11-Dicembre-2024

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Rivista fondata da
S. Giovanni Bosco
nel 1877
Benvenuto tra noi
DICEMBRE
2024

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I FIORETTI DI DON BOSCO
B.F.
I SEGNALIBRI
di don Bosco
I l 3 novembre 1846, un gran
pianto fecero i nipotini di
Margherita Bosco quando la
videro sulla soglia della loro casetta
in procinto di partire. Mamma
Margherita li consolò e poi coraggio-
samente si mise in cammino con don
Bosco per la strada di Torino.
Portava un canestro di biancheria
con dentro gli oggetti indispensabili.
Don Bosco aveva con sé alcuni
quaderni, un messale ed il breviario.
Proprio nel suo breviario teneva un
programma di condotta per averlo
sempre sott’occhi e consisteva in un
certo numero di segnalibri di carta,
su ciascuno dei quali aveva scritta
una sentenza tratta o dalla Sacra
Scrittura o dai santi Padri.
Ecco quelli tratti dalla Bibbia.
1. Tutti i fiumi vanno nel mare,
ma il mare non è mai pieno.
Da Qoelet 1: grandezza e
sapienza del Creato.
2. Il Signore è buono, è un rifugio
sicuro nel giorno della sventura.
Da Naum 1: fiducia in Dio.
3. Sta lontano dalla tentazione e
non avvicinarti alla porta della
sua casa. Da Proverbi 5: fuga di
ogni occasione pericolosa.
4. Scegliete la mia istruzione
invece dell’argento, preferite
la conoscenza all’oro fino.
Da Proverbi 8: distacco dai beni
della terra.
5. Mi sono convinto che la cosa
migliore per l’uomo è star lieto
e fare il bene in questa vita.
Da Qoelet 3: la gioia nasce dalla
pace del cuore.
6. Onora il Signore con le tue
offerte e le primizie dei tuoi
raccolti, così i tuoi granai
saranno colmi e le tue botti
piene di vino. Da Proverbi 3:
Dio non si lascia vincere in
generosità.
7. Sii pronto ad ascoltare e calmo
nel rispondere. Se sai come
stanno le cose, rispondi; se no,
tieni la bocca chiusa. Nel parlare
ci può essere gloria e disonore.
Da Siracide 5: rifletti prima di
parlare.
8. Perché, tutti noi, dovremo
presentarci davanti al tribunale
di Cristo per essere giudicati da
lui. Allora ciascuno riceverà quel
che gli è dovuto, secondo il bene
o il male che avrà fatto nella
sua vita. Da Corinzi 5: avere il
pensiero continuo dell’eternità.
9. Figliuolo, non rifiutare al povero
il necessario per la vita, e non
essere insensibile allo sguardo
dei bisognosi. Da Siracide 4:
essere sempre generosi con i
poveri.
10. Non vantarti del disonore di tuo
padre, il discredito di tuo padre
non può farti onore. Da Siracide
3: difendiamo sempre l’onore dei
superiori come fosse nostro.
11. Non irritati con il tuo prossimo
per un torto qualsiasi e non fare
nulla in preda all’ira. Da Siracide
10: essere miti, indulgenti e
amare tutti per condurre tutti al
Signore.
Rimasero sempre nel suo breviario e
li usò per ben quarant’anni. Dopo la
sua morte furono ritrovati sul tavoli-
no della sua camera, un po’ sgualciti
dentro al santo libro.
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DICEMBRE 2024

