BS 1890s|1890|Bollettino Salesiano Giugno 1890

ANNO XIV - N. 6.   Esce una volta al mese.   GIUGNO 1890

BOLLETTINO SALESIANO

DIREZIONE nell'Oratorio Salesiano - -Via Cottolengo, N. 32, TORINO

Sommario. - Il mese di giugno e la divozione al Sacro Cuore di Gesù. - D. Rua in Ispagna. -- Notizie dei nostri Missionari : Dalla Patagonia. - Come si adempie il precetto pasquale negli Oratori festivi. --- S. Giovanni ante Portam latinam. - I Salesiani a Parma. - - Un'utile passeggiata. - Bibliografia. - Cooperatori defunti.

IL MESE DI GIUGNO e la divozione al Sacro Cuore di Gesù.

Abbiam or ora salutato Maria; la vaga Stella dell'Ausiliatrice ci scorse, ci consolò nel mese a Lei dedicato. Salutiamo ora con pari affetto, con figliale riverenza il mese sacro al Cuore del suo Divin Figlio : Ad Iesum per Mariam,. E ne abbiamo ben ragione, chè i tempi si fanno ogni di più gravi ed angosciosi. Le campagne desolate, il commercio arenato, disastri finanziarii che gettano ogni giorno nella più squallida miseria famiglie poco prima opulente od almeno agiate, nuove malattie che sorgono e si propagano sotto varie misteriose forme; quante calamità ed afflizioni ! Almeno vi si riconoscesse la mano di Dio ! Percussi te castigatione crudeli propter multitudinem iniquitatis tueae, ci ripete ogni giorno il Signore (IEREM. xxx, 14); ti ho flagellato d'orrende piaghe in causa delle tue molte iniquità. Ma pur troppo non è così di molti ; percossi da tante sciagure persistono nella mala via ostinandosi a non riconoscere quella Provvidenza che li chiama a ravvedersi, quando pur non le si volgono contro con la bestemmia. E qui sta il maggior male, la piaga più grave del nostro secolo, cioè la languidezza della fede seguita necessariamente dal raffreddamento della carità, chè questa, la carità vera, non è possibile senza di quella.

Or che fare in mezzo a tante disgrazie temporali e spirituali`? Smarrirci, abbandonarci allo scoraggiamento e alla disperazione l No mai, o cari Cooperatori e Cooperatrici ; sarebbe questo un negare col fatto la Provvidenza divina, che ci è pur sempre madre amorosa, affanni o consoli, prostri o rialzi, percuota o risani. E una prova di questo vero, incessante e sapiente amore noi l'abbiamo nella divozione al S. Cuore di Gesù, sì in questa divozione, a cui pare affidato a' giorni nostri il cómpito particolare di ricondurre i traviati a Dio, di riconciliare la società con Gesù Cristo , e in questo doveroso ritorno, in questa celestiale armonia della creatura col suo Creatore rigenerar l'umanità, lavarla dalle sue sozzure, per ri vestirla di novella vita e avvivarla di una novella forza soprannaturale.

Come aurora di luce bianca purissima, che cresce di mano in mano e veste nuovi e sempre più vivaci e più dolci colori, tale ci comparisce questa carissima divozione, la quale, sorta da umili principii, pigliò a poco a poco, pur fra le contraddizioni e le lotte d'ogni fatta, largo e potente sviluppo, così da abbracciar a' giorni nostri tutto quanto il mondo col suo soavissimo impero. Novelle Congregazioni regolari e secolari s'intitolano dal nome del Sacro Cuore di Gesù, Accademie e scuole vi consacrano le produzioni della mente e del cuore, generosi missionari si avvivano al suo fuoco e portano, di questo accesi, in lontane regioni la luce della fede e della civiltà, mentre le scienze, le lettere e le arti ricoverandosi, tra il pervertimento dei molti, sotto le sante insegne del Cuor di Gesù, si rinnovellano, si rianimano al calore , alla vita del Cristianesimo. Testimonio, a parlar di una sola, la recentissima opera de' pittori del S. Cuor di Gesù, sorta a Rennes per lo zelo del Card. Langenieux e benedetta dal Santo Padre con lettera dell'Em.m° Rampolla dell'aprile u. s., opera santa e salutare quant'altra mai , come quella che si propone di purgar l'arte dalle aberrazioni e dalle sozzure, e rifarla e mantenerla francamente ed essenzialmente cristiana. Il naturalismo, questo gran peccatore del secolo xix, ha orribilmente guasti gl'ingegni col separarli da Gesù Cristo ; la divozione al Cuor di Gesù li risana, li riabbella col ricondurveli.

E di quest'opera di salvezza intellettuale e morale noi siamo particolarmente debitori a Leone XIII, a questo grande Pontefice, nel quale non sai se sia maggiore l'altezza dell'ingegno, o la sapiente prudenza nel governo della Chiesa, o lo zelo vivo ed illuminato nel riaccendere lo spirito di pietà. Certo è che Leone XIII, in quella che caldeggia le scienze, le lettere e le arti; mentre fa sentire ed estende largamente tra governanti e governati l'influenza ed i benefizi della Chiesa cattolica, mostra poi per tutto quello che si attiene alla divozione del S. Cuore di Gesù una così affettuosa ed incessante sollecitudine, quale non si saprebbe imaginare maggiore. Ci restringiamo, a conferma di ciò, ad un fatto solo e recentissimo.

Mons. Perraud, Vescovo di Autun, gli scriveva il 3 febbraio u. s., ricordando come tra breve ricorresse il secondo centenario dì quell'apostola del S. Cuor di Gesù, che fu la, Beata Margherita Alacoque, morta a Paray il 17 ottobre 1890, ed invocava dal Vicario di Gesù Cristo i tesori spirituali della Chiesa. Ed il piissimo Pontefice rispondeva tosto concedendo con Breve del 17 marzo, oltre a nuove indulgenze, un giubileo solenne speciale per la città di Paray nella diocesi d'Autun.

Benemeriti Cooperatori e Cooperatrici, impariamo dal Papa ad apprezzar vie maggiormente la divozione al Sacro Cuor di Gesù, a farla anima della nostra anima, vita della nostra vita, a propagarla, a diffonderla largamente. E poichè il mese di giugno ci si porge particolarmente propizio, pratichiamola ora saprattutto con particolar ardore. Il nostro Don Bosco di sempre cara memoria era solito a proporre, come mezzi efficacissimi a questo intento, la preghiera e la limosina, che è quanto dire la carità spirituale e temporale. Ebbene, questi due mezzi pratichiamoli anche in quest'anno. La Pia Opera per l'erezione dell'Ospizio del S. Cuore, sospiro di D. Bosco e desiderio vivissimo del suo successore, Opera benedetta dal S. Padre e raccomandata alla carità de' nostri Cooperatori e Cooperatrici, ce ne presenta favorevole occasione. Coraggio adunque ; il Cuor di Gesù non mancherà in compenso di spandere sopra di voi, o benemeriti Cooperatori e benemerite Cooperatrici, e sopra le vostre famiglie le più elette benedizioni spirituali e temporali.

DON RUA IN ISPAGNA. A Sarrià - Barcellona.

Don Rua dalla Francia ha voluto passare a visitare anche i nostri fratelli ed i nostri Cooperatori di Spagna. ,

L'opera nostra in questa nazione, e specialmente in Barcellona, va prendendo vaste proporzioni. Il nostro Rettor Maggiore, nei pochi giorni che si è fermato nella capitale della Catalogna, ha potuto di presenza vedere la carità, o meglio l'entusiasmo, con cui tanti insigni benefattori ci aiutano a mandar ad effetto il pensiero di Don Bosco, il quale aveva indicato che la Casa di Sarrià, distante tre miglia da Barcellona, doveva arrivare a contener cinquecento giovani, e che di là avrebbero in seguito a partire molti Salesiani per tutta la Spagna e per le Missioni ancora. Mentre pochi anni addietro non poteva contener più di cento giovani, ora è già ridotta ed ingrandita tanto da poterne contenere trecento.

