Strenna_1983_it


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Commento
del Rettor Maggiore don Egidio Viganó

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Commento
del Rettor Maggiore don Egidio Viganó
Roma, Case Generalizia FMA - 6 gennaio 1983

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Scuola tipografica privata FMA - Roma 1983

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CONTENUTO
1. La Strenna '83
2. Un pressante invito a promuovere la Direzione Spirituale
2.1 Complessita dell'argomento
2.2 lmportanza e originalita della DS nello spirito salesiano
2.3 Apporto di novita
2.4 Per la « maturazione cristiana »
2.5 Con pluralita di forme e vari gradi d'intensita
3. Che cosa intendiamo, qui, per « spirituale »
3.1 Realismo quotidiano
3.2 Momento privilegiato delio Spirito Santo
3.3 Una saggezza originale
3.4 Il discernimento spirituale
3.5 La « storicita » della vita di grazia
3.6 I suoi due aspetti complementari e indissolubili
3.7 Esigenze d'armonia « collegiale »
4. Quale significato dare al termine « direzione »
4.1 Non-direttivita e autorealizzazione?
4.2 Sacramentalita pedagogica
4.3 Pluralita delle mediazioni
4.4 La Direzione Spirituale
4.5 I disegni del « Terzo »
4.6 C'e « dipendenza » in questa « direzione »?
5. Lo « stile salesiano »
5.1 La prassi di una tradizione spirituale
5.2 L'esperienza formativa di don Bosco
5.3 Alcuni mezzi da rilanciare
6. Sentirsi « orientati » nella propria crescita cristiana
6.1 Un livello di « orientamento » piu generale
6.2 Il livello di « orientamento » personale e di coscienza
7. Chiamati e incaricati per « orientare » altri
7.1 Coscienza di una r esponsabilita direttiva
7.2 lmpegno di formazione per essere guide spirituali
Conclusione

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Sono contento che mi tocchi commentare la Strenna con voi il
giorno dell'Epifania (...secondo il calendaria vaticano!).
Ricordo che il primo contatto ufficiale del Rettor Maggiore attua-
le, dopo la sua elezione, con l'Istituto delle Figlie di Maria Ausilia-
trice fu il giorno dell'Epifania dell'anno 1978. E siccome questa
festa e la giornata dei doni - almeno in tante parti - ho chiesto
un bel regalo al vostro I stituto: di essere, nella Famiglia Salesia-
na, l'anima del rilancio della devozione mariana.
In questi cinque anni si e fatto parecchio... e c'e ancora tanto da
fare. Ora rinnovo la stessa richiesta, perche quanta piu aumente-
ra tra noi il senso profondo, genuino, filiale della devozione alla
Madonna, tanto migliore sara la nostra testimonianza evangelica,
la nostra efficacia apostolica e la nostra fecondita vocazionale.
1. LA STRENNA '83
Sono qui per commentare la Strenna. Come sapete, essa non e sta-
ta formulata semplicemente per le FMA, o per i miei confratelli
salesiani, ma per tutta la Famiglia Salesiana. Per questo_la sua
enunciazione ha dovuto essere un po' ampia. Sara compito di ogni
gruppo, di voi FMA in modo speciale, sapere con intelligenza ap-
plicarla alle condizioni specifiche del proprio Istituto. Eccola:
« PROMUOVIAMO LA MATURAZIONE CRISTIANA DELLE
PERSONE E DELLE COMUNITA RINNOVANDO E INTENSIFI-
CANDO, CON STILE SALESIANO, L'ESPERIENZA FORMATIVA
DELLA DIREZIONE SPIRITUALE ».
Il centro d'interesse della Strenna e la Direzione Spirituale. Cer-
chiamo di capire bene i contenuti e le esigenze del tema.
2. UN PRESSANTE INVITO A PROMUOVERE LA DIREZIONE
SPIRITUALE
La Strenna considera la Direzione Spirituale (= DS) come un'e-
sperienza formativa veramente centrale nella nostra vita. t:. un
mezzo concreto e fondamentale per combattere il piu grave dei
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difetti che ci minacciano, quello della superficialita spirltuale. Mi
convinco sempre piu che il peggior nemico per la nostra autenti-
cita di maturazione cristiana, soprattutto in questa tempo di pro-
fondi cambiamenti, e la superficialita della fede.
Dobbiamo percio usare i mezzi piu efficaci e preoccuparci con
tutte le forze, quelle dell'intelligenza credente e della pedagogia Ćli
crescita in Cristo, per sconfiggere questo insidioso nemico. La su-
perficialita nella fede ci fa vivere un po' sull'onda, alla moda, piu
impressionati dall'ultima novita che intenti a perforare Io spesso-
re dei valori permanenti! Il Papa, in una conversazione con alcuni
Superiori Generali, ci diceva: c'e chi ha cambiato il veritas libera-
bit vos, con il novitas liberabit vos; ed e Io sgretolamento delle
vocazioni!
2.1 Complesslta dell'argomento
Il tema della DS e, di per se, assai complesso. Qui Io presentiamo
globalmente. Durante !'anno potrete sottolineare e sviluppare in
profondita un aspetto o un altro. Avrete bisogno di concentrare
l'attenzione singolarmente su questa o quel punto. Pero e impor-
tante inserirlo in una visione armonica d'insieme per non cadere
in certi pericolosi squilibri che nuocciono alla maturazione voca-
zionale. Insistere troppo su un aspetto, prescindendo da altri, e
causa di disorientamento spirituale. Qui noi presenteremo una pa-
noramica d'insieme che patra servire ad assicurare l'indispensa-
bile armonia tra i vari punti.
2.2 lmportanza e originallta della DS neHo splrlto salesiano
In questa mio commento mi propongo soprattutto due obiettivi:
l'importanza e densita di esigenze della DS e la sua originalita sa-
lesiana.
Il primo obiettivo e l'importanza, per noi, della DS con le sue
esigenze pratiche.
Quando si parła di DS si pensa ai postulanti e alle postulanti, ai
novizi e alle novizie, ai neoprofessi e alle neoprofesse..., ossia a
persone che hanno bisogno ancora di chiarire e assicurare la pro-
pria vocazione. Sta bene; ma non basta. Non siamo soliti pensare
a noi, che siamo adulti e ci crediamo maturi e autonomi.
Invece la DS e un'esperienza formativa di cui, in qualche modo,
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abbiamo bisogno tutti, con diversa intensita e metodologia, ma
con indispensabile esigenza di esercizio.
Per questo la Strenna ci invita a promuovere intensificando tale
elemento formativo (formazione permanente!). ·
Il secondo obiettivo che ci proponiamo e quello di far percepire
l'originalita dell'impostazione salesiana in questa esperienza. Sul
tema della DS si e scritto molto, ne hanno parlato tanti, ma in
una situazione ecclesiale diversa e secondo la prassi di altri cari-
smi. Purtroppo tra di noi non ci sono stati molti scritti specifici
e validi al riguardo. E allora siamo andati a leggere i libri, belli,
<legli altri; non sempre, pero, con capacita di adeguata assimila-
zione e adattamento. Ora, la DS dovrebbe essere una esperienza
formativa conforme alla prassi specifica della propria indole di
vita evangelica. Il conoscere gli studi e le metodologie di altri e
sempre utile, senza pero cadere in un qualsiasi miraggio o in un
genericismo che ci allontani dalla nostra identita. Occorrera, quin-
di, saper percepire l'originalita caratteristica della prassi salesia-
na di don Bosco.
2.3 Apporto dl novita
Permettetemi di sottolineare, al riguardo, anche un certo senso di
novita. Nella Strenna '83 non rilanciamo una metodologia precon-
ciliare. Siamo convinti che c'e una novita; si tratta di una espe-
rienza formativa che e esistita anche prima, ma che oggi deve eser-
citarsi con forti aspetti di rinnovamento. Infatti la Strenna <lice:
Promuoviamo... rinnovando; non semplicemente ripetendo o re-
staurando.
La crisi in cui e caduta la DS negli ultimi anni ci fa pensare che
l'epoca di una descrizione fissa e istituzionalizzata di essa e ormai
superata.
Noi non incentreremo il nostro commento su un tipo di DS clas-
sico e istituzionalizzato. Cercheremo piuttosto di far percepire cio
che c'e di originale e anche di nuovo oggi nella Chiesa e nella no-
stra prassi salesiana, dopo il Vaticano II e dopo i preziosi apporti
delle scienze antropologiche.
Non guardiamo alla DS come a un mezzo di crescita offerto a ele-
menti di elite, come se fosse una specie di « lusso » spirituale per
chi vuole raggiungere, diciamo cosl, un livello « aristocratico » nel-
la vita di fede. Non e uno strumento solo per scalatori di pareti di
sesto grado. E un aiuto di maturazione per la vita cristiana di tut-
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ti, nel quotidiano. Certo, in primo luogo per noi religiosi; ma pen-
siamo che nel Sistema Preventivo dobbiamo adattarla e applicarla
anche alla nostra gioventu, figlia del popolo e percio non catalo-
gata nella categoria delle elites; gioventu che per crescere ha biso-
gno di mezzi un po' alla portata di tutti, per arrivare anche alle
vette piu alte (come Domenico Savio e Laura Vicufia).
Parliamo, dunque, di una DS che deve coinvolgere tutti, portando
in primo luogo l'attenzione su noi stessi e sulla nostra vita.
2.4 Per la « maturazlone cristiana »
Non, quindi, una interpretazione elitista della DS; e neppure il ri-
duzionismo di una semplice istanza clinica. Ridurre la DS a psica-
nalisi sarebbe declassarla. Vorrebbe dire che se io sono sano e
normale non ho bisogno di DS. Che essa abbia anche un aspetto
terapeutico e curativo e senz'altro vero; e tutti ne hanno bisogno...
per la terribile epidemia del peccato. Ma non pub essere conside-
rata alla stregua di una seduta psicanalitica; non e neppure un dia-
logo con Io psicologo per risolvere un problema di temperamento
o di ereditarieta patologica. Quantunque, proprio in quei casi, ri-
sulti certamente assai utile per il credente anche il concorso della
DS.
Noi parliamo di essa in quanta riferita alla crescita della vita di
fede, alla « maturazione cristiana », dice il testo della Strenna.
Non tanto per perfezionare dei privilegiati o per sanare delle si-
tuazioni patologiche, quanta per illuminare, stimolare, guidare dei
confratelli, delle consorelle, dei giovani, delle persone desiderose
di tale aiuto per la loro maturazione cristiana ordinaria, vincolata
concretamente col quotidiano. Non, dunque, una tecnica sofisti-
cata; ma un'esperienza formativa comune e vitale.
2.5 Con plurallta di forme e vari gradi d'intensita
La DS comporta una molteplicita di modi di realizzazione: secon-
do le eta, il grado di fede, la cultura dell'ambiente in cui si vive, le
situazioni storiche, le congiunture personali, i temperamenti, il pe-
riodo di formazione in cui ci si trova, ecc. Essa non e solo indivi-
duale, ma e anche comunitaria. Non e solo di coscienza, ma anche
di stile di vita; non e solo per la formazione iniziale, ma per tutte
le eta della vita, anche se con diverse modalita e gradi d'intensita.
Tutti, in una situazione o in un'altra, per una ragione o per un'al-
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2.1 Page 11

