ANNO XVIII . N. 5, - Esce una volta al mese - MAGGIO 1894
SOMMARIO.
AMIAMO MARIA 89
ORARIO DELLA NOVENA E FESTA DI MARIA AUSILIATRICE (Avvisi e raccom.) . . . 91
LE FESTE DEL .I° CENTENARIO DALLA NASCITA DI PIO IX . . 93
POSIZIONE DELLA I' PIETRA E INAUGuRAZIONE DI NUOVI ISTITUTI SALESIANI 96
UNA LAPIDE SULLA TOMBA DI D. Bosco 98
NOTIZIE DEI MISSIONARI di DoN Bosco: - Il primo viaggio d' esplorazione nel Vicariato di Mendez e Gualaquiza (seg.) 99
GRAZIE Di MarIA AusILIATRICE . 105
AZIONE SALESIANA (Conferenze ecc.) 108
NECROLOGI 109
ECO DEGLI ORATORI FESTIVI . . 110
VARIETA' 112
COOPERATORI DEFUNTI 114
IL bel mese di maggio tutto vestito di fiori si avvicina e spande per ogni intorno i più varii e delicati profumi. E Maria SS. Ausiliatrice , incoronata anch'Essa « di fiorì colti in Paradiso, » si appressa alla povera umanità, e sempre pronta a venire in suo soccorso, ripete a quanti soffrono qui ancora e piangono, che vadano a Lei ed Ella li consolerà. Nè solo omai abbiamo bisogno di essere consolati; ma abbisogniamo di consiglio per superare e conoscere le astuzie dei nostri avversari, di aiuto per vincere tutti i nostri nemici, e di mezzi per evitare tante disgrazie che pendono sulla testa di noi poveri peccatori. E come la Vergine è stata mandata a premere del suo calcagno il serpente, ed Ella ha vinto nella battaglia incominciata dal principio del mondo e vinse nei tempi di mezzo, consegue la piena aureola del suo splendore nel nostro secolo. Maria, come dice di Lei la divina Sapienza, s'incorona la fronte del premio delle sue battaglie
In perpetuum coronata triumphat incoinquinatorum certaminum praemium vincens (Sap. IV, 2.).
Nel numero precedente, annunziando il bel mese di Marìa, raccomandavamo a tutti d'onorare la Vergine Santissima, perchè Ella è la Madre di Dio e la Madre nostra tenerissima. Ora diciamo di più, di amare cioè Maria, perchè Ella ci ha amati e ci ama tanto, e perchè tale è il volere di Dio stesso.
Si, amiamo tutti Maria, se vogliamo piacere al Signore. Per convincerci di questo, basta che noi ci portiamo col pensiero sul Calvario, quando il Salvatore pareva dolente a chi potesse lasciare in deposito la sua mestissima Madre. Giovanni, il discepolo prediletto, ne udì e ne accettò la raccomandazione; e così là sul Calvario, ai piedi della Croce incominciò quella nuova generazione di giusti che, per piacere a Dio, amarono sempre Maria.
Quando il vecchio Tobia credeva dì dover morire, chiamato a sè d'appresso il figlio, così prese ad ammonirlo : « Ti raccomando tua madre; ricorda quanto ella ha dovuto patire per te. » Non vi pare, o cortesi lettori, di sentire la voce di Gesù morente che vi raccomandi di amare Maria in memoria delle pene che ha dovuto soffrire per la nostra salute?
Maria ci ha amati, e per nostro amore si è fatta nostro rifugio, nostra speranza e nostro aiuto.
Maria ci amava quando, non ancor venuta su questa terra, stava nella mente di Dio. Noi ricordiamo con riconoscenza come il Signore, volendo temperare con la clemenza la severità del primo peccato, aveva promesso una donna che avrebbe schiacciato il capo all' autore dei nostri danni. Questa donna era Maria. Essa consolava i patriarchi nel deserto, i quali tramandandosi di secolo in secolo il memorabile vaticinio , si sentivano rialzati gli abbattuti spiriti, di lontano pregastandone con certezza le future vittorie.
Comparsa poi su questa terra, sebbene umile come la nuvoletta che la preannunziava ad Elia , Maria, co' suoi voti ardentissimi commosse i cieli, perchè le nubi piovessero il giusto, e il mondo intiero fosse rallegrato da quel Messia che formava l'aspettazione delle genti.
Chiamata a coadiutrice dell'umana redenzione, vi apportò parte efficace e bella, quando, chinando la fronte in segno di confidente rassegnazione, disse: Fiat mihi secundum verbum tuum. Segno d'immenso amore poi ci diede Maria quando, dopo la ultima cena, come ci dice san Bonaventura , Gesù non volle metter mano all'opera per cui era venuto dal paradiso, senza averne anche il consenso di Lei. Ed Ella, novello Abramo, lasciò che fosse sacrìficato l'unico Figlio per mano dei carnefici, e non oppose lamento , non parola, non resistenza. E questo eccesso di amore è tale, che non trova riscontro se non nell'amore di Dio. E lo stesso Dottore soggiunge che, se Iddio sic dilexit mundum ut Filium sum Unigenitum daret, di Maria pure si può asserire che tanto amò gli uomini, da dare per loro il diletto suo Figliuolo.
Appena la Chiesa si muove da Gerusalemme e comincia a dilatarsi nella Terra promessa, e poi ne varca i confini, Maria, lasciata in terra per la Provvidenza celeste, sceglie un prolungato martirio nel puro intento di adoperarsi al nostro bene. Ed eccola a figurare la pietosa Pastorella, la Custode del piccolo gregge, la Dispensatrice della parola divina che aveva saputo così bene raccogliere in cuore. Ella a tutto accorre, a tutto provvede, è tutta a tutti. S. Ignazio martire, discepolo di s. Giovanni Evangelista, ci racconta che da tutte le cristianità s'instituivano pellegrinaggi per veder ancora vivente la Madre del Salvatore, per averne uno sguardo, una parola, un ricordo. E tuttavia esiste in Saragozza nella Spagna una colonna, che diede origine e nome ad un santuario celeberrimo che colà chiamasi del Pilar , dove è fama che Maria SS. ancor vivente, trasportata per mezzo degli Angeli, comparisse all'Apostolo s. Giacomo, detto il Maggiore, mentre nelle angustie di sue fatiche umilmente La supplicava.
In breve, la Vergine Santa fu per la Chiesa nascente l'arca di sicurezza, la città di rifugio , il sollievo dei miseri, il sostegno dei deboli, la Madre, la Consigliera, l'Aiuto dei Cristiani.
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Nè tali pietosi uffici Maria cessò di esercitare dopo che fu assunta al cielo. La storia della Chiesa è una serie continua di miracoli della potente sua intercessione. Maria colassù è per il popolo cristiano la Madre della misericordia: Ella in cielo s'intermette paciera tra Dio e gli uomini, tra il Giudice ed i colpevoli : Ella è l'Avvocata che ne perora la causa : Ella che ottiene a' suoi protetti qualunque bene: giustamente quindi Essa è chiamata vita, dolcezza e speranza nostra.
Tutti i Santi della Chiesa, da s. Agostino a s. Alfonso de' Liguori, dicono ad una voce che la preghiera di Maria appresso il suo Divin Figlio ha una certa ragione di comando, donde è impossibile ch' Ella non sia esaudita. Quindi il noto versetto : Quod Deus imperio, tu prece Virgo potes. E però meglio di tutti parlò s. Bernardo di Maria nel chiamarla erario, tesoriera, dispensatrice di tutte le grazie.
« Mira pertanto, o uomo, il consiglio di Dio, riconosci il consiglio della sua sapienza, il consiglio della sua pietà. Quando fu per irrigare della celeste rugiada la terra, dapprima ne volle bagnare tutto il vello; quando pensò a riscattare il genere umano, tutto ne conferì in Maria il prezzo. Mirate adunque più acutamente, come
Egli abbia voluto che Maria fosse più intensamente onorata da noi, mentre pose in Essa la pienezza di ogni bene, affinchè d'ora in poi, se noi possiamo avere qual che raggio di speranza, di grazia, di salute, riconosciamo che tutto ci proviene da Lei, che ascese ripiena di celesti cloni. Perciò con tutta la tenerezza del cuore, con tutti gli affetti dell'anima, con tutti i voti veneriamo Maria, poichè tale è la volontà di Colui che volle che noi potessimo ogni cosa ottenere per mezzo di Lei. Questo, dico, è la volontà di. Dio, ma per nostra salute. »
Dopo queste parole del mellifluo Dottore, che la Chiesa ci fa ripetere nel bel giorno di Maria Ausiliatrice, noi conchiuderemo col ven. Suarez, che oggimai è sentimento universale nella Chiesa essere l'intercessione di Maria SS, non solo utile, ma necessaria: non di necessità assoluta, (chè necessità di tal sorta non può essere che la mediazione di Gesù), ma necessaria di una necessità morale, in quanto che la Chiesa la sente con s. Bernardo e coi Dottori e Padri, essere tale l'ordinamento della Provvidenza, che Iddio per onorare la sua Madre abbia disposto che ninna grazia venga dispensata agli uomini, la quale non passi per le benedettissime di Lei mani ; di guisa che, Colei, pel cui mezzo ricevettero gli nomini il benefizio della Redenzione, dovesse ancor esser quella, pel cui mezzo, nel volger de' secoli, ne ricaverebbero l'applìcazione.
Convinto di una tal verità, s. Leonardo da Porto Maurizio non mancava di infiammare i popoli nella divozione a Maria, adducendo se stesso tra gli altri argomenti. « Tutto, o fedeli, tutto io devo a Maria. A Lei la buona educazione, a Lei il timor di Dio che m'inspirarono i miei parenti, a Lei l'abbandono del mondo, a Lei il sacro abito che porto sopra, a Lei la sanità che mi accompagna nelle missioni, a Lei quel poco bene che in verità vi desidero... a Lei... ma insomma, se tutto dovessi dirvi, come i santuarii portano scritto dappertutto « grazia di Maria, » così io stesso, dentro e fuori dovrei essere iscritto « grazia di Maria. »
Oh sì, proclamiamo noi pare dinanzi a tutti, al cielo e alla terra, agli Angeli ed agli uomini: Tutto a Voi dobbiamo, o Maria ! E noi Vi ameremo qui finchè avremo di vita, fiduciosi di venirvi a ringraziare nell'eternità.
Per tal modo il nostro affetto e la nostra divozione verso la gran Madre di Dio, piacerà a Maria e piacerà a Dio stesso Signor nostro. Racconta s. Bernardo : « Io era di pochi anni, ed alla vigilia del S. Natale chiesi e ottenni da mia mamma di assistere alla gran Messa della notte. Il mio giubilo era immenso e non potei manifestarlo intieramente che ringraziando la mamma con le lacrime agli occhi. Per meglio essere sveglio era stato messo a dormire in principio di sera. Ma la mia aspettazione dapprima non mi lasciava velar l'occhio al sonno. Io pregava e piangeva, aspettando il gran momento di andare alla chiesa. Finalmente oppresso dalla stanchezza mi addormentai leggermente. Che vidi mai ? Si aprirono i cieli, e la Vergine Immacolata, con la testa incoronata di mirabili splendori, accompagnata da tutta la corte celeste , che diffondeva un' armonia impossibile a ripetersi, discendeva verso di me. Io La guardava come rapito in estasi, cogli occhi fissi sovra di Lei che aveva imparato ad amare, ma non poteva dir nulla, tanto era sorpreso nella fantasia per ciò che vedeva. Ella mi venne dappresso, mi segnò al suo divin Figliuolo, e disse: « Benedici Bernardo, che vuol così bene a tua Madre. » Queste parole le ripetè un'altra volta, e poi. scomparve in un mare di luce. »
Cari Cooperatori e Cooperatrici, facciamo noi pure in modo che, venuta la sera di nostra vita, quando ci sveglieremo da questo sonno del mondo, possiamo sentirci a ripetere al tribunale di Dio d'aver quaggiù amato Maria ! Sarà la più bella e sicura caparra della vita eterna.
ORARIO DELLA NOVENA E SOLENNITA DI MARIA AUSILIATRICE
Come abbiamo annunziato lo scorso mese la solennità di Maria Ausiliatrice si celebrerà nel giorno seguente al Corpus Domini, 25 maggio; per conseguenza la Novena in preparazione a detta nostra festa incomincerà il martedì 15 di questo mese.
In ciascun giorno, lungo il mattino, dalle ore 4 1/2 sino alle 11 , vi sarà celebrazione di Messe e facilità di accostarsi ai SS. Sacramenti della Confessione e Comunione. Nel mattino dei giorni feriali alle 5 1/2 antimeridiane, come nel mese , Messa letta colla recita del S. Rosario , Comunione , canti e preghiere, quindi breve discorso e benedizione col SS. Sacramento ; alle 7 1/2 poi altra Messa letta colla recita del S. Rosario, Comunione ed altre pie pratiche. Assistendo a queste funzioni si può lucrare, per concessione pontificia, l'indulgenza di tre anni. Il discorso della sera sarà tenuto alle 7.
A chi non potesse partecipare di presenza a queste funzioni, noi suggeriamo un apposito libretto di Don Bosco intitolato : Nove giorni consacrati all'Augusta Madre di Dio, il quale contiene una considerazione , un esempio ed una pratica per ogni giorno, ed è molto acconcio alla circostanza. Si può avere dalla Libreria Salesiana di Torino al prezzo di cent. 20.
Nei giorni festivi l'orario sarà il seguente:
Domenica 20 maggio.
Festa della SS. Trinità.
Mattino - Ore 5 1/2 e 7 1/2, Messa e Comunione generale. -- Alle 10 , Messa solenne.
Sera Ore 15 1/2 (3 1/2 pom.) Vespri solenni, Discorso e Benedizione col Santissimo Sacramento.
Giovedì 24.
Solennità del Corpus Domini e vigilia della festa di M. A.
Mattino - Ore 5 1/2 e 7, Messa e Comunione generale. - Messe lette ad ogni mezz'ora fino alle 12.
Sera - Ore 15 1/2 (3 1/2 pom.) Primi Vespri solenni di Maria Ausiliatrice, Discorso e Benedizione col Santissimo.
Venerdì 25.
Solennità di Maria Aiuto dei Cristiani.
Mattino -- Ore 5 1/2 e 7, Messa e Comunione generale. - Alle 10 1/2 Messa solenne Pontificale.
Sera - Ore 18 (6 pom.) Vespri solenni di Maria Ausiliatrice, Panegirico e Benedizione col Santissimo.
Sabato 26.
Mattino - Ore 7 1/2, Messa, Comunione ed altre pratiche di pietà in suffragio delle anime dei defunti Cooperatori, Cooperatrici e Consorelle di Maria Ausiliatrice.
Sera - Ore 14 1/2 (2 1/2 pom.) Conferenza ai Cooperatori ed alle Cooperatrici Salesiane e Benedizione solenne col SS. Sacramento.
Poscia vi sarà la benedizione di un piccolo drappello di Mìssionarii in partenza per l'America del Sud.
Domenica 27.
Le funzioni tutte come nel giorno di Maria Ausiliatrice, eccetto i Vespri che saranno alle 15 1/2 (3 1/2 pom.).
NB. Chi desiderasse farsi inscrivere nell'Arciconfraternita di Maria Ausiliatrice troverà persona appositamente incaricata nella Sacristia della chiesa. Noi raccomandiamo nuovamente l' ascrizione a questa Arciconfraternita. Ogni Cooperatore e Cooperatrice, se già non vi è aggregato, procuri di aggregarvisi in questa circostanza e di farvi inscrivere gran numero d'altri fedeli.
La musica che nelle suddette funzioni verrà eseguita dagli allievi dell'Oratorio Salesiano è del seguente programma
Giorno 20. - Messa del M.° E. Sillas. - Vespri in Falso Bordone. -Tantum ergo del M.° E. Sillas.
21. - Primi Vespri in Falso Bordone del M.° I. Simberger. - Mottetto di Monsignor Giovanni Cagliero. - Tantum ergo in si b del M.° Carlo Galli.
» 25. - Messa solenne del M.° Carlo Gounod, dedicata a Giovanna d'Arco. - Vespri del M.° Gaetano Cappocci, del M.° Bencini e di Mons. Cagliero. - Litanie del M.° G. Dogliani e Tantum ergo del prelodato M.° G. Cappocci.
» 26. - Mottetto e Tantum ergo di Monsignor G. Cagliero.
» 27. - Messa e Vespri come il giorno 25.
In tutti i giorni sovra indicati vi sarà nell'intorno dello stabilimento la Gran Ruota della Fortuna, ossia un Banco di Beneficenza in favore dei poveri nostri orfanelli. Gli amici dei Salesiani accorrano in gran numero e conducano seco parenti , amici, conoscenti : chiedano numeri in abbondanza, chè, oltre il premio che loro fa sperare la fortuna, il Signora assicura loro una ricompensa tanto più grande, quanto più abbondante sarà la carità loro. - Chiunque prenderà anche un solo biglietto avrà almeno un ricorda della festa.
Prima e dopo le sacre funzioni verranno eseguiti scelti pezzi di musica istrumentale dalla Banda Salesiana.
Il Regolamento della nostra Pia Unione prescrive due conferenze all'anno, la seconda dello quali per la festa di Maria Ausiliatrice.
Ci raccomandiamo perciò ai Direttori, ai Comitati, ai Decurioni ed ai Cooperatori che fossero nella possibilità di ciò fare, che si diano premura di organizzare tale conferenza. Dove vi fosse il Sotto-Comitato di Signore Cooperatrici, queste si potrebbero in modo speciale incaricare di organizzare bene la festa e la conferenza di Maria Ausiliatrice. (Cap. IX, art. VI, pag. 27 del Manuale).
