ANNO XXXI - N. 4. APRILE 1907.
PERIODICO DELLA PIA UNIONE DEI COOPERATORI SALESIANI DI D.BOSCO
SOMMARIO: Pel mese di Maria Ausiliatrice . . 97 il prof. D. Celestino Durando . . . . 98 Savio Domenico e D. Bosco - In memoriam . . 101 Echi del V° Congresso: III GRUPPO: Azione salesiana e proposte varie: c) Opera di S. Agostino; d) Apostolato -del Mese del S. Cuore- Il DISCORSO dell'Ing. Cesare Nava in S. Celestino . 104 Oratorî festivi: Il Congresso di Faenza - Circolo < Valdocco > - Il Circolo Giovanni Bosco di Torino 1o7 In onore di S. Francesco di Sales: Feste e Conferenze 11o Della Comunione agli infermi non digiuni . . 112
DALLE MISSIONI: Matto Grosso: Dalla Colonia del S. Cuore - La Tribù dei Bororos; Parte IIa (Studio del Sac. A. Malan) 113
Tesoro spirituale 120
IL CULTO DI MARIA SS. AUSILIATRICE: Pellegrinaggio spirituale - Nel Centro America - Grazie e graziati . 121
NOTIZIE VARIE: In Italia: Firenze, Parma e Trino - In Portogallo: Braga - Dall'America: Buenos Aires, Cachoeira do Campo, Montevideo . . . 125
Necrologio e Cooperatori defunti 127
NON appena i primi albori del 23 corrente baceranno la statua della Vergine che torreggia sull'alta cupola del Santuario, i sacri bronzi, squillando a festa, ridesteranno negli abitanti di Valdocco quei sensi di profonda letizia, che si è soliti a gustare nel mese santo di Maria Ausiliatrice. E tosto l'onda armoniosa dei giulivi concenti, quasi eco di angeli evangelizzanti a tutto il mondo il lietissimo annunzio, si ripetera intorno a cento e cento altre chiese e cappelle, destando ovunque gli stessi palpiti, gli stessi affetti, gli stessi commoventi entusiasmi. Sin nelle aride steppe delle Pampas e nelle immense plaghe della Patagonia e della Terra del Fuoco , sin fra le foreste dei Jivaros di Gualaquiza e nelle nuove Colonie nascenti fra i Bororos del Brasile, migliaia di nuovi cristiani, sino a ieri sepolti nelle tenebre dell'idolatria e delle barbarie, parleranno il soave linguaggio della pietà a Lei, alla Vergine Santa, alla Madre Augusta del Verbo Divino, proclamandola pur essi Ausiliatrice pietosa dell'immensa Famiglia Cristiana.
Cooperatori e cooperatrici! il dolcissimo mese, il più caro alla nostra grande Patrona e il più ricco per noi di benedizioni e di grazie, ecco ritorna. Esultiamo!...
Chi non lo affretta con ardenti voti per attestare alla munifica Regina il suo amore riconoscente? Chi non ha, in fondo all'anima, qualche nuova grazia da chiederle?... Oh! dopo il corso di un anno - forse di un anno di amarezze e di lacrime - chi non sente il prepotente bisogno di abbandonarsi nuovamente fra le amorose sue braccia materne ?...
Esultiamo adunque, o Cooperatori carissimi, e preghiamo !
Oh! sì, preghiamo!... Pensiamo alle tante commoventissime suppliche che giungono a Valdocco da ogni parte del mondo! Son mille e mille anime, che con gli accenti più teneri implorano ansiose ,e lacrimando la sanità o il ravvedimento di qualche cara persona, la tranquillità o la pace nelle famiglie e finanche il pane quotidiano!... Se poi fissiamo lo sguardo sui bisogni assai più grandi dell'immensa Famiglia Cristiana, quanti motivi non ci si affacciano di scongiurare con fervore nel mese imminente la nostra dolcissima Madre. Dobbiam essere « persuasi che nelle vicende dolorose dei tempi che corrono, non ci restano altri conforti che quelli del cielo, e tra questi l'intercessione potente di quella benedetta che fu in ogni tempo l'Aiuto dei Cristiani (1). »
Esultiamo adunque, o Cooperatori carissimi, e preghiamo... Ripetiamole col nostro indimenticabile Fondatore, Don Giovanni Bosco: - « O Maria, Vergine potente ; Tu, grande ed illustre presidio della Chiesa... Tu, aiuto meraviglioso dei Cristiani... Tu, terribile come esercìto ordinato a battaglia... Tu, che da sola hai distrutto ogni eresia ìn tutto il mondo... ah! nelle nostre angustie, nelle nostre lotte, nelle nostre strettezze dìfendici dal nemico; e, nell'ora della morte, accogli l'anima nostra in Paradiso (2) ! »
Ma quest'anno - ci sia lecito di esporre un vivissimo nostro desiderio - fra le infinite suppliche che durante il bel mese s' innalzeranno all' incoronata Regina, brameremmo (e quanto ardentemente!) che ogni giorno una se ne innalzasse dal cuore di tutti i devoti di Maria Ausiliatrice secondo la nostra intenzione.
Cari Cooperatori e Cooperatrici! noi pregheremo per voi, con fraterno affetto vi raccomanderemo, ogni giorno alla nostra cara Madonna sotto le vólte del Tempio a voi così caro; ma niuno di voi tralasci di sciogliere ogni giorno una breve preghiera secondo la nostra intenzione.
Qualcuno forse amerebbe conoscere qual cosa ci spinga quest'anno a questa insolita raccomandazione.
Rispondiamo: - E un conforto insigne che noi imploriamo umilmente dalla pietosa Ausiliatrice, una grazia grande, un favore segnalatissimo, che tornerà di precipuo onore alla nostra dolcissima Madre, ma sarà pure argomento di profonda esultanza ai nostri Cooperatori.
Se il Cielo si degnerà esaudire i nostri fervìdì voti, non mancheremo di sciogliere commossi l'inno del più vivo ringraziamento, come fin d'ora ripetiamo dall'intimo del cuore:
Non a noi, non a noi, o Signore, ma al tuo Nome sia tutta la gloria
Una nuova preghiera indulgengiale
Il Santo Padre Pio X con suo venerato rescritto, registrato nella S. Congregazione delle Indulgenze il 19 dicembre 19o6, ha concesso l'indulgelza di 300 giorni Per una volta al giorno ai fedeli che reciteranno la seguente affettuosa preghiera con l'invocazione
A Maria „Aiuto dei Cristiani"
O Madre di misericordia, Aiuto dei Cristiani, ministra fedelissima della Divina Provvidenza, tesoriera di tutte le grazie, ricordatevi non essersi noi inteso nel mondo che abbiate lasciato senza consolazione coloro che a voi devotamente ricorsero. Onde io confidando nelle viscere della vostra pietà e nella liberalissima vostra provvidenza, mi prostro umilmente ai vostri piedi, affinchè vogliate ascoltare le mie orazioni.
Ottenetemi voi la santa provvidenza, ossia le grazie in tutti i miei spirituali bisogni, e quella provvidenza inoltre temporale, necessaria per tirare innanzi la vita in questa valle di pianto.
Raccomando fervorosamente al vostro cuore amoroso e materno la S. Chiesa, il Sommo Pontefice, la conversione delle anime, la propagazione della fede cattolica, nonchè le spose elette del Signore che soffrono le atroci fiamme del Purgatorio, affìnchè vengano tosto consolate coll'eterno refrigerio. Così sia.
(1) Parole del S. Padre Pio X.
(2) Ved. Bollettino di marzo 1885, Pag. 45.
LA MATTINA del Mercoledi Santo l'Angelo della Morte immergeva nel lutto l'Oratorio e la Pia Società Salesiana, chiamando all'eternità uno dei nostri primari Superiori, il prof. D. Celestino Durando. Con lui è scomparso uno dei più antichi e più affezionati discepoli di D. Bosco, un autorevole testimonio dei primi tempi dell'Oratorio, un lavoratore indefesso, un sacerdote pio ed esemplare, un'anima mite e disinteressata, uno insomma degli uomini interamente formati da Don Bosco e che a Don Bosco ed all'Opera sua generosamente consacrarono tutta la loro esistenza.
Colpito da paralisi progressiva il 12 marzo, il povero Don Durando in breve fu ridotto agli estremi ; per cui la mattina della Domenica di Passione, 17 marzo, con edificante pietà volle ricevere il Santo Viatico, che, con lo schianto in cuore, gli venne recato dal signor D. Rua. In seguito parve riaversi alquanto ; difatti un lievissimo accenno a miglioramento te' concepire anche ai medici qualche , peranza. Egli però interamente rassegnato alla volontà del Signore, più non si scosse dal suo continuo raccoglimento, se non per mostrarsi riconoscente alle tante prove di affettuoso interessamento a cui era fatto segno nella sua malattia. Sua Eminenza, il nostro veneratissimo Card. Arcivescovo, la sera della vigilia di S. Giuseppe ebbe la bontà di accorrere al suo letto per confortarlo con tenere parole e con la sua benedizione. Egual degnazione avevano le LL. EE. RR.me Mons. Luigi Spandre, Vescovo tit. di Tiberiade e Mons. Giov. Battista Ressia, Vescovo di Mondovì, sua diocesi natale. Anche il Santo Padre si degnava inviargli un affettuoso telegramma di augurio e di benedizione. Ma il giorno 23, sviluppatosi un nuovo focolaio emoraggico al cervello,. il caro D. Durando entrava lentamente in agonia, la quale si protrasse fino alla mattino del giorno 27, in cui il Signore lo chiamava al cielo. I meriti della vita sua operosa ed esemplare, noi lo speriamo fermamente, gli devono aver aperto le soglie celesti, tuttavia con particolare istanza lo raccomandiamo alle preghiere dei nostri lettori.
Celestino Durando nacque a Farigliano, provincia di Cuneo e diocesi di Mondovì, il 29 aprile 184o. Trasferitosi col padre a Torino frequentò le prime classi ginnasiali al Collegio Nazionale del Carmine. Accolto il 3o aprile 1856 da Don Bosco all'Oratorio, non essendovi ancora fra noi le scuole ginnasiali, continuò a frequentare il Collegio Nazionale, quindi passò alla scuola del prof. Don Picco, che, ammirandone la prontezza dell'ingegno, gli presagiva una splendida riuscita. Ma egli ottenuta la licenza ginnasiale si diè tutto a D. Bosco, che amava con affetto di figlio. Infatti, vestito l'abito clericale il 6 novembre 1857, fu tosto uno dei primi maestri dell'Oratorio, Amato e stimato dai suoi allievi, essendo tutto per loro non solo nella scuola ma anche fuori di essa, era bello il vedere uno stuolo di quaranta o cinquanta giovani, che rinunziando ai lieti e chiassosi svaghi dei loro compagni, preferivano di trattenersi col Ch. Durando in tranquilla conversazione. E sebbene egli avesse a far scuola tuttor giovanissimo, pure essa non fu l'unica sua occupazione. In quel tempo bisognava far di tutto per aiutare D. Bosco nell'Opera sua, e D. Durando, dopo la sua scuola, era molte volte costretto a scendere in cucina per allestire il pranzo... come alla domenica prestava il suo valido appoggio nella direzione degli Oratori festivi di S. Luigi e di S. Francesco di Sales.
Eppure, colla sua calma caratteristica e colla sua esattezza abituale, non solo insegnava e lavorava, ma trovava il tempo di studiar anche per sè, cosicchè il 21 maggio del 1864 poteva essere ordinato sacerdote da Mons. Ghilardi, vescovo di Mondovì, che gli aveva conferito gli altri Ordini maggiori, 'e nello stesso anno conseguiva il diploma di lettere alla R. Università di Torino.
Caro al Vallauri, amico del Lanfranchi e intrinseco col prof. Allievo, vedendosi chiamato dalla Provvidenza a coadiuvare D. Bosco particolarmente nell'organizzazione delle scuole dell'Oratorio, egli riuscì anche ad imitare l'energia di quei valenti e trovò tempo per prendere in mano la penna dando alla luce i suoi Precetti di' letteratura e il Nuovo Donato, compilando per incarico di Don Bosco quei pregevolissimi suoi Dizionarii latini che fra gli altri meriti hanno pur quello di aver sbandita ogni espressione che potrebbe turbare la limpidezza delle anime giovanili, e dirigendo la Biblioteca della Gioventù Italiana che pubblicò più di 200 volumi dei nostri classici.
E quasi tutto ciò non bastasse, non appena la nostra Pia Società cominciò a prendere una forma regolare, D. Celestino Durando venne subito eletto fra i membri del Capitolo Superiore, nella qual carica rimase fino alla morte e prestò valido aiuto allo sviluppo delle Opere Salesiane, cattivandosi la stima e l'amicizia delle più elette famiglie della Nobiltà Piemontese, di moltissimi Cardinali, Arcivescovi e Vescovi d'Italia e dell'Estero, e di altri illustri personaggi. Dal 1901 era pur membro della Commissione Municipale di Torino per l'Emigrazione.
D. Durando non ebbe nemici; ma quanti lo conobbero, tutti sentivano per lui affetto, stima e venerazione
La sua morte avrà quindi un'eco di affettuoso rimpianto fra i numerosi suoi alunni ed ammiratori e raccoglierà larga messe di suffragi. Tuttavia nella costernazione in cui ci ha gettati la sua irreparabile perdita, sentiamo il bisogno d'implorare nuovamente per lui anche le ferventi preghiere di tutti i nostri lettori.
Alcuni fatti straordinari.
Finora ho raccontato cose che presentano nulla di straordinario, se non vogliamo chiamare straordinaria una condotta costantemente buona, che si andò sempre perfezionando coll'innocenza della vita, con le opere di penitenza e coll'esercizio della pietà. Potrebbesi pur chiamare cosa straordinaria la vivezza di sua fede, la ferma sua speranza e l'infiammata sua carità e la perseveranza nel bene sino all'ultimo respiro. Qui per altro io voglio esporre grazie speciali ed alcuni fatti non comuni, che forse andranno soggetti a qualche critica. Per la qual cosa io stimo bene di notare al lettore, che quanto ivi riferisco ha piena somiglianza coi fatti registrati nella Bibbia e nella vita dei santi ; riferisco cose che ho vedute cogli occhi miei, assicuro che scrivo scrupolosamente la verità, rimettendomi poi interamente ai riflessi del discreto lettore : eccone il racconto (2).
Più volte andando in chiesa, specialmente nel giorno che Domenico faceva la santa comunione oppure era esposto il Santissimo Sacramento, egli restava come rapito dai sensi ; talmente che lasciava passare del tempo anche troppo lungo, se non era chiamato per compiere i suoi ordinari doveri.
Accadde un giorno che mancò dalla colazione, dalla scuola, e dal medesimo pranzo, e niuno sapeva dove fosse ; nello studio non c'era , a letto nemmeno. Riferita al direttore tal cosa (il Direttore era D. Bosco) gli nacque sospetto di quello che era realmente, che fosse in Chiesa, siccome già altre volte era accaduto. Entra in Chiesa, va in coro e lo vede là fermo come un sasso. Egli teneva un piede sull'altro, una alano appoggiata sul leggìo dell'antifonario, l'altra sul petto colla faccia fissa e rivolta verso il tabernacolo. Non moveva palpebra. Lo chiama, nulla risponde. Lo scuote, e allora gli volge lo sguardo e dice
- Oh è già finita la messa ?
- Vedi, soggiunse il direttore, mostrandogli l'orologio, sono le due.
Egli domandò umile perdono della trasgressione delle regole di casa, ed il direttore lo mandò a pranzo, dicendogli : « Se taluno ti dirà Onde vieni ? - risponderai che vieni dall'eseguire un mio comando». Fu detto questo per evitare le domande inopportune, che forse i compagni avrebbero fatte.
Un altro giorno, terminato l'ordinario ringraziamento della messa, io era per uscire dalla sagrestia, quando sento in coro una voce come di una persona che disputava. Vado a vedere e trovo il Savio che parlava e poi si arrestava, come chi dà campo alla risposta. Fra le altre cose intesi chiaramente queste parole : « Sì, mio Dio, ve l'ho già detto e ve lo dico di nuovo: io vi amo e vi voglio amare fino alla morte. Se voi vedete che io sia per offendervi, mandatemi la morte sì, prima la morte, ma non peccare ».
Gli ho talvolta dimandato che cosa facesse in quei suoi ritardi, ed egli con tutta semplicità rispondeva
- Povero me, mi salta una distrazione, e in quel momento perdo il filo delle mie preghiere, e parmi di vedere cose tanto belle, che le ore fuggono come un momento.
Un giorno entrò nella mia camera dicendo
- Presto, venga con me, c'è una bell'opera da fare.
- Dove vuoi condurmi ? gli chiesi.
- Faccia presto, soggiunse, faccia presto.
Io esitava tuttora, ma instando egli ed avendo già provato altre volte l'importanza di questi inviti, accondiscesi. Lo seguo. Esce di casa, passa per una via, poi un'altra, ed un' altra ancora, ma non si arresta, nè fa parola ; prende infine un' altra via, io lo accompagno di porta in porta finchè si ferma. Sale una scala, monta al terzo piano e suona una forte scampanellata.
- È qua che deve entrare, egli dice, e tosto se ne parte.
Mi si apre : «Oh, presto, mi vien detto ; presto, altrimenti non è più a tempo. Mio marito ebbe la disgrazia di farsi protestante ; adesso è in punto di morte e dimanda per pietà di poter morire da buon cattolico. »
Io mi recai tosto al letto di quell'infermo, che mostrava viva ansietà di dar sesto alle cose della sua coscienza. Aggiustate colla massima prestezza le cose di quell'anima, giunge il Curato della parocchia di S. Agostino, che già prima si era fatto chiamare. Esso potè appena amministrargli il Sacramento dell'Olio Santo con una sola unzione, poichè l'ammalato divenne cadavere.
Un giorno ho voluto chiedere al Savio come egli avesse potuto sapere che colà eravi un ammalato, ed egli mi guardò con aria di dolore, di poi si mise a piangere. Io non gli ho più fatta ulteriore dimanda.
L'innocenza della vita, l'amor verso Dio, il desiderio delle cose celesti avevano portato la mente di Domenico a tale stato, che si poteva dire abitualmente assorto in Dio. Talvolta sospendeva la ricreazione, voltava altrove lo sguardo e si metteva a passeggiare da solo. Interrogato perchè lasciasse così i compagni, rispondeva : - Mi assalgono le solite distrazioni, e mi pare che il paradiso mi si apra sopra del capo, ed io debbo allontanarmi dai compagni per non dir loro cose che forse essi aletterebbero in ridicolo.
Un giorno in ricreazione parlavasi del gran premio da Dio preparato in cielo a coloro che conservano la stola dell'innocenza. Fra le altre cose dicevasi : « Gli innocenti sono in cielo il più vicino alla persona del nostro divin Salvatore e gli canteranno speciali inni di gloria in eterno. Questo bastò per sollevare il suo spirito al Signore e, restando immobile, si abbandonò come morto nelle braccia di uno degli astanti. Questi rapimenti di spirito gli succedevano nello studio, e nell'andata e ritorno dalla scuola e nella scuola medesima...
