullo, vide egli se stesso, attorniato da stranissime greggie di feroci animali, che andavano trasmutandosi in mansueti agnelli. E udí sempre il comando di una Donna di maestoso aspetto (la Vergine SS.): « Ecco il tuo campo, ecco dove devi lavorare ».
La gioventù è sempre stata l'oggetto delle piú sollecite cure della Chiesa. E come no? Gesú Cristo le ha legato in eredità quell'ansiosa tenerezza materna, che gli faceva guardare con occhio di particolarissima benevolenza il giovinetto fedele ai comandamenti di Dio (2), e quel santo sdegno che lo faceva trepidare per i piccoli a Lui diletti, lanciando i più minacciosi fulmini contro chi desse scandalo ad un solo dei piccoli che credono in Lui (3).
La terribile parola di Gesú: « guai al mondo pei suoi scandali! Purtroppo devono avvenire gli scandali, guai però a colui per cui opera essi avvengono! » è risonata a traverso i secoli, incontrando, dove piú dove meno, l'insidioso male da flagellare, ma suscitando sempre educatori che vi apportino rimedio. Durante i primi secoli della Chiesa, di fronte ai pericoli del paganesimo non ancora spento, questa parola premunisce di cautele i genitori cristiani, e accende l'eloquenza dei Padri; in un Basilio che mette in guardia contro i pregi e gli allettamenti degli scrittori malvagi, in un Girolamo ed in un Gregorio Magno che inveiscono, talvolta con iperboliche espressioni, contro i classici pagani. Durante l'alto medio evo, nell'incuria dell'istruzione e dell'educazione, originata dallo scadimento del fervore cristiano ed accresciuta dall'ansia frequente di difendersi dalle incursioni barbariche, sorsero i cenobii dei Benedettini, che aprirono educatorii nei loro monasteri; destaronsi con rinnovellato zelo i Vescovi offrendo ai « piccoli di Gesti Cristo » scuole vescovili e parrocchiali, diffuse e corroborate dalla saggia operosità dello Stato d'accordo con la Chiesa; operosità che ebbe a promotori e rappresentanti l'imperatore Carlo Magno ed il monaco Alcuino. In tempi più ferrei, l'educazione si rifugiò quasi del tutto nei chiostri, dove si conservò la scintilla che doveva propagarsi piú largamente in tempi posteriori, meno sconvolti da invasioni barbariche, ma piú perigliosi per rivoluzioni religiose e politiche.
Gli ordini monastici trasmisero la sacra fiaccola dell'educazione ai nuovi ordini regolari ed alle nuove congregazioni religiose, sorte dal seno della Chiesa a difesa e istituzione del mai sempre geloso retaggio del popolo cristiano, la gioventú, quando quella parte del rinascimento letterario, che ridestò il paganesimo nei costumi, spianava la via al protestantesimo. Durante lo stesso rinascimento campeggia la bella e immortale figura di educatore cristiano, Vittorino da Feltre; e sulle soglie della rivoluzione protestante, non piú singole persone ma interi ordini religiosi si dedicarono all'educazione della gioventú, come i Gesuiti ed i Somaschi, ed in parte anche i Barnabiti, all'opera dei quali, piú addetta all'istruzione scolastica, si intrecciò armonicamente quella di S. Filippo Neri e dei suoi oratorii, in una specie di educazione fuori della scuola.
Questi ordini religiosi proseguirono e proseguono ancora ad effettuare la loro missione difensiva ed educativa della gioventú, e vennero di poi aiutati da altre congregazioni, quelle degli Scolopii e dei Fratelli delle scuole cristiane, per non nominare che le piú in vista.
Sorsero intanto, all'avanguardia dei nuovi tempi, gli enciclopedisti, e, sul terreno della incredulità da essi preparato, scoppiò la grande rivoluzione che effettuò il divorzio della società pubblica dal cristianesimo e proclamò i funesti principii del liberalismo sotto la speciosa parola di libertà, onde si degenerò nella licenza, da ogni freno di autorità divina ed umana e da ogni legge morale e religiosa.
Dalla rivoluzione francese in poi, sono dunque aumentate tutte le cause di scandalo per la gioventù, e nel secolo decimonono e nel presente che è agli inizi, con più ragione che mai, con più vigoria che in altri tempi, echeggia il grido sollecito di Gesú Cristo: vae mundo a scandalis! Ma, in pari tempo, si sono raddoppiate le forze di chi difende la gioventú, e non si possono omai contare le congregazioni di religiosi e di religiose che, rispondendo a quel grido d'allarme, sono scese a lottare quasi corpo a corpo, e disputare i « piccoli di Gesù » alla licenza morale della società ed alla tirannia atea dello Stato. Questo è appunto il campo, quanto altro mai spinoso di scandali e di perigli per la gioventú, che Dio destinò al fondatore della Pia Società Salesiana.
(1) Dalla Civiltà Cattolica, fasc. del 18 dicembre u. s.
(1) G. B. LEMoYNE, Vita del Ven. Giovanni Bosco, Torino, Libreria Editr. Internazionale, 1911. Cfr. Civiltà Cattolica, I° maggio I915. (2) Marc. 10. (3) Matt. 18.
*
Tra quanti furono suscitati da Dio, nel secolo scorso, per questa immediata e continua lotta, tiene senza dubbio un grado precipuo il ven. Don Bosco, la cui opera, appunto perché piú opportuna, ebbe da Dio quell'incremento che corrisponde sempre, nelle amabili disposizioni della Provvidenza, ad una speciale necessità dei tempi. Senza intralciare la feconda operosità di altre istituzioni già antiche nella Chiesa, essa chiarisce e non confonde, corrobora e non debilita quella mirabile armonia d'intenti che anima l'immenso stuolo degli educatori cristiani. In tempo di guerra ogni cittadino è soldato, per ogni cittadino c'è da adoperarsi nelle svariatissime e molteplici necessità d'un esercito; così, nei tempi attuali di guerra accanita contro la fede e la moralità della generazione adolescente, ogni istituto religioso si adopera nell'educazione. Tutti con ammirabile concordia; ciascuno con ben distinta cooperazione e impronta propria caratteristica, benché non totalmente esclusiva.
Qual è l'impronta propria del grande educatore che fu Don Bosco? Essa è da ricercare nella stessa società presente, secondo le cui necessità si modella per cosí dire l'anima dell'apostolo e ne trae speciale carattere la sua opera provvidenziale. Appunto perché egli segue gl'impulsi della Provvidenza che lo invia; la quale non isconvolge come fanno gli uomini, per violenta fretta, con rivoluzioni e guerre, ma si accosta sino ad abbassarsi all'umanità piagata, e la solleva, conforta e guida, con dolcezza inesauribile nel modo, al pari che con imperturbata ed universale fortezza nella sostanza: attingit a fine usque ad finem fortiter, et disponit omnia suaviter (1). Dolcezza e soavità cosí bene espressa da S. Paolo in quelle parole: omnibus omnia factus sum, ut omnes facerem salvos (2); e così armoniosamente effettuata da S. Francesco di di Sales, onde il Ven. Don Bosco derivò lo spirito ed il nome alla sua congregazione.
Or bene, dalla rivoluzione sino ai nostri giorni, la società presente ha particolare aspetto democratico: la democrazia portata all'eccesso in tutti i versi, sino ad usurpare il luogo di Dio, è la precipua cagione di tutti i suoi mali. Nell'ordine intellettuale s'incammina verso il dispregio dell'autorità ed all'arnarchia; nell'ordine morale alla sfrenata ricerca di maggiori godimenti terreni ed alla licenza; indi un tumultuare febbrile che sale dalle infime classi sociali, fatto di ambizione e di sensualità, in una parola di egoismo, alla conquista d'una felicità tutta terrena e animalesca. Di qui ha origine il fatto che, oggi piú che mai, il popolo della campagna affluisce alla città, considerata come la sede propria, come il paradiso di quella felicità terrena, per restarvi o impigliato tra gl'ingranaggi dell'industrialismo che ne schiaccia l'anima, sino a non darle tempo di respirare gli ideali dello spirito, o travolto nella corrente di ambizione e di sensualità che ne compie l'eccidio. Sarebbe superflua ogni descrizione di questa rumoreggiante marea di fameliche brame, insoddisfatte sempre, talvolta esasperate, in cui si agita senza posa ed è travolto il popolo nella moderna società.
Andate a fargli capire che esso corre alla sua rovina nell'anima e nel corpo. È inutile, non vi crederà! Arginate questa fiumana ed arrestatela con mezzi violenti; fatica sprecata anzi perigliosa! Con la sua forza numerica, sormonterà ogni ostacolo, stritolerà ogni barriera e invaderà ogni campo, mettendolo a ferro e a fuoco. È l'opera delle rivoluzioni. Accostatevi, in vece, a questo povero popolo, mescolatevi tra le sue file, cercate di comprenderne i veri bisogni, apritegli il cuore, ed esso vi aprità a sua volta il suo cuore, e vi seguirà come docile bambino, e voi potrete guidarlo al bene, moderando a poco a poco la sua fame di piaceri, sino ad estinguerla con le attrattive della religione, dell'onestà e sobria coscienza, e smorzando via via quella vampa di orgogliosa ambizione con la soave rugiada delle speranze immortali. Questa è l'opera dell'educazione cristiana popolare, ed è l'impronta speciale dell'educazione di Don Bosco, eosí bene adatta alle presenti necessità, appunto perché essenzialmente popolare è il carattere della società moderna, nei suoi progressi come nei suoi traviamenti.
(1) Sap. 8.
(2) 1 Cor. 9.
* *
Altre congregazioni religiose si occupavano anche dell'educazione del popolo, ma col moderno accrescersi delle città non erano sufficienti alla necessaria opera; ci voleva un poderoso aiuto. E questo aiuto venne, e venne in tal misura che l'opera di Don Bosco abbracciò, si può dire, tutto il popolo nella sua vasta estensione e nelle sue piú svariate necessità, con oratorii festivi, ospizi, laboratorii, collegi e colonie agricole.
Per meglio comprendere questa missione educativa di Don Bosco, e misurarne tutta l'estensione, è necessario lumeggiare ancor di piú le particolari condizioni di fatto, in cui viene a trovarsi il popolo nell'accennato spostamento di classi, portato dai nuovi tempi. Quando essa scorreva tranquillo la sua vita nella campagna, o trattenevasi pago del modesto e sufficiente guadagno nella cerchia delle industrie casalinghe e regionali, era normalmente a suo posto, e poteva gustare le gioie d'una felicità patriarcale, appunto perché esente da ansiose lotte e libera da smodate brame ed ambizioni. Non era allora cosí gran danno l'analfabetismo, né si riputava necessaria la scuola per tutti. Coi nuovi tempi, le condizioni sono cambiate: l'industrialismo dissolve le famiglie del popolo e ne sbalestra i membri in diversi opificii e talvolta in lontani paesi, o peggio ancora, li attira alla città. Il sistema della leva obbligatoria ve li trascina per forza. La stampa giornaliera, a un soldo, compie l'opera di rivoluzione e fa eccheggiare fin ne' piú remoti paeselli patriarcali il tumulto delle città.
In tali condizioni di fatto, si rende necessaria ed urgente pei figli del popolo che abitano la città, o che dovranno presto o tardi recarvisi, un'educazione più appropriata a premunirli contro la corruzione, ed un'istruzione piú adatta a difenderli dall'errore ed avviarli insieme ad un'onesta professione. Dove attingeranno essi quest'educazione e istruzione? Nelle scuole dello Stato forse? Ma queste non fanno che aumentare i pericoli della corruzione e dell'errore; l'istruzione ivi impartita, anche se (caso ormai ben raro!) non è atea e materialista, non fa che saccenti e spostati; e ne vien fuori tutti gli anni una turba innumerevole di concorrenti agl'impieghi dello Stato. È un fatto notorio e da tutti lamentato.
Diciamolo pure francamente, per questi figli del popolo non bastano e non sempre sono appropriate le scuole dei religiosi che si occupano dell'insegnamento, anche com'erano in altri tempi di maggior libertà per i buoni, pubbliche e gratuite; giacché vi manca l'istruzione professionale, almeno in Italia. E intanto sono milioni i figli del popolo che chiedono il pane non solo dell'educazione ma anche dell'istruzione consentanea ai loro bisogni! Ed ecco l'opera provvidenziale di Don Bosco per questa immensa moltitudine di famelici nello spirito non meno che nel corpo.
Consapevole degli speciali disegni della Provvidenza, seguendo con finezza di criterio le esigenze dei nuovi tempi, pensa subito ad istituire scuole nell'oratorio, a far provvedere di titoli legali i suoi, tra i quali D. Celestino Durando, D. Pechenino, D. Francesia, D. Cerruti, nomi assai conosciuti pei loro libri scolastici, e cari alla gioventù delle nostre scuole; dà alla sua Congregazione una forma rispondente alle nuove condizioni politiche, come una « Associazione di liberi cittadini, i quali si uniscono e vivono insieme ad uno scopo di beneficenza ». secondo il consiglio dello stesso ministro Rattazzi, e secondo le autorevoli parole di Pio IX; « ogni membro d'essa in faccia alla Chiesa sia un religioso, e nella civile società sia un libero cittadino (1). » E cosí dà fondamento opportunamente moderno alle sue varie istituzioni di educazione e d'istruzione.
Le sue colonie agricole trattengono almeno una parte dei giovinetti del popolo nella campagna, tanto di guadagnato per la loro salute nel corpo e nello spirito; i suoi ospizi accolgono gl'indigenti, che sotto lo stimolo della fame e della disoccupazione si darebbero a mal fare; i suoi laboratorii dànno l'istruzione e l'avviamento professionale, diminuendo la fiumana degli spostati; i suoi collegi provvedono alle necessità delle famiglie meno agiate; i suoi oratorii festivi, col balsamo della religione e della dolcezza e amabilità cristiana, confortano, sollevano, educano alla pietà, alla morigeratezza una parte assai notabile della popolazione giovanile della città. Le sue Letture Cattoliche finalmente, i suoi libri popolarissimi della Storia Sacra, della Storia ecclesiastica, della Storia d'Italia, encomiata anche dal Governo di allora, la collana di classici italiani ad uso della gioventù e soprattutto quella sua Casa editrice salesiana dedicata alla diffusione a buon mercato dei buoni libri, spargono tra i figli del popolo la piú copiosa corrente di istruzione morale, religiosa e intellettuale che sia mai uscita, nel secolo scorso, dalla stampa italiana, anche cattolica.
E provvide egli pure alla gioventù femminile del popolo, con dare il suo spirito e l'istituzione alle Figlie di Maria Ausiliatrice, le quali reggono al presente oltre 300 case; asili d'infanzia, educandati, oratorii festivi, case-famiglia, scuole popolari, laboratorii, convitti operai e case di missione.
Non diciamo già, giova ripeterlo, che siano queste opere esclusive di Don Bosco e dei suoi figli, perché vi si adoperano con lode e profitto altre congregazioni religiose, come ad esempio gli Stimmatini istituiti dal Ven. Gaspare Bertoni (n. 1777, † 1853) i Giuseppina, fondati dal Sac. Leonardo Murialdo pure in Torino, largamente stabiliti nell'alta Italia e in Dalmazia, e che da alcuni anni portano già anche in Roma i piú lieti frutti; ma in esse si è segnalato in modo straordinario e vastissimo quest'uomo provvidenziale con la sua istituzione, tanto da meritargli senza contrasto il titolo di apostolo dell'educazione popolare nei tempi moderni.
(1) LEMOYNE. Vol. I, pag. 582, 589.
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Tutto in lui concorre a farne un vero apostolo della educazione popolare. Primieramente la sua stessa condizione e stato sociale. Era egli nato in una famiglia di campagnuoli e vissuto trà essi, in quei primi anni della giovinezza, che, come il fiore del campo, se sono attorniati dalla fresca poesia della natura, vengono tuttavia temprati dalle fatiche e dagli stenti e acquistano vera conoscenza sperimentale della vita del povero. Onde di sé poté dire, a somiglianza di Gesú Cristo, questo futuro educatore del popolo: «Povero io sono e tra le fatiche sino dalla mia giovinezza ». E nel fiore degli anni conobbe anche gli stenti della vita povera nella città, in se stesso, e nelle turbe di giovani operai, di poveri, di abbandonati che lo attorniavano.
Inoltre il suo, diremmo quasi, istinto spirituale che lo portava ad educare i figli del popolo, ricusando il lucro e gli agi di istitutore in una famiglia aristocratica.
La sua prima famiglia spirituale: giacché il suo oratorio di Valdocco fu veramente una famiglia, per la semplicità di governo, che aveva in lui un padre affettuosissimo, ed una madre povera anch'essa, ma ricca di carità e d'ogni provvida amorevolezza, nella stessa madre di Don Bosco « Mamma Margherita ».
Le sue maniere e la sua parola, che andavano diritte al cuore, dov'è il vero segreto del buon successo per cattivare il popolo e condurlo al bene. Onde, a somiglianza del dolcissimo carattere di Gesú, cosí ben tratteggiato da Isaia, egli non levava la voce in aspre riprensioni, non ispezzava la canna già conquassata sotto i colpi della miseria e dell'abbandono, non estingueva il lucignolo fumigante per difetto dell'olio della carità. La sua stessa eloquenza popolare, fatta di similitudini e di parabole, concorreva a dare a tutto il suo contegno i tratti di Colui che disse per bocca d'Isaia: evangelizare pauperibus misit me.
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Non senza ragione abbiamo parlato di quei giovinetti abbandonati, che vengono nelle città, o sono nati da parenti che vi accorsero in cerca di lavoro e di pane. Essi dànno il ca rattere più importante e insieme piú tenero alla figura del grande apostolo della educazione popolare. Lo prova la prima origine degli « oratorii festivi », com'è narrata dallo stesso Don Bosco, con una semplicità commovente:
Il giorno solenne dell'Immacolata Concezione di Maria (8 dicembre 1841) all'ora stabilita era in atto di vestirmi dei sacri paramentali per celebrare la santa messa. Il chierico di sacristia, Giuseppe Comotti, vedendo un giovanetto in un canto lo invita di venirmi a servire la messa.
- Non so, egli rispose tutto mortificato.
- Vieni, replicò l'altro, voglio che tu serva messa.
- Non so, replicò il giovanetto, non l'ho mai servita.
- Bestione che sei, disse il chierico di sacristia tutto furioso; se non sai servir messa, a che vieni in sacristia? - Ciò dicendo dà di piglio alla pertica dello spolverino e giù colpi sulle spalle e sulla testa di quel poveretto.
Mentre l'altro se la dava a gambe.
- Che fate, gridai ad alta voce; perché battere costui in cotal guisa? che ha fatto?
- Perché viene in sacristia, se non sa servir messa?
Ma voi avete fatto male.
- A Lei che importa?
- Importa assai, è un mio amico; chiamatelo sull'istante, ho bisogno di parlare con lui (1).
In breve: Don Bosco interrogò e confortò il giovinetto con ogni amorevolezza, e vedendo che non sapeva nulla di catechismo, neanche il segno della Croce, dopo celebrata la Messa, cominciò ad istruirlo, e fattogli un regaluccio lo congedò, facendosi promettere che sarebbe tornato la domenica seguente.
Nulla di piú ordinario, e pure nulla di più caratteristico che questa scena. Mirabile il contrasto di modi tra il rozzo sagrestano ed il mite Don Bosco. Profondamente dolce, sublime, quella parola che viene spontanea sulle labbra di Don Bosco: è un mio amico, sebbene egli non avesse mai visto prima quel giovinetto. Ogni giovane povero e derelitto è suo amico! Quel giovinetto, in fatti, era orfanello d'ambedue i genitori, povero, ignorante d'ogni cosa, venuto da Asti nella grande città di Torino, incerto del suo avvenire. Chi sa? Forse quel rozzo trattamento del sagrestano l'avrebbe allontanato per sempre dalla Chiesa: egli sarebbe divenuto un barabba, come dicono i torinesi, odiatore della società che lo rigettava... se non l'avesse accolto l'accento amichevole d'un apostolo della gioventù! Con questo primo giovane derelitto e « con un semplice catechismo festivo, nella chiesa di S. Francesco d'Assisi », ebbero origine gli Oratorii festivi di D. Bosco.