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Rivista fondata da
S. Giovanni Bosco
nel 1877
DICEMBRE 2024
ANNO CXLVIII
NUMERO 11
Mensile di informazione e cultura
religiosa edito dalla Congregazione
Salesiana di San Giovanni Bosco
Benvenuto tra noi
DICEMBRE
2024
La copertina: La nascita di Gesù illumina questo mese
(Foto Anneka/Shutterstock).
2 I FIORETTI DI DON BOSCO
4 IL MESSAGGIO DEL VICARIO
6 IN PRIMA LINEA
Nigeria
10 TEMPO DELLO SPIRITO
12 LE CASE DI DON BOSCO
Verona
16 MISSIONARI
Don John Lee Tae Seok
20 FMA
Siria
22 DON BOSCO NEL MONDO
Tijuana
26 GRANDI AMICI
Don Heriberto Herrera
28 EVENTI
L’Istituto di Catechetica
32 LA NOSTRA BASILICA
La cappella di san Domenico Savio
34 COME DON BOSCO
36 LA LINEA D’OMBRA
38 LA STORIA SCONOSCIUTA DI DON BOSCO
40 I NOSTRI SANTI
41 IL LORO RICORDO È BENEDIZIONE
42 IL CRUCIPUZZLE
43 LA BUONANOTTE
6
16
26
Il BOLLETTINO SALESIANO
si stampa nel mondo in 64
edizioni, 31 lingue diverse
e raggiunge 132 Nazioni.
Direttore Responsabile:
Bruno Ferrero
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Il Bollettino Salesiano
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numero: Agenzia Ans, Pierluigi Cameroni,
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Lo Monaco, Natale Maffioli, Stefano
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IL MESSAGGIO DEL VICARIO
Don Stefano Martoglio
UN CUORE GRANDE
come i lidi del mare
Un tempo nuovo ci è donato:
dal Cuore di Dio al cuore
dell’umanità, nello specchio
del gran cuore di don Bosco.
Cari amici e lettori, in questo numero di
dicembre mi rivolgo a voi con i migliori
auguri di un anno nuovo! Di un tempo
nuovo che ci è donato da vivere con in-
tensità e con “novità di vita” e faccio mio, come au-
gurio propizio ed opportuno, il dono che il Santo
Padre ci ha fatto nei giorni scorsi: lettera Enciclica
Dilexit Nos sull’amore umano e divino del Cuore di
Gesù Cristo.
Noi salesiani siamo abituati a cantare: «Dio ti ha
dato un cuore grande / come la sabbia del mare. /
Dio ti ha donato il suo spirito: / ha liberato il tuo
amore».
Papa Pio XI, che ben lo conosceva, disse che don
Bosco aveva una “bellissima particolarità”: era “un
grande amatore di anime” e le vedeva «nel pensiero,
nel cuore, nel sangue di Nostro Signore Gesù Cri-
sto». Del resto nello stemma della nostra Congre-
gazione c’è un cuore ardente.
Papa Francesco si introduce così al n. 2 della Dile-
xit Nos: “per esprimere l’amore di Gesù si usa spes-
so il simbolo del cuore. Alcuni si domandano se
esso abbia un significato tuttora valido. Ma quan-
do siamo tentati di navigare in superficie, di vivere
di corsa senza sapere alla fine perché, di diventare
consumisti insaziabili e schiavi degli ingranaggi di
un mercato a cui non interessa il senso della nostra
esistenza, abbiamo bisogno di recuperare l’impor-
tanza del cuore”.
Come è forte questa indicazione del nostro Papa
per indicarci un modo nuovo di vivere, in un tempo
nuovo che ci è donato, l’anno che verrà.
Al n. 21, papa Francesco scrive: “il nucleo di ogni
essere umano, il suo centro più intimo, non è il
nucleo dell’anima ma dell’intera persona nella sua
identità unica, che è di anima e corpo. Tutto è uni-
ficato nel cuore, che può essere la sede dell’amore
con tutte le sue componenti spirituali, psichiche e
anche fisiche. In definitiva, se in esso regna l’amo-
re, la persona raggiunge la propria identità in modo
pieno e luminoso, perché ogni essere umano è stato
creato anzitutto per l’amore, è fatto nelle sue fibre
più profonde per amare ed essere amato”.
Ed aggiunge al numero 27 della stessa Lettera En-
ciclica: “davanti al Cuore di Gesù vivo e presente,
la nostra mente, illuminata dallo Spirito, compren-
de le parole di Gesù. Così la nostra volontà si mette
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in moto per praticarle. Ma ciò potrebbe rimanere
una forma di moralismo autosufficiente. Sentire e
gustare il Signore e onorarlo è cosa del cuore. Solo
il cuore è capace di mettere le altre facoltà e pas-
sioni e tutta la nostra persona in atteggiamento di
riverenza e di obbedienza amorosa al Signore”.
Non mi dilungo oltre, sperando di avervi stuzzi-
cato a leggere questa splendida Lettera Enciclica
che non è solo un dono grande per vivere in modo
nuovo il tempo che ci è donato, e già sarebbe suffi-
ciente; è anche un’indicazione profondamente “sa-
lesiana”.
Quanto don Bosco ha scritto e lavorato nella dif-
fusione proprio della devozione al Sacro Cuore di
Gesù, come amore divino che accompagna la no-
stra realtà umana.
Una magnifica spinta
Nelle Memorie Biografiche al volume VIII, 243-
244, troviamo così scritto, riferito a don Bosco: “la
devozione al S. Cuore, che nel suo animato aveva
ardentissima, animava tutte le sue opere, dava ef-
ficacia ai suoi discorsi familiari, alle sue prediche,
e all’esercizio del suo ministero, sicché ne restava-
mo tutti incantati e persuasi (dice la testimonianza
di don Bonetti). Parve altresì che il Sacro Cuore
coope­rasse anche con soprannaturali aiuti al com-
pimento della sua ardua missione”.
Questa testimonianza della devozione di don Bo-
sco al Sacro Cuore si identifica “plasticamente”
con la Basilica omonima costruita da don Bosco a
Roma su richiesta del Papa del tempo.
L’edificio materiale rimanda e richiama tutti noi
alla “monumentale” devozione di don Bosco al Sa-
cro Cuore. Come per la Madonna così per il Sacro
Cuore, la devozione di don Bosco si manifesta nelle
chiese che ha costruito. Perché la devozione al Sa-
cro Cuore è l’Eucarestia, il culto Eucaristico.
Il cuore di don Bosco in costante amore con l’Eu-
carestia è una magnifica spinta personale per ren-
dere vivo e vero questo nel nuovo anno. Un vero
e profondo augurio di buon anno nuovo vissuto
in pienezza. Così prosegue il canto: «Hai formato
uomini / dal cuore sano e forte: / li hai manda-
ti per il mondo ad annunciare / il Vangelo della
gioia».
Mi piace concludere questo breve messaggio, au-
gurando a tutti di cuore un buon anno nuovo, con
l’immagine che papa Francesco riporta nelle prime
pagine dell’enciclica, rifacendosi
agli insegnamenti di sua nonna
sul significato del nome dei dolci
di carnevale, le “busie”… perché
nella cottura l’impasto si gonfia
e rimane vuoto… quindi ha una
esteriorità a cui corrisponde un
vuoto dentro; sembrano da fuori
ma non sono, son “busie”.
Che l’anno nuovo sia per tutti noi
pieno e ricco di sostanza, concre-
tizzando nell’accoglienza di Dio
che viene in mezzo a noi.
La Sua venuta porti pace e verità,
ciò che si vede da fuori corrispon-
da a ciò che c’è dentro!
Auguri di cuore a tutti voi!
La pala
dell’altare del
Sacro Cuore
nella Basilica
di Maria
Ausiliatrice.
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IN PRIMA LINEA
Antonio Labanca di Missioni Don Bosco - Foto di Ester Negro
NIGERIA
Terra di promesse
e di passione per
il carisma salesiano
Visita della
delegazione
di Missioni
Don Bosco.
«F inalmente, dopo un lungo viaggio
(siamo partiti alle otto del mattino
e siamo arrivati quasi a mezzanot-
te), siamo arrivati a Lagos, la capitale
della Nigeria, dove ci aspettavano i salesiani e alcu-
ni laici, come sempre con un’accoglienza calorosa,
non per i doni ma per il calore umano che si avver-
tiva nell’abbraccio e nelle parole: “We hope you feel
at home”. Queste parole ci accompagneranno per
tutta la nostra permanenza lì». Racconta don Da-
niel Antúnez, presidente di Missioni don Bosco.
«Nel tardo pomeriggio, appena arrivati alla casa sa-
lesiana, ci aspettava un piatto di cibo, qualcosa da
bere e dopo una lunga giornata di viaggio siamo
andati a riposare, con l’illusione di vedere il
luogo in cui vivevamo alla luce del sole
l’indomani, visto che non avevo potu-
to apprezzarlo a causa del buio. La
luce che entrava dalla finestra e il
suono degli uccelli mi svegliarono
prima che fosse ora di alzarmi. Anche se non avevo
dormito molto, l’ansia di vedere i confratelli, di salu-
tarli mi riempiva di trepidazione, appena ho potuto
sono uscito dalla mia stanza e sono andato nella cap-
pella della comunità, lì ho salutato tutti uno per uno,
ma soprattutto ho voluto incontrare Jorge (l’ispet-
tore): siamo entrambi argentini e confratelli della
stessa Ispettoria, ci conosciamo da quando eravamo
molto giovani, quando eravamo studenti e abbiamo
iniziato i nostri primi passi nella congregazione.
Sono passati quasi trent’anni da quando lui è partito
per andare in Africa come missionario. Oggi la vita
ci fa incontrare di nuovo per condividere in qualche
modo il carisma in terra di missio-
ne, è stata una grande gioia
incontrarlo di nuovo. Ab-
biamo celebrato l’Euca-
ristia che è stato il modo
migliore per iniziare la
visita, mettendo tutto
nelle mani di Dio e
dell’Ausiliatrice».
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Nel cortile, un ragazzino più coraggioso degli altri,
Abubakar, si avvicina a don Daniel Antúnez e gli
afferra il crocefisso che porta al petto.
Il presidente di Missioni Don Bosco è in visita alle
missioni in Nigeria, insieme con tre collaboratori
della onlus di Valdocco. Padre Jorge Crisafulli ha
organizzato l’incontro con i ragazzi di strada accol-
ti nella struttura in fase di ampliamento a Lagos,
la capitale da 23 milioni di abitanti dove almeno
centomila minori vivono senza famiglia, in gruppi
di auto-protezione tra i mercati, le periferie, adulti
violenti o semplicemente indifferenti.
La tragedia dei minori
La crescita demografica di questa Repubblica Fe-
derale (comprende 36 Stati) è balzata all’attenzione
di tutti gli osservatori in quanto ha raggiunto il più
alto tasso a livello mondiale: ora è il sesto Paese più
popoloso del pianeta, il primo dell’Africa. Ma da
qui al 2050 è destinato a essere il terzo Paese dopo
India e Cina, con oltre 400 milioni di abitanti. Non
solo: mentre negli altri due si avverte già un ab-
bassamento, il tasso di natalità nel Paese africano
rimarrà alto ben oltre quella scadenza.
Questo dato si traduce nell’aumento esponenziale
del numero di minori, rispetto ai quali le risposte
della politica e della società si mostrano insuffi-
cienti. Già adesso la condizione di vita è precaria,
fra mancanza di cibo, di istruzione, di sanità… fra
il dilagare delle tossicodipendenze e della chimera
del benessere facile per tutti.
Missioni Don Bosco partecipa con l’intera congre-
gazione salesiana allo sforzo di affrontare questa
emergenza, attraverso progetti che guardano al
futuro delle nuove generazioni: si stima che un ra-
gazzo su 10 si trovi per ragioni diverse a vivere per
strada in seguito all’abbandono da parte della fa-
miglia per cause diverse. E le bambine sono esposte
alle sofferenze peggiori.
Durante la sua visita, l’équipe di Valdocco fa tappa
in diverse iniziative chiave in cui si articola l’im-
pegno dei benefattori. Tra queste, spiccano i pro-
getti “Bosco Boys”, che operano a Lagos e Ibadan,
che offrono riparo e supporto a bambini e ragazzi
vulnerabili. La visita riguarda anche il progetto
“Stitches”, programma di formazione professionale
per dotare le giovanissime di competenze sartoriali,
e la scuola tecnica di Ijebu Ode, dove gli studenti
vengono preparati a vari mestieri per migliorare la
loro occupabilità e indipendenza economica.
Secondo l’Unicef, in Nigeria circa il 64% delle fa-
miglie si considera povero e il 32% dichiara che la
propria situazione economica è peggiorata nell’arco
di un anno. La povertà si traduce immediatamen-
te nell’abbandono reale di centinaia di migliaia di
bambini e bambine. Questi vivono per la strada e si
aggregano in dieci-dodici per sopravvivere in quel-
le condizioni; stabiliscono il loro punto di ritrovo
dove è più facile essere ingaggiati per lavoretti,
come la consegna di pacchi, il lavaggio dei para-
brezza delle automobili, la vendita di noccioline o
bustine sigillate di acqua, solo per avere qualche
spicciolo da spendere o per garantirsi il sedile di un
pullman sul quale dormire una notte.
L’intera comunità dei salesiani della Nigeria è mo-
bilitata per prevenire (per quanto possibile) e sicu-
ramente per correggere (nel raggio della loro pre-
senza) queste situazioni. A galvanizzare l’impegno
è arrivato da qualche anno padre Jorge Crisafulli,
salesiano argentino missionario in Africa, che già
in Sierra Leone aveva impresso una svolta all’in-
Don Daniel
Antúnez,
presidente
di Missioni
Don Bosco,
con i suoi
giovani amici
nigeriani.
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IN PRIMA LINEA
Missioni Don
Bosco partecipa
con l’intera
congregazione
salesiana
allo sforzo
di affrontare
l’emergenza
“minori”,
attraverso
progetti che
guardano
al futuro
delle nuove
generazioni:
si stima che
un ragazzo su
10 si trovi per
ragioni diverse
a vivere per
strada in seguito
all’abbandono
da parte della
famiglia per
cause diverse.
E le bambine
sono esposte
alle sofferenze
peggiori.
tervento salesiano. Anzitutto, prendendo a cuore la
situazione delle ragazze e creando anche per loro
l’offerta di uno spazio protetto dove liberarsi dal
condizionamento della strada e aver modo di cre-
scere nella maggiore normalità possibile. I salesiani
hanno già comprato un’abitazione privata che di-
venterà una casa-famiglia per le ragazze.
Il progetto è realizzato con un ampio gruppo di
professionisti: educatori, infermieri, assistenti so-
ciali retribuiti con i fondi dai progetti di Missio-
ni Don Bosco e di altri enti benefici. Soprattutto
ha come obiettivo il ritorno degli ospiti nelle loro
famiglie di origine. Vengono ricercati i genitori, si
avvia una relazione con loro, si pianificano il rien-
tro e i mezzi di sostentamento. Non è facile, poiché
la situazione è complicata, talvolta dal decesso di
uno dei genitori e dalla presenza di un nuovo com-
pagno o compagna, nel maggior numero dei casi
dall’incancrenirsi della condizione di povertà.
Una giornata “oratoriana”
«Oggi, sabato, ci aspetta una bella giornata. Avre-
mo il primo incontro con un gruppo di giovani del-
la casa di accoglienza e con i salesiani che li accom-
pagnano. Questi ragazzi hanno una particolarità:
sono, come si dice, ragazzi di strada. L’originalità
di questo incontro è che ci riuniremo su una spiag-
gia per condividere, giocare, mangiare, pregare,
cantare e, perché no, ballare.
Mentre eravamo in viaggio ho capito che non dove-
vo agitarmi né per il traffico, né per il tempo, non lo
fanno loro, basta imitarli, quando si arriva, si arriva.
La nostra giornata è stata ricreativa, tra canti, gio-
chi e un po’ di mare. Il pranzo sotto le palme, riso
e pollo erano deliziosi, alcuni di noi hanno fatto
il bis, poi sono seguiti altri momenti di musica e
giochi. Posso dire che abbiamo trascorso una bel-
la giornata oratoriana. Questo primo contatto mi
ha aiutato a conoscerli e ad avvicinarmi a loro in
modo amichevole, creando un legame di fiducia.
La prima impressione che ho avuto è stata bellissi-
ma, erano molto affettuosi e divertenti, siamo stati
benissimo insieme. Mi hanno fatto sentire a casa.
Questi incontri mi aiutano a conoscere la realtà, a
entrare in sintonia con il loro mondo, a vederli con
gli occhi del cuore e non solo con i sensi. Questi ra-
gazzi vengono dalla strada, sono ragazzi con storie
molto difficili. È qui che inizio a vedere il lavoro
che fanno i Salesiani. Quando stavamo venendo
qui, Jorge mi aveva detto che ci sono circa 100 000
bambini di strada come loro, che vagano da una
parte all’altra della città, sperando che l’aiuto sia
sincero e onesto, cosa che come possiamo immagi-
nare non sempre avviene. In questo caso don Bosco
è l’ancora di salvezza per molti di loro, è la casa, il
rifugio, il piatto di cibo, l’affetto che a loro manca,
che non hanno. Ancora una volta posso dire che il
carisma è ancora vivo, soprattutto in questi conte-
sti di tanta vulnerabilità, di tanto bisogno e dove
l’impossibile può cominciare a essere possibile,
dove i sogni possono diventare realtà. Ancora una
volta ringrazio Dio per avermi portato qui, per aver
potuto condividere la vita e la missione con i miei
fratelli salesiani».
A Lagos è attivo dal 2018 il Centro di Protezione
dell’Infanzia (CPC) “Bosco Home”: attualmente
è in grado di dare accoglienza a circa 50 bambini
vulnerabili con un approccio capace di offrire loro
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non aspettano niente. Iniziamo a rispondere con le
risorse che abbiamo e le opere verranno da sé». L’o-
rientamento deve essere quello di chi si propone di
portare a dignità la vita degli emarginati, dei rifiu-
tati, degli scartati: insieme a loro si darà corpo alle
soluzioni più stabili e durature.
un ambiente sereno e familiare. Per loro i missiona-
ri hanno delineato uno specifico programma di ria-
bilitazione che comprende accoglienza, pasti, istru-
zione, cure mediche, abbigliamento, consulenze e
sedute di psicoterapia, acquisizione di competenze
professionali, contatti con la famiglia e reinseri-
mento sociale. Presto si confida di poter aprire una
casa anche per 30-40 ragazze vulnerabili: sono già
iniziati i lavori di adattamento di una proprietà che
si trova proprio di fronte al rifugio dei ragazzi, che
consiste di due piccoli edifici e – importante – ha
un proprio pozzo per il consumo di acqua.
Don Antúnez e l’intera delegazione di Missioni
Don Bosco sono profondamente colpiti dall’im-
patto che i progetti hanno sulle comunità locali,
notando sia la dedizione e l’impegno dello staff sia
la volontà di cooperazione dei beneficiari. L’incon-
tro serve non solo a verificare lo stato dei progetti,
ma anche come opportunità per un dialogo e una
riflessione: la delegazione interagisce con i missio-
nari per comprendere meglio le sfide e le esigenze
sul campo e per trasmettere le migliori pratiche
maturate in progetti analoghi. «I salesiani devono
rimanere in contatto anche fisico con la gente – ha
sottolineato don Crisafulli – è importante sentire
l’odore della povertà».
La lezione che l’esperienza nigeriana ripropone è
quella che «dobbiamo essere salesiani che pensano
alla necessità dei più deboli» sottolinea don Antúnez:
«non dobbiamo essere preoccupati di come mettere
in piedi una struttura poiché i poveri non hanno e
«Portami con te»
Alla fine, don Antúnez incontra quel ragazzino
attratto dal crocifisso che gli pende dal collo, po-
trebbe volerglielo staccare per un trofeo da esibire
agli amici. Ma quello in realtà è un’ancora alla qua-
le aggrapparsi. Gli chiede: «Daniel, portami con
te». Per lui, quell’uomo è la chance di una fuga dalla
condizione di povertà e solitudine. «Ha visto in me
una possibilità di salvezza, il potere di farlo uscire
dalla strada subito e per sempre. È il grido che ho
sentito, di lui e di tutti gli altri minori abbandonati:
toglimi di qui».
«Non posso portarti con me, non vivo da solo» è
la risposta inevitabile che il presidente di Missio-
ni Don Bosco gli ha dovuto dare. Ma i
missionari sono lì, con quel ragazzo,
proprio per dargli l’àncora a cui
aggrapparsi per non andare a
fondo nella tempesta che è la
sua vita oggi. L’amorevolezza
che esprime verso Abubakar
padre Crisafulli insieme con
tutti i confratelli nigeriani (c’è
un bel fiorire di vocazioni!) è la
vera chiave di volta. «In tutti
abbiamo trovato vivo il carisma
di don Bosco» commenta don
Antúnez, mentre porta con sé
la domanda cruciale: “Per-
ché io ho tutto se non ne ho
merito?”. Ma sente anche
la necessità di dire grazie a
Dio, che spinge i missionari
a donarsi per la vita dei più
piccoli.
A poco meno di
150 chilometri
da Lagos, la
delegazione di
Missioni Don
Bosco incontra
le giovani
che seguono
i laboratori
di sartoria;
l’accoglienza
dei bambini di
strada avviene
nell’ambiente
di una fattoria.
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TEMPO DELLO SPIRITO
Carmen Laval
DIABOLICA-MENTE
Hanno chiesto all’Intelligenza artificiale: «Se tu fossi Satana,
come faresti perdere la fede alle persone?».
La risposta è sorprendente e istruttiva.
Oggi, diventata famosa in breve tempo
come la migliore intelligenza artifi-
ciale creata dall’uomo, ChatGPT può
essere utilizzata per gestire le doman-
de comuni e fornire risposte rapide e accurate.
Padre Francisco Javier della diocesi di Getafe, in
Spagna, ha visto che alcune persone avevano chie-
sto a ChatGPT: “Se tu fossi Satana, come faresti
perdere la fede alle persone?” e questa è la risposta
che ChatGPT ha dato: «Se io fossi Satana e avessi
l’obiettivo di far perdere la fede alle persone, molto
probabilmente userei tattiche sottili e strategiche».
La risposta
Ecco i suoi suggerimenti:
1. Promuovere l’Individualismo Estremo:
Promuovere una visione del mondo incentrata
esclusivamente sull’io, in cui le persone si discon-
nettono dalle loro comunità, dai loro cari e dall’i-
dea di qualcosa di più grande di se stessi. L’egoismo
e l’autosufficienza potrebbero portare all’abbandono
della fede, poiché si perderebbe il bisogno di affi-
darsi a qualcosa di superiore.
2. Sofferenza e Disperazione:
Il disagio, le tragedie e le ingiustizie del mondo
sono spesso usati per mettere in discussione l’esi-
stenza di un Dio benevolo. Mettere le persone in
situazioni in cui si trovano di fronte a sofferenze
apparentemente ingiustificate potrebbe portarle a
dubitare della bontà o dell’esistenza del divino.
3. Distrazione e Superficialità:
Mantenere le persone così impegnate con il rumore
della vita moderna, le distrazioni come la tecno-
logia, l’intrattenimento e le preoccupazioni mate-
riali, affinché non possano avere tempo o interesse
nell’esplorare argomenti profondi come la spiritua-
lità o il trascendente.
4. Relativismo Morale:
Promuovere l’idea che non ci siano verità assolute,
che tutto sia relativo e soggettivo, potrebbe erodere
la base morale di molte credenze religiose. Se tutto
è ugualmente valido, allora il senso della fede può
essere diluito, rendendo tutto confuso.
5. Scientismo Estremo:
Esaltare la scienza come l’unica valida fonte di
conoscenza e sminuire ciò che è spirituale o re-
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2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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ligioso a superstizione o arcaismo, eliminando
l’idea del trascendente a favore del puramente
materiale.
6. Ipocrisia all’interno delle Istituzioni
Religiose:
Smascherare o addirittura promuovere la corruzio-
ne, l’immoralità e gli scandali all’interno delle isti-
tuzioni religiose potrebbe far perdere alle persone
la fiducia nella fede. Se i leader o le istituzioni che
rappresentano la fede falliscono, molti potrebbero
abbandonarla del tutto.
7. Divisione e Conflitto:
Incoraggiare l’odio e la divisione, anche tra i creden-
ti, potrebbe portare le persone ad allontanarsi dalla
fede. La religione che si presenta come fonte di pace
è minata dal conflitto interno o dalle guerre in suo
nome.
Padre Francesco si complimentò con ChatGPT,
che però aggiunse: «Beh, sono contento che tu ab-
bia trovato la risposta convincente, anche se la mia
intenzione è molto lontana dall’essere satanica». Ha
risposto con modestia ChatGPT.
Un precedente celebre
C’è un precedente: lo scrittore C.S. Lewis ha pub-
blicato un libro che ha avuto una enorme diffusione
intitolato Le lettere di Berlicche, in cui un vecchio ed
esperto demonio, lo zio Berlicche, vuole insegna-
re al nipote Malacoda come tentare l’essere uma-
no che ha preso di mira. L’autore evidenzia già fin
dall’inizio che «vi sono due errori, uguali e opposti,
nei quali la nostra razza può cadere nei riguardi
dei diavoli. Uno è il non credere alla loro esistenza.
L’altro di credervi e di sentire per essi un interesse
eccessivo e non sano. I diavoli sono contenti d’am-
bedue gli errori e salutano con la stessa gioia il ma-
terialista e il mago».
Il Berlicche di C.S. Lewis suggerisce così al suo
apprendista diavolo tentatore il modo migliore per
rendere inutili le preghiere degli uomini: «Devi
incoraggiarlo a ricordare, o a pensare di ricor-
dare, la natura pappagallesca delle sue preghiere
dell’infanzia».
Malacoda sarà di volta in volta spronato dallo
zio a tentare il paziente con il desiderio di vivere
nella prospettiva del futuro, slegato dal presente
e dall’eternità, con la dimenticanza della propria
precarietà e della propria miseria. Scrive Berlic-
che: «Gli esseri umani vivono nel tempo, ma il
nostro Nemico (Dio) li destina all’eternità. Perciò,
credo, Egli desidera che essi si occupino princi-
palmente di due cose: della eternità stessa, e di
quel punto del tempo che essi chiamano il presen-
te. Il presente è infatti il punto nel quale il tempo
tocca l’eternità. Del momento presente, e soltanto
di esso, gli esseri umani hanno un’esperienza ana-
loga all’esperienza che il nostro nemico ha della
realtà intera; soltanto in esso viene loro offerta la
libertà e la realtà».
Malgrado i suggerimenti dell’esperto zio, il pa-
ziente di Malacoda diverrà cristiano. Ma Berlic-
che suggerisce che anche allora lo si potrà tentare
utilmente facendogli pensare di avere la grazia per
sempre e che essa non vada, invece, chiesta giorno
per giorno, istante per istante.
DICEMBRE 2024
11

2.2 Page 12

▲torna in alto
LE CASE DI DON BOSCO
Massimo Zagato
VERONA Don Bosco
Un’opera straordinaria,
vitale e ricca di iniziative.
Una punta di diamante
dell’educazione salesiana
oggi.
L’ingresso
elegante e
solenne del
Don Bosco di
Verona.
La nostra storia
I Salesiani sono arrivati a Verona nel 1891, invitati
dal cardinale Canossa, per dedicarsi al “Patronato
dei ragazzi”. Due anni dopo viene aperto l’Istitu-
to Don Bosco comprendente il convitto e la scuola
elementare superiore, successivamente si darà vita
al ginnasio e le scuole-laboratorio per la formazione
degli artigiani.
Nel 1939 gli indirizzi dell’Istituto Don Bosco (av-
viamento, media, ginnasio) vengono legalmente ri-
conosciuti e la scuola inizia a crescere con una pre-
senza prevalentemente di ragazzi provenienti dalla
provincia, per lo più interni e di livello sociocultu-
rale modesto. Ad oggi hanno frequentato la nostra
scuola circa 21 000 alunni.
Gli anni dell’avviamento sono stati fondamenta-
li per la formazione degli artigiani, molti di loro
hanno dato vita alle aziende tra le più rinomate del
territorio, ancor oggi in attività.
Negli anni ’60 viene chiusa la scuola di avviamen-
to e prende forma la scuola media, contempora-
neamente si avvia l’itc. A metà anni ’70 chiuso
l’internato si assiste ad un radicale cambiamento
della funzione e dell’utenza della scuola media.
Sono questi gli anni in cui, grazie al Capitolo Spe-
ciale della Congregazione si rivaluta l’importanza
della scuola, ribadendone la funzione educativa ed
evangelizzatrice ed indicando le linee di rinnova-
mento pedagogico, didattico e religioso.
Con il trascorrere degli anni, aumenta il personale
laico e vengono progettate iniziative formative in
modo da offrire loro una qualificata competen-
za professionale e pedagogica. Ai Salesiani spetta
prevalentemente il ruolo di animatori, oltre che di
docenti. Le sfide del tempo portano alla riorga-
nizzazione degli spazi e dei tempi: lo studio po-
meridiano, le ricreazioni animate, le attività com-
plementari, l’orientamento ed un maggior spazio ai
genitori in vista della compartecipazione educativa.
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DICEMBRE 2024

