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Rivista fondata da
S. Giovanni Bosco
nel 1877
SINODO DEI GIOVANI
il documento finale
OTTOBRE
2024

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I FIORETTI DI DON BOSCO
B.F.
La CHIAVE
C’ era un nuovo cappellano
nella chiesa di Morialdo,
non lontana dai Becchi. Si
chiamava don Giovanni Calosso.
Era un buon prete che era rimasto
impressionato dall’intelligenza di
Giovanni e si era offerto di dargli
delle lezioni.
Giovanni aveva ormai quattordi-
ci anni e tra una lezione e l’altra
lavorava come i fratelli, ma Antonio
continuava a vessarlo, lo prendeva in
giro, gli strappava di mano i libri.
«È ora di farla finita con questa
grammatica. Io sono diventato
grande e grosso e non ho mai avuto
bisogno di libri».
Quella volta, Giovanni scattò: «An-
che il nostro asino non è mai andato
a scuola, ed è più grosso di te!»
E poi via di corsa per evitare i pugni
di Antonio, che, in ogni caso, non
l’avrebbe mai raggiunto.
Per Giovanni le lezioni di don Ca-
losso furono una rivelazione.
«Provai per la prima volta la sicu-
rezza di avere una guida, un amico
dell’anima. Mi incoraggiò ad andare
con frequenza alla Confessione e alla
Comunione. Mi insegnò a fare ogni
giorno una piccola meditazione o
una lettura spirituale. In quel tempo
ho cominciato a provare la gioia di
avere una vita spirituale. Fino allora
avevo vissuto molto materialmente,
quasi come una macchina che fa una
cosa ma non sa perché».
Furono sette magnifici mesi. «Avevo
una gioia che nessuno può imma-
ginare. Volevo bene a don Calosso
come a un papà. Negli studi, facevo
più progressi con lui in un giorno che
a casa in una settimana. Più volte mi
disse: “Non preoccuparti per l’av-
venire. Finché vivrò non ti lascerò
mancare niente. E se morirò, pen-
serò io stesso al tuo futuro”. Tutto
andava molto bene. Ero pienamente
felice».
All’improvviso tutto finì.
Don Calosso venne colpito da un ic-
tus. Giovanni corse da lui. Il vecchio
prete non poteva più parlare. Con la
mano tremante tese al giovane allie-
vo la chiave del suo scrigno e gli fece
segno di non darla a nessuno. Morì
due giorni dopo.
Gli eredi arrivarono. Lo scrigno
conteneva seimila lire. Giovanni lo
sapeva. Don Calosso le aveva messe
da parte perché lui potesse portare a
termine gli studi.
Giovanni consegnò la chiave e
«tutto il resto». Sono le sue precise
parole.
«Tutto il resto» diventerà il suo mot-
to (in latino naturalmente), ma in
quel momento «tutto il resto» erano
le sue speranze, il suo futuro.
Attraverso il velo delle lacrime, si
fermò a guardare l’orizzonte dentato
delle montagne e la magica pirami-
de del Monviso. Ancora una volta
strinse i pugni. Non era quello il suo
orizzonte. Più in là. «So che devo
andare più in là».
«In quel tempo feci un altro sogno.
Vidi una persona che mi sgridò seve-
ramente, perché avevo messo la mia
speranza più negli uomini che nella
bontà di Dio, nostro Padre».
In fondo al cuore sapeva che erano in
due a non abbandonarlo. La Signora
del sogno e la mamma.
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ottobre 2024

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Rivista fondata da
S. Giovanni Bosco
nel 1877
SINODO DEI GIOVANI
il documento finale
OTTOBRE
2024
OTTOBRE 2024
ANNO CXLVIII
NUMERO 9
Mensile di informazione e cultura
religiosa edito dalla Congregazione
Salesiana di San Giovanni Bosco
La copertina: Il Sinodo dei Giovani:
un avvenimento straordinario (Foto Ans).
2 I FIORETTI DI DON BOSCO
4 IL MESSAGGIO DEL VICARIO
6 IL NOSTRO SINODO
La speranza siamo noi
10 TEMPO DELLO SPIRITO
12 EROI
Don Patagonia
17 I NOSTRI LIBRI
18 CREATIVITÀ
Chioggia
20 IN PRIMA LINEA
Ucraina
24 DON BOSCO NEL MONDO
Gli strumenti
della missione salesiana
28 LE CASE DI DON BOSCO
Avigliana
32 FMA
34 COME DON BOSCO
Rispondere ai perché
36 LA LINEA D’OMBRA
38 LA STORIA SCONOSCIUTA DI DON BOSCO
40 I NOSTRI SANTI
41 IL LORO RICORDO È BENEDIZIONE
42 IL CRUCIPUZZLE
43 LA BUONANOTTE
6
20
24
Il BOLLETTINO SALESIANO
si stampa nel mondo in 64
edizioni, 31 lingue diverse
e raggiunge 132 Nazioni.
Direttore Responsabile:
Bruno Ferrero
Segreteria: Fabiana Di Bello
Redazione:
Il Bollettino Salesiano
Via Marsala, 42 - 00185 Roma
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Hanno collaborato a questo
numero: Roberto Albertini, Agenzia Ans,
Pierluigi Cameroni, Silvia Casson, Roberto
Desiderati, Emilia Di Massimo, Antonio
Labanca, Carmen Laval, Cesare Lo Monaco,
Natale Maffioli, Stefano Martoglio,
Alessandra Mastrodonato, Francesco
Motto, Marcella Orsini, Pino Pellegrino,
Kisten Preston, Fabrizio Zubani.
Diffusione e Amministrazione:
Alberto Rodriguez M.
Fondazione
DON BOSCO NEL MONDO ONLUS
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i lavoratori.

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IL MESSAGGIO DEL VICARIO
Don Stefano Martoglio
Il nostro
ANNUALE REGALO
Tradizionalmente come Famiglia Salesiana riceviamo ogni anno
la strenna; un regalo di inizio anno, ed in queste poche righe
mi è caro guardare dentro a questo dono per accoglierlo come
merita, senza perder nulla della freschezza del dono.
Un dono, perché prima di tutto, strenna
vuol dire: ti faccio un regalo! Ti regalo
una cosa importante per celebrare un
tempo nuovo, un anno nuovo. Così la
pensò don Bosco e la consegnò a tutti i giovani e
gli adulti che stavano con lui.
Questo dono, la strenna, voglio consegnartela per
l’inizio dell’anno nuovo, di un tempo nuovo.
Bello ed importante questo: un anno nuovo,
un tempo nuovo è un contenitore in cui
staranno tutti gli altri contenuti. L’anno
che verrà non è uguale a quelli che hai
vissuto finora, l’anno nuovo necessita uno
sguardo nuovo per viverlo in pie-
nezza; perché l’anno nuovo
non tornerà! Ogni tempo
è unico perché noi siamo
diversi dallo scorso anno,
da come eravamo l’anno
scorso. La strenna è pre-
pararsi a questo tempo
nuovo, cominciando a
guardare dentro a questo
nuovo anno, mettendo in
luce alcune cose che di questo
anno saranno parte importante.
Il filo rosso
Il dono del tempo, della vita; nella vita il dono di
Dio e tutti gli altri doni dentro: persone situazioni,
occasioni, relazioni umane. Dentro questo provvi-
denziale modo di vedere il dono del tempo e della
vita la strenna, dono che don Bosco… e dopo di lui
i suoi successori fanno ogni anno a tutta la Fami-
glia Salesiana… è uno sguardo sull’anno nuovo, sul
tempo nuovo, per vederlo con occhi nuovi.
La strenna è un aiuto a vedere il tempo che ver-
rà mettendo a fuoco un filo rosso che guida
questo tempo nuovo: il filo rosso che la stren-
na ci dona è la Speranza. Importante anche
questo! L’anno nuovo sicuramente avrà moltis-
sime cose, ma tu non disperderti! Co-
mincia a pensare a quanto è impor-
tante… non disperderti, raccogli!
Gli eventi che la strenna del 2025
mette in risalto sono eventi glo-
bali o particolari che ci coinvol-
gono, perché li viviamo bene:
il giubileo ordinario
dell’anno 2025: un Giubileo
è un evento di Chiesa che, nella
tradizione Cattolica, il Santo Padre ci
dona. Vivere il Giubileo è vivere que-
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sto pellegrinaggio che la Chiesa ci offre per ri-
mettere al centro della nostra vita e della vita del
Mondo la presenza del Cristo. Il giubileo di papa
Francesco ha un tema generatore: Spes non con-
fundit! La Speranza non delude! Che meraviglia
di tema generatore! Se di una cosa ha bisogno il
Mondo in questo momento difficile è proprio la
Speranza, ma non la speranza di quanto credia-
mo di poter fare da soli noi stessi, con il rischio
che diventi un’illusione. La Speranza della ri-
scoperta della Presenza di Dio.
La Speranza ci rende pellegrini, il Giubileo è
pellegrinaggio! Ti mette in moto dentro, altri-
menti non è Giubileo. Dentro questo evento di
Chiesa che ci fa sentire Chiesa noi, come Con-
gregazione Salesiana e come Famiglia Salesiana,
abbiamo un anniversario importante: nel 2025
ricorre
il 150° della prima spedizione missionaria in
Argentina.
Don Bosco, a Valdocco, butta il cuore oltre ogni
confine: manda i suoi figli dall’altra parte del
mondo! Li manda, oltre ogni sicurezza umana,
li manda quando non ha nemmeno quelli che gli
servirebbero per portare avanti ciò che aveva co-
minciato.
Li manda e basta! Alla Speranza si obbedisce, per-
ché la Speranza guida la Fede e mette in moto la
Carità. Li manda ed i primi confratelli partono e
vanno, dove nemmeno loro sapevano! Da lì siamo
nati tutti noi, dalla Speranza che ci mette in cam-
mino e ci rende pellegrini.
Questo anniversario va celebrato, come ogni an-
niversario, perché ci aiuta a riconoscere il Dono,
(non è una tua proprietà, ti è stato dato in dono) a
ricordare e a dare forza per il tempo che verrà della
energia della Missione.
La Speranza fonda la Missione, perché la Speran-
za è una responsabilità che non puoi nascondere né
tenere per te! Non tenere nascosto quanto ti è dona-
to; riconosci il donatore e consegna con la tua vita
quanto ti è stato donato alle generazioni successive!
Questa è la vita della Chiesa, la vita di ciascuno di
noi.
San Pietro che vedeva lungo, nella sua prima lette-
ra scrive: “Siate sempre pronti a rispondere a chiun-
que vi chieda conto della speranza che è in voi!” (1
Pt, 3,15). Dobbiamo pensare che rispondere non
sono parole, è la vita che risponde!
Con la speranza che è in te, vivi e prepari questo
nuovo anno che verrà, un cammino con i giovani,
con i fratelli per rinnovare il Sogno di don Bosco
ed il Sogno di Dio.
Il nostro stemma
«Sul mio labaro brilla una stel-
la» si cantava un tempo. Sul
nostro stemma oltre alla
stella, campeggiano una
grande ancora e un cuore
infiammato.
Ecco alcune immagini
semplici per cominciare a
muovere il nostro cuore
verso il tempo che verrà,
“Ancorati nella speranza,
pellegrini con giovani”. Anco-
rati è un termine molto forte: l’ancora è la salvezza
della nave nella tempesta, fermi, forti, radicati nel-
la Speranza!
Dentro questo tema generatore ci sarà tutta la
nostra vita quotidiana: persone, situazioni, de-
cisioni… il “micro” di ognuno di noi che si salda
con il “macro” di quanto tutti insieme vivremo…
consegnando a Dio il dono di questo tempo che
ci è donato. Perché alla Strenna che tutti ricevere-
mo devi aggiungere la tua parte; il tuo quotidiano
che saprai illuminare con quanto abbiamo scritto
e riceveremo, altrimenti non è una Speranza, non
è ciò su cui si fonda la tua vita e non ti mette in
“movimento” rendendoti Pellegrino.
Questo cammino lo affidiamo alla Madre del Si-
gnore, Madre della Chiesa e Ausiliatrice nostra;
Pellegrina di Speranza insieme a noi.
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IL NOSTRO SINODO
I giovani
La speranza siamo noi
Documento
finale del
SINODO
dei GIOVANI
2024
Il Sinodo realizzato da
293 giovani, rappresentanti
di 83 Paesi delle 7 Regioni
salesiane, è stato un’esperienza
di preghiera, di vita comune
e di riflessione che ha avuto
come ispirazione il sogno di
don Bosco all’età di nove anni
in occasione del suo 200°
anniversario e della sua
continua attualità.
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PARTE 1
1. Desideriamo trovare la strada e il sogno che Dio
ha su ciascuno di noi: la nostra vocazione.
Essa consiste nel comprendere qual è la volontà
di Dio lì dove siamo, in un dialogo che rispetta
sempre la nostra libertà personale.
2. Sogniamo persone disponibili a un cammino di ac-
compagnamento spirituale, capaci di un confronto
che permetta di decifrare il sogno di Dio su di noi.
Siamo grati per il dono di avere incontrato per-
sone che ci hanno infuso fiducia e speranza, of-
frendoci dei modelli di vita buona e felice.
Attraverso questo cammino, confidiamo che si
moltiplichino i frutti del percorso che il Signore
ci ha preparato ed evitiamo il rischio dell’autore-
ferenzialità.
3. Sogniamo di vivere una vita che porti alla sal-
vezza delle anime e alla verità, non attraver-
so grandi rivoluzioni, ma tramite un impegno
costante, fatto di piccoli passi quotidiani: brevi
progressi graduali ogni giorno, azioni semplici e
costanti verso un obiettivo molto grande.
Siamo chiamati a lasciare un segno di amore,
anche piccolo, che se fatto in comunione con
Dio, può davvero cambiare il mondo intero.
4. Sogniamo una vita piena e felice: sogniamo la
santità.
Riconosciamo che alla base della santità c’è la ca-
pacità di leggere con gli occhi di Dio la nostra vita,
secondo il criterio dell’amore e del dono di sé.
Santità e vocazione sono due facce della stessa
medaglia.
5. Nessuno si salva da solo.
Per questo, crediamo che le relazioni con la no-
stra famiglia, i nostri amici e il prossimo ci aiu-
tino a scoprire, condividere e realizzare i nostri
sogni.
Tra tutte, le relazioni autentiche sono quelle in
cui evitiamo l’autoreferenzialità, mettiamo al
centro l’altro, ci disponiamo al servizio.
L’aiuto di una guida ci permette di puntare sem-
pre in alto, riconoscendo nella relazione con gli
altri la manifestazione di Dio.
L’entusiasmo
e la passione
dei giovani
partecipanti.
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IL NOSTRO SINODO
PARTE 2
1. Sogniamo una Chiesa come luogo vibrante di
fede e con Cristo al centro. Una Chiesa che non
ha paura di fare proposte di qualità, forti, co-
raggiose, che portino i giovani a fare delle scelte
decisive per la propria vita.
2. Sogniamo una Società che promuova le pari op-
portunità per tutti e in particolare si prenda cura
degli ultimi e degli emarginati. Contro la dif-
fusa “cultura dello scarto” vogliamo impegnarci
in modo più attivo e rilevante nel rinnovamento
sociale e istituzionale: la partecipazione sociale e
politica permette di riconoscere le vere prio­rità e
collaborare nel lavoro in difesa degli ultimi.
3. Sogniamo una collaborazione più intensa tra la
Chiesa e la Società, perché possano farsi insieme
promotori dei diritti di ciascuno, riconoscendosi
entrambe parte di un’unica missione a servizio
dell’uomo.
All’interno di questa relazione, sempre ed ovun-
que la vita e la dignità umana siano riconosciute,
rispettate e tutelate.
4. Sogniamo una Società che ritorni a riconoscere
ciascuno come persona, e non come un numero o
un semplice consumatore di servizi.
In questo contesto, riteniamo che le fragilità e le
vulnerabilità possano essere preziose per il cam-
mino personale di ciascuno.
Desideriamo una Società che non crei ansie da
prestazione spingendo sulla performance e sui
risultati, che non chieda ai giovani di essere
sempre “al top” ma permetta loro di trovare il
proprio posto nel mondo con verità.
Come strumento utile a questo scopo si favori-
sca, dove ritenuto opportuno, non solo un ac-
compagnamento spirituale, ma anche quello
psicologico.
5. Sogniamo una Chiesa in missione lì dove siamo,
presenza viva di Cristo nel territorio in cui vi-
viamo.
Una missione fatta principalmente di ascolto e
di osservazione attenta, per poter rispondere alla
realtà contemporanea.
Per questo, sogniamo una Chiesa in cammino e
al passo con i tempi, che rivolga il suo sguardo
a tutti, accogliendoli con un’attenzione persona-
lizzata e nello stesso tempo senza abbassare la
proposta evangelica.
6. Sogniamo una Chiesa in cui trovare delle per-
sone mature e capaci di accompagnare e guidare
i giovani nelle domande della sfera affettiva e
sessuale.
Questo accompagnamento è basato su un clima
non giudicante e accogliente per ciascuno nel ri-
spetto di una verità dell’amore.
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PARTE 3
1. Sogniamo un mgs che rimetta sempre Cristo
al centro, come voleva don Bosco. Un mgs “in
movimento”, perché raggiunga tutti i paesi del
mondo, arrivando anche ai giovani che non lo
conoscono. La Spiritualità Giovanile Salesiana
è strada accessibile e sicura per un incontro pro-
fondo e personale con Gesù.
2. Sogniamo un mgs guidato dal protagonismo
giovanile, in cui cioè i giovani sono all’opera e
a servizio per altri giovani. In questo servizio, i
giovani educatori insieme ai sdb e alle fma pro-
gettino e realizzino percorsi e non solo eventi.
In questi cammini, si cerchi di rispondere ai so-
gni, ai desideri, ai bisogni e ai problemi profondi
di ciascun giovane che incontriamo.
3. Sogniamo che il mgs possa essere sempre più
occasione di incontro e di formazione integrale a
livello personale, professionale e spirituale. De-
sideriamo che questa formazione abbia alcune
caratteristiche:
aiuti a entrare e giudicare meglio la realtà, non
ad evitarla e fuggirla;
sia integrale ed eviti i “compartimenti stagni”,
integrando realisticamente la tecnologia e le
nuove metodologie nelle attività di formazione;
formi anche nel lavoro e all’impegno profes-
sionale, prendendosi cura del futuro dei giovani
e aiutandoli a un pieno inserimento nella società
come “buoni cristiani e onesti cittadini”.
4. Sogniamo che il mgs continui ad essere un luo-
go di incontro per molti giovani, in cui vivere
amicizie e costruire relazioni strette e di fiducia.
Siamo convinti che la relazione, se autentica, è
spazio per trovare se stessi e la propria identità.
Per questo, vogliamo che il mgs aiuti a crescere
nelle diverse competenze, inclusa la capacità di
costruire relazioni con gli altri e di rivelare i ta-
lenti che il Signore ha posto in noi.
5. Sogniamo un mgs più presente, visibile e a ser-
vizio con la Chiesa, per la Chiesa e nella Chiesa,
aperto agli altri movimenti giovanili cristiani e
alle diocesi, evitando quindi l’isolamento. Vo-
gliamo impegnarci ad essere più aperti ed ac-
cessibili anche verso le persone non appartenenti
al mondo salesiano, così che il mgs sia casa per
tutti.
Sogniamo infine che il mgs sia più presente nei
tavoli ecclesiali, a tutti i livelli, per potersi sentire
di più parte della Chiesa, valorizzando e condi-
videndo il proprium del carisma salesiano.
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TEMPO DELLO SPIRITO
Carmen Laval
Le VIRTÙ consigliate
da PAPA FRANCESCO
La prudenza
La persona prudente è creativa: ragiona, valuta,
cerca di comprendere la complessità del reale e non
si lascia travolgere dalle emozioni, dalla pigrizia,
dalle pressioni, dalle illusioni. In un mondo domi-
nato dall’apparire, dai pensieri superficiali, dalla
banalità sia del bene sia del male, l’antica lezione
della prudenza merita di essere recuperata.
La persona prudente sa custodire la memoria del
passato, non perché ha paura del futuro, ma perché
sa che la tradizione è un patrimonio di saggezza. E
la persona prudente è anche previdente. Una volta
decisa la meta a cui tendere, bisogna procurarsi tut-
ti i mezzi per raggiungerla.
e papà, lavoratori, medici e infermieri, ammalati
che ogni giorno, nel nascondimento, abbelliscono
il mondo con una santa pazienza! Come afferma la
Scrittura, «è meglio la pazienza che la forza di un
eroe» (Pr 16,32). Tuttavia, dobbiamo essere onesti:
siamo spesso carenti di pazienza. Nel quotidiano
siamo impazienti, tutti. Ne abbiamo bisogno come
della “vitamina essenziale” per andare avanti, ma ci
viene istintivo spazientirci e rispondere al male con
il male: è difficile stare calmi, controllare l’istinto,
trattenere brutte risposte, disinnescare litigi e
conflitti in famiglia, al lavoro o nella comunità
cristiana. Subito viene la risposta, non siamo capaci
di essere pazienti.
La pazienza
Si potrebbe allora dire che non c’è migliore testimo-
nianza dell’amore di Gesù che incontrare un cristia-
no paziente. Ma pensiamo anche a quante mamme
La giustizia
È la virtù del diritto, che cerca di regolare con
equità i rapporti tra le persone. Il suo fine è che
in una società ognuno sia trattato secondo la sua
dignità. La giustizia è una virtù per una buona
convivenza delle persone. È una virtù che agisce
tanto nel grande, quanto nel piccolo: non riguar-
da solo le aule dei tribunali, ma anche la nostra
vita quotidiana. L’uomo giusto è retto, semplice
e schietto, non indossa maschere, si presenta per
quello che è, ha un parlare vero. Sulle sue labbra si
trova spesso la parola “grazie”: sa che, per quanto ci
sforziamo di essere generosi, restiamo sempre debi-
tori nei confronti del prossimo. Se amiamo, è anche
perché siamo stati prima amati.
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La fortezza
Ecco, dunque, la più “combattiva” delle virtù. Se la
prima delle virtù cardinali, vale a dire la prudenza,