Un altro fatto di simil genere, avvenuto nei primordii dell'Oratorio già fondato da Don Bosco, ci rivela, con tenerissimi tratti che strappano le lagrime, la urgente necessità che la società risente, oggi piú che mai, di un siffatto apostolo della gioventù operaia.
Una sera, mentre i giovani erano intenti a ricrearsi, si presentò presso la siepe un giovanetto sui quindici anni. Pareva che ci bramasse di varcare il debole riparo, ed unirsi con loro; ma, non osando, li contemplava timidamente con un'aria triste ed oscura. Don Bosco lo vide, e fattosi a lui vicino, gli mosse varie domande, alle quali il poverino non dava alcuna risposta. Il servo di Dio venne a dubitare non fosse muto, e già voleva parlargli con segni, quando, tentando ancor una prova e ponendogli la mano sul capo, gli domandò:
- Che cos'hai, mio caro? Dimmi; ti senti male?
Incoraggiato da questi tratti di benevolenza, il povero giovanetto, con un fil di voce rispose:
- Ho fame (1)!
Il miserello fu rifocillato, e Don Bosco venne a sapere che era un povero giovane forestiero, che faceva il sellaio, ed era stato licenziato dal padrone, perché non sapeva bene il mestiere, che la notte innanzi aveva dormito sulla gradinata della Metropolitana e da più ore sentivasi tentato a rubare, ma il Signore l'aveva condotto a quella volta. Quel giovinetto, già sulle soglie del mal fare, fu salvo per l'amorevolezza di Don Bosco. Anche questo è un fatto ordinario, che apre sovente una parentesi gentile e commovente nella vita di chi fa il bene, ma non s'innalza all'importanza di una grand'opera sociale e religiosa, come per Don Bosco.
Pensiamo che con centinaia di simili giovinetti Don Bosco adoperò la stessa attraente amorevolezza, e con migliaia e migliaia ancora l'hanno adoperata e l'adoperano i suoi figli della Pia Società Salesiana, e potremo far giusto conto dell'immensa opera educativa popolare di quest'uomo e del suo spirito, trasmesso nei suoi figli.
Quei primi giovanetti furono tolti alla mala vita ed avviati a divenire buoni cristiani e buoni cittadini. E la storia di migliaia e migliaia tra i giovani che frequentano gli oratorii festivi, che si affollano nei laboratorii, che riempiono con affluenza quasi inverosimile i collegi, le colonie, gli ospizi fondati da Don Bosco e dai suoi figli (2). Quale inestimabile corrente di bene tra il popolo! Quale immenso vantaggio per la stessa società civile!
E questa, in alcune delle somme linee, la provvidenziale missione educativa del venerabile Don Bosco.
N. d. R. -Nel porgere, come facciamo, le piú vive grazie alla benemerita direzione della Civiltà Cattolica, vogliamo qui ricordare colle parole delle Deliberazioni della IV Adunanza dei direttori diocesani dei Cooperatori Salesiani, tenutasi a Valsalice nel 1902, « il bene immenso che fecero a Don Bosco ed alle sue Opere l'Unità Cattolica e l'Italia Reale-Corriere Nazionale, l'Osservatore Cattolico, l'Osservatore Romano, il Verona Fedele. Vi sono innumerevoli giornali, ed alcuni autorevolissimi, tanto in Italia quanto all'Estero, che cedono volentieri e gratuitamente le loro colonne a quella stessa missione, della quale si occupa il Bollettino Salesiano. Sui giornali, certo, non potremo diffoncerci egualmente: ma si pensi:
» a) che moltissimi, i quali leggono quotidianamente i giornali, non leggono il Bollettino;
» b) che certi inviti e notizie urgenti talora non si possono rimandare fino alla pubblicazione del Bollettino ; né sempre è possibile preparare un supplemento od una circolare ;
» c) che al giornale possiamo ricorrere piú volte il mese o la settimana;
» d) e che non ci costa nulla, né per la stampa né per la spedizione..
» Per queste e mille altre ragioni, ad ampliare sempre piú la nostra propaganda:
» 1. In ogni centro d'azione salesiana vi sia un apposito redattore, il quale abbia l'incarico di mandare ai giornali, ed anche a' periodici, comunicazioni, articoli, relazioni, ecc. secondo il nostro spirito;
» 2. A destare maggior interesse s'impegnino talvolta questa e quella persona degli scrittori più brillanti, nostri amici;
» 3. Oltre gli articoletti preparati con varietà per un giornale del luogo, e qualche articolo piú lungo ed elaborato per taluno dei giornali piú autorevoli, trattandosi di notizie o comunicazioni piú importanti sarà bene allestirle in bozze volanti o poligrafate ed inviarle a tutti i giornali principali d'una vasta zona. Tutto questo, certo, richiede un lavoro paziente e molto spirito di sacrifizio; ma è fecondo di ottimi frutti ».
Prendete cura speciale degli ammalati, deí fanciulli, dei vecchi e dei poveri, e guadagnerete la benedizione di Dio e la benevolenza degli uomini.
Ven. Giovanni Bosco.
(1) LEMOYNE. Vol. I. pag. 320.
(2) Gli istituti salesiani in pro' della gioventù si contano ormai a centinaia: in Italia 116: all'estero: in Europa e in Oriente più di 70, nell'America latina, segnatamente, dove sono di grande vantaggio ai nostri emigranti, più di 15o.
Il Ven. Don Bosco non dimenticava mai di essere prete, e a tutti parlava da prete.
Nel 1884 si recò a fargli visita uno straniero, grande ammiratore suo, che lo intrattenne a parlare delle opere buone che compiva in patria. Era un buon avvocato, caldo sostenitore della scuola libera, fregiato dal Santo Padre della decorazione di Commendatore; che per la tristezza dei tempi si era ritirato dai pubblici maneggi degli affari, ma non tralasciava di patrocinare privatamente la buona causa.
Don Bosco, che lo ascoltava con interesse, a un tratto gli chiese amorevolmente:
- Signore, e questa Religione che tanto onoratamente sostiene .., la pratica poi?
Tali parole sconcertarono l'avvocato, che si coperse di rossore e soggiunse:
- Perche mi parla cosí?
- Perche Lei mi tratta con tanta famigliarità e cortesia che mi parrebbe di mancare a un dovere, se non la contraccambiassi con segni di amicizia e di confidenza.
Quel signore tentò di cambiare discorso, ma il Venerabile insisté sulla sua domanda tenendogli stretta la mano tra le sue.
E quegli con fare imbarazzato:
- Perche mi tiene stretto cosí?
- Ed Ella perche vuole svincolarsi da me? Risponda alla mia domanda: Questa Religione, che pubblicamente difende cosí bene, la pratica poi?
- Ah! signor Don Bosco, Ella ha già letto nel mio cuore, non è vero? - e bagnando di calde lagrime le mani del Venerabile, continuò fra i singhiozzi: - Si, glielo confesso, Don Bosco, io non l'ho mai praticata, anzi non credeva piú alla confessione!
- Ebbene, mi dica che d'ora innanzi si farà praticante e mi prometta, signore, che la prima volta che avremo ad incontrarci, Ella m'abbia di nuovo a stringere la mano e dirmi: « Ho mantenuta la promessa! »
- Sí, glielo prometto, appena giunto a casa mia, lui confesserò e glie ne parteciperò la notizia tra pochi giorni! Glie ne dò la mia parola d'onore! - E pieno di ammirazione per la franchezza con la quale Don Bosco l'aveva fatto rientrare in sè, continuò: - Ah! signor Don Bosco, se tutti i preti fossero come lei, tutti si arrenderebbero alla religione.
-- Se tutti si avvicinassero ai preti come lei, gli rispose amabilmente il Venerabile, nessuno parlerebbe male dei preti!
Come dobbiamo lavorare attorno la gioventù.
Ogni sacerdote, deve, sull'esempio di Gesú Cristo, amar tutte le anime e aver cura speciale di quelle dei giovani, perché nessun'età, sotto il punto di vista della fede, desta tanto interesse quanto la gioventú. Tre speciali attrattive ci legano ad essa: la sua innocenza, i suoi pericoli, la facilità che offre a chi la coltiva di fare un grandissimo bene. « Non si deve disperare della salvezza di nessuno - riflette il Chaignon - ma ahi! quante difficoltà bisogna vincere per ricondurre a Dio certi peccatori. Il fanciullo, invece, non oppone allo zelo che un solo ostacolo, la sua leggerezza: con lui basta la pazienza. L'anima sua è un terreno vergine che aspetta la mano dell'agricoltore per produrre il centuplo; è un albero flessibile che si adatta alla piega a cui si vuol ridurre. Il suo cuore, scevro dagli affetti peccaminosi, è capace delle migliori aspirazioni. Egli crede all'autorità, e abbraccia con fiducia la fede ed i sentimenti di coloro che l'avvicinano. Oh! quanto riesce facile intenerirlo, parlandogli di un Dio, che si è fatto bambino ed è morto per noi; come torna agevole infondere il timor di Dio, la compassione per coloro che soffrono, la riconoscenza, l'amor divino, in queste anime predisposte dal Battesimo a tutte le virtú cristiane. Se ne domandi ai pastori zelanti, tutti diranno che nessun altro ministero reca loro tanto conforto quanto quello che esercitano intorno ai giovanetti. Esso, d'altra parte, reca frutti estesi piú che ogni altro. Se tutti i miei sforzi per ricondurre alla virtú un uomo grave d'anni e indocile fino allora alla voce della coscienza, fossero coronati da felice successo, non impedirebbero affatto che la sua lunga vita non sia trascorsa in un vuoto spaventevole lungi dal cielo, e che non sia stata una rivolta continua contro Dio. Se si tratta di un fanciullo, il mio zelo ne santificherà tutta la vita; io vengo preparando tutto il bene ch'egli opererà, e partecipo a tutte le buone opere, onde infiorerà il corso della sua vita (1) ».
Queste verità, cosí chiare e lampanti, non son comprese da tutti i sacerdoti. Non mancano di quelli che dicono:
- Perché preferire i giovanetti? gli altri non hanno un'anima al par di loro?
Ed altri soggiungono sconfortati
- Provate, provate a dedicarvi alla gioventú! le vostre saranno fatiche buttate al vento ! non riuscirete mai a vincere la loro leggerezza!...
Se voi insistete sopra un punto di tanta importanza, se ricordate loro l'esempio di quei grandi sacerdoti che divennero noti in tutto il mondo per la loro carità verso i fanciulli, essi vi rispondono freddamente:
- Ma quelli erano santi!
Cari confratelli, noi dedichiamo a costoro una splendida pagina di Don Bosco, il quale, pur avendo fatto suo il motto di S. Francesco di Sales: Da mihi animas, caetera tolte! « le anime, tutte le anime!... e null'altro! », tuttavia amò di preferenza la gioventú.
Leggetele anche voi, con attenzione, le sue parole. Non solo vi troverete una piú ampia risposta a tutte le accennate obbiezioni, ma imparerete pure come ogni sacerdote, anche isolatamente, possa e debba fare un gran bene alla gioventú.
Don Bosco qui parla appunto dello zelo di San Filippo Neri per la salvezza dei giovanetti, parla a sacerdoti, e parla con tanta convinzione cioè con tanta abundantia cordis, che dipinge se stesso. Sostituite al nome di S. Filippo quello del nostro Fondatore, e vedrete fedelmente ritratte le stesse sante industrie che egli usò nel lavorare in mezzo ai giovanetti.
(1) Compendi delle Meditazioni pei sacerdoti, tradotti per cura di un sacerdote romano. - Roma, Federico Setth, 1898, pag. 445.
(Da un discorso di Don Bosco su S. Filippo Neri, recitato nel 1868 ad Alba).
...Dio aveva inviato Filippo specialmente per la gioventú, perciò il Santo a questa rivolse la sua speciale sollecitudine.
Considerava egli il genere umano come un gran campo da coltivarsi. Se per tempo si semina buon frumento, si avrà abbondante raccolto; ma se la seminagione è fuor di stagione, si raccoglierà paglia e loppa. Sapeva eziandio che in questo campo mistico vi è un gran tesoro nascosto, vale a dire le anime di tanti giovanetti per lo piú innocenti e spesso perversi senza saperlo. Questo tesoro, diceva Filippo in cuor suo, è totalmente confidato ai sacerdoti, e per lo piú da essi disperde il salvarlo o il dannarlo.
Non ignorava Filippo che tocca ai genitori, avere cura della loro figliuolanza, tocca ai padroni l'aver cura dei loro soggetti ; ma quando questi non possono, o non sono capaci, oppure non vogliono, si dovranno lasciare andare queste anime alla perdizione? Tanto piú che le labbra del sacerdote devono essere il custode della scienza e i popoli hanno diritto di cercarla dalla bocca di lui, e non da altri.
Una cosa al primo aspetto sembrò scoraggiare Filippo nella coltura dei poveri ragazzi ed era la loro instabilità, le loro ricadute nel medesimo male e peggio ancora. Ma si riebbe da questo panico timore al riflettere che molti erano perseveranti nel bene, che i recidivi non erano in numero stragrande, e che costoro medesimi, colla pazienza, colla carità e colla grazia del Signore, per lo piú si mettevano in fine sulla buona strada, e che perciò la parola di Dio era un germe il quale, o piú presto o piú tardi, produceva il sospirato frutto. Egli pertanto sull'esempio del Salvatore che ogni giorno ammaestrava il popolo: erat quotidie docens in templo ; e con premura chiamava i ragazzi piú discoli a sé, andava ovunque esclamando: Figliuoli, venite da me, io vi additerò il mezzo di farvi ricchi, ma delle vere ricchezze che non falliranno mai; io v'insegnerò il santo timor di Dio: Venite, filii, audite me, timorem Domini docebo vos. Queste parole, accompagnate dalla grande sua carità e da una vita che era il complesso di ogni virtú, facevano sí che turbe di fanciulli da tutte parti corressero al nostro Santo. Il quale ora indirizzava la parola ad uno, ora ad un altro; collo studente faceva il letterato, col ferraio il ferraio, col falegname il capo falegname, col barbiere il barbiere, col muratore il capo mastro, col calzolaio il mastro ciabattino. In tal modo facendosi tutto a tutti guadagnava tutti a Gesú Cristo. Perciòcché quei giovanetti, allettati da quelle caritatevoli maniere, da quegli edificanti discorsi, sentivansi come tratti dove Filippo voleva; a segno che succedeva l'inaudito spettacolo che per le vie, per le piazze, per le chiese, per le sacrestie, nella stessa sua cella, durante la messa, e fino nel tempo di preghiera, egli era preceduto, seguito, attorniato da ragazzi che pendevano dalle sue labbra, ascoltavano gli esempi che raccontava, i principii di catechismo che loro andava esponendo. E poi? Ascoltate. Questa turba di ragazzi indisciplinati ed ignoranti, di mano in mano che venivano istruiti nel catechismo, dimandavano di accostarsi al sacramento della Confessione e della Comunione, cercavano di ascoltare la Santa Messa, udire le prediche, e a poco a poco cessavano dalle bestemmie, dall'insubordinazione, e, in fine, abbandonavano i vizii, miglioravano i costumi, talmente che migliaia di sventurati fanciulli, i quali, già battendo la via del disonore, avrebbero forse terminata la loro vita nelle carceri o col capestro, con loro eterna perdizione, per lo zelo di Filippo furono ai loro parenti restituiti docili, ubbidienti, buoni cristiani, avviati per la strada del Cielo. Oh santa Cattolica Religione!
oh portenti della parola di Dio! quali maraviglie non operi mai tu per mezzo del ministro che conosca e compia i doveri di sua vocazione!
Qualcuno dirà: Queste meraviglie operò San Filippo perché era un Santo. Io dico diversamente: Filippo operò queste meraviglie, perché era un sacerdote che corrispondeva allo spirito della sua vocazione. Io credo, che se animati dallo spirito dello zelo, di confidenza in Dio, ci dessimo noi pure davvero ad imitare questo Santo, otteremmo certamente gran risultato nel guadagno delle anime. Chi di noi non può radunare alcuni fanciulli, far loro un po' di catechismo in una casa od in chiesa, e se fosse mestieri anche nell'angolo di una piazza, o in una via, e colà istruirli nella fede, animarli a confessarsi, e, quando occorre, ascoltarli in confessione? Non possiamo noi ripetere con S. Filippo: Fanciulli, venite a confessarvi ogni otto giorni e comunicatevi secondo il consiglio del Confessore?
Ma come mai, fanciulli dissipati, amanti del mangiare, del bere e di trastullarsi, come mai poterli piegare alle cose di chiesa e di pietà? Filippo trovò questo segreto. Ascoltate : Imitando la dolcezza e la mansuetudine del Salvatore. Filippo li prendeva alle buone, li accarezzava, agli uni regalava un confetto, agli altri una medaglia, una immaginetta, un libro e simili. Ai più discoli poi e ai più ignoranti, che non erano in grado di gustare quei sublimi tratti di paterna benevolenza, preparava un pane loro più adattato. Appena egli poteva averli intorno a sè, subito si faceva a raccontare loro amene storielle, li invitava a cantare, a suonare, a rappresentazioni drammatiche, a salti, a trastulli di ogni genere. Finalmente i più restii, i più vanerelli erano per così dire strascinati nei giardini di ricreazione cogli strumenti musicali, colle bocce, colle stampelle, colle piastrelle, con offerte di frutta e di piccole refezioni, di colazioni, di merende. Ogni spesa, diceva Filippo, ogni fatica, ogni disturbo, ogni sacrificio è poco, quando contribuisce a guadagnare anime a Dio. Così la camera di Filippo era divenuta quale una bottega da negoziante, come luogo pubblico di spettacolo, ma nel tempo stesso fatta casa di orazione e luogo di santificazione. Così Roma vide un sol uomo, senza titoli, senza mezzi e senza autorità, armato dal solo usbergo della carità, combattere la frode, l'inganno, la scostumatezza ed ogni sorta di vizio e tutto superare e tutto vincere a segno che molti, che la voce pubblica chiamava lupi rapaci, divennero mansueti agnelli. Queste gravi fatiche, questi schiamazzi e disturbi, che a noi sembrano forse appena sopportabili qualche momento, furono il lavoro e la delizia di San Filippo per lo spazio di oltre sessant'anni, cioè durante tutta la sua vita sacerdotale, fino alla più tarda vecchiaia, fino a tanto che Iddio lo chiamò a godere il frutto di tante e così prolungate fatiche.
Rispettabili signori , àvvi qualche cosa in questo Servo fedele che non si possa da noi imitare? No che non v'è. Ciascun di noi nella sua condizione è abbastanza istruito, è abbastanza ricco per imitarlo, se non in tutto, almeno in parte. Non lasciamoci illudere da quel vano pretesto che talvolta ci avviene di ascoltare: Io non sono obbligato; ci pensi chi ne ha il dovere.