L'amatissimo nostro Superiore arrivava in Barcellona la mattina degli 11 di marzo, accompagnato da D. Barberis, direttore del Collegio per le Missioni in Valsalice. Alcuni distinti signori di quell'industriosa città vollero precederlo nell'arrivo, altri numerosi accorsero alla stazione per salutarlo.

Ritirossi a celebrar Messa nell' Oratorio privato di quell'insigne nostra benefattrice, la signora Dorotea Chopitea de Serra, presso la quale fermossi a pranzo in compagnia di Don Filippo Rinaldi, attuale direttore della Casa di Sarrià, e di altri illustri signori.

Alle 4 della sera entrava solennemente nella Casa di Sarrià, dove era aspettato ansiosamente dai giovani e dai confratelli ; si cantò un bellissimo inno con parole italiane, accompagnato dalla banda musicale della Casa.

In un attimo tutti attorniarono l'amato Padre, baciandogli rispettosamente la mano e ringraziandolo della visita; Don Rua rispondeva agli augurii con dolci parole d'incoraggiamento in quell'idioma.

La campana intanto chiamava tutti ai piedi dell'altare per ringraziare con un solenne Te Deum il Signore del felice viaggio concesso a tanto ospite.

Dopo cena Don Rua volle godere del grazioso spettacolo della illuminazione, e invitò i giovani ad intonare una lode a S. Giuseppe, avanti la statua del medesimo Santo, posta in una graziosa nicchia nel mezzo della facciata del Collegio.

I giorni susseguenti furono impiegati da Don Rua nel visitare il Collegio, parlare ai confratelli e nel ricevere e fare visite ai signori Cooperatori; tutti furono entusiasmati e specialmente il distintissimo signore D. Luis Marti y Codolar, il quale, per dare prova del suo amore pei Salesiani, invitò tutto il Collegio a fare una passeggiata fino alla sua villa, situata a tre chilometri da Sarrià; dove non solo si potè ammirare la ricchezza della villa, ma più ancora la generosità del signor Don Luis, che distribuì ai nostri giovani un'abbondantissima merenda.

Il 18 marzo una bella funzione chiamava Don Rua con tutti i giovanetti di Sarrià a Barcellona. Si doveva benedire ed inaugurare una nuova Casa Salesiana in un sobborgo di questa città veramente degno dell'attenzione e delle cure dei figli di Don Bosco. È un rione di circa 40 mila anìme, tutti operai e poveri, con una sol chiesa in una parte fuor di centro, senza alcuna scuola nè oratorio festivo.

A molti buoni Cooperatori faceva pena il vedere nella cattolica Spagna , nella industriosa Barcellona una parte così abbandonata, ove si cresce senza fede , senza istruzione. Si misero perciò in cerca di un locale adattato. La nobile signora Doña Dorotea Chopitea de Serra vi fece costruire tutto a sue spese un edifizio per le scuole diurne e serali e per l'Oratorio festivo, e pregò i Salesiani d'accettare la missione d'istruire ed educare quella povera popolazione.

La nuova Casa si dedicava a S. Giuseppe e la funzione celebravasi appunto ne' primi Vespri della sua festa. Eccone la relazione che ne fa il Correo Catalan di Barcellona del giorno seguente

« Ieri sera alle quattro celebrossi solennemente la inaugurazione di un benefico istituto che, mercè la carità inesauribile di una distinta signora di questa capitale, han costrutto i Sacerdoti Salesiani in via Floridablanca, sobborgo di questa città. Cominciò la funzione il Reverendissimo Vescovo benedicendo tutto l'edifizio. Terminata questa cerimonia, in un salone della casa ebbe luogo un'accademia musico-letteraria, alla quale assistettero distinti personaggi, i soci delle Conferenze di S. Vincenzo de' Paoli e un gran numero degli abitanti di quel sobborgo.

» Occupò la presidenza, sotto un ricco baldacchino, a cui era sospeso un bel quadro del ritratto di Don Bosco, Monsignor Vescovo, tenendo alla sua diritta il Reverendissimo Don Rua, Superiore della Congregazione Salesiana, l'illustrissimo Vicario generale della diocesi, il Presidente delle Associazioni cattoliche.

» Dopo. alcune suonate, eseguite dai giovani della Casa di Sarrià , il dottor Feliú, professore in questa Università, pronunziò un eloquente discorso sopra l'importanza straordinaria di così benefica istituzione. Terminò il suo discorso ringraziando il signor Don Rua ed i Salesiani che con tanto zelo continuano l'opera rigeneratrice istituita da Don Bosco e supplicò il Prelato a volerla benedire ed appoggiare.

» Il coro e la banda eseguirono in seguito alcuni pezzi che furono molto applauditi, e varii orfanelli recitarono prose e poesie in italiano e in ispagnuolo dedicate a Monsignor Vescovo. Coronò l'accademia S. E. Rev.ma il Vescovo, pronunziando in dialetto catalano, per essere più inteso dal gran popolo accorso, un sentito discorso, nel quale enumerò i vantaggi che a beneficio della salute delle anime e dei corpi si otterrà da quel centro di istruzione diretto dai degni figli di Don Bosco. Terminò dando la benedizione agli accorsi.

» Il Vescovo fu molto applaudito. »

S. Ecc. Rev.- nel suo discorso, oltre all'aver dimostrato una affezione e fiducia grande verso i poveri Salesiani, indicò con sentite parole come a' nostri tempi non basta erigere una chiesa in un sobborgo qualunque d'una grande città : c'è bisogno di allettare la popolazione ad entrare in chiesa, bisogna istruirla questa povera popolazione ed istruirla bene ; e di qui la necessità di scuole e scuole cattoliche; c'è bisogno di allontanarla dai pericoli tuttodì crescenti , allettando la gioventù con giuochi e con premii, e di qui la necessità di ricreatori festivi , dove con la religione s'insegni la moralità. « Voi adunque che mi ascoltate, soggiunse, siate come altrettante trombe che facciano sapere a quelli che non sono presenti che mandino qui i loro figliuoli, che qui essi si istruiranno, si moralizzeranno, si renderan felici , per quanto è possibile, pel tempo e per l'eternità.

Il giorno più bello poi doveva essere la festa di S. Giuseppe. Al mattino la Comunione fu generale, ed otto ragazzetti s'accostarono per la prima volta a ricevere l'Agnello immacolato.

Al dopo pranzo rallegrava la festa una grandiosa rappresentazione teatrale intitolata : S. Hermenegildo , dramma spettacoloso dell'insigne scrittore Don Idelfonso Gatell. I bravi giovani si fecero molto onore innanzi alla moltitudine di signori e corsi sì da Sarrià come da Barcellona.

Si terminò la bella festa in chiesa col canto solenne del Rosario, come ivi si usa invece dei Vespri, e con la benedizione del SS. Sacramento.

All'indomani Don Rua lasciava Barcellona per avviarsi alla volta di Siviglia, dove ansiosi lo aspettavano i confratelli ed i giovani di Utrera ed i nostri Cooperatori dell'Andalusia.

Utrera-Sivíglia.

Appena ebbe ricevuto l'annunzio che Don Rua partiva da Barcellona, il Direttore della Casa di Utrera, D. Oberti Ernesto, partì per andarlo ad incontrare fino a Madrid.

Quivi Don Rua fu cordialmente ricevuto dal signor D. Gabriel Maureta, nostro zelante Cooperatore. Andò a visitare l'Eccellentissimo signor Nunzio, l'Em.m° Card. Fray Zeferino ed il celebre filosofo cattolico Orti y Lava, i quali pure lo ricevettero con vero ed intimo affetto.

A Siviglia fermossi alcune poche ma belle ore in casa del nostro amico e Cooperatore D. Enrique Muñoz, ex-professore all'Università di Granata, nella casa del quale accorsero con premura a visitarlo tutte le persone che ebbero contezza del suo arrivo.

