it|Strenna 2023: Presentazione - “COME LIEVITO NELLA FAMIGLIA UMANA D’OGGI. La dimensione laicale della Famiglia di Don Bosco”.

PRESENTAZIONE DEL TEMA

SGUARDO DI INSIEME ALLA STRENNA 2023

STRENNA 2023


COME LIEVITO NELLA FAMIGLIA UMANA D’OGGI.

La dimensione laicale della Famiglia di Don Bosco


COMO FERMENTO EN LA FAMILIA HUMANA DE HOY.

La dimensión laical de la Familia de Don Bosco


AS THE YEAST IN TODAY’S HUMAN FAMILY.

The lay dimension in the family of Don Bosco


COMME LEVAIN DANS LA FAMILLE HUMAINE AUJOURD’HUI.

La dimension laïque de la famille di Don Bosco


COMO FERMENTO NA FAMILIA HUMANA HOJE.

A dimensão laical da família de Dom Bosco





Anzitutto desidero ricordare che questa Strenna 2023 si rivolge a due gruppi di destinatari: i bambini, gli adolescenti e i giovani di tutte le presenze della Famiglia di Don Bosco nel mondo. E, contemporaneamente, essa è indirizzata a tutti i gruppi della Famiglia salesiana, invitata a scoprire o a riscoprire la propria dimensione laicale.


Come possono esserci due destinatari così differenti? La risposta è semplice. Alla luce di ciò che caratterizza maggiormente la nostra pedagogia e la nostra spiritualità, intendiamo aiutare i bambini e le bambine, soprattutto gli adolescenti e i giovani, a scoprire che ognuno di loro può essere come il lievito di cui parla Gesù; come il lievito buono che aiuta a crescere e a rendere più grande e saporito il “pane della famiglia umana”. Ciascuno di loro può essere un vero protagonista e avere un’autentica missione accanto a Gesù, o come buon credente nella religione che professa.


Per la Famiglia di Don Bosco vuole essere un messaggio chiaro e provocatorio orientato a scoprire la sua dimensione laicale, in questa famiglia in cui siamo tutti coinvolti e dove la grande maggioranza dei suoi membri è costituita da laici, uomini e donne di tutti i paesi, con la loro vita laicale cristiana che li chiama ad essere vero lievito in questa umanità che ne ha tanto bisogno.


E noi consacrati nella Famiglia Salesiana siamo ugualmente invitati a essere «lievito nella pasta del pane dell’umanità» e a vivere gli uni accanto agli altri, lasciandoci arricchire dalla laicità evangelica di questi nostri fratelli e sorelle. In poche parole, siamo chiamati come Famiglia a completarci a vicenda.



Gesù disse ancora:

«A che cosa posso paragonare il regno di Dio?

È simile al lievito, che una donna prese

e mescolò in tre misure di farina,

finché non fu tutta lievitata» (Lc 13,20-21)



Il lievito lavora silenziosamente.

La lievitazione avviene nel silenzio, così come l’opera del regno di Dio nel suo lavorio interiore.

Chi, infatti, ha potuto ascoltare il lievito mentre agisce sulla farina e sulla pasta in cui è stato messo, mentre fa lievitare l’intera massa? Questo ci fa comprendere l’azione del regno di Dio. Lo stesso apostolo Paolo presenta il regno a partire dal suo aspetto più intimo quando dice: «Il regno di Dio, infatti, non è cibo o bevanda, ma giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo» (Rom 14,17). Questa è l’azione interiore e invisibile dello Spirito; è il lievito messo nel cuore. E come il lievito svolge la sua azione per contatto, così accade per il Vangelo.


La parabola del lievito, scelta come tematica della Strenna 2023, è una parabola di grande saggezza evangelica, pedagogica e attualità educativa, che esprime la natura del Regno di Dio che Gesù ha vissuto ed insegnato.

Ci sono varie interpretazioni teologiche di questo brano biblico. La nostra scelta interpretativa per la Strenna di questo anno è proprio quella di presentare il lievito come una immagine della fecondità e della crescita del Regno di Dio, che nel cuore delle persone feconda la ricchezza del dono della chiamata alla vita, della vocazione lì dove Dio ci ha piantato, orientando la missione dei laici e di tutta la famiglia di don Bosco in tutto il mondo.


