Vincenzo de' Paoli del secolo XIX, come il
Times chiamò Don Bosco . Mentre i suoi figli,
discepoli ed ammiratori, sparsi nei due mondi,
rinnovano sulla sua tomba l'annuo tributo
delle loro lacrime e delle loro preghiere, noi
ci restringeremo ad un lato solo della sua
operosissima vita, a quello cioè la cui solu
zione tiene a' giorni nostri in tremenda ap--
prensione quanti hanno a cuore gl'interessi
dell'umanità e della patria, e che, come di-
cesi ora con frase forestiera, palpita di at-
tualità . Parliamo della questione operaia .
Che questa questione si presenti sotto un
aspetto ogni dì più pauroso, è cosa notis-
si.matu Basta, a convincersene, rìflet-
tere allo sgomento portato dalle delìbera-
ziondelrctCongscialtod
Capolago e alle grandi precauzioni che van
pigliando fin d'ora i Governi, in quella pure
che fingono di non preoccuparsene . Tant'è
è una questione che s'impone in tutta la sua
formidabile potenza . Questo rombo cupo,
come di vicino terremoto, va facendosi ogni
dì più intenso e spaventoso, e minaccia da
un momento all'altro di scoppiare e scagliare
in rottami non una città, una provincia, un
regno, o repubblica che vogliate dire , ma
tutto quanto l'edificio sociale.
Or che fa Don Bosco di fronte a questo
vicino uragano? Il nostro secolo grida : la-
voro, lavoro ! ecco le ali, con cui vola e pre-
tende di signoreggiare dalla terra al cielo .
E lavoro , risponde Don Bosco ; sicuro, bi-
sogna guadagnarsi il pane col sudore della
fronte, insegna a' suoi fanciulli . L'Eden fu
pur bella e santa cosa, ma esso non è più ;
in causa del peccato l'uomo ne fu cacciato
per andar ad abitare la terra, vita di tri-
boli e di spine . E i fanciulli, mossi da que-
sto parlare, si danno volenterosi al lavoro,
e il lavoro diventa la bandiera dell'Oratorio
di D . Bosco . E ne escono i sarti , calzolai ,
falegnami, fabbri, litografi, tipografi, fondi-
tori di caratteri, scultori, disegnatori, lega-
tori di libri ed altrettali . Perfin la stampa
escuartdipocarte,mnla
tipografia di Don Bosco conseguisce le più
splendide onorificenze alle Esposizioni Va-
ticana di Roma, Internazionale di Bruxelles,
Universale di Barcellona, Italiana di Londra
e Internazionale di Colonia .
L'Esposizione Nazionale di Torino del 1884
vide una nuova grandiosa macchina per la
fabbricazione della carta : era la macchina
Escher-Wyss di Don Bosco, mandata poi
alla Cartiera Salesiana di Mathi, e colà stesso
ancora ampliata e perfezionata . Ed era bello,
osserva qui un recente scrittore, era conso-
lante nella sua splendida realtà vedere accanto
alle memorie sulle antiche carte fabbrianesi del
canonico, ora Vescovo , Zonghi , la macchina
perfezionata del nostro Bon Bosco ; i primi
albori cartacei del teologo e canonista fabbria-
nese e l'elevatezza artistica presentata dall'u-
mile prete di Valdocco ; l'alfa e l'omega, per
così esprimermi, dell'industria cartaria (1) .
Ma il lavoro , separato dalla fede , asser-
visce, disonora, imbestia ; l'operaio, che più
non guarda al cielo , nè più ha in faccia il
sorriso confortatore dell'eternità, cade stanco,
ìnfrunito, schiavo della materia, delirante
nella voluttà del giuoco, del vino, della sen-
sualità , vittima quindi anima e corpo del
demagogo e del socialista, che lo sfrutta pe'
suoi luridi ideali .
Non così l'operaio di Don Bosco, il quale,
avendo imparato che sei giorni impiegò Dio
alla creazione del mondo e nel settimo si ri-
posò, riposa anch'egli in questo giorno, san-
tifica la festa , alza gli occhi al cielo , fre-
quenta i Sacramenti, ritempra la sua di-
gnità personale nella preghiera . E la pre-
ghiera si assorella al lavoro, e l'una e l'altro
completano indissolubilmente uniti la ban-
diera dell'Oratorio di Don Bosco .
Che dipendenza, che gerarchia, grida al-
l'operaio il secolo socialista ; siam tutti u-
guali, liberissimi, indipendenti . E l'operaio,
tradito alla voce del serpente, s'inalbera
contro il padrone , fa lo sciopero, insanisce
alle declamazioni de' tribuni, spreca quel
poco, che con tanti stenti ha sparagnato,
nel sensualismo il più ributtante, piantando
moglie e figli nella desolazione e nella mi-
seria . Non così fa Don Bosco ; egli predica
ad un tempo a' suoi operai l'uguaglianza
innanzi a Dio e il dovere della sottomis-
sione alle potestà della terra ; in questo mondo
ci ha ricchi e poveri, padroni e servi ; gli
uni e gli altri hanno la loro parte di doveri
e diritti ; guai al padrone inumano, guai al-
l'operaio superbo . Ed i giovanetti del Prete
di Valdocco si fan docili, modesti, ubbidienti
al padrone nell'officina, che alla sua volta
è tratto come irresistibilmente ad amarli , a
stimarli questi cari operai .
Nè queste le son parole soltanto . Guar-
dato lo sviluppo immenso che in pochi anni
ha pigliato l'opera di Don Bosco e continua
tuttora dopo la sua morte . La si direbbe cosa
favolosa, eppure è vera, verissima nella sua
irrepugnabile realtà . Ma essa trae tutta la
sua forza, la sua perpetuità da' divini prin-
cipii del Cristianesimo, a quel modo che dal-
l'unione con Dio trasse D . Bosco quell'a-
nimo costantemente quieto e incrollabile, che
fu la ragione e la sorgente di quel prodi-
gioso èmpito, impresso alle sue varie Asso-
ciazioni . Qui sta per Don Bosco il Primo
Immobile di Aristotile che genera il movi-
mento .
Noi perciò, mentre rinnoviamo le manife-
stazioni del nostro affetto e della nostra
stima sulla tomba di chi fu così grande agli
occhi di Dio e degli uomini, perchè amò
molto, invitiamo quanti sono filantropi e pen-
(1) CERRUTI. La StOrì a della Carta . Tipografia Salesiana .
Torino, 1890.