2.3 Page 13

▲torna in alto
Negli anni ’80 si sviluppa il centro pedagogico, sot-
to la guida di don Borello. Specializzati nella for-
mazione dei docenti e l’aggiornamento pedagogico,
il centro diventa un patrimonio a cui attingono
molte scuole della città e della provincia.
A partire dal Duemila, nella logica della riforma
scolastica si apre una sezione della Primaria, men-
tre per la scuola secondaria di secondo grado si
confermano gli indirizzi del Liceo Classico e del
Liceo Scientifico, nello stesso tempo si amplia l’of-
ferta formativa con l’apertura del Liceo Scientifico
delle Scienze applicate e rinnovato l’Istituto Tec-
nico economico-amministrazione con una nuova
specializzazione in finanza e marketing. L’evolu-
zione del don Bosco continua: vengono inaugurate
le nuove palestre, i laboratori scientifici ed hanno
inizio nuovi percorsi scolastici per le superiori, l’I-
stituto Tecnico Informatico e il Liceo Linguistico.
A partire dal 2019 tutta l’Opera, nella sua struttu-
ra, viene completamente restaurata, vengono rivisti
e rinnovati tutti gli spazi interni ed esterni.
In questo anno un gruppo di studenti ha vinto
numerose competizioni della “Lego League” fino
ad aggiudicarsi il titolo mondiale a Houston negli
usa. Dopo questa vittoria, nel 2021, nasce il desi-
derio di dare avvio al Lab-Oratorio d’Impresa 5.0,
un centro di formazione e di innovazione rivolto ai
giovani e alle imprese del territorio.
L’anno seguente viene completamente rinnova-
to il Collegio Universitario, ospitante fino ad 80
studenti, sempre nello stesso anno viene restaurata
un’altra zona della casa per dare vita ad uno spazio
per i giovani animatori chiamato “Casa don Bosco”.
Finalmente, nel 2023, sono portati a termine tutti i
lavori di ristrutturazione interna ed esterna dell’O-
pera.
Ad oggi sono presenti la Comunità Salesiana com-
posta da 20 confratelli, un vasto gruppo di docenti,
educatori e personale, 90 in tutto. Ogni giorno ac-
cogliamo quasi 1000 studenti ai quali si aggiun-
gono i convittori e altri 800 studenti universitari
frequentanti i corsi del nostro Campus iusve.
Punti di forza e innovazioni
I punti di forza della nostra opera sono la cura
educativa e il rapporto docente allievo, la collabo-
razione e il dialogo con le famiglie, la ricchezza
di proposte culturali ed educative, il percorso spi-
rituale dei ragazzi ricco di iniziative e cammini: i
vari potenziamenti e le attività culturali, i percorsi
di formazione e cittadinanza, il buongiorno quoti-
diano, i ritiri e le feste, l’animazione, il servizio ai
più piccoli e verso i poveri, il Grest e i campi estivi.
La nostra scuola viaggia sui binari del futuro. Le
innovazioni presenti sono tante: i laboratori di
scienze, chimica, fisica e biologia con attrezzature
all’avanguardia; la scelta della lingua cinese al lin-
guistico e gli scambi linguistici con scuole tedesche
Le sfide del
tempo portano
alla riorganizza­
zione degli
spazi e dei
tempi: lo studio
pomeridiano,
le ricreazioni
animate,
le attività
complementari,
l’orientamento
ed un maggior
spazio ai
genitori in
vista della
comparteci­
pazione
educativa.
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2.4 Page 14

▲torna in alto
LE CASE DI DON BOSCO
Questa è una
casa dove si
sente vivo lo
spirito di don
Bosco, è una
comunità
educativa
impregnata
di sistema
preventivo.
e spagnole; i corsi di madre lingua al linguistico e
di madrelingua inglese allo scientifico; l’informati-
ca presente in tutte le classi del biennio ed in parti-
colare al triennio delle scienze applicate; l’indirizzo
tecnico informatico (tra i primi in città); i numerosi
corsi di robotica e la partecipazione ai concorsi. In-
fine sono numerose le collaborazioni con le aziende
del territorio e l’università di Verona per i percorsi
di orientamento.
Soddisfazioni e successi
Le prime soddisfazioni sono la riconoscenza e l’af-
fetto per don Bosco e la nostra Opera. In città sia-
mo molto conosciuti e stimati. Molti exallievi che
sono già nonni o genitori continuano a proporre il
Don Bosco come scuola da frequentare. Circa il
cammino di maturazione dei ragazzi, molti fanno
tutto il percorso dalla primaria fino alla maturità;
altri si aggiungono nei diversi ordini della scuola.
Tutti sono molto soddisfatti perché si sentono ac-
colti ed accompagnati e trovano un clima culturale
vivace e di qualità.
I nostri docenti si riconoscono nel carisma salesiano
e pertanto si spendono con generosità per il buon
esito del cammino di ogni allievo. Tra i professori
più di qualcuno è exallievo di questa scuola e vive
la sua professione educativa come una missione e
possibilità di “restituzione” del bene ricevuto. Sono
tanti gli exallievi che spesso passano per salutare e
ringraziare del cammino fatto. In questi anni molte
famiglie che si incontrano esprimono sentimenti di
riconoscenza per la qualità della cura educativa e
della proposta culturale e formativa.
Infine sono molti i ragazzi delle superiori che fre-
quentano le diverse iniziative educative proposte e
partecipano ai cammini del gruppo Amici Dome-
nico Savio mettendosi a disposizione dei più piccoli
per l’animazione delle ricreazioni, l’assistenza in
studio e i momenti formativi di gruppo.
Nel cuore della città
La scuola è situata nel cuore del centro storico di
Verona, confinante con Castelvecchio e a pochi
passi dall’Arena. La centralità della nostra casa e
il fatto di essere vicina alla stazione ferroviaria fa sì
che gli studenti provengano sia dalla città sia dalle
diverse zone della provincia.
Il territorio veronese è caratterizzato da una forte
plurisettorialità: un comparto agricolo e viti-vini-
colo molto sviluppato, numerose aziende e fabbri-
che in diversi ambiti, forte è anche la vocazione tu-
ristica del territorio. L’intraprendenza dei veronesi
ha permesso di far fronte con determinazione ai
diversi periodi di crisi che si sono manifestati ne-
gli ultimi anni. Il territorio si caratterizza per ave-
re un tasso di disoccupazione relativamente basso
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DICEMBRE 2024

2.5 Page 15

▲torna in alto
TRE DOMANDE AL DIRETTORE
Qual è la sua più bella soddisfazione?
Questa è una casa dove si sente vivo lo spirito di don Bosco,
è una comunità educativa impregnata di sistema preventi-
vo. Appena arrivato (estate 2023) mi sono sentito subito a
casa, accolto e ben voluto. È estremamente bello vedere la
comunione e la concordia tra i salesiani e i laici, dove ciascu-
no secondo “il proprio” si impegna ad essere segno di don
Bosco per i giovani.
La corresponsabilità e la sinodalità non sono uno slogan ma
sono di casa, sono il modo abituale che tutti desiderano as-
sumere per portare avanti l’opera educativa. Personalmente
la possibilità di stare in classe in mezzo ai giovani e poi in-
contrarli in cortile o nei colloqui mi fa sentire un salesiano
felice. Trovo molto positivo il dialogo e il coinvolgimento dei
genitori, sempre molto attenti e disponibili alle proposte
della scuola.
Sempre di più stiamo cercando di aprire la nostra scuola per
farla diventare una casa, per i ragazzi e le loro famiglie per i
giovani e tutti coloro che lavorano con noi.
Le sfide?
L’educazione a partire dalle fragilità: anche tra i nostri ragaz-
zi, come in tutto il nostro territorio, emergono alcune situa-
zioni di fatica in campo educativo come attacchi di panico,
ansia o altri tipi disturbi. Imparare a conoscerne le cause e
promuovere percorsi efficaci è nostro compito.
L’accompagnamento: una parola preziosa per il nostro cari-
sma. I ragazzi non vanno solo istruiti ma introdotti alla vita,
pertanto è imprescindibile essere attrezzati all’accompagna-
mento in tutte le sue forme e in tutte le dimensioni della
persona. Ci piace pensare che siamo chiamati ad educare
gli uomini della società del futuro, cittadini impegnati per il
bene di tutti, uomini di spessore con un cuore cristiano.
La trasmissione del carisma: fare in modo che lo spirito di
don Bosco e il Sistema Preventivo animi ogni educatore ed
ogni attività proposta sia un’occasione di crescita secondo gli
ingredienti della Spiritualità Salesiana.
I sogni?
Sogno una casa e un’opera viva, aperta, coraggiosa nel pro-
porre, paziente del seguire, stimolante nell’invitare ad una
misura alta della vita. Mi auguro che ciascuno dei ragazzi e
dei giovani, negli anni in cui sta al Don Bosco, possa essere
accompagnato a crescere come uomo e come cristiano.
Desidero che molti si appassionino a don Bosco e che qualcu-
no possa dire: “Desidero essere come lui” nella propria vita
personale e professionale, per fare in modo che le intuizioni
del sistema preventivo si diffondano nella vita familiare, so-
ciale e lavorativa del nostro territorio.
Auspico che tutti coloro che condividono con noi il percorso
educativo possano dire: “Il Don Bosco, la mia scuola, la nostra
casa!”, così come è riportato nel messaggio di benvenuto po-
sto nel giardino al centro del nostro cortile.
e comunque al di sotto della media nazionale, ciò
favorisce la possibilità di sviluppare diversificati
percorsi formativi per un buon orientamento verso
la carriera universitaria e il futuro lavoro.
Nel corso degli anni al Don Bosco si sono formati
molti medici, ingegneri, avvocati, docenti, impren-
ditori, economisti. Grazie alla varietà dei percorsi
e alle collaborazioni con le Università della città e
le aziende del territorio anche oggi i giovani hanno
buone possibilità di inserimento lavorativo e forma-
tivo.
I nostri giovani sono di “pasta buona”. Sono giovani
educati e curiosi, come tutti gli altri sono carichi di
sogni e desideri ma allo stesso tempo si ritrovano
ad essere fragili e non sempre costanti.
Una peculiarità che si nota in loro è la docilità, con
semplicità e disponibilità si lasciano incontrare ed
accompagnare. Sono desiderosi di trovare adulti
credibili che li sappiano accogliere, ascoltare e in-
coraggiare. Sono anche giovani generosi e creativi
che, se spronati, sanno dare il meglio di sé per loro
e per gli altri.
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2.6 Page 16

▲torna in alto
MISSIONARI
Ans
Il sogno di JOHN LEE
“il don Bosco di Tonj”
Don Lee fu un missionario
salesiano come tanti,
eppure al tempo stesso
unico e straordinario: la sua
intensa attività pastorale,
svolta sia come missionario,
sia come medico nella
cittadina di Tonj, toccò
e influenzò in maniera
profonda la vita di molte
persone.
“Don’t Cry for Me, Tonj”, un film
che ha commosso milioni di perso-
ne ha fatto conoscere ai coreani la
magnifica figura di John Lee Tae
Seok, sacerdote salesiano medico e missionario, e
ha messo in moto una macchina della carità senza
precedenti da parte di associazioni di ogni religio-
ne e persone private di ogni età e ogni credo. Un
professore universitario ha affermato: «Don John
Lee è un fenomeno che ha investito il paese con
una “ossessione” positiva: dopo averlo conosciuto la
gente non può più starsene tranquilla e viene presa
come dall’urgenza di fare qualcosa».
Uno dei commenti postati su Internet diceva: «Non
so dire quanto ho pianto. Ce l’ho con Dio perché ha
chiamato a sé così presto un uomo tanto grande».
Per i media, John Lee, prete salesiano e medico,
è l’Albert Schweitzer coreano. Ma don Marcelo
Baek, Direttore della casa Ispettoriale e compagno
di studi di don Tae Seok ha precisato che il para-
gone è lusinghiero, ma l’unicità di don Tae Seok è
da ricercare nella sua vita religiosa e spirituale: «La
migliore definizione per lui deriva dalla scelta di
imitare don Bosco nella sua vita salesiana: è stato il
don Bosco di Tonj».
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DICEMBRE 2024

2.7 Page 17

▲torna in alto
Decisivo fu un sogno
Yohan, Lee Tae Seok (don John Lee) era nato il
19 settembre 1962 a Busan​,​ città meridionale del-
la Corea del Sud. Aveva dieci anni quando morì
il padre. Fu circondato dall’amore della mamma e
dei suoi fratelli: era il nono di dieci figli, 4 maschi
e 6 femmine. Una stupenda famiglia molto unita
nell’affetto e nella fede cattolica.
Il suo fratello maggiore Tae-Young Lee è frate
francescano e sua sorella Cristina è laica consacrata
nel Movimento dei Focolari.
John era un chierichetto modello, partecipava quo-
tidianamente alla Messa e con gli amici era un vero
leader, responsabile, dotato per la musica, sempre
disponibile.
A quindici anni, espresse il desiderio di farsi prete,
ma la mamma lo dissuase. Così intraprese gli studi
di medicina e si laureò a pieni voti. Dopo la laurea
lavorò come chirurgo militare durante il servizio
militare. Fu durante questo periodo che uno dei
cappellani militari gli fece conoscere i salesiani.
È lui stesso che racconta: «È stata direttamente
Maria Ausiliatrice a prendere in mano la situazione.
Mi ero deciso ad incamminarmi nella vita salesiana
con grande gioia, ma avevo l’angoscia di comunicare
la mia decisione alla mia mamma. Siccome mio papà
era mancato quando avevo dieci anni, la mamma
aveva dovuto faticare molto per farmi studiare
medicina. E grazie ai suoi molti sacrifici ero potuto
diventare medico. Avrei dovuto cominciare ad
aiutare la mamma per ricompensarla dei sacrifici che
aveva fatto senza rinfacciarmi mai niente. Per questo
mi era tanto difficile comunicarle la mia decisione.
Per me era quasi impossibile dirglielo.
Avevo tentato tante volte, ma non ci ero mai riusci-
to perché guardandola, mi veniva meno il coraggio.
Tentai pure di dirlo ad una delle mie sorelle con la
quale parlavo di tutto senza problemi e alla quale
confidavo tutto. Ma non ci riuscivo proprio. Così
sono passati mesi senza che riuscissi a dire qualcosa.
Ma venne un giorno bellissimo. Andai da mia so-
rella per un altro tentativo, ma
rimasi a bocca aperta: mia
sorella sapeva già tutto
della mia decisione. Un
sogno nella notte pre-
cedente le aveva spiega-
to tutto. Mi piacerebbe
dirvi il contenuto del
sogno, però non
posso senza il
permesso del Ve-
scovo. Comunque
mia sorella rac-
contò il suo so-
gno alla mamma e
tutte le mie difficoltà si
sciolsero in un attimo.
Non avevo pensato ad un
diretto aiuto di Maria Ausi-
liatrice fino a quando non ho
sentito, per la prima volta, dal
Le illustrazioni
della vita
di John Lee
sono della
grande artista
coreana
Michaela
Kang-Hyun
Joo.
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2.8 Page 18

