ANNO XXVII - N. 5. Esce una volta al mese. MAGGIO 1903.
SOMMARIO - Per l'Incoronazione dell'Ausiliatrice e pel Congresso Salesiano pag. 125 Pagina intima - Il Card. Arcivescovo di Torino a tutti i suoi diocesani - Appello delle Dame Torinesi - Il Congresso - Programma - Il tesoro Salesiano - Nuovo favore - L'Apostolo della Patagonia 127
Programma delle Feste 131
Il terzo Congresso ed il movimento sociale 132 Il Rappresentante di D. Rua in America . 136 Missioni - Colombia: Pei poveri lebbrosi - Patagonia (Territorio del Neuquen) : Visita di Mons. Cagliero - In fascio: Isola Dawson 141
Grazie di Maria Ausiliatrice . . 149
Necrologia : Mons. Capponi, Arcivescovo di Pisa - Amore Luigia n. Rigo - Candida Buttare, vod, Fravega 152
Notizie compendiato: Genova - Jesi - Rapallo -- S. Pier d'Arena Trieste - Ancona - La Plata - Quito - Fossano - Chieri . . 15
Illustrazioni: Patagonia: Tenuta del sig. Pavia - Passaggi.; del fiume Catanlil - Cimitero degli indii.
14 - 17 Maggio -
DEI moltissimi Cooperatori Salesiani che da ogni parte del mondo veranno a Torino pel loro Congresso e per vedere incoronata la loro Ausiliatrice Maria, si potrà dire con Zanella Tornan giganti a riveder la culla Gli sparsi figli.
Era stata in ogni tempo culla di grandi opere buone questo Piemonte, ma non mai così espansive come D. Bosco le volle e le compì. La terra che pur nel campo e nel pensiero cristiano aveva dato lumi a tutte le genti con
Anselmo e con Gersenio, nel canapo dell'azione cristiana pareva aver lavorato principalmente per sè. Nessun fondatore di ordini o congregazioni destinate al mondo intero, salvo San Paolo della Croce conteso fra Piemontesi e Liguri, era nato a piè delle Alpi. D. Bosco, pur piemontese per eccellenza nell'indole, volle rompere alla doviziosa carità dei suoi compaesani la barriera subalpina, e disperse per tutta la terra i suoi Sacerdoti, le sue Suore, i suoi Cooperatori. Li disperse colla felice imprudenza dei Santi. Non aveva esaurito ancora i suoi impegni di educatore del popolo in Torino, e molto meno nel Piemonte e nell'Italia (del resto chi può mai esaurire impegni così vasti e rinascenti sempre?) e tuttavia si gettò ad impegni nuovi, verso i fanciulli poveri di altre nazioni e verso i selvaggi stessi d'oltre mare. Tanto egli si investì dell'antico spirito cristiano ed italiano pel quale l'estendere la carità è un modo di farla più intensa! La funzione crea l'organo, dice una teoria naturalista in molti punti temeraria; similmente egli con un apparente paradosso, a cui l'intervento della Provvidenza toglieva la temerità, parve dire: « Se i mezzi a fare un po' di bene scarseggiano, mettetevi a fare molto e li avrete moltiplicati: l'abbondanza della messe aspettante produrrà essa stessa i mietitori. » E fu così. Il primo Oratorio di Valdocco, che pareva vivere a stento, è diventato una città, nel mentre altre fondazioni di D. Bosco si erigevano in luoghi sempre più distanti. Come in quei grandi Ordini che alla loro opera interna aggiunsero le missioni, anche nella Congregazione Salesiana istituita da D. Bosco s'attuò un flusso e riflusso di sacre energie tra il primitivo centro torinese e la lontana periferia. Madrepatria e colonie si giovarono, si accrebbero, giganteggiarono mutuamente. Ma questa vita, sparsa per rimanere sempre comunicante, ha bisogno di essere sempre rafforzata con ravvicinamenti. I Sacerdoti e le Suore di D. Bosco, vicini o remoti che siano, vivono tra loro in vincolo continuo e strettissimo : i Cooperatori invece, questa specie di terz'ordine salesiano, hanno legami assai lenti. Per loro, per l'unità del loro spirito e dei loro sforzi, affinchè sia sempre più stretta e attiva, sono ordinati i Congressi Salesiani. La tomba di D. Bosco, rimasta vicino all'avvallamento ove la sua opera nacque e s'incentra, ma levata sopra la collina, quasi ad essere alle genti segnale più visibile, chiama stavolta da tutte le terre quei cooperatori suoi figli a corroborarsi nel campo delle sue prime ispirazioni, li chiama
Per quell'amor ch'ei mena e quei verranno.
Questo, dal 14 al 16 maggio in Valdocco, a Torino, sarà il terzo di simili Congressi.
Quello stesso spirito dei Salesiani, che unisce passato e avvenire, progresso e tradizione, nuovi scopi e nuovi metodi con antico coordinamento all'autorità, alla pietà, alla sapienza della chiesa, parve aver consigliato la scelta delle due sedi dei Congressi precedenti. Il primo fu tenuto a Bologna, la città così antica e così efficacemente italiana; quasi la novissima attività salesiana volesse comunicare da vicino colla storia e la vita dei grandi antichi ordini domenicano e francescano, che non a caso ebbero quivi solenni episodi. Il secondo fu tenuto a Buenos Aires, in quelle regioni dove si prevede e si aspetta che l'emigrazione pel popolo italiano costituisca moralmente una seconda Italia; quasi D. Bosco, che dalle sacre tradizioni della patria imparò a farsi internazionale, volesse poi nel campo internazionale precorrere e augurare gli accrescimenti della patria.
E anche il terzo Congresso concilierà in sè questo spirito di novità e questo spirito di antichità: la conciliazione avverrà anzi in qualche cosa di più sostanziale e di più intimo ; nella stessa sorgente da cui i Salesiani, come tutti i religiosi, traggono la loro vita, cioè nella pietà cristiana. In esaudimento dei loro pii desideri, l'immagine di Maria Ausiliatrice, immagine che ha un culto così nuovo, otterrà di essere onorata con ima distinzione tratta dalle sacre consuetudini antiche. In nome del Papa, il Cardinale Arcivescovo la incoronerà. I congressisti non vengono dunque soltanto, come dissi, a rivedere la culla, vengono a rivedere la Madre. Vengono a portarle essi stessi pei primi una corona morale, quella delle opere insigni di fede, di carità, di civiltà fatte dovunque il nome di Don Bosco è arrivato ; fatte in parte da loro, per l'esempio di Lui, ma coll'aiuto e suggerimento di Lei. E intanto nella corona aurea visibilmente imposta sul Capo di Essa vedono esaltata tutta la serie di fatiche a cui D. Bosco li ha consacrati. Le lunghe battaglie incruenti per la redenzione di tutti i popoli in Cristo , battaglie non terminate, ma che richiedono ardore e braccia sempre novelle, vengono incoronate esse pure nel tributo a Maria. L'in coronazione è la medaglia sulla bandiera destinata a crescere la venerazione e l'impeto dei soldati, ma destinata anche a premiarli in una volta tutti.
Da Torino i Cooperatori ripartano poi, dopo aver saputo ciò che dai loro compagni si fa, dopo aver discusso ciò che meglio convenga fare; portino nell'aiutare gli Oratori, i Collegi, gli opifici salesiani di ogni luogo quell'ardore , quell' argento vivo, per dirla manzonianamente, di cui D. Bosco lasciò il segreto ai suoi sacerdoti, e che è la maggior forza e il maggior esempio nella loro opera educatrice, nella loro arte di formare i caratteri. Le condizioni tristi dei fanciulli e del popolo, di questi piccoli selvaggi della civiltà, rendono necessario il raccoglierli, il nutrirli, il formarli, come le condizioni brutali dei selvaggi veri rendono necessario l'iniziarli al culto della croce per sollevarli alla dignità umana e alla spirituale salute. Raccogliersi attorno a Maria e al suo servo D. Bosco per raddoppiare le forze di far ciò, e sentirne doppiamente l'urgenza, è necessità. Partire di là per dar sfogo nelle opere alla rinnovata ispirazione sarà una gioia. E se quel giorno la corona sulla fronte dell'Ausiliatrice sarà stata già messa, vi rimarrà sempre posto per adornarla poi con altre gemme, e queste gemme saranno i nuovi atti di carità compiti in nome di Lei.
F. CRISPOLTI.
Il Card. Arcivescovo di Torino a tutti i suoi diocesani.
Nella sua ultima lettera pastorale il Veneratissimo a nostro Card. Arcivescovo parla dei nuovi conforti che il buon Dio prepara alla città di Torino. Questi conforti sono il nono cinquantenario del Miracolo del Santissimo Sacramento e la solenne Incoronazione dell'Effigie a noi tanto cara di Maria Ausiliatrice.
Noi , riserbandoci a parlare in altra circostanza del Miracolo del SS. Sacramento , riferiamo della splendida lettera del pio e dotto Arcivescovo quella parte che riguarda le nostre feste, perche le sue parole valgono più di qualsiasi altro nostro appello ad eccitamento a venirci in aiuto.
Sono prime, così Egli, in ordine di tempo le feste della SS. Vergine promosse dalla Congregazione Salesiana. Il Santo Padre Leone XIII si è degnato con un preziosissimo suo Breve delegare l'umile Arcivescovo di Torino ad ineoronare in suo nome il Quadro della Vergine Ausiliatrice: ed i figli di D. Bosco non solo intendono di circondare quest'atto del massimo splendore, chiamando nel loro tempio insieme con insigni Prelati il fiore dei Cattolici devoti a Maria; ma desiderano mandarvi innanzi tale una preparazione, che tornando di somma lode alla Regina del Cielo riesca al tempo stesso di utilità grande alla causa cattolica. E un novello Congresso Salesiano , che si terrà questa volta presso la culla stessa dell'Opera di Don Bosco nei giorni 14, 15, 16 del prossimo maggio; e nel medesimo colle glorie di Maria verranno pure ricordate le opere tutte che formarono l'ideale altissimo dell'incomparabile Fondatore: e specialmente ai Cooperatori Salesiani, il cui numero è ornai superiore ad ogni computo, sarà dato grande eccitamento a correre quella via di santo apostolato, che ai giorni nostri tanto importa per il vero benessere della società.
Non ispetta qui a me il dare ordini e il moltiplicare le esortazioni ed i consigli. Mi basta il raccomandare ai vicini ed ai lontani, che pongano docile l'orecchio all'invito dei Salesiani, e che non si pongano colla prudenza soverchia del freddo calcolo limiti inopportuni allo spontaneo largheggiar della mano. Oh! i figli di Don Bosco nell'arte di preparare adunanze, di celebrare solennità, di raccogliere offerte sono maestri insuperabili! A noi non resta che seguire tali duci; e perchè volentieri teniamo loro dietro, ne animi il pensiero, che specialmente per gli abitatori del Piemonte è dovere di riconoscenza l'aiutare un'opera, che ha dilatato per l'universo la fama di questa regione. Alla Congregazione Salesiana, Torino è in qualche modo debitrice di quella lode, che suole accompagnare il suo nome nelle terre remotissime dell'ultima America; ed è troppo giusto che il Congresso Salesiano di Torino vinca ogni altro nello splendore e nell'abbondanza dei frutti.
Fin qui il Venerato nostro Arcivescovo, il quale, spinto dal suo affetto più che paterno verso i figli di D. Bosco, li chiama maestri insuperabili nell'arte di preparare adunanze, di celebrare solennità e di raccogliere offerte. Voglia Iddio che questo pio desiderio e superlativo augurio abbia ad essere una felice realtà, altrimenti i figli di D: Bosco sarebbero solo insuperabili nell'arte di far debiti! Spetta a voi in modo speciale, o nostri diletti Cooperatori e Cooperatrici dell'Archidiocesi Torinese, il far sì che l'augurio del vostro Card. Arcivescovo si realizzi, raccogliendo efficacemente ed incessantemente offerte per le molteplici opere e Missioni Salesiane.
Appello delle Signore Torinesi per l'Incoronazione dell'Ausiliatrice.
Nelle recenti feste in onore di Edoardo VII i fedeli sudditi inglesi andarono a gara per concorrere ai festeggiamenti del loro Sovrano. Per il solenne giubileo Pontificale di Leone XIII, la Francia, fiera del suo diritto di primogenita della Chiesa, rivendicò a sè l'onore di offrire il triregno al Successore di S. Pietro.
Oggi , più grande onore, più nobile gara spetta alle Donne Torinesi, alle Donne Italiane, alle Cooperatrici Salesiane.
Nel prossimo maggio, in nome e coll'autorità del Sommo Pontefice, Sua Eminenza Rev.ma il Cardinale Agostino Richelmy, nostro Arcivescovo, incoronerà solennemente Maria Santissima Ausiliatrice in Valdocco, la Madonna di D. Bosco.
E noi, quali fedeli suddite della più grande fra le Sovrano, quali figlie della più amorosa fra le Madri, non vorremmo rivendicare l'onore di essere noi, noi ad offrire la corona che Le verrà posta sul capo e quella che adornerà la fronte dell'Adorabile Figlio Suo?
D'ogni parte dev'essere uno slancio, un entusiasmo per arricchire le Corone di Maria, per rendere solenni le onoranze che Le faranno, e noi, Signore Torinesi, invitiamo le Donne italiane, le Cooperatrici Salesiane d'ogni paese a portare il loro contributo, perchè non vogliamo essere gelose della gloria che abbiamo di avere fra noi la Vergine Taumaturga, e colle nostre sorelle vogliamo dividere la gioia di onorarla.
La più generosa delle Madri, la più potente delle Regine saprà ripagare ad usura quanto Le verrà donato, e noi siamo certe che il nostro appello sarà accolto con gioia e con riconoscenza.
Spose e madri a cui i mariti od i figli traviati cingono la fronte di dolorosa corona di spine, dato a Maria, Auxilium Christianorum, la corona Regale ed essi pentiti ritorneranno fra le vostre braccia !
Spose e madri , che piangete nella vedovanza o presso una culla vuota, date a Maria, Auxilium Christianorum, e il vostro dolore sarà sollevato !
Date a Maria, o voi tutte cui sorridono le speranze, a cui brilla la gioia, e voi, o fanciulle belle d'innocenza e di candore, e l'Auxilium Christianorum allontanerà il pianto, vi conserverà il sorriso, vi manterrà immacolato e sante !
Non sia alcuna che, potendo , non tolga dalla borsa una moneta, dallo scrigno una gomma, che convertita in oro, renderà più fulgido il Serto della Madre Sovrana, e voi, povere donne, alle quali Dio diede in retaggio la povertà, non vi sgomenti la vostra miseria. Fate in onore di Maria Ausiliatrice una novena di Comunioni, e la vostra offerta brillerà come aurea corona!
*
Comitato femminile Torinese.
Presidente Onoraria S. A. I. e R. la Principessa Maria Laetitia di
Savoia Napoleone Duchessa d'Aosta.
Commissione di presidenza
Presidente : S. E. Di Robilant-Clary, Contessa Edmea.
Vice Presidenti : Manno di Vonzo Baronessa Eleonora - Gromis di Sambuy Contessa Emilia -
Visone Rasini S. E. Contessa Amalia - Groppello de Bray Contessa Maria.
Segretaria : Capello Donna Amalia.
Consigliere : Balbo Callori Contessa Vittoria - Barbaroux Sciolla Contessa Amalia- Borgnana Picco Bosco Signora Giovanna - Crispolti Cornero Marchesa Francesca - Della Motta Scaranipi Contessa Antonia - Di Boyl di Casanova Marchesa Silvia - Richelmy Pesce Signora Giuseppina - Riccardi di Lantosca Contessa Virginia - Rolle Abbene Signora Delfina.
Comitato promotore
Arnaldi di Casanova Contessa Maria - Balbo Billiani Contessa Maria - Balbo di Donato Contessa Maria - Bettazzi Bondi Signora Marianna - Bosco di Germagnano Contessa Clementina - Brizio Baiveri Contessa Marianna - Caligaris Arduin Signora Emilia - Callori di Sambuy Contessa Carlotta - Cavalchini Garofoli dì Collegno Baronessa Luisa - Ceriana Racca Signora Teresa - Di Canosio Gibellini Contessa Amalia - Della Motta di Casanova Contessa Ifigenia - Di Cigala Ferrari Contessa I'anny - Di Castelborgo Candiani Contessa Luisa - D'Harcourt di Castelborgo Contessa Eleonora - Di Robilant Pollone Contessa Lidia - Di Robilant Imperiali Contessa Marinetta - Di Pamparato Natta Contessa Olimpia- Di Germagnano Damigella Anna - Di S. Martino Damigella Alessandra - Di Sambny de Ganay Contessa Bona - Fava Bertolotti Signora Anna - Franchi di Pont Damigella Maria - Ferrero D'Ormea _Marchesa Adele - Persona S'ignora Olimpia - Gazelli Cusani Contessa Lidia - Lanfranchi Signora N. - Manno di Vonzo Baronessa Maria - Manno Laugier Baronessa Carlotta - Marenco di Moriondo Damigella Isabella - Mercalli Massimino Donna Gabriella - Morelli di Popolo Contessa Maria - Nuvoli Gay Contessa Savona - Olivieri della Veneria Contessa Gabriella - Perrone di Castelnuovo Baronessa Alessandra - Piossasco Gay Contessa Felicita - Portula Perraro Contessa Rosalia - Ricci Passati Baronessa Azeglia - Ricci Paà di Bruno Donna Adele - Richetta di Valgoria Contessa - Richelmy Avigni del Castello Donna A. - Rosa di S Marco Contessa Celeste - Ricca di Castelvecchio Contessa Giulia - Bacca Ceppi Donna Ernesta - Scarampi di Monforte Marchesa Cristina - Sola Garelli Signora Irene - Solaro del Borgo Morra Contessa Polissena - Traglio Signora Giuseppina.
Il tesoro Salesiano.
Cooperatori e le Cooperatrici Salesiane debitamente inscritti nella nostra Pia Unione possono lucrare le Indulgenze dei Terziari di S. Francesco d'Assisi tanto Plenarie quanto Parziali; nonchè tutte quelle che i medesimi Terziari possono guadagnare nelle feste e chiese Francescane, possono eziandio lucrarsi dai Cooperatori nelle feste e Chiese Salesiane (Decreto 9 maggio 1876). Nei luoghi in cui non havvi Chiesa Salesiana, all' acquisto di quello Indulgenze, per le quali è ingiunta tale visita, essi potranno visitare la rispettiva Chiesa Parrocchiale, o, se dimorano in comunità, la propria cappella privata (Rescritto 16 agosto 1902).
Quelli poi che ne sono legittimamente impediti per qualsivoglia motivo, possono farsela commutare dal Confessore in altra opera di pietà (Decreto 20 agosto 1887).
Recitando i Cooperatori la terza parte del Rosario di Maria Vergine con cinque Pater, Ave e Gloria avanti il SS. Sacramento , e, non potendo avanti il divinissimo Sacramento, davanti il Crocifisso, possono acquistare Indulgenza Plenaria una volta al giorno, applicabile ai defunti (Breve 9 maggio 1876). Possono acquistare Indulgenza Plenaria tutte le volte che faranno la santa Comunione. I Sacerdoti ogni volta che celebreranno la santa Messa possono lucrare la medesima Indulgenza Plenaria per sè o per le anime purganti o per qualche parente defunto, purchè visitino divotamente qualche chiesa ed ivi preghino come sopra (Breve 9 maggio 1876).
Indulgenza di 3 anni ogni volta a tutti quelli che almeno contriti intervengono agli esercizi di pietà che soglionsi fare ogni mattino nelle Chiese della Salesiana Congregazione.
Nuovo favore per gli Ascritti alla Pia Associazione dei divoti di Maria Ausiliatrice.
Il sapientissimo Leone XIII, che Dio conservi ancora lungo tempo a gloria della Chiesa e a conforto dei Salesiani, con Breve del 2 p. p. marzo concedeva benignamente che tutte le Messe celebrate pei Confratelli defunti inscritti nell'Arciconfraternita di Maria Ausiliatrice, a qualsivoglia altare di qualunque Chiesa o pubblico Oratorio valgano a suffragare le anime dei medesimi, come se venissero celebrate ad un altare privilegiato.
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L'Apostolo della Patagonia.
resentemente Mons. Cagliero è in alto mare alla volta d'Europa per prender parte, insieme con distinti personaggi Americani, ai lavori del Congresso ed alla Solenne Incoronazione dell'Ausiliatrice.
All'intrepido Apostolo della Patagonia il nostro riverente ben venuto. La corona ch'egli deporrà sul capo dell'Ausiliatrice sarà una delle più fulgide perchè tutta intrecciata di prodigi operati dalla nostra Potente Madonna nelle Pampas-patagoniche.
Il terzo Congresso.