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era soprattutto associata alla ragione dell’uomo;
e mentre la giustizia trovava la sua dimora nella
volontà; questa terza virtù, la fortezza, è spesso
legata dagli autori scolastici a ciò che gli anti-
chi chiamavano “appetito irascibile”.
Il pensiero antico non ha imma-
ginato un uomo senza passioni:
sarebbe un sasso. Un cri-
stiano senza coraggio,
che non piega al bene
la propria forza, che
non dà fastidio a
nessuno, è un cri-
stiano inutile.
La temperanza
La temperanza, come dice la
parola italiana, è la virtù della
giusta misura. La persona temperante sa pesare e
dosare bene le parole. Pensa a quello che dice. Non
permette che un momento di rabbia rovini relazio-
ni e amicizie che poi solo con fatica potranno essere
ricostruite. Specialmente nella vita familiare, dove
le inibizioni si abbassano, tutti corriamo il rischio
di non tenere a freno tensioni, irritazioni, arrab-
biature. C’è un tempo per parlare e un tempo per
tacere, ma entrambi richiedono la giusta misura. E
questo vale per tante cose, ad esempio lo stare con
gli altri e lo stare da soli.
La fede
La fede è la virtù che fa il cristiano. Perché essere
cristiani non è anzitutto accettare una cultura, con
i valori che l’accompagnano, ma essere cristiano è
accogliere e custodire un legame, un legame con
Dio: io e Dio; la mia persona e il volto amabile di
Gesù. Questo legame è quello che ci fa cristiani.
La speranza
La speranza è una virtù contro cui pecchiamo
spesso: quando ci abbattiamo davanti ai nostri pec-
cati, dimenticando che Dio è misericordioso ed è
più grande del nostro cuore. Non dimentichia-
mo questo, fratelli e sorelle: Dio perdona tutto,
Dio perdona sempre. Quando l’amore di Dio
cessa di essere un fuoco eterno e non abbiamo
il coraggio di prendere decisioni che
ci impegnano per tutta la vita.
L’amore
I cristiani dell’antichità
avevano a disposi-
zione diverse parole
greche per definire
l’amore. Alla fine,
è emerso il vocabolo
agape”, che normal-
mente traduciamo con
“carità”. Perché in verità i
cristianisono capaci di tutti gli amori
del mondo: anche loro si innamorano, più o meno
come capita a tutti. Anche loro sperimentano la
benevolenza che si prova nell’amicizia. Anche
loro vivono l’amor di patria e l’amore universale
per tutta l’umanità. Ma c’è un amore più grande,
un amore che proviene da Dio e si indirizza verso
Dio, che ci abilita ad amare Dio, a diventare suoi
amici, ci abilita ad amare il prossimo come lo ama
Dio, con il desiderio di condividere l’amicizia con
Dio. Questo amore, a motivo di Cristo, ci spinge
là dove umanamente non andremmo: è l’amore
per il povero, per ciò che non è amabile, per chi
non ci vuole bene e non è riconoscente. È l’amore
per ciò che nessuno amerebbe; anche per il nemi-
co. Anche per il nemico.
L’umiltà
L’umiltà è la grande antagonista del più mortale
tra i vizi, vale a dire la superbia. Mentre l’orgoglio
e la superbia gonfiano il cuore umano, facendoci
apparire più di quello che siamo, l’umiltà riporta
tutto nella giusta dimensione: siamo creature me-
ravigliose ma limitate, con pregi e difetti. L’umiltà
è la porta d’ingresso di tutte le virtù.
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EROI
Sceneggiatura, testo e disegni di Roberto Albertini
DON PATAGONIA
a -Deagostini OK copia:Layout 1 14/05/24 14:48 Pagina 1
Il salesiano alla “fin del Mundo”
Fratello di Giovanni, fondatore dell’Istituto Geografico
che ne porta il cognome, Alberto Maria De Agostini
nasce in Piemonte, a Pollone, il 2 novembre 1883...
Roberto Albertini
“DON PATAGONIA”
Il salesiano alla “fin del Mundo”
a -Deagostini OK copia:Layout 1 14/05/24 14:48 Pagina 3
CRESCIUTO AI PIEDI DELLE
ALPI VICINO A BIELLA, CULLA
DELL’ALPINISMO ITALIANO,
CRESCE IN LUI LA PASSIONE
PER LA MONTAGNA, PER I
GRANDI SPAZI E LE AREE
INESPLORATE: GIÀ SULLE
VETTE DI CASA SI DISTINGUE,
NONOSTANTE LA GIOVANE ETÀ,
COME ESPERTO SCALATORE,
CONIUGANDO L’AZIONE
ALLA RICERCA, ALLA
SCRITTURA E ALLA
DOCUMENTAZIONE
FOTOGRAFICA.
a -Deagostini OK copia:Layout 1 14/05/24 14:48 Pagina 4
FOLGORATO DALLA VITA
E DALLE OPERE DEL PRETE
TORINESE DON GIOVANNI
BOSCO, NEL 1909, ALL’ETÀ
DI VENTISEI ANNI, VIENE
CONSACRATO SACERDOTE
NELLA SOCIETÀ SALESIANA.
LASCIA PRESTO L’ITALIA
PER RECARSI MISSIONARIO
IN UNA DELLE REGIONI PIÙ
INOSPITALI DEL MONDO:
LA TERRA DEL FUOCO, IN SUD
AMERICA.
a -Deagostini OK copia:Layout 1 14/05/24 14:48 Pagina 5
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IL FUTURO SANTO DEI GIOVANI AVEVA PARLATO DI QUELLE
TERRE LONTANE CON UNA CONOSCENZA SUPERIORE AL COMUNE:
NEI SUOI SOGNI PROFETICI AVEVA AVUTO UNA VISIONE
DELLE BELLEZZE NATURALI ANCORA NASCOSTE NELLE REGIONI
INTERNE DELLA PATAGONIA E DELLA TERRA DEL FUOCO.
L’11 NOVEMBRE 1875, NELLA BASILICA DI MARIA
AUSILIATRICE DI TORINO, DON BOSCO AVEVA
BENEDETTO LA PRIMA SPEDIZIONE MISSIONARIA
SALESIANA CON DESTINAZIONE L’ARGENTINA E LA
PATAGONIA.
CAPITANATA DA DON GIOVANNI CAGLIERO (CHE
DIVENTERÀ VESCOVO), ERA COMPOSTA DA ALTRI
CINQUE SACERDOTI (TRA I QUALI GIUSEPPE
FAGNANO, ANIMO DI PIONIERE ED EX GARIBALDINO)
E DA 4 COADIUTORI.

2.3 Page 13

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I GIOVANI MISSIONARI SI SAREBBERO
INNANZITUTTO DOVUTI OCCUPARE DEGLI ITALIANI
EMIGRATI IN ARGENTINA CHE VIVEVANO NELLA PIÙ
DEPLOREVOLE IGNORANZA, POI AVREBBERO INIZIATO
L’EVANGELIZZAZIONE DELLA PATAGONIA.
AL TERMINE DELLA CERIMONIA DON BOSCO, IN
LACRIME, DIEDE AI PARTENTI IL SUO ABBRACCIO
PATERNO.
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NELL’OTTOBRE DEL 1909 IL
GIOVANE GIUNGE A PUNTA
ARENAS, NELLA REGIONE
ANTARTICA DEL CILE.
QUI TROVA I SUOI FRATELLI
IMPEGNATI NEL TENTATIVO
DI SALVARE DALL’ANNIENTAMENTO GLI
ULTIMI NUCLEI DEI NATIVI AD OPERA
DEGLI AVVENTURIERI.
È QUI CHE, PER LA PRIMA VOLTA,
VEDE I PINGUINI: NON AVENDO
CAPACITÀ PREDITTIVE, NON SA
CHE, MOLTI ANNI DOPO, QUEI
BUFFI, ESOTICI UCCELLI SARANNO
I PROTAGONISTI DEL FILM
DEDICATO ALLE SUE ESPLORAZIONI,
COMPARENDO NEL MANIFESTO DI
“TERRE MAGELLANICHE - ARTISTICO
FILM DAL VERO DI ALBERTO
DE AGOSTINI”.
IN QUEL PROFONDO SUD VIVEVANO ANTICHE
POPOLAZIONI: I TEHUELCHES, A NORD DELLO
STRETTO, GLI ONAS (O SELK’NAM) SUL LATO
ARGENTINO, GLI YAMANAS (O YAGAN) TRA
CILE E ARGENTINA E GLI ALAKALUFE SUL LATO
CILENO.
ESTRANEI A OGNI PROGRESSO, IL LORO
SOSTENTAMENTO ERA COSTITUITO
PREVALENTEMENTE DALLA CACCIAGIONE,
SPECIE DEI GUANACHI, DI CUI SI CIBAVANO
OLTRE A USARE LA LORO PELLE PER COPRIRE IL
LORO CORPO E LE LORO TENDE.
ottobre 2024
13

