Strenna_1999_it


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Strenna 1999
Commento di don Juan Edmundo Vecchi
Rettor Maggiore SDB
«Benedetto sia Dio,
Padre del Signore nostro Gesil Cristo»
Volgiamoci a Lui con amore di figli,
per
essere
con
.
I
g1.ovan1.
costruttori di fraterna solidarieta
lstituto Fig/ie di Maria Ausiliatrice

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Strenna 1999
Commento di don Juan Edmundo Vecchi
Rettor Maggiore SDB
«Benedetto sia Dio,
Padre del Signore nostro Gesil Cristo» (Ef 1, 3)
Volgiamoci a Lui con amore di figli,
per essere con i giovani
costruttori di fraterna so/idarieta
lstituto Fig/ie di Maria Ausi/iatrice - Roma

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Stampato in proprio - Roma, Istituto FMA 1998

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«Benedetto sia Dio,
Padre del Signore nostro Gesu Cristo» (Ef 1, 3)
Volgiamoci a Lui con amore di figli,
per essere con i giovani costruttori di fraterna solidarieta.
1. Dio, il Padre del Signore nostro Gesu Cristo
1.1. «Benedetto sia Dio»1
Il pe nsiero del Pa dre solleva , piu di qua nta non lo faccia que l-
Io del Figlio o della Spirito Santo, la questione di Dio : la fede,
l'interrogativo, il dubbio, la n ega zion e, le immagini uma n e di Dio .
E cio perch e il Pa dre e l'o ri gine e il p rincipia : sia de ntro la Trinita,
sia verso l'estern o . E Colui che genera. E il p rimo ch e si rivela
n ella s to ria degli uomini. E Colui ch e invia il Figlio. Da Lui p ro-
cede Io Spirito . A Lui e a ttribuita la po ten za, ch e da la p ossibi-
lita per tutto il resto. A ragione n el N u ovo Testa m en to ogni volta
ch e si <lice "Dio", sen za aggiunte, ci si 1iferisce al Pa dre.
Giovanni P aolo II pone la ri□essione d ell'a nno in rapporto
col secolarismo: il prescinde re d a Dio n ell'organizzazion e d ella
vita socia le, il relegarlo nel privato, l'irrilevanza della ricerca obie t-
tiva s u di Lui, il dis interesse circa il significato di una sua even-
tua le presenza nella n ostra vita .2 La conne tte pure a l dialogo con
le gr a ndi religio ni, in particolare con l'eb rais m o e l'islamismo.3
Con esse c i si trova d'accordo n ell'accetta re l'esis te n za di Dio e
un su o r a pporto con il cosmo e con la s to ria <legli uomini.
Congetturare, scorgere e conclu dere che Dio esiste, e com-
' Ef I , 3.
' Cf. TMA 52.
1 Cf. TMA 53.
5

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prendere che cosa tale esistenza significhi per noi, non e stata
una ricerca facile per l'umanita. E non lo e ancora, se ci si basa
sulle sole forze della ragione. Eppure questa ricerca non e stata
mai abbandonata ne considerata indifferente.
Alcuni identificarono il divina con le forze sconosciute della
natura o con le potenze misteriose dell'uomo. Non arrivarono a
percepirlo come persona. E questa un filone non assente dalla
galassia religiosa di oggi. Magia, occultismo, animismo e altre
erbe simili ne sono quanta meno indizi. Cio sta a dire che impron-
te di Dio sono rimaste nella materia e tratti ce ne sono pure nel
pensiero e nel cuore umano.
Il nostro secolo XX si e caratterizzato per l'esclusione di Dio
dal pensiero e dalia vita e, in particolare, per la violenza rivolta
contro chiunque (di varie religioni!) volesse costruire una qual-
siasi real ta storica sulla fede o sull'ipotesi di Dio. Ha il primato
nell'ateismo organizzato e violento.
Per non pochi ancora Dio e indefinibile, quasi un'energia
senza volto. Anche questi colgono una briciola di verita: Dio non
puo essere afferrato da categorie umane. Il nostro parlare su di
Lui e sempre per analogia. Quello che sperimentiamo di Lui e
"ineffabile", difficilmente esprimibile con linguaggio umano.
Per questa, ma non solo, oggi, eliminato il riferimento ad
una verita su Dio, e frequente costruirsi un dio su misura, a pia-
cere. Non interessa sapere chi e e come sia, ma come Io sento e
come serve al mio caso.
La strenna invita a pensare la presenza ed il senso di Dio
nella nostra cultura dell'indifferenza, del soggettivismo, del liber-
tarismo etico, dell'insignificanza del religioso. Vuole ricordarci che
in tutti coloro che hanno percepito un raggio della sua luce, un
tratto della sua paternita, e affiorata, fin dal piu profondo del-
l'essere, un'espressione di meraviglia, di !ode e di gioioso ringra-
ziamento: «Benedetto sia Dio».4
' Tale espressione percorre la Bibbia. Cf. Noe: (Gen 9, 26); Melchisedech (Gen
14, 19-20): Ietro (Es 18, JO); Davide (/ Sam 25, 33; 25, 39); Salomone (1 Re 10,
9); I Salmi (28, 31, 41, 66, 68, 89, 106, 113, 119, 124, 135, 144); Zaccaria (Le J,
68); Maria SS.ma (Le I, 46); Gesu (Ml 10, 21); Paolo (Rm 1, 25; Rm 9, 5; 2 Cor
I, 3; 2 Cor 11, 31; Ef I, 3)...
6

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1.2. La ricerca dell'uomo e il dono di Dio
La Bibbia racconta il percorso dell'uomo verso la conoscen-
za di Dio: a tentoni, nel buio, per stracie impervie e con bussola
precaria. Mostra il fascino che esercitano sull'uomo le forze della
natura, la sua perplessita davanti alla voce della coscienza, gli
interrogativi che solleva la sua storia. Documenta pero principal-
mente la rivelazione su Dio che l'uomo ha avuto non tanto attra-
verso una "dottrina", quanta mediante un'esperienza singolare
all'interno di un avvenimento storico.
J;avvenimento e la Pasqua: l'esodo dall'Egitto e l'alleanza del
Sinai nell'Antico Testamento; la rnorte e risurrezione di Gesu nel
Nuovo. Lesperienza urnana che vi si fa e di liberazioni molte-
plici nel nome di Dio, per grazia sua e per essere suoi; di pas-
saggio dalla schiavitu alla liberta, dalie condizioni di morte a quel-
le di vita, di espansione di questa vita fino alla pienezza, di cam-
mino verso tutto cio con la solidarieta e la compagnia di Dio.
Alla luce di questi eventi si sono letti gli inizi del mondo e
di quanta in esso avviene. Tali eventi sono infatti la sigla, il segno
del farsi presente di Dio nell'umanita, del suo rapporto con la
vicenda dell'uomo.
Nell'esodo e dopo di esso, attraverso il ministero dei profe-
ti, Israele imparo per tutti noi che Dio e sommo e unico. E al
di sopra dell'universo e di qualsiasi potere conosciuto od occul-
to. Da essi si distacca: e trascendente, appartenente ad un altro
ordine, santo. Ne potenze umane ne forze della natura hanno il
minimo dominia su di Lui.
J;uomo Io sente come datore della sua stessa vita, alleato gra-
tuito e inatteso, punto di arrivo delle sue brame di felicita, e anche
come giudice ultimo dei suoi atti e delle sue intenzioni.
Ancora oggi noi confessiamo questa verita: «Credo in un solo
Dio Padre Onnipotente». Lespressione si riempie oggi di nuovi
significati, se consideriamo gli "assoluti" che hanno preteso o pre-
tendono di sottomettere l'uomo, o in cui questi pone !'ultima spe-
ranza: il denara, la tecnologia, il mercato, lo stato. La strenna, in
questa tempo di profezia, nel clima della nuova evangelizzazione,
invita ad una critica ai rnodemi "assoluti", pensando anche alle
ideologie del secolo che si chiude e di quello che si apre.5
' Cf. TMA 31-36.
7