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\\
tra, dobbiamo muoverci con l'aiuto di una adeguata DS. Quindi
la Strenna tocca un tema importante ma anche, come vedete,
assai complesso.
3. CHE COSA INTENDIAMO, QUI, PER « SPIRITUALE »
La Strenna ci parła di « maturazione cristiana », ossia si riferisce
propriamente alla nostra crescita nella grazia di Cristo, o, come si
suol dire oggi, « vita nello Spirito Santo», secondo i suoi dinami-
smi di fede, speranza e carita.
3.1 Realismo quotidiano
Dunque, quando diciamo « spirituale » non intendiamo parlare di
un'area paradisiaca avulsa dalla realta, come se fosse un qualche
rifugio riservato ai credenti per dimenticare ogni tanto i pesanti
probierni dell'esistenza. Non intendiamo parlare neppure di intimi-
smo: una piccola oasi nascosta nel cuore. Lo « spirituale » non ci
invita a evadere dal realismo quotidiano. Neppure intendiamo ri-
ferirci al semplice livello psicologico, dove si annidano i proble-
mi caratteriali del nostro io. Lo « spirituale » non e alternativa ai
valori concreti dell'uomo.
Intendiamo parlare invece di una energia vitale che entra profon-
damente e permea tutta la nostra vita quotidiana e la avvolge, la
assume, la sana, la irrobustisce, la eleva, le apre orizzonti di gran-
dezza, la muove e la dinamizza, ma non la distrugge. Ripeto: lo
« spirituale » non e alternativa a cio che e umano in noi, ma suo
alleato e perfezionatore.
Mi e stato chiesto: « Che cos'e spirituale? ». Ebbene: guardate che
cosa mi e venuto in mente di rispondere: - Al processo di cano-
nizzazione di don Bosco il cosiddetto " avvocato del diavolo " fece
questa domanda: « Quando pregava don Bosco? »; la pronta ri-
sposta di Pio XI fu: « E quando non pregava? ». Ecco, tu mi fai
questa domanda: Che cos'e lo spirituale nella nostra vita? E io ti
rispondo: Che cosa sarebbe non spirituale?; praticamente solo il
peccato!
Dunque: quando diciamo « spirituale » intendiamo riferirci a tutta
la nostra realta vissuta, in quanto non e solo umana, ma e pene-
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trata e permeata dallo Spirito Santo, che non la distrugge ne la
diminuisce, ma la illumina, la purifica, la eleva, la vivifica divina-
mente.
3.2 Momento privilegiato dello Spirito Santo
Dopo il Vaticano Il la maniera di parlare della vita spirituale, par-
tendo dall'ottica della presenza vivificatrice dello Spirito Santo, e
diventata una tematica di priorita. Il ruolo dello Spirito Santo
viene sottolineato meglio e con piu profondita: nel parlare della
Chiesa, della santificazione personale, dell'orientamento globale
della storia. Il Concilio, pensando in profondita il mistero della
salvezza, ha proclamato che esso e tutto coinvolto dall'azione
creatrice dello Spirito Santo. Non si spiega la vita della Chiesa
- e quindi la vita del cristiano - senza questa presenza dello Spi-
rito. Il suo ruolo e oggi riconosciuto e adorato con piu esplicita
chiarezza. Lo e stato sempre, ma oggi se ne e acquisita una co-
scienza piu perspicua: « Noi stiamo vivendo nella Chiesa - ci ha
detto Paolo VI - un momento privilegiato dello Spirito. Si cerca
dappertutto di conoscerlo meglio, quale e rivelato dalle Sacre Scrit-
ture. Si e felici di porsi sotto la sua mozione. Ci si raccoglie attor-
no a Lui e ci si vuol lasciare guidare da Lui ».1
Quando noi diciamo « spirituale » pensiamo appunto a questo ruo-
lo dello Spirito Santo in noi, nella Chiesa: ci vogliamo lasciare
« guidare da Lui » nel concreto e nel quotidiano.
Anche l'attuale Papa ha espresso efficacemente questo realismo del-
Io « spirituale » quando, in occasione di un Natale, ha affermato:
« Ecco, a Natale e nato l'Uomo! »; e nato finalmente il vero Uomo;
ed e « vero Uomo » perche e « Dio »! Infatti Dio non viene a toglie-
re o emarginare cie) che e umano, ma viene a metterlo in evidenza
con la integrita della sua bellezza e della sua vocazione.
Dicendo « spirituale » intendiamo percie) riferirci a tutto cie) che
siamo, nella nostra crescita personale e nel divenire storico; pero
alla luce di quella grazia di Cristo che proviene in noi dallo Spiri-
to Santo, permeando tutta la nostra attivita con la fede, la speran-
za e la carita.
1 EN 75.
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3.3 Una saggezza orlginale
A conferma di cio che sto dicendo, vi voglio leggere un bel passo
di S. Paolo nella t ai Corinzi, capitolo 2°.
In questi anni qualcuno ha cercato di deprezzare o di snaturare la
DS partendo dagli apporti delle moderne scienze antropologiche;
esse, infatti, hanno fatto progressi enormi, tanto validi e pre-
ziosi, ma interpretati a volte, per mentalita secolarizzata, come so-
stitutivo alla DS, che sarebbe stata una specie di supplenza pre-
scientifica nell'aiuto da prestare alla maturazione delle persone.
Ebbene: sentite cio che dice S. Paolo. « Vi ho predicato e insegna-
to non con abili discorsi di sapienza umana. Era la forza della Spi-
rito a convincervi. Cosi la vostra fede non e fondata sulla sapienza
umana, ma sulla potenza di Dio ».2
S. Paolo non intende disprezzare la sapienza umana. Noi dobbia-
mo ringraziare il Signore che ci aiuta, attraverso le scienze, a co-
noscere meglio noi stessi e il mondo. Piu competenti siamo in psi-
cologia, sociologia e scienze umane tanto meglio! Coloro che han-
no responsabilita di DS, piu conoscono queste scienze, migliore
possibilita di aiuto offrono. Oggi le scienze dell'uomo sano divenu-
te strumenti indispensabili, da non ignorare. Tuttavia la DS si muo-
ve in un ambito suo proprio. Noi stessi conosciamo della gente
semplice, senza istruzione, che ha vissuto in profondita l'esperien-
za di Dio e che ne ha tradotto in saggezza direttiva le ricchezze.
La abbiamo potuto constatare forse anche nelle nostre famiglie:
persone che ci sapevano dare, o ci sanno dare, orientamenti con-
creti ricchi di prudenza e di assennatezza.
S. Paolo afferma appunto nella sua lettera: abbiamo pure noi una
sapienza! « Anche noi pero tra i cristiani spiritualmente adulti
parliamo di una sapienza, ma non si tratta di una sapienza di que-
sto mondo...; parliamo della misteriosa sapienza di Dio, del suo
progetto di farci partecipare alla sua gloria... ». E piu avanti: « Nes-
suno puo conoscere i pensieri segreti diun uomo (cio che ha dentro
al cuore); solo lo spirito che e dentro di lui (ossia la sua coscien-
za) puo conoscerli. Allo stesso modo solo lo Spirito di Dio conosce
i pensieri segreti di Dio ».3
Ecco: la « spirituale » e situato nell'ambito proprio della vita di-
vina, e solo con lo « Spirito di Dio » se ne puo avere chiara co-
' 1 Cor 2, 4.
' 1 Cor 2, 4 e seg.
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scienza per saper vivere in docilita alle sue mozioni. « Ora noi
- continua S. Paolo - non abbiamo ricevuto lo spirito del mon-
do, ma lo Spirito che viene da Dio, percio conosciamo quello che
Dio ha fatto per noi... ».
Vedete, care sorelle, a che altezza si deve muovere la DS!
3.4 li discernimento spirituale
C'e dunque, in noi, uno « spirito del mondo » e uno « Spirito di
Dio », simultaneamente come il frumento e la zizzania della para-
bola. Per maturare cristianamente c'e bisogno di saper discernere
questi spiriti. Il fondamento di una capacita di DS e precisamente
il cosiddetto « discernimento <legli spiriti »: sapere se e lo spirito
mondano o se e lo Spirito Santo che muove il nostro cuore e guida
le nostre decisioni.
Ascoltiamo ancora S. Paolo: « L'uomo che non ha ricevuto Io Spi-
rito di Dio non e in grado di accogliere le verita che lo Spirito di
Dio fa conoscere. Gli sembrano assurdita, e non le puo compren-
dere perche devono essere capite in modo spirituale. Colui che ha
ricevuto lo Spirito giudica tutto in modo spirituale... ».4
Troviamo qui una esplicita illuminazione per capire in che cosa
consiste il famoso « discernimento spirituale »!
Il padre De Guibert, specialista al riguardo, Io ha descritto cos'i:
una « sorta di istinto soprannaturale per il quale coloro che lo pos-
seggono percepiscono intimamente l'origine, divina o no, dei pen-
sieri e dei desideri, delle situazioni, dei valori e dei pericoli, dei se-
gni dei tempi... ». E una specie di « senso » soprannaturale che ac-
compagna la « vita nello Spirito ».
Questa originale capacita di discernimento <legli spiriti (che tra-
scende le scienze) non e facile, ma e profondamente indispensabile
nella DS.
3.5 La «storicita » della vita di grazia
Abbiamo gia accennato al realismo della nostra vita spirituale.
Qui vorrei aggiungere un'osservazione importante.
La nostra « vita nello Spirito » e sempre strettamente e intensa-
mente vincolata con una struttura di storicita. Ossia: la grazia
soprannaturale del credente, la mia, la vostra..., cresce nel tempo,
1 Cor 2, 14-15.
I
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2.5 Page 15