Savio é costretto a tornare in famiglia.
Sebbene la sanità del Savio fosse divenuta assai cagionevole, tuttavia l'andare a casa era cosa per lui la più disgustosa, perciocchè gli rincresceva interrompere gli studi e le solite sue pratiche di pietà. Alcuni mesi prima io ve l'aveva già mandato, ed egli vi dimorò solo pochi giorni e tosto mel vidi ricomparire all'Oratorio. Io debbo dirlo, il rincrescimento era reciproco : io l'avrei tenuto in questa casa a qualunque costo, il mio affetto per lui era quello di un padre verso di un figliuolo, il più degno di affezione. Pure il consiglio de' medici era tale, ed io voleva eseguirlo ; tanto più che da alcuni giorni erasi manifestata una ostinata tosse.
Se ne avverte adunque il padre, e si stabilisce la partenza pel primo di marzo 1857.
Si arrese Domenico a tale deliberazione, ma solo per farne un sacrifizio a Dio.
- Perchè, gli si domandò, vai a casa così di mal animo; mentre dovresti andarvi con gioia per godervi la compagnia de' tuoi amati genitori ?
- Perchè, rispose, desidero di terminare i miei giorni all'Oratorio.
- Andrai a casa, e, dopo che ti sarai alquanto ristabilito in salute, ritornerai.
- Oh ! questo poi no, no; io me ne vo e non ritornerò più.
La sera precedente alla partenza non poteva levarmelo d'attorno ; sempre aveva cose da dimandare. Fra le altre diceva : - Qual è la cosa migliore che possa fare un ammalato per acquistare merito davanti a Dio ?
- Offrire spesso a Dio quanto egli soffre.
- Quale altra cosa potrebbe ancor fare ?
- Offrire la sua vita al Signore.
Posso esser certo che i miei peccati mi siano stati perdonati.
- Ti assicuro a nome di Dio che i tuoi peccati ti sono stati perdonati.
- Posso essere certo di essere salvo ?
- Sì, mediante la divina misericordia, la quale non ti manca, tu sei certo di salvarti.
-- Se il demonio venisse a tentarmi che cosa gli dovrei rispondere
- Gli risponderai che hai venduto l'anima a Gesù Cristo, e che egli l'ha comperata col prezzo del suo sangue ; se il demonio ti facesse ancora altra difficoltà, gli chiederai qual cosa abbia egli
fatto per l'anima tua. Al contrario Gesù Cristo ha sparso tutto il suo sangue per liberarla dall'inferno e condurla seco lui al paradiso.
- Dal paradiso potrò vedere i miei compagni dell'Oratorio ?
- Sì, dal paradiso vedrai tutte le vicende dell'Oratorio, vedrai i tuoi genitori, le cose che li riguardano, ed altre cose mille volte ancor più belle.
- Potrò venire a far loro qualche visita ? - Potrai venire, purchè tal cosa torni a maggiore gloria di Dio...
L'addio di Savio all'Oratorio.
Il mattino di sua partenza fece co' suoi compagni l'esercizio della buona morte con tale trasporto di divozione nel confessarsi e nel comunicarsi, che io, che ne fui testimonio, non so come esprimerlo. « Bisogna, egli diceva, che faccia bene questo esercizio, perchè spero che sarà per me veramente quello della mia buona morte. Che se mi accadesse di morire per la strada, sarei già comunicato. » Il rimanente della mattinata lo impiegò tutto per mettere in sesto le cose sue. Aggiustò il baule mettendo ogni oggetto come se non dovesse toccarlo mai più. Dopo andava visitando un per uno i suoi compagni, a chi dava un consiglio, avvisava questo ad emendarsi di un difetto, incoraggiava gùell' altro a perseverare nel bene. Ad uno cui doveva rimettere due soldi, il chiamò e gli disse : « Vien qua, aggiustiamo i nostri conti, altrimenti tal cosa mi cagionerà imbrogli nell'aggiustamento dei conti col Signore. Parlò ai confratelli della Società dell'Immacolata Concezione, e colle più animate espressioni li incoraggiava ad essere costanti nell'osservanza delle promesse fatte a Maria SS. ed a riporre in Lei la più viva confidenza.
Al momento di partire mi chiamò e disserri queste precise parole :
- Ella dunque non vuole questa mia carcassa (carcame ovvero scheletro) ed io sono costretto a portarla a Mondonio. Il disturbo sarebbe di pochi giorni,... poi sarebbe tutto finito ; tuttavia sia fatta la volontà di Dio
Eravamo giunti alla porta che mette fuori dell'Oratorio, ed egli mi teneva tuttora stretta la mano, quando si volta ai compagni che lo attorniavano e dice : « Addio, amati compagni, addio tutti, pregate per me e a rivederci colà dove saremo sempre col Signore. » Era sulla porta del cortile, quando lo vedo tornare indietro e dirmi
- Mi faccia un regalo da conservare per sua memoria.
- Dimmi che regalo ti aggrada e te lo farò sull' istante. Vuoi tu un libro ?
- No ; qualche cosa di meglio.
- Vuoi danaro pel viaggio ?
- Sì, appunto : danaro pel viaggio dell'eternità. Ella ha detto che ha ottenuto dal Papa alcune indulgenze plenarie in articolo di morte, metta anche me nel numero di quelli che ne possono partecipare.
- Sì, mio figlio, tu puoi ancora essere compreso in quel numero e vo subito a scrivere il tuo nome in quella carta.
Dopo di che egli lasciava l'Oratorio dove era stato circa tre anni con tanto piacere per sè, con tanta edificazione de' suoi compagni e de' medesimi suoi superiori, e lo lasciava per non ritornarvi mai più.
Fin qui D. Bosco.
In memoriam.
IL 5o° anniversario della morte di Domenico
Savio fu solennemente celebrato nella parrocchiale di Mondonio, la mattina del 9 marzo, presente il Consiglio Comunale, la scolaresca e tutta la popolazione. Celebrò il prof. D. Giovanni Battista Francesia, che fu già maestro al piissimo giovinetto. La schola cantorum dell'Istituto Paterno di Castelnuovo eseguì la messa funebre del Pagella. Alla messa seguì una breve ma affettuosa commemorazione. A Mondonio vivono ancor molti che avendo bene conosciuto l'ottimo discepolo di D. Bosco andavano a gara nel rievocarne molti ricordi affettuosi.
- A Torino, gli alunni dell'Oratorio tennero la sera dello stesso giorno un'affettuosa accademia. Ogni classe ebbe il suo rappresentante, e a tutti fece cara impressione lo slancio con cui gli alunni studenti al pari che gli artigiani commemorarono il virtuoso loro compagno. Varii quadri viventi ritrassero alcuni caratteristici episodi della sua vita. Il venerando prof. Don Giovanni Battista Erancesia, reduce da Mondonio, declamò un'applaudita poesia. Parlarono anche il nostro confratello D. Stefano Trione, il Direttore dell'Oratorio e il sig. D. Rua che promise a tutti i giovani una gita fino alla patria di D. Bosco e alla tomba di Domenico Savio. L'annunzio di un premio così caro ed inaspettato fu accolto da entusiastici applausi.
E veramente i bravi alunni non avrebbero potuto celebrare con più affettuoso slancio questa data : al mattino si erano tutti accostati alla S. Comunione !
Il cortile maggiore rimase ornato tutto il giorno di una bellissima epigrafe di circostanza e di un nuovo ritratto del carissimo Savio.
- Attendiamo notizie delle commemorazioni celebratesi altrove.
(1) Dalla Vita di Savio Domenico pel Sac. Giov. Bosco. Vedi Bollettino di Marzo u. s.
(2) Insieme col venerato nostro Padre D Bosco, per obbedire al decreto del Sommo Pontefice Urbano VIII di s. m. dichiariamo noi pure che a tutti i fatti soprannaturali qui riferiti non s'intende dare altro valore fuori quello di Autorità umana finchè la Santa Sede non li avrà sanzionati con la sua infallibile autorità (Ved. Vita di Savio Domenico, pag, 4).
III° GRUPPO. Azione Salesiana e proposte varie
c) OPERA DI S. AGOSTINO PER LA GIOVENTU'.
Ai nostri lettori, pei ripetuti e diffusi accenni cenni che ne facemmo l'anno scorso, è noto in che consista l'Opera di S. Agostino.
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L'Opera di S. Agostino, uno dei più solenni omaggi offerti dalla nostra Pia Società a Gesù Redentore sugli inizii di questo secolo, si propone: 1°) la preservazione della gioventù, ancora innocente, dalla incredulità e corruzione ; 2°) la riabilitazione di quella, che sgraziatamente vi fosse caduta.
I mezzi sono principalmente soprannaturali, consistendo il meglio del pio Sodalizio in preghiere e funzioni sacre pei giovani, a cui si aggiungono le sollecitudini dei soci per collocare in sicuro la gioventù pericolante o pericolata. Un analogo manualetto, che si può avere dalla Direzione dell'Istituto di S. Ambrogio (Via Copernico, 9, Milano), fornisce informazioni ampie e minute, che qui ommettiamo per aggiungere solo che tale Opera, molto sapientemente intitolata al grande convertito S. Agostino, fu tosto incoraggiata a Roma nel suo primo esordire, e solennemente inaugurata a Milano da quel degno successore di S. Ambrogio che è il Card. Andrea Ferrari; il che spiega il suo repentino sviluppo con un considerevole e pronto numero di ascritti, come risulta dai registri tenuti nel suo centro, cioè al mentovato Istituto di Milano.
Per grande però che sia, questo numero è enormemente esiguo di fronte alle sterminate falangi di tanti giovani sì studenti che artigiani, i quali abbisognerebbero di quegli ajuti possenti che avrebbero se iscritti alla pia Opera.
Per questo :
il V° CONGRESSO fece caldissimi voti a tutti i Cooperatori : perchè zelino la diffusione dell'Opera di S. Agostino, facendola conoscere col parlarne e spargere attorno i foglietti a stampa, che ne dànno il concetto esatto.
Deliberazioni = Note - Discorsi
E particolare fiducia espresse il Congresso di veder accolto favorevolmente il nuovo appello dai nostri Cooperatori perchè, come si vede :
a) si tratta d'un'opera tutta di fede, suggerita dalla vera carità del Cuor di Gesù tanto geloso d'avere per sè quello dei giovani;
b) si tratta d'un'Opera eminentemente Salesiana, cioè secondo lo spirito di Don Bosco, che non vedea in tutti e non voleva che anime Da mihi animas, cetera tolle.
NOTE.
Per ogni schiarimento in Proposito i sigg. Cooperatori si rivolgano direttamente alla Direzione dell'Opera che è presso l'Istituto S. Ambrogio di Milano (Via Copernico, 9).
d) APOSTOLATO DEL MESE DEL SACRO CUORE DI GESÙ.
Col voto - accolto per acclamazione - che
tutti i Cooperatori si adoperino con zelo anche a rendere sempre più universale e ben compiuto il pio esercizio del mese del S. Cuore di Gesù, ebbero termine le adunanze di sezione del V° Congresso.
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Gesù Cristo « ieri ed oggi » e sempre è l'ideale supremo , universale, perpetuo, di bontà e bellezza per tutte le umane generazioni. Ma, dei suoi fulgori, ciascuna età toglie alcun che specialmente, come ciascuna età, giusta le sue nobili aspirazioni o le ree voglie che la travagliano, ha mestieri di alcun che speciale di Sua virtù infinita, che quelle aspirazioni appaghi e le voglie infreni. Noi, figliuoli degli ultimi tempi, per le condizioni che ai nostri spiriti e alla società presente fa il retaggio delle generazioni che ci hanno preceduto, abbiamo bisogno di sostenerci nella virtù e di santamente infervorarci nella stabilità della Grazia Divina mediante la conoscenza delle virtù di quel Cuore, da cui solo verrà alla società presente la potenza ristoratrice progressiva, speciale pei tempi nostri. È per questo che tutte le anime elette oggi son specialmente devote del Sacro Cuore; ed anche Don Bosco ebbe un culto speciale pel Cuore del Maestro Divino.
Ora il miglior mezzo di far progredire in universalità e intensità questa provvidenziale devozione, è l'esercizio benedetto del Mese del S. Cuore, pel quale si fa metodica e costante la meditazione di quel Cuore, cosicchè veramente e dolcemente e stabilmente vengon « ristorate in Cristo » le anime e la Società.
E chiaro che per raggiungere tale altissimo fine, noti basta nè che quel santo esercizio si componga di un po' di preci e di esteriori pratiche quotidiane, nè che venga solamente compiuto nelle Chiese , ma dev'essere in modo vivificante condotto secondo i luoghi e le circostanze, deve essere compiuto non solo in tutte le Chiese, nei Seminari e nelle Comunità religiose, ma in tutte le famiglie, le scuole, i laboratori, gli ospedali, le case di correzione, ecc.
Questa seconda condizione essenziale rende l'Apostolato per la diffusione del Mese del Sacro Cuore eminentemente laicale e sociale, e però eminentemente vostro, o Cooperatori.
Per cui considerando :
1. che la divozione al Cuore SS.mo di Gesù Cristo è la divozione provvidenziale per l'età nostra, per gl'individui e la società ;
2. che il mezzo migliore di estenderla e perfezionarla è l'esercizio, ben fatto, del Mese del S. Cuore ;
3. che ragioni speciali di spirituale figliuolanza e di social ministero fanno della divozione
al S. Cuore e, per essa, dell'Apostolato del Mese del S. Cuore, uno special compito dei Cooperatori Salesiani, e che il V° Congresso, forse non senza particolare disegno di Provvidenza, s'adunava nei primi giorni del Mese consacrato al S. Cuore;
il V° Congresso Salesiano fece voti caldissimi, che tutti i Cooperatori e le Cooperatrici Salesiane sparsi in tutto il mondo facciano specialmente loro l'Apostolato del Mese del S. Cuore sicchè per essi, subito, questo santo esercizio divenga veramente universale, e venga universalmente ben compiuto.
NOTE.
I) - L'Apostolato del Mese del S. Cuore, è stato amplissimamente benedetto dal S. Padre beone XIII, e dal regnante Sommo Pontefice Pio X venne arricchito di speciali indulgenze, che non mancheremo di comunicare ai lettori in tempo opportuno.
II) - Quei Cooperatori che desiderassero alcune copie di un foglietto di propaganda di detto Apostolato, possono averle gratuitamente, chiedendole alla Direzione del Grande Apostolato del Mese del S. Cuore - Sapienza in Via Costantinopoli - NAPOLI.
Discorso letto datt'Ing. CESARE NAVA all' adunanza plenaria in S. Pier Celestino.
EMINENTISSIMO PRINCIPE, ECCELLENZE REVERENDISSIME, SIGNORI!
TRA i ricordi più preziosi della mia esistenza, io conservo quello delle ore benedette passate con D. Bosco, qui a Milano, quando vi fu per l'ultima volta, ospite venerato del compianto Mons. Calabiana.
Il corpo era affranto dagli anni e dalle infermità, ma lo spirito conservava tutta la freschezza e l'elasticità della gioventù.
Ed io ricordo che pure osservando con sguardo ammirato quell'apostolo, non mi sapeva quasi convincere, come un uomo, tanto modesto all'apparenza, umile, sorridente del sorriso calmo di un buon padre e che discorreva colla arguta bonomia e colla semplicità di un tranquillo parroco di campagna, come un tal uomo, che nulla aveva delle esteriorità che noi attribuiamo comunemente agli apostoli di un' idea qualsiasi, avesse potuto compiere tanto e tanto bene, fondare tante opere, stabilire un regno di carità, sul quale, meglio ancora che non su quello di Carlo V, si può dire che non tramonti il sole !
Eppure a ben considerare, il segreto della molteplice e colossale attività di D. Bosco stava precisamente nell'equilibrio meraviglioso della sua mente e del suo cuore, che gli permetteva di rilevare ed apprezzare con obbiettività serena, i bisogni sociali dell'epoca nostra, e di provvedervi generosamente con mezzi sempre adeguati e rispondenti sempre allo scopo.
Certo che tanta grandezza ed equilibrio di facoltà mentali e di cuore, non avrebbero potuto sortire l'effetto meraviglioso che noi ammiriamo stupiti, se non fossero state assistite e riscaldate dallo spirito di Dio, dalla carità cistiana. Questa era anzi la forza indistruttibile che sorreggeva D. Bosco: era il fuoco che riscaldava la sua mente, che infiammava il suo cuore, che lo spingeva, urgente, alla ricerca dei mali, alla ricerca dei dolori, onde sanarli, onde consolarli.
Ma come in un meccanismo perfetto, il calore si trasforma, per mezzo di organi rigidamente operanti, in movimento e questo dà vita a mille prodotti utili : così il fuoco, il calore cristiano onde ardeva l'anima grande di D. Bosco, attraverso alla mente sua rigidamente organizzatrice, si trasformava in opere tutte utili, tutte vitali, tutte capaci di generare alla lor volta altre opere ugualmente vitali ed ugualmente utili...
Ed anche, quando la generosità di D. Bosco parve eccessiva, e più che eccessiva, imprudente, e forse più ancora che imprudente, temeraria nel promettere di fondare e nel fondare nuove Case Salesiane, tanto che perfino Voi - degno successore di quel Grande voi, o D. Rua, che poi dovevate così largamente peccare dello stesso peccato, aveste a ripetere, come mi si attesta, in uno dei vostri Capitoli Generali ai direttori colà convenuti e per carità, aiutatemi a trattenere, a moderare D. Bosco » : anche allora non si trattava di cieca temerarietà, ma di un sereno e meditato assegnamento sull'aiuto della Provvidenza divina, la quale non avrebbe potuto non aiutare delle imprese che si iniziavano con tanta purezza d'intenti, e che si dimostravano indispensabili onde provvedere a dei veri bisogni morali, rigorosamente constatati.
Le scienze naturali ed anche la nostra stessa esperienza ci dimostrano che un organismo non può sussistere e svilupparsi e perpetuarsi per generazione se non a queste condizioni : di essere sano e di corrispondere alle condizioni speciali dell'ambiente nel quale si trova.
Un organismo imperfetto o malato ha in sè stesso il germe della morte : un organismo anche sano, portato in un ambiente che non gli sia confacente, trova nell'ambiente medesimo la causa del suo deperimento e della sua distruzione.
Quando invece un organismo si sviluppa rigoglioso e si propaga con rapidità, noi possiamo affermare con tutta sicurezza che quello è un organismo sano e che trova nell'ambiente le condizioni favorevoli per la sua vita.
Ebbene, o miei signori, l'organismo salesiano è un organismo che si è sviluppato in modo meravigliosamente rigoglioso e si è propagato con miracolosa rapidità. Noi possiamo quindi affermare senza ombra di dubbio, che esso è un organismo sociale perfettamente sano e che trova nell'ambiente odierno della società la sua ragione di essere, le condizioni favorevoli pel suo sviluppo.