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Cosi Israele imparo pure che Egli e Creatore del cielo e della
Lerra: principia e termine ultimo di quanta esiste. Amore libero e
fecondo, gratuito e universale. Nessuno poteva obbligarlo a dare
l'essere. Di nienle si poteva servire per dare origine alla vita.
E il Dio che si comunica all'uomo: ha parlato e parła. Gli
avvenimenti della vicenda umana hanno significati e conseguen-
ze oltre i loro aspetti visibili. L'uomo se ne rende tanto piu conlo,
quanlo piu fa spazio al pensiero di Dio. Egli si rivela attraverso
persone che hanno una particolare missione storica di liberazio-
ne e di illuminazione. Paolo <lira che i gentili adoravano dei muti.
I profeti accuseranno gli idoli di essere senza parała ne messag-
gio, senza suggerimenli ne stimoli. Il Dio d'Israele e colui che ha
mosso i Padri, che ispira i profeti, che parła al popolo, che in
sogni e visioni indica strade possibili, specialmente negli snodi
della storia.
E il Dio che educa e fa crescere: il Pastore che conduce ad
acque cristalline e a prati erbosi, che non consente all'uomo di
fermarsi, ma mostra orizzonti verso cui camminare, che accom-
pagna stimolando ad avanzare, che richiede fedelta all'alleanza
nel quotidiano e in inattese rotture col passato verso imprese
impossibili. E il Dio che ha ordinato di rompere con la schiavitu,
di avventurarsi nel deserto, di conquistare la terra promessa.
E un Dio che raduna e unisce, crea solidarieta e armonia.
1.:ordinamento del caos e la creazione del genere umano come una
famiglia unica sano una prima manifestazione. Convoca gente
dispersa e la rende un popala. Vuole la salvezza di tutti, anche di
coloro che al presente non riescono a riconoscerlo.
L:uomo Io cerca «come la cerva le sorgenti d'acqua»6• Lo sente
nel proprio pensiero e nei battiti dell'anima. Quando !'ha perce-
pito, «ha sete di Lui. A Lui anela come terra deserta, arida,
senz'acqua».7 Si accorge che in Lui risiedono la vita e il senso del-
l'essere.
Per tutto questa, di Lui si afferma che e Padre. Si sente la
sua paternita nel fatto che egli da la vita, la conserva, la svilup-
' Ps 42, 2.
' Ps 63, 2.
8

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2.1 Page 11

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pa, impegna la sua potenza a favore di essa, la porta a pienezza,
richiedendo la responsabilita e la collaborazione dell'uomo.
Farsi un'immagine di Dio, bella e vera, trasmetterla con le
parole e gli atti, e uno <legli impegni dei credenli in questa vigilia
del 2000. Egli e misericordioso, ma non indifferente al małe; amico
e vicino, ma non uguale a noi; pronto all'aiuto, alla grazia, ma non
"a servizio" di progetti rilagliati sulla nostra piccola misura; fonte
e garanzia della liberta, ma anche esigenza di responsabilita.
1.3. «Mostraci il Padre»8
«Mostraci il Padre», chiese Filippo, in un momento in cui
Gesu aveva incominciato un bel discorso (come tutti i suoi) sui
Padre.9 Poi aggiunse: «Questa ci basta». L'espressione aląuanto
misteriosa stava a significare che l'incontro personale o un'im-
magine visibile avrebbero risolto cio che le parole non riusciva-
no a tradurre; o forse Filippo esternava un desideria che Gesu,
con le sue spiegazioni, aveva suscitato in Lui. Gesu gli risponde:
«Chi ha vista me, ha vista il Padre. Come puoi dire: mostraci il
Padre?»'0• Per "vedere" il Padre bisogna dunque guardare l'esi-
stenza di Gesu, i suoi atteggiamenti riguardo a Dio, i suoi gesti
verso l'uomo.
Gest.i pero mostro il Padre ai discepoli anche attraverso
parole e insegnamenti. Doveva decodificare un'immagine di Dio
che i discepoli avevano, e costruirne un'altra in base alla nuovis-
sima esperien za dell'umanita, l'Incarnazione. Altrimenti i disce-
poli non avrebbero colta il significato dei suoi gesti.
Limmagine di Dio che i discepoli si erano fatta, raccoglieva
quanta di saggio tramandava la tradizione religiosa del loro popo-
lo. Andava pero purificata, perche gli uomini l'avevano contami-
nata in molte maniere: mettendola a servizio del patere civile e
religioso, legandola ai riti piu che alla vita, facendola garante di
un sistema sociale che opprimeva i deboli, dividendo l'umanita
tra quelli che erano "figli di Dio" e ąuelli che non Io erano. Oltre
che di una pulitura, l'immagine di Dio aveva bisogno di un reslau-
' Gv 14, 8.
' Cf Gv 14, 8.
" Gv 14, 9.
9

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ro sostanziale. E ció non significava semplicemente ritoccare un
ritratto, una rappresentazione di Dio, ma fondare i rapporti con
Lui su nuovi criteri, convinzioni, atteggiamenti.
Come e il Padre di cui Filippo voleva vedere l'identikit o la
foto?
Gesu Io presenta come potenza di vita. Nel Padre questa ha
avuto origine e trova la sua permanente sorgente: «Come il Padre
ha la vita in se stesso, cosi ha concesso al Figlio di avere la vita
in se stesso». 11 Il Padre porta la vita verso la pienezza in colom
che, cercandola, si awicinano a Lui. Da il gusto e la possibilita
di comunicarla. Ges(1 stesso riceve la sua vita umana e divina da
Lui, e grazie a Lui la da ai suoi: «Come mi ha mandato il Padre,
che e il Vivente, ed io vivo grazie al Padre, cosi colui che si ciba
di me, anch'egli vivra grazie a me». 12 La sua potenza di vita arri-
va a risuscitare i morti, ad accrescere per l'eternita la vita di colo-
ro che a Lui si affidano, chiamandoli alla comunione con Lui: «E
il Dio dei vivi e non dei morti, perche tutti da lui ricevono la
vita». 13
Questa potenza di vita non e ingegneria biologica, sforzo di
laboratorio, ma amore fecondo. La paternita non e in Dio una
qualita che si aggiunge alla divinita e che egli mostra in deter-
minate circostanze, ma e ció che la costituisce inlernamente e
interamente. Dio e Padre, Madre, alleato, socio, amico, protetto-
re fedele, difensore e vindice: insomma, quanto noi possiamo
immaginare sulla donazione di se e sull'attaccamento viscerale di
Lui alle sue creature. Amore e vita vanno in Lui di pari passo.
Egli arna donando la vita; dona la vita per amore. GesC1 lo ripe-
te con affermazioni veloci, semplici e toccanti: Il Padre vi ama. 1•
Per questo il Padre opera sempre nel mondo. '5 Non sta a
guardare e ad attendere. Prende l'iniziativa. E come un contadi-
no che vigila il suo campo, come un vignaiolo che cura la sua
pianta. 16 Il campo sono tutti gli uomini e ciascuno in particolare.
" Gv 5, 26.
" Gv 6, 57.
13 Le 20, 38.
" Cf. Gv 16, 17.
" Cf. Gv 5, I 7.
" Gv 15, I.
10

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Su di essi, indipendentemente dalla loro banta o malizia, Egli fa
sorgere il sole e fa piovere,'1 prowede, sostiene e diffonde la vita
con lo splendore e la gioia che essa porta.
Egli conosce i nostri bisogni prima che noi glieli raccontia-
mo, '8 ed e disposto a concedere quanta di buono e di necessario
gli uomini gli chiedono. 19 Piu ancora quando questi si accordano
come fratelli, perche vuole la nostra pace e la nostra concordia.20
Desidera che nessun uomo o donna si perda,2' ma che inve-
ce raggiunga la felicita e il proprio destino. Soffre per coloro che
smarriscono il senso e le strade della vita. E comprensivo e gene-
roso: prende in considerazione e ricompensa tutti gli sforzi di
bene che gli uomini fanno: l'elemosina, la preghiera segreta e
quasi implicita, l'invocazione di aiuto, il digiuno volontario e la
farne sofferta con pazienza.
La sua misericordia si manifesta soprattutto nel perdono.
Stranamente sente piu gioia per uno che dopo aver fatto il małe
si riscatta e torna, che per novantanove di coloro che credono di
poter esigere da Lui qualche cosa perche sano convinti di non
aver mancato. Si sente meglio con i peccatori che con i giusti.
Difende i piccoli, le vedove, le prostitute, i poveri, gl'indifesi, gli
oppressi, gl'ignoranti. E capace di farsi capire da questi e ad essi
spiega cose difficili: «Io ti benedico, Padre, Signore del cielo e
della terra, che hai nascosto queste case ai dotti e ai sapienti e
le hai rivelate ai piccoli».22 Percio fa saltare le categorie e le abi-
tudini su cui si regge questa mondo.
Ha poi doni eccelsi, straordinari per gli uomini. Uno, sin-
golare e unica, e il sua stesso Figlio, che egli "consegna" per la
salvezza del mondo. E cio, dopo aver tentato altre vie e inviato
altri messaggeri per ricondurre gli uomini alla conoscenza e all'a-
more del loro Creatore. «Dio ha tanto amato il mondo, da dare
il sua unica Figlio, perche chi crede in Lui non muoia, ma abbia
" er. Les, 45.
"Le 6, 8.
" er. Le 7, 11.
10 Cf. Mt 18, 19.
11 Cf. Mt 18, 14.
"Le IO, 22.
11