Intanto le Autorità ecclesiastiche, presiedute dal degnissimo arciprete Don Juan Padilla , alcuni rappresentanti della civile e giudiziaria Potestà, con le principali famiglie dell'aristocrazia di Utrera s'affrettavano a prevenire il suo arrivo alla stazione. - Don Rua non ha parole per ringraziare condegnamente. Sale su 'n cocchio ed accompagnato da quella nobiltà andalusa s'avvia al Collegio, ove lo accoglie un Viva fragoroso di più di duecento giovanettì. S'intona un inno, ed i ragazzi, trasportati di giubilo, rompendo le file, si precipitano attorno all'amato Padre. E Don Rua, come negli altri collegi, parla a tutti, per tutti ha una buona parola, una carezza; mentre il piano-forte fa sentire i magnifici accordi della marcia reale spagnuola e le note marziali della marcia reale italiana. A stento Don Rua può esser libero dai giovanetti e ritirarsi nella stanza per lui preparata.

Quei nostri bravi giovani s'erano essi pure preparati per una splendida accademia musico-letteraria, e la tennero all'indomani dell'arrivo colà di Don Rua. Lessero bei componimenti in prosa ed in versi , in lingua spagnuola, latina, italiana e francese. Cantarono e suonarono scelti pezzi di musica, e vi andò a bella posta da Siviglia il maestro D. Agapito Insausti, tenore della Cattedrale, per accompagnare una sua preziosa composìzione su Don Bosco.

Il secondo giorno che si fermava a Utrera Don Rua tenne la conferenza ai Cuooperatori ed alle Cooperatrici Salesiane. La sua parola semplice e piana penetrò nel cuore di tutti ; i buoni Utrerani ne furono commossi e capirono meglio l'importanza dell'opera di Don Bosco.

Quantunque l'amato nostro Superiore avesse stabilito di non fermarsi più di due giorni, ed il tempo rapidamente se ne passasse tra le udienze dei Cooperatori , dei confratelli e dei giovanotti, pure non volle partirsene senza aver prima visitato il celebre santuario di N. S. de Consolación, patrona non solo di Utrera, ma di tutta l'Andalusia. Si recò pure a far visita al signor Alcalde, al R.m° Arciprete, al signor marchese di Casa-Ulloa, alla famiglia del signor D. Joaquin Murube ed a suo fratello.D. Miguel, deputato alle Cortes e nostro distinto amico, ai quali benedisse tra le lagrime e la universale commozione.

Ma commovente sopra ogni dire fu la partenza. Dopo l'ultimo pranzo , cui presero parte distinti signori nostri Cooperatori , l'avv. D. Enrique Lopez prende la parola e, per sommi tratti, dipinge eloquentemente l'opera di Don Bosco. Alcuni giovani leggono parole di commiato. Don Rua è commosso ; più di lui i giovani tutti che stanno radunati al fondo della scala per aspettarlo. Al suo comparire s'inginocchiano tutti d'un tratto. Egli rivolge loro alcune poche infuocate parole li esorta ad amar Dio e Maria, a ricordarsi di Don Bosco e del Paradiso ; poi alza la destra e li benedice.

Si levano tutti ed ordinati in file lo accompagnano fino alla stazione, ove al dipartirsi della locomotiva prorompono in un ultimo cordiale : Evviva D. Rua !

Nel ritorno passando da Barcellona, Don Rua s'intrattenne ancora alquanto co' nostri confratelli e coi. giovanetti di Sarrià, i quali conservano indelebili ne' loro cuori i preziosi ricordi loro lasciati.

NOTIZIE DE' NOSTRI MISSIONARI,

Dalla Patagonia.

Patagones, 5 Novembre 1889. M. REV. ED AMAT.m° SIG. D. RUA,

L'idea di mandarle una relazione più particolarizzata e le molte occupazioni hanno fatto sì che ritardassi a scriverle intorno alle nostre scorrerie in Balcheta. Ma vedendo poi la veracità di quel detto : Che chi troppo vuole nulla stringe; mi sono determinato a scriverle anche a costo di farlo per sommi capi.

Prendendo pertanto le mosse dal principio di luglio u. s., dirò a V. S. R.ma che il cinque dello stesso mese, terminata la Mìssione in Choele-Choel, raccogliendo per frutto 4 battesimi. d' Indi ed un piccolo gruppo di comunioni, D. Savio, il C.ta Manuele ed io lasciammo con rincrescimento quel buon vecchio di Amedeo Roggioli italiano, che ci aveva colmati d'attenzioni, durante i sei giorni di nostra permanenza in quel punto, avendoci albergato in sua casa e mantenuti a sue proprie spese.

Partiti da Choele-Choel, passando in una barca un braccio del Rio Negro, entrammo nella grand'Isola, che pochi mesi prima l' aveva percorsa da capo a fondo, in tutta la sua estensione di 27 leghe quadrate. L'attraversammo di bel nuovo nel mezzo, percorrendo 25 Kilometri. Giunti all'altro braccio, ci sorprese la notte ed alloggiammo in un piccolo' rancho di paglia. Dopo una modesta cena e fatte le solite preghiere, D. Savio stese alcune pelli al suolo e dormì nella cucina coi garzoni di casa. Io e Manuele volendo evitare il tormento degli insetti che sogliono vivere a spese altrui, preparammo il nostro giaciglio sotto la grondaia della capanna. Alcune pelli sulla nuda terra ci servirono di materasso e per cuscino, al solito, servì la sella del cavallo. In questo modo ci liberammo bensì dalle morsicature di quegli animalucci parassiti, ma non già dal freddo e dalla furia del vento, che soffiò forte per tutta quella notte. Il mattino seguente non avendo comodità di poter celebrare la S.ta Messa, inzuppato un tozzo di pane nel caffè, partimmo col padrone di casa, il quale gentilmente si offrì di accompagnarci per una lega sìn là dove il Rio si poteva comodamente passare a cavallo. Dove giunti la nostra guida tornò indietro, e la Provvidenza ci fece capitare un altro uomo che doveva passare, come noi, alla sponda opposta. Egli come conoscitore del passo ci precedeva e noi uno dietro all'altro lo seguivamo. Il letto del Rio misurava in quel punto circa 150 metri di larghezza con 0,80 di profondità. Arrivati verso la metà un incidente inaspettato ci conturbò alquanto. Il cavallo di D. Savio, si ferma e fa violenza per tornarsene indietro. Egli lo vuol domare e non ci riesce. Fa un passo avanti e due indietro e si lascia frattanto portare verso il più forte della corrente. In quel frangente non vedo altro mezzo che avvicinarmi a lui : mi faccio dar le briglie del suo cavallo: faccio cenno a Manuele che passi dietro a staffilare l' animale ritroso e avanti. In questo modo, tirandolo io per le briglie e sferzandolo l'altro di dietro, grazie a Dio, ne uscimmo felicemente.

Da questo punto sino a Catre, che vi sono circa 30 leghe, non ci occorse altra particolarità che quella di aver dovuto lasciare indietro un cavallo stanco del cammino e dormir una notte a cielo aperto. Di passaggio ho fatto la dottrina ad alcuni selvaggi di cui ne battezzai 5. In Catre, prevedendo che non avremmo potuto proseguire la Missione di Balcheta coi nostri cavalli stanchi, e macilenti, ne togliemmo 6 altri ad imprestito dai vicìni. E così il 9 di luglio partimmo per Balcheta attraversando quell'immenso deserto di una estensione di 100 miglia, sprovvisto affatto d'acqua. La notte ci sorprese in mezzo a quel vastissimo campo con un cielo nè sereno nè nuvolato. Mentre in mezzo alle biancastre nubi passeggiava taciturna la luna rischiarandoci colla sua fioca lumiera, cercammo ai piedi d'una collinetta dove meglio alloggiare. La nostra provvista consisteva in un poco di carne cotta, acqua ed erba poi mate e niente dì più. D. Savio, che era molto stanco e mezzo indisposto, non volle prendere nulla. In quanto a noi due, presi alcuni bocconi di carne ed un po' di mate, fummo a dormire. D. Savio si adagiò dietro di un cespuglio, Manuele ed io dentro di un fosso per liberarci dalla violenza del vento. Prima di andare a riposo si erano prese le dovute precauzioni legando i cavalli ed inceppandoli, perchè non se ne fuggissero. Con tutto ciò D. Savio non ancora troppo fatto a quelle contingenze di campo, pel timore che se ne allontanassero, non potè prendere sonno e passeggiò quasi tutta la notte. Malgrado queste precauzioni , la gran sete ne aveva allontanate due coppie legate insieme ed inceppate. Ma il nostro bravo Manuele co' suoi occhi di lince correndo dietro le traccie, li trovò tosto a due chilometri di distanza, e li ricondusse. L'indomani partiti per tempo e galoppando quasi tutto il giorno, gìungemmo a Balcheta sul cader del sole. La prima cosa che si presentò alla nostra vista fu la bella valle di Balcheta. Vasta ed amena è fiancheggiata d' ogn'intorno da colline ondeggianti. Il Rio che gliene dà il nome, dopo di aver percorso una longitudine da 40 a 50 leghe, si perde nel suo seno, allagandola in gran parte e formando un'immensa palude, dove crescono in gran quantità giunchi e canneti. Il letto del Rio ha una larghezza di tre metri con uno di profondità. Ne' suoi ciglioni non si vede un albero, salvo alcuni sterpi o cespugli di arbusti: e spesso si trova assiepato di folti canneti. Nel suo corso irriga di tanto in tanto belle vallate e forma talvolta isole fertilissime coperte di varie sorte di erbaggi.