«Un po’ di lievito fa fermentare tutta la pasta» (Gal 5,9). È sorprendente come una porzione di farina raddoppi o triplichi con l’aggiunta di una piccola porzione di lievito... Il Signore ci dice che il Regno di Dio è come il lievito con cui si fa lievitare la farina (la pasta) nella preparazione del pane. C’è qualcosa di molto speciale che caratterizza il lievito. È la sua capacità di influenzare "positivamente" l’impasto.


Tra gli ingredienti che usiamo per fare il pane, il lievito, come sottolinea il Signore nella parabola evangelica, non è il più grande in quantità, anzi. Se ne usa pochissimo, ma ciò che lo distingue è che è l’unico ingrediente vivo e, poiché è vivo, ha la capacità di influenzare, condizionare e trasformare l’intera pasta.


Possiamo dire, quindi, che il regno di Dio è così: «una realtà umanamente piccola e apparentemente irrilevante. Per entrare a farne parte bisogna essere poveri nel cuore; non confidare nelle proprie capacità, ma nella potenza dell’amore di Dio; non agire per essere importanti agli occhi del mondo, ma preziosi agli occhi di Dio, che predilige i semplici e gli umili. [Certamente] il Regno di Dio richiede la nostra collaborazione, ma è soprattutto iniziativa e dono del Signore. La nostra debole opera, apparentemente piccola di fronte alla complessità dei problemi del mondo, se inserita in quella di Dio non ha paura delle difficoltà. La vittoria del Signore è sicura: il suo amore farà spuntare e farà crescere ogni seme di bene presente sulla terra. Questo ci apre alla fiducia e alla speranza, nonostante i drammi, le ingiustizie, le sofferenze che incontriamo. Il seme del bene e della pace germoglia e si sviluppa, perché lo fa maturare l’amore misericordioso di Dio» (Angelus di Sua Santità Francesco, 14 giugno 2015).



  1. Un Regno di Dio che germoglia nel nostro mondo, tra luci e ombre



Allora i farisei uscirono e tennero consiglio contro di lui per farlo morire.

Gesù però, avendolo saputo, si allontanò di là. Molti lo seguirono ed egli li guarì tutti e impose loro di non divulgarlo, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia:

«Ecco il mio servo, che io ho scelto;

il mio amato, nel quale ho posto il mio compiacimento.

Porrò il mio spirito sopra di lui

e annuncerà alle nazioni la giustizia.

Non contesterà né griderà

né si udrà nelle piazze la sua voce.

Non spezzerà una canna già incrinata,

non spegnerà una fiamma smorta,

finché non abbia fatto trionfare la giustizia;

nel suo nome spereranno le nazioni» (Mt 12,14-21).


  • Qui è Gesù stesso che opera da lievito in mezzo alla gente più comune, tra i malati che han bisogno di guarigione. “Ed egli guarì tutti” ... è un volto “laicale” di Gesù, in mezzo al “laos”, al popolo, dove non si fa differenza di ceto sociale o provenienza. Sembrano essere tutti accomunati dalla povertà e dal bisogno di aiuto.


  • È storicamente accertato, con un’attendibilità elevata, che il simbolo che ha dominato l’intera predicazione di Gesù, la realtà che ha dato senso a tutte le sue attività, è stato il “regno di Dio”. I vangeli sinottici riassumono l’insegnamento e la predicazione di Gesù in questa frase lapidaria: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo» (Mc 4,15). L’espressione si trova 122 volte nel Vangelo e 90 volte sulle labbra di Gesù. Perciò è più che evidente che Gesù ha predicato il regno di Dio e non se stesso (K. Ranher).