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la vita eterna».23 Il Figlio non e un regalo "collettivo", inviato ad
un "genere umano" nel quale non si distinguono le persone. Ha
il carattere di un clono personale: e un invito, una sfida, un richia-
mo, un incontro per ciascuno di noi, da cui egli si attende pure
una risposta, un sentimento, un'adesione personale.
Inoltre, durante la vita di Gesu in terra e dopo di essa, il
Padre rnanda lo Spirito Santo, il Consolatore, che rimane sempre
in noi e con noi.24 Egli e memoria, luce, calore e bussola. Crea e
ravviva in noi la consapevolezza della presenza e dell'amore del
Padre e ci da il gusto di corrispondergli: «Non vi lasceró soli, orfa-
ni ,, _2s
Potenza di vita e di amore sono doni paterni che si orienta-
no verso la realizzazione di un disegno per il mondo e per cia-
scuno di noi: riportare ogni cosa alla bellezza e alle finalita ori-
ginali, trasfigurate dalia presenza e dalia forza di Cristo; fare di
ciascuno di noi, suoi figli veri e autentici fratelli. Bel sogno e stu-
pendo progetto, proprio di un Padre senza pari!
Di fronte a tutto questo i discepoli si guarderanno dal rico-
noscere qualcuno sulla terra come "padre" ultimo e definitivo. In
un solo Padre, quello del cielo, si specchieranno. Da L ui riceve-
ranno i tratti filiali, im parando la misericordia, il perdono, la
generosita.
Gesu parlava volentieri di Dio, Padre di tutti. La sua parnia
Io rendeva vicino, riscaldava il cuore, apriva un nuovo panorama
sulla divinita. Ma la vera nuova rivelazione del Padre Egli la fa
quando parła di se dicendosi "i l Figlio" e chiama Dio "il suo
Padre".
Larticolo indica una singolarita esclusiva. Nessuno e figlio
come Lui e di nessuno Dio e Padre come di Lui. Egli e il Figlio
Unico e diletto, 26 che e con il Padre sin dal principio, che con Lui
ha creato il mondo ed e destinato, come Parola e Sapienza divi-
na, a manifestare completamente il Padre. Cosi sappiamo che nel
mistero insondabile della divinita, nella sua potenza di vita e di
amore Dio genera uno uguale a se, da tutto se stesso ad un altro,
da sempre.
"c,, 4, 16.
" Cf. Gv 14, 16. 26.
" Cf. Gv 14, 18.
"Cf. Gv l , 14. 18; 3, 16. 18.
12
::::!

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Dio e quello che si dona! Non Io sapevamo, non potevamo
saperlo fino a che non avessimo avuto una "rivelazione". La rive-
lazione e Gesu. Tra Lui e il Padre si da unita perfetta di volonta21
e di azione, mutua intimita di conoscenza e di amore,28 vicende-
vole desideria di glorificazione,29 esistenza dell'uno dentro l'altro.
«Chi vede me, vede il Padre, perche il Padre e in me e io nel
P a d r e » . 10
Tali sano l'immagine e la storia del Padre che Filippo vale-
va vedere. Per l'immaturita dell'intelligenza e della fede (non aveva
ancora ricevuto lo Spirito!) egli non riusciva ad entrare nemme-
no nella logica delle parole di Gesu. E questa anche la condizio-
ne nostra in quanto "pellegrini". Percio non e małe tornare costan-
temente a guardare e a riascoltare Gesu, per "capire" chi e come
e il Padre.
1.4. «Davvero era Figlio di Dio»31
Cos'i disse l'ufficiale romano alla vista della morte di Gesu.
Forse aveva sentito le sue parole: «Padre, perdonali»,12 «Padre,
nelle tue mani affido il mia spirito».33 Forse conosceva la causa
della condanna di Gesu: «Si dichiaro Figlio di Dio».34 O piuttosto
sara stata una sua conclusione, da uomo abituato a trattare con-
dannati, davanti all'innocenza, alla dignita di Gesu in quella sua
esecuzione cos'i violenta, al sua atteggiamento verso i camefici, al
suo gesto di offerta.
Ad altri, in altri momenti era stato un miracolo a strappare
la confessione che Gesu era Figlio di Dio. Il centurione invecc fu
mosso dalla vista dell'amore nella morte e fino alla morte: di quel
consegnarsi wtalmente, anche per gli awersari. Certo colpisce che
un romano in quella circostanza non abbia piuttosto fatto un com-
mento "a caldo" sulle pretese regali di Gest\\ come lo fecero i som-
11 Cf. Gv 5, 30.
" Cf. Gv 5. 20. 23.
" Cf. Gv 12, 28.
'" Gv 14, 8.
" Me 15, 39.
" Le 23, 34.
" Le 23, 46.
" Gv 19, 7.
13

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mi sacerdoti; e che invece abbia raccolto la voce che Io diceva
Figlio di Dio.
Egli esprimeva la fede della Chiesa, ispirato dalio Spirito.
Neila morte, donandosi totalmente per noi, Gesu rivela che Dio e
amore, e che, in quanta tale, e suo Padre dall'eternita e nel tem-
po.
Il rapporto filiale di Gesu con Dio nella storia umana inizia
con la sua disponibilita a fare la volonta del Padre e con l'invio
al mondo da parte di questi, cresce durante la sua esistenza ter-
rena ed ha il momento piu eloquente nella sua morte. Questa por-
ta gia in se la nuova vita che risplendera nella risurrezione.
Nessuno sa che cosa vuol dire che Dio e nostro Padre fin-
che, per la fede, non ha capita che Gesu e suo Figlio, e che da
Figlio egli e vissuto in questa mondo.
I discepoli rimasero stupiti di come Gesu parlava di Dio e
trattava Dio: confidenza singolare, linguaggio affettuoso pur nel
riconoscimento dell'infinita potenza, adesione totale alla sua vo-
lonta, conversazione frequente ed esclusiva, conoscenza senza
pari, partecipazione totale al suo patere, esperienza diretta del
Padre, capacita di rivelazione e di racconto su chi e e come opera
il Padre, identificazione. Il Padre e il filo conduttore del Vangelo.
Senza di Lui la Buona Novella per la vita dell'uomo svanisce.
Vivendo da Figlio, Cristo rivela il Padre. Conviene approfon-
dire alcuni aspetti della sua esperienza filiale.
Il primo e il rapporto, il sentimento, !'apertura del cuore, la
fiducia, l'affidamento. In Gesu questa atteggiamento era vivo,
caldo, radicato, messo a fondamento dell'esistenza, invariabile di
fronte alle diverse vicende della vita. Era la sicurezza della fedelta
del Padre, cantata nella Bibbia, ma vissuta da Lui in forma sin-
golare. Egli vede il Padre presente nella natura che si orna di pas-
seri e di gigli, che lega il seme alla terra, che splende nel sole e
nei cieli.
Lo vecie nel mondo e nella storia umana: nelle intenzioni dei
"piccoli", nella fede di Pietra che proclama la sua divinita. Sente
la potenza del Padre quando opera un miracolo come la risurre-
zione di Lazzaro, e nell'efficacia salvifica delle proprie parole.
Dal Padre si sente protetto. E comprende il suo amore anche
nell'agonia, nella sofferenza e nella morte. Vive nel Padre, gli e
immanente. Il Padre e pure sempre dentro di Lui, e non sempli-
14