Siccome al nostro arrivo, non si trovava il Sig. Commissario, per essere andato al Chubut, suo fratello, forse per non potere disporre di sua casa, ci alloggiò in una capannuccia così stretta e bassa, che appena, potevamo entrarci.

Però stavamo contenti come Prìncipi, sapendo che in ciò assomigliavamo un poco a Gesù Bambino, che essendo Re dell'universo volle nascere nel tugurio di Betlemme. Il cibo tutto si riduceva a carne con un po' di farinaccia per farne come una polenta. Di pane e di vino non si parla poiché non ce n'era.

Esistono colà 4 gruppi di toldos, dei quali il principale sta in Balcheta e tre altri si trovano a tre leghe più in su sempre sulle rive del Rio. Il numero degl'Indi nel quarto gruppo si calcola da 450 a 500, e di loro una metà già sono cristiani fin dall' anno 1885. Il caso volle che non si trovassero gli uomini ed i giovinetti, per essere partiti in corpo alcuni giorni prima alla caccia del guanaco e dello struzzo. E siccome dovevano ritardare un mese a ritornare, ci limitammo ad istruire i vecchi e le donne e battezzare i bambini con alcuni degli adulti più dìsposti. Per otto giorni percorrendo le suddette tolderie li radunavamo in piccoli gruppi e l' istruivamo nei misteri della fede. Ebbervi sessantun battesimi. Dopo quattro giorni essendo poi giunto il Commissario c'invitò alla sua mensa, e d'allora migliorò alquanto il nostro cibo. Ma era tardi, la nostra salute, con quella carne di struzzo, erasi talmente alterata che dava a temere. D. Savio solo non aveva sofferto. Allora un negoziante aprì il suo negozio sprovvisto di tutto e trovò in un cantuccio alcune libbre di farina Vedendo il sommo bisogno che ne avevamo, ce la vendette e noi fatte subito delle schiacciate ci disponemmo alla partenza.

Il 18 luglio preparato il fagotto tornavamo sulle rive del Rio Negro. E di lì mettendoci, come si dice, la via tra le gambe e toccando Conesa e Guardia Pringlés, giungevamo il 29 luglio a Patagones ad abbracciare il nostro caro Monsignor Cagliero e gli altri confratelli. In tre mesi di scorrerie si erano fatte 400 leghe di cammino, raccogliendo per frutto 140 battesimi d' Indi ; quaranta di bambini nati da padri civilizzati, 7 matrimoni ed 80 Comunioni.

Dal principio di agosto poi sino al presente sono rimasto per obbedienza in Patagones. Che fortuna! Dall'anno 1882 non ho mai più potuto passare così lungo tempo in compagnia dei nostri cari confratelli. Ma non creda, Sig. D. Rua, che io abbia passato questo tempo in riposo. Monsignore, col suo gran zelo, non può lasciarci a lungo in pace. Dopo alcuni giorni in cui feci come una specie di Esercizi Spirituali, mi diede l'incarico di dar la caccia agl' Indi dei d' intorni di Patagones e di Viedma. Mi aiutarono in ciò or l'uno, or l'altro dei confratelli ed anche in modo particolare le stesse Suore di Maria Ausiliatrice. Piene di zelo e di buona volontà per la conversione dei selvaggi, entrano due a due nell' umile capanna e col pretesto di portar loro qualche bagattella pel corpo, coi loro buoni consigli e insegnamenti ne nutriscono l' anima. Al minor cenno corrono, avvisano gl' Indi e li conducono alla Chiesa, sia perchè vengano meglio istruiti da chi parla la loro propria lingua, sia per ricevere il battesimo od assistere alla S.ta Messa. Il Signore, usando di sua bontà infinita, volle benedire questi sudori e fece sì che, come risulta dallo specchietto qui sotto, si poterono raccogliere abbondanti frutti.

Ora si va continuando l'opera rigeneratrice nei punti più distanti. Lunedì prossimo partiremo D. Garrone ed io. Toccheremo, se Dio vuole, S. Xavier, Potrero Serrado e las Aguadas. Abbiamo intenzione di ritornar presto; ma siccome l'avvenire è nelle mani di Dio, si farà ciò che si potrà.

Il Collegio di Viedma va bene, così pure quel di Patagones cogli esterni. Le due parrocchie sono bene avviate, e stanno in via di progresso. Nell' ultima novena fatta a Viedma per la festa della Patrona le Comunioni giunsero a 330 e quelle di Patagones per la novena del Carmine arrivarono a 350. Ciò sebbene paia poco a quei d' Italia, per qui è molto, tanto più che vi furono anche un certo numero di uomini, cosa assai rara in questi paesi.

Ecco qui ora uno specchietto delle Missioni date nell'anno che sta per finire

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Le Missioni del Rio Negro, oltre quella che ho data io da Roca a Patagones, include anche una seconda data da D. Andrea Pestarino con altro Sacerdote i quali toccarono Guardia Pringles, Cubanea e Potrero Serrado.

Pare una stravaganza! - Il Vicariato di Monsignor Cagliero abbraccia un territorio che ha una superficie eguale a quella di Francia, Spagna e quasi di tutta l'Italia. Chi non volesse crederlo venga a misurarlo.

Amat.m° Sig. D. Rua, si ricordi sempre di far pregare per il suo

Aff.mo figlio in G. e M. Sac DOMENICO MILANESIO.

COME SI ADEMPIE IL PRECETTO PASQUALE negli Oratorii festivi,

REV.mo SIG. D. RUA,

So quanto volentieri la S. V. riceva le notizie riguardanti questo nostro Oratorio di Catania, perciò voglio colla presente riferirle alcune cose che io non dubito abbiano a tornarle gradite. Ella ben sa quanto sieno pochi ai dì nostri, nelle città specialmente, quei giovanotti, sia fra gli studenti sia fra gli artigiani, i quali sappiano unire la pratica della pietà e dei doveri religiosi alle altre loro quotidiane occupazioni : ed è sempre una grande consolazione, in mezzo al generale pervertimento che oggigiorno regna nella gioventù, il vederla strappata agli artigli di Satana e santificata dalla religione.

Or questa non lieve consolazione l'abbiamo provata noi nella ricorrenza delle feste pasquali, durante le quali abbiamo avuto il piacere di vedere ben oltre 800 giovanetti accostarsi alla Sacra Mensa nella chiesa del nostro Oratorio. La prima Comunione generale si fece nel Giovedì Santo e ad essa furono invitati tutti i giovani studenti che frequentano il nostro Oratorio. Erano stati ad essa preparati con un triduo di prediche, dette con molta unzione e con gran frutto dal nostro confratello D. Angelo Lovisolo , prefetto del Collegio di Randazzo.

Se intervennero numerosi al triduo, lo furono anche di più nel Giovedì Santo , e se ne poterono annoverare oltre 350 e quasi tutti appartenenti a scuole piuttosto avanzate. Una cinquantina circa di essi s'accostava per la prima volta alla Mensa Eucaristica.

Io non le so esprimere la commozione che provai in quel giorno al veder il loro contegno devoto e l'ardore con cui si accostavano alla S Comunione.