  • Però la parola e l’annuncio del regno non sono solo il tema centrale della predicazione di Gesù, né il punto di riferimento della maggior parte delle sue parabole e l’oggetto di un gran numero di suoi detti; è anche il contenuto delle sue azioni simboliche, che costituiscono gran parte del suo ministero, ossia l’amicizia con gli esattori delle tasse e i peccatori, con i quali giunge persino sedersi a tavola; sono le guarigioni e gli esorcismi… Infatti, nella sua comunione con gli emarginati e nella sua compassione per i più poveri, gli ultimi, gli esclusi, Gesù ha vissuto pienamente il regno, dimostrando nei fatti l’amore incondizionato di Dio per gli ultimi.


  • Oggi riconosciamo che c’è tanto bene nel nostro mondo, in questo Regno in costruzione, e riconosciamo altresì la presenza di tanto dolore: un dolore che è creato dal nostro modo di essere e di agire come famiglia umana. Perciò dobbiamo aprire i nostri occhi e i nostri cuori al “modo di agire” di Dio che stabilisce il suo Regno in un modo molto speciale. Ed è assumendo il Suo modo di essere e agire che dobbiamo collaborare con Lui. Non possiamo fare altrimenti, se non vogliamo che il Regno cessi di essere “di Dio” e diventi “nostro”. Ma non di Dio.


  • In questo senso è rilevante lo stile della presenza del Regno di Dio incarnata in Gesù così come il vangelo lo descrive attraverso le parole di Isaia: «Non contesterà né griderà né si udrà nelle piazze la sua voce. Non spezzerà una canna già incrinata, non spegnerà una fiamma smorta, finché non abbia fatto trionfare la giustizia; nel suo nome spereranno le nazioni». E sono tutte le nazioni chi spereranno: non solo Israele… per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi. L’apertura universale che ci caratterizza come Famiglia Salesiana è di grande sintonia con il Vangelo del Regno. La Chiesa è formata ben oltre il 99% da laici… Immaginiamo come aumenti la proporzione se si considera e si abbraccia il mondo intero: i laici sono la pasta oltre che lievito del Regno.


  • A volte il nostro contributo umano o il nostro piccolo sforzo possono sembrare insignificanti, ma saranno sempre importanti davanti a Dio. Non dobbiamo e non possiamo misurare l’efficacia o i risultati dei nostri sforzi valutando quanto investiamo in essi, la fatica che ci richiede, poiché la ragione ultima di tutto è Dio; e allo stesso tempo, non possiamo cadere in un complesso di inferiorità o in false giustificazioni su quanto sia impossibile la missione e la costruzione del Regno, poiché questo blocca e paralizza.


  • Stando sotto gli “occhi” e davanti al “cuore” del nostro Dio non dobbiamo confondere la piccolezza e l’umiltà con la debolezza. È poco quello che possiamo fare di fronte al “molto” che ci viene richiesto. Tuttavia, mai è “non abbastanza” o irrilevante, perché è Dio che fa crescere. È la forza di Dio che viene in aiuto. Ed è Dio che alla fine accompagna il nostro impegno, i nostri sforzi, il nostro essere povero lievito nella pasta. A condizione di operare tutto e sempre nel suo nome.



  1. Una famiglia umana bisognosa di…



Ogni persona è chiamata – in questo mondo – a scoprire il significato della propria esistenza, che è proprio quello di vivere in uno stile di vita salutare e fraterno all’interno della Famiglia Umana. La parabola del lievito e questa proposta di Strenna ci spingono, poi, a entrare nel mondo delle grandi sfide attraverso la dinamica del tempo e della storia umana. Il lievito integrato con la massa del pane ha bisogno di un tempo proprio per fermentare.


Questo tempo di Dio, il kairos, ci insegna a entrare in una dinamica dove il tempo è più importante dello spazio1, come ha detto Papa Francesco. Soprattutto in un mondo dove la comunicazione virtuale e digitale crea un habitat di reti, di presenze istantanee e interattive, è molto importante approfondire il significato del tempo nella nostra vita, nel nostro modo di comunicare, di lavorare e stare insieme in quanto persone.


La costruzione della Famiglia Umana è una responsabilità e un impegno di tutti noi.