E questa constatazione, che non teme smentita, è una nuova prova della superiorità di mente del creatore di quell'organismo, il quale sotto le apparenze di una modesta bonomia, sapeva studiare la società, come nessun altro sociologo ; analizzarne i mali, studiarne i bisogni. Ma - ciò che l'eleva ben alto sopra tanti nuovi apostoli sociali dei tempi nostri - Egli sapeva altresì intuire con lucidità meravigliosa di mente i rimedi meglio adatti ed i soccorsi più efficaci per quei mali e per quei bisogni e ridurli rapidamente ed efficacemente in atto.
E la stessa successione cronologica delle opere fondate da D. Bosco, l'ordine stesso d'irradiazione della sua operosità e di quella dei suoi coadiutori, stanno a dimostrare lo studio - vorrei dire sistematico - che la sua mente venne facendo della società dei suoi tempi e dei provvedimenti necessari onde sanarla nelle sue piaghe più dolorose.
Dall'assistenza religiosa a pochi giovinetti, che egli cominciò a raccogliere intorno a sè, agli Oratorii festivi stabiliti in ogni paese, dalle prime e modeste scuole serali e diurne, ai laboratori, agli ospizi, su fino ai collegi; dalla missione locale alle missioni estere per gli infedeli ed a pro' degli emigrati connazionali colle relative scuole ed istituti per quei nostri-fratelli lontani ; dalle prime timide pubblicazioni alla creazione d'intere biblioteche, i libri delle quali sono stampati in officine proprie, organizzate in modo meraviglioso ; dalla modesta assistenza di malati alla creazione di grandiosi e completi ospedali; da un povero locale per oratorio alla erezione di chiese che sono monumenti di pietà e di arte - è tutta una operosità generosa e sapiente, ma sistematica, ma pratica, che va dal poco al molto, dal centro alla periferia, che non s'arresta mai, che si sviluppa continuamente per intensità di lavoro ed estensione di efficienza, per provvedimenti sempre nuovi e sempre nuove esigenze. E come una grande ed infaticata fiumana, che invade a poco a poco una immensa stesa di campi, immensa come la terra che abitiamo e come i sempre crescenti bisogni morali della società in cui viviamo; una fiumana che non s'arresta ma che porta a quei campi un umore sano e fecondo - come la carità di Cristo - e che vi fa germogliare i fiori più belli cd i più saporosi frutti.
E se noi risaliamo quel fiume, su, su, fino all'origine, noi troviamo la fonte modesta di tanto bene morale : la troviamo ridente e semplice come una fonte alpina, ma posta lassù sulle vette dei monti che dominano, da una altezza imponente, il piano da fecondare. E come la fonte alpina trae le sue acque dalla illibata purezza delle nevi eterne, così Don Bosco trae ogni sua ispirazione, ogni sua forza, ogni sua attività dalla purezza immacolata della sua fede che poggia nella verità eterna : dalla carità inesauribile del suo cuore, che si ispira alla carità per essenza, che è Dio.
Ma ciò che è sorprendente in D. Bosco, è, da una parte, l'ossequio reverente che egli professa per ogni sano portato della civiltà e che si rivela in ognuna delle sue fondazioni : e dall'altra l'unità che egli seppe mantenere all'opera sua, che pure si svolse in forme tanto svariate e con scopi pratici tanto dissimili ed in paesi tanto lontani fra di loro.
L'ossequio alla vera civiltà. - Ma chi più ossequente di D. Bosco ? Se l'opera prima alla quale Egli s'inizia, è un'opera di assistenza religiosa, la seconda è subito un'opera d'istruzione scientifica. E con senso di vera democrazia, Egli non rivolge la propria attività alla educazione di poche menti elette iniziandole all'aristocrazia della scienza : ma spezza il pane delle prime verità naturali al grande popolo di coloro, che dal bisogno di guadagnarsi di che vivere sono tenuti lontani dalla scuola. E fonda le scuole gratuite diurne e le operaie festive, e le scuole serali : e raduna i derelitti in laboratorii, affinchè non la sola mano si educhi al lavoro, ma si illumini la mente e si formi così l'operaio completo, che sappia poi, da solo, far progredire l'opera propria.
E pare a noi di essere moderni, perchè parliamo oggi di voler istruito l'operaio : e la vacua e petulante democrazia della piazza rivendica oggi a sè l'onore di non voler defraudato il lavoratore dei tesori della scienza. Eppure D. Bosco, l'umile pretino di Valdocco, istituiva le prime scuole operaie nel 1844, sessantadue anni fa !
Ed il suo ossequio reverente alla scienza, alla letteratura, all'industria, ad ogni affermazione della vera civiltà, Egli ha dimostrato, non in modo sterile e puramente accademico, ma con pratica fecondità d'azione, promovendo la buona stampa, diffondendo tutto ciò che di meglio ha prodotto l'arte letteraria, rendendo popolari i postulati delle scienze positive, creando officine modello, convincendo il lavoratore della terra a seguire i progressi delle scienze agricole.
Percorrete la nostra Esposizione, nella sezione delle Arti Decorative, ed in un reparto dove sono esposti dei mobili di ottimo gusto, voi vedrete la serena figura di D. Bosco (1). Sono i suoi figli, i quali nella grande festa internazionale del lavoro, in questa grande gara, nella quale tutte le intelligenze e tutte le organizzazioni industriali cercano di affermarsi in modo più potente ed efficace, hanno voluto avere la loro parte : hanno desiderato di dimostrare ciò che sanno produrre ; ma alla festa, alla nobile gara, hanno voluto anche l'immagine di Colui, il quale, benchè morto, è sempre il loro padre, il loro maestro.
Delicato omaggio di figli ! eloquente attestazione di riverenza di discepoli ! superba affermazione di vigoria dell'organismo salesiano !
Ma io ho accennato anche all'unità mirabile, che D. Bosco ha saputo imprimere e mantenere all'opera propria, pure tanto svariata ed estesa. Ed il segreto di questa unità, a mio modo di vedere, sta tutto nello spirito purissimo di carità cristiana ; alla quale D. Bosco si è unicamente ispirato e che ha saputo trasfondere nel suo degno successore, nei suoi coadiutori, nei suoi figli, in tutta l'opera propria.
D. Bosco, dei suoi sacerdoti e delle sue suore, dei suoi operai, dei suoi giovanetti, dei suoi studenti, di tutti i suoi cooperatori, perfino dei lontani selvaggi che abitano le terre più inospitali, ma che da lui furono redenti in Cristo, di tutti costoro, ha saputo formare una sola famiglia : una famiglia ordinata secondo lo spirito cristiano, nella quale, i padri amano e provvedono ai figli ed i figli obbediscono ai padri, i minori ai maggiori ; nella quale tutti lavorano, e lavorano, non per un basso spirito di speculazione, ma come adempimento di un dovere, onde rendersi degni del pane che quotidianamente Dio ci concede, oppure onde sviluppare e far fruttificare quei doni di mente e di cuore che Dio ci ha elargiti, una famiglia nella quale, principalmente, tutti si amano e si stimano, anche se non si conoscono, perchè tutti si sentono fratelli, in quanto si sentono figli di Dio e figli del comun padre e maestro, che Iddio stesso ha loro dato quaggiù, D. Bosco.
Ed è precisamente la creazione sapiente di questa grande ed ordinata famiglia, nella quale tutto è stato preveduto e provveduto ; ai bisogni dell'anima come a quelli del corpo ; alle relazioni fra membri e membri, fra inferiori e superiori : nella quale non vi è nè un accentramento geloso e quindi ingombrante ; nè un discentramento eccessivo e quindi disgregante ; nella quale sopratutto, vi è il glutine che tiene insieme strette le famiglie, e cioè l'amore : è precisamente nella creazione di questa immensa famiglia, che per me sta il miracolo più vero e grande, che abbia saputo compiere D. Bosco, coll'aiuto di Dio.
E badate che il miracolo è tanto più grande e vero, in quanto la famiglia si estende, si propaga, eppure si mantiene mirabilmente unita, anche dopo la morte del Padre.
Gli è che D. Bosco ha saputo formarsi il degno successore : e come un antico patriarca, Egli serenamente morendo, era sicuro di affidare i proprii figli, ed i proprii greggi, a chi avrebbe saputo continuare colla stessa sua carità, colla stessa sua sapienza, l'opera grandiosa di rigenerazione e di salvezza sociale che Egli aveva iniziato.
Nelle monarchie, quasi a dimostrare la perpetuità dell'istituzione, ad ogni morte di re, si grida dai fedeli sudditi: e E morto il re, viva il re ». Nella democratica famiglia salesiana, nessuno ha dubitato, che per tale luttuoso fatto quella famiglia potesse sfasciarsi, ed al grido di dolore: « È morto D. Bosco!» si è subito associato l'altro grido consolatore, ed affermante la continuità dell'opera salesiana : « Viva D. Rua! »
E questo grido istesso, o miei signori, insieme a quello di Viva D. Bosco! ripetiamo oggi, in questa solenne adunanza, che per concorso di Pastori e di fedeli, è una nuova prova di virile vitalità, dell'opera insigne che D. Bosco ha fondato, e che D. Rua degnamente continua !
(1) Il reparto dove figurava la splendida salle à manger esposta dall'Istituto S. Ambrogio di Milano, che insieme ai padiglione dell'Arte Decorativa venne distrutta dall'incendio.
Lettere agli amanti della gioventù
Il Congresso di Faenza - Il compimento degli Oratori - Nuovi Circoli Sportivi - Lo Statuto del Circolo « Valdocco » di Torino - L'inaugurazione del Circolo « Giovanni Bosco ».
IL III° Congresso che si terrà a Faenza dal 25 al 28 corrente promette bene. I lavori di preparazione sono stati molto intensi e continuano tuttora alacremente; nella simpatica città romagnola c'è grande entusiasmo e viva aspettazione. Più di 15 società sportive ed altrettante scuole di musica - fin dalla prima metà del mese scorso - avevano assicuralo il loro intervento al Convegno ginnastico musicale e molte scuole drammatiche alla Gara relativa. Il Comitato poi delle Dame Faentine per le Opere di D. Bosco, nell'attività del suo zelo, ha promosso una sezione femminile al Congresso, la quale si assumerà direttamente lo studio degli Oratori femminili e delle relative Scuole di Religione. Inoltre vennero già inviate da parecchi al Comitato promotore proposte e consigli relativamente ai lavori preparatori ed alle sedante del Congresso; mi auguro e confido che quanti ne sono in grado non mancheranno di fare altrettanto per assicurare il miglior esito al Congresso medesimo, al quale - a nome di tutti gli amanti della gioventù - mando i più lieti auguri.
Ho letto con piacere gli opportuni Deliberati del III Congresso Regionale Piemontese delle Associazioni Cattoliche giovanili. Il Congresso -
« considerando la somma necessità di completare con una soda cultura l'insegnamento che s'imparte alla gioventù studiosa nelle pubbliche scuole » delibera sapientemente « l'impianto di Oratorii festivi e Congregazioni Mariane per i giovani delle scuole municipali e governative »; considerando poi « la somma necessità di un efficace apostolato religioso e morale a favore della gioventù operaia » e « i pericoli ch'essa corre oggidì e la lacuna che tuttora si riscontra in fatto d'istituzioni intese a tutelarla moralmente ed economicamente nell'età più critica tra l'uscita dagli oratori e la maggiore età » delibera « che presso le singole parrocchie ed oratori festivi si fondino Società cattoliche di giovani artigiani che abbiano lo scopo di avviarli all'organizzazione professionale attraendoli con ricreatori, scuole di musica vocale ed istrumentale, esercitazioni drammatiche e ginnastiche.... »
Non posso fare a meno di applaudire a questi e a lutti gli altri Deliberati dell'accennato Congresso. Ma gli Oratori festivi, organizzati come debbono essere organizzati (e - ad onore del verobisogna riconoscere che presente ente c'è un grande movimento in questa parte) hanno già il carattere di ricreatori, come non difettano di Circoli di perfezionamento e di cultura sociale, scuole di musica vocale ed istrumentale, ecc. Il programma del prossimo Congresso di Faenza, pubblicato insieme all'ultima mia, informi. Quindi com'è vero che l'Oratorio, se non riesce a trattenere i giovani di maggiore età, viene a mancare sul più bello al suo fine principale; è pur certo che la riscontrata lacuna, per cento e più ragioni, deve essere eliminata in seno agli Oratori. Si badi che con questo non dico che non si abbia a commendare la fondazione di società giovanili extraoratoriane, ma penso che tali società, mentre sono il natural compimento degli Oratori, forse non potranno mai riuscire così proficue come in seno ai medesimi. Quindi non si manchi di fondarle e, fondate, di mantenerle in fiore.
Ora desidererei far parola dello sviluppo che han preso ultimamente presso gli Oratori festivi Salesiani i Circoli sportivi, chè da Torino, ove accanto all'Auxilium è sorto il Circolo Sportivo «Valdocco», fino alle sezioni ginnastiche di quasi tutti i Collegi ed Oratori Salesiani del Chili ed al giovanissimo Circolo dell'Oratorio festivo di Patagones in Patagonia, avrei proprio da farne un lungo elenco. Però preferisco di offrire un nuovo stimolo a moltiplicare tali consolantissimi esempi col riferire integralmente lo Statuto dell'accennato Circolo « Valdocco » sorto nell'Oratorio festivo di S. Francesco di Sales in Torino, giacchè è uno statuto, che mostra assai bene lo spirito cui debbono essere informate le Società sportive o drammatiche o musicali degli Oratori, ove a Parer mio esse debbono esser sempre mezzi al fine.
CIRCOLO SPORTIVO « VALDOCCO ». Costituzione e scopo.
1. - È costituito un Circolo sportivo col titolo « Valdocco ».
2. -- Sede del Circolo è l'Oratorio festivo di S. Francesco di Sales, Via Allioni - Torino.
Celebra la festa sociale il primo giorno dell'anno.
3. - Scopo del Circolo è di dare ai giovani che frequentano l'Oratorio una forte educazione fisica e morale.
4. - Pur essendo esclusa da esso qualunque idea politica, il Circolo può intervenire alle manifestazioni inerenti all'educazione fisica ed a quelle di carattere religioso.
Soci.
5. - I Soci sono : Benemeriti, Effettivi, Allievi.
a) Sono Benemeriti quelli che hanno favorito o favoriscono con aiuti morali o con qualche cospicua offerta il buon andamento del Circolo. Questi non hanno nè diritti, nè doveri.
b) Sono Effettivi quelli che hanno più di 12 anni, sono inscritti regolarmente, ed hanno la divisa.
e) Sono Allievi quelli che non hanno ancora l'età oppure sono senza divisa.
Ammissione dei Soci.
6. - Soci effettivi ed allievi possono essere esclusivamente i giovani che frequentano l'Oratorio, che hanno buona condotta ed accettano il presente Statuto.
7. - Per essere ammessi bisogna farne domanda al Direttore del Circolo; la domanda dovrà avere il visto del padre o di chi per esso.
8. - L'accettazione verrà fatta dal Consiglio direttivo a maggioranza di voti.
g. - Un Socio cessa di appartenere al Circolo a) quando non frequenta più l'Oratorio ;
b) quando è avvertito dal Direttore che non può più far parte del medesimo per mancanza di buona condotta ;
e) quando manda per iscritto la rinuncia, o tarda più di un mese a versare la sua quota senza giustificazione.
Doveri.
10. - I Soci effettivi ed allievi sono tenuti
a) ad intervenire alle funzioni religiose dell'Oratorio ;
b) a tenere una condotta civile e morale irreprensibili, nell'Oratorio e fuori ;
c) a pagare una lira per l'iscrizione e L. o, 1o al mese ;
d) a frequentare la scuola di ginnastica tutte le domeniche ed i giovedì all'ora prescritta. Le assenze non giustificate saranno punite colla multa di L. o,1o. Quelli che lavorano sono dispensati dall'intervento nei giorni feriali.
e) ad avvisare il maestro od il Direttore, quando per qualche grave motivo avessero a mancare dall'Oratorio o dalla scuola di ginnastica ;
f) a provvedersi la divisa sociale a proprie spese.
Diritti.
11. - I Soci effettivi avranno diritto
a) di prender parte ai saggi, gare, passeggiate,ecc.
b) d'avere invito personale ai teatrini, conferenze, accademie che si faranno nell'Oratorio ;
e) di fare intervenire qualche persona di loro famiglia alle gare, ai saggi, alle feste ecc.
d) di essere elettori ed eletti alle cariche della Direzione;
e) di prender parte alle assemblee del Circolo con voto deliberativo e di fare nelle medesime quelle proposte che credessero bene ;
f) di chiedere la riunione dell'Assemblea mediante una domanda motivata e firmata da 15 soci effettivi.
Consiglio direttivo.
12. - Il Circolo è diretto ed amministrato:
a) dal Direttore dell'Oratorio festivo, che è rappresentato da un Presidente da lui eletto e guidato ;
b) da quattro Consiglieri eletti dall'Assemblea dei soci effettivi convocata otto giorni prima :
e) da un Maestro di ginnastica e un Segretario eletti dal Direttore ;
d) da un Cassiere eletto a maggioranza di voti dal Consiglio direttivo, (cioè: Direttore, Presidente, quattro Consiglieri, Maestro e Segretario).
Il Cassiere avrà voto consultivo, non deliberativo.
13. - Il Direttore può annullare qualunque deliberazione presa dal Consiglio direttivo.
Il Presidente presiede le riunioni del Consiglio che ordinariamente sono tenute tutte le prime Domeniche del mese.
I Consiglieri sorvegliano l'andamento del Circolo e fanno pervenire al Presidente le osservazioni e gli argomenti da trattarsi nei Consigli. Durano in carica due anni e sono rinnovati o rieletti due per anno.
Il Segretario redige i verbali, li pone all'approvazione, ha cura dell'archivio del Circolo e comunica ai Soci ed al Consiglio gl'inviti di convocazione.
Il Cassiere ritira le quote, le multe, tiene in ordine la contabilità e dà i conti tutti i mesi.
Il Maestro è responsabile non solo delle lezioni ma anche della disciplina,e proporrà i capo-squadra.
Norme.
14. - Le adunanze generali saranno annunziate almeno otto giorni prima, con un avviso scritto o stampato posto alla porta della sede del Circolo.
15. - Nelle Assemblee si seguirà l'ordine del giorno stabilito dal Consiglio. Tutti i Soci possono esporre i proprii desiderata, ma la parola si deve chiedere ai Presidente che la concederà coll'ordine di tempo con cui fu chiesta.
16.-Non si tratterranno mai argomenti politici.
17. - Le gite, i saggi, le feste, le ammissioni ed espulsioni sono deliberate dal Consiglio ; ma è riservato all'Assemblea l'approvazione del bilancio annuale.
18. - In caso di decesso di un Socio il Circolo assisterà al funerale.
19. - Chi si ritira od è licenziato non ha diritto a compenso ; ha però diritto alla propria divisa nello stato in cui si trova, se fu interamente pagata.