Quando dicevano a Filippo, che non avendo cura d'anime non era tenuto a lavorare cotanto, rispondeva: « Il mio buon Gesú aveva forse qualche obbligo di spargere per me tutto il suo sangue? Egli muore in croce per salvare anime, ed io, suo ministro, mi rifiuterò di sostenere qualche disturbo, qualche fatica per corrispondere? » Ecclesiastici, mettiamoci all'opera. Le anime sono in pericolo e noi dobbiamo salvarle. Noi siamo a ciò obbligati come semplici cristiani, cui Dio comandò di aver cura del prossimo: Et mandavit illis unicuique de proximo suo. Siamo obbligati perché si tratta delle anime dei nostri fratelli, essendo noi tutti figli del medesimo Padre Celeste. Dobbiamo anche sentirci in modo eccezionale stimolati a lavorare per salvare anime, perché questa è la piú santa delle azioni sante. Divinorum divinissimum est cooperari Deo in salutem animarum (Aeropagita). Ma ciò che ci deve assolutamente spingere a compiere con zelo quest'ufficio si è il conto strettissimo che noi, come ministri di Gesú Cristo, dovremo rendere al suo Divin Tribunale delle anime a noi affidate.
Oh il gran conto, conto terribile che i genitori, i padroni, i direttori, e in generale tutti i Sacerdoti dovranno rendere al tribunale di Gesú Cristo delle anime loro affidate! Quel momento supremo verrà per tutti i cristiani, ma, non facciamoci illusioni, verrà anche per noi sacerdoti. Appena saremo svincolati dai laccì del corpo e compariremo davanti al Divin Giudice, vedremo in modo chiaro quali fossero gli obblighi del nostro stato e quale ne sia stata la negligenza. Davanti agli occhi apparirà l'immensa gloria da Dio preparata ai servi fedeli, e vedremo le anime.. sì, tante anime, che dovevano andarlo a godere e che per nostra trascuratezza nello istruirle nella fede andarono perdute!
Che terribile posizione per un sacerdote, quando comparirà davanti al Divin Giudice che gli dirà: Guarda giú nel mondo: quante anime camminano nella via dell'iniquità e battono la strada della perdizione! Si trovano in quella mala via per cagion tua; tu non ti sei occupato a fare udire la voce del dovere, non le hai cercate, non le hai salvate. Altre poi per ignoranza, camminando di peccato in peccato, ora sono precipitate nell'inferno. Oh! guarda quanto è grande il loro numero! Quelle anime gridano vendetta contro di te. Ora, o servo infedele, serve nequam, dàmmene conto. Dàmmi conto di quel tesoro prezioso che ti ho affidato, tesoro che costò la mia passione, il mio sangue, la mia morte. L'anima tua sia per l'anima di colui che per tua colpa si è perduta: Erit anima tua pro anima illius.
Ma no, mio buon Gesú, noi speriamo nella vostra grazia e nella vostra infinita misericordia che questo rimprovero non sarà per noi. Noi siamo intimamente persuasi del gran dovere che ci stringe d'istruire le anime, affinché per cagion nostra non vadano miseramente perdute. Onde, per l'avvenire, per tutto il tempo della vita mortale, noi useremo la piú grande sollecitudine, affinché nessun'anima per nostra colpa abbia da perdersi.
Dovremo sostenere fatiche, stenti, povertà, dispiaceri, persecuzioni ed anche la morte? ciò faremo volentieri, perché voi ce ne deste luminoso esempio. Ma voi, o Dio di bontà e di clemenza, infondete nei nostri cuori il vero zelo sacerdotale, e fate che siamo costanti imitatori di quel Santo, che oggi scegliamo a nostro modello; e quando verrà il gran giorno, in cui dovremo presentarci al vostro Divìn Tribunale per esser giudicati, possiamo avere non già un biasimo di riprovazione, ma una parola di conforto e di consolazione. E voi, o glorioso S. Filippo, degnatevi d'intercedere per me indegno vostro divoto, intercedete per tutti questi zelanti sacerdoti che ebbero la bontà di ascoltarmi e fate che in fine della vita tutti possiamo udirci quelle consolanti parole: Hai salvate anime, hai salva la tua: Animam salvasti, animam tuam praedestinasti.
Un prete è sempre prete e tale deve manifestarsi in ogni sua parola; ed esser prete vuol dire aver di mira continuamente e per obbligo il grande interesse di Dio, cioè la salute delle anime.
Ven. Giovanni Bosco.
Uno dei piú zelanti cooperatori salesiani, da proporsi come modello ai sacerdoti, è senza dubbio Mons. Paolo Taroni, prima cappellano a S. Pierlaguna, poi direttore spirituale del Seminario di Faenza, ove mori in concetto di santità il giorno del venerdí santo, alle ore tre pomeridiane, nel 1902. Di questo caro Servo di Dio fu subito scritta la Vita e da essa spigogliamo queste note (1).
« La mattina del 17 febbraio 1864 - narra Mons. Taroni nelle sue memorie - andato da S. Pierlaguna a Formellino per un funerale, a caso trovai sopra il caminetto del parroco un piccolo libro colla copertina di colore turchino. Lo presi, ne lessi il frontespizio e qualche tratto. Era un fascicolo delle Letture Cattoliche di Torino... Lo chiesi in prestito e tanto mi piacque che per acquistare quello e simili libri mi associai (1865) alle Letture. Per queste benedette Letture conobbi Don Bosco, l'Oratorio e la Beata Vergine Ausiliatrice...» che nel 1870 lo risanò da una gravissima malattia, un'entero-peritonite.
« Dopo ricevuti i Sacramenti, - continua il pio Sacerdote - memore dei racconti di tante grazie elargite dall'Ausiliatrice a' suoi divoti, come aveva letto nelle Letture Cattoliche, proposi di recitare in onore di Lei, appena la malattia me lo avesse permesso, una novena di tre Pater e tre Salve regina, e di mandare un'offerta al suo Santuario di Torino, ottenuta la guarigione.
« Cominciai il 15 (maggio) e il giorno dopo cessò il singhiozzo, che da piú di otto giorni mi molestava continuamente: il 21 mi alzai di letto, e il 24, festa di Maria Ausiliatrice, discesi in chiesa a farvi la Comunione.
» Il giorno stesso scrissi a D. Bosco, e colla relazione della grazia ricevuta spedii la mia tenue offerta.
» Il vicedirettore del Santuario, D. Michele Rua, mi rispose a nome di Don Bosco, rallegrandosi con me dell'ottenuta grazia, ed esortandomi in contraccambio a propagare quanto più poteva le Letture Cattoliche. Mi sentii a un tratto un grande trasporto a questo, e, se non feci voto, certamente un forte proposito, e cominciai subito a cercare associati, quantunque tra quei poveri campagnuoli non ne trovassi che pochissimi ».
Ma non appena fu chiamato, al principio del 1871, al Seminario di Faenza, che non fece il piissimo Direttore per le diffusione delle Letture Cattoliche?
Cediamo la parola a Mons. Lanzoni, Leggete, o cari confratelli, e ammirate lo zelo del santo prete romagnolo.
Mons. Taroni e le "Letture Cattoliche."
Come nel seminario, cosí nella diocesi ed anche fuori diffuse migliaia e migliaia di opuscoli e libri buoni, specialmente delle tipografie salesiane, ed esortava i suoi figli spirituali a fare il medesimo.
Soleva dire: « Oggi chi sa, componga e scriva libri buoni ; e chi non sa, come me, divulghi e propaghi i libri altrui ».
« Bisognerebbe », scriveva nel 1884 ad un amico parroco, « che di questo bel librino ci fosse copia nelle mani di tutti i vostri parrocchiani. Se i preti del vostro paese, che tra vecchi e giovani sono parrecchi, si unissero insieme a far venire da Torino qualche migliaio di questi opuscoletti (e non spenderebbero molto, perché costano un soldo ciascuno), quanto giovamento recherebbero al popolo. assassinato da un colluvie di libri e libercoli cattivi! Oggi che tutti imparano a leggere, è necessario che ogni parroco distribuisca e si metta a vendere... si, a vendere libri buoni.... Quando la gente fosse in pericolo di morire avvelenata, non sarebbe carità mettersi a vendere libri buoni e distribuire il contravveleno? Via, da bravo : giovatevi di qualche maestro o maestra, o uomo, o donna, e spargete libri buoni. Se in ogni canonica del mondo vi fosse un deposito di tali libri, da un soldo l'uno, credete voi che non se ne venderebbero delle migliaia in un momento? Da prima li comprerà un fanciullo, una fanciulla questi spargono la nuova, mostrano il librino ai compagni, ai genitori, ed ecco lo smercio bell'e cominciato... Mio caro, bisogna che i preti spargano libri buoni a qualunque costo ». Egli stesso cooperò con altri zelanti sacerdoti alla fondazione in Faenza di una Biblioteca circolante cattolica, che ancora esiste.
Raccontai di sopra (1) come il cappellano di S. Pierlaguna, dopo la guarigione del maggio del 1870, esortato da Don Bosco a propagare, quanto più poteva, le Letture Cattoliche, si sentisse: « a un tratto », com'egli stesso racconta - un grande trasporto a questo, e se non ne fece voto, certamente un forte proposito, e cominciasse subito a cercare associati. - « Ma, ahimè, in quelle campagne era impresa troppo difficile. Non ne trovai che tre o quattro. Venuto però l'anno appresso in Faenza..— potei eseguire il mio proposito (1888) ».
Infatti nel 1872 i suoi inscritti erano già quaranta, e due anni dopo scriveva al suo carissimo D. Saverio (1): «Ho piú che 100 associati alle care Lettare... E vorrei che fossero mille milioni, vale a dire quanti sono gli abitatori del globo terracqueo, il quale invece di affogare nell'acqua, come ai tempi di Noè, affoga nelle bugie, delle quali si ha un diluvio universalissimo. Bugie nella storia, nella filosofia, nella letteratura, nella poesia, nel teatro, nel giornalismo, nei romanzi, ecc. Dunque letture cattoliche, libri cattolici... e viva Don Bosco! Mio caro Saverio, io vado fuori di me quando penso a queste cose... veggo tante anime, specialmente di giovani ed ahi! anche di seminaristi, assassinati dalla bugia, dalla maledettissima bugia (1874) »
Nel 1877 scriveva: « Gradisca Maria Ausiliatrice il mio zelo per la diffusione di queste Letture, e possa io nel giorno di mia morte consolarmi di averle propagate quanto più poteva »; e l'anno dopo pare ne facesse voto: infatti scrive nelle sue memorie: « necessitas mihi incumbit : vae mihi si non evangelizavero (1878 »).
« I miei associati, scriveva nel 1888, giungono al bel numero di 333, senza contare parecchi che si sono resi indipendenti da me, cioé sono divenuti collettori essi stessi, e associano altri e fanno venire direttamente i libri da Torino ».
L'anno della sua morte gli associati toccavano il numero di quattrocento.
« Il mio programma, diceva egli, è stato sempre questo : gli associati si può crescerli, diminuirli non si può ».
Il giorno che il fattorino dell'agenzia gli portava il collo dei fascicoli era un giorno di festa pel direttore. Se era un po' malinconico, si rasserenava, e se indisposto, pareva risanasse. Con tutta sollecitudine chiamava nella sua cameretta uno o due seminaristi e dettava loro gl'indirizzi, e quanto prima legava egli stesso gl'involtini per diramare. le copie al loro destino.
Quando mori, aveva diffuso nella diocesi e nei luoghi vicini circa 212.000 (duecentododicimila) di quei fascicoletti.
Scriveva spesso agli amici per indurli ad associarsi o a trovare associati, e a' suoi collaboratori per incitarli a cercarne sempre dei nuovi. Delle varie centinaia di sì fatte lettere, avute sott'occhio, riporterò qualche tratto:
« Voi siete veramente un amico, perché per aiutarmi a spargere i libri di Don Bosco, improntate voi stesso il denaro come faccio io pure, che ogni anno anticipo a Torino centinaia di lire, che poi riscuoto a poco a poco, e quando Dio vuole. Eppure sono contento... Vogliamo coprire il mondo di Letture Cattoliche (1882) ».
« Aiutatemi a spargere le Letture Cattoliche. Dite a N. N. che raccomandi in chiesa questi libri... Oh! se in ogni famiglia ve ne fosse una copia! Questi libri non son fatti per voi preti; ma siete voi preti che dovete darli a leggere ai fanciulli, alle fanciulle, ai vecchi, ai giovani, ai ricchi, ai contadinelli, a tutti... Parlate cogli altri preti delle Letture Cattoliche, quando vi trovate a feste, a funerali, a uffizi... Evviva chi avrà propagato le Letture Cattoliche, opportune et importune (1883) ».
« Oh se mi trovaste costi qualche associato alle Letture Cattoliche. Non potete credere quanto bene facciano questi librini... Tanti buoni padri e madri che cercano d'allevare cristianamente la prole, potranno cosí trovare in voi, oltre il maestro, anche l'apostolo dell'educazione cristiana... Del resto compatitemi di questa mia proposta e attribuitene l'ardire alla troppa benevolenza che... mi mostrate (188o). »
« Trova, mio caro, trova altri associati... Io cominciai con uno ed ora son 307... Roma fu fatta a poco a poco. Molti pochi .fanno assai... Per farli arrivare, i fascicoli, nelle famiglie, sérviti di qualche amico, compagno, anche delle donne di casa. Chi sa? alle volte la lepre sta dove non si pensa... Consiglia anche i vecchi associati... a dare a leggere ai vicini e conoscenti i loro libri. Il mondo è fatto cosí e cosí bisogna prenderlo... Pensa, studia, prega. Ma ricordati che alle volte l'occasione capita quando meno si pensa. Allora si tenta; tentare non nocet. Se non ci si riesce oggi, si può riuscire domani. Se alcuno risponde di no, un altro dirà di sí. Chi non risica non rosica. Anche il cacciatore, quando spara, non piglia sempre; se volesse smettere di sparare quando non piglia, non sparerebbe mai (1884) ».
« Bravo! Oh se tutti i preti facessero come te ; ... spargessero libri buoni. La rovina del mondo è la stampa cattiva e la salute sarà la buona stampa... A quei giovinetti che ti servono la messa, impresta questi buoni libri... Quando visiti i malati, lascia nelle famiglie questi libri : di' loro che costano poco... Insomma, per trovare un socio, bisogna tentare e provare con dieci, con venti, con trenta (1885) ».
« A trovare associati nuovi, ci vuole pazienza, faccia ridente, buone maniere, non disturbare, non impermalirsi, pregare gli svogliati a rimanere, contentandosi però di stare al loro parere... Vince chi soffre e dura. Cosi ho fatto io da 35 anni in qua ed oh quanto ne son contento!... Di' agli associati che il Direttore ha 75 anni e quindi presto lascierà di seccarli (gennaio 1902) ».
« Mi rallegro della pescagione che hai fatto. Si, sí, invece di mettervi a questionare voi altri preti per questo e per quello, invece di fare dei piagnistei sul mondo che va male, invece d'inveire contro questi e contro quelli... spargete, spargete, spargete libri buoni (5 genn. 19o2) ».
« Fai leggere le Letture Cattoliche a tutto il paese... Centuplum accipies, in questa vita, et vitam aeternam possidebis. Ti pare poco? (22 marzo 1902) » (1).
« Oh che frutti preziosi, esclama il Direttore nelle sue memorie (1888), furono prodotti da queste benedette Letture Cattoliche in Faenza e in Romagna! 1° Per esse fu conosciuta la Beata Vergine Ausiliatrice e si ottennero da Lei molte grazie ; 2° Si conobbe Don Bosco, e molti giovani sono entrati nella Pia Società Salesiana; 3° Molti giovinetti sono andati ad educarsi e ad imparare le lettere e le arti nell'Oratorio di Don Bosco a Torino e in altre case salesiane; 4° Le Letture Cattoliche hanno procurato la vita dell'anima a migliaia di lettori ; 5° Gli associati hanno concorso col loro obolo a procurare la vita del corpo e quella dell'anima a tanti poveri giovanetti degli istituti di Don Bosco; 6° Le Letture Cattoliche hanno suscitato a Faenza i Cooperatori salesiani; e i Cooperatori salesiani hanno chiamato a Faenza i Salesiani ».
F. LANZONI.
(1) FRANCESCO LANZONI: Vita di Mons. Paolo Taroni. Faenza, Tip. Novelli e Castellani, 1903; pag. 84 e 167.
(1) É il racconto che abbiam riportato.
(1) Un affezionato suo amico.
(1) Alle volte scriveva queste esortazioni in verso : « per fare
più presto »: Io mi sento nel cor crescere ognora l'amor delle Cattoliche
Letture, ed empir ne vorrei, prima ch'io mòra, ville, campi, città, monti,
pianure.
Io veggo il mondo andare alla malora, causa le stampe ereticali e impure, che,
dalle inferne bolge uscendo fòra, copron la terra d'errori e sozzure.
Poveri noi, se non ci diam dattorno, se libri a libri non contrapponiamo! alla
barbarie si farà ritorno!
Poveri noi, poveri figli nostri !... diventerà la terra in cui viviamo selva
selvaggia di selvaggi mostri!...
La Direzione delle Letture Cattoliche, l'accennata pubblicazione periodica, fondata dal Ven. Don Bosco nel 1853 per conservare la fede e promuovere la vita cristiana in mezzo al popolo, lancia, per mezzo nostro, a tutto il Clero d'Italia questo invito.
Ai Reverendi Sacerdoti.
Nell'intento di rendere sempre piú interessanti le Letture Cattoliche, invitiamo i reverendi Sacerdoti, i quali oltre la competenza, hanno la più sicura conoscenza delle famiglie popolane, a collaborare, scrivendo, per l'ottima collezione fondata dal Ven. Don Bosco, opuscoli che trattino, in forma elementarissima, le questioni morali o religiose o sociali d'attualità; che rispondano alle piú dannose obiezioni diffuse, contro la religione e contro la Chiesa, tra il volgo ; che raccontino fatti edificanti; che narrino la vita di persone virtuosissime o di Santi universalmente venerati, e pei quali si stiano preparando feste solenni. Quanti sacerdoti hanno ricevuto da Dio quello che diremmo il talento della penna! E quanti sono tentati di sotterrarlo, il loro prezioso talento, per un timore esagerato che hanno delle... macchine tipografiche! Scrivano, scrivano per i periodici e per le collezioni edificanti, scrivano per le Letture Cattoliche di Don Bosco! Corrisponderanno, cosí, alla loro particolare vocazione, accresceranno il loro zelo per il bene delle anime, diffonderanno - maggiormente la parola di Dio, meriteranno da Dio speciali benedizioni.
Altri disse : « Se San Paolo ritornasse a questo mondo, si farebbe giornalista ». Ben desto; ma crediamo che l'Apostolo si servirebbe della stampa per predicare il Vangelo di Nostro Signore Gesù Cristo lasciando ad altri le cure minori - oh, molto minori! - che sono richieste dai giornali. Sacerdoti, v'invitiamo a continuare, coi mezzi nuovi forniti dalla Provvidenza, la missione di S. Paolo.
Pare a noi che, in questi tempi, un libretto molto facile sulla « Provvidenza di Dio, secondo la dottrina cattolica e in relazione con la vita individuale familiare e sociale » farebbe un gran bene tra il popolo.
Invitiamo perciò i reverendi Sacerdoti, a concorrere, scrivendo sopra il detto argomento, per le Letture Cattoliche.
Avvertiamo che:
1 ° nella redazione dell'opuscolo sarà bene tener conto dei fatti che, nella vita dei Santi piú recenti, attestano l'intervento della provvidenza di Dio;
2° sarà necessario usare un linguaggio cosí circospetto, che anche i piú giovani lettori possano vantaggiosamente leggere il libretto;
3° non conviene dare al lavoro la forma arida del trattato, ma, invece, quella d'una variata conversazione familiare: un lavoro tipico, per l'invenzione, per la dicitura e per il numero di pagine, potrebbe essere il volumetto intitolato « Dal vino... al mosto », che il Prof. Bongioanni pubblicò, nell'agosto del 1915, appunto per le Letture Cattoliche. A richiesta lo mandiamo gratis a chi desidera concorrere.
Esaminerà gli scritti dei concorrenti un'apposita Commissione. Detti lavori dovranno essere contrassegnati con un motto, che si dovrà ripetere sopra una busta chiusa, nella quale sia stato messo l'indirizzo esatto del concorrente.