Appena lanciata l'idea del Congresso vennero tosto costituiti Comitati nelle principali città d'Italia e le nazioni dell'antico e nuovo mondo non furono avare di nobilissime adesioni. Mentre scriviamo è già assicurato l'intervento di quattro Eminentissimi Principi di Santa Chiesa, di oltre 20 tra Arcivescovi e Vescovi, dei principali Oratori ecclesiastici e laici di Francia , Svizzera , Spagna e di varie Repubbliche d'America.
Programma generale del Congresso.
SEZIONE PRIMA.
Educazione ed istruzione della gioventù.
Prima Sottosezione. - a) Preliminari educativi secondo il sistema di D. Bosco. - b) Oratori festivi - Quotidiani - Avanti e dopo scuola - Scuole serali. - c) Scuole di religione maschili e femminili. - d) Scuole primarie e popolari - Scuole classiche - Collegi - Pensionati.
Seconda Sottosezione. - a) Scuole ed Istituti professionali per gli operai. - b) Colonie agricole. - c) Associazioni operaie per giovani e per adulti.
Terza Sottosezione. - a) Suore di Maria Ausiliatrice e loro Istituzioni per le giovani delle scuole e per le giovani operaio. - b) Opere analoghe da promuoversi dalle Cooperatrici Salesiane. e) Comitati di assistenza e protezione della giovane.
SEZIONE SECONDA. - Missioni Salesiane.
a) Scuole - Collegi - Chiese e Missioni per gli emigrati italiani. - b) Comitati di patronato pei me desimi. - c) Missioni tra gli infedeli. - d) Mezzi per sostenere anche materialmente tali opere.
SEZIONE TERZA. - Stampa.
a) Buona stampa poi popolo - Pubblicazioni periodiche salesiane - Biblioteche circolanti. - b) Buona stampa per la scuola. - c) Stampa amena edificante ed istruttiva per la gioventù.
SEZIONE QUARTA. - Proposte varie.
a) Divozione a Maria SS. Ausiliatrice. - b) Organizzazione dei Cooperatori e Bollettino Salesiano.
I singoli punti di queste quattro sezioni saranno posti in discussione, per formulare le risoluzioni del Congresso, nelle Sezioni particolari che si terranno nei locali annessi all'Aula del Congresso, nelle ore indicate nell'orario.
Le lingue ufficiali del Congresso sono l'Italiana e la Francese.
A queste sezioni particolari possono prendere parte tutti i possessori di tessere di Congressisti, bastando per essere iscritto ad una Sezione , dare il proprio none alla Segreteria del Congresso.
Nei discorsi delle adunanze generali e nelle discussioni delle Sezioni è esclusa assolutamente ogni trattazione d'indole politica.
Membri del Congresso.
SoNO Membri del Congresso : a) Tutti i Cooperatori Salesiani ; b) Tutti gli appartenenti alla pia Società Salesiana di D. Bosco, e tutte le persone che presenteranno una commendatizia di qualche Superiore salesiano o di un Direttore Diocesano o di un Decurione dei Cooperatori ; e) I membri del clero regolare o secolare ; d) Gli appartenenti ai Comitati od Associazioni Cattoliche riconosciute dall'Autorità ecclesiastica ; e) Tutte le persone raccomandate delle rispettive autorità ecclesiastiche locali.
I membri del Congresso si dividono in tre classi
a) Congressisti patroni; b) Congressisti benefattori ; e) Congressisti.
Per divenire membri del Congresso, come pure per assistere alle adunanze generali e di sezione bisogna munirsi della Tessera emessa dal Comitato Esecutivo.
Tessere e norme pei Congressisti.
LE tessere, assolutamente personali, sono di tre differenti qualità : Tessera con offerta di L. 20,00 pei Congressisti patroni ; Tessera con offerta di lire 10,00 pei Congressisti benefattori e Tessere con offerte di L. 5,00 per gli altri Congressisti. Le differenti qualità di tessere danno diritto a differenti posti nell'aula del Congresso.
Il Comitato emetterà pure a seconda dei posti disponibili una tessera speciale giornaliera di Uditore con offerta di L. 2,00 per assistere alle adunanze generali.
Le Tessere si possono acquistare o direttamente dalla Segreteria del Congresso , Via Cottolengo 32, Torino , o per mezzo del Direttore o corrispondente diocesano che trasmetterà la domanda colla relativa offerta, indicando la qualità della Tessera, alla Segreteria!, la quale s'incarica di spedire all'interessato la Tessera con il Certificato o Carta di riconoscimento necessaria a conseguire i ribassi ferroviari qualora sia il caso di fruirne.
Non darà la Segreteria del Congresso le dette Tessere se non alle persone conosciute , o presentanti Commendatizie o documenti provanti di avere le qualifiche necessarie indicate nell'articolo 1° di questo capo, per essere Congressisti.
I membri che, desiderando intervenire al Congresso, volessero assicurarsi un alloggio, sono pregati a scrivere alla sede del Comitato Esecutivo in Via Cottolengo 32, Torino, almeno 6 giorni prima dell'apertura del Congresso.
dal 14 al 24 Maggio -
Giovedì 14 Maggio.
Ore 5,30 - Messa celebrata da un Ecc. Vescovo, Comunione generale, Discorso e Benedizione Pontificale.
» 7,15 - Solenne Funzione di Apertura del III° Congresso dei Cooperatori Salesiani. Messa, Comunione generale, Canto del Veni Creator, Tantum ergo e Benedizione Pontificale.
» 19 - Canto di un Mottetto, Discorso, Benedizione Pontificale.
Venerdì 15 Maggio.
Ore 5,30 - Messa con Comunione generale, Discorso e Benedizione Pontificale.
7,15 - Messa per i Congressisti con Comunione generale.
» 19 - Canto di un Mottetto, Discorso, Benedizione Pontificale.
Sabato 10 Maggio.
L'Orario delle Funzioni è quello dei due giorni precedenti.
Durante questi tre giorni per comodità dei Signori Congressisti ed in preparazione all'Incoronazione di Maria Ausiliatrice, tanto al mattino come alla sera, avranno luogo speciali solenni Funzioni in varie Chiese della Città.
Domenica 17 Maggio.
Solenne Incoronazione di Maria SS. Ausiliatrice.
Ore 5,30 e 6,30 Messa celebrata da un Ecc. Vescovo con Comunione generale.
Dalle ore 3,30 del mattino alle ore 8 celebrazione di Messe e comodità di accostarsi alla Santa Comunione.
Alle ore 8 si chiude il Santuario per la preparazione della Incoronazione, alla quale però il pubblico sarà ammesso al tempo debito, con accesso dalla Porta Maggiore del Santuario.
Ore 9,30 - Dai locali dell' Oratorio sfilata del Corteo col seguente ordine: Rappresentanze delle Associazioni Cattoliche, Clero, Prelati, Rev.mi Vescovi e di S. E. il Card. Agostino Richelmy delegato di S. S. Leone XIII, a incoronar la Taumaturga Immagine della Vergine Ausiliatrice, che processionalmente entreranno nel Santuario dalla Porta Maggiore. Messa Solenne Pontificale celebrata da S. Ecc. Mons. Giovanni Cagliero Vicario Apostolico della Patagonia. - Discorso di S. E. il Card. Delegato. - Incoronazione. - Te Deum. - Benedizione Apostolica con indulgenza Plenaria.
Ore 17 - Vespri Pontificali cantati da S. Ecc. Mons. Giovanni Cagliero, Processione Solenne e Benedizione impartita da S. E. il nostro Ven. Card. Arcivescovo.
» 21 - Luminaria, Concerto musicale sulla Piazza, Esecuzione Corale dell'Antifona Corona aurea, eseguita dai giovani dell'Oratorio Salesiano.
Nei giorni 18, 19, 20 e 22 Maggio l'Orario è come il giorno 15 eccetto al mattino che alle ore 10,30 si canterà Messa solenne.
Giovedì 21 Maggio.
Solennità dell'Ascensione di N. S. G. C.
Funzioni come nei giorni precedenti. - Alla sera i Vespri solenni avranno luogo alle ore 14,30 e alle ore 16,30.
Sabato 23 Maggio.
Vigilia della Solennità di Maria Ausiliatrice.
Al mattino tutto come nei giorni della novena, Ore 7 - Messa celebrata da S. E. il Cardinal Richelmy, Comunione generale. Ore 18,30. - Primi Vespri solenni Pontificali,
Discorso, Benedizione Pontificale.
Domenica 24 Maggio.
Solennità di Maria SS. Ausiliatrice.
Il Santuario si aprirà alle ore 3,30 del mattino.
Ore 5,30 - Messa e Comunione generale.
» 7 - Messa con Comunione generale.
» 10,30 - Messa solenne Pontificale celebrata da S. Ecc. Mons. Luigi Spandre Vescovo ausiliare di S. E. il Card. Richelmy e Presidente del Comitato Esecutivo del Congresso.
» 18,30 - Vespri solenni Pontificali, Panegirico e Benedizione.
Nei giorni 24, 25, 26 Maggio avrà luogo nel Santuario la Pia Pratica della Corte di Maria con Orario come nei giorni della Novena.
Nei giorni 17, 21, 23 e 24 la Scola Cantorum dell'Oratorio di Torino eseguirà la musica del seguente programma: (1)
17 Maggio.
MATTINO. - Alla messa della Comunione generale: Tota Pulchra; mottetto corale di S. E. Rev. Mons. G. Cagliero. - Alla Messa Solenne : Ecce Sacerdos Magnus del Sac. Giov. Pagella. MESSA di Papa Marcello, a sei voci senza accompagnamento, di G. Pierluigi da Palestrina. Le parti variabili in canto gregoriano. Corona aurea, antifona propria per l'incoronazione della Beata Vergine ; del Maestro G. Dogliani. Solenne Te Deum del Maestro cav. Gaetano Foschini
Ai VESPRI. - Domino ad adjuvandum del maestro Lorenzo Devalle. Dixit Dominus del maestro cav. Antonio Quartero. Laudate Pueri, Laetatus sum, .Nisi Dominus e Lauda Jerusalem in falso bordone. Ave maris Stella Inno corale. Magnificat del maestro cav. L. Bottazzo.- Alla Benedizione ; Tantum Argo Corale di S. E. Rev.ma Mons. G. Cagliero.
NB. Alle ore 21 a coro popolare di oltre 1000 voci verrà ripetuta l'Antifona Corona Aurea del maestro cav. Giuseppe Dogliani sulla piazza del Santuario.
21 Maggio, Solennità dell'Ascensione.
MATTINO. - Alla Messa della Comunione, Mottetti di S. E. Rev.ma Mons. G. Cagliero. - Alla Messa Solenne; Ecce Sacerdos Magnus del Sac. G. Pagella. MESSA a 4 voci del maestro cav. A. Quartero. Le parti variabili in canto gregoriano.
Ai VESPRI. - Domine ad adjuvandum del maestro cav. G. Dogliani. Dixit Dominus del maestro cav. A. Quartero. Salmi ed Inno in falso bordone. Magnificat del Sac. P. Magri. - Alla Benedizione ; Mottetto Corale di S. E. Rev.ma Mous. G. Cagliero. Tantum Ergo del maestro cav. A. Quartero.
23 Maggio,
Primi Vespri della Solennità di Maria Ausiliatrice. - Dontine ad adjuvandum del maestro L. Devalle. Dixit Dominus di D. L. Perosi. Laudate Pueri, Laetatus sani, .Nisi Dominus e Lauda Jerusalem in falso bordone. Saepe dura Christi, Inno di. S. E. Rev. Mons. G. Cagliero. Magnificat del maestro O. Ravanello. - Alla Benedizione ; Litanie del maestro cav. Luigi Bottazzo. Tantum Ergo corale a voci sole del maestro cav. G. Dogliani.
24 Maggio. Solennità di Maria SS. Ausiliatrice.
MATTINO. - Messa della Comunione generale : Tota Pulchra di S. E. Rev.ma Mons. G. Cagliero. - Alla Messa Solenne; Ecce Sacerdos Magnus del Sac. G. Pagella. MESSA di Papa Marcello a sei voci senza accompagnamento, di G. Pierluigi da Palestrina. Le parti variabili in canto gregoriano.
AI VESPRI. - Domine ad adjuvandum del maestro cav. G. Dogliani. Dixit Dominus del Sac. D. Pietro Magri. Laudate Pueri, Laetatus sum, Nisi Dominus e Lauda Jerusalem in falso bordone. Saepe dum Christi, Inno di S. E. Rev.ma Mons. G. Cagliero. Magnificat del maestro cav. L. Bottazzo. - Alla Benedizione; Corona Aurea, Antifona del maestro cav. G. Dogliani. Tantum Ergo corale di S. E. Rev.ma Mons. G. Cagliero.
(1) In tutti gli altri giorni dell'Ottavario, la musica verrà eseguita dalle varie Scholae Cantorum degli Istituti che verranno in pellegrinaggio.
SCIOPERI, rivolte, eccidii e poi ancora scioperi, rivolte, eccidii, e sempre scioperi, rivolte, eccidii , ecco nella sua triste realtà la storia che caratterizza l'ora presente. No, non si tratta più di fatti rari, isolati, di tempo in tempo; si tratta di cosa abituale ed universale. Nel vecchio mondo e nel nuovo, nell'Europa e nell'America moltitudini di lavoratori e di proletari in preda ad una stazionaria esasperazione si mantengono in continuo conflitto coi capitalisti e coi padroni non riconoscendo più la superiorità ed il potere, disprezzando anzi la superiorità e il potere con animo deliberato di disprezzarli.
E ciò non solo con danni incalcolabili per l'industria, pei commerci, per il benessere dei paesi e della società, ma eziandio colla miseria individuale e della famiglia, colle lagrime e colla fame della moglie e dei figli, colle desolazioni delle ingorde usure, colla malignità degli odii e della vendetta, colla efferatezza dei delitti.
Di sì tristi effetti quali le cause? Non bisogna stancarsi di ripeterle e di denunziarle a tutto il mondo : le ree dottrine del socialismo e la irreligione di quelli che stanno in alto. Le dottrine socialistiche largamente spacciate su poi giornali, ed ostinatamente predicate nelle bettole e sulle piazze, sembrando non aver altro di mira che ammigliorare la sorte dei sofferenti hanno strappato e continuano a strappare dal cuore del popolo e della gioventù il Vangelo di Gesù Cristo , dapprima velatamente, poscia apertamente, mostrando nel prete, rappresentante e banditore del Vangelo di Gesù Cristo, il maggior nemico ed avversario della felicità del popolo e del bene della gioventù; l'irreligione poi della più parte dei ricchi , dei padroni, di quei che sopraintendono alla cosa pubblica, hanno confermato e vanno confermando il popolo e la gioventù nella fede alle dottrine socialistiche e li rendono omai persuasi che se fanno a meno della religione e del Vangelo quelli che stanno in alto, ne possono fare a meno anch'essi che stanno in basso. I sociologi laici e i filantropici ciarlatori odierni potranno bene ricercare altrove le cause della lotta presente fra capitale e lavoro, fra superiorità e inferiorità ; ma la causa prima, più vera , più spaventosamente efficace non è altro propriamente che l'abbandono, e staremmo per dire il disprezzo pressochè generale della dottrina di Gesù Cristo.
Come infatti sarebbe possibile, o almeno duratura questa lotta, se il Cristianesimo compenetrasse ancora oggidì del suo spirito l'ordinamento e la legislazione del lavoro? Il Cristianesimo ci mostra nel lavoro una legge primitiva messa in vigore appena fu creato l'uomo, insegnandoci che Iddio collocando l'uomo in un giardino di delizie gl'impose nulla di meno di lavorarlo. Il Cristianesimo ci mostra nel lavoro una pena giustissima imposta all'uomo colpevole, ammaestrandoci che all'uomo disobbediente Iddio disse: Tu lavorerai la terra con grandi fatiche e non ti ciberai che di un pane guadagnato col sudor della fronte. Il Cristianesimo ci mostra nel lavoro un mezzo di fortuna temporale ed eterna, gìacchè ci persuade che il lavoro essendo l'adempimento di un dovere è l'esercizio di una virtù non solo perchè è peso, ma ancora perchè implica l'umiltà e ci rende meritevoli di bene in questa vita e di premio nell'altra. Il Cristianesimo infine per tacere di altro, ci mostra nel lavoro un'altissima dignità , sia additandoci la stupenda figura di Gesù Cristo in casa e sotto l'obbedienza di un povero operaio e operaio egli stesso per circa trent'anni di vita privata, sia mettendoci innanzi la dottrina con cui Gesù Cristo non solo ha esaltato il lavoro parlando ripetutamente, soprattutto nelle sue parabole, di operai, di artigiani, di contadini e di lavoratori, ma colla quale ancora, proclamando la vera libertà e la fratellanza universale, ha spezzato le catene cho pendevano ai polsi del lavorante, gli ha confermato il diritto ad un'equa mercede del suo lavoroo e gli ha dato un posto onoratissimo in mezzo alla società.
Per altra parte il Cristianesimo volgendosi ai ricchi, ai capitalisti , ai padroni, ai superiori tutti, mostra loro che se essi sono tali. non è già per loro merito, ma perchè Dio li ha fatti nascere tali, o ha dato loro ingegno ed abilità da diventar tali, oppure anche senza aver dato loro ingegno ed abilità li ha scelti ad essere tali per suoi fui particolari; che però delle loro ricchezze non sono veri padroni , ma solo amministratori pel bene loro individuale e della loro famiglia non solo, ma altresì per quello di tutta la società e massime per il bene di quella parte di essa che soffre e che la superiorità della quale essi godono sopra una gran parte di uomini e più direttamente sui loro dipendenti è una vera investizione divina, che debbono profondamente rispettare in in se stessi con una vita al tutto rispondente a chi per ragione della sua autorità è rappresentante di Dio in terra, e della quale non sarà mai loro lecito abusare in ingiustizie e prepotenze. Che ai loro operai e lavoratori debbono il giusto compenso del loro lavoro e servizio, giacchè il defraudarneli è colpa sì grave, che grida vendetta al cospetto di Dio. Che infine l'umiltà e la carità predicate da Gesù Cristo anche ai grandi, anzi massimamente ai grandi, esigono che essi si avvicinino ai loro dipendenti, si accomunino, senza punto avvilirsi, con loro, li trattino come figli e fratelli, li confortino al bene, li consolino nei loro dolori, li soccorrano, senza umiliarli, nelle loro necessità , vivano per così dire della loro vita.
Ora chi non vede che lo spirito del Cristianesimo è il solo rimedio efficace ai mali presenti? e per conseguenza esser questo lo spirito che urge di far rientrare nell'animo della gioventù e del popolo? Ed ecco perchè il grande Pontefice Leone XIII, il pontefice degli operai per eccellenza , ha levato ripetutamente la voce di Vicario di Gesù Cristo per bandire e ripetere e diffondere più che fosse possibile gl'insegnamenti del Cristianesimo a questo riguardo. Ecco perchè i Vescovi sulla scorta e sull'esempio dello stesso Pontefice, non tralasciano tuttodì di richiamare con uno zelo ammirabile i loro fedeli alla conoscenza di tali insegnamenti e di adoperarsi perchè siano praticamente attuati. Ecco perchè anche noi, figli di D. Bosco, animati dallo scopo stesso, a cui mira direttamente la nostra Pia Società, abbiamo mai sempre adoperato il massimo impegno per far penetrare nell'animo delle classi superiori del popolo , e della gioventù massimamente, queste sante dottrine e di informare, quanto più potemmo, la loro vita allo spirito di queste dottrine istesse. Insieme colle autorevoli esortazioni del Papa e dei Vescovi avemmo sempre innanzi l'esempio del nostro indimenticacabile Padre. Egli con quella intuizione profonda delle cose presenti e persino future, di cui Iddio arricchisce per lo più la mente dei santi, e con quella fiamma di amore, che il Vangelo dirige particolarmente al popolo ed alla gioventù, col prendersi cura speciale della gioventù e del popolo, col diffondere tra il popolo e la gioventù centinaia di scritti destinati a illuminare il loro animo, a mettergli loro innanzi i gravi pericoli dei tempi nostri , a preservarli dall'errore , richiamarli dal medesimo, se già vi fossero incappati, coll' aprire le suo braccia paterne per accogliere al suo seno e pigliai sotto la sua protezione e guida migliaia e migliaia di giovani operai, col porre a base della loro cultura ed educazione la religione santissima di Gesù Cristo, coll'inculcar loro del continuo coll'esempio e colle parole il rispetto e l'obbedienza alle autorità, col mostrare la necessità e la grandezza del lavoro, coll'animare infine, per tacere di altro, i ricchi, i nobili, gli appartenenti alle classi. superiori , e talora gli stessi governanti alla moderazione, alla giustizia, alla carità, all'interessamento vero del benessere del popolo e della salvezza della gioventù, egli, diciamo, preluse mirabilmente a tutte quelle opere e a tutte quelle istituzioni, che sono oggidì indispensabili ad attuare i consigli della Chiesa affine di porre argine e rimedio ai mali presenti. E dopo tale esempio potevamo noi restare addietro in questo campo di azione popolare cristiana?
