Simone Srugi %281877-1943%29 Nella storia di Betgamal


Simone Srugi %281877-1943%29 Nella storia di Betgamal



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Giovanni Caputa
SIMONE SRUGI
(1877-1943)
NELLA STORIA DI BETGAMĀL
Gerusalemme 2020

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SIMONE SRUGI (1877-1943) NELLA STORIA DI BETGAMĀL
Giovanni Caputa
Published by:
© Studium Theologicum Salesianum Publications
Salesian Pontifical University – Jerusalem.
26 Shmuel Hanagid, P.O.Box 7336,
9107202 Jerusalem (Israel).
Tel: (+972) 26259171 – Fax: (+972) 26259172
e-mail: secretary@jerusalem.unisal.it
web: jerusalem.unisal.it
ISBN 978-965-7690-39-0
Giovanni Caputa
Mobile: (+972) 53 864 11 11
e-mail: dongiannici@gmail.com
LPPRESS
JERUSALEM
Stampa: Tipografia del Patriarcato Latino – Gerusalemme
Beit Giala – 2020
Foto di copertina: primi anni 1930, a Betgamāl davanti al Martyrium di Santo Stefano.
Da sin. don Spiridiōn Rummān, sig. Simone Srugi, don Yūhanna Nahhās, sig. Giorgio Harūni.
Libano
Baʻalbak
Beirūt« Zahla Furzul
Sidone
Mashghara
Tiro
Siria
«Damasco
Khabab
Haifa
Tarshiha
Nazaret
Horan
Darʻa
Al Husun
Bosra
Palestina
Tel Aviv
Giaffa
Ramlah Gerusalemme
«
•• Betlemme
Cremisan
BETGAMĀL
Gaza
Hebron
«Amman
Giordania
Principali luoghi di interesse per la storia di Simone Srugi, fino al 1943.

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IV
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
DATE SIGNIFICATIVE
· 15.04.1877: Sim‘ān ‘Āzar Srugi nasce a Nazaret (Palestina) da madre Maronita e
padre Greco-Melkita.
· 10.05.1877: viene battezzato e cresimato nella parrocchia Greco-Melkita, già
sinagoga in cui Gesù iniziò il suo ministero pubblico (cf Lc 4, 16-30).
· 1888: è accolto nell’orfanotrofio di don Antonio Belloni a Betlemme. Apprendista
fornaio, infermiere, sarto. Vive con i primi Salesiani giunti a Betlemme nel 1891.
· 1892-1896: aspirante e novizio a Betgamāl (Ramlah).
· 12.03.1895: incontra don Michele Rua. Scambio epistolare fra loro.
· 31.10.1896, Cremisan: prima professione come salesiano coadiutore.
· 20.09.1900, Betlemme: professione perpetua.
· Aprile 1908: secondo incontro con don Michele Rua.
· 1900-1943, trascorre tutta la sua vita nella scuola agricola e orfanotrofio di Betgamāl:
addetto all’infermeria, ambulatorio, mulino. Insegnante di religione e arabo nelle
prime classi elementari. Cerimoniere nelle celebrazioni liturgiche solenni.
· 1916, 1917: viene scoperta la tomba di Santo Stefano protomartire.
· 1925: trascrive i dialoghi di Gesù con suor Maria-Marta Chambon.
· 1925-27: animatore della “Crociata del SS.Sacramento”.
· 1926-1939: scrive i propositi in occasione degli Esercizi Spirituali annuali.
· 1929 e 1934: eletto a rappresentare i salesiani coadiutori alla beatificazione e
canonizzazione di don Bosco a Torino e Roma, rinuncia a favore di altri confratelli.
· 1930: prosegue il servizio nel nuovo ambulatorio, coadiuvato da suor Tersilla
Ferrero FMA.
· 1938: perdona e cura uno dei presunti assassini del suo direttore don Mario Rosin.
· Ottobre-Novembre 1939: gravemente ammalato, viene ricoverato nell’ospedale
delle “Figlie della Carità” di Betlemme ove riceve gli ultimi sacramenti.
· 24.12.1939: scrive alla sorella Zàhra, confidandole di sentirsi vicino e pronto alla
morte.
· Giugno 1940: gli Inglesi lo fanno prigioniero insieme ai confratelli Italiani e
Tedeschi, ma accertata la sua nazionalità Palestinese, lo rimettono in libertà.
· 1943: frequenti ricadute per attacchi di malaria e broncopolmonite. Costretto a
rimanere inattivo nella sua camera.
· 27.11.1943: muore alle prime ore del sabato. È sepolto nella cripta del santuario di
S. Stefano.
· 1964-66: Processo Informativo presso il Patriarcato Latino di Gerusalemme.
· 1968: i censori della Congregazione per le Cause dei Santi approvano i suoi scritti.
· 1981-83: Processo Apostolico presso il Patriarcato Latino di Gerusalemme.
· 02.04.1993: con il decreto sulla eroicità delle virtù, è riconosciuto “Venerabile”.
Sommario
V
SOMMARIO
Date significative
iv
PRESENTAZIONE
vii
INTRODUZIONE
ix
Abbreviazioni e Sigle
xi
FONTI E BIBLIOGRAFIA SCELTA
xiii
I. LA VITA E L’AZIONE
1
– Prima Sezione: Ricostruzione storico-biografica
3
– Prologo
3
– Epilogo
104
– Seconda Sezione: “Finestre” particolari
113
II. GLI SCRITTI E LE FONTI
165
– Prima Sezione: analisi dei testi e loro fonti
167
– Seconda Sezione, sintesi: un programma di perfetta santificazione
259
III – BILANCIO
283
IV – INDICI
289
V – GALLERIA FOTOGRAFICA
313

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Presentazione
VII
PRESENTAZIONE
L’uomo è nato per ricordare e la memoria è necessaria per vivere pienamente.
Ovviamente non una memoria come semplice capacità di conservare nella mente tutto
quel che è accaduto, ma una memoria intelligente e attenta, capace di ricordare e
coordinare, di cogliere il senso più profondo degli eventi e di riviverli.
La comunità salesiana di Beitgemal in Terra Santa, che conta già 128 anni di
storia, è erede e custode di tante ricchezze e risorse; di “vissuti di santità” altamente
qualificati, di espressioni di fede duramente provate per le difficili situazioni politiche,
economiche, sociali, religiose ed ecclesiali che hanno dovuto affrontare i salesiani
nella storia della comunità. Ma questa storia corre il pericolo di essere dimenticata,
perdendo in questo modo anche la ricchezza spirituale di quanto Dio ha suscitato in
quella terra, custode non solo di memorie bibliche ma anche di santità salesiana.
Don Gianni Caputa ci offre un vero tesoro presentandoci la vita di Simone
Srugi (1877-1943) nel suo contesto, la più ricca presentazione agiografica fra quelle
proposte fino ad oggi. Interessantissime sono anche le finestre laterali che sono un
chiaro invito a continuare ad approfondire la ricchezza della storia dei salesiani nel
Medio Oriente.
Simone Srugi è un modello per i cristiani del Medio Oriente, lui il “buon
samaritano” dei nostri tempi ci insegna che la presenza dei discepoli di Cristo sarà
significativa solo se basata su una fede profonda, se cresce in un serio impegno di
comunione e si esprime in una semplice ma costante testimonianza di carità operativa.
Significativo è vedere come questo santo parla a noi uomini di oggi: figlio di una
famiglia di emigranti e perseguitati, con una storia familiare frutto di un intreccio di
riti, povero, orfano, trovatosi a vivere in mezzo a guerre e guerriglie. Egli con la sua
vita dice a tanti cristiani che sperimentano situazioni simili: «Io sono uno di voi».
Simone Srugi è un chiaro invito a risvegliare nella Chiesa la preziosa vocazione
dei laici consacrati. Oggi questa è, a volte, una vocazione incompresa che potrebbe
incontrare in figure come quella di Simone Srugi l’orizzonte evangelico originario. Il
dono della laicità e il dono della consacrazione uniti in un unico movimento di amore
a Dio e al prossimo e tutto questo nella semplicità e umiltà che parla realmente di
Vangelo al mondo di oggi.
Simone Srugi è un modello per i salesiani del Medio Oriente e del mondo intero:
la fede, lo zelo apostolico per la salvezza delle anime specialmente dei bambini
abbandonati, una forte devozione a Maria, l’amore per san Francesco di Sales e don
Bosco. Srugi, sebbene uomo di poche parole, continua a proclamare ancora oggi:
«Ritornate nei cortili, ritornate a incrociare la vita dei poveri e dei sofferenti, ritornate
ad essere segni dell’amore di Dio».

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VIII
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
Grazie don Gianni per offrirci una ricostruzione documentata e critica che ci
aiuta a fare una “lettura credente” della storia di Simone Srugi e della comunità di
Beitgemal. Il tuo libro ci aiuta a riappropriarci del passato (convinti che Dio ha operato
in esso), e così capire meglio nel presente l’identità dei cristiani, dei laici consacrati e
dei membri della famiglia salesiana di oggi.
Alejandro León sdb
Ispettore dei Salesiani del Medio Oriente
Cremisan, 27 novembre 2020
anniversario della nascita al cielo di Simone Srugi.
Avvertenze
Nei documenti che ho studiato, i nomi arabi, armeni ed ebraici compaiono traslitterati
in diverse forme, secondo l’alfabeto francese, inglese, tedesco, italiano (a seconda del
mittente e del destinatario), e talvolta cambiano da una pagina all’altra dello stesso
quaderno o registro o cronaca! Da parte mia, senza pretesa di uniformità, scelgo la
traslitterazione italiana.
In particolare, per mantenere il riferimento chiaro alla persona di Gamaliele, al suo
podere e casa di campagna Cafargamala, uso Betgamāl e non Beitgemal o Betjimal;
tuttavia quando riporto documenti originali, riproduco le altre traslitterazioni.
Uso sempre il nome italiano “Simone” e non l’originale arabo “Sim‘ān”, perché così
era conosciuto il signor Srugi nel suo ambiente, e così egli si firmava, eccetto nella
lettera alla sorella Zàhra.
Rendo la lettera araba “ayn” con il segno della virgola rovesciata ‘ (ad es. Sim‘ān).
Introduzione
IX
INTRODUZIONE
Natura, scopo e limiti
In questo libro mi sono proposto di ampliare i risultati di due precedenti
pubblicazioni1, per mettere maggiormente in risalto le coordinate storiche della
biografia spirituale di Simone Srugi. La sua vita, l’azione e gli scritti si collocano
infatti dentro i cento anni di storia fra la metà dell’Ottocento e la metà del Novecento,
prendendo come date indicative la ricostituzione del Patriarcato latino di Gerusalemme
nel 1847 (“terminus post quem”) e la spartizione della Palestina nel 1947 (“ante
quem”). Betgamāl faceva parte di una regione-territorio che nel corso di quel secolo
ha cambiato completamente volto dal punto di vista socio-economico, politico,
culturale e religioso, soprattutto a causa di eventi e istituzioni generali (prima guerra
mondiale; caduta dell’Impero Turco; epoca coloniale; seconda guerra mondiale),
particolari (“scuole d’Italia all’estero”; genocidio armeno; Mandato britannico;
immigrazione ebraica; rivoluzione araba; spartizione della Palestina), ecclesiali (arrivo
di congregazioni religiose “latine” in Terra Santa; espansione delle Chiese anglicana
e protestanti), salesiani (passaggio della istituzione di don Belloni ai Salesiani e
alle Figlie di Maria Ausiliatrice; canonizzazione di Don Bosco e beatificazione di
M.Mazzarello).
La ricostruzione complessiva di quel retroterra supera evidentemente i limiti del
mio lavoro, ma è necessario tenerne presenti le grandi linee per capire correttamente la
vita e gli scritti, l’azione e il messaggio di Simone Srugi. Non ho inteso neppure scrivere
la storia di Betgamāl in tutti i suoi settori, ma soltanto di quelli pertinenti a Srugi e alla
sua azione specifica, mettendo in rilievo (più di quanto era stato fatto finora) i membri
della comunità salesiana che insieme con lui hanno svolto un ruolo di protagonisti
e attori nell’azione religiosa e devozionale, educativa e scolastica, assistenziale e di
promozione umana. Questo interesse di carattere storico mi ha motivato anche ad aprire
alcune “finestre” esplorative: una sui villaggi abitati dai contadini musulmani che
ricorrevano alle cure di Srugi; un’altra sull’opera assistenziale in favore dei rifugiati
Armeni. Invece ho accennato solo occasionalmente (limitandomi alla cronistoria) alla
complessa “questione stefaniana” sulla quale gli esperti hanno prodotto numerose
opere di varia natura che cito di volta in volta nella bibliografia.
Contenuti e articolazione
La prima parte del libro è costituita da una sezione storico-biografica; per
evitare di interrompere spesso il filo della narrazione, rimando la presentazione di
1 Il Venerabile Simone Srugi salesiano coadiutore (Nazaret 1877-Betgamāl 1943). Profilo storico-
spirituale, in “Ricerche Storiche Salesiane” 36(2017) pp. 261-301; Vita e Scritti di Simone Srugi,
Salesiano Coadiutore (Nazaret 1877- Betgamāl 1943). Jerusalem: Latin Patriarchate Printing Press,
2018 (pro manuscripto).

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X
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
temi particolari alle “finestre” della seconda sezione. Analogamente la seconda parte:
l’analisi degli scritti religiosi di Srugi, con l’indicazione di derivazioni, contesto
e destinatari, è seguita dalla sezione in cui sintetizzo il suo “progetto personale di
santificazione”. Il tutto è preceduto da un veloce prologo che risale di quasi 5 secoli
alle radici remote della famiglia Srugi, ed è seguìto da un altrettanto rapido epilogo che
giunge fino alle recenti fondazioni monastiche a Betgamāl. Nella terza parte raccolgo
i risultati e le conclusioni del mio lavoro. Gli indici particolareggiati (biblico, tematico
e onomastico) aiutano il lettore che volesse fare puntuali consultazioni. L’appendice
fotografica offre una significativa galleria di immagini d’epoca.
Fonti
– Inedite: i manoscritti di Srugi (appunti di carattere religioso; propositi; registri
dell’ambulatorio ...), e dei confratelli di Betgamāl (cronache, corrispondenza, registri
scolastici e contabili ...), conservati negli archivi della casa salesiana di Betgamāl,
dell’Ispettoria Mediorientale e delle case di Betlemme, Cremisan, Nazaret.
– Edite: i libri personali di Srugi e quelli della biblioteca di Betgamāl; gli Atti dei
Processi canonici nell’iter della causa di beatificazione; la biografia di don Ernesto
Forti; ricerche accessibili in forma digitale. Rimando alla lista delle abbreviazioni e
sigle e alla bibliografia.
Ringraziamenti
Sono debitore anzitutto agli archivisti che hanno custodito il materiale
documentario dell’Ispettoria Mediorientale e delle case di Betgamāl, Cremisan
e Nazaret: don Guglielmo Morazzani (1914-1993), don Giulio Ponzetti (1908-
1986), don Carlo Moroni (1915-2004), don Giovanni Laconi, come pure a quelli
dell’Archivio Salesiano Centrale: don Luigi Cei (1944-2019) e don Petr Zelinka. Un
doveroso ringraziamento agli storici don Jesús Borrego e Paolo Pieraccini che mi
hanno messo a disposizione i loro scritti, e a quelli dell’UPS di Roma (don Aldo
Giraudo, don Francesco Motto e don Stanisław Zimniak) per la loro consulenza. Un
grazie particolare a don Alejandro León, ispettore dei Salesiani del Medio Oriente
per il costante incoraggiamento, e per aver scritto la presentazione; a don Gianmaria
Gianazza, già ispettore del MOR, esperto di letteratura Arabo-Cristiana, che mi ha
accompagnato durante il lavoro condividendo scoperte e prospettive; a don Vittorio
Pozzo, grande conoscitore della storia regionale e salesiana, per i suoi preziosi
suggerimenti e a don Pier Giorgio Gianazza che ha rivisto le bozze.
Infine esprimo la mia riconoscenza a tutti coloro che hanno contribuito a coprire
le spese di pubblicazione del libro.
Don Giovanni Caputa
Betgamāl, 28 ottobre 2020
festa di S. Simone Apostolo.
Abbreviazioni e Sigle
XI
ABBREVIAZIONI E SIGLE
Manoscritti di Simone Srugi
COR
DIA
MAC
MAG
PES
PRE
PRO
= Corrispondenza
= Dialoghi con Gesù Crocifisso
= Massime del mese pei Confratelli, da copiare
= Massime per i Giovani, da copiare
= Pensieri salutari
= Preghiere
= Propositi
Fonti e opere più citate
ABet = Archivio dell’Orfanotrofio e Casa salesiana di Betlemme
ABG = Archivio della Casa salesiana di Betgamāl
§ Accettazione Allievi
§ Allievi, “List of qualified pupils since 1920”
§ Cronache manoscritte
§ Documenti allievi Polacchi
§ Lettere mortuarie
§ Registro voti degli esami = Scuola Agricola San Giuseppe. Registro dei
voti degli Esami trimestrali, semestrali, finali e Licenza. Dall’anno 1919 al
1944-45
§ BIANCHI, Corrispondenza
§ POSS = “Pia Opera di Santo Stefano per il Perdono Cristiano”
§ SACCHETTI, Corrispondenza CNEWA; Corrispondenza NER; ... varia.
§ ROSIN, Quaderni di Cronache
ACrem = Archivio della Casa salesiana di Cremisan
ACS = Atti del Capitolo Superiore della Pia Società Salesiana
ANaz = Archivio della Casa salesiana di Nazaret
AIMOR = Archivio dell’Ispettoria salesiana del Medio Oriente [nella sede
ispettoriale]
§ 4.4.1.1 = Cronaca (riassuntiva) e Fotocronaca della casa di Beitgemal
§ 4.4.2 = Cronistoria della Casa di Beitgemal dalla fondazione al 1937
§ 15.1.1, 15.1.2, 15.1.3 … 15.1.12 = Documenti riguardanti Simone Srugi
§ Schedario contenente le cartelle personali dei singoli confratelli