Conosciamo il tanto bene che ci circonda ma anche il tanto dolore che non siamo ancora riusciti a superare nel mondo in cui viviamo. Papa Francesco ci ricorda proprio questo, quando afferma che «ogni generazione deve far proprie le lotte e le conquiste delle generazioni precedenti e condurle a mete ancora più alte. È il cammino. Il bene, come anche l’amore, la giustizia e la solidarietà, non si raggiungono una volta per sempre; vanno conquistati ogni giorno. Non è possibile accontentarsi di quello che si è già ottenuto nel passato e fermarsi, e goderlo come se tale situazione ci facesse ignorare che molti nostri fratelli soffrono ancora situazioni di ingiustizia che ci interpellano tutti»2.


Ed è per questo che riconosciamo che la famiglia umana è una famiglia con tanti bisogni:


  1. Bisognosa di giustizia e di dignità per gli ultimi e gli scartati (FT, 15-17; 18-21; 29-31; 69-71; 80-83; 124-127;234);

  2. Bisognosa di verità (LF 23-25; FT 226-227);

  3. Bisognosa di pace e di fraternità (FT 88-111; FT216-221; ChV 163-167);

  4. Bisognosa di Dio (LF 50-51; LF 1-7; LF 35; LF 58-60);

  5. Bisognosa di cura della casa comune (Cfr. Laudato Si’);

  6. Bisognosa di …


Non possiamo lasciare a domani il bene che dobbiamo fare oggi!


Siamo chiamati, come Famiglia di Don Bosco, a essere lievito in questa Famiglia Umana. Guidati così da questa visione – della dinamica evangelica del lievito – vogliamo approfondire e riconoscere la ricchezza della vocazione spirituale, religiosa e cristiana dei nostri laici in tutte le presenze del mondo e dei laici della famiglia di don Bosco, valorizzando nelle diverse culture e società, il dono della loro vita, la forza della loro fede, la bellezza della loro famiglia, la loro esperienza di vita e di lavoro.



  1. Il laico: un cristiano che “santifica il mondo dal di dentro”



Una certa abitudine ha provocato un grande disorientamento associando la santità esclusivamente al monachesimo e per nulla o poco alla vita dei laici, alla vita pubblica. Questa separazione non è stata positiva nel corso della storia.


1. Dal fatto che Dio è Padre deriva che siamo tutti fratelli e sorelle. Da questa fratellanza universale scaturisce la richiesta di solidarietà, carità e comunione.


2. Con l’Incarnazione del Figlio è evidente che qualsiasi realtà temporale può rivelare il Mistero di Dio.


3. Considerando la persona umana come Tempio dello Spirito, ne consegue che l’essere umano è l’ambito più qualificato per l’incontro con il sacro. « Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo, che è in voi?» (1 Cor 6,19), dice la Scrittura3.


«Teologicamente, la laicità di tutta la Chiesa si comprende a partire dal significato della relazione chiesa-mondo, e dal sacerdozio comune, dalla profezia e dalla dimensione regale; ogni battezzato è membro di una chiesa che deve servire il mondo per rendere presente la volontà salvifica di Dio e il suo regno, anche se ogni battezzato esercita o sviluppa questa laicità in modo particolare, così che c’è una diversità di ministeri e funzioni e, in una certa misura, di “presenza e situazione” nel mondo, nella storia e nella società»4. Ed è dalla stessa vita laicale, che in molti casi passa attraverso la specifica vocazione in famiglia e dalla professionalità nel mondo, che i laici, e in particolare i laici cristiani, i laici della famiglia di Don Bosco, sono chiamati a stabilire, promuovere e sostenere i valori evangelici nella società e nella storia, contribuendo alla consacratio mundi, alla consacrazione del mondo, all’instaurazione del Regno di Dio nel qui e ora.