2.7 Page 17

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cemente come un pensiero: «Non credi che io vivo nel Padre e il
Padre vive in me?».35
Tale inabitazione produce una misteriosa conoscenza e inti-
mita di amore: «Il Padre arna il Figlio e gli fa vedere tutto cio
che fa».36 «Il Padre mi conosce e io conosco il Padre».37 Porta cia-
scuna delle Persone divine a cercare la "gloria" dell'altra, a far co-
noscere, a rivelare, a mettere in rapporto di amore, a raccontare
l'altra. «Padre, l'ora e venuta; manifesta la gloria del Figlio, per-
che il Figlio manifesti la tua gloria».3s
Questo rapporto ha un'espressione totale nella missione: il
Padre affida a Gesu la salvezza del mondo e Gesu la assume con
totale adesione e determinazione. Cio esprime l'unita col Padre,
!'amore a Lui. Gesu ne e cosciente e lo sottolinea con afferma-
zioni che non lasciano posto al dubbio: sono stato mandato ...
Tutto si ricollega alla volonta, al disegno, al mandato ricevuto dal
Padre.
Non solo Dio, mandando suo Figlio manifesta la propria
paternita verso di Lui e verso gli uomini; ma anche Gesu, inter-
pretando bene e portando a termine la missione, rivela il sua esse-
re Figlio. Attraverso essa quindi, noi uomini veniamo a conosce-
re anche l'aspetto essenziale del mistero intimo del Dio unica.
Oltre al rapporto che comprende tutto l'essere, e la missio-
ne che spiega l'esistenza terrena di Gesu, conviene che contem-
pliamo un altro tratto filiale: la lode, l'invocazione, il trattenersi
col Padre: la preghiera. I vangeli padano abbondantemente della
pratica e degl'insegnamenti di Gesu al riguardo, cosi come della
richiesta dei discepoli: insegnaci a pregare. La preghiera di Gesu
ha molto da vedere con la sua missione. Tutti i momenti impor-
tanti di questa sono segnati dalla preghiera. Nella preghiera,
durante il battesimo, Egli ne viene pubblicamente investito:
«Mentre Gesu, ricevuto anche Lui il battesimo, stava in preghie-
ra, il cielo si apri ... vi fu una voce dal cielo: "Tu sei il mia
Figlio..."».39 Un lungo periodo di preghiera nel deserto gli da il
" Gv 14, JO.
" Gv 5, 20.
37 Gv IO, 15.
" Gv 17, I.
" Le 3, 22.
15

2.8 Page 18

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senso della missione e la forza per resistere alle tentazioni di
orientarla in forma diversa da quello che il Padre vuole.4° Cosi per
la scel La dei discepoli mette nelle mani del Padre la decisione e
gli affida coloro che scegliera.41 Molti miracoli sono preceduti o
accompagnati da un geslo oranle: la molliplicazione dei pani, la
guarigione del cieco nato, la liberazione dai demoni, la risurre-
zione di Lazzaro.
L'ultima grande preghiera di Gesu e un testamento, uno sguar-
do sulla sua esistenza: raccoglie i motivi della sua vita e della sua
morle, la sua critica al mondo, la sua totale disponibilita per il
disegno del Padre, l'amore ai suoi, la preoccupazione per l'unita
e la perseveranza di tulti coloro che partecipano alla sua azione
di salvezza, il suo proposito di fedelta.
La preghiera nell'orto e sulla croce e l'accettazione di avve-
nimenti, apparentemente avversi, come venuli dalla volonta di Dio
piuttosto che dalla malizia <legli uomini. Con essa Egli consegna
la vita nelle mani del Padre.
La preghiera di Gesu appare cosi come un atteggiarnenlo
costante, interno, che si manifesta in espressioni spontanee di
gioia, di ringraziamenlo, di invocazione, di disponibilila, di rifles-
sione. Sullo sfondo di tutte queste espressioni c'e una sola paro-
la: Padre. «Ti benedico, Padre».42
Per il Padre ci sono anche Lempi e luoghi adalli per una con-
versazione tranquilla: i rnonti, il deserto, la notte, i luoghi solita-
ri, la compagnia di pochi amici. La sua preghiera piu continua e
autentica pero e la vita, che si snoda secondo la volonta del Padre
e a servizio <legli uomini.
E il cammino indicato anche a noi perche possiamo cresce-
re come figli: riconoscimento della presenza del Padre nella nostra
vita, senso di una missione nel mondo, desiderio di comunione
con Lui.
" Cf. Le 4, 1-13.
" Cf. Le 6, 12-13.
42 Mt 11, 25.
16

2.9 Page 19

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2. Volgiamoci a Lui con amore di figli
2.1. Pellegrinaggio al Padre
L'imrnagine di Dio e fondarnentale nella vita spirituale, per-
che genera e condiziona il rapporto con Lui. Entrambi, imrnagi-
ni e rapporto, hanno una storia in ciascuno di noi. Come diret-
tori spirituali e catechisti la sentiamo raccontare spesso da gio-
vani e adulti: come pensavo Dio da adolescente, come lo vedo e
mi rivolgo a Lui oggi.
Sulla formazione dell'immagine e del rapporto con Dio inOui-
scono certamente la figura paterna e quella di coloro che ci hanno
parlato di Dio: educatori, sacerdoti, ambienti educativi. Ma anche,
e di piu, incide l'esperienza religiosa personale: attenzione o meno
al mistero di Dio attraverso la riOessione, percezione della sua
presenza nei momenti gioiosi o difficili, sentimenti nei suoi con-
fronti, esperienza del perdono, comprensione di quello che il pen-
siero di Dio ci suggerisce riguardo al mondo e alla vita.
In alcuni l'immagine di Dio e rimasta piccola, in paragone
con la conoscenza che hanno acquisito in altri ambiti; o l'espe-
rienza di Dio e rirnasta debole quanto a intensita, riguardo ad
altre. Conoscenza ed esperienza appaiono marginali e quasi di-
menticate.
L'abitudine ed il contesto possono portarci dalla visione di
un Dio invadente a quella di un Dio latitante, da quella di un giu-
dice severo, che conta le mancanze e le castiga, a ąuella di un
partner disposto a chiudere sempre gli occhi, per il quale !'amo-
re offerto non comporta responsabilita.
Ci possono essere figure di Padre che non danno luogo alla
gioia, alla liberta creativa, all'avventura. Cosi era quella che aveva
il "figlio minore" della parabola. E forse per alcuni "figli mag-
giori" tutto consiste nella correttezza <legli adempimenti e nella
gestione dell'azienda di Dio.
11 Padre che Gest1 ci mostra, da spazio di liberta, desidera la
nostra felicita e vi partecipa, attende il ritomo, fa festa con chi
cresce e matura. Apprezza pure la fedelta precisa e seriosa: «Tutto
quello che e mio, e tuo». Cuore, ragione, adempimento della sua
volonta; immaginazione, avventura, buona amministrazione dei
talenti ricevuti. Non va bene pensarci amiconi o complici senza
17

2.10 Page 20

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responsabilita, ma nemmeno possederlo senza emozione, senza
gioia, senza infinita speranza.
La strenna suggerisce di riorientarci verso il Padre ravvivan-
do il rapporto e i sentimenti di figli e reimpostando, in conso-
nanza, la vita, le intenzioni, l'impiego delle nostre energie, i com-
portamenti.
Per noi, come per Gesu, il Padre segna la direzione dell'esi-
stenza: «Vado al Padre».
La vita di Gesu si svolge come un pellegrinaggio: dalla prima
chiamata - «Devo occuparmi delle cose del Padre mio»43 -, fino
alla conclusione: «Padre, nelle tue mani affido il mio spirito» .44
Dall'inizio della missione fino alla risurrezione, attraverso il bat-
tesimo, le tentazioni, la predicazione, la trasfigurazione, la pas-
sione, la morte. Dalla Galilea, dove era stato allevato, a Gerusa-
lemme, dove si sarebbe compiuta la sua ora.
Nel cammino del deserto verso la terra promessa il popolo
eletto ha sperimentato la vicinanza di Dio ed ha imparato a veder-
lo come Padre e Pastore, affidandosi a Lui, staccandosi dagli idoli,
accettando la sua parola e la sua legge, cercando di vivere la soli-
darieta, distinguendo quello che e definitivo da quello che e prov-
visorio.
Viaggio fu quello del Figlio Prodigo. Nel cuore prima: dal
sentimento di noia della casa paterna, alle attese riguardo all'a-
more del Padre; dal desiderio di soddisfazione immediata all'at-
tenzione verso i beni piu consistenti; dall'orgoglio di gestire da
solo la propria miseria, al pregustare l'incontro, il perdono e l'ab-
braccio. Fu pure un viaggio fisico verso la casa dove si raduna la
farniglia e si fa festa. E fu anche un pellegrinaggio nei costumi e
nelle abitudini di vita: dalia leggerezza e irresponsabilita nello
sperperare, alla cura dell'eredita paterna; dalie compagnie gode-
recce e spendaccione, alla comunione in una famiglia dove si
intende costruire una casa; dalia critica alla comprensione; dalla
dipendenza infantile, alla partecipazione al lavoro dell'azienda.
Itinerario, pellegrinaggio, viaggio, ritorno, ascensione: la vita
e stata sempre paragonata con un movimento che ha come pro-
pellenti l'incalzare dell'eta, le sfide, la grazia, l'esperienza, l'aper-
" Le 2, 49.
" Le 23, 46.
18
::::J