1.7 Page 7

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XII
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
§ Cronistoria dell’Ispettoria Orientale = I Salesiani nel Medio Oriente
dal 1891 al 1980, a cura di Ciro COZZOLINO, Igino GREGO, Emilio
PRADUROUX (Cremisan 1975).
ASC = Archivio Salesiano Centrale, Roma.
BORREGO = Jesús BORREGO, I Salesiani in Medio Oriente (1891-1980).
Betlemme-Roma 1982. Copia pro manuscripto in AIMOR.
BS = Bollettino Salesiano.
CERIA, Annali = Eugenio CERIA, Annali della Pia Società Salesiana. Torino:
SEI, 1941-1951, 4 volumi.
DBS = Eugenio VALENTINI – Amedeo RODINÒ (a cura di), Dizionario
Biografico dei Salesiani. Torino: Ufficio Stampa Salesiano, 1969.
DESRAMAUT = Francis DESRAMAUT, L’orphelinat Jésus-Adolescent de
Nazareth en Galilée au temps des Turcs, puis des Anglais (1896-1948).
= ISS – Studi, 3. Roma: LAS, 1986.
EGS = Elenco Generale della Società di S. Francesco di Sales, a cura della
Direzione Generale Opere Don Bosco. Torino (per gli anni relativi alla
vita di Srugi).
FIORA, Biografia = Luigi FIORA, Biografia ufficiale di Simone Srugi, facente
parte della Hierosolymitana …, pp. 19-156.
FORTI = Ernesto FORTI, Un buon Samaritano concittadino di Gesù. Leumann
(TO): LDC, 1967.
Hierosolymitana = CONGREGATIO PRO CAUSIS SANCTORUM,
Hierosolymitana beatificationis et canonizationis Servi Dei Simonis
Srugi, laici professi Societatis Salesianae. Positio super virtutibus.
Romae: Typis Polyglottis Vaticanis, 1988.
POZZO = Vittorio POZZO, L’Ispettoria Salesiana del Medio Oriente. I primi
cinquant’anni (1902-1952). Betlemme: Centro Ispettoriale MOR,
2003.
Profili = Eugenio VALENTINI (a cura di), Profili di Missionari Salesiani
e Figlie di Maria Ausiliatrice. Centro Studi di Storia delle Missioni
Salesiane = Biografie, 1. Roma: LAS, 1975.
RBA = Registro bilancio annuale dell’Opera di don Belloni, con osservazioni:
dal 1863 al 1902 2.
2 Grande registro per contabilità di107 fogli millimetrati di cui 41 usati [20,5 x 29 cm; sul dorso
in pelle verde è scritto “Bilancio”; si trova nell’AIMOR-Casa di Betlemme]. Sono di grande
importanza non solo i bilanci annuali (in dettaglio, prima di Betlemme, poi anche della “scuola
agricola” di Beitgemal, Cremisan, Nazaret e le altre proprietà), ma anche le “osservazioni” in cui si
elenca il personale e si appuntano gli avvenimenti più importanti riguardanti gli inizi dell’Opera, gli
sviluppi, l’arrivo dei Salesiani, ecc.
Fonti e Bibliografia scelta
XIII
FONTI e BIBLIOGRAFIA SCELTA
1. Libri appartenuti a Simone Srugi (di liturgia, devozione, infermieristica)
[ANONIMO], Uffizio della Settimana Santa coll’aggiunta delle Dichiarazioni
in lingua volgare. 48a edizione. Torino: Libreria Salesiana Editrice, 1904.
[ANONIMO], Tuhfat al-zuhūr al-zakiyyah li-l-nufūs al-‘abīdah al-masīhyyah
[Tesoro di fiori profumati per le anime devote cristiane]. Tabiʻa khāmisa. Tubi‘a fi
Urashalym bimatba‘ alʻArd al Muqaddasah lil Aba’ al Fransysyyn, sanat 1905 (5a
ediz., stampato nella tipografia di Terra Santa dei PP. Francescani, Gerusalemme,
1905).
[ANONIMO], La Liturgia degli Infermi = “Biblioteca Liturgica Popolare”, n° 3.
Vicenza: Società Anonima Tipografica, 1915.
[ANONIMO], Suor Maria-Marta Chambon e le Sante Piaghe di N.S.Gesù
Cristo. Pisa: Tipografia Sociale “Beato Giordano”, 1924, 2a edizione.
[ANONIMO], Mese del S.Cuore cavato dagli scritti della B.Margherita Maria
Alacoque, con appendice Massime per ogni giorno dell’anno. Roma: Messaggero del
S.Cuore, 1903.
[ANONIMO], Nuovo manuale della guardia d’onore al S. Cuore di Gesù. Roma:
Direzione Generale (senza data).
[ANONIMO], Settimana Santa in Arabo (manca il frontespizio.)
BANCHI Jacopo – FRANCA Tommaso, Cura Infirmorum. Manuale di
assistenza fisica e religiosa agli ammalati e ai feriti. Vicenza: S.A.T. fra Cattolici
Vicentini, 1917.
BARBERIS Giulio, Il «Vade mecum» dei giovani Salesiani. 2 volumi. S. Benigno
Canavese: Libreria Salesiana, 1900-1906.
BATTISTI Edmondo O.S.B., Breviario dei fedeli Latino-Italiano con note
storico-liturgiche. Torino-Roma: Pietro Marietti Editore, 1922.
BOSCO Giovanni, Il Giovane Provveduto per la pratica dei suoi doveri e degli
esercizi di cristiana pietà. Torino: SEI, edizione del 1928.
BOSCO Giovanni, Regole o Costituzioni della Società di S.Francesco di Sales,
secondo il decreto di approvazione del 3 aprile 1874. Torino, nuova edizione 18773.
KEMPIS (da) Tommaso, Della Imitazione di Gesù Cristo. Traduzione del
Cardinale Enriquez. Vicenza: Favero, 1925.
3 Dopo l’originale, Simone ricevette l’edizione rinnovata nel 1923 delle Cosituzioni e dei Regolamenti
pubblicata in ACS 3(1923) n° 22, pp. 151-169 e 5(1924) n° 23, pp. 205-248.

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XIV
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
SALES (di) Francesco, La Filotea, ossia Introduzione alla Vita Devota. Nuova
traduzione Italiana del Sac. Eugenio Ceria. S. Pier d’Arena: Scuola Tipografica
“D.Bosco”, 1912.
2. Libri della biblioteca comunitaria di Betgamāl che Srugi potè usare
In quella che possiamo chiamare la “sezione di salesianità” sono superstiti:
2.1. gli scritti più popolari di Don Bosco: Storia Sacra, 1847 (10a ediz. 1876);
Storia Ecclesiastica, 1848 (4a ediz. 1871); Il mese di maggio consacrato a Maria
SS.Immacolata, 1858; Vita del giovanetto Savio Domenico, allievo dell’Oratorio
di S.Francesco di Sales, 1859; Cenno biografico sul giovanetto Magone Michele,
1861; Il pastorello delle Alpi, ovvero vita del giovane Besucco Francesco, 1864; tre
raccolte delle “Vite dei Papi” e numerose annate della collana “Letture Cattoliche”;
Meraviglie della Madre di Dio, 1868; Associazione dei divoti di Maria Ausiliatrice,
1869; Memorie dell’Oratorio di S.Francesco di Sales dal 1815 al 1845.
2.2. Le Memorie Biografiche di Don Bosco (i volumi curati da G.B.Lemoyne e
E.Ceria) e diverse Vite appartenenti (con qualche eccezione) al genere della biografia
edificante o della letteratura narrativa, chiaramente indirizzate al popolo e a giovani
desiderosi di sentire raccontare “le storie” del loro eroe: tali erano i confratelli e i
ragazzi di Betgamāl al tempo di Srugi:
BASILONE Giuseppe, S.Giovanni Bosco commemorato il primo martedì di ogni
mese. Doppia serie di considerazioni con esempi. Bari: Scuola Tipografica Salesiana,
1935.
BONETTI Giovanni, Cinque lustri di storia dell’Oratorio Salesiano, fondato
dal sacerdote D.Giovanni Bosco. Torino: Tipografia Salesiana, 1892.
BONIFETTI Giovanni, Diario spirituale del Beato D.Giovanni Bosco. Detti,
fatti, aneddoti ed esempi di singolari virtù tratte dalla sua mirabile vita, proposti al
bene di ogni fedele. Torino-Roma: Marietti, 1930.
BULGARINI Domenico, Pater. Don Bosco, il Santo dei birichini. Torino:
G.B.Paravia & C., 1934.
CASSANO Giovanni, Dai fatti più belli della vita di S.Giovanni Bosco. Torino:
SEI, 1934, 2a edizione.
CAVIGLIA Alberto, “Don Bosco”. Profilo storico. Torino: SEI, 1920.
DESPINEY Carlo, Don Bosco. Prima versione italiana sull’undecima edizione
francese, novellamente riveduta e notevolmente ampliata. S.Pier D’Arena: Tipografia
S.Vincenzo de’ Paoli, 1890.
FRANCESIA Giovanni Battista, Don Bosco e le sue passeggiate autunnali nel
Monferrato. Torino: Libreria Salesiana San Giovanni Evangelista, 1901.
FRANCESIA Giovanni Battista, Suor Maria Mazzarello ed i primi due lustri
Fonti e Bibliografia scelta
XV
delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Memorie. S.Benigno Canavese: Libreria Salesiana
Editrice, 1906.
FRANCESIA Giovanni Battista, Don Bosco in Oriente. Memorie di un viaggio
in Palestina. Torino: Ufficio delle Letture Cattoliche, 1912.
FRANCESIA Giovanni Battista, Vita breve e popolare di Don Giovanni Bosco.
San Benigno Canavese: Libreria Salesiana Editrice, 1908, 3a edizione.
JOERGENSEN Giovanni, Don Bosco. Edizione italiana a cura di D.Antonio
COJAZZI. Torino: SEI, 1929.
LEMOYNE Giovanni Battista, Scene morali di famiglia esposte nella vita di
Margherita Bosco. Racconto edificante ed ameno. Torino: Tipografia e Libreria
Salesiana, 1919, 15a edizione.
LEMOYNE Giovanni Battista, Vita di San Giovanni Bosco. nuova edizione
curata da Don Angelo AMADEI, 2 volumi. Torino: SEI, 1935.
TERRONE Luigi, Un gran pescatore di anime: S.Giovanni Bosco. Centinaia di
episodi caratteristici. Torino: LICE, 1935.
VALLE Paolo, Il Venerabile Giovanni Bosco. Cenni aneddottici. Torino: SEI,
1926.
ZARBÀ-D’ASSORO Bonaventura, San Giovanni Bosco. Fondatore della Pia
Società salesiana, dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice e dei Cooperatori
Salesiani. Torino: SEI, 1934, 5a edizione.
2.3. Le “Lettere circolari” e le “Strenne” annuali dei Rettori Maggiori don
Rua, don Albera, don Rinaldi e don Ricaldone, a cominciare da:
ALBERA Paolo [a cura di], Lettere circolari di Don Bosco e di Don Rua ed altri
loro scritti ai Salesiani. Torino: Tipografia Salesiana, 1896.
ALBERA Paolo [a cura di], Lettere circolari di Don Rua ai Salesiani. Torino:
Tipografia S.A.I.D. “Buona Stampa”, 1910.
RINALDI Filippo [a cura di], Lettere circolari di Don Paolo Albera ai Salesiani.
Torino: SEI, 1922.
2.4) Opere di genere agiografico, ascetico, devozionale:
[ANONIMO], Massime e dottrine tratte dalle opere di san Francesco di Sales.
Torino – S.Pier d’Arena – Nizza Marittima: Libreria Salesiana, 1880.
AUFFRAY Augustin, La Pédagogie d’un Saint. Lyon-Paris: Librairie Catholique
E.Vitte, 1930.
BARBERIS Giulio, Memorie e cenni biografici per servire alla Vita del Sac.
Salesiano D.Andrea Beltrami, morto in concetto di santità ..., S.Benigno Canavese:
Scuola Tipografica Salesiana, 1901; poi divenuto Le virtù del Servo di Dio don Andrea
Beltrami della Pia Società di S. Francesco di Sales. S.Benigno Canavese: Scuola
Tipografica Salesiana, 1903.

1.9 Page 9

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XVI
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
BARBERIS Giulio, Vita di S.Francesco di Sales. Torino: SEI, 1919, nuova ediz.
BARBERIS Giulio, Nuovo manuale di Filotea, ossia l’anima indirizzata alla
perfezione mediante la divozione al Sacro Cuore di Gesù. Torino: SEI, 1929.
BELTRAMI Andrea, Massime di Don Bosco. S.Benigno Canavese: Tipografia
Salesiana, 1898.
BELTRAMI Andrea, Santa Margherita Maria Alacoque. S.Benigno Canavese:
Tipografia Salesiana, 1901.
BELTRAMI Andrea, Il vero volere è potere: ossia chi vuole si fa santo. Torino:
SEI, 1920.
CARMAGNOLA Albino4, Esercizi Spirituali ai Religiosi. Meditazioni e
Istruzioni. Torino: SEI, 1914.
CARMAGNOLA Albino, Esercizi Spirituali per la Gioventù. Meditazioni e
istruzioni con esempi. Torino: SEI, 6a edizione.
CARMAGNOLA Albino, Meditazioni per ogni giorno e per le principali feste
dell’anno. Per uso delle persone consecrate a Dio e anche dei semplici cristiani. 2
volumi. Torino: SEI, 1934.
CERIA Eugenio (a cura di), La vita religiosa negli insegnamenti di S. Francesco
di Sales. Torino: SEI, 1926.
CERIA Eugenio, Don Bosco con Dio. Torino: SEI, 1929.
CERIA Eugenio, Don Filippo Rinaldi, terzo successore del Beato Don Bosco.
Torino: SEI, 1932.
CIMATTI Vincenzo, Don Bosco educatore. Contributo alla storia del pensiero e
delle istituzioni pedagogiche. Torino: SEI, 1935.
FARMĀG Butrus, Kitāb màdkhal al-‘ibāda. Lil qiddīs Fransīs Sālāsius. Bayrūt
1881 [Libro dell’introduzione alla devozione, del santo Francesco Salesio].
GUERRA Felice (Mons.), Alla scuola di S. Giovanni Bosco. Appunti di vita
vissuta. Torino: SEI, 1934.
LIGUORI (de) Alfonso Maria, Apparecchio alla morte. San Pier D’Arena:
Libreria Salesiana Editrice, 1899.
LIGUORI (de) Alfonso Maria, Le glorie di Maria. 2 volumi. Torino: SEI, 1934,
5a ediz.
LIGUORI (de) Alfonso Maria, Massime eterne, 1728 …
4 Il libro si apre con una “commendatizia” del Rettor Maggiore don Paolo Albera. Questo teologo
salesiano (1860-1927) era uno degli autori più letti tra fine Ottocento e metà Novecento, sia per la
meditazione comunitaria, sia per gli EE.SS. nei casi in cui non vi fossero predicatori disponibili come
ad esempio leggiamo in: ABG, Cronaca, 14 settembre 1941: “Si fanno meditazioni (Carmagnola) e
istruzioni (Terrone) sui libri adatti per noi Salesiani”.
Fonti e Bibliografia scelta
XVII
LIGUORI (de) Alfonso Maria, Pratica di amar Gesù Cristo. Alba: Scuola
Tipografica Editrice, s.d. [prima del 1925].
LIGUORI (de) Alfonso Maria, Del gran mezzo della preghiera per conseguire la
salute eterna ..., Stamperia Remondini, 1759.
MACCONO Ferdinando. Suor Maria Mazzarello: prima superiora generale
delle Figlie di Maria Ausiliatrice, fondate dal venerabile Giovanni Bosco. Torino:
Libreria Editrice Internazionale, 1924; 2a edizione. Torino: Istituto delle Figlie di
Maria Ausiliatrice, 1934.
ORLANDI Adeodato, Meditazioni salesiane, ricavate dalle opere del Dottore
S.Francesco di Sales e distribuite per ogni giorno dell’anno. 2 volumi. Torino:
Libreria Salesiana, 1896.
PERA Ceslao, I doni dello Spirito Santo nell’anima del Beato Giovanni Bosco.
Torino: SEI, 1930.
RIVA Giuseppe, Manuale di Filotea. Milano: Regio Stabilimento Nazionale
Ripamonti Carpano & Comp. 1864, nuova edizione.
RODRIGUEZ Alfonso S.J., Esercizio di perfezione e di virtù cristiane5. Torino:
SEI, 1931.
SCUPOLI Lorenzo, Il combattimento spirituale. Torino: Pietro Marietti, 1900.
TERRONE Luigi, Il Salesiano. Piccolo trattato di vita religiosa. Genova-S.
Pierdarena: Libreria Salesiana Editrice, 1932, 2 volumi.
VALLE Paolo, Vita del Servo di Dio Andrea Beltrami, sacerdote salesiano 1870-
1897. Torino: SEI, 1921.
3. Pubblicazioni su Simone Srugi
– ORLANDO Carlo, Articoli di prova testimoniale proposti dal postulatore della
causa per il Processo Informativo sulla fama di santità, virtù e miracoli in genere
del Servo di Dio Simone Srugi, laico professo della Società Salesiana (1877-1943).
Roma: tip. Guerra e Belli, 1964. Questi Articoli costituirono la traccia alla quale fecero
riferimento coloro che deposero come testimoni al Processo (eccetto i musulmani).
– La biografia (storica e agiografica) che don Ernesto FORTI preparò nel
periodo del Processo informativo (1964-66) e pubblicò nel 1967 col titolo Un
buon Samaritano concittadino di Gesù, (13x19,5 cm, 195 pp.) divenne il libro più
conosciuto e resta ancora validissimo (purtroppo però fuori commercio!). Egli stesso
ne fece una sintesi ristretta intitolata Un buon samaritano: Simone Srugi, salesiano
5 È stata per decenni una delle opere più lette in moltissime congregazioni religiose, compresa la
nostra. Rivelatrice l’espressione che don Filippo Rinaldi usava in ACS 3(1923) n° 17, p. 45: “Nel
Rodriguez, che è il testo comune della nostra lettura spirituale, troviamo spesso unite agli ottimi
ammaestramenti ascetici, molte cose che per noi non hanno importanza. Perché dunque non leggere
le cose nostre, scritte con tanto puro affetto e semplicità dai nostri Padri?”, cioé don Rua e don
Albera.

1.10 Page 10

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XVIII
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
coadiutore. Genova-Sampierdarena: LES, 1967 (12x16,5 cm, 34 pp.). Questa venne
adattata da Enzo BIANCO, Da Nazareth qualcosa di buono = Santi Salesiani, n° 14.
Roma: SGS 1981, e tradotta in arabo (Hanna SHOMALY, Iben an-Nāsirat al Bar,
Khādem Allāh al Mukarram Sim‘ān Āzar Srugi, As-sālisy. Al Quds LPP, 1987, 2a ed.
1994, ristampa 2012), francese (Cherubino M. GUZZETTI, Concitoyen du Christ.
Le Vénérable Simon Srugi, Salésien de Nazareth. Jérusalem: FPP, s.d., preceduto dal
suo: Concittadino di Gesù: Simone Srugi, Salesiano di Nazaret = Pionieri, n° 31.
Leumann: LDC, 1985.), inglese (Prospero ROERO, From Nazareth something good:
Venerable Simon Srugi. Jerusalem: LPP, 2009), spagnolo, russo ecc.
– Luigi CASTANO (che fu il secondo postulatore della causa) inserì Srugi alle
pp. 383-401 del suo volume Santità Salesiana: profili di santi e servi di Dio della
triplice famiglia di san Giovanni Bosco. Torino: SEI, 1966.
– Merita un cenno particolare il libretto tascabile di don Eliseo CAMEROTA,
Muqtaţafāt min akhbār khādem Allāh al Ākh Sim‘ān Srūgi as-Sālisy (Selezioni di
notizie del Servo di Dio Simone Srugi Salesiano). Beirut 1971; 11,5x16,5 cm, pp. 96
+ 24 di foto. L’autore, che aveva incontrato Srugi e prese parte alla fase preparatoria
del Processo Informativo, si basa sulla documentazione di don Forti e si avvale della
revisione linguistica di don Bartolomeo Ubezzi, che aveva conosciuto molto bene
Srugi dal 1929-30 al 1943. La prima e la terza parte ripercorrono le tappe cronologiche
della vita di Simone, con precisione di date e luoghi, la seconda (la più lunga) presenta
alcuni “tesori della sua vita spirituale”, seguendo lo schema dei suddetti Articoli. Don
Camerota intese attualizzare la figura di Srugi anzitutto per i numerosi exallievi, non
solo di Betgamāl ma di tutte le opere salesiane del Medioriente, dei quali in quegli
anni era intraprendente incaricato.
– Il mio precedente contributo: Giovanni CAPUTA, Il Venerabile Simone Srugi
salesiano coadiutore (Nazaret 1877-Betgamāl 1943). Profilo storico-spirituale, in
“Ricerche Storiche Salesiane” 36(2017) pp. 261-301, è, come dice il sottotitolo, un
profilo essenziale.
– Il libro: Giovanni CAPUTA, Vita e Scritti di Simone Srugi, Salesiano
Coadiutore (Nazaret 1877- Betgamāl 1943). Jerusalem: Latin Patriarchate Printing
Press, 2018 (pro manuscripto), è una rivisitazione della vita di Srugi premessa allo
studio dei suoi scritti, fino allora inediti. Da essi, lasciando parlare lui stessso, si ricava
il suo programma personale di santificazione e di apostolato. Il libro venne presentato
a margine del “Secondo seminario per la promozione delle cause di beatificazione e
canonizzazione nella famiglia salesiana”: Roma, 10-14 aprile 2018.
– L’attuale postulatore generale don Pierluigi CAMERONI, nella costellazione
di “santi” della Famiglia di Don Bosco (Come stelle nel cielo. Figure di santità in
compagnia di Don Bosco. Gorle-Bergamo: VELAR, 2015), include anche il nostro
Simone alle pagine 194-198.
La vita e l’azione
1
PRIMA PARTE
LA VITA E L’AZIONE