Dopo la funzione ho chiesto ad uno di questi ultimi : - Ebbene, che cosa hai detto di bello stamattina al Signore? - Padre, mi rispose il fanciullo con grande ingenuità, non ho potuto parlare, ho sempre pianto. - E non era il solo che piangeva, lagrimavano anche parecchi adulti, perchè Gesù cìrcondato dai fanciulli è sempre cosa così commovente da strappar le lagrime a chi ha fede.

La stessa funzione , ma per gli artigiani, si ripetè il giorno di Pasqua. In quel dì i giovani furono anche più numerosi; arrivarono a 400. E qui debbo notare che oltre un centinaio erano sui 18 o 20 anni, dei quali una cinquantina faceva la prima Comunione. Le armonie dei canti, le calde e commoventi parole pronunziate dal Rev.do D. Lovisolo prima della Comunione, e tutto l'insieme della funzione impressionarono siffattamente quei poveri giovani che stavano estatici ed imparadisati, e Gesù, che avea prima benedetto il cuore e la mente dei giovanetti studenti, ora consolava e benediceva questi poveri figliuoli del popolo, i quali in mezzo alle pesanti quotidiane fatiche della vita sanno già fin d'ora riporre in Dio la loro fiducia e richiedere consolazione da Lui, il quale solo sa consolare gli umili e sollevare dalle miserie il poverello.

Un'altra cara festicciuola si compiè nel nostro Oratorio il dì 12 corrente, e consistette nella rappresentazione in costume romano di una tragedia uscita dalla collana delle nostre letture drammatiche intitolata San Saturnino. Una rappresentazione drammatica per se stessa è già sempre pei ragazzi un gran che ; ma ora v'era qualche cosa di più che allietava i nostri giovanetti, e la rendeva più importante ; era la presenza fra di noi di due cospicui personaggi, voglio dire di Sua Eminenza Rev.ma il Cardinale Dusmet, nostro veneratissimo Arcivescovo, e del Rev.mo Padre Don Gaetano Bernardi , abate cassinese di S. Anselmo in Roma. Era da qualche anno che i nostri giovani desideravano di aver con loro Sua Eminenza, ed ora che si vedevano appagati nelle loro brame a stento potevansi per la gran gioia contenere. Si esordì col canto di un inno e colla recita d'una poesia ad onore del Cardinale, e poi si diè principio alla rappresentazione che procedette, avuto riguardo all'età e alla capacità dei giovani attori, abbastanza bene. Fra gli intervalli dei diversi atti si recitarono poesie d'occasione e si eseguirono parecchi canti, alcuni dei quali composti dal Reverendo Padre Nicosia, Cooperatore Salesiano e maestro di musica nel nostro Oratorio, il quale se in comporre musica è valente assai, non lo è meno nell'insegnarla con grande amore e profitto dei gìovani.

Terminata la festicciuola, Sua Eminenza se ne partiva accompagnata dagli evviva i più cordiali da parte dei nostri giovani e dalle acclamazioni le più entusiastiche, lasciando in tutti la più cara e soave impressione. Dio conservi ancora per lunghi anni al nostro amore un Pastore sì affettuoso ed umile , il quale, ad imitazione del nostro Divin Redentore, è padre della gioventù e protettore degli orfanelli.

Come adunque Ella vede, le nostre fatiche sembrano benedette da Dio. Quando io penso che nel primo anno in cui noi siamo venuti qui potevamo a stento avere una dozzina di giovani alla Messa nelle domeniche, ed ora molte volte vediamo la chiesa ristretta pel gran numero di giovani che v'accorrono, non posso a meno di ricordare le parole che il nostro venerato Padre Don Bosco mi disse pochi mesì prima di morire a riguardo di questa Casa : Credi, mio caro, la Madonna, a Catania vi ha già benedetti molto, ma molto, e più di quel che tu possa credere... e vi benedirà ancor di più... ed io pregherò sempre per giovanetti di Catania che mi son molto cari. Queste parole mi fecero molta impressione e vado sempre più persuadendomi che così è stato e che così dovrà succedere in avvenire. La Madonna ci ha benedetti e ci benedirà, ed è pur una grande benedizione della Madonna l'Ospizio già per metà costruito, il quale, nel venturo ottobre, speriamo, si aprirà, quale asilo di benedizione a centinaia di giovanetti poveri , ove impareranno a lavorare ed amare il Signore. E vero che i mezzi materiali scarseggiano di molto , ma se la Madonna ci benedice , io non dubito che Essa non abbia ad inspirare i buoni Cooperatori Salesiani di Catania e della Sicilia ad aiutarci in quella proporzione che richiede il bisogno di tanta povera gioventù, che per mezzo di tal opera dovrà essere salva. Don Bosco poi prega per noi ; prega poi nostri giovanetti , come ha promesso, e li custodisce perchè siano salvi dai pericoli dell'anima e del corpo. Di ciò non dubito punto, essendone chiara prova fra tanti altri il fatto seguente : Venne la domenica delle Palme a confessarsi nella chiesa del nostro Oratorio un ragazzetto sugli 11 anni coll'intenzione di prepararsi al precetto pasquale. Dopo le funzioni della Chiesa e prima che ritornasse alla sua casa , senza sapere quasi il perchè ciò facessi, lo feci venire a me e gli consegnai una medaglia di Maria Ausiliatrice benedetta da Don Bosco, dicendogli : Prendi questa medaglia benedetta da Don Bosco e raccomandati spesso alla Madonna che ti salverà da ogni pericolo. Così fece il fanciullo e con gran suo vantaggio ; poichè non erano trascorse due ore che egli trovandosi a giuocare sopra il terrazzo della sua casa alta ben due piani, cadde improvvisamente, diè del capo sopra un cancello di ferro e giunse a terra che non dava più alcun segno di vita. Lo raccolsero tostamente quei della famiglia e lo trovarono col cranio spezzato in più parti, col viso sformato e lacero, con un braccio rotto in più luoghi, talchè il medico, che fu subito chiamato a visitarlo, non gli diè più che una mezz'ora di vita. Ma non fu così ; la Madre celeste, di cui avea al collo la medaglia, lo protesse dal cielo. Infatti non ostante la gravezza delle ferite e la poca probabilità di aver salva la vita, fu, con istupore dì tutti e specialmente dei genitori, pochi giorni or sono, dichiarato fuor di pericolo e guarirà, speriamo, senza nemmeno riportare i segni di una sì fatale caduta. I genitori del fanciullo non attribuiscono ad altro che ad una grazia di Maria SS. questo fatto, e lo stesso giovanetto, non appena potè star un po' meglio , volle dal letto stesso ricevere la Santa Comunione a fine di ringraziare la Madonna , che per intercessione di Don Bosco lo aveva sì visibilmente protetto.

Questa protezione così speciale ci incoraggia in mezzo alle tribolazioni, che anche qui non mancano, a lavorare anche più indefessamente pel bene della gioventù.

Termino questa mia lunga lettera raccomandandomi alle sue preghiere, mentre mi: dico

Di V. S. Reverendissima

Devotissimo in Gesù e Mari a Sac. FRANC. PICOLLO. Catania, li 25 aprile 1890.

Le relazioni che ci pervennero da tutte le altre Case d'Europa e d' America ci dànno consolanti notizie, come queste del concorso dei giovanetti nei nostri Oratorii festivi a compiere il precetto pasquale. Lo stesso deve dirsi delle ragazze negli Oratorii diretti dalle Figlie di Maria Ausiliatrice. Dappertutto furono preparati col Catechismo quaresimale e con un triduo di prediche. Ne' due soli Oratorii festivi di Valdocco , S. Francesco di Sales e S. Angela, le Comunioni de' giovanetti oltrepassarono le 800 e quelle delle giovanette operaie furono più di 500. Ne sia sempre lodato e ringraziato Iddio e Maria Ausiliatrice !!