Il conferenziere in molti luoghi potrebbe essere uno degli oratori del Mese Mariano. Anzi si preghino questì esimii oratori, che il 25 Maggio parlino di Maria SS. Ausiliatrice e facciano servire il loro sermone a Conferenza Salesiana. (Cap. X, art. XII, pag. 29 del Manuale). La questua da farsi andrà a totale vantaggio delle nuove Missioni del Chubut (Patagonia) e Isola Grande nella Terra del Fuoco.
Ove si credesse meglio trasferire questa conferenza per ragionevoli motivi ad altri mesi , nei quali nel tempo di villeggiatura in molte parrocchie i Cooperatori sono più numerosi, se ne dia avviso ai Cooperatori della rispettiva decuria.
Tuttavia non si lasci passare la cara festa di Maria Ausiliatrice senza dare a questa nostra cara Mamma un cordiale tributo della nostra figliale divozione. Il giorno 25 Maggio perciò o la domenica seguente consacriamo a Maria qualche pratica di pietà, e possibilmente accostiamoci alla S. Comunione a suo onore. Il tenerissimo suo cuore sarà ben lieto di tanta pietà e le sue materne benedizioni discenderanno in copia sovra i figli diletti.
I nostri lettori rammenteranno che nel 1892 ricordammo con animo riconoscente il 1° Centenario dalla nascita di Pio IX. Tutto il mondo si commosse a quella data memoranda, e si andarono organizzando feste, pellegrinaggi ed altre pubbliche dimostrazioni degne del grande Pontefice dell'Immacolata. E poichè i solenni onori del Centenario furono rimandati al 1894, e in questo mese numerosi pellegrini si affollano a Roma, Loreto e Sinigaglia che tanti ricordi possiedono di Pio IX, vogliamo parlar nuovamente ai nostri buoni Cooperatori di questo santo Pontefice.
Col porre loro sott'occhio le angeliche sue sembianze intendiamo di mostrare a tutti il nostro primo Benefattore e Cooperatore, anzi colui che insieme coll'amatissimo Don Bosco fondava la Pia Società Salesiana. Pio IX fu largo a D. Bosco di molti consigli e diede all'Opera sua la piena definitiva approvazione apostolica. Pertanto invitiamo i nostri Cooperatori ad aderire pienamente alle proposte dei varii Comitati regionali o diocesani stabiliti per questo Centenario; e li preghiamo caldamente d'intervenire numerosi a quelle pubbliche dimostrazioni che avranno luogo nelle loro città, perchè riescano più decorose e solenni. Nei Seminari poi, nei Collegi e in tutti gli Istituti di cristiana educazione sarebbe cosa assai bella in quest'occasione ed atta insieme ad accrescere la divozione alla Madre di Dio e l'affetto al Romano Pontefice, quella di promuovere una solenne Accademia in sul finir del mese di Maggio, ove nei varii componimenti in prosa e in verso sieno vagamente intrecciati i carissimi nomi della Vergine e di Pio IX.
Ed a ragione. Per tacere di quello che è a tutti noto, vogliamo solo notare come Giovanni Maria Mastai-Ferretti nascesse in giorno di sabato, nel mese dedicato a Maria; e sulle ginocchia stesse della genitrice apprendesse tenerissima divozione alla gran Madre di Dio e grande venerazione pel Sommo Pontefice. A questo proposito togliamo con piacere il seguente grazioso racconto da una bella operetta di D. Bosco (1):
La Contessa Mastai-Ferretti, la quale, da madre cristiana studiavasi anzi tutto d'instillare nel suo fanciullino una vera e soda pietà, non mancava di fargli recitar seco le preghiere ogni mattina e sera. Figlia obbediente alla Chiesa Romana, sino dai primì anni gli aveva insegnato col nome di suo padre e quelli di Gesù e di Maria, il nomo del sovrano Pontefice che possedeva allora la gloriosa eredità dell'Apostolo Pietro. Pio VI, di ven. memoria, sedeva sulla sede pontificale ; e in conseguenza dell'inconcussa fermezza da lui mostrata nel propugnare i privilegi del suo trono , e la libertà della Chiesa, il santo Pontefice era in preda alle più amare vessazioni per parte degli uomini empi che a quei giorni teneano in Francia il supremo potere.
Penetrata sin dentro all'anima dai dolori che abbeveravano il cuore del Padre comune dei fedeli e dai pericoli che lo minacciavano, e comprendendo in pari tempo che da tutti i cuori cattolici doveano erompere preghiere verso il cielo; la Contessa Ferretti volle aggiungere alle preci di ogni sera e mattino un Pater-Ave alle preghiere del piccoletto Giovan-Maria. « Caro figliuol mio, gli disse la prima volta che l'invitò a questa buona opera, grandi sventure minacciano il nostro sovrano Pontefice Pio VI; egli trovasi in somma tribolazione. Tu pregherai Dio con me, affinché piacciasi di lenire i dolori del Santo Padre, e di allontanare da lui ogni pericolo. » « Oh! sì, risposele il fanciullino io pregherò teco pel Santo Padre, e, te lo prometto, la mia preghiera sarà delle buone e di cuore. » E poichè ebbe espressa questa promessi, mattina e sera il piccolo Mastai ricordava sempre a sua madre il Pater-Ave che doveano recitare insieme pel santo Padre.
Una sera, al momento di recitare il PaterAve che era lor d'uso, la Contessa piangendo abbracciò ìl figliuolo e dissegli: « Bambino mio, oh ! qual bisogno di pregare con fervore in questa sera pel Santo Padre! Le sventure che si temeano per lui, ecco sono omai giunte. Scherani armati si sono impadroniti di Pio VI; egli è prigioniero, e si vuol condurlo lontano da Roma. » A queste parole il fanciullo, che sino allora era stato ascoltando con tenerezza sua madre, si pose a piangere insiem con lei e incrocicchiando le sue manine, pregò con tutto il fervore di un angelo. Levatosi quindi, cogli occhi ancor pregni di lacrime e con, una specie di titubanza: « Ma come mai, chiese alla madre, come mai il buon Dio può permettere che il Papa, che è il rappresentante di Gesù Cristo Figliuol suo, sia così disgraziato, e si riduca ad essere prigioniero a guisa d'un malfattore, lui che è tanto buono? » « Figlio mio, rispose la madre, appunto perche il Papa è Vicario di Gesù Cristo, Iddio permette che egli venga così trattato. Non ricordi la storia di Gesù che ti raccontai? Il divin Salvatore era la stessa bontà, e non di meno quanti nemici egli non ebbe? Un giorno gli si posero le mani sopra, e dopo avergli fatto soffrire i più atroci tormenti, lo condussero a morire. Ebbene, mio caro, tante volte Iddio permise che i Papi, sull'esempio di Gesù Cristo, avessero a patire lo stesso dall'ingiustizia degli uomini e questo è ciò che interviene ai santo Pontefice Pio VI. » « Ma dunque, mia buona mamma, soggiunge Giovanni Maria, costoro che maltrattano sì barbaramente il Santo Padre sono gente perversa, non è egli vero? Dunque, non val la pena di pregar Dio per loro? Non si dovrebbe anzi pregare Iddio che li punisse?? » « Figliuol mio, replicò la Contessa, non dobbiamo pregare Iddio pel castigo di veruno. Non ti ricordi di ciò che faceva Gesù sulla croce? Pregava pei suoi nemici e domandava a Dio che avesse pietà di loro, e volesse muovere il loro cuore. Ciò stesso, ne son sicura, è quel che fa nel presente Pio VI; bisogna unirci a lui e intercedere presso Dio, affinchè converta tuttì questi insensati che han portata la mano sul Santo Pontefice. »
A quel dolce invito della madre sua, il piccolo Mastai ritornò in ginocchio, e ripetè colla voce infantile il Pater-Ave pei nemici di Pio VI.
Chi avrebbe mai pensato che quel bambino, fatto grande , sarebbe diventato Successore di quei Pontefici Romani che tanto patirono per la Chiesa di Gesù Cristo, e li avrebbe emulati nel sostenere intrepido ogni più terribile prova?
Sì, o buoni Cooperatori ; unitamente al nome di Maria inneggiamo a quello di Pio IX, ma non vogliano dimenticarci di pregare per lui. È vero che abbiamo tutta la fiducia di credere che Egli sia volato direttamente al Cuore benedetto di quel Gesù, di cui fu a lungo sì degno Vicario, e al seno di Colei, cui ricinse la fronte del più bel diadema col dichiararla Immacolata; ma l'oracolo della Chiesa non si è per anso pronunziato : e quindi, a dimostrare efficacemente e lecitamente la nostra pietà e il nostro amore, non ci resta altro che largheggiare in suffragi per quell'anima santa.
Sì, preghiamo per Pio IX! e prostrandoci dinanzi agli altari di Maria, ringraziamola di essersi anche in questo addimostrata vera Ausiliatrice del popolo cristiano, nell'aver donato alla Chiesa in quei tristissimi tempi un Papa come Pio IX, come nei procellosi che corrono un Leone XIII!
Presentiamo qui il programma delle feste organizzate per questo Centenario dai Comitati Promotori e da noi sopra accennate
A SINIGAGLIA. Domenica 13 Maggio - al - Mercoledì 13 Giugno 1894. Inaugurazione della Cappella del Battistero resa monumentale dalla pietà dei fedeli - Pellegrinaggi alla prodigiosa immagine di N. S. della Speranza nella Cattedrale di Sinigaglia, innanzi alla cui immagine il giovinetto Mastai Ferretti (Pio IX) pregava quasi quotidianamente colla madre, per la liberazione de' suoi venerati antecessori Pio VI e Pio VII, e ricevè per la prima volta la Santissima Eucaristia e dove rinnovò le sue preghiere già Pontefice nel 1857. - Visite ai luoghi resi celebri per la sua dimora, - e .all'Esposizione Senigalliese ad onore della santa memoria di Pio IX, ecc.
A LORETO. Venerdì 11 Maggio - alla - Domenica 10 Giugno - Pellegrinaggi alla S. Casa di Loreto, ove il Santo Padre Pio IX pellegrinò e celebrò nel 1857.
A ROMA. Mercoledì 30 Maggio - al - Sabato 2 Giugno - Messa solenne di requiem a S. Lorenzo fuori delle mura - Orazione funebre intorno al S. Padre Pio IX, dell'E.mo Signor Cardinale Parocchi, Vicario di Sua Santità; Inaugurazione della Cappella monumentale, che racchiude l'umile tomba del grande Pontefice Pio IX. - Solenne Accademia ad onore del Sommo Pontefice Pio IX. - Udienza del Santo Padre Leone XIII ai R.mi Arcivescovi, Vescovi ed Ordinari , ai Comitati Promotori e alle deputazioni Diocesane, composte dai rispettivi pellegrini che prendono parte alle Feste Centenarie.
La CHIUSURA delle feste centenarie si farà in Dicembre con funzioni religiose : a San Pietro di Roma, ove sarà celebrata una Messa l'8 dicembre nell'ora in cui il SOMMO PONTEFICE PIO IX, 40 anni prima, definiva solennemente Maria immacolata concetta - a Sinigaglia a N. S. della Speranza, - e a Loreto il 10 dicembre, sesto Centenario dalla traslazione della S. Casa.
(1) Fatti ameni della Vita di Pio IX, raccolti da pubblici documenti. - Seconda Edizione riveduta. - Torino, Libreria Salesiana, L. 0,50 (E) alla copia.
Genzano presso Roma.
Sui vaghi e ridenti colli che fanno bella corona all'eterna Città, seminati dovunque di castelli e di ville deliziosissime, sorge Genzano, paese storicamente rinomato e celebre per i suoi squisitissimi vini. Quivi sta per fondarsi una Casa Salesiana. Il 27 marzo, terza festa di Pasqua , fu appunto giorno assai memorabile per Genzano , come data d'un glorioso avvenimento: poiché si compiva la solenne funzione della benedizione della prima pietra angolare del nuovo edifizio, che sarà innalzato a vantaggio della numerosa gioventù del paese e de' luoghi circonvicini. L'E.mo e Rev m° Cardinale Lucido Maria Parocchi, Vicario di Roma e Vescovo di Albano, Protettore insigne ed affettuoso de' Salesiani, invitato dal Rev. D. Cesare Dott. Cagliero , Procuratore della Pia Società Salesiana, accettò ben volentieri di recarsi egli stesso a compiere la sacra funzione, tanto più che Genzano è cittadella dipendente dalla sua Diocesi d'Albano. Il Rev.mo D. Antonio Sala, D. Cesare Cagliero, l'Ing. Cav. G. Cucco, architetto della nuova casa, accompagnati dalla numerosa e scelta banda dei giovanetti dell'Ospizio del S. Cuore, partivano da Roma per andare a presenziare e rendere più solenne e lieta la bella cerimonia. Ad Albano fermaronsi per ossequiare l'E.mo Cardinale Vescovo, che là già trovavasi per le solennità pasquali, il quale li accolse con grande cordialità e gradì alcune suonate che a suo onore seppe maestrevolmente eseguire la banda nel cortile interno dell'Episcopio, tra un numeroso popolo accorso. Sua Eminenza, graditi gli ossequi che a nome del signor D. Rua gli presentarono D. Sala e D. Cagliero, ed intrattenutosi alquanto coll'Ing. Cav. Cucco sui nuovi lavori, benignamente li licenziò, dando loro l'arrivederci a Genzano per le ore pomeridiane.
I Genzanesi già stavano fin dalle prime ore del mattino aspettando l'arrivo dei figli di D. Bosco, impazienti di vedere e conoscere coi propri occhi coloro che dovranno tra breve stabilirsi tra loro e pigliarsi cura dei loro figli ; e la banda e i figli di D. Bosco vi arrivarono allo 10. Tutto il paese in festa erasi riversato nella piazza principale, dove circondando i suonatori si deliziavano di gustare alcuni scelti pezzi musicali che venivano eseguiti, meravigliando tutti come piccoli fanciulli fossero già artisti nell'arte musicale. Il resto del mattino fu speso ad ultimare i lavori preparatori per la funzione che doveva aver luogo alle 15 e 1/2; lavori che furono ben tosto ultimati, grazie le cure dell'Ill. e Rev. Mons. Arciprete e il concorso e l'attività dei soci del Circolo Cattolico : sicché ogni cosa all'ora della funzione era convenientemente disposta e ordinata.
Nel pomeriggio la banda dei giovanetti del S. Cuore rallegrò in sulla piazza municipale un infinito popolo accorso non solo da Genzano, ma da Nemi, Ariccia, Albano, ecc., suscitando in tutti grandissimo entusiasmo ; mentre nella Chiesa Arcipretale adunavansi i soci del Circolo Cattolico, che volevano intervenire solennemente colla loro nuova bianco-celeste bandiera che era stata solo al mattino benedetta dal Predicatore quaresimalista Mons. Giordano. Nè al R.m° Arciprete mancò la graziosissima idea di voler radunati tutti i numerosissimi giovanetti del paese, futura messe dei Salesiani, sotto il pure nuovo stendardo di S. Luigi , affinchè assistessero alla prima fondazione di quell'Ospizio che dovrà fra breve per loro vantaggio essere innalzato. Alle ore 15 la banda cessando di suonare in sulla piazza, andava a ricevere alla Parrocchia le radunate Compagnie, di dove ordinatamente con i loro vessilli si mossero ad incontrare l'Em. Cardinale che doveva giungere da Albano.
Il terreno su cui deve sorgere il novello edifizio, generosamente donato dalla carità del signor Cav. Flavio Iacobini, giace circa a mezza l'ascesa che dalla piazza monta alla Chiesa e Convento dei PP. Cappuccini; colà presso lo scavo fondamentale erasi preparato un grazioso padiglione destinato ad accogliere S. Em. e quelli del suo seguito, non che i principali signori invitati. Un vasto riparto difeso all'intorno da una specie di chiovenda era destinato all'intorno dello scavo per speciali invitati e per la banda strumentale ; un vastissimo tratto poi di prato era lasciato aperto per il resto della gente. Ed era cosa assai bella il vedere l'infinito popolo accorso ; osservare quel declivio seminato fitto fitto di teste, l'accalcarsi curioso di sì tanta gente per potere almeno in parte vedere una funzione che forse avevano mai veduta e che tanto loro stava a cuore.
Finalmente l'allegra sinfonia della banda, lo sparo dei mortaletti, l'acclamare festoso del popolo e l'avanzarsi delle svolazzanti bandiere an nunziarono che l'Em. Principe s'avvicinava accompagnato dal suo Vicario Generale, dal Clero Genzanese preceduto da numerosa e devota processione delle Compagnie religiose e dai RR. PP. Cappuccini. S. Em. passato, direi, a stento tra l'immensa calca della gente, soddisfatto per tanto accorrere di popolo, che gli dimostrava quanto interesse prendeva per la nuova istituzione, prese posto sotto il padiglione. Quivi gli fu presentata una pergamena che portava una conveniente scritta, sotto cui l'Eminentissimo pose la sua venerata firma, sottoscrivendosi poi eziandio i principali del Clero e signori presenti.
Vestitosi indi l'Eminentissimo dei sacri paramenti, dette inizio alla funzione. Recitate le preci di rito, benedisse la pietra e lo scavo, depose la pergamena in una cassetta di piombo, che venne riuchiusa entro un apposito vano scavato nella pietra, cui sigillò lo stesso Eminentissimo con alcune cazzuole di calce. I muratori che già stavano preparati, al cenno di Sua Eminenza, calarono nella fossa la grossa pietra tra il suono della banda e lo sparo dei mortaletti. Compiute tutte le altre preci, ritornato l' Eminentissimo sotto il padiglione, ascoltò un nobile e grazioso indirizzo rivoltogli dal R.mo Arciprete, indirizzo che godiamo poter riportare letteralmente, essendo pieno di alti e nobili concetti
« EMINENZA REV.MA,
» Permettete che io in nome della mia carissima Genzano saluti l'Eminenza Vostra, lustro insigne del S. Collegio, pastore sempre zelantissimo della gloria di Dio e del bene dei vostri figli, perchè oggi colla vostra venerata presenza su questi ameni colli del Lazio avete resa più splendida questa festa di cristiana civiltà. Voi, Em.mo Principe, col benedire in questo momento la prima pietra di un edifizio destinato a scuola di morale religiosa e civile dei figli del popolo, di quel popolo che spesso è ingannato con fallaci, irrealizzabili e bugiarde promesse, lo avete santificato : ed una volta ancora avete mostrato che la Chiesa, solo essa, è la fautrice del benessere morale e civile dei popoli , e l'ispiratrice di solide e reali virtù ! No, in questa scuola i giovani, speranza della patria, non apprenderanno in nome della libertà a fabbricare bombe omicide e fratricide, nè vi sarà seminato l'odio crudele tra le diverse classi sociali ; ma, viva Dio, sarà insegnato il Catechismo della Chiesa Cattolica, maraviglioso baluardo contro gli assalti della seduzione, la grazia dell'ordine pubblico, il presidio della patria, il palladio della civiltà, l'egida più forte dell'umana indipendenza, la più gagliarda tutela dell'onore, il più glorioso usbergo della libertà.