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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La vita e l’azione
3
PRIMA SEZIONE:
RICOSTRUZIONE STORICO-BIOGRAFICA
1. Prologo: una famiglia di rifugiati dalla Siria, al Libano,
alla Palestina (1550-1772)
La storia di Simone Srugi comincia con una lunga preistoria documentata nelle
memorie di famiglia intitolate: “Āl as-srūgy wa aşl intimā’ihem liʻāilat Faraʻūn wa
tārīkh bad’i higràtihem min khàbab min aʻmāl hūrān [La gente de-]Gli Srugi e
l’origine della loro appartenenza alla famiglia Faraʻūn, e data dell’inizio della loro
emigrazione da Khàbab nella regione del Hūrān”.
“Siccome l’uccidere e il comandare non sono che nelle mani del forte, gli
uomini, fin dall’antichità, si contendevano il comando e si accapigliavano per
ottenere la supremazia, e molte volte scoppiarono guerre e ogni tanto razzie e
rivoluzioni. Anche nel Hūrān gli Arabi e i Drusi si contendevano la supremazia e ciò
causò la partenza di molti dai loro paesi, poiché li consideravano zone pericolose;
oppure per sfuggire alla persecuzione e alla paura. Tra gli abitanti di Khàbab (un
paese dell’Hūrān) circa l’anno 1550 d.C., c’era un uomo di nome Faraʻūn del quale
non si conosce l’origine né il luogo di nascita. Questo tale di nome Faraʻūn aveva un
figlio di nome ‘Abdàllah. Secondo ciò che si sa, questo ‘Abdàllah si sposò a Khàbab
(Hūrān) nel 1607 e nel 1609 ebbe un figlio che chiamò Faraʻūn come il nonno,
perciò veniva chiamato Faraʻūn figlio di ‘Abdàllah figlio di Faraʻūn. Così è accaduto
che quest’ultimo Faraʻūn, il secondo, si è sposato anche lui a Khàbab nel 1646 ed
ebbe quattro figli: Iskàndar (1648), Yūsif (1650), Fransīs (1652) e ‘Abdàllah (1654);
e questo avvenne a Khàbab6.
In quel tempo le cose nel Hūrān andavano di male in peggio, e molti furono i
casi di uccisione e di persecuzione: l’inquetudine regnava nel popolo e il governo
era instabile. Dopo che la supremazia e il comando si trovava nelle mani dei
Drusi, ecco che passava agli Arabi, e così di seguito. Alternativamente la vittoria
e la vendetta si trovavano presso gli uni e presso gli altri. Ogni qualvolta una parte
vinceva, colpiva l’altra con pene varie e pressioni; e molte volte estorcevano le tasse
due o tre volte e anche di più dalle popolazioni sottomesse. A causa delle troppe
6 In seguito alla vittoria di Dàbeq nel 1515 i Turchi Ottomani estesero il loro dominio sulla Siria
meridionale, in cui si trova l’Hūrān. Nei loro registri del 1596 “Hàbab” figura come un villaggio di
una cinquantina di famiglie, che pagavano una tassa del 40% su tutti i prodotti della terra. Attualmente
Khàbab )خبب(50 km a Sud di Damasco, è una cittadina di 8.000 abitanti prevalentemente cristiani,
sede dell’Archieparchia dei Greci-Melkiti, erede della sede metropolitana di Bosra (costituita nel
1687), situata in quella che fu la Decapoli evangelica. [Da“Wikipedia”, varie voci, in data 7.11.2019].

2.2 Page 12

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4
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
ingiustizie e dei soprusi, le genti si sparsero fuggendo verso l’oriente e l’occidente, e
le persone dell’Hūrān si trovarono in grandi strettezze e abbandonarono il loro paese.
Fra costoro vi furono pure i quattro figli di Faraʻūn, cioè Iskàndar, Yūsif, Fransīs
e ‘Abdàllah, che emigrarono dal loro paese suddetto (Khàbab) a Damasco, e ciò
nell’anno 1671; però non si sa se il loro padre partì con loro.
Essi presero domicilio a Damasco e per vivere si aiutarono vicendevolmente
ed esercitarono con precisione il mestiere di sellai per cavalli. Il Signore li fece
prosperare e li coprì col velo della sua grazia; fu così che migliorarono le loro
condizioni e si legarono con vincoli di parentela coi damasceni. Iskàndar si sposò
con una di Damasco nel 1676, e così anche Yūsif nel 1679. Nel 1680-81 un
calunniatore li accusò presso il governatore di quel tempo, di nome ‘Azāza Hussèin
Bàcha, cioè che essi vivevano nell’abbondanza e possedevano delle ricchezze.
Allora il Bàsha li obbligò a pagare una multa. Né fece solo questo, ma diede ordine
di imprigionarli, minacciando loro i più duri castighi. E dopo che ebbe minacciato e
le donne piangevano e s’affrettavano a chiedere soccorso a nobili, grandi e piccoli e
a chi aveva generosità e conoscenza presso quel potente crudele, egli non acconsentì
a rendere loro la libertà se non dopo che ebbe ricevuta la somma richiesta. Il fatto
si ripeté e ciò fece sì che questa famiglia lasciasse Damasco per Fùrzul nel 1682
(Fùrzul è un villaggio della regione di Ba‘àlbak).
In quel tempo la governavano gli emiri della famiglia Harfūsh. Essi furono ben
ricevuti a Fùrzul perché erano stranieri; e l’ospite straniero ha diritto all’ospitalità.
Nel paese di Fùrzul questi quattro fratelli cioè Iskàndar, Yūsif, Fransīs e ‘Abdàllah,
lavorarono con impegno e faticosamente, aiutandosi a vicenda, con costanza
nel lavoro dei campi e nell’agricoltura. Il Signore li fece prosperare e vissero in
tranquillità perché trattavano bene le persone di Fùrzul, e vi rimasero dal 1682 al
1699. Fransīs sposò una di Fùrzul nel 1684, e così anche ʻAbdàllah nel 1697.
Però in questo mondo non dura la tranquillità, e ben disse un tale: «Spirano
i venti, ma non come vogliono le navi». Il tempo cambiò e venne chi rese loro
amara la vita e intorpidì la limpidezza del vivere. Infatti gli emiri di Harfūsh, dopo
che il loro comando prese consistenza e che assoggettarono i loro nemici, vollero
rassomigliare a ogni uomo crudele e ingiusto, e commisero crudeltà tali da scrivere
una pagina nera nel corso dei secoli. E le persone rumoreggiavano a causa delle
loro ingiustizie, fu turbato il loro modo di vivere, peggiorarono le loro condizioni e
cominciò a serpeggiare tra le loro file un brontolio. E questo circa l’anno 1699.
Durante la mietitura di quell’anno arrivò a Fùrzul, prima del tempo fissato,
un principe degli Harfūsh, circondato dai cortigiani, dal seguito e dai soldati, per
riscuotere l’imposta annuale dagli abitanti e dagli agricoltori. I notabili e gli anziani
lo ricevettero molto bene, e dopo che seppero il motivo della sua venuta, gli chiesero
che desse loro una proroga di qualche giorno, affinché potessero preparare il loro
raccolto e consegnargli la tassa imposta loro. Dopo tre o quattro giorni dall’arrivo
del principe, mentre gli abitanti, durante questi tre o quattro giorni rispettavano lui
e i suoi cortigiani fino all’eccesso, con nobiltà d’animo e ospitalità, avendo cura
di nutrire anche i loro cavalli, costui non volle più saperne, si agitò, si inorgoglì e
La vita e l’azione
5
volle assolutamente la tassa senza ritardo. Essi però gli fecero comprendere che si
trovavano in una terribile strettezza e gli domandarono nuovamente d’attendere alcuni
altri giorni per presentargli ciò che voleva. Egli però era testardo, senza misericordia
né pietà, e minacciò di bastonarli e flagellarli. E realmente comandò ai suoi soldati
di prendere ogni cosa con la forza. Costoro penetrarono nelle case con i cavalli,
maltrattarono tutti, grandi e piccoli, senza distinzione fra donne e uomini. E questo
modo di fare e questa manifestazione di forza aumentò l’odio verso il governatore,
accese l’eccitazione nel loro animo, e alla mezzanotte gli abitanti saltarono in piedi
e uccisero il principe e i suoi cortigiani.
Disgraziatamente i figli di Faraʻūn erano tra i rivoltosi che trattarono in quel
modo quel superbo e i suoi soldati. Però l’accaduto non passò indenne e quando gli
Harfūsh seppero dell’uccisione d’uno dei loro principi, giunsero con cavalli e uomini
a Fùrzul, seviziarono gli abitanti e, dopo aver fatto man bassa di tutto, portarono
via il loro principe ucciso per seppellirlo. Dopo alcuni giorni presero 20 uomini, li
portarono a Ba‘àlbak e li misero in prigione. I figli di Faraʻūn, dal loro nascondiglio,
seppero dell’imprigionamento delle 20 persone e la paura s’impossessò di loro,
pensando che l’accusa dell’uccisione sarebbe stata gettata solo su di loro perché
stranieri. Per questo pensiero e per la paura, portarono segretamente dei cavalli da un
altro paese, vi caricarono le loro famiglie con parte delle suppellettili e con dei viveri
per il viaggio, ed emigrarono da Fùrzul a Màshghara, ad occidente della Beqā‘, dove
presero dimora fino al 1699. Dopo essere rimasti a Màshghara nell’inquietudine e
nel timore per alcuni mesi, poiché sentivano dire che gli Harfūsh continuavano a
chiedere notizie loro e a pedinarli, per questo motivo tutti e tre i fratelli Iskàndar,
Fransīs e ‘Abdàllah emigrarono da Màshghara verso un luogo che non si conosce con
precisione, e ciò nell’anno 1700. Il quarto, Yūsif, rimase a Màshghara, vi esercitava
il mestiere di sellaio (Srugi) e perciò cambiò il nome in Yūsif Srugi. Màshghara si
trova a occidente della Beqā‘, regione del Libano”.
Fin qui il racconto. Nel 1965 questo prezioso manoscritto arabo di 3 fogli fu
messo a disposizione dei salesiani don Alessandro Botto (1915-1997), don Eliseo
Camerota (1922-2006) e don Emilio Praduroux (1920-2001) dal sig. Azīz Issa
Srugi pronipote di Simone, allora domiciliato a Beirut. Ho riportato la loro traduzione
italiana dell’originale arabo senza introdurre correzioni o abbellimenti linguistici. Il
documento parla da sé, ha una forza narrativa impressionante, lascia intravvedere
la scena in cui il nonno tramanda ai nipoti le vicende, con una memoria tipica
dell’orientale che ha appreso con attenzione e custoditito con fedeltà un tesoro di
famiglia. Il suddetto sig. Azīz Issa Srugi possedeva altri 10 fogli su cui era stato
ricostruito l’intero albero genealogico, fino alla nascita di Simone7.
Noto che in meno di 40 anni (1670-1710 circa) i fratelli Faraʻūn-Srugi divennero
profughi quattro volte, passando come rifugiati dall’Hūrān a Damasco, e dalla Beqā
libanese alla Galilea in Palestina; prevalentemente non per motivi religiosi ma politici
e socio-economici. Già a Damasco presero ad esercitare il mestiere di sellai per cavalli
(sella/selle in arabo sarğ/surūğ, da cui surūği = Srugi) che diventerà il loro patronimico.
7 Fotocopie dei 13 fogli originali e traduzione italiana in AIMOR, 15.1.1, cartella n° 2.

2.3 Page 13

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6
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
2. Dalla nascita alla professione religiosa. Gli incontri con don M.Rua
(1877-1908)
Nel 1710 il figlio di Yūsif, di nome Gìrgis Srugi si spostò in Palestina e nel
1720 mise su famiglia a Tarshīha. Da suo figlio Faddūl nel 1748 nasce un altro
Gìrgis che nel 1771 sposò una donna di Tarshīha e nel 1772 si stabilì a Nazaret:
possiamo perciò considerare queste come la data e la destinazione finale delle
loro emigrazioni. Gìrgis ebbe 7 figli che presero moglie da diverse parti (Deir el
Kamar, Beirut, Maaleya, Nazaret) e di diversi riti (latino, maronita, greco-melkita
cattolico). Il suo penultimo figlio Tannūs (1791-1840) generò Hilāne, Daūd, Simān
e Āzar (1815-1880); quest’ultimo si sposò a Nazaret e dalla sua seconda moglie
Dàlleh Ibrahīm Khàwaly ebbe dieci figli, ultimo dei quali Sim‘ān (d’ora in poi per
noi Simone)8.
2.1. Infanzia e fanciullezza a Nazaret (1877-1888)
Simone nacque a Nazaret il 15 aprile 1877: la madre era di rito maronita, il
padre di rito greco-melkita9, per cui il bimbo ricevette i sacramenti dell’iniziazione
cristiana nella parrocchia greco-melkita, allora situata in quella che si ritiene
fosse la sinagoga dei tempi di Gesù. [Foto nn. 1, 2, 3, 14] A pagina 46 nel registro
dell’archivio parrocchiale è scritto:
“Oggi 10 maggio 1877 è stato battezzato e cresimato il bimbo benedetto
Sim‘ān, figlio di ‘Āzar Srugi. Sua madre è Dàlleh della famiglia Khàwaly. Il
padrino è Ayūb Bùtrus, figlio di Y‘aqūb, di rito latino. Il ministro è il sacerdote
Agustīn ‘Aun”10.
Alla povertà della famiglia, provata anche da numerose morti premature, sopperiva
papà Āzar che aveva aperto una botteguccia di fruttivendolo. Dopo la sua morte (1880)
e pochi anni dopo anche quella della madre, “Simone fu accolto nella casa della nonna
paterna Bàhgiat ‘Aīd, la quale, con l’aiuto di una zia, cercò di colmare il vuoto pauroso
fattosi intorno al povero ragazzo”. Nella cittadina, di alcune migliaia di abitanti, vi
erano orfanotrofi e scuole gestiti da cattolici, ortodossi e protestanti; stando alla tardiva
testimonianza di un suo compagno d’infanzia, sembrerebbe che Simone abbia frequentato
8 Cf AIMOR 15.1.2, cartella n° 8. Il primo agiografo, don Ernesto FORTI (1921-2000) raccolse ed
espose in sintesi tutto questo materiale in FORTI, Un buon Samaritano concittadino di Gesù, pp.
7-10. Successivamente questi dati vennero verificati dal postulatore generale, don Luigi FIORA
(1914-2006) che redasse la Biografia ufficiale, edita per cura della Congregazione per le Cause
dei Santi: Hierosolymitana..., pp. 19-156. Don FIORA, inoltre si basa sulla documentazione del
Processo Apostolico (1981-1983), e infine attinge all’ampia panoramica storica di Jesús BORREGO,
I Salesiani in Medio Oriente (1891-1980).
9 AIMOR 15.1.3, cartella 10: nella lettera dal Cairo in data 9.5.1981, da allegare agli atti del Processo
Apostolico, don Forti chiede che nella suddetta biografia “Un buon Samaritano” a pag. 11 venga
corretta la data di nascita: non 27 ma 15 Aprile, corrispondente ai dati dell’albero genealogico.
10 Cf la fotocopia della pagina araba del registro parrocchiale in AIMOR, 15.1.1, cartella n° 1; e gli
estratti, arabo e francese, rilasciati dalla cancelleria del vescovo greco-melkita di Galilea in AIMOR,
15.1.12, cartella n° 1.
La vita e l’azione
7
le classi elementari presso la scuola parrocchiale dei Francescani11. Poi venne affidato a
don Belloni.
2.2. Don Antonio Belloni: missionario, fondatore, direttore spirituale
(1831-1903)
Antonio Belloni (originariamente Bellone) nacque il 20 agosto 1831 nella
borgata di Sant’Agata di Oneglia, diocesi di Albenga in Liguria. Dopo gli anni di
formazione nell’Istituto “Brignole-Sale” di Genova, diretto dai “Preti della Missione”
di S.Vincenzo de’ Paoli, fu ordinato sacerdote il 13 dicembre 1857. Accolse con gioia
l’invito di “Propaganda Fide” a recarsi come missionario apostolico in Palestina nel
Patriarcato Latino di Gerusalemme (ricostituito nel 1847) ove giunse nell’aprile del
1859. Stando nel seminario patriarcale di Beitgiala come docente e direttore spirituale,
dal 1863 prese a occuparsi di ragazzi poveri e orfani, prima accogliendoli in casa
d’affitto, poi costruendo per loro a Betlemme scuole, laboratori, una chiesa ...12 La sua
carità operosa in favore degli orfani divenne talmente nota che lo si chiamava Abù-l-
Yatāma cioè padre degli orfani13. [Foto n. 4]
Per la sua scienza, sapienza e il dono della paternità spirituale, oltre che confessore
dei confratelli e dei giovani dell’orfanotrofio, era ricercato come direttore spirituale da
religiosi e diocesani, monache e laici. Fra tutti emergono Marie-Alphonsine Ghattās,
e Myriam Baouardy.
La prima (Gerusalemme 1843 – ‘Ain Karim 1927) nel 1863 professò nella
congregazione di “San Giuseppe dell’Apparizione”. Mentre risiedeva nella scuoletta
di Betlemme poco distante dall’orfanotrofio di don Belloni (in cui qualcuna delle sue
consorelle prestava saltuari servizi di lavanderia e cucina), cominciò ad avere visioni
della Madonna che le rivelò la sua volontà di dare origine a una nuova congregazione
11 Cf FORTI, pp. 13-14. La Palestina faceva allora parte del decadente Impero Ottomano. FIORA,
pp. 23-41 offre un buon sommario delle condizioni politiche, economiche e religiose in genere e a
Nazaret in particolare, basandosi anche su Francis DESRAMAUT, L’orphelinat Jésus-Adolescent
de Nazareth en Galilée au temps des Turcs, puis des Anglais (1896-1948). (= ISS. Studi, 3). Roma:
LAS, 1986, pp. 17-22.
12 Nel RBA p. 1, leggiamo: “Il primo giovinetto fu accettato e vestito coi 20 franchi di risparmio
il 1° gennaio [1863]; però si cominciò a passare il vitto in una piccola camera presa ad affitto in
Beitgiallah verso il 20 maggio”; p.2: “N° 10 allievi, due serve ed un prefetto-maestro componevano
il personale dell’orfanotrofio. /.../ Il 1° di luglio [1864] si trasportò l’orfanotrofio in Betlemme”.
13 Cf la prima biografia araba scritta da Al-Ab Yūḥannā NAHHĀS [padre Giovanni NAHHĀS],
Ḥayāt al-Ab Anṭūn Belloni, qānūnī al-qabr al-muqaddas wa-muʾassis madāris al-aytām fī Filasṭīn
[Vita di don Antonio Belloni, canonico del Santo Sepolcro, e fondatore delle scuole per gli orfani
in Palestina]. 2 volumi. Alessandria d’Egitto: Stamperia Orientale, 1909, 411 pp. e 272 pp.;
il tentativo di pubblicarla in italiano non giunse a conclusione: 25 (!) confratelli misero mano a
tradurre separatamente, coordinati da don Yūsif Calīs, altrettante parti che si trovano nella forma di
fascicoli staccati nei 13 quaderni del AIMOR “Calis 17.2”. BORREGO, Parte I, capitolo 3° e Parte
II, capitoli 4°-5°: oltre che ai molti documenti d’archivio, fa riferimento a Eugenio CERIA, Annali
della Società Salesiana, come pure a FORTI, pp. 15-27.