In ogni caso, sarebbe un grave errore credere che quando si parla di laicità (secolarità) come caratteristica propria della Chiesa, ci si riferisca solo a una parte dei membri della Chiesa, cioè ai laici, come se le vocazioni di speciale consacrazione e coloro che hanno ricevuto la consacrazione del ministero ordinato non avessero una “dimensione secolare”. Riconoscendo la loro dignità (dei laici), si chiarisce la loro funzione all’interno della Chiesa stessa e quindi la loro necessità per la Chiesa. Il Concilio vede la missione dei laici nel “gestire gli affari temporali e ordinarli secondo Dio” e nel “costruire la santificazione del mondo dall’interno”. I laici sono chiamati “a rendere la Chiesa presente e operante in quei luoghi e in quelle circostanze in cui solo attraverso di loro può diventare il sale della terra”. Di fronte al mondo, è un pieno riconoscimento del bisogno che la Chiesa ha dei fedeli laici. In essi raggiunge luoghi dove altrimenti non potrebbe andare»5.


Se ci dicono che qualcuno è venuto a casa nostra, usciamo a cercarlo. Questo è l’atteggiamento richiesto al cristiano che conosce la continua visita dello Spirito nel profondo della sua anima. “Vivere per Dio” significa avere un atteggiamento di ricerca di tutto ciò che è ricco nell’umanità. Perché solo ciò che è pienamente umano è divino. Vivere per Dio significa essere fedeli alle scoperte. E per riempire il mondo di sorpresa, della “sorpresa di Dio”. E lavorare irradiando il desiderio di ripristinare l’ordine temporale sconvolto, perché così spesso lo abbiamo reso tale con le nostre azioni umane.



  1. La famiglia di don Bosco chiamata ad essere lievito



Un episodio della nostra storia salesiana è particolarmente illuminante.


Era il 24 giugno 1855, e all’oratorio, fu festa doppia: grande solarità a dir poco… Tutta Torino onorava e festeggiava il patrono della città, ma era anche l’onomastico di Giovanni Bosco. Ognuno cercava di manifestargli il suo affetto e il sacerdote ricambiava con cuore grande.

La sera del 23 giugno 1855 disse ai suoi ragazzi: «Domani volete farmi la festa, e io vi ringrazio. Da parte mia, voglio farvi il regalo che più desiderate. Perciò ognuno prenda un biglietto e vi scriva sopra il regalo che desidera. Non sono ricco, ma se non mi chiederete il Palazzo Reale, farò di tutto per accontentarvi».

Quando lesse i biglietti, don Bosco trovò domande serie ed altre bizzarre. Chi gli chiedeva «cento chili di torrone per averne per tutto l’anno», chi un cucciolo «al posto di quello che ho lasciato a casa». Giovanni Roda, un amico di Domenico Savio, gli chiese «una tromba come quella dei bersaglieri, perché voglio entrare nella banda musicale».

Sul biglietto di Domenico Savio invece, trovò solo cinque parole: «Mi aiuti a farmi santo».

Don Bosco chiamò il ragazzo e gli disse: «Quando tua mamma fa una torta, usa una ricetta che indica i vari ingredienti da mescolare: lo zucchero, la farina, le uova, il lievito…

Anche per farsi santi ci vuole una ricetta, e io te la voglio regalare. È formata da tre ingredienti che bisogna mescolare insieme.

  • Primo: allegria. Ciò che ti turba e ti toglie la pace non piace al Signore. Caccialo via.

  • Secondo: i tuoi doveri di studio e di preghiera. Attenzione a scuola, impegno nello studio, pregare volentieri quando sei invitato a farlo.

  • Terzo: far del bene agli altri. Aiuta i tuoi compagni quando ne hanno bisogno, anche se ti costa un po’ di disturbo e di fatica. La ricetta della santità è tutta qui.

Domenico ci pensò su. I primi due “ingredienti”, gli pareva di averli.

Nel far del bene agli altri, invece, qualcosa di più poteva fare, pensare, inventare. E da quel giorno ci provò».


Come la ricetta della torta della mamma che include lo zucchero, la farina, le uova e il lievito… la ricetta di santità fu proposta da Don Bosco ai suoi giovani, in particolare a Domenico Savio (la sera di 24 giugno 1855) e contiene: allegria, il fare i doveri e il far del bene. Tutto un programma che indica come essere lievito nel piccolo spazio dove Dio ci ha piantato.