» Siano perciò rese in sì fausta circostanza pubbliche azioni di grazie a quel generoso, il quale porta un nome che ha dato al S. Collegio insigni Porporati, e che oggi è doloroso saperlo lungi da noi infermo. Possano i voti sinceri di un popolo intiero ridarcelo nella sua primiera florida salute. Egli, il signor Flavio Iacobini, pel primo avea la gloria di iniziare un'opera, da cui la cittadinanza onesta di Genzano aspetta in un tempo non lontano frutti di virtù e di benessere, donando egli generosamente il terreno.
» Siano rese pubbliche azioni di grazie ai Salesiani,, figli di quel D. Bosco, che fu loro duca e maestro, perchè non solo abbelliranno questa terra benedetta da Dio di un lavoro ed arte, ma ai figliuoli insegneranno ad amare e rispettare i loro genitori, il principio di autorità, l'onore e la vita dei cittadini.
» Siano rese pubbliche e solenni azioni di grazie all'Eminenza Vostra, Mecenate del benessere dei popoli, perchè i Principi della Chiesa non promettono quel benessere avvenire futuro che mai giunge.
» Genzano, che non ha degenerato dalla Religione degli avi suoi, oggi riconoscente e commossa ringrazia pubblicamente tutti, e secondo i consigli dati testò dall' Eminenza Vostra nel Congresso Cattolico di Roma, tiene da conto il sito onore, l'avita fede, la sua coscienza, anche a rischio del carcere e della morte. »
Un applauso generale accolse le parole del Reverendissimo Monsignore, cui benignamente si compiacque di rispondere l'Eminentissimo Porporato, dicendo che egli si congratulava colla cara Genzano, perchè ha saputo trovar modo di iniziare un'opera eminentemente benefica e provvedere alla fondazione di un Istituto eminentemente cristiano e civile a vantaggio della più cara parte di sè, la gioventù. Si dolse di non aver potuto veder presente a quella cerimonia il benemerito e generoso signor Cav. Flavio Iacobini, donatore del terreno, facendo voti che presto possa ritornare nella primiera salute. Pronunziò parole di grande lode ed incoraggiamento per i Salesiani, di cui si vanta essere Protettore, dicendo l'opera loro delle più benemerite e necessarie all'odierna società ; augurandosi che presto Genzano abbia a goderne i benefici frutti ; e non solo Genzano, ma gli altri paesi eziandio del Lazio. « Poichè, disse, alla loro scuola, alla mite e pacifica loro missione non apprenderanno i figli vostri, o Genzanesi, l'odio di classe , non l'egoismo rovinatore d'ogni pubblico ordine, non a fabbricar distruggitrici materie esplosive ; ma sì ad amarsi quali fratelli in Cristo , a praticare la reciproca carità evangelica, ad informare il loro spirito e la loro mente a quei precetti immutabili ed eterni di morale e cristima civiltà che rendono felici, se praticati, le nazioni. » Ebbe parole di lode pei generosi benefattori e benefattrici dell'Opera di Genzano, tra' quali, oltre i signori Iacobini, noi dobbiamo nominare le pie signore sorelle Pagliaroli, e tutti incoraggiò d'essere larghi della loro beneficenza verso i figli di Don Bosco, sicuri che beneficando essi faranno opera altamente umanitaria di morale e civile vantaggio verso il loro stesso paese. E rivolto al numeroso clero secolare e regolare circostante, disse loro di rallegrarsi, perchè nei Salesiani acquisteranno non degli emuli, ma coadiutori valenti nell'opera della salvezza dello anime. Chiuse il bellissimo discorso invocandole copiose benedizioni del Cielo sulla nuova Opera, su quanti v'hanno in qualche modo concorso e sui Salesiani.
I prolungati applausi del popolo circostante ringraziarono l'Eminentissimo Principe, che tosto andò a ritirarsi fra le ovazioni e gli evviva universali nel convento dei PP. Cappuccini. Ma qui non fu ancor finita la festa : poichè una copiosa merenda avevano preparata alla banda ed ai soci del Circolo Cattolico i signori Iacobini ed il Circolo Cattolico stesso. E qui si ripeterono tra le sinfonie musicali più caldi gli evviva all'Eminentissimo Parocchi, ai Salesiani ed al Rev.m° Arciprete, che finirono solo quando si dovette ripartire per Roma.
Siano pertanto rese vivissime azioni di grazie all'Em.mo Principe che si degnò compiere non senza suo incomodo la sacra funzione; grazie vivissime ai benefattori e alle benefattrici della nuova Opera di Genzano, sul cui aiuto noi contiamo per vederla presto condotta a buon termine; grazie al R.mo Mons. Arciprete, lustro di Genzano e grande amico dei Salesiani ; grazie ai gentili signori del Circolo Cattolico per le loro premurose prestazioni; ringraziamenti al Rev.m° Clero ed a tutti i signori e le signore che vollero onorare colla loro presenza sì cara festa; e ringraziamenti vivissimi finalmente ai simpatici Genzanesi per la cordiale loro accoglienza. E se il ricordo di questo giorno durerà lungo tempo nella mente della bella e cara Genzano, durerà eziandio perenne la memoria nei Salesiani , che invocheranno su di essa le celesti benedizioni, affinché benedetta nei suoi figli prosperi eziandio de rore coeli et de pinguedine terrae.
Treviglio.
Il giorno antecedente, 26 marzo, una simile funzione aveva luogo a Treviglio (Prov. di Bergamo), dove già da un anno e mezzo sonvi alcuni Salesiani per l'Oratorio festivo e le scuole elementari per esterni. Ecco come un Cooperatore Salesiano di quella città ne mandava relazione all'egregio Osservatore cattolico di Milano:
«.. Si è benedetta e collocata la prima pietra dell'edifizio che i RR. Salesiani stanno per costruire nella nostra città ad uso scuole elementari e ginnasiali con convitto. La scuola nostra cattolica della Sacra Famiglia, già da sei anni così bene avviata e da un anno affidata ai figli di D. Bosco, avrà nel nuovo locale incremento coll'aggiunta dei corsi ginnasiali. L'ubicazione scelta per l'Istituto è delle migliori in Treviglio, e reca il vantaggio di facilitare ai RR. Salesiani l'assistenza all'annesso Oratorio festivo: l'area venne acquistata col concorso di varii Cooperatori, e si fecero già sacrifici ingenti: per il resto si confida nella Provvidenza, che sinora ha assistita e benedetta quest'opera: il disegno grandioso del nuovo edificio, ideato dal M. R. D. Antonio Sala, Economo generale della Congregazione di D. Bosco, viene eseguito sotto la direzione dell'egregio ingegnere municipale signor Bonfanti.
« Ed oggi appunto venne benedetta e collocata la prima pietra: la funzione riuscì commovente. Si uscì processionalmente dalla Chiesa di S. Carlo; una folla di gente era già sul luogo, altra ne accorse: - il M. R. D. Cottrino, Direttore Salesiano, lesse il documento relativo alla funzione, che venne poscia insieme con monete e medaglie suggellato in un vaso di vetro: - il M. R. Can. Ramoni pronunziò brevi parole di occasione, e il Rev.mo Proposto Nazari, fra il silenzio e la commozione generale benedisse la pietra fondamentale! ... »
Trecate.
Il nostro Superiore D. Rua, nella sua lettera di gennaio sperava che da lì a pochi giorni i Salesiani avrebbero potuto inaugurare la nuova Casa di Trecate nella Provincia di Novara. Quei giorni divennero mesi, non essendo allora l'edifizio al punto da poter essere abitato. Ora però l'inaugurazione di questa Casa si può dire un fatto compiuto. Da Trecate infatti scrissero al BESCAPÉ di Novara, N. 13, 31 Marzo 1894:
« Era tanto tempo che li aspettavamo, e finalmente il dì sacro a S. Giuseppe sono giunti fra noi i Salesiani! Sieno i ben venuti i figli di D. Bosco e conceda loro il buon Dio ogni consolazione e dal Cielo conformi la speciale benedizione ad essi inviata in detto giorno da S. S. Leone XIII. Il lavoro qui non mancherà loro certamente, specie quando sarà aperto l'Oratorio festivo, e certo pure non mancherà loro l'aiuto, la cooperazione o l'amore del paese intero, che si ripromette dai bravi Salesiani un bene grandissimo. L'ampio e stupendo fabbricato che servirà di Collegio e Oratorio con chiesa pubblica, cortili e giardino fu espressamente costrutto sui disegni e sotto l'assistenza gratuita e gentile dell'Ill.mo sig. Ing. Colla e loro donato dalla benemerita signora Geronima Moro di Trecate, la quale, vedendo ora appagati i suoi desiderii e sacrifici, può dirsi finalmente beata e felice. Li ripaghi ambedue il Signore in terra ed in Cielo della loro carità ! »
Un Comitato di antichi allievi del Collegio-Convitto Valsalice, composto dei nobili signori Enrico dei Conti Balbo di Vinadio, Ing. Stefano Molli, Paolo dei Conti Derege di Donato di S. Raffaele, Pio dei Baroni Oreglia di S. Stefano, Luigi dei Conti Sapellani di Palazzo, e Avv. Eustachio Thea, volendo dare un segno di riverente ossequio ed affetto al loro Padre Don Giovanni Bosco, stabilirono di erigere una lapide presso la venerata sua tomba.
Ottenutone il consenso dal Successore di D. Bosco, D. Michele Rua , combinarono di raccogliersi a Valsalice per iscoprire la lapide alle ore 9 1/2 del dì 23 maggio, antivigilia della festa di Maria Ausiliatrice.
Riservandoci di parlarne più a lungo altra volta, qui non possiamo far a meno che lodare il pio pensiero di questi nobili Signori, certi che il loro atto incontrerà l'aggradimento di quanti sentono riconoscenza verso D. Bosco.
EQUATORE
Il primo viaggio d'esplorazione nel Vicariato di Mendez e Gualaquiza.
(Seguito - V. N.° di Aprile)
La valle di Gualaquiza. Primo incontro cogli Jivaros.
Che stupendo quadro presenta la valle di Gualaquiza veduta dalla punta delle Tre Croci ! Questa estesissima valle , tanto celebre nell'Equatore, è formata dalla riunione di due valli secondarie provenienti l'una dal nord e l'altra dall'est, fiancheggiata da piccoli monticelli o colline di dolce pendio, e tutta coperta da una vegetazione lussureggiantissima e veramente gigantesca. Il rio Gualaquiza dalle acque cristalline e pure maestoso serpeggia nel mezzo di essa, fra canneti di zucchero e piantagioni di caffè, palmizi, aranci, limoni, ecc. appartenenti agli entables o poderi dei pochi cristiani colà stabiliti. Il verde chiaro di queste piante coltivate, in mezzo a cui, sorge la meschina capanna del colono, presenta un gradevole contrasto col verde oscuro dei folti boschi che coprono la maggior parte della valle colle cime adiacenti. Le case degli Jivaros non si possono tuttavia scorgere, perchè disperse nelle foreste delle colline.
Al contemplare queste meravigliose bellezze l'animo del viaggiatore si ricrea e dimentica tutti i pericoli passati. Se non che, per arrivare ad un sì bel tratto di paradiso terrestre, bisogna che il viaggiatore si prepari a passare ancora per un orrido cammino, pieno di pantani, tronchi d'alberi caduti, lacci formati da radici che strisciano , s'incrocicchiano e si ritorcono in quella fanghiglia, nella quale s'affondano talvolta le povere bestie, uscendone malconcie esse e lo stanco cavaliere.
Come a Dio piacque, verso le 2 1/2 pom. del sabbato , 14 ottobre, arrivammo felicemente alla prima capanna (choza) di Gualaquiza, chiamata Yumaza. Quivi trovammo una ventina di cristiani bianchi, che, avendo saputo del nostro arrivo, ci erano venuti incontro per darci il benvenuto. Ma i nostri occhi si diressero prontamente e con grande soddisfazione verso alcuni Jivaros, che stavano là ritti, vestiti in costume, colla loro indispensabile lancia in mano , in atteggiamento, quasi direi, dignitoso. Appena smontati dalle nostre cavalcature, essi ci vennero incontro, e, porgendoci la destra, in tono franco ed altero, ci chiesero : - Como estando ?
Già sapevamo che gli Jivaros di Gualaquiza, per il contatto che hanno avuto e che hanno coi bianchi, sanno tutti farsi discretamente intendere in lingua spagnuola, usando i verbi sempre in gerundio; cercammo quindi pur noi di farci loro intendere parlando allo stesso modo e per mezzo di proposizioni tronche da tutti i lati. Fu una conversazione curiosissima. Spiegammo come eravamo venuti a Gualaquiza per occuparci di loro, per insegnar loro a lavorare il ferro, onde fare sciabole, lancie, coltelli, e che loro portavamo tanti regalucci molto belli ed a loro molto cari... Oltremodo contenti, guardavansi l'un l'altro con manifesti segni di gioia ; e quando noi fummo per risalire sulle nostre bestie, essi si diedero alla corsa per annunziare la buona novella agli altri compagni che ci aspettavano sulla spianata della collina, dove esisteva la Chiesa e la Casa-Missione costrutti un venti e più anni fa dal celebre Missionario Gesuita, il Rev. P. Pozzi.
Al centro di Gualaquiza. L'antica chiesa e l'improvvisata cappelletta.
Quest'amena collinetta, che si eleva dal piano all'altezza relativa d'un trenta metri circa, alla destra del fiume Gualaquiza, e. nella sua metà superiore , separata dal vicino monte per mezzo d'una piccola valle , dà l'idea d'un cono tronco pochissimo inclinato. Di qui si domina tutta la valle di Gualaquiza, dall'unione dei due fiumicelli che formano il Rio di questo nome fino alla sua foce nel Bomboiza, distante dieci e più chilometri a sud-sud-est. Il panorama più bello è quello che si prospetta dall'oriente : ai pie' del colle si presenta dapprima la vallata disseminata di capanne o casette circondate di banani, canne di zucchero, aranci, limoni, alberetti di caffè : son desse le povere abitazioni dei cristiani che abitano colaggiù chi tutto l'anno e chi solo al tempo della seminagione e della raccolta; più in su s'elevano piccole colline, poi più alte, quindi i monti, coperti da foltissime boscaglie d'un verde cupo, che dà l'aspetto severo e maestoso a tutto il panorama.
Sulla spianata del colle in discorso, come già dissi, il nostro ultimo predecessore vi aveva fabbricata una bella e grande chiesa con attiguo ospizio ; ma, partito lui , chiesa ed ospizio restarono in abbandono e caddero ben presto in rovina. Cogli avanzi alcuni cristiani di Gualaquiza edificarono una meschinissima cappella con due stanzette pei Missionari, che essi sapevano doveano venire fra poco. Quivi ci dirigemmo, seguendo i nostri precursori e passando sotto a due archi trionfali formati con rami d'alberi, adorni di fiori e d'uccelli disseccati delle piume variopinte. In un istante ci vedemmo attorniati da altri cristiani e da una turba di Jivaros, uomini, donne e fanciulli, che avevano avuto sentore della nostra venuta ed erano accorsi per salutarci ed offrirci yuca (tartufo d'America), platano ed uccelli disseccati.
Dopo d'averci così presentate varie coserelle, colla loro selvaggia semplicità ci chiesero : - Y vos que regalando ? - Rispondemmo che i bauli , ove tenevamo le cose da regalare loro, erano rimasti indietro; ma che tornassero nei giorni seguenti ed avremmo loro dato tante belle cose. Soddisfatti da queste promesse, ritornarono molto contenti alle loro abitazioni. E noi, aderendo alle ripetute istanze del sig. Guglielmo Vega, cui sembravano troppo strette e meschine le due stanze per noi preparate, prendemmo alloggio in sua casa, ove dimorammo tutto il mese passato a Gualaquiza, sempre da lui trattati con isquisita delicatezza.
Nei giorni seguenti gli Jivaros mostrarono d'averci capito a meraviglia, giacchè vennero in frotte a visitarci ed a ricevere i regali promessi, consistenti in gingilli, aghi, filo di refe, spilli, coltelli, forbici, fazzoletti, camicie, ecc., cose tutte che essi ricevevano con grandi segni di gioia e di riconoscenza.
Questi selvaggi sono molto curiosi del pari che pretendenti. Vogliono vedere ed osservare tutto e tutto chiedono, ma dobbiamo confessare che non ci accorgemmo che alcuno abbia toccato un filo senza permesso. Anzi ci assicurano che tra gli Jivaros non guastati dai pessimi esempi di certi bianchi è considerato come cattivo colui che mentisce e ruba.
Con tali regali noi ce li facemmo ben presto tanto amici, che non cessavano dall'esclamare e raccontare a tutti che los Padres muy buenos siendo - che i Padri cioè son molto buoni. E la voce si sparse di bocca in bocca, sicchè noi ci vedemmo arrivare non solo tutti gli Jivaros di Gualaquiza, ma pur anche alcuni di Mendez e delle pianure del Zamora.