2.4 Page 14

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8
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
religiosa locale. La giovane per un po’ tenne il segreto, poi nel 1875 si recò a confidarsi
con il patriarca Vincenzo Bracco (Mansūr in arabo)14.
“Il patriarca Munsūr mi aiutò facendomi sentire a mio agio e calmò il mio stato
d’animo con le sue sante e sagge indicazioni. Mi ordinò di aprire la mia coscienza
e di lasciarmi guidare da abūna Antonio Belloni e di adempiere tutto quello che mi
avrebbe prescritto”.
Don Belloni, dopo adeguato discernimento e l’approvazione del patriarca Bracco
aveva appena fondato (1874) la congregazione diocesana dei “Fratelli della Santa
Famiglia”, formata da sacerdoti e laici appartenenti a riti diversi, che emettevano voti
semplici annuali. Quindi sapeva per esperienza cosa significhi un’impresa del genere.
Marie-Alphonsine, dopo le visioni dell’epifania del 1876, visse momenti di grandi
consolazioni, alternate a “mortificazioni e vessazioni, rimproveri e sofferenze”:
“Confidai questo mio stato al mio direttore spirituale e gli chiesi di consigliarmi
su ogni cosa. Egli mi istruì su come dovevo comportarmi e mi raccomandò di
conservare tutto questo in profondo segreto. Mi prescrisse di fare una novena,
chiedendo alla Vergine mia Madre di farmi capire cosa volesse da me e di offrirmi
totalmente al suo servizio. Egli mi promise che durante tutta la novena avrebbe
pregato per me nella messa”.
Seguirono altri “sogni” riguardanti la fondazione della congregazione; al riguardo
la veggente avrebbe voluto chiedere consiglio a don Belloni, ma “il mio direttore era
partito per un viaggio lontano”. Passati circa tre anni, constatando che don Belloni era
preso dai molti impegni e spesso all’estero, domandò alla Madonna di indicarle un
nuovo direttore spirituale “che fosse un arabo della nostra stirpe”:
“Il giorno della festa dell’Annunciazione /…/ ho visto una luce meravigliosa in
cui emergeva la Regina del Rosario nell’atto di porre le mani sul capo di due persone.
Ho percepito che erano sacerdoti e stavano rivolti verso la Vergine. Il primo era il
padre Antonio Belloni e il secondo il padre Yūsif Tannūs, mio direttore spirituale,
sulla cui testa brillava il primo mistero del Rosario”.
La Madonna significava in tal modo, che si compiaceva di entrambi ed assicurava
la continuità della direzione spirituale dall’uno all’altro.
Nei confronti dell’altra grande mistica e fondatrice palestinese, la carmelitana
Myriam Baouàrdy (‘Abellīn 1846 – Betlemme 1878) don Belloni esercitò il ministero
di guida spirituale da quando il patriarca Bracco lo nominò confessore ordinario delle
carmelitane di Betlemme nel novembre 1876. Il 25 agosto 1878 egli amministrò a
14 Attingo da Marie-Alphonsine GHATTĀS, Diario. Primo manoscritto: il racconto delle apparizioni,
(a cura di Pier Giorgio Gianazza). Milano: Paoline editoriale libri, 2016, pp. 56-57, 61, 63, 72, 74-
75. Cf Pierre DUVIGNAU, Mère Marie-Alphonsine et la Congrégation du Rosaire, capitoli 6°-9°,
passim (che presenta qualche lacuna). Vincenzo Bracco nacque a Torrazzo (Cremona) nel 1835,
dal 1855 frequentò anche lui il “Brignole-Sale”, fu ordinato sacerdote il 18.06.1859 e l’anno dopo
giunse in Terra Santa; fu docente poi rettore nel seminario patriarcale; consacrato vescovo nel 1866,
fu nominato patriarca nel 1873 e mori il 18.06.1889.
La vita e l’azione
9
Myriam gli ultimi sacramenti, e il giorno dopo la morte assistette come testimone
all’asportazione del suo cuore (che secondo la sua volontà fu donato al carmelo di
Pau) constatando de visu la ferita che Myriam aveva ricevuto durante l’esperienza
mistica della trasverberazione15.
Le due religiose palestinesi, conterranee di Simone Srugi, vennero canonizzate il
17 maggio 2015 da Papa Francesco.
2.3. Simone con i “Fratelli della Santa Famiglia” a Betlemme (1888-1892)
Quando aveva undici anni Simone fu affidato a un sacerdote della congregazione
di don Belloni che lo portò a Betgamāl. Questo è quanto risulta dal registro intitolato
“Giovani della Casa di Beit-Giamal [sic] 1898. Elenco Orfani ed Alunni mantenuti
ed educati dall’Opera della Santa Famiglia di Betlemme”. Sono elencati per nome
e cognome: il 1° è Abdalla Dabbas di Iacub e Maria, Nazaret, Siro Cattolico; 2°:
Abdalla Gianine di Salem e Mariam nato il 16 agosto 1877 a Beitgiala, Latino. Il
3° è Amabile Sciade di Salem e Mariam [senza data di nascita], Beitgiala, Latino..
“Il 50°: Simone Srugi di Azar e Dalleh; battezzato il 10 Maggio 1877; Nazaret;
Greo-Cattolico; Cresimato; data d’entrata a Beit-Giamal: in Maggio 1888”; le altre
colonne sono vuote, mentre nell’ultima fu aggiunto: “Il 27 [sic] settembre 1900 si
fece Salesiano”. I primi dati concordano con le testimonianze orali che diedero nel
1950 la zia paterna, Regina Srugi, e un’altra parente, Rosa Srugi16. Confrontandoli
con quelli forniti dai registri di Betlemme, possiamo dedurre che, dopo un semestre
trascorso nell’orfanotrofio agricolo di Betgamāl, l’8 dicembre 1888 Simone fu
trasferito nell’orfanotrofio professionale di Betlemme. È plausibile che per la sua
gracile costituzione non fosse adatto ai lavori dei campi, e così a Betlemme divenne
apprendista panettiere/fornaio, infermiere e sarto17. [Foto n.5]
15 Anche la famiglia Baouardy aveva ascendenze damasceno-libanesi, come quella di Simone Srugi,
e per qualche tempo abitò nello stesso paese di Tarshīha: cf Pierre ESTRATE, Mariam sainte
palestinienne, ou la vie de Marie de Jésus crucifié, Paris: Téqui 2005, passim; Francesco ZAMPINI,
Vita e pensieri di Mariam Baouardy, “Il piccolo nulla”. Camerata Picena (AN): editrice Shalom,
2012, passim. Aggiungo due piccoli particolari: don Belloni si offrì di alloggiare in un apposito locale
del suo orfanotrofio il primo cappellano Betharramita. Durante i lavori di costruzione del carmelo,
Myriam scrisse al p.Estrate il 6 febbraio 1876: “Il primo falegname che abbiamo avuto chiedeva più
soldi che quello di don Belloni, che di fatto è molto migliore. Se voi approvate, farà lui tutto il lavoro
di carpenteria per il monastero: costerà meno e in questo modo daremo agli orfani la possibilità di
lavorare”: CARMELITANE di Betlemme, Antologia delle lettere di M.Baouardy, [s.d.] p. 11.
16 Cf FORTI, p. 19-20. Faccio notare che quel registro di Beit-Giamal fu iniziato nel 1898, cioè 10
anni dopo l’ingresso di Simone, e mentre lui si trovava di nuovo in quella casa come professo
temporaneo.
17 Nell’AIMOR, sul foglio prestampato del registro dei confratelli “Coadiutori dellIspettoria
Mediorientale”, al n° 28 si legge: “Nato il 27.VI.1878. Entrata 1° Collegio Sales. Luogo: Betlemme.
Data: 8 Dicembre 1888. Arte esercitata prima del Noviziato: coadiutore sarto; nella Pia Società:
panet[tiere] inferm[iere], sarto. Data dell’Ascrizione 27 Luglio 1893. Entrata in casa di Noviziato.
Luogo: Betgemal. Data: 25 Agosto 1894. Prima professione religiosa trien[nale] Cremisan
31.X.1896. Perp[etua] Betlemme 20.IX.1900”. Mentre nell’altro registro degli aspiranti della Casa
di Betlemme è scritto: “Simone Srugi fu Asar e di Dalle. Nato in Nazaret il 27 Giugno 1878, entrato

2.5 Page 15

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10
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
Le statistiche pubblicate nel “Bulletin Annuel de l’Oeuvre de la Terre Sainte”,
che veniva inviato ai benefattori di Francia, Belgio, Olanda, Italia e Messico, dicono
che quell’anno a Betlemme i ragazzi interni erano 110 e gli esterni 16018. I religiosi, i
maestri laici e gli orfani, appartenenti a riti diversi, vivevano in ambienti poveri, ma in
un sereno clima di famiglia, alternando impegni scolastici, pratiche religiose e attività
ricreative. L’arabo e il francese erano le lingue abituali. Attiguo all’orfanotrofio vi
era un locale che fungeva da parrocchia per la piccola comunità di Greci-Melkiti
di Betlemme; si può pensare che anche i ragazzi interni appartenenti a quel rito, e
Simone tra loro, vi facessero riferimento. Lo spirito che animava i “belloniani” nella
loro missione era eminentemente evangelico:
“Se tutti gli orfani si presentano a noi sotto le sembianze del Salvatore, quei di
Betlemme hanno con lui una rassomiglianza in più, essi sono per noi rivestiti d’un
carattere tutto speciale, e quasi direi sacro. Sono nati ove nacque Gesù, vivono dove
ha vissuto, soffrono ove Egli ha sofferto. Sono i discendenti di quelli che vennero per
i primi ad adorare il Salvatore nella mangiatoia al momento della sua nascita. Sembra
che Giuseppe e Maria, soprattutto Gesù, ce li presenti come fanciulli di sua stirpe,
giovani di sua patria, e ci dica: Mi sono più cari che tutti gli altri; sono i miei fratelli,
i miei compatriotti, e voi li dovete amare e soccorrere prima di tutti gli altri”19.
La vita sacramentale, la devozione alla santa Famiglia di Nazaret e al Sacro
Cuore di Gesù erano tra le principali fonti ispiratrici. Simone andava impregnandosi di
questo spirito, e il 23 maggio 1892 ebbe la gioia di partecipare alle solenni celebrazioni
per la benedizione della grande chiesa del S. Cuore, nella cui costruzione don Andrea
Bergeretti confermò le sue doti di architetto20.
2.4. L’arrivo dei primi Salesiani e Figlie di Maria Ausiliatrice
in Terra Santa (1891)
Come a Betlemme, così anche a Cremisan e Betgamāl il numero dei ragazzi
assistiti aumentava di anno in anno, mentre quello dei “Fratelli” non cresceva in
proporzione al bisogno21. Perciò don Belloni, volendo dare alla sua opera una sicura
in casa Maggio 1888 ammesso aspirante in Ott[obre] 1892, accettato ascritto 25 Luglio 1893,
Coadiutore – Fornaio”. Faccio notare l’assurdo della data di nascita che, secondo questi due registri,
sarebbe avvenuta 13 mesi dopo il suo battesimo-cresima il 10 Maggio 1877!
18 Corrispondono ai dati del RBA; i sacerdoti sono 7, i fratelli professi 8, i “maestri secolari” 8, le
Suore 3 e le “Figlie di Maria” 6; cf BORREGO, p. 56.
19 Felice Andrea BERGERETTI, Opera della Santa Famiglia in Terra Santa. Anche detta Opera
di Betlemme, sotto la direzione di Antonio Belloni, Canonico del Santo Sepolcro, Missionario
Apostolico, Betlemme. Torino: Tipografia S.Giuseppe. Collegio degli Artigianelli, 1888, p. 9.
20 Cf Eugenio VALENTINI, in Profili ..., p. 206.
21 BERGERETTI, Opera ..., pp. 29-30, per il 1888 dava questi numeri: “Fra gli addetti all’Opera della
Santa Famiglia vi sono i Fratelli dei voti ed i Postulanti in numero di 25. Essi fanno da maestri,
da prefetti ai ragazzi, ed uniti ai preti dell’Opera formano il braccio destro del Fondatore”. Uno
di essi, don H.NAHHĀs, Ḥayāt al-Ab Anṭūn Belloni..., a p. 26 del II volume scrive che nel 1890 i
membri della S. Famiglia erano 14: Giovanni Di Ferrari, Vincenzo Ponzo, Giovanni Belloni, Pietro
Knesevich (?), Atanasio Radoński, Giovanni Nahhās, Stanislao Knesevich (?), Paolo Harūni, Pietro
La vita e l’azione
11
continuità, si era recato in diverse circostanze a Torino per chiedere aiuto a don Bosco,
il quale glielo promise, ma in un imprecisato futuro22. Le trattative furono riprese
e portate a conclusione dal suo primo successore don Michele Rua (1837-1910), il
quale dovette destreggiarsi tra il Patriarcato Latino, la Custodia Francescana di Terra
Santa e la sezione per gli affari dei Riti orientali di “Propaganda Fide. Don Belloni
anche in questa delicata faccenda aveva agito d’intesa con il patriarca Bracco che gli
aveva sempre dato pieno appoggio. Invece il nuovo, Ludovico Piavi (1883, 1889-
1905) francescano e di diverso carattere, proprio all’inizio del suo mandato, si trovò a
dover gestire questa novità e agì con comprensibile ponderazione.
Occorreva anche tener conto delle sensibilità politico-culturali delle autorità
civili (consolati generali di Francia e d’Italia a Gerusalemme) che in quegli anni
erano vivacissime e concorrenti23. Tra giugno, ottobre e dicembre 1891, corroborati da
solenni celebrazioni nella basilica di Maria Ausiliatrice a Torino per l’anno giubilare
dell’opera di don Bosco (1841), giunsero in Terra Santa 25 Salesiani (SDB: 3 sacerdoti,
10 chierici e 12 coadiutori) oltre a 5 Figlie di Maria Ausiliatrice (FMA)24.
I salesiani erano molto giovani, alcuni appena neoprofessi, come i chierici
Giacomo Mezzacasa (del 1871), Salvatore Puddu (1874), Carlo Gatti e Mario Rosin
(1875), e il coadiutore Angelo Bormida (nato nel 1870, professo il 18 settembre
1890). L’intenzione dei superiori era che potessero più facilmente ambientarsi e
apprendere la lingua del posto: non tutti avevano l’ingegno di Mezzacasa che negli
anni successivi apprese arabo, siriaco ed ebraico, o divennero specialisti come Gatti,
ma tutti si impegnarono in quella che oggi chiamiamo l’inculturazione25. È plausibile
Sarkīs, Giacomo Abocarios, Giuseppe Pastoni, Giovanni al-ʿĀṣī, Giorgio Harūni, Tawfīq Ḏakūr.
Altri 23 erano novizi. “Nel luglio 1890 il piccolo Istituto di preti e fratelli con voti semplici e
annuali” era composto di “7 sacerdoti dei quali 5 italiani, uno belga ed uno di Cipro; 8 fratelli
professi; 5 novizi-fratelli che devono far professione nel p.v. settembre: 3 seminaristi studenti di
teologia, di cui uno diocesano; 4 studenti di retorica primo anno; 28 giovani postulanti educati
a parte”: Antonietta PAPA-Fabrizio FABRIZI, Un’identità conquistata in Palestina. Le Figlie di
Maria Missionarie di Giacinto Bianchi tra l’opera di Antonio Belloni e l’arrivo dei Salesiani 1890-
1893, in Grazia LOPARCO-Stanisław ZIMNIAK (a cura di), Don Michele Rua primo successore di
don Bosco. Tratti di personalità, governo e opere (1888-1910). Atti del 5° Convegno Internazionale
di Storia dell’Opera Salesiana (Torino, 28 ottobre – 1° novembre 2009). (= ACSSA – Studi, 4).
Roma, LAS 2010, p. 867 nota n° 27; i due autori si basano su ASC F403, Case Salesiane, Betlemme,
fasc. 1, b. 2, lettera Belloni-Rua, Betlemme 23 luglio 1890. Nel citato RBA per il 1890 si legge: 8
sacerdoti e 12 fratelli professi, 3 suore, 6 figlie di Maria; e per il 1891: “Il personale presso a poco è
lo stesso dell’anno precedente”.
22 CERIA, Annali II, p. 178 parla di una prima volta nel 1875 e una seconda nel 1877.
23 Cf BORREGO, Parte II, capitoli 4°-5°.
24 Cf BS, 1 gennaio 1892 pp. 10-12: Cronaca. Partenza di 18 Salesiani per la Palestina. In effetti
le spedizioni furono 3 in 6 mesi: in giugno vennero solo 2 preti, don G.B.Useo e don R.Coradini
accompagnati dal catechista generale don G.Barberis; poi il 27 ottobre 1891 arrivano sette salesiani
(4 chierici e 3 coadiutori) e cinque Figlie di Maria Ausiliatrice. La terza spedizione comprendeva 16
salesiani, tra i quali un solo sacerdote, don Antonio Varaia, 6 chierici e 9 coadiutori, tra cui l’unico
non italiano era Adriano Nèple, già anziano, che poi diventò sacerdote.
25 E.VALENTINI, senza citare la fonte, in Profili ..., a p. 198 dice che “Alla fine del 1891 D.Rua