Siamo nati carismaticamente come comunità e come comunione di persone di differente estrazione sociale, stato di vita, profilo professionale… uniti dalla stessa missione e motivati dalla stessa carica carismatica che Don Bosco sa comunicare. Questa è la natura dell’Oratorio negli anni della sua fondazione, dal 1841 al 1859: 18 anni! La prima bozza delle Costituzioni rispecchia ancora fortemente questa sinergia di popolo di Dio che in vario modo coopera per fare dei giovani più a rischio «buoni cristiani e onesti cittadini». È innegabile il fatto che siamo nati fin da subito come insieme di popolo di Dio: è la natura del nostro carisma e della nostra missione.


Sono molto consapevole – e cerco di trasmettere questa coscienza a tutta la nostra Famiglia salesiana, chiamata ad essere vero lievito nel mondo d’oggi, nella famiglia umana d’oggi – di un fatto particolarmente evidente: soltanto insieme, soltanto vivendo in comunione potremo fare qualche cosa di significativo oggi.


Ho lanciato un forte appello a tutta la Congregazione salesiana riguardante la nostra missione condivisa con i laici (appello che serve a tutta la famiglia di don Bosco) e non ascoltarlo condurrà, in un futuro non molto lontano, ad un punto di pericoloso non ritorno. Ho dichiarato che «il nostro CG24 è stato certamente una risposta carismatica all’ecclesiologia di comunione del Vaticano II. Sappiamo bene che Don Bosco, fin dall’inizio della sua missione a Valdocco, ha coinvolto tanti laici, amici e collaboratori in modo che fossero partecipi della sua missione tra i giovani. Da subito egli «suscita condivisione e corresponsabilità da parte di ecclesiastici, laici, uomini e donne6. Si tratta, dunque, nonostante le nostre resistenze, di un punto di non ritorno, perché, oltre a corrispondere all’agire di Don Bosco, il modello operativo della missione condivisa con i laici proposto dal CG24 è di fatto «l’unico praticabile nelle condizioni attuali»7.


L’obiettivo ultimo della missione di Don Bosco è, assieme alla salvezza dei suoi ragazzi, la trasformazione della società. Scrivere questo mi fa pensare anche alla strenna del 2020 («Sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra» BUONI CRISTIANI E ONESTI CITTADINI). Il sistema preventivo non è soltanto orientato a educare individui «per farli felici nel tempo e nell’eternità»: si vuole evitare che «questa porzione la più delicata e la più preziosa dell’umana società» (Cost. SDB, 1) entri in un circolo vizioso di mali che rovinano il presente e il futuro di Chiesa e società, quando invece essi possono diventare la più grande risorsa di futuro e di crescita per tutti. L’ampia e coraggiosa visione di Don Bosco, la sua operosità instancabile, la sua resilienza difronte agli ostacoli… si spiegano solo con questo orizzonte di trasformazione sociale e di evangelizzazione dei giovani su scala mondiale.


Credo sia un elemento prezioso non solo per ammirare il nostro Padre, ma per valorizzare il potenziale della nostra presenza ampia e capillare, che abbiamo nel mondo giovanile, quando ci muoviamo INSIEME. E insieme a tutti coloro che condividono la stessa fiducia nei giovani come soluzione, come risposta al presente e al futuro del mondo, anziché limitarsi a vederli (e magari temerli) come problema…


Don Bosco non fa politica ma può parlare con tutti i rappresentanti dei vari livelli di governo perché il suo impegno è limpidamente orientato verso il bene dei giovani, di cui nessuno che ha a cuore la società umana e il servizio agli altri, anche il servizio pubblico per il bene di tutti, ragion d’essere della politica, può non interessarsene. La nostra voce comune può trovare accesso e ascolto ben oltre i confini confessionali se insieme incarniamo oggi quello stesso zelo di cura per i giovani che ci è stato dato come carisma: e questo modo di essere Chiesa nel mondo, nelle periferie è quanto mai in linea con il magistero attuale della Chiesa (da Gaudium et Spes a Laudato Sii… e molti altri documenti autorevoli). È un essere Chiesa che non possiamo realizzare se non insieme come famiglia di don Bosco.


La complementarità delle vocazioni nella famiglia di don Bosco.