20. - La Direzione, pur avendo la massima premura e vigilanza, non risponde di qualsiasi triste incidente che possa occorrere negli esercizi, viaggi, gare, passeggiate, ecc.
Al nuovo Circolo « Valdocco » che non si è ancor inaugurato, ma che nato ieri è già ricco di lusinghiere speranze, ogni pila caro augurio.
Chiudo poi con vivissima gioia questa mia coll'annunziare ai Direttori degli Istituti Salesiani la fondazione di un altro importantissimo Circolo in Torino, il «Circolo Giovanni Bosco. » Secondo lo Statuto approvato dall'Assemblea dei Soci Fondatori il 18 novembre u. s. il Circolo Giovanni Bosco ha per fine:
a) conservare nei suoi Soci i principi cristiani:
b) completare la loro cultura intellettuale e morale in conformità alle esigenze dei tempi;
e) fornire un luogo sicuro di ritrovo per onesta ricreazione;
d) il mutuo aiuto materiale e morale a seconda dei mezzi di cui il Circolo potrà disporre.
Possono esserne soci effettivi tutti coloro che han passato qualche tempo negli Istituti Salesiani.
La solenne inaugurazione del Circolo D. Bosco avrà luogo la domenica in Albis, cioè il giorno 7 di questo mese: non mancherò di ragguagliarvene, amici lettori, nel prossimo numero.
Il vostro
D. SIMPLICIO.
Feste e conferenze (1).
BOLOGNA. - Il 16 febbraio, nella chiesa della Santa, Mons. Cagliero tenne la conferenza ai Cooperatori.
« Vi assistevano in posto d'onore, scrive l'Avvenire d'Italia, l'Em.mo Cardinale Arcivescovo e Monsignor Vicario. Notammo molti del clero, del patriziato ed una schiera di signore zelatrici dell'opera di D. Bosco.
« La bella chiesa conteneva una eletta fioritissima di cooperatori e cooperatrici convenute dietro l'invito dello zelantissimo Direttore monsignor Carpanelli (2) ad ascoltare la parola semplice e persuasiva dell'oratore.
« Questi per una buona ora s'intrattenne intorno all'opera provvidenziale del servo di Dio D. Bosco, infondendo in tutti colla energia vivace del suo zelo apostolico il convincimento che non basta oggi pregare, ma è necessario lavorar di conserva per la salvezza della gioventù onde assicurare alla Religione ed alla società un più lieto avvenire
« Si fece una raccolta dalle signore e cantati alcuni mottetti con inappuntabile precisione dai giovani alunni dell'Istituto Salesiano si impartiva la benedizione del Venerabile a quella pietosa udienza che sfollava mostrando di aver accolta la parola del zelante missionario con visibile soddisfazione».
(1) Ved. Bollettino di marzo u. s..
(2) Mentre raccogliamo questi ultimi appunti sulle Conferenze (16 marzo) riceviamo la dolorosa notizia che il zelantissimo Mons. Carpanelli versa in inquietanti condizioni di salute. Facciamo voti a Maria SS. Ausiliatrice per la guarigione dell'illustre infermo.
BORGO S. MARTINO- Il 31 gennaio nel Collegio S. Carlo- Vi prese parte il dott. D. Giuseppe Bertello, direttore generale delle nostre Scuole Professionali e per più anni direttore di quel collegio. Egli tenne il discorso di circostanza, e parlò degli anni giovanili, della purezza, degli studi, delle lotte del Santo, che propose all'imitazione dei giovani.
Dopo le funzioni religiose vi fu un trattenimento drammatico, ben riuscito, grazie all'iniziativa degli alunni di quinta ginnasiale, che, a commemorare il centenario della morte del Goldoni, rappresentavano una delle più morali commedie del grande veneziano.
CALTANISETTA - Il 25 febbraio nella Chiesa di S. Francesco d'Assisi.
La mattina coll'assistenza de' Chierici cittadini inviati dal rev.mo Rettore del Seminario vi fu Messa solenne cantata dal Direttore Diocesano. Nelle ore pomeridiane, presieduta dal rev.mo Mons. Vicario Nicolantonio Diliberto, e presenti numerosi Cooperatori, si tenne la conferenza. L'oratore quaresimalista Can. Salvatore Cilia da Vittoria disse uno splendido panegirico di S. Francesco di Sales ed illustrò le opere di D. Bosco con molta benevolenza. Conchiuse Mons. Vicario con belle parole d'incoraggiamento e coll'impartire ai presenti l'Eucaristica Benedizione.
FAENZA - Il 10 febbraio nella Chiesa dell'Istituto Salesiano con intervento di S. E. Mons. Pasquale Morganti, Arcivescovo di Ravenna.
Alla vigilia Mons. Arcivescovo parlò paternamente di D. Bosco e delle sue Opere, come avrebbe fatto egli stesso il buon Padre coi suoi benefattori. Si domandò che vuol dire essere cooperatore salesiano, di cui espose brevemente i doveri e quindi passò in rassegna le varie opere religiose e civili cui esso deve cooperare efficacemente.
All'indomani Sua Eccellenza distribuiva il Pane Eucaristico ai giovani alunni interni ; di cui circa 4o avevano la fortuna di riceverlo per la prima volta; quindi assisteva pontificalmente alla Messa solenne, e, infra Missam, intesseva l'elogio del Santo rilevando mirabilmente come Don Bosco trovò in S. Francesco il proprio modello e quello dei giovani, dei salesiani e dei cooperatori.
Il Circolo Drammatico dell'Oratorio Festivo coronò la festa con una bella rappresentazione. Alla mattina dopo, il rev. Parroco D. Domenico Pasi, Direttore diocesano, cantava la Messa di suffragio pei Cooperatori defunti.
FOSSANO. - Il 17 febbraio, Conferenza nella chiesa della S. Trinità. - « Da oratore facondo, rileva la Fedeltà, il bravo prof. D. G. B. Ghibaudo presentò i tratti più importanti della vita di due grandi uomini, San Francesco di Sales e Don Bosco, che si fecero tutto a tutti, secondo l'espressione di San Paolo, per tutti guadagnare a Gesù Cristo. Mostra che in essi la santità risplendette costantemente integra, il loro carattere domato dalla virtù non fece ad essi sorprese, nè si prestò a sofismi di maligni ; che le eminenti doti fisiche, morali e intellettuali consacrarono tutte a giovare al prossimo. Disse che la loro attività si continua ad esplicare nei tempi, e che alla nostra età è particolarmente provvida quella di Don Bosco...»
IVREA. - Nella parrocchia di S. Maurizio. - Assecondando con slancio l'appello del direttore diocesano il M. R. D. Paolo Bellono, i cooperatori concorsero numerosi alla festa colà celebratasi la domenica 3 febbraio. Disse al mattino il panegirico del Santo ed alla sera tenne la conferenza sul tenia: La gioventù e D. Bosco il M. R. D. Civalleri, che, specie alla sera, seppe cattivarsi in modo mirabile l'attenzione degli uditori, accoppiando alla profondità dell'argomentazione una dizione elegante e gradita. La Schola Cantorum del nostro collegio svolse con lode il suo programma di musica strettamente liturgica.
LOMBRIASCO. - Il 24 gennaio, in preparazione alla feste di S. Francesco, si tenne la conferenza ai Cooperatori di Lombriasco e dei vicini paesi nella cappella dell'Istituto di S. Gioachino. Nonostante il tempo nevoso accorse un bel numero di Cooperatori. Il conferenziere disse della necessità dell'aiuto dei Cooperatori pei Salesiani, i quali ben poco o nulla potrebbero fare, ove venisse a mancare il soccorso dei Cooperatori. Dopo la conferenza impartì la benedizione col SS. Sacramento il compianto Prevosto Cav. Can. D. Pietro Zaffiri.
PEROSA ARGENTINA - Nel Collegio S. Filippo. - Alla messa solenne, eseguita in canto liturgico dai cantori del Collegio ed a cui prese parte attiva il Clero locale, il Direttore tessè un breve elogio del Santo, facendo notare i vari punti di contatto esistenti nella vita e nelle opere del Salesio e di D. Bosco.
La festa ebbe il suo epilogo a sera, con un trattenimento musico-drammatico, al quale convenne quanto v'ha di eletto nel gaio ed industre paese.
SAVONA. Il 6 febbraio Conferenza all'Oratorio Salesiano. - Fu tenuta dal nostro confratello D. Descalzi, primo Direttore dell'Oratorio festivo locale che tanto bene apportò e tuttora apporta alla gioventù savonese.
Con l'eloquenza affettuosa che parte dal cuore egli intrattenne i numerosi accorsi sulle Opere Salesiane, infiammando tutti a curare con sempre maggiore impegno la salute delle anime e la gloria di Dio. La bella e fruttuosa conferenza fece graditissima impressione sugli uditori.
SPEZIA - Il 4 febbraio nel Santuario di N. S. della Neve. - La festa fu preceduta da una novena predicata dall'esimio prof. can. G. Chiarella di Chiavari, il quale con forma smagliante e con densità di concetti, trattò brillantemente in nove conferenze dell'Apostolato cristiano. Le funzioni del giorno solenne furono illustrate dall'intervento di' S. E. Rev.ma Mons. Giovanni Carli, Vescovo di Luni-Sarzana e Brugnato, sempre benevolo coi figli di D. Bosco.
STELLA S. MARTINO - Il 19 marzo. - Dal giorno che D. Bosco in persona si recava dalla vicina Varazze a visitare l'arciprete di Stella S. Martino, l'indimenticabile Don Piccone, e rivolgeva alcune parole ai parrocchiani accorsi attorno a lui, è sorto e si è sempre consevato in quell'arcipretura un nucleo di buoni amici dei Salesiani, ai quali, grazie allo zelo dell'arciprete Don Marcello Scarrone, erede dello zelo de' suoi predecessori D. Piccone e D. Tobia, si tengono regolarmente le due conferenze, annualmente prescritte, da qualche nostro confratello del Collegio di Varazze. Quei bravi cooperatori accorrono sempre numerosi, come fecero il 19 marzo u. s., ed incoraggiati sempre più dalla speranza di aver parte al bene che si fa dalla Pia Unione, concorrono volentieri colla loro offerte al mantenimento e allo sviluppo delle Opere Salesiane.
TORRIONE DI BORDIGHERA. - Nella nostra Chiesa Parrocchiale - Numerosa la Comunione generale. Alla messa solenne pronunziava un eloquente discorso il rev.mo D. Luigi Gamaleri, Canonico Prevosto della Cattedrale di Ventimiglia. La Conferenza ai Cooperatori venne tenuta dal Direttore.
TRINO VERCELLESE - Il 6 e 7 febbraio nella Chiesa del S. Cuore. - Il 6 tenne la conferenza il rev.mo P. Priore dei Domenicani, illustrando lo scopo della Pia Società Salesiana e il campo riservato ai Cooperatori. Alla festa celebratasi il giorno seguente - alla quale pure convenne una gran folla di devoti - lo stesso ch. Oratore recitò il panegirico del nostro glorioso Patrono. I bravi fanciulli dell'Istituto eseguirono la Messa dell'Haller con rara precisione. La festa fu coronata con una recita degli alunni dell'Oratorio festivo.
VARAZZE - Il 2 febbraio nella Collegiata di S. Ambrogio, il direttore del Collegio Civico, don Carlo M. Viglietti, tenne la conferenza ai Cooperatori. Egli dimostrò, con acconci episodi, come D. Bosco abbia avuto un grande amore a Dio e al prossimo, e come precisamente a questo duplice amore deve ascriversi la molteplicità delle opere da lui felicemente compiute.
La conferenza si chiuse colla raccolta di un'elemosina a favore delle Missioni e la benedizione impartita dal rev.mo Prevosto, il Teol. D. Luigi Astengo.
VENEZIA - Il 31 gennaio, nella Chiesa del S. Salvatore, ebbe luogo la prescritta conferenza pei Cooperatori alla presenza di S. E. Mons. Patriarca. Il nostro confratello prof. D. Pietro Gallo intrattenne il numeroso e scelto uditorio, per più di un'ora, sull'opera dei Cooperatori. Mostrò come solo per essi D. Bosco potè fondare tanti istituti di educazione ed oratori festivi, por mano alle missioni fra i popoli selvaggi ed abbracciare nel suo zelo anche tanti italiani emigrati.
La parola del Conferenziere fece grande impressione e molti, finita la funzione, si recarono in Sacrestia per farsi iscrivere alla Pia Unione.
VERONA - Il 31 gennaio, all'Istituto di Don Bosco - Dopo la Messa solenne, celebrata dal rev. cav. D. Scapini, tenne la conferenza il ch.mo D. Vesentini Sperandio. Egli, scrive il Verona Fedele, togliendo le mosse dal sogno di Mardocheo e dalle parole, con le quali nel libro di Esther è ricordato quel sogno, tratteggiò con facile eloquio e bella sintesi quanto fece D. Bosco per il bene della gioventù. La Schola Cantorum eseguì egregiamente scelta musica religiosa.
Quasi a suggello delle relazioni delle solennità celebratesi ad onore di San Francesco di Sales ci è caro aggiungere la relazione di una grazia riferita alla sua intercessione :
« Il mio figliuolo Massimo Francesco, bambino di 9 mesi, era in fin di vita. Il male, una ostinata enterocolite, ribelle ad ogni cura, seguiva il suo corso fatale. Nei giorni precedenti io ed i miei avevamo rivolte ardenti preci a Gesù benedetto e alla Madonna SS. per ottenere la guarigione del nostro amato angioletto, ma pur troppo il male non cedeva, tanto che nella notte dal 9 al io luglio u. s. il povero bimbo si trovava agli estremi.
Straziato, trafitto dal dolore, nel colmo della notte, in un momento di lieve sopore del mio bambino, io rivolsi al grande S. Francesco di Sales, Santo specialmente venerato dalla povera mia madre e da tutta la mia famiglia, una ferventissima supplica.
Appena ebbi finita la mia preghiera, il bimbo che era leggermente assopito e che continuamente gemeva, d'improvviso sorrise sensibilmente per ben tre volte e con nostro alto stupore nei giorni seguenti andò gradatamente migliorando ; ora trovasi in perfetto stato di salute.
Roma, 19 novembre 1906.
LUIGI SPADA.
AD assecondare lo zelo tenerissimo con cui il S. Padre si studia di richiamare il popolo cristiano alla salutare frequenza della S. Comunione, diamo, come abbiamo promesso, la risposta al noto quesito : - Gli infermi affetti di lunga malattia ed incapaci di osservare nella sua interezza il digiuno naturale, dovranno restar privi del Pane Eucaristico per sì lungo tempo (1)?
Con apposito Decreto della S. Congregazione del Concilio, il S. Padre ha risposto, concedendo agli infermi da oltre un mese senza speranza di pronta guarigione, e che non possono a giudizio del confessore osservare il digiuno naturale, di potersi comunicare anche dopo aver preso qualche cosa per modo di bevanda : - una o due volte la settimana se hanno in casa il Santissimo ovvero l'Oratorio dove si può celebrare la santa messa ; - una o due volte il mese se la Comunione devono riceverla dalle chiese pubbliche - purchè il Santissimo venga recato con quella decenza che prescrivono le leggi ecclesiastiche.
Prendere qualche cosa per modo di bevanda vuol dire (spiega il Monitore Ecclesiastico) prendere qualsivoglia cosa liquida, come latte, caffè, cioccolatto, brodo ed anche qualche cosa aggiunta al liquido, come cacao, pane grattato, torio d'uovo disciolto ecc.
Ecco, per chi può interessare, il testo originale della parte dispositiva del Decreto.
... quaesitum est, si quo forte modo consoli posset aegrotis diuturno morbo laborantibus et Eucharistico Pane haud semel confortari cupientibus, qui naturale ieiunium in sua integritate servare nequeant. Quare supplices ad hoc preces delatae sunt SS.mo D. N. Pio PP. X, qui , re mature per pensa, auditoque consilio S. Congregationis Concilii, benigne concessit ut infirmi, qui iam a mense decumberent absque certa spe ut cito convalescant, de confessarii consilio SS.am Eucharistiam sumere possint semel aut bis in hebdoniada si agatur de in firmis qui degunt in piis domibus ubi SS.mum Sacramentum adservatur aut privilegio fruuntur celebrationis Missae in Oratorio domestico, semel vero aut bis in mense pro reliquis, etsi aliquid per modum potus antea sumpserint, servatis de cetero regulis a Rituale Romano et a S. Rituum Congregatione ad rem praescriptis. Praesentibus valituris, contrariis quibuslibet non obstantibus.
Datum Romae, die 7 mensis decembris 1906.
VINCENTIUS, Card. Episc. Praenestinus.
Praefectus.
C. DE LAI Secretarius.
(1) Cfr. Bollettino di dicembre u. s.
Matto Grosso (Brasile)
Dalla Colonia del Sacro Cuore. Altre 6 prime Comunioni.
(Lettera del Sacerdote Giovanni Balzola).
Colonia del S. Cuore di Gesù, 14 novembre 1o96.
REV.MO ED AMATISSIMO SIG. D. RUA,
DEo gratias! et semper Deo gratias!....
Questa volta, più che mai, mi sento uscire dal cuore un entusiastico evviva al Sacratissimo Cuore di Gesù ed alla nostra cara Madre Maria SS. Ausiliatrice. Oh ! come siamo amati dai loro dolcissimi Cuori, veneratissimo sig. D. Rua !
Come le scrissi, stavamo celebrando il bel mese di Maria Ausiliatrice in compagnia dei nostri indietti, con molto fervore ed entusiasmo, bramosi di celebrar la festa con ogni pompa possibile, ed eravamo per incominciarne il triduo di preparazione quando mi giunse per telegramma l'ordine di recarmi a prender possesso della nuova Colonia di S. Giuseppe, sicchè si dovette trasportare la festa senza poter fissarne la data. Fortunatamente però non era stato diramato nessun programma e non si aspettavano lontani pellegrinaggi !... Così in un istante tutto fu aggiustato senza inconvenienti di sorta, e senza che i divoti della Madonna avessero a lamentarsene. Bastò la promessa che la festa si sarebbe celebrata quanto prima.
Ma chi l'avrebbe immaginato!... passarono cinque mesi e non si potè più trovare un giorno opportuno. Naturalmente lo stesso accadde per la festa del S. Cuore, chè quei cinque mesi furono cinque mesi di prova.
Infatti durante l'assenza del nostro amato Ispettore D. Malan, venuto in Italia, non solo aumentarono i lavori in ambedue le Colonie ma varie disgrazie toccate al personale ci gettarono in profonda augustia. Un confratello fu minacciato dal tetano per ben quatro mesi, un altro si ruppe una gamba, e altri furono costretti a porsi a letto per varie indisposizioni. E non era possibile sperare un medico da Cuyabà, che si trovava in subbuglio ! Tuttavia dopo vari telegrammi scambiati coi Direttore del nostro Collegio S. Gonzalo, questi potè ottenere che il Dott. Pammer, della Croazia, venisse a visitare i nostri malati. La sua visita fu provvidenziale, perchè anche il poveretto minacciato dal tetano e ormai in fin di vita potè esser felicemente operato e messo quasi subito fuori di pericolo. Solo il Signore può ricompensare la carità usataci dall'ottimo e caritatevole Dottore, Egli lo benedica e lo accompagni nelle sue fatiche e ne' suoi viaggi.