2.4 Page 14

▲torna in alto
EROI
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ALCUNE TRIBÙ SI RIBELLARONO COMBATTENDO CONTRO GLI ESERCITI RESPONSABILI
DEL GENOCIDIO MENTRE ALCUNI SALESIANI TENTANO LA MEDIAZIONE.
È LA FINE DEL XIX SECOLO E MANUEL NAMUNCURÀ, IL CAPO DEI RIBELLI MAPUCHE,
ISCRIVE IL FIGLIO ZEFFIRINO AL COLLEGIO SALESIANO "PIO IX”, CONVINTO CHE,
CON L’ISTRUZIONE, POTRÀ MIGLIORARE IL FUTURO DEL SUO POPOLO.
IN COLLEGIO IL RAGAZZO MANIFESTA UNA FORTE ATTRAZIONE PER LA FEDE
CRISTIANA DESIDERANDO DIVENTARE SACERDOTE.
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AMMALATOSI DI TUBERCOLOSI, MONSIGNOR CAGLIERO LO PORTA A
TORINO DOVE AVREBBE TROVATO CURE MIGLIORI. ZEFFIRINO VIENE
RICEVUTO DAL PAPA MA LA MALATTIA SI AGGRAVA E, RICOVERATO
ALL’OSPEDALE FATEBENEFRATELLI SULL’ISOLA TIBERINA, SI SPEGNE
ALL’ETÀ DI 18 ANNI.
ZEFFIRINO NAMUNCURÀ È IL PRIMO BEATO INDIO DEL SUDAMERICA.
I MISSIONARI SI SFORZARONO DI PRESERVARE I NATIVI
DALLO STERMINIO E DALL’INVASIONE CULTURALE
OCCIDENTALE, OSPITANDOLI IN CASE A LORO DESTINATE.
MA L’IMPRESA NON ERA FACILE, PERCHÉ I RELIGIOSI
DOVEVANO ANCHE MANTENERE UNA BUONA CONVIVENZA
CON I COLONI E CON I RICCHI PROPRIETARI DEI GRANDI
CENTRI ABITATI.
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SOLO NEL TEMPO LIBERO SI DEDICHERÀ ALLE
ESPLORAZIONI CHE LO RENDERANNO FAMOSO.
TUTTAVIA, QUEL POCO TEMPO SARÀ SUFFICIENTE
PER CONSENTIRGLI DI DOCUMENTARE TUTTI I
TERRITORI DI MAGELLANO.
SARANNO OLTRE 30MILA LE FOTOGRAFIE
PRODOTTE DAL SALESIANO DAGLI ESORDI FINO
ALLE ULTIME SPEDIZIONI IN TERRA DEL FUOCO
ALLA FINE DEGLI ANNI ’50.
14
ottobre 2024

2.5 Page 15

▲torna in alto
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IL SUO SPIRITO DI ALPINISTA È ATTIRATO DALLE IMPONENTI
VETTE DELLA CORDILLERA DARWIN, L’ULTIMA PROPAGGINE
DELLA CATENA ANDINA, NELLA TERRA DEL FUOCO.
LA VETTA PIÙ ALTA DELLA CORDILLERA DARWIN
È IL MONTE SARMIENTO, CHE SI ERGE DIRETTAMENTE DAL
MARE: INDOSSANDO UNA CERATA MILITARE PER COMBATTERE
FREDDO E UMIDITÀ, TRA IL 1913 E IL 1914 IL SALESIANO
TENTA DUE VOLTE DI RAGGIUNGERE LA VETTA, MA LE ENORMI
DIFFICOLTÀ DI AVVICINAMENTO E IL TEMPO INCLEMENTE
FANNO FALLIRE L’IMPRESA.
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DI RITORNO DAL PRIMO TENTATIVO
FALLITO AL MONTE SARMIENTO,
DE AGOSTINI SI RECA NELLA BAIA
DELL’AMMIRAGLIATO E, CON LE GUIDE
ABEL E AGUSTÍN PESSION E IL DOTTOR DE
GÁSPERI, COMPIE LA PRIMA TRAVERSATA
DELLA CORDILLERA ATTRAVERSO LA SIERRA
VALDIVIESO FINO A USHUAIA, LA CITTÀ
ARGENTINA PIÙ MERIDIONALE.
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LE PERSECUZIONI A CUI SONO SOTTOPOSTI I
NATIVI ANGOSCIANO IL SACERDOTE, CHE SI TROVA
“TRA DUE FUOCHI”. DA UN LATO, COME UOMO DI
CARITÀ, CERCA DI INTEGRARLI NEL MODO MENO
TRAUMATICO NELLA NUOVA SITUAZIONE CHE SI
ANDAVA IMPONENDO; D’ALTRA PARTE DE AGOSTINI È
CONSAPEVOLE DI ESSERE LUI STESSO, CON LA CIVILTÀ
BIANCA, COLPEVOLE DI SCONVOLGERE I SECOLARI
EQUILIBRI TRA QUEGLI UOMINI E LA NATURA.
TERMINATO IL CONFLITTO
MONDIALE, NEL 1918 RIENTRA
IN ITALIA E VIENE DESTINATO
COME CONFESSORE A NOVARA.
L’ANNO SUCCESSIVO INSEGNA LETTERE NEL COLLEGIO
DI LANZO TORINESE E QUI RIESCE A ORGANIZZARE I
MATERIALI RACCOLTI IN SUDAMERICA.
NEL 1921 È PROTAGONISTA DI UNA CONFERENZA SULLA
PATAGONIA ALL’VIII CONGRESSO GEOGRAFICO ITALIANO.
TRA L’AMMIRAZIONE DEL MONDO SCIENTIFICO,
NELLO STESSO ANNO DÀ ALLE STAMPE “I MIEI VIAGGI
NELLA TERRA DEL FUOCO” CHE, NEGLI ANNI SUCCESSIVI,
VERRÀ TRADOTTO IN PIÙ LINGUE.
LE SUE ESPLORAZIONI CONSENTONO DI AGGIORNARE
LA CARTOGRAFIA DI QUEI LUOGHI E I RESOCONTI DELLE
SUE ESPLORAZIONI SONO MOLTO APPREZZATI DALLA
COMUNITÀ SCIENTIFICA INTERNAZIONALE.
ottobre 2024
15

2.6 Page 16

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EROI
eagostini OK copia:Layout 1 14/05/24 14:48 Pagina 24
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NEGLI ANNI ’30 RITORNA IN SUD AMERICA E LE
ESPLORAZIONI DEL SACERDOTE SI ORIENTANO
A NORD DELLO STRETTO DI MAGELLANO, NELLE
REGIONI INESPLORATE DELLA PATAGONIA.
ATTRATTO DALLA MORFOLOGIA
TORMENTATA DI PARETI A
PICCO E TORRIONI DEL CERRO
TORRE E DEL CERRO FITZ ROY,
RINUNCIA ALLA SCALATA DI
QUEST’ULTIMO PER L’ESTREMA
VERTICALITÀ, MA, RISALENDO
FINO AL GHIACCIAIO MARCONI,
DISEGNA LA TOPONOMASTICA
DELLA ZONA, FINO AD ALLORA
UNO SPAZIO BIANCO NELLA
CARTINA, A SIGNIFICARE
“INESPLORATO”.
GIÀ AUTORE DI UNO
STERMINATO PATRIMONIO
DI FOTOGRAFIE, DE AGOSTINI
RICONOSCE L’ENORME
POTENZIALITÀ DELLE
IMMAGINI IN MOVIMENTO.
ASSEMBLATE LE RIPRESE GIRATE IN PERIODI DIVERSI, NEL MAGGIO 1933 VIENE
PROIETTATO IL FILM “TERRE MAGELLANICHE” AL CINEMA-TEATRO CHIARELLA DI
TORINO: LA PATAGONIA E LA TERRA DEL FUOCO VENGONO MOSTRATE PER LA PRIMA
VOLTA AL PUBBLICO ITALIANO IN TUTTA LA LORO BELLEZZA.
IL GIORNO DI NATALE
DEL 1960 ALBERTO MARIA
DE AGOSTINI SI SPEGNE
A TORINO NELLA CASA
MADRE DEI SALESIANI A
“VALDOCCO” LASCIANDO
”APERTA UNA VIA”, COME
SI USA DIRE NEL GERGO
QUANDO UNO SCALATORE
INAUGURA UN NUOVO
PERCORSO: GLI ALPINISTI
RICEVONO IN EREDITÀ
DAL SACERDOTE UN’IDEA
DI CIÒ CHE LI AVREBBE
ATTESI... LA PROMESSA
DI UN’AVVENTURA NELLA
NATURA AI CONFINI DEL
MONDO.
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WALTER BONATTI, UNA DELLE FIGURE PIÙ IMPORTANTI
DELL’ALPINISMO MONDIALE, DA RAGAZZO VENNE
ATTRATTO DALL’IMMAGINE DI COPERTINA DI
“ANDE PATAGONICHE”: FORSE LA PRIMA FONTE DI
ISPIRAZIONE PER LE SUE FUTURE, MEMORABILI
IMPRESE.
DOPO LA VITTORIOSA SCALATA DEL SARMIENTO
DEL 1956, SEGUIRANNO ALTRE EPICHE SPEDIZIONI
ITALIANE NEL ’58, NEL’74 E NEL ’76: FORSE NON
SAREBBERO STATE POSSIBILI SENZA L’IMMENSA
DOCUMENTAZIONE DEL PIONIERE SALESIANO.
DA ALLORA, PRATICAMENTE OGNI ANNO, DURANTE
L’ESTATE AUSTRALE, NUMEROSI ALPINISTI DEL
NOSTRO PAESE SI TRASFERISCONO IN QUELLE TERRE
PER RIPERCORRERE I PASSI DI “DON PATAGONIA”.
ROBERTO
ALBERTINI
Nasce il 20 marzo 1952
a Torino dove frequenta scuole di arte
applicata.
Grafico pubblicitario e illustratore
negli anni ’70, nel decennio successivo è
co/titolare di un’agenzia pubblicitaria
con il ruolo di art director.
Dal 1986 lavora in ambito editoriale.
Con Edizioni MILLE trova nella collana
Mistral la collocazione delle serie di graphic
novel da lui realizzate.
Nel novembre del 2021 ha ricevuto una
menzione speciale al “Premio Acqui edito
e inedito” per la graphic novel di questa
collana “Irochesi significa vipere...”.
16
ottobre 2024

2.7 Page 17

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I NOSTRI LIBRI
I GRANDI SOGNI
NEL CUORE DI DON BOSCO
Una presentazione
innovativa della
personalità di un padre
e di un educatore
capace di attirare
i giovani e farli sognare,
scritto da don Gildásio
Mendes dos Santos,
consigliere mondiale
per la Comunicazione
sociale dei Salesiani
di Don Bosco.
www.elledici.org
fy
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2.8 Page 18

▲torna in alto
CREATIVITÀ
Silvia Casson
Un CUORE che sogna
In un musical di grande
successo la passione e le
favolose abilità dei giovani
dell’oratorio di Chioggia.
Una scena
del musical.
Se c’è una caratteristica dell’oratorio salesia-
no di Chioggia che vale la pena sottolineare,
questa è sicuramente la passione per la musica
e il teatro. Non una passione che rimane nei
cuori di chi la vive, ma che viene tramandata di ge-
nerazione in generazione e che riesce a regalare sem-
pre nuovi spunti. Ed è in questo clima che nel 1998
nasce il gruppo teatrale don Michelangelo Aldeghe-
ri. Al suo interno numerosi giovani e adulti della
real­tà di Chioggia appassionati non solo di danza, di
musica ma anche di audio, di luci, di stoffe.
L’esperienza teatrale non è un semplice gruppo
all’interno della comunità salesiana, ma è molto
di più. È un momento di incontro, un’occasione di
preghiera, uno spunto di riflessione, un momento
in cui il tuo essere è pronto a lasciarsi plasmare e
provocare. La bellezza di questo gruppo è data da
quella che a noi piace chiamare “trasversalità”. Al
suo interno, ci sono storie, cammini, età diverse e
ognuno è accolto per quello che è e per quello che
ha, anche se pensa di avere poco o nulla.
Per tutti c’è spazio, per tutti “quei cinque pani e
due pesci” si trova un posto. Ed è proprio la varietà
dei partecipanti a dare un valore aggiunto all’espe-
rienza perché è dalla diversità che si può imparare,
lasciarsi provocare. Vedere come un palco, delle
canzoni riescano ad unire vite, sentieri e strade è
qualcosa che lascia un segno nel cuore, che ti rende
pieno di vita e pieno di curiosità per l’altro. La tra-
sversalità allena il rispetto, la pazienza, la mansue-
tudine e l’accoglienza, ad avere uno sguardo buono
per l’altro, a interessarti a chi, con te, non condivide
molto – ma solo in apparenza.
Provenendo da gruppi e realtà diverse dell’oratorio,
si nota una differenza di carismi che però puntano
tutti verso un unico obiettivo: crescere nell’amore
vicendevole e per don Bosco!
Un segno nel cuore
Sono queste caratteristiche che, quest’anno, ci hanno
permesso di mettere in scena un musical sul sogno
dei nove anni di don Bosco, in occasione del bicen-
tenario da quell’avvenimento. Quello che si è voluto
rappresentare è stata l’influenza e l’importanza che
il sogno ha avuto nella vita di don Bosco. Il musical,
infatti, non parte dal sogno fatto da Giovannino ma
dalla Messa al Sacro Cuore del 1887, momento in
cui don Bosco comprende il significato del sogno
che ha guidato la sua intera vita.
La preparazione è stata lunga ma sicuramente fe-
conda nei nostri cuori. Tutti hanno avuto l’occa-
sione di soffermarsi sul sogno e, nonostante i fatti
fossero noti, abbiamo trovato nuovi spunti e provo-
cazioni. Tutti i partecipanti si sono messi in gioco e
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ottobre 2024

2.9 Page 19

▲torna in alto
hanno vissuto, sulla loro pelle, quel momento così
importante. Dall’essere lupi, siamo poi diventati i
ragazzi di don Bosco, quelli del suo oratorio e quel-
li salvati dalla strada e dal carcere. Per noi è stato
un enorme privilegio poter rappresentare quei tra-
scorsi che hanno ancora molto a che fare con noi e
che continuano a parlare al nostro presente.
L’occasione per cui è stato composto lo spettacolo è
stata la festa dell’Ispettoria Triveneto del 25 aprile.
Alla presenza della Famiglia Salesiana al comple-
to, il musical è stato messo in scena nel teatro del
Collegio salesiano Astori di Mogliano Veneto. L’e-
mozione era molta, il cuore scoppiava di gioia dopo
la risposta più che positiva del pubblico esperto. La
semplicità, i sorrisi, i testi delle canzoni, l’entusia-
smo e la collaborazione tra tutti gli aiutanti han-
no lasciato un segno nel cuore degli spettatori che
hanno chiesto che la pièce venisse replicata anche
nelle loro case salesiane.
Non solo Mogliano ci ha accolti con un’ottima ri-
sposta, ma anche i nostri cari concittadini. Si sa che
Chioggia ha sempre avuto un legame unico con i
salesiani e con l’oratorio, casa per tutti i ragazzi
della città da generazioni, ma la partecipazione del
pubblico è stata più che sorprendente! Sembrava,
quasi, che tutti fossero sul palco con noi, partecipi
e catturati da quello che stavano vedendo. Dentro
il nostro teatro si era creata un’atmosfera di fami-
CON MARIA IN BARCA
La casa salesiana di Chioggia nasce nel 1899 e quest’anno festeg-
gia i 125 anni.
Il quartiere dove sorge è il più popolare e povero della cittadina
lagunare. Da subito la casa diventa punto di riferimento cittadi-
no per i ceti più popolari e soprattutto per i “fiolassi de cale” (ra-
gazzi di strada). Dal 1966 alla casa viene associata la Parrocchia
intitolata a Maria Ausiliatrice. Caratteristico della casa di Chioggia
è l’oratorio di base che quotidianamente accoglie nel cortile cen-
tinaia di ragazzi. Molte le realtà associative che animano la casa:
“Amici di Domenico Savio” (ads), “Polisportiva Giovanile Salesia-
na” (pgs), Scoutismo, animazione teatrale e musicale, Salesiani
Cooperatori, ex allievi, gruppo “Mamma Margherita”.
Momento forte della casa è la festa popolare di maggio in occa-
sione della ricorrenza di Maria Ausiliatrice: nell’ambito della festa
ha luogo la caratteristica processione acquea con la statua della
Madonna che solca le acque della laguna seguita da decine di
barche.
La processione di Maria Ausiliatrice sull’acqua della laguna.
glia, di oratorio come poche altre volte si era creata.
Sembrava che il pubblico fosse pronto a fare un re-
galo a don Bosco. Ed è stato proprio così.
Prima di ogni spettacolo e di ogni prova siamo so-
liti iniziare con una preghiera. Io penso sia proprio
questo legame diretto con il Cielo che ci permette
di entrare in scena con il cuore in mano e donarlo
al nostro pubblico. Credo che il tocco di Dio si ri-
conosca negli occhi luminosi di chi partecipa all’e-
sperienza e nei sorrisi che brillano. L’amore di Dio,
invece, è quello che ci viene regalato dal pubblico
ed è quello di cui si riempie il nostro cuore durante
questa esperienza così importante.
ottobre 2024
19