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nello spazio, in conformita con le situazioni e le congiunture, se-
condo la cultura del proprio paese, l'educazione personale, la vita
ecclesiale, gli avvenimenti politici, sociali, pastorali, le malattie e
l'eta di ogni persona, le amidzie, i coinvolgimenti di gruppo, le re-
sponsabilita, i compiti, ecc.
Ques_ta storicita fa si che non si parta mai da una fede astratta,
ma dall'uomo concreto che vive il quotidiano con la luce della fede.
Occorre percio conoscere lo spessore delle concretezze storiche,
l'ambiente e il clima in cui deve crescere e maturare la vita spiri-
tuale. Incominciando dalia Chiesa, Che non e astratta. Ogni gene-
razione di credenti ha una sua maniera di realizzare la vocazione
del Popolo di Dio. Ogni secolo e portatore di segni dei tempi, di
cambiamenti culturali, di rivoluzioni sociopolitiche. Ogni persona,
nelle sue differenti tappe di vita, e un micro-secolo, una micro-
Chiesa, un micro-cosmo.
Per dirigere spiritualmente bisogna avere sensibilita per tutto que-
sta. Perche lo Spirito Santo si esprime e passa attraverso la sto-
ria, non fuori di essa! E vuole essere percepito e conosciuto dal di
dentro della realta umana, dal vissuto. Preoccuparsi di una perso-
na di eta non e lo stesso che educare un adolescente; dirigere spi-
ritualmente un Domenico Savio sara stato certamente assai diver-
so che dirigere Simone stilita (di cui oggi, 6 gennaio, facciamo
«memoria»): c'e una differenza enorme di cultura, di secolo, di
eta, ecc.
La considerazione della struttura di storicita e molto importante!
Il credente, noi, il nostro Istituto, la nostra comunita... i superiori
sanno quanto costa tale considerazione! ... Ogni giorno siamo chia-
mati a fare scelte che il Fondatore non ha fatto e neppure sospet-
tava di dover fare. Non perche non fosse uomo di Spirito Santo,
ma perche non era uomo di oggi. Solo noi siamo uomini e donne
di oggi!
Ci vogliono persone vive e attuali per fare la DS. Non basta parła­
re di ascolto e di docilita allo Spirito Santo in una forma astratta
e astorica; bisogna farlo sapendo che si deve arrivare a Lui attra-
verso la sacramentalita del vissuto sociale ed ecclesiale e attra-
verso persone concrete.
3.6 I suol due aspetti complementari e indissolubili
Giunti a questa punto, interessa fortemente sottolineare un fatto,
di per se importantissimo, che ci aiuta a interpretare meglio l'ori-
ginalita del nostro stile salesiano nella DS.
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Abbiamo visto come lo Spirito Santo e la sorgente e l'anima di
tutta la vita di fede; la sua presenza vivificatrice si realizza simul-
taneamente a due livelli complementari: nel cuore di ogni perso-
na credente e nel Corpo di Cristo che e la Chiesa. Sona due aspet-
ti non solo complementari, ma anche indissolubili tra loro.
Il primo e il livello «personale»: Io Spirito Santo inabita nel
cuore di ogni discepolo di Cristo. Ne permea il temperamento e le
doti, ne perdona i peccati, ne sana le ferite. Guida la sua fede, spe-
ranza e carita, verso una interpretazione e realizzazione cristiana
del quotidiano. Rende possibile il suo progetto personale secondo
una vocazione. Qui si apre un delicato campo da scrutare con il
discernimento <legli spiriti. Alcuni hanno ridotto solo a questa i
compiti della DS. E invece si tratta di un aspetto parziale della
presenza vivificatrice della Spirito Santo; rimane un campo mol-
to piu vasto e complesso di discernimento spirituale, in cui deve
venire inglobato il precedente discernimento individuale.
Il secondo livello e quello « comunitario ». Lo Spirito Santo e
l'anima della Chiesa, il vincolo di unita e di comunione di tutto il
Popolo di Dio. E Lui che ci affratella e ci fa costituire la « Citta »
dei santi. Se S. Paolo mette ampiamente in luce nelle sue lettere
l'inabitazione personale dello Spirito nel cuore di ognuno, S. Luca,
particolarmente negli Atti degli Apostoli, sottolinea molto la ca-
ratteristica ecclesiale e comunitaria della venuta e missione della
Spirito Santo (Pentecoste). E attraverso l'unita e l'armonia orga-
nica di tutto il Corpo che ogni membro sviluppa la propria vita e
la propria funzione. Guai alla DS che non viva immersa nella piu
genuina e vincolante comunione ecclesiale!
Ecco perche considero molto importante sottolineare la comple-
mentarita e indissolubilita che esiste tra questi due aspetti:
l'aspetto personale non e autentico se non e vincolato con quello
comunitario. E l'aspetto comunitario non sara genuino se prescin-
de dalla cura di quello personale.
3.7 Esigenze di armonia « collegiale »
La « vita nello Spirito » non ammette ne individualismo ne collet-
tivismo.
C'e stato un tempo in cui l'aspetto comunitario era inteso in modo
(diciamo cosl.) fisso e quasi meccanico: era tutto chiaro e sicuro,
tutto tranquillo; in tale clima si dava quasi esclusiva importanza
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2.7 Page 17