Il vincitore avrà in premio, oltre cento copie del suo libro, un'intera collezione delle nostre Letture Amene (120 volumi utilissimi per biblioteche circolanti), oppure, se vorrà, tanti libri di nostra edizione, quant'è, in catalogo, il prezzo della suddetta edizione, cioè 12o lire.
Il lavoro premiato diverrà proprietà esclusiva della Libreria Editrice. Il tempo utile per la spedizione dei manoscritti scade il 31 marzo 1916.
La Direzione delle Letture Cattoliche Corso Regina Margherita, 176 - Torino.
NB. - La Direzione accetterà con riconoscenza, in ogni tempo, qualunque altro manoscritto rispondente al fine delle Letture Cattoliche e, se lo troverà buono per la pubblicazione, non mancherà di dare un grazioso compenso all'autore.
Un sacerdote non deve mai permettere che nessuno gli si avvicini e se ne parta senza aver udito una parola che gli manifesti il desiderio della salute eterna dell'anima sua.
Ven. Giovanni Bosco.
L'Unione dei Cooperatori Salesiani, mercè lo zelo di egregi sacerdoti, si va organizzando in varie diocesi.
Nelle città vescovili, dietro proposta o approvazione dell'Ecc.mo Ordinario, viene scelto un membro del Capitolo della Cattedrale od altro ragguardevole ecclesiastico a Direttore Diocesano dei Cooperatori; il quale, ove non possa esercitare interamente tale ufficio, può d'intelligenza col Superiore pregare qualche Sacerdote di sua fiducia, che ne faccia le veci col nome di Vice direttore. Il Sommo Pontefice Pio X ha concesso speciali favori spirituali ai Direttori diocesani dei Cooperatori.
Nei paesi e nelle città piú importanti delle diocesi si può stabilire un Condirettore, il quale viene eletto dal Superiore, dietro proposta del Direttore diocesano. Così, in quei luoghi, ove i Cooperatori non sono ancora in numero rilevante, il Superiore può affidare a qualcuno, ove sembri conveniente, l'ufficio di Zelatore o di Zelatrice; del qual titolo si fregiano talvolta anche altri benemeriti cooperatori e cooperatrici.
Finalmente a capo di dieci o piú Cooperatori dovrebb'essere un decurione. Ogni rev.mo Parroco è pregato di essere Decurione dei Cooperatori della propria Parrocchia.
A titolo di riconoscenza qui pubblichiamo i nomi dei benemeriti direttori, vicedirettori e condirettori diocesani che la Pia Unione ha in Italia; e in pari tempo. siccome molte diocesi dell'Italia Centrale e dell'Italia Meridionale ne sono ancor prive, facciamo caldissimi voti che sorgano sacerdoti attivi e zelanti, che possano e vogliano assumersi un tale incarico. A questi, non men che ai primi, porgiamo umili ringraziamenti e la viva preghiera di non risparmiarci i loro ambiti consigli.
DIRETTORI DIOCESANI.
PIEMONTE E LIGURIA
TORINO (1) - Em.mo Card. Agostino Richelmy. Acqui - Negroni mons. Francesco.
Alba -- Petronio can. Giovanni - Berta prof. D. Paolo, vicedirettore.
Aosta - Nicco cali. Ubaldo.
(1) Le città stampate in maiuscolo sono sedi metropolitane o arcivescovili; quelle che seguono in corsivo, le loro suffraganee. - Le segnate con asterisco sono immediatamente soggette alla Santa Sede.
Asti - Morra D. Carlo.
Cuneo - Biglia mons. Pier Felice. Possano - Cominola can. Michele.
Ivrea - Bellono parroco Don Paolo - Minellono D. Antonio, vicedirettore.
Mondoví - Giordano D. Francesco - Rissone
P. Giacomo d. O., vicedirettore.
Pinerolo - Cesano can. cav. Callisto. Saluzzo - Savio can. Giuseppe. Susa - Pozzo D. Francesco.
VERCELLI - Salaniano can. Carlo - Ferrero
D. Giovanni, vicedirettore.
Alessandria - Boccassi can. Giuseppe.
Biella - Maia can. Eliseo - Boscaglia can. Basilio, vicedirettore.
Gasale Monferrato - Ghigo D. Oreste.
Novara - Barberis mons. Melchiorre. - Mortarino can. D. Pietro, condirettore a Borgomanero. Vigevano - Pellizzeris D. Giuseppe. GENOVA - Balestrino mons. Gian Carlo. Albenga - Isola can. Carlo. - Dominici can. Isidoro, condirettore a Oneglia.
Bobbio - Codebò can. Francesco. - Guarnaschelli Prev. D. Paolo, vicedirettore. Chiavari - Tealdi can. Domenico. Savona e Noli - Becchi can. Agostino. Tortona - Ratti can. Lorenzo. Ventimiglia - Gamaleri can. Luigi. Luni-Sarzana* - S. E. Mons. Vescovo.
LOMBARDIA E VENETO:
MILANO - Balconi mons. Francesco. - Condirettori : Rossi mons. Paolo, a Monza; Rainoni Don Francesco, a Treviglio; Garoni can. Ambrogio, a Varese.
Brescia - Rossi D. Antonio. - Micanzi D. Paolo, condirettore a Iseo.
Como - Casarico D. Antonio. -- Bosci D. Tommaso, vicedirettore. - Miotti mons. Alfredo, condirettore a Bellagio S. Giovanni.
Crema - Vailati D. Luigi.
Cremona - Seminari parr. D. Gaetano - Rizzi mons. Ambrogio, vicedirettore.
Lodi - Dovera prof. D. Giuseppe. Mantova - Sartori mons. Giuseppe.
Pavia - Mariani mons. Francesco - Rovida Don Giovanni, vicedirettore.
VENEZIA - Previtali mons. Giuseppe. - Zelatori : D'Este Mons. Luigi e Tessari G. B. Belluno e Feltre - Pala mons. Michele.
Ceneda - Dall'Anese mons. Sebastiano, arciprete di Conegliano Veneto.
Chioggia - Zennaro can. Francesco - Rossetti prof. D. Caio, vicedirettore.
Concordia - Picco D. Giuseppe, Parroco di Pescincanna Veneto.
Padova - Stefani D. Gioachino. - Pacagnella D. Giuseppe. vicedirettore.
Treviso -- Dal Secco prof. D. Arnoldo.
Verona - Serenelli mons. D. Francesco. - Grancelli mons. D. Michelangelo, vicedirettore. Vicenza - Maule prof. D. Paolo. - Navarotto cav. avv. Adriano, vicedirettore.
UDINE* - Dall'Oste mons. Pietro. - Nigris prof. Don Giovanili Battista, vicedirettore. - Zorzi Raimondo, Segretario.
ANTICHI STATI DELLA CHIESA:
ROMA - Faberi mons. Francesco. ANCONA* - Gioia mons. Antonio. PERUGIA* - Mignini mons. Alfredo. Acquapendente* - Vitali can. D. Luigi. Amelia* - Leoni can. Vincenzo.
Ascoli* - Copelli mons. Riccardo. Assisi* - Tini can. Andrea.
Civitavecchia* -S. E. Rev.ma Mons. Vescovo. Foligno* - Mancia Salvini can. Galeazzo. Gubbio* - Mons. G. B. Nasalli Rocca, Vescovo. Nocera e Gualdo* - Dal Ventura D. Angelo. Poggio Mirteto* - Tomassini can. D. Francesco. Segni* - Centi can. D. Pietro.
Todi* - Giardinieri D. Francesco, parroco. - Laurenti can. Ignazio, vicedirettore.
Viterbo e Toscanella* - Schiena D. Pietro. BOLOGNA - Pedrelli mons. Luigi. Faenza - Veroli can. Michele.
Imola - Montanari can. Luigi.
FERMO - Capotosti D. Luigi.
RAVENNA - S. E. Rev.ma Mons. Arcivescovo. Comacchio - Manfrini can. Concetto - Tamburini can. Giacinto, vicedirettore. Forlí - Cicognani D. Nicola, parr. Rimini - Maccolini mons. Ugo.
URBINO - S. E. Mons. Arcivescovo.
S. Angelo in Vado e Urbania - Gasparini can. D. Giuseppe.
Cagli e Pergola - Sermosi D. Geremia. Montefeltro - Longhi can. Celso. Pesaro - Massarini Can. Cesare. Senigallia - Cerioni can. D. Attilio.
TOSCANA
LUCCA* - Mennucci can. D. Florido. Arezzo* - Neri can. Pietro.
Montepulciano* - Angelotti can. Alberto. FIRENZE - Mons. Donato Velluti Zati Duca di S. Clemente.
Borgo S. Sepolcro - Ciotti mons. Ezio. Colle di Val d'Elsa - Semplici D. Giuseppe. Fiesole - Cancellieri Don Adolfo. PISA - Zucchelli can. Nicola.
Livorno - Marcucci can. Mario.
Volterra - Valori prof. D. Dario.
SIENA - Corbini can. Stefano.
Chiusi - Nardi Dei mons. Silvio.
Massa Marittima - S. E. Mons. Vescovo. Sovana-Pitigliano - Orsucci mons. Francesco.
EMILIA:
Borgo S. Donnino* - Bolzoni can. Giuseppe. Parma* - Boni can. Luigi.
Piacenza* - Bersani prof. D. Alessandro. MODENA - Adani mons. Enrico. Carpi - Malagoli can. Pietro.
Massa di Carrara - Corona D. Giuseppe, parroco di Fosdinovo.
Reggio Emilia - Cottafavi mons. Emilio.
PROVINCIE MERIDIONALI:
COSENZA* - Dattilo can. Gaetano. ROSSANO* - Bruno can. Nicola.
S. Marco e Bisignano* - Ferralis can. Luigi. Mileto* - Gulotta Ab. Prof. Giuseppe. Molfetta* - Alegretta can. Matteo. Terzizzi* - Guastamacchia can. Francesco. Nardò* - Manieri parr. D. Luigi. Trivento* - Florio can. Nicolino. Troia* - Petrilli cari. Raffaele.
ACERENZA E MATERA - Tortorelli can. Emanuele.
Tricarico - Sanseverino can. D. Francesco Antonio. BARI - Scuro D. Nicola. BENEVENTO - Loiacono mons. Giacomo. S. Agata dei Goti - Ruggiero can. Raffaele. Alife - Di Caprio can. Gerolamo. Avellino - Reppucci prof. D. Michele. Bovino - Giannini can. Michele. Lucera - Mores can. Pasquale. S. Severo - Lamonaca mons. Angelo M. CAPUA - Paolella can. Giuseppe.
Caserta - S. E. Rev.ma Mons. Vescovo. - Guerrino D. Antonio, vicedirettore.
S. Angelo dei Lombardi - S. E. Rev.ma Mons. Vescovo.
LANCIANO - Ciaramella can. Ferdinando. NAPOLI - Marano mons. Enrico - Popolo mons. Francesco, vicedirettore.
REGGIO CALABRIA - Barrera D. Giovanni, parroco.
Bova - Nicolò can. Carmelo.
Cassano all'Jonio - De Giacomo mons. Giuseppe. Catanzaro - Caporale D. Francesco, parroco. Cotrone - Graziano D. Luigi, parroco. Gerace - Spanò D. Attilio. Nicastro - Leone D. Vincenzo, parroco. Oppido Mamertino - Carrozza can. Serafino. Nicotera - Tranfo can. Francesco. SALERNO - S. E. Mons. Arcivescovo. Capaccio-Vallo - Mainenti can. Pantaleo. Nocera dei Pagani - Rossi can. Ferdinando. S. SEVERINA - S. E. Mons. Arcivescovo. Cariati - Arena D. Cataldo. SORRENTO - Denicola can. Gaetano. Castellamare di Stabia - Gambardella can. Giacomo.
TARANTO - D'Eredità can. Ignazio. Oria - Carone can. Francesco. TRANI - S. E. Mons. Arcivescovo. Andria - Decorato parr. D. Francesco.
SARDEGNA:
CAGLIARI - Piu dott. Mario, parroco. Iglesias - Gavassino can. Giacomo. Ogliastra e Tortoli - Mulas Mons. Luigi.
SICILIA:
CATANIA* - Puglisi can. Salvatore.
Acireale* - Permisi mons. Pasquale. - De Maria D. Giuseppe, vicedirettore.
MESSINA - Scarcella mons. Giuseppe. Nicosia - Fumo can. Giuseppe.
Patti - Sidoti can. Paolo.
MONREALE - S. E. Mons. Arcivescovo. Caltanisetta - Torregrossa can. Michele. Girgenti - Gaglio can. Calogero.
PALERMO - Catalanotto mons. Gaetano. Cefalù - Misuraca Abate Teol. Giuseppe. Mazzara del Vallo - Vinci can. Guglielmo. Trapani - Sesta can. Vincenzo.
SIRACUSA - S. E. Mons. Arcivescovo. Caltagirone - Janny Mons. Mineo. Noto - Serrentino can. Giuseppe.
Piazza Armerina - Alessi Battù mons. Giuseppe.
per la Conferenza ai Cooperatori nella Festa di S. Francesco di Sales.
Spigoliamo dalla Circolare diramata in questo mese ai Direttori e condirettori diocesani, dal Segretario Generale della Pia Unione Don Stefano Trione:
... Avvicinandosi la Festa di S. Francesco di Sales, osiamo pregare le SS. VV. che abbiano la bontà di pensare per tempo, come gli altri anni, a organizzare la prima di tali adunanze.
Intanto, perche la cosa riesca meglio, gioverà adunare prima il Comitato Salesiano locale, se vi è, o alcuni Cooperatori e Cooperatrici piú attivi, e trattare con loro tale argomento.
In piú luoghi anche le benemerite Suore di Maria Ausiliatrice, sempre attive Zelatrici Salesiane, coopereranno a tale preparazione; specialmente ove mancano ancora i Direttori e i Decurioni...
Si avverta che queste annuali conferenze salesiane per lo piú si sogliono tenere in pubblica chiesa, in giorno e ora piú conveniente al popolo, come i discorsi della S. Infanzia, della Propagazione della Fede, e simili opere. L'esperienza ha suggerito che questo modo è il migliore e di piú pratico effetto. Cosí vi s'inviteranno non solamente i Cooperatori Salesiani, ma anche molti altri fedeli, con piú larga irradiazione di bene. Già soleva adottare quest'uso lo stesso Ven. D. Bosco.
Per ottenere maggior frutto morale nei Cooperatori Salesiani e negli altri uditori, sarebbe bene che l'oratore parlasse, non in generale di tutta insieme l'azione salesiana, ma in particolare di uno dei punti della medesima a scelta, per es., della salvezza della gioventú pericolante; della buona istruzione ed educazione della gioventú in famiglia e fuori di famiglia; della buona stampa; della vita cristiana secondo lo spirito di S. Francesco di Sales e del Ven. D. Bosco; dello zelo per la Chiesa e pel Papa, ecc.
In tali conferenze, sí pubbliche che private, giova che prenda la parola anche il superiore salesiano locale, o il Direttore Diocesano o il Decurione,, per esprimere opportuni ringraziamenti, dar notizie delle opere locali e far quelle esortazioni che fossero del caso.
Alla prossima Conferenza di S. Francesco di Sales si suole leggere pubblicamente la lettera annuale del sullodato Rev.mo Rettor Maggiore sig. D. Albera, che trovasi in principio del Bollettino di gennaio, ove vi ha un po' di resoconto di ciò che si è fatto nell'ultimo anno 1915 e un po' di programma di varie cose da farsi nel nuovo anno 1916; non si manchi almeno di darne largo cenno.
In questa occasione tornerà pur utile rivedere e ritoccare l'elenco e gl'indirizzi dei Cooperatori, fare le nuove ascrizioni, e inviarne resoconto insieme con due parole di relazione sulla Festa e Conferenza che si saran tenute.
Riguardo alle offerte che annualmente i Cooperatori sogliono fare per il Bollettino, per le Opere e Missioni Salesiane, non si meraviglino i Direttori e Decurioni, se i Cooperatori le preferiscono inviare direttamente al rev.mo sig. D. Albera. Fu già sempre cosí, fin dai tempi del Ven. D. Bosco e del compianto D. Rua. Piuttosto li esortino a essere sempre piú generosi, crescendo ogni giorno il bisogno di nuovi soccorsi per tali Opere e Missioni.
Si faccia al solito la colletta in chiesa, previa esortazione nella circolare d'invito e dal pulpito...
Il rev. Teol. Giov. Batt. Cavallotti, Priore e Vicario Foraneo a Bagnolo Piemonte, ci scrive in data i gennaio 1916.
« Desiderando concorrere, per quanto il consentano le mie povere forze, a far conoscere sempre meglio le Opere Salesiane - specialmente nel chiudersi dell'anno dei due gloriosi centenari - ho chiesto ed ottenuto dalla mia Cassa Rurale che stanziasse un piccolo fondo per dare maggiore diffusione al sempre caro Bollettino Salesiano.
» Ho quindi il piacere di accluderle cartolina vaglia di lire trenta, per dieci abbonamenti, che l'Amministrazione del Bolletlino vorrà indirizzare personalmente a me. Io, nel corso del mese ne estrarrò a sorte i vari numeri tra gli alunni e le alunne dei nostri due Oratorii Festivi, in modo che il caro Bollettino entri a poco a poco in tutte le famiglie e porti dappertutto la Benedizione di Maria Ausiliatrice e del Venerabile Don Bosco.
» Spero che il Signore vorrà benedire questa piccola industria e renderla feconda di buoni frutti di santità per le anime, animandole sempre più a mettere tutta la loro confidenza in Maria Ausiliatrice.
» Oh! se vedesse, come riescono ogni mese più solenni e commoventi le nostre funzioni del 24 del mese!... La cara Cappella è sempre affollatissima, numerosissime le Comunioni... »
Fo miei tutti i sentimenti di fede, di stima, di rispetto, di venerazione, di amore inalterabile di S. Francesco di Sales verso il Sommo Pontefice.... Intendo che gli alunni dell'umile Società di S. Francesco di Sales non si discostino mai dai sentimenti di questo gran Santo, nostro patrono, verso la Sede Apostolica... Ritengo inoltre che questo si debba fare non solo dai Salesiani e dai loro Cooperatori, ma da tutti i fedeli, specialmente dal Clero...
Ven. Giov. Bosco.
Atti di PP. Benevento xV.
Concistoro del 6 dicembre 1915.