2.6 Page 16

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12
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
che in ricreazione abbiano cominciato a scambiare le prime parole arabe con i ragazzi
(e tra questi il quattordicenne Simone Srugi), mentre a loro raccontavano di don Bosco
che avevano conosciuto personalmente. Le prime impressioni che don Coradini scrive
a don Eugenio Bianchi sono molto positive. [Foto n.6]
“Qui mi da tutto l’aspetto delle nostre case; il Canonico è il centro di tutto,
domina i cuori dei giovani coll’amore, come il nostro caro D.Bosco. /.../ I preti che
son qui si mostrano affabilissimi; i più sono italiani, tutti barbuti. Vi sono alcuni
chierici già professi, altri aspiranti; in tutto 18. Vi sono circa 100 orfanelli, di cui
un gran numero postulanti, cioé desiderosissimi di farsi salesiani. /.../ Dobbiamo
ritenere averci fatto il Signore un bel regalo nel farci venire in Terra Santa /.../
Noi abbiamo qui un’opera tirata sù con mille stenti da questo grand’uomo, ben
degnamente chiamato il padre degli orfani, formata, in certi punti, più alla salesiana
che la stessa casa madre, /...che/ nel modo più facile ci viene posta in mano dal
medesimo Canonico, desiderosissimo di uniformare in ogni minima particolarità
questa casa alle altre case salesiane”.
In particolare rileva l’impatto prodotto dai chierici: “La presenza dei cari
chierici che ci ha mandati, raddoppia la gioia che il Signore ci concede sempre in
questa santa Terra. Oh se D.Bosco riempisse tutte le nostre case di chierici così buoni,
quanto bene si opererebbe! Non valgo a dirle la cara impressione che han fatto in
tutti quei di qui il contegno modesto ed allegro di questi chierici. I giovani ricevono
nel conversar con essi la più efficace delle prediche, il più forte invito ad essere
buoni. Io credo che non si sarebbe trovata nessun altra via più espediente a tirar su
questi giovani betlemiti, quanto coll’aver mandato questi chierici, che promovendo
il gioco e l’allegria, impediscono il male e traggono al bene”26.
Nel venire incontro a don Belloni, i salesiani erano animati da motivazioni di
carattere educativo e pastorale, e non si nascondevano che l’onere finanziario che si
accollavano era molto pesante27. Don Rua chiariva al patriarca Piavi:
scrisse a don Belloni: “Le piante che le abbiamo spedito sono molto giovani: le abbiamo sradicate
dalle aiuole in questi giorni, quindi la pregherei di continuare la formazione morale, religiosa e
culturale di questi giovani chierici, che devono ancora studiare filosofia. Io sono sicuro che sotto
la sua abile ed esperimentata direzione diventeranno buoni e laboriosi religiosi”. Vittorio POZZO,
L’Ispettoria Salesiana del Medio Oriente. I primi 50 anni (1902-1952), p. 8 scrive: “Se non proprio
tutti, molti si misero nel giro di pochi giorni, allo studio dell’arabo sotto la guida di un sacerdote
maronita libanese. Se pensiamo alla personalità di don Belloni, alla sua cultura e alla qualità del
suo inserimento nel mondo orientale, di cui un piccolo ma significativo segno è la biblioteca che
organizzò a Betlemme, possiamo essere sicuri che sua preoccupazione fu quella di favorire in tutti
i modi il loro apprendimento dell’arabo e, di conseguenza, la loro piena inculturazione. Un fatto da
non sottovalutare, perché si partiva proprio con il piede giusto. E questa scelta fu confermata da don
Cerruti, Consigliere scolastico generale, durante la sua visita nel 1898 che diede, tra l’altro, impulso
agli studi, specialmente delle lingue”; cf FORTI, Fedeli a Don Bosco ..., p. 23-24; e nel DBS i cenni
biografici sugli altri confratelli che ho nominati.
26 Tre lettere tra il luglio 1891 e il gennaio 1892, trascritte da Luigi Variara, in ASC A806, fascicolo 24,
pp.30-34, passim; fascicolo 25, p.17
27 In RBA alla fine del 1890 d.Belloni registrava: “Rimane un deficit di 57.540 franchi”.
La vita e l’azione
13
“Parve forse a qualcuno che fossimo guidati dall’ambizione; in verità questa era
tanto lungi da noi che non abbiamo mai neppur pensato a cercar di introdurci in Terra
Santa fino a quando con caldissime istanze fummo pregati dal sullodato Canonico
Belloni a prestargli aiuto per sostenere l’opera sua. Ci sentimmo una stretta al cuore
allorché udimmo che ogni razza di eretici e scismatici hanno grandi stabilimenti nella
Palestina e vanno ognora acquistando terreno, mentre uno stabilimento cattolico
così importante e simpatico a tutti, qual è quello del Canonico Belloni, trovavasi in
pericolo di venir meno per mancanza di mezzi personali e materiali”28.
C’è da ricordare che prima che arrivassero Salesiani e Figlie di Maria Ausiliatrice,
non mancavano congregazioni religiose in Palestina29. Per tutte queste ragioni,
l’inserimento degli ultimi arrivati e la loro integrazione con i belloniani nelle case di
Betlemme, Cremisan e Betgamāl richiese tempo e pazienza per superare non poche
difficoltà. Alla fine:
“Ciascuno ebbe piena e pacifica libertà di scelta: aggregarsi al clero patriarcale
o farsi salesiano. Certo è che la Congregazione fece ottimi acquisti tra i confratelli
di don Belloni: i sacerdoti Raffaele Piperni, Andrea Bergeretti, Antonio Josephides,
Giovanni Nahas, Carlo Vercauteren, Atanasio Prun, Giovanni Belloni (cugino di
don Antonio), i coadiutori Giorgio Harūni, Giovanni De Ferrari, i chierici Vincenzo
Ponzo e Pietro Sarkīs (poi sacerdoti). Tutti questi fecero di nuovo il noviziato e si
unirono alla Congregazione, formando parte, per allora, della nuova Ispettoria di
Tutti i Santi, che comprendeva le case fondate da don Belloni. Come ispettore, con
sede a Torino, fu nominato don Celestino Durando”30.
Anche le FMA erano relativamente giovani (27 anni di media); la superiora
suor Annetta Vergano aveva soli 25 anni31. Emessa la professione perpetua a Torino
28 Lettera del 14 luglio 1892, in ASC, G 336. In poco più di un anno Torino impiegò nell’opera di
don Belloni circa 100.000 lire italiane, equivalenti a 380.000 Euro attuali: cf PAPA-FABRIZI,
Un’identità conquistata in Palestina..., in LOPARCO-ZIMNIAK, Don Michele Rua ..., pp. 873-874.
29 Per secoli in Terra Santa svolsero il loro ministero solo due congregazioni religiose maschili: prima i
Francescani (1218), poi i Carmelitani (1631). Dopo la ricostituzione del Patriarcato Latino giunsero
religiosi di N.D. de Sion (1855), Fratelli delle Scuole Cristiane (1876), Padri Bianchi (1878),
Sacerdoti del S. Cuore di Betharram (1879), Fratelli di san Giovanni di Dio (1880), Domenicani
(1884), Assunzionisti (1887), Lazzaristi e Trappisti (1890). Le Congregazioni femminili erano:
Suore di San Giuseppe dell’Apparizione (1848), N. S. di Nazaret (1855), N. S. di Sion (1866),
Carmelitane (1873 e 1875), Suore del Rosario (1880), Clarisse (1884), Francescane Missionarie del
Cuore Immacolato di Maria (1885), Figlie delle Carità (1886), Suore di S. Carlo Borromeo (1877):
cf. BORREGO, p. 27.
30 ASC 3.129 Cronaca di Betlemme, p. 6, citata da BORREGO, p. 64. Sarebbe ingenuo credere di poter
racchiudere in poche righe una vicenda complicatissima, di cui ancora si aspetta una ricostruzione
critica documentata ed esaustiva, che non rientra nei limiti di questo mio lavoro.
31 “Il padre era amministratore della tenuta del conte De Maistre. Un giorno don Bosco, in visita
al conte, passò alla casa dell’amministratore e benedisse una numerosa nidiata di figli: «Preti e
monachelle», pare abbia detto. Ebbene, due figli si fecero sacerdoti e le figlie tutte suore: quattro
Figlie di Maria Ausiliatrice e la quinta fra le “Vittime del Sacro Cuore”, in Svizzera”: Domenica
GRASSIANO, Suor Annetta Vergano, ispettrice, in Eugenio VALENTINI (a cura di), Profili di
Missionari Salesiani e Figlie di Maria Ausiliatrice. Roma: LAS, 1975, p.163.

2.7 Page 17

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14
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
il 17 settembre 1891, il 24 ricevette il crocifisso di missionaria dalle mani di don
Rua, che volle intrattenersi con le partenti “per dare loro opportuni consigli. Sapeva
infatti che si sarebbero trovate a superare momenti delicati e non pochi sacrifici e
iniziali limitazioni”32. Le prime settimane si dedicano a stabilire rapporti di fiducia
e d’intesa con le “Figlie di Maria Missionarie”, le religiose di don Giacinto Bianchi
(1835-1914, dal 2008 Venerabile) che dall’agosto 1876 prestavano servizi domestici
nell’orfanotrofio; grazie alla prudenza, umiltà e amabilità di suor Annetta, “prima di
Natale tutto il personale femminile dell’orfanotrofio si era ricomposto nella pace”:
alcune scelsero di rientrare in Italia, quattro chiesero di aggregarsi alle FMA. Le
nuove arrivate fraternizzano subito con le ragazze betlemmitane in un incipiente
oratorio, suscitando la meraviglia delle altre suore che in paese gestivano scuole di
tipo confessionale per ragazze, ma non aprivano le porte in orario extrascolastico e
non si mescolavano in cortile con ortodosse e latine; le ragazze invece gradiscono
e “abboccano”. L’anno seguente suor Annetta accompagnò le prime consorelle
a Betgamāl, dove non c’erano bambine da intrattenere in stile oratoriano, ma solo
povertà, isolamento e molto lavoro a servizio dei salesiani e degli orfani. Adottando
lo stesso stile, la comunità composita iniziò ad amalgamarsi e dopo breve tempo due
“Figlie dell’Immacolata” che già vi si trovavano, vestirono l’abito delle FMA, mentre
altre rientrarono in Italia33.
2.5. Simone aspirante, novizio e professo salesiano a Betgamāl
(1892-1900) [Foto n. 7]
Il quindicenne Simone giunse a Betgamāl il 25 agosto 1892, per continuare la
sua formazione e dare una mano in qualcuno dei tanti lavori. Don Coradini aveva
descritto l'ambiente a don Bianchi in questi termini:
“Qui ci si mostra tutto propizio e l’opera ci apparisce ogni dì più bella e grande.
Il personale si può dire vero personale salesiano; io vi scorgo molta virtù e tutti
desiderano molto di essere presto salesiani. Hanno un fare semplice, alla buona,
cordiale, che piace molto, vi è proprio da ringraziare il Signore. A Betgemal mi
hanno indicato un confratello, che sopraintende ai lavori della campagna, come un
vero S.Luigi; io non gli ho tolto mai gli occhi di sopra, e posso assicurarla che è una
vera edificazione, mi pare migliore di Bertarione, perché a quella virtù soda che è a
tutti nota, accoppia un esteriore piacevolissimo”34:
32 SECCO, Suor Annetta Vergano, Figlia di Maria Ausiliatrice (1866-1935). Roma: Istituto FMA,
1991, pp. 5, 9-10.
33 Negli anni 1890-1892 si svolse tutta una serie di trattative a Torino, Roma e Gerusalemme,
viaggi da e per la Terra Santa, oltre che una fitta corrispondenza fra don Giacinto Bianchi,
don Rua, don Belloni, “Propaganda Fide”, il patriarca di Gerusalemme, per cercare di venire
a capo di pratiche ingarbugliatissime. La vicenda è stata ricostruita in forma critica da PAPA-
FABRIZI, Un’identità conquistata in Palestina.., in LOPARCO-ZIMNIAK, Don Michele Rua...,
in particolare pp. 863-876.
34 Lettera dell'autunno 1891, in ASC A806, fascicolo 24, p. 67s.
La vita e l’azione
15
In questo ambiente l’adolescente Simone, di carattere mite e di profonda pietà
non tardò a distinguersi fra i 35 allievi per la condotta esemplare: “Don Varaia avviò
il giovane discepolo a santificare ogni azione della giornata, a vivere «il momento
presente» nell’unione più intima e generosa col Signore”; così che per lui, quando
pompava l’acqua dalla cisterna e portava le taniche nelle vasche per il bucato o nella
distilleria del timo, “ogni giro di ruota, era un atto di amor di Dio”35. Orientandosi
ad abbracciare la vita consacrata salesiana come coadiutore, nell’ottobre 1892 fu
ammesso tra gli aspiranti e il 25 luglio 1893 venne accettato come “ascritto”36.
Secondo alcuni avrebbe iniziato il noviziato il 25 agosto 1894, sotto la guida
di don Varaia, e avendo come compagno Stefano Ongher. A questo riguardo ritengo
importante precisare: è vero che don Varaia oltre che direttore era pure maestro dei
novizi, tra i quali alcuni dei “belloniani” che rifecero il noviziato prima di professare
da salesiani (come don Carlo Vercauteren che lo rifece proprio nel 1893-94), ma don
Varaia nell’ottobre del 1894 ricevette l’obbedienza di lasciare Betgamāl per assumere
la direzione di Betlemme.
Quanto a Stefano Ongher (1853-1899): iniziò il noviziato a Foglizzo avendo
don Eugenio Bianchi come maestro poi, essendo stato assegnato come missionario in
Terra Santa, lo proseguì prima a Betgamāl dove giunse a metà dicembre 1893, quindi
a Betlemme dove fu trasferito nel novembre 1894 (presumibilmente al seguito del
suo maestro don Varaia). Stefano e Simone vissero dunque insieme nella stessa casa
11 mesi. Secondo don Forti, l’esempio del pio e sacrificatissimo Stefano, 24 anni più
grande, ebbe un duraturo influsso sull’animo di Simone. Sembra quindi probabile
che pure lui fosse presente a Betlemme il 19 marzo 1895, quando Stefano fece la
professione religiosa nelle mani di don Michele Rua, che era venuto in Terra Santa
per “assestare le cose”37.
35 Cf le testimonianze di don Carlo Vercauteren, di suor Cristina Castellotto FMA e di ‘Issa Abu Mànna
in FORTI, pp. 29, 31. Si direbbe che avesse personalizzato la lezione di Maria Mazzarello: «Ogni
punto d’ago, un atto di amor di Dio».
36 Cf quanto ho documentato nella nota 17. FIORA, pp. 62-67 offre maggiori dettagli su quest’epoca
della vita di Simone, distinguendo opportunamente fra dati certi e “ipotesi verosimili” e indicando
quelli che ai contemporanei apparvero come due tratti distintivi della sua vita religiosa: lavoro
santificato dall’unione con Dio (lavoro, preghiera, sacrificio), imitazione di Domenico Savio (cf
ibid., pp. 64-65, 70). FORTI, p. 29 aggiunge questa precisazione: “Nella sua umiltà, il Servo di Dio,
non pensò forse mai alla possibilità di farsi sacerdote: probabilmente lo studio doveva costargli
assai; e, d’altra parte, non era il caso che i superiori costringessero quel giovanetto così esile ad una
prova che ne avrebbe fiaccato la salute”.
37 Cf FORTI, p. 30. Per Stefano Ongher (alias Ungar), cf il bel profilo intitolato Portatore d’acqua,
dissetatore di Cristo, in Ernesto FORTI, Fedeli a Don Bosco in Terra Santa. Profili di otto
Coadiutori Salesiani. Leumann [Torino]: LDC, 1988, pp. 7-20; Luciano FRANCH, Stefano
Ongher. Da Cloz a Betlemme. Cloz, 2004 [stampa in proprio]. In quella stessa circostanza don
Rua ricevette la professione religiosa delle due “Figlie dell’Immacolata” che si erano aggregate
alle FMA, e impose l’abito religioso alla prima postulante betlemmitana: cf SECCO, Suor Annetta
Vergano, p. 12, 15.

2.8 Page 18

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16
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
Invece Simone professò a Cremisan 19 mesi dopo, come documenta la pagellina
autografa:
“Io sottoscritto ho letto ed inteso le Regole della Società di S. Francesco di
Sales e prometto di osservarle per tre anni [sottolineato nell’originale] secondo la
formula dei voti da me ora pronunciata.
Cremisan, 31 Ottobre 1896.
Srugi M. Simone”.
Seguono le firme dei due testimoni: don Ruggero Coradini e don Athanase Prun38.
Don Coradini (1864-1950) fu direttore a Betgamāl dall’ottobre 1894 al 1896; quindi
sembra logico concludere che fu lui a fare da maestro a Simone. L’altro firmatario,
don Prun (1861-1917) della incipiente comunità di Nazaret, esprimeva il legame
con la città natale di Simone. Mentre don Varaia, allora direttore nella vicina casa di
Betlemme, non figura39.
Circa la durata del noviziato sono state avanzate svariate ipotesi, cercando di far
concordare date e dati discordanti. Sembra oggettivo il giudizio di don Fiora: “Fatto
un anno di aspirantato tra il 1893-1894, Srugi dovette fare il noviziato, ma di questo
periodo non abbiamo assolutamente nessuna notizia e nessun documento. Direttore
della casa dal 1894 al 1896 fu don Ruggero Coradini ed egli, come aveva già fatto
precedentemente don Varaia, dovette essere maestro dei novizi della casa”40.
Per il resto ritengo convincente quanto propone don Polácek basandosi su accurate
ricerche di carattere canonico: la conclusione più probabile è che Simone, essendo di
rito greco-melkita, dovette attendere finché a Roma venissero espletate le pratiche per
il suo passaggio al rito latino. Una procedura che in quegli anni si svolgeva secondo le
norme precise della Orientalium Dignitas Ecclesiarum appena emanate (30 novembre
1894), sotto l’occhio vigile di coloro che accusavano le congregazioni religiose
occidentali di “latinizzare” i cristiani orientali, e non mancavano di lamentarsene
anche con i superiori salesiani di Torino41.
38 AIMOR, Registro dei Coadiutori [dell’Ispettoria Medio Orientale] senza numero di collocazione.
39 Secondo l’EGS, nel 1896 a Cremisan vi erano: direttore e prefetto don Pompignoli Giuseppe; soci:
Mezzacasa Giacomo, ch.; Morre Giuseppe, ch.; Polliotto Luigi, coad.; Ponzo Vincenzo, coad.; Rosin
Mario, ch.; Tesio Mario, coad.; Tiberti Antonio, coad. Ascritti: Latour Giacomo, ch.; Szezsnovich
Alessandro; Talhami Stefano, ch.
40 FIORA, p. 67. Le pagine che don Fiora dedica a questo periodo della vita di Simone nella Biografia
suddetta, “Capitolo VI: Il Servo di Dio con i Salesiani a Beitgemàl”, pp. 58-72, sono le più
attendibili, perché basate sui documenti d’archivio, sulle deposizioni giurate dei testi davanti al
tribunale ecclesiastico, e criticamente confrontate con altre fonti esterne.
41 Jaroslav POLÁCEK, I Salesiani di Don Bosco e le Figlie di Maria Ausiliatrice nella Palestina.
Specialmente tra il 1891 e il 1910. Excerptum dalla tesi di laurea. Roma, 1976, pp. 23, 24-27, 41:
“Mi manca la documentazione per poter provare questa ipotesi che faccio solo per analogia con
altri casi”. Senza dimenticare che le Costituzioni Salesiane [cf Giovanni BOSCO, Costituzioni della
Società di S.Francesco di Sales [1858] – 1875. Testi critici a cura di Francesco Motto. (= ISS. Fonti,
Serie prima, 1). Roma: LAS 1982, p. 196, n. 13] ammettevano la possibilità di prolungare per due
anni il noviziato, in modo da accertare l’idoneità del candidato; ma da tutti gli elementi positivi che
La vita e l’azione
17
Simone, neo-professo come salesiano coadiutore entra in pieno a far parte della
comunità di Betgamāl, in cui resterà ininterrottamente per 47 anni. Nella lista dei
confratelli per il 1896, il nuovo direttore don Ercole Cantoni (1863-1942) elencava un
unico sacerdote (lui stesso), un diacono, due chierici e due coadiutori: Antonio Baccaro
(1866-1938) e Simone Srugi42. Tre anni dopo, nel rapporto inviato ai superiori di
Torino in data 8 gennaio 1899, sono descritte le classi, le materie e i rispettivi maestri
della “Scuola Agricola San Giuseppe”: Srugi insegna Arabo nella prima elementare e
Accessori (agricoltura, geografia, aritmetica) nella stessa classe, sezione inferiore. Si
può pensare che desse anche assistenza infermieristica, i cui rudimenti aveva appreso
nell’orfanotrofio di Betlemme, poi completati sotto la guida di don Cantoni “che era
un buon dottore”43.
Il 24 febbraio 1898, per adempiere le formalità canoniche, scrisse il testamento
proforma, lasciando suo erede universale don Paolo Albera che probabilmente
incontrò quando questi aveva accompagnato don Rua nel viaggio del 189544. Dopo 4
anni di voti temporanei, i superiori lo giudicarono maturo per assumersi gli impegni
definitivi, così che egli presentava questa domanda di ammissione (vedi pag. 168):
Viva Gesù.
Betlemme 18 Settembre 1900.
Affine [sic] di uniformarmi in tutto alle sante Regole, domando anche per
iscritto ai miei amati Superiori di essere agregato [sic] alla pia società di S. Francesco
di Sales coi santi voti perpetui.
In fede.
Srugi Simone”.
Professò due giorni dopo a Betlemme al termine degli Esercizi spirituali45. È
bello pensare che fosse presente e abbia gioito in particolare don Antonio Belloni, il
conosciamo, questa non sembra la ragione nel caso di Simone. Quanto ai richiami da Roma, don
Giulio Barberis ad esempio, in una lettera a don Varaia, informa che il 16 ottobre 1892 “è giunta una
rampogna da Propaganda Fide”: cf Faldone Varaja [sic] nell’ASC.
42 AIMOR 4.4.2, Cronistoria. Secondo periodo (1892-1914), p. 2.
43 ASC F399, Casa di Beitgemal, fascicolo I-II, grande foglio quadrettato. L’informazione su don
Cantoni medico, è fornita dall’infermiera diplomata suor T.Ferrero: AIMOR 15.1.3, cartella 9C.
44 AIMOR 15.1.1, cartella n° 3.
45 In AIMOR 4.4.2, p. 2; mentre invece nel citato registro “Giovani della Casa Beitgemal, 1898”
è scritto “il 27 settembre 1900”. Segnalo di passaggio le molte incongruenze che si riscontrano
nelle pagine dell’EGS degli anni 1894-1900. Nel 1894 Srugi figura a Beitgemal come uno dei 3
aspiranti coadiutori insieme ad Asi Abramo e Ungar Luigi (sic). Nel 1895 non figura da nessuna
parte (aspiranti, ascritti, professi) in nessuna delle tre case Betlemme, Beitgemal, Cremisan. Mentre
invece Ungar Stefano (sic) è a Betlemme tra gli ascritti. Nel 1896 Srugi non figura, neppure tra gli
ascritti (mentre Ungar Stefano è tra i professi triennali). Nella edizione del 1897 Srugi compare due
volte: sia nella lista generale dei professi triennali, sia nella casa di Cremisan (sic) tra i “soci”. Nel
1898 compare a Beitgemal, senza qualifica. Nel 1899 figura a Beitgemal tra i “soci”. Nella edizione
del 1900 non figura né tra i triennali né tra i perpetui, ma come uno degli ascritti a Beitgemal!