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alla DS personale. Il resto si presupponeva e funzionava da se.
Ora, al contrario, c'e un grande rilancio della dimensione comuni-
e taria; qualcuno potuto arrivare persino a « mitizzare » la co-
munita, cosi da poter affermare che essa e, per se stessa, mezzo
di DS per i suoi membri, escludendo la necessita di un aiuto per-
sonale per i singoli. La vita ci dimostra che si tratta di un'inge-
nuita! Le due esagerazioni descritte sono frutto di situazioni
ormai sorpassate e, in ogni caso, non equilibrate.
Proprio perche l'unico Spirito Santo e simultaneamente inabi-
tante la persona credente e anima della comunita cristiana, la
complessita della struttura di storicita di questi due livelli esige
una multipla e armonica forma di discernimento. Chi deve diri-
gere « spiritualmente » una persona o una comunita dovra, per
docilita all'unico Spirito, conoscere e assumere tante esigenze
di armonia inerenti a cio che e « spirituale ».
Infatti l'aspetto comunitario della DS, rilanciato dal Vaticano II
con la sua visione del Popolo di Dio e dei valori ecclesiali della
comunione, apre una vasta problematica riguardo ai cosiddetti
« direttori spirituali ». Possiamo dire che il Concilio vincola, in
qualche modo, a questo aspetto il tema della « collegialita » per
la realizzazione dei servizi nella Chiesa. Non c'e un solo Apostolo:
ci sono i Dodici, anche se uno e il primo e il capo. Non si pensa
mai a un solo « direttore spirituale »; si afferma sempre una con-
vergenza e collaborazione « collegiale » tra vari a cio designati
e e qualificati. All'interno del Popolo di Dio nessun individuo « il »
Maestro, o « il » Padre, o « la » Madre, o « la » Guida, ma solo
Dio, attraverso la sacramentalita organica di differenti e svariati
collaboratori.
Mi piace citare qui un passo assai espressivo del martire S. Igna-
zio di Antiochia, che ci fa conoscere il criterio e ci fa gustare il sa-
pore delle origini: « Gesu Cristo, nostra vita inseparabile, opera se-
condo la volonta del Padre, come i Vescovi... agiscono secondo la
volonta di Gesu Cristo... e il vostro venerabile collegio di Presbiteri,
e <legno di Dio, cosi armonicamente unito al Vescovo, come le
corde alla cetra. In tal modo, nell'accordo... e nella perfetta armo-
nia... s'innalzera un concerto di lodi... Ciascuno di voi si studi di
far coro. Nell'armonia della concordia e all'unisono con il tono
di Dio... ».5
5 S. !GNAZIO di Antiochia, Lettera ag/i Efesini.
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4. OUALE SIGNIFICATO DARE AL TERMINE « DIREZIONE »
Conviene notare subito che noi ci rifacciamo a questo termine
perche e in uso da tempo. Non consideriamo utile, come hanno
fatto alcuni, tentare di cambiarlo; non e alla nostra portata il
farlo e poi forse non ci si capirebbe piu. Riconosciamo, senz'al-
tro, che si tratta di un termine criticato, anche improprio, cioe
insufficiente ad esprimere tutto lo spessore di esperienza forma-
tiva della DS. Pero contiene anche dei valori concreti che ci fan-
no pensare alla sacramentalita, alla pedagogia, alla reciproca e or-
ganica relazione di servizio voluta da Cristo, alla concretezza d'in-
terventi del suo Spirito che rifugge dal soggettivismo e dall'anar-
chia.
4.1 Non-dlrettlvita e autorealizzazione?
Ultimamente, seguendo studiosi di psicologia, si e parlato di « non-
direttivita ». Anche nella vita religiosa, per la formazione delle
nuove generazioni, si sono cercati dei metodi di « non-direttivita »,
con il pretesto di non plagiare i giovani (novizi, novizie, ecc.), ma
/
di favorire psicologicamente la crescita della loro personalita, fa.
cendo consistere la loro maturazione in una cosciente autorealiz-
zazione.
C'e, in questo, un aspetto di verita: l'esperienza formativa della
cosiddetta DS deve essere un aiuto offerto alla coscienza del sin-
goło soggetto o dei membri che costituiscono insieme una comu-
nita. ·si tratta di persone da orientare e far maturare nella liberta:
questo e vero.
Pero c'e da ricordare anche che la vita nello Spirito Santo non e
semplicemente uno sviluppo psicologico della personalita umana.
Anzi, tale vita spirituale non consiste affatto in una « autorealizza-
zione ». La vita cristiana e, per natura, « trascendenza » nel Cristo.
La sostanza della vita di fede e coscienza di « filiazione » perma-
nente e sempre in crescita; ha come meta di maturazione una
espropriazione di se, una docilita a Dio in Cristo; questa comporta,
come aspetto massimo della liberta di figlio, l'amore di docilita,
che e obbedienza di fede, fino alla suprema espropriazione della
morte: « Non si faccia la mia, ma la tua volonta! ».
Se tale atteggiamento venisse qualificato di « autorealizzazione »,
passi pure il termine; pero avrebbe bisogno di una appropriata
spiegazione. Ma e meglio non giocare con le parole, perche c'e il
pericolo di cadere in confusioni. La vita cristiana comporta certa-
16

2.9 Page 19

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·mente la piu grande perfezione della persona; pero non la si defi-
nisce come autorealizzazione. Essa e trascendenza di se nel Cristo,
tutta incentrata nell'amore. La carita trova la sua pienezza nell'
uscire fuori di se per donarsi all'altro. Pensiamo a Gesu Cristo.
Egli e stato sempre Figlio. Molto di piu nell'eta matura che quan-
.do era bambino. Il cristiano adulto negli anni non cessa mai di
essere spiritualmente figlio; anzi Io diviene sempre piu cosciente-
mente. Noi siamo sempre in gestazione nella storia. Abbiamo,
quindi, una coscienza crescente di figli bisognosi, anche a 80 anni.
Non cessa mai il bisogno di sentirsi orientati e guidati in una
specie di pedagogia di filiazione.
4.2 Sacramentallta pedagogica
Queste relazioni di filiazione nei confronti del Padre passano sem-
pre attraverso Cristo e la Chiesa; ce Io insegna la storia della sal-
vezza. La vita del Popolo di Dio non e una programmazione ideo-
logica; e un susseguirsi di fatti e di eventi intorno alla persona
st.orica di Cristo.
La fede ci assicura che non si e figli del Padre se non si e fratelli
in Cristo, se non si passa attraverso Cristo e la sua Chiesa, e pre-
cisamente quella Chiesa che e contemporanea oggi alla nostra esi-
stenza. La filiazione al Padre nell'incorporazione a Cristo, e la cre-
scita nella capacita di relazionarsi con Lui, e tutta opera dello Spi-
rito Santo attraverso una realta umana concreta, ma sacramentale.
Che cosa vogliamo significare qui con il termine « sacramentale »?
Intendiamo indicare la concretezza di una mediazione umana, che
fa da ponte nella nostra crescita spirituale. Conviene sottolineare
che tale dimensione sacramentale e sempre qualche cosa di uma-
no. Il « sacramento » fontale e Cristo stesso: uomo. Pero Lui ha
costituito la Chiesa e nella Chiesa i ministri che ha deputato per
questo: il Papa, i Vescovi, i Preti, certi carismi dei Fondatori, Su-
periori, Educatori, ecc., tutti quelli che nella Chiesa hanno una
funzfone di guida e di pedagogia per gli altri.
Vedete dove siamo arrivati?
e Quando si parła di DS inevitabile entrare in questo campo va-
stissimo della sacramentalita della Chiesa, e pensare che ogni vi-
ta nello Spirito Santo non nasce e non cresce se non attraverso
mediazioni qualificate: che sono umane, ma sacramentali, e de-
vono agire come strumenti nelle mani di Dio.
Essendo esse umane, la mia vita spirituale dovra fare i conti con
17