Ma poichè l'unione fa la forza e il consiglio dei saggi è potentissimo aiuto ad ogni più ardua impresa ecco perchè a proseguire sempre meglio per la via nella quale il Signore si compiacque di chiamarci, dopo aver fatto un primo ed un secondo appello alle forze ed al consiglio dei nostri Cooperatori e delle nostre Cooperatrici nel Congresso Salesiano di Bologna dell' anno 1895 e in quello di Buenos-Aires dell'anno 1901, abbiamo pensato di fare loro un più vivo appello in un terzo Congresso da tenersi in Torino il 14, 15 e 16 del prossimo maggio. E poichè in questo Congresso la parte precipua del programma è intesa allo studio della gioventù operaia, delle scuole e degli istituti professionali, delle colonie agricole, delle associazioni operaie, degli Oratorii festivi, delle scuole di Religione, della stampa per le scuole e pel popolo, delle Opere per gli emigranti italiani in Europa e nell'America e simili, noi speriamo che i Venerandi Prelati, i valentissimi oratori, i Cooperatori tutti che vi interverranno, recandovi il loro largo contributo di sapienza e di esperienza, daranno al Congresso medesimo un' impronta di somma utilità pratica, da cui ne scaturiranno riparo e rimedio efficacissimi ai mali che travagliano il presente momento sociale.
Vi attendiamo adunque , o benemeriti Cooperatori, per associarci con voi in un lavoro, della massima importanza, per sempre meglio intenderci sulle opere nostre dirette a scampare la gioventù e il popolo dalle odierne aberrazioni, per escogitar mezzi e trovar modo di dare ad esse svolgimento più ampio e conforme ai bisogni del tempo, per profittare gli uni dei suggerimenti degli altri, per animare noi, e sul nostro esempio altri ancora, massime di quelli che per l'alto posto che occupano in società e per l'agiatezza dei beni di fortuna ne hanno il potere e la facilità, ad interessarsi con ardore di fatti e non di parole soltanto del vero bene degli operai, della gioventù e del popolo, per esortarci vicendevolmente a fare ciascuno la propria parte nella grande opera della ristorazione sociale. Sì, vi attendiamo per lavorare con alacrità intorno alla più salutare impresa all'ombra di Maria Ausiliatrice, nei giorni che precederanno immediatamente la sua solenne incoronazione, sicuro presagio dell'incoronare che essa farà di splendidi frutti le nostre fatiche.
Sullo stesso argomento l'ottimo giornale Italia Reale-Corriere Nazionale nel suo numero del 6 aprile pubblicava il seguente bell'articolo che sarà letto con vero piacere anche dai nostri Cooperatori.
oN ricordo più in quale libro inglese io abbia letto questo pensiero : quando l'umanità curva sotto la possa dei travagli si volgerebbe a disperare di se stessa, Iddio elegge un'anima e la infiora di tutte le virtù e la irrobustisce di tutte le audacie e l'arma delle più nobili saggezze, quindi la manda agli uomini a donar loro la pace e la speranza. Non ricordo più l'autore perchè è un poco il pensiero di tutti : l'uomo, a cui l'uomo s'inchina e dà il nome di genio, appare sempre come un consolatore : sia un filosofo che esprima il vero atteso, sia un poeta che rinchiuda ne' suoi canti le aspirazioni impresse dell'universale, sia uno scienziato che conduca dalle profondità della natura alle vette della fede, sia un apostolo che muore per l'idea o un mistico che insegni la preghiera o un santo che sappia la parola che sana e consola, l'eco della voce sua sempre più si allarga e si rischiara e l'opera di lui rimane come segno intangibile dell'ora che passa. Accanto al sovvertitore ispirato da Satana,
Dio suscita un restauratore e un creatore.
» Chi era D. Bosco, e che ha fatto? Io non posso pensare lo svolgimento di quest'umile prete piemontese disgiuntamente dall' altro movimento iniziato quasi nel medesimo istante da Carlo Marx. Credo che sia lecito immaginare questi due uomini, che pure appaiono così diversi, concordi nel senso di dolore e di compassione per Fattuale stato di cose.
» Benchè completamente alieni dalle teorie marxistiche, pure non possiamo negare che un forte idealismo ispirava l'autore del Capitale, ma dal confronto apparisce come altrettanto forte, ma più saldo e più sereno fosse quello che ispirava il giovane sacerdote, non dotto di economia politica, non versato di scienze sociali, non studioso di Kantismo e di Hegelianismo, ma ingenuamente compreso dell'amore per l'umanità, ma ispirato a rendere attivo questo amore dalla religione di Cristo.
» Ed è veramente questa ingenuità francescana, questa purezza di pensieri, questa religione serena che diedero all'opera sua la prevalenza sull'opera dell'altro vantato amatore dell'umanità. Carlo Marx ebbe la scienza e con una dimostrazione scientifica e con una soluzione cercata soltanto nel campo economico credette di un tratto ristabilire l'equi librio fra il capitale e il lavoro , fra la ricchezza e la miseria, fra il padrone superbo e l'operaio sofferente : e invece diede nell'ordine morale la incontentabilità, nell'ordine economico la ribellione, nell'ordine politico la rivoluzione. A lui mancava la base, a lui faceva difetto la fede nell'al di là.
» Non si può dire che D. Bosco sia partito da un punto diverso: ma l'opera di Lui amante del suo prossimo, il primo dettano della legge divina, benche di umili principii, benchè non rumorosa nè abbagliante, benchè priva di codici o trattati, quanto appare superiore pur fermandoci alla valutazione utilitaria, pur non trascendendo il bilancio della praticità! Gli è che D. Bosco non volle risolvere la X incognita della felicità umana badando a uno solo dei suoi elementi, il materiale, ma insieme armonizzando l'educazione dell'anima con quella del corpo, ha reso saldi e forti alla vita tutti i miseri naufraghi che al suo inspirato richiamo sono accorsi a lui come a lido.
» Io non voglio nemmeno discutere se Don Bosco fosse pienamente consapevole degli immensi vantaggi che sarebbero derivati dall'opera sua. Certo un grand'uomo si fu e manifestò nella moltiforme attività della sua vita operosa una conoscenza insuperabile dell'animo umano (e questa è prima sapienza) o dispiegò una vigoria implicitamente secura e fu sommo politico e organizzatore fecondo. Ha conosciuto i suoi tempi. Gli uomini più grandi condusse ad ammirarlo. Quelli che l'hanno conosciuto hanno di lui venerazione. I fatti della sua vita hanno immancabilmente attuato il fine che s'era proposto. Questo basterebbe !
» Ma pur concedendo, a quelli che lo volessero, che egli non abbia numerati ad uno ad uno tutti i magnifici effetti del suo apostolato sociale, i meriti dell'opera sua saranno sempre sua gloria. « È Dio che ci pensa » soleva egli stesso ripetere nei momenti difficili della impresa. E non è questa una ragione di più che ci deve spingere a inchinarci davanti a questa religione che suscita eroi, che vanta glorie, che edifica su con salde basi, che, imperterrita contro i nemici e sempre eguale a se stessa, compie attraverso i secoli il suo cammino di pace e di consolazione?
» Fra non molto tempo, quando sia passato questo periodo di stanchezza che è pur fenomeno naturale nella vita dei partiti come in quella degli individui vedremo a fronte le due scuole : della carità cristiana e dell'umanitarismo Marxista. La lotta avvenire sarà pel cattolicismo e il socialismo. Il liberalismo non ha più ragione di esistere : troppe e manifeste contraddizioni ha subito nella sua breve vita... Nella presente attiva ricerca del benessere sociale staranno adunque sole le altre due teorie che vogliono sciogliere il problema della felicità umana. La lotta non tarderà a risorgere, anzi se è vero ciò che i socialisti promettono, di abbandonare cioè alquanto la politica e di ritornare alla propaganda, questa ecciterà per reazione la propaganda attiva e concorde dei cattolici.
» Sarà appunto quando s'impegnerà questa lotta, che vedranno i frutti dell'amore all'umanità propugnato in nome della religione. Sarà allora che la figura di D. Bosco sfavillerà di più vivida luce perchè l'opera sua fu particolarmente rivolta alla educazione cristiana della gioventù.
» La quale educazione egli e i suoi valorosi seguaci e collaboratori hanno portato in vasto e illimitato campo d'azione, poichè si rivolge all'operaio e allo studente, al ricco ed al povero, al borghese e al campagnuolo, al bambino e all'adulto, nella chiesa, nell'officina e nella scuola, nell'Europa e nel nuovo continente, dappertutto e sempre. E dobbiamo pure in gran parte dir grazie all'opera sua se oggi, in molto città d'Italia e nella nostra in modo particolare, sono cresciuti i cattolici attivi, ricchi di coltura, senza più pregiudizi, nè timori , ma liberi e sicuri, di senno, di ardore.
» E l'imminente Congresso dei Cooperatori Salesiani ha però un alto significato.
» Poichè varia e multiforme è l'opera, sapiente e compatta deve essere la direzione; poichè il campo è immenso, molti e agguerriti devono essere gli operai. Al sol di maggio, sotto le ali protettrici della Vergine e all'ombra del suo Santuario, là dove il Maestro mosse i primi difficili passi, si raduneranno, venendo innumeri dall' Italia e dal mondo, i collaboratori del grande Uomo; spiriti pronti a sacrificarsi ed a correre dove una voce li chiama al bene, si raduneranno a rendere più saldi i vincoli ideati che nelle sante opere li riuniscono, verranno a portare ciascuno il loro illuminato giudizio per educare nella scuola, per insegnare agli operai, per rendere più popolare la buona stampa, per l'incremento dell'agricoltura, per gettare insomma in tutti i rami dell'ordinamento sociale quel buon seme che fa i buoni cattolici, gli onesti operai, gli integri cittadini, »
(Relazione del Sac. Caìogero Gusmano *)
QUEL viaggio era cominciato male, ed il mare fu tutta la notte agitatissimo tanto che le cabine in seconda fila che avevano il finestrino sul ponte, furono allagate. Il povero D. Giordano, non abbisognava davvero di questo secondo bagno, che aumentò i suoi dolori reumatici ; e noi non potevamo aiutarlo gran fatto, perchè come succede spesso in mare, stavamo maluccio anche noi, e da un giorno senza gustar cibo. Finalmente spuntò la città di Bahia, prima capitale del Brasile, emporio delle sue ricchezze e metropoli dei dominii del Portogallo nel nuovo mondo. La città è divisa in due parti: la più piccola è fabbricata sulla spiaggia del mare, e vi abitano gli addetti al porto nelle loro casuccie. Quivi son pure le varie agenzie con gli altri edifizi di dogana. L'altra parte sorge in alto, e vi si accede ordinariamente per varii ascensori qui e là collocati. Noi, da bordo, ci deliziavamo nel. contare i moltissimi campanili. Ci han detto che sono settanta le Chiese di Bahia, ma non hanno nulla di grandioso ; la stessa cattedrale è una bella chiesa, ma non è certo una cosa straordinaria.
La nostra casa è a mezz'ora dal porto ; fin da quando viveva D. Bosco , s'insisteva, specie dallo zelantissimo Arcivescovo, per una fondazione salesiana. Nel '900 finalmente, v'andò D. Giordano, che ci accompagna, ed insieme coi signori della commissione trovò un luogo adatto, cioè un'antica villeggiatura che fu comprata per 90,000 lire. L'avrebbe voluta l'Arcivescovo per passarvi i mesi più caldi dell'anno; ma quando seppe che si sarebbe venduta ai Salesiani, vi rinunziò senz'altro in vista del gran bene, che essi vi avrebbero fatto : « Anzi se l'avessi già comprata, l'avrei ceduta ugualmente » diceva quel buon prelato.
Attraversando la città la cosa che più colpisce il forastiero è la vista di tanti negri. Il nostro pensiero correva al Congo, alla Senegambia ed assisteva alla tratta crudele di quei poverini trasportati schiavi nel Brasile. Essi erano i lavoratori delle interminabili faciendas, anzi le bestie da soma. Sono incredibili le cose che ci vennero raccontate a questo riguardo nei cinque mesi dacchè percorriamo il Brasile. Eppure questo mercato di carne umana durò dei secoli. Non sono che pochi anni che è cessato. L'anno del giubileo sacerdotale di Leone XIII, l'8 maggio 1888, la principessa Isabella firmava il decreto di emancipazione di tante migliaia e migliaia di schiavi e ne faceva omaggio al Papa, cui certo, tra tanti altri, sarà stato il più gradito. Ed il Papa era l'unica persona che meritasse un tanto presente, perchè solo i Papi reclamarono sempre energicamente i diritti di questi infelici. Paolo III ed Urbano VIII giunsero a scagliare terribili censure contro i promotori e complici del traffico infame. Però ora più che mai, hanno bisogno dell'aiuto del missionario. Ebbri dell' ottenuta libertà , il fantasma del passato li spaventa ed allontana da qualunque soggezione, è privi di mezzi di sussistenza, poco istruiti nelle verità di nostra santa Religione, con istinti punto nobili, abbisognano di una mano benefica e caritatevole. D'ordinario , però sono di buon cuore ed intelligenti.
Alla porta del Collegio aspettava D. Albera la banda, composta tutta di negri ; fu per lui una dolce sorpresa. I 70 interni sono quasi tutti artigiani, gli uni tipografi, altri legatori, sarti, calzolai e falegnami; v'è pure un'incipiente colonia agricola. Gli studenti sono pochi e stretti per mancanza di locali; un centinaio di esterni frequentano le stesse scuole, e si aspetta che sia ultimato il nuovo fabbricato a due piani di m. 45 per 15 di lato; allora anch'essi staranno bene e sarà presto, speriamo, perchè, al nostro passaggio, la fabbrica era già al tetto.
Il salone dell'antica villa fu trasformato in cappella, dove i fedeli trovano la comodità di ascoltare la S. Messa e frequentare i SS. Sacramenti. L'attività e l'abnegazione di quei cinque confratelli attirò la simpatia dell'intiera cittadinanza ; tutti ne parlano con entusiasmo e Don Albera ascoltava con compiacenza gli elogi che gliene facevano l'Eccellentissimo ordinario diocesano, il Governatore dello Stato, il Prefetto e il Sindaco della città. Queste eminenti persone accorsero volentieri al piccolo trattenimento dato in onore del sig. D. Albera, con una larga rappresentanza del clero secolare e regolare, con molti signori, e popolani, nonostante che l'acca demia si sia dovuta svolgere in cortile per mancanza di un luogo conveniente. Il Rev.mo Mons. Machado, prese per li primo la parola e diede al Rappresentante del sig. D. Rua il saluto dei Cooperatori salesiani, di cui egli è zelante direttore. Vero ammiratore di D. Bosco, ed amico sincero dei suoi figli, disse un discorso così denso di pensieri, che meriterebbe di esser qui trascritto. Quell' adunanza fu un vero plebiscito d' affetto all'opera salesiana e ci spiegò il segreto del come si siano potuto condurre a termine con esito sì felice ed in si poco tempo tante imprese. La tipografia ha già pubblicati diversi importanti lavori ed una collezione di letture amene. Di questo dobbiamo esser grati alla generosa collaborazione di Mons. Basilio e dell'esimia e nota scrittrice sig.ra Donna Amelia Rodriguez, dalla cui classica penna tante preziose pagine sono uscite su D. Bosco e l'opera sua nel Brasile.
L'Arcivescovo pregò il sig. D. Albera che usando dei poteri di cui era stato rivestito dal sig. D. Rua , concedesse le dimissorie a varii chierici e così furono ordinati chi sacerdote, chi diacono, chi suddiacono , ed alcuni nella nostra stessa cappella ad animazione ed incoraggiamento degli alunni. Certo Maria Ausiliatrice avrà svegliato qualche vocazione forse assopita. Quante cose vorrebbe affidare quel buon Pastore ai Salesiani! D. Rua promise già l'apertura della Casa nel limitrofe Stato di Sergipe, destinata a colonia agricola, e D. Albera ha già determinato il personale che partirà appena arrivati i nuovi rinforzi da Torino.
Per la premura che avevamo di continuare il viaggio, si prese il primo vapore, ed il 9 ottobre eravamo a bordo del Pernambuco, uno dei più scadenti della Compagnia Lloid; il breve tragitto fu abbastanza cattivo. Era su quello stesso vapore il Vescovo di Paraniba, che col suo fare paterno si guadagnò l'affezione di tutti. Egli parlò lungamente col sig. D. Albera, ma credo che questi non potè assicurarlo che della buona volontà dei Salesiani di lavorare anche nella sua diocesi. Il piroscafo gettò l'àncora per alcune ore a Maceió, capitale dello Stato di Alagoas, e ne approfittammo per prendere un boccone, perchè in mare non ci era stato possibile, e per visitare il Vescovo diocesano Mons. Antonio De-Castilho Brandao recentemente arrivato nella nuova diocesi, creata da Leone XIII. Egli ci parlò di D. Rua che conobbe a Roma in occasione del concilio Latino-Americano, e del suo seminario in costruzione. Il Signore benedica quella nuova diocesi e le sante intenzioni dell'ottimo suo pastore.
Dopo due giorni e mezzo di navigazione giungemmo a Pernambuco. Le piccole dimensioni del nostro vapore ci procurarono il vantaggio di avvicinarci molto di più a terra e così evitare i terribili scogli che fanno tanto temuto questo porto e che danno alla città anche il nome di Recife (scoglio). Un' elegantissima barca della capitaneria del porto gaiamente pavesata con bandiere venne a prenderci a bordo. A misura che ci avvicinavamo giungevano confusamente al nostro orecchio le note marziali della banda musicale del Collegio salesiano e si scorgeva un brulicar di teste, un agitar di cappelli in segno della più festosa allegria. Giunti a terra gli evviva più entusiasti fecero grato accordo con gli strumenti per dare a D. Albera il benvenuto. Tutti vogliono essere i primi a salutarlo, a baciargli la mano e D. Albera si trova in un mare di persone. Sono giovani, sono rispettabili signori Cooperatori salesiani, sono sacerdoti che si disputano di porgergli il primo saluto, la prima parola. Il Collegio coi suoi 200 giovani, dal simpatico uniforme, era là al completo. D. Albera saluta commosso le rappresentanze della città, e delle varie associazioni cattoliche, e il popolo presente. Tutti presero posto sui tranvai, vi monta anche D. Albera e si parte.
12 Ottobre.
Erano le 9 del mattino del 12 ottobre, anniversario della scoperta del nuovo mondo : e tant'entusiasmo ci faceva ripetere dal fondo del cuore, applicandola a D. Bosco, la preghiera di Cristoforo Colombo : « O Signore, Dio onnipotente ed eterno, che pel tuo sacrato Verbo hai creato il firmamento, la terra ed il, mare, sii tu benedetto e glorificato in ogni luogo, poiche ti sei degnato permettere che dal tuo umile servo il tuo santo Nome fosse predicato in quest'altra parte del mondo ! » È questa la prece che 409 anni fa, in questo giorno l'intrepido genovese colle lagrime agli occhi innalzava a Dio, prosteso su questa nuova terra, dove aveva inalberato lo stendardo della croce ». Questa è pur la preghiera che oggi inalzavamo noi a Dio, pieni di entusiasmo. « Benedetto e glorificato sii tu, o Signore, che per la tua grande degnazione hai scelto tra tanti i poveri figli di D. Bosco e qui li hai condotti a continuare la grande opera incominciata da quell'Eroe che tutto il mondo ammira. » Questa data , per quanto siasi cento e cento volte ripetuta non passerà mai inosservata; il 12 ottobre il mondo antico e nuovo , superando le barriere dei mari e delle distanze, esultano insieme di gioia, e stretti col più sacro dei vincoli, cioè col vincolo della preghiera, sciolgono ai piedi degli altari un inno di ringraziamento a Dio per avere suscitato chi seppe rivelare al mondo cristiano le Americhe ignorate. Si sa che ricordando Colombo, si ricorda l'apo stolo del Vangelo, si onora il Missionario di queste regioni; poichè l'ha detto il Sapiente Leone XIII nella memoranda enciclica per le feste centenarie, Colombo nel solcare e risolcare gli spazìi immensi dell'Oceano aveva la mira a maggior segno che gli altri non avessero, la mira di aprire l'adito all'evangelio per mezzo a terre nuove e nuovi mari. I missionarii adunque guidati dallo stesso intento a questi lidi , cioè per estendervi il Regno di Dio e piantarvi definitivamente il simbolo della nostra Redenzione, sono i successori dell'immortale genovese, e le lodi tributate a lui si riversano su loro e quindi anche sugli ultimi arrivati, i poveri figli di D. Bosco.