2.10 Page 20

▲torna in alto
IN PRIMA LINEA
Kirsten Preston
Foto: Vsevolod Kazarin (da DON BOSCO magazin)
UCRAINA
In gamba
più che mai
Più dura la guerra in Ucraina,
più ci sono disabili di guerra.
Il risultato è un grave trauma.
Don Bosco aiuta i giovani
con gambe o braccia amputate a
reintegrarsi nella vita con il calcio.
Dice padre
Chaban,
ispettore dei
salesiani:
“La maggior
parte di loro
giocava a
calcio prima
della guerra.
Certo, c’è
un prima
e un dopo
dell’amputa­
zione, ma lo
sport rende
meno duro il
cambiamento
di vita”.
Come spiegare a un giovane soldato che la
sua vita continua anche se ha appena perso
un braccio o una gamba? Padre Mykhailo
Chaban, salesiano, ha una possibile rispo-
sta: con il calcio. Nella città ucraina occidentale di
Leopoli, padre Mykhailo ha fondato nel 2023 l’FC
Pokrova, la prima squadra di calcio ucraina per
amputati. Oggi all’FC Pokrova si allenano circa 25
atleti amputati, la maggior parte di loro sono sol-
dati. L’idea della squadra di amputati gli è venuta
durante un torneo di calcio giovanile in Svizzera.
Lì era rappresentata la squadra inclusiva della squa-
dra francese di prima divisione, l’Olympique Mar-
siglia. Quando padre Mykhailo vide giocare nella
squadra uomini con amputazioni, capì che anche
l’Ucraina aveva bisogno di una squadra del genere.
Denys è uno dei giocatori del Team Pokrova. Ha
perso una gamba nella guerra della Russia contro
l’Ucraina. Il soldato ucraino è stato gravemente fe-
rito mentre difendeva Mariupol ed è stato fatto pri-
gioniero dalla Russia. Una volta rilasciato, è stato
inviato in un centro di riabilitazione nell’Ucraina
occidentale. Lì, i veterani di guerra come il 38enne
dovrebbero imparare a ritrovare la via del ritorno alla
vita nonostante i traumi e le amputazioni. Il calcio fa
parte del programma di riabilitazione e aiuta i giova-
ni a recuperare fisicamente e psicologicamente.
Giocavo già a calcio prima
della guerra
Denys ha ritrovato la fiducia in se stesso attraverso
il calcio. “Voglio essere un modello per altre per-
sone con disabilità. E ho intenzione di continuare
ad allenarmi, migliorare e ovviamente entrare nella
squadra nazionale di calcio ucraina per amputati”,
spiega con orgoglio il padre. La famiglia di Denys
sostiene i suoi piani. Attraverso lo sport i giova-
ni dovrebbero sperimentare un po’ di normalità,
secondo l’ispettore ucraino dell’Ordine Salesiano,
padre Mykhailo Chaban. “La maggior parte di
loro giocava a calcio prima della guerra. Certo, c’è
un prima e un dopo dell’amputazione, ma lo sport
rende meno duro il cambiamento di vita”. In realtà
l’attenzione dei salesiani non è sullo sport inclusi-
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3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

▲torna in alto
vo. Ma dato il gran numero di disabili di guerra, il
bisogno è maggiore di prima.
Ecco perché l’idea di fondare una squadra del ge-
nere nel suo paese d’origine non è mai uscita dalla
mente del sacerdote. Ha pianificato il progetto con
esperti come l’allenatore ucraino della nazionale
polacca. “Nessuno di noi aveva esperienza con una
squadra del genere e nessuno ci conosceva. Per que-
sto siamo andati nei centri di riabilitazione per pre-
sentare il nostro progetto”, spiega padre Mykhailo.
Anche alcuni giocatori della squadra sono finiti ne-
gli ospedali. Volevano mostrare che cosa è possibile
fare con le amputazioni. La squadra ha anche preso
parte al campionato polacco di “amp football”, in
cui gli ucraini hanno gareggiato contro otto squa-
dre polacche.
Speranza e fiducia
Il sogno del padre salesiano è quello di avere un
proprio campionato ucraino con squadre prove-
nienti da tutto il Paese. Vuole anche fondare un
grande centro di riabilitazione a Lviv, con un re-
parto calcio, supporto psicologico e foresterie per le
famiglie dei giocatori. Padre Mykhailo ha ancora
molto in programma e spera di poter conquistare
in futuro grandi club di calcio come il Real Ma-
drid per il progetto Don Bosco. “È nostro dove-
re consentire ai giovani di condurre di nuovo una
vita normale e dare loro speranza e fiducia. Perché
hanno difeso il nostro Paese e per questo hanno
rinunciato a quasi tutto”.
La squadra
dei salesiani
ha anche
preso parte
al campionato
polacco
di “amp
football”,
in cui gli
ucraini hanno
gareggiato
contro otto
squadre
polacche.
LO SPORT COME TERAPIA
“Sei più ottimista
riguardo al futuro”
Durante una partita di calcio in
Svizzera, Mykhailo Chaban ha visto
per la prima volta squadre di calcio
inclusive. Il sacerdote salesiano
ha poi fondato l’FC Pokrova, la
prima squadra di calcio per soldati
amputati in Ucraina.
ottobre 2024
21

3.2 Page 22

▲torna in alto
IN PRIMA LINEA
Perché il calcio è così importante
per i veterani di guerra?
Il calcio è un’importante misura di riabilitazione
perché i giovani possono dimenticare molte cose
nello sport. Tutte le tragedie che hanno vissuto. Lo
sport li ispira e restituisce loro la forza di volontà
per lottare, andare avanti e non disperare. Nello
sport hanno obiettivi che vogliono raggiungere in-
sieme agli altri giocatori. Puoi effettivamente ve-
dere come cambiano con un allenamento regolare.
Sono più ottimisti riguardo alla loro vita e al fu-
turo. Lo sport li aiuta ad affrontare la propria vita
sotto molti aspetti.
Puoi farci un esempio?
Il nostro allenatore ha invitato nella nostra squadra
un giocatore di football che conosceva dal cam-
pionato locale. Aveva perso una gamba in guerra.
Adesso si allena nella nostra squadra di calcio per
amputati. Per alcuni, questa è una nuova fase della
vita, soprattutto per coloro che prima dell’infortunio
erano atletici e giocavano a calcio. Per lei l’amputa-
zione fu la fine di tutto, la fine della sua carriera.
Uno dei giocatori mi ha detto: “Volevo appendere le
scarpe da ginnastica al chiodo e non giocare mai più
a calcio. Ma quando ci è stato detto che potevamo
continuare a fare sport, anche se in modo diverso, ho
riacquistato speranza.” Questa affermazione ispira
molte persone con lo stesso handicap.
Perché è così importante reintegrare
i soldati nella società?
Gli ex veterani di guerra hanno difeso noi e il no-
stro Paese. Prima della guerra conducevano una
vita tranquilla e normale. Ognuno di loro aveva un
lavoro. Hanno dovuto lasciarsi alle spalle le loro
vite precedenti. Hanno rinunciato a molto per di-
fendere le loro famiglie. Ed è nostro dovere come
ucraini reintegrarli nella società, aiutarli a condurre
una vita normale. Hanno bisogno di vedere e sen-
tire che sono rispettati, che sono necessari e che
sono sostenuti moralmente, psicologicamente e spi-
ritualmente.
In questo modo i salesiani sono diventati il punto di
riferimento per tutta l’Ucraina. L’associazione cen-
trale di calcio per amputati a livello europeo, attra-
verso il suo Presidente, signor Mateusz Widlak, sta
manifestando la sua vicinanza e sostiene le diverse
iniziative salesiane. Per promuovere questo tipo di
sport, per farlo conoscere meglio, la squadra sale-
siana “Pokrova” (che prende il nome dal titolo della
Madonna più venerata nel Paese, “Nostra Signora
di ogni protezione”), sta partecipando al campiona-
to nazionale della Polonia. Il desiderio dei salesiani
di ukr, però, sarebbe quello di far partire un cam-
pionato di calcio per amputati in Ucraina. Intanto,
seguendo l’esempio dei salesiani, qualche mese fa
sono state create in Ucraina altre due squadre: lo
Shakhtar Stalevi di Donetsk e la Dnipro Cherkasy.
I salesiani
sono diventati
un punto di
riferimento
per tutta
l’Ucraina.
«Vogliamo
offrire un
luogo di
speranza per
tanti ragazzi,
giovani e
famiglie”
afferma don
Mykhailo.
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3.3 Page 23

▲torna in alto
SANTUARIO BASILICA MARIA AUSILIATRICE
TORINO
Il sogno continua
solo con il tuo aiuto
GRAZIE
per il tuo contributo
al restauro dei campanili
della Basilica Maria
Ausiliatrice
dSAiNTToUArRinIOoBASTILOICRA
MA
INO
“Nel fine-settimana appena trascorso abbiamo or-
ganizzato un grande e primo evento per tutta l’U-
craina – riprende don Chaban –. Abbiamo ospitato
nel nostro centro salesiano queste squadre: per l’al- BANCA INTESA SANPBAANOCALINOTESA SANPAOLO
lenamento, il gioco, la formazione e un momento IBAN IT78 J030 6909IB6A0N61IT0780J003000691019560661904000 0115 694
ricreativo. Lo scopo è stato quello di conoscerci tra BIC BCITITMM BIC BCITITMM
di noi, di sognare il futuro insieme. In questi tre CAUSALE: CAMPANICLAUI SRALEESCTAAMUPARNIOLI RESTAURO
giorni abbiamo anche organizzato una formazione
per le persone che vorrebbero creare nelle loro città
le squadre di calcio per amputati”.
Intestazione cIonntteostazione conto
ORATORIO SAORLAETOSRIIAO NSAOLESSIA.NFORANCESCO
S. FRANDCEISSCOADLI ESASLESBBAASSILICLAICA
Dalle diverse città dell’Ucraina hanno infatti par-
tecipato parecchi responsabili che nel prossimo
futuro daranno inizio a queste attività. I salesiani
sono diventati un centro dove è possibile prepararsi
bene al lavoro con i giovani, i ragazzi e i bambini
che hanno vissuto gli orrori della guerra.
“E con il nuovo Centro Sportivo e di Riabilitazione
Salesiano che stiamo progettando vicino a Leopoli
e che speriamo che riusciremo a realizzare presto,
vogliamo offrire un luogo di speranza per tanti ra-
Sostieni
BANqpCruoeAgsetIotNtoTsEuSA SANPAOL
IBANforfIuTn7d8inJg.0it30 6909 6061
BIC BCITITMM
CAUSALE: CAMPANILI RE
gazzi, giovani e famiglie” conclude il Superiore di
ukr.
ORATORIO SALES
D
ottobre 2024
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3.4 Page 24

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DON BOSCO NEL MONDO
Marcella Orsini
Gli strumenti della
MISSIONE SALESIANA
(Planning and Development Offices)
La complessità è la sfida crescente
della società globale e la famiglia
salesiana, con le sue strutture
di governo e organizzazioni, è
chiamata a dotarsi di strumenti
che contribuiscano a interpretarla
e a gestirla, per poter impattare
in maniera significativa sul
miglioramento delle condizioni di
vita di chi soffre a causa di povertà
e mancanza di opportunità.
A i Salesiani di Don Bosco appare chiaro
il mandato apostolico affidato loro dal-
la Chiesa e non mancano di creatività
e di propensione al rinnovamento, per
compierlo “in una pluralità di forme, determinate in
primo luogo dalle esigenze di coloro a cui ci dedi-
chiamo”, scrivono i Figli di Don Bosco nelle Costi-
tuzioni, l’insieme delle regole per l’identità salesiana.
Inoltre, affermano: “Attuiamo la carità salvifica di
Cristo, organizzando attività e opere a scopo edu-
cativo pastorale, attenti ai bisogni dell’ambiente e
della Chiesa. Sensibili ai segni dei tempi, con spiri-
to di iniziativa e costante duttilità le verifichiamo e
rinnoviamo e ne creiamo di nuove”.
Il quadro di riferimento entro cui i Salesiani ope-
rano è ben definito e dare al bene la possibilità di
esser fatto in maniera coordinata e organizzata è un
obiettivo, oltreché una vocazione, che contribuisce
a “creare organismi efficaci, responsabili e inclusivi
a tutti i livelli”.
Il benessere delle persone che le differenti realtà
salesiane raggiungono e coinvolgono rappresenta
il ritorno e lo specchio di questa forza e di questa
qualità organizzativa e istituzionale, in un continuo
impegno di interpretazione delle differenze e di di-
scernimento della proposta educativo-pastorale da
presentare negli svariati contesti in cui la Congre-
gazione è presente.
In questa prospettiva va inquadrata la gestione del-
la missione salesiana per i giovani esclusi e privi
di opportunità attraverso uffici dedicati alla pia-
nificazione e allo sviluppo interni alle Ispettorie, i
Planning and Development Offices (pdo).
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ottobre 2024