2.10 Page 20

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persone assai concrete e ben qualificate. La fede cristiana non e
come l'Islamismo, fondato su un libro, il Corano. La nostra fede
e vincolata a persone: a Cristo, al Papa, Tu sei Pietro e su que-
sta pietra costruiro la mia Chiesa »), agli Apostoli e Vescovi (« Chi
ascolta voi, ascolta me»), ecc.; insomma, a persone vive!
Dobbiamo esaminarci se, nella nostra maniera di crescere nello
Spirito Santo, sappiamo coltivare le relazioni sostanziali con quel-
le persone vive che costituiscono per noi la mediazione sacramen-
tale di ascesa al Padre.
Da questa angolatura possiamo affermare che non c'e vita cristia-
na senza una concreta DS, nel suo senso piu ampio, ma anche piu
fondamentale.
Ecco una affermazione da meditare: la vita nello Spirito Santo e
la Grazia di Cristo e un dinamismo vitale, sempre « orientato »
da persone contemporanee e qualificate che svolgono una funzione
sacramentale di mediazione.
4.3 Pluralita delle mediazioni
Tale mediazione si verifica non nell'uniformita, ma nella pluralita
delle forme. Lo Spirito e infaticabilmente creatore. Ha una fan-
tasia che gli autori di classificazioni non sono capaci di rinchiu-
dere in nessun catalogo. Pensiamo semplicemente alla Sua fecon-
dita nei carismi della vita religiosa. In ognuno di essi, al di dentro
dell'organicita della Chiesa, c'e una mediazione orientativa « spe-
cifica», che viene da persone particolarmente dotate. La mia gra-
zia cristiana, vissuta in un carisma religioso, viene orientata anche
da persone peculiarmente vincolate con il mio Fondatore.
Dunque: il servizio orientativo di DS ha molteplicita di forme
e di livelli. Abbisogna, come dicevamo, di armonia secondo una
gerarchia di funzioni. Quelli che guidano la comunita carismatica
di un Istituto non potranno agire in dissonanza con quelli che
guidano autenticamente la comunita ecclesiale; cosi quelli che gui-
dano le singole persone non dovranno intervenire normalmente ai
margini o in divergenza dei legittimi responsabili delle comunita.
Quando si tratta di una singola persona, per i suoi problemi di
vita spirituale, bisogna che chi presta il servizio di direzione sap-
pia mettersi in sintonia con le altre mediazioni interessate. Non
dimentichiamo il bel paragone di S. Ignazio!
La pluralita delle mediazioni procede da tre aree differenti, fra
loro complementari:
18

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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a. I servizi direttivi di mediazione piu strettamente ecclesiale. E.
un orientamento che interessa tutti i cristiani ed implica un servi-
zio sia di magistero, sia di guida pastorale (da parte del Papa e dei
Pastori).
Puo un Superiore religioso, chiamato a orientare il carisma del
suo Istituto, prescindere dalla guida concreta del Papa e dei Vesco-
vi, ignorare le Encicliche e gli orientamenti pastorali ufficiali? Po-
tra non conoscere il Concilio, i Sinodi, o - peggio ancora - boi-
cottarli?
Analogamente, chi e responsabile di persone o di gruppi in una
zona, puo prescindere o dissentire dagli orientamenti pastorali
della gerarchia locale?
Vedete che chi e incaricato di una DS non puo procedere arbitra-
riamente e con consigli o direttive inconsiderati e leggeri.
b. L'orientamento religioso comunitario. E. una mediazione speci-
fica per il carisma degli Istituti di vita consacrata. Va esercitato
sia a livello di tutta la Congregazione (Capitolo generale, Superio-
ri e Consiglio generale) sia a livello locale, provinciale o di singo-
la casa.
Anche qui, chi fa il servizio di DS a livello locale non puo, ordi-
nariamente, trascurare gli orientamenti propri dell'Istituto.
c. L'orientamento e guida «personale» dei singoli. Tale aiuto spi-
rituale, assai caratteristico della Direzione di cui parliamo, puo
riferirsi sia all'atteggiamento e stile di vita (quello che si suole
chiamare « foro esterno »: dialogare con il Direttore, con la Diret-
trice sui problemi di testimonianza apostolica e di convivenza re-
ligiosa); sia all'orientamento di coscienza (o, come si dice, di « fo.
ro interno»). Quest'ultimo tocca l'intimita piu profonda della pro-
pria personalita e crescita vocazionale.
E. importante, ripeto, assicurare l'armonia di questi vari livelli.
L'aiuto personale e di coscienza deve essere in sintonia con l'orien-
tamento comunitario; e questo non puo prescindere dalle diretti-
ve magistrali e pastorali della Chiesa.
Nella ricerca di questa armonia emerge un grave e delicato pro-
bierna di formazione e di intesa per la necessaria convergenza
dei diversi e complementari « direttori ». Si percepisce l'urgenza
di speciali iniziative al riguardo.
In particolare, l'orientamento personale dei singoli abbisogna di
19
'.

3.2 Page 22

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equilibrati e competenti « direttori » che realizzino gia, nei loro
propri criteri, una sintesi aggiornata dei livelli superiori.
4.4 La Dlrezlone Splrituale
Possiamo ormai presentare una descrizione piu precisa di cio che
intendiamo per DS. Lo facciamo con un testo del padre Charles
Andre Bernard S. J., specialista in spiritualita.
« Parliamo di DS - scrive - quando il cr~dente, alla ricerca del-
la pienezza della vita cristiana, riceve un aiuto spirituale che lo
illumina, lo sostiene e lo guida nel discernere la volonta di Dio
per raggiungere la santita; molteplici ne sono le forme e vari i
gradi di intensita ».6
Si vede subito che si tratta di una realta complessa (« molteplici
ne sono le forme e vari i gradi di intensita ») e che si applica, sen-
za forzature, sia al consiglio di coscienza, sia all'animazione co-
munitaria un aiuto spirituale che illumina, sostiene e guida nel
discernere la volonta di Dio »). Ma la sua caratterizzazione piu spe-
cifica si verifica con maggiore intensita e proprieta quando tocca
piu da vicino le persone concrete (i singoli, innanzitutto, e le co-
munita o gruppi locali). La DS, infatti, deve aiutare al discerni-
mento concreto e piu immediato delle persone in situazione, ossia
nella concretezza della loro vita.
Essa e tanto piu intensa e vera, quanto piu entra nella coscienza
dei singoli: sia immediatamente da « direttore » a « diretto »; sia
mediatamente da « direttore » a « diretto » attraverso l'ambiente
e il clima comunitario di casa o di gruppo locale.
« Nella sua forma piena - scrive il P. Bernard - va considerata
come paternita (o maternita) spirituale grazie alla quale dei figli
sono generati alla vita spirituale personale e condotti alla confor-
mita con Cristo nello Spirito Santo».
Ecco: la DS si ispira alle relazioni di paternita e maternita, che
non sono sentite e vive se non arrivano, in una forma o nell'altra,
alla singolarita di ogni persona nel suo vivere quotidiano. Sia il
dialogo personale diretto, sia la cura locale dell'ambiente forma-
tivo, deve essere un aiuto che serva a illuminare, sostenere e gui0
dare le singole persone - e la loro comunita o gruppo - a discer-
nere Ja concreta volonta di Dio su di loro, « adesso e qui».
P. CHARLES ANoR~ BERNARD S. J., L'aiuto spirituale personale (Roma 1981', ed. Rogate) 21.
20

3.3 Page 23

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4.5 I dlsegni del «Terzo »
Nella DS cio che si cerca e qualche cosa al di sopra del « sogget-
to » e del « direttore ». C'e un dialogo - diciamo cosl. - tra il
consulente e la guida, tra i membri della comunita locale e il loro
animatore o animatrice, che oltrepassa entrambi. In questo dialo-
go non ci sono due partners, come nel colloquio psicologico. Ma
tutti e due indagano insieme il disegno o la volonta di un « Ter-
zo », assai piu importante di loro; con l'aiuto dello Spirito Santo
ricercano il disegno del Padre, ossia la volonta di Dio sulla persona
singola e su quella comunita concreta. Il colloquio e l'animazione
tanto piu valgono quanto piu sono chiarificatori del piano divino.
In certo modo, quasi non interessa la personalita umana e la men-
talita del direttore o animatore, si punta sulla sua « saggezza spi-
rituale ».
Dev'essere un « uomo di Dio ». I libri di psicologia ci indicano le
condizioni del consigliere psicologico e i difetti che deve evitare;
sono utili come pedagogia. Pero bisogna avere ben chiara la con-
vinzione che tutto cio nella DS e trasceso. In essa, infatti, deve ap-
parire con chiarezza che cio che si cerca e chi invita a decidersi
non e semplicemente a un livello umano. In tanto vale il direttore
spirituale in quanto e competente e qualificato nella mediazione
sacramentale della ricerca del disegno del « Terzo ». Piu che auto-
rita giuridica, la sua dev'essere autorevolezza di « uomo di Dio ».
Pero deve essere anche una persona realista, intuitiva, aggiornata,
per saper penetrare la complessa struttura di storicita che coinvol-
ge le persone: intuito di atteggiamenti psicologici, intelligenza di
situazioni culturali, di congiunture sociali, di crisi o di mode ideo-
logiche, di circostanze svariate e molteplici che avvolgono, e piu
di una volta ingarbugliano, l'esistenza quotidiana.
Deve essere persona che sa coltivare il rispetto, la bonta, la pazien-
za e un permanente atteggiamento di speranza nella ricerca, senza
formule fatte; il tutto in un'atmosfera di interessamento, di affetto
e di chiara umilta capace di assicurare un prescindere da se che
manifesti costantemente il suo profondo senso di Dio.
4.6 C'e « dipendenza » in questa « direzione »?
Si suol domandare se ci deve essere una dipendenza del soggetto
dal suo direttore. La parola « dipendere » e polivalente e bisogna
spiegarsi. In cio che il termine implica di positivo e vitale di doci-
21