Il 6 dicembre 1915 ebbe luogo nell'Apostolico Palazzo Vaticano il Concistoro Segreto. In esso il S. Padre
1) pronunziò un'allocuzione, invocando nuovamente la pace, « una pace giusta, duratura, non profittevole ad una soltanto delle parti belligeranti »; consigliò, a prepararla, « uno scambio d'idee, diretto o indiretto », nel quale « siano, con animo volenteroso, con piena coscienza, esposte finalmente con chiarezza e debitamente vagliate le aspirazioni di ciascuno, eliminando le ingiuste ed impossibili, e tenendo conto, con equi compensi ed accordi, se occorra, delle giuste e possibili »; e lamentò « gli inconvenienti che dal conflitto europeo son derivati alla causa cattolica ed all'Apostolica Sede »;
2) creò e pubblicò sei nuovi Cardinali, e cioè: Giulio Tonti, Arcivescovo titolare di Ancira, Nunzio Apostolico in Portogallo; Alfonso Maria Mistrangelo, Arcivescovo di Firenze; Giovanni Cagliero, Arcivescovo titolare di Sebaste, Delegato Apostolico nell'America Centrale; Andrea Frührth, Arcivescovo titolare di Eraclea, Nunzio Apostolico in Baviera; Raffaele Scapinelli di Léguigno, Arcivescovo titolare di Laodicea, Nunzio Apostolico in Austria-Ungheria; Giorgio Gusmini, Arcivescovo di Bologna;
3) nominò l'Em.mo Card. Ottavio Cagiano di Azevedo, Cancelliere di S. R. Chiesa;
4) assegnò, optione praehabita, nuovi titoli ad alcuni Eminentissimi: - provvide a varie Chiese Suburbicarie, preponendo a quella di Ostia l'Em.mo Card. Vannutelli Vescovo di Frascati, a quella di Porto e S. Rufina l'Em.mo Card. Vico, a quella di Albano l'Em.mo Card. Granito Pignatelli di Belmonte : - e preconizzò i Vescovi seguenti:
Chiesa Metropolitana di Trani e Barletta, pel rev.mo Mons. Giovanni Régine, già Vescovo di Nicastro;
Chiesa Titolare Vescovile di Flavio poli, pel rev.mo Mons. Bernardo Pizzorno, già Vescovo di Crema;
Chiese Cattedrali di Pistoia e Prato, pel rev.mo Mons. Gabriele Vettori, già Vescovo di Tivoli;
Chiesa Cattedrale di Todi, pel rev.mo Mons. Luigi Zaffarini, già Vescovo Titolare di Sasima e Amm. Ap. di Todi;
Chiesa Cattedrale di Crema, pel rev.mo Dalmazio Minoretti, Prevosto di Seregno nell'Archidiocesi di Milano;
Chiesa Cattedrale di Losanna, cui è unito il titolo di Ginevra, pel rev.mo Mons. Placido Colliard, Vicario Generale della stessa diocesi;
Chiesa Cattedrale di Digione, pel R. D. Maurizio Landrieux, Parroco e Arciprete della Metropolitana di Reirus;
Chiesa Cattedrale di Orano, pel rev.mo Mons. Cristoforo Ludovico Légasse, già Prefetto Apostolico di S. Pietro e Miquelon, Protonotario Apostolico ad instar;
Chiesa Cattedrale di Tournai, pel rev.mo Amedeo Crooij, dell'Archidiocesi di Malines, Canonico onorario di quella Metropolitana e Professore di Teologia mistica nel Seminario ;
Chiesa Titolare Vescovile di Olimpo, pel rev.mo Mons. Emmanuele Gonzales García, ParrocoArciprete di Huelva, diocesi di Sevilla.
Quindi Sua Santità pubblicò la provvista di altre trentacinque chiese, già fatta con Bolla Apostolica o con breve, tra le quali ricordiamo la Chiesa Titolare Vescovile di Amata pel rev. Fence Guerra, della Congregazione Salesiana, Amministratore Apostolico della Chiesa Metropolitana di San Giacomo di Cuba. (Acta A. S., VII, 19 - 9 dic. I915 - pag. 509).
Concistoro del 9 dicembre 1915.
Il 9 dicembre 1915 il Santo Padre tenne Concistoro Pubblico. In esso
1) ebbero il Cappello Cardinalizio i nuovi Cardinali Tonti, Mistrangelo, Cagliero e Gusmini.
2) si compì la seconda perorazione per la Causa di Beatificazione e Canonizzazione del Ven. Don Giovanni Bosco, Fondatore della Pia Società Salesiana;
3) si provvidero dal S. Padre le seguenti chiese
Chiesa Titolare Arcivescovile di Pessinunte, pel rev.mo Mons. Giuseppe Alves de Mattos, già Arcivescovo di Mitilene;
Chiesa Titolare Arcivescovile di Mitilene, pel rev.mo Mons. Giovanni Evangelista De Lima Vidal, promosso da Angola e Congo, nominato Ausiliare dell'Em.mo Card. Patriarca di Lisbona;
Chiesa Metropolitana di Benevento, pel rev.mo Mons. Alessio Ascalesi, già Vescovo di S. Agata dei Goti;
Chiesa Metropolitana di Chicago, pel rev.mo Mons. Giorgio Mundelein, già Vescovo Titolare di Lorima ed Ausiliare di Broohlyn;
Chiesa di Regina, ultimamente elevata in Metropolitana, pel rev.mo Mons. Oliviero Eleazaro Mathieu, già Vescovo della medesima;
Chiesa Metropolitana di S. Bonifacio, pel rev.mo
Mons. Arturo Béliveau, già Vescovo Titolare di Domizianopoli;
Chiesa Titolare Arcivescovile di Lacedemonia, pel rev.mo Mons. Tito Trocchi, della diocesi di Roma, Canonico della Patriarcale Basilica di Santa Maria Maggiore, Dottore in belle lettere, in S. Teologia e Diritto canonico, nominato Delegato Apostolico di Cuba e Portorico;
Chiesa Titolare Arcivescovile di Nicosia, pel rev.mo
Mons. Francesco Cherubini, della diocesi di Orte, Dottore in S. Teologia e Diritto canonico, Sotto Segretario della S. C. dei Religiosi, nominato Delegato Apostolico ed Inviato straordinario presso la Repubblica di Haiti;
Chiesa Titolare Arcivescovile di Sebaste, pel rev.mo
Mons. Enrico Gasparri, della diocesi di Norcia, Dottore in S. Teologia e in utroque iure, Uditore della Nunziatura Apostolica del Brasile, nominato Delegato Apostolico ed Inviato straordinario presso la Repubblica di Colombia;
Chiesa Arcivescovile, di Winnipeg, ultimamente
eretta, pel rev.mo Alfredo Sinnot Segretario della Delegazione Apostolica del Canadà.
Chiesa Cattedrale di Buffalo, pel rev.mo Mons. Dionisio Dougherty, già Vescovo di Jaro nelle Isole Filippine,
Chiesa Cattedrale di .Rieti, pel rev.mo Tranquillo Guarneri, Rettore del Seminario di Cremona;
Chiesa Cattedrale di Covington, pel rev.mo Mons. Ferdinando Brossert, Amministratore della stessa diocesi;
Chiesa Cattedrale di Portalegre, in Portogallo, pel rev. D. Emanuele Mendes da Conceição Santos, Canonico della Cattedrale di Guarda e Dottore in S. Teologia;
Chiesa Titolare di Sabrata, pel rev.mo Martino Kheberich, Canonico Prevosto della Cattedrale di Zips, Ausiliare del Vescovo di detta diocesi.
Quindi Sua Santità pubblicò la provvista di altre 40 Chiese già fatta con Bolla o con Breve.
Seguirono le domande e le concessioni del S. Pallio; e il S. Padre assegnò i Titoli ai nuovi Cardinali (Acta A. S., VII, 19 - 9 dicembre 1915 - pag. 512).
,,Motu proprio".
I) Motu proprio che dichiara quali concessioni d'Indulgenze si debbono sottoporre alla revisione del S. Officio (16 sett. 1915).
Il Santo Padre, precisando i decreti di Benedetto XIV, Pio IX e Pio X in proposito, dichiara e stabilisce che al S. Officio « si debbono sottoporre soltanto, sotto pena di nullità, i documenti delle Indulgenze che siano concesse ai Cristiani dell'intero orbe cattolico. Pertanto non è piú necessario sottoporre alla revisione della Congregazione predetta né le Indulgenze particolari, per quanto estese siano, né le facoltà di benedire oggetti di devozione e di annettere loro Indulgenze e privilegi... ». (Acta A. S., VII, 16-6 ottobre 1915 - pag. 457).
II) Motu proprio con cui si stabilisce una nuova Congregazione « dei Seminari e delle Università di studi » (4 nov. 1915).
Data l'importanza dei Seminari, la Chiesa manifestò sempre la cura piú grande per il loro buon andamento. Dapprima vi fu un'apposita Congregazione di Cardinali per i Seminari, poi la cosa fu devoluta parte alla S. C. del Concilio, parte alla C. dei VV. e RR.; ultimamente S. S. Papa Pio X l'aveva affidata alla S. C. Concistoriale. Ora dopo maturo esame ed udito il consiglio di alcuni Em.mi Porporati, il Santo Padre ha stabilito e decretato la costituzione di una nuova Sacra Congregazione propria dei Seminari, alla quale apparterrà la trattazione di tutte le cose riguardanti i Seminari, che fino ad ora erano di competenza della S. Congregazione Concistoriale, senza peraltro che tale materia venga da questa del tutto separata e disgiunta. A questo fine il Motu Proprio provvede che un certo nesso venga ad unire tra loro le due Sacre Congregazioni, ordinando che nella nuova Congregazione, la quale, cumulando con i propri anche gli uffici della S. Congregazione degli Studi, s'intitolerà appunto « de Seminariis et de Studiorum Universitatibus » abbiano parte l'Em.mo Cardinale Segretario della Sacra Congregazione Concistoriale e l'Assessore della medesima, venendo il primo per ragione stessa del suo ufficio annoverato fra gli Em.mi Cardinali, ed il secondo fra i Consultori della nuova Congregazione; come il Card. Prefetto della nuova Congregazione apparterrà al numero dei Cardinali della S. C. Concistoriale e il Segretario al numero dei Consultori; e della nuova Congregazione faranno parte di diritto tutti gli Em.mi Porporati componenti la Congregazione degli Studi, ai quali dovrà aggiungersi il Vicario Generale di Sua Santità.
Coll'istituzione di questa nuova Congregazione nulla viene mutato nella disciplina, nel regime e negli studi dei Seminari, sia diocesani che regionali (Acta A. S., VII, 18 - 30 nov. 1915 - pag. 493).
Lettere Apostoliche.
I) Romanorum Pontificum, : La Bolla della Crociata rinnovata per dieci anni ai sudditi del Portogallo (31 dicembre 1914).
Con Lettere Apostoliche del 31 dicembre 1914, indirizzate all'Em.mo Card. Mendes Bello, Patriarca di Lisbona, il S. Padre, compiendo un proposito di Papa Pio X, ha ampliati in corrispondenza ai bisogni dei tempi, e concessi per un decennio (dal 1° gennaio 1915 al 31 dicembre 1924) a tutti i sudditi del Portogallo, gli indulti della Bolla della Crociata:
a) quoad indulgentias;
b) quoad divina officia et sepulturam ;
c) quoad confessionem et votorum commutationem ;
d) quoad dispensationem ab irregularitate et ab impedimento affinitatis et criminis;
e) quoad beneficiorum convalidationes et quoad compositiones ;
f) quoad legem abstinentiae et ieiunii; g) de privatis Oratoriis.
Per il lecito e valido uso di tali grazie e privilegi è necessario acquistarne il Sommario mediante un'elemosina proporzionata, destinata a vantaggio dei Seminari e delle Chiese povere, o di altre Opere pie. (Acta A. S., VII, 20 - 2o dicembre 1915 - pag. 549).
II) Ut praesens periculum : La Bolla della Crociata rinnovata per dodici anni a tutti i sudditi della Nazione Spagnuola (12 agosto 1915).
Con Lettere Apostoliche in data 12 agosto 1815, dirette al Re Cattolico di Spagna, Alfonso XIII, il S. P. ha rinnovato per 12 anni (da computarsi dalla 1a domenica d'Avvento del 1915), la Bolla della Crociata a tutti i sudditi di Spagna. Il Sommario delle grazie e privilegi concessi è eguale a quello concesso al Portogallo, tranne qualche piccola aggiunta. Ad. es.: a tutti gli Ecclesiastici, secolari e regolari, di Spagna è indulto il recitare immediatamente dopo mezzodì, premessi i vespri e la compieta, il mattutino e le lodi del giorno seguente; e tutti i sudditi Spagnuoli che hanno la Crociata, possono ascoltar messa e soddisfare al precetto, in qualunque Oratorio privato, anche quando vi si celebri non praesente Indultario (Acta A. S., VII, 20 - 2o dicembre 1915 - Pag. 557)
III) Nihil tam aptum : Indulgenze ad una preghiera al Sacro Cuore di Gesú (4 dicembre 1915).
È concessa l'indulgenza di 100 giorni ogni volta, applicabile alle Anime del Purgatorio, a chi recita con cuor contrito, e in qualunque lingua, la seguente Preghiera al S. Cuore di Gesú
« O Cuore Santissimo di Gesú! O fonte di ogni bene! Io vi adoro, vi amo, e pentito vivamente dei peccati miei, vi presento questo mio povero cuore. Rendetelo umile, paziente, puro, e in tutto con forme ai desideri vostri. Fate, o buon Gesú, che io viva in voi e per voi. Proteggetemi nei pericoli, consolatemi nelle afflizioni, concedetemi la sanità del corpo, soccorso nei miei bisogni temporali, la vostra benedizione in tutte le mie opere, e la grazia di una santa morte ». (Acta A. S., VII, 20 - 2o dic. 1915 - pag. 565).
,,Epistolae".
I) Epistola a Mons. Andrea Frühwirth, arcivescovo titolare di Eraclea e Nunzio Apostolico di Baviera, in occasione del 70° compleanno (10 agosto 1915).
Il Santo Padre, mentre manifesta i sentimenti di gioia per la fausta circostanza, ricorda i molteplici servigi che l'illustre Arcivescovo « ha reso alla Chiesa, sia quando esercitò con prudenza ed abilità l'alta carica di Maestro Generale dell'illustre Ordine Domenicano, sia nei vari anni dacché regge in Modo degno d'encomio » la Nunziatura Apostolica a lui affidata. Il Santo Padre dichiara di nutrire riconoscenza per lui e di serbare fedel ricordo del valido aiuto che egli ha sempre apportato al ministero del Romano Pontefice.
(Acta A. S., VII, 15 - 4 sett. 1915 - pag. 433). II) Epistola ai Vescovi della Svizzera, in occasione dell'annuale riunione (17 ag. 1915).
Il Santo Padre ricorda le sue cure continue, le fatiche, le sollecitudini e tutti gli sforzi fatti per ottenere la pace e diminuire i mali della guerra. Contemporaneamente si congratula coi Vescovi della Svizzera perche il loro popolo - per divina bontà e per saggezza dei Governanti - ha potuto conservare il beneficio della pace. Infine si rallegra nel constatare che i Governanti della Svizzera uniscono i loro sforzi a quelli del Santo Padre ed esprime il voto che questa cooperazione si renda sempre piú stabile ed efficace (ivi, pag. 434)
III) Epistola al Card. Ferrari, Arcivescovo di Milano, in occasione dell'annuale riunione dei Vescovi della provincia milanese (15 agosto 1915).
Il Santo Padre mentre li ringrazia dell'indirizzo a Lui rivolto, ricordando le sventure della guerra e gli sforzi da Lui compiuti per farle cessare, dice: « Ciò che abbiamo fatto per ristabilire la pace e per diminuire i viali della guerra, l'abbiamo fatto spinti dalla carità di Cristo; e, dalla stessa animati, è nostra intenzione di continuare l'opera intrapresa, affinché i popoli conoscendo e provando la materna provvidenza della Chiesa., una volta ravveduti amino la sua tutela e la sua guida» (Acta A. S., VII, 16 - 6 ottobre 1915 - pag 458).
IV) Epistola al Card. Csernoch, Arcivescovo di Strigonia, in risposta a una lettera da lui fatta pervenire al S. Padre (3o agosto 1915).
Al ricordo, fatto dal Cardinale, dei dolori recati dalla guerra, il S. Padre risponde che per questo appunto Egli cercò di indurre i principi e i popoli a fare la pace, opera di giustizia. Al pensiero che i popoli guardano alla S. Sede come all'oriente da cui deve splendere finalmente il primo raggio della pace tanto sospirata, il S. Padre esprime il voto che la speranza si compia. Per questo Egli ha indette speciali preghiere, ricordando in pari tempo « che la miglior commendatizia delle preghiere è l'esercizio delle virtù e delle opere conformi alla professione cristiana » (ivi, pag. 459)
V) Epistola al Card. Arcoverde De Albuquerque Cavalcanti, Arcivescovo di Rio Janeiro, pel 25° del suo episcopato (31 agosto 1915).
Il Santo Padre gli ricorda i voti fattigli allorché l'Em.mo, malaticcio, fu assunto all'episcopato e si congratula con lui della salute ricuperata, della dignità cardinalizia conseguita e del bene compiuto (ivi, pag. 459)
VI) Epistola al Card. De Hartmann, Arcivescovo di Colonia, e ai Vescovi convenuti a Fulda per l'annuale riunione (6 sett. 1915).
Il Santo Padre si congratula con loro della sollecitudine che dimostrano per la difesa e l'incremento della Religione Cattolica. Accennando poi alle gravi calamità della guerra ed al comune desiderio della pace, soggiunge queste gravissime parole: « Ma ameremmo grandemente che questi comuni desideri seguissero presso tutti la via regia che alla pace conduce nella paziente e benigna carità; dalla quale assai si allontanerebbero coloro che si credessero lecito di assalire con le parole e con gli scritti le opere dei cattolici della nazione contraria, in modo che con mutua provocazione e con mutua invidia, come dice l'Apostolo, aggiungano nuovo foco a quelle discordie le cui fiamme si dovrebbero estinguere con l'equità del giudizio e con la mitezza d'animo. Per la qual cosa, mentre con tutto il cuore invochiamo la pace - ed una pace che sia opera di giustizia e convenga alla dignità dei popoli - esortiamo tutti i Cattolici, affinche evitando ogni contesa, ognuno porti il suo contributo alla pace coll'amore della cristiana fratellanza » (ivi, pag. 460).
VII) Epistola al Presidente ed ai Soci del Comitato Canadese per la celebrazione del 3° centenario dell'evangelizzazione del Canadà (12 sett. 1915)
Il Santo Padre loda il pensiero di celebrare con apposite solennità il 3° centenario del grande avvenimento; e insieme loda l'idea di voler attestare riconoscenza ai Religiosi Francescani che furono gli evangelizzatori del popolo Canadese. In pari tempo fa voti che i benefici della Religione cattolica non solo si mantengano, ma sempre piú si accrescano specialmente con l'amore della disciplina cattolica e con l'unione sempre piú stretta di amore e di ossequio alla S. Sede (ivi, pag. 461).
VIII) Epistola a Mons. Raffaele M. Carrasquilla, prelato urbano, rettore del Collegio maggiore di Bogotà in Colombia, detto del Rosario, in occasione del 25° anno del suo rettorato (17 sett. 1915).
Il Santo Padre si congratula con lui dello zelo dimostrato e del frutto ottenuto nella educazione della gioventù alla dottrina ed alla virtú.
(Acta A. S., VII, 17, - 27 ott. 1915 - pag. 473).
IX) Epistola al Card. Boschi, Arcivescovo di Ferrara, e agli altri Vescovi della regione Emiliana, in risposta alla lettera da loro indirizzata in occasione dell'annuale riunione (1° ott. 1915).
Il Santo Padre esprime particolare compiacimento per la lettera inviatagli da Bologna e ricorda le riunioni a cui personalmente pel passato interveniva, loda il loro zelo e il proposito di ottemperare scrupolosamente alle prescrizioni del S. Pontefice. Infine, ricordata l'opera compiuta coll'aiuto di Dio per il ritorno della pace nel mondo, li esorta a voler con le preghiere affrettare il desiderato avvenimento (ivi, pag., 474).
X) Epistola al Rev.mo Mons. Adolfo Bertram, Vescovo di Breslavia, con cui si congratula per la sua solerzia nel governare la Diocesi (10 ott. 1915).
Il Santo Padre sì congratula per lo zelo dimostrato nel governare la Diocesi in tempi cosí calamitosi e loda il disegno di radunare i più anziani del Clero per meglio provvedere ai bisogni della Diocesi stessa. Contemporaneamente encomia l'opera di tutti coloro che si sono adoperati con carità cristiana per lenire i dolori e le miserie della guerra: carità che non si estingue col prolungarsi e col dilatarsi della guerra medesima, né si arresta dinanzi ad alcuna difficoltà, « perché il loro amor patrio è sostenuto dalla speranza di un premio eterno in una vita migliore » (ivi, pag. 475)
XI) Epistola all'Em.mo Card. Richelmy, Arcivescovo di Torino e ai Vescovi del Piemonte, per congratularsi con loro dell'esito dell'annuale riunione (17 ottobre 1915).