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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tura sempre maggiore al mistera di Dio e dell'uomo. E ha come
meta la comunione con il Padre.
La strenna ci invita a "conoscere" il Padre: una grazia che
Gesu chiese per i suoi discepoli e noi imploriamo d allo Spirito
Santo: «Fa' che per Te conosciamo il Padre»; non intellettualmente
soltanto, ma attraverso il reincontro, che include un rinnovato
"affetto" e la comprensione del suo disegno per noi e per il mondo.
Vogliamo r ileggere la nostra vita per scoprirvi le tracce del-
l'amore del Padre in tutto quello che abbiamo di bene e di feli-
cita: in primo luogo la conoscen za di Gesu Cristo, che ha deter-
minato il corso della nostra esistenza e ci ha portato Io Spirito.
Cosi pure vogliamo dare uno sguardo sui nostro presente, per
vedere se la figura del Figlio che i Vangeli presentano si realizza
in noi. I figli ascoltano il Padre e gli padano, accolgono la sua
volonta, partecipano dei suoi atteggiamenti di misericordia e di
perdono, svolgono una missione di liberazione dal małe. Vogliamo
infine gu ardare verso il nostro futuro: se ci affidiamo, se proget-
tiamo la vita come un andare verso di Lui nello snodarsi delle
stagioni della vita, nella maturazione interio re, nei piani di azio-
ne.
2.2. La via sa/esiana verso il Padre
I membri della Famiglia Salesiana hanno un sentiero, una
traccia per questo pellegrinaggio perche don Bosco e la costella-
zione dei Santi e delle Sante ch e son o attorno a lui, hanno rive-
lato in forma originale il volto di Dio Padre e hanno moslrato,
per andare verso di Lui, un cammino semplice, sulla misura dei
piccoli e dei "poveri".
Caratteristica di questo cammino e il senso creaturale: la
meraviglia di fronte a lle cose belle della natura e dell'uomo. E
stata una delle lezioni frequenti nella fanciullezza di don Bosco
e di madre Mazzarello. La "natura" era il libro dell'esperienza con-
tadina. «Con gli spettacoli della natura Margherita ravvivava nei
suoi figli continuamente la memoria del loro Creatore».•; Davanti
ad una notte stellata, al sopravvenire della bella stagione; di fron-
" MB I 45.
19

3.2 Page 22

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te ad una vaga campagna o ad un prato cosparso di nori, al sor-
gere di un'aurora serena e allo spettacolo di un tramonto, Mar-
gherita orientava il pensiero dei figli alla bonta e alla bellczza di
Dio.46 Il temporale, la grandine, Io scatenarsi delle forze della natu-
ra richiamavano la potenza del Signore. Come sacerdote educato-
re, don Bosco coltivera questo sentimento nei suoi giovani nelle
passeggiate, nelle meditazioni e nei programmi di vita, con un rife-
rimento particolare alla creazione dell'uomo. «Dio - affemrn Pietro
Stella - domina come un sole meridiano nella mente di don
Bosco... Egli sente e contempla Dio Creatore e signore, principio
e ragion d'essere di tutto... "Alzate gli occhi, o figlioli miei, e osser-
vate quanto esiste nel cielo e nella terra. Il sole, la luna, le stelle,
!'aria, l'acqua, il fuoco sona cose che un tempo non esistevano. Ma
c'e un Dio, che colla sua onnipotenza le trasse dal niente"».4'
Legato al senso creaturale c'e un altro tratto, assimilato da
don Bosco nella fanciullezza e maturato progressivamente, fino a
diventare punto saldo della sua pedagogia: l'onnipresenza di Dio,
che mantiene viva la responsabilita. "Dio ti vede", ripeleva mam-
ma Margherita quando permetleva ai suoi figli di andare a gio-
care nei prati vicini, quando li scorgeva pensierosi e temeva che
covassero nell'animo qualche piccolo rancore, quando cadeva nel
sospetto che potessero scusarsi con qualche bugia:s Lo stesso
inculcava don Bosco ai suoi giovani affinche, secondo la racco-
mandazione della Scrittura, vivessero alla presenza del Signore.
Cio aveva un doppio effetto: da una parte sentirsi paternamente
protetto e accompagnato; dall'altra coltivare il santo timor di Dio;
essere attenti a non offenderlo trascurando quello che sappiamo
di suo gradimento, la responsabilita sui nostri pensieri e azioni.
La patemita di Dio e sentita nella Provvidenza. Sottolineata
da mamma Margherita di fronte ai raccolti abbondanli, al caldo
e al cibo di cui la famiglia poteva disporre nelle fredde giornate
d'inverno, n ei momenli di streltezza risoltisi felicemente, questa
percezione ebbe ulteriori sviluppi e manifestazioni nella vita di
don Bosco educatore e fondatore.
" Cf. MB J 45.
" STELLA P., Don Bosco nella storia della religiosita cauolica . Me11talita reli-
giosa e spiritualita, LAS-Roma 198 1, vol. II J9-20.
" Cf. MB l 44.
20

3.3 Page 23

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La Prowidenza si manifesta poi negli interventi opportuni di
Dio nella storia, considerata da don Bosco rivelazione e docu-
mento di Dio. Si e detto addirittura che la sua visione della sto-
ria e provvidenzialista. Ma c'e anche la Provvidenza quotidiana e
personale, che ci viene incontro affinche non ci manchi il neces-
sario per vivere, e soprattutto per salvarci. Essa rencie sereno il
quotidiano, nella convinzione che da Dio avremo quello che ci
occorre. Mantiene salda la fiducia in Dio anche nelle prove della
vita con il pensiero che Lui tutto dispone per il nostro bene. «Non
meno presente nel suo sentimento religioso, scrive don Pietra
Stella, e il tema della Provvidenza divina. Emerge soprattutto in
caso di strettezze economiche, come fondamento alla confidenza,
ma anche nella contemplazione <legli eventi umani, sia propri, sia
altrni, sia della Chiesa sia della Congregazione salesiana».49 Di li
la serenita di fronte agli avvenimenti, la fiducia nell'operare, il
"nulla ti turbi".
Il contatto con i giovani, specialmente i piu poveri, Io sfor-
zo di arrivare al loro cuore, e la fondazione delle Congregazioni
danno a questi temi originali dimensioni, significati e manifesta-
zioni.
All'ispirazione di Dio e alla sua assistenza viene attribuito il
nascere delle Congregazioni e di tutte le loro opere. La Provvi-
denza, attraverso l'intervento di Maria, orienta i giovani verso i
nostri ambienti e predispone per loro tutto quello che l'educa-
zione salesiana puo offrire. La Provvidenza, che «previene ogni
creatura, l'accompagna con la sua presenza e la salva donando la
vita»50 suggerisce l'atteggiamento fondamentale del Sistema pre-
ventivo.
Il ministero della penitenza, unito alla esperienza con i gio-
vani poveri, porta don Bosco a ritornare spesso sui cuore miseri-
cordioso di Dio. Richiama la misericordia di Dio per indurre alla
confessione, per ispirare fiducia nel perdono e nella possibilita di
modificare la vita.51 La sottolinea nel racconto di conversioni
repentine o tardive, di cambiamenti di vita inspiegabili, di grazie
inattese. Esorta i giovani ad affidarsi ad essa in qualsiasi occor-
renza.
" STELLA P., D 0 11 Bosco nella storia 27.
" Cost . 20.
'' Cf.MB Il 164. 166.
21