3.4 Page 24

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lita, di connessione, di origine vitale e di possibilita di crescita, di
natura e condizione della nostra liberta, dobbiamo affermare che
nel cristianesimo e cosciente e benedetta la fondamentale dipen-
denza di filiazione: non e subordinazione legale o pedagogica alla
personalita del direttore, ma dipendenza vitale da Dio Padre.
La dipendenza o indipendenza psicologica dalla personalita del di-
rettore e un'altra cosa. Purtroppo ci sono tante mescolanze e tanti
pericoli in questo campo. In questo caso il termine « dipendenza »
puo assumere significati negativi e nocivi: e bene trascenderli nel-
la proclamazione di una vera liberta di figli di Dio. Resta vero che
quanto piu ci si attacca alla persona del « direttore » per le sue
qualita umane, tanto piu si oscura la sua capacita sacramentale;
e quanto piu e oscurata la sua capacita sacramentale, meno c'e di
genuina DS.
Il direttore spirituale agisce a favore della liberta cristiana del
soggetto, a favore della liberta religiosa dei membri della comu-
nita, a favore della crescita nella santita. Il suo non e un carisma
di dottore, di professore scientifico. Il suo e un carisma di pater-
nita e di maternita spirituale; un carisma di esperienza di Dio; un
carisma di servitore di una liberta che cresce nella fede.
Percio, anche riguardo al tipo di « sicurezza » a cui si puo giunge-
r e attraverso la DS, bisogna dire che essa e intrinsecamente con-
nessa con la coscienza, nel soggetto, di avere percepito il piano di
Dio; e conveniente che essa non appaia legata a certe « securizza-
zioni » un po' soggettive o autoritarie che la persona del direttore
puo offrire, a volte anche « a buon mercato », e che possono offu-
scare la chiarezza del discernimento.
5. LO « STILE SALESIANO »
La Strenna ci invita a rinnovare e intensificare la DS con stile sa-
Iesiano.
Dicevamo prima che la vita spirituale di cui parliamo ha moltepli-
ci espressioni nella Chiesa. Non perche differiscano i dinamismi
della fede, speranza e carita, ma perche essi si possono vivere e
realizzare con svariate modalita. In questa varieta ha il suo posto
anche il progetto evangelico del nostro Fondatore con il suo ca-
ratteristico e originale spirito, che abbiamo cercato di descrivere,
pochi mesi fa, meditando il « Sogno dei dieci diamanti ».
22

3.5 Page 25

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5.1 La prassi di una tradizione splrltuale
Un concreto realismo ci deve accompagnare nel parlare della DS
tra noi: non possiamo partire semplicemente dai libri altrui se-
condo un tipo di DS istituzionalizzato in tempi passati. La nostra
vita spirituale e vissuta secondo una vocazione differente dalle al-
tre. Non e una differenza sostanziale; ma di modalita, di stile, di
fisionomia. La nostra prassi e collaudata da ormai piu di un seco-
lo di esperienza. L'abbiamo vista e vissuta e abbiamo anche dei
documenti autorevoli che la descrivono.
Per restare solo nell'ambito postconciliare di questi ultimi venti
anni, noi Salesiani abbiamo avuto un Capitolo Generale che ha
fatto il punto su questo tema: il CG19 del 1965. Nei suoi Atti c'e
un capitolo - 1'8° - intitolato precisamente La direzione spiritua-
le dei confratelli. Poi il CGS20, n. 678; e, in forma particolare, il
CG21 (1978) nel trattare a fondo il rinnovamento del ruolo del Di-
rettore nelle comunita !ocali (Atti, n. 49-53. 56. 251). Inoltre, nella
programmazione della formazione, il recente documento La for-
mazione dei Salesiani di don Bosco - Principi e norme (Ratio -
1981); e, ultimamente, un sussidio per l'animazione, Il Direttore
salesiano - Un ministero per l'animazione e il governo della comu-
nita locale (Manuale - 1982) nel cui indice analitico, sotto il ter-
mine DS e altri, si puo trovare un abbondante materiale.
Per voi FMA si possono consultare gli Atti dei CC.GG. 14, 16 e 17.
Avete anche altre fonti e documenti in cui si sviluppa soprattutto
il tema della « Direttrice come madre spirituale della comunita ».
Abbiamo, dunque, una tradizione vissuta e dei documenti autore-
voli e recenti che ci invitano ad essere coerenti e fedeli ad una
prassi originale, ripensata e rilanciata dopo la grande interpellan-
za di rinnovamento proclamata e guidata dal Concilio Ecumenico
Vaticano Il.
5.2 L'esperienza formativa di don Bosco
Da dove prendere le idee fondamentali della nostra prassi? Evi-
dentemente da don Bosco. Il tempo mi obbliga a fare una sintesi
rapida; vedrete pero che e facile percepirne subito l'originalita e
le caratterizzazioni proprie.
Come ha realizzato don Bosco la DS per i confratelli e per i gio-
vani? Possiamo condensare la risposta in due parole, non con la
pretesa di dire tutto, ma con l'intenzione di sottolineare i due a-
23

3.6 Page 26

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spetti fondamentali del suo stile formativo. Era Fondatore e Supe-
riore; ha scritto, ha fatto conferenze, ha redatto Costituzioni e Re-
golamenti, ecc. Ma l'esperienza formativa di DS l'ha realizzata so-
prattutto come confessore e come educatore. Ecco le due parole
che sintetizzano questa sua esperienza formativa.
Come « confessore » sottolineerei la sua dedizione al contatto per-
sonale di coscienza. Come « educatore », invece, la sua genialita
pedagogica nel costruire localmente tutto un ambiente formativo
cristiano.
Ma c'e bisogno di un po' di spiegazione di quanto affermiamo.
Innanzitutto riguardo alla parola confessore. Sappiamo che don
Bosco aveva unito al ruolo del Direttore della casa anche quello di
confessore dei confratelli e dei ragazzi. Ci possiamo domandare:
che cosa avrebbe fatto se fosse vissuto dopo l'intervento della San-
ta Sede che con il Decreto del 1901 rompeva questa fusione? Pen-
so che don Rua e i suoi successori hanno saputo interpretarlo con
fedelta.
Per noi oggi rimane patente, in primo luogo, che lui voleva che il
Direttore fosse un vero « padre spirituale » dei suoi confratelli e
ragazzi; e poi, che nella esperienza formativa del nostro Fondato-
re c'e un posto privilegiato per il contatto personale con i singoli
fino ad arrivare liberamente alle profondita della coscienza. Don
Caviglia quando parła della confessione curata da don Bosco af-
ferma che era il mezzo centrale e indispensabil~ per il retto fun-
zionamento del suo sistema educativo.
Qui adesso noi, nel sottolineare la sua dedizione al servizio forma-
tivo della confessione, intendiamo unicamente mettere in luce l'
importanza da lui data alla DS personale, che ha concrete esigen-
ze anche per voi, che non confessate.
Direi che la DS personale in don Bosco e evidentemente caratte-
rizzata da una chiarissima preoccupazione ,, spirituale » ( •.• si svol-
geva propriamente in sede « sacramentale »), fatta di bonta e li-
berta, di profondita e sincerita, di sostanzialita e brevita. Don Bo-
sco confessava ore e ore (ho letto che durante il 1• Capitolo Gene-
rale, a Lanzo, confessava fino a 6 ore al giorno!), ma era breve e
andava al nocciolo delle cose con un efficace intuito pedagogico.
Il contatto personale e un certo dialogo a tu per tu Io continuava
poi anche fuori confessione: una parolina all'orecchio, uno sguar-
do paterno, un sorriso, un cenno... insomma qualcosa che conti-
nuasse e irrobustisse l'aiuto spirituale personale. C'era pure uno
24