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Già il “Progetto di animazione e amministrazione
del Rettor Maggiore e del suo Consiglio Genera-
le nel sessennio dal 2014 al 2020 stabiliva, come
prio­ritaria, l’istituzione dei pdo, diventata oggi una
realtà imprescindibile che fornisce alle Ispettorie
uno “strumento di sostegno per la qualificazione,
efficacia, professionalità, creatività e coerenza del-
la risposta salesiana nel mondo” come riportano le
“Linee generali del modello e funzioni dell’Ufficio
di pianificazione e Sviluppo nel mondo”, pubblica-
te dall’Economato Generale a Novembre del 2018,
all’indomani dell’incontro Internazionale dei pdo
a Nairobi.
Le condizioni di vita della maggioranza delle po-
polazioni dei Paesi in cui i Salesiani sono presenti
non garantiscono a tutte e tutti pari accesso alla
giustizia sociale per costruire un progetto di vita
solido e a lungo termine. La sicurezza delle persone
è minacciata dalla privazione e dalla violazione dei
diritti umani a loro tutela ed è per questo che le
azioni dei Salesiani per quelle più marginalizzate
e in difficoltà, che siano a breve, medio o lungo
termine, devono necessariamente essere pianifi-
cate in maniera strategica, perché siano sostenibili
ed efficaci, avendo cura che le risorse, umane ed
economiche, locali o provenienti dalla solidarietà
internazionale, siano impiegate secondo un sistema
di gestione maturo e organizzato a più livelli.
Gli incontri sui pdo che si sono tenuti ad Hydera-
bad nel 2011 ed a Nairobi nel 2018 sono stati due
pietre miliari per la Congregazione in questa dire-
zione e hanno fornito alle Ispettorie la prospettiva
di dotarsi tutte di uno strumento di pianificazione
e sviluppo, per dare forza esecutiva al quadro di ri-
ferimento educativo-pastorale e stabilità al sistema
di promozione e di tutela dei diritti umani.
L’esperienza dell’Ispettoria
salesiana di Colombia-Bogotà
Per fornire un’esperienza concreta, diventata nel
tempo un modello e un riferimento, abbiamo in-
contrato Elma Mireya Ardila Duarte, oggi Coor-
dinatrice dell’Ufficio Relazioni Istituzionali e Ac-
compagnamento al Lavoro dell’Ispettoria salesiana
di Colombia-Bogotà (cob) e nel recente passato
Coordinatrice dell’Ufficio di Pianificazione e Svi-
luppo Ispettoriale.
Mireya ci racconta come si è svolto il processo di
costruzione di un pdo diventato il centro di crea-
zione di una metodologia gestionale per tutta l’I-
spettoria, in relazione a tutti i portatori d’interesse,
in primo luogo i giovani più poveri e le loro co-
munità di appartenenza. Inoltre, come questo per-
corso abbia generato e potenziato la cooperazione
con le altre Organizzazioni della Società Civile e la
rappresentanza istituzionale dei Salesiani presso la
Comunità Internazionale.
Qual è stata la spinta che vi ha portate e
portati tutti, salesiani e laici, agli incontri
istituzionali presso l’Unione Europea e le
altre istituzioni internazionali?
Elma: «La risposta a questa domanda deve es-
sere data secondo due punti di vista. L’Ispettoria
Colombia-Bogotà ha intrapreso un cammino da
diversi anni durante i quali ha scelto di identifica-
re e realizzare processi organizzati e nuovi modi di
svolgere la missione a favore dei più poveri. Durante
questo cammino abbiamo cominciato a pianificare
la missione salesiana in una prospettiva di gestione
per lo sviluppo, in cui tutti i processi sono assunti
Le scuole
salesiane
sono un
segno di
speranza in
136 Paesi
del mondo.
ottobre 2024
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3.6 Page 26

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DON BOSCO NEL MONDO
Le opere
salesiane si
avvalgono
degli
strumenti
e delle
organizzazioni
più avanzate.
strategicamente, per far sì che la missione abbia si-
gnificato. In quest’ottica, l’Ufficio Relazioni Istitu-
zionali e Accompagnamento al Lavoro è stato crea­
to in risposta alle continue richieste da parte delle
aziende dei curricula dei nostri diplomati e laureati
per i loro processi di selezione, fino a quel momento
gestiti in maniera disorganizzata e poco funzionale.
Abbiamo capito che si trattava di un’opportunità per
stabilire alleanze e accordi con queste stesse aziende
e con altre organizzazioni che avrebbero reso visibili
le attività educativo-pastorali dell’Ispettoria. Queste
relazioni non sarebbero state di breve durata, ma
sarebbero state sostenibili. Per rispondere a questa
riflessione, è stato necessario cercare informazioni a
livello di Congregazione sull’esistenza di uffici si-
mili e in questo esercizio ci siamo imbattuti nella
proposta di advocacy che il Dicastero per la Pastorale
Giovanile sta sviluppando da alcuni anni.
In un secondo momento, come risultato di questa
ricerca, sono stati realizzati alcuni incontri istitu-
zionali presso l’Unione Europea e altre istituzioni
internazionali. Dal Coordinamento delle Opere
Sociali della Congregazione attraverso don Rafael
Bejarano, nel dicembre 2022, siamo stati invitati a
partecipare al processo di redazione di un report sui
diritti umani nel contesto della presentazione della
Colombia alla Revisione Periodica Universale del
Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite
che ha avuto luogo a Ginevra nel mese di Novem-
bre 2023.
Abbiamo incontrato per questo a Bogotà e Medel-
lin il salesiano referente alle Nazioni Unite in quel
momento, don Thomas Pallithanan che, insieme a
don Rafael Bejarano, coordinatore del Settore delle
Opere Sociali del Dicastero per la Pastorale Gio-
vanile, ci ha introdotti nel mondo dell’advocacy.
Abbiamo svolto questo lavoro insieme all’Ispetto-
ria della Colombia-Medellín (com) con la quale
abbiamo formato un’équipe e in quattro mesi ab-
biamo completato il report per il Consiglio per i
Diritti Umani delle Nazioni Unite.
Nello svolgimento di questo compito, abbiamo
compreso l’importanza e la dimensione delle azio-
ni di advocacy come strumento che ci permette di
rendere visibile la realtà dei nostri destinatari in
quanto titolari di diritti di fronte ai portatori di do-
veri, lo Stato, ma anche il nostro dovere di porta-
tori di doveri. Pertanto, oltre a realizzare un primo
report della Società Civile in questo contesto, era
necessario continuare a formarci su ciò che signifi-
ca costruire azioni di advocacy.
Ad agosto del 2023, prima di recarci a Ginevra,
si è tenuto presso l’Ispettoria il primo workshop
su Advocacy e Diritti Umani durante il quale ab-
biamo stabilito le azioni e il percorso con le orga-
nizzazioni interessate, in base alla loro missione, a
conoscere la situazione dei bambini e dei ragazzi
vittime del conflitto armato in Colombia che per
noi è fondamentale rendere visibili. Insieme al Di-
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ottobre 2024

3.7 Page 27

▲torna in alto
castero per la Pastorale Giovanile, attraverso il Don
Bosco International, l’organizzazione salesiana di
rappresentanza presso l’Unione Europea con sede a
Bruxelles, abbiamo gestito numerosi incontri con le
Organizzazioni della Società Civile e le Istituzioni
europee attive nel campo dei diritti umani».
Ci spieghi com’è avvenuto questo
processo?
Elma: «La nascita della mia attuale posizione e del
mio ufficio è il risultato della riflessione che ha
avuto luogo dai miei inizi con la rete delle scuole
e dei Centri di Formazione Professionale nel 2020
e le azioni di ristrutturazione proposte dal nostro
Economo Ispettoriale don Rafael Lasso. È stato lui
a indicarci la necessità di ampliare la nostra visione
verso la Direzione di Sviluppo Missionario, intesa
come un’équipe strategica che aiuti a proporre per-
corsi efficaci per la missione salesiana nella comu-
nità ispettoriale di oggi nei suoi diversi ambienti e
settori. Così, dal 2021, l’équipe di gestione dello
sviluppo missionario anima le linee di lavoro di
tutta l’Ispettoria in materia di pianificazione stra-
tegica, sistemi di gestione, progetti di cofinanzia-
mento, processi ambientali, relazioni istituzionali,
advocacy e imprenditorialità.
È in questo contesto che è nato l’Ufficio Relazio-
ni Istituzionali e Accompagnamento al Lavoro, per
supportare il processo di inserimento lavorativo dei
diplomati e dei laureati come strategia per chiudere
il ciclo di accompagnamento dei giovani per l’inse-
rimento nei settori produttivi del Paese. Successi-
vamente, è stato avviato un progetto di cofinanzia-
mento che prevedeva l’inserimento lavorativo come
indicatore chiave del progetto che ha motivato la mia
partecipazione a questo processo, portandoci a riflet-
tere come équipe tecnica sull’importanza non solo
della responsabilità di accompagnare l’inserimento,
ma anche di capire che il vero impatto della forma-
zione educativa pastorale diventa evidente proprio
nell’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro
attraverso sia l’imprenditorialità sia l’occupabilità.
Nel corso degli anni si è fatta strada l’idea secondo
cui si è ritenuto che la collocazione più appropria-
ta per questo servizio fosse quella della Direzione
per lo Sviluppo delle Missioni, in seguito è stato
incluso il Sistema di Gestione Ambientale, assu-
mendo così il nostro compito di essere un servizio
di supporto allo sviluppo della missione salesiana
che si svolge attraverso la Pastorale Giovanile, le
missioni, la formazione, la comunicazione e la fa-
miglia salesiana».
Come collaborano salesiani e laici
nell’ispettoria colombiana di Bogotà?
Elma: «L’Ispettoria è maturata in relazione al lavo-
ro corresponsabile tra salesiani e laici e questa real­
tà sta diventando sempre più evidente attraverso:
l’impegno in un progetto ispettoriale di formazio-
ne congiunta, dove salesiani e laici rafforzano l’i-
dentità carismatica e crescono professionalmente;
l’affidamento ai laici di posizioni e incarichi chiave
come le commissioni locali, il coordinamento dei
servizi a livello provinciale nel settore della pasto-
rale giovanile, la direzione di scuole e istituti tecni-
ci, la leadership in processi come la gestione dello
sviluppo missionario; la partecipazione dei laici agli
organismi di animazione e di decisione, ai capitoli
ispettoriali, ai consigli di gestione delle scuole, ai
consigli parrocchiali, alla Commissione economi-
ca, all’Equipe esecutiva della direzione ecclesiasti-
ca, tra gli altri».
Il sogno
salesiano
continua e
le presenze
crescono
ancora.
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3.8 Page 28

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LE CASE DI DON BOSCO
Natale Maffioli
TESORI D’ARTE AD AVIGLIANA 1
Inno alla
Senza gran clamore, la casa
salesiana per Esercizi Spirituali
MADONNA a pochi chilometri da Torino,
che si specchia sui laghi di
Avigliana è uno scrigno di
DEI LAGHI opere d’arte. Tre magnifici
dipinti sono dedicati a Maria.
Il polittico dell’Annunziata
I l primo importante dono sabaudo al Santuario
è da far risalire al 1581, quando il duca Carlo
Emanuele I donò alla primitiva cappella
le quattro tavole del polittico che formava,
allora come adesso, l’ancona dell’altare maggiore.
Al centro la scena dell’Annunciazione, ai lati i San-
ti Sebastiano e Rocco e la predella, ripartita in tre
episodi evangelici: la Visitazione, la Nascita di Gesù,
l’Adorazione dei Magi. Il dipinto è già menzionato
negli atti seguiti alla visita pastorale del 1584 com-
piuta dal visitatore apostolico monsignor Peruzzi.
L’episodio centrale del polittico è costruito in os-
sequio ai canoni tradizionali: l’arcangelo Gabriele,
con ali decorate ad ‘occhi di pavone’, si avvicina,
genuflettendosi con grazia, recando con la sinistra
il giglio ed il cartiglio con il saluto: “Ave Gratia
Plena”; la Vergine è stupita per la subitanea appari-
zione e per le parole dell’arcangelo “A queste parole
ella rimase turbata e si domandava che senso avesse
un tale saluto” (Lc 1, 29), volge lo sguardo altrove
e, con le mani a palme aperte, comunica il senso
del suo turbamento. La scena accade in una stanza
arredata con grande semplicità: un letto a baldac-
chino, con le cortine chiuse, un inginocchiatoio ed
una cassapanca con schienale a muro. Gli indu-
menti dei due personaggi sono preziosi: purtroppo
si è persa del tutto la consistenza del manto della
Vergine, indossato su una tunica rossa, che doveva
essere di un blu ultramarino lumeggiato d’oro, l’ar-
cangelo, invece, è abbigliato con il paramento li-
turgico proprio del diacono: un’alba, una dalmatica
rossa, impreziosita da lumeggiature d’oro e guar-
nita con pietre preziose e la stola bianca indossata
di traverso.
I due santi laterali sono ricorrenti in un territorio
segnato dalle epidemie endemiche; la figura di san
Sebastiano è caratterizzata per una posizione mor-
bida, ed è notevole nella resa anatomica, san Rocco
è più corrucciato, lo diresti quasi incerto tra l’alzare
gli occhi al cielo nella richiesta dell’aiuto divino e il
mostrare la piaga dolorosa.
La tavola della predella raffigura in tre scene la
continuazione cronologica dei fatti evangelici; sono
temi consueti, ma narrati con toccante naturalismo.
Sul fondo della Natività si nota una porta gemina,
con le caratteristiche torri di difesa, che ricorda, in
modo impressionante, la Porta Palatina di Torino.
L’immagine dell’Annunciazione ha colpito, più delle
altre del complesso, la fantasia popolare. In tutti gli
ex voto del santuario, anche nei più antichi, compare
come il riferimento taumaturgico, forse questo è
dovuto allo spostamento del centro di attenzione
devozionale.
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Tradizionalmente, nel suo insieme, l’opera è stata due santi laterali con la predella, l’Annunciazione
attribuita al pittore chivassese Defendente Ferra- però è di tutt’altra mano. Il volto della Madonna si
ri (1480-1540); ma se questo vale soprattutto per i discosta dall’usuale sembiante dei lavori di Defen-
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3.10 Page 30

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LE CASE DI DON BOSCO
dente e probabilmente si è alla presenza dell’opera
di un buon pittore, purtroppo anonimo, che lavorò
nel Piemonte sabaudo sul finire del secolo XV e
gli inizi del successivo. Anche se si distingue dal
maestro di Chivasso, tuttavia questo anonimo ar-
tista doveva essere un collaboratore di Defendente,
che dava pure seguito a ordinativi personali, indi-
pendenti dall’attività del Maestro. L’esecuzione del
dipinto si può collocare verso il 1515-1520.
L’immagine fu coronata tre volte. La prima corona-
zione avvenne il 14 aprile 1652 e la corona fu dona-
ta da Francesco Gallina orefice torinese. Un secolo
dopo ci fu la seconda coronazione posticipata al 30
aprile 1752, e il 22 agosto 1852 l’immagine ricevette
per la terza volta la corona, offerta da don Pietro Vi-
nassa parroco di Caprie. Il polittico si presenta oggi
inquadrato in una bella ancona secentesca di legno
di noce che rende omogenee le diverse componenti.
L’Immacolata
della cappella interna
Nella silenziosa e luminosa cappella inter-
na c’è una dolce immagine, fusione di buo-
na arte e devozione: l’immagine di Maria
Immacolata del pittore casalese Pier Fran-
cesco Guala.
Di certo la base di partenza della sua cifra
stilistica fu l’esperienza acquisita su model-
li colti, ma sua fu la capacità di miscelarla
con un personalissimo gusto realistico. Una
peculiarità della sua pittura fu la capacità
di stendere i colori brillanti, spessi, quasi
tridimensionali e la sua pennellata vibran-
te, quasi modellata dalla luce, caratteristi-
che queste decisamente presenti nella pala
dell’Immacolata. E sono proprio queste sin-
golarità che rendono credibile l’attribuzione
al pittore casalese. La figura dell’Immaco-
lata si caratterizza per i colori tenuti: un rosa
leggerissimo e un azzurro di una delicatez-
za impareggiabile, il corpo si torce delicata-
mente, le mani giunte sono rivolte verso de-
stra mentre la testa, girata all’opposto, fissa
lo sguardo sul gruppo di angioletti seduti
sulle nubi ai suoi piedi; altre figure ange-
liche e cherubini occupano lo spazio tra le
nuvole di contorno. Il fondo di contorno è
in blu cangiante di una luminosità intensa.
L’immagine sintetizza le affermazioni dal
libro della Genesi: «Allora Dio disse al ser-
pente… la sua discendenza ti schiaccerà la testa
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4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