In 409 anni quanti esempi di virtù , quanto eroismo in questa terra. I Francescani, i Benedettini , i Mercedarii , i Domenicani e Gesuiti vantano i loro eroi ; ed anche i Salesiani in 26 anni di apostoliche fatiche in queste terre, non hanno pur essi le vittime del lavoro, del sacrifizio e dello zelo, le vittime di Juiz de Fora e pur quelle del furor selvaggio? E intanto quante anime strappate al demonio e quante migliaia di giovani educati nei 200 collegi Salesiani attualmente esistenti in America... e quante anime volate al cielo da questo suolo americano !
Ricordi.
Pernambuco occupa il terzo posto tra le città del Brasile e forse il primo nella cultura; conta più di 200 mila abitanti. Il suo commercio vasto ed attivo, è animato dal continuo transito di vapori, che dirigendosi in tutte le direzioni trasportono ovunque la ricchezza dei suoi prodotti; i suoi edifizi rivelano ricchezza e prosperità negli abitanti. Le sette la fecero sede dei loro convegni secreti e fu di qui che negli ultimi anni del Pontificato di Pio IX partì la scintilla di quella terribile lotta tra la Chiesa e lo Stato, che richiama alla memoria i primi della Chiesa. Siamo stati a visitare il luogo dove Fra Vitale vescovo di Olinda, cittadina a pochi minuti da Pernambuco, fu arrestato e tradotto a Rio Janeiro. Qui è chiamato l' Atanasio brasiliano e merita realmente un nome così glorioso per l'invitta costanza colla quale difese i diritti della Chiesa e del gregge a lui affidato; aveva solo 27 anni quando fu consacrato vescovo e morì a 34 in Parigi di ritorno da una visita ad limina. I suoi compatriotti ne reclamarono i resti mortali ed i fratelli in religione, i Cappuccini, gli diedero onorevole sepoltura nella bellissima Chiesa da loro officiata: noi pure c' inginocchiammo nella sua tomba.
Al Collegio Salesiano.
Anche il nostro collegio di Pernambuco ha le due sezioni; prevalgono però gli studenti. Le difficoltà incontrate dai nostri confratelli, hanno dell'incredibile : il clima malsano, le acque peggiori, in poco tempo ridussero la casa ad un ospedale. Tutti caddero ammalati , uno o due eccettuati. Non si sapeva più come attendere agli infermi; se ne accorsero alcuni buoni signori e li vollero nelle loro famiglie, usando loro tale carità che anche adesso strappa lagrime di riconoscenza a quei confratelli. Che momenti critici ! quanti a susurrar all'orecchio di D. Giordano che chiudesse il collegio! che non era possibile andare avanti a quel modo, che non avrebbero potuto resistere , che si vedeva chiaro che la volontà di Dio non li voleva là pel momento. Quel direttore mi ripeteva: « non so neppur io come abbia fatto a resistere : Noi mancavamo di tutto, anche delle cose più indispensabili, fino del gaz o equivalente che illuminasse le tenebre della notte, di più avevamo contratto forti debiti per la riattazione della casa. Noi ci vedemmo veramente perduti. Fu il Cuore Sacratissimo di Gesù, cui era stata consacrata questa casa, che volle conservarla. La prova fu tremenda, Iddio però si contentò di una sola vittima , sebbene alcuni si risentano tuttora. Quel morbo, che non si seppe definire , attaccava allo stomaco , alla testa, contraeva i nervi ecc. Peggio toccò ai poveri Francescani che in poco tempo perdettero otto giovani confratelli. Anche gli altri ordini religiosi molto ebbero a soffrire nei confratelli provenienti d'Europa. Ed ora questa nostra casa tanto bersagliata, è fiorente ; le principali famiglie vi mandano i loro figli e ne rimangono pienamente soddisfatte. Gli antichi alunni, alle domeniche, sembrano di nuovo convittori. Si sentono dolcemente legati a quel sacro recinto, che li accolse nei primi anni di loro educazione, ed ai loro superiori, di cui ora sono in grado di apprezzar maggiormente l'alto sacrificio. Già grandi, entrati nelle varie carriere della società, godono di chiamare D. Giordano coll'antico titolo di direttore. Non v'è gioia o dolore cui essi non prendono parte. Sembrano di casa, tanto è l'amore con cui vi ritornano, e il disinteresse che dimostrano. I confratelli e i giovani , a perpetuare la memoria del passaggio del rappresentante di D. Rua, ed a ricordo e stimolo della consacrazione di loro stessi fatta al S. Cuore di Gesù , vollero in mezzo al cortìle su apposita colonnetta elevare una artistica statua del Sacro Cuore, proveniente da Parigi. Gli antichi allievi approfittando di un loro compagno fotografo, pregarono D. Albera che si lasciasse ritrattare con loro attorno a quel simulacro, e D. Albera eseguito il gruppo, prese occasione per animare tutti a questa divozione, eredità del nostro Padre Don Bosco, augurandosi, che come si erano tutti raggruppati allora attorno a quel simulacro , così potessero un giorno raccogliersi egualmente attorno a Gesù in Paradiso.
La festa del Sacro Cuore riuscì bene. Essendo troppo ristretta per le funzioni, la cappella del collegio, l'ottimo nostro parroco ci offerse la sua Chiesa detta della Boà-vista, una delle più grandi di Pernambuco. Mons. Luigi Raimondo Da Silva Brito, vescovo diocesano, trovavasi in visita pastorale e telegrafò che l'avrebbe sospesa por salutar il visitatore straordinario dei Salesiani e tener la conferenza ai Cooperatori, dando così la centesima prova della sua benevolenza pei figli di D. Bosco, i quali non potranno mai dimenticarsi di chi pel primo li accolse in Brasile e come parroco in Nictheroy e Vicario generale in Rio ognora li protesse, e li animò coi suoi consigli. La Messa la cantò Mons. Vicario generale ; al Vangelo Mons. Vescovo salì il pulpito. La fama della sua eloquenza aveva assiepata la Chiesa: anche i corridoi ed i coretti erano ripieni.
Sua Eccellenza parlò di D. Bosco da pari suo e con tenerezza da figlio. Ebbe elogi pei Salesiani e disse l'opera loro indispensabile per Pernambuco e con un fare faceto diede consigli pratici per soccorrerla. « Privarsi di un teatro, diceva egli, di una passeggiata, di un viaggio non necessario, di un vestito, di un gingillo ecc. sono altrettanti fonti di vita e salvazione per tanti giovanetti diseredati dalla fortuna » Il suo dire animato piacque assai ed ebbe per tutti parole di consiglio, di conforto e di animazione al bene. In ultimo rivolse un saluto affettuosissimo al rappresentante di D. Rua, che sedeva in posto distinto e ch'egli chiamato altrove dalle cure pastorali, era dolente di non più rivedere.
Quella giornata fu chiusa con un trattenimento musico-comico-letterario ben eseguito dai nostri alunni che riscossero dal numeroso, scelto uditorio i più calorosi applausi, specie quando riprodussero in scena - e in italiano - la commedia di D. Lemoyne chi la fa t'aspetti, così bene appropriata al loro carattere. Il Console Italiano ne godette immensamente, specie quando seppe che varii di quei che recitavano in italiano erano Brasiliani.
Il Collegio S. Gioachino.
Nei giorni passati a Pernambuco fummo a visitare il Collegio di S. Gioachino, dove l'amministrazione della Santa Casa tiene raccolti gli orfanelli ed i giovanetti più poveri della città, molti dei quali non hanno conosciuto i loro genitori. I 135 giovanetti sono divisi nei diversi laboratorii ; la direzione è affidata a laici. L'attuale direttore è uomo di rette intenzioni, ma non tutti hanno la stessa vocazione ; e quanti ne han cambiati ! Anche i maestri , gli assistenti sono laici, non tutti dei medesimi sentimenti. È un'opera che fa onore agli iniziatori, ma quanto maggior bene potrebbe fare ! Essi stessi lo comprendono e perciò da anni insistono presso il nostro superiore locale, che ne accetti la direzione. Quei giovanetti, privi di tutto, una volta usciti da quell'asilo, abbisognano più di ogni altro di una educazione maschia e veramente cristiana. Quando entrammo noi ci squadrarono da capo a fondo, spiavano i nostri movimenti, poi attratti dal sorriso di D. Albera e dalle dolcissime parole e facezie, gli furono tutti attorno e lo seguirono nella visita dei varii laboratorii. Presentarono a D. Albera il memoriale delle visite, ed egli vi scrisse le sue impressioni in lingua francese. Non può credere, sig. direttore , quanta insistenza si faccia ai Salesiani perchè accettino quest'Istituto ; la Santa Casa non fa quistione di interesse. A dar certe negative urta, eppure come si fa a dividere in due un personale impari al lavoro di un solo collegio? Ho però una dolce speranza, anzi ferma convinzione che quella non tarderà molto ad essere casa salesiana. D. Albera prima di partire distribuì a tutti una medaglia di Maria Ausiliatrice; la Madonna di D. Bosco ne ha già preso possesso; quindi non mancheranno di prenderlo anche i Salesiani. Si scrisse al venerato Rettor Maggiore perche mandi alcuni rinforzi; giunti questi, D. Albera ha stabilito che ;e ne prenda la direzione. Si facciano i sacrificii necessarii, si scambino gl'insegnanti dei due collegi, ma si provveda al bene morale di quei 135 giovanetti che quanto prima potranno essere 300 e più ancora.
Oh ! come sanguina il cuore a Don Albera quando vede che per mancanza di personale o di mezzi non si può fare il bene che così imperiosamente reclamano le anime ! fu per questo che si rinunziò all'andata al Parà, dove i Salesiani sono attesi da 19 anni e lo zelante Vescovo Mons. Antonio de Macedo Costa, la cui diocesi ha una superficie dodici volte maggiore di tutta la Francia, s'era rivolto financo al Papa, affinché inducesse D. Bosco ad accettare. La lettera nella quale esponeva i bisogni e lo stato della sua diocesi, inteneriva. Ma mentre D. Albera cercava di evitare la visita del Parà, ecco giungere al nostro collegio il Vescovo di Maranhào , altro Stato del Brasile, domandando una fondazione salesiana. Questo illustre prelato ancora studente a S. Sulpizio conobbe D. Bosco e stimò sempre la sua missione. È noto il truce fatto commesso dagli Indii pochi mesi fa, ammazzando i frati cappuccini, le suore coi rispettivi alunni ed alunne, duecento persone tra tutti. Quei poveri religiosi, in mezzo ai supplizii, non rivolgevano che una preghiera ai loro carnefici ; cioè che risparmiassero quelle povere ed innocenti creature. « Ep pure, andava esclamando D. Albera, che ha un zelo ardente per la salute delle anime, eppure dovremo abbandonare alla rovina tante e tante anime! Se l'avidità di arricchire trae alle spiagge brasiliane tanti ingordi trafficanti europei, che spesso cadono cadaveri sui mucchi d'oro raccolto, lo zelo delle anime non potrà condurvi i missionarii salesiani che hanno consacrato la loro vita per acquistare nuovi figli a Gesù Cristo? » Ma il nostro superiore sa, che fra i Salesiani non mancano i generosi ; sono i mezzi che mancano.
Alla Colonia Agricola di Jaboatao.
Era passato il tempo prefisso per la vìsita di quella casa. I giovani avevano terminato il loro ritiro spirituale e, secondo l'usanza dei nostri collegi, dovevano fare una passeggiata più lunga. Questa volta s'andò a due ora di distanza, alla nostra Colonia Agricola di Jaboatao, destìnata a scuola agricola ed a luogo di noviziato per coloro che domandassero di essere inscritti alla nostra pia Società. Il clima è assai più mite di quello della città e può servire benissimo in caso di malattia. Il terreno attuale non è molto ; basta tuttavia per una scuola agricola incipiente. La casa è poverissima, quei confratelli coi nove giovani vivono di sacrificii e sperano che la Provvidenza non tarderà a mandare il necessario. Quel giorno fu un giorno assai festeggiato; i giovani furono trattati se non splendidamente, certo con molta cordialità.
A bordo dell'Alagoas.
Il 25 ottobre il nostro itinerario segnava la partenza ; anche questa volta abbiamo incontrato un vapore nazionale, l'Alagoas, lo stesso che, per mandato dell'Imperatore, aveva tradotto prigioniero a Rio Janeio il Vescovo di Olinda, e che nell'89 , cambiato forma di Governo, portava D. Pietro II in Europa, per ordine dei repubblicani. Il mare si presta alle riflessioni, specie quando il tragitto è lungo, e noi pensavamo com'è vero che quando un potere non rispetta le attribuzioni di altro riconosciuto dalla coscienza del popolo, nega col fatto il principio di sua propria autorità. La coscienza che comanda a ciascun individuo di ubbidire a colui che governa, impone anche a questo di rispettare a sua volta un'altra autorità che non ripete il suo potere dal popolo, nè dalla volontà di alcun uomo, ma da Colui che regna su tutti gli uomini e che sta nei cieli. Cosicchè il combattere che fanno i governi contro il potere della Chiesa o il ribellarsi contro le sue leggi, equivale ad autorizzare gli stessi popoli a contraddire le disposizioni dei magistrati e a provocare la rivoluzione ed il disordine sociale.
Coloro i quali i titoli dei loro avi o la ruota della fortuna collocassero alla testa degli Stati non dovrebbero mai dimenticarsi che tutto è reciproco nella società, e che se su coloro che sono obbligati ad ubbidire pesano doveri sacri che li legano ai loro governanti, stringono costoro altri vincoli più forti che li obbligano a conformare nella giustizìa i proprii atti per conservare la loro autorità. La Chiesa condannerà mai sempre la ribellione ; è però un fatto che la storia registra che qualunque Governo che invade l'autorità altrui non può star sicuro della propria ed il Brasile n'è una prova. Al tempo dell'impero si voleva che i Vescovi non fossero che altrettanti stipendiati dal Governo ; il Governo s'intrometteva nella direzione dei seminarii , nelle nomine degli ecclesiastici , proibiva i noviziati, usurpava insomma l'autorità della Chiesa ed ecco che l'autorità dell'imperatore fu scalzata ed il 15 novembre 89 fu il giorno memorando. Dal 1890 la cattolica cessò di essere la religione dello Stato, il quale tutte le credenze esistenti e possibili ugualmente accetta e protegge. I vescovi non ricevono più nulla dal Governo per sostenere la loro dignità ; ma generalmente i fedeli suppliscono e l'episcopato, trovatosi libero , ha risvegliato l'antica fede, corretto e tolto molti abusi; cosicche oggi si è sul cammino di una vera e salutare trasformazione. Iddio sa ricavare il bene da tutto.
Il nostro vapore toccò brevemente Vittoria, capitale dello Stato di Spirito Santo, dove il Governatore ecclesiastico, un sardo, ci colmò di gentilezze. Ci volle con lui a pranzo e ci accompagnò fino a bordo, col suo coadiutore, anch'esso italiano ed antico nostro alunno, che rivisse tempestandoci di domande sui suoi antichi superiori. Quell'ultima notte fu terribile, fortissimi dolori assalsero Don Albera e per quanti calmanti gli somministrasse il dottore , non s'ottenne nulla ; l'affetto e le cure dei confratelli di Nictheroy lo migliorarono alquanto ; ma si rinunziò d'andare a S. Paolo per la benedizione della monumentale statua del Sacro Cuore di Gesù, dove l'aspettavano molti vescovi e tutti i confratelli e i cooperatori che l'avevano conosciuto mesi addietro.
Presto passeremo all'altro versante ; di là le manderò altre notizie sul viaggio del nostro superiore, che speriamo si rimetterà completamente. Faccia pregare a questo scopo poichè è troppo importante questa visita, e, se il demonio la impedisse, il danno che ne verrebbe sarebbe immenso.
La riverisco e mi ripeto
Nictheroy, 6 novembre 1901.
Umilissimo conf. e servo Sac. G. GUSMANO.
COLOMBIA
Pei poveri lebbrosi. Il primo lazzaretto dipartimentale. (Lettera di D. Evasio Rabagliati.)
CAR.mo E VENERATISSIMO PADRE, Medellin, 30 gennaio 1903.
È proprio giusto quel nostro proverbio che dice: l'uomo propone e Dio dispone. Da quasi tre mesi, mandato dall'obbedienza a questa città, non ho ancora ottenuto quello di cui l'obbedienza mi aveva incaricato; si va in vece ottenendo quello che il Signore o la Provvidenza voleva. Fui mandato qui dal sig. D. Albera per due fondazioni, una di Salesiani, l'altra per le Figlie di Maria Ausiliatrice; ma per la guerra civile che durava ancor ieri, e le cui conseguenze dureranno certamente molt'anni non fu possibile ottenere nè l'uno nè l'altro disegno. E mentre si attende la soluzione delle difficoltà esposte, mi occupo dei lebbrosi trovati in questo lontano dipartimento di Antioquia.
A proposito dì lebbrosi, che sono il tema di questa mia relazione, sono certe due cose. La prima, che 40 anni fa, secondo l'opinione di tutti i medici esperti in materia, nel dipartimento di Antioquia, non ve n'era neppur uno; la seconda, che oggi, sparsi per ogni dove in maggior o minor numero, se ne trovano complessivamente non meno di 500, forse 800 o 1000. Queste notizie le appresi dagli stessi medici di qui, incaricati dalle autorità di studiare e di combattere direttamente questo mostro della lebbra. Anche nell'ipotesi più benigna, che i lebbrosi di questo dipartimento non passino il mezzo migliaio, la cosa è pur gravissima, se si pensa al passato ed all'avvenire. Quaranta anni fa, qui nessuno era colpito da questo male : ed oggi ve ne sono almeno 500. Quante altre persone lo saranno in altri 40 anni, se non si mette mano a distruggere il male? Un solo, venuto qui casualmente dal dipartimento di Santander, che è il gran vivaio della lebbra in Colombia, in 40 anni ne ha prodotti 500 almeno e forse 1000; quanti ne produrranno questi 500 o 1000 in altri 40 anni, se essi saranno lasciati liberi a se stessi, per vivere, viaggiare, lavorare, e far quello che loro più talenta, senza un ostacolo al mondo?
Dopo il celebre congresso tenuto in Berlino l'anno 1896, nel quale si trovarono radunati ben 120 leprologi, accorsi da tutte le parti del mondo, le prime eminenze bella scienza e nello studio della lebbra; dopo che quei 120 medici illustri sottoscrissero Concordemente, senza un voto negativo, che, la lebbra, per essere malattia parassitaria, deve tenersi come eminentemente contagiosa sebbene non sia ereditaria, dopo allora, dico, non v'è quasi più medico di qualche grido che osi credere e molto meno insegnare che la lebbra non sia contagiosa. Seguire un'opinione contraria a quella del congresso di Berlino, è quanto meno una temerità.
Dunque se la lebbra è di sua natura eminentemente contagiosa, perchè parassitaria, o si distrugge dove si trova, o si propaga se vi è lasciata tranquilla. La causa precipua dell'enorme e rapidissimo progresso della lebbra, in questa Repubblica della Colombia, io la trovo nell'indifferenza di moltissimi, che fino ad oggi non si sono curati nè punto nè poco di questo male, credendolo inoffensivo; e quest'indifferenza ha la sua ragione di essere, nella convinzione troppo generale, che questo male non sia contagioso. Questa convinzione crebbe per causa di molti dei medici di qui, i quali insegnavano pubblicamente che la lebbra non era contagiosa. Ma, per esser giusti, dirò che essi meritano un po' di scusa.
Infatti si osserva molte volte che una persona sana vive in un lazzaretto di lebbrosi un anno, due o dieci senza riportarne il contagio. « Dunque la lebbra non è contagiosa, hanno detto; se lo fosse, come si spiega che il tale e tal altro ne è uscito salvo dal lazzaretto, o vi resta ancor incolume? » Si è pur visto che in una famiglia, un membro colpito dal male, in molti anni non ha contaminato nessuno di quelli che son vissuti con lui in intima dimestichezza : « Dunque non è certo che la lebbra sia contagiosa; la prova è troppo chiara. » Pur troppo le apparenze sono tutte in loro favore. Son molte centinaia di sani che vivono in Agua de Dios frammischiati ad un migliaio di lebbrosi, ed in molti anni, non si ha un solo esempio provato, che un solo ne sia uscito infetto. Da dieci anni e più varii Salesiani, e 10 Suore di Carità, sono al servizio di quegli ammalati, e finora, tra questi, non si ebbe a lamentare una sola disgrazia; la stessa cosa passa in Contratacion con quegli altri Salesiani che vi si trovano da sei anni e con quelle Figlie di Maria Ausiliatrice. Davvero, ripeto, che le apparenze sono in tutto favorevoli a quelli dell'opinione contraria.
