vite complicate e soffocanti. La parabola ci dice, invece, che
il seme della Parola, della cura, della conoscenza, della
testimonianza, va gettato ovunque, senza calcolo e senza
pregiudizio. “Seminare nel buio” significa anzitutto questo:
agire per pura gratuità, spinti non dalla probabilità di
successo, ma dalla fede incrollabile nel valore del seme
stesso. È l’amore che non fa differenze, che si offre a tutti
perché non è un investimento, ma un dono che straripa.
In secondo luogo, “seminare nel buio” rivela una profonda
verità sull’umiltà del nostro ruolo. Il buio non è solo
l’indifferenza del seminatore verso la qualità del terreno, ma
anche il mistero impenetrabile che è il cuore umano.
L’educatore e il pastore non possono “vedere” dentro l’anima
dell’altro. Non conoscono appieno le ferite passate, le paure
nascoste, le resistenze inconsce che rendono un cuore duro
come una strada o superficiale come un sottile strato di
terra. Non possono prevedere quale preoccupazione mondana o
quale nuova passione soffocherà un buon proposito.
Agire in questo “buio” significa accettare di non avere il
controllo sul processo di crescita. Il nostro compito è
seminare, non far germogliare. La crescita appartiene a una
dinamica misteriosa che coinvolge la libertà della persona (il
terreno), la potenza intrinseca del seme (la Parola, l’amore)
e l’azione della Grazia (il sole e la pioggia che non
dipendono dal seminatore). Questa consapevolezza ci libera da
due pesi opposti ma ugualmente dannosi: l’arroganza di chi si
sente l’artefice del successo altrui e la frustrazione di chi
si sente responsabile del fallimento. L’educatore che semina
nel buio sa che il suo lavoro è essenziale ma non onnipotente.
Egli offre, propone, accompagna, ma alla fine si ritrae con
rispetto di fronte al sacro recinto della libertà dell’altro,
dove avviene il vero incontro tra il seme e la terra.
Infine, il “seminare nel buio” è un atto di speranza radicale.
Perché il seminatore continua a spargere il seme con tanta
generosità, pur sapendo che gran parte di esso andrà perso?
Perché la sua fiducia non è riposta nell’efficienza del suo
gesto, ma nella vitalità inesauribile del seme. Egli sa che,