▲torna in alto
e tu le morderai il calcagno» e dal testo apocalittico:
«una donna che sembrava vestita di sole, con una corona
di dodici stelle in capo e la Luna sotto i suoi piedi». Lo
spicchio di luna è soverchiato dalla sfera del mondo
sopra la quale è simbolicamente ingaggiata una
battaglia decisiva tra la Donna e il serpente, mentre
le stelle che formano una corona ruotante attorno
al capo della Vergine sono il riconoscimento della
vittoria che di certo non può mancare.
za del Cardinale sabaudo a Roma nei primi anni
del 1600 può aver anche facilitato l’esecuzione
della copia.
Anche il tema è appropriato al luogo: il santuario
vede il passaggio di tanti pellegrini che ricorrono
all’aiuto materno di Maria. Lei mostra il Figlio suo
ad una coppia di anziani oranti ad indicare che lei è
il tramite, che l’incontro con lei è finalizzato all’in-
contro con Gesù.
La Madonna
dei Pellegrini
La copia della Madonna dei Pel-
legrini di Michelangelo Merisi
detto il Caravaggio è di straor-
dinaria fattura ed eseguita cer-
tamente da un pittore di note-
voli capacità; questi può essere
stato facilitato nell’eseguire il
dipinto da un confronto diretto
con l’originale, non ancora col-
locato sull’altare della chiesa ro-
mana di Sant’Agostino (retta da
religiosi agostiniani), ma ancora
nella bottega del Caravaggio.
Non è del tutto casuale che i re-
ligiosi che curavano il santuario
di Avigliana prima dei cappuc-
cini fossero agostiniani e cessa-
rono la loro attività il 16 luglio
1622; questo particolare raffor-
za l’opinione che la tela, assie-
me a quasi tutte quelle elencate
nell’inventario del 1624, fosse
già nel santuario durante la loro
permanenza. Può essere che il
cardinale Maurizio, in ossequio
alla comunità agostiniana, fa-
cesse realizzare un’opera conser-
vata nella loro chiesa romana da
donare al santuario. L’originale
fu eseguito nel 1604 e la presen-
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4.2 Page 32

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FMA
Emilia Di Massimo
Come una
CACCIA AL TESORO
Un vero scrigno di bellissimi ricordi
è conservato nell’archivio storico
dell’Ispettoria Piemontese situato
nell’Istituto “Nostra Signora delle Grazie”
di Nizza Monferrato, la Casa-madre delle
Figlie di Maria Ausiliatrice.
Non mancano
neanche le
rievocazioni
che fanno
rivivere la
storia.
Conservare,
proteggere
e catalogare
“Chi ha invitato le Figlie di
Maria Ausiliatrice nel mio
paese? Quali sono state nel
tempo le attività che esse hanno svolto nella casa?
Come hanno educato e formato generazioni di
bambini e giovani? Mi dai notizie di questa suora?”
Queste e altre tantissime domande trovano risposta
nel materiale che viene conservato nell’archivio sto-
rico dell’Ispettoria Piemontese situato nell’Istituto
“Nostra Signora delle Grazie” di Nizza Monferra-
to, la Casa-madre delle Figlie di Maria Ausiliatrice.
“L’Archivio storico è l’ultima tappa di vita di un
documento”, ci spiega la responsabile suor Paola
Cuccioli, “infatti dopo essere stato prodotto, con-
servato per il governo ordinario dell’Ispettoria,
quando termina la sua funzione viene custodito
per tramandare e tenere viva la memoria storica.
È necessario conservare, proteggere e catalogare il
materiale per poterlo conservare il più a lungo pos-
sibile, per trovarlo facilmente e renderlo fruibile ai
diversi ricercatori. L’archivio è un luogo per repe-
rire informazioni del mondo intero che nel tempo
diventano materiale preziosissimo per ricostruire la
vita sia delle suore sia della missione educativa. È
come una caccia al tesoro in cui si trovano tanti
pezzi di puzzle diversi che, messi insieme, forni-
scono quadri suggestivi; ci si accosta alla ricerca di
documenti come un paziente archeologo e si sco-
prono interessanti avvenimenti della grande storia
dell’Istituto. La storia quotidiana delle comunità è
raccolta nelle Cronache, quaderni in cui si descrivo-
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4.3 Page 33

▲torna in alto
no i fatti importanti vissuti dalle suore, nei quali si
scorgono anche eventi locali, nazionali e mondiali,
come la descrizione della rivolta del pane a Torino
del 1917, venuta a conoscenza dalla vicenda di al-
cune Salesiane che non sono potute tornare nelle
proprie comunità dagli Esercizi spirituali. La città
è in subbuglio e la tensione alle stelle a causa della
situazione economica e delle rivendicazioni poli-
tiche della popolazione, in particolare della classe
operaia. La causa dell’innesco delle tensioni è la
mancanza di farina; gli scontri da guerriglia urba-
na, gli scioperi degli operai, suggeriscono prudenza
e di non mettersi in viaggio, per cui la partenza del-
le suore viene rimandata al termine degli scontri.”
L’archivio ha armadi pieni di partiture musicali e
scaffali ricchi di testi teatrali che ricordano l’im-
portanza della musica e del teatro negli ambienti
educativi salesiani. Molto interessante, tra i diver-
si documenti, è il patrimonio sonoro in cui si ha
l’opportunità di ascoltare le voci dei protagonisti e
spesso scoprire notizie inedite.
Far cantare le carte
L’archivio si può visitare, quindi ci si può accostare
a tanti faldoni testimoni imperituri di vita, ascol-
tare audio di conferenze e relazioni, di musiche o
canti usati per la formazione delle suore o per l’e-
ducazione dei bambini e dei giovani, tutto sotto la
guida di una “suora detective” preparata e dina-
mica. Si svolgono anche laboratori per i bambini
della scuola primaria o secondaria con lo scopo di
aiutarli a scoprire il valore dei documenti quale
fonte preziosa della memoria, così importante per
ricostruire il passato, conoscere chi ci ha precedu-
to e comprendere meglio il presente. Si è costituito
inoltre un gruppo giovani, ArSto Giò, che studian-
do la storia della Casa-madre inserita nel contesto
cittadino, attraverso differenti fonti documentarie,
riorganizza i contenuti e li divulga mediante mol-
teplici modalità. I ragazzi hanno ideato e costruito
un’escape room: un gioco di logica e cooperazione
in cui i partecipanti vengono chiusi in una stan-
za e per uscirne devono risolvere enigmi, codici,
indovinelli. Per vivere e valorizzare il territorio da
cui le fma sono partite è stata creata la Cartina
della Nizza salesiana ed ideato un “cammino pel-
legrinaggio” nel magnifico paesaggio monferrino.
La cartina raffigura i luoghi dove le prime fma,
madre Mazzarello, don Bosco e i salesiani hanno
svolto qualcosa di significativo nel tempo; luoghi,
statue, ambienti, testimoni silenziosi di numerosi
incontri e realtà, sono così valorizzati dal punto di
vista sia storico sia culturale. L’Archivio storico del-
le fma del Piemonte è testimone e custode di una
memoria che diventa attualità e permette di scopri-
re le proprie radici quindi, parafrasando il detto la-
tino verba volant, scripta manent, facciamo “cantare
le carte e volare le parole”, ricordando anche quanto
asseriva Cicerone: “La storia è testimonianza del
passato, luce di verità, vita della memoria, maestra
di vita, annunciatrice dei tempi antichi”.
L’archivio ha
armadi pieni
di partiture
musicali
e scaffali
ricchi di testi
teatrali che
ricordano
l’importanza
della musica
e del teatro
negli
ambienti
educativi
salesiani.
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4.4 Page 34

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COME DON BOSCO
Pino Pellegrino
I VERBI DELL’EDUCAZIONE 10
Rispondere ai PERCHÉ
«Vorrei morire con la mente
di un bambino, perché è
il più grande dei ricercatori».
Non sta zitto due minuti, neanche a pagar-
lo a peso d’oro. “Mamma, perché l’erba
è verde? Papà, perché il fumo vola? Per-
ché il nonno ha i baffi? Dov’è il vento
quando non soffia? I pesci fanno la pipì? Dov’ero io
quando non c’ero?”.
È un bombardamento continuo che ci asfissia. Ep-
pure non dovremmo mai stancarci di ringraziare
il buon Dio che ha fatto i bambini così insaziabil-
mente curiosi.
“Perché?” è una parola meravigliosa: rivela che
l’intelligenza è pronta e scattante. Un “perché?”
al giorno toglie la ruggine mentale di torno! “Per-
ché?” è una parola preziosa: senza “perché?” non c’è
scoperta, non c’è progresso. Senza “perché”, l’uo-
mo sarebbe bestia! Dunque dobbiamo difendere il
“Perché?”, dobbiamo proteggerlo. In che modo?
La prima e più importante difesa è la nostra
risposta. Se continuiamo a dire al bambino: “Lo
saprai domani, smettila di disturbare...”, gli bloc-
chiamo la curiosità, gli impigriamo il cervello.
Dunque, è dovere rispondere.
Rispondere a tono, non dicendo una frase qua-
lunque, distrattamente, mentre pensiamo ad al-
tro.
Rispondere in modo breve. Il bambino ha
un’attenzione che è lunga quanto un francobollo.
“Perché non mi lasci prendere il coltello?”. “Per-
ché taglia!”. Tutto qui e basta.
Rispondere in modo chiaro. Certo non rispettò
questa regola quel papà che, alla domanda del
bambino: “Papà, che frutti sono quelli?”, rispo-
se: “Prugne nere, caro”. Al che il piccolo: “Ma,
papà, sono rosa!”. E il padre: “Sono rosa perché
sono verdi!”. Rispondere in modo intelligente.
Non fu tale la risposta data ad una bambina che,
osservando i leoni in gabbia allo zoo, domandò:
“Perché il leone ha la testa così grossa?”. Rispo-
sta: “Ma è chiaro! Così non passa attraverso le
sbarre!”
Rispondere tenendo d’occhio l’età. Nei primi
anni il bambino non cerca la causa vera, ma vuo-
le conoscere qual è la funzione di una cosa o di
un fatto, “Perché nevica?”, “Perché così tu puoi
andare a sciare”. A mano a mano che il figlio
cresce, dovremo dare risposte ‘cresciute’ in pro-
fondità. Esempio: “Perché le stelle brillano così
piccole?”. “Le stelle sono brillanti come il sole,
ma dato che sono lontanissime, le vediamo pic-
cole piccole...”.
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4.5 Page 35

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Rispondere valutando la qualità dei «Perché?».
Vi sono, infatti, vari tipi di “Perché?”.
Abbiamo il “Perché?” che il bambino dice in
continuazione solo per il piacere di dire qualco-
sa, passando subito ad un altro argomento, senza
neanche aspettare la risposta. Abbiamo il “Per-
ché” che nasce dal desiderio del piccolo d’esse-
re guardato e considerato. Abbiamo i “Perché”
di ricerca, di interesse vero. A questi dobbiamo
rispondere, come stiamo dicendo.
Rispondere con partecipazione!
“Bravo! Mi hai fatto una bella domanda! Provia-
mo a rispondere insieme”.
Rispondere in modo sincero. La cosa non è
sempre facile, ma si può. Si può rispondere in
modo da non dover mai ritrattare quello che di-
ciamo, anche su argomenti delicati come il sesso,
la morte, Dio. Ci spiace che lo spazio ci impedi-
sca di provarlo in questa sede. Abbiamo cercato
di farlo altrove. D’altronde l’obiettivo del poco
detto era un altro: essere un convinto invito a ri-
spondere ai “Perché?” del bambino.
Rispondere, per non spegnere la sua intelli-
genza inquirente.
Rispondere, perché la curiosità è tra le sue doti
più preziose. Il grande psicologo svizzero Jean
Piaget confidava: “Vorrei morire con la mente di
un bambino, perché è il più grande dei ricerca-
tori”.
FRASI DA NON DIRE
Dobbiamo proteggere il punto interrogativo: il
punto che ci ha permesso di passare dalle caverne
alla conquista dei cieli. Ebbene, condizione fon-
damentale per non uccidere il “Perché?», è quella
di evitare sempre alcune frasi, come quelle che
seguono.
ƒ “Sono cose che non ti riguardano”
Se il piccolo fa la domanda, è segno che la cosa gli
interessa, lo riguarda.
Non rispondere, è come invitarlo a cercare da altri
la risposta; oppure, peggio ancora, è spegnergli la
curiosità e preparare un ragazzo passivo, abulico.
Gli psicologi affermano che il bambino che non
ha soddisfatto la sua curiosità nel momento in cui
nasce, non si sentirà poi spinto, a scuola, ad inte-
ressarsi ad argomenti che gli sembrano tanto meno
interessanti.
ƒ “Te la dirò quando sarai grande”
Ogni età ha la sua pienezza. Il bambino è ‘grande’
quando è tutto bambino; così il fanciullo, il ragaz-
zo, l’uomo maturo. Dunque a ogni età la sua ri-
sposta adeguata. Rispondendo: “Te lo dirò quando
sarai grande”, si trasmette al piccolo l’idea che vi
sono zone vietate, il che può favorire una curiosità
morbosa.
ƒ “Non hai altre domande più intelligenti
da farmi?”
Il bambino è convinto che non vi siano domande
idiote, per questo non molla. “Mamma, perché nel
formaggio vi sono tanti buchi?”. La madre: “Non
hai altre domande da farmi?”. Il piccolo tace morti-
ficato. Ma qualche minuto dopo domanda: “Mam-
ma, potresti almeno dirmi perché attorno ai buchi
c’è il formaggio?”. Se il bambino fa una doman-
da che a noi sembra strana, non correggiamolo in
modo brusco, ma partiamo da essa per ampliare il
discorso e, se del caso, rettificarlo.
ƒ “Questo chiedilo a papà”
Il piccolo potrà pensare che non siamo all’altezza
della situazione, che non siamo preparate a rispon-
dere o non ne abbiamo autorità. Dunque cerchiamo
di rispondere, magari aggiungendo: «Lo chiedere-
mo anche a papà». Questo modo di parlare rassi-
cura e soddisfa molto il bambino che gode intensa-
mente dell’intesa dei genitori.
ƒ “Chi ti ha insegnato queste cose?”
Reagire in tal modo significa non accettare che
il figlio possa anche apprendere fuori dell’ambito
familiare; significa che disapproviamo il fatto che
qualcuno gli abbia parlato a nostra insaputa. Una
tale risposta può rallentare lo sviluppo sociale del
figlio, rinchiuderlo in se stesso e renderlo diffidente
verso gli altri.
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4.6 Page 36

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LA LINEA D’OMBRA
Alessandra Mastrodonato
Una generazione di
“SDRAIATI”?
Ci sono anche giovani che non
smettono di sognare un mondo
all’altezza delle proprie aspirazioni
e di camminare a testa alta e con
i piedi ben piantati per terra per
tradurlo in realtà con il proprio
impegno tenace e quotidiano.
Ah che bello, domani mi sveglio
e non vado a lavoro:
ho preso riposo
perché oggi ho comprato un telefono nuovo
e avrò molto da fare
per sincronizzare i contatti e
archiviare le foto degli ultimi anni,
salvati da un dito che altrimenti avrei dimenticato.
Ah che bello, domani mi sveglio
e non ho più un lavoro:
il contratto a progetto è finito,
è scaduto e ora attendo rinnovo.
Chiederò al sindacato, allo Stato,
agli amici cattivi un sussidio per ricominciare,
mentre passo i miei giorni sdraiato
a godermi la precarietà.
Ma, ma, ma, ma,
per fortuna ho un iPhone, un iPod, un iCloud
e non ho resistito,
ho comprato un iPad, un iMac, un iWatch
e non sono pentito!
E me la prendo con l'Isis se il mondo non va,
me la compro col leasing la mia dignità,
Una generazione “stesa sul divano”. Che
affronta la vita in posizione orizzontale,
senza slanci, senza ardore, senza entusia-
smo. Che ha smarrito ogni senso di ver-
ticalità e la cui unica finestra sul mondo è spesso
rappresentata dai tanti device tecnologici – dal com-
puter allo smartphone, dal tablet all’e-book – che
moltiplicano a dismisura i suoi terminali recettivi,
senza però offrirle una più adeguata chiave di let-
tura della realtà che la circonda. Gli “sdraiati”: così
li definisce il giornalista e scrittore Michele Serra,
riferendosi in modo particolare agli adolescenti,
anche se una simile categoria sociologica sembra
ormai essersi dilatata a tal punto da includere al
proprio interno anche molti giovani adulti.
Non sempre, infatti, il cammino verso l’adultità coin-
cide con l’innescarsi di un dinamismo fatto di balzi
in avanti, scalate ardimentose per raggiungere le vette
più alte delle proprie aspirazioni, tensione inesausta
verso il futuro. Talvolta esso assomiglia piuttosto a
un rassegnato trascinarsi tra le secche stagnanti della
precarietà e della disillusione, prigionieri di un’im-
mobilità psicologica e relazionale prima ancora che
fisica, in cui spesso amiamo crogiolarci anziché rim-
boccarci le maniche per costruire un cambiamento
possibile. Una condizione di indolenza che non di
rado tendiamo a giustificare con la difficile con-
giuntura storico-politica in cui ci ritroviamo a vivere,
con la mancanza di opportunità offerte ai giovani da
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4.7 Page 37