Ma pure, domando io, come si spiega questo immenso sviluppo che la lebbra prende ogni di più in Colombia, se non si parte dal principio che essa sia veramente contagiosa? Si ritiene che non è ereditaria, sebbene la cosa sia molto misteriosa ed assai difficile a credersi. Ho osservato le mille volte nei lazzaretti bambini e bambine di pochi mesi ed anche di pochi anni, senza il menomo indizio del male, in braccio alle loro madri, completamente lebbrose. Ma ho pur osservato che è verso i dieci o dodici anni, che appariscono le prime traccie della malattia. Talvolta, anche più tardi, ai 15 o 20; come talora non si presentano mai; perchè sono totalmente refrattarii al male. Comunque, è certo che se la lebbra fosse malattia ereditaria, dovrebbero finir lebbrosi tutti i figli che avessero la disgrazia di avere tali genitori, ma così non è; i figli dei lebbrosi nascono sani, e durano in questo stato varii anni; e se s'ammalano più tardi, non è per eredità, ma per contagio. In questa materia, la mia convinzione è profonda, sebbene ad ogni passo ritrovo tali misteri che non seppi mai spiegarmi, e che ancora non arrivarono a spiegarmi nè i medici, nè i libri degli scienziati. Il fatto del P. Damian il celebre religioso belga morto nelle isole Haway, è troppo recente perchè si sia dimenticato. Per 10 anni stette al servizio dei lebbrosi di quelle isole, senza sentirne il minimo male; dopo 10 anni apparvero i primi sintomi della lebbra, e bastarono poi due anni per portarlo al sepolcro. Non basterebbe questo fatto per provare all'evidenza che la lebbra è malattia veramente contagiosa, sebbene non si sappia nè come, nè quando, avvenga il contagio?
Per me, il fatto più grave, immensamente più convincente in proposito, è quello che passa in questa Colombia. Leggendo gli annali della sua storia, ho trovato che al principio del secolo decimonono, vale a dire un secolo fa, i lebbrosi in questa Repubblica erano 92, quasi tutti in Santander. Oggi ne ha, per lo meno, trentamila e forse assai più.
E non bisogna essere veramente ciechi, per dire che non è contagiosa, quando si hanno sotto gli occhi le stragi e rovine immense che il male ha cagionato, e le vittime senza numero che esso ha fatto, e continua a fare?
Queste ed altre molto cose diceva io da un palpito di questa grande città, per scuotere questa gente dalla profonda illusione in cui si trovava. Presenti tutte le autorità civili ed ecclesiastiche, i medici ed un gran popolo, teneva due conferenze trattando della lebbra in Colombia. Bastarono per ottenere tutto l'effetto che io desiderava. Dopo la prima, Mons. Arcivescovo mi fece chiamare in sacrestia e mi dice senz'altro : « Mi avete tolta tutta l'allegria che io aveva provato in questi giorni, per l'annunzio della pace concessaci dopo tre lunghi anni. Le cose sentite mi hanno riempito il cuore di profonda tristezza; io non ne sapeva nulla di tutto quello che ci avete detto questa sera dal pulpito. Come è grave il male! Povera Colombia! » Dopo la seconda conferenza, tenuta la sera dopo, davanti ad un concorso maggiore, mi chiama di nuovo e m'interroga : « Non restereste volentieri qui con noi? Credo che il frutto delle vostre conferenze sarebbe immediato, se voi lo volete. Credo che tutti, autorità e particolari, siano al par di me disposti a qualsiasi sacrifizio, per restringere in parte almeno, il gran male che abbiamo fra noi. Si potrebbe fare in Antioquia il primo lazzaretto dipartimentale, e raccogliervi tosto i 500 o 1000 infermi che abbiamo. Ma bisogna che voi restiate qui, per mettervi a capo del movimento. L'opinione è ben preparata; l'entusiasmo è generale; il denaro non manca; manca l'uomo. Se voi ripartite, noi torneremo a dormire sull'orlo dell'abisso come prima; e può darsi che svegliandoci un'altra volta, il male abbia preso tali proporzioni che non sia più rimediabile. Come la penso io la pensa il sig. Governatore, la pensano i suoi ministri, tutti in generale. Fermatevi e tutto si farà e si farà presto.
- Non posso, veneratissimo Monsignore, non posso, gli risposi. Ho lasciato in Agua de Dios ed in Contratacion centinaia e centinaia di amici lebbrosi nelle più gravi strettezze; durante questi tre anni di guerra, son vissuti colle limosine che io raccoglieva a Bogotà e che mandava loro ogni settimana. Se non tornassi subito, sono certo che molti morrebbero di fame, specialmente quelli di Contratacion.
- Avete ragione, tornò a dire l'Arcivescovo, volete loro proprio bene, e non li volete abbandonare, quei vostri cari lebbrosi adesso che tanto hanno bisogno di voi. Ma anche noi potremmo darvi delle limosine per quei vostri ammalati; restereste allora? - Ma io sono religioso, eccellentissimo Monsignore, e non lo potrei fare senza un permesso dei miei superiori di Torino.
- A questo ci penserò io, egli mi disse allora, scriverò presto al sig. D. Rua, che ho veduto due volte in Italia durante i miei viaggi a Roma ; e son sicuro che il permesso verrà; frattanto mi prendo io ogni responsabilità. »
Presi tempo a riflettere, perchè la cosa mi pareva grave e seria, prima di dare una risposta definitiva. Ma poi ebbi tante altre insistenze dal Governatore, dai suoi segretari e da moltissimi privati, che mi arresi e mi fermai. Allora presi a scrivere nei giornali qualche appello chiedendo la limosina per i miei lebbrosi di Agua de Dios e Contratacion; ed in meno di 15 giorni io ebbi ben cento e due mila pesos, che mandai subito a Bogotà, perchè fossero distribuiti in parti convenienti fra i due lazzaretti. Tranquillo sulla sorte di quei cari nostri protetti, e sicuro che per qualche mese avrebbero di che mangiare, si fecero i primi passi per cercare un posto atto a fondare un grande ospedalelazzaretto nei dintorni della città, e si trovò a circa una lega e mezza di qui. Consultai l'Accademia di medicina di questa capitale, e ebbi unanime il suo assenso, con vivi incoraggiamenti.
Nel codice legislativo colombiano vi è una legge che si chiama de las mortuorias y donaciones entre vivos. In forza di questa legge è dovuto all'erario pubblico un tanto per mille di tutto quello che è lasciato per eredità o donato in vita; che poi il Governo dovrebbe invertire in beneficenza. La legge era stata fatta in favore degli schiavi, e durò fino verso la metà del secolo passato. Abolita la schiavitù, si conservò la legge in favore dei lebbrosi, o dirò meglio per combattere la lebbra, che fin d'allora minacciava di svilupparsi ognor più. Telegrafai subito a Bogotà, al Presidente della Repubblica ed al Ministero per sapere, se trattandosi di fare un lazzaretto di lebbrosi in Antioquia, ci lascierebbero il provento della legge suddetta. Mi risposero subito favorevolmente; e fu dato ordine alle autorità perchè mi consegnassero tutto il capitale esistente in cassa: cento ed otto mila pesos. Pregai allora il Governatore, perchè nominasse d'ufficio una Giunta di rispettabili signori, incaricati di ricevere quel danaro, e tutto quell'altro che io potessi raccogliere in limosina, e nello stesso tempo restasse incaricata di dirigere l'opera di costruzione del lazzaretto. Così fu fatto. Si cercarono due ingegneri capaci di fare i piani, ricavandoli da quelli che io aveva portato da Bogotà (in fotografia) già approvati dal Governo e dalla Giunta d'igiene della capitale, senza del cui consenso, nulla si potrebbe fare in materia di ospedali. Stando così le cose, il 15 dicembre, in compagnia di un buon signore, vecchio conoscente ed amico di Bogotà, dopo ricevuta la benedizione dell'Arcivescovo, che me la diede di gran cuore, io partiva da Medellin, verso la Provincia Sudest, per visitarne le popolazioni, e chieder loro la limosina per fondare questo primo lazzaretto dipartimentale.
(Continua).
PATAGONIA (Territ. del Neuquen).
Visita Pastorale e Missione di S. E. R.ma Monsignor Giovanni Cagliero. (1)
Junín de los Andes, 10 marzo 1902.
Alla volta di JunIn de los Andes - La Vicentina - Boschi pietrificati - Un' abile maestra - Caverne misteriose e casas de prieilra - Nella vallata di Colunco - Felice incontro - Preziosa confessione.
Il 17 febbraio ogni cosa era disposta e preparata per la nuova e pericolosa escursione al sud del Neuquen, nei principali punti abitati tra Las Lajas e Junín de los Andes, paesi distanti l'un dall'altro più di 70 leghe.
Monsignore, salutati e benedetti i suoi figli di Las Lajas, si diresse verso Colsunco, dov'era ansiosamente aspettato dagli abitanti di quella vallata. La guarnigione con la sua banda gli rese per l'ultima volta i dovuti onori e il sig. Colonnello Martino Gras col Giudice del dipartimento lo accompagnarono fino a Pichi-Malil. Noi pure lo seguivamo con tre soldati destinati a guidare il breack di campagna, il biroccio e ad attendere i cavalli e l'equipaggio.
Abbandonato ben presto il pittoresco e romantico fiume Agrio, volgemmo al sud-ovest costeggiando la Cordigliera Andina. Verso sera si giunse alla Vicentina, bella tenuta del sig. Alsina Demetrio, che ci trattò con ogni bontà e riguardo. Egli stesso ci condusse a visitare quel paradiso terrestre, frutto della sua costanza e del suo lavoro. Quanto incantevole il panorama di quella pianura irrigata dal fiumicello Pichi-Malil, e coperta qua di frumento e di verdi pascoli, e là di mille fiori e piante aromatiche e frondosi alberi !... Ci fermammo a riposare all'ombra di grossi salici piangenti, aspettando l'ora della cena, che non si fece attendere molto. La conversazione si protrasse fino a tarda ora, parlando dell'avvenire agricolo e pastorile di quel Territorio e del bene che si desiderava fare col nostro viaggio e missione.
La mattina seguente si celebrò per tempo la santa Messa ; poi preso in fretta un po' di caffè e salutato il padrone di casa ed i cari amici , ci rimettemmo in cammino. Non avevamo ancor percorso un chilometro, quando sul pendìo di una montagna osserviamo un grande strato di pietre calcaree di forma sferica e di vario dimensioni, le quali, come affermano gli abitanti, contengono un mollusco pietrificato. Si volle soddisfare la curiosità, e spaccate varie di quelle pietre, constatammo la verità del fatto.
Conduce alla vallata di Cohunco una lunga travesia (deserto) di sabbia e di pietre e priva di acqua, se si eccettua una piccola e microscopica sorgente chiamata hoyito, che conserva sempre un po' d'acqua al medesimo livello ed a certa profondità. Qui sostammo un momento. I cavalli, appena slegati corsero subito là, ove credevano dissetarsi, ma inutilmente, poiche, sebbene si sforzassero per introdurre il loro muso, non potevano arrivare fino all'acqua. Questo supplizio durò quasi mezz'ora. Sopraggiunse finalmente un'abile maestra, voglio dire una mula, che piegate le gambe potè bagnare la delicata sua bocca! La lezione fu imparata, e l'un dopo l'altro i cavalli si prostrarono riverenti davanti al piccolo hoyito. Fu giocoforza imitarne anche noi l'esempio ; e per ispegnere l'ardente sete , tutti , Monsignore, Missionari e soldati , dovemmo cercare tra il limo e le bave lasciate dai cavalli, almeno qualche goccia d'acqua.
Attaccate di nuovo le povere bestie, seguimmo il viaggio sotto i raggi di un sole cocente. Passammo davanti ad un monte formato da enormi macigni e che nasconde nel suo seno una caverna interminabile. L'entrata è piccola e stretta, ma dentro s'allarga e si alza in modo da formare grandi e fantastiche gallerie, lunghissime, misteriose, tali da scoraggiare i più abili naturalisti, che giammai osarono penetrare fino al fondo. Come nelle celebri caverne di Adelsberg in Carniola e di Mammouth nel Kentucky , pendono dall'alto una infinita quantità di coni formati dalle filtrazioni calcaree petrificate , ai quali rispondono altri coni appoggiati sol pavimento. Sono le così dette stalagmite e stalattite.
In diversi punti della Cordigliera vi sono pure altre grotte e caverne, le quali pur non avendo la grandezza di questa, formano nondimeno vere abitazioni , che servono di casa a molte famiglie indigene. È per questo che dette caverne si chiamano casas de pietra.
In sull'imbrunire giungiamo alla lunga e fertilissima vallata di Cohunco , irrigata dal fiume omonimo, ultimo affluente del Neuquen. Disceso l'erto pendìo, arriviamo alla tenuta del sig. Pavia Marcellino , che ci riceve colla più squisita bontà. Quantunque ricco ed ospitale, egli non dispone che di povere capanne di pali addossati l'uno coll'altro ed intonacati di fango, mancandogli il materiale per costruire un edilizio solido. Preparò immediatamente e mise a nostra disposizione le due abitazioni disponibili, una per cappella e l'altra per Monsignore. D. Milanesio stabilisce la sua dimora in un verde prato all'ombra degli arbusti silvestri ; gli altri Missionarii si rifugiano nella cappella, la quale non avendo nè porta, nè finestre, non pote ripararli dai terribili venti della Cordigliera, che tosto vennero a visitarli.
In Cohunco (parola araucana che significa acqua calda) ci siamo formati tre giorni per dare agli indii ed agli altri abitanti dei dintorni la comodità di far battezzare e cresimare tutti i loro bambini, benedire i matrimonii e ricevere la santa Comunione.
Una grata sorpresa ebbe Monsignore in questo frattempo : la visita inaspettata dei signori Sorondo, Alsina, Maglioni, Burgos ed altri amici, che viaggiavano alla volta di Las Lajas. Erano partiti da Buenos-Aires, alcuni per valicare le altissime montagne delle Ande e passare al Chilì, ed altri per visitare le loro grandi e fertili proprietà. Già avevano percorso più di 350 chilometri a cavallo. S'intrattennero alcuno ore con Monsignore in allegra e cordiale conversazione. V'era fra essi un naturalista nord-americano. Costui maravigliato della bontà del Vescovo e dello spirito di sacrifizio dei missionarii, disse: Sono protestante, però ammiro il sacerdote cattolico , giacchè se io mi espongo a mille privazioni per amore della scienza, essi affrontano mille sacrifizi pel bene del prossimo.
Una frase piena di ringraziamento fu la risposta del nostro Vicario Apostolico, il quale approfittò di questa propizia occasione per fare un qualche bene vero e pratico. Fra le altre cose, dirigendo la parola al sig. Sorondo, gli raccomandò la costruzione di due cappello : una nella valle di Guarinchenque ed un'altra in quella di Vilu-Malil, di sua proprietà, e dove la popolazione è numerosa sia d'indigeni come di cristiani.
Cosa analoga aveva già concertato Monsignore cogli abitanti di Las Lajas, essendo di assoluta necessità in quel centro così importante una chiesina ed una residenza fissa di Missionarii.
In Zapata - Laguna Blanca - Las discesa più pericolosa - Copiosi frutti in Picunuleufù - Nuovi pericoli - Soli - Perduti per una notte.
Il 21 febbraio partimmo da Cohunco, dopo aver salutato anche il sig. Fernandez, comandante di cavalleria ed ispettore delle frontiere argentine. Arrivava in quel momento in compagnia di un ingegnere militare, incaricato di studiare un tronco di ferrovia, dal punto chiamato Confluenza fino a Las Lajas.
L'ascensione delle erte e ripide giogaie, che avevamo di fronte, e che bisognava valicare, fu per noi ben difficile e molesta : le stesse mule si spaventavano e non osavano andare avanti. Negli altipiani abbiamo scoperto molte cave di gesso e di pietra calcarea, e cammin facendo discorrevamo delle ricchezze di quel luogo e dell'utilità di esplorare quel Territorio, mentre amene valli, profonde gole ed altro meraviglie della natura si presentavano ai nostri sguardi. Ma ecco che, repentinamente ci sorprende la pioggia, obbligandoci a domandar ospitalità nell'unica casa di quel luogo, chiamato Zapala.
I padroni di detta casa, che sono pure usufruttuarii di un terreno di 50 leghe di superficie, sono inglesi di cuor nobile e di fina educazione. Non è a dire con quanta amabilità e rispetto siamo stati ricevuti , specie Monsignore che fu oggetto delle più squisite attenzioni. Fu una vera festa di famiglia, rallegrata dalla musica e dai canti della figlia del padrone di casa e dei suoi quattro fratelli , oriundi della superba Albione. Più che l'abilità musicale, ci sorprese l'aspetto virile di quella giovane, che, come altra Giovanna d'Arco, maneggia il cavallo e le armi. Alla cintura porta sempre l'inseparabile revolver, quale testimonio del suo valore e come mezzo di difesa e salvaguardia del suo onore in quei posti percorsi alle volte da gente non sancta e sconosciuta.
Il dì seguente (22 febbraio) confondendo la luce della luna con quella del sole, ci alzammo all'una del mattino per continuare il nostro cammino. Difficilissimo fu il viaggio non solo per l'ascesa lunga e piena di pietre, ma più ancora per gli enormi mucchi di lava, che i vicini vulcani ab immemorabili hanno colà vomitato.
Al dopo pranzo già avevamo raggiunta la sommità, di dove discendendo come esperti bersaglieri siam presto arrivati alla spiaggia della Laguna Blanca. La sua superficie è di 24 chilometri e navigano in essa stormi di anitre, oche e cigni. È di poca profondità ; l'acqua di un colore argenteo, di un sapore disaggradevole.
Le scarse provvigioni ci offrirono un po'di alimento, che prendemmo così ritti in piedi, giacchè l'umidità del suolo ed il calore di un sole cocente c'impedirono sederci. Che contrasto !... Lì un sole infuocato e più in là la maestosa Cordigliera di Chachil tutta coperta di bianchissima neve!... Quelle vette bianche ed altissime, oh! come invitano ad ammirare l'onnipotenza di Dio, ed a cantare le sue grandezze!... Una cima si eleva superba in forma di una gran basilica, non mancandovi neppure una punta che ha l'aria di campanile
Continuammo di poi la nostra marcia tra valli e monti, or ascendendo ed or discendendo , fino a giungere ad un delizioso paraggio, nei cui verdi prati pascolano numerosi armenti. Più avanti troviamo una vasta pianura bagnata dal ruscello Nireco, e popolata da buoni e laboriosi chileni. Tutti stavano aspettando l'arrivo del Vescovo per salutarlo e ricevere la sua benedizione. Gli uomini, montando a cavallo, ci vollero accompagnare nella discesa più aspra e pericolosa che avevamo fino allora veduto, quella cioè di Picúnleufú. La presenza di questi caritativi montanari fu per noi provvidenziale e di gran aiuto, poichè la notte col suo negro manto ci sorprese a metà di quell'altissimo ed orribile pendio, che sembrava una infernal voragine , mentre giù in basso come nei più profondi abissi sentivamo correre e precipitarsi le acque del fiume, detto dagli indii Picúnleufú. In vista del pericolo Monsignore avea fatto lasciare i veicoli sopra di un piccolo altipiano. La mattina seguente, per tempo, i nostri cari amici risalirono l'erta cima, e dopo sei ore di sforzi erculei, riuscirono a far discendere anche il breack ed il biroccino con tutto l'equipaggio.
Il Picúnleufú (in indio vuol dire fiume del nord) nasce dalla Cordigliera Chachil, e percorre più di settanta leghe, quasi sempre rinchiuso tra montagne di considerevole altezza. La sua vallata è molto stretta, e la vista della sua profondità spaventa. È il primo dell'Alto Limay, che raccoglie le acque delle Ande, e l'ultimo che sbocca in detto fiume. Non ha nessun affluente, e nei calori estivi gli indii ed i chileni approfittano delle sue acque per l'irrigazione delle terre, perdendosi il resto negli immensi arenai vicino alla sua confluenza col Limay.
La signora vedova di Le Pen abita là in una modesta estancia (cascina). Essa ed i suoi tre figli, buoni bretoni della Vandea, ci trattarono colle più squisite dimostrazioni di venerazione ed affetto. Inoltre vollero avere l'onore di dare ospitalità a Monsignore ed ai suoi Missionarii , mostrando coi fatti quanto apprezzino il sacerdote cattolico.
Non avendo potuto edificare una nuova casa, come lo avevano pensato , ci alloggiarono nelle antiche capanne. Il locale del piccolo negozio si convertì in nostro dormitorio ; una modesta e pulita stanzetta servì per Monsignore, ed un'altra si trasformò in cappella, emulando la Rotonda di Roma, chè, come quella, lasciava entrare dal tetto e luce e pioggia.