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Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
suo grande benefattore e padre46, il quale aveva già formalizzato la sua adesione alla
Congregazione Salesiana con la professione temporanea e poi perpetua47.
2.6. L’opera di Betgamāl: inizi e passaggio dai belloniani ai salesiani
(1878-1892)
La località di Betgamāl è situata nella regione geografica della Shefela, dista
circa 31 km a sud-ovest di Gerusalemme e Betlemme, 55 a sud-est di Giaffa, avendo
Tel-Betshèmesh 4 km a nord, Hebron a sud-est (44 km) e Gaza a sud-ovest (78
km). Tutta l’area è ricca di memorie bibliche, ruderi di epoca giudaica, romana,
paleocristiana e bizantina. Le prime sono collegate, tra l’altro, alle guerre fra Filistei
e Israeliti con le gesta di Sansone, il passaggio dell’Arca dell’alleanza restituita dai
5 capi filistei (cf 1Sam 6, 1-18), il duello fra Davide e Golia, il profeta Michea...
Le memorie paleocristiane risalgono al dottore della legge ebraica Gamaliele, al suo
discepolo Saul-Paolo e al protomartire Santo Stefano. Lo confermavano non solo la
toponomastica ma anche i numerosi resti di costruzioni bizantine e poi musulmane,
sparsi su tutta l’area. Queste particolarità furono tra le ragioni che spinsero don Belloni
ad acquistare (dal 1869 al 1878), con i finanziamenti dello scozzese John Patrick III
marchese di Bute e di altri facoltosi benefattori, un enorme territorio di quasi 900
ettari, nella speranza non solo di redimere i terreni acquitrinosi, ma di insediare
famiglie cristiane di Betgiala e Betlemme, e far rivivere “i luoghi santi”48. [Foto n.8]
Gli uomini di don Belloni posero la prima “stazione” nella valle ad est confinante
con Fattīr, dove sgorga una sorgente di acqua dolce che garantiva le coltivazioni,
mentre quella di wadi Būlos a ovest era salmastra e finiva in rigagnoli malarici. Poi
a tappe successive, si stabilirono sulla collina a nord-ovest, su cui rimanevano alcune
case di un villaggio musulmano abbandonato e resti sparsi di costruzioni bizantine.
Su di essa spianarono un’area quadrangolare i cui lati misuravano circa 150 m.
Quello settentrionale era prospiciente al “campo” (“fondo”, “proprietà”) detto Khallet
Ismaʻīn dal nome dello sheikh in ricordo del quale era stata eretta una moschea, allora
dismessa. Il pianoro centrale era chiamato Khallet esh-Shugiʻa “campo degli uomini
valorosi”, e a meridione degradava verso la stretta valle omonima. Dopo aver innalzato
le mura perimetrali e scavato nei banchi di roccia calcarea alcune grandi cisterne per
l’approvvigionamento dell’acqua piovana, costruirono la prima parte dell’edificio
46 Il 29 settembre 1900 don Belloni scriveva a don Durando che gli EE.SS sono andati bene e «le
accludo le pagelle delle varie professioni religiose ed ordinazioni»: ASC faldone Belloni.
47 Secondo una testimonianza coeva di François CONIL, Les Salesiens de Dom Belloni, in Id.,
Jérusalem moderne: Histoire du Mouvement Catholique actuel dans la Ville Sainte. Paris-Lyon:
Maison de la Bonne Presse, 1894, pp. 218 e 219, don Belloni aveva professato come salesiano il 24
maggio 1892 a Betlemme, nel contesto della solenne benedizione della chiesa del “Sacro Cuore”,
alla presenza di benefattori francesi partecipanti a uno dei celebri pellegrinaggi penitenziali. Mentre
“il 7 luglio 1893 emise i voti perpetui a Cremisan nelle mani di don Marenco, essendo testimoni don
Varaia e don Coradini”: ASC 31.22 M[edio] O[riente] Corrispondenza con i Capitolari, lettera di
don Marenco a don Barberis, 26 luglio 1893 (cf BORREGO, p. 69).
48 Cf CONIL, Les Salesiens ...pp. 207, 215-219 passim; BORREGO, cap. 3°, pp. 49-51.
La vita e l’azione
19
(1878-80). In questo ambiente nell’anno scolastico 1878-79 i “Fratelli della Santa
Famiglia” inaugurarono l’orfanotrofio e l’incipiente scuola agricola, con una
quindicina di allievi; don Guglielmo Barberis ne fu il primo direttore, seguito da don
Antonio Scanzio (1882 al 1891)49. Nel 1878 giunsero tre “Figlie di Maria Missionarie”
inviate dal loro fondatore don Giacinto Bianchi per prendersi cura della cucina e
guardaroba50; esse furono alloggiate in uno spazioso edificio autonomo che delimitava
parte del lato occidentale del pianoro. Nell’insieme l’opera restava isolata, senza vie
di comunicazione, e la proprietà, dai confini imprecisi spesso contestati da pretendenti
padroni e fittavoli, era esposta da tutte le parti alla mercé di beduini e dei loro greggi51.
Nel 1892, a sostituire don Raffaele Piperni (1842-1930), vi fu inviato don
Antonio Varaia (1849-1913) che divenne il primo direttore salesiano (1892-1894). Da
ragazzo orfano era stato accolto da don Bosco a Valdocco, fece la professione come
salesiano chierico nel 1872 e ricevette l’ordinazione nel 1876. Era un ottimo sacerdote
che univa una profonda vita interiore con una notevole capacità organizzativa pratica.
Aveva dato prova della sua bravura nell’orfanotrofio e fiorente colonia agraria di St-
Cyr in Francia, e ora a Betgamāl, svanite le prime illusorie impressioni, gli pareva di
essere passato da un giardino a un deserto infestato da briganti dove, per resistere, ci
sarebbe voluto uno come loro52. A parte la battuta, don Varaia si dimostrò all’altezza
del nuovo compito assegnatogli e con l’esempio e la parola iniziò a innestare su quel
terreno le tradizioni e lo spirito che aveva appreso a Valdocco. In particolare “fu il
primo maestro di vita salesiana di Srugi e quindi dovette trasmettergli, nel contatto di
due anni, qualche cosa della sua ricchezza spirituale”53.
Egli svolse un ruolo importante nel delicato periodo di assestamento fra
belloniani e salesiani. È evidente che l’arrivo di 25 salesiani e 5 FMA in sei mesi
(tutti italiani, eccetto uno) aveva sbilanciato lo stato delle cose sia dal punto di
49 Cf AIMOR 4.4.2, cartella n° 1: Cronistoria della Casa di Beitgemal...; FIORA, p. 54.
50 Cf PAPA-FABRIZI, Un’identità…, 864-865.
51 Il 15 settembre 1892 don Belloni, presentava al Patriarca latino la lista completa delle 7 “Proprietà o
beni immobili appartenenti all’Opera Santa Famiglia”: 2 a Betlemme; 1 di “circa 120 ettari a 3 Km
da Beitgialla sopra la strada di s.Giovanni in Montana”; “un terreno di circa 900 ettari in Beitgemal”;
1 terreno a Gerusalemme, sopra la vasca detta Mamilla; a Temeth vicino a Madaba, circa 100 ettari;
a Nazareth circa 150 ettari: cf AIMOR 4.4.1.1, Documenti e corrispondenza 1901-1944, cartella A.
Nel settembre 1932 don Sacchetti scrive che quelli di Betgamāl sono 650 ettari: cf ibidem, cartella
C. Circa la registrazione delle parcelle di proprietà al catasto, le dispute e i casi giudiziari con i
beduini, gli Hafīri (ultimi capi del villaggio musulmano), gli Sharīf e lo stesso intermediario Hanna
Bāder di Beitgiala, cf l’abbondante documentazione in AIMOR 4.4.1.1, cartelle A e B, e ABG,
Cronache fino al 24 aprile 1942.
52 In AIMOR 4.4.2, Secondo periodo: 1892-1914: i primi 5 direttori salesiani furono d. Varaia (gennaio
1892 – ottobre 1894), d. Coradini (1894-1896), d. Cantoni (1896-1901), d. Vercauteren (ottobre
1902 - settembre 1908), d. Isacco Giannini (1908-1914); cf anche CERIA, Annali II, 184. Per
don Varaia, cf ASC Faldone Varaja [sic], e BORREGO, p.74 che si basa su ASC F399 Beitgemal.
Corrispondenza, lettera di don Varaia a don Lazzero, 15 maggio 1893.
53 FIORA, p. 60, ribadito a p. 65, all’interno dell’intera sezione di pp. 58-68. Sulla bella figura di don
Varaia e il suo ruolo di formatore di Simone, cf anche FORTI, pp. 28-32.

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20
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
vista quantitativo che qualitativo (cultura, lingua, modi di fare ...). Si diffondeva
insoddisfazione sia tra i “Fratelli della Santa Famiglia”, rimasti in minoranza, che
tra i maestri e capidarte locali, i quali avevano dovuto lasciare il posto ai coadiutori
salesiani stranieri. Inoltre l’eccessivo zelo riformista di qualcuno aveva causato
tensioni tali (forse anche ingrandite apposta) che don Rua dovette richiamare in
Italia, appena dopo alcuni mesi, don Giovanni Battista Useo (1862-1897)54. In questo
frangente il catechista generale don Giulio Barberis intervenne con una serie di lettere
indirizzate a don Antonio Varaia, allora considerato dai superiori di Torino come la
persona di riferimento sul posto e “il superiore in seconda”, rispetto a don Belloni.
In esse don Barberis raccomanda prudenza, gradualità, rispetto e adeguamento alle
tradizioni locali (“...se don Bosco si fosse trovato a Betlemme, avrebbe fatto come
don Belloni”), richiama alla pratica del sistema preventivo ed espone altri punti
importanti nella lunga lettera (7 facciate) del 10 Giugno 1892 che raccomanda venga
letta in pubblico a tutti i confratelli. Infine in quella del 8 Giugno 1894 dà consigli
morali e indicazioni pratiche per Betgamāl55.
2.7. La prima visita di don Michele Rua (1895)
Ma non bastarono né le lettere, né le visite di don Celestino Durando (luglio
1892) e di don Giovanni Marenco (giugno-agosto 1893, con il quale giunsero altre
due suore). Nel 1895 don Rua decise di venire di persona, accompagnato da don Paolo
Albera, per cercare di superare le persistenti difficoltà (interne ed esterne) che erano
affiorate nei primi anni della fusione (e confusione) fra belloniani e salesiani, e anche
fra FMA e “Figlie di Maria Missionarie”. Egli intendeva pure chiarire i principali
problemi che restavano pendenti con le autorità civili ed ecclesiastiche. Questa storia
esorbita dalla natura del mio lavoro; rimando alla documentazione d’archivio in parte
studiata da alcuni ricercatori56. Mi limito a un semplice commento: è difficile pensare
che il giovane Simone Srugi, intelligente e di carattere così sensibile, non si sia accorto
di niente. Propendo a credere che il suo temperamento raccolto e riflessivo lo abbia
aiutato a superare gli aspetti problematici di questi eventi, che ebbero luogo proprio
nel periodo del suo passaggio da Betlemme a Betgamāl.
Qui l’azienda o colonia agricola, dopo gli anni di gestione dei belloniani che
avevano posto solide basi, andava sviluppandosi gradualmente sotto la direzione
54 BORREGO, capitol IV: I Salesiani in Palestina, parte III, n° 2; In seno alla famiglia, p. 64.
55 Inoltre incoraggia a studiare la lingua araba, commenta il rimpatrio forzato di don Useo, chiede
aggiornamenti circa il numero dei novizi, e l’andamento delle relazioni con le religiose di don
Giacinto Bianchi. Mi permetto di osservare che queste lettere autografe, ancora inedite presso
l’ASC, Faldone Varaja, Fascicolo n° 9, meritano di essere studiate e pubblicate per il loro valore
pedagogico, pastorale e spirituale, oltre che come documento storico di prima mano. Segnalo che
nella stessa collocazione d’archivio si trovano anche quattro lettere autografe di don Paolo Albera a
don Varaia del 1894-97.
56 Cf CERIA, Annali II, 185-187; Angelo AMADEI, Il servo di Dio Michele Rua successore del beato
Don Bosco. 3 voll. Torino: SEI, 1931-1934, qui I, pp. 667-669; Igino GREGO, Sulle orme di Cristo.
Il beato Michele Rua pellegrino in Terra Santa. Gerusalemme: Francisan Printing Press, 1973, pp.
16-25.
La vita e l’azione
21
dei primi salesiani. Il personale religioso e i collaboratori laici avevano una gran
mole di lavoro da portare avanti (bonifiche e coltivazioni, allevamento del bestiame,
rimboschimento ...) in cui coinvolgevano i ragazzi, non pochi dei quali faticavano
a sostenere il ritmo del lavoro nei campi e parallelamente a frequentare le ore
pomeridiane di scuola.
La visita di don Rua portò una ventata di energia. Egli mise l’opera sotto la
protezione della Madonna di Lourdes (della quale benedì la statuetta della grotta nel
piazzale d’ingresso) e la battezzò “la casa della carità”, non solo perché constatò il
bene che si faceva agli orfani, ma anche auspicando che la campagna, sempre meglio
coltivata, potesse provvedere pure alle altre due case di Betlemme (chiamata “della
fede” perché tutto era cominciato lì) e Cremisan (“della speranza” perché era già casa
di formazione delle nuove leve). Il dono di un frantoio e di un torchio da parte del
conte di Villeneuve si inseriva in questa prospettiva di sviluppo57.
2.8. Erezione dell’Ispettoria Orientale. Morte di don Belloni.
Passaggio al “protettorato” italiano (1902-1904)
Negli anni successivi vi furono avvenimenti molto importanti per la nostra storia.
Il 20 gennaio 1902 veniva canonicamente eretta l’ispettoria d’Oriente composta
da 71 confratelli, e alcuni mesi dopo fu nominato ispettore don Luigi Nai (1855-
1932)58. Egli era “allora direttore di San Benigno Canavese, che aveva fatto fiorire,
ed ora avrebbe dovuto innestare il genuino spirito salesiano nelle case ricevute da
don Belloni. Questa scelta di don Rua fu ritenuta felice perché don Nai incarnava
la paternità di Don Bosco. Non era completamente digiuno dell’Oriente. Vi era
appena stato, verosimilmente mandato di proposito, come visitatore straordinario e
predicatore di tutti i corsi di esercizi spirituali”59.
Don Nai riuscì a stabilire rapporti di fiducia sia con il patriarca Piavi sia con i
Francescani della Custodia60. A don Belloni si continuava a dare il titolo riverenziale
di “superiore”, ma di fatto la sua salute era talmente precaria che aveva già “passato
il testimone” al ventisettenne don Carlo Gatti nominandolo suo vicario61. Si direbbe
57 Cf GREGO, Sulle orme di Cristo ..., pp. 24-25 che attinge prevalentemente da Annali II, pp. 186-
187. Don Alessandro Botto nei suoi appunti inediti di cronistoria fornisce alcuni dati riguardanti
il mulino (di cui Srugi sarà incaricato) e l’oleificio: “Anni 1903-1908: motore a petrolio. Torchio
nuovo e barili, alambicco”. Nel 1913: “Si acquista bestiame, attrezzi per la campagna, cantina,
oleificio ecc.. Si compra un mulino di 2 pietre e un motore orizzontale Diesel (37 cas.) installato
nel dicembre 1913: si adibirono i locali della bassa corte allargati e adattati. Nel medesimo locale si
portò l’oleificio”.
58 Nell’ultima delle osservazioni scritte nel citato RBA si legge: “Il 5 di settembre, dietro mia dimanda,
il Capitolo Superiore nominò il sig. D.Luigi Nai Ispettore delle case salesiane in Palestina e superiore
dell’orfanotrofio di Betlemme. D.Antonio Belloni fu lasciato a riposo dietro ordine del medico a
motivo delle sue indisposizioni”.
59 POZZO, L’Ispettoria, p.18.
60 Cf BORREGO, pp. 26s, 81s.
61 BORREGO, p.81: tra aprile-settembre 1901 fece il suo ultimo viaggio in Europa, accompagnato da
don Gatti, per ringraziare i benefattori e sollecitare ancora la loro generosità: cf Il ritorno del Padre