▲torna in alto
MISSIONARI
ho potuto avere un’immagine di Maria viva e rea-
le, come una madre che mi vuole tanto bene. Così
ho potuto capire la realtà di “Maria aiuto dei cri-
stiani” e imparare l’atteggiamento che dobbiamo
avere quando aiutiamo gli altri: cioè stare attenti
al bisogno degli altri ed essere pronti a dare loro
l’aiuto necessario. D’allora in poi potevo parlare ai
ragazzi con certezza della presenza di Maria Au-
siliatrice».
maestro dei novizi che tutte le vocazioni di tutti i
salesiani sono collegate a Maria Ausiliatrice.
Non avevo chiesto l’aiuto a Maria. Maria si era
accorta della mia difficoltà e mi aveva aiutato in
modo silenzioso e discreto. Questa è stata la prima
esperienza di Maria che ho potuto avere. Per me,
questa esperienza è stata preziosissima perché così
Come don Bosco
Nel 2000 fece la professione perpetua e nel 2001 fu
ordinato prete. John era salesiano d’istinto. Amava
i bambini e sognava di costruire orfanotrofi e ospe-
dali per i più poveri. La sorella più giovane Nam,
racconta che un giorno durante le vacanze, piombò
nella sua boutique e gli chiese: «Sorellina, dammi
un ago e del filo, per favore». Incuriosita, Nam lo
seguì per la strada e vide che stava rammendando
gli abiti di un povero.
Le sue ultime
parole in
ospedale
furono: «Non
sarò in grado
di realizzare
i miei sogni
per Tonj,
ma vi prego
di portarli
avanti».
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DICEMBRE 2024

2.9 Page 19

▲torna in alto
IL SEME DIVENTA FORESTA
Oggi quelle persone, soprattutto i bambini e i giovani con cui don
Lee più interagiva nella quotidianità della sua missione, sono diven-
tati adulti e in molti casi, proprio grazie a quanto ricevuto e testimo-
niato da lui, hanno intrapreso percorsi di crescita felice, di bene, di
altruismo e di successo.
Il nuovo lavoro cinematografico di Goo Soo Hwan riparte infatti dalla
morte di don Lee e da quello che è accaduto successivamente. Gli
studenti che egli accompagnava a Tonj caddero nella disperazione
alla notizia della sua morte, ma poi capirono che dovevano continua-
re a seguire le sue orme.
I suoi allievi hanno raccolto la sua
eredità spirituale, facendo tesoro
del suo lavoro e dei suoi pensieri, e
hanno messo in pratica i suoi inse-
gnamenti con i propri concittadini.
“Ero un ragazzino molto povero...
Ora ho una famiglia” racconta uno
di loro.
Don Lee divenne salesiano nel 1991,
quando era già abilitato come me-
dico. E molti dei suoi exallievi oggi
hanno intrapreso proprio la sua
medesima missione, ripercorrendo i
suoi passi non solo nella professione,
ma anche nelle tappe di formazione,
alcuni recandosi anche a studiare
medicina nella sua stessa università: come i due dottori Thomas Taban
Akot e John Mayen Ruben, che vennero incentivati dallo stesso don
Lee a studiare medicina
per poter aiutare la gen-
te del loro popolo e che,
grazie al sostegno della
“Fr. John Lee Memorial
Foundation”, hanno potu-
to studiare all’Università
di Busan, in Corea del Sud,
e dopo aver trascorso 12
anni di studio e tirocinio,
in questo 2024 si sono in-
fine specializzati.
Nella cultura sud-suda-
nese piangere in pubbli-
co è motivo di imbaraz-
zo, ma gli studenti non riescono a trattenere le lacrime
quando pensano al defunto missionario salesiano. Forse
si saranno chiesti “Perché le cose brutte accadono alle
persone buone?”, quando un giorno seppero che don Lee
non sarebbe più ritornato in Sud Sudan. Ma, condividen-
do l’amore che egli gli aveva dato, don Lee è risorto e la
sua eredità continuerà a vivere.
Don Lee è stato un esempio di amore e dedizione alla fede,
ai più poveri e ai più vulnerabili. E oggi il suo nome è ripor-
tato anche nei libri di testo utilizzati a Tonj: questo significa
che i bambini che non lo hanno mai incontrato conosce-
ranno comunque il suo nome e la sua eredità resiste al passare del
tempo.
Nel 2001, John Lee partì per Tonj, una località
poverissima del Sud Sudan, squassata dalla guerra
civile. John fu un benefico “ciclone” di attività in
mezzo ai giovani, ai bambini, ai poveri e agli am-
malati che curava con dedizione assoluta. «Amico
dei giovani poveri, mae­stro per i suoi allievi, soste-
gno sicuro per i suoi pazienti, guaritore di anime
attraverso i sacramenti» così lo ha ricordato don
Stephen Yang, Vicario Ispettoriale. «Dio è amore,
Dio è gioia» era la sintesi della sua spiritualità.
Era eroico, pur nella sua semplicità, e molti comin-
ciarono ad accorgersi di questo salesiano medico
che donava la vita a bambini, malati, lebbrosi in
uno degli angoli più oscuri e sofferenti della terra e,
in mezzo a tutto questo, trovava il tempo di dirige-
re una incredibile banda musicale di ragazzini. Ar-
rivarono anche dei prestigiosi premi internazionali.
Tutto sembrò finire nel novembre del 2008, quan-
do gli fu diagnosticato un cancro. Continuò a lavo-
rare fino alla fine. «Non si arrese mai al dolore, non
rinunciò mai al suo delizioso senso dell’umorismo,
anche quando doveva trasportare malati gravi o vi-
sitare pazienti in baracche orrende» ha testimoniato
una volontaria. Le sue ultime parole in ospedale fu-
rono: «Non sarò in grado di realizzare i miei sogni
per Tonj, ma vi prego di portarli avanti».
Una cosa è certa: i salesiani non lasceranno morire
i sogni di John Lee.
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2.10 Page 20

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FMA
Emilia Di Massimo
SIRIA
Un amore
splendido
e coraggioso
Siria significa “splendente”.
E l’opera delle Suore salesiane
ad Aleppo è più viva che mai.
La missione
educativa
è iniziata
all’insegna
della fraternità
vissuta in
special modo
con i giovani,
in un clima di
amorevolezza
e di gioia,
secondo i
valori della
spiritualità
salesiana.
Un asilo privato per i bambini dai 3 a 5
anni, per offrire un’educazione basata
sulla spiritualità salesiana. Un Centro
qualificato per giovani donne, per favori-
re la loro promozione con tante iniziative come cor-
si di cucina, di informatica, di cucito e ricamo, con i
loro prodotti esposti e venduti. Un’attività sportiva
all’avanguardia: la squadra di pallacanestro ha par-
tecipato a svariato campionati di basket ed ha vinto
tante volte. Più di 450 bambini, ragazze e ragazzi,
hanno frequentato il Centro catechistico educativo
delle Figlie di Maria Ausiliatrice.
La presenza delle Salesiane è iniziata con suor We-
dad Abyad, deceduta a causa del Covid, e di sorelle
che hanno donato la loro vita per il bene dei giova-
ni, ci dice suor Jannette El Hajj Moussa, responsa-
bile dell’attività apostolica.
Le lacrime di suor Amira
Siamo ad Aleppo, in Siria; la casa, fondata nel
1988, è frutto della collaborazione fra le Figlie di
Maria Ausiliatrice e i Cavalieri di Malta, i qua-
li sono rappresentati particolarmente dal signor
George Antachi e dal signor Paul Mgarbane.
La missione educativa è iniziata all’insegna della
fraternità vissuta in special modo con i giovani, in
un clima di amorevolezza e di gioia, secondo i va-
lori della spiritualità salesiana. Malgrado la guerra,
nonostante le suore siano state costrette ad andare
via, il Centro giovanile è rimasto aperto, come te-
stimonia un giovane, portavoce di altri.
“Mi chiamo Jack Basmaji, sono chirurgo plastico.
In un giorno del 2013, con Jan Khaiat, abbiamo
sorpreso suor Amira a piangere: le suore sarebbero
partite, quindi la casa si sarebbe chiusa. Con Paolo
abbiamo deciso di continuare a tenerla aperta: la
sentivamo anche la nostra. Dopo pochi mesi abbia-
mo cominciato ad aprire il Centro per i ragazzi e
per i giovani: erano 300-350. Le porte erano aper-
te tutti i pomeriggi, i giovani venivano per giocare
e per pregare. Abbiamo svolto incontri e dialoghi
su vari temi, sia religiosi sia sociali; volevamo che
loro uscissero dall’atmosfera difficile della realtà e
dallo stato psicologico, negativo e pessimista, nel
20
DICEMBRE 2024

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

▲torna in alto
quale vivevano. In seguito
le necessità hanno chiesto
di trasformare il cortile
della casa in un Centro di
assistenza con una cuci-
na per fornire i pasti alla
gente, ma occupare il cor-
tile significava non avere
più la possibilità di accogliere i nostri giovani, così
abbiamo lavorato con alcune associazioni e con altri
ragazzi per dare gli aiuti alimentari: sono arrivati a
tonnellate! Questo ha dato la possibilità di conti-
nuare a tenere aperto il Centro con maggiore gioia
e passione educativa, guardando sempre più a don
Bosco e a Maria Mazzarello. A Natale abbiamo
fatto il presepe illuminandolo con le candele a cau-
sa della mancanza dell’elettricità, abbiamo pregato
insieme con semplicità e fiducia. Prima che le suore
tornassero di nuovo a casa, abbiamo organizzato
una celebrazione per onorare Maria Ausiliatrice: i
ragazzi hanno decorato il cortile ed organizzato la
festa; è stata una celebrazione meravigliosa!
Gratitudine tradotta in foto
Ciò che oggi mi rende felice è vedere i giovani
con cui abbiamo condiviso il periodo della guerra,
quando erano bambini, fermarsi per ringraziarci e
dire: “Abbiamo vissuto con tanta gioia e con spirito
salesiano una tappa difficile della nostra vita! Suor
Amira (la direttrice della casa prima della guerra)
nel momento drammatico che abbiamo vissuto, è
stata in costante contatto con noi, così come tante
persone che si sono prodigate per portare avanti la
missione educativa. Quanto ho nel cuore, in modo
particolare la gratitudine, è di più nelle foto che
nelle parole che ho scritte. Sono loro la più straor-
dinaria traduzione, soprattutto i volti!”.
sociazione Maria Ausilia-
trice, del gruppo Laura
Vicuña; sono stati predi-
sposti gli ambienti per la
scuola dell’infanzia. Un’i-
niziativa risultata vincen-
te è stata l’accoglienza
dei ragazzi nella nostra
biblioteca: ha ravvivato la passione per lo studio e,
soprattutto, la fraternità; inoltre si sono organizzati
campionati di basket femminile. Gradatamente la
vita ha ripreso a fiorire nella nostra casa ma il 6
febbraio 2023 Aleppo si è svegliata a causa delle
forti scosse del terremoto. Un centinaio di persone,
di ogni religione e razza, si è rifugiata nel nostro
cortile trascorrendo tutta la notte al freddo e sotto
la pioggia, sono rimasti più di un mese. Abbiamo
aiutato a mantenere la calma, ad affrontare la pau-
ra, ad avere fede; i giovani si sono messi a servizio
della gente distribuendo cibo, vestiti, medicine, co-
perte, materiale prezioso arrivato dalle nostre suore
di Damasco e del Libano”.
Il nome “Siria” deriva dal greco Seiros: “splen-
dente”. Splendente è ogni persona che continua a
credere nella pace dentro ed oltre la realtà, come le
sorelle e i giovani di Aleppo. Una terra, come una
stella brillante e luminosa.
«Ciò che oggi
mi rende felice
è vedere i
giovani con
cui abbiamo
condiviso il
periodo della
guerra, quando
erano bambini,
fermarsi per
ringraziarci e
dire: “Abbiamo
vissuto con
tanta gioia
e con spirito
salesiano una
tappa difficile
della nostra
vita!» (Suor
Amira)
Ricominciamo!
Suor Jannette ci racconta che, al termine della
guerra, le suore sono tornate. “Dopo i lavori di re-
stauro sono ripresi gli incontri e le attività dell’as-
DICEMBRE 2024
21

3.2 Page 22

▲torna in alto
DON BOSCO NEL MONDO
Marco Borraccino – Responsabile Comunicazione Fondazione DON BOSCO NEL MONDO
Frontiera
di SPERANZA
A Tijuana, un rifugio per donne e bambini migranti:
un’opportunità di rinascita.
Il Messico è,
del resto, lo
Stato a più
alto tasso di
emigrazione
di tutta
l’America
latina, e allo
stesso tempo,
insieme a
Perù, Brasile
e Costarica,
è il Paese
dell’area con
il più alto
numero di
richiedenti
asilo.
“Se ti sedessi su una nuvola, non vedre-
sti la linea di confine tra una nazione
e l’altra, né la linea di divisione tra una
fattoria e l’altra. Peccato che tu non
possa sedere su una nuvola” scriveva Khalil Gibran.
Se è vero che sulle nuvole nessuno può sedersi e
vedere la Terra come un tutt’uno, è però altrettanto
reale, invece, che sui confini e sulle frontiere può
capitare di arrivare e doversi poi fermare, restando
in bilico tra due mondi.
Uomini, donne e bambini, trattenuti, molto spesso
imprigionati, ancora troppe volte torturati. Succede
nei porti della Libia e del Mediterraneo orientale,
nello stretto di Gibilterra come in Messico. Tanti
arrivano alla frontiera con il proposito di varcarla,
ma si ritrovano poi ad essere stanziali, naturalmen-
te senza aver previsto, pianificato né tantomeno de-
siderato un esito del genere.
È breve, in questi frangenti, il passaggio da mi-
grante pieno di paure (ma anche di speranze) a in-
digente del tutto privo di prospettive e di sicurezza.
A due passi dal sogno
Tijuana, Messico, si trova nell’estremo ovest della
linea di frontiera con gli Stati Uniti, appena sotto la
California, a pochi chilometri da San Diego e dalle
suggestioni luccicanti del sogno americano.
Secondo il “World Migration Report 2024” redat-
to dall’Organizzazione Internazionale per le Mi-
grazioni (oim), quello messicano è il primo corri-
doio migratorio del mondo, con un totale di undici
milioni di persone in transito nell’ultimo anno: un
flusso che risulta più che raddoppiato nell’ultimo
biennio.
Il Messico è, del resto, lo Stato a più alto tasso di
emigrazione di tutta l’America latina, e allo stes-
so tempo, insieme a Perù, Brasile e Costarica, è il
Pae­se dell’area con il più alto numero di richiedenti
asilo. Sono in tanti ad arrivare nella città di Tijuana
e a non poter proseguire: migranti, sfollati, migliaia
di persone destinate a vivere una sorta di sospensio-
ne dell’esistenza, improvvisamente immersi in una
metropoli straniera da due milioni di abitanti già
connotata, di suo, da diseguaglianze sociali, crimi-
nalità, aree di emarginazione e criticità ambientali
date da un clima semi-arido.
A Tijuana, ogni singola giornata di un migran-
te è scandita dalla difficoltà di soddisfare bisogni
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DICEMBRE 2024

3.3 Page 23

▲torna in alto
primari ed oppressa dall’im-
possibilità di tracciare un
sentiero che porti a un do-
mani migliore. Non ti trovi
fisicamente in una terra di
nessuno, ma è la tua vita che
rischia di diventare una terra
di nessuno. I più esposti ai
rischi di violenza, sfrutta-
mento e mancanza di accesso
ai servizi di base sono, natu-
ralmente, donne e bambini.
Il Rifugio Salesiano Don
Bosco di Tijuana nasce esat-
tamente in questo scenario.
Frutto dell’impegno del Pro-
yecto Salesiano Tijuana A.C.
guidato da padre Juan Carlos Solís Pérez dell’Ispet-
toria salesiana di Messico Guadalajara, questa strut-
tura ha la vocazione di essere un luogo di rinascita.
L’edificio che ospita questa attività è oggi la casa di
centoventi donne migranti di età compresa tra i 25
e i 50 anni e dei loro figli, ottanta bambini di età
compresa tra i 6 e i 12 anni.
Grazie all’assistenza dei Salesiani di Don Bosco e
di un personale interno di dodici persone, le don-
ne e i bambini accolti nel Rifugio ricevono servizi
per uscire dalla vulnerabilità della loro condizione
e continuare a pensare al futuro: istruzione, per i
bambini, nell’ottica di garantire la continuità scola-
stica; supporto psicologico e formazione professio-
nale, per le donne, in una prospettiva di progressivo
recupero dell’autonomia lavorativa e di cura dello
stato socio-emotivo delle donne; cure sanitarie e
assistenza legale per tutti i residenti.
L’obiettivo consiste quindi non solo nel migliorare
la qualità della vita, ma anche nel garantire un’effi-
cace integrazione sociale e lavorativa delle ospiti e,
in prospettiva, dei loro bambini. Nel deserto orga-
nizzativo di enti e amministrazione, a Tijuana l’o-
pera del Proyecto Salesiano diviene fondamentale
per le vite di molte persone.
Un rifugio sicuro
Per mettere il Rifugio Sa-
lesiano nelle condizioni di
rispondere sempre meglio
alle esigenze di un’utenza
così vulnerabile, la Fonda-
zione Don Bosco nel mondo
ha deciso di promuovere in
questo mese la campagna di
raccolta fondi “Un rifugio
per rinascere a Tijuana: dona
accoglienza e protezione a
mamme e bambini migranti,
trasforma la frontiera in luo-
go di speranza”.
Molto si può e si deve ancora
fare per ottimizzare gli sforzi
del Proyecto in relazione alla formazione professio-
nale. Dopo un primo ciclo formativo importante
sulle competenze relazionali, è infatti necessario
implementare programmi che rafforzino realmente
le capacità professionali delle donne ospiti, in ter-
mini di conoscenze e strumenti in settori ad alto
potenziale occupazionale come la cucina e l’infer-
mieristica. E per realizzare questo passo in più, ser-
ve però un investimento adeguato alle ambizioni,
che sono alte: accelerare l’aumento percentuale di
Grazie
all’assistenza
dei Salesiani
di Don Bosco
e di un
personale
interno
di dodici
persone,
le donne e
i bambini
accolti nel
Rifugio
ricevono
servizi per
uscire dalla
vulnerabilità
della loro
condizione
e continuare
a pensare al
futuro.
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3.4 Page 24