La missione durò solo quattro giorni, ed era bello il vedere la gara e santa allegria con che venivano gli abitanti del Picúnleufú, e molti altri provenienti da regioni assai lontane. Essendo tutta gente buona e cristiana vollero compire i loro doveri religiosi; e quando per la gran concorrenza non si poteva di giorno, anche la notte si impiegava nelle confessioni. Avemmo la consolazione di amministrare 70 battesimi, benedire 14 matrimoni , dare 384 Comunioni e cresimare 418 tra piccoli ed adulti. Degna del più alto encomio si è la famiglia di Le Pen. Essa fu la prima a ricevere i SS. Sacramenti con la pietà e divozione propria degli antichi bretoni, calpestando al tempo intesso ogni rispetto umano. Presero anche parte alla missione molte carovane di indii araucanos e manzaneros. Li abbiamo istruiti nelle principali verità della fede, e si amministrò loro il Battesimo, la Cresima e la santa Comunione, avendo benedetto pure i loro matrimoni. Gli angeli, senza dubbio, avran fatto nel Cielo una gran festa, al contemplare tanti figli del deserto farsi fidi della Chiesa ed eredi dell'eterna gloria.
Il 26 di febbraio, accompagnati da molti amici (un centinaio di uomini a cavallo), partivano da Picúnleufù, seguendo sempre l'alta sponda di questo romantico fiume. Vedevasi a poca distanza la vetta, chiamata dagli indii Loan-Mauhida (monte dei guanachi) dove trovano sicuro rifugio questi poveri quadrupedi, oggigiorno cotanto perseguitati.
Il cammino era sempre più brutto e seminato di pericoli, come quello di una selva coperta di stipati arbusti, grosse pietre e precipizii. Monsignore ed il segretario andavano soli col cavallo di S. Francesco, e raccomandandosi ai santi Angeli Custodi, perchè li liberassero da ogni male. Non avevamo ancora percorso due leghe, quando sul pendio di un monte scosceso il nostro breack si capovolge ed insieme al cocchiere ed alle mule giù precipita.... quasi nel canale di un ruscello. Solo il buon Angelo del Signore potè liberare il povero cocchiere dalla morte e da ogni altra disgrazia. L'unica cosa che dovemmo lamentare si fu la rottura del veicolo, che sarebbe rimasto inservibile, se quelli che ci accompagnavano non l'avessero subito aggiustato alla meglio.
Un'ora dopo Monsignore si accomiatava da quella buona gente, e riprendevamo il viaggio con un certo sentimento di tristezza che preoccupava la nostra niente. Chi sa che cosa succederà ?... Oh ! coraggio!... la Divina Provvidenza verrà in nostro aiuto!...
Verso le ore 14 scatenossi un terribile temporale. Un vento furioso non solo c'involse in dense nubi di polvere, ma minacciava eziandio alzarci di peso da terra e farci volare senza voglia. In quei pericolosi momenti dovevamo controbilanciare la povera carrozza, perchè non rotolasse una secenda volta. Costeggiavamo la Laguna de la Casa de Piedra, che per la furia del vento sembrava un mare in tempesta : il cammino si faceva sempre più difficile. Passato l'altipiano ci prepariamo a scendere la lunga e ripida valle, quand'ecco la guida ( col pretesto che omai era inutile la sua presenza, e che il sentiero ci condurrebbe infallibilmente ove ci aspettavano, cioè alla casa dei signori Truijllo) ci saluta e s'allontana da noi.
Restiamo adunque soli , soli ; la notte ci sorprende e spaventose tenebre c'involgono per ogni parte; per di più un freddo intensissimo ci penetra fino alla midolla... Nondimeno vogliamo arrivare alla casa desiderata... ma il vento, le tenebre e più ancora i frequenti fossi e pantani ci consigliano altrimenti, e ci fermiamo.
Sono le ore 23... e noi intirizziti dal freddo, in perfetto digiuno fin dal mattino e sbalorditi dal vento, cerchiano almeno come riposare un poco sdraiandoci per terra e coprendoci nel miglior modo possibile. Per colmo di sventura un'ora dopo incomincia a piovere dirottamente, ed allora bagnati conte pulcini non sappiamo più che cosa fare. Alla pioggia succede subito un vento così forte e gelato da mettere in serio pericolo la nostra già malandata salute. Senza roba per coprirci e senza nessuna bibita spiritosa per riscaldarci rimaniamo tutta la notte in mezzo alla valle, tremando di freddo e circondati dalle alte vette rivestite di bianca neve.
All'alba D. Gavotto ed i soldati, che ci accompagnavano, si vedono nella necessità di galoppare fino alle otto per ritrovare e ricondurre i cavalli, scappati durante il temporale. Di ritorno il povero missionario, sentendosi venir meno, si avvicina e domanda aiuto. Ci affrettiamo a soccorrerlo... offrendogli alcuni sorsi d'acqua e di vino, che rimanevano nella borraccia , ed alcuni pezzi di pane e due uova, che troviamo nel canestro. Desideriamo accendere il fuoco per preparare qualche cosa di caldo, ma il vento non ce lo permette. Allo scomparire della nebbia , che riempiva tutta la vallata, divisiamo a poca distanza un'altra carovana. Erano i mulattieri e le guide della Commissione dei limiti (questione allora pendente col Chili), che coi bagagli ed i cavalli si dirigevano a Junín, San Martin ed al lago Nahuel Huapí.
Finalmente ancor noi ci mettiamo in marcia, e fortuna vuole che dopo circa due chilometri di viaggio ci trovassimo, con nostra gran sorpresa, davanti alla casa dei signori Trujillo. Siam quivi ben attesi e trattati colla più squisita bontà.
In Serra schiacciata - Nuovi episodi - Sulle sponde del fiume Catanlil- Il vulcano Lanin - La maschera di pietra, - Nella Region Manzanera.
Las Lapas, che in indio vuol dire serra schiacciata, è una valle amena e fertilissima. I suoi abitanti, quasi tutti dell'Uruguay, appartengono alla eroica città di Paysandú. I primi a salutarci furono due nostri antichi allievi. Fu questa per noi una vera allegrezza, e tanto più quando abbiamo saputo che essi colle buone maniere e somma affabilità si erano guadagnato la simpatia degli indii, infondendo nei loro animi rispetto ed amore alla nostra santa Religione. Oh! che Maria Ausiliatrice li benedica e protegga sempre, questi riconoscenti e veri discepoli del caro e venerato Mons. Lasagna !... Si poterono battezzare gli indigeni giovani ed adulti, benedire i loro matrimoni e far cristiane tante povere famiglie. Monsignore predicò varie volte e diede a tutti la Cresima e la santa Comunione. Altri vicini ed altri ancora vennero per ascoltare la santa Messa e ricevere i SS. Sacramenti. Fra essi è degna di menzione la famiglia veramente cattolica del signor Correa, la cui figlia maggiore è stata educata nel collegio delle Suore di Maria Ausiliatrice in Bahía Blanca.
Dopo due giorni di grata permanenza in Las Lapas salutiamo quei nostri veri e sinceri amici, mentre i signori Trujillo offrivano a Monsignore un generoso obolo per le ingenti spese delle missioni, e ci mettiamo in viaggio verso Catanlil , luogo distante dodici leghe da Las Lapas ed altrettante da Junín de los Andes. Montando l'aspra pendice della Sierra Chata, osserviamo grandi cave di pietra calcarea e di gesso , che saranno ben presto una sorgente di ricchezze per questa importante regione. Dalla cima dei monti ammiriamo magnifici panorami, e l'aria pura e balsamica ci ridona una nuova vita, piena d'entusiasmo e di santa allegria. Incontriamo lungo il cammino varie famiglie indigene, che abitano tra i fitti cespugli di arbusti silvestri. In uno di quei cespugli troviamo un povero ragazzo, il giorno prima caduto da cavallo, fracassandosi la testa. Il poverino era già moribondo. Lontano dai genitori, l'assistevano, come potevano, i suoi fratelli, che con lui guidavano il gregge in quel luogo solitario.
D. Gavotto lo riconobbe per uno dei ragazzi che frequentavano l'Oratorio festivo di Chos-Malal. Gli si amministrarono gli ultimi Sacramenti, e pochi momenti dopo quel giglio appena spuntato là nell'incolta e solitaria montagna, era traspiantato nei giardini del Cielo. Il suo buon Angelo l'aveva conservato in vita, affinche, in premio della sua virtù ed innocenza, potesse per mezzo del missionario ricevere i conforti di nostra santa Religione. Oh! com'è buono l'Angelo Custode!
Guidati da una esperta guida, si potè giungere verso sera all'altra tenuta dei signori Trujillo. L amministratore un antico alunno del nostro collegio di Paysandú. Ci ricevette con affetto di figlio, cedendoci contento la sua propria ed unica abitazione. Dopo cena Monsignore s'adagiò sopra un modesto letto, e noi sopra mucchi di cuoi e pelli di pecora.
La mattina seguente celebrata la santa Messa, si amministrò il santo Battesimo ad alcune famiglie di provinciali e di indigeni , benedicendo e santificando di poi i loro matrimoni. Gli indii unitamente ai loro figli e ad altri bambini cristiani ricevettero pure la santa Cresima.
Finita la piccola missione S. E. monta in breack, e ci dirigiamo verso la spiaggia del fiume Catanlil. Quivi ci aveva preccduti di una giornata e mezza D. Milanesio, per avvisare gli indii ed alcuni cristiani di quei luoghi del prossimo arrivo del Vescovo.
Il nostro viaggio fu bello ed ameno. Deliziosi prati, pittoresche colline e splendidi panorami fecero più breve la distanza delle otto leghe del prolungato saliscendi. Solo verso sera dobbiamo, per evitare pericoli, percorrere a piedi uno stretto ed alto sentiero tagliato a picco sul fiume Catanlil. A notte inoltrata arriviamo alla tenuta del sig. Policarpo Rodriguez, il quale oltre la sua propria casa, ci aveva preparato un'altra casetta per cattedrale ed episcopio di quella missione.
Questa casetta aveva due entrate senza porte, e due finestre senza vetri; cosichè fu giocoforza chiudere nel miglior modo possibile le aperture, e rimanere quasi all'oscuro, per difenderci dal vento forte e freddo della Cordigliera. Mons. mal fermo in salute, a conseguenza della memorabile notte di Las Lapas, dovette rimanere a letto due giorni; limitandosi ad alzarsi per celebrare la santa Messa ed amministrare la santa Cresima. Presero parte alla missione le famiglie cristiane, che popolano le fertili vallate dei dintorni, le quali, per mancanza di sacerdote, non avevano potuto compiere da molti anni i loro doveri religiosi. La misericordia infinita del nostro buon Dio, premiò i nostri sacrifizii, e ci consolò, operando veri e grandi miracoli di conversioni.
Vi fu molta affluenza di indii, ai quali D. Milanesio, con sommo interesse , e parlando nel loro idioma, insegnava la verità della fede, predicava e celebrava la S. Messa. L'ultimo giorno della missione li battezzò, benedisse i loro matrimonii, e loro diede la santa Communione, che ricevettero con gran divozione ed esemplare pietà. Furono poi anch'essi cresimati da Monsignore.
I frutti di grazia raccolti in Catanlil non potevano essere né più preziosi, nè più abbondanti. Prima di partire si benedisse un nuovo cimitero, e si eresse un'altra croce di legno, come ricordo della visita pastorale a quelle terre benedette da Dio de rore coeli et de pinguedine terrae.
La parola Catanlil significa buco nella pietra perchè vi è nella valle un grosso macigno che ha un'apertura così grande, da passarvi con facilità un'uomo montato a cavallo. Gli indii, che sono tanto superstiziosi, vogliono transitarvi in arcioni, e se ottengono passare senza ostacolo nè inciampo, se ne vanno contenti, credendo che la sorte sarà loro favorevole.
Il 5 marzo lasciavamo il Catanlil per dirigerci verso Junin de los Andes; e la sera dello stesso giorno già si attraversava il ruscello Sant'Ignazio, e si riposava seduti sulla sua verde sponda destra. I cavalli mentre noi ci rifocillavamo trovarono non solo limpide acque per dissettarsi, ma anche ubertosi campi ove pascolarsi.
Essendo difficile, e quasi direi , impossibile la salite dei colli rocciosi, che avevamo di fronte, abbiamo dovuto dar di piglio al badile ed al piccone per rompere le pietre ed uguagliare il cammino. Erano i nostri i primi veicoli, che di lì passavano. A certo punto cascò una mula sotto il carretto; e ci costò nuove fatiche e sudori per salvarla, e salvar con essa anche la carica. Ben presto perdemmo di vista le cordigliere di Ciacil e di Las Lapas; e ci si presentarono nuovi orizzonti, e giù in fondo vedevamo elevarsi orgogliosa ed in forma conica la cordigliera di Chapelcó ed il superbo vulcano Lanin, la cui vetta sembra voglia sfidare il cielo (3700 m.). Le sue falde sono tutte ricoperte di lava, che vomitò con spaventosa furia in tempi sconosciuti.
Al presente pare spento, ma alle volte suol far la sua fumata, cacciando fuori del cratere colonne di spesso e negro fumo, ingemmato con scintille luminose. È vestito di eterna e bianca neve; e per la sua altezza come per la sua veste candida, serve di faro ai poveri viaggiatori, che lo distinguono alla distanza di 40 e più leghe. A notte fatta, discendevamo la scabrosa ed altissima erta che conduce al fiume Collón-curá, il maggiore degli affluenti dei Limay. Alle sua sponda sleghiamo i cavalli, ed alloggiamo nell'umile tugurio di due buoni spagnuoli, incaricati di guardare la balza nella traversata del fiume.
Monsignor riposò sopra il miglior letto che essi avevano, cioè sopra cuoi di lana; e noi sotto una piccola tettoia in mezzo al fieno. Avremmo dormito tranquilli fino alla mattina, se il mormorio delle acque nel loro vertiginoso corso, non ci avesse destati. Gli indii chiamarono questo fiume Collón-curá cioè maschera di pietra; perchè vicino alla sponda v'ha una grossa pietra, che rassomiglia alla faccia di un uomo. Riceve le acque di tre grandi laghi Aluminé Lolog e Huechau-Lauquén, e di altri piccoli laghetti, che danno una superficie acquea di 213 chilometri quadrati. Di qui nascono i grossi fiumi Aluminé, Catanlil, Quilquihue Chimehuin. Il suo letto è rinchiuso fra altissime e rocciose montagne , ed è assai largo e pieno di pietre. L'abbiamo passato con molta fatica e difficoltà.
Di qui siamo entrati in una vallata con un pendio soave e delizioso; ma dopo tre ore di gradevole salita dovevano incominciare la seria e difficile discesa, chiavata del Chimehuín. Il sentiero giù per la barranca è sommamente pericoloso; solo una gran precauzione e la protezione del Cielo può liberare da certe ed orribili catastrofi. Scesi felicemente, riposiamo alquanto all'ombra di un antico e grosso chañar (arbusto patagonico), e preso un po', di ristoro continuiamo la strada verso Junín de los Andes. Eravamo in uno dei più bei paesaggi della Región Manzanera (pomifera); ed i boschi di pomi carichi di frutti, fecero venire la tentazione alle nostre guide, che di quando in quando si arrampicavano su per gli alberi, per servirsi a sazietà.
Dopo quattro ore di viaggio alle falde del monte Peno, popolato di alti cipressi e giganteschi pini, arriviamo alla sponda sinistra del fiume Quilquihue. Qui osserviamo che i cavalli stanchi hanno bisogno di fermarsi: e perciò crediamo conveniente farli entrare in un corral (tratto di terra rinchiuso), perche riposassero. Giunto il momento di partire cerchiamo nuovamente di metterli sotto il giogo; ma inutilmente, poichè furiosissimi incominciano a saltare il piccolo steccato, ed allontanarsi da noi. È allora provvidenziale l'arrivo di uno dei nostri soldati, che conduceva nove mule, smarrite la sera antecedente nella valle del Collón-curá. Col suo aiuto abbiam potuto chiamare all'ordine i ribelli, e continuare la marcia.
Con molte difficoltà si passò l'impetuoso fiume Quilquihue (luogo di falconi); ed il docile destriere di Monsignore essendo piuttosto piccolo, e l'acqua abbastanza profonda, si videro l'uno e l'altro assai rinfrescati; e ne uscirono gocciolando, come da un bagno. A poche leghe troviamo un'altro fiume, il Carruhé (antico fortino), e quivi proprio nel mezzo dell'alveo s'incapricciano le mule, ed il carretto resta incassato tra le pietre. Erano le ore 20; ed i buoni soldati dovettero nell'oscurità della notte gettarsi all'acqua per salvare le mule, il carro e l'equipaggio.
Seguimmo poscia il cammino guidati dal nostro Missionario D. Zaccaria Genghini, che da Junin era venuto ad incontrarci. Nei passi difficili e nei fossati nascosti dall'erba abbiamo corsi serii pericoli; e ci ricorderemo sempre degli spintoni ed urtoni, che finirono di sconquassare le nostre già stanche membra. Ma finalmente arriviamo alla meta cotanto sospirata, Junín de los Andes; e dopo 50 giorni di penoso viaggio, e dopo una escursione di 130 leghe da Chos-Malal, entravamo sani e salvi nella nostra Casa di Missione... Oh! che dolci emozioni al rivedere i cari confratelli, e tanti giovanetti indigeni, orfani ed abbandonati...
La mattina seguente nella devota Cappella del Collegio si cantò un solenne Tedeum in ringraziamento. Assistette un numeroso pubblico, i nostri giovanetti ed il collegio delle Suore di Maria Ausiliatrice. La benedizione col SS. Sacramento, preceduta da una breve e fervorosa allocuzione di Monsignore, lenì tutte le sofferte pene ed amarezze ; e c'infuse nuovo animo per incominciare altre imprese per la maggior gloria di Dio, e pel bene delle anime.
(Continua.)
IN FASCIO
Missione dell' Isola Dawson (PaTAGONIA MERIDIONALE). - D. Maggiorino Borgatello, Parroco di Punta Arenas, ha inviato al nostro Rettor Maggiore queste notizie : « Ebbi il piacere di passare quindici giorni in Dawson (dal 22 gennaio al 5 febbraio corrente) che furono per me giorni di paradiso. Visitai tutte le case della missione. Quei nostri confratelli, sequestrati da tutto il mondo, e sempre occupati ne' lavori con gli indii, si rallegrano sempre quando possono vedere qualche confratello di Punta Arenas o di altre parti. Passai con loro la festa di S. Francesco. Ebbene, avesse veduto, amatissimo Padre, che splendore di sacre funzioni. Cantai Messa in terzo e un coro di fanciulli indiani, di belle voci argentine, eseguì una divota Messa in canto fratto, sotto la direzione del confratello Pietro Savarino, che fa tanto bene. Il 31 gennaio, cantai altra Messa in suffragio del nostro compianto e venerato Fondatore. Poi, siccome questi confratelli non avevano mai preso nota dei lavori esistenti nell'isola e del rispettivo valore, tanto per nostra norma, approfittando del tempo che aveva libero, presi io nota di tutto; e facendo da geometra, misurai tutti gli steccati, tutte le cinte con fili di ferro, i ponti ecc. e contai i diversi capi di bestiane. Così ho registrato tutto. Presto manderò una copia di questo mio computo all'isola, poichè me ne pregarono, ed un'altra a Lei, signor Don Rua, perchè abbia un'idea dei molti lavori eseguiti in quella fiorente Missione dai nostri cari confratelli, aiutati dagli indii. Dio benedica i lòro sudori nunc et in perpetuum. »
Noi ti salutiamo, o alba avventurata del 17 maggio, o giorno eternamente memorando ne' fasti di Maria Ausiliatrice. Il real diadema si posa alfine sulla fronte di Lei; ed un popolo immenso, accorso dal Piemonte, dall'Italia e dall'Europa, l'acclama Regina. L'eco festosa vola alle sponde dell'Atlantico e del Pacifico e vi accende lo stesso tripudio. L'ora è solenne ! È un inno, un inno solo, un inno armonioso ed immenso, che avvolge dolcemente la terra e si solleva al cielo... O dies felix, memoranda fastis!
Nell'esultanza di questo giorno tutti hanno lo sguardo rivolto a Te, o Madre! A. Te si leva il nostro grido, ad Te clamamus; ai piedi Tuoi deponiamo il peso dei nostri affanni: ad Te suspiramus. Madre, la terra trema, le genti fremono e i figli degli uomini meditano cose vane Anche il Pontefice del Vaticano alza supplichevole le mani a Te... rinnova o Madre, gli antichi trionfi. Regna col divin tuo Figlio sulle intelligenze e le innonda di luce, regna sui cueri e ne ritempra gli affetti, regna sulle famiglie, sulle nazioni, sul mondo e lo avvolgi in un'onda di pace. Sii Regina, ma piena di misericordia... Salve, Regina, Mater misericordíae. Ecco, alfine risplende il giorno Tuo, il giorno del massimo dei Tuoi trionfi, il giorno avventurato che segnerà per noi, pe' Tuoi divoti, e per tutto il popolo cristiano un'era di soavi misericordie e di più copiosi e segnalati favori.... O dies felix, memoranda fastis!