3.4 Page 24

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2. 3. La paternita educativa
C'e un punto di snodo pero che orienta i tratti sopra ripor-
tati ed altri verso l'originalita salesiana: l'esperienza personale
della patemita di Dio genera in noi !'amore paterno verso i gio-
vani. Allora entrambi si allacciano, si arricchiscono e crescono
insieme, danno un volto originale alla nostra spiritualita ed alla
nostra pratica educativa.
Don Bosco si e sentito padre dei suoi giovani. I modelli a
cui si e ispirato furono: Dio Padre e Cristo Buon Pastore, il Figlio
che col Padre collabora nella salvezza fino a dare la vita. La sua
paternita e clono carismatico: «Lo Spirito formo in lui un cuore
di padre capace di donazione totale».52
I gesti e le espressioni tipiche si plasmano nell'incontro con
i giovani in un contesto educativo. E una paternita fatta di affet-
to intenso e di responsabilita verso la vita, capace dunque di acco-
gliere e proteggere teneramente, ma allo stesso tempo di lancia-
re verso la crescita, di insegnare ad affrontare la vita, di comu-
nicare saggezza pratica. Insomma fortemente propositiva e persi-
no esigente.
Poco si pub dire di centrato sulla patemita che don Bosco
visse e propone a noi, come educatori al suo seguito, se non si
prendono in considerazione questi due aspetti: affetto e respon-
sabilita.
Noi ci fermiamo sovente sui suoi gesti di banta rassicuran-
te ed incoraggiante, che faceva fiorire nei ragazzi una spontanea
confidenza in lui. E un aspetto che certamente Io caratterizza,
molto presente nella nostra memoria e nella nostra dottrina spi-
rituale. Giovanni Paolo II ha voluto quasi scolpirlo, nella lettera
che ci ha inviato in occasione del centenario: «Padre e Maestro
dei giovani» .53
Una raccolta di aneddoti Io ricamano con ricordi di ex allie-
vi, nei quali l'immagine patema di don Bosco era rimasta inde-
lebile e viva. Egli aveva riempito senza svantaggi il posta dei loro
genitori assenti o impreparati.
C'e poi l'antologia di racconti di salesiani in difficolta, prova-
" Cost. J.
" IP I.
22

3.5 Page 25

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ti o inesperti, e di altri vivaci e geniali, che hanno tramandato la
sua figura di responsabile di una famiglia, capace di dare pace e
felicita all'insieme, valorizzando ciascuno dei suoi componenti,
aprendo ampi spazi alla spontaneita, suscitando attese, ispirando
ideali, lanciando progetti audaci, chiudendo un occhio, dimenti-
cando sgarbi, stimolando sempre, con il son-iso, la parola ed il
gesto.
C'e anche un florilegio di testi in cui don Bosco esprime i
suoi sentimenti paterni, di commozione e tenerezza di fronte ai
ragazzi bisognosi. Pensate a quelle parole a commento delle sue
visite alle carceri: «Io mi sentivo profondamente commosso veden-
do quei giovani, oziosi, rosicchiati dagli insetti». Un uomo che
non riesce a passare indifferente di fronte ad una situazione di
infelicita.
Lo stesso sentimento egli esprime riguardo ai giovani dell'o-
ratorio, che sono in una situazione piu favorevole, quando e lon-
tano da loro. Abbiamo letto e riletto la lettera del 1884: «Sento,
miei cari, il peso della mia lontananza da voi... e il non vedervi
e non sentirvi mi cagiona pena quale voi non potete immagina-
re». Le espressioni si ripetono riguardo ai salesiani adulti, impe-
gnati in ruoli importanti ed in terre lontane: «Chiamatemi e con-
sideratemi padre e saro felice!».
Il tratto della bonta, della tenerezza, dell'accoglienza, da solo
pero non esplicita sufficientemente la paternita educativa e spiri-
tuale di don Bosco. Come ogni altra, essa e una combinazione
felice di afferto e responsabilita per la vita dei figli: e infatti com-
prensiva, ma allo stesso tempo capace di chiarire, proporre ed esi-
gere quello che reggera a lungo termine. Non e dunque solo olio
che lenisce momentaneamente, ma energia che orienta verso gli
aspetti ardui dell'esistenza; dolce e autorevole insieme, non sol-
tanto perdona, ma guida allo sforzo. Basta pensare a tutto il tema
del lavoro, delio studio e del dovere.
Questa responsabilita si prende cura di tutta la vita: vestito,
alloggio, lavoro, studio, gioia, compagnia, casa. Raggiunge in
forma sensibile i giovani fino a provocare in loro un desiderio e
un entusiasmo di crescita, una nascita al senso del proprio valo-
re, una nuova capacita di capire la vita che essi devono ancora
imparare ad interpretare.
Si rivolge pero in primo luogo alla dimensione spirituale o
di salvezza. Quella di don Bosco e una paternita "spirituale" che
23

3.6 Page 26

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genera alla conoscenza di Dio attraverso Ja parola ed il gesto, e
alla grazia attraverso la proposta di conversione, il perdono, la
ricostruzione della vita. E quella paternita di cui parlava san Paolo
ai Corinzi quando diceva loro: «Potreste avere anche diecimila
pedagoghi in Cristo, ma non certo altri padri, perche sono io che
vi ho generati in Cristo Gesu, mediante il vangelo».54 Egli vuole
aprire i giovani al mistera di Dio; metterli a contatto con lui; 1ive-
lare loro il piano meraviglioso di salvezza che Dio aveva per loro
e aiutarli cosi ad essere felici in questa mondo e nell'eternita.
Questa modo di concepire e cercare la felicita del ragazzo e
l'espressione della spiritualita pastorale di don Bosco. Se egli fosse
stato molto amico dei giovani, ma preoccupato solo di comuni-
care loro i valori temporali anche nabili, non sarebbe andato oltre
al livello di un buon pedagoga. La sua amorevolezza "pedagogi-
ca", il suo stile di bonta erano invece collegati alla "voglia", alla
"brama" - direbbe San Paolo - di generare i giovani alla vita di
grazia, che proviene dal sacerdozio di Cristo, la cui funzione e la
rivelazione del Padre.
Don Bosco bada all'anima, alla grazia, alla vita in Dio dei
giovani e dei confratelli. L'impostazione di tutta l'organizzazione
educativa e di ciascuno dei suoi momenti, e salvifica. La finalita
di tutto - rapporti, attivita, ambiente - tende a suscitare e a col-
tivare la fede, ad "evangelizzare", diremmo oggi.
E la conclusione di don Braido: «Non ci meravigliamo allo-
ra se il suo sistema educativo, per quanta permeato di gioia, di
allegria, di umanita, sia nel suo centro e nell'ispirazione fonda-
mentale "devoto". Qualcuno 1imarra forse deluso, perche la sua
ammirazione per don Bosco e legata ad una prospettiva diversa.
Pensa a Lui come al sacerdote santo, si, ma di una santita nuova,
umana, "moderna", mentre tutto in lui e fortemente radicato nel
religioso, nella fede».55
Vi dicevo che i due aspetti sono fondamentali: se mancasse
o diminuisse il primo, cioe l'affetto e l'amicizia, verrebbe meno la
pratica del Sistema preventivo; se mancasse il secondo, cioe la
responsabilita per la salvezza, cadrebbe il da mihi animas.
La paternita e una richiesta ricorrente oggi, e non soltanto
"' I Cor 4, 15.
" BRArno P., Jl Sistema preventivo 9 3.
24