Ritratto degli Jivaros.
Vedendo il terreno così ben preparato, deponemmo quel po' di timore che avevamo di questi selvaggi, e cominciammo, con grande loro soddisfazione, a visitarli di casa in casa.
Il carattere predominante degli Jivaros è l'essere sospettoso, diffidente, traditore. Solamente pochi anni addietro, anche quei di Gualaquiza commisero tali delitti , che ben giustificano il gran timore che di loro hanno i bianchi. Pare però che pel Missionario abbiano molto rispetto , sapendo che può e vuole far loro del bene ; tuttavia anche per lui fa d'uopo mostrarsi risoluto e capace di difendersi in caso di bisogno. Per questo io non uscii mai di casa senza la mia carabina sulle spalle, della quale talvolta feci vedere la terribile forza e la sicurezza dello scoppio. Così ci fidammo di loro in varii incontri , più volte ci lasciammo trasportare attraverso il fiume sulle loro canoe e varie notti dormimmo vicino a loro ora nella selva ed ora nella nostra e nelle loro capanne.
Gli Jivaros sono di statura media, tendente piuttosto al piccolo , tarchiati però e muscolosi. Il colorito della pelle varia fra il rosso-rame e il bruno con qualche tendenza al giallo. La conformazione del capo non ha nulla di notevole, tranne le narici che sono un po' schiacciate e larghe ; il loro angolo facciale è retto, il profilo degli occhi orizzontale, come nella varietà caucasica, ed un poco sporgenti i zigomi. In generale mancano affatto di barba, quantunque alcuni piuttosto vecchi abbiano qualche apparenza di baffi, una specie di lanuggine e un piccolo pizzo. La capigliatura, che essi tengono bene assettata, è in tutti nera e folta ; la parte anteriore è sempre ben tagliata fino a metà la fronte : le laterali, sempre lunghe, coll'aiuto di apposito nastro sono avvolte e legate intorno al capo a mo' di corona; e la parte posteriore lunghissima è intrecciata a guisa di coda, alla cui estremità, nei giorni di festa, appendono molti uccelli disseccati a varii colori, che penzolano dietro la schiena come tanti brillanti. Usano portar le orecchie forate, e di tal modo ne ingrandiscono il buco, da potervi poscia introdurre un pezzo di canna della grossezza talvolta del pollice della mano , nel quale tengono infitti gli aghi da cucire lunghi più di venticinque centimetri. Tutto il vestito per gli uomini consiste nell'itipi, che è un pezzo di tela rossiccia con righe gialliccia e nerognole , che avvolgono attorno ai fianchi e che scende fino al ginocchio. Il petto, le larghe spalle, le nerborute braccia, come pure la parte inferiore della gamba, compreso il piccolo e largo piede, son sempre nudi. Usano pure tingersi la faccia con striscie trasversali rosse, e il collo, il petto e le braccia con strani disegni neri. Portano inoltre molte collane di una specie di granato nero, o a chicchi con cui da noi si fanno lo corone , o composte di denti di scimmia infilzati, ed a queste collane, che talvolta coprono gran parte del petto e della schiena, appendono pure qualche volta uccellini disseccati dai più vivi colori. Alcuni poi portano sul capo delle co rotte intrecciate pure di penne d'uccelli di colori svariatissimi. Quando possono avere camicie o panciotti specialmente di color rosso, li indossalto ben volontieri massime nei giorni di festa. Le donne vestono un po' più decentemente: portano una specie di camicia del medesimo colore dell' itipi o un po' più tendente al bruno, che loro scende dal collo ai piedi, stretta ai franchi con apposito cordoncino. Le ragazze per piccole che siano, anche in braccio alle loro madri , portano una veste somigliante per forma a quelle delle adulte , mentre i fanciulli fino ai sette ed otto anni non indossano niente.
Case, mobili ed occupazioni degli Jivaros
Le case degli Jivaros, sparse nella foresta e quasi tutte eguali di forma, sono grandi e spaziose tettoie ovali, con tetto acuminato, circondate da fitta palizzata , alta da tre a quattro metri, con due porte ai vertici dell'ovale; il tutto sì ben proporzionato e simmetrico che presenta un aspetto elegante e leggiadro. Il tetto è fatto di foglie ben intrecciate e sostenute da traversine di bambù. La vastità di queste case varia dai 12 ai 25 metri di lunghezza con una proporzionata larghezza. L'esteso piazzale interno è diviso da uno steccato in due scompartimenti : l'uno è riservato per gli uomini, l'altro per le donne.
Pochi sono i mobili del tambo. Primo è il letto. Questo per gli uomini consiste in una specie di dura stuoia di canne, posta all'altezza di un metro circa da terra, e talmente corta da sporgere al fondo le gambe che poggiano sovra apposita stanga , davanti alla quale arde sempre un piccolo fuoco, onde tenere asciutti i piedi, de' quali hanno grandissima cura. Non usano coperte,nè lenzuola, nè materassi, nè capezzale , e si coricano vestiti come sono, tenendosi la testa alquanto sollevata colle mani. Poi si ammira il tunduli, arnese conosciutissimo nell' Equatore; per dare i segnali dell'allarme; lo scudo di legno leggiero, per la difesa personale nei combattimenti ; la lancia, compagna inseparabile del Jivaro quand' esce di casa; la faretra (bodoquera) con freccie alle volte avvelenate, per la caccia degli animali; i fusi ed i telai per filare e tessere il cotone, col quale formano le semplici loro vesti. Le occupazioni degli uomini sono: il fabbricare la casa, se ancor non l'hanno ; tagliare e bruciare gli alberi per farne l'orto, filare il poco cotone ché adoprano. È pur di loro incombenza la caccia, la pesca e il ma neggio delle armi offensive e difensive. La loro arma principale è la lancia; ma i più posseggono pure armi da fuoco, che usano per la caccia e raramente in guerra. Le donne poi ordinariamente vivono nel loro quartiere, attendendo alla cura dei bambini, della cucina, della coltivazione dell'orto che attornia il tambo, a tessere il cotone filato dagli uomini , fabbricar la ciccia (chicha), ecc., ecc.
Barbara usanza. - Una notte burrascosa.
Taita Naranza.
Gli Jivaros sono oltremodo vendicativi, e questa loro passione formò e forma tuttora la loro principale rovina. L'alta e solida palizzata che circonda le case dinota che queste sono tribù feroci e guerriere; poicbè si sa che dove non vi è guerra, il tambo resta aperto da tutti i lati. Gli Jivaros di Gualaquiza pare siansi alquanto dirozzati, mercè quel po' di religione cattolica che ancora vi ha ne' loro cuori e quel lungo praticare coi bianchi. Ma le tribù più lontane , verso il Marañon, debbono essere più feroci e sanguinarie. Per vendicarsi dei loro nemici, questi selvaggi hanno la barbara usanza di tagliar loro la testa, estrarne l'ossatura , scorticandola in modo che resti intiera il più che sia possibile, indi metter la pelle nell'acqua bollente mescolata talvolta con erbe da loro conosciute, e poi collocarla sopra di una piccola pietra rotonda e molto calda ; pel calore le fibbre della pelle si contraggono poco a poco, tanto che si riduce assai il volume di essa , conservando intatta la capigliatura e più o meno le fattezze dell'individuo. Questa mummia, ridotta al volume pressochè di un arancio , vien chiamata shanza.
In Gualaquiza però pare che questa barbara usanza sia affatto scomparsa, dopo le pene ecclesiastiche e civili minacciate ai compratori ; anzi quivi è considerato un cattivo soggetto colui che osa ancora far shanzas, indotto dal guadagno che ne ricaverebbe vendendole. Delle tribù vicine vi sono ancora taluni così feroci, che, per la meschinità di uno schioppetto, vanno ad uccidere nemici lontani e delle teste formano altrettante shanzas da consegnare ai barbari compratori.
Noi ne vedemmo una sola, in casa di taita Naranza, che per altro apparteneva ad. un selvaggio di Mendez.
Taita Naranza è l'Jivaro più anziano di Gualaquiza, ma egli è snello ancora della persona e molto robusto. La nostra prima visita fu alla sua casa, situata all'altro lato del Bomboiza. Ci accompagnammo con due Missionari Francescani, che, avendo saputo che noi dovevamo arrivare a Gualaquiza, vollero farci una gradita sorpresa e da Zamora fecero una gita fin qua per incontrarci e salutarci. Non ci fu possibile dello stesso giorno arrivare alla casa del vecchio Naranza, poichè, giunti al Bomboiza, lo trovammo sì ingrossato da non poterlo traghettare. Fu quindi necessario passar la notte nella foresta. Facemmo in fretta, con rami e grandi foglie, una piccola capanna, onde ripararci dalla pioggia; si preparò un gran fuoco per asciugarci gli abiti completamente bagnati, e poi sopra le bragie arrostimmo alcuni pezzi di yuca-, che per fortuna trovammo in un orto abbandonato, e che, accompagnati da alcune sardine che portavano i buoni Francescani, ci servirono di saporita cena per quella sera. Eravamo molto stanchi; quindi, recitate di cuore le preci, ci ponemmo a dormire sull'umida erba sotto alla improvvisata capanna.
Confesso francamente che ebbi da fare per mandar via un po' di timore che nasceva nel mio cuore nel silenzio e nell'oscurità di quella foresta. La memoria riandava le mille lugubri descrizioni fattemi degli Jivaros; la fantasia, ingrossandone le tinte, le rendeva più oscure, più tristi, più spaventose. Poco lungi dalla nostra capanna era avvenuto il famoso massacro degli operai del sig. Vega, ed una delle nostre guide raccontava inoltre che quei paraggi sono frequentati da serpenti velenosi... Questo visibilio d'idee, che riscaldavami sempre più la testa , contendeva il sonno ed il riposo alle mie affrante membra. Ma finalmente vinse la stanchezza, ed anch'io al par degli altri fui sorpreso da un sonno affannoso. Quand'ecco una pioggia torrenziale si scarica sopra la mal costrutta capanna e ci tormenta tutta la notte. All'albeggiare poi un orrendo fracasso ci fa balzar tutti d'un tratto : era caduto un grosso albero a pochi passi dalla nostra capanna. Risolvemmo di partir tosto e avvicinarci al Bomboiza.
Dopo un lungo aspettare, vennero due robusti selvaggi con una piccola e stretta canoa per portarci all' altra sponda. Esitammo tutti e non ci potevamo decidere ad entrare in quella pericolosa scialuppa , avventurandoci in quelle impetuose acque. Ciononostante io pel primo mi feci animo , mi raccomandai al mio Angelo Custode e saltai nella lancia. I due Jivaros mi chiesero se sapeva nuotare ; risposi che no, ma che non importava, e feci segno che si allontanassero pure dalla sponda. Non dovetti ripetere l'ordine: diedero tosto mano ai remi, e con un'agilità sorprendente in un istante mi trasportarono all'altra sponda. Lo stesso fecero cogli altri, e noi ci dirigemmo tutti alla casa del vecchio Naranza.
L'abitazione del vecchio Jivaro è pulita, simmetrica nelle varie sue parti, e perfin elegante. Oltre ai mobili sopra accennati soliti a trovarsi in tutti i tambos degli Jivaros di Gualaquiza, qui trovammo un oggetto particolare, una shanza. Al primo vederla , io inorridii, e chiesi tosto a taita Naranza di chi fosse. Taita Naranza, quasi offeso per questa mia domanda, con risentimento mi risponde che non gli appartiene, ma che è di un Jivaro di Mendez che alberga in sua casa. Si presenta allora questo selvaggio e con un'arroganza senza pari dice : - Esta shanza mia siendo; Jivaro Pongo matando à mi hermano, yo matando él, cortando cabeza, haciendo shanza - che tradotto pure in gerundio vuol dire : - Questa shanza essendo mia; un Jivaro Pongo ammazzando mio fratello, io ammazzando lui, tagliandogli la testa e facendola shanza. - Fino a questo punto arriva la barbarie e la crudeltà d'un popolo senza Religione !
Trattati finemente dal vecchio Naranza , prima di sera ci licenziammo per ritornare a Gualaquiza. Il vecchio Jivaro si oppose tenacemente alla nostra partenza, adducendo che le acque del fiume erano ancora molto alto e che il traghettarle sarebbe un esporci al pericolo d'annegare; ma, vedendo la nostra ferma risoluzione, di mala voglia ci concesse due canottieri , che , colla solita agilità, in un baleno ci trasportarono alla riva opposta. Arrivammo a Gualaquiza sul far della notte.
Visitammo in seguito tutte le altre case dei dintorni di Gualaquiza, ed io mi spinsi fino all'unione del Bomboiza col Zamora, specialmente per vedere se quest'ultimo fiume fosse navigabile almeno in canoa fino al territorio di Gualaquiza.
Ignoranza e superstizione.
In questo frattempo potemmo conoscere quanta ignoranza e quanta superstizione regni fra questi poveri selvaggi.
Avviene che uno si ammala? i suoi parenti mandano pel medico, che nel loro linguaggio è detto il brujo, ossia stregone. Se lo stregone vede di poter guarire l'ammalato, incomincia la sua cura, la quale però eseguisce sempre di notte. Consiste essa dapprima in canti stranissimi ed in balli di intere notti; poi il brujo s'avvicina all'ammalato e con destrezza gli mette sopra la parte inferma un piccolo verme, che poi finge di estrarglielo e lo mostra ai circostanti, dicendo che qualche nemico glielo aveva infiltrato nell'interno. Allora dai parenti e dall'infermo stesso si pensa, si congettura quale sia questo nemico insolente e malvagio; e di qui odii implacabili e vendette che non hanno mai fine. Se poi, nonostante la simulata cura, l'infermo soccombe, le ire si convertono tutte contro dello stregone, il quale sovente paga colla propria vita le sue menzogne ed inganni.
Quando un individuo cessa di vivere, egli è sempre perchè qualcheduno lo ha brujeado, vale a dire malefiziato ; di questo sono talmente persuasi , che riesce inutile addurre loro ragioni o prove in contrario. Quindi ne nascono sospetti, diffidenze e talvolta guerre secolari di una tribù contro dell'altra vicina.
Morto un adulto, lo si seppellisce nel tambo stesso, ove diede l'ultimo respiro; ed i superstiti, più per orrore che hanno della morte, che per rispetto verso dei defunti , fattane la sepoltura, abbandonano quella casa e vanno a fabbricarne un'altra più lontano che possono. In molti è tuttora radicato l'uso di mettere sopra la sepoltura gran quantità di cibi e bevande , persuasi forse che possano giovare al defunto.
Queste e varie altre superstizioni, a quanto pare, sono avanzi dell'antico paganesimo anche qui regnante, che, non ostante gli sforzi dei Missionari qui venuti, non si è potuto abolire del tutto.
Religione e morale.
Gli Jivaros di Gualaquiza adulti sono quasi tutti cristiani, ma puramente di nome. Venti e più anni addietro, un zelante Missionario, prevedendo di dover partire da Gualaquiza senza speranza di potervi presto ritornare, in quella pressante contingenza pensò d'istruirli il meglio possibile ed amministrare loro il S. Battesimo. Egli dovette infatti ritirarsi; e quegli Jivaros, abbandonati interamente a se stessi per tanti anni, appena si ricordano del nome di cristiani che portano. Nessuno di loro al presente sa farsi il segno della santa croce. Tutta la loro credenza consiste nel sapere che esiste Iddio Padre - Taita Dios - il quale abita nel Cielo ; che i buoni morendo andranno con Lui, ed i cattivi con Iguanchi, lo spirito malo, ossia il demonio.
Una sera ci venne a visitare un vecchio Jivaro nominato Chacaima. Essendo il tempo molto brutto e l'ora assai avanzata, non gli permettemmo di ritornare a casa sua di quella stessa sera; a stento quindi si decise di passare la notte nella medesima nostra camera. Prima però di coricarsi uscì fuori e dal corridoio della casa incominciò a soffiare fortemente ed a mormorare non so quali parole fra i denti. D. Spinelli, che lo stava osservando, gli chiese il significato di quei soffi e di quelle parole ; ed il vecchio Jivaro risposagli : - Chacaima soplando , lejos mandando muerte é iguanchi ; rezando Taita Dios, por que muerte é iguanchi lejos mandando - che vuol dire : - Chacaima soffia per mandar lontano la morte ed il demonio ; prega poi Iddio Padre, perchè allontani la morte ed il demonio.
Altra sera si fermò pure con noi a dormire un così detto stregone - brujo - di Mendez. Anch'egli prima di coricarsi compì le medesime cerimonie : soffi e preghiere continuate per molto tempo. Interrogato anch'egli perche ciò facesse, rispose : - Buenos Jivaros, todos, antes dormiendo, rezando - Tutti i buoni Jivaros, prima di mettersi a dormire, pregano.
Per giudicare che cosa sia buono o cattivo , lecito od illecito , benche battezzati , non hanno certamente la nostra regola. In generale, almeno a Gualaquiza, considerano come cosa mala solamente l'omicidio, il furto e la menzogna ; quando però vi ha una piccola causa, l'omicidio diventa cosa sacra: la vendetta per loro è obbligatoria. La poligamia poi da taluni è praticata come cosa lecita, nè gli altri si meravigliano per questo.
Celebrano alcune feste con cerimonie religiose, prolungate per varii giorni ; ma da quanto abbiam potuto capire tali feste si riducono a qualche cosa di peggio delle nostre baldorie di carnovale. Non hanno sacrifizi, nè v'è cosa che veramente si possa chiamare idolo ; e genuflettono solamente davanti alla shanza, quando ne ricorre l'anniversario.