Come vede, amatissimo sig. D. Rua, in mezzo a queste ansietà non era possibile pensare alle nostre feste. Di più, a soddisfare le abitudini inveterate e vorrei dire connaturali a questi selvaggi, dovemmo anche quest'anno lasciarli liberi per qualche tempo affinchè potessero andare alla gran caccia e alla pesca.... ma non tornavano mai e noi li volevamo presenti alla festa. Anche per questa ragione, si dovette protrarre la nostra solennità.
Ma non appena i nostri malati migliorarono ed ebbi notizie che gli indii erano già vicini, scelsi per festeggiare Maria Ausiliatrice e il S. Cuore il 21 ottobre , domenica della Purità di Maria SS. Si riprese l'istruzione preparatoria ai ragazzi della prima comunione che ne erano ansiosissimi; mandai ad avvisare la schiera degli indii che procurassero di venire per la domenica fissata, contando i giorni che mancavano sulle punta delle dita e dicendo che si farebbe gran festa, vi sarebbero i gioro accureu, cioè i razzi, suonerebbe la fanfara, si darebbe da mangiare più del consueto e si distribuirebbero anche delle camicie.
E cominciammo il triduo solenne.
Grazie a Dio tutto andava a maraviglia. I ragazzi erano proprio ben disposti e i nostri malati quasi completamente guariti. La nostra povera cappella ancor coperta di foglie di palme aveva le pareti ornate con tele, coperte e striscie di panno di vario colore in modo da far rimanere i selvaggi a bocca aperta. L'immagine di Maria Ausiliatrice, adorna d'una risplendente collana di vetro che D. Malan aveva comprato in Venezia per regalare agli indii avidissimi di tali gingilli, sorrideva a tutti dall'altare, e fisso ad una parete, di fronte alla cappella, stava l'Invito Sacro col grandioso programma delle feste di Maria Ausiliatrice nel Santuario di Valdocco in Torino!... sebbene noi non potessimo attenervici totalmente, non avendo quasi le dodici candele prescritte per la benedizione. Pure ogni sera si mandavano in aria alcuni razzi, che coi loro colpi e fiocchi di fuoco traevano gridi entusiastici a questi carissimi figli della foresta.
Tuttavia il mio cuore era ancora inquieto; eravamo giunti alla vigilia e la turba non arrivava ancora. Ciò mi rincresceva assai, perchè bramava proprio che tutti assistessero alla 1a Comunione dei loro ragazzi.
Ma finalmente, verso sera, ecco arrivare una famiglia, poi un'altra, poi un'altra ancora... finchè arrivarono tutti, sporchi e pitturati in modo da far ribrezzo!.... Avevan la camicia tutta a brandelli, avendone lasciata buona parte fra i cespugli della foresta. Gli arrivati in questa tenuta furono un centinaio, e giunsero a tempo per rendere... più solenne la festa sospirata. E davvero il loro arrivo ci consolò e fece parer più bella a tutti l'illuminazione, e più belli ancora i gioro accureu.
Sorse finalmente l'alba sospirata! Per la prima volta il segno della sveglia fu dato collo sparo del fucile e col suono della fanfara... sicchè non ci fu da faticare per vedere in piedi i nostri cari neofiti. Ma per dar loro maggior comodità, la cerimonia della prima Comunione fu stabilita per la seconda Messa. Tuttavia i ragazzi assistettero secondo l'usato anche alla prima, durante la quale si accostarono alla S. Mensa tutti i braides cioè i civilizzati. Questi, sebbene si fossero confessati fin dalla sera precedente, fissi col pensiero nel grand'atto, vollero, con edificante pietà, ancor meglio purificarsi col Sacramento della Penitenza.
Appena finita la prima messa, fummo assaliti dagli indii che venivano a prendere una nuova camicia per poter assistere alla sacra funzione del Papai grande! Che pena, amatissimo sig. D. Rua, quando non è possibile neppure in queste circostanze poterli accontentare tutti quanti. Tutti però rimasero molto ben impressionati nel vedere i comunicandi, vestiti con calzoni, giubba ed una bella camicia stirata !
Quando furono tutti all'ordine, la fanfara suonò una marcia religiosa, e quindi si entrò in cappella. I comunicandi presero posto in un banco appositamente preparato ai piedi dell'altare; dietro loro venivano i ragazzi, quindi le ragazze e le donne, e in fondo tutti gli uomini presenti nella Colonia. I nostri desideri erano pienamente appagati. La messa fu in canto gregoriano; i cantori erano pochi, 4 voci oltre quella del maestro... Cosa mai ! qui pure bisogna fare come si può, e rinunziare alle grandiosità che non si possono avere. Nondimeno io fui più che persuaso che gli occhi del Sacro Cuore di Gesù e di Maria Ausiliatrice fossero amorosamente rivolti alla nostra funzione, esultanti nel vedere altri 6 figli di questa tribù accostarsi ai piedi dell'altare con l'anima candida ed ardente di divino amore... Giunto il gran momento, prima che Gesù scendesse a prender possesso di quei cuori non seppi tenermi dal rivolgere loro brevi parole, ricordando la grandezza dell'atto che stavano per compiere. Dissi che stringendo Gesù al proprio petto gli raccomandassero tutti i loro benefattori e tutta la tribù; che gli promettessero di star sempre con Lui e gli giurassero di non tornare più ai barbari costumi che dispiacciono tanto al Papai grande Gesù ed alla Muga grande Maria. Finalmente posai le sacre specie sulla lingua di ciascuno dei sei fortunati, che le ricevettero con quella disposizione che commoverebbe chiunque fino alle lagrime.
«Stringete, io andava pregando, stringete al vostro petto l'Ospite Divino, o carissimi angioletti; e portatelo con voi fino al Paradiso!... »
L'assicuro, amatissimo sig. D. Rua, che la consolazione che si prova in certe circostanze è tanta, da farci tenere più che ricompensati di tutti i sacrifici e delle pene inerenti alla nostra vita. Per tutta la funzione gli indii tennero fissi gli occhi sui giovani fortunati. Finita la Messa, si uscì fuori e i sei angioletti si videro subito circondati dai loro compagni che prendevano viva parte alla loro letizia.
Dopo la festa religiosa ci voleva un po' di festa anche di fuori, e non mancò. Neppure mancammo, seguendo la tradizione di D. Bosco, di far sedere i sei comunicati alla nostra mensa. E grazie a Dio, tutto servì per fare una buona impressione negli altri ed accrescere in molti il desiderio di essere ammessi anch'essi alla Santa Comunione.
La giornata passò tutta in vivissima allegria, senza pericolo che alcuno si ubbriacasse perchè neppure in una così grande solennità si potè da noi gustare un sorso di vino. In cinque anni i Salesiani della Colonia del Sacro Cuore tutti insieme non ne hanno bevuto più d'una bottiglia, e ciò nella festa di S. Giovanni del 1902. Dobbiamo già stentare ad averne per la S. Messa per cui dobbiam fare tanta economia che con una sola bottiglia arriviamo a celebrare più di 30 messe. Grazie a Dio però, ora abbiamo piantato molte viti che incominciano a promettere il raccolto.
Ma ritorno alla descrizione della festa. Alla sera vi fu la benedizione col SS. Sacramento preceduta dal discorso di circostanza. A notte poi si mise una piccola statua della Madonna sopra un altarino innalzato in mezzo al cortile, e intorno intorno si fece una bella illuminazione. Si spararono anche molti colpi di fucile e si mandarono in aria molti razzi, mentre le suonate della fanfara, alternate col canto di lodi sacre, del Magnificat e dell'Ave, maris stella, che gli indietti cantavano in pieno coro con accompagnamento di armonium, destarono in tutti i cuori un entusiasmo indescrivibile. Era proprio bello, il contemplare questa povera gente così allegra e contenta, attorno la statua della Madonna.
Il demonio se ne dolse, e vedendosi totalmente abbandonato dai giovani, prese un po' di rivincita coi vecchi. Avendo essi deciso di andare alla caccia il giorno seguente, accadde che mentre noi stavamo festeggiando il Sacro Cuore di Gesù e Maria Ausiliatrice con canti ed inni sacri, essi, gli adulti, appartatisi cominciassero il loro grande bacururu con strida e urli a Bope e con invocazioni ai morti per implorare una caccia felice. Non intesero però di far disprezzo alla nostra festa, anzi fecero nè più nè meno di quello cui li costringeva il loro cerimoniale in segno di grande allegrezza. Difatti la maggior parte di loro prendeva parte all'una e all'altra cerimonia. Ma, grazie a Dio, la gioventù ci è sempre fedele, e gli adulti ci lascian fare ed insegnare tutto quello che vogliamo, senza contrariarci.
Veda, amatissimo sig. D. Rua, se non aveva ragione di gridare con tutta l'espansione del cuore : « Evviva il Sacro Cuore di Gesù e Maria SS .ma Ausiliatrice». Ciò che ci consola tanto è il vedere questi ragazzi, al sabato, chiedere di confessarsi per poter fare la Comunione alla mattina seguente. Alcuni di loro san già servire la S. Messa con molta esattezza nelle parole e nelle cerimonie, e tutti hanno già la pia usanza di recarsi ad uno ad uno in cappella dopo le singole refezioni per far come noi una visita a Gesù Sacramentato ed a Maria SS.
Adesso son tutti ansiosi del ritorno del loro compagno Magone Michele per sentire da lui il racconto di tante e tante cose della gran patria brasilena, dell'Europa, di Torino, di D. Bosco, di D. Rua e del S. Padre... Anche noi speriamo che il viaggio di Michele in Italia abbia a servire ad aiutarci a fare un maggior bene in mezzo a questi suoi fratelli.
Noi pure aspettiamo con ansia il ritorno del nostro caro Ispettore D. Malan nella certezza che egli ci condurrà un buon rinforzo di personale e molti vestiti per questi poveretti che tanto li sospirano; poichè siamo certi che la Divina Provvidenza non cesserà di aiutarci a continuare con esito felice questa difficile ma importantissima missione. Per non abusar troppo della sua bontà e rubarle un tempo preziosissimo rimetto altre notizie ad altra volta.
Intanto la prego, rev.mo sig. D. Rua, di raccomandare alle preghiere ed alla carità dei nostri cooperatori e delle zelanti cooperatrici questa ben avviata ma poverissima missione, assicurandoli che il Sacro Cuore di Gesù non li lascierà senza ricompensa nè in questa nè nell'altra vita.
La prego in fine di trasmettere agli altri amatissimi Superiori i nostri più cordiali saluti, e col raccomandarci anche alle loro preghiere, implorando per tutti la sua paterna benedizione, mi dico con affettuosa riconoscenza
Della S. V. Rev.ma,
Obb.mo figlio in G. e M.
Don GIOVANNI BALZOLA.
La tribù dei Bororos.
(Studio del Sac. Antonio Malan.)
II. (*)
SOMMARIO - Religione - L'Ente ignoto - Tupà, i Bopi, i Mareba - Hayges - Apparizione degli Hayges ribelli - Castigo dei Bopi e Mareba malvagi - Ufficio degli spiriti maligni ;- Baregues - Perchè gli indii non escono a notte avanzata - Il cielo dei Bopi, dei Mareba ecc. in generale - Il cielo dell'Ente ignoto
Il cielo di Tupa - Magnificenza dei cieli dei Bopi e dei Mareba buoni - Il cielo dei Bari- Il cielo delle anime dei civilizzati - Festa nel cielo - Scisma e guerra celeste - Il cibo preferito dalle divinità - Animali consacrati alle divinità - Animali e frutta che gli indii mangiano senza esorcismi - Ragione per cui gli indii assassinano i civilizzati - Perchè non vogliono civilizzarsi.
Credenze religiose.
La Religione dei Bororos è il politeismo mescolato con il fatalismo, il materialismo e lo spiritismo. Prima che i Mareba, i Bopi e Tupà apparissero agli indii i primitivi Bororos facevano una vita assai buona e regolata e, come dice il
bari principale, servivano un Ente tuttora ignoto. I loro discendenti, desiderando una vita più libera e conforme agli appetiti delle passioni, lasciando le tradizioni degli avi si abbandonarono senza ritegno ai piaceri brutali, che oscurarono in breve la luce della loro ragione naturale e li fecero schiavi di ogni bassezza.
Ma non potendo vivere senza religione e senza divertimenti, si riunirono sotto la presidenza di Tugaredague, Tugareguedo, Méri-uro, Giarire, Codaguebague e Corégueréru allo scopo di stabilire quale religione e quali usi dovessero adottare. I sei presidenti dichiararono di non poter risolvere nulla alla loro presenza; quelli si ritirarono e li lasciarono soli. Allora apparirono ai sei nominati Tupà, Mareba e Bope che, trasportatili nei cieli, li ammaestrarono sulla religione che dovevano insegnare ai loro compagni. Ma dubitando questi di potersi, dopo morte, riunire ai loro antenati professando la nuova dottrina, furono assicurati dagli spiriti che seguendo i precetti ricevuti ad intercessione dei sei indii soprannominati sarebbero volati senza dubbio al seno dei padri loro, allorchè la morte verrebbe a troncare la loro esistenza. Pertanto i detti sei personaggi furono i primi bari o sacerdoti della tribù e questi furono i loro insegnamenti.
La dottrina. - Dicono i Bari : - « Nei cieli vi sono tre spiriti nostri protettori, e un quarto di ordine inferiore che è anche buono e nostro protettore ; e sono Tupà, Mareba, Bope e Hayge. I nostri progenitori vivono nel seno della Terra e là andrete anche voi come nostri sudditi, mentre noi, come bari, noi soli e le dostre donne andremo in cielo.
« Tupà, Mareba, Bope e le anime dei Bororos apparvero a noi bari, dicendoci quello che dovete fare. Ecco quello che ci dissero
- Vi ha nel cielo un Essere che non conosciamo e il cui nome non possiamo pronunciare ; a lui fan capo le anime dei braides (dei civilizzati) nostri nemici. Questo Essere ignoto è molto potente e buono, ma non è nostro, poichè ama e protegge solamente i braides e gli indii che rinnegarono la loro religione, i quali, dopo morte, saranno trasportati al cielo dalle anime dei civilizzati.
» Ma guai al bororo che pensi di farsi braide! Non tarderebbero le anime dei nostri bari a togliergli l'esistenza, e l'infelice non andrebbe più a riposare presso suo padre e sua madre !
» Son benefattori nostri la pioggia, la notte, il sole, la luna, le stelle. I venti pure ci amano, ma spesso ci molestano coll'eccessivo calore o col troppo freddo.
» L'Ente ignoto non è nostro e quindi non lo amiamo e nessun bororo deve amarlo. Voi dovete amare solamente le nostre divinità e le anime dei nostri padri, se non volete soffrire il castigo dei rinnegati. Il rinnegato sarà scacciato dalle nostre tende e troverà in ciascuno di noi un crudele nemico pronto a togliergli la vita al primo incontro. Le sue ceneri saranno disperse al vento, le sue carni abbandonate alla voracità dei pobureus (i corvi); e l'anima sua non potrà riposare con quelle dei suoi padri.
» L'Ente ignoto non è nostro, poichè, prima che apparissero Tupà, Mareba e Bope, i nostri antenati lo servivano vivendo una vita di contrasti, piena di privazioni e d'innumerevoli patimenti. Essi conobbero le dolcezze dell'esistenza, solo allorchè seguirono il metodo di vita tracciato dai primi bari, il cui spirito rivive in noi e nei nostri compagni.
» Nei tempi primordiali non c'erano pagés o paguimegeras, non si conoscevano malattie, la natura non ci era nemica, i cieli non erano divisi solo esistevano i Bopi buoni e cattivi... Allora tutti erano predestinati alla gloria dell'Ente ignoto, terminando la vita sotto il giogo pesante della sua servitù. Gli animali tutti della terra e le acque e la frutta davano un ottimo alimento ; non si moriva, in un sogno si nasceva al cielo. Ma le nostre divinità ci offersero un giogo soave; viviamo come i nostri padri e poi andremo al cielo colle nostre spose, presso i nostri amici; e voi sudditi avrete come eterna ricompensa il riposo di cui godono i nostri progenitori.
» L'Ente ignoto, indignato per esserci sottratti al suo dominio, è la causa di tutti i mali... Noi siamo i soli depositarì delle dottrine dei nostri dei e delle tradizioni dei nostri padri.
» Ci disse Mareba
- Fate quello che vi aggrada e rinunciate a quello che vi ripugna. Nelle sublimità dei cieli vive quest'Ente ignoto, che io odio, ma al quale non posso far del male perchè è assai più forte; però tutto quello che faccio, lo faccio a suo disprezzo. Io lo temo e l'ubbidisco coi miei compagni, solo per poter fare maggior male alle sue creature non potendolo fare a lui e a' suoi... Il mondo immenso è vostro ; i miei insegnamenti costituiscono la vostra religione, i vostri costumi quelli dei vostri eroi, il vostro cibo quanto dà la natura, le vostre case le solitudini e gli antri del deserto, i vostri vestiti il nonogo, il kidoguro, le larghe foglie delle palme e le piume degli uccelli.
» Così Marebba. Noi non competiamo con i braides, non conoscendo l'Ente Supremo: desideriamo però conoscerlo come desideriamo adattarci alla vita e ai costumi dei braides, ma non serviremo mai a lui e non ci faremo mai braides o civilizzati !
» I cacichi, i guerrieri, gli uomini e le donne, eccettuati i bari e i baregues con le loro spose, dopo morte vanno tutti a finire nell'interno della terra, avendo l'Ente ignoto obbligato i nostri dei a darci il seno della terra, per provare se noi tornavamo a servirlo... L'interno della terra è buono : tutte le notti noi lo visitiamo nei nostri sogni. Là stanno i nostri avi e là andremo noi pure.
» Durante la pace del cielo, che durò ben poco, nessun indio morì. Solo dopo la guerra la cui vittoria toccò alla prepotenza dell'Ente ignoto, si ebbero la manifestazioni dei nostri dei e incominciò la morte a far strage nelle nostre file, la natura ad esserci ingrata e le calamità a perseguitarci.
» Insomma, finchè ci sarà un bororo su questa terra, nessuno servirà di cuore il capo dei braides, senza che la freccia dei bari trapassi il cuore del rinnegato... »
Tali le dicerie dei Bari.
Le divinità.
Tupà, Bopi e Mareba. - Tupà (ved. fig. 1a) presiede ai banchetti e alle libazioni degli indii.