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DON BOSCO NEL MONDO
Per mettere
il Rifugio
Salesiano
nelle
condizioni di
rispondere
sempre
meglio alle
esigenze di
un’utenza così
vulnerabile,
la Fondazione
Don Bosco
nel mondo
ha deciso di
promuovere
in questo
mese la
campagna di
raccolta fondi
(vedi la IV di
copertina).
donne destinatarie che ottengono un impiego en-
tro un certo periodo; veder allungare la durata del
rapporto di lavoro; completamento dei programmi
formativi.
Altrettanto determinante nel Rifugio Salesiano
di Tijuana sarà il rafforzamento della consulen-
za legale. Donne e bambini che beneficiano del
Rifugio necessitano quasi sempre, infatti, di un
affiancamento appropriato che supporti le loro ri-
chieste di asilo, così come domande di documenti
necessari, eventualmente, a riprendere il viaggio
in sicurezza.
L’offerta di un’assistenza medica e psicologica con-
tinuativa è basilare per ogni progettualità sulle
persone: garantire cura e benessere consente tanto
il recupero socio emotivo delle persone, quanto il
progressivo adattamento alla nuova realtà e l’acqui-
sizione di competenze utili, come quelle di primo
soccorso. Non solo prestazioni emergenziali quin-
di, ma una continuità assistenziale che supporti le
residenti e i bambini a 360 gradi. Il progetto del
Rifugio prevede sessioni di terapia settimanali per
donne e bambini, in cui, grazie alla facilitazione
dello psicologo, verrà affrontato il tema della ge-
stione dello stress.
Per bambini e adolescenti, la sfida dei Salesiani di
Tijuana è, come sempre, il contrasto alla povertà
educativa. Una priorità da perseguire quotidiana-
mente attraverso la realizzazione di programmi
educativi multi-graduali della Scuola Salesiana di
Don Bosco di Tijuana. Agli ospiti verranno for-
niti anche workshop, corsi e un’assistenza scola-
stica individuale, nell’ottica non solo di continuità
e mantenimento, ma anche di sviluppo di nuove
competenze utili, in base all’età, durante il periodo
di residenza nel Rifugio.
Per misurare l’efficacia di questo ambito fondamen-
tale di attività ci saranno indicatori specifici, come
la frequenza giornaliera e il tasso di permanenza nel
corso dell’anno, ma anche criteri più relazionali e lu-
dici, come l’ampiezza della partecipazione ad inizia-
tive extrascolastiche (sportive, artistiche e culturali)
di bambini e adolescenti residenti nel Rifugio.
Infine, alla base di tutta l’opera del Proyecto Sa-
lesiano c’è la complessa e costante operatività del
Rifugio Salesiano di Don Bosco.
L’andamento efficiente della struttura è la base af-
finché ogni altro pilastro progettuale possa esistere
e funzionare, e questo significa garantire ogni gior-
no servizi essenziali, solo in apparenza banali: tre
pasti sani, nutrienti e completi al giorno; prodotti
puliti e sicuri durante il soggiorno degli utenti; ac-
cesso regolare ad acqua potabile, elettricità e servizi
igienici.
Manutenzione degli alloggi ed ottimizzazione con-
tinua dei servizi saranno essenziali nella pianifica-
zione del potenziamento del Rifugio, che vuol essere
un luogo di vita di qualità, non soltanto una struttu-
ra di protezione.
Il traguardo finale del progetto del Rifugio Sa-
lesiano di Don Bosco di Tijuana è la riconquista
dell’autonomia per consentire così alle residenti e ai
bambini di riappropriarsi definitivamente del pro-
prio futuro.
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DICEMBRE 2024

3.5 Page 25

▲torna in alto
SANTUARIO BASILICA MARIA AUSILIATRICE
TORINO
Il sogno continua
anche con il tuo aiuto
GRAZIE
per il tuo contributo
al restauro dei campanili
della Basilica Maria
Ausiliatrice
dSAiNTToUArRinIOoBASTILOICRA
MARI
INO
BANCA INTESA SANPBAANOCALINOTESA SANPAOLO
IBAN IT78 J030 6909IB6A0N61IT0780J00300 0691019560661904000 0115 694
BIC BCITITMM
BIC BCITITMM
CAUSALE: CAMPANICLAUI SRALEESCTAAMUPARNIOLI RESTAURO
Intestazione cIonntteostazione conto
ORATORIO SAORLAETOSRIIAO NSAOLESSIA.NFORANCESCO
S. FRANDCEISSCOADLI ESASLESBBAASSILICLAICA
Sostieni
BANqpCruoeAgsetIotNtoTsEuSA SANPAOLO
IBANforfIuTn7d8inJg.0it30 6909 6061 00
BIC BCITITMM
CAUSALE: CAMPANILI REST
ORATORIO SALESIAN
DI S
DICEMBRE 2024
25

3.6 Page 26

▲torna in alto
GRANDI AMICI
Zaida Navarrete
DON HERIBERTO HERRERA
Con il Boletín Salesiano
dal Centro America al mondo
Dopo 24 anni, con 144 edizioni
del Bollettino Salesiano scritte,
curate e riviste da lui,
don Heriberto lascia questo
compito con un’eredità indelebile
nella mente di ogni comunicatore
che lo ha conosciuto.
Don
Heriberto,
un salesiano
geniale e
appassionato.
Scrivere un articolo su don Heriberto non è
un’impresa facile perché non è possibile ri-
assumere in poche righe tutto il bene che
ha fatto per la comunicazione dell’Ispettoria
Divin Salvatore e per l’impulso che ha dato al Bol-
lettino Salesiano negli ultimi 24 anni. Nel 1999 don
Heriberto terminò il suo servizio come Ispettore e
gli fu chiesto di prendere in mano il Bollettino Sa-
lesiano, che era nelle mani di don Hugo Estrada. A
quel tempo, la fascinazio-
ne di don Heriberto per la
tecnologia era di dominio
pubblico, molti lo ricorda-
no come il primo salesiano
ad utilizzare un personal
computer. Oltre ad avere
un modo di scrivere im-
peccabile, un dono ammi-
revole nell’usare le parole
per descrivere e narrare
situazioni quotidiane in
modo artistico.
Un’eredità indelebile
Quando Padre Heriberto accettò la sfida di dirigere
il Bollettino, si mise all’opera per produrre una ri-
vista di livello mondiale. Il suo primo passo è stato
quello di cercare un supporto tecnico e ha assunto
un designer e una laica, entrambi salesiani coope-
ratori, per iniziare il compito. La prima edizione
effettuata da questa squadra è stata nel dicembre
1999. Passarono nove anni a produrre un Bollet-
tino Salesiano sempre più qualificato, con buoni
contenuti e design. Nel 2009, durante l’esplosione
dei social network e della vita digitale, ha promosso
il progetto di convertire il Bollettino Salesiano in
un sito web. Per fare questo, ha assunto un gior-
nalista, che si è aggiunto al team esistente. Con il
sito web, non solo questo mezzo è stato aperto al
mondo, ma ha anche iniziato a formarsi una rete di
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DICEMBRE 2024

3.7 Page 27

▲torna in alto
comunicazione in tutta l’Ame-
rica Centrale data la necessità
di “nutrire” il sito. A tal fine,
ha girato in auto tutte le opere
salesiane della regione, presen-
tando il progetto e chiedendo
collaboratori (corrispondenti)
per inviare notizie...
Il Boletín Salesiano de Cen-
troamérica ha varcato i confini
della regione e con il sito web
ha raggiunto altri Paesi; le esi-
genze in termini di contenuti
e design erano evidenti. Don
Heriberto si è sempre impegna-
to per la qualità e ha inculcato nel suo team questo
stile di lavoro, che ha fatto sì che il Boletín Salesia-
no si distingua ancora oggi tra le edizioni mondiali.
Oggi, a distanza di 24 anni, con 144 edizioni del
Bollettino Salesiano scritte, curate e riviste da don
Heriberto, egli lascia questo compito con un’eredità
indelebile nella mente di ogni comunicatore che lo
ha conosciuto.
Innovazione, dedizione, qualità
Nel mondo salesiano, tra i direttori dei Bollettini
Salesiani di tutte le regioni, gode di un nome di sti-
ma e di profondo affetto, lo stesso affetto che viene
replicato dall’équipe centrale di comunicazione so-
ciale che ora lascia, nella speranza di continuare a
mantenere la qualità e la passione giornalistica per
i mezzi di comunicazione che sono l’eredità di don
Bosco.
La sua carriera nel campo della comunicazione sa-
lesiana è una luminosa testimonianza di innovazio-
ne, dedizione e qualità. La sua capacità di fondere
fede e tecnologia e la sua visione di espandere le
frontiere della comunicazione nella comunità sale-
siana hanno lasciato un segno indelebile.
Attraverso la sua leadership nella creazione del
Bollettino Salesiano e la sua spinta verso l’era digi-
tale, non solo ha arricchito la vita di coloro che lo
circondano, ma ha anche getta-
to le basi per le future genera-
zioni di comunicatori salesiani.
Nel momento in cui si ritira
dal suo ruolo, lascia dietro di sé
un’eredità di eccellenza e pas-
sione, un faro di ispirazione che
continuerà a illuminare il cam-
mino della comunicazione sale-
siana per gli anni a venire. La
sua storia ci ricorda che il vero
impatto di una vita di servizio
trascende le parole e resiste nel
tempo.
La sua carriera
nel campo della
comunicazione
salesiana è
una luminosa
testimonianza
di innovazione,
dedizione e
qualità. La sua
capacità di
fondere fede e
tecnologia e la
sua visione di
espandere le
frontiere della
comunicazione
nella comunità
salesiana
hanno lasciato
un segno
indelebile.
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3.8 Page 28

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EVENTI
Giuseppe Ruta
LA GLORIOSA STORIA
dell’Istituto di Catechetica
È bella e significativa la circostanza dei 70 anni
di vita dell’Istituto di Catechetica (ICa)
dell’Università Pontificia Salesiana (UPS) di Roma.
Il seme germinato tanto tempo fa è divenuto
un albero che continua a dare i suoi frutti.
Èstata la lungimiranza di don Pietro
Ricaldone, Rettor Maggiore e IV successore
di don Bosco a voler istituire, tra il 1953 e
il 1954, una vera e propria Scuola di cateche-
tica in seno all’Istituto Superiore di Pedagogia del
Pontificio Ateneo Salesiano a Torino. Oggi l’ica fa
parte integrante della Facoltà di Scienze dell’Educa-
zione (ups) e questo legame costituisce un “unicum”
in tutto il mondo, dato che in genere gli Istituti di
catechetica fanno parte di Facoltà teologiche. Il ca-
risma educativo e spirituale salesiano trova in questa
istituzione l’attuazione di quanto fu all’origine del-
la famiglia di don Bosco: un «semplice catechismo»
(mb ix, 61; Cost. sdb, art. 34), una catechesi intrisa
di vangelo rivolta a tutti, a partire, e mai a prescin-
dere, dai giovani e dagli ultimi.
I “pionieri”
con il papa
san Paolo VI.
L’Istituto ha espresso al meglio, nella sua storia,
potenzialità e risorse. In sintonia con la Chiesa
universale, ha curato specie nel periodo postcon-
ciliare la collaborazione con la Conferenza Episco-
pale Italiana e le Diocesi d’Italia in modo vivace e
intelligente, ma è anche entrato in contatto con i
vari contesti geografici da quello europeo al latino-
americano, dall’asiatico a quello africano. Gli exal-
lievi dell’ica, diocesani e consacrati, laici e laiche,
sono sparsi in tutti i continenti e svolgono molte-
plici servizi istituzionali a vantaggio dell’evange-
lizzazione e della catechesi e lavorando nelle tante
periferie e frontiere ecclesiali.
Da settant’anni a questa parte…
i protagonisti
Dal 1958, in seguito al trasferimento da Torino
a Roma, l’ica ha incentivato il suo servizio alla
Chiesa e alla Famiglia salesiana con molteplici at-
tività culturali; ha curato pubblicazioni di valore
e ricerche originali e singolari sul campo, sotto la
regia e l’animazione di professori come don Emilio
Alberich (1933-2022), don Cesare Bissoli (1933),
Ladislao Csonka (1922-1998), don Joseph Gevaert
(1930-2019), don Ubaldo Gianetto (1927-2015),
don Roberto Giannatelli (1932-2012), don Giusep-
pe Groppo (1923-2012), Giancarlo Negri (1926),
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DICEMBRE 2024

3.9 Page 29

▲torna in alto
don Zelindo Trenti (1934-2016) e tanti altri.
Se nell’ica sono confluite risorse da varie specializ-
zazioni e rami del sapere (dalla filosofia: Gevaert
e Trenti; dalla teologia: Alberich; dalla pedagogia
e didattica: Giannatelli; dall’area letteraria: Gia-
netto; dalle scienze bibliche: Bissoli...) che hanno
arricchito la riflessione sull’evangelizzazione e la
catechesi, dall’ica sono scaturiti o sono stati raf-
forzati, con l’apporto determinante di alcuni suoi
membri, nuove facoltà e indirizzi scientifici ancora
operanti nell’ups: l’Istituto di Sociologia (Gian-
carlo Milanesi), l’Istituto di Didattica (don Mario
Comoglio), l’Istituto di Teologia Pastorale (don
Riccardo Tonelli), la Facoltà di Scienze della Co-
municazione (don Roberto Giannatelli, don Franco
Lever). Si è creato, così, uno scambio interdiscipli-
nare, un movimento di concentrazione e di irradia-
zione, che ha coinvolto dal suo nascere l’ica.
Una storia per tappe
In un batter d’occhio, ecco le principali tappe di questi settant’anni:
1940 Nasce a Torino la Scuola di Catechetica, che gli Statuti prevedono in seno all’Istituto Superiore
di Pedagogia del Pontificio Ateneo Salesiano.
1953 Si dà attuazione alla Scuola di Catechetica. Nell’Anno Accademico 1953-54 compare per la prima
volta nel Calendario delle lezioni la dicitura: «Istituto di Teologia dell’educazione e Catechetica».
1954 Nasce ufficialmente l’«Istituto di Catechetica» che, a partire dall’Anno Accademico 1954-55
propone un curriculum apposito in Specializzazione in Catechetica.
1958 L’Istituto di Catechetica (ica) si trasferisce a Roma.
1962 A cura di Ladislao Csonka e Giancarlo Negri si diffonde in tutta Italia il testo di religione
Alla scoperta del Regno di Dio che inaugura in qualche modo la stagione kerigmatica
nel territorio nazionale e inaugura per l’avvenire una proficua produzione di testi.
1964 Esce la terza edizione di Educare. Vol. III. Metodologia della catechesi (las), un classico
della manualistica catechetica. Autori sono Csonka, Negri e don Giovenale Dho.
1971 Per l’ica partecipa alla preparazione e redazione del Direttorio per la catechesi don Giuseppe Groppo.
1976 L’ica è attivamente presente alla nascita del Gruppo Italiano Catecheti (oggi Associazione
Italiana Catecheti).
1977 È avviato il progetto del testo irc per le elementari W la vita, con relativa sperimentazione sul
campo per iniziativa e collaborazione di don Roberto Giannatelli, don Cesare Bissoli e suor
Maria Mazzarello, fma.
2016 Nasce la rivista on line “Catechetica ed Educazione” e viene inaugurata la collana “Catechetica,
educazione e religione”.
2022 Si presenta l’opera completa di Storia della catechesi (las) dall’antica alla contemporanea in
quattro volumi, i cui autori sono don Roman Murawski (antica), don Luigi La Rosa, diocesano
(medioevale), don Pietro Braido (moderna), don Giuseppe Biancardi e don Ubaldo Gianetto
(contemporanea).
2023 L’ica pubblica il volume Fare catechesi oggi in Italia (Edizioni San Paolo) a cura di don Ubaldo
Montisci, con i contributi di ben 29 studiosi conosciuti a livello internazionale e si dà inizio
alle celebrazioni per il 70° di fondazione.
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3.10 Page 30