Gli Jivaros di Gualaquiza sono stati decimati varie volte, in questi ultimi tempi , dalle frequenti guerre colle tribù vicine e dalle malattie contagiose, come il vaiuolo ed il morbillo, importate dai bianchi. Tuttavia ascendono a circa mezzo migliaio. A Mendez m'assicurano che ve ne debbono essere parecchie migliaia; numerose tribù poi mi dicono che abitano al Pongo, al Paute inferiore e sulla riva destra del Morona. Si sa che i selvaggi scelgono sempre luoghi solitarii, possibilmente vicino ai fiumi, dove nessuno possa vederli, nè udirli, nè sturbarli nelle loro orgie; quindi potrebbero essere anche più numerosi di quel che si crede.
Terminata la nostra escursione, pensammo pel ritorno. Come già dissi in principio di questa mia, tre Jivaros adulti cì vollero accompagnare fino a Cuenca, dove tutti si meravigliarono che avessimo avuto il coraggio di fidarci di questi selvaggi considerati come ferocissimi. Questi tre Jivaros si fermarono per quattro giorni nella nostra casa, contenti del modo onde trattammo loro e trattiamo i nostri giovanetti; poi, non potendo resistere al clima di Cuenca per essi troppo rigido, ritornarono al loro paese, dove presto andremo a rivederli.
A Gualaquiza abbiam trovato che la temperatura massima varia dai 23 ai 27 centigradi e la minima dai 17 ai 20. La sua altezza assoluta sopra il mare è di 730 metri. In un mese che là stemmo, 26 giorni furono più o meno piovosi, malgrado si fosse d'estate. In un clima sì umido e caldo la feracità del suolo dev'essere certamente somma; ed infatti Gualaquiza è così ricca in prodotti vegetali, che non mi pare doversi desiderare di meglio. Il male si è che mancano le braccia per la coltivazione, o meglio per isgombrare il terreno dalle erbacce e dalle annose piante.
Necessità di questa Missione.
Nel breve soggiorno di Gualaquiza abbiamo potuto persuaderci che, per poter continuare con frutto questa Missione, si richiedono grandi aiuti spirituali e materiali.
Anzitutto abbiamo estremo bisogno dell'assistenza di Dio. Senza di questa, nulla si potrà fare, giacchè ardue sono le difficoltà e grandi i pericoli che si presentano. Ci raccomandiamo quindi caldamente alle preghiere dei nostri ottimi Superiori e confratelli, dei giovanetti delle Case Salesiane e di tutti i benemeriti Cooperatori e Cooperatrici della nostra Pia Società. Mentre noi andremo ricorrendo queste inospiti regioni , da ogni angolo della terra , dove soavi Salesiani , s'innalzino ardenti voti al Cielo, perchè siano benedette e coronate da esito felice le nostre povere fatiche.
Poscia fa d'uopo d'un buon personale. L'unico mezzo che vi ha per poter evangelizzare e civilizzare gli Jivaros , secondo il parere di tutti coloro che conoscono questi selvaggi, pare sia quello di fondare nei centri più popolati vario case con laboratorii o scuole, onde addestrare al lavoro ed istruire i giovanetti, che sembrano molto intelligenti.
Questi selvaggi, uomini e fanciulli, sono oltremodo amanti di libertà ; essi passano gran parte del loro tempo guazzandosi nei fiumi o divertendosi nei boschi; e noi ci guarderemo bene dal chiuderli in gabbia o costringerli d'un tratto al lavoro. Ma quando si sono sbizzarriti a loro talento nei fiumi e nei boschi, essi sono di buona volontà ; e noi ci varremo di questi momenti per impartir loro qualche ora d'istruzione e di cristiana educazione.
La prima casa da fondarsi sarebbe certamente a Gualaquiza, ove trovansi pure molti cristiani bisognosi del Missionario quanto gli Jivaros; poi a Mendez, indi al Pongo, ed una forse al Paute inferiore. Ma di queste ultime stazioni non possiamo dire ancora nulla di positivo, perchè il Direttore di Quito, ìl sig. D. Luigi Calcagno, per timore che ci accadesse qualche disgrazia per parte dei selvaggi, ci proibì di oltrepassare i limiti di Gualaquiza.
Tali case bisognerà che siano fornita almeno di tutto il necessario per una povera cappella, degli attrezzi indispensabili dapprincipio per i laboratorii dei fabbri e falegnami, e di una gran quantità di vestiarii e d'altri oggetti che fanno gola agli Jivaros. Questi selvaggi sono molto egoisti ed interessati, e solo con cose materiali si potranno guadagnare. Essi sono avidissimi di camicie di color rosso scarlatto o paonazzo, di panciotti, fazzoletti, ecc. dello stesso colore. Le camicie dovrebbero essere di un tessuto forte, ma sottile e leggiero ; altre senza maniche o con maniche corte di un 10 cm. per i fanciulli, altre con maniche lunghe per gli adulti, tutte lunghissime fino a toccare i piedi. Amano pure d'aver scuri, accie, schioppetti, lancie, coltelli, forbici, aghi, specchietti ed altri gingilli. Regalando ai genitori simili oggetti, noi potremo indurli a lasciarci venire i loro figli ed anche a venire essi stessi ad ascoltarci ed a fare quanto loro diremo.
Racconta il P. Magalli di un Missionario Domenicano che , arrivato ad una tribù di Jivaros, riuscì con regali, ben inteso, ad affezionarseli tanto, che andavano molto volontieri ad ascoltare le sue istruzioni. Un giorno, in cui egli non aveva più alcun gingillo da donar loro, gli Jivaros gli chiesero con insistenza : - Padre, e non hai più niente da darci ? - No, rispose il buon Missionario, tirando un lungo respiro ; tutte le cose che possedeva già ve le ho date... - In tal caso sei ben povero, soggiunsero quei selvaggi ; noi non vogliamo un Padre povero, perciò il meglio che puoi fare si è partirti subito da noi. - E sì dicendo tutti lo abbandonarono, nè più andarono ad ascoltare le sue parole di vita eterna.
Le tribù a noi affidate sono pure Jivaros, non punto differenti da quelli del Padre Domenicano ; fa d'uopo quindi fondare parecchie stazioni, e tenerle sempre munite di tutto il necessario. Così, a poco a poco, guadagnandoci gli animi degli adulti ed istruendo bene i giovanetti, col tempo si potrà riuscire a qualche cosa.
Venga quindi presto il tanto desiderato Vicario Apostolico, traendo seco buon numero di sacerdoti, chierici, capi d'arte, e fornito di una gran quantità dei sopraccennati oggetti. La via al campo è già tracciata, anzi già si può dire quasi fondata la prima stazione. Abbiamo promesso di ritornare a Gualaquiza per la solennità del Natale, e vedremo di mantener la parola, assecondando i desiderii di quei cristiani e di quegli Jivaros.
Avrei ancora molte cose da dire a riguardo delle difficoltà e dei bìsogni di questa Missione ; ma per una lettera mi sono già dilungato troppo. Raccomando nuovamente alle preghiere di tutti i Salesiani e loro amici la causa di questa Missione, mentre godo nel potermi professare,
Della S. V. R.ma
Dev.mo obb.mo figlio in G. C. GIACINTO PANCHERI.
Gloria a Maria ! Nel marzo dello scorso anno 1893, fui colpita da una malattia dichiarata da medici insanabile. Da principio stetti alle prescrizioni dei medici, ma poi vedendo che la scienza a nulla valeva, e che invece di progredire indietreggiava, bandii ogni rimedio, e consigliata da un'amica mi rivolsi con grande fiducia a Maria SS. Ausiliatrice, promettendole, se ottenevo la disperata guarigione, di portarmi a Torino a ringraziarla nel suo santuario e di faro celebrare una messa all'altare a Lei dedicato. L'amica promise a Maria d'accompagnarmi a ringraziarla, e di fare ella pure celebrare una messa allo stesso altare.: Incominciai unita alla suddetta una novena di preghiere a questa buona Madre, ma la mia salute un giorno migliorava e l'altro peggiorava e non risultava nessun miglioramento. Maria pretendeva di più da me. L'amica mi consigliò di fare ancora un altro voto, cioè di promettere a Maria di fare un'offerta secondo le mie forze, il che io feci, ed allora continuando la novena di giorno in giorno provava in me un leggiero miglioramento. Il giorno 2 agosto sentendomi di poter resistere alla fatica del viaggio, decisi di adempiere la fatta promessa, ed unite partimmo alla volta di Torino. Quivi giunte ci portammo direttamente alla Chiesa di Maria Ausiliatrice, ci presentammo al direttore della Sagrestia, consegnammo la somma per la celebrazione delle Messe, ed io feci pure l'altra offerta promessa. Dopo ringraziata sì tenerissima Madre della salute ridonatami in parte, e supplicatala affinchè nella sua bontà e misericordia me la volesse ridonare intera, Le promisì, qualora la grazia fosse completa, di farla pubblicare sul Bollettino Salesiano per maggiormente diffondere negli animi cristiani la divozione verso questa potentissima Regina. Ora, avendo ottenuta la sospirata completa guarigione, adempio la mia promessa, invitando tutti a ricorrere a Maria, perciò Maria nulla nega a chi di cuore la prega.
S. Stefano Roero, 14 Febbraio 1894.
M. F. Cooperatrice Salesiana.
Vista la firma della Cooperatrice M. F. si riconosce per autentica : e si conferma quante nella lettera è contenuto, come testimonio.
S. Stefano Roero, il 15 Febbraio 1894.
PIETro Fiorio Prevosto.
Viva l'Ausiliatrice dei Cristiani! - Appena terminata la novena fatta dai figli di Don Bosco alla potentissima Ausiliatrice, il mio male di cuore svanì, ed io potei nel giorno successivo celebrare la S. Messa. Viva perciò l'Ausiliatrice dei Cristiani, cui ricorsi con certezza di venir esaudito. Intanto ringrazio altresì il Rev.m° Sig. D. Rua, che unitamente a' suoi figli volle usarmi tanta carità.
Pobietto, 17 Febbraio 1894.
Bovio D. PIETRO Rettore.
Maria l'ha consolata! - Una povera donna trovandosi in estrema afflizione e miseria per una negata pensione, fece una novena a Maria Ausiliatrice e si trovò subito consolata. Ottenne infatti quanto desiderava, ed ora riconoscente a Maria SS. Ausiliatrice manda lire 10, con calda preghiera di pubblicare questa grazia nel Bollettino, come promise alla Madonna.
Modigliana, 23 Febbraio 1894.
D. A. GHETTI.
Salvata da certa morte! - Il giorno 21 aprile del 1890, mentre tornavo da Cherasco in vettura in compagnia di mio marito, del Cav. Giuseppe Torrero e del vetturino, ad un tratto il cavallo adombratosi s'imbizzarrì e ci capovolse tutti sotto la vettura, in un fosso profondo più di un metro e mezzo. Appena io mi era accorta del pericolo, con fede invocai l'aiuto di Maria Ausiliatrice, della quale porto sempre al collo la venerata medaglia. Ed ecco, bontà di Maria! noi ci trovammo colà precipitati, ma senza riportare il menomo male. Ne rimasero altamente meravigliati tutti gli accorsi, ed io gridai allora alla potenza di Maria, che ora intendo d'esaltare in faccia a quanti amano questa Madre di Dio. - Né solo allora Maria mi ha salvata la vita, ma ben altra volta, l'8 di questo mese, quando io m'era recata a Torino. Scendendo io quel giorno da una scala dell'Ospedale di S. Luigi, misi in fallo un piede e precipitai per più gradini battendo su di essi la testa proprio vicino alla tempia destra. In quell'istante spaventoso mi scattò pure dal cuore l'invocazione all'Ausiliatrice dei Cristiani, ed io mi trovai ferma con solo una leggiera ammaccatura. Gridarono al miracolo coloro che accorsero per alzarmi, ed ora che penso con calma al pericolo corso grido io pure : Maria anche stavolta mi ha salvata la vita
Santa Vittoria d'Alba, 19 Marzo 1894.
TErESA Poro IARDINI.
Novena e benedizione di Maria Ausiliatrice. - La piccina Marietta Fava, nata a Chatillori, mentre trovavasi a Santa Vittoria d'Alba presso della sottoscritta sua zia, soffriva orribilmente il mal d'occhi con lattime entro agli stessi, nè valevano i farmaci a farglielo cessare. Mossa a compassione per questa mia cara nipotina, mi rivolsi allora ai figli di D. Bosco perchè facessero una novena di preghiere e chiesi dal Superiore loro una benedizione di Maria Ausiliatrice per questa poverina. Come per incanto il male andò poco a poco calmando, sicchè in breve si trovò fuori pericolo, anzi con due belli occhietti, che è una meraviglia vederla.
Di quest'insigne favore ottenuto rendo infinite grazie all' Ausiliatrice del popolo cristiano.
Marzo 1894.
ANGELA IVALDI.
Maria rifugio dei peccatori! - È proprio vero che a Maria non si ricorre mai invano. Mio cugino Attilio d'anni diciotto fu parecchio tempo fa colpito da un fierissimo morbo, il quale, nonostante le diligenti cure del medico, andava aumentando di giorno in giorno. I suoi genitori, essendo stati avvertiti dal medico che l'infermo non poteva campare ancora che pochi giorni, andarono subito per il sacerdote. Questi venne, ma l'ammalato non volle sapere di riconciliarsi con Dio; e si lamentava contro del padre perchè, diceva egli, non voleva che guarisse. Frattanto, essendomi stato riferito in che tristi condizioni si trovava il mio caro cugino, ricorsi con una novena a Maria Ausiliatrice, affinche non volesse lasciare perire quest'anima. Non avevo ancora terminata la novena, quando nell'ammalato si osservò con meraviglia di tutti un totale mutamento. Chiese egli stesso il sacerdote, e volle che gli fosse subito portato il Santissimo Viatico, che ricevette con una devozione veramente commovente. Domandò perdono a tutti degli scandali che diceva aver dato, e promise che in Cielo si sarebbe ricordato di loro. Quindi, abbracciati i suoi amati genitori, spirava la sua bell'anima fra le braccia del suo Parroco, il quale ne rimase grandemente commosso. Sia ringraziata e benedetta Maria Ausiliatrice per questa inestimabile grazia!
Montese di Modena, 3 Marzo 1894.
AUGUSTo BANOrri.
Ho invocato Maria Ausiliatrice, ed Essa mi ha esaudito! - Circa un anno fa la mia figlia minore veniva colpita da gravissima malattia. Dapprima le si ammassò talmente il sangue alla testa, che me la vidi ridotta quasi in fin di vita ; e dopo essersi riavuta alquanto da un tal accesso sanguigno, perdette affatto i sentimenti, sicchè non era più possibile farle prendere cibo di sorta, restando sempre oppressa da tetra melanconia. Chi può immaginare il dolore e l'angoscia, in che fu gettato il povero mio cuore di madre, nel vedermi la mia diletta figlia in uno stato così desolante! Si fece ricorso a tutti i rimedi dell'arte sanitaria, ma inutilmente. Buon per me che in tanta desolazione fui consigliata dal mio Rev. signor Curato di rivolgermi a Mària Ausiliatrice. Scrissi tosto al Rev.m° Sig. D. Rua, perchè volesse farmi celebrare una Novena di preghiere e di benedizioni nel tempio dedicato in
Torino alla Grande Regina Aiuto dei Cristiani; e ne ebbi in risposta di voler praticare noi in famiglia le preghiere che già suggeriva l'indimenticabile Don Bosco, con promessa di far pregare per la mia figliuola i suoi giovanetti dell'Oratorio e dar principio alle benedizioni col primo giorno della Novena dell'Immacolata Concezione. Questa notizia fu per me come segno speciale di felice augurio. Pregai e feci piegare. Al primo giorno della Novena , la mia cara figliuola già indicava ad un leggier miglioramento, il quale andò sempre progredendo, tanto che in poche settimane io mi vidi ritornata la mia amata figlia nel primitivo stato di tranquillità e di salute, formando la consolazione della famiglia e la meraviglia di quanti l' han conosciuta nel miserando stato suddescritto. Col cuore pieno di riconoscenza per un sì segnalato favore, ora che mi fu possibile sono venuta colla mia figlia stessa ai piedi di Maria Ausiliatrice per sciogliere il voto allora fatto, portarle l'offerta promessa, e ringraziarla dell' immenso benefizio ottenutoci. Sia sempre e dovunque ringraziata Maria SS. Ausiliatrice
Bertesseno (Viù), 30 Novembre 1893. SOFFIETTI ROSA.
Salus infirmorum, ora pro nobis. - La figlia di una pia Cooperatrice Salesiana fu assalita da catarro intestinale, che rendevasi ribelle ad ogni cura, e tanto debilitava la sofferente, da farne temere una non lontana perdita. Nel momento più serio, la pia genitrice, assai devota di Maria SS., si rivolse alla figlia invitandola a recitare tre Ave Maria. Il giorno antecedente il medico aveva giudicato necessaria una operazione assai pericolosa; e ritornato, restò oltremodo sorpreso nel trovare l'ammalata non solo fuori di pericolo, ma assai migliorata! - Questa bambina è rinata, esclamò egli, essa è tornata da morte a vita. Non abbisogna di operazione e quanto prima sarà in salute. - La Vergine SS. aveva esaudita la preghiera che partiva da due cuori ripieni di fede e di amore. La figlia ora ha riacquistata la sua primiera salute e frequentemente recasi all'altare di Maria Ausiliatrice da noi eretto qui in Catania a rendere incessanti ringraziamenti all' Augusta sua Benefattrice.
Catania, 6 Marzo 1894.
Sac. FRANCESCO GHIGLIOTTO.
Torino. - Essendo la mia bambina afflitta da quattro mesi da tosse asinina che convertissi in breve in pericolosa polmonite, venni dal medico assicurata dover la mia figliuola gravemente soffrire per parecchio tempo. Visitata da una parente, ricevetti un libro che raccoglieva molteplici racconti di prodigi ottenuti da Dio mercè la potentissima intercessione di Maria. Rincorata da così commoventi narrazioni, raccomandai la mia diletta figlia a Maria Ausiliatrice. Grazie a sì buona Madre , dopo soli due giorni la mia bambina si sentì tanto migliorata, da poter recarsi alla Chiesa di Maria Ausiliatrice nel suo giorno onomastico, e ricevervi la SS. Eucaristia, messaggera di grazia imperitura, sorgente d' inestinguibile bene all'anima umana. Commossa io rendo noto il fatto, affinchè questa grazia segnalatissima, possa recar qualche conforto all'anima di tanti poveri sofferenti!