Ricorri a Maria Ausiliatrice !
Una madre di cinque figli, mia cugina, fu colpita da una violentissima bronco-polmonite. Le si usarono tutti i riguardi del caso, le vennero prodigate tutte le cure dell'arte, ma divenendo il male sempre più violento, i medici la dichiararono irremissibilmente perduta e quindi le vengono amministrati gli ultimi Sacramenti. La mamma dell'inferma, al vederla al punto estremo ed al sentire le grida dei cinque nipotini, sentì uno schianto al cuore, ma insieme un voce misteriosa che le disse: « Ricorri a Maria Ausiliatrice! » Promise allora di spedire un'offerta al Santuario di Vaidocco e di far pubblicare la grazia implorata : ne diede l'annunzio alla povera moribonda e si sentì tranquilla. Infatti, mentre gli altri temevano, di ora in ora, il suo passaggio estremo, si notò un leggero miglioramento, che progredendo sempre ce l'ha ridonata completamente guarita.
Cadesassa (Sondrio), 13 febbraio 1903.
MADDALENA PRADÈ.
Entrando nel Santuario di Valdocco.
Ecco un prodigio della Vergine Ausiliatrice. Benchè il fatto sia avvenuto nel 1894, pure la riconoscenza della mia famiglia è sempre così viva ed ardente, che mi par bene di pubblicare finalmente una grazia così segnalata. Mio fratello Giovanni, allora decenne, non so se per qualche sua indiscretezza, aveva ricevuto da un tale un calcio terribile ad un ginocchio, che l'aveva fatto cadere tramortito. Dapprincipio non se ne fece nessun caso : ma poi i dolori nella parte offesa anzichè diminuire divennero acutissimi, ed il ginocchio apparve così enfiato che il poverino si mise a letto. Chiamato il medico, questi giudicò necessaria un'operazione e la fece, ma non so come: e il fatto sta che, dopo qualche tempo, peggiorando sempre le condizioni dell'infermo, il medico disse di avere sbagliato l'operazione e suggerì di portare Giovanni a Torino, per veder di salvarlo. Mia madre intanto s'era raccomandata alla Madonna, promettendo di andar in pellegrinaggio ad un santuario della nostra provincia, se avesse ottenuto il favore; ma l'ammalato sempre peggiorava. Lo condusse allora a Torino, e presentatasi all'ospedale di S. Giovanni, e fatto visitare il povero figliuolo, sentì dirsi che l'operazione necessaria era assai difficile, e che i medici, che avrebbero potuto eseguirla con successo, erano in vacanza. Occorreva aspettare. Fu quello un momento ben doloroso e per la mamma e pel fratello. Non sapendo a qual partito appigliarsi, la poveretta sentì in cuore l'ispirazione di recarsi al Santuario di Valdocco, e vi condusse Giovanni fra i dolori più atroci. Poverino, aveva già tanto sofferto nel viaggio ! Ebbene, entrare nella chiesa di Maria Ausiliatrice e cessargli i dolori come per incanto, fu una cosa sola. Pregarono con raddoppiato fervore, e da quel momento Giovanni cominciò a guarire. Tornarono a casa: e il fratello non solo non sentì rinnovarsi il minimo dolore, ma senza ulteriore operazione e con semplici fasciature che gli faceva mia madre, in breve lasciò le grucce e guarì completamente.
Sieno rese eterne grazie alla celeste Ausiliatrice, cui se questo racconto potesse accrescere anche d'un solo il numero di quelli che sperano in Lei, sarei ben fortunato.
Chieri, Cava S. Antonio, 6 aprile 1903.
GIUSEPPE REVERDITO, S. I. Guarito dalla paralisi.
Mio fratello sul principio di febbraio fu colpito da paralisi, che si sviluppò in menengite, e perdette l'uso della parola. Chiamati distintissimi medici, non dissimularono la gravità eccezionale del caso, dicendomi che era quasi assurdo lo sperare in una guarigione. Allora mi raccomandai con fiducia a Maria Ausiliatrice, perchè, anche solo per qualche ora, ridonasse all'infermo l'uso dei sensi, almeno quello della parola, sì che potesse confessarsi e ricevere la S. Comunione. Dopo quattro giorni le mie preghiere erano già ascoltate : il povero fratello ricevette i SS. Sacramenti non solo, ma continuò sempre a migliorare in modo, che oggi, con meraviglia di tutti, si è recato con me al Santuario dell'Ausiliatrice per ringraziare la cara Madonna di D. Bosco.
Torino, 24 marzo 1903.
CoRTASSA MARIA.
La medaglia di Maria Ausiliatrice.
Giaceva, giorni sono, inferno in quest'ospedale un giovane sui trent'anni, colpito da morbo fatale, ribelle ad ogni cura del medico. Disgraziatamente l'infermo aveva bevuto il veleno di dottrine antireligiose nei libri e nei giornali cattivi; e quindi, benche si vedesse agli estremi, rimaneva ostinato nel rifiutare i Santi Sacramenti. Tuttavia, un giorno che gli si ripetevano in proposito lo più dolci insinuazioni, disse che aveva promesso un regalo a Maria Ausiliatrice, se gli concedeva la guarigione. Conosciuta questa sua fiducia nella Madonna di D. Bosco, gli si offerse una medaglia di Lei, che egli accettò con piacere. Di lì a pochi giorni si confessò volentieri e munito di tutti i conforti religiosi spirò tranquillamente. Fu certo un nuovo trionfo di Maria Ausiliatrice.
Scarnafigi, 21 marzo 1903.
D. CIMALLESI BERNARDO, Rettore dell'Ospedale.
Una novena a Maria Ausiliatrice.
Da parecchi anni la Rev.da Suor Maria Consolata di Torino, Vincenzina dell'Istituto Albert di Maria Immacolata in Lanzo Torinese, andava soggetta ad afonia, che la colpiva a frequenti intervalli, il che le era di grave disturbo, dovendo applicarsi all'insegnamento. Anche quest'anno stava dal medesimo incomodo tribolata, quando noi sue alunno fummo esortate dal direttore del Collegio di D. Bosco in Lanzo a fare una novena in onore di Maria SS. Ausiliatrice per ottenere la guarigione della nostra maestra. Sullo prime questa disse di non sentirsi ispirata di pregare per guarire, ma vedendo che l'afonia continuava e che vi si aggiungeva un grande prostra mento di forze, con viva fiducia si associò a noi e si cominciò la novena suggeritaci. La Vergine SS. Ausiliatrice non si fece molto supplicare, e malgrado che il dottore avesse asserito essere necessario un assoluto riposo di un mese, la nostra maestra ricuperò la voce l'ottavo giorno della novena e due giorni appresso sentì dirsi dal dottore curante che notavisi un grande miglioramento nella sua salute. Da quel giorno la voce della nostra maestra non s'abbassò pur e noi riconoscenti alla cara Vergine Ausiliatrice, inviamo una piccola offerta con la promessa di ricorrere sempre a Lei nelle nostre necessità.
Lanzo Torinese, 11 marzo 1903.
LE ALUNNE del II e III corso complementare del Pio Istituto Albert.
PS. Alla cara Vergine Ausiliatrice invia pure umili grazie
Suor M.a CONSOLATA G.
Un'operazione felicemente superata.
Il 7 gennaio dell'anno corrente portai una piccola offerta al Santuario di Maria Ausiliatrice, per ottenere che la mia consorte potesse subire felicemente una gravissima operazione chirurgica. Tornai ai piedi della SS. Vergine il giorno 20, in cui doveva aver luogo l'operazione o mi raccomandai nuovamente alla Madonna, ben conoscendo la gra vità del male e perciò la pochissima probabilità della riuscita. E Maria Ausiliatrice esaudì le mie preghiere : la mia consorte operata di laparatomia per un fibro-cistoma mi venne resa dall'ospedale dopo soli 26 giorni da quell'operazione. La guarigione destò meraviglia fra gli stessi sanitari, ed io non dubito affatto dell'intercessione di una potenza superiore, che guidò il ferro chirurgico e sostenne in vita l'inferma durante l'ardua opera della cloroformizzazione, poichè, ripeto, le condizioni di salute dell'ammalata erano oltremodo precarie. Lieto di esternare la mia gratitudine verso la SS. Ausiliatrice che volle proteggerci nell'ora triste del dolore, mi auguro che le mie parole abbiano a commuovere coloro che nelle tribolazioni non sanno rivolgere il loro pensiero a Lei, che sola può recare aiuto e conforto.
Torino, Strada di Francia, 99 bis,
11 marzo 1903.
Rag. C. BIEBERMANN.
Ville S. Sebastiano (PORTO MAURIZIO) Due coniugi di questa mia parrocchia, rendono vivi ringraziamenti a Maria Ausiliatrice per varii favori ricevuti. Il più segnalato è questo. Una loro nipotina venne colta da violentissima febbre che la ridusse in brev'ora agli estremi. Quei buoni cristiani promettono una piccola offerta al Santuario di Valdocco ed una novena in onore di Maria Ausiliatrice e dopo un'ora ecco che diminuisce la febbre. Dopo un'altr'ora la fanciulla si addormenta e dorme tranquilla fino al mattino, in cui la febbre è sparita e la bimba è salva. Unisco le due loro piccolo offerte.
12 marzo 1903.
D. GIUSEPPE TRucco, Rettore.
Chiari (BRESCIA). - Ammalato di broncopolmonite mi trovai agli estremi. Ricevetti gli ultimi sacramenti, rassegnato a morire. In quei giorni memorandi mi feci raccomandare a Maria Ausiliatrice con una novena al suo Santuario ; e nell'ora in cui il sacerdote celebrava per me la santa Messa, mi sentii in tutta la persona una forza novella. Ora sono completamente guarito. Oh quanto è soave il dolce nome di Maria Ausiliatrice!
6 gennaio 1903.
EPIs FRANCESCO Cooperatore Salesiano.
Sanluri (SARDEGNA).- Dal 1891 fino allo scorso 1902 fui travagliato da dolori reumatici acutissimi. Leggendo nel Bollettino le grazie continue, che Maria Ausiliatrice dispensa a quelli che ricorrono a Lei, feci ricorso al spo patrocinio. Mi consigliai con queste buone Figlie di Maria Ausiliatrice e promisi di far celebrare una Messa al Santuario di Valdocco, se otteneva la grazia. Intanto cominciai una novena, ed a metà di essa i miei dolori disparvero per incanto: ed oggi son lieto di soddisfare alla mia promessa. Viva Maria Ausiliatrice!
14 febbraio 1903.
SCELTA AGOSTINO.
Cannara (UMBRIA). - La nostra Annettina fu colpita improvvisamente dal grup: non parlava più e solo un affannoso respiro la teneva in vita. Ci raccomandammo perchè nella Chiesa di queste Suore di Maria Ausiliatrice si celebrasse un triduo per la piccola inferma. Mentre si dava la benedizione e le campane coi loro rintocchi annunziavauo l'istante solenne, notammo subito nella cara bambina un leggero miglioramento, che fu il principio della sua rapida guarigione. Mandiamo una piccola offerta di ringraziamento, pieni di riconoscenza per la celeste Ausiliatrice.
31 marzo 1903.
Coniugi GASPaRI e LUCIa TORTI.
Foglizzo Canavese. - Mio fratello cadde digraziatamente dal carro e fu attraversato dalla ruota sul petto. Trasportato a casa più morto che vivo, fu tosto chiamato il medico , il quale non trovò nessuna rottura ; ma non potendo spiegare l'acuto dolore del sofferente, consigliò i parenti, i quali volevano chiamare un altro dottore, a portarlo all'Ospedale. Fuori di sè per il dolore in quel momento, senza pensare altro, senza indugio acconsentirono. Ma tali furono gli spasimi del poverino in quel trasporto, che quelli che l'accompagnavano credevano di vederselo spirare per via da un momento all'altro. Pure si giunse all'Ospedale, ove gli venne trovata rotta l'ottava costa. Mentre se ne stava facendo la cura, sopraggiunse una polmonite. Il caso era serio, il pericolo grave. Nella più profonda costernazione, i miei si rivolsero con fiducia a Maria Ausiliatrice, promettendo di pubblicare la grazia sul Bollettino ; e dopo pochi giorni cessò la febbre, scomparve ogni pericolo, e mio fratello fu completamente guarito. Sieno rese grazie infinite a Maria Ausiliatrice.
30 marzo 1903.
Ch. E. M. VISMARA, Salesiano.
Ottennero pure grazie da Maria SS.Ausiliatrice, e pieni di riconoscenza inviarono offerte al Santuario di Torino, o per la celebrazione di S. Messe di ringraziamento, o per le Missioni Salesiane, o per le altre Opere di D. Bosco, i seguenti
A.*) - Acqui: Garbarino Carolina 5, per grazia.Alassio: D. G. Boschi per grazia segnalata iu persona a lui carissima. - Alcamo (Trapani): Lo Sordo Filomena 1,65, per grazia. - Alice Belcolle: Migliardi Maria 6, per Messe di grazie per guarigione di un bambino. - Barbarico Francesca 2, per Messa di grazie. - Ascoli Piceno : Mazzi Costanza 5, per Messa di grazie per providenziale impiego ottenuto. - Avezzano (Aquila) : Ing. Barassano Michelangelo 10, per guarigione da distorsione interna riportata da un anno al piede destro, della quale sofferse spasmodicamente per sette mesi.
B) - Battaglia: Cocozza Nunziata Maria 5, per grazia.- - Bedretto (Cantori Ticino): Soldati D. Pietro 17, per grazie ricevute da varie persone. - Belforte Monferrato: Bosio Briata Paola 10, per tre grazie. - Biella: Meriglio Petronilla, per grazia. - Branzi. (Bergamo): Pedretti Giuseppe 5, per guarigione del figlio da violenta malattia, appena fatto il voto dell'accennata offerta. - Breno: B. B. 2, per Messa di grazie. - Briga Novarese: Carletti D. Autonio 5, per Messa di grazie, ascrivendo alle tante volte sperimentata protezione di Maria SS. Aus. il raggiungimento dei suoi ardenti desiderii. - Brisighella (Ravenna): Lanzoni Rachele 5, per grazia. - Busalla (Genova) per Messa di grazie. - Basca (Cuneo): Dogliani Ta ricco Felicita 100, per grazia. - Butera (Caltanisetta) Riggio Enrico 5, per grazia ricevuta da altra persona.
C) - Caccamo (Palermo): Ventura Scidino Vincenzo di Nicosia 2, per grazia. - Capo di Ponte (Brescia) Agostani Lavinia 2, per grazie. - Carmagnola: Cortassa Domenico 3. - Carpa-veto (Piacenza) : Paganuzzi Giuseppina 2, per guarigione di una sua sorella da cinque mesi gravemente ammalata - Castigliano (Viceuza): Pivato Onorina 2, per prodigiosa guarigione di persona che molto le sta a cuore e sulla salvezza della quale era svanita ogni speranza. - Castelrosso (Chivasso) : Lusso Teresa 2, per Messa di grazie. - Chieri : Una Figlia di Maria 25, per singolarissima grazia - G. T. e N. N.2, per due Messe in ringraziamento di due grazie segnalate - Chioggia (Venezia) : Baffo Giuseppina di Felice 9, per grazia - Cisterna d'Asti: Bassotti Teresa, fa celebrare due Messe per grazie. - Cologna (Sondrio) : Rinaldi Andrea 1, per grazia. -Conzano Monferrato : C. R. N. B. 2, per grazia. - Cremona : Galli Angelina 5, per Messa di grazie. Cresciano (Liguria): Antonini Maria 5, per grazia.
D) - Diano Marina: N. N. 2, per Massa di grazia e un anello. - N. N. 5, per Messa di grazia. - Dora Inferiore (Liguria) : D. F. Giuseppe, per grazia straordinaria, disperata da tutti, e per altri favori ottenuti fra cui la guarigione di un parente dopo che fu munito della medaglia benedetta di Maria Ausiliatrice.
F) - Ferrara: Una religiosa, per guarigione da crudele malattia del fratello prossimo a compiere gli studi teologici, ora già ripresi, e per aver potuto essa entrare fra le spose di Gesti dopo molti sospiri e preghiere. - Fivizzano (Massa Carrara) : Ghinetti Gioachino 5, per guarigione.
G) -Gabbiate (Brianza) : G. F. 5, per Messa di grazie. -Genoni (Cagliari): Tola Battista 100, in rendimento di grazia. - Gordola (Svizzera): Pelucca Maurizio 10, per disperata guarigione di un braccio.
I) - Iglesias (Cagliari): Cocco Maria 5, per grazia. - Pecorini Maria 2, per Messa di grazie.
L) - Lanusei (Cagliari): Demuro Ibba Monserrata 5, per grazia. - Lupazzano (Parma): Sessi Pietro e fratelli 10, per grazia.
31) - Madonna di Campagna (Torino) : Ciocatto Luigi 2, per guarigione - Messina: Teresa M. 3, per Mossa di grazia. --Mondovì Breo: S. N. N. Messa di grazie. - Moutescudo Forlì : Spisi Grossi Assunta 2, per Messa di grazie.
N) - Negrar (Verona) : Migliosi Clementina Morosi 10, per grazia. - Nozaredo di Prato (Udine) : Bertollano Luigi 3, per Messa di grazie. - Novara : S. P. V. 20 per grazia. - Cavallermaggiore: Abbona Paolo 5, per grazia.
O) - Ozieri (Sardegna); Sieri Don Leonardo, vice parroco della Cattedrale 5, per Messa di grazie.
P) - Palestro: Cucchi Marta 5, per guarigione del padre da parecchi anni malato. - Parma: Bussolati Ferdinanda 2,4-0, per Messa di grazie. - Pegli: Roccatagliata Alessio 5, per Messa di grazia per guarigione della madre contro il giudizio dei medici. - Pescantina (Verona) : Carcereri Giambattista 15, per grazia. - Zampieri Carolina 2, per Messa di grazie. - Pescosolido (Caserta) : Olga Patania contessa di Soia, per guarigione, dopo che la madre la votò all'Ausiliatrice promettendo un'offerta al suo Santuario in Torino e di rendere pubblica la grazia. - Pizone: Leoli Carlo 10, per Messa di grazie. - Pieve Pelago (Modena) : Grandi Oreste, per Messa di grazie. -Pralormo: Ferrero Domenico 5, per Messa di grazie - Premadio (Sondrio): Fiorina Maria per guarigione della nipote da grave malattia.- Pognolo (Cremona): Manfredi Tecla 4, per grazia.
IR) -- Rancio Valcuvia: Toma Virginia 5, per guarigione. - Riva sul Garda : I coniugi Ippolito ed Aurelia Righi scrivono : . Il nostro Lino pochi giorni or sono giaceva gravemente ammalato con febbre a 41°, in preda a malore complicato e dichiarato dai medici grave assai. Appena pregammo con tutta la fiducia di cui era capace la nostra anima, Maria SS. Ausiliatrice e le promettemmo una piccola offerta al suo Santuario in Torino, la febbre andò diminuendo, ed a soli sei giorni dalla crisi della malattia, il nostro caro figlio guaii. Ci teniamo quindi in obbligo di fare la tenue offerta promessa e di pubblicare la grazia, anche per animare gli altri alla fiducia nella Madonna di D. Bosco. - Rho : Pallasini Enrica 15, per grazia. - Bracca Maria 10, per guarigione. - Romentino (Novara): Rossari Angelina 12, a soddisfazione di voto per segualatissima grazia ottenuta. -Possano Y mete : Lonato D. Giuseppe 2, per grazia.
S) - Salerno: Barbanelo Maria 2, per Messa di grazie. - Sampeyre (Cuneo) : Girando Bernardino 10, per grazia. Dal Pozzo Antonietta 5, per grazia. - Savigno (Bologna) : Pallotti Zaccanti Claudia 6, per grazia. - Savona : Barberis Isabella 5, per Messe di grazia. - Sommariva del Bosco (Cuneo) : Garneri Antonietta 1,50, per grazia. - S. Cristina (Novara) : Valsesia Angela 10, per guarigione da grave malattia che l'avea condotta quasi in fine di vita, e in adempimento di voto. - S. Giovanni Giarre: Garaffo Agostina, offre un oggetto che le era caro, in adempimento di voto per ottenuta guarigione della sorella.- S. Quirico : Molinari Francesca Cambiaso 20, per grazia. - S. Renzo: A. N. 5, per grazia. - S. Vittoria d'Alba: N. N. 22' per essere stata guarita da epilessia dopo una novena di preghiere all'Ausiliatrice.