Il Santo Padre si dice grato del dolce conforto che l'Episcopato Piemontese gli ha dato colla sua lettera, si congratula del suo zelo pastorale, e gli tributa ampie lodi per la determinazione presa di promuovere il modesto vestire delle donne nell'accostarsi alla S. Mensa (Acta A. S., VII, 20 - 2o dic. 1917 - pag. 467 (1).
XII) Epistola al Rev.mo Mons. Santi, Vescovo del Monte feltro, per congratularsi del Sinodo Diocesano felicemente compiuto (20 ott. 1915).
Il Santo Padre ricorda di aver conosciuto, già quand'era Arcivescovo di Bologna, lo zelo dell'illustre Prelato, e, accennata l'utilità del Sinodo da lui compiuto, si unisce nel voto del pio Pastore che Clero e popolo « non si limitino a conoscere le nuove prescrizioni, ma curino anche di praticarle, se vogliono trovar grazia presso il Signore ».
(ivi, pag. 568).
XIII) Epistola al Rev.mo Mons. Gavotti, Arcivescovo di Genova, e agli altri Vescovi di Liguria, in risposta all'indirizzo inviatogli in occasione dell'annuale riunione (15 nov. 1915).
Il Santo Padre si congratula del proposito fatto dai Vescovi Liguri di stringere sempre più le loro popolazioni alla Cattedra di S. Pietro: e dice un tal proposito « il piú commendevole per i Vescovi e il piú desiderato al Suo cuore, unito ai Liguri non solo dalla carità di Gesti Cristo, ma anche dai loro meriti e dal ricordo della Sua casa natale » (ivi, Zag. 569).
XIV) Epistola a Mons. Menghini, Cerimoniere Pontificio, col quale S. S. si cvongratula delle recenti Opere liturgiche (3o nov. 1915).
Il Santo Padre chiama le fatiche di Mons. Menghini « assai opportune e utilissime al clero » e loda specialmente i suoi Elementi di diritto liturgico e le sue trattazioni de Cultu et adoratione SS. Sacramenti, (ivi, pag. 569).
Suprema Congregazione del Sant'Ufficio.
Sezione delle Indulgenze.
I) Decreto: - Si concede ai Cappellani militari la facoltà di benedire le medaglie di S. Benedetto (5 agosto 1915).
Si concede a tutti i sacerdoti secolari e regolari, che durante la presente guerra prestano l'opera loro spirituale verso i soldati, sia al fronte, sia negli ospedali militari, sia sulle navi, la facoltà di benedire con unico segno di croce le medaglie di San Benedetto e di applicarvi tutte le Indulgenze che finora a tali medaglie furono dalla S. Sede concesse (Acta A. S., VII, n. 15, 4 sett. 1915, pag. 435) (2)
(1) Ecco la notificazione che l'Episcopato Subalpino ha fatto
affiggere alla porta di tutte le chiese.
I Vescovi del Piemonte, mentre volontieri si rallegrano coi fedeli di questa
regione per la pietà e lo zelo con cui moltiplicano in questi tempi le
preghiere e gli alti di culto, vogliono sia raccomandato a tutti, e
specialmente alle donne cattoliche, l'amore alla modestia cristiana; e
ricordano ai Sacerdoti il dovere di non ammettere alla S. Comunione Eucaristica
quanti si dipartono dalle regole della medesima. - Torino, ottobre 1915
(2) Per le indulgenze delle medaglie di S. Benedetto. vedi: HILGERS, Manuale d'Indulgenze, tradotto dal Sac. Luigi Giambene: Roma, Federico Pustet, 1899, pag. 5o8 e segg.
II) Decreto: Si concedono indulgenze a chi recita alcune preghiere per la pace (5 agosto 1915).
È concessa indulgenza di 300 giorni, applicabile ai defunti, a tutti e singoli i fedeli che con cuore contrito reciteranno la preghiera Libera nos del Canone della Messa, con l'aggiunta delle invocazioni: Pax Domini sit semper nobiscum. Agnus Dei, qui tollis peccata mundi, dona nobis pacem. -
Tali preghiere possono dirsi in qualunque lingua, perché la versione sia fedele. Chi la recita per un mese intero, può - colle solite condizioni (consione, comunione, e preghiere secondo l'intenzione del S. Pontefice) - acquistare l'Indulgenza plenaria, pure applicabile ai defunti (ivi, pag. 436).
III) Decreto: Si indulgenzia la giaculatoria « Regina Sacratissimi Rosarii...» (1 ottobre 1915).
« A tutti i fedeli dell'uno e dell'altro sesso che con cuore almeno contrito e con divozione reciteranno la pia invocazione Regina Sacratissimi Rosarii, ora pro nobis, il S. P. concede ogni volta l'Indulgenza di cento giorni, applicabile anche ai defunti » (Acta A. S., VII - 6 ott. 1815 - pag. 462).
IV) Decreto: Si dà facoltà di applicare ai Crocifissi le indulgenze della Via Crucis, a favore dei soldati (11 novembre 1915).
Il Santo Padre si è benignamente degnato di concedere a tutti i Sacerdoti che durante la presente guerra prestano l'opera loro spirituale ai soldati di terra e di mare, la facoltà di benedire col solo segno di croce i Crocifissi di metallo o di altra solida materia, e di annettervi le indulgenze della Via crucis, da lucrarsi durante la medesima guerra dagli stessi soldati, i quali, tenendo in mano uno dei predetti crocifissi, reciteranno devotamente 5 Pater, Ave, Gloria, qualora non potessero recitare i 2o che sarebbero prescritti » (Acta A. S., VII, 18 - 3o nov. 1915 - pag. 496) (1).
V) Decreto: Sul pio esercizio dei 15 martedì in onore di S. Domenico (25 nov. 1915).
Il S. Padre, in udienza accordata all'Assessore del S. Officio, ha benignamente concesso che le indulgenze elargite con decreto 6 maggio 1915 ai fedeli che prendon parte al pio esercizio dei 15 martedí consecutivi precedenti la festa di S. Domenico, si possano lucrare in qualunque tempo dell'anno, semel infra annum, lasciando intatto il resto del Decreto. (Acta A. S., VII, 20 - 2o dicembre 1915 - pag. 570).
S. Congregazione Concistoriale.
I) Scomunica nominale (14 luglio 1915).
Viene pronunciata la scomunica nominale contro il sacerdote Riccardo O'Halloran, dimorante nella Diocesi di Westminster, resosi colpevole d'insubordinazione, di scisma e di sacrilegio, sospetto di eresia e contumace. (Acta A. S., VII, 15 - 4 sett. 1915 - pag. 237-8).
(1) Per le indulgenze della Via Crucis, vedi: HILGERS, Manuale d'indulgenze, tradotto dal Sac. Luigi Giambene: Roma, Federico Pustet, 1889, pag. 231-232.
II) Provvista di Chiese.
Cesena: R. D. Fabio Bertini (4 giugno 1915); Bova: R. D. Paolo Albéra (7 giugno 1815); Seleucia (titol. arciv.): R. P. D. Tommaso Kennedy (17 giugno 1915);
Alatri: R. D. Michele Izzi (1 luglio 1915); Modigliana: R. D. Roggero Bovelli (5 ag. 1915); Borgo S. Donnino: R. D. Giuseppe Fabbrucci
(16 agosto 1815);
Down e Connor: R. D. Giuseppe Mac Rory (9 agosto 1915);
Irenopoli (tit. arciv.): Rev.mo Mons. Giuseppe Ridolfi (12 agosto 1915);
Linz: R. D. Giovanni Gfollner (19 agosto 1915). Troade (tit. vesc.): R. P. Pacifico Monza (20 agosto 1905).
(Acta A. S., VII, 15 - 4 sett. 1915 - pag. 438).
Chiesa Catt. di Braganza: R. D. Giuseppe Lopes Leide de Faria (5 ott. 1915) (Acta A. S. VII, 17 - 27 ottobre 1915 - pag. 476).
III) Nomine:
Mons. Gennaro Cosenza, Arcivescovo di Capua, è nominato Amministratore apostolico della Chiesa Cattedrale di Isernia e Venafro (2 ott. 1915).
Mons. Fortunato de Santa, Vescovo di Sessa Aurunca, è nominato amministratore Apostolico delle Chiese Cattedrali di Calvi e Teano (2 ott. 1915).
(Acta A. S., VII, 16 - 6 ott. 1915 -pag. 463).
Mons. Cosimo Agostino, Vescovo di Ariano, è nominato Amministratore Apostolico della Chiesa Catt. di Lacedonia (22 settembre 1915).
(Acta A. S., VII, 17 - 27 ott. 1915- pag. 476).
IV) Nuova Diocesi e nuova provincia ecclesiastica (1o nov. 1915):
S. S. Papa Benedetto XV ha diviso in due diocesi la diocesi di Fortaleza o Ceard nel Brasile: riducendo alla parte orientale quella di Fortaleza, e formando colla parte occidentale la nuova diocesi di Sobral; - inoltre ha innalzata la diocesi di Fortaleza, cosí ridotta, alla dignità di Chiesa Metropolitana, dandole a suffragane le nuove diocesi di Sobral e quella di Crato (Acta A. S., VII, 20 - 2o dic. 1915 -pag. 576).
S. Congregazione della disciplina dei Sacramenti.
Praesumptae mortis coniugis (25 giugno 1915):
Si dichiara che la moglie può passare a nuove nozze in seguito alla presunta morte del marito, il quale, fuggito in America, dopo aver espresso il proposito di ritornare, non si fece piú vivo dal 1894 in poi (per lo spazio cioè di 21 anno). La presunzione della morte, oltreche dal fatto accennato, è confermata dall'inutilità delle indagini fatte per ritrovarlo. (Acta A. S., VII, 17 - 27 ott. 1915 - pag. 471).
S. Congregazione del Concilio.
Dubia circa Missarum celebrationem in die solennis Commemorationis omnium fidelium defunctorum (15 ott. 1915):
Si dichiara: 1° Delle tre Messe, il Sacerdote può applicare quella che vuole e di essa percepire l'elemosina;
2° Di essa però non può percepire elemosina maggiore di quella stabilita dal Sinodo o dalla consuetudine locale;
3 ° Delle altre due Messe non può ricevere nulla, neppur per ragione d'incomodo, per il tempo, pel luogo, ecc.;
4° Non può, pur allontanando ogni motivo di lucro, applicare le 3 Messe a suo arbitrio e ricevere di esse l'elemosina, riservandosi di applicare in seguito, per se o per altri, due Messe, una pei defunti e l'altra secondo l'intenzione del S. Pontefice;
5° Contro i contravventori il Vescovo può infliggere la pena di sospensione, etiam latae sententiae, e quella di non percepire lo stipendio. (Acta A. S., VII, 17. - 27 ott. 1915 - pag. 479)
S. Congregazione dei Religiosi.
Vicentina: Circa ius visitationis (3 ag. 1915):
Si dichiara che l'Ordinario di Vicenza non ha alcun diritto di fare la visita canonica alla Chiesa di Monte Berico, la quale è esente, e che i Religiosi Serviti i quali l'ufficiano non debbono consegnare al Vescovo alcuna delle elemosine che vengono offerte al Santuario. (Acta A. S., VII, 15 - 4 sett. 1915 - pag. 439).
S. Congregazione di Propaganda Fide.
Decretum. Immutatio nominis Vicariatus Apostolici (18 ag. 1915):
Il Vicariato apostolico di Tchao-tchiou, in Cina, prende il nome di Swataw dalla città capitale della regione in cui si trova. (Acta A. S. VII, 15 - 4 sett. 1915 - p g . 440).
II) Nominationes Episcoporum (10 ag. 1915):
1° Vescovo tit. Abritensis e Vicario Apostolico del Ce-li meridio-occidentale, il Rev.mo Giovanni De-Vienne, dei Sacerdoti della Missione;
2° Vescovo tit. Abbiritensis e Vicario Apostolico della Mongolia occiduo-meridionale, il rev.mo Lodovico Van Dyck, della Congr. dell'Immacolato Cuor di Maria di Scheut.
3 ° Vescovo tit. di Abdera, deputato Coadiutore con futura successione del Vicario Apostolico del Ton-Kin settentrionale, il rev.mo Teodoro Gordaliza, dell'Ordine dei Predicatori. (Acta A. S., VII, 16 - 6 ott. 1915 - pag. 463)
S. Congregazione dei Riti.
I) Romana (II ag. 1915):
L'ottava dei SS. Apostoli Pietro e Paolo, che a Roma è privilegiata di 3° ordine, è estesa come tale a tutti gli Ecclesiastici dell'uno e dell'altro Clero, dimoranti in Roma. e nel suo distretto.
(Acta A. S., VII, 15 - 4 sett. 1915 - pag. 441)
II) Mediolanen. (10 ott. 1915)
Su domanda dell'Em.mo Card. Arcivescovo di Milano, il Decreto della S. C. dei Riti che regola le tre Messe del giorno dei morti è applicato anche alla Chiesa Ambrosiana; per cui vien designata come prima Messa quella che nel messale ambrosiano è stabilita pel giorno dei morti; come seconda, quella per l'anniversario plurium defunctorum, come terza, la Missa quotidiana pro pluribus defunctis. In ognuna di dette Messe il Prefazio dev'essere quello proprio del giorno dei morti; nella seconda Messa poi si devono sopprimere le parole quorum anniversarium depositionis diem commemoramus, oppure quorum hodie annua dies agitar (Acta A. S., VII, 18 -- 30 nov. 1915 -- pag. 497)
III) Decreto: sulle preci da recitarsi alla fine della Messa (24 novembre 1915):
Essendo sorto in piú luoghi il dubbio, se si dovessero ancora recitare alla fine della messa le preci prescritte da Papa Leone XIII, la S. Congregazione dei Riti risponde affermativamente. (Acta A. S., VII, 19 - 9 dic. 1915 - pag. 526.
N. d. R. - Il dubbio forse era sorto dopo la dichiarazione di poter ommettere dette preci allorchè la messa è seguita immediate da altra funzione, o è celebrata cum aliqua solemnitate.
S. Congr. per gli affari ecclesiastici straordinari.
I) Su proposta dell'Em.mo Card. Mercier, Arcivescovo di Malines, viene costituito nella carica di Cappellano Maggiore o Vicario Castrense per l'esercito belga, durante la presente guerra, il rev. Sac. Giovanni Marinis, segretario dell'archidiocesi di Malines. In pari tempo vengono dichiarate le sue attribuzioni, i suoi poteri e i suoi privilegi. (27 ag. 1915). -Acta. S. A., VII, 16 - 6 ott. 1915
- pag. 463).
II) In seguito a domande di numerosi Vescovi, fatte anche a nome del Clero e del popolo, nell'intenzione di affrettare, mediante l'intercessione di Maria, il ritorno della pace, il Santo Padre ha benignamente concesso che i singoli Ordinari per la propria diocesi possano permettere, per tutto il tempo che durerà la guerra, di aggiungere al termine delle Litanie Lauretane - dopo l'invocazione Regina Sacratissimi Rosarii - l'invocazione Regina pacis, ora pro nobis (16 nov. 1915). - (Acta A. S., VII, 18 - 3o nov. 1915 - pag. 498).
Sacra Penitenzieria Apostolica.
Dichiarazione - A togliere dubbi e controversie circa le facoltà concesse dalla S. Penitenzieria con decreti 18 dicembre 1914 e 11 marzo 1915, si dichiara che tali facoltà si possono usare solo in quei luoghi della zona di guerra, ove è difficile ai fedeli avvicinare per le confessioni sacerdoti approvati dall'Ordinario, o ai sacerdoti avvicinare l'Ordinario per essere autorizzati a confessare i fedeli suddetti. (Acta A. S., VII, 19 - 9 dic. 1915 - pag. 526.
Sacra Romana Rota.
I) Parisien. Nullitatis matrimonii (Goquel-Gravier) (17 aprile 1915):
Si conferma la sentenza della curia di Parigi, la quale aveva dichiarato nullo il matrimonio contratto fra Michela Goguel e Carlo Gravier, perche fatto con intenzione esplicita di divorzio da parte della moglie: del che si recano e si discutono le prove. « Essendo, dalle testimonianze esposte, risultato moralmente certo che Michela Goguel nel suo matrimonio con Carlo Gravier ebbe intenzione di celebrarlo in modo che fosse solubile e durasse solo per un determinato tempo, non appare dubbio che esso fu nullo o invalido » (Acta A. S.,
VII, 15 - 4 sett. 1915 - Pag. 442).
II) Mileten. Iurium (9 maggio 1915):
Si dirime una questione sorta in Arena, fra la Confraternita di S. Michele e quella della B. M. V. delle Grazie intorno al diritto che quest'ultima pretendeva di avere d'intervenire, senza alcun invito da parte della prima, alla processione che questa suol fare nella festa di S. Michele. Si risponde che non essendo la festa di S. Michele festa patronale del paese, ma propria della Confraternita omonima, la Congregazione delle Grazie non ha diritto d'intervenire senz'invito alla processione. Il che del resto è confermato dalla prassi costantemente osservata fino al presente. (Acta A. S., VII, 16 - 6 ott. 1915 - Pag. 465).
III) Salutiarum. Iurium (15 luglio 1915).
Si sciolgono in terzo turno (avendo due precedenti dato sentenze fra loro contrarie) alcune questioni sorte fra il Capitolo della Cattedrale di Saluzzo e l'Arciprete:
1 ° Se e entro quali limiti, la cura abituale delle anime spetti al Capitolo o all'Arciprete. - Si risponde che in base al diritto comune, alla bolla di erezione ed alle congetture, spetta al Capitolo la cura abituale ed all'Arciprete l'attuale.
2° Se all'Arciprete, in caso, compete la cura attuale universale, esclusivamente ed indipendentemente dal Capitolo. - Si risponde che, sebbene all'Arciprete competa la cura attuale, tuttavia - attesa la consuetudine piú che centenaria, derogatoria al diritto comune, ma legittima perché prescrittiva, il Capitolo ha il diritto: a) di cantar Messa praesente cadavere b) di benedir le case nel tempo pasquale; e) di predicare; d) di ascoltar le confessioni dei fedeli. Per tutto il resto la cura spetta all'Arciprete.
3° Se l'Arciprete si debba considerare come vero Parroco e possa rappresentare la Parrocchia indipendentemente dal Capitolo. - Si risponde che l'Arciprete, avendo solo la cura attuale e non l'abituale, non può considerarsi come parroco in senso proprio, ma soltanto come parroco secondario o vicario. Perciò il diritto di rappresentare la parrocchia spetta al Capitolo.
4° Se e come il regime della Chiesa Cattedrale, in caso, spetti al Capitolo o all'Arciprete. - Si risponde che il regime, ossia l'amministrazione (diritto di fare le funzioni, regolare il culto, ecc.) secondo il diritto comune spetta al Capitolo che è vero Parroco ed ha la cura abituale, e non all'Arciprete che è vicario ed ha solo la cura attuale. Il che del resto è confermato dalla prassi fin qui seguita nella stessa Cattedrale di Saluzzo.
5° Se l'Arciprete abbia diritto di risiedere nella casa adiacente alla Cattedrale e di adattarla ad uso di abitazione a spese proprie, indipendentemente del Capitolo. - Si risponde, che constando dai documenti come la proprietà della casa predetta risieda presso il Capitolo, l'Arciprete non può avere un tale diritto. (Acta A. S., VII, 17 - 27 ott. 1915 - Pag. 481).
IV) Policastren. - Crediti (6 luglio 1915).