MILHOMME.
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Tempio. - Nel Febbraio e Marzo u. s. la mia ottima moglie Caterina Muntoni ed io fummo successivamente colpiti dall'influenza, che in breve si rese ostinata ed insuperabile da qualsiasi rimedio dell'arte salutare, tanto da toglierci ogni speranza di salvamento. In tanta prostrazione d' animo, ispirato da viva fede, feci ricorso alla SS. Vergine Aiuto dei Cristiani, promettendo di far pubblicare la grazia, qualora al buon Dio piacesse concedermela. Potrei dire momentanea la crisi della malattia, giacchè in pochi giorni l'uno e l'altra riebbimo la disperata salute.
In segno di viva gratitudine alla Celeste Regina, per questa ed altre segnalate grazie, in precedenza ricevute, offro lire cinque pei bisogni del Santuario.
9 Aprile 1894.
SALVATORE STANGONI.
Sampeyre. - Trovandosi due persone di mia famiglia in estremo pericolo di vita, mi rivolsi fiducioso a Maria SS. Ausiliatrice pregandola di venirci in ajuto; ed Essa mi esaudì. Nel renderne ora pubblicamente sentite grazie , trasmetto la tenue offerta di L. 20 come da promessa fatta. Sia sempre lodata e benedetta la nostra buona Madre Ausiliatrice.
10 Aprile 1894.
CHIAFFREDo GIRAUDO.
Scaletta Zanclea (Messina) - Il sottoscritto a nome dei fedeli di questa Parrocchia depone ai piedi di Maria SS. Ausiliatrice la tenno offerta di L. 18, supplicandola affinchè ottenga dal Figlio suo Gesù la guarigione del venerando Parroco gravemente tormentato da fieri mali.
25 Marzo 1891,
Sac. ANTONIO ORLANDO.
Ringraziano pure Maria SS. Ausiliatrice per segnalati favori ottenuti mediante la sua potente intercessione i seguenti
Le Suore di Maria Ausiliatrice colle loro Educande, Trecastagni (Sicilia). - Miguel Cortina e Icaza, -Mexico (America). - Paz Pliego de Haghenbech, Mexico (America). - L. G., Feletto. - Emilia Revelant, Cararia (Ciridale). - Nicoletta Carlino, Verona. - Sac. Ettore Morbelli, Rettore di S. Maria delle Grazie, Cangi Ligure. - Una Parrocchiana di Carsi Ligure. - Catterina Peretti, Cardè. - Giorgio Piovano e famiglia, Cambiano. - Guglielmo ed Agnese Ghione, Motta-Carmagnola.- Una Cooperatrice Salesiana di Brescia. - Una Madre di famiglia, Strona. - Sac. Giuseppe Ricolfi, Professore, Campiglione. - Un alunno del Seminario di Vercelli. - G. Podestà ved. Sallegrette. Sarzana. - Virginia Galloti, Milano. - Autonino Mazzarelli Agatè, Floridia. - Bartolomeo D. - M. R. S. Perletto - Margherita Pasotti - Zani, Nave (Brescia). - Ancilla Soragna, Guastalla. - Giuseppe Zucca. - Margherita Gastaldi , Torino. - Luigi Gottardi, Verrò (Trentino) - Fedele Berardelli M., Fonteno. - Gli. Felice Tallachini, Quito (America). - Antonietta Garnaglia, Morello. - Bartolomeo Barbero, Mombercelli. - Luigia Filippone, Albenga. - Maria Balestrino, Cortemiglia. - Giuseppe Portigliati, Maddalena. - Margherita Calcagno, Gassino. - D. Sebastiano Birolo, Sciolse. - Francesca Riccabone. - Anna Rese, S. Lorenzo. - D. Pietro Vaninetti, Berbenno Valtellina. - Fran. Arlenghi, Torino. - Carter. Avalle. Lombriasco. - Giovanna Cena, Marchi. - Francesca Rosso, Torino. - Catterina Toselli , S. Giorgio Canavese. - Maria Penaimo, Noceto. - Catterina Favre, S. Maurizio. - Teresa Pacchiardi, Sariè. - Marianna Marca, illarene. - Giovanna Menassero, Torino. - Maddalena Alessi, Racconigi. - Giovanna Fossati, Ilacconigi. -Giorgio Giambone, Torino. - Rosa Roddi Piazza, Castions di Strada (Udine). - Ermelinda Mezzano. Pozzengo. - Tommaso Grosso, Pralorntio (Torino) - Gio. Bat. Musso, Druen.t. - Francesca Rosso nata Banchio, Torino.
Conferenze.
Già abbiano avuto occasione di constatare come, dovunque si tengono Conferenze Salesiane, i nostri benemeriti Cooperatori e pie Cooperatrici vi accorrono sempre con viva soddisfazione a sentire parlare delle Opere salesiane, e dove tali conferenze sono tenute pubblicamente, vale a dire coll'intervento di tutto il popolo, l'udienza è sempre affollata , numerosissima , partecipandovi tutti con molta benevolenza verso la cara memoria di D. Bosco.
Novelle prove di ciò abbiam veduto nelle conferenze salesiane tenute in questi ultimi mesi dai nostri sacerdoti D. Giulio Barberis ad IVREA, D. Tommaso Pentore a ROMA, LUGO ed in altre città dell' Italia centrale, e D. Stefano Trione a SALUZZO , CUNEO ,
MoNDOVI' BREO e PIAZZA, BRA, ALBA, PINEROLO, NOVARA, BIELLA e SUSA, Come pure in quelle tenute dai zelanti Decurioni di CASSOLNOVO (diocesi di Vigevano) Don Carlo Antonio Gallina prevosto, e di SIVIANo (Brescia) D. Michele Sterbi parroco.
Nè solamente in Italia, ma anche fuori si ascolta con piacere a parlare dei progressi che va facendo l'Opera salesiana coll' aiuto dei suoi Cooperatori e Cooperatrici. Invero D. Filippo Rinaldi, Ispettore delle Case nostre della Spagna, invitato da Prelati e da rispettabili personaggi del clero e del laicato a tenere conferenze in varie città e della Spagna, e del Portogallo, come a ROMDA, MALAGA , HUELVA , CORUÑA , VIGO , LiSBONA, BRAGA ed OPORTO, dovunque ebbe una concorrenza numerosissima e la sua semplice esposizione destò in tutti grande ammirazione ed entusiasmo per concorrere a viemaggiormente estendere un'opera sì evidentemente vantaggiosa alla civile società.
L'argomento di queste conferenze, sempre vario e sempre nuovo nello svolgimento, in massima però si riduce al seguente: Don Bosco ed i Cooperatori Salesiani. E sotto a questo tema vengono ora - la cristiana educazione della gioventù, speciale missione di D. Bosco e de' suoi figli - ora - la corrispondenza di D. Bosco a questa sua provvidenziale missione - ora - la perpetuazione dell'opera di D. Bosco nell'istituzione della Pia Società Salesiana - ora - l'immensa diffusione della missione di D. Bosco nell' Associazione dei Cooperatori e delle Cooperatrici salesiane - ora - i doveri di questi benemeriti Cooperatori ed amici di D. Bosco e delle sue istituzioni - ora i vantaggi e favori spirituali che possono godere i. suddetti Cooperatorì - ora - ìl bene che si opera nella civile società dai Salesiani e loro Cooperatori, sia nell'Europa, che nelle Americhe, nell' Asia e nell' Africa, e via dicendo.
Noi ringraziamo colla più viva riconoscenza gli Eccellentissimi Vescovi e Prelati che ospitarono con tanta carità i nostri suddetti conferenzieri, e si degnarono d'onorare la conferenza colla loro presenza. Iddio rimeriti codesti Pastori della grande benevolenza che hanno verso le Opere di D. Bosco. Ringraziamo inoltre i venerandi Capitoli, i RR. Parroci. e Rettori di chiese, i Direttori Diocesani ed i Decurioni, i giornalìsti e quanti altri hanno concorso per la buona riuscita di queste conferenze e ne preghiamo a tutti larga mercede dalla divìna Bontà. - Ringraziamo infine tutti quei Cooperatorii e Cooperatrici ed altri fedeli che hanno pòrto il loro sassolino per sostenere e propagare l'Opera salesiana.
Adunanza regionale.
Il giorno 19 aprile u. s. nel nostro Oratorio di Torino tenevasi un' adunanza dei Direttori diocesani dei Cooperatori Salesiani del Piemonte. La presiedeva il Rev. Rettor Maggiore D. Michele Rua. Vi si trattarono varii argomenti d'azione salesiana con molta chiarezza ed opportunità. Ne sarà comunicato relazione anche ai Direttori Diocesani delle altre regioni, onde sia più copioso il frutto di detta adunanza.
Nuovi Direttori , Condirettori, Decurioni e Corrispondenti.
Oltre ai Direttori Diocesani, Condirettori e Corrispondenti da noi già pubblicati nei numeri di giugno, luglio e ottobre 1893 e gennaio e marzo 1894, in questi ultimi mesi mercè specialmente la bontà e lo zelo degli Ecc.mi Ordinarii , ai quali porgiamo i più vivi ringraziamenti, si sono potuti costituire ancora i seguenti
Per Alba - il Revmo D. GIO. MARIA PETRONIO, Diret. del Ricovero; - Decurione Corrispondente.
» Acquapendente - il Revmo Monsig. VITTORIO COSTANTINI, Arciprete e Vicario Generale, - Decurione Corrispondente.
» Alessandria - il Rev.mo D. GIOVANNI BARISONE, Prevosto, - Direttore Diocesano,
» Asti - il Rev m0 D. SECONDO GAI, Prevosto di S. Silvestro e Direttore dell'Opera per la buona Stampa. -Direttore Diocesano-ed il Rev.mo D. ANTONIO AMERIO, Vice Curato di S. Secondo, - Vice Direttore.
» Arezzo - il Rev.mo Can. D. PIETRO NERI, - Direttore Diocesano.
Assisi - il Revm° Can. D. ANDREA TINI, - Direttore Diocesano.
» Bertinoro - il Revmo Can. D. NAZZARENO CENSI, - Corrispondente.
» Biella - il Rev.mo Mons. D. ELISEO MAIA, Canonico e Prov. Gen., - Direttore Diocesano.
» Borgo S. Sep. - il Revm° D. ULIVO MACCABELLI, Segret. Vesc. - Corrispondente.
» Bra (Torino) - il Revmo. D. ANDREA FIORE, Priore e Vicario Foraneo - Condirettore.
» Casale - il Rev.RO D. EUGENIO PATRUCCO, a surrogare il compianto D. OSSELLA, a cui preghiamo [a pace dei giusti - Corrispondente.
» Civita Castellana - il Revm° Can. D. BERNARDINO BELLONI, - Corrispondente.
» Cuneo - il Revmo D. PIER FELICE BIGLIA, - Direttore Diocesano.
» Fermo - il Rev.mo D. LUIGI CAPOTOSTI, Segret. Vesc. - Decurione Corrispondente.
» Ferrara - il Rev.mo Can. Mons. ADRIANO CAMANZI, - Vice Direttore.
» Fossombrone - il Rev.mo Monsig. MARIANO MAURIZI DELLA STACCIOLA, Vicario Generale, - Decurione.
Lanciano - il Rev.mo Mons. D. FERDINANDO CIARAMELLA Can. Teol. - Decurione Corrispondente.
» Modigliana - il Rev." D. FRANCESCO M. FILIPPINI, - Decurione Corrispondente.
» Mondoví - il Rev." Teol. D. GIO. ANT. GRIsERI, Prevosto al Piano di Breo, - Direttore Diocesano, - e l'I11mo.G. L. SALOMONE, - Vice-Direttore.
» Montaldo (Marche) - il Rev.1° D. GIUSEPPE CAN. ADRIANO, - Decurione Corrispondente. » Noto il Rev.mo Can. D. GIUSEPPE SORRENTINI, - Decurione Corrispondente.
» Palermo - il ReV.mo D. CATALANOTTO, - Corrispondente.
» Palestrina - il Rev." Monsig. RAFFAELE MARCELLI, Can. Cam. Seg. di S.S. - Direttore Diocesano.
San Miniato - il Rev.mo Mons. GEREMIA PACCHIANI, Vic. Generale, - Direttore Diocesano - ed il Rev." D. GUIDO FALASCHI, Vice Direttore
» Sinigallia - il Rev." Can. D. ETTORE FRONZI, Rettore del Seminario, - Corrispondente.
» Taranto - il Rev.mo D. GAETANO FERRETTI, - Decurione Corrispondente.
» Venezia - il Rev." Mons. D. GIUSEPPE SPELLANZON, Arciprete - Vice Direttore.
Siamo lieti di apprendere ed annunziare che il giorno 25 Maggio nella splendida Chiesa di S. Maria Segreta per cura del Comitato e Sotto-Comitato Salesiano di quella città si terrà la prima Conferenza annuale regolare di tutti i Cooperatori, secondo le prescrizioni del loro Regolamento, Alle 10 S. Messa celebrata da un Monsignore Cooperatore, indi Discorso sii Maria Ausiliatrice e sull'Opera Salesiana e poi Benedizione col SS. Sacramento. Così anche in Milano comincierà un po' di festa in onor di Maria Ausiliatrice, che non può celebrarsi nel suo giorno 24 per la coincidenza del Corpus Domini.
Alle ore 14 poi nella Sala del Comitato Diocesano, Via S. Maurilio, si terrà un'adunanza, in cui per la prima volta il Comitato e Sotto-Comitato si presenterà ufficialmente a tutto il numeroso corpo dei Cooperatori, dando relazione del suo operato sin qui specialmente per riguardo all'Istituto Salesiano erigendo in Milano. Sarebbe assai desiderabile che anche dalla campagna intervenissero quanti possono dei Cooperatori all'importante convegno.
il Card. Dusmet Arcivescovo di Catania.
Colla morte del Card. Giuseppe Benedetto Dusmet, avvenuta la notte dal 4 al 5 aprile, scomparve dall' Italia nostra una di quelle mirabili figure, che passano immacolate ed austere, ma pur tranquille, serene e sorridenti tra le miserie e le tempeste della vita, benefiche, consolatrici, assorte nella visione di un ideale di pietà , di carità , di virtù sconfinata, che è dato solo a pochi, ai buoni e forti, il raggiungere.
Giuseppe Benedetto Dusmet nacque in Palermo il 15 agosto del 1818. Giovanissimo si ascrisse alla Congregazione Benedettina Cassinese , ove si dedicò con grande amore agli studii. Fatto sacerdote, ascese rapidamente alle più alte cariche dell'Ordine. Reggeva in qualità di Abate il convento di San Benedetto in Catania, quando Pio IX, ai 22 febbraio 1867, lo preconizzava Arcivescovo di quella città, e veniva consacrato Vescovo il 10 marzo susseguente in Roma. Nel Concistoro poi dell'11 febbraio 1889 Leone XIII lo elevava alla sacra porpora assegnandogli il titolo di S. Pudenziana.
Nei 27 anni del suo pastoral ministero il Dusmet diede prove solenni di attività e di zelo per dare impulso non solo alle opere della sua Diocesi , ma ben anche di tutta Sicilia. Zelante Pastore egli era sempre pronto a correre là dove una sventura implorava soccorso morale e materiale, punto non curando i pericoli più imminenti e le difficoltà più gravi. E quando la lava infocata scendeva precipitosa devastando i campi ubertosi e ridenti, portando dovunque la distruzione e la morte; o quando il fatal morbo mieteva a centinaia le vite umane; e quando infauste meteore disseminavano la rovina nelle borgate dell'isola, là il benefattore era sempre sollecito ad accorrere, primo tra i primi, e con la voce e con l' esempio spingeva all' opera santa della carità i pusillanimi e gli ingenerosi. Novello s. Carlo Borromeo si vide con gioia esporre la vita pei suoi figli nelle coleriche invasioni del 1867 e 1887, nelle eruzioni e nei tremuoti, di cui fu teatro Bongiardo nel 1879, Zafferana nel 1883 e Nicolosi nel 1886, e nel fatal disastro di Cibali e di Ognina del 1884. Provvido del bene del suo popolo, egli fondava in Catania il grandioso Asilo di S. Agata, il Dormitorio di S. Giuseppe, la Biblioteca delle Carceri , l' Opera del soccorso ai poveri infermi a domicilio ; e dietro suo invito e col valido suo appoggio i Salesiani aprirono tre Istituti pei giovani nella Diocesi di Catania, due dei quali in città , le Suore di Maria Ausiliatrice, altri due Educatorii ed un laboratorio per giovanette, e queste e quelli varii Oratorii festivi, de' quali tre nel solo ultimo anno di sua vita. Ed egli considerava i Salesiani come suoi figli prediletti, e tutte le volte che poteva recavasi tra loro a consolarli, ad incoraggiarli , ad aiutarli. Nè solamente in Sicilia era conosciuta la sua carità, ma ben anche molte città dell'Italia e della lontana Spagna colpite dalla sventura ebbero a provarne i benefici influssi.
Ora questo zelante Pastore, questo grande benefattore del popolo non è più : il Signore lo chiamò al possesso del premio eterno. Sia pace e gloria alla sua bell'Anima! Al compianto dei Catanesi presero gran parte i Salesiani tutti , perchè nel Cardinal Dusmet perdettero uno dei più cari amici e benefattori. Noi lo raccomandiamo caldamente alle preghiere dei Cooperatori e delle Cooperatrici Salesiane.
Mons. LEOPOLDO PONZONE.
Con vivo dolore annunziamo pure la morte del Rev.mo Mons. Leopoldo Ponzone, Direttore dei nostri Cooperatori della città e diocesi di Savona, avvenuta il giorno 30 del testè decorso marzo.