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EVENTI
L’attuale
gruppo di
direzione con
don Giuseppe
Ruta al
centro.
Attività e pubblicazioni
Dalla cronologia affiora l’impegno, profuso negli
anni, dai membri dell’ica per la promozione della
catechesi e per la scienza catechetica: varie e prege-
voli collane di manuali, di studi, ricerche sul campo
della catechesi e dell’insegnamento della religione,
corsi di aggiornamento e percorsi di sperimenta-
zione catechistica e didattica, oltre al curriculum
di catechetica offerto con cambi e miglioramenti in
questi settant’anni. Notevole è stato il contributo
al Progetto catechistico italiano (Documento Base
e Catechismi per le varie fasce d’età, 1970-1982;
1991-1997), come anche numerosi e antesignani
i sussidi per la formazione dei catecheti e dei ca-
techisti, e per insegnanti di religione. Sono tutte
attività editoriali e formative che hanno fatto cono-
scere l’ica nel panorama internazionale.
Il momento attuale
In questo Anno Accademico 2024/2025, gli allievi
che stanno frequentando il curriculum di cateche-
tica provengono da: Argentina, Brasile, Cile, Cina,
Colombia, Corea, Croazia, India, Italia, Messico,
Nigeria, Paraguay, Polonia, Repubblica Ceca, Ro-
mania, Slovacchia, Spagna, Thailandia, Ucraina.
Il Gruppo Gestore dell’ica è attualmente compo-
sto da don Benny Joseph, don Cesare Bissoli, don
Francisco José Enriquez Zulaica, don Antony Chri-
sty Lourdunathan, don Ubaldo Montisci, don Giu-
seppe Ruta (Direttore dell’ica). Sia la componente
dei docenti sia quella degli studenti sono caratteriz-
zate dall’internazionalità che si presenta sfidante e
ricca di attese e di nuove sensibilità culturali.
Un Simposio che conclude il 70°
e apre a nuovi traguardi
Tra le iniziative celebrative conclusive del 70°, il
Simposio internazionale di studi catechetici, ce-
lebrato dall’8 al 9 novembre 2024, costituisce un
punto di arrivo e un punto di partenza per l’ica
di Roma. Il confronto di catecheti partecipanti da
tutte le parti del mondo su un tema che è “origina-
rio” e “originale” (La dimensione educativa della ca-
techesi), è stato particolarmente proficuo. L’evento è
stato utilmente preceduto da una Ricerca La compe-
tenza riconsiderata che aveva l’obiettivo di verificare
il percorso di studi di catechetica coinvolgendo più
di 100 exallievi (2000-2020) e da un’intervista in-
ternazionale su catechesi, catechetica e dimensione
educativa che ha visto aderire ben 41 catecheti dei
cinque continenti.
Si tratta di una “tradizione” che speriamo possa
continuare, con il coraggio e la forza di consegnare
questa preziosa eredità alle future generazioni di
catecheti ed educatori della fede. Papa Francesco
è chiaro e diretto nel richiamare all’impegno e al
rinnovamento: «Questa presenza si rende ancora
più urgente ai nostri giorni per la rinnovata con-
sapevolezza dell’evangelizzazione nel mondo con-
temporaneo (cf. Evangelii gaudium, 163-168), e per
l’imporsi di una cultura globalizzata (cf. Fratelli
tutti, 100-138), che richiede un incontro autenti-
co con le giovani generazioni, senza dimenticare
l’esigenza di metodologie e strumenti creativi che
rendano l’annuncio del Vangelo coerente con la tra-
sformazione missionaria che la Chiesa ha intrapre-
so. Fedeltà al passato e responsabilità per il presente
sono le condizioni indispensabili perché la Chiesa
possa svolgere la sua missione nel mondo.» (Anti-
quum ministerium, 5).
30
DICEMBRE 2024

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

▲torna in alto
SESTO MEETING DI FORMAZIONE PER PROFESSIONISTI
Il 28 settembre u.s. si è tenuto presso la casa salesiana di Arci-
nazzo Romano il sesto meeting di formazione per professioni-
sti, manager, tecnici con responsabilità direttive.
In continuità con il meeting dell’anno precedente relativo alla
prima sessione del sinodo dei vescovi (ottobre 2023) “Come
essere Chiesa sinodale missionaria”, in questa occasione il
tema è stato ripreso con il focus sull’instrumentum laboris del-
la seconda sessione (ottobre 2024). I lavori si sono articolati
in tre momenti: Sinodalità: una esperienza di fede; Sinodalità e
ministeri; Sinodalità e processi di comunicazione.
Alle singole presentazioni del tema da parte del relatore prof.
Aimable Musoni, docente presso l’Università Pontificia Sa-
lesiana, sono seguiti vari qualificati interventi degli uditori.
Particolarmente interessante e intrigante il dibattito del terzo
momento, grazie alle specifiche ed alte competenze dei pre-
senti nell’ambito dell’Intelligenza artificiale. Fra loro il nuovo
ambasciatore d’Italia presso San Marino, on. Fabrizio Colaceci
e lo stesso organizzatore del meeting, l’ingegner Nicola Baro-
ne, direttore della Tim di San Marino e Ambasciatore e Inviato
Straordinario per la stessa Repubblica.
Ai lavori, aperti e chiusi dal “padrone di casa”, prof. don Fran-
cesco Motto, è seguita la celebrazione eucaristica in suffragio
del prof. Franco Romeo, una delle presenze più significative
dei passati meeting, recentemente scomparso e del prof. Paolo
Carlotti, animatore dei primi quattro meeting, deceduto nel
2023.
PS. Al momento in cui andiamo in stampa è ufficiale la no-
tizia che l’infaticabile promotore dei meeting, l’ingegner
Barone (al centro nella foto) sarà insignito dell’onorificenza
di Grande Ufficiale della Repubblica dal Presidente della Re-
pubblica stessa. A lui i complimenti di tutti i partecipanti ai
vari meeting e dei salesiani stessi, di cui è illustre exallievo.
I NOSTRI LIBRI
Bruno Ferrero
L’uomo che si fumò
la Bibbia
Il venticinquesimo titolo della fortunata collana dei libri “piccole storie per
l’anima”, grandi successi editoriali più volte ristampati e tradotti all’estero,
completa la grande collezione. Brevi racconti e ancor più brevi, essenziali
riflessioni, in “compresse” di saggezza spirituale per la meditazione perso-
nale, l’uso nella catechesi e nell’animazione, la lettura in famiglia…
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4.2 Page 32

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LA NOSTRA BASILICA
Natale Maffioli
La cappella di
SAN DOMENICO SAVIO
Ecco un ambiente della basilica di
Maria Ausiliatrice che è il risultato
di molteplici trasformazioni.
Don Bosco nel 1867 dedicò ai Sacri Cuori
di Maria e di Gesù un altare laterale, il
primo a sinistra; don Michele Rua alcu-
ni anni dopo, nel 1891, mutò il titolo e
lo dedicò a san Francesco di Sales e ultimamente è
stato dedicato a san Domenico Savio. Come si può
vedere, in centocinquant’anni ha subito tre modifi-
che importanti.
I Sacri Cuori
Ora analizziamo nei dettagli quanto è avvenuto.
Don Bosco affidò la realizzazione della prima pala
dell’altare a Giovanni Battista Bonetti, un giovane
uscito di fresco dall’Accademia Albertina; il nostro
Santo non aveva grandi risorse da investire nell’ap-
parato decorativo della sua nuova chiesa, per questo
si affidò a giovani artisti, con poche pretese. La tela
del Bonetti rimase sull’altare per pochi decenni,
nel 1898, don Michele Rua la ‘spedì’ all’istituto di
Caserta da poco fondato. Le notizie di quella casa
riferiscono che la chiesa fu inaugurata il 15 dicem-
bre 1898 dal vescovo di Caserta monsignor Gen-
naro Cosenza alla presenza dello stesso don Rua e
il dipinto che campeggiava sull’altare maggiore era
proprio questo proveniente da Torino. Dopo i fatti
funesti della guerra, il dipinto è stato sottoposto ad
un radicale restauro che ne ha modificato l’impo-
stazione generale.
Il Bonetti scompare dai documenti pochi anni
dopo e non lascia tracce della sua attività, risulta
che abbia partecipato ad un’esposizione alla Pro-
motrice delle Belle Arti e, in occasione di una di
queste, vendette un dipinto all’Ordine Mauriziano.
Con tutta probabilità morì giovane, oppure emigrò
poco dopo aver realizzato il dipinto per don Bosco.
Sulla volta della cappella don Bosco aveva affidato
al pittore Giuseppe Rollini (1842-1904) l’esecuzio-
ne di un affresco raffigurante la Fede che dissipa
l’eresia; la pittura è divisa nettamente in due par-
ti, quella superiore è incentrata sull’ostensorio con
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4.3 Page 33

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l’eucarestia, è coperta da una sorta di baldacchino
retto da angeli e al centro la figura dell’arcangelo
san Michele che caccia dei personaggi che rappre-
sentano l’errore.
San Francesco di Sales
Come si diceva sopra, nel 1896 don Rua mutò il
titolo dell’ambiente e lo dedicò a san Francesco di
Sales, patrono dei salesiani, affidando l’esecuzione
del nuovo altare a Crescentino Caselli che proget-
tò la bella cornice di marmo di Carrara, di gusto
neo rinascimentale; le due colonne, decoratissime
racchiudevano una tela di Enrico Reffo, firmata e
datata 1896 con il Santo all’inginocchiatoio mentre
redige un testo ispirato. Nel timpano dell’altare fu
realizzato, in bassorilievo, lo stemma dei salesiani
e i dipinti sulle pareti laterali, descrivevano due
episodi della vita del Santo, mentre catechizza un
folto gruppo di fedeli e sul lato opposto Francesco
di Sales in una tipografia intento a rivedere, con un
frate domenicano, un’opera fresca di stampa (non
per nulla il santo è patrono dei giornalisti).
I dipinti
testimoniano le
trasformazioni
della cappella.
Infine Domenico
Il terzo cambiamento del titolare si ebbe nel 1956,
quando, con la canonizzazione di san Domenico
Savio, fu scelto questo altare. Nulla fu mutato se
non la pala dell’altare affidata al pittore Crida. Nel
1917 furono traslate le ossa del giovane dal cimi-
tero di Mondonio nella basilica e furono collocate
in un’urna di alabastro posta sotto uno dei piloni
della cupola dirimpetto al pulpito e arricchita con
un bassorilievo in gesso dello scultore Pietro Cel-
lini, dove era raffigurato il giovane dinanzi a don
Bosco mentre dice “Iddio mi vuole santo”. Le tra-
sformazioni degli anni ’40 del Novecento hanno
interessato anche il sepolcro del giovane Santo: è
stato spostato nella cappella e il bassorilievo è sta-
to sostituito da una statua in marmo dello scultore
Arrighini di Pietrasanta.
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4.4 Page 34

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COME DON BOSCO
Pino Pellegrino
I VERBI DELL’EDUCAZIONE 11
Educare a PENSARE
Insegnare a pensare è uno dei compiti
più importanti dell’educazione.
Tutto, infatti, comincia dai pensieri che si
muovono nella mente: chi ha idee sane
può vivere bene, chi ha idee sbagliate
non può che vivere male. Sì: sono le idee
che fanno muovere le ruote della vita; è il cervello
che comanda. Le camere a gas non le ha inventa-
te Hitler: le hanno inventate coloro che le hanno
pensate; Hitler ha solo aperto il rubinetto e acceso
il fiammifero. Così il muro di Berlino, prima di
cadere sotto i colpi del piccone, è caduto nella testa
di qualcuno.
Più vicino a noi, possiamo dire che non basta avere
il casco in testa, ci vuole la testa sotto il casco! Ba-
stano queste poche battute iniziali per convincerci
che proteggere il cervello del figlio, aiutarlo a ben
pensare, non è un optional pedagogico, ma uno tra
i nostri primi doveri. Per passare subito al concreto,
vediamo che fare.
Salvare il dubbio
Educare a pensare significa, innanzitutto, salvare il
dubbio. Un tempo non lontano (pensiamo al perio-
do fascista) gli uomini erano liberi di pensare, ma
non liberi di dire quello che pensavano; oggi son
liberi di dire quello che pensano, ma non sono più
liberi di pensare: c’è chi pensa per tutti!
Ed ecco, allora, quella massa di gente che se ne va
in giro come robot: beve tutto, crede tutto, ubbi-
disce a tutto. Il suo motto è: «Così fan tutti». Il
filosofo danese Soeren Kierkegaard la chiamerebbe
“massa di scimmie”.
Salvare il dubbio, dunque!
Ciò che fa, ad esempio, il padre quando in auto si
domanda ad alta voce, in modo che i ragazzi che
sono sul sedile posteriore sentano: «Perché si devono
bere quelle bibite così orrende, con orrendi sapori,
solo perché sono pubblicizzate dalla televisione? Per-
ché si devono portare quelle scarpe che fanno male
al ditone, solo perché sono previste dalla moda?».
Educare alla critica
Educare a pensare significa, poi, educare alla cri-
tica, nel senso giusto della parola che significa va-
gliare, scegliere.
La madre che in negozio domanda alla figlia: “E tu
che ne dici di questo abito, di questo cibo?”, educa
alla critica, perché parla, dialoga, discute. E, intan-
to, il pensiero si affina, si fa riflessivo, profondo. Si
fa pensiero vero.
Un ragazzo con una buona riserva critica sarà sem-
pre un uomo libero che ha capito che le manette
peggiori sono le manette mentali.
Dire no al pensiero prefabbricato
Finalmente, educare a pensare significa dire no al
pensiero prefabbricato.
Oggi, appena il bambino nasce, in mille gli piom-
bano addosso per imporgli le istruzioni per l’uso
della vita. Gli programmano tutto, dalla nascita
alla morte. Gli stabiliscono quale pappa deve man-
giare, quale pannolino deve usare, quando deve
fare il ruttino. Più tardi gli dicono quale grembiuli-
no deve usare per andare alla Scuola dell’Infanzia,
quale zainetto mettersi sulle spalle per la Scuola
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4.5 Page 35