3.7 Page 27

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spazio per colloqui individuali, anche se non lunghi e non troppo
frequenti. Ricordiamo che quando Domenico Savio gli pote par-
lare per un'ora in camera, Io considero come un regalo piuttosto
straordinario.
• In secondo luogo, riguardo alla parola educatore. Guardiamo a
don Bosco nell'ambito concreto dell'Oratorio di Torino; ossia -
per esprimerci nella nostra terminologia - guardiamo a lui quasi
come « Direttore » della casa locale di Valdocco, con i suoi con-
fratelli e i numerosi ragazzi.
Mise tutta la sua intelligenza, la sua attivita e la sua capacita di
formatore « spirituale » nel costruire un ambiente educativo, ossia
un clima comunitario, dove circolassero i grandi valori sopranna-
turali della fede in risposta alla sfida del tempo. La ricchezza edu-
cativa dell'ambiente permetteva ad ognuno di prendere facilmente,
per se, cio di cui abbisognasse per sentirsi guidato nella sua
crescita cristiana.
Don Eugenio Valentini, anni fa, ha pubblicato un interessante
studio al riguardo. Le sue conclusioni ci portano a percepire fa-
cilmente una formula sintetica di descrizione della stile salesiano
nell'esperienza formativa della DS. Analizzando le modalita della
prassi educativa di don Bosco ha potuto affermare che, nella tra-
dizione salesiana, l'aiuto della DS si puo descrivere - diciamo
cosi - con la seguente costante pedagogica:
- Quanta meno c'e di aiuto spirituale comunitario o ambientale,
tanto piu e urgente la cura spirituale dei singoli e la direzione
delle persone; e quanta piu c'e di aiuto spirituale comunitario
e ambientale, tanto meno esigente diviene la cura direttiva spe-
ciale dei singoli.
Infatti negli ambienti del tempo di don Bosco, e anche dopo,
fiorivano le vocazioni, magari senza lunghi dialoghi di accompa-
gnamento individuale, perche c'era tutto un insieme di ambiente
spirituale e di ardore apostolico che interpellava, sosteneva e ren-
deva possibile la scelta di un progetto generoso di vita.
Non si tratta, pero, di contrapporre l'ambiente al colloquia; piut-
tosto di equilibrare. Non siamo di fronte a due poli altemativi,
ma a due aspetti complementari. Entrambi necessari; entrambi
da curare e da intensificare. Ma c'e un reciproco interscambio tra
i due tipi di aiuto spirituale, che ci impone di non ridurre la DS,
tra noi, a uno solo dei due poli.
25

3.8 Page 28

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Dobbiamo saper rilanciare l'uno e l'altro, simultaneamente. La
Strenna ci invita, dunque, sia a costruire ambienti comunitari ed
educativi ricchi cli valori soprannaturali, sia a curare e seguire le
persone singole aiutandole a realizzare un concreto e individuale
discernimento per la maturazione della loro vita di fede.
5.3 Alcuni mezzi da rilanciare
Lo stile salesiano e tutto permeato di praticita pedagogico-pasto-
rale. Risultera utile, quindi, ricordare i mezzi principali a cui ri-
correre nell'esperienza formativa della vita di fede. Sono mezzi
che voi conoscete bene. Io mi limito a nominarne alcuni che me-
ritano di essere particolarmente curati.
A. PER IL RINNOVAMENTO DEL CLIMA COMUNITARIO O AMBIENTE EDUCATIVO
Il ruolo del Direttore o della Direttrice (sostenuto e aiutato con
intelligenti iniziative dall'Ispettore o Ispettrice) perche riacquisti
l'indispensabile costitutivo salesiano della « paternita o maternita
spirituale ». ~ questo uno dei punti piu strategici per noi nell'
applicazione della Strenna.
Che il Direttore e la Direttrice sappiano far funzionare « spiritual-
mente » il Consiglio della casa, non solo per la disciplina, per l'esi-
to degli studi o per i problemi economici, ma in primo luogo per
la maturazione evangelica dell'ambiente. Non gli compete soltan-
to l'organizzazione delle iniziative, ma anche l'inventiva e la colla-
borazione nell'animazione salesiana della comunita.
Il « cuore oratoriano » dei responsabili o animatori di gruppi
giovanili, perche sappiano essere aggiornati e portatori simpatici
del messaggio evangelico.
Innanzitutto urge favorire e dare spazio all'esistenza di tali grup-
pi o associazioni che servono di fermento nella vasta massa dei
nostri destinatari (come Io erano una volta, in altro contesto cul-
turale, le « Compagnie religiose ») . E poi che gli animatori e le
animatrici sappiano stimolare il protagonismo giovanile conser-
vando pero per se, come prezioso e indispensabile valore pedago-
gico, la capacita d'influsso di saggezza spirituale nel creare un cli-
ma ambientale aperto a Cristo e desideroso di discernimento se-
condo il suo Spirito.
Le « conferenze » (anche la scelta delle « letture » comunitarie)
e le « buone-notti », fatte di illuminazioni concrete che servano a
26

3.9 Page 29

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I
guidare comunitariamente la vita spirituale nella sua quotidiana
storicita. Quindi: non tanto sublimi riflessioni astratte e generi-
che, ma una sapienza esistenziale che scruti con umile intuito gli
eventi e le persone. A cio fare i responsabili e le responsabili do-
vranno curare un esercizio concreto della loro vita di fede che fac-
cia passare la loro contemplazione e la preghiera attraverso il tes-
suto giornaliero dell'esistenza. La « buona-notte », in particolare,
dovrebbe essere tutta permeata, per la sua stessa natura salesiana,
di questa saggezza del quotidiano.
Il rilancio di questi mezzi 'di elevazione spirituale dell'ambiente
portera, anche se Ientamente e impercettibilmente, a una maggio-
re sensibilita comunitaria nel discernimento degli spiriti.
Questo, poi, sara irrobustito dai tempi forti mensili, trimestrali
e annuali.
B. PER UN AIUTO SPIRITUALE PIU PERSONALE
Mi sembra importante insistere soprattutto su due mezzi per noi
classici.
• Il primo e il colloquia con il Direttore o la Direttrice, almeno
per quell'aspetto di atteggiamento e di stile di vita che si e chia-
mato giuridicamente « foro esterno ».
E vero che nell'esperienza formativa della DS personale quanto
piu si cresce e piu maturi si e, tanto minori diventano le esigenze
di frequente ricorso a un esperto di discernimento. Pero il nostro
particolare colloquio con la persona responsabile della comunita
ha un suo importante valore di autenticita salesiana. E un ele-
mento positivo che non bisogna lasciar morire. E su questo mi
piacerebbe parlare, piu che alle suore, alle Direttrici! Tra noi io
ho parlato di questo piu ai Direttori che ai confratelli. Il segreto
sta nella capacita del Direttore e della Direttrice di presentarsi
familiarmente, con cuore amico e un chiaro interesse spirituale e
pastorale. Tutti, pero, devono aiutare a far percepire nella comu-
nita l'importanza di questa mediazione qualificata che porta a
Dio nel concreto del comune progetto evangelico e apostolico.
• Il secondo e la frequenza al sacramento della Riconciliazione.
Il prossimo Sinodo dei Vescovi ci arricchira certamente circa l'in-
dispensabilita di questo mezzo ecclesiale per la nostra maturazio-
ne cristiana. La genuinita della nostra filiazione coinporta un pre-
ciso « senso del peccato » nell'intimita piu recondita del nostro io.
27

3.10 Page 30

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Accorgersi, pentirsi, convertirsi, riconciliarsi sono atteggiamenti
indispensabili per la vita di fede.
Qui entriamo nel cosiddetto « foro interno», che comporta una re-
lazione personale con un sacerdote in quanto ministro di Cristo.
Non si vuol dire che ogni volta che uno si confessa vada in cerca
di una speciale DS. Pero don Bosco, insistendo sui vantaggi di un
confessore stabile, vedeva fluire da cio, nel suo insieme, una con-
creta ed efficace DS di coscienza.
Certamente e anche utile, e a volte necessario, cambiare. Lungo il
corso della vita ci sono anche dei momenti in cui si sente il biso-
gno di cercare qualche specialista, anche fuori dell'ambito salesia-
no. In tutte le eta possono sopravvenire delle crisi; sarebbe un
guaio, in tal caso, non cercare l'aiuto di un « padre spirituale » ve-
ro uomo di Dio e sicuramente competente nella guida al discer-
nimento.
Qui conviene ricordare ai Superiori e alle Superiore che la DS di
coscienza e « elettiva » (non parło, qui, della prima formazione!),
ossia che e un sacrosanto diritto per ognuno scegliersi la persona
competente a cui confidare i propri problemi di coscienza per
averne un aiuto spirituale adeguato. Ho voluto sottolineare questo
aspetto, pur sapendo che e come un'arma a doppio taglio, per evi-
tare dannosi atteggiamenti di « paternalismo » e di « maternali-
smo » in questo delicatissimo campo.
6. SENTIRSI « ORIENTATI » NELLA PROPRIA CRESCITA CRISTIANA
Piu che dedicarci a sviluppare la cura di alcuni dei mezzi or ora
presentati (cosa che bisognera saper fare durante l'anno), mi sem-
bra opportuno in questa momento insistere su un atteggiamento
globale che, se e vera convinzione di ognuno, portera a una inten-
sificazione della DS.
Dalle riflessioni fatte deriva facilmente una conclusione con pro-
iezioni pratiche: ognuno di noi, per praticare questa Strenna, de-
ve pensare se la sua propria vita di fede, speranza e carita e una
crescita spirituale veramente « orientata » o no. Se e lui che si e
fabbricato indipendentemente un proprio progetto soggettivo e
arbitrario (che Io porta a posizioni individualistiche) o se vive se-
condo un progetto formulato attraverso mediazioni qualificate; se
Io spirito che guida le sue scelte e Io spirito del mondo o e Io Spi-
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4.1 Page 31