È sempre più evidente che se si vuole davvero incidere in modo efficace a favore della educazione dei giovani è importante e indispensabile l’impegno e la corresponsabilità di tutti e di ciascuno. L’essere UNITI come famiglia salesiana, e insieme sempre con tanti laici delle presenze del mondo nella missione e nella formazione diventa una esigenza ineludibile di missione, se non si vuole rimanere irrilevanti.


La comunione nello spirito di famiglia e il vasto movimento salesiano


Ci sono campi dove davvero siamo tutti sulla stessa barca nel bisogno di formazione, come, ad esempio, in ciò che concerne il mondo digitale in rapporto alle nuove generazioni o tutto il vasto ineludibile campo della ecologia integrale. Tutti abbiamo da imparare: se diventa un cammino comune mentre l’apprendimento può diventare assai più efficace e aderente alla realtà, le dinamiche che si creano nel processo di apprendimento trasformano anche il modo di fare missione e formazione insieme. È questo nuovo tipo di missione che ci fa diventare quel lievito che la Chiesa, il mondo, i giovani si aspettano da noi… Non lo siamo ancora. È cambiata la pasta… dobbiamo ridiventare quel che siamo chiamati ad essere e possiamo farlo solo insieme. Dopo tutto è stata la stessa dinamica delle origini. Don Bosco non aveva tutte le competenze e conoscenze: si sono formati insieme. Senza laici come Mamma Margherita e tanti altri collaboratori del momento, e senza i suoi ragazzi, tra quelli Domenico Savio, per citare i più noti, né Don Bosco né noi dopo di lui saremmo gli stessi.



  1. All’ombra di un grande albero con bellissimi frutti



Nella mia lettera alla conclusione del Secondo Seminario di promozione delle Cause di Beatificazione e Canonizzazione della Famiglia Salesiana, dicevo: «Da Don Bosco fino ai nostri giorni riconosciamo una tradizione di santità a cui merita dare attenzione, perché incarnazione del carisma che da lui ha avuto origine e che si è espresso in una pluralità di stati di vita e di forme. Si tratta di uomini e donne, giovani e adulti, consacrati e laici, vescovi e missionari che in contesti storici, culturali, sociali diversi nel tempo e nello spa zio hanno fatto brillare di singolare luce il carisma salesiano, rappresentando un patrimonio che svolge un ruolo efficace nella vita e nella comunità dei credenti e per gli uomini di buona volontà»8.


Con umiltà e profondo senso di gratitudine, riconosciamo nella Congregazione e famiglia salesiana un grande albero con tanti frutti di santità. Questi Santi sono giovani, laici, martiri, persone che hanno colmato loro vita con il lievito dell’amore, amore che si dona fino in fondo, fedele a Gesù Cristo e al suo Vangelo.


  • Un grande albero con bellissimi frutti di santità come (tra gli altri): Zeferino Namuncurá e Laura Vicuña, Alberto Marvelli, Domenico Savio, Alessandrina da Costa, Attilio Giordani, i giovani martiri di Poznam, il giovane Bashir del Pakistan e l’indio Boi-Bororo Simao, o la benefattrice Dorotea Chopitea.

  • Che dire della bellissima figura di Mamma Margherita, come la santità della porta accanto, la santità di una madre che ha plasmato il cuore del suo amato figlio Giovanni, e che ha accompagnato nella nascita di questo carisma, senza saperlo, in modo semplice, dando la vita, la vita che aveva e che aveva lasciato.

  • E non dimentichiamo Artemide Zatti nell’anno della sua canonizzazione. Era certamente un religioso consacrato, ma non dimentichiamo la dimensione laicale della sua santità, cioè l’esercizio della carità nella semplicità di un piccolo ospedale e di un piccolo villaggio. Egli è un esempio e un modello di consacrazione al suo popolo nel lavoro quotidiano, avendo Dio come fonte, motivazione nella fede e obiettivo della sua vita.

  • La loro vita, la vita di tutti loro e il loro esempio sono come “lievito nella pasta”.