Questi dànno in suo onore un gran banchetto consistente in una svariatissima copia di miscele di biada di miglio con vino estratto dalle canne di palme e... sigari
Il Bope buono (fig. 2a) porta sulla testa una ghirlanda irradiata di luce, una tonsura e un fiocco pendente dal collo. Sta inginocchiato sopra un globo.
Il Mareba buono (fig. 3a) intorno il capo ha un diadema, nella mano un peri-bà (un gingillo che gli indii usano portare alle orecchie), e sotto i piedi la mezza luna (un altro gingillo per le orecchie fatto di conchiglia o di latta). Il Bope buono e il Mareba buono sono bellissimi e assumono solo le forme descritte per apparire ai bari.
Invece i Bopi e i Mareba malvagi sebbene abbiano la loro forma speciale, tuttavia possono assumere qualsiasi forma, anche la più strana.
Per lo più si mostrano ai bari come sono rappresentati nel disegno relativo (figure 4a e 5a). Questi spiriti maligni sono il flagello degli indii.
Alcuni di essi si dipingono anche e s'adornano come gli stessi indii. Compaiono durante i banchetti (ma son visti solamente dai bari che ne annunziano la presenza) a chiedere un buon boccone... Ma i bari, se vedono arrivare questi importuni, li affrontano con una pioggia tale di esorcismi che li obbligano a prender altra via, prima che riescano a soddisfare il loro malvagio intento.
L'Hayge è l' unica divinità di secondo ordine; ebbe tre figli e tre figlie che si accasarono. La prima coppia, nemica di ribellione, non ha prole, ma le altre due, tristi e ribelli, sono di una fecondità spaventosa e vivono, per castigo, nel seno della terra con i figli e i servi.
I figli ribelli perdettero le doti primitive, con servando appena la scienza. Uno di essi abita ai lati della strada tra Bacororo e Itubóri, e l'altro tra Itubóri e Acorubo.
L'Hayge che sta nel cielo, ha il corpo nero, una gamba sola, e mani , piedi e orecchie terminanti a guisa di un remo (ved. fig. 6).
La figura 7a rappresenta l'Hayge bianco. La sua sposa è rossa con macchie nere; generalmente i figli loro sono bianchi, ma con svariatissimi punti di colore.
La figura 8a rappresenta l'Hayge, che gli indii fabbricano di legno e che legato ad una cordicella e fatto girare produce un zum-zum che stordisce. I suoi figli sono meno imperfetti.
Dalla fig. 3a si conosce che la mezza luna è un'ornamento da loro preferito. Queste figure sono state eseguite su disegno ed indicazioni degli indii.
Apparizioni degli Hayges ribelli. - Conoscendo gli indii che esistevano degli Hayges ribelli (fig. 9) che incutono tanto terrore agli Aroes (le anime dei boróros) desiderarono vederli e fecero tanto che il bari convocò gli Hayges. Apparvero due grandi fiumi, con sponde dirupate e spaventose che incominciarono a tremare e finirono per fendersi largamente e profondamente. Quindi si fecero udire le urla degli Hayges destando negli indigeni spavento e curiosità. Il bari disse che quanti avrebbero veduto gli Hayges sarebbero morti ; ma la curiosità prevalse. Gli indii si divisero in due parti e contemporaneamente si avvicinarono alla visione ; ma pagarono ben cara la loro audacia, chè molti vi perdettero la vita!... Questa lezione bastò e nessuno ebbe più il capriccio di volerli vedere. Ma ora s'invertirono le cose ; ora sono gli Hayges che si sforzano, invocando all'uopo anche l'aiuto di Mareba, per apparire agli indii e ucciderli.
I Bopi e i Mareba malvagi alle volte inducono qualche civilizzato al male che diventa subito pessimo, dovendo poi l'Ente ignoto sudare assai per richiamarlo al bene; ma tosto gli spiriti maligni sono castigati dai Tupà-dogues (le anime dei civilizzati), i quali si affrettano a discendere dal Cielo e li attaccano terribilmente. Essi stessi infliggono il castigo dividendosi in quattro schiere: quella dei proiettili, quella dei lampi, quella dei fulmini e quella delle tempeste. Mentre la seconda schiera sfolgorando sopra i maledetti ne offusca la vista, la prima scarica sui medesimi le sue carabine. In seguito sottentra la schiera dei fulmini e allora i quattro cieli degli spiriti malvagi si cambiano in un'immensa conflagrazione. Per ultimo s'avanza la schiera delle tempeste in un turbinio spaventoso di piogge di fuoco e di venti ora caldi, ora freddissimi, accompagnati da rimbombi formidabili. La pioggia di fuoco e il vento caldo abbruciano i maledetti senza ucciderli; e il vento freddo asciuga la pioggia di fuoco innalzando la sabbia del deserto in mezzo a rumori spaventosi e sbattendo nello spazio i maledetti tra di loro. D'improvviso lo squillare di una tromba ordina di sospendere il castigo.
Che se gli stessi Bopi e Mareba malvagi s'impadroniscono di un indio o di un'india per mangiarli, anche allora discendono i Tupà-dogues e li mettono in precipitosa fuga con una scarica di fucileria.
Gli spiriti malvagi impediscono il buon esito delle imprese, e spingono gli indii alla trasgrezione delle leggi di Tupa, dei Bopi e Mareba, divorano gli indii, li castigano col fuoco nell'altra vita, impediscono che i favori delle divinità arrivino agli indii, si trasformano in animali quando discendono dal cielo e anche in bororos, inoculando malattie croniche, manifestando gli occulti delitti degli infermi nell'atto che questi sono esorcizzati, finalmente sono i ministri di giustizia delle divinità che si servono di loro per punire i prevaricatori.
Finalmente nelle notti tenebrose i bopi e ma reba malvagi vagano per le foreste in cerca di indii per divorarli. Questi pertanto evitano di uscire dalle capanne durante la notte... Se non facessero così, sarebbero divorati dagli spiriti maligni, i quali subito dopo salgono al cielo a confessare il loro delitto cui segue il castigo.
I Baregues (fig. 10a) hanno una lunghissima capigliatura alla testa ornata da un diadema, quasi simile al parico che usa il bari maggiore nelle grandi solennità. Invece di legature di filamenti intrecciati che gli indii usano in diverse parti del corpo, essi hanno dei teneri viticci di cudrimana, pianticella da loro conosciuta, della famiglia delle rampicanti. Stringono nelle mani due sonagli fatti di zucca selvatica con entro dei semi di bopus (biris).
Allorquando gli indii uccidono qualche caitetú e lo mangiano senza esorcismi (nel qual caso il bari maggiore convita le anime dei suoi colleghi servirsi della caccia) essi s'irritano grandemente, rapiscono i trasgressori per il cielo, ove in parte li dilaniano e quindi loro appiccano il fuoco. Il povero indio così tormentato e dilacerato muore precipitando dall'alto. Il bari maggiore ad impedire questo disastro si arma di esorcismi contro le anime dei suoi colleghi. (Forse la caduta dei bolidi? ... )
Similmente accade che quando gli indii si ricusano di prestar fede o ubbidienza agli ordini o ai consigli dei bari, i baregues discendono dal cielo, oscurando il sole e facendo nascere le tenebre per diverso tempo. (Evidentemente le ecclissi.)
Il Cielo dei Bopi, dei Mareba, dei Baregues, degli Hayges e di Tupà. - Idea generale. - Le divinità dei Boróros abitano dieci cieli, quattro dei quali appartengono ai Bopi e Mareba buoni e quattro ai Bopi e Mareba malvagi. Un altro cielo appartiene ai Baregues, che costituiscono un olimpo a parte, riuniti attorno il gran bari Meri-uro; e nell'ultimo cielo - sulla cui scala s'incontra l'Hayge colla sposa - regna Tupà, di cui l'Hayge si dice Uditore.
I primi otto cieli si raggruppano in due parti: una forma il Merirúto od Oriente, l'altra il Meributo o Occidente, e sono occupati dai Bopi e Mareba buoni e cattivi.
Ogni cielo abitato dalle divinità buone possiede un gran numero di animali che alle suppliche dei bari discendono in terra per aumentare la caccia degli indii.
I quattro cieli degli spiriti malvagi sono orribili, mentre quelli degli spiriti buoni risplendono di bellezza e di gloria. Nel quarto cielo degli spiriti malvagi imperano i loro capi, che prendono forme umane; mentre gli abitanti dei primi tre cieli hanno la forma di pipistrelli, di civette, di corvi o rospi, serpenti ecc.; ma tanto gli uni come gli altri sono meno potenti che i Bopi e Mareba buoni, loro fratelli. Nei primi tre cieli regna una oscurità spaventosa come nelle caverne, ma di tanto in tanto essi vengono sinistramente illuminati dalle fiamme che il vento vi sospinge dai risplendenti troni dei Bopi e Mareba del quarto cielo.
Il Cielo dell'Ente ignoto, di questo padrone del mondo, è immenso, abbracciando i cieli delle anime dei braides, che incominciano ove vengono a scarseggiare le stelle di massima grandezza e di luce scintillante. Coll'Ente ignoto vivono le anime dei braides che seppero fortemente superare i pericoli dell'esistenza. Le bellezze di questo cielo, le forme e le sembianze di questi eroici braides, nessun Bope o Mareba o Baregue nè Tupà li saprebbero descrivere.
Il cielo di Tupà è di una luce immensa ed irradiante. Tupà siede in un trono di nubi vermiglie tempestate di verdi stelle. Ai piedi di questa divinità siedono i suoi figli, disposti in circolo, su troni di color nero con macchie rosse ; di fronte stanno la sua sposa , le nuore e le figlie, in troni bianchi macchiettati di giallo. Gli uccelli più belli come gli struzzi, i pavoni, gli anhambus, le pernici, i colombi, i pappagalli di tutte le qualità, le anitre, gli sparvieri, gli araras, svolazzano e percorrono le ampie sale di questo cielo. Le onze (specie di pantere), i giaguari, le iraras, le ante, i queixadas, i cervi, i tamanduas, ecc. e quatis, cotias, pacas, e scimmie stanno riuniti nel primo scompartimento, sotto la vigilanza di un scimmione dal muso bianco, gli occhi e il ventre color viola e il corpo di ebano.
I tapiri, i coccodrilli dipinti, barbati e dorati, i jaus, i piratingas, i pesci-cani, gli arraias, i pirranhas, che sono soggetti all'incarnazione degli spiriti maligni, nuotano nelle acque immortali, di cui se un bari riuscisse ad abbeverarsi e ad aspergere con esse gli indii, questi non vedrebbero più la morte, ma in un dolce sogno passerebbero alla regione delle anime. Questo secondo scompartimento è sotto la custodia di un porco nero, con una lingua di fuoco sempre fuori dalla bocca e un grand'occhio nella testa; come il primo scompartimento è sotto la vigilanza di un'irara nera.
Una jaguaterica rossastra custodisce un frutteto con ogni sorta di piante: come il pegui, l'occhio di bue, la guadira, il cotogno, il jaboticaba, il Pitomba, il tammà, il mangaba, il cajù, l' ananaz, il miglio e il fumo.
I Bopi e i Mareba buoni siedono su troni di smeraldo. I loro cieli sono illuminati meravigliosamente con tinte d'azzurro e stelle gialle. Sono percorsi da grandi fiumi i cui letti sono ricamati da sciami di pesci che morti in questo mondo risuscitano nell'altro. Di tanto in tanto ivi si alzano gigantesche foreste abitate da moltitudini di animali da caccia, come antas, queixadas, cervi, caitetús, onze, jaguatericas, iraras. Nelle alte montagne vivono addomesticati gli sparvieri, e nelle sterminate pianure ricoperte di un verde sempiterno prosperano boschi di pomi cotogni, mangabe e jatobe. Laghi cristallini incorniciano quei piani, sulle cui sponde vivono i coccodrilli e i capivari. Alberi colossali ombreggiano i giardini, dai quali innalzano le loro armonie i colibri, i canarini e gli usignoli.
Questi cieli sono in comunicazione fra loro con scale verdi.
Il Cielo dei Bari è un'estesa e bellissima regione irrigata da due grandi fiumi, uno di miele e l'altro di vino di uacuri, che scorrono in mezzo ad un giardino piantato a mangabe, a condeiros e a mele cotogne, frutta preterita dei bari. Essi riposano colle loro spose su di un'ampia e resistente distesa di nubi mentre due candide colombe vengono a posarsi sulle loro spalle. I bari che vivono ancora sulla terra, hanno nelle loro estasi la suprema felicità di godere già in vita i diletti del cielo che li aspetta.
Il Cielo dei Tupa=dogues ha tre gradi di gloria. Nel primo, illuminato a luce verde, stanno le anime dei servi, rivestite di tuniche bianche con tinte nere ; nel secondo le anime dei signori, rivestite di vesti dorate ; nel terzo le anime dei sacerdoti, adorne di stole bianche bordate di giallo, e di stole vermiglie con bordo verde.
Queste tre categorie di spiriti, distinti pel vestire, ma uguali in sapienza, bellezza, agilità, potere e numero hanno le medesime armi vomitanti raggi, fuoco, pioggia incandescente e vento freddo. Siedono su troni azzurri. Nell'alto di questo cielo v'è un passaggio pel quale comunicano con il sommo Tupà, dal quale ha principio la loro gloria, e la cui presenza beatifica quelle anime che, libere dalla pene di questa vita, vivono delle delizie emananti dall'Ente ignoto cui sempre ubbidiscono fedelmente.
Il suolo di questo cielo è tutto di oro, tempestato di occhi che a somiglianza di diamanti irradiano vivissima luce. Ovunque spira un odore soavissimo di aromi ineffabili.
Tupà-dogue o Signore di Tupa (fig.a 11) è il nome che gli indii dànno alle anime dei braides, i civilizzati. Essi credono che queste anime appena si separano dai loro corpi, volano direttamente al cielo, ove assumono una bellezza, scienza e potere ancor maggiore del loro Tupà, dei Bópi, Mareba, Baregues e degli Aroes.
Dicono gli indii che i beni materiali elargiti dalla Provvidenza, nascono dalla terra per le preghiere dei Tupa-dogues ; che le anime loro ci proteggono in tutto. Assassinano gli indii quando fanno una certa funzione e li dànno in mano dei civilizzati in caso di guerra; e se giungono ad incarnarsi in questi, diventano immortali. Che hanno, oltre altri doni, quello della visione assoluta, per la quale divinano il futuro, scandagliano gli abissi della terra, scrutano i secreti dei cuori ed i pensieri della mente.
(Continua).
SAc. ANTONIO MALAN.
I Cooperatori Salesiani, i quali confessati e comunicati divotamente visiteranno qualche Chiesa o pubblica Cappella o se viventi in comunità la propria Cappella privata, e quivi pregheranno secondo l'intenzione del Sommo pontefice, possono lucrare l'INDULGENZA PLENARIA:
ogni mese:
1) in un giorno scelto ad arbitrio di ciascuno; 2) nel giorno in cui faranno l'esercizio della Buona Morte;
3) nel giorno in cui si radunino in conferenza ;
dal 10 aprile al 10 maggio:
I) il 3 maggio, Invenzione della S. Croce ;
2) l'8 maggio, Apparizione di S. Michele Arcangelo sul monte Gargano
3) il 9 maggio, Ascensione di N. S. Gesù Cristo.
Inoltre : ogni volta che essendo in grazia di Dio (senza bisogno di accostarsi ai SS. Sacramenti o di visita a qualche Chiesa) reciteranno 5 Pater, Ave e Gloria Patri per il benessere della cristianità ed un altro Pater, Ave e Gloria Patri secondo l'intenzione del Sommo Pontefice, lucreranno tutte le indulgenze delle Stazioni di Roma, della Porziuncola, di Gerusalemme e di S. Giacomo di Compostella.
Il 25 aprile poi, festa di S. Marco Evangelista, e nei tre giorni delle Rogazioni (6, 7, 8 maggio), visitando qualunque Chiesa o pubblico Oratorio e quivi pregando secondo la mente del Sommo Pontefice, lucreranno in ciascun giorno l'indulgenza di 3o anni e di 3o quarantene.
Pellegrinaggio spirituale
pel 24 corrente.
INVITIAMO i devoti di Maria SS. Ausiliatrice a pellegrinare in ispirito al Santuario di Valdocco il 24 corrente e ad unirsi alle nostre preghiere.
Oltre le intenzioni particolari dei nostri benefattori, nelle speciali funzioni che si celebreranno nel Santuario avremo anche quest'intenzione generale
Implorare le benedizioni di Maria Ausiliatrice sui numerosi divoti, che per grazie speciali a Lei fanno ricorso nel suo bel mese.
LA DIVOZIONE A MARIA SS. AUSILIATRICE NEL CENTRO AMERICA.
Nella Repubblica del Salvador (Centro America) la divozione a Maria SS. Ausiliatrice diventa di giorno in giorno sempre più popolare. Tre sono già le pubbliche cappelle dedicate alla nostra dolcissima Madre in quella Repubblica.
La prima (prima per ordine di fondazione) si trova a S. Salvador. Fu benedetta nel 1903 dal Vescovo diocesano Mons. Antonio Adolfo Perez y Aguilar, presenti numerosi fedeli e tutte le nobili dame della più alta aristocrazia. Giova accennare che la cappella fu eretta, come voto di riconoscenza e compimento di promessa, dall'allora Presidente della Repubblica il sig. Gen. Tommaso Regalado e dalla sua signora, la nobildonna Concezione GonzàlezRegalado, che da Maria Ausiliatrice avevano ottenuto di veder finalmente allietarsi di prole il loro matrimonio. La divotissima cappella è mèta di continui pellegrinaggi, specialmente all'avvicinarsi della solennità titolare.
La seconda, assai più ampia ed artistica, cominciata il 1° giorno del 1900, ma vagheggiata molto prima dal compianto D. Calcagno, sostenuta specialmente dalla signora Beatrice M. de Estevez e dalla sua sorella Soledad Mejía e dalla figlia Carmen Estevez, domina la città di Santa Tecla. Alla posa della prima pietra intervennero il prelodato Gen. Regalado e la sua signora. Se ne fece l'inaugurazione con intervento nel Vescovo diocesano il 4 dicembre 1904, come omaggio a Maria nel 5o° anno dalla proclamazione del dogma del suo Immacolato Concepimento. Le feste durarono 8 giorni. Il sacro edifizio non è ancor finito, quantunque nell'interno sia già di tale bellezza che difficilmente trova riscontro nel Centro America.
È frequentatissima tutti i giorni ed è ufficiata con esemplare esattezza.
La terza sorge presso il Collegio San Giuseppe in Sant'Anna, che è la seconda città della Repubblica. Questa è ancora un po' modesta, ma varii benefattori continuano le loro offerte generose e fan sperare che presto potrà anch'essa abbellirsi come le altre.
La divozione a Maria Ausiliatrice nel Salvador ha dello straordinario. Il periodico locale, il «Don Bosco » pubblica regolarmente numerose grazie elargite dalla nostra Patrona.
GRAZIE E FAVORI
La preghiera di una povera madre.