S. GIOVANNI « ANTE PORTAM LATINAM. »

Il giorno 6 di maggio in Torino, nella nostra chiesa di. S. Giovanni Evangelista, si celebrava solennemente la commemorazione del Santo Apostolo ed Evangelista. Ecco il programma della musica eseguita per cura del Sac. Ottonello Matteo, organista in detta chiesa, dai giovani dell'annesso Ospizio

Alla Messa della Comunione, mottetti del Gounod, Mendelssohn , Weber, Cherubini e Baini.

Alla Messa Pontificale, entrando S. E. Mons. Basilio Leto, il mottetto Sacerdos et Pontifex del Tomadini, quindi la Missa SS. Nominis Iesu del celebre Mitterer.

La sera il Sub tuum presidium del Mendelssohn, e il Tantum ergo del Casamorata.

Gli intermezzi dell'organo furono del Lemmens, Capocci, Guilmant e Beethoven.

Vorremmo persuasi i nostri lettori che questa musica, malgrado i nomi che quasi tutti suonano stranieri al nostro idioma, è tuttavia italiana , imperocchè tutti questi autori s'inspirano al divino Palestrina : che questo genere piace a tutti ed assai, nè può essere altrimenti, venendo per esso soddisfatto pienamente il gusto del bello ed eccitato il sentimento della divozione : duplice fine il quale deve mirare la musica quando vuol essere degna del tempio.

I SALESIANI A PARMA.

Parma, 1° maggio 1890.

Non vedendo finora nulla che dica della conferenza tenuta qui a Parma pei Cooperatori Salesiani addì 20 marzo u. s., mi prendo io stesso la libertà di mandargliene un cenno. Ella faccia come meglio le aggrada.

Devo premettere che già da un anno i Salesiani sono rettori della parrocchia di S. Benedetto, ma che dall'autunno ultimo scorso si aperse un convitto e semi-convitto per le scuole elementari superiori e ginnasiali. Grazie a Dio l'opera pia non è stata sin qui infruttuosa. L'anno scorso per la conferenza abbiamo avuto l'onore di avere lo stesso Don Rua, che si fermò con noi circa tre giorni, tempo che noi stimammo assai prezioso, sapendo come il tempo è sempre così scarso al Superiore generale dei Salesiani. Quest'anno ci venne per suo incarico Don Francesia, che con una serie di predicazioni popolari preparò i parrocchiani di S. Benedetto alla festa del loro Santo Patrono , che capitava ai 21 di marzo. Con la medesima occasione si volle celebrare la festa di S. Giuseppe ai 19, e poi di S. Francesco di Sales addì 20. Gran parte dei Cooperatori Salesiani, dietro all'esempio di Sua Eccellenza Rev.ma Mons. G. Andrea Miotti, nostro veneratissimo Pastore, si diedero premura di trovarsi in bel numero da riempire la non piccola chiesa di S. Benedetto. Presiedeva la conferenza S. Ecc. Rev.ma, e fece la relazione delle opere fatte nell'anno passato il medesimo D. Francesia. Le sue parole semplici ed affettuose ci penetrarono dentro il cuore e ci animarono a fare ancora di più che non si sia fatto per il passato. Ei discorse del presente della nostra Casa, di ciò che i Superiori intendono che sia in avvenire, e ci consolò tutti quando ci assicurò che si vuole fare della Casa di Parma una piccola imagine del prodigioso Oratorio di Torino. Ma a ciò che bellamente non volle accennare chi tenne la conferenza, pensò S. Ecc. Mons. Vescovo, che, terminato Don Francesia di parlare, soggiunse come Egli si trovava bene tra i suoi Salesiani, e che omai la parrocchia di S. Benedetto non solo va mutando di fisionomia materiale per opera dei nuovi lavori municipali, ma che cambia assai di più nello spirito. Voi, diceva, sentite le voci giovanili educate con finissima arte, e come per incanto convertite a perfezione. Voi li vedete con divozione d'attorno all'altare, voi ai catechismi, voi nelle ricreazioni... Non devo tacere di ciò che mi stava più a cuore, cioè l'opera dei catechismi per la nostra gioventù che frequenta le scuole. Qui ho da ringraziare i parenti che furono docili a man darmi i loro figli, a cui io apersi ben volentieri le porte del mio Episcopio. Colà due volte alla settimana si raccoglievano duecento giovani delle varie scuole elementari, tecniche, ginnasiali ed anche liceali, e mi consolano con il loro intervento e col loro contegno. Così non ebbi il dispiacere di vedere tanta parte del mio gregge senza il pascolo salutare. Devo dire che i figli dì D. Bosco mi prestarono opera efficace ed aderirono prontamente al mio invito, e per loro ho la speranza che l'insegnamento del catechismo attecchisca fra noi e porti il suo frutto. E voi, miei dilettissimi figli, che siete qui radunati nel bel nome di S. Francesco di Sales, continuate l'opera vostra a vantaggio dei Salesiani di Parma, certi che oltre all'approvazione di tutti i buoni e del vostro Vescovo, meriterete le benedizioni del Signore sopra di voi, sui vostri interessi materiali e specialmente spirituali.

Dopo le parole di Sua Eccellenza che io qui malamente abbozzo si diede la benedizione col SS. Sacramento. Cantarono i giovani dell'Oratorio estero un bel Tantum ergo, che seppi poi opera di questo nostro Direttore D. Baratta, e fu eseguito con tanta perfezione da meritare l'approvazione di tutti.

Il buon Dio benedica e prosperi sempre più l'opera iniziata, e compia i desiderii di tutti gli amici della nostra gioventù, di vederla crescere secondo i sani principii della moralità cristiana, a decoro della patria, a consolazione dei parenti ed a bella speranza della santissima nostra religione.

X. Cooper. Sales.

UN'UTILE PASSEGGIATA.

Ci gode l'animo ogni qualvolta ci è dato di parlare di quei vivai di religione e di vera civiltà per la nostra gioventù, quali sono gli oratori festivi. Per la città di Torino è questa un' istituzione non molto antica. Fu quel grande Apostolo della gioventù, il venerando D. Bosco che nel 1841 ne dava principio dapprima in piccole proporzioni, poi con quello sviluppo di zelo che tutti conoscono. Ora si è del primo Oratorio da lui fondato che vogliam parlare.

La Domenica 11 maggio era colà una vita che rapiva all'entusiasmo. In premio di assiduità era stata promessa una grande passeggiata, o meglio una gita in tramway. In numero di circa ottocento partivano da Valdocco, con a capo dell' immenso squadrone la loro banda musicale. Quelle marcie elettrizzavano i buoni giovani, dai cui volti traspariva indicibile gioia.

A Piazza Milano vi erano i primi carrozzoni che attendevano una parte di quel giovine popolo fuori dazio aspettava gli altri un treno speciale completo, che il gentilissimo Sig. Ing. Remondino, proprietario della linea Torino-Leynì, aveva messo a loro disposizione.

Prima della partenza il maestro della banda musicale, Sig. Garbellone, offriva a questo distinto signore una bellissima marcia a lui dedicata, cui egli gradì molto di cuore; e commosso dal nuovo spettacolo che si offriva al suo sguardo, giunse a tale bontà di voler in persona disporre sulle vetture i più piccoli, e nell'andata e nel ritorno volle sempre essere con loro. Iddio e D. Bosco dal Paradiso certamente avranno mirato all'atto suo pietoso e gliene daran mercede.

- Ove vanno ? - chiedeva la gente accorsa ; e mille voci rispondevano : - A S. Benigno, a San Benigno ! - Questa difatti era la meta del loro viaggio. Un pensiero tuttavia li rattristava alquanto ed era che il tempo si faceva minaccevole. Quei cari giovani allora, preso posto sul tramway, s'inginocchiano, e là in pubblica piazza recitano l'Ave Maria per implorare il tempo favorevole. Il Cielo fu loro propizio.

Molte gentili signore commosse a quella vista compraron dolci , aranci e fiori e li gettarono in mezzo a quei giovanetti, i quali rispondevano a quelle inaspettate finezze con grida, con plausi e con evviva.

Alcuni già grandicelli erano stati costretti dal padrone a lavorare in quel mattino. Era festa, ma che importa di questo a certi avari ed irreligiosi padroni? I poveri giovani ancora mal vestiti accorrevano piangendo al lor Direttore Sac. Giuseppe Pavia, che li accettasse ugualmente, che non avevan potuto venir prima ; e il Direttore, persuaso che quantunque male in arnese avrebber goduto della festa e non avrian turbata l'allegria degli altri, li accolse. Quanta gioia provaron in quel momento.