3.7 Page 27

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da parte di confratelli desiderosi di attenzioni. I giovani forse non
la chiedono, ma ne hanno bisogno. Sembra uno <legli aspetti cari-
smatici maggiormente messi a rischio dalla molteplicita delle
occupazioni e dal nuovo rapporto che intercorre tra comunita,
singoli confratelli e superiori, tra genit01i e figli, tra educatori e
giovani. Lo puo essere anche dalia "mentalita manageriale". Le
sue manifestazioni vanno riconsiderate nel nuovo contesto della
famiglia cellulare e del clima educativo che privilegia la parteci-
pazione e il dialogo. Appare pero ancora ricco di conseguenze, a
partire dai due elementi considerati.
3. li Padre, noi, i giovani, la famiglia umana
3. 1. L'impegno dei figli: il Regno
Nel Padre Nostro, la preghiera dei Figli, Gesu ci fa chiede-
re: «Venga il luo Regno». 56 Il Regno fu il tema della sua predica-
zione e l'obiettivo della sua vita. Lo chiamava anche "Regno dei
cieli". Non intendeva con questo dire che era relegato in mondi
invisibili; ma seguiva l'abiludine del suo popolo di non adopera-
re, per rispetto, il nome di Dio. Che il suo Regno fosse, per clono,
anche nostro lo disse ai suoi discepoli: «E piaciuto al Padre darvi
il suo Regno».57
Che cosa fosse il Regno, gli apostoli non Io capivano molto.
Sapevano che si trattava di un grande intervento di Dio in favo-
re del suo popolo: liberazione da tutti i mali e salvezza totale e
definitiva. Cio doveva awenire perche singoli e popolo accoglie-
vano Dio, riconoscendone la signoria su tutto.
Gli apostoli si aspettavano un'inaugurazione solenne e fol-
gorante. Gesu lo paragono invece ad un lievito, ad un seme, a un
tesoro nascosto in terra. Lo cercavano fuori e Gesu disse che guar-
dassero anche, e principalmente, dentro se stessi. Il cuore del-
l'uomo infatti e il primo spazio <love si fa sentire. Lo pensavano
come qualche cosa che Gesu doveva organizzare o conquistare;
egli invece afferma che il Regno di Dio si fa presente nella sua
persona. Con Lui si rivela, irrompe nella storia, ci raggiunge e ci
include.
" Mt 6, IO.
" Le 12, 32.
25

3.8 Page 28

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Lo credevano una selezione dei buoni, anzi dei migliori. Gesu
invece Io descrisse come un campo in cui ci stanno tutti, quelli
che somigliano al buon grano e quelli che ci sembrano o sono
veramente dei triboli; come una rete che prende ogni pesce, i com-
mestibili e i velenosi. Pensavano che fosse gia preparato; doman-
davano dunque quando si sarebbe instaurato. Invece Gesu disse
che era come una semina da fare, un terreno da coltivare, una
vigna da far fruttificare. Pensavano che in esso si potesse vivere
tranquilli; e invece Gesu spiego che c'era bisogno di perdono, di
comprensione; che non tutti erano prodigi di genio o di santita,
ma ognuno "rendeva" secondo le proprie possibilita e tempo. Il
Padrone, pero, alla fine <lava a tutti il massimo salaria per pura
generosita.
Ci voleva addirittura decisione e sforzo per costruire questa
Regno e appartenervi: «il Regno sof-fre violenza e i violenti se ne
impadroniscono».58 Andava dunque guadagnato senza, per questo,
perdere il suo carattere di dono.
Non solo Gesu ne parło e diede le spiegazioni necessarie a
far luce sulla natura e le caratteristiche del Regno, ma ne mise
le fondamenta, ne diede i segni, mostro quali beni comprendeva
e come Io si doveva costruire. I segni del Regno che egli diede
furono: liberare dai demoni, accogliere e guarire i malati, molti-
plicare il pane in modo che ce ne fosse per tutti, illuminare la
coscienza con la parola, perdonare i peccati, abolire la discrimi-
nazione sociale tra ricchi e poveri, saggi e ignoranti, uomini e
donne, credenti e non credenti, donarsi totalmente nella predica-
zione, restituire la vita ai morti, assumere la passione e la morte.
Nemmeno oggi il Regno di Dio e comprensibile per molti.
Qualcuno pensa che si tratti di un'espressione simbolica che
influisce sul comportamento "religioso" ma non ha peso sulle
azioni con cui gli uomini costruiscono il mondo, ne trasforma le
condizioni di vita. Insomma l'espressione "dei cieli" viene presa
proprio nel senso in cui non la intendeva Gesu. Secondo Lui il
Regno e in questo mondo, sebbene non solo. Non e certo un ter-
ritorio fisico, ma una "rete" formata da tutti coloro che deside-
rano alcuni beni, cercano di realizzarli nella misura del possibi-
le e ne sperano da Dio il compimento.
" Mt 11, 12.
26

3.9 Page 29

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3.2. La rete della solidarieta del Regno
Chi faccia parte di questo Regno e quali siano i beni che lo
caratterizzano e detto nel discorso piu famoso di Gesu: quello
della montagna. Nelle Beatitudini, dopo aver presentato alcune
"categorie" di persone, egli ripete: «di essi e il Regno dei cieli»59,
o direttamente, «saranno chiamati figli di Dio».60
Sono "i poveri di spirito", cioe coloro che non si soddisfano
con i beni materiali e quindi non li accumulano; desiderano altri
beni, in particolare la conoscenza e l'amore di Dio. Percio non si
attaccano al possesso di nulla, ma mettono ogni cosa a disposi-
zione dei fratelli. Sona gli uomini e le donne "pacifici": quelli che
non lasciano entrare in se stessi sentimenti di odio o di distanza;
che non cedono all'istinto di eccessiva difesa di fronte alle offe-
se, ma cercano invece di praticare l'accoglienza e la solidarieta,
favoriscono la concordia e si fanno mediatori di riconciliazione.
Cittadini del Regno sano i puri o retti di cuore: coloro che
non collocano egoisticamente se stessi, il proprio piacere al cen-
tro di tutto, non cedono all'inganno e mettono la sincerita e l'o-
nesta a fondamento del lavoro e dei rapporti. Sono i misericor-
diosi, cioe coloro che sentono compassione di fronte ai dolori e
alle miserie altrui e si danno da fare per alleviarli con spirito gene-
roso, gratuitamente. Sono coloro che si battono serenamente per
la giustizia, anche a costo di persecuzioni e interpretazioni distor-
te, e restituiscono bene per małe; sono i pazienti che persevera-
no nelle opere e nelle imprese di bene anche di fronte alle diffi-
colta.
Cosi i figli, a cui Dio Padre ha dato in eredita il Regno, esten-
dono lo spazio dove vigono le leggi e si diffondono i beni del
Regno: la speranza, la pace, la misericordia, la giustizia, la retti-
tudine, l'accoglienza di Dio, l'aiuto vicendevole, !'amore. Tutto cio
e mescolato con l'opposto, coabita gomito a gomito con la vio-
lenza, la prepotenza, il menefreghismo, il disinteresse, il disprez-
zo della persona. Eppure non si confonde con tutto questo, non
viene somm erso o neutralizzato dal małe: ne e piu forte.
Nemmeno viene separato o ridotto a briciole dalla presen-
" Mt 5, 3.
00 Mt 5, 9.
27

3.10 Page 30

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za capillare del małe. Ha un suo tessuto o collegamento miste-
rioso, capace di creare uno spazio umano visibile, nel quale si
puo abitare perche crea nuovi rapporti sociali e propone traguardi
anche temporali. Il Padre vi dimora come nella sua casa. Si puo
persino vedere il suo volto patemo 1iflesso nella realta che i beni
del Regno presentano.
Chi puo dire che le categorie elencate sopra non esistano oggi
o che il loro operato non influisca sul mondo? E chi puo dire
quanto piu i beni del Regno sarebbero estesi se molti altri lavo-
rassero con la medesima intenzione e determinazione?
Il Regno e la sintesi di tutti i beni che possano rendere vivi-
bile questa mondo. E clono e compito, eredita e terreno di con-
quista di coloro che si sentono figli di Dio. Convoca e collega dun-
que quanta buona volonta e diffusa sulla terra. Si estende oltre i
confini visibili della Chiesa, che pero e il suo segno e strumento
principale. Uno <legli interrogativi piu inquietanti e fecondi che
questa fine di secolo pone ai cristiani, e: per quale ragione mol ti
di coloro che volevano costruire una societa piu giusta hanno visto
nella fede in Dio una remora, un "oppio" per coloro che doveva-
no riscattarsi, una "difesa" ad oltranza di quanto si era consoli-
dato a svantaggio dei piu?
Forse la dimensione storica del Regno, relativa eppure indi-
spensabile, non unica eppure realissima, e stata dimenticata o
ridotta a formato individuale o solo formalmente "religioso".
3.3. Con i giovani per una fraternita solidale
La nostra paternita (amicizia, cura della vita, sostegno, assi-
stenza, compagnia), la nostra catechesi, i processi di recupero, gli
itinerari educativi vogliono portare i giovani a scoprire il volto pa-
terno di Dio e la loro vocazione di figli, da vivere con gioia e deci-
sione. Dio, Padre e noi, suoi figli. E un tema generatore, ricchissi-
mo nella predicazione di ieri e di oggi, da rimettere dunque al cen-
tro dei percorsi di fede in un tempo di nuova evangelizzazione.
C'e sempre il rischio di presentare la pratica cristiana come
codice morale e/o adempimento di culto; e piu ancora di coin-
volgere l'impegno sociale, senza riferimento alla fonte da cui sgor-
gano il nostro amore e la nostra gratuita. Oggi si parła di valori
e non sempre si passa dal bene che essi significano alla loro radi-
ce e fondamento.
28