La mia figlia Teresina, ammalata di nefrite, andava peggiorando di giorno in giorno. I medici chiamati a consulto, mi dissero che la malattia era grave ma che c'era ancora un po' di speranza. Invece l'ammalata continuò sempre a peggiorare; il giorno di S. Luca, 18 ottobre, era giunta agli estremi. Attorno al letto insieme col viceparroco e col medico che l'assistevano, erano accorsi anche tutti i vicini piangenti. Si diceva che era finita. Io allora mi rivolsi piangendo a Maria Ausiliatrice, dicendole con grande fiducia: « La mia figlia è quasi morta, e ci vuole un prodigio per farla guarire; se mi fate questa grazia, vi prometto un'offerta per gli orfanelli di Don Bosco !...» Sull'istante la figliuola diede segni di vita, e subito prese e continuò a migliorare, finchè fu guarita completamente. Bramo che la grazia sia fatta di pubblica ragione.
6 marzo 1907.
FERRERO PAOLINA nata STARDERO.
La medaglia di Maria Ausiliatrice.
Nel settembre scorso fui colto da terribile malattia tifoidea. I medici avevano già dichiarato impossibile la mia guarigione ed i genitori mi piangevano per morto.
Nel delirio smanioso della febbre ricordavo spesso i miei compagni di collegio, ma in special modo, parlavo della Madonna di D. Bosco, l'Ausiliatrice dei Cristiani, per cui mi fu posta al capezzale una medaglietta rappresentante la Madonna Ausiliatrice! Ciò fatto quasi che la malattia non avesse più forza di progredire, prodigiosamente incominciai a migliorare e in breve tempo fui completamente ristabilito !
Ed ora che son ritornato in collegio tra i miei amati compagni e spargo copiose lacrime di consolazione ai piedi della Madonna di Don Bosco, invito tutti a ringraziarla in mia compagnia.
Catania, 6 marzo 1907.
FRANCESCO PURITA.
La protettrice delle campagne.
Con tutta l'anima ringrazio la Madonna di D. Bosco per la benedizione accordata alle nostre campagne. La grandine che ha tutto distrutto nella possessione in cui eravamo l'anno scorso, per ben due volte minacciò di devastare anche la nuova, ma ce ne scampò la Vergine Ausiliatrice. E non solo fummo liberi da questo terribile flagello, ma potemmo fare di tutte le derrate un abbondante raccolto e venderle con vantaggio. Di tutto questo e di tanti altri favori non possiamo fare a meno di rendere infinite grazie a Colei che, benchè indegni, ci fu sempre larga di soccorso e di aiuto. Pertanto come fin dall'anno scorso abbiamo iniziato, tutti gli anni, coll'aiuto di Dio continueremo quest'abbonamento (lo chiamerò così) contro la tempesta, promettendo cioè un'offerta a Maria Ausiliatrice, a vantaggio delle Opere di D. Bosco di venerata memoria.
Dalla Provincia di Piacenza, 8 gennaio 1907.
Una Cooperatrice.
L'anno scorso la siccità mandava in rovina i prodotti della nostra piantagione di grano turco. Afflittissimi ricorremmo alla potente Ausiliatrice promettendo un'offerta pel suo Santuario di Torino. Ed ecco cominciar le pioggie per cui si potè piantare di nuovo il grano, che ci diè un raccolto abbondante oltre ogni dire. In segno di riconoscenza inviamo un'offerta pel Santuario, rinnovando la promessa di fare altrettanto anche quest'anno che il flagello delle cavallette devasta questi dintorni. Le nostre piantagioni ne sono state finora immuni e vogliamo sperare che Maria Ausiliatrice ci salvi anche da sì tremendo flagello.
Souza Queiroz (S. Paulo Brasile) 2 febbraio 1907.
PASQUALE BOTTEON e FRATELLI.
La riconoscenza di una fanciulla.
Sin dal 6 ottobre, la mia bambina, dodicenne, fu assalita da febbri tifoidee. Le furono tosto prodigate le cure necessarie, ma con sommo nostro cordoglio le febbri anzichè diminuire crescevano; sicchè in breve tempo essa venne ridotta in uno stato molto grave per cui in famiglia tutti disperavano della sua guarigione. Stette così, sempre nel medesimo stato, ben due lunghi mesi, finché desolato nel non veder apparire alcun segno di miglioramento, mi votai pieno di fervore alla SS. Vergine Ausiliatrice. L'invocai ripetutamente con fede, e grazie alta pietosa intercessione di questa tenera Madre, la bambina cominciò pian pianino a migliorare, le febbri scemarono a grado a grado, ed ora anch'ella, godendo ottima salute, ringrazia di cuore la comune Benefattrice. La bambina stessa prega per mezzo mio a voler stampare la presente nel Bollettino aggiungendo i suoi vivi ringraziamenti per tanta grazia.
Bosa, 21 febbraio 1907.
FRANCESCA SOLINAS LEDDA.
S. Stefano Ticino (Milano). - Ringrazio con affetto di figlio la Madonna SS. per le tante grazie, ricevute, specialmente per l'esito felice dei miei esami di licenza liceale. Chi ama la Madonna e ricorre a Lei è esaudito in tutti i sui bisogni.
22 febbraio 1907.
Ch. BARERA ATTILIO.
Finalborgo - Vicino agli 89 anni, il 6 febbraio u. s. mi accorgeva di aver perduto anche nell'orecchio sinistro ogni facoltà auditiva, giacche il destro son vani anni che è divenuto inerte. Addolorato feci ricorso alla benedetta Ausiliatrice dei Cristiani, pregandola a rivolgermi un suo sguardo dal maestoso Santuario di Valdocco ; e dopo due settimane di trepidante aspettazione, cioè il giorno 20 di detto mese, mi accorsi che l'orecchio aveva ricuperata la perduta facoltà sensitiva, con grande consolazione mia e della famiglia. Ho quindi l'obbligo di adempiere verso la munifica Regina le votate promesse, col dichiararle e conservarle la più profonda riconoscenza.
3 marzo 1907.
Avv. ANGELo BUCCELLI.
Maria Ausiliatrice nell'Isola Dawson.
Un indio della nostra Missione di Dawson, certo José Esperanza, trovandosi nel bosco alla distanza di oltre 1o Kilom. dalla Missione a caccia di animali, fu subitamente preso da forte attacco nervoso e non so da qual altro malanno ; il fatto si è che perduti i sensi e la parola cadde per terra. Alcuni compagni indiani che stavano con lui cercarono di aiutarlo nel miglior modo possibile, ma vedendo vana l'opera loro e che José peggiorava ad ogni momento, spaventati lo abbandonarono sulla neve e corsero a darne avviso al Direttore.
Questi mandò tosto alcuni confratelli in soccorso i quali lo trovarono in uno stato deplorevole ed ancora privo di sensi. Lo caricarono come poterono sopra un cavallo a guisa di un sacco di stracci o di un corpo morto, e si avviarono alla casa. Qui giunto, gli vennero prodigate tutte le cure possibili, ma parevano inutili. passò una pessima notte nel delirio e privo della parola e dei sensi, tanto che faceva temere che da un momento all'altro dovesse morire. Alcune Suore di Maria Ausiliatrice andate a visitarlo, mosse a compassione dell'infelice suo stato, e nel timore che qualora morisse la moglie e molti altri indiani avessero ad abbandonare la Missione, si decisero d'incominciare una Novena a Maria Ausiliatrice, promettendo di pubblicar la grazia sul Bollettino, e intanto applicarono all'infermo una medaglia benedetta di Maria Ausiliatrice. La grazia non si fece a lungo aspettare. Quasi subito l'infermo riebbe l'uso dei sensi e della parola e in pochi giorni fu perfettamente guarito.
Poco tempo dopo cadeva infermo l'unico figlio di José, Antonio, un vispo e grazioso bambino di circa due anni, delizia del padre e della madre e trastullo carissimo di quanti indiani lo conoscono. Col corpo gonfio e duro, il colore del viso cadaverico, il capo cadente, col rantolo dell'agonia alla gola, ornai non dava più speranza di vita. La madre sconsolata all'estremo, dietro invito delle Suore lo portò in chiesa ai piedi dell'Immagine di Maria Ausiliatrice facendolo benedire dal Direttore della Missione e s'incominciò un'altra novena a Maria Ausiliatrice promettendo di pubblicare la grazia. Contro ogni speranza, due giorni dopo Antonino tornava da morte a vita con grande stupore di quanti lo avevano visto in quel doloroso stato. Oggi, tre mesi dopo il successo, il bambino gode ottima salute. Riconoscenti, i genitori con quanti si interessarono di lui e di suo padre, m'incaricano di mandare al Bollettino queste relazioni perchè siano pubblicate a maggior gloria della nostra Madre Celeste.
Isola Dawson (Stretto di Magellano), 5 febbraio 1907. SAC. MAGGIORINO BORGATELLO Miss. Sal.
Milano. - Ho il dovere di rendere pubbliche grazie a Maria Ausiliatrice per la guarigione di una ragazzetta da minacciosa malattia e pel felice risultato di grave operazione, che mise in pericolo di vita la sua buona nonna. In così dolorose ansietà si fece ricorso alla potente intercessione di Maria Ausiliatrice, per cui, ottenuti i favori, non debbo tardare a protestare la più viva riconoscenza.
23 febbraio 1907.
C. MARIA ANNA ZINERONI CASATI.
Torino. - Apparso l'autunno scorso nel nostro territorio un male nell'elemento bovino, non poteva coi suoi 23 capi di bestiame la nostra mandra andar esente dal fatal morbo, che anzi vi faceva progressi. A scongiurare il contagio, subito ricorremmo a Maria Ausiliatrice, con inviare a Torino un'offerta e chiedendo le preghiere dei giovanetti dell'Oratorio. Nè fu vano il nostro ricorso. Serpeggiò, è vero, anche nella nostra mandra il morbo, ma alla fine senza apportarci danno disparve.
Siam venuti quest'oggi, a rendere il tributo della nostra riconoscenza a Maria Ausiliatrice, facendo nel Santuario la S. Comunione in ringraziamento, e pregandola a volerci ognor proteggere nei nostri interessi spirituali e materiali.
2 marzo 19o7.
MOGNA ALESSANDRO fu MICHELE di S. Martino di Fossano.
Pieve d'Asti. - Trovandosi mia moglie affetta da una fistola all'occhio sinistro, i medici condotti come pure molti professori di Torino la dichiarono inguaribile se non si faceva fare l'operazione. Non potendo abbandonare la casa per più di un mese, si pensò alle grazie di Maria Ausiliatrice, e ci decidemmo d'incominciare una novena. Fin dal terzo giorno la poveretta si sentì subito meglio, e prima che la novena fosse terminata ella guarì, ritornandole l'occhio bello come prima. Sia lode alla Vergine Ausiliatrice, dalla quale aspetto ora il conforto per la mia povera moglie presentemente afflitta e costernata per la perdita improvvisa di una cara figliuola.
2 marzo 19o7.
GIUSEPPE PESCARMONA.
Ottennero prore grazie da Maria SS. Ausiliatrice, e alcuni pieni di riconoscenza inviarono offerte al Santuario di Valdocco per la celebrazione di S. Messe di ringraziamento, o per le Missioni Salesiane, o per le altre Opere di Don Bosco, i seguenti
A*) - Acireale : Anna Nicolosi Pennisi 1oo - Acqui : Gratarola Carolina 5 - Alassio : Geromina Morteo n. Navone 5 Alessandria : Pizzorno Antonio di Giuseppe 5 - Alice Superiore : Maneglia Giovanni 5 - Altedo : (Bologna) Giuseppina Fantelli, maestra, 1 - Aosta : Jacquemin Rosalia a mezzo del Can. Nicco io -- Anfurro (Brescia) Bettoli D. Andrea 2 - Asti : S. A.
B) -- Baganzola (Parma) : Sac. Passani Domenico, arciprete, 2 - Barrafranca (Caltanissetta) : Giuseppina Mattina Corso 5 - Bassano : Faccio Maria - Bolzaneto (Genova) : Lucchini Elena io - Bologna : D. B. 2o - Borgo S. Martino : (Alessandria) : Marianna Marchino 20 - Borgovercelli Gallo Giuseppina - Brignano Curone : Lavarelli Carlo 2 - Brugnato (Genova) : Richetti Celle Francesca 6 - Brescia : Melchiotti Angelina 5 e Carli Teresina 5
C) - Calascibetta : Corraja Elisa 2 - Caluso Ponzetti Rosina 2 - Camogli : Norero Maria 3 - Carano di Cavalese (Trentino) : Bonetti Maddalena - Gabella Ligure : Tambutto Daniele 3 - Calvi Risorta (Caserta) : Sac. Pietro Zudone 1o - Cardè: Ambrogio Marianna 5 - Carmagnola : Ghirardi Antonio - id. Famiglia Cagliero 3 - id. Reano Maria ved. Bonetto Guglielmo - Casalmonferrato : R. I. 3 - Caserta : N. N. 2,50 - Gasoli Concetta Ricci 3 - Cassano : Como Costantino 2 - Castelnuovo d'Asti : Cassa Giovanni - Castrogiovanni (Caltanisetta) : Can. G. Ragusa 6 - Cavazuccherina (Venezia) : Camozzi Fosca 5 - Cecalocco : Moretti Maria 20 - Centallo : Calandri Marianna 2 - Centallo (Cuneo) : A. G. P. I. 6 - Cesarò : Pettinato Vincenzo 5 -- Champorcher (Aosta) Gianon Giacinta 2 - Cherasco (Cuneo) : Galateri Ermenegilda 5 - Clusane sul Lago : Libra Giuseppe 8 - Cignano (Brescia) : Arici Mombelli Vincenza 15 - Cogne : A. Gerard i i - Comacchio (Ferrara) : Giuseppina Finazer 5 - Con fienza Varii devoti 25 - Collarmele : Marrama Alessandro 2 - Costa Vescovato (Alessandria): Sorlini Ernesta Pozzi 5.
D) - Diano d'Alba (Cuneo): Benevello Agnese i - Dogliani: Botto Luigia 5 - Domanins Rauscedo (Udine): C. di Spilimberga i - id.: A. F. i.
F) - Firenze: Una Suora - Fiumicello (Litorale Austriaco): Gottard Ricardo 4 - Foglizzo Canavese: M. G. io.
G) - Galbiate (Como): Chiesa D. Carlo 2 - Genova: Una figlia di Maria - id.: Maria Perraudo 5 - id.: Bo Angela 5 - id.: Ernesta Migone 3.
I) - Ivrea: Rivarono dott. Modesto io.
L) - Lentigione: Bacchi Corinna 2 - Lonigo: Sozo Pietro io - id.: N. N. i. - Loreto: Francesco Topi 5 .
M) - Moggio (Conio): Locatelli Margherita 3 - Maro.,tica: B. Stcfani 5 - Marsiglia: E. Ollivaro io - Meana: Manzone Petroni 5 - Milano: Cicogna Luigia della Somaglia 25 - id.: Luigia Saronni 5 - id.: E. S. 5 - Mioglia (Genova): Patrone Angela 2.50 - Modica: Emmolo D. Giovanni 35 - Moncalvo: Varese Luigi - Mondonio d'Asti: Robino Giuseppe - Mondovì Piazza: Vassallo Domitilla e Maria 20 - id.: N. N. di Marsaglia (Cuneo) - Moneglia: Mutirone Francesco 5 -- Monte grosso: Albera 5.
N) - Nichelino: Ciravegna Antonio - Noli: Antonietti Maria 4.
O) - Occhieppo Inferiore (Biella): Nicola Catterina - Orbassano: Angela Boccardi - Ossona: P. Nardi 5.
P) - Pecetto Torinese: S. T. - Pontedera: Maria Grandoni 3 - Pontestura (Alessandria): Suor Angela B. 7 - Porto Maurizio: Un Cooperatore 5 - Pozzi di Quarceta (Lucca): Cocci Leonetti 25 - Prato: Mignanni Sofia 5 - Premosello: N. N. cooperatrice 15.
R) - Ranco: Cargnelli Maria io -- Reazzino: :scotta Pierino 5 - Rivalta di Torino: Scorcione Tranquilla - Rivarossa (Torino): Crosetto Maria nata Peradotti - Roma: D. B. Gaido a nome di Pietro Ferrazza di Cappadocia 5 - id.: Linda Faravelli Cattaneo 20 - id.: Luisa Algostina.
S) - Saluggia (Vercelli): Francesco Melle io -Sandrigo: : Dal Pozzo D. Pietro 3 - S. Maurizio (Alessandria): Roccia Luigia, Francesca Cerrato, Petrucco Teresa, Guaschino Ermelinda e Caligaris Cristina a mezzo di Guaschino Carolina i i - San Pellegrino: Lunardi Roberto 5 - Santena: Romano Domenico - Santulussurgiu Massidda Maria 5 - Serravèzza Levigliani (Lucca): Neri Luigi fu Biagio 5 - Scheggia: Carocci D. Guglielmo 5 - Soave (Verona): Roghetto Luigia 5 - id.: A. T. 5 - Spezia (Genova): N. N. io.
T) - Teor (Udine). N. N. 5 - Tonengo: D. P. -Torino: N. N. 100 - id.: Sorelle Paparelli - id.: Carina Marini n. Murialdo - id.: Emilia Rasic 5 - id.: Fossati Lucia - id.: Garabello Maria - id.: M. L. - id.: Antonio Brunetti 5 - id.: Cristino Domenica 3 id.: Un ex-allievo del Collegio di Lanzo 5 - Treviso: Ch. Domenico Panciera o. So - Trecastagni: Gangemi Annetta 2 - Trino (Novara): Vercellese Salvina 2 - Trissoglio: Cerutti Giovanni Battista - Trieste: Vittoria M. A. Barcola.
V) - Valgatara (Valpolicella): Guglielmo Venturini i - Valle S. Lorenzo: Virano Antonio - Venezia: Dott. Luigi Mion 15, col voto che i lettori si uniscano a lui nel ringraziare la Vergine Benedetta per la segnalata grazia ricevuta - Verona: Maria Marcorini 5 - Vignole Borbera (Alessandria): Pasquale Re Maddalena 2 - Villa di Villa (Belluno): Sperandio Metilde io - Villanova (Mondovi) Denina Giovanni 10 - Vinovo: Previale Lucia.
TORINO
Ogni giorno, celebrazione di una santa messa esclusivamente secondo l'intenzione di tutti quelli che in qualunque modo e misura hanno concorso o concorreranno a beneficare il Santuario o l'annesso Oratorio Salesiano. Per qualsiasi corrispondenza in proposito, rivolgersi al Direttore dell'Oratorio S. Francesco di Sales - Via Cottolengo, 32 -- Torino.
Per celebrazione di S. Messe e per novene o tridui di Benedizioni col SS. Sacramento, rivolgersi al Rettore del Santuario.
Ogni sabato, alle 7.30 speciali preghiere per gli associati all'Arciconfraternita di Maria SS. Ausiliatrice.
Dal 10 aprile al 10 maggio.