Pertanto tra suoni e canti i carrozzoni si muovono e divorano la via. Dopo un'ora e un quarto di cammino tra prati e campi verdeggianti e fioriti si giunge a Volpiano, ove è in attesa un'immensa moltitudine di popolo attonito pel gran numero di giovanetti che scende. Frammezzo distinguonsi i giovani dell' altro Oratorio di Don Bosco venuti da San Benigno a ricevere i fratelli con la loro banda musicale. Le due bande si danno il saluto : s'ordinano intanto in due squadroni e si avviano alla volta di S. Benigno.

L' ingresso in questo paese è un tripudio per quei giovani figli del popolo. La gente si accalca per le vie, le bande musicali vanno a gara nel riempiere l'aria di lieti concenti, gli stendardi e le bandiere sventolano festose e sui volti d'ognuno traspare la comune esultanza.

Alle ore 10 vi è Messa poi giovani arrivati nella Chiesa dell' Oratorio festivo, e pel popolo nella chiesa parrocchiale, ove i giovani cantori dell'Oratorio festivo di Torino, diretti dal loro maestro Sig. Branda, eseguiscono scelti mottetti.

Alle 11 1/4 s' entra nel Collegio Salesiano : la banda suona una marcia festosa, gli evviva di gioia risuonano a quel buon Direttore.

Al pranzo le provvigioni erano abbondanti, per ciò vi fu un rumor dentium indescrivibile.

Mentre la banda del Collegio faceva sentire allegre sinfonie eseguite con ammirabile precisione, i giovani dell'un Oratorio e dell'altro si frammischiano fra di loro, formano dei giuochi e si trattano come tanti fratelli.

Nelle ore pomeridiane vi fu un' accademia musico-letteraria, ideata ed eseguita con gusto squisito nel cortile del Collegio, dopo la quale quel zelantissimo Direttore Don Luigi Nai, prese la parola per ricambiare al Rev. D. Giuseppe Pavia ed ai suoi giovanetti i saluti e gli evviva. Nel salutare quei cari giovani Torinesi, la maggior parte operai, loro raccomandava un grande ricordo del venerando Don Bosco : - Preghiera e Lavoro. - Sia questa, diceva loro, la vostra bandiera, la bandiera dell'operaio cristiano e del sincero patriotta. Sviluppò questo pensiero con eloquenza tanto viva, interessante ed incisiva da lasciare in tutti una profonda impressione. Si eruppe in fragorosi applausi, e si passò tosto, che già ne era il tempo prefisso, in Parrocchia per la benedizione del Santissimo Sacramento, prima della quale fu eseguito dagli allievi di Torino il mottetto Regina coeli ed il Tantum- Ergo in musica coll' accompagnamento della banda.

Il divoto contegno che i bravi giovanetti di Torino tennero sì nell' entrare ed uscire, come nel breve tempo che si fermarono in quella chiesa monumentale , attirò loro gli encomii di quel zelante Prevosto D. Ciochetti.

Intanto era venuta l'ora della partenza. Raccoltisi nuovamente nell'ampio cortile del Collegio, si distribuì un' abbondante merenda e si disposero a partire. I giovani di S. Benigno preceduti dalla loro banda musicale e con tutti i loro superiori vollero accompagnare quei di Torino fino a Volpiano. La popolazione del paese era accorsa presso il Collegio, donde uscirono gongolanti di gioia i nostri Torinesi. A Volpiano la moltitudine accorsa non era minore del mattino. Si ripeterono i saluti e gli evviva, ed al suono giulivo delle bande il tramway prendeva le mosse e riconduceva a Torino quei cari figli del popolo.

Arrivavano a Piazza Milano prima di notte e ritornarono lieti alle loro case per rallegrare di mille notizie le loro famiglie.

La memoria di quel giorno durerà lunga e salutare in quei teneri cuori. Oh ! il venerando Don Bosco seppe ben egli trovar il modo di attirare al bene la gioventù nei tristi tempi in cui viviamo, per dare alla società dei buoni cittadini ed alla Chiesa dei figli devoti !

(Estratto dal Corriere Nazionale di Torino).

BIBLIOGRAFIA

Cardinale GAETANO ALIMONDA

FIORI E STELLE

(RACCONTI)

Un bel vol. di pag. circa 500, Prezzo £. 3,00.

In tanta colluvie di romanzi, che invadono case e scuole, i più dei quali sotto colore di arrecar diletto e diffondere l' istruzione insinuano il veleno della irreligione e del mal costume, è pur consolante trovarne di quelli che mentre allietano lo spirito porgono all'anima un vital nutrimento. Tra i cosiffatti ci è caro segnalare i Racconti dell'Eminentissimo Cardinale Alimonda, pubblicati or ora dalla Tipografia Salesiana col titolo Fiori e Stelle.. Il titolo stesso è una rivelazione; nè certo era d'uopo che l' Emin.m° Autore, quasi peritoso per la sua trovata, lo andasse giustificando nella dotta insieme e poetica introduzione, poichè dei fiori veramente (che formano l' argomento del 1° volume) ci si respira tutta la freschezza e la delicata fragranza. La vita dei fiori egli contempla nelle varie vicende dell' età giovanile. E con quanta ingenuità di affetto, con che brio, con qual profondo sentire ci dipinge i primi trasporti di amore a Dio, la pietà figliale, la sventura dell' orfanello, la Provvidenza nei fanciulli, l'eroismo della fede, l' amicizia cristiana, i pericoli, le insidie, le cadute, il ravvedimento, le conseguenze della prima educazione! E in mezzo a tanto fervore, di gioventù ecco apparire le grandi figure di Fìlippo Neri, del Savonarola, di Vittorino da Feltre, e il Padre Ludovico da Casoria e Don Bosco; il tutto poi ridotto ad unità di concetto e quasi a forma drammatica da un personaggio strano e bizzarro che l'Autore v' introduce, come la parte comica in un dramma; e che, mentre la fa da avversario circa le dottrine inculcate, apre il campo a vivissime descrizioni dell'ampia villa di Pianezza e suoi dintorni, a curiose questioni di Botanica, di Geologia, di Costumi, di Storia, non che a dispute interessanti intorno alla Pedagogia. Ci pare insomma di trovarci come dinanzi ad una grandiosa lanterna magica, tanta è la moltitudine e varietà dei colori delle persone e delle cose.

Della elocuzione e dello stile sempre eleganti non parlo, chè negli scritti del Card. Alimonda son proprio cosa tutta sua e originalissima. Ma non si può senza meraviglia pensare come alla sua età, fra le molteplici e gravissime cure pel governo della Chiesa Torinese, sappia adornarli ancora di tutto il sorriso e la vivezza giovanile. Noi facciam voti che si affretti la pubblicazione del secondo volume: Le Stelle, e che poi con altri ed altri simili frutti voglia deliziare il cuore e la mente di tanta nostra gioventù, così bassamente tradita da una stampa che si fa maestra di empietà e di libertinaggio; e colla potenza della sua parola aprire gli occhi a tanti genitori ed educatori, i quali non sanno vedere le presenti conseguenze di certe dottrine con cui si attenta alla virtù, alla fede, e perciò alla vera felicità della crescente generazione.

Per l' acquisto rivolgersi in Torino all'Arcivescovado od alla Libreria Salesiana.

Opere di Mons. L. CARLO GAY

Della vita e delle virtù cristiane considerate nello stato religioso. (Traduzione dal francese fatta sulla decima edizione). - Tre volumi in 16° L. 6.

Pochi libri incontrarono presso il pubblico tanta favorevole accoglienza, anzi destarono tanto entusiasmo quanto il presente. In pochi anni se ne spacciarono in Francia ben dieci edizioni.