Nella composizione di una questione precedente fra l'Arcidiacono Pignataro, parroco con cura attuale della Cattedrale di Policastro e il sac. Giffone, che resse la Chiesa di Capitelli, dapprima come coadiutore della Cattedrale e dal 1910 in poi come parroco o vicario curato, essendo allora la chiesa eretta in parrocchia, rimase in controversia il punto seguente: Se e quale diritto, prima che la chiesa di Capitello fosse elevata a parrocchia, l'Arcidiacono di Policastro avesse sulla casa annessa alla Chiesa di Capitello fatta per la dimora del Coadiutore. - Si risponde che la proprietà di detta casa spettava alla Parrocchia di Policastro, o meglio al Capitolo della Cattedrale che ha la cura abituale delle anime: il che risulta anche dalle Costituzioni del Capitolo medesimo. Però il Coadiutore, avendo il diritto di abitazione e di uso, poteva col consenso del parroco locare ad altri la Casa predetta, potendo egli dimorare in altra casa propria, vicina alla Chiesa; ed in tal caso poteva anche percepire il frutto della locazione. Ora risulta che il consenso almeno tacito del Parroco vi fu per la locazione che il sac. Giffone realmente fece della casa: quindi il sacerdote Giffone non è obbligato a restituire nulla all'Arcidiacono; o meglio, nel caso, ha diritto che non gli venga detratto nulla dalla somma che l'Arcidiacono gli deve per altro capo. - In modo analogo si scioglie la questione relativa ad un'annua somma di L. 15 che il sac. Giffone percepiva da una composizione Cangiano, e che doveva essere erogata in favore della Chiesa di Capitello, ma non era in alcun modo dovuta al Parroco di Policastro. (Acta A. S., VII, 18 - 30 nov. 1915 - pag. 499).
V) Medioburgen: Crediti (20 aprile 1915).
La S. Romana Rota con sentenza del 2o aprile 1915 risolveva in favore dell'Architetto Carlo Walker la causa di credito, intentata dal medesimo presso il suddetto Tribunale, contro i Religiosi di S. Giovanni di Dio residenti a Scorton, nella diocesi di Middlesborough.
Nell'agosto del 1908 i Religiosi di S. Giovanni di Dio, a Scorton, col permesso del loro Provinciale deliberarono di costrurre un nuovo Ospedale ampliando l'edificio già esistente. A tal fine pregarono l'Architetto Carlo Walker di esaminare un progetto eseguito da un loro confratello. Esaminato il progetto, sentendo che per l'esecuzione sarebbe stata necessaria la somma di lire sterline 16.5oo, non fu accettato dal Provinciale, perche troppo costoso. In seguito, di sua spontanea volontà e quantunque avvisato dal Priore di non insistere, lo stesso Architetto esegui varie altre piante e disegni con diagrammi e note spiegative, sperando di riuscire a soddisfare i desideri del Provinciale; ma invano. Finalmente, d'accordo col Provinciale, tracciò un nuovo disegno, il quale gli fu rimesso con alcuni ritocchi e con l'incarico che eseguisse il progetto ad una data scala, a condizione che il preventivo non superasse le 16.ooo sterline. Il Walker si pone all'opera ed eseguito il progetto lo trasmette al Provinciale; ma qualche giorno dopo interrogato dal Priore a quanto avrebbe ammontato la spesa per l'esecuzione, risponde che sarebbero state necessarie 18.ooo sterline. I Religiosi non ne furono contenti e rinunziarono anche a questo progetto e chiesero all'Architetto a quanto ammontasse il suo onorario, e questi richiese 500 sterline. Gliene, vennero offerte i 12, che non furono accettate dal Walker, il quale con l'assenso dell'Ordinario di Middlesborough, ricorse al Tribunale civile. Il Tribunale di prima istanza emanò sentenza favorevole al Walker condannando il Priore e alcuni altri Frati di Scorton a pagare la indicata somma, considerandoli come rappresentanti dell'intero Ordine di S. Giovanni di Dio. I detti Religiosi però s'appellarono e il Tribunale di appello cassò la sentenza di condanna per il fatto che l'Ordine di S. Giovanni di Dio non è riconosciuto quale ente morale (incorporated Society) di fronte alla legge inglese, quindi il Walker poteva avere azione verso i singoli Religiosi quali privati cittadini, ma non quali rappresentanti di una società che non ha esistenza giuridica di fronte alla legge.
Fallita la causa nel tribunale civile, il Walker ricorse al Tribunale della S. Romana Rota, che accettò l'instanza, e tra i rappresentanti delle due parti fu concordato il seguente dubbio: « Se e quale gomma sia dovuta all'Architetto Carlo Walker sia per l'opera prestata, sia per le spese, sia anche per risarcimento di danni derivanti dall'ommesso o differito pagamento, come nel caso ».
La S. R. Rota, in un'elaboratissima sentenza, che conviene leggere nel testo originale, rispose affirmative e obbligò in solido il Priore di Scorton e il suo Provinciale a pagare all'Architetto Walker, per il lavoro prestato e le spese incontrate nell'esecuzione dei progetti e i danni subiti per la dilazione del pagamento, 300 lire sterline entro tre mesi (Acta A. S., VII, 19-9 dic. 1915-pag. 527).
VI) Buscoducen: Nullitatis matrimonii (Iurgens - De Hoag) (15 maggio 1915).
Il Tribunale della S. R. Rota, con sentenza definitiva di primo grado, dichiara nullo il matrimonio celebrato ai 3o agosto 1910 tra Vittorio Jurgens e Giovanna De Hoog. Il motivo di tale decisione consiste nel fatto della mancanza del dovuto consenso da parte di Giovanna De Hoog, la quale fu giudicata incapace di prestarlo perché affetta di malattia mentale già prima della celebrazione del matrimonio, per cui non poteva rendersi conto completo delle sue azioni. « Non era capace di agire con libera volontà », come attesta il Dott. Anhalt, che l'ebbe in cura per piú d'un mese prima del matrimonio.
In diritto si stabilisce che pel matrimonio si richiede il mutuo consenso delle parti, derivante da libera volontà e da cognizione razionale, come per qualunque atto umano. Il legittimo consenso non può prestarsi da chi è pazzo furioso (We Honzal et Mahim, cap. 24), o anche da colui che è demente quantunque non furioso (Glossa, cap. Dilectus). Quanto al fatto, consta che Giovanna De Hoog era perfettamente pazza prima del matrimonio, come attestano categoricamente due medici che l'ebbero in cura prima del matrimonio e altri quattro che la curarono, chi nel primo, chi nel secondo anno dopo il matrimonio. Posta pertanto questa completa demenza, Giovanna De Hoog era incapace di prestare il suo pieno e libero consenso nuziale e quindi giustamente la S. R. Rota ha dichiarato nullo il matrimonio da lei celebrato con Vittorio Jurgens (Acta A. S., VII, 20 - 20 dic. 1915 pag. 572).
Segretera di Stato.
Lettera al Conte Medolago-Albani, Presidente dell'Unione Economico Sociale a proposito della Scuola Sociale di Bergamo (13 ag. 1915):
Il Card. Segretario di Stato notifica che « l'Augusto Pontefice si, è degnato determinare in esplicita forma ciò che gli Statuti della Scuola, se non nelle parole, certo nello spirito comprendevano, e cioè che la Scuola sociale cattolica di Bergamo, sebbene sia parte precipua dell'Unione Economicosociale, debba tuttavia sottostare direttamente alla S. Sede, per ciò che riguarda l'approvazione dei suoi professori, dei suoi programmi e del suo regolamento » (Acta A. S., VII, 15 -- 4 sett. 1915 Pag. 453).
Nomine - (1 dicembre 1915). L'Em.mo Cardinal Bisleti è stato nominato Prefetto della S. Congregazione dei Seminari e delle Università degli studi; - (7 dicembre). L'Em.mo Card. Merry del Va], Presidente della Pontif. Accademia di Religione Cattolica (Acta A. S., VII, 19 - 9 dic. 1915 - pag. 547)
Il Ven. don Bosco fu udito esclamare molle volte
- Ah! se avessi un gran numero di sacerdoti zelanti ! quanto bene di piú si potrebbe compiere in tutte le parti della terra
Carissimi Confratelli, quei sacerdoti zelanti che sospirava don Bosco, siete o dovete essere voi! A voi, che lo ammirate, lo amate, e ne studiate affettuosamente lo spirito, spetta ampliarne in mezzo alla società il provvidenziale apostolato !
Par la festa di S. Francesco di Sales. (Ved. Norme ecc. a pag. 17)
Schemi di conferenze AI COOPERATORI E ALLE COOPERATRICI.
Presento qui alcuni schemi ai Sacerdoti, che domandano come scegliere l'argomento delle conferenze salesiane e come svolgerlo. Lungi da me la pretesa di atteggiarmi a maestro. Scrivo, perchè ne fui pregato dai compilatori di questo Bollettino, e non so dare una negativa ai Salesiani, che vogliono usare anche della povera mia penna. Gli schemi sono in forma concisa; una tenue trama sulla quale ogni sacerdote amico della Pia Società Salesiana lavorerà egregiamente. da sè con quella facondia, che viene ex abundantia cordis. Ecco, dunque, alcuni schemi per la festa di S. Francesco di Sales.
I. Il programma di Don Bosco.
I grandi uomini -parlo degli uomini d'azione - hanno un motto, che ne compendia il programma... È come uno sprazzo di luce, che innonda il cammino, facendosi sempre piú intensa... Il programma di Don Bosco si legge sotto il suo schema: da mihi animas, caetera tolle.
Queste parole di Abramo sono, sulle labbra di Don Bosco, un'eco del Vangelo... La fede e l'amore ci mostrano la preziosità dell'anima, insignita dell'immagine di Dio, riscattata dal sangue di Gesù Cristo, capace della beatitudine. Gesù ci richiamò a questi pensieri con il quid prodest homini, ecc., con la parabola della dramma smarrita, con l'allegoria del buon pastore, che va in traccia della pecora errante.
Egli ebbe un invito amoroso : venite ad me omnes qui laboratis, ecc. Nell'immensità del suo cuore vi era posto per tutti, e non fece esclusioni. Don Bosco, suo fedele imitatore, traduce l'invito di Gesù nelle altre parole : Da mihi, ecc. Vede tutte le classi sociali, che travagliano - le une per l'egoismo, le altre per l'abbandono; e tutte le chiama; le prime a cooperare con lui in molteplici modi... le altre a esperimentare i benefizi di questa cooperazione...
Uniformiamoci a questo spirito di carità... lavoriamo con Don Bosco quanto possiamo lavorare per la salvezza delle anime... Imitiamo lo zelo di S. Francesco di Sales.
II. Don Bosco e la scuola.
Qual è la causa precipua di tanti mali odierni? il non educare la gioventù. Don Bosco riparò a tanti mali con un miracolo di carità.
Altra cosa è l'istruire ed altra l'educare ; ma l'istruzione non può scindersi dall'educazione... Conviene formar tutto l'uomo, non l'intelligenza soltanto, ma anche il cuore e la volontà.
L'istruzione si volge all'intelligenza; però, quando, pur con sovraccarico di programmi, avremo in essa immagazzinato gran copia di scibile, il giovane non saprà ancora come regolarsi nella vita. Si deve mostrargli insieme qual è l'oggetto della volontà, il bene; in che esso veramente consista... quali ostacoli si devono vincere... quali vantaggi ne derivino a chi lo fa primo e solo oggetto delle aspirazioni e degli atti suoi... E il cuore? egualmente gli si devono mostrare, con la necessaria riverenza quae debetur puero, le passioni che rovinano; meglio anzi innamorarlo senz'altro, delle virtú, dirigerlo ad affetti casti.
Senza istruzione avremo degli ignoranti; ma senza educazione i disonesti e gl'ingiusti.
La scuola, che mira solamente ad istruire, non risponde al suo fine, è la sciagura de' giovani (si possono qui addurre citazioni di uomini liberali ed esempi)... tanto piú che, esclusa l'educazione, l'istruzione stessa, in qualsiasi ramo, diviene fonte di errori, in danno della fede e della morale.
Si chiuda con un quadro di quello che Don Bosco fece per la scuola cristiana.
Il sistema di Don Bosco.
Come nella vita fisica, cosí nella vita spirituale vi sono due metodi : l'uno è quello di apprestare il rimedio, quando il male lo renda necessario ; l'altro quello d'impedire che il male invochi il rimedio.
Quanto è miglior cosa il conservare sano il corpo, prevenendo lo svilupparsi delle malattie che lo deprimono e, spesso, lo uccidono, altrettanto è meglio conservar sana l'anima, correggendone i primi moti, anzi impedendo lo svegliarsi delle prime tendenze alle cattive abitudini e mostrando la via della virtú, quando ancora non siasi intravveduta, neppur da lungi e fra nebbie, la via del vizio.
Le case di correzione son necessarie, come son necessari gli ospedali.., ma in esse non sì accolgono che anime ferite, e, se vengono rimarginate le piaghe, non si ridona alle anime la loro primitiva purezza ed integrità.
Don Bosco fece sua regola: prevenire e non reprimere; conservar buoni i buoni, rendendoli sempre migliori, senza però disdegnare quelli che battessero la falsa china, anzi circondandoli di ogni cura, per la sua grande fiducia nei trionfi della grazia, in quelle redenzioni morali, di cui trovava nel Vangelo mirabili esempi. (Samaritana, Maddalena, Matteo, Zaccheo).
E tutto il sistema educativo suo è informato a questo principio... i convitti, le scuole, gli oratori festivi, le officine operaie... da per tutto egli vuole che si prevenga... la parola castigo la vorrebbe esclusa dal suo vocabolario...
Perciò, bando a rigori e severità; tutto deve essere effetto dell'amore... non superiori e sudditi nelle sue case, ma padri e figli.
Qui si può istituire un parallelo sulla dolcezza di S. F. di Sales e quella di Don Bosco. Esso la imitò e volle come preziosa eredità lasciarla ai continuatori del suo apostolato.
Imitiamola anche noi, a nostra volta, e nei nostri rapporti con la gioventú (figli, discepoli, garzoni, ecc.) non distacchiamoci dal suo sistema: prevenendo nella gioventú ogni germe di male, prepareremo nei futuri uomini uno stuolo di virtuosi, devoti al proprio dovere in ogni evento, fino all'eroismo del sacrificio.
IV. Don Bosco e le Missioni.
Gesù promise che farà di tutti un solo ovile sotto un solo pastore... e agli apostoli disse euntes, docete omnes gentes. La predicazione, cominciata il giorno di Pentecoste sulla piazza di Gerusalemme, si diffuse e continuò sempre per opera della Chiesa. La storia ci mostra in ogni secolo i banditori della verità... gli apostoli, che per la missione avuta dal successore di Pietro, vanno dovunque... Agostino, Bonifacio, Colombano.... Gli evangelizzatori ai giorni nostri... L'opera della propagazione della fede, che ebbe sempre, come i suoi apostoli, i suoi martiri : tra i più eccellenti Pietro Chanel, Gabriele Perboire, i due Carmelitani Dionisio e Redento.
Don Bosco vide le miserie vicine e le miserie lontane; nel suo cuore trovò un tesoro di angore per le terre non ancor beneficate dalla civiltà cristiana... La Patagonia fu il campo dei suoi figli... campo di fatiche e di trionfi. (Qui un rapido quadro dello sviluppo dell'Opera... Si può anche descrivere la scena commovente della partenza di uno stuolo di Missionari dal Santuario di Torino).
Anche S. Francesco di Sales fu missionario ; le sue conquiste tra gli eretici dello Sciablese. Don Bosco scegliendolo a Patrono e titolare della Pia Società Salesiana, proponeva così ai lavoratori della vigna di G. Cristo anche un grande modello di apostolato.
Verona.
M. GRANCELLI.
Il 24 di ogni mese in tutte le Chiese Salesiane e in molte altre Chiese e Cappelle è consacrato a Maria Ausiliatrice. È una solenne commemorazione mensile della festa del 24 maggìo. La S. Messa si celebra all'altare di Maria Ausiliatrice, ove esiste; si dicono due parole di circostanza, prima o dopo (meglio dopo) la Comunione generale; in fine s'imparte la benedizione col SS. Sacramento.
Non si tralasci di raccomandare a queste funzioni una preghiera speciale recondo l'intenzione del Sommo Pontefice e per le Opere Salesiane.
Tracce di fervorini
PEL GIORNO 24 DI OGNI MESE.
I.
Maria SS. Aiuto dei Cristiani.
La Madre di Gesú Cristo è salutata, ed è realmente: « Salus infirmorum, Refugium peccatorum, Consolatrix afflictorum ». Queste care invocazioni, costituiscono altrettanti titoli che Maria SS.ma ha alla nostra riconoscenza, e son completate e quasi compendiate da un'altra: « Auxilium Christianorum! » Tale è il dolcissimo titolo, col quale invocata la Vergine va moltiplicando i suoi favori in tutta la terra.
Vediamo di comprendere il senso di queste due parole: Auxilium Christianorum!
I) Il titolo di Ausiliatrice dei Cristiani completa e insieme compendia i tre che lo precedono nelle Litanie Lauretane. Infatti che significano questi?... Ci ricordano che Maria SS. è il nostro conforto nelle vicende dolorose della vita.
Ma noi anche negli altri tempi abbian bisogno dell'aiuto di Lei, ed Ella realmente ci sovviene ogni giorno, ogni istante! Non discende grazia in terra che non passi per marco di Maria: totum nos (Deus) habere voluit per Mariam (S. Bernardo)... Totum!
II) Quest'aiuto, che la Vergine SS. dà a tutti i figliuoli di Adamo, è riservato particolarmente ai Cristiani: Auxilium... Christianorum!
Vogliamo aver maggior diritto a siffatta assistenza materna? Cerchiamo di divenire migliori cristiani... Ascoltiamo la parola di Gesú: quaerite primum regnum Dei et justitiam eius, et haec omnia adjicientur vobis... Ogni grazia spirituale e temporale: Omnia.
III) Quest'aiuto è in particolar modo concesso alla Chiesa, tanto al suo Capo Augusto, che è il Romano Pontefice, come al corpo di lei, cioè alla moltitudine dei fedeli. « Il bisogno oggi universalmente sentito di invocare Maria - scriveva Don Bosco - non è particolare, ma generale: non sono piú tiepidi da infervorare, peccatori da convertire, innocenti da conservare. Queste cose son sempre utili in ogni luogo, presso qualsiasi persona; ma è la stessa Chiesa Cattolica che è assalita. È assalita nelle sue funzioni, nelle sacre istituzioni, nel suo Capo, nella sua dottrina, nella sua disciplina; è assalita come Chiesa Cattolica, come centro della verità, come maestra di tutti i fedeli. Ed è appunto per meritarsi una speciale protezione del Cielo che si ricorre a Maria, come Madre comune, come speciale Ausiliatrice dei Re e dei popoli cattolici, come cattolici di tutto il mondo! ».
Che bella divozione è dunque questa di raccoglierci il 24 del mese per onorare Maria SS. sotto il titolo di Ausiliatrice dei Cristiani! Perseverate in essa, e ricordate che il miglior modo d'onorare Maria Ausiliatrice è quello di presentarvi a lei come veri cristiani, nella pratica piú augusta della Religione, accostandovi ai SS. Sacramenti.
II. Perché Maria SS.ma è chiamata l'Aiuto dei Cristiani.
Ai divoti di Maria Ausiliatrice è doveroso, ed è insieme salutare e consolante, il conoscere meglio le ragioni per cui Maria SS. è salutata Aiuto dei Cristiani.
I) Il concetto è già sostanzialmente inchiuso nel titolo fondamentale ed essenziale di Maria SS. quello della sua divina maternità. Maria è madre di Dio in quanto è madre di Gesú Cristo; ed essendo madre di Gesù Cristo, è in qualche modo madre di tutti i fratelli di Cristo, ossia di tutti i fedeli cristiani... Ora, che cosa di piú naturale per una madre che aiutare i proprii figli?