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Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
appena in tempo: morì infatti il 9 agosto 1903, 11 giorni prima di quello che sarebbe
stato il suo 72° compleanno:
“L’emozione fu grande, il compianto generale, i funerali un vero trionfo.
Vari consolati esposero la bandiera a mezz’asta, segno che egli fu sempre al di
sopra delle contese di nazionalità, meritandosi la stima e la collaborazione di tutti.
L’Opera della Santa Famiglia perdeva il fondatore, la Palestina il Padre degli
orfani, il patriarcato latino un degnissimo sacerdote e missionario apostolico, i
salesiani un confratello che in dieci anni di vita religiosa era stato esempio di
umiltà e semplicità”62.
Uomo carismatico e di cultura, fondatore e amministratore, don Belloni fu la
figura più rappresentativa di ecclesiastico nella sua generazione, degno di essere
nominato vescovo e patriarca latino di Gerusalemme (di fatto gli fu proposto e vi
rinunciò per consacrarsi totalmente ai suoi orfani). Era considerato un uomo di Dio,
un santo, e nell’opinione di molti suoi contemporanei, condivisa dagli storici, meritava
che fosse avviata la causa della sua beatificazione63.
Le comunità salesiane della Palestina, “prive ormai dell’occhio vigile ed
esperto di don Belloni, che con il suo equilibrio e la sua virtù fungeva da elemento
moderatore, subirono vari scossoni”. Don Rua vorrebbe che fossero delle “piccole
famiglie” e scrivendo a don Nai in varie lettere del 1904 “si mostra preoccupato che in
degli orfani, in BS 25(1901) 309s. ASC 275 Belloni A., principali lettere a don Durando: 14.4, 19.5,
19.10.1900; 16.1, 14.5, 18.7, 2 e 20.8.1902. Tra le sue richieste ai superiori di Torino vi era quella
di professori preparati per l’insegnamento della teologia ai chierici, che egli avrebbe voluto riuniti
in uno studentato a Betlemme, invece che essere lasciati nelle varie case: cf lettere a don Rua del 28
luglio 1900 e del 23 febbraio 1902, in ASC 275 Belloni A.
62 POZZO, L’Ispettoria ..., p.19. Per un profilo essenziale, cf Gianmaria GIANAZZA, Don Antonio
Belloni. Abulyatama, Padre degli Orfani [commemorazione tenuta a Borgo St’Agata, Oneglia
(Imperia) nel 2003, primo centenario della morte; stampata pro manuscripto a Betlemme].
La biografia completa resta quella araba di don Nahhās, già segnalata. Invece quanto Giorgio
SHALHŪB scrisse nel suo Abuliatama,” il padre degli orfani” nel paese di Gesù: il Canonico
Antonio Belloni. Torino: SEI, 1955, non è soltanto “a carattere divulgativo e senza grandi pretese”
(FIORA, p. 14), ma in punti cruciali contiene cose non vere: ad es. a p. 114 scrive che nel 1888 i
belloniani erano “cinquantun religiosi professi e nove tra novizi e ascritti”; a p. 116 aggiunge che
don Belloni ai Salesiani “lasciò, come preziosa eredità, 38 vocazioni”. Per quanto riguarda Simone
Srugi, a p. 153-154 si legge: “Nativo di Nazareth a 11 anni fu mandato da don Belloni a Betgemal,
ove rimase per 59 anni”. Più avanti: “Nel 1928 quando le inimicizie fra ebrei e mussulmani in
Palestina raggiunsero il massimo di effervescenza /.../ un musulmano /.../ salì con lui nel treno per
ucciderlo”. Poco dopo: “Era stato scelto come delegato per il capitolo generale con don Bianchi”.
In particolare, la raccomandazione che, secondo don Shalhūb, don Rua avrebbe fatto “ai superiori
della casa” circa Simone (“Seguite questo confratello; notate le sue parole e i suoi atti, giorno per
giorno. È un confratello prezioso, è un autentico santo”) a p. 153, senza precisare nomi e data, non
trova riscontro storico né conferma da parte di quei superiori.
63 Cf Gianmaria GIANAZZA, Don Antonio Belloni..., p. 12. In seguito alla sua professione nella
congregazione salesiana e la cessione ad essa di tutte le sue proprietà (testamento olografo del 9
gennaio 1903: cf POZZO, L’Ispettoria ..., 10-11 e nota 5), fu osteggiato e discreditato presso le
gerarchie locali. Per cui negli anni che seguirono la sua morte, prevalsero altri interessi che non
quello di dar corso alla causa della sua beatificazione.
La vita e l’azione
23
esse fioriscano la pietà e la carità, che trovino assestamento e che Maria Ausiliatrice ci
aiuti a ripulire tutta la Palestina dalle molte erbe dannose spiritualmente”64.
Alla scomparsa di don Belloni si aprì il contenzioso dell’eredità dei terreni e dei
beni che gli erano appartenuti65. Un’altra complicazione fu causata dalla decisione
che i superiori di Torino presero nel 1904 di mettere sotto il protettorato dell’Italia
le opere salesiane di Terra Santa (eccetto Nazaret) che finora erano state sotto quello
francese66. Essa ebbe conseguenze drammatiche durature nelle relazioni fra confratelli
autoctoni e italiani, come avremo modo di accennare più avanti. Don Nai fece fatica
a gestire la crisi e al termine del suo mandato nel 1906 lasciava al suo successore don
Pietro Cardano (1866-1911) molte questioni aperte non solo in Palestina, ma anche in
Egitto e in Turchia dove la Congregazione si era estesa nel frattempo67.
Da parte sua Simone Srugi, animato da spirito di fede, si mantenne calmo e
sereno tra gli scossoni che si avvertivano anche nella comunità di Betgamāl, “contento
di servire il Signore nella sua santa casa”, come scriveva a don Rua in occasione della
Pasqua del 1907. Ritornerò su questo messaggio nella sezione degli Scritti.
64 POZZO, L’Ispettoria ..., pp. 20-21.
65 Il 15 agosto 1903 il Console generale d’Italia in Palestina, Tommaso Carletti, informa della morte
di d.Belloni il Ministro degli AA.EE. a Roma e in copia l’Ambasciatore d’Italia a Costantinopoli:
“Secondo il D.Gatti assicura, il defunto ha lasciato suo erede universale D.Rua, capo dell’ordine
Salesiano residente in Torino. Malgrado il testamento, sono sicuro che un acuto conflitto sorgerà tra
il Patriarcato ed i Salesiani. Il Patriarcato pretende che gli Istituti D.Belloni debbono appartenergli
perché il D.Belloni era primitivamente un prete del Patriarcato. I Salesiani dal canto loro sostengono
che gl’Istituti D.Belloni appartengono all’ordine Salesiano perché il D.Belloni, con regolare
permesso della Propaganda Fide, si è nel 1892 aggregato all’ordine, e ha fatto donazione dei suoi
beni. Per quanto ne posso finora giudicare, stimo che i Salesiani abbiano ragione e torto il Patriarcato.
Ma è matassa aggrovigliata che si potrà cominciare a dipanare solo quando arriverà il D.Nai; e se ad
un accomodamento non fosse possibile addivenire, credo che la Propaganda Fide dovrà intervenire
per definire il piato”: AIMOR BG 4.4.1.1 – cartella B: tre fogli dattiloscritti. Tommaso Carletti,
assunse le funzioni nell’ottobre 1901 e il 5 giugno 1902 gli furono conferite patenti di console
generale: cf Costanza LISI (a cura di), L’archivio del Consolato Sardo in Palestina poi Consolato
d’Italia a Gerusalemme (1843-1943), in Storia & Diplomazia. Rassegna dell’Archivio storico del
MAE e della Cooperazione internazionale” 5(2017), p. 152.
66 La convenzione fu firmata il 9 settembre 1904 da don Rua e dal prof. Ernesto Schiaparelli, presidente
dell’ANMI: ASC 3143, Medio Oriente. Trattative Cerruti-Schiaparelli. Su questa decisione
DESRAMAUT, pp. 54-57 espresse una valutazione critica, che ribadì tale e quale nell’articolo:
Il governo secondo Don Rua, in LOPARCO-ZIMNIAK, Don Michele Rua ..., pp. 150-151,
concludendo che a causa di essa “la congregazione salesiana avrebbe fallito la sua inculturazione
in Palestina”. La valutazione è condivisibile, invece la conclusione è gratuita, poiché l’autore non
riconosce che numerosi confratelli si sono distinti per il notevole o eccellente grado di inculturazione:
C.Gatti, M.Rosin, G.Morosini, B.Ubezzi, A.Bortolaso, E.Camerota, A.Botto, G.Ponzetti, V.Pozzo,
G.Amateis, G.M. e PG. Gianazza. Agli inizi degli anni 1970 alcuni di essi contribuirono a rilanciare,
a favore dei ragazzi arabi, proprio l’opera salesiana francofona di Nazaret che era in crisi.
67 Cf Pier Giorgio GIANAZZA, Don Rua e la fondazione salesiana di Alessandria d’Egitto, in
LOPARCO-ZIMNIAK, Don Michele Rua ..., pp. 805-828; Vittorio POZZO, Inizi e sviluppo
dell’opera salesiana in Turchia durante il rettorato di don Michele Rua (1888-1910), in LOPARCO-
ZIMNIAK, Don Michele Rua ..., 829-860.

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Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
2.9. La seconda visita di don Rua e i contatti con Simone (1908)
Don Rua volle tornare a visitare tutte le case dell’ispettoria durante il viaggio
del 1908, il più lungo della sua vita, accompagnato dall’economo generale don
Clemente Bretto che ne scrisse un ricco diario. [Foto n.9] A Betgamāl fu dal 1°
al 5 aprile 1908, e vi lasciò una doppia lista di raccomandazioni riguardanti tutti
gli aspetti dell’opera, scendendo a minuti dettagli circa l’allevamento degli ovini,
la coltura degli erbaggi, del frumento e degli ulivi, insistendo sulla equilibrata
distribuzione delle responsabilità di settore fra i coadiutori, ecc. Ma soprattutto
richiamando al direttore e al prefetto la priorità della vita religiosa con l’osservanza
delle Regole, le conferenze mensili, la vigilanza perché con gli educandi si usasse
il sistema preventivo. Tra la prima e la seconda lista, assommano a trentuno; merita
riportarne alcune:
“1° Metter per base l’osservanza delle Regole. – Il direttore “ricordisi che
il suo uffizio è più spirituale che temporale, perciò stia attento a non lasciarsi
assorbire dagli affari materiali a danno degli spirituali. – Procuri due prediche
ogni giorno festivo, una la mattina, l’altra alla sera. – Faccia ai confratelli due
conferenze mensili e riceva i rendiconti mensilmente. – Procuri anche alle Suore
una conferenza mensile all’esercizio della buona morte. – Faccia scuola di teologia
a N.N. almeno tre volte la settimana. Si desidera per costui un dizionario arabo-
francese od arabo-italiano. – Colle buone parole e con paterna familiarità incoraggi
i coadiutori e famigli, informandosi delle loro aziende e lasciandoli spiegar la loro
attività”. – Il prefetto “non si abbandoni interamente alle cure materiali; assista
alle pratiche di pietà della comunità, e si riserbi almeno un po’ di tempo per alcuni
studi sacri. Raccomandare il sistema preventivo ed escludere i castighi violenti e
lunghi. /.../ sorvegli che non si adoperi il sistema repressivo, avvisando chi vi si
abbandonasse”68.
Il superiore di Betgamāl allora era don Charles Vercauteren (1865-1939, direttore
dal 1902-1908) uno dei belloniani che scelse di farsi salesiano, rifece il noviziato
e professò nel 1894. Aveva conosciuto Simone nell’orfanotrofio di Betlemme e fin
da allora ebbe l’impressione che fosse “un santo ragazzo”. Il prefetto-economo era
don Pietro Sarkīs (1871-1937) anche lui ex-belloniano; avrò modo di presentarlo più
avanti. Tra i ragazzi che don Rua incontrò vi era un gruppetto di orfani Armeni, per i
quali egli si era interessato di persona, lanciando un appello ai giovani e ai cooperatori
dalle pagine del Bollettino Salesiano. Essi a Betgamāl erano assistiti in particolare dal
chierico Giovanni Almagian, loro connazionale e orfano egli pure, che stava facendo
altri due anni di tirocinio pratico (1907-1908)69.
Non v’è dubbio che, per la sua parte, Srugi si sia scrupolosamente adeguato alle
direttive del successore di don Bosco. Tra di loro ci fu uno scambio epistolare, di cui
68 Angelo AMADEI, Il Servo di Dio Michele Rua. Torino: SEI, 1934, III, 391-393; Virginia
COLOMBO, I viaggi di Don Rua, in LOPARCO – ZIMNIAK, Don Michele Rua ..., 474-476, 483-
484. Il chierico studente di teologia e arabo era Giovanni Almagian.
69 Dedico a questa categoria di persone una “finestra” apposita nella seconda sezione.
La vita e l’azione
25
ci sono rimasti due biglietti di risposta di don Rua, che esaminerò nella seconda parte,
dedicata agli Scritti di Srugi70.
2.10. “Bethgemal”, vista da don G.B. Francesia nel 1909
Nel 1909 sostò a Betgamāl per quattro giorni don G.B.Francesia che diede alle
stampe le sue impressioni71. Il 5 agosto, partito da Giaffa in treno, toccate Lidda e
Ramlah, giunge alla stazione ferroviaria di “Der Raban (convento dei religiosi)”
[sic] dove durante la breve sosta sulla via per Gerusalemme, gli vengono incontro
l’ispettore don Pietro Cardano con un gruppo di confratelli e ragazzi
“portandoci un saggio dell’uva privilegiata di Bethgemal che significa in nostra
lingua casa di Gamaliele. /.../ Il suo corpo, unito a quello di santo Stefano ed altri,
furono poi miracolosamente scoperti e tornati in onore secondo il desiderio di Dio.
Ora a Bethgemal c’è una colonia di Don Bosco assai fiorente” (p. 58 e 163).
Nel pomeriggio del 4 settembre, scendendo da Gerusalemme, arriva la seconda
volta alla stessa stazione e di qui, a dorso di cavallo,
“verso le cinque si giungeva alla vetta della fertilissima terra di Bethgemal.
Non dovrei estendermi a parlare di ciò che han fatto i miei fratelli, perché qualcuno
potrebbe tacciarmi di lodare l’opera mia. Non posso tacere perché qui c’entra la
causa della religione, che è pur causa di civiltà. (p.158) Voi potreste conoscere
dove ci sono i cattolici e dove i turchi [i musulmani, nel lessico di d.Francesia]:
i campi sono nettamente divisi e non c’è pericolo di confonderli. Da una parte il
rigoglio di una vegetazione splendida e abbondante, e dall’altra la desolazione
ed un’opprimente aridità. Quanti olivi! Quanti vigneti! E quanta abbondanza di
raccolti! /.../ Si arrivò finalmente a casa /.../ La colonia è abitata da circa 40 orfanelli
e venuti specialmente dal Libano. Essi imparano con regolarità a leggere e a scrivere
la lingua nativa, l’italiana ed anche l’inglese. In generale quelli che dimostrano un
ingegno più svegliato e cuore più buono, hanno un corso di latino, con la speranza
che coll’andare dei tempi vengano ad aiutare i loro superiori nell’opera benefica
di educare ed istruire i poveri arabi. In quel giorno ne vidi qualcuno che era tra
gli scampati di Adana in Armenia. Bastava il racconto de’ suoi casi pietosi per
commuoverci alle lacrime”. (pp. 159-160)
70 Per la descrizione delle sue molteplici occupazioni materiali, cf FORTI, pp. 40-41, 61-88. Don Fiora
amplifica ed enfatizza gli stessi elementi nel lungo capitolo VII della Biografia…, pp. 73-112, quasi
facendo di Srugi il factotum della casa, il che risulta esagerato, come vedremo.
71 Giovanni Battista FRANCESIA, Don Bosco in Oriente. Memorie di un viaggio in Palestina. Torino:
Ufficio delle Letture Cattoliche, 1912. Don Francesia (1838-1930) fu uno dei primi salesiani del
1859, insieme a don Rua; tra i consiglieri di fiducia di Don Bosco, dal 1878 al 1902 fu ispettore
nel nord-Italia, dal 1886 al 1913 direttore delle “Letture Cattoliche”. Cf Pietro STELLA, Francesia
Giovanni Battista, in “Dizionario Biografico degli Italiani”, volume 50(1998). Nella biblioteca
comunitaria di Betgamāl del tempo di Srugi si conservano un buon numero di suoi scritti, tra i quali
anche una rara copia del De Dominico Savio: salesianorum legiferi alumno commentarius. Sancti
Benigni in Salassis: ex oficina Don Bosco, 1910.

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Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
Nonostante il prosciugamento di alcuni rigagnoli, l’acqua malsana ristagna in
fondo valle, perciò il clima è insalubre; di giorno fa caldo e di notte si odono gli
sciacalli che urlano mentre devastano le vigne. Tuttavia,
“da noi si coltiva il grano e se ne fa più che a sufficienza per la numerosa colonia.
Si ha un molino per noi e per gli abitanti; ed ho visto che lavorava abbastanza. Tutto
il giorno vidi arrivare i turchi col loro asinello, far macinare la loro piccola quantià di
grano, e poi ripartire. Dissi al direttore di casa: E questi turchi non vi sono molesti?
– Veda, essi vengono qui da noi anche per gli olivi, e da qui a qualche tempo, per le
uve, a preferenza di andare laggiù (e mi segnava un piccolo borgo, tutto di ebrei nelle
vicinanze della stazione). Gli ebrei, per farci concorrenza, esigono minore spesa,
hanno strumenti più perfetti, e non ci tolgono uno. Che mai? I turchi sono sempre
turchi, e sebbene nemici di ogni progresso e di una certa qual agiatezza, essi ci
amano e ci stimano. Vuol crederlo? – mi diceva il direttore: questa gente cieca nel
suo culto pel profeta, vede i sacrifizi del clero cattolico e li ammira. Più di una volta
ci dicono che se non fossero turchi vorrebbero essere latini, ma greci mai!” (pp.
160-161). “Vedevo sventolare la bandiera italiana e volli sapere se era conosciuta. –
Oh, se la conoscono! Se non fosse per questo po’ di pannolino che vede agitato dal
vento, quanti pericoli anche per la nostra vita! Invece si può stare sicuri che sotto a
queste pieghe non avremo nessuno sfregio. Vengono alcuni fanciulli a divertirsi con
gli orfanelli, e le ragazze spesso corrono dalle Suore di Maria Ausiliatrice, che da
tanti anni prestano amorevole cura ai più piccoli orfanelli, e attendono all’istruzione
di alcune turche che desiderano imparare qualche cosa. All’indomani era festa della
Natività della Madonna; non ho potuto fare a meno che unire il nome caro di Don
Bosco con la nostra buona Mamma, che fu la prima sua maestra e poi l’inspiratrice
di tutte le sue opere. /.../ Ed un tempo questa terra fu anche materialmente toccata
da lei!”
Al congedarsi, alcuni di quei “vispi orfanelli” lo accompagnano giù dalla collina
fino alla stazione dove è già in attesa il treno per Giaffa; di qui si imbarca per Haifa.
(pp. 161-163)
Le informazioni che don Francesia ci dà sull’opera salesiana (SDB e FMA;
numero, condizione e provenienza degli allievi interni; loro studi e formazione al
lavoro e alla pietà come “figli di Don Bosco”; affluenza di ragazzi e ragazze musulmani
esterni ...) corrispondono ai dati forniti dalle cronache della casa. Il quadro che egli
tratteggia dell’ambiente circostante e della mentalità del tempo (benché avvolti in uno
stile di piacevole narrazione), è convincente sia per gli aspetti storico-reali sia per
alcune percezioni condivise a livello culturale e religioso, quali le conosciamo da altre
fonti (pregiudizi e rivalitả fra ebrei, arabi, latini e greci...).
Inoltre si può pensare che don Francesia (il quale non nomina nessuno dei
confratelli, eccetto don Cardano) abbia incontrato anche Simone Srugi; oltre che
durante gli atti di vita comunitaria, forse al mulino, oppure mentre medicava quei
“quindici o venti orfanelli alla sera prima, tutti separati e sofferenti perché non
si avevano lavate le mani” prima di cogliere fichi e uva (forse irrorata), riportando
La vita e l’azione
27
infiammazione agli occhi. “Temevo che all’indomani l’epidemia si fosse propagata,
ed ebbi la consolazione di vedermeli già tutti o quasi comparire davanti con quegli
occhi vivi e ridenti e veramente arabi”. (p. 162)
Sono queste le persone con le quali Simone viveva, l’ambiente e le circostanze in
cui svolgeva i suoi vari compiti; corroborato dall’incoraggiamento del venerando don
Rua e del simpatico don Francesia, egli prosegue la sua esemplare vita di religioso
salesiano, dando il suo contributo al buon andamento della casa, specialmente come
infermiere, maestro elementare e formatore dei ragazzi più piccoli.
3. Simone educatore e apostolo nel trentennio centrale (1909-1939)
Convinto di essersi consacrato, perciò donato o, come diceva, “venduto
completamente” al Signore, il trentaduenne coadiutore si proponeva di agire solo per
la gloria di Dio, e il suo esempio non passava inosservato. Una conferma ci viene dal
giudizio che il nuovo ispettore don Luigi Sutera (1869-1948) scriveva nel quaderno
delle visite canoniche il 13 gennaio 1912: “Srugi: inappuntabile e contentissimo. È
l’edificazione di tutti”72. Fu in questa circostanza che egli fece dono a Simone della
Filotea di S. Francesco di Sales, che da allora rimase uno dei suoi libri preferiti, come
vedremo più avanti.
Simone agiva anzitutto da educatore salesiano. Ve lo predisponevano le sue doti
naturali (sensibilità e affettività equilibrate, spirito di osservazione, posatezza e senso
della gradualità, buon criterio pratico...) affinate poi dall’esperienza pratica e dalla
grazia di Dio.
3.1. Doti naturali e assimilazione dello spirito salesiano
Pur senza aver fatto studi specifici, aveva una cultura religiosa non comune e
una sicura padronanza del metodo preventivo, armonizzando ragione, religione e
amorevolezza. Al dilà delle poche materie di insegnamento scolastico e delle lezioni
di catechismo (comprese quelle ai candidati alla prima comunione e ai non cattolici in
preparazione all’abiura) Simone educava i ragazzi con la sua vita, stando insieme ad
essi e assistendoli non solo in studio ma anche in cortile, in chiesa e nell’infermeria,
nei giorni feriali e festivi. Il suo biografo don Forti ha messo giustamente in rilievo
questa primaria dimensione educativo-apostolica dell’azione che Simone svolse
per anni (specialmente prima di doverla ridurre a causa dell’impegno assorbente
nel mulino e nell’ambulatorio), e sintetizza affermando: la più bella figura che gli
exallievi di Betgamāl ricordavano ad anni di distanza era la sua73. Merita riportare, fra
le tante, queste tre testimonianze:
“I ragazzi avevano maggiore confidenza in lui che con gli altri superiori e
parlavano con lui con coraggio, senza alcun timore”. “Ho conosciuto molti padri
e fratelli nel convento di Betgemàl, ma nessuno di questi, sebbene stimati e buoni,
72 FIORA, pp. 116-117.
73 Cf FORTI, capitolo 7°: L’Educatore, pp. 73-87, qui p. 77.