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e rito di Dio. Non dimentichiamoci che la vita nello Spirito una
grazia orientata nell'organicita del Corpo di Cristo!
6.1 Un livello di « orientamento » piu generale
Dunque: dobbiamo sentirci concretamente e permanentemente
« orientati »!
Quando, nello spiegare il termine « Direzione », abbiamo parlato
di pluralita delle mediazioni, ci siamo riferiti innanzitutto a due li-
velli piu generali: l'orientamento ecclesiale e quello religioso comu-
nitario. Abbiamo detto che la vita cristiana e orientata concreta-
mente da persone vive: il Papa, i Vescovi, il Concilio e i Sinodi, i
Superiori e le Superiore, i Capitoli generali, ecc. Si tratta ora di
vedere se davvero la nostra fede ci fa vivere il « chi ascolta voi
ascolta me ». Soprattutto per noi che viviamo tutta la nostra cre-
scita spirituale con il voto di obbedienza!
Attraverso la mediazione dei Superiori e dei Capitoli Generali esso
ci porta al Fondatore, al suo progetto evangelico di vita, alle Co-
stituzioni e Regolamenti, non tanto come piccole osservanze legali,
bensl. come orbita storica di filiazione. Per noi don Bosco e sempre
significativo e orientatore attraverso il suo spirito. Che importanza
ha per me tale spirito? Lo conosco e lo approfondisco? Influisce
sul mio modo di vivere, sulle mie scelte, le mie decisioni, il mio
lavoro, la mia ascesi? Guardate che il « sentirsi orientati » ha non
poche esigenze pratiche gia a questo livello piu generale. Abbiamo
gia qui un'interpellanza realistka per l'applicazione della Strenna.
6.2 li livello di « orientamento » personale e di coscienza
Ma la realizzazione piu specifica della Strenna si applica con mag-
giore intensita e proprieta - come dicevamo - a livello di comu- .
nita locale e di persone singole, quando l'aiuto spirituale serve a
guidare individui in situazione, secondo i loro concreti problemi
e la loro coscienza.
Qui « sentirsi orientati » significa rivitalizzare le proprie relazioni
di maturazione cristiana con il Direttore e la Direttrice, con la
propria comunita nel suo concreto Progetto educativo-pastorale,
con il Confessore, con un « Padre (o Madre) spirituale » (ossia,
una persona di Dio particolarmente atta), ogni volta che ce ne sia
bisogno. Quante deviazioni, crisi e uscite si sarebbero potute evi-
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4.2 Page 32

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tare in questi anni se si fosse fatto ricorso a un valido ed efficace
aiuto di discernimento e DS!
Ecco: la necessita del « sentirsi orientati » era il primo dei due
obiettivi che mi ero proposto nel fare questo commento alla Stren-
na. Se io non mi sento orientato veramente da qualcuno, nella mia
esistenza quotidiana, vuol dire che c'e in me una deficienza che
pub degenerare in malattia. lnfatti la mia vita di fede e una « gra-
zia orientata »; proviene da Cristo, Capo del Corpo mistico, che
tocca tutti i membri attraverso « nervi » e « mediazioni » vitali
che Lui vivifica e abilita con la potenza del suo Spirito.
7. CHIAMATI E INCARICATI PER « ORIENTARE » ALTRI
In vista di tutto cio che abbiamo detto appare chiaro che non bi-
sogna identificare il direttore spirituale con il sacerdote. Senza
dubbio il sacerdote, di per se, e un tipo di direttore spirituale.
Certamente! Pero abbiamo visto che c'e un'ampia pluralita di me-
diazioni con molteplicita di forme e vari gradi d'intensita. Noi
tutti, a causa della nostra stessa missione, siamo chiamati dal Si-
gnore a dedicarci a guidare spiritualmente altri con ruoli e moda-
lita differenti.
Non conviene ora entrare a considerare tante diversita d'impegno;
possiamo pero suggerire qualche esigenza di rinnovamento.
7.1 Coscienza dl una responsabllita dlrettiva
Un Salesiano o una Figlia di Maria Ausiliatrice che non si sente
chiamato a responsabilita di Direzione Spirituale, in alcune delle
sue forme e gradi, come potra considerarsi religioso genuino ed
educatore cristiano?
La nostra vita consacrata e un carisma per gli altri; dobbiamo es-
sere segni e portatori dell'amore di Dio ad altri; la crescita nella
fede comporta saggezza che va diffusa intorno; lo spirito di fa.
miglia esige in noi continua comunione e fecondita apostolica; se
poi uno e anche sacerdote, il suo ministero e in se stesso parteci-
pazione a un servizio di guida.
Considerando gli atteggiamenti di tanti confratelli e sorelle in
questi delicati anni di intensi cambiamenti culturali, sociali ed
ecclesiali, mi sembra di percepire un cało nella coscienza di una
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4.3 Page 33

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esplicita responsabilita direttiva: ci si e appiattiti, ci si e massifi-
cati, ci si e camuffati nel genere comune, ci si e insensibilmente
lasciati trasportare dall'onda del pericoloso disorientamento am-
bientale. Eppure siamo stati fondati in tempi difficili per avere la
sapienza del discernimento, il coraggio della profezia e la praticita
della metodologia.
L'attuale sottile materialismo e il secolarismo interpellano la no-
stra identita vocazionale per noi stessi, per i giovani e per le
masse popolari. Non possiamo non possedere qualche grado di
saggezza spirituale per saperla condividere con chi ne abbisogna.
Urge aumentare in noi tutti, ciascuno secondo il suo ruolo, una
viva coscienza di responsabilita direttiva per la maturazione cri-
stiana delle persone e delle comunita. Una responsabilita direttiva
ispir;ata, non ad atteggiamenti di paternalismo o maternalismo,
ma a quella paternita e maternita spirituale a cui alludevamo so-
pra nello spiegare il significato del termine « Direzione ».
7.2 lmpegno di formazione per essere guide splrituali
Credo che ci sia urgenza tra noi di un grande rilancio della forma-
zione per abilitare all'orientamento spirituale. A livello di strut-
ture di studio e di formazione, ci si e impegnati nel creare un
« Istituto di spiritualita » che speriamo cresca e ci illumini tutti
in questa delicato settore.
Uno dei piu gravi probierni, per molte Congregazioni, e la crisi di
formatori, ossia soprattutto di persone capaci di orientare spiri-
tualmente. Cio non riguarda solo i preti, e per tutti noi. Come for-
mare i novizi e le novizie? Come condurre e animare, nello spirito
di famiglia, in entusiasmo soprannaturale, le comunita locali? Co-
me abilitare e aggiornare Direttori, Direttrici, animatori e confes-
sori? Come far imparare a tutti a collaborare nella maturazione
evangelica della propria comunita?
Oltre a preoccuparsi di crescere dottrinalmente, sia nelle scienze
umane pertinenti, sia nelle scienze teologiche, sia nelle discipline
di salesianita, urge soprattutto avere piu numerosi confratelli e
sorelle ricchi di « esperienza di Dio ». Lavoriamo e preghiamo per-
che si alzi tra noi il livello della « sapienza spirituale »; e a voi
chiedo, care FMA, di ottenere dal Signore come tlono straordinario
che i nostri sacerdoti abbiano in abbondanza il tlono della « pa-
ternita spirituale » per promuovere meglio, in tutta la Famiglia
Salesiana, la maturazione cristiana delle persone e delle comunita.
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4.4 Page 34

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CONCLUSIONE
Penso sovente al difficile impegno degli Apostoli per far sorgere
e maturare la fede cristiana nel mondo. Che enormi difficolta han-
no affrontato! Pensate semplicemente alle barriere culturali che
hanno dovuto superare; non si sono lasciati affogare dai costu-
mi e dalla mentalita in voga o di moda; sono riusciti a creare una
reinterpretazione del tutto e a orientare cristianamente persone e
culture.
Come hanno fatto? S. Paolo nella 2• Epistoła ai Corinzi esclama:
« Sta scritto: ho creduto percio ho parlato. Anche noi abbiamo
quello stesso spirito di fede, anche noi crediamo e per questo par-
liamo! ».7
Ecco il segreto: ricchezza di genuina fede!
Che Maria Ausiliatrice, che e stata appunto « Colei che ha credu-
to », ottenga a tutti noi, nella Famiglia Salesiana, di crescere in
quella sapienza di fede che ci abiliti ad essere guide spirituali di
altri! Cosi che pur noi possiamo ripetere con l'Apostolo: « Anche
noi crediamo e per questo parliamo ».
1 Z Cor 4, 13.
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