II) Un'altra ragione piú profonda e reale è questa: Maria è Madre di Dio, perchè Madre del Verbo incarnato. Il Verbo s'incarnò per compiere l'opera della redenzione e così Maria fu associata all'opera stessa e divenne corredentrice del genere umano... Ma l'opera redentrice di Cristo è contitinuata dalla Chiesa ed è attuata nelle anime dei fedeli; ed ecco Maria la natural Protettrice della Chiesa e l'Ausiliatrice del popolo cristiano, proteggendo la Chiesa nelle lotte e nei pericoli, e soccorrendo i Cristiani nelle loro necessità, specialmente aiutandoli a conseguire il frutto finale della redenzione...
La pietà cristiana vide già raffigurata l'Ausiliatrice del popolo cristiano nella scena del Calvario, quando Gesú, volgendosi alla madre e additandole Giovanni, le diceva: Donna, ecco tuo figlio; e a Giovanni: Ecco tua madre. Le applicazioni di questo concetto s'incontrano nei primi scrittori cristiani e divengono man mano piú chiare e concrete nelle opere dei SS. Padri. S. Bernardo le compendiò eloquentemente in quelle notissime parole: È volontà di Dio che tutto noi abbiamo per mezzo di Maria: - quia sic est voluntas Eius, qui totum nos habere voluit per Mariam.
III) Il culto stesso che la Chiesa tributa alla Vergine, la frequenza coli cui l'invoca, il tono e le parole che adopera nelle preghiere che le rivolge, dimostrano questa persuasione e questo sentimento... Non basta. Fatti speciali e grandiosi, operati da Maria, e tutti in favore della Chiesa e della Cristianità, si collegano particolarmente con la storia del titolo e della festa dell'Ausiliatrice: la vittoria sugli Albigesi, la vittoria sui Turchi a Lepanto, a Vienna e a Corfú, la liberazione di Pio VII da una prigionia, che per 5 anni aveva tenuto completamente sospeso il governo della Chiesa (1).
Ripetiamo adunque con tutta fiducia e divozione quest'invocazione così espressiva e così gloriosa per Maria SS.: Auxilium Christianorum!
Ripetiamola sempre, specialmente in questi trepidi giorni, per implorare sul mondo intere il ritorno della pace tanto sospirata.
Perchè consacriamo il 24 del mese a Maria Ausiliatrice?
Consacrare il 24 del mese a Maria SS. Ausiliatrice è un assecondare lo spirito della Chiesa nella pratica del culto esterno tributato alla Vergine. Com'Ella c'invita ad offrirle ogni anno un mese (il mese mariano), ogni settimana un giorno (il sabbato), ed ogni giorno un triplice saluto (l'Angelus), non è men opportuno che le dedichiamo anche ogni mese un giorno in forma solenne, per farle onore e riaccendere nel cuor nostro il proposito d'essere suoi devoti.
I) Questo pio esercizio rinnova infatti nel cuor nostro le sante dolcezze del 24 maggio. Non e, vero che sentite la stessa gioia, la stessa fiducia, le stesse generose risoluzioni?... Perchè questa gara nell'accostarvi ai Santi Sacramenti? Perchè tante preghiere prolungate ai piedi dell'immagine benedetta di Maria Ausiliatrice?
II) Il fervore aumenta se voi pensate che non siete soli a rendere omaggio alla Beata Vergine in questo giorno. Sono uniti con voi, nello stesso devoto tributo, migliaia e migliaia di devoti in ogni parte del mondo. In tutte le chiese salesiane, anche nelle povere cappelle delle Missioni, schiere di cristiani e di fervorosi neofiti, venuti ieri alla fede, cantano anch'essi nella loro lingua lodi a Maria Ausiliatrice... L'esempio del Santuario di Torino si è esteso a tutta la terra !
III) Anche i Sommi Pontefici hanno benedetto e approvato questo devoto esercizio. Pio X di s. m. ha concesso indulgenza plenaria a tutti quelli che vi prendono parte nelle chiese e cappelle salesiane. Benedetto XV, gloriosamente regnante, ha ripetuto piú volte che l'approva con tutto il cuore, lo benedice e si augura di vederlo sempre piú diffuso a gloria della Beata Vergine e a vantaggio dei cristiani. La divozione della Madre di Gesù ha sempre operato prodigi; anche questa commemorazione mensile è destinata a fare un gran bene in mezzo al popolo cristiano. La promove la Vergine stessa coll'elargire a quelli che la praticano singolari favori !
Animo adunque !... Facciamo oggi il proposito di voler rendere ogni mese a Maria Ausiliatrice questo pio tributo fino al termine della vita, e di zelare che molte anime seguano con fervore il nostro esempio!
IV.
Come intendeva Don Bosco la devozione a Maria Ausiliatrice.
La vita di Don Bosco è un intreccio di celesti carismi largiti in gran copia al Servo di Dio e di eroica corrispondenza da parte sua: un amor tenerissimo dell'Uomo di Dio a Maria Ausiliatrice e una protezione d'ogni istante della Beata Vergine al suo Servo devoto. Quante meraviglie non ha operato Maria Ausiliatrice per mezzo di Don Bosco!
Ebbene, volete sapere che cosa suggeriva Don Bosco a quanti gli chiedevano in qual modo potessero ottenere grazie da Maria Ausiliatrice?
I) La preghiera! Egli era solito dire: « Quando uno vuole raccomandarsi a Maria SS. con qualche novena stia attento a tre cose:
» 1° Di non avere niuna speranza nella virtú degli uomini: fede in Dio.
» 2° La domanda si appoggi totalmente a Gesù Sacramentato, fonte di grazia e di benedizione. Si appoggi sopra la potenza di Maria, che dal tempio di Valdocco Dio vuole glorificare sopra la terra.
» 3° Ma in ogni caso si metta la condizione del fiat voluntas tua e se è bene per l'anima di colui per cui si prega ».
Perciò, per prima cosa, egli diceva di « recitare per nove giorni 3 Pater, Ave e Gloria al SS. Sacramento con la giaculatoria Cor Jesu Sacratissimum, miserere nobis (Cuore Sacratissimo di Gesú, abbiate pietà di noi) e tre Salve Regina a Maria SS. con la giaculatoria Maria, Auxilium Christianorurn, ora pro nobis (Maria, Aiuto dei Cristiani, pregate per noi) »... Chi non può recitare queste preghiere?
II) In secondo luogo raccomandava di « accostarsi ai SS. Sacramenti ». « Chi vuol grazie, diceva Don Bosco, deve mettersi in grazia di Dio». Ripeteva cosí col fatto: Chi brama l'aiuto di Maria SS. deve cercare, prima di tutto, di essere buon cristiano. Maria è Auxilium Christianorum.
III) In terzo luogo egli raccomandava di « fare o promettere un'elemosina proporzionata alle proprie forze, a vantaggio delle Opere Salesiane ». A questo proposito non sarà mai bastantemente inculcato questo pensiero che fu uno degli ultimi che egli lasciò ai Cooperatori:
« Se vogliamo far prosperare i nostri interessi spirituali e materiali, procuriamo anzitutto di far prosperare gl'interessi di Dio, e promuoviamo il bene spirituale e morale del nostro prossimo col mezzo della elemosina. Se volete ottenere piú facilmente qualche grazia, fate voi la grazia, ossia la elemosina agli altri, prima che Dio e la Vergine la facciano a voi ».
O divoti di Maria Ausiliatrice, ricorrete in tutte le vostre necessità, spirituali e temporali, a questa dolcissima Madre nel modo che vi ha insegnato Don Bosco, e sarete esauditi.
Tra raccomandazioni ai Cooperatori Sacerdoti.
Ai Direttori, Vice direttori e Condirettori diocesani, e Zelatori, Decurioni e a tutti i Cooperatori Sacerdoti facciamo tre raccomandazioni, le quali torneranno di gran vantaggio allo sviluppo dell'azione salesiana.
I) La prima è quella di procurare nuovi membri sacerdoti e laici alla Pia Unione dei Cooperatori Salesiani.
Il Ven. Don Bosco, istituendo quest'Unione, intese di suscitar nel mondo una nuova e operosa potenza di bene. Infatti affidò ai Cooperatori lo stesso programma della Pia Società Salesiana, affinché fossero altrettanti Salesiani in mezzo al mondo. Coloro che non possono operare direttamente, aiutino colle loro elemosine i Salesiani, e tutti procurino alle Opere di Don Bosco l'appoggio materiale e morale di altre persone e le benedizioni di Dio colla preghiera.
I Cooperatori, regolarmente inscritti, hanno i seguenti vantaggi:
1) Partecipano al merito delle opere di carità e di zelo che si compiono dai Salesiani in tutto il mondo;
2) Godono della celebrazione di una messa quotidiana secondo la loro intenzione e di speciali preghiere che si fanno ogni giorno nel Santuario di Maria Ausiliatrice, per invocare le benedizioni di Dio sopra i Benefattori delle Opere di Don Bosco e sulle loro famiglie;
3) Possono lucrare particolari indulgenze e godere di altri favori spirituali;
4) Dopo morte sono perpetuamente suffragati con riconoscente affetto in tutte le Case Salesiane.
Le condizioni per essere ascritti all'Unione dei Cooperatori e delle Cooperatrici Salesiane sono tre:
1) Età non minore di 16 anni.
2) Godere buona reputazione religiosa e civile.
3) Essere in grado di promuovere o per sé o mezzo d'altri, con preghiere, offerte, limosine o lavori, le Opere della Pia Società Salesiana.
Per iscrivere nuovi Cooperatori o Cooperatrici Salesiane basta inviare il loro nome, cognome e indirizzo al Successore di Don Bosco, rev.mo sig. Don Paolo Albera, o all'Ufficio dei Cooperatori Salesiani, Via Cottolengo, 32 - Torino.
II) Un'altra vivissima raccomandazione è quella di promuovere nuove ascrizioni all'Arciconfraternita dei Divoti di Maria Ausiliatrice.
Agli ascritti si propongono due cose: « Promuovere la gloria della Madre del Salvatore, per meritarsi la protezione di Lei in vita e particolarmente in punto di morte; e promuovere e dilatare la venerazione a Gesú Sacramentato ».
Non occorre alcuna offerta né alcun modulo per l'ascrizione. Basta inviare a Torino i nomi degli ascrivendi. Per chi desidera la medaglia e il libretto dell'Associazione, ove sono elencati i favori spirituali concessi agli associati, è sufficiente una libera offerta anche di pochi centesimi.
Inoltre preghiamo quei rev.mi Parroci o Rettori di chiese che bramano erigere l'Associazione dei divoti di Maria Ausiliatrice localmente, di presentare gli Statuti, che noi invieremo gratuitamente, al proprio Rev.mo Ordinario per ottenere il decreto di erezione canonica, e quindi di comunicare l'avvenuta erezione al Rettor Maggiore della Pia Società Salesiana per ottenere l'aggregazione all'Arciconfraternita, col qual atto vengono comunicate gli ascritti presenti e futuri tutte le indulgenze.
L'erezione dell'Associazione servirà mirabilmente a preparare la via alla pia pratica del 24 del mese; ma questa - ove torni piú facile - può anche precedere l'erezione canonica dell'Associazione.
III) Una terza raccomandazione, assai importante, è quella di procurare nuove vocazioni alle Missioni e allo Stato Ecclesiastico.
Da alcuni anni - diceva già Don Bosco - si va lamentando la diminuzione delle vocazioni allo Stato Ecclesiastico. Questa deficienza di vocazioni è sentita in ogni diocesi d'Italia e in tutta Europa; è sentita nelle corporazioni religiose che mancano di postulanti; nelle Missioni estere, che ripetono incessantemente con San Francesco Saverio: Inviateci degli Operai Evangelici. Già in Germania, in Francia, in Inghilterra ed in molti paesi d'Italia si fondarono opere di beneficenza a questo fine e se ne ottennero buoni effetti, ma insufficienti ai molti e urgenti bisogni. Il Venerabile Don Bosco istituì l'Opera dei Figli di Maria Ausiliatrice, la quale consiste in un corso speciale di studi Per giovani adulti che intendono consacrarsi a Dio nello Stato Ecclesiastico. A questo fine son destinati vari istituti dei Salesiani, tra cui il Collegio S. Pio V di Penango Monferrato, il quale, anche per la sua posizione climatica, è assai confacente a giovani che in età un po' avanzata intraprendono gli studi classici, trovandosi in aperta campagna su ridente collina. Colà si posson inviare quei buoni giovani (dai 15 ai 25 anni) che, compiute le elementari, diano speranza di riuscire degni ministri del Signore. Noi facciam dunque calda preghiera ai zelanti Cooperatori Sacerdoti, in modo speciale ai Parroci e ai Direttori di Oratori Festivi, perché, trovato un giovane che meriti di esser avviato per questa via, lo aiutino a superare le difficoltà di famiglia e gli altri impedimenti, e procurino di indirizzarlo all'accennato Istituto. A coloro che hanno ferma volontà di recarsi nelle nostre Missioni Estere saranno fatte grandi facilitazioni.
Penango Monferrato si trova sulla linea Asti Casale-Mortara. Il nome della Casa è Istituto San Pio V. Si domandi a quella Direzione o al sig. D. Paolo Albera, Via Cottolengo, 32 - Torino, copia del programma per piú ampie spiegazioni.
(1) Ved. Boll. Sales. di novembre e dicembre (pag. 330 e 365) ove questi stessi pensieri sono ampiamente sviluppati.
Alcuni zelanti sacerdoti ci scrivono esponendo le difficoltà che incontrano per sostenere le buone opere iniziate. Rispondiamo loro Fate conoscere le opere vostre.
Chi lavora attorno alla gioventú, per avere appoggio morale e materiale all'opera sua, deve farla conoscere. Molte volte si è visti di mal occhio od anche osteggiati, perché non si è conosciuti. Gioverà assai diramare a quando qualche foglietto volante che illustri l'opera nostra. Il Direttore di un Oratorio Salesiano diffondeva, non è molto, con felicissimo esito, questa popolarissima pagina di... catechismo ai genitori di... che hanno figli dai 13 ai 20 di età.
1. - Perché fu istituito l'Oratorio...?
Per dare l'istruzione religiosa e l'educazione morale alla gioventú.
2.- Di quale gioventú s'intende parlare?
S'intende parlare dei fanciulli e giovanetti delle Scuole Elementari e anche degli adolescenti : agricoltori, operai, commercianti, studenti, ecc..
3. - E conveniente la promiscuità di fanciulli e adolescenti?
È molto conveniente. Siamo tutti fratelli, come nelle famiglie è caro il contatto di piccoli e adulti, cosí non deve essere discaro nell'Oratorio.
4. - È conveniente la compagnia tra giovani operai e studenti nell'Oratorio?
Si: e questo è secondo la fratellanza cristiana e secondo la vera democrazia. Molte volte i giovani diversi tra loro di condizione sociale non si amano e non si aiutano perché, stando separati, non si conoscono. Avvicinandosi, si ameranno.
5. -- Nell'Oratorio ci sono locali, istruzione e divertimenti adatti alle varie età e in particolare per adolescenti?
Sí: vi è tutto il necessario al riguardo; e si aumenteranno i mezzi accessori, man mano che l'intervento dei giovani e le oneste esigenze li consiglieranno.
6. - Un adolescente che ora prendesse a frequentare l'Oratorio vi si troverebbe forse al principio come un estraneo?
No, ma troverebbe già, oltre a non pochi coetanei, i Soci del Circolo... che gli farebbero buona accoglienza e che sarebbero lieti di riceverlo nel Circolo, dopo qualche tempo di frequenza regolare e sufficiente garanzia di onestà.
7. - Perché tanto interessamento per avere gli adolescenti nell'Oratorio? Cosa si vuol fare di questi giovani?
L'interessamento è per dare loro un'istruzione soda, completa e proporzionata ai pericoli dell'empietà, e per indirizzarli alla vita sociale.
8. - Di quali mezzi dispone l'Oratorio per indirizzare alla vita sociale?
Nell'Oratorio coll'istruzione metodica si mira a fomentare la reciproca carità, il rispetto alle Autorità costituite; si spiegano secondo i criterii della democrazia cristiana i dissidi sociali e i mezzi per comporli, si abituano i giovani al risparmio e si facilita loro l'ingresso nella Società di mutua assistenza e l'opportuna inscrizione presso Istituti di Previdenza.
9. - Ma i giovanotti esigono libertà e divertimenti, almeno nei giorni festivi, e l'Oratorio serba morsa disciplina che non è più per essi.
Si conosce bene quali sogliono essere i divertimenti dei giovani onesti; e questi non si lasciano mancare all'Oratorio. Ciò quanto allo svago. Quanto alla libertà è da notare che i giovani possono entrare dalle ore 7 alle 8 e uscire alle 9, rientrare dalle ore 13 alle 15 e uscire alle 16.3o, Tale indispensabile permanenza nell'Oratorio non guasta dunque la libertà, mentre è sufficiente per la parte religioso-morale.
10. - Un padre ed una madre possono temere ragionevolmente che il figlio, frequentando l'Oratorio, smetta la frequenza alla Parrocchia, alla Chiesa dove fu battezzato e cresimato?
Non è da temere questo, perche gli Oratori Festivi sono in aiuto alle Parrocchie, e perciò in essi si inculca e si procura la frequenza alle funzioni, alle predicazioni ed alle pubbliche manifestazioni religiose, che in quelle si compiono.
11. - Si ode a parlare di una sala di lettura nell'Oratorio. Quale è il suo scopo e chi vi può intervenire?
La Sala di Lettura... si può dire una scuola serale invernale. In essa i giovani leggono giornali e libri sani e ascoltano ogni sera una breve conferenza su argomenti sacri e profani, sempre con indirizzo democratico cristiano.
Nella Sala si ammettono solo i giovani che frequentano l'Oratorio nei giorni festivi.
12. - Si paga una tassa, per entrare nella Sala?
Si paga nulla. Per le spese si fa appello alla carità dei ricchi e degli agiati. E Dio benedica e prosperi i buoni.... che vorranno mostrarsi generosi.
Tra i giovani.
Don Bosco, la sua vita, le sue opere sono nel dominio della storia, la quale in belle e splendide pagine dirà agli avvenire che Egli fu per mezzo secolo l'apostolo del bene. Dirà che Egli con pedagogia imparata nel Vangelo indirizzò allo studio del sapere e della virtù, all'amore del lavoro, migliaia di figli del popolo....
Quello che non potrà dire appieno l'istoria, quello che essa non riuscirà a far ben comprendere è la sua vita intima, il suo sacrificio continuo, calmo, dolce, invincibile, eroico; il suo studio e il grande amore per noi suoi figli; la fiducia, la stima, la riverenza, l'affetto che Egli a noi inspirava; la grande autorità, l'opinione di santo, di dotto, in cui da noi era tenuto, quasi tipo ideale di moral perfezione! Oh la storia difficilmente potrà ritrarre e far capire e credere le soavi dolcezze che una sua parola, un suo sguardo, un cenno infondeva nei nostri cuori! Bisogna aver veduto, bisogna aver provato!
La vita dei Santi nei libri anche meglio scritti perde del fascino che esercitava sui contemporanei, sui famigliari. Il profumo della loro conversazione e delle loro virtù si dissipa nello spazio dei tempi. Ma noi l'abbiamo veduto, noi l'abbiamo sentito Don Bosco. Allora l'opera sua, ancor ristretta all'Oratorio, faceva sentire più intensa la sua efficacia. Egli, ancor pieno d'energia, coll'ingegno, col grande affetto era tutto per noi, sempre con noi
Don Bosco, nostro padre e consigliere, nostro conforto e nostro esempio, ci facea del bene, fosse presente, fosse lontano. Sì, anche lontano! Quante volte il pensiero, l'immagine di quella vita bella e pura ci, trattenne dal male, ci rese intrepidi contro le tentazioni, ci rasserenò e ci infervorò nel retto operare!
Can. Prev. Giacinto Ballesio.