L' Arcivescovo di Malines leggendo quest' opera scriveva all'Autore: « Ecco quà della vera e solida teologia pratica ed ascetica! è dessa il frutto di vita nato spontaneamente sull' albero che lo porta, cioè sull' albero divino della teologia dogmatica. »

L'Arcivescovo di Tours gli scriveva: « Nei vostri, voltimi avete saputo bellamente riunire una serie di trattati spirituali, di cui ciascuno è, a' miei occhi, un piccolo capolavoro. Per me il vostro libro sarà d'ora innanzi il libro favorito di lettura spirituale. »

Il Vescovo di Mende chiama quest'opera: « il più bel libro di pietà che sia stato scritto in questo secolo.

I Misteri del Santo Rosario. Due grossi volumi    L. 3,50

Opera di. non minor pregio della precedente. Contiene diciotto compitissimi discorsi in cui tutto è ammirabile, copia dli dottrina, unzione, eloquenza, cuore e quant'altro si possa desiderare da un sacro oratore ai tempi nostri.

I primi tre discorsi sono sui temi seguenti: Le divozioni in generale - La divozione del S. Rosario - Dei misteri in generale - Gli altri quindici sono sui quindici misteri del S. Rosario.

Servono mirabilmente per la divozione dei quindici sabati e come panegirici nelle solennità che la Chiesa celebra iu memoria dei principali misteri della vita di Gesù Cristo e di quelli della Beata Vergine.

Il S. Padre Leone XIII in data delli 11 Giugno del 1887 onorava detta opera con una lettera consolantissima all'Autore.

Molti Cardinali, Arcivescovi e Vescovi fecero altrettanto come già avevano fatto nell'occasione in cui era stata pubblicata la prima opera sovraccennata.

Speriamo fra non molto di potere avere la traduzione dal francese di un' altra opera del medesimo Autore, il cui titolo è il seguente:

ISTRUZIONI IN FORMA DI ESERCIZI SPIRITUALI.

Preghiamo vivamente i Sigg. Direttori e i Sigg. Decurioni di tener in questo mese di Giugno la Conferenza prescritta per la Festa di Maria Ausiliatrice ai Sigg. Cooperatori e Sigg. Cooperatrici.

Elenco dei Cooperatori defunti nell'Aprile e Maggio.

1 Arena D. Francesco can. - Caltanisetta.

2 Arucani I). Carlo arcipr. - Mottazi;uia (Piacenza).

3 Arrigoui-Neri Margherita - Barzio (Como).

4 Baronio Marianna - Vogogna (No5 Bai toni D. lacopo - Tassaia (Firwr.

6 }b fini 1). Francesco - Sarzana (Ge scova).

7 hcvrtani Stefano capitano - Spezia (Genova).

8 urti Teresa ved. Colonna - Fivizzaalo (Massa Carrara).

9 Botta D. Costantino - Cavalese (,tu10 Bottini maestra - Travagliato (Brescia o.

11 Boccalini Agnese - Asola (Manioca)-12 Bozzi Giovanna fu Bartolomeo - Villetto (Novara).

13 Brazzalotto D. Francesco can. penit. - Treviso.

14 Briata Domenico - Belforte (Alessandria).

15 Brunetta 1). Antonio vie. foraneo - Prata (Udine).

16 Caumzzini Carlo - Barzio (Como), 17 Campo D. Aureliano can. -Rovigo. 18 Capelletti baronessa Luigia nata Cavaletti - Roma.

19 Capitani cav. Giuseppe prof. organista - Torino.

20 Caputto Raffaele - Napoli.

21 Cassetti 1). Alfonso maestro - Caltauisetta.

22 Castrogiovanni D. Calogero can. - Caltanisetta.

23 Caurino Camilla - Castagnole Piemonte (Torino).

24 C+n-azza D. Sante -S. Giovanni Illarioue (Ylcenza).

25 Cella D. Gioachino arcipr.-Pontemiro (Pin.eenza).

26 Corbulii' i. Inligi -- Ripa (Lucca).

27 De-Dondì Maria nata Nani - Dall'Orologio (Padova

28 Deliuveerllia Vittoria priora delle Maestre Pio - Nalmoutoue (Ronca). 29 De Ilario Maria nata Renlondino - Baldichieri (Alessandria).

30 De Mario D. Felice Antonio parr. - S. Agata (Avellino).

31 Del Rio Mons. Giov. can, vie. gen. - Nuoro (Sassari;.

32 Pennini Angelo - Zocca (Modena). 33 Fabrici. D. Daniele parr. - Gruaro ( Venezia).

34 Folisati D. Gedeone can. - Adria (Rovigo).

35 Ferroro Catterina ved. - Val di Pesio (Cuneo).

36 Ferrando Merello Paolina - Genova. 37 Ferrauto p~ dri Francesco dei predicatori Domenicani - Chieri (Torino).

38 Fossati D. Antonio rettore - Belforte (Alessandria).

39 Forte Francesco fu Agostino - Lingueglietta (Porto Maurizio).

40 Gabutti D. Carlo dirett. spirituale Seminario - Biella.

41 Gaiani D. Achille oircipr. - Fontalleto di Agogna (Novara).

42 Garbarini Isabella - Via Colombo palazzo Croce - Savona.

43 Gattoni Antonia - Soazze C. Grigioni (Svizzera).

44 Gonna Giacomo - Bagnolo Piemonte (Cuneo).

45 Giacopelli D. Domenico - Corriaua (leggio Emilia).

46 Giannini Rosa - Empoli (Firenze). 47 Graziani. Ettore - Moncestino (Alessandria).

48 Grossotti (tosa ved. Listello - Torino.

49 Lallini D. Angiolo can. - Arezzo. 50 Laurenza D. Gaetano - Barletta (Bari).

51 Locaenina D. Giuseppe - Caltanisetta.

52 Loschirico Mons. frate Gesuaido vescovo   Acerenza (Potcn-a).

53 Luciani 1). Eusebio can. - Valmontone (Rooia,1.

54 Mainetti D. Santo parr. - Zurlengo (ldiscia).

55 iaucosn Raffaella - Terralba (Ca56 M.rrazzaui D. Giovanni parroco - I)emo (Brescia).

57 _Marini Carolina - Pietra Santa r Lucca).

58 Masi Adele - Rimini (Forlì).

59 Moneta Vittoria - Barzio (Conio).

60 Morandi Gioachino - S. Biagio di Collalta (Treviso).

61 Mozzoni D. Francesco canon. - Ra\\'enlla.

62 Morganti Carolina - Lesino (Milano).

63 Oddenino can. Andrea cur. - Chieri (Torino).

64 Ouniboni D. Carlo curato - Marina d'Avcnza (Mass(e Carrara).

65 Ortalda D. Antonio - S. Sebastiano da Po - Torino.

66 Padre Costantino da ValeamonicaRezzato (Brescia).

67 Papa contessa lblarietta nata S. Giorgio - Revello .(Cuneo).

68 Parisi 1). Giuseppe - Maierato (Ca. trenzaro).

69 Picchioni D. Antonio curato - Cesaprobbe (Ageeilz).

70 Prosdocimi D. Francesco can. - Adria (Rovigo).

71 Provandi D. Domenico arciprete - Gragnano (Massa Carrara).

72 Salerno D. Mario Cianto - Mineo (Catania).

73 Sclmoiraghi D. Angelo parroco - Venenono Super. (Milano).

74 Salvi Ì). Venanzio -. Serra Petrona (Macerata).

75 Solari Maria ved. Cereti. - 5. Francesco d'Albano (Genova).

77 Spina Alfonso avv. - Valguarnera (((altreeeisettao.

78 Suor _Maria Apollonia - Chiavaci (Genova).

79 Tacchis Antonio - Poirino (Torino).

80 Toccafoudi D. Papia rettore - Vigesino (Firenze).

81 Tognetti D. Giovanni curato a San Lorenzo - Firenze.

82 Toruiamenti Gaetano fu Rocco - Varese (Como).

83 Tosi Torreano - Martignano (Udineo.

84 Urbani D. Filippo - Fermo (Ascoli Piceno).

85 Vercelli Carlo - Calnso (Torino),

86 Vistoli. D. G. Mansionario - Sdenta (Rovigo).

87 Za nè D. Paolo parr. - Vallio (Brescia).

88 Zoppi D. Giacomo arciprete - Bonassola (Genova).