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una società sempre più sfilacciata e in perenne cri-
si di identità come quella del terzo millennio, con
il fallimento di ogni forma di solidarietà sociale in
grado di garantire una dignità di vita a ciascun indi-
viduo. Ma, soprattutto, una forma mentis alla quale
siamo talmente assuefatti da non farci nemmeno più
caso, anestetizzati come siamo dalla quotidiana so-
vraesposizione a quella potentissima “arma di distra-
zione di massa” rappresentata dalle nuove tecnologie
dell’informazione e della comunicazione.
Di fronte a un’analisi così pessimistica e, per molti
aspetti, impietosa, non si può tuttavia fare a meno
di porsi alcuni interrogativi cruciali: quali sono le
cause profonde che spingono tanti giovani adulti
a scegliere di veder scorrere inerte la propria vita,
rimanendo allungati orizzontalmente nel mondo?
E, soprattutto, la fotografia tracciata da una par-
te non trascurabile dell’immaginario collettivo è
realmente esaustiva del modo d’essere di un’intera
generazione che si affaccia alla condizione adulta
nella presente fase storica?
Se è vero, infatti, che sono in aumento – e non solo in
Italia – i cosiddetti Neet (acronimo di Not engaged in
Education, Employment or Training), giovani che né
studiano né lavorano e che, in diversi casi, sperimen-
tano forme dolorose di disagio ed esclusione sociale,
bisogna però considerare che ogni generalizzazione
risulta fuorviante e, spesso, anche ingenerosa. Die-
tro le fredde percentuali sventolate dalle statistiche
ufficiali si nascondono storie diverse e percorsi sog-
gettivi, fatti non di rado di lavoro nero e sommerso,
di una miriade di “lavoretti” precari e sottopagati, di
scelte sbagliate e progetti di vita inconcludenti che
finiscono con l’arenarsi in un vicolo cieco...
E poi, accanto ai tanti giovani che si smarriscono,
che si lambiccano nella propria pigrizia e che tro-
vano un alibi nella crisi imperante, ce ne sono molti
altri che si danno da fare per costruire, mattone dopo
mattone, un futuro migliore per sé e per la società in
cui vivono, che affrontano immani sacrifici per tirar-
si fuori da una condizione di svantaggio economico
o sociale, che investono le proprie energie, la propria
quanto meno ho un iPhone, un iMac, un iPod
e domani mi incazzo...
Ah, ah, ah che bello, domani mi sveglio
e che liberazione,
che mi sa faccio prima ad andare su Marte
che andare in pensione,
e mi offusco i pensieri giocando alla Play,
nei momenti più neri mi affido a Realtime,
qualche cuoco su Sky,
torno a casa dai miei e me guardo la Roma...
Ah, ah, ah che bello, domani mi sveglio
e son ricco sfondato,
e mi compro una barca, una macchina grande
e una casa col prato,
e mia moglie bellissima prepara il caffè,
i miei figli felici che corron da me...
Neanche il tempo di un tè
che mi si aprono gli occhi e mi sveglio sudato.
Ma, ma, ma, ma,
per fortuna ho un iPhone, un iPod, un iCloud
e non ho resistito,
ho comprato un iPad, un iMac, un iWatch
e non sono pentito!
E poi chi se ne frega della società,
che con tutti i miei giga me la vivo da qua,
per lo meno ho un iPhone, un iMac, un iPod
e domani...
Ah che bello, domani mi sveglio
e mi taglio le vene:
molto meglio per tutti,
io mi levo il pensiero e anche all'Inps gli conviene.
Nella tomba mi porto l'iPhone e l'iPad,
se vi serve qualcosa mandate un WhatsApp,
giocherò a Candy Crush, se ogni tanto vi va:
è ben accetta una vita...
(Mirkoeilcane, Per fortuna, 2018)
passione e la propria creatività per restituire slancio
alla propria esistenza ed elevare lo sguardo verso
orizzonti nuovi e inesplorati. Giovani che, spesso,
fanno meno notizia dei loro coetanei che continuano
a vivere “sdraiati” nella propria letargica apatia, ma
che non smettono di sognare un mondo all’altezza
delle proprie aspirazioni e di camminare a testa alta e
con i piedi ben piantati per terra per tradurlo in realtà
con il proprio impegno tenace e quotidiano.
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LA STORIA SCONOSCIUTA DI DON BOSCO
Francesco Motto
Amicizia lunga…
MA PATTI CHIARI!
Un difficile dialogo fra amici di idee diverse.
Uno dei problemi più spinosi che don Bo-
sco dovette affrontare lungo il corso della
vita fu quello della chiusura delle classi
ginnasiali di Valdocco, decretata il 16
maggio 1879 dal ministero della Pubblica Istruzio-
ne su proposta del Consiglio Scolastico Provinciale.
A don Bosco venne formalmente comunicata il 23
giugno 1879 ed avrebbe dovuto eseguirla entro una
settimana. Il Provveditore aveva la responsabilità
della sua esecuzione.
Una difesa accanita
Invero per don Bosco non si trattò di un fulmine
a ciel sereno. Nel Regno d’Italia, con la salita al
potere della Sinistra Storica nel 1876, si erano già
annunciate difficoltà per le scuole di Valdocco e don
Bosco aveva cercato di parare i colpi appellandosi
per lo più a ragioni storiche e umanitarie. Ora però
di fronte ad un decreto formale, dovette mettere in
campo soprattutto motivazioni giuridiche. Per la
sua immediata sospensione e per l’augurabile an-
nullamento tentò tutte le strade legali percorribili:
per tre anni inviò lettere e suppliche, istanze e di-
fese, repliche ed esposti a tutti i livelli. Fece ricorso
al Provveditore, al Presidente del Consiglio scola-
stico provinciale, al Prefetto, ai vari ministri della
Pubblica istruzione che si succedevano, al ministro
della Real Casa, al re Umberto fino al Consiglio
di Stato. Interpellò addetti dei ministeri, si avvalse
del sostegno politico-culturale del prof. Allievo e di
alcuni competenti gesuiti, coinvolse vescovi, ricorse
pure ad una seppure breve campagna giornalistica
che coinvolse la stampa torinese, da L’Unità Catto-
lica al liberale Il Risorgimento, dal periodico satirico
Il Fischietto, all’anticlericale Gazzetta del popolo. E
se alla fine del percorso processuale, nel dicembre
1881, don Bosco si vide rifiutato il suo ricorso teo-
rico circa l’identità privata delle scuole di Valdocco
o il loro riconoscimento come Istituto paterno – e
come tali esenti da alcune disposizioni di legge –
sul piano pratico a Valdocco non si ebbero conse-
guenze particolari. Nei tre anni di dibattito legale
don Bosco aveva infatti avuto modo di uniformarsi
totalmente e formalmente alle esigenze della legge;
e conseguentemente le scuole di Valdocco ne guada-
gnarono in validità e rispettabilità legale e culturale.
Compagni, amici/nemici
Uno dei personaggi coinvolti inizialmente nella
vertenza fu il teologo Angelo Rho compagno di
don Bosco nelle scuole pubbliche e nel seminario
di Chieri; era fratello di Luigi Gioacchino Rho,
pure amico di don Bosco, Provveditore incaricato
di far osservare il decreto di chiusura delle scuole
di Valdocco.
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4.9 Page 39

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Il teologo Rho il 18 luglio 1879 aveva mandato una
lettera un po’ risentita al direttore de L’Unità Cattoli-
ca, il famoso teologo Giacomo Margotti, nella quale,
difendendo l’operato del fratello Provveditore, accu-
sava don Bosco di averlo messo in cattiva luce.
Don Bosco a difesa delle ragioni delle sue scuole gli
rispose due giorni dopo: “Mio Caro e Buon Amico
Teol. RhoSe tu fossi passato all’Oratorio ti avrei
detto essere un falso supposto l’affermare che i no-
stri Maestri non son patentati… quindi appoggia
sull’errore il decreto di chiusura quando adduce per
motivo di quella disposizione il difetto di Professo-
ri muniti d’idoneità legale”. Inoltre – aggiungeva –
“la legge dice chiaro che un Istituto non può essere
chiuso se non quando è gravemente turbato l’ordine
sociale, l’ordine morale, o la salute degli allievi. Nis-
suno di questi motivi si può addurre contro le scuo-
le dei nostri poveri giovanetti, anzi…”. Circa poi il
fatto che i Professori titolati dovessero seguire l’ora-
rio pubblico, don Bosco sottolineava che “La legge
non voleva questo; ma per compiacere all’autorità ho
supplicato che mi si desse tempo a provvedere per
non turbare l’Amministrazione di questa casa… Tu
ti appelli alla legge che è superiore a tutti e a tutto.
Io direi che la giustizia deve regolare tutte le leggi…
Tu aggiugni che sono tre anni che il sig. Provvedi-
tore insiste che io mi uniformi alla legge. Io risposi
che tutti i provveditori, tutti i ministri di Pubblica
Istruzione sempre hanno lodato, approvato, ajutato
e sussidiato questo Istituto per oltre a trent’anni”.
E concludeva con un tocco di personale tenerezza:
“Ci voleva un amico, un compagno di scuola, a pro-
porre la chiusura, e proporre la chiusura allora che
con non leggero disturbo io mi era messo in tutta
regola in faccia alla legge. Come tu vedi ho scritto
col cuore alla mano e mi farai un vero favore se tu
leggendo la legge Casati mi dirai quali articoli sia-
no stati violati. Quanto qui ti scrivo è in tutela dei
poveri giovanetti raccolti in questo Ospizio, fuori
di questo io ti assicuro che con te e con tuo fratello
desidero di essere in buone relazioni, e proverò gran
piacere ogni qualvolta vi potessi rendere qualche
servizio. Credimi sempre
colla dovuta stima / Aff.mo
amico / Sac. Gio. Bosco”.
Un amico
nonostante tutto
Il teologo non si ritenne
soddisfatto della risposta
e replicò polemicamente.
Al che don Bosco, lasciati
passare due giorni, rispo-
se semplicemente: “Amico
sempre carissimo, l’uomo onesto, quando non è
creduto, deve porsi in rigoroso silenzio. Non mi hai
inteso e non rispondi ad una delle cose esposte nella
mia lettera. Lo sprezzo poi con cui tu parli dei preti
di questa casa mi impedisce di spiegarmi coi dovuti
vocaboli. Perciò in questo fatto è inutile di parlare,
come io vivamente desiderava”. Ma non mancava di
aggiungere: “Nelle altre cose saremo sempre buoni
amici. Io conterò ognora sopra la tua benevolenza e
sopra quella di tutti i tuoi fratelli, specialmente del
Cav. Provveditore. Ed io sarò sempre felice ove a te
o a’ tuoi possa prestare qualche servizio. Amami in
G. C. e credimi inalterabilmente /Aff.mo amico/
Sac. Gio. Bosco”.
“Tutto il male non viene
per nuocere”
A pochi giorni dalla diffusione della notizia del
decreto di chiusura delle scuole di Valdocco, il 13
luglio 1879 don Bosco aveva scritto all’amico e sti-
mato teologo Margotti: “Questa mattina ho ricevu-
to un’altra lettera che esprime il suo rincrescimento
pel disturbo che dà a questa casa. Però tutto il male
non viene per nuocere e noi con l’aiuto del Signore
e del T. Margotti ne trarremo vantaggio materiale
e morale”.
Alla prova dei fatti, come abbiamo sopra accenna-
to, così è stato anche in questo caso, sia pure, come
spesso accade, passando attraverso gravi angosce e
indicibili preoccupazioni.
Le quasi
cinquemila
lettere scritte
da don Bosco
sono un
miracolo: don
Bosco era un
“computer”
formidabile
che teneva
testa a tutto.
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I NOSTRI SANTI
A cura di Pierluigi Cameroni  postulatore generale
Coloro che ricevessero grazie o favori per intercessione
dei nostri beati, venerabili e servi di Dio, sono pregati
di segnalarlo a postulatore@sdb.org
Per la pubblicazione non si tiene conto delle lettere
non firmate e senza recapito. Su richiesta si potrà
omettere l’indicazione del nome.
IL SANTO DEL MESE
In questo mese di ottobre preghiamo
per la canonizzazione della beata Alexandrina
Maria da Costa, salesiana cooperatrice.
Nata il 30 marzo 1904 a Balasar,
un piccolo paese del Portogal-
lo, Alexandrina Maria da Costa
fu educata cristianamente dalla
mamma. A sette anni, frequen-
ta la scuola elementare per un
anno e mezzo. Vivace, allegra e
di robusta costituzione, comincia
a lavorare nei campi. A 14 anni
accade un fatto che segnerà tutto
il resto della sua vita: per sfuggire
all’aggressione di uomini malin-
tenzionati, si butta dalla finestra.
Le conseguenze saranno terribili,
anche se non immediate. Fino
a 19 anni si reca in chiesa, ma la
paralisi avanza sempre più e i do-
lori diventano insopportabili. Nel
1925 si mette a letto per non al-
zarsi più. Rinunciando a chiedere
il miracolo della guarigione, intui­
sce che la sua missione è “amare,
soffrire, riparare”. Inizia allora una
grande unione mistica con Gesù,
“prigioniero” in
tutti i taberna-
coli del mondo.
Nel 1935 sente
Gesù esporle per
la prima volta il
suo desiderio che
il mondo venga
consacrato al Cuore
Immacolato di Maria.
Nel 1938, Alexandrina rivi-
ve ogni venerdì con segni e movi-
menti visibili le diverse fasi della
passione di Gesù, mentre aumen-
tano le sofferenze e anche le per-
secuzioni da parte del demonio.
A quel punto, il padre Mariano
Pinho, gesuita, suo direttore spi-
rituale, si rivolge direttamente a
Pio XI per chiedere la consacrazio-
ne del mondo al Cuore Immaco-
lato di Maria. Quando la richiesta
della consacrazione verrà accolta
da Pio XII nel 1942, cesserà la pas-
sione visibile del venerdì
e comincerà un altro
“segno”: durante
gli ultimi tredici
anni di vita, Ale-
xandrina non si
alimenterà più,
vivendo soltan-
to dell’Eucari-
stia. Nel 1944,
su invito del salesiano don Um-
berto Pasquale, suo nuovo diret-
tore spirituale, diventa salesiana
cooperatrice e socia dell’ADMA.
Migliaia di visitatori accorrono da
tutte le parti per chiedere consigli
e preghiere. Alexandrina muore il
13 ottobre 1955. È stata beatifica-
ta da Giovanni Paolo II il 25 aprile
2004.
Preghiera
Dio misericordioso,
che hai fatto risplendere nella Chiesa
l’esempio della Beata Alexandrina Maria,
intimamente unita alla Passione del tuo Figlio,
perché in ogni parte del mondo si accendessero
il culto eucaristico e la devozione
al Cuore Immacolato di Maria,
concedi a noi, per sua intercessione,
di diventare dimora dello Spirito Santo
e testimoni autentici del tuo amore.
Ti supplichiamo di voler glorificare quest’umile tua serva
e di concederci, per sua intercessione,
la grazia che ti chiediamo...
Per Cristo nostro Signore. Amen.
Ringraziano
Nostro figlio, Giuseppe Vo Nguyen
Ha Duy, è stato uno studente
della comunità Don Bosco di Go
Vap - Vietnam, dalla classe 6 alla
classe 11. All’inizio della classe
12, studiava online a casa perché
l’epidemia di Covid stava scop-
piando in Vietnam. Il 3 ottobre
2020 nostro figlio aveva la febbre,
la nostra famiglia gli ha comprato
delle medicine da prendere. Dopo
tre giorni, la febbre non diminui-
va, quindi l’abbiamo portato in
ospedale per un esame del san-
gue perché temevamo che avesse
la dengue. Dopo circa 5 giorni di
esami il medico ha annunciato
che il ragazzo aveva un’infezio-
ne da leucemia acuta (cancro del
sangue) e doveva essere trasferito
in ospedale per una trasfusione
di sangue. In uno stato di preoc-
cupazione e shock, ho informato
la mia famiglia, e sua mamma,
Marta Nguyen Thi Thu Ha, e le zie
materne di mio figlio sono andate
alla casa salesiana di Don Bosco
a Xuan Hiep per incontrare padre
Dung e altri sacerdoti, per chiede-
re di pregare per lui. Padre Giusep-
pe Do Duc Dung ci ha donato una
immagine del Servo di Dio An-
drea Majcen, in cui ci sono una
breve biografia e due preghiere
da recitare ogni giorno. Abbiamo
chiesto anche ai sacerdoti e fratelli
della comunità teologica di Xuan
Hiep di pregare per lui, insieme ai
sacerdoti e fratelli che conosciamo
della Congregazione salesiana: il
parroco Giuseppe Nguyen Truong
Thach, SDB e il vicario parrocchia-
le Phero Tran Anh Tu, SDB, hanno
offerto ogni giorno la messa per
chiedere, per intercessione di don
Majcen, la guarigione di nostro
figlio. Dopo 18 mesi di trattamen-
to, con 6 cicli di chemioterapia, la
sua salute e le sue condizioni sono
migliorate, anche se attualmente
sta ancora ricevendo il tratta-
mento di mantenimento. Durante
il suo trattamento, ci sono stati
momenti in cui la sua vita è stata
in pericolo. Grazie alle insistenti
preghiere della famiglia e dei sa-
lesiani, ora è stabile ed è tornato a
scuola dal settembre 2023.
(I genitori e le zie
di Giuseppe Vo Nguyen Ha Duy)
Viaggiando con mia sorella Toti
nei pressi di Roma, mentre sta-
vamo entrando in autostrada
abbiamo rischiato un grave inci-
dente automobilistico. Abbiamo
avuto subito la percezione di aver
ricevuto una grande grazia di
scampato pericolo grazie all’in-
tercessione della Beata Eusebia
Palomino che poco prima ave-
vamo invocato chiedendo che ci
proteggesse nel nostro cammino.
(don Pierluigi Cameroni)
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ottobre 2024