21 aprile: Patrocinio di S. Giuseppe. - Ore 6 e 7.30, Messa della comunione generale -- Ore 10, Messa solenne - Ore 15.30, Vespro, discorso, benedizione solenne.
23 aprile; Apertura solenne del Mese di Maria Ausiliatrice. - L'orario del mese è il seguente:
Giorni feriali: Messe dalle 4.30 alle 10.30 - Ore 5.30, Messa, predica, benedizione - Ore 7.30, Seconda Messa della Comunità - Alla sera: lode, predica, benedizione.
Giorni festivi: Messe dalle 4.30 alle 11.30 - Ore 5.30 e 7.3o Messe delle due Comunità - Ore io, Messa solenne - Ore 14.30 e 16.30, Vespri, predica, litanie e benedizione solenne.
Oratore: Sac. Michele Mittè, Salesiano.
24 Aprile: Commemorazione mensile di Maria SS. ausiliatrice - Indulgenza plenaria - Speciali funzioni alle ore 5.30, 7.30 e alla sera.
3 maggio: Festa dell'Invenzione della S. Croce e primo Venerdì del mese: ad onore S. Cuore di Gesù, esposizione del SS. Sacramento per tutto il giorno.
9 maggio: Ascensione di N. S. G. C. - Alle 5.30 e 7.30 messe della comunità; alle lo Messa solenne; alle 16, Vespri, discorso e benedizione.
In Italia.
FIRENZE - Per l'erigendo Santuario della S. Famiglia. - Nei giorni 22, 23 e 24 dello scorso febbraio ebbe luogo l'annuale Esposizione-Vendita a favore dell'accennata Chiesa in costruzione. L'incasso netto raggiunse la cifra consolante di 4695 lire.
Sentiamo quindi anche noi il dovere di ringraziare tutti i membri del Comitato Ars et Charitas e specialmente la presidente Nobil Donna M. Concetta Giuntini la quale colla solita sua generosità cedè le sale del suo palazzo, e con la squisita sua gentilezza accolse i visitatori dell'esposizione-vendita.
Inviamo pure un ringraziamento vivissimo a tutte le gentili persone che lavorarono per la Chiesa od offersero doni, e a coloro che col canto, col suono o in altro modo rallegrarono gli intervenuti...
Ma se ci è lecito aggiungere una preghiera, noi verremmo invitare i buoni Cooperatori di Firenze a prendersi tutti a cuore la costruzione dell'artistico tempio di Via Aretina, troppo necessario per la popolazione di quei pressi e tanto raccomandato dallo stesso nostro Fondatore. Così la fabbrica potrebbe procedere più alacremente e la storia della pietà e della profonda carità di Firenze avrebbe a registrare un nuovo insigne documento.
PARMA - Pel col. Stanislao Solari. - Mercoledì 6 febbraio, nell'Istituto S. Benedetto, ove il colonnello Stanislao Solari tante ore passò in feconde conversazioni, sotto le vòlte della splendida Cappella interna venne celebrata una solenne funzione funebre in suffragio del caro estinto. E dopo, nell'aula del teatrino, testimone di gioie pel Maestro e pei discepoli, l'ottimo fra questi, il brillante conferenziere D. Giuseppe Caroglio, parlò di lui e dell'opera sua. Un coro unanime di applausi salutò il conferenziere che realmente seppe ritrarre in modo mirabile il compianto colonnello Solari, il suo sistema e l'opera stia.
- II 22 marzo nella stessa cappella interna si celebrò una messa funebre in suffragio dell'amatissimo nostro Fondatore. Pontificò il rev.mo Can. Leoni, Rettore del Seminario Vescovile ; la messa fu in canto gregoriano diretto dal rev.mo Abate di San Giovanni, Paolo Ferretti ; sedeva all'organo il Direttore dell'Istituto. Dopo messa salì in pulpito il nostro D. Trione per l'orazione funebre, nella quale esortò i cooperatori e le signore cooperatrici presenti a continuare la loro benevolenza all'Istituto Salesiano Parmense, senza dimenticare le lontane Missioni. Erano presenti alla cerimonia anche il Can. Luigi Boni, direttore diocesano locale e il sig. Don Giuseppe Bolzoni direttore diocesano a Borgo S. Donnino. A ciascuno degli intervenuti venne distribuita una copia della Lettera-Ricordo di D. Bosco ai Cooperatori.
- Alla Scuola Vescovile di Religione il io marzo ebbe luogo una conferenza sulla Creazione secondo San Tommaso e Dante, appunto per commemorare il grande Aquinate. Il conferenziere fu il direttore dell'Istituto Salesiano, D. Ottonello, che alla fine venne fatto segno a vivi applausi. L'uditorio, formato nella maggior parte di studenti di liceo e di università, era numerosissimo.
TRINO VERCELLESE - Premiazione all'Oratorio - Il 2 febbraio fu per l'Oratorio festivo un giorno di gran festa e di entusiasmo. Alle 4 pom. si riempiva il teatro di distinte persone per assistere alla distribuzione dei premi ai giovani esterni che si segnalarono per frequenza, studio di catechismo, e condotta nell'anno 19o6. I 120 giovani premiandi erano disposti in bell'ordine sul palco scenico, e fu una vera ovazione quando si alzò il sipario per dar principio alla breve accademia, che meritò replicati applausi. La fanfara dell'Oratorio rallegrò colle sue note la bellissima festa. I 120 premi consistevano in altrettanti vestiti o capi di vestiario.
L'ultimo giorno di carnevale non passò inosservato all'Oratorio. Alla messa erano presenti più di 200 giovani e ben 6o dei più alti si accostarono con edificante pietà alla S. Comunione. Il resto della giornata passò in giuochi amenissimi. Nel pomeriggio una pioggia di frutta e caramelle mise al colmo la comune allegria. Un grazie cordiale a quanti cooperano alla vitalità dell'Oratorio festivo in Trino Vercellese.
In Portogallo.
BRAGA (Portogallo) - L'impianto di un Oratorio festivo, nella città di Braga, come ricorderanno i lettori, fu l'effetto migliore dell'ultima visita del signor D. Rua a quella città. L'idea, lanciata con entusiasmo e raccolta con pari fervore, trovò difficoltà non lievi per essere attuata, ma grazie allo zelo del Vice-Rettore del Seminario Conciliare, del rev.mo sig. Decano Can. Rodriguez e di altre anime elette, colla benedizione dell'Arcivescovo Primate, l'8 dicembre l'Oratorio festivo di Braga era nn fatto compiuto e ben 400 fanciulli accorrono già lieti a frequentarlo. Il rev.mo Dott. D. Giovanni Pimenta ogni festa invia all'Oratorio 14 dei suoi seminaristi per l'insegnamento del Catechismo, e molte altre persone, ecclesiastici e laici, lavorano con zelo pel progresso dell'opportunissima istituzione. La quale, pel momento non dispone che di un gran salone il quale talvolta serve anche di cappella, e in tempo di pioggia è l'unico luogo di ricreazione. Eppure a mali estremi estremi rimedi ; e guai... se non si studiano tutti i mezzi per salvare tanta gioventù, che altrimenti correrebbe a sicura rovina.
Dalle Americhe.
BUENOS AIRES - All'Oratorio festivo di Almagro. - Da una lettera indirizzata al sig. D. Rua spigoliamo queste consolanti notizie: « In mezzo all'afflizione che si prova nel vedere la corruzione e l'indifferenza religiosa sempre crescente della gioventù è per tutti consolantissimo l'intervento di 700 e spesso 1000 giovani a questo Oratorio, molti dei quali poterono prepararsi alla Prima Communione.
» Fra i giorni più memorandi nell'anno passato deve porsi la festa di San Luigi. Cinquantadue giovani fecero in tal giorno la Prima Comunione. Nella stessa circostanza si fondò un'associazione per assicurare nell'avvenire l'assiduità ai SS. Sacramenti, giacchè si vedeva che molti giovani dopo aver fatto la prima comunione lasciavano di frequentare l'Oratorio ed i Sacramenti. Alla sera, dopo il catechismo e la Benedizione, vi fu un breve trattenimento teatrale , al quale assistevano più di mille giovani.
» Però il giorno dell'Immacolata fu senza dubbio il più solenne. Si cominciò due mesi prima a preparare i giovani oratoriani che dovevan fare la prima comunione. Ogni sera, dalle 4,3o alle 7, uscendo dalle scuole governative e dalle fabbriche vicine venivano circa 150 giovani pel Catechismo; molti dei quali ancora non sapevano fare il segno della Croce ! Meritano lode quei cari Salesiani i quali, dopo la scuola diurna, ne cominciavano un'altra più difficile senza lagnarsi della loro stanchezza. Una settimana prima della festa si diedero gli esami. I promossi furono 125 ; gli altri vennero ammessi pel 25 dicembre.
» Arrivato il giorno della festa si dovette aprire la porta dell'Oratorio alle 5. Alle sette e mezzo l'Oratorio era gremito. Sarebbe stato difficile compiere le funzioni religiose nella sola Cappella. Perciò si condussero i giovani della Prima Comunione alla nuova Chiesa di S. Carlos, mentre gli altri restavano nell'Oratorio. Terminato l'atto religioso si distribuirono i ricordi e s'invitarono alle funzioni della sera. Nessuno mancò all'appello, e coll'assistenza alla solenne processione dell' Immacolata terminò quel giorno che rimarrà incancellabile nella memoria dei nostri oratoriani.
» Il penultimo giorno poi dell'anno spirato si tenne la gara catechistica esclusivamente per gli oratoriani, alla quale assistè il nostro Ispettore. Ben tre volte si fè passare tutto il catechismo. I sette vincitori della gara furono premiati dallo stesso Ispettore con una medaglia d'argento. Questa festa catechistica destò un entusiasmo indescrivibile per lo studio della Dottrina Cristiana, e molti hanno già dato il nome per la gara futura. »
CACHOEIRA DO CAMPO (Minas Geraes). - Visita del Presidente dello Stato alle Scuole D. Bosco. - Il io novembre la Colonia Agricola Salesiana di Cachoeira do Campo aveva l'onore di una visita del signor dott. Giov. Pinheiro, Presidente dello Stato. Accompagnavano Sua Eccellenza l'aiutante il Maggior Vieira Christo e il dott. Costa Sena. Il progresso reale delle varie Scuole Don Bosco, segnatamente di quelle dei vari rami di agricoltura razionale, attrasse l'attenzione dell'illustre visitatore, che volle anche assistere a numerosi esperimenti del maneggio di alcune macchine e dei moderni strumenti agricoli introdotti nella Colonia. L'esito non poteva essere più soddisfacente, poichè il direttore venne pregato di aggiungere per l'insegnamento agricolo tecnico-pratico una sezione speciale a disposizione dello Stato, e difatti il i6 novembre nella Gazzetta Ufficiale appariva il Comunicato seguente
« Si prevengono i fazendeiros dello Stato, che esistendo presso la Colonia di Cachoeira nel Collegio Salesiano una scuola pratica per l'uso delle macchine agricole - aratri, rastrelliere, ecc. ecc. --- il Governo di Minas s'incarica di mandare a scuola in detto stabilimento quegli operai che lo desiderano, previa istanza de! proprietario della fazenda in cui lavorano. - Della Direzione generale di Agricoltura, Viabilità ed Industria, 1 6 novembre 19o6.
- Arturo da C. Guimaraes. »
MONTEVIDEO (Uruguay) - Per l'istruzione religiosa della gioventù. - Ci scrivono da Montevideo che nel Collegio-Convitto « Don Bosco » il mese di Maria (colà è il novembre) venne celebrato con molta solennità, e, quello che più importa, con molto frutto spirituale.
Frequentatissima la Cappella dei Collegio sia nelle messe del mattino, sia durante le funzioni della sera. Alunni e fedeli presero parte in massa ai canti sacri, e ciò influì non poco allo straordinario Concorso.
Il mese ebbe una degna chiusura nella solennità. dell'Immacolata Concezione, la cui devozione in quei paesi è popolarissima. Al mattino oltre un centinaio di fanciulli e fanciulle si accostarono alla prima Comunione, preparati al grande atto con cura solerte da quei nostri carissimi confratelli, durante due mesi di catechismo giornaliero.
Esempio degno d'essere imitato, ora specialmente che la volontà del Papa sull'insegnamento catechistico si è manifestata di un modo così preciso e solenne!
Per contribuire vieppiù efficacemente all'apprendimento del catechismo quei nostri confratelli iniziarono anche la pubblicazione di un periodichino settimanale catechistico , che ha per titolo « EL Amigo de la niñez » (L'Amico dei fanciulli). La pubblicazione, nata ieri, ebbe un esito consolantissimo, avendo raggiunto nel solo Uruguay una tiratura di oltre sette mila copie, che sono lette avidamente dall'esercito giovanile e... non giovanile, perchè gli stessi fanciulli s'incaricano di farne attiva propaganda nelle proprie famiglie.
Il Sac. Salvatore Gusmano SALESIANO.
PROFONDAMENTE addolorati imploriamo particolari preghiere anche per questo nostro giovane confratello, rapitoci da violenta pleuro-polmonite il 9 marzo u. s.
Era nato a Cesarò in Sicilia il 12 aprile 187_l. Accettato nel 1887 all'Oratorio, entrava a far parte della nostra Pia Società nel 1890. Laureatosi in lettere ed ordinato sacerdote, quattr' anni or sono veniva incaricato sebbene giovanissimo della direzione del Collegio Salesiano di Messina dove faceva un grati bene ed era stimatissimo, e donde per mandato del sig. D. Rua, come ricorderanno i lettori, nell'autunno del 19o5 recavasi in Calabria per raccogliere i poveri giovanetti resi orfani dal terremoto. La memoria di D. Salvatore Gusmano resterà tra noi, specialmente a Messina ed anche in Calabria, lungamente in benedizione.
Alla desolata famiglia le nostre più vive condoglianze.
Ila sig: Giuliana Mornacco in Ormea.
ACQUE in Trino il 9 gennaio 1824 da Ormea Giuseppe farmacista e da Garino Teresa. Unitasi in nozze al Notaio Roberto Mornacco ne ebbe un figlio che il Signore volle a sè nella verde età d'anni 21. Mortole il marito si dedicò intieramente alle opere di carità. Fu anche il principale sostegno di Mons. Nervi di f. m. nella costruzione della chiesa del Sacro Cuore di Gesù e dell'annesso Oratorio. Chiamati i Salesiani a funzionare la chiesa e a pigliare la direzione dell'Oratorio la pia signora si dimostrò sempre verso di noi, più che benefattrice, madre affettuosa. Alle preghiere dei Figli di D. Bosco e dei loro giovanetti si uniscano quelle di tanti altri beneficati per pregar pace eterna all'anima elettissima.
Il sac. D. Giuseppe Grignolo.
L 28 novembre 19o6 nella pace del giusto passava da Mondovì alla eternità il reverendo- Don Grignolo Giuseppe d'anni 82, che verso il 186o conobbe Don Bosco nel suo paese nativo di Saliceto, nell'occasione che vi era andato a predicare la S. Missione. Da quel tempo il venerando estinto diventò ammiratore del nostro buon Padre, si associò alle Letture Cattoliche e fu tra i primi cooperatori. Come potè, non mancò mai d'inviarci l'obolo della sua carità nei nostri bisogni. Pace all'anima sua! -
ila sig: Francesca Pastore
ADDORMENTAVASI placidamente nel Signore il 27 nello scorso febbraio in Valenza (Piemorite).
Conscia del gran bene che si fa aiutando i giovani adulti che si sentono chiamati allo stato ecclesiastico , predilesse costantemente l'Opera dei « Figli di Maria Ausiliatrice.
Alla famiglia desolata offriamo le condoglianze più sincere e i suffragi che per l'estinta ci comanda la gratitudine.
Eacciam anche devoti suffragi per la sig.a Maddalena Cantamessa ved. Rossi di Rosignano Monferrato, donna piissima e madre a tre nostri Confratelli e a tre Suore di Maria Ausiliatrice, volata al paradiso la mattina del 14 marzo ;
per la sig.a Lucia Raselli=Zaio, pia ed instancabile al lavoro, spentasi improvvisamente presso il Santuario di Piova il 16 febbraio;
e pei seguenti defunti dal 15 ottobre al 10 gennaio:
Castelli Adele - Baldissero, Torino.
Cattaneo D. Giovanni, cappellano- Berroni, Alessand. Cigala-Folgosi conte Gaetano - Piacenza. Conte D. Gio. Battista, decano- Cassano Ionio, Cosenza. Corgnelutti U. Giuseppe - Chiarelis, Tirolo. Cortassa Domenico - Carmagnola, Torino.
Costantini Mons Giuseppe, arcivescovo titolare- Roma. Costi -Pellucdietti Aurelia -- Artogne, Brescia. Cutri D. Rocco, arcip. -- S. Eufemia d'Asp., Reggio C. Dabove Teresa - Sassello, Genova. Daffara 1). Antonio, rettore - Palestro, Pavia. Daldini Felice - Vezia, Suiz:era. Dalla Barba D. Girolamo, maestro - Montebello, Vicenza. Detieni Angelo di Sante - S. Ambrogio Valp., Verona. Della Valle Maggiore - Puccianiello, Caserta. Demarchi D. Luigi, rettore -- Cornuda, Treviso. Demichelis Domenica - Ormea. Cuneo. Denaontis Luigi, muratore - Cagliari. Deprati Baldassarre - Sassello, Genova. Diana Ludovico - Udine.
Durando Sebastiano, mugnaio - Farigliano, Cuneo.' Fabrizi Pietro - Genzano, Roma. Fasola D. Francesco, canonico - Novara. Fazi D. Giuseppe - Gualdo Tadino, Rrrztigia. Fedeli Marianna Riolfi - Negrar, Verona. Fischi D. Serafino, parroco - Ossaia, Arezzo. Fois Cli. Raimondo - Tortoli, Cagliari. Foroaca Giuseppe, geometra - Moncalieri, Torino. Fornàsio Carlotta V.' Canavero - Torino. Frolla Anna - Calci a vacca, Torino. Gallina Maria Albertina - Torino. Garnbaro Luigia - Novara. Garino Catterina - Rivoli, Torino. Gatto Teol. D. Paolo, canonico - Terranova. Lavelli D. Davide, parroco - Toppole, Arezzo. Gentili Davide, R. Notaio - Cesena, Forlì.
Ghezzo Mons. Giovanni, arciprete - Malamocco, Venezia. Ghione Michelangelo - Chivasso, Torino. Ghislieri marchesa Livia - Torino. Gianelli D. Giovanni - Rapallo, Genova. Gianforchetti Gaetano - Terracina, Ronza. Giannlui Luigi - Riviera, .Svizzera. Gianotti D. Gio. Battista - Barge, Cuneo. Gilardi Giuseppe - Cambiano, Torino. Goria Virginia - Torino.
Grasso Lorenzo - Catania. Graziali Ch. Ugo - Mantova.
Guaita Giulia - Trino Vercellese, Novara.
Guanti Felicina - Buttigliera d'Asti, Alessandria.