  1. I nostri giovani come fermento nel mondo di oggi



  • Ogni azione umana che produce un bene per la società o per gli individui è legata all’intervento di Dio nel mondo e implica una collaborazione d’amore con la missione. Soprattutto in ambito salesiano, tutto ciò che riguarda il bene dei giovani e il loro sviluppo integrale porta con sé i semi del Vangelo. Anche un bicchiere d’acqua fresca dato nel nome di Gesù. Da qui la necessità di insistere e promuovere questa spiritualità giovanile del movimento salesiano, che tocca in pieno l’apostolato e l’esperienza di fede in tutto ciò che si realizza nello spirito di Don Bosco, e che genera adesione, solidarietà, costruzione di comunione e comunità con i giovani che sono protagonisti e destinatari della missione salesiana oggi nel mondo.


  • Questo essere lievito nel mondo di oggi è di nuovo e molto seriamente in sintonia con la Strenna 2020, sull’impegno nella politica e la formazione che questo richiede, alimentata dalla ricchissima tradizione della dottrina sociale della Chiesa. «La politica è la più alta forma di carità» ha affermato Paolo VI. Purtroppo, in molte parti del mondo ciò che troviamo è solo un grossolano vuoto educativo... Nel parlare di laici come lievito sicuramente non si può trascurare questo elemento. Abbiamo esempi eccellenti all’interno della nostra famiglia (Alberto Marvelli) o vicini ad essa (Giorgio La Pira, Julius Nyerere).



Concludo assicurando che, come Famiglia Salesiana, vogliamo continuare a camminare con i nostri giovani in tutte le parti del mondo, non dimenticando che il lievito è «il Vangelo di Cristo che vive. Egli è la nostra speranza e la più bella giovinezza di questo mondo. Tutto ciò che Lui tocca diventa giovane, diventa nuovo, si riempie di vita. Perciò, le prime parole che voglio rivolgere a ciascun giovane cristiano sono: Lui vive e ti vuole vivo!»9.


Papa Francesco, sempre molto sensibile e attento alla situazione giovanile e aperto alla visione della collaborazione della Famiglia Umana, nella costruzione di una società più umana e fraterna, c’invita a «pensare e generare un mondo aperto e fa un forte appello che per trovare la verità e la felicita della vita la unica via e quella del amore al prossimo e stare a servizio degli altri di modo aperto e generoso perché è “dall’intimo di ogni cuore, l’amore crea legami e allarga l’esistenza quando fa uscire la persona da sé stessa verso l’altro»10.


Con grande speranza e fiducia, invito tutta la famiglia di Don Bosco e in modo particolare i laici e le laiche della stessa famiglia e tanti altri di questo vasto movimento salesiano a rispondere in modo creativo, collaborativo e concreto, in tutto il possibile, a questa umile proposta della Strenna 2023 per essere veramente questo lievito simile a quello predicato nel Vangelo di Gesù nostro Signore.





Don Ángel Fernández Artime, S.D.B.

Rettor Maggiore

1 «Non facciamoci rubare la speranza, non permettiamo che sia vanificata con soluzioni e proposte immediate che ci bloccano nel cammino, che ‘frammentano’ il tempo, trasformandolo in spazio. Il tempo è sempre superiore allo spazio. Lo spazio cristallizza i processi, il tempo proietta invece verso il futuro e spinge a camminare con speranza». (Papa Francesco, Lumen Fidei, n. 57).

2 FT, 8 e 11.

3 CLARETIANOS, Ciudad Redonda, “Vivir para Dios: dimensión política de la Espiritualidad Laical” pdf

4 BERZOSA, R., “¿Una teología y espiritualidad laical?” Revista Misión Abierta, (mercaba.org/fichas/laico).

5Nicolás Núñez, L.C., La vocación laical en la Iglesia. Una reflexión desde la perspectiva eclesiológica. Ecclesia, XXIX, n. 3-4, 2015 – p. 218.

6 CG24, n. 71.

7 CG24, n. 39.

8 RETTOR MAGGIORE, Lettera di conclusione del II Seminario di promozione delle Cause di Beatificazione e Canonizzazione della Famiglia Salesiana, Roma, aprile 2018.

9 ChV, 1.

10 FT, 88.

11