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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Ripartiamo dal senso della vita e dal rapporto tra Dio e noi.
Orientiamo i giovani a scorgere la presenza e l'opera paterna di
Dio nella loro storia, a capire che cosa il Padre li chiama ad esse-
re, conformi all'immagine di Gesu Cristo.
Aiutiamoli a vedere il piano di Dio per il loro futuro attra-
verso un orientamento vocazionale, e il significato di questa loro
vocazione personale nell'ampio contesto del Regno. Accompa-
gniamoli nello stabilire con Dio un contatto filiale attraverso la
preghiera. Una visione cristiana esplicita ed aggiomata dell'uomo
ispiri i nostri progetti e i nostri interventi educativi.
La paternita di Dio ricompresa, e la nostra paternita educa-
tiva orienteranno allora la mente, il cuore e l'azione dei giovani
verso espressioni molteplici di fraternita: immediate, di pronto
intervento, o pensate come semi di una grande solidarieta futu-
ra; verso i prossimi ed i piu lontani. Incoraggeremo ad agire allo
stesso tempo sulle situazioni concrete e sulla cultura, sulla realta
e sulla mentalita, da soli, a piccoli gruppi, a rete e in vaste orga-
nizzazioni a livello mondiale.
Per quanto riguarda la persona, la paternita di Dio ci porta
a riconoscerne la dignita e dunque a purificare la mente da ogni
discriminazione creata dal denaro, dalla condizione sociale, dal-
l'istruzione,- dalla cultura, e in qualche parte dall'ordinamento
politico (p1ivilegi per ragione di religione, cittadinanza o appar-
tenenza etnica).
In ciascun contesto c'e un bisogno urgente "di aria nuova"
riguardo al riconoscimento del valore di ciascun essere umano. Da
alcuni pregiudizi non sono liberi ne le cosiddette persone "istrui-
te", ne i contesti culturalmente avanzati. L'immigrazione ce ne da
un esempio.
Mettiamo a tema i fenomeni che sfidano tale riconoscimen-
to e intraprendiamo con i giovani azioni pacifiche ma esemplari.
Nell'ambito sociale e politico il "solo Dio Padre Onni-
potente" ci dice che la verita accolta dalla coscienza e la prima e
suprema voce da sentire e da seguire: la fraternita suggerisce di
imparare la pratica della liberta assunta personalmente e rispet-
tata negli altri; di non piegarsi di fronte a chi vorrebbe fare da
padrone (propaganda, consensi generalizzati, modelli di vita e di
consumo), livellando tutti nella mentalita e nei costumi; di esse-
re personalmente responsabili dei criteri che si socializzano attra-
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4.2 Page 32

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verso le leggi, e critici di fronte alle imposizioni del mercato, dei
sondaggi predisposti, del monopolio dei media; di saperci aiutare
con le mediazioni autorevoli.
Nell'ambito dei beni naturali e di quelli che l'uomo pro-
duce, Dio, Padre mio e degli altri, porta all'uso ragionevole, al
rispetto e alla condivisione. Il creato e la casa dell'uomo e il tem-
pio di Dio. E l'abitazione di tutti, e patrimonio dell'umanita. Non
va depredato, deturpato da alcuni a proprio tornaconto, seque-
strato e sfruttato come una miniera personale.
Non e facile applicare questa visione rispettosa e questa dirit-
to universale. Siamo in tempi di privatizzazione, di concorrenza
e di concentrazione del patere economico. La mentalita, nostra e
dei giovani va pero spinta anche su questa linea: rispettare ogni
creatura e il suo ambiente di vita, usare secondo ragionevolezza
anche i beni prodotti, collaborare ad una distribuzione fratema.
Il senso di uguaglianza filiale porta a privilegiare coloro che
sano in maggiore necessita. Le poverta di diverso genere, in par-
ticolare quelle estreme o "mortali" - gli esclusi dalia tavola del-
l'umanita - non siano rimosse dalla coscienza dei giovani; molti-
plichiamo le iniziative piccole, medie ed estese, accompagnando-
le con una conversione culturale capace di dar vita a un proget-
to accettabile di convivenza: la civilta dell'amore fratemo.
Nell'ordine religioso la patemita universale di Dio porta ad
educare alla visione ecumenica. Tutti i cristiani, di diverse con-
fessioni, sano solidali in una fede e nella coscienza di una con-
dizione: essere figli in Cristo. Cio costituisce un fattore di unio-
ne e di solidarieta capace di incidere su aspetti fondamentali della
convivenza umana.
Discorso analoga si puo fare riguardo all'interreligiosita.
Ormai ci si trova dappertutto con gente di diverse religioni.
L'incontro non puo che essere nel segno dell'accoglienza. Questa
richiede consapevolezza del clono della fede che abbiamo ricevu-
to, comprensione e apprezzamento di quello che di religio~o e
maturato negli altri, capacita di incontro e di collaborazione,
offerta schietta della propria esperienza, liberazione da ogni sen-
timento di supremazia o di ogni rigidita (fondamentalismo), inte-
resse per cause comuni.
Insomma la patemita di Dio e la nostra condizione di figli
in Cristo non e solo una verita da prendere in considerazione nel-
30
:::::!

4.3 Page 33

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l'educazione: e tutto il trattato e il progetto di un'educazione
autenticamente cristiana. Anche in questa il Padre e all'origine
alla quale ritorniamo per Cristo e nello Spirito Santo.
Tertio Millenia Adveniente conclude gli spunti per la medita-
zione sui Padre con il pensiero a Maria: Figlia, prima ancora che
Madre. Infatti viene raffigurata nella Figlia di Sion, oggetto del-
l'amore paterno di Dio. Noi ricordiamo questa singolare predile-
zione_, che ha operato la meraviglia della sua esistenza, soprat-
tutto nella festa dell'Immacolata.61 Il suo atteggiamento filiale,
come quello di Gesu, si manifesta nell'accoglienza fiduciosa della
missione propostale dal Signore; cresce nella proclamazione della
banta di Dio nella sua vita e nella storia del mondo; matura per
la comunione definitiva col Padre ai piedi della croce e con
l'Assunzione: «Vado al Padre».
Lei e la primizia ed il segno del nostro percorso.62
Roma, 31 dicembre 1998
Casa generalizia FMA
D. Juan E. Vecchi
Re llor Maggiore
" Cf. Seconda Lettura della santa Messa della solennita dell'Immacolata (Ef
I, 3-6. 11-12).
" Cf. Prefazio della festa dell'Assunzione.
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4.4 Page 34

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INDICE
1. Dio, il Padre del Signore nostro Gesu Cristo ....... ... .............. 5
1.1. «Benedetto sia Dio» .. ........................ ............. .......................... 5
1.2. La ricerca dell'uomo e il dono di Dio ........ ... ... .............. ....... 7
1.3. «Mostraci il Padre» .......... ....... .......................... ...... ................. 9
1.4. «Dawero era figlio di Dio» ..................................................... 13
2. Volgiamoci a Lui con amore di figli ......... ....... .................... .... 17
2.1. PelJegrinaggio al Padre ....... ................. .................................... 17
2.2. La via salesiana verso il Padre ............................................... 19
2.3. La paternita educativa ................. ........................ .................... 22
3. Il Padre, noi, i giovani, la famiglia umana .. ..................... ...... 25
3.1. l'.impegno dei figli: il Regno ............. ..................................... 25
3.2. La rete della solidarieta del Regno ........................................ 27
3.3. Con i giovani per una fraternita solidale .............................. 28
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