5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

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IL LORO RICORDO È BENEDIZIONE
La comunità
Don
Giuseppe
Brocardo
Morto a Torino
l’8 agosto 2002,
a 78 anni
La famiglia di don Brocardo com-
prendeva altre due sorelle, Pinella
e Irma, e due fratelli, Ettore e
Pietro (quest’ultimo diventerà
pure salesiano). Finite le scuole
elementari, nel 1928 Giuseppe
segue il fratello Pietro, già al IV
anno di ginnasio nell’Istituto Sa-
lesiano di Benevagienna, nell’a-
spirantato che comunque costava
gravi sacrifici al padre che faceva
il cantoniere. Vista la buona con-
dotta dei due fratelli, il direttore
don Giuseppe Guala venne presto
incontro finanziamente.
Viene ordinato sacerdote il 10
luglio 1945, nella basilica di Ma-
ria Ausiliatrice. Da sacerdote don
Brocardo (così sarà sempre chia-
mato da tutti) rimase nella casa
di Valsalice, dove, oltre all’inse-
gnamento di scienze naturali,
chimica e geografia generale dal
1945 al 1998 – ricopre vari inca-
richi per diversi anni: responsa-
bile della formazione spirituale
(“catechista”), “consigliere” per
la disciplina e delle attività degli
interni prima e dei semiconvittori
poi, attività che si aggiungevano
alla cura dei laboratori scientifici e
del museo di storia naturale. Non
manca di insegnare scienze anche
al liceo scientifico prima al San
Giovannino e poi a Valsalice.
Era molto esigente, di poche
parole (come sempre rimarrà),
ma animato da spirito di fede
per il bene degli allievi. Si face-
va rispettare: la sua severità a
scuola era tale che non ammet-
teva scuse da parte degli allievi:
per questo non da tutti era ap-
prezzato, ma in realtà egli dava
molto alla scuola, preparando
scrupolosamente le lezioni e i
laboratori (memorabili le sue
esperienze dì chimica), come
testimoniano i suoi numerosi ex-
allievi e anche gli appunti che ha
conservato fino al termine della
vita. I manoscritti rimasti certa-
mente sono solo una parte di ciò
che passò tra le sue mani. Egli,
infatti, sapeva discernere ciò
che è essenziale da ciò che non
merita conservare, e soprattutto
svolgeva il programma con pre-
cisione e con grande sicurezza e
chiarezza espositiva. In biologia,
era aperto alle teorie evoluzio-
niste, in una personale sintesi
“concordista” con i dati biblici,
secondo uno schema in voga ne-
gli anni Sessanta.
Difendeva le proprie idee scien-
tifiche (e anche quelle politiche)
con passione, rincrescendosi per
la progressiva perdita di visibilità
dei cattolici in politica.
Don Brocardo animava lo sport,
specialmente il calcio, cui si inte-
ressò sempre (anche quando non
se ne dovette più occupare come
responsabile, con non celato tifo
per la Juventus) convinto della
necessità di una mens sana in
corpore sano. Così pure animava
le attività estive in montagna
presso la residenza valdostana
di Fiery, sopra Champoluc in
val d’Ayas, alla scoperta della
natura, di insetti, piante e so-
prattutto dei minerali, finché il
direttore dell’Istituto don Ludo-
vico Zanella nel 1967 gli affidò
il compito di riallestire il museo,
che era stato iniziato nel lontano
1878 per decisione dello stesso
don Bosco. Solo da questo mo-
mento don Brocardo fu solleva-
to dall’incarico di “consigliere”.
Nonostante gli impegni religiosi
e di docente, don Brocardo riuscì
in soli due anni a portare a ter-
mine un’impresa davvero com-
plessa e delicata (come sa bene
chi lavora in un museo), sapen-
do coinvolgere anche gli allievi
nell’allestimento.
Don Brocardo trascorse il resto
della sua vita nell’ampliare sem-
pre più il museo, convinto di do-
verlo anzitutto al fondatore don
Bosco, e confidando per questo
nel suo aiuto.
Egli svolse ogni sua attività con
spirito autenticamente salesiano
nel più ampio intento di aiutare
i giovani a scoprire e a meditare
che quanto il Signore ha fatto
nella natura è davvero molto
bello e porta a Dio. A questo
scopo don Brocardo aveva orga-
nizzato i giovani in vari gruppi
naturalistici: botanico, entomo-
logico, paleontologico e soprat-
tutto nel Gruppo Mineralogico
Valsalice, che esiste tuttora, e
per qualche tempo si era dotato
di un proprio notiziario. La colle-
zione (anche se non è la prima
per numero di pezzi) è attual-
mente la maggiore esposizione
del genere in Piemonte, e tra le
più importanti d’Italia.
Partecipava volentieri alla vita co-
munitaria, e ai vari appuntamenti
anche con personali iniziative
gastronomiche, come ad esempio
la bagna cauda, divenuta un rito
invernale della comunità.
L’essenzialità che caratterizzò la
sua vita si rilevava ancora nella
propria piccola cameretta, con
pochi libri scelti e conservati an-
che per decenni, poche altre cose
personali, e nessuna comodità.
Egli visse la povertà anche nell’u-
so del tempo, degli strumenti di
lavoro e nel non mostrare vanità
nell’abbigliamento. Era partico-
larmente attento a non sprecare
inutilmente l’acqua, la luce, la
carta, e ad avere cura di ogni at-
trezzatura della casa, non solo
di quelle del suo settore, come si
conviene a persona coerente.
Anche dopo i cambiamenti epo-
cali che hanno investito inevita-
bilmente anche il nostro Istituto,
indubbiamente da don Brocardo
traspariva una personalità d’altri
tempi, ma egli sapeva guardare
al futuro con fiducia nei giovani,
adeguandosi ai cambiamenti ed
apprezzando le novità che met-
tevano in risalto valori prima poco
considerati. Cercava nel contem-
po di mantenere vivo il ricordo
degli exallievi, in particolare di
chi aveva sofferto o era morto in
guerra e nei campi di concentra-
mento.
Certamente la sua fede religio-
sa, mutuata da un ambiente di
origine radicale nelle tradizioni,
lo aiutò molto anche nella ma-
lattia, cui inizialmente stentò ad
adattarsi, ma era anche convinto
dell’inadeguatezza di fronte alla
giustizia divina, tant’è che ave-
va disseminato tra il materiale
raccolto e depositato in museo
diversi bigliettini (sapendo be-
nissimo che prima o poi qualcuno
lo avrebbe preso in mano) con ri-
chiesta di aiuto di una preghiera
di suffragio.
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5.2 Page 42

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IL CRUCIPUZZLE
Roberto Desiderati
Scoprendo
DON BOSCO
Parole di 3 lettere: Che, Ori, Aso.
Parole di 5 lettere: Aalto, Agata,
Drone, Onmic, Orazi, Roast, Sette, Verne,
Yanez.
Parole di 6 lettere: Aragog, Assisi,
Boeing, Inetti, Inizio, Navajo.
Parole di 7 lettere: Vilnius,
Sottese.
Parole di 8 lettere: Fototipo.
Parole di 9 lettere: Reiterare,
Tristezza.
Parole di 10 lettere: Escamotage,
? Isolamento, Monolitico, Scenografi,
Inserite nello schema le parole elencate a fianco, scrivendole da sinistra a destra e/o dall’alto in basso, Tecnicismo.
compatibilmente con le lunghezze e gli incroci. A gioco ultimato risulteranno nelle caselle gialle le Parole di 12 lettere: Inorgoglirsi.
?
parole contrassegnate dalle tre X nel testo. La soluzione nel prossimo numero.
Parole di 14 lettere:
La soluzione nel prossimo numero.
Sottodirectory.
UN DON VENERABILE, BEATO E SANTO
Don Bosco, considerato uno dei santi sociali torinesi, fu canonizzato da papa Pio XI
il 1º aprile 1934. Ma esattamente quale fu l’iter che portò il nostro Don a essere di-
chiarato Santo? I passi sulla via della santità sono alcuni, ben definiti dalla Chiesa
cattolica. Il primo è essere Venerabile e don Bosco lo fu dal 1907. Venerabile è il titolo
che la Chiesa cattolica attribuisce al servo di Dio dopo che il Dicastero delle cause dei
santi ha riconosciuto, e il papa ha proclamato, l’eroicità delle sue virtù. Il termine è
usato anche dalle Chiese ortodosse ma con differente significato. Il secondo passo
è la XXX che è l’atto mediante il quale la Chiesa riconosce l’ascensione di una persona defunta al Paradiso e la conseguente capacità
di intercedere a favore di fedeli che rivolgono preghiere al suo indirizzo. Il titolo autorizza la venerazione pubblica del beato in luoghi
(città, diocesi, regione o anche entro un ordine religioso) e modi determinati caso per caso. All’epoca erano necessari due miracoli per la
beatificazione: nel caso di don Bosco, nel 1929, furono ritenute miracolose le guarigioni di Teresa Callegari e Provina Negro. Terzo passo:
Soluzione del numero precedente
la santità ufficialmente riconosciuta. La canonizzazione è la dichiarazione ufficiale della santità
di una persona defunta da parte di una confessione cattolica o ortodossa. Emettendo questa
dichiarazione, si proclama che quella persona si trova in Paradiso e in più, rispetto alla semplice
beatificazione, se ne permette la venerazione come santo nella Chiesa universale, mentre con
il processo di beatificazione se ne permette la venerazione nelle Chiese particolari. Anche per
la canonizzazione erano necessari all’epoca due miracoli e la Chiesa cattolica riconobbe come
miracolose le guarigioni di Anna Maccolini e Caterina Lanfranchi.
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5.3 Page 43

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LA BUONANOTTE
B.F.  Disegno di Fabrizio Zubani
Il segreto INVISIBILE
«D ottore, ho un problema
che mi tormenta e forse
lei mi può aiutare, ho una
certe paturnie».
«Non gli hai spiegato perché ha il
cassetto sempre pieno?»
zione di quanto immaginiate».
«Ah».
«Non vedete mai l’amore che vi
domanda da porle. Come lei sa, io «E cosa c’è da spiegare?»
circonda. È invisibile come l’aria ma
vivo da solo. Ogni tanto vengono a La moglie quasi seccata rispose: «Vuol la cura e le attenzioni riempiono la
trovarmi i miei vecchi genitori, o
dire che ci sono delle donne che lo vostra vita, i vostri giorni. Ma voi
qualche amica, ma alla fine sono
amano. Che ci sono e ci sono sempre continuate ad ignorarlo e alla fine
rimasto signorino. Mi sa che resterò state. Donne che pensano a lui e che diventerete come il tuo paziente,
signorino sino alla fine. Però c’è un gli vogliono bene, anche nelle piccole diventerete stravaganti. Siete
mistero che voglio risolvere. Io non cose. Ma perché voi uomini non ci circondati da così tanto amore che
ho mai comperato un paio di calze pensate mai? Date tutto per scontato, nemmeno te lo sogni. Apri gli occhi,
e mutande in vita mia. L’intimo
eppure siete circondati da più devo- amore».
insomma. Eppure il mio cassetto è
?
sempre pieno. Non mancano mai,
ci sono sempre. Ma può accadere?
In quei cassetti succede qualcosa.
Sono ossessionato, non dormo più».
Il medico: «Senta, dorma la notte,
ora le prescrivo un sonnifero che le
farà tanto bene».
«È sicuro? Perché questo mistero...»
«Lasci perdere queste sciocchezze
e prenda due di queste pastiglie
alla sera. Vedrà che non penserà
più a calze e cassetti». Il paziente
prese la ricetta e uscì.
La sera il dottore ne parlò con la
moglie.
«Vuoi ridere? Oggi allo studio
medico mi è capitato un paziente
stranissimo...» E le raccontò tutta
la storia, cercando di caricare il
lato buffo. Però vedeva che la
moglie non rideva.
«Tu che cosa hai fatto?» gli chiese
la moglie.
«Gli ho prescritto dei sonniferi,
almeno dorme e non pensa più a
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SOGNARE IN GRANDE
È LA NOSTRA
MISSIONE
Taxe-PerÇue
Tassa riscossa
PADOVA cmp
Giovani lettori e lettrici, siete
pronti a diventare protagonisti
della missione salesiana e a
diffondere il sogno di don Bosco
con la vostra fantasia e creatività?
A novembre arriva un’iniziativa
speciale dedicata a voi.
Continuate a seguirci. Vi sveleremo
tutto nel prossimo numero!
Via Marsala, 42 - 00185 Roma - tel. +39 06 65612663 - C.F. 97210180580
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