Uomo di esimia pietà e dottrina, godeva l'ammirazione di tutti. Desideroso di far bene alla gioventù, fu uno dei più ardenti amici delle Opere di Don Bosco e confondatore del fiorente Oratorio festivo Salesiano di Savona.
I suoi funerali riuscirono un trionfo, e le lacrime di tanti giovani da lui cotanto amati furono sparse copiose sulla venerata sua tomba. Noi, mentre gli preghiamo pace e gloria, lo raccomandiamo per suffragi a tutti i nostri Cooperatori.
Nel p. p. aprile si celebraroro per lui nuovi solenni suffragi , ed il R. P. Turchi della C. di G. lesse uno stupendo elogio, che col ritratto in fototipia venne pubblicato ed è vendibile presso la, Tip. Ricci di Savona al prezzo di cm. 40.
Novara
Rev.mo Sig. D. RUA,
Prendo occasione dalla festa di S. Giuseppe che si celebrò con pompa e solennità quì all'Oratorio di Novara, per darle alcune brevi notizie del medesino. Lessi sul Bollettino un cenno dell' aper tura e nulla più ; ma ora che conta omai quattro mesi di vita, sta bene ne conosca un po' più minutamente i suoi progressi.
Umili principii e progressi.
Aperto e inaugurato, il giorno 8 Dicembre 1893, da Mons. Edoardo Pulciano, a cui sta tanto a cuore e per la cui larghezza e generosità l'Oratorio non manca ornai più di nulla, si temeva che Novara dovesse guardare con occhio indifferente questa bella e utilissima istituzione; ma furono presto dissipati questi timori. Intesa ben tosto dai buoni l'azione benefica che avrebbe prodotto l' Oratorio sui ragazzi, che pur troppo, causa l'educazione laica che s' imparte oggi giorno nelle scuole, dove mai non si parla nè di Dio, nè di religione, crescono senza principii e senza fede; furono solleciti fin dal principio nel mandare i loro figli, e così già dalle prime feste se ne aveva un buon numero. L'Oratorio, quando fu aperto, non aveva nulla di pronto per poter intrattenere i ragazzi, pure vi stavano già volentieri. La Chiesa che allora era come una grande sala, dove si radunavano i ragazzi a dire le orazioni, e dove nulla si vedeva di sacro, non altare, non imagini, fu ben presto provveduta di tutto, e si incominciò dopo due Domeniche a celebrarvi la s. Messa e le altre sacre funzioni ; nello stesso tempo si pensò a provvedere i giuochi per la ricreazione, e ora, oltre a quello del pallone e delle palle, vi sono due passi da gigante, varie altalene e una bella giostra. V' è poi il teatro bello e grande che piace tanto ai ragazzi. Può immaginarsi come andasse crescendo la famiglia dell' Oratorio, quando si vide preparata tanta copia di divertimenti, e tanta facilità di trastullarsi; l' ampio cortile nel tempo della ricreazione è come un formicaio! Un moto continuo, incessante ! Son quattrocento e più i ragazzi che frequentano l'Oratorio: essi, quasi conscii del bisogno che hanno di essere istruiti in fatto di religione, con ansia aspettano la Domenica per accorrervi ad udire dalla bocca del Direttore la parola divina spezzata a seconda della capacità loro, e ad imparare a pregare e lodare il loro Creatore.
I primi frutti di quest'albero benefico, che benedetto dal cielo, e coltivato con tanta cura e amore dalla mano esperta dello zelante D. Ferrando, cresce rigoglioso di giorno in giorno, irrobustendosi per far fronte, ove sia d' uopo, agli ingiusti attacchi dei maligni, si colsero la festa di S. Giuseppe, di cui intendo parlarle.
La festa di S. Giuseppe.
È la prima festa che solennizzò l' Oratorio di Novara e ciò fece coll'intervento anche della Società Operaia Cattolica di Mutuo Soccorso, poichè tutto e due le istituzioni hanno per protettore San Giuseppe.
Fin dal primo sorgere dell' aurora di quel fausto giorno, i ragazzi vestiti a festa accorrevano numerosi, e vi venivano con una compostezza a loro inusitata; si era perchè dovevano, fra qualche ora, accostarsi alla sacra mensa a ricevere la Comunione dalle mani del Vescovo, che fa quegli che diè il maggior lustro alla festa. Non era solo in questo giorno ch'Egli interveniva; già nelle due serate precedenti la festa il buon Pastore era venuto all' Oratorio e ivi fino a tarda ora attendeva a confessare ragazzi. Quanto era bello vedere questo amatissimo Vescovo, che, seguendo le traccie del buon Gesù, si faceva piccolo coi piccoli, e non isdegnando d'abbassarsi fino ai più meschini ad ascoltar le loro miserie, rinnovava le scene patetiche del Nazareno quando diceva: Sinite parvulos venire ad me; lasciate che a me vengano i piccoli! E Dio benedisse le fatiche dell'umile suo servo; perchè fu evidentemente consolato, quando, durante la sua Messa, ebbe a distribuire ben più di 350 comunioni, a uomini ed a ragazzi , gran parte dei quali erano stati istruiti a ammaestrati all'Oratorio nelle lezioni serali di Catechismo, che impartiva loro con tanto amore D. Ferrando. Alla fine della Messa Monsignore rivolse ai comunicati un fervorino, parlando con quella dolcezza che gli è propria, e con una famigliarità e semplicità che accaparra l'animo e persuade. Terminata la sacra cerimonia, ai fanciulli ammessi alla 1a Comunione si diede la tradizionale colazione, e quanto tripudio ne menassero, per esser la prima volta, non può immaginarsi.
Alle 10 vi fu Messa in canto, e poiché l' Oratorio non è ancor provvisto di cantori, non essendosi potuto fino adesso far apprendere un po' di musica, fu eseguita dalla Società Corale di questa città con accompagnamento d'orchestra.
Nel pomeriggio a rendere più gaia la festa e a dar più brio alla famiglia dell' Oratorio, già vivace per sè, veniva la banda di Lumellogno, diretta dal bravo Piazzalunga; più tardi giunse Mons. Vescovo che fu ricevuto a suon di musica; era felice nel veder tanta gioia cristiana e sincera, e nel veder tanto onorato l'inclito Sposo di Maria.
Si diè quindi principio ai Vespri, eseguiti come al mattino, dalla Società Corale ; terminati i quali, Monsignore parlò all'affollato uditorio, tessendo in modo semplice e famigliare, ma efficace, le lodi del Santo, rivolgendosi in ispecie ai fanciulli. Impartì quindi la S. Benedizione, e chiuso la festa; e noi ringraziamo dal profondo del cuore il santo Pastore, per aver voluto così benignamente partecipare e illustrare la cara festicciuola, e gli preghiamo dal buon Dio le più elette benedizioni.
La banda però si fermò ancora per qualche tempo a rallegrarci colle suo dolci armonie, che lasciarono in tutti una graditissima impressione.
Così finiva la festa; ma ad essa mancava qualche cosa, voglio dire il teatrino: ma se non si fece, fu solo perché era il Lunedì Santo, e non parve cosa conveniente dare un simile divertimento in quel giorno; però ciò che non si fece allora, fu fatto il Lunedì susseguente, cioè la seconda festa di Pasqua, e si fece appunto come complemento alla festa di S. Giuseppe. Si rappresentò il Sejano, dramma in cinque atti del Sacerdote Lemoyne, da giovani che frequentano l' Oratorio, i quali seppero soddisfare appieno i numerosi invitati. Si permise in quella sera l' intervento delle signore allo scopo di far loro apprezzare l'azione dell' Oratorio, affinché la promovessero e la soccorressero, e vedessero come nulla si tralasci di quello che può contribuire all' educazione intellettuale e morale della gioventù. La Società Operaia Cattolica di M. S. poi come si unì all' Oratorio nel festeggiare il Santo Patrono, così volle unirsi in questa circostanza, e alcuni dei soci rappresentarono una farsa, ben riuscita, che pose fino al divertimento.
Eccole, Rev.mo Sig. Don Rua, malamente esposto quanto fece in questo breve periodo di vita l'Oratorio di Novara, per molti ragazzi àncora di salvezza, che li trasse già dalla via del male e li incammina pei retti sentieri della verità e del bene. Molta messe v'ha certamente da raccogliere , e lo zelo e lo spirito di D. Bosco, che anima il nostro D. Ferrando, avrà bisogno di soccorso, per quanto indefesso sia.
Con sentimenti della più profonda venerazione Le bacio la mano e mi creda
Della S. V. Rev.ma
Novara, 28 Marzo 1894.
Devot.mo e Umil.mo Servo
FRANCESCO TOPPI.
Coop. Salesiano.
S. Giovanni La Punta (Sicilia)
Per aderire ai desiderii del compianto Card. Dusmet, Arcivescovo di Catania, che tanto amore portava ai Salesiani di Sicilia, ed alle insistenze del Rev. P. Raddusa, Vicario di S Giovanni La Punta presso Catania, quei nostri fratelli la Domenica di Passione, 11 marzo, aprivano in quella cittadina un Oratorio festivo, e per la prima volta vi radunarono un duecento giovanetti.
Colà ora si reca ogni festa un Sacerdote con alcuni Chierici dalla vicina Casa Salesiana di S. Gregorio, i quali s'intrattengono tutta la giornata con quei fanciulli, divertendoli ed istruendoli, insegnando loro come si debba santificare il giorno festivo e come si possa servire Iddio stando allegri.
Quella prima Domenica vi andò pure il Direttore della Casa di S. Gregorio, D. Francesco Piccollo, sì per rendere più splendida l'inaugurazione, come anche per presentare a quei giovanetti il novello Direttore D. Salvatore Camuto. Radunati tutti quei ragazzi in chiesa, dove già vi era una immensa moltitudine di genitori, D. Piccollo spiegò a tutti lo scopo e l'utilità degli Oratorii festivi , animò i giovanetti a volervi intervenire sempre e di buon animo ed esortò i parenti a volerveli mandare, sicuri che ne ricaveranno un gran vantaggio per le loro famiglie. Si chiuse la bella festicciuola colla benedizione del Sacramento.
Torino.
Il giorno del Patrocinio di S. Giuseppe, 15 Aprile, all'Oratorio festivo di S. Agostino al Martinetto (Torino) vi fu l' annuale distribuzione dei premii ai giovanetti più buoni ed assidui. Nulla mancò all' intrattenimento per fare una bella accademiola. Un discorso d'introduzione molto opportuno e fatto proprio a modo, varii componimenti in poesia ed in prosa tutti esprimenti riconoscenza, la musica, il canto e l'assistenza di S. E. Rev.ma Monsignor Richelmy, Vescovo d' Ivrea, con ai lati il R.mo Can.° Giuseppe Casalegno ed il Prof. Don Francesco Cerruti, la mamma di Monsignor Donna Realis ved. Richelmy, la Signora Bernardina Magliano, grande benefattrice di questo e di altri Oratorii festivi di Torino, ed altri ragguardevoli Signori e Signore, tutto contribuì a rendere più solenne la festa e maggiore la gioia che brillava sul volto di quei giovanetti. Al fine prese la parola Monsignore, e si congratulò dapprima con tutti i premiati e specialmente con quelli che per la terza volta (sono appunto tre anni che esiste quell'Oratorio) vi ricevevano il ben meritato premio, essendosi mostrati veri eroi del dovere e della costanza, poi animò tutti a volersi mostrare praticamente riconoscenti al loro Direttore, D. Dionigi Gribaudi, ai loro Catechisti ed ai loro Benefattori, frequentando sempre con assiduità e buona condotta l'Oratorio festivo.
Giaveno.
Il primo anniversario dell'apertura dell' Oratorio festivo per le figlie di Giaveno fu celebrato con molta solennità. Vi si recò da Torino il nostro missionario D. Spirito Scavini, da pochi mesvenuto dall' America e dove farà ritorno verso la fine di maggio, ed ebbe la consolazione di vedere il bel numero di duecento giovanette, piccole e grandi, accostarsi a ricevere la S. Comunione. Quelle buone figlie, dopo la S. Messa, si ebbero la gradita sorpresa di trovarsi preparata una buona colazione. Era l' ottima Signora Giacone che vi aveva pensato: in quel giorno faceva la prima Comunione una sua nipotina: al gaudio della famiglia naturale voleva che prendesse parte anche la famiglia di adozione. E quanto sia piaciuto quest' atto suo generoso ben lo potè vedere essa stessa, che passò tutto il giorno all'Oratorio colle Suore di Maria Ausiliatrice. Iddio la rimeriti della sua carità, e faccia sorgere dovunque delle brave imitatrici a favore di quanti Oratorii festivi esistono.
Ad onore di San Tommaso d'Aquino (Dal Corriere Nazionale di Torino).
Il giovedì 12 aprile nel Seminario Valsalice per le Missioni estere si celebrò la festa di S. Tommaso d'Aquino. A coronar la quale verso le 15,30 si tenne dagli alunni di quel grande Istituto una Accademia Filosofico-Letteraria, rallegrata ad intervalli da musica istrumentale e vocale. Il capace Oratorio fu convertito in sala elegante con arazzi e fiori vistosissimi ; e bella figura dava il padiglione, che, a maniera di ampio conopèo, velando l'altare maggiore, andava dispiegandosi a manca e a destra al disopra dei più distinti invitati. Accorsero dalla città per onorare di loro presenza la Accademia Monsignore Arcivescovo di Torino, il Rev.do sacerdote Michele Rua, successore degno di Don Bosco, il prof. sac. Francesia, il canonico teologo collegiato Berta, il dottor sac. Cerruti, direttore delle scuole Salesiane, il canonico prof. Anfossi ; e sì del Clero , come del laicato persone molte e di molto merito.
Salutato dagli alunni Monsignor dei Conti Riccardi al suo entrare, il prof. di Scienze Fisiche o Naturali sac. Natale Noguier lesse una sottile e, cosa rara, chiarissima dissertazione sopra la risurrezione dei corpi colla scorta di S. Tommaso, la cui dottrina mostrò rispondere perfettamente ai progredimenti della scienza risguardante la natura, composizione e scomposizione dei corpi. Il veramente dotto professore ad evidenza spiegò come il Creatore, lasciando pure operare le leggi date alle cose create, verrà nel gran giorno, e allora, come al Foscolo ricordava il Pindemonte, allora « Quegli atomi, onde Elisa era composta, Riuniransi e torneranno Elisa Chi seppe tesser pria dell'uom la tela Ritesserla saprà. »
Dopo il Noguier si declamarono parecchie poesie di vario metro in encomio del Santo Protettore del Collegio ; poesie, le quali non erano linee rimate, ma versi di buon conio. In udirli uno dei più riputati medici di nostra città, lieto mi ripeteva: « Davvero, qui v'ha potenti ingegni, che si sviluppano e promettono. » - « Sì, io rispondevagli : sarà questa una ubertosa messe pel tempo del ricolto. »
San Tommaso si esaltò, si pregò di cuore da quei valenti chierici in greco , latino, francese, tedesco, ungherese, portoghese, spagnuolo, inglese, polacco, boemo, russo : sicuro, anche in russo, e da tutti i più idonei studenti, ciascheduno nella propria lingua meglio ad essi famigliare. Ah quei Polacchi ! quanto m'appassionarono! Anche ora, che ne parlo, mi sento gli occhi imbambolati... Iddio , intercedente S. Tommaso, scenderà a sollevare la loro patria, sitibonda di verità e di vita.
Il trattenimento di carattere serio si ebbe eziandio, come oggi si suole dire , la sua nota amena. Il Dottor Francesia, cavatosi di tasca non so che fogliettuzzi ripiegati e sgualciti, e assicuratosi gli occhiali sul naso, mise fuori certe rime fluide, spontanee, che si potevano credere improvvisate, ma erano di vena. Il Francesia maneggia il dialetto di Gianduia da disgradarne l'Isler, il Calvi e lo stesso Brofferio. Esso ricordò l'Aquinate, che per la gentilezza dei tempi nostri, cacciato dal secolo ignorante, si dovette inchiostrare, ed accettare l'asilo dei seminari. Ma in Valsalice non è venuto da ieri ; in Valsalice ab antiquo pose stanza; ed ora ivi la fa da signore. Gli applausi coprirono la voce del poeta; ed io qui pongo la mia giunta alla derrata. Alla poesia giocosa tenne dietro una molto giocosissima prosa intitolata : Don Chisciotte della Mancia e i Don Chisciotti della Filosofia. Mi rincresce di non conoscere il felice prosatore, nè pur di nome; ma posso assicurare che i Don Chisciotti del giorno furono in questo umoristico componimento cucinati con pepe e sale per benino ; e che chi lo fece sa adoperare classicamente, con debita prudenza, s'intende, l'Italum acetum, di cui ragiona in qualche luogo Orazio.
Non defrauderò delle giuste lodi i musici. Eseguito bene l'Ave Verum di Gounod ; graziosa la mazurka Leroux ; e, per tacere d'altro, cara sopramodo la sinfonia della Giovanna d'Arco di Verdi, il quale (sia detto in confidenza) credo che non abbia aggiunto alcuna nuova foglia a' suoi meritati allori colla ultima senile opera del Falstaf.
Monsignor Arcivescovo in fine ringraziò dell'onesto e lieto accoglimento avuto da tutti e specie da quei buoni seminaristi ; pigliata quindi occasione dal discorso proemiale del chiarissimo Noguier sullodato, accertò la udienza, che, se è vero che le particole dei nostri corpi in morte non vanno disperse e annientate, verissimo è pure che una buona metà degli atomi, onde risultava Don Bosco, già si trova condensata e nel sacerdote Don Rua, il quale di lui continua l'opera miracolosa, e nei Salesiani, onore della religione, decoro della_patria.
V. L.
Le primizie dell'America del. Sud.