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Primaria, quale diario comprare per le Medie In-
feriori e Superiori... Vacanze, sport, parole... tut-
to è predisposto. E guai a sgarrare! Chi esce dal
gregge è guardato a vista: ha un caratteraccio, è un
impertinente, un presuntuoso. Viviamo in tempi di
appiattimento e di indottrinamento come non mai.
La nostra è una società di spettatori, di gregari, non
di protagonisti. Ebbene noi diciamo: basta con la
morte cerebrale, basta con i pensieri precotti.
Aveva tutte le ragioni il poeta francese Charles
Péguy a dire che “C’è qualcosa di peggio che pen-
sare male: è avere pensieri prefabbricati”. Ecco:
educare a pensare significa educare a riappropriarci
della nostra mente, significa educare ad essere pro-
tagonisti della nostra vita, a guidarla in proprio.
Salvare il libro
Il noto scrittore Edmondo De Amicis diceva: “La
differenza tra me e un selvaggio è che io ho avuto
nella casa paterna una biblioteca». D’accordo: è la
lettura che fa la differenza! Il libro è l’antiruggine
del cervello, è il footing dell’anima, il solletico della
fantasia. Per questo anche in tempi di elettronica
conserva tutta la sua valenza educativa. Mentre la
televisione offre quello che gli studiosi chiamano
“pensiero veloce”, il libro è occasione di “pensiero
profondo”. Guardare la televisione è come andare
in treno o sfrecciare in macchina; leggere un libro,
è come andare a piedi: è vedere di più, è gustare di
più. Nell’acqua corrente non si vedono le stelle!
Siamo sinceri: è troppo comodo rassegnarsi al fatto
che oggi le gelaterie battono le librerie, che mentre
la gastronomia è alle stelle, l’editoria è in crisi, che
mentre si apprezzano i titoli bancari, si ignorano i
titoli dei libri.
Il libro è troppo importante per lo sviluppo psichi-
co del nostro ragazzo. Dobbiamo proteggerlo, dob-
biamo salvarlo. In che modo?
Gianni Rodari, bravissimo scrittore di libri per ra-
gazzi, con molto realismo, diceva: “Non si nasce con
l’istinto di leggere, come si nasce, invece, con altri
istinti: mangiare e così via. Quello di leggere è un
gusto che va educato, che va innestato, coltivato».
Ciò che vogliamo fare noi.
Ecco alcuni consigli che abbiamo sperimentato
sempre utili.
Fin da piccolo, portiamo il figlio in libreria, in
biblioteca perché possa vedere, palpare, sfogliare
il libro. La produzione è abbondante e anche di
alto livello per ogni età.
Più grande, abboniamolo a qualche rivista. Te-
niamo in casa una, sia pur semplice, libreria.
Ancora De Amicis diceva che “Una casa senza
libreria, è una casa senza dignità”.
Facciamoci vedere lettori e non solo compratori
di libri-tappezzeria.
Quando gli facciamo un regalo, non dimenti-
chiamo mai di aggiungere un libro. Il libro è più
intelligente di una catenina d’oro. È ovvio che il
libro andrà scelto almeno con la stessa cura con
cui compriamo un paio di scarpe che si mettono
ai piedi.
Non diciamogli mai “no” quando ci chiede di
comprargli un libro adatto. Quante volte, invece,
abbiamo visto rifiutare l’acquisto di ottimi libri
(non costosi) sospirati dal figlio e sentire, subito
dopo, domandare al piccolo: “Vuoi il gelatone?”
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LA LINEA D’OMBRA
Alessandra Mastrodonato
Guariti dall’AMORE
Persino nei momenti in cui fatichiamo a proiettarci in modo
costruttivo verso il futuro e a intercettare segnali di speranza
cui aggrapparci possiamo incontrare sul nostro cammino
dei gesti insperati di amore in grado di riscaldarci il cuore.
Nel cammino verso l’adultità ci ritroviamo,
a volte, bloccati in una situazione di stasi,
arenati nella vana ricerca di un sentiero da
percorrere, di una direzione da seguire, di
un orizzonte verso cui puntare lo sguardo e orientare
i nostri passi. Improvvisamente, tutto ci sembra in-
sensato, vano, refrattario a ogni nostro tentativo di
discernimento e, di fronte a questa realtà sfuggente e
dominata dall’individualismo, in cui ognuno appare
ripiegato nella propria solitudine assordante, speri-
mentiamo un disorientamento e un senso di vacuità
che, a lungo andare, diventano insostenibili. È in
questi momenti che, come “figli di un Dio minore”
che pare essersi dimenticato di noi, ci sentiamo get-
tati nel mondo, orfani di un senso che guidi la nostra
vita, vulnerabili nel riscoprirci incapaci di salvarci da
soli e di aver bisogno degli altri per tirarci fuori dal
baratro in cui siamo precipitati.
Finiamo, così, per adattarci a “vivere per difetto”,
imparando a fare a meno di una felicità che pensia-
mo non sia alla nostra portata, spettatori di un’esi-
stenza che ci scivola addosso senza che riusciamo
ad afferrarne ogni singolo istante, poiché ci man-
ca il coraggio di lasciarci riempire dall’unica espe-
rienza in grado di restituire significato alla nostra
vita: l’esperienza dell’amore.
Amor
che muovi il sole, le stelle e il mare,
tu dove sei, che qualcosa qui non va?
E già che siamo figli
di un Dio minore,
cosa vale un mondo senza te?
E fu così che,
accecato dal sole,
con in bocca un fiore,
son caduto al mondo, solo come te.
Questo mondo invano,
vecchio da bambino,
dove andiamo andiamo,
ognuno pensa a sé...
Amor
che muovi il sole, le stelle e il mare,
tu dove sei, che qualcosa qui non va?
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È l’amore, infatti, ciò che colma le nostre mancan-
ze, che riscatta le nostre povertà e guarisce le nostre
ferite; perché l’amore eccede ogni difetto o fragilità e
trasfigura ogni cosa. È l’amore che, quando siamo
impantanati nelle secche delle nostre paure, ci dà il
coraggio di superare i nostri limiti, parlando al no-
stro cuore attraverso lo sguardo di chi ci vuole bene
o la mano tesa di un amico. Ma soprattutto è l’amo-
re che ci sprona al cambiamento, che mette le ali ai
nostri piedi e che muove ogni nostra azione… esat-
tamente come muove la natura intorno a noi, nella
cui bellezza ed armonia la nostra anima si specchia.
Ecco perché un mondo privo di amore ci appare in-
sopportabile! Ecco perché quando, nel nostro per-
corso verso la condizione adulta, ci viene a mancare
l’amore per quello che facciamo, per le persone che
abbiamo a fianco, per la vita che abbiamo scelto,
tutto ci sembra franare, tutto perde significato e ci
ritroviamo a girare a vuoto in questa insensatezza,
senza “un posto dove andare”, senza “un cielo in
cui volare” per restituire pienezza alla nostra quo-
tidianità.
Ma persino in questi momenti di stallo, in cui fa-
tichiamo a proiettarci in modo costruttivo verso il
E già che siamo figli
di un Dio minore,
non posso sopportare
un mondo senza di te...
Ci vuole un cielo per volare,
ferite e ali addosso,
vivi per difetto
in questo posto qua.
Immacolato cielo
che ci vendemmi il cuore,
benedetto sole
questo cuore qua.
Io non voglio un mondo senza di te.
Amor
che muovi il sole, le stelle e il mare,
tu dove sei, che qualcosa qui non va?
E già che siamo figli
di un Dio minore,
non posso sopportare
un mondo senza di te.
Ci vuole un posto dove andare,
lacrime da salvare
e un arcobaleno
in fondo agli occhi tuoi che,
accecata dal sole,
con in bocca un fiore,
sei caduta al mondo, sola come me.
Io non voglio un mondo senza di te ...
(Zucchero, Amor che muovi il sole, 2024)
futuro e a intercettare segnali di speranza cui ag-
grapparci per risalire dagli abissi della nostra dispe-
razione, possiamo incontrare sul nostro cammino
dei gesti insperati di amore in grado di riscaldarci
il cuore e risvegliare in noi il desiderio di riprende-
re la strada, se necessario anche aggiustando il tiro
di scelte sbagliate o che non ci appartengono. Un
amore che può scaturire dalla presenza silenziosa
di chi ci è accanto, dalla scoperta di una recipro-
cità in grado di curare la nostra solitudine, ma an-
che dall’incontro con un Amore ancora più grande
e incondizionato che, nella misura in cui ci salva
dal nostro buio interiore, ci sollecita a superare ogni
timore ed incertezza e restituisce dinamismo e pro-
spettiva al nostro andare.
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4.8 Page 38

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LA STORIA SCONOSCIUTA DI DON BOSCO
Francesco Motto
A richiesta...
SI RISPONDE
Che carta usava per scrivere le
lettere, di che colore l’inchiostro,
quanto costavano i francobolli,
come le spediva, in quanto tempo
arrivavano al destinatario; quante
lettere sono andare disperse ecc.
Vorremmo soddisfare queste
piccole, ma legittime curiosità.
Carta da lettera, indirizzi, grafia
Le lettere “familiari” di don Bosco si presentano
solitamente redatte su foglio (semplice o doppio) di
carta normale, cosiddetta “uso mano”, specialmente
per le minute. Se negli anni cinquanta si serviva per
lo più di tale carta ordinaria e spesso di semplici
bigliettini di recupero, con gli anni sessanta poté
disporre di tipografia, per cui aveva a disposizione
diversi tipi di carta, fra cui la vera e propria carta
da lettera con tanto di
intestazione. Di norma
la carta era bianca; solo
talvolta azzurro-verde
con il timbro Bath o
Gran in filigrana in
alto sulla sinistra. Per le
lettere in bella copia in-
viate alle autorità molte
volte utilizzava o faceva
utilizzare dal segretario
il formato protocollo.
L’indirizzo per i primi anni era vergato sul modesto
spazio bianco che restava scoperto una volta che la
lettera era stata piegata in quattro parti e sigillata con
ceralacca. Dagli anni cinquanta in poi l’indirizzo era
scritto sulla busta dallo stesso don Bosco e, molto
spesso per guadagnare tempo, da un segretario.
Per scrivere usava una penna con inchiostro nero e
talvolta rosso. Sulle minute si trovano anche cor-
rezioni a matita, forse per distinguerle dalle corre-
zioni precedenti di diverso colore, comunque poste
un po’ ovunque sui margini del foglio o fra riga e
riga. Alcune di queste minute sembrano in effetti
un vero campo di battaglia.
La grafia di don Bosco, per quanto poco aggra-
ziata, non è tuttavia di impossibile decifrazione
ad un occhio attento, in quanto si mantiene per
lo più sempre identica. Ovviamente peggiora lun-
go gli anni per la fretta, per la stanchezza, per il
peggioramento della vista soprattutto nell’ultimo
quinquennio di vita. Scriverà ad una suora: “Com-
patisca questa mia cattiva scrittura, ho già 67 anni e
non ho ancora imparato a scrivere. Non so quando
e da chi potrò imparare a scrivere un po’ bene”.
L’affrancatura e il timbro postale
La lettera, piegata o inclusa nella busta, veniva
affrancata con il francobollo incollato al di sopra
dell’indirizzo. L’uso del francobollo negli Stati
Sardi fu reso obbligatorio (ma con eccezioni) dal 1°
gennaio 1851 e nel decennio successivo in tutti gli
Stati Preunitari. Avevano il costo generalmente di
20 centesimi (color turchino) ma anche di 5 cent.
(color nero) 40 cent. (color rosso) secondo il peso e
nel caso si volesse assicurare. Con la prima emissio-
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4.9 Page 39

▲torna in alto
ne post-unitaria nel febbraio 1862 venne messo in
circolazione un francobollo di 10 cent. e nell’aprile
del 1863 uno di 15 cent. Dallo stesso anno all’in-
testazione a stampa sul vertice sinistro della lettera
– per lo più Oratorio di S. Francesco di Sales, Tori-
no-Valdocco – corrispondeva in caratteri minori sul
lato destro la scritta “Chi desidera le lettere franche
favorisca di unire i francobolli occorrenti”. Non oc-
corre spiegare il perché, vista la quantità di posta
che arrivava a Valdocco anche dall’estero, dove il
prezzo del francobollo variava da paese e paese e
talora era pagato dal destinatario.
La posta in Torino, prelevata più volte al giorno
della dozzina di buche sparse per la città, veniva re-
capitata all’ufficio postale centrale (Piazza e palaz-
zo Carignano), che provvedeva allo smistamento,
alla distribuzione e all’affrancamento. Le lettere si
potevano consegnare pure agli uffici postali peri-
ferici o direttamente all’ufficio postale ambulante
installato su determinati treni. L’ufficio postale poi
annullava il francobollo con un timbro indicante
luogo, giorno e ora di partenza della lettera e analo-
gamente faceva l’ufficio postale del luogo di arrivo.
Facile quindi calcolare i tempi di percorrenza della
lettera dal mittente al destinatario.
verso alcuni Regi Corrieri (di cui uno fino a Mar-
siglia e uno fino a Parigi con qualche sosta inter-
media) o con le carrozze postali – che utilizzavano
le “stazioni di posta” per l’eventuale cambio delle
cavalcature – mentre per le città e i comuni attra-
versati dalle linee ferroviarie si serviva del treno. La
maggior parte delle lettere di don Bosco ha rag-
giunto il destinatario attraverso le “strade ferrate”
man mano che si estendeva la rete ferroviaria.
Fra lo smistamento, il viaggio e la distribuzione
non passavano molte ore: la posta arrivava in gior-
nata entro i confini piemontesi, in meno di 24 ore
a Genova, Bologna, Milano, in meno di due giorni
a Firenze e in meno di tre giorni a Roma e nelle
città della Francia, Spagna e di altri paesi europei
provvisti di ferrovie. Per l’America Latina le lettere
viaggiavano su navi che salpavano da Italia, Fran-
cia, Spagna, Portogallo, Inghilterra. In America
Latina arrivavano in circa tre, quattro settimane,
e ripartivano in date fisse nel limite del possibile.
Ovviamente andavano aggiunti i tempi per rag-
giungere il destinatario, che per la Patagonia po-
tevano essere notevoli. Commovente al riguardo
quanto don Bosco scriveva al cardinal Nina, Segre-
tario di Stato ad inizio gennaio 1881: “Ho ricevuto
sulle lettere d’oggi il primo timbro della Patagonia.
È mal riuscito, ma essendo il primo in Europa cre-
do bene di accluderlo in questa lettera”.
Ovviamente
sono
infinitamente
più numerose
le lettere
andate
disperse per
mille motivi.
Sovente molti
possessori
di lettere
le hanno
considerate
vere reliquie
da onorare.
Tempi di recapito
Al domicilio dei destinatari le lettere di don Bo-
sco pervenivano in vario modo. Se risiedevano in
Torino era normale che le ricevessero a mano dal
segretario, da un giovane di fiducia, senza ricorrere
al servizio postale.
Sulle strade provinciali la posta viaggiava o attra-
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4.10 Page 40