T) - Torino : E. Reycend, col cuore giubilante di riconoscenza adempie la promessa inviando offerta per guarigione da congestione cerebrale del suo amato fratello, che ricevuti già i Sacramenti e spedito dai medici fa salvo per la protezione dell'Ausiliatrice. Delnegro Anna, per grazia ottenuta alla figlia Suor Teresina. - Mondo Angela Bongiovanni 1, per grazia. Fenoglio Margherita 2, per grazia. - Torre Annunziata: Izzo Andrea 5, per grazia. - Trofarello : Bordino Maria, per Messa di grazie per guarigione. - Troina (Catania) : Nerone Teresa 10, per Messe di grazie.
V) - Valsalice : Chieni Giuseppe per Chieni Prospero di Dios di Belluno 10, per grazie ricevute. - Varengo (Alessandria) : Battaglia Giovanni 2, per grazia. - Vedano Olona (Conto) : Aliverri Adele 2, per grazie. - Venezia: Pasetti Eugenio 5, per grazia straordinaria. - Rubelli Santina 3, per Messa di grazie - Veruno (Novara); Mortaretti Don Giuseppe 5, per Messa di grazie. - Vezza d'Alba: Pasquero Secondo 20, per grazia. - Virle Piemonte: Messia Domenica 2, per Messa di grazie.
Mons. Ferdìnando Conte Capponì Arcivescovo dì Pisa.
LA sera del 21 marzo, Pisa perdeva l'amatissimo suo Arcivescovo ed i Salesiani un affettuosissimo padre.
Centinaia e centinaia di poveri cenciosi, ai quali Monsignore dava nella sua inesauribile carità pane e vesti; un numero non indifferente di poveri vergognosi di stender la mano, che nascondendo sotto vesti talora eleganti un corpo estenuato dai digiuni involontari trovavano nel palazzo arcivescovile la vano generosa che li soccorreva; le persone che per opera di Monsignore hanno ot tenuto impieghi o sussidi, le famiglie che a una sua parola hanno ritrovato la calma e la pace, orfani ricovrati a sue spese in luoghi di sana educazione morale, civile e religiosa piccoli e grandi che ad ogni ora hanno sempre trovato aperta la porta del palazzo episcopale, in cui erano ricevuti con gentilezza e squisitezza di modi senza mai vedere sul volto del Patrizio fiorentino nulla di tutto ciò che in buon volgare si traduce m'avete seccato; il clero che dal Conte Capponi ebbe sempre trattamenti improntati alla più squisita paterna benevolenza e quasi fraterna amicizia; tutti ne piangono la perdita e tutti, come un uomo solo, parlano il linguaggio della gratitudine, della più sentita riconoscenza, del rispettoso affetto, della devozione illimitata, dell'ammirazione sincera.
Ed è questo anche il linguaggio dei figli di Don Bosco, cine hanno sempre avuto nell'illustre estinto il benefattore munifico, il fido consigliere, il più tenero padre. Oh! di quali tenerezze Egli circondava continuamente i giovanetti di quel nostro Oratorio in via S. Eufrasia.
Mons. Ferdinando Conte Capponi era nato a Firenze il 1 Aprile 1835. Alla nobiltà dei natali Egli unì sempre la nobiltà della vita. Semplice chierico era già canonico della Metropolitana. Ordinato sacerdote nel dicembre 1858 faceva in patria un bene immenso , quando il Capitolo di Fiesole lo volle ad unanimità suo Vicario Capitolare. Creato da Pio IX Vescovo di Volterra ne 1873 fu dopo otto anni, dal S. P. Leone XIII preconizzato Arcivescovo di Tessalonica e Coadiutore con diritto di successione all'Arcivescovo di Pisa. E da Pisa, dalla sua cara Pisa, ov'era, più che amato, venerato da ogni ceto di persone, è volato al paradiso.
Dolentissimi di tanta perdita, raccomandiamo vivamente, ai nostri cooperatori l'anima sua e presentiamo le nostre sincere e riverenti condoglianze agli illustri suoi congiunti, specie all' Eccellentissimo Duca di S. Clemente, Vescovo di Pescia, cugino materno del compianto Arcivescovo.
accomandiamo pare in modo speciale ai suffragi dei nostri Cooperatori due ottime Cooperatrici passate a miglior vita negli scorsi mesi, cioè la Signora Amore Luigia nata: Rigo, morta a Gassino il 19 febbraio, e la Signora Candida Bottaro ved. Fravega, morta in Chieri il 31 marzo. La 1a fu donna laboriosa e pia, moglie e madre affettuosa, e ricevette diverse volte in casa sua i figli di D. Bosco, provvedendo loro con generosità degna d'encomio ogni onesto ristoro nelle loro igieniche escursioni. Ora gode già il premio del bene fatto e noi pregando per l'anima sua perenniamo la nostra gratitudine. Al Molto Rev. Parroco di Marmorito presso Castelnuovo d'Asti, degno figlio della defunta, rinnoviamo. vivissime le nostre condoglianze.
La 2a donna di preclare virtù dedicò i giorni della sua vita al culto della religione e della famiglia. All'altare consacrò un figlio, il Rev. D. Giuseppe Fravega, Canonico da tutti venerato ed amato dell'Insigne Collegiata di S. Maria della Scala in Chieri e nostro zelantissimo Cooperatore; al santuario domestico il suo cuore e l'opera sua. Il suo amore per D. Bosco e per la sua mirabileistituzione non venne mai meno in lei. Ben si merita quindi i nostri speciali suffragi i quali confidiamo che varranno a lenire alquanto il dolore della famiglia cui rinnoviamo le più vive e sincere condoglianze.
GENOVA. - Per le opere di Don Bosco -L'8 marzo, in una splendida sala dell'Istituto delle Dorotee, si tenne un'importante adunanza di signore genovesi per costituire un comitato salesiano delle dame patronesse delle opere di Don Bosco.
Presiedeva S. E. R.ma Mons. Morganti, Vescovo di Bobbio, il quale trattenne a lungo l'eletto uditorio sul compito riservato alla donna nel vasto campo dell'azione cristiana. Disse con vero entusiasmo del lavoro compiuto dalle dame patronesse milanesi per l'opera salesiana. Parlò poscia il nostro D. Trione, e spiegò il mezzo facile per costituire subito il Comitato delle signore patronesse.- Accennò al congresso salesiano generale invitando tutte le signore presenti. Per ultimo parlò Monsignor Balestrino, quale direttore del nuovo Comitato, assicurando che le signore genovesi non saranno seconde nello zelo per le opere di Don Bosco alle dame patronesse di qualunque altra città.
Sicuri dei copiosissimi frutti che noi potremo raccogliere da questa nuova associazione, umiliamo alla singole patronesse ed al zelantissimo loro Direttore i nostri vivi ringraziamenti.
JESI. - Festa di S. Giuseppe - Solennissima riuscì quest'anno all'Istituto Salesiano di Jesi la festa di S. Giuseppe, per intervento dell'Ecc.mo Vescovo Mons. Ricci che disse in modo nobilissimo e commovente le lodi del Santo. Abbian voluto dare questa riconoscenza al zelantissimo Prelato, che ha per le opere di D. Dosco un affetto ed un cuore di padre.
RAPALLO. - In memoria di D. Bosco - L'8 marzo, nel nostro Oratorio di Rapallo, fu solennemente commemorato il XV Anniversario della morte del nostro Fondatore. Intervennero alla tornata accademica molti nobili signori, tra i quali il Conte Garzelli Bruno ed il generale Conte Valfrè di Bonzo, e vi aderirono con telegramma Mons. Vescovo di Bobbio ed il nostro Rettor Maggiore. In tutto l'insieme, nota il corrispondente del Cittadino di Genova, l'adunanza accademica riuscì una degna commemorazione di quel, Grande, che fu gloria della Chiesa e del sacerdozio.
S. PIER D'ARENA. - Pel Giubileo Pontificale - Per iniziativa del zelante nostro Ispettore Don Bussi, la prima domenica di marzo, si tenue dal prof. D. Simonetti di Biella, nel nostro Ospizio di S. Vincenzo de' Paoli, una conferenza sulle benemerenze di Leone XIII per la gioventù ed il ceto operaio. Erano presenti oltre tutti i giovani ed operai dell'Istituto, anche i rappresentanti dei Comitati Parrocchiali, delle Conferenze di S. Vincenzo, e della Società Operaia Cattolica di S. Maurizio. La conferenza accolta con entusiasmo, terminò con la lettura di un affettuosissimo telegramma da inviarsi al S. Padre, il quale, per mezzo dell'Em° Card. Rampolla, rispose in questi termini: S. Padre gradisce omaggio ed attestato di figliale divozione ed attaccamento; ed impartisce con paterno affetto a lei, al Prof. Simonetti, ai giovani studenti ed operai dell'istituto opificio Salesiano , ai comitati parocchiali, alle conferenze di S. Vincenzo ed alla società operaia cattolica S. Maurizio l'apostolica benedizione. - È bene rilevare che quei bravi operai e tutti i presenti a quell'imponente adunanza avessero telegrafato al S. Padre di offrir a Dio parte della loro esistenza per la conservazione della vita preziosissima di Sua Santità.
TRIESTE. - Per l'Opera Salesiana - Preceduta da due brillanti conferenze tenute da Mons. Conte di S. Fermo nella Chiesa di S. Antonio vecchio e in quella dei Cappucini, il 9 marzo, a cura dell'attivissimo comitato di signore patronesse dell'opera nostra, s'inaugurò nel teatro Goldoni una gran fiera di beneficenza. L'apertura fu quanto di più solenne immaginar si possa, onorata dalla presenza di S. E. il Luogotenente e di cento e cento illustri persone. Mons. Petronio pronunziò un elevato discorso inaugurale che incantò e rapì; parlò applaudita anche la Presidentessa del comitato. La fiera, animatissima, durò fino al giorno 14. - « Il 18 giugno 1899, così l'Amico di Trieste, un teatro pieno di garibaldini e socialisti levava al cielo un grido, un grido di morte ai Salesiani, un grido di riscossa dai nemici. Quel grido, simile al rombo d'un cannone, aveva costernato tutti; pareva che la vittoria fosse già decretata ai nemici della gioventù. A mano a mano che le onde sonore si disperdevano, i fanciulli si rifugiavano dai Salesiani. Il 30 luglio la banda Salesiana faceva la prima comparsa. Il 13 novombre si apriva alla sala di Borsa il primo bazar. Il 28 ottobre 1901 si benediceva alla presenza di Don Rua la nuova casa dei Salesiani. A coprire lo spese di costruzione ed impianto ecco aprirsi questo secondo bazar. Ma dove? Consigli di Dio siete imperscrutabili ! In un teatro... il teatro Goldoni. E non per un'ora sola come il comizio di allora, ma per una settimana intera. » Presentiamo i nostri umili ringraziamenti a quanti cooperarono alla splendida riuscita di quest'opera di beneficenza, segnatamente alla nobil donna De Seppi, la prestantissima dama che vi dedicò con uno zelo superiore ed ogni elogio tutta la sua attività prodigiosa.
ANCONA. - Solenne premiazione - Onorata dall'intervento di S. E. il Card. Manara e di molti ragguardevoli signori ecclesiastici e laici, il 20 marzo in quel nostro istituto, ebbe luogo la premiazione degli alunni che frequentano l'Oratorio festivo, e l'estrazione dei premi di S. S. Leone XIII e dell'E.m° Card. Vescovo pei benefattori dell'opera salesiana d'Ancona. Il discorso d'occasione fu detto dal Rev.mo Mons. Ragnini con vera eloquenza ed ascoltato col più vivo interesse. Dei quattro premi pei benefattori il primo toccò allo stesso Mons. Ragnini ed il secondo al , Conte Mengoni, che si affrettarono a dichiarare di rilasciarli a favore dell'Istituto. Il Cardinale conchiuse con affettuosissime parole ai giovanetti, eccitandoli a corrispondere sempre alle premure dei superiori : e manifestò ai presenti quanto desideri il suo cuore di pastore, che s'innalzi accanto all'Istituto il tempio ideato, di assoluta necessità per quel popolatissimo rione.
LA PLATA (REPUBBLICA ARGENTINA). Frutti consolanti. - Don Giovanni Zaninetti, direttore del nostro Collegio del S. Cuore in La Plata scrive al signor D. Rua: « Fu meraviglioso il modo con cui fu innalzato questo tempio al S. Cuore di Gesù; e le benedizioni del Signore non sono venute ancor meno. Il S. Cuore di Gesù ci assiste visibilmente. Come ha voluto innalzare questa chiesa non ostante la crisi universale e la nostra incapacità, così ora provvederà tutto il necessario pel suo maggior decoro e per tutto lo splendore del culto. Nei giorni festivi, un popolo numeroso assiste alle tre Messe che noi vi celebriamo, ed alla predica che sempre segue le ultime due. Pei giovani abbiamo innalzato una cappella a destra dell'altar maggiore, dalla quale assistono alle pubbliche funzioni, senza essere in vista degli esterni. Il collegio presentemente ha 270 alunni e ne potrebbe contenere 350, se non mancassimo di personale. Siamo quattro sacerdoti, cinque chierici, e nessun altro; e dobbiamo attendere anche all'Istitituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, che è assai fiorente. Mons. Terrero e Mons. Alberti ci amano tanto, ci visitano spesso e non si rifiutano per qualsiasi funzione. La festa di San Francesco di Sales l'abbiamo rimandata al 1° di marzo. Mons. Alberti dirà la Messa della Comunione generale e terrà la conferenza prescritta dal regolamento. Ci raccomandiamo vivamente per qualche confratello in aiuto... È da quattro anni che domandiamo un confratello coadiutore e non l'ho ancora ottenuto, perchè il nostro Ispettore dice che non ha chi mandare. Tuttavia si fa quel che si può e il Signore ci benedice. »
QUITO (EQUATORE). - Movimento Salesiano. - Ci scrivono: « Il 1° febbraio, si celebrò nella nostra casa della Tola la festa di S. Francesco di Sales. Riuscì veramente solenne. Celebrò la Messa della comunione generale l'esimio nostro benefattore S. E. Rev. Mons. Arcivescovo Pietro Callisto Gonzalez. I nostri giovani, duecento circa, con grande edificazione del popolo, si accostarono al celeste banchetto. Dopo la Messa, Mons. Arcive scovo amministrò il Sacramento della Cresima a buon numero di bambini e bambine. Al vangelo della Messa solenne, assistita pontificalmente da S. E. e cantata dal Can. Dott. Mateus, insigne nostro cooperatore, anzi decurione e membro del Comitato Salesiano, salì il pulpito il Rev.mo Dott. Julio Matovelle, che con felice eloquenza tessè da maestro le lodi del nostro Patrono. A mezzodì Mons. Gonzalez, circondato da molti nostri benefattori, si degnò di sedere alla nostra mensa, preparata nel maggior salone del collegio, insieme coi nostri giovanetti. Anche le funzioni della sera, il saluto a S. Eccellenza ed il trattenimento drammatico riuscirono a meraviglia. L'8 febbraio vi fu la conferenza con esito felicissimo. Si tenne nella chiesa dei PP. Gesuiti ed oratore fu il celebre P. Enrico Faura della stessa Compagnia Nel giorno appresso, nella stessa chiesa, con assistenza di Mons. Arcivescovo che diede l'assoluzione al magnifico tumolo apparecchiato dagli stessi PP. Gesuiti, si fece un solenne funerale in suffragio di D. Bosco e dell'indimenticabile suo figlio Don Luigi Calcagno. Preghino i buoni Cooperatori, perche il Signore continui a benedire l'opera nostra. »
FOSSANO. - Solenne premiazione al Collegio Convitto. - Ebbe luogo il 24 gennaio con l'intervento di S. E. Mons. Emiliano Manacorda, del Comm. Gennoscio, Prefetto della Provincia, dell'on. Falletti, dell'egregio assessore Ravera, rappresentante del Sindaco indisposto, di Mons. Masera Vic. Gen. e di tanti altri illustri signori e signore che sarebbe troppo lungo l'enunciare. Il Rettore del Convitto , il nostro confratello Don Finco tratteggiò lo sviluppo preso dall'istituto negli ultimi tre anni. Applauditissimo fu il discorso del prof. A. Leone, riuscito il saggio musico-letterario. Ma ciò che è più degno di nota fu la parola delle autorità presenti. Esordì l'on. Falletti constatando l'alto onore in cui sono tenute tutte le scuole fossanesi. Il rappresentante del Sindaco saluta i cospicui personaggi che onorarono di loro presenza la simpatica festa, si congratula col prof. Finco per quanto ha saputo fare a pro del Convinto, e si compiacque di manifestare tutta la sua simpatia pel sistema educativo dei Salesiani. Il R. Prefetto disse che non faceva mestieri di parole di lode, perchè le opere parlano da sè : si augurava che a sì splendidi effetti non venissero mai pieno le cause, e dichiarò con sommo piacere che sulla visita fatta aveva trovato un perfetto buon ordine, pulizia e quasi eleganza, per cui congratulavasi col Rettore e col Municipio. Come finì di parlare, passò con somma degnazione a stringere la mano ai giovani del Convitto, per meglio dimostrare tutta la sua soddisfazione. Finalmente prendeva la parola il veneratissimo Mons. Manacorda, dicendosi lieto nel vedere riunite alla cara festa tutte le autorità, cui porgeva i suoi ringraziamenti , ringraziava pure affettuosamente i Salesiani, tanto cari al suo cuore, per l'opera salutare che essi compiono nella sua diletta Fossano.
CHIERI. - La festa di S. Giuseppe e la la Comunione all'Oratorio di S. Luigi. - Scrive la Scintilla del 21 marzo:
« Preparata da un devoto triduo, questa festa riuscì devota assai per i numerosi giovani dell'Oratorio. Alla Messa della Comunione generale ben 150 furono quelli che si cibarono del Pane dei forti e fra questi parecchi che facevano la loro prima Comunione. La solennità dell'atto e la pompa esteriore lasciò in tutti profonda impressione. Alla sera la parola animata del prof. Don Emilio Dellamula nel panegirico e la ben riuscita Accademia Musico-letteraria, cui prese parte l'illustrissimo Preside del Liceo, parecchi signori e signore., nonchò i giovani dell'Oratorio coi loro parenti, compì l'opera e rese memorando questo dì. L'Accademia fu chiusa da brevi parole del direttore, il quale, ringraziati gli intervenuti, eccitò i giovani a studiare il catechismo e a prepararsi degnamente all'atto più grande della vita che è la prima comunione ben fatta. I quadri viventi furono degni della giornata e bissati. »
- Gli Esercizi Spirituali alle operaie nella Chiesa di Maria Ausiliatrice. - Dal numero dell'11 aprile dello stesso giornale rileviamo pure cou piacere che nella nostra Chiesa di Maria Ausiliatrice ebbe luogo anche quest'anno il corso di Spirituali Esercizi per le operaie della città. Il concorso alle prediche fu straordinario, essendo stata la Chiesa letteralmente gremita tutte le sere. La Comunione Generale nella domenica delle Palme, sorpassò il migliaio. Vi furono pure numerose prime Comunioni e durante la commovente funzione ogni bambina era assistita da una Figlia di Maria in divisa, che colla candela in mano prendeva parte ad una secondo rigenerazione assumendosi nello stesso tempo l'impegno di vegliare su di essa come vera madrina.
A compiere e rallegrare vieppiù la festa di chiusura, giunse gratissima per telegramma la benedizione del Santo Padre: - « Alla Pia Unione Figlie di Maria e alle operaie che hanno praticato spirituali esercizi, il Santo Padre invia di cuore speciale benedizione apostolica - Card. Rampolla»; - ed un prezioso autografo di S. E. il Card. Richelmy così concepito: « Il Card. Arc. di Torino ringrazia il buon Dio pel bene fattosi in questi giorni a Chieri a pro delle operaie per parte della Pia Unione delle Figlie di Maria. Al tempo stesso si congratula col Direttore, colla Direttrice, coi predicatori, coi Promotori, Benefattori e Cooperatori nonchè con tutte le aggregate: su tutti e su tutte implorando le grazie più copiose ed elette. In modo specialissimo poi, lo stesso Arc. di Torino con affetto di Padre benedice alle operaie che domenica si accostarono alla S. Mensa ; e fa voti che l'apostolato di S. carità si svolga a comune utilità e conforto nella santa pace e letizia del S. N. Gesù Cristo. - Agostino Card. Richelmy ».
Quale ricordo degli esercizi vennero distribuiti ben mille crocifissi alle operaie che se lo meritarono intervenendo a tutte le prediche, ed una elegante immagine con a tergo i Ricordi dei Predicatori.