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Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
aveva le doti di Srugi che si distingueva da tutti gli altri per la sua bontà”. “Quando
faceva da assistente il sig. Srugi, allora le sue sgridate erano consigli paterni, e la
sua rabbia era soltanto un sorriso amabile, e io filavo allora benissimo per questa sua
maniera dolce e affettuosa che aveva. La sua bontà era tale che bisognava ascoltarlo
e volergli bene. Con il suo amore per noi giovani egli conquistava la nostra stima, i
nostri animi”.
Il coadiutore Angelo Porro ha reso questa testimonianza:
“I ragazzi capivano che il signor Srugi li amava, e perciò facevano come lui
voleva e quello che voleva da essi”74.
Viene spontaneo commentare: nella sua azione educativa Simone incarnava
perfettamente lo spirito della famosa lettera del 1884 da Roma in cui don Bosco
scriveva che il segreto del successo sta nel fare in modo che i ragazzi si accorgano di
essere amati75.
3.2. Don Bianchi come guida spirituale (1913-1931)
Colui che più di tutti aiutò Simone a progredire nella perfezione della vita
consacrata salesiana fu don Eugenio Bianchi. Era nato il 26 marzo 1853 a Coriano
(Forli), crebbe a S.Patrignano e il 17 marzo 1877 fu ordinato sacerdote diocesano
a Rimini. La fama di don Bosco era diffusa nella regione, e nell’animo del giovane
prete nacque il desiderio non solo di conoscerlo di persona, ma di entrare nella sua
congregazione. Nell’estate del 1880 don Bosco gli rispondeva (senza data)
“Carissimo in N.S.G.C.
Da mio canto sono sempre lieto quando posso aggiungere qualche valente
guerriero alle umili file dei Salesiani. Venga dunque: ma come Ella ben dice, venga
a passare con noi qualche settimana. A tale scopo Ella può venire ad una muta di
Esercizi Sp. che avranno luogo in Lanzo dal 9 al 16 settembre prossimo. Se questa
epoca non è opportuna, lo dica e le fisserò altro tempo ed altra muta di Esercizi. Sia
prima, mentre e dopo di essi, ci parleremo e tratteremo quanto tornerà a maggior
gloria di Dio. L’attendo con gran piacere, e nel raccomandarmi alla carità delle sue
preghiere, ho la consolazione di professarmi ora e sempre,
Aff.mo amico
Sac. Gio. Bosco
P.S. Nel partire da Rimini, aggiusti le cose in modo da poter essere assente qualche
tempo, ove ciò occorresse”.
Don Bianchi fece sapere che non avrebbe fatto a tempo, perciò don Giovanni
Cagliero, il 23 settembre 1880, a nome di don Bosco, lo invitava a partecipare alla
74 AIMOR 15.1.3, cartella 9C.
75 Le testimonianze dei tre exallievi sono riportate da FIORA, p. 79, nota n. 25 e p. 80; il terzo è Joseph
Al Haiek che scrisse il 22.9.1964: cf AIMOR 15.1.2, cartella 8. Per il resto cf Pietro BRAIDO, La
Lettera di Don Bosco da Roma del 10 Maggio 1884. (= PiB dell’ISS, 3). Roma, LAS 1984.
La vita e l’azione
29
muta seguente. Don Bianchi acquistò un biglietto ferroviario circolare e il 4 ottobre
scese a Torino, donde raggiunge Lanzo; durante quel periodo di discernimento maturò
la sua decisione: il 13 ottobre entrò a S.Benigno Canavese per iniziare il noviziato,
che concluse con la professione salesiana il 4 ottobre 1881. Durante i 5 anni seguenti
affiancò il primo maestro dei novizi don Giulio Barberis (1847-1927); avendo espresso
il desiderio di partire per le missioni, don Bosco gli rispose da Torino, il 12 febbraio 1886:
“Lodo il coraggio e la buona volontà. Appena avrai terminata la coltura del
campo che Dio ti ha affidato, ti do’ fin d’ora ampio permesso. Dio benedica te, le tue
opere; e prega per me che ti sarò sempre in G.C.
Aff.mo amico
Sac. Gio. Bosco76
Di fatto quello stesso anno don Bosco lo costituì maestro dei novizi a Foglizzo,
dove egli il 4 novembre volle recarsi per dare la veste chiericale a 75 ascritti. La casa
era stata adattata alla meglio, e la povertà non tardò a farsi sentire. In un’occasione
don Bianchi aveva urgente bisogno di 1960 lire, si recò a Valdocco da don Bosco il
quale prima si disse spiacente d’aver consegnato tutto il denaro al prefetto generale,
poi volle vedere nel cassetto se nel frattempo fossero giunte nuove offerte: contarono
insieme, ed erano esattamente 1960 lire!77. Don Bianchi,
“già salesiano nell’anima prima di appartenere alla Congregazione, si mise
senza riserva nelle mani di Don Bosco e del suo degno interprete Don Barberis.
Sotto membra atletiche aveva le amabilità di un amico e di un padre santamente
affettuoso”78.
Don Carlo Gatti, suo novizio, divenuto poi ispettore del MOR, attesta che in
quegli anni don Bianchi svolse il suo delicato ministero
“prodigando le cure più assidue a oltre un migliaio di giovani ascritti, e tutti
conservano vivo nel cuore il ricordo della sua bontà paterna che raggiungeva, in
76 Attingo i dati dal manoscritto autobiografico in AIMOR, Schedario, Cartella personale, e da ABG,
Cronaca, n° 1. La prima lettera originale di don Bosco fu inviata a Torino da don Sacchetti nel 1931;
Eugenio Ceria la pubblicò nel 1937 in MB XIV, p. 563s.; Francesco Motto l’ha riprodotta come n°
3236 nel vol. 7° dell’Epistolario di Don Bosco (1880-1881). Roma: LAS, 2016; ma in nota ripete
inesattezze della mezza colonna del DBS, oltre a scrivere che nel 1912 Betgamāl faceva parte di
Israele.
77 Cf Giovanni Battista LEMOYNE, Vita del Venerabile Giovanni Bosco. Torino: SEI, 1913, vol.
2°, p. 617s.; da lui dipende CERIA, MB XVIII, pp. 246-252, con lievi inesattezze. Una piccola
busta grigia con l’indicazione: “D.Barberis dia a D.Bianchi” contiene un bigliettino autografo di don
Bosco: “Strenna della Madonna ai suoi cari figliuoli della casa di S.Michele di Foglizzo, lì 19.2.87.
Filioli mei, vultisne huiusmodi virtutem modestiam castitatem in securitatem ponere? Sobrii estote
et fugite otiositatem”: in ABG, Bianchi, Corrispondenza.
78 CERIA, MB XIV, p. 564. Al contributo di riflessione che don Bianchi diede in seno alla commissione
preparatoria del Capitolo Generale del 1895, di cui faceva parte don Filippo Rinaldi, accenna
Mario FISSORE, L’organizzazione della formazione iniziale nel periodo di Don Rua, in Francesco
MOTTO (a cura di), Don Michele Rua nella storia. Atti del Congresso Internazionale su Don Rua
(Roma-Salesianum, 29-31 ottobre 2010) = ISS- Studi, 27. Roma: LAS, 211, pp. 675-708.

3.5 Page 25

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30
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
molti casi, le tenerezze di una madre. Compativa alla nostra giovinezza ed esigeva
da noi soltanto quel poco di cui ciascuno era capace. Molto indulgente, era portato
all’ottimismo per cui confidava sempre nella buona riuscita delle sue “bestioline”,
come soleva chiamare, scherzosamente, i suoi figlioli; e anche quando pareva che
le speranze fallissero, sperava ancora sempre in un prossimo ravvedimento. /.../
Conservava gelosamente nel suo breviario tanti cartoncini, quanti furono gli anni
della sua direzione in Foglizzo, coi nomi dei novizi di ciascun anno. /.../ Ogni sera,
prima di andare a riposo, radunati i suoi cartoncini, impartiva dal suo inginocchiatoio
la benedizione di Maria Ausiliatrice a tutti i suoi novizi. /.../ L’abbiamo più volte
sentito manifestare commosso il timore che abbia ad attenuarsi tra i salesiani
quel senso della paternità quale egli la sentiva. Per lui il padre è tutto nel volere il
bene dei figli, ed egli viveva unicamente per i suoi giovani, cercava di conoscerne
intimamente le tendenze, s’immedesimava nei loro bisogni, guadagnandoli così a sé;
e quando doveva correggerne i difetti o contrastarne i desideri, trovava ragioni così
amorevoli e persuasive, che nessuno gli resisteva”79.
Tra i suoi novizi vi furono futuri santi, adesso già canonizzati o in via di esserlo.80
In particolare strinse una profonda amicizia spirituale con Luigi Versiglia che,
dopo la laurea in filosofia alla Gregoriana di Roma, tornò a Foglizzo al suo fianco
come professore e assistente dei novizi (1893-1896), e poi si mantenne con lui in
corrispondenza epistolare81.
Inoltre, quando don Rua decise di mandare i primi salesiani in Palestina, lasciò
l’incarico a don Barberis e a don Bianchi: questi scelse i giovanissimi missionari tra
i suoi migliori discepoli, chiese che gli scrivessero sovente, e faceva trascrivere le
loro relazioni perché fossero lette in pubblico82. Perciò si può affermare che l’influsso
di don Bianchi in Palestina era avvertito molto prima che vi giungesse fisicamente,
realizzando la sua aspirazione lungamente coltivata.
79 ABG: Bianchi, Lettera mortuaria , pp. 2-4.
80 Andrea Beltrami fece il noviziato nel 1886-87 (cf Luigi CASTANO, Santità Salesiana. Profili di
santi e servi di Dio della triplice famiglia di san Giovanni Bosco. Torino: SEI, 1966, p. 116); Luigi
Versiglia nel 1888-89 (ibid., p. 190); Luigi Variara nel 1891-92 (Ibid., p.320); Vincenzo Cimatti nel
1895-96 (Alfonso CREVACORE, Un uomo dalle molte vite. Il servo di Dio don Vincenzo Cimatti
salesiano missionario. Leumann: LDC, 1979, pp. 32, 34, 35); Augusto Hlond nel 1896-97 (cf
Stanisław ZIMNIAK, Il Cardinale August J. Hlond, primate di Polonia (1881-1948) = PiB dell’ISS,
18. Roma: LAS, 1999, p. 14 e 87).
81 Guido BOSIO, Martiri in Cina: Mons. Luigi Versiglia e Don Callisto Caravario, nei loro scritti e
nelle testimonianze dei coetanei. Profilo storico = CSSMS. Biografie, 3. Leumann: LDC, 1977, pp.
36, 37, 54-58, 61, ha pubblicato ampi brani di 5 lettere confidenziali che vanno dal 1892 al 1899.
82 Julio Humberto OLARTE FRANCO, De Agua de Dios al Mundo. El Siervo de Dios Luis Variara
sdb. Perfil Biográfico-espiritual. Santafé de Bogotá, D.C.: Instituto de la Hijas de los Sagrados
Corazones, 1992, pp. 59-76, ha ricostruito accuratamente l’ambiente formativo di Foglizzo nel
periodo 1891-1892 in cui Variara era tra i 140 novizi di don Bianchi; trattando del fervore missionario
che vi si respirava, segnala le 13 lettere dei primi missionari in Palestina che Variara trascrisse in due
quaderni perchè servissero per la lettura spirituale: si trovano in ASC A806, fascicoli 24 e 25: di esse
fanno parte le tre lettere di don R.Coradini che ho già utilizzate.
La vita e l’azione
31
Infatti nel novembre 1897, terminato il mandato a Foglizzo, gli fu affidata la
direzione di Ivrea, allora casa di formazione iniziale dove continuò a prendersi cura di
centinaia di novizi, chierici filosofi e “Figli di Maria”, provenienti da diverse nazioni
europee, molti aspiranti missionari. Nel 1911 trascorse qualche mese a Bordighera per
ristabilirsi in salute, e un breve periodo come direttore a Castel de Britti, poi “il giorno
9 di novembre 1912 per ordine del signor D.Albera Paolo partii per la Palestina con
D.Sacchetti”. Scrisse alcuni appunti di quei 15 giorni di viaggio con tappe a Loreto,
Corigliano d’Otranto (per inviare ai superiori di Torino una relazione sull’andamento
di quella scuola agricola), Napoli, Alessandria d’Egitto e Cairo, lo sbarco a Giaffa,
accolto dall’ispettore don Luigi Sutera che li accompagnò a Gerusalemme, Betlemme
e infine a Betgamāl. Lo stile è vivace, umoristico, con ricorrenti espressioni di gioia
per le meraviglie del creato, e di sincero affetto nell’incontrare dappertutto qualcuna
delle sue “bestioline”83.
Dopo sei mesi dall’arrivo a Betgamāl, avendo passato in rassegna in lungo
e in largo l’opera, intervistato le persone di casa e di fuori, i due visitatori stesero
una relazione complessiva di 15 grandi pagine manoscritte che lascia colpiti per la
competenza nell’analisi, la diagnosi critica dei mali che affliggevano l’azienda e per il
realismo della progettazione84. Ne discussero con i superiori di Torino i quali decisero
che essi si fermassero a Betgamāl per avviarne il rilancio.
Anche da Betgamāl don Bianchi continuò la corrispondenza epistolare con
molti dei suoi ex-novizi; quindi è plausibile che ne facesse partecipe la comunità per
edificazione e incoraggiamento. Più ancora: Simone Srugi trasse profitto dalla lunga
esperienza di questo straordinario direttore d’anime, e d’altra parte, come infermiere,
gli fu particolarmente vicino dato che, per la sua malferma salute, aveva spesso
bisogno di assistenza
3.3. Don Sacchetti manager e abūna Sarkīs amministratore dell’azienda
(1913-1938)
Alfredo Sacchetti nacque a Firenze il 21 luglio 1871; da studente nel ginnasio
di Alassio incontrò don Bosco che gli fece questa profezia: “Ti farai salesiano, avrai
molte peripezie nella tua vita religiosa, ma le conchiuderai con una santa fine”85.
Difatto entra nel noviziato di Foglizzo nel 1889, avendo come maestro proprio don
Eugenio Bianchi; nel settembre di quell’anno riceve la vestizione dalle mani di don
Rua, e l’anno seguente emette la prima professione a Valsalice, dove si ferma per gli
83 Trascrizione di 4,⅓ pagine a cura di don Saccchetti in ABG, Cronaca, n° 1.
84 ABG: SACCHETTI, Annotazioni varie. Beitgemal dal 1913 al 1926. Entrando subito in medias
res, denunciano che il male principale è la mancanza di continuità (un direttore fa e l’altro disfa);
i ragazzi non hanno le forze e la preparazione necessarie; gli animali non sono di razza adatta al
lavoro nei campi; le stalle e le attrezzature non rispondono ai criteri di una moderna scuola agricola
meccanizzata.
85 ASC, Archivio Cap. Sup. n° 9403, Lettera mortuaria scritta da don Giuseppe Festini, datata Napoli,
20 febbraio 1945, p. 2.

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Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
studi di filosofia. Inviato come missionario in Ecuador, vi compie gli studi teologici
e viene ordinato sacerdote a Quito nel 1893. La sua prima esperienza missionaria
fu brutalmente stroncata quando il governo massonico la notte del 24 agosto 1896
espulse i 9 salesiani di Quito deportandoli al confine col Perù: dopo 41 giorni di una
massacrante marcia nella foresta, arrivarono sfiniti a Callao, porto di Lima86. Due
anni dopo alcuni tornarono, mentre don Alfredo si fermò in Perù e nel 1897 fu tra
i fondatori del collegio di arti e mestieri di Arequipa; dopo aver cominciato come
catechista, consigliere e poi prefetto, dal 1902 al 1904 fu direttore87. Oltre a guidare
con competenza lo sviluppo della scuola agricola ed acquistarsi fama di scienziato,
specialmente in metereologia, divenendo direttore del bollettino nazionale88, seguì
la costruzione della chiesa dedicata a Maria Ausiliatrice, annessa all’istituto, che
era stata voluta dalla Giunta provinciale cattolica e dalla popolazione locale per
onorare il Divin Redentore e il Papa alla chiusura del XIX secolo e all’inizio del XX,
come “monumentale omaggio della città per la fausta occorrenza”89. In quegli anni
don Alfredo fu in relazioni amichevoli con Mons. Pietro Gasparri, allora Delegato
apostolico in Perù, Ecuador e Bolivia; amicizia che continuò anche quando divenne
cardinale protettore dei Salesiani e Segretario di Stato, come vedremo nel seguito
della nostra storia. I suoi spostamenti fino al 1912 non sono registrati nell’EGS. Nel
novembre 1912 venne inviato da don Paolo Albera insieme a don Bianchi in missione
esplorativa a Betgamāl e nell’aprile 1913 entrambi entrarono a far parte del personale
stabile90. Poliglotta, versato in materie sia bibliche che scientifiche, uomo delle relazioni
pubbliche, aperto e cordiale, conosceva per esperienza diretta il mondo delle colonie-
scuole agricole. Don Eugenio farà da direttore della comunità religiosa-educativa,
don Alfredo da “manager” e rappresentante legale (“procuratore”) dell’azienda.
Ma per l’esecuzione pratica del piano di rilancio, c’era bisogno di qualcuno
del posto che conoscesse bene la lingua e la popolazione araba. “Don Bianchi volle
presso di sé don Sarkīs, che aveva già avuto discepolo a Ivrea, ed era conoscitore di
quell’ambiente più di qualunque altro. E don Pietro ritornò felice a Beitgemal sotto il
suo antico maestro”. Era nato da famiglia maronita ad Akūra sulla montagna libanese
il 19 gennaio 1871. All’età di 3 anni rimase orfano di entrambi i genitori, travolti
da una valanga di neve; adolescente fu accolto a Betlemme da don Belloni e dopo
la fusione con i salesiani, venne inviato a Ivrea per rifare il noviziato e attendere
agli studi di filosofia e di agricoltura (1897-99). “Nel 1900 rientrò in Terra Santa
(Nazaret, Betgamāl ... ) e il 29 settembre 1904 fu ordinato sacerdote da mons. Piavi
86 Don Rua ne dava notizia nella Circolare del 31 gennaio 1897, pp. 156-157; CERIA, Annali II, pp.
549-571 e 590-602 descrive ampiamente le fasi di questo calvario: il processo con false accuse, la
condanna e l’esilio, il ritorno dei confratelli ecuadoregni e la riabilitazione che si ebbe solo nel 1902.
87 Cf le annate dell’EGS.
88 Cf Lettera mortuaria, p. 3.
89 CERIA, Annali II, 698-699: “Per tal modo come il collegio così la chiesa sorse senza che la
Congregazione dovesse sobbarcarsi a spese di sorta”; cf Lettera mortuaria, p. 3.
90 Non sono riuscito finora a ricostruire i suoi spostamenti dal 1905 al 1912 perché il suo nome non
figura nei due volumi dell’EGS.
La vita e l’azione
33
a Gerusalemme. /.../ Per tanti anni ebbe a suo carico la direzione dei principali lavori
agricoli e la soprintendenza dei numerosi operai e coloni”91.
Con don Bianchi, don Sacchetti, e don Sarkīs (abūna Butrus per la gente) si può
dire che per Betgamāl cominciava una nuova era. [Foto n. 10] I superiori di Torino
approvarono il piano di riorganizzazione della colonia agricola, la S.Sede permise di
vendere i terreni della fascia periferica di Derabān e col ricavato si costruì una nuova
stalla per sistemarvi bestiame di razza, si acquistarono macchinari e un nuovo mulino
dalla ditta ebraica Wagner di Giaffa92.
In quello stesso periodo visse in casa un ospite d’eccezione, il famoso archeologo
Duncan MacKenzie93.
3.4. Durante la prima guerra mondiale: disastri e segni di speranza
(1914-1918)
Sfortunatamente dopo solo un anno dall’arrivo dei nuovi confratelli, lo scoppio
della prima guerra mondiale gelò i progetti e gli animi. Toccò al nuovo direttore
don Bianchi affrontare la difficile situazione. Nel 1914 terminava il suo mandato
don Isacco Giannini (1878-1967) il primo direttore arabo di Betgamāl, che aveva
guidato con soddisfazione la comunità di SDB e FMA, curato la formazione religiosa
dei ragazzi e, sul piano professionale, aveva privilegiato lo studio rispetto al lavoro
nei campi. Rimase impressionato dall’esempio di vita di Srugi e in fase di processo
canonico rilascerà pregevoli testimonianze al riguardo, come vedremo. Alla fine di
dicembre 1914 le Figlie di Maria Ausiliatrice furono fatte partire in nave dal porto
di Giaffa per l’Italia via Alessandria d’Egitto94. Con l’entrata in guerra dell’Italia,
anche Betgamāl fu messa a durissima prova; la casa occupata da 200 soldati turchi,
poi saccheggiata: svuotati i magazzini e guardaroba, portato via il bestiame, le
attrezzature e le suppellettili, tagliati qualche migliaio di alberi tra cui 300 ulivi e
91 ABG: Lettera mortuaria; AIMOR