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I NOSTRI SANTI
A cura di Pierluigi Cameroni  postulatore generale
Coloro che ricevessero grazie o favori per intercessione
dei nostri beati, venerabili e servi di Dio, sono pregati
di segnalarlo a postulatore@sdb.org
Per la pubblicazione non si tiene conto delle lettere
non firmate e senza recapito. Su richiesta si potrà
omettere l’indicazione del nome.
IL SANTO DEL MESE
In questo mese di dicembre preghiamo per la
canonizzazione della beata Eusebia Palomino
Yenes, Figlia di Maria Ausiliatrice.
Eusebia Palomino Yenes nasce il
15 dicembre del 1899 a Cantalpi-
no, piccolo paese della provincia
di Salamanca (Spagna). Dopo un
precoce abbandono della scuola
dovuto alla povertà della famiglia
d’origine, raggiunge dodicenne
Salamanca per trovare lavoro; qui
conosce le Figlie di Maria Ausilia-
trice, che le offrono la possibilità
di prestare il suo servizio presso la
comunità e la impegnano in umili
incombenze domestiche. Mani-
festato il desiderio di consacrarsi
al Signore nella vita religiosa,
inizia il noviziato a Barcellona nel
1922. Emessi i
voti religiosi il
5 agosto 1924, è
poi assegnata alla
casa di Valverde del
Camino, in Andalusia, dove viene
occupata in cucina, portineria,
guardaroba, nella cura del piccolo
orto e nell’assistenza delle bimbe
nell’oratorio festivo. Suor Eusebia
porta a compimento il suo cam-
mino di adesione incondizionata
al Signore offrendosi come vitti-
ma per la salvezza della Spagna,
quando, all’inizio degli anni ’30,
il Paese è investito dalla violenza
antireligiosa e anticle-
ricale. Con l’agosto
1932 la recrudescen-
za delle sofferenze
fisiche mostra il ra-
pido approssimarsi
della consumazione
dell’offerta di sé.
Suor Eusebia muore nella notte fra
il 9 e il 10 febbraio 1935. La fama di
santità cresciuta attorno all’umile
religiosa nel corso della sua vita, e
in modo sorprendente dopo la sua
morte, viene ufficialmente ricono-
sciuta dalla Chiesa, che il 25 aprile
2004 la dichiara Beata.
Preghiera
O Dio, che hai modellato il cuore
della beata Eusebia, vergine,
sul mistero pasquale del tuo Figlio, fino al dono della vita,
concedi a noi, rafforzati dal suo esempio di umiltà e letizia,
di crescere costantemente nel tuo amore
e nel servizio dei poveri.
Ti supplichiamo di voler glorificare quest’umile tua serva
e di concederci, per sua intercessione,
la grazia che ti chiediamo...
Per Cristo nostro Signore. Amen.
Ringraziano
Mia figlia, affetta da endome-
triosi, disperava di concepire un
bambino. All’inizio del matri-
monio non sentiva l’esigenza di
una nuova, piccola vita, ma con il
passare del tempo il desiderio di
una famiglia non solo composta
da lei e dal marito aumentava.
Nell’estate 2023 mi confessò tra
le lacrime tutta la sua delusione.
Come mamma, ci rimasi molto
male, ma ero consapevole di non
poter far nulla. In casa mia circola
il Bollettino Salesiano, dove ogni
tanto si parla dell’abitino di san
Domenico Savio: premetto che
sono credente, ma su certe in-
tercessioni prendo le mie riserve.
Quella stessa settimana sognai il
sacerdote che mi aveva sposato
e che poi aveva anche battezzato
mia figlia: mi sorrideva, sedu-
to sul muretto di un bellissimo
giardino. Dopo quel sogno, mi
decisi a richiedere l’abitino: feci
la mia piccola offerta e poi, sin-
ceramente, non pensai più alla
cosa. A metà novembre l’abitino
richiesto arrivò, con l’invito a re-
citare le preghiere indicate in un
opuscolo allegato. Poco prima di
Natale mia figlia e suo marito,
raggianti, mi dissero di aspettare
un bambino. Chiesi per curiosità
quando l’avevano concepito e la
data coincideva più o meno con
quella della spedizione dell’a-
bitino. Pregai e non dissi nulla
per tutta la gravidanza, vissuta
nel migliore dei modi. Lo scorso
agosto, con un parto regolare e
tranquillo, è nata la mia prima,
splendida nipotina. Solo dopo
la sua nascita ho raccontato ai
genitori quanto successo e il mio
desiderio di testimoniare la grazia
ricevuta; superfluo dire che han-
no acconsentito di buon grado.
Grazie, dunque, a san Domenico
Savio!
(NN)
Scrivo per tenere fede a una pro-
messa fatta molti anni fa. Rin-
grazio con infinita gratitudine la
mamma celeste Maria Ausilia-
trice e san Domenico Savio per
la costante protezione e presenza
nella mia vita dalle gravidanze
alla salute delicata. Maria Ausilia-
trice l’ho sempre sentita con me,
soprattutto in situazioni difficili e
pericolose, Lei c’è! Il mio infinito
grazie.
(Massaro Lucia)
Ho conosciuto nel reparto di
Neuroscienze dell’Ospedale San-
ta Corona di Pietra Ligure, suor
Edwige, ricoverata per degli esami
che doveva fare in attesa di esse-
re operata alla testa. Era molto
felice di poter ricevere l’Eucaristia
e cercava di sostenere anche gli
altri ricoverati con la sua empatia e
carità cristiana. Ritornò mesi dopo
per fare il suo intervento ed in se-
guito alla sua operazione, conclusa
nel migliore dei modi, si trovò in
un penoso stato di prostrazione
fisica ma soprattutto spirituale;
nonostante l’amorevole vicinanza
e le rassicurazioni di medici e infer-
mieri, credeva di essere vicina alla
morte e disperava di poter vivere la
vita di prima. La sua convalescen-
za e riabilitazione in Polio furono
certamente il suo piccolo “Calva-
rio” punteggiato di sofferenze ma
soprattutto desolazioni e scorag-
giamenti. Le parlai della Serva
di Dio Vera Grita che proveniva
proprio dalla città dove era il suo
istituto, Savona, e le consegnai la
preghiera e la novena sperando
che la “maestrina di Savona” po-
tesse intercedere per lei. In diversi
cominciammo a pregare per suor
Edwige attraverso la novena alla
Serva di Dio. Negli ultimi giorni
della sua permanenza in reparto,
suor Edwige recuperò pienamente
le forze e il suo umore. Come suo
messaggio di saluto mi ha lasciato
un video girato insieme a una sua
consorella, nel quale canta una
bella melodia africana.
(Don Fabrizio Contini - Cappellania Santa
Corona, Pietra Ligure)
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IL LORO RICORDO È BENEDIZIONE
Ans
della mia educazione
venne curata da mia
nonna (da cui presi il
mio secondo nome).
Da lei ricevetti il dono
della fede profonda,
della gioia, così come
l’amore del Rosario e
della preghiera, della
fedeltà vissuta fino
alla fine. Dalla mam-
ma ho ricevuto la
virtù dell’amore, della
forza, della perseve-
ranza. Da mia zia, ho
ricevuto la virtù della
dolcezza, dell’ascol-
to... Da mio padre, ho
ricevuto il dono di po-
ter affrontare grandi
sfide, di prepararmi
per fare bene le cose
e di non avere paura
di nulla”.
Fece il noviziato di
Woluwe-Saint-Lam-
Don Alain Pinet bert di Bruxelles nel
1979 ed emise la pri-
Indimenticato missionario
ma professione il 30
agosto 1980. Professo
Sono stati presieduti dal cardinale perpetuo dal 1986 e ordinato sa-
Ángel Fernández Artime, giovedì cerdote, nella sua città natale, il 23
12 settembre 2024, presso la ba- giugno del 1990, visse i suoi primi
silica salesiana del Sacro Cuore di anni di attività apostolica nel suo
Gesù a Roma, i funerali di don Alain Paese, prima di partire missionario,
Anne Robert Pinet, salesiano belga come suo profondo desiderio, per la
di 65 anni d’età, 44 di professione missione salesiana attiva tra Hong
religiosa e 34 di sacerdozio. Il re- Kong, Macao e Taiwan.
ligioso, deceduto dopo una lunga “Lo ricordo come un giovane molto
malattia nella serata di martedì attivo, vivace, allegro, che sapeva
10, risiedeva nella comunità della animare il gruppo e aveva un’in-
Sede Centrale Salesiana da poco fluenza positiva su tutti – lo ri-
più di un anno, e vi era arrivato, corda don Morand Wirth, docente
per potersi curare, dopo tanti anni all’Università Pontificia Salesiana,
di vita missionaria nelle presenze che fu suo formatore al postnovi-
salesiane dell’Ispettoria cinese. ziato –. E già all’epoca percepiva
Alain Pinet era nato a Liegi, in chiaramente, all’interno della sua
Belgio, il 23 giugno 1959, in una vocazione salesiana, la vocazione
famiglia che lo crebbe con grandi missionaria”.
cure e attenzioni. Lui stesso ebbe “Conobbi don Alain quando ero
a raccontare: “La maggior parte appena entrato nell’aspirantato
salesiano. Era una persona allegra
e loquace, che sorrideva molto ed
era sempre disposto a condividere
i suoi sentimenti e le sue storie con
gli altri. Non conoscevo l’ambiente
salesiano e lui mi accompagnava
e chiacchierava spesso, aiutando-
mi a discernere la mia vocazione
salesiana. La sua disponibilità a
condividere è rimasta nel mio
cuore e mi ha fatto desiderare di
abbracciare il carisma salesiano”
ricorda don Carlos Cheung, oggi
Delegato per la Formazione nell’I-
spettoria “Maria Ausiliatrice” con
sede a Hong Kong (CIN).
“Chiese per anni di essere mandato
come missionario in Cina e arrivò
da noi nel 1993, primo missionario
della nuova generazione di arditi
testimoni del Vangelo in queste
terre” dice di lui don Lanfranco Fe-
drigotti, Direttore della Casa Ispet-
toriale di CIN. Di don Pinet egli sot-
tolinea ancora “l’indomita fede e il
coraggio” manifestati in oltre un
ventennio di servizio alla gioventù
cinese, così come “la fervente pre-
ghiera, la speranza rocciosa, l’in-
stancabile lotta” nell’epoca della
malattia.
Sempre dalla casa di Hong Kong,
don Roberto Tonetto riporta: “Ho
ancora negli occhi la grande deli-
catezza del suo servizio… Per lui
non ho che parole di ammirazione
e di ringraziamento. Sono sicuro
che don Alain sia in Paradiso: la
malattia lo ha unito a Gesù sulla
croce e la sua accettazione di Fede,
sempre positiva, è stata la sua ri-
sposta”.
Un altro messaggio di cordoglio è
arrivato dall’Ispettore di Francia e
Belgio Sud, don Daniel Federspiel:
“È una persona che personalmente
ho sempre apprezzato, fin dai suoi
primi anni nella Congregazione
(siamo della stessa generazione) e
durante le sue visite in Belgio e in
Ispettoria”.
Il Direttore dell’ANS, don Harris
Pakkam, da parte sua afferma:
“Non si è mai lamentato di nulla,
neanche nei momenti più dolo-
rosi, e diceva che la malattia era
un’opportunità per soffrire un po’
con Gesù. Portava sempre gioia a
tutti: appena entrato all’ospeda-
le dovette stare quasi due giorni
su una barella in attesa, senza
nemmeno un cuscino, ma invece
di lamentarsi aveva formato un
capannello di persone attorno a
sé a cui trasmetteva buonumore.
E un’altra volta animò la festa di
un paziente, compagno di stanza,
che festeggiava il compleanno. Era
una persona sensibile e generosa
e amava oltremodo la Cina e tutto
quello che gliela ricordava: festeg-
giava anche il Capodanno lunare,
voleva mangiare sempre con le
bacchette...”.
“È stato un testimone del Cristo
crocifisso in mezzo a noi. Lo tro-
vavamo spesso in cappella a me-
ditare con gli occhi fissi su Cristo.
Conosceva la gravità della sua
malattia, e ha saputo abbando-
narsi al mistero di Cristo risorto,
ogni giorno che lottava contro il
cancro. Diceva che se fosse gua-
rito avrebbe voluto insegnare dei
canti in francese al Sacro Cuore e
a Maria ai confratelli della comu-
nità. Ora sono certo che canta con
il Cristo risorto, con gli angeli e i
santi, il canto della Gloria eterna”
ha manifestato don Gildasio Men-
des, Consigliere Generale per la
Comunicazione Sociale.
L’ultimo pensiero su don Pinet lo
ha espresso il cardinale Á.F. Arti-
me, che nel presiederne le esequie
ha rimarcato anch’egli la testimo-
nianza di gioiosa vita salesiana e
la sofferenza vissuta in unione con
Cristo, e per questo, confidando
nella fedeltà di Dio Padre, si è det-
to certo della presenza di don Pinet
nel Giardino del Cielo.
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IL CRUCIPUZZLE
Roberto Desiderati
Scoprendo
DON BOSCO
Parole di 3 lettere: Kmq, Tue, Vie.
Parole di 4 lettere: Afro, Dong,
Sano, Tell.
Parole di 5 lettere: Alain, Cover,
Fatui, Ficus, Fitti, Steno, Trote.
Parole di 6 lettere: Aspide, Editor,
Enigmi, Inizio, Irriso, Tafano, Uzbeki.
Parole di 7 lettere: Katanga.
Parole di 8 lettere: Golfista.
Parole di 9 lettere: Essiccato.
Parole di 10 lettere: Amarognolo,
Gazzettino, Orripilare, Prestanome,
? Inserite nello schema le parole elencate a fianco, scrivendole da sinistra a destra e/o dall’alto in basso, Ristorarsi.
compatibilmente con le lunghezze e gli incroci. A gioco ultimato risulteranno nelle caselle gialle le Parole di 12 lettere: Perifrastica.
?
parole contrassegnate dalle tre X nel testo. La soluzione nel prossimo numero.
Parole di 14 lettere:
La soluzione nel prossimo numero.
Epistemologico.
STORIA DI VENERATE SPOGLIE
È comprensibile pensare che, se la vita di don Bosco sia stata una vita straordinaria e
ricca di esperienze, altrettanto fuori dal comune sia stata la storia delle sue spoglie,
almeno nei primi anni fin quando trovarono la giusta collocazione. È risaputo che at-
tualmente queste riposino nella Basilica di Santa Maria Ausiliatrice. E, si direbbe, che
riposino in ottima compagnia: la compagnia di XXX di personaggi molto importanti
per i salesiani come don Michele Rua, successore di don Bosco, san Domenico Savio,
il quindicenne allievo di don Bosco o di Maria Mazzarello, fondatrice delle Figlie di
Maria Ausiliatrice. Ma non fu così dal principio: alla morte di don Bosco, avvenuta il 31
gennaio del 1888, don Rua accolse il suggerimento del primo ministro del regno, Francesco Crispi, di tumularlo nel collegio salesiano di
Valsalice, situato in una zona extraurbana, per non contravvenire alle norme della polizia cimiteriale cittadina. Quindi venne approntata
una custodia sul pianerottolo della scala che scendeva dal giardino superiore al porticato, e lì la salma di don Bosco fu collocata. In breve
tempo si costruì, su disegno dell’architetto Vigna, un’edicola in stile neogotico. L’ambiente fu decorato con affreschi e la tomba ricoperta
Soluzione del numero precedente
da una lastra con un bassorilievo raffigurante il santo disteso con i paramenti sacerdotali. Nel
1929 fu proclamato beato e traslato, con grande festa, da Valsalice alla Basilica di Maria Ausi-
liatrice. La cappella rimase a ricordare ciò per cui era stata costruita e ugualmente venerata. In
quella occasione, venne realizzata una teca, naturalmente trasparente, per il trasporto e per la
sosta in attesa che venisse costruito l’altare a lui consacrato nel braccio destro del transetto. Nel
1934 fu canonizzato e le spoglie collocate in una cassa con i lati lunghi di vetro in modo tale che
fosse visibile dalla chiesa e dal ricettacolo posteriore.
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LA BUONANOTTE
B.F.  Disegno di Fabrizio Zubani
Il TRONO
dell’ALTISSIMO
U na graziosa leggenda
natalizia racconta che i
pastori di Betlemme, dopo
dimento e di ringraziamento. Allora, a Gesù il calore e il sostegno delle
sorridendo, affidò il Bambino Gesù sue braccia. In quella notte santa, in
al pastorello che le stava accanto. Il cui l’impossibile diventava possibi-
aver udito l’annuncio degli angeli, ragazzino spalancò le braccia e ac- le le sue braccia divennero il trono
infilarono nelle loro bisacce i
colse con tutta la felicità del mondo dell’Altissimo.
prodotti migliori del loro lavoro,
il piccolo fagotto che gorgogliava
Lui che non aveva niente, neanche
profumati formaggi, miele, latte e tranquillo.
le scarpe, portò sulle sue braccia,
dolci, e si misero in cammino per Così il piccolo pastore che credeva accanto al suo cuore, il dono di Dio
portarli come dono al neonato Re di non aver niente da dare, donò
all’umanità.
?
dei Re.
Un bambino curioso e vivace,
svegliato dal trambusto, partì con
i pastori. Dopo un po’ il ragazzino
si accorse di essere l’unico a mani
vuote, anche perché non possedeva
nient’altro che il suo povero vesti-
to. Non aveva neanche le scarpe.
Si sentì molto a disagio e marciava
mogio mogio in coda al gruppo di
pastori.
Quando arrivarono nel luogo
indicato dagli angeli, si affollarono
intorno a Giuseppe e a Maria, che
cullava il bambino.
Il pastorello si infilò tra le gambe
dei pastori, arrivò vicino vicino
a Maria e rimase lì a guardare la
scena con gli occhi sgranati e la
bocca aperta.
I pastori si accalcavano per conse-
gnare a Maria i loro doni e Maria,
che aveva il neonato in braccio, era
in difficoltà a prendere in mano i
generosi fardelli, in segno di gra-
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