S
TRENNA
2009
di Pascual Chávez Villanueva
U
STESSO CARISMA
STESSA MISSIONE
I giovani innanzitutto: sono il dono di Dio alla Famiglia Salesiana. Non sono soltanto i beneficiari di un’attività. Sono la nostra vocazione. Il Signore li ha indicati a Don Bosco come i primi e principali destinatari della sua missione(CDC 21)
H
☻ Ecco un primo elemento da registrare: Don Bosco ha saputo interpretare la realtà sociale e tirarne le conseguenze. Così nacque in lui un’immensa compassione per quei ragazzi. Di fronte ai più diseredati e sfruttati, sentì l'urgenza di offrire un ambiente d'accoglienza e una proposta educativa che potessero rispondere ai loro bisogni: "Fu in quella occasione che mi accorsi come parecchi erano… abbandonati a se stessi. Chi sa, diceva tra di me, se questi giovani avessero fuori un amico che si prendesse cura di loro, li assistesse e li istruisse nella religione… chi sa che non possano tenersi lontani dalla rovina o almeno diminuire il numero di coloro che ritornano in carcere? Comunicai questo pensiero a Don Cafasso (suo direttore spirituale - ndr) e col suo consiglio e coi suoi lumi mi sono messo a studiare il modo di effettuarlo"2. Ecco un secondo elemento da percepire: la fantasia pastorale che portò Don Bosco a cercare con creatività e generosità risposte adeguate alle nuove sfide, il che implicava creare strutture che potessero rendere possibile un mondo alternativo e migliore per quei ragazzi.
☻Don Bosco voleva “prevenire”, accogliendo i ragazzi che arrivano a Torino in cerca di lavoro, gli orfani o quelli abbandonati dai genitori. Cominciò con l’offrire una proposta educativa centrata sulla preparazione al lavoro che li aiutasse a ricuperare dignità e fiducia in se stessi, integrata dall’offerta di un ambiente positivo, ricco di gioia e amicizia, nel quale quasi per contagio, potessero assumere valori morali e religiosi. I giovani erano tanti e i loro bisogni ancor di più; egli si consumava per loro, continuava a sognare ma cominciava anche a realizzare i sogni: avere “un esercito di collaboratori” che potessero affrontare la grande emergenza educativa di quei tempi di prima industrializzazione. La Famiglia Salesiana sarebbe stata questo suo “esercito”: chierici, sacerdoti, religiosi e religiose, laici impegnati ricchi e poveri, celibi e sposati e i giovani più grandi, educati a diventare leader dei compagni. Don Bosco non era mai sazio di collaboratori: comprendeva quanto grande e importante fosse questa missione per la salvezza dei giovani dal punto di vista umano, sociale, morale, spirituale e religioso.
☻ Cari lettori, più conosco la congregazione più mi rendo conto di come la Famiglia Salesiana si sia sforzata di essere fedele a questa missione di essere vicina e solidale con i più bisognosi, soccorrendo quelle realtà giovanili che la società troppo spesso non soccorre: ragazzi deboli ed emarginati, dropout, e di strada, bambini soldato, bambini lavoratori, bambini sfruttati nel “maledetto” turismo sessuale. Anche oggi c’è molto da fare! Ecco perché vi chiamo a “riempirvi” della passione di Don Bosco. “Insieme si può!”: prima che uno slogan politico, deve essere il motto di quelli che credono nel bene. Insieme possiamo offrire ai giovani strade di speranza e di vera realizzazione per continuare il sogno di Don Bosco di vederli felici prima qui sulla terra poi nel cielo. Con lui, anch’io suo successore, ho un sogno: quello di una Famiglia Salesiana rinnovata nel carisma e appassionata alla missione. ☻
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Fu proprio l’esperienza con i ragazzi carcerati a sconvolgere Don Bosco, sollecitando in lui un nuovo modo d’essere prete.
a frotte, ragazzi e giovani scendono dalle valli per offrirsi come manodopera di basso costo alle industrie manifatturiere, alle botteghe artigiane, ai cantieri edilizi.
1 Bosco, G., Memorie dell'Oratorio, a cura di Ferreira A., LAS Roma 1992 pag. 104
2 idem
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