Nelle ore antimeridiane del giorno 5 aprile u. s. nella chiesa di Maria Ausiliatrice in Torino ebbe luogo una bella ed importante funzione, della quale vogliamo qui brevemente parlare. Quattro giovanotti Americani, due del Brasile e due dell'Uruguay, ricevevano solennemente per le mani di D. Rua ed indossavano l'abito chiericale alla presenza del numeroso gruppo di studenti dell'Oratorio. Sono dessi fiori scelti tra l'immenso numero di giovani educati dai Salesiani nell'America, e di là partiti per recarsi a Roma a compiere i loro studii alla Università Gregoriana, ottemperando così ai desiderii del S. Padre Leone XIII, il grande promotore degli studii filosofici e teologici.
Don Rua, nel commovente discorso che pronunciò in sì fausta circostanza, ricordò una funzione analoga celebrata da Don Bosco di v. m. allo stesso altare di Maria Ausiliatrice e poche settimane prima della preziosa di lui morte (V. Bollettino di Gennaio del 1888). Allora erano anche quattro giovani stranieri che ricevevano l'abito ecclesiastico: due polacchi, un inglese ed un francese. Ora sono anche forestieri, ma provenienti ancor più da lontano. Quindi, soggiungeva Don Rua, possiamo qui ricordare le profetiche parole : Filii tui de longe venient (Isaia LX, 4.) : I tuoi figli verranno da lungi.
Oh! quanti fatti sorprendenti e consolanti sì vanno ogni giorno compiendo presso quest'altare innalzato da D. Bosco alla gran Madre di Dio! Sono centinaia di Missionari che di qua partono per andare ad evangelizzare popoli lontani, sono migliaia d'anime che, fatte partecipi dei benefici frutti della redenzione, qua si rivolgono altri in ispirito ed altri di persona per ringraziare l'Ausiliatrice dei Cristiani d'aver inspirato a Don Bosco un' opera così provvidenziale. Ne sia sempre lodato il buon Dio !
Una preziosa confessione.
Il celebre Lombroso, professore di antropologia criminale all'Università di Torino, pochi mesi fa usciva in una confessione assai preziosa. Diceva che le leggi del Governo valgono a nulla, perchè fatta la legge, trovato l'inganno, e che quindi bisogna prevenire e non reprimere, e tra i mezzi di prevenire l'immoralità e la corruzione suggeriva nientemeno che gli ORATORII FESTIVI CATTOLICI.
E soggiungea : « Quantunque io per principio sia ben alieno dall'inchinarmi alla sottana del prete, tuttavia è innegabile che per allevare una gioventù onesta e temperante non v'ha di meglio che, tenerla raccolta nei giorni festivi in onesti passatempi ed in morali istruzioni, come appunto si pratica negli Oratorii Cattolici ».
Frutti laici.
Di questi mesi scorsi i tribunali francesi hanno mandato al patibolo due giovanetti, l'uno di 18 e l'altro di 17 anni.
Un tempo i rei di tenera età erano solo condannati all'ergastolo, ma lo spaventoso aumento di delitti atroci nella gioventù, frutto dell'educazione laica, ha costretto la giustizia a farsi severa.
Il primo di que' giovinetti, Marcello Saburin, fu decapitato a Niort, il 16 febbraio. Aveva ucciso la sorella per rubarle i suoi risparmii. Di questo infelice ecco quanto scrivono:
«Marcello era figliuolo di iniqui genitori. Non vide ne' primi suoi anni che tristi esempi. Educato laicamente, non aveva fatta la prima comunione. Chiuso in carcere, il cappellano de' prigionieri fece discendere in quell'anima selvaggia i primi raggi della fede, e gli regalò un crocifisso. Bastò questo per mutare di un tratto quel lupo in agnello. Fece la prima comunione con grande fervore. Il crocifisso era la sua consolazione. Prima di morire si accostò ai Santi Sacramenti, e si offerse sereno alla morte , dopo di aver abbracciato il crocifisso ed il sacerdote dicendo: - Vo' a far colazione cogli angioli. »
Da questi dati è facile argomentare che Marcello, educato cristianamente, sarebbe riuscito un ottimo cittadino. Educato laicamente, divenne un mostro.
L'altro giovanetto non aveva che 17 anni quando si rese reo di omicidio, e fu giustiziato sono pochi giorni. Il suo avvocato così spiegò ai giudici l'origine della perversità di quell'adolescente:
« La società, disse egli, ha forse fatto ciò che doveva verso del mio cliente? Togliendo Dio dalla scuola non ha essa spazzato il fondamento della moralità? Egli è ben vero che da alcuni anni i delitti nella gioventù si moltiplicano spaventosamente, ma ciò si deve imputare agli esempi che di continuo riceve. Se questo ragazzo avesse ricevuta l'istruzione religiosa, che anni sono si impartiva, il delitto che ora vi commuove non sarebbe stato commesso. »
I giurati inesorabili emisero il verdetto di condanna, ma quella condanna colpisce assai più la scuola senza Dio, che non il giovane omicida. Costui colpì; ma la scuola senza Dio gli ha posto in mano il pugnale con cui ha colpito.
(Dall'Eco d'Italia).
Ai divoti del S. Rosario.
Crediamo far cosa utile e gradita a tutti i divoti del S. Rosario, facendo loro conoscere come dalla Segreteria della Congregazione delle Indulgenza e Reliquie fu pubblicata fin dal 13 novembre 1893 la seguente dichiarazione: che, cioè, quando più persone recitano insieme il Rosario, per lucrare le Indulgenze basta che uno della comitiva tenga in mano la corona benedetta, e che quanto alle occupazioni esterne vietate durante la recita s'intendono solo quelle che impediscono l'interna attenzione della mente.
1. Alibrandi prof. Ilario - Roma.
2, Allione D. Giuseppe - Moschieres (Cuneo)
3. Amprimo ved.. Maria - Torino.
4. Antognoli Giovanni fu Pellegro - Groppo (Genova).
5. Arcozzi D. Graziadio - Verona. 6. Argentoro D. Francesco - Croce Mosso (Novara).
7. Armanini D. Giovanni - Civine (Brescia).
8. Auscello Can. Bernardo - Palermo. 9. Baccin Don Pietro - Bassano (Vicenza).
10. Bandi Orsolina - Padova.
11. Barbaro-Ferrari Contessa Alessandrina - Verona.
12. Barone D. Francesco Canonico - Palermo.
13. Bassi Don Giovanni Teologo - Cuorgnè (Torino).
14. Bavatolla Sebastiano - Ramo di palo (Rovigo).
15. Bedeschi Alessandro - Roma.
16. Berardi Don Giovanni - Frazzo (Cuneo).
17. Beretta D. Giovanni - Meda (Milano).
34. Caporalini D. Clemente Canonic - Osimo (Ancona).
35. Capeto Don Vincenzo - Barletta (Bari).
36. Carbone D. Antonio - Roma.
37. Carignano D. Giuseppe - Torino. 38. Carinelli Cav. Cesare - S. Severino Marche (Macerata).
39. Carsana D. Angolo V. Parroco - Brembato Sup. (Bergamo).
40. Casali Don Lorenzo - Montaldo (Macerata).
41. Cassini Maria fu Giuseppe - Varengo (Alessandria).
42. Castellani Giovanni - Valgatara (Verona).
43. Cavalcante D. Salvatore beneficiato - Palermo.
44. Cavarretti Don Giambattista Can. - Palermo.
45. Cazalini D. Lorenzo - Finalborgo (Genova).
46. Ceoloni Don Gaetano - Noventa Vicentina ( Vicenza).
47. Ceriani Carolina - Solbiate Olona (Milano).
48. Cigna Giuseppa Maestra Torino.
18. Bergamino D, G. Battista - Vallecalda (Genova).
19. Bettoia Giuseppe-Caluso(Torino). 20. Bianco Luigia vedova Lascaris - Pevoragno (Cuneo).
21. Biffignandi Rosa - Acqui (Alessandria).
22. Blengio Francesca - Torino.
23. Blundo Mons. Ruggiero - Coffahl (Palermo).
24. Bochicchio Emmanuole fu Francesco - Forenza (Potenza). 25. Bortosuzzi D. Giusoppe - Venezia. 26. Boschetti Contessa Ginevra della Torre - Ravenna.
27. Brade D. Francesco parr. - Cuattordio (Alessandria).
28. Brady W. Mazieres Cam. Segr. di Cappa e Spada di S. S. -Roma. 29. Bruno di S. Giorgio Conto Pietro Roma.
30. Cali D. Filippo - Modo (Pavia). 31 Campi Don Angelo - Barlassina (Milano).
32. Canattieri D. Domenico - Lupazzano (Modena).
33. Capodagli D. Francesco - Montogridolfo (Forlì).
49. Cima Don Pietro - Mentebelluna (Treviso).
50. Citteria D. Gaetano - Tronzano (Como).
51. Citterio D. Francesco - Dubino ( Sondrio).
52. Clurieia Don Alessandro - Pastora. (Palermo).
53. Colognesi D. Ernesto - Roma. 54. Colornbo Margherita vcd. dearpini Lovere (Bergmno).
55. Conforti Don Saverio - Calo anice (Salerno).
56 Conti D. Salvatore Beneficiato - Palermo.
57. Contini D. Giovanni - Massania (Cagliari).
58. Conzatti Don Gaetano - Venezze (Rovigo).
59. Corteìezzi Ippolita- Solbiate Olona ( i~ilanoi.
60. Cortese Francesca - Vercelli (Novara).
61. Cricchio Don Giovanni Beneficiato - Palermo.
62. Crosa Battistina ved. Trossarello - S. Pier d'Arena (Genova). 63. D'Amico D. Pasquale Canonico - Reggio Calabria.
64. Damora Felicia - Castellamaro di Stabia (Napoli).
65. Bassano D. Giuseppe - Cambiano (Torino).
66. Della Casa D. Costantino - Basilicanova (Parma).
67. Dolprete D. Antonio Vie. Foraneo - Olovaro (Salerno).
68. Destefanis D. Paolo - Moncaliori (Tori-no),
69. Fagolari Don Riccardo —Sacco (Istria).
70. Faiola D. Domenico Can. Teologo - Terracina (Roma).
71. Fantoni Don Giuseppe - Gemono (Udine).
72. Ferrari Dott. Tito Cesare - Cestelciscovo Magg. (Genova). 73. Ferrari D. Enrico - Castelciscovo Malli. (Genova).
74. Flora I'. Giuseppe. - Runa.
75- Fori D. Domenico parroco - San Stefano di Volp. (Verona).
76. Francesconi Giovanni - Pian Camuno (Brescia).
77. Frizzo Don Giovanni - Salgaroda (Treviso).
78. Frosolini Cattorina nei Carletti - S. Angelo in Colle (Siena).
79. Fantoni di Vigliano Cont. Polissena - Mondovì Piano (Cuneo).
80. Gabarini Sorelle - Parma. 81. Gainotti Priauro - Parma.
82. Garbasse Gio. Battista. - Torino. 83. Girelli Don Francesco - Podio (cuneo).
84. Ghiere Lucia - Torino.
85. Giaaosa Don Teobalde - Val di Villa (Cuneo).
86. Gibellini Don Giacinto parroco - Spezzano (Modena).
87. Gili Michele -- moncalieri (Torino). 88. Giorgi Pietro - Montelevecohie (Pesaro).
89. Guidetti D. Luigi provosto - Viano (Reggio Emilia).
90. Guidobone Don Carlo - Viguzzolo (Alessandria).
91. lacacci Anna - Cuneo.
92. lanetti Antonio fu Cesare - Campelmouti (Abvara)
93. lutrozzi D. Giumbatttsta parroco - Calorago (Corno).
94. Invernizzi Natalo Barzio ((orno). 95. Iogna Lorenzo - S. Daniele (Udine)
96. Lamedica Canonico - Vizzini (Catania).
97. Laurenzi Carlo Cardinale - Roma. 98. l.erda 1). Giacomo - Cuneo.
99. Limida Don Giuseppe, - Graglio (Uomo).
300. Lochis D. Pietro - Binago(Como). 101. Longouo Geometra Francesco - Oropa (Novara).
102. Lovatelli Cont. Ilaria in Lega - Brisiglrella (Ravenna).
103. Lucearini Don Giuseppe - Canale Mouterano (Remai.
104. Lucheschi Nob. Cav. Dott. Domenico - Collo Umberto (Treviso). 105. Luuazzi D. Giovanni - Ovaro (Udine).
106. Luzzi Carlotta vedova Ferrario - liosaseo (Pavia).
107. Matgia Angola - Sordevolo (Novara).
108. Magliarri D. Raffaello Canonico - Clnauoiano (Siena).
109. Magliola Amalia - Chiavazza (Novara).
110. Magno Mens. Delfino - Cuneo. 111. Alamos Giovanni fa Bartolo - Dereolo (Tirolo).
112. Marasca Don Alessandro - Lobia (Vicenza) .
113. Marchesi Don Giuseppe - Tollo (Rovigo).
114. Marchi Teresa - Padova.
115. Marchisio D. Giuseppe - Moncalieri (Torino).
116. Marcolfo Gio. Battista - Andalo (Sondrio).
117. Marinelli Mons. Francesco Vescovo - Roma.
118. Martiri y Biones P. Antonio - Roma.
119. Masaerdotti Don Giuseppe parroco - Borgo Pile (Brescia).
120. Mastellare Valeriano - Padova. 121. Mauro P. Nicolò - Roma.
122. Menegazzi nata Coibaschiui Antonia - Bassano (Vicenza). 123. Meneghini Giuseppe - Zimella (Verona).
124. Mercurelli D. Francesco - Roma. 125. Metlicovitz Rosa - Trieste. 126. Mina Don Sebastiano - Saluzzo (cuneo).
127. Molinari D. Giovanni prevosto - Acquotico (P. S. Maurizioo. 128. Molari-Maotellaro Eulalia - Padova.
129. Mondini Don Giov. Batt. parroco - Corteno (Brescia).
130, Morando Giovanni - Acqui (Aleasandria).
131. Morelli Don Luigi - Esanatoglia Macerata ).
132. Morello Carlo - Torino.
133. Marionito Don Domenico - Grugliaseo (Torino).
134. Mozzaoica D. Pietro, parroco - Guanzate (roano).
135. Musoni Vincenzo - Olmeneta (Cremona)136. Musso Cav. Dottor Alessandro - Torino.
137. Nani i Dott. Romano - Pianoro (Bologna).
138. Navaretto Maria vedova Varra - Quintinelio (Torino).
139. Negro D. G. P. - Calizzano (Genova).
140. Niggi Cattorina in Giordano - Onoglia (Genova). - 141. Olivero D Bartolomeo-Bocchetta Cairo (Genova).
142. Palissoro Maria - Torino.
143 Papini Don Ferdinando - Dudda (Firenze).
144. Pasere Pietro Notaio - Scarnafigi (Cuneo).
145. Peyro Domenico - Roatto (Alessandria).
146. Pellegrini Don Ernesto parroco - Albiolo (Corno).
147. Piacentini D. Valentino - Anguillara (Roma). -
148. Piano Lucia - Cuneo.
149. Picco D. Felice - Trino (Novara). 150. Pietranera D. Ilario - Provazzano (Parma).
151. fini Abbe - lllarseille (Frante). 152. Pini D. Giovanni parroco - Gabbiano (Pistoia).
153. Pistolini Avv. Francesco - Roma. 154. Quagliati D. Michele - Venezia. 155. Rabaini D. Pietro - Fara (Novara). 156. Ramello Giuseppe-Cardé (Cuneo). 157. Retta Marchesa Eleonora - Bologna.
158. Ratti D Bernardino - S. Pietro Martire ( Milano).
159. Redaelli Don Agostino - Bovieio (Milano).
160. Retti Cattorina - Todi (Perugia). 161. Ricci Parraciaui Cardinale Francesco - Roma.
162. Rigato D. Gio. Batt. - Grisignano di Zecca (Vicenza).
163. Riparnonti D. Carlo - Magnaglio (Como).
164. Ropolo Don Michele prevosto - Pessinetto Mezzenile (Torino). 165. Rossi Angela - Maniage (Udine). 166. Sala Miro - Brivio (Corno).
167. Sartori Savina - Fiasco (Svizzera). 168. Sealzotto Costantini Domenica - Sossano (Vicenza).
169. Scimcca D. Giuseppe Canonico - Cimimia (Palermo).
170. Segafreddo Don Antonio - Bosb (Vicenza).
171. Serina D. Giuseppe benoficiato - Palcrino.
172. Sighicelli - Sparano (Modena). 173. Silvani Don Vittore - Vigolone (Parma).
174. Stacciono Margherita nata Tassarotti - Cavour (Torino).
175. Stardero Carola - Vinovo (Torino). 176. Suardi D. Domenico parroco - Brunate (Como).
177. Taddei Canonico Mous. - Roma. 178. Tamaglia D. Alessandro prevosto - Casanova (Piacenza).
179. Taricchi D. Giovanni - Cherasoo (Cuneo).
180. Tenta Antonio - Carlazzo Valsolda (Como).
181. Tettamanzi D. Giov. Battista. - S. Dalmazia (Milano).
182. Tolonrei ved. Pellegrini Giuseppina - Farli.
183. Tonarelli Teresa - Castelnuovo di Magra (Genova).
184. Trincetti Teresa - Vigevano (Pavia).
185. Ubertis Teresina - Frassinetto Po (Alessandria).
186. Vacca D. Giuseppe Vicario - Treìso (Cuneo).
187. Valenari Rosa - Caldierino (Verona).
188. Vallia D. Luigi - Vioolungo (Novara).
189. Verona Avv. Ernesto - Roma. 190 Zanano Andrea-Loazzolo(Novara). 191. Zandalizini D. Pietro prevosto - S. Pietro Casasco (Pavia).
192. Zerneri Giacomo - Sabbio Chiese (Brescia).
193. Zignani Don Pietro prevosto Via Por. - Villavesco (Milano). 194. Zoni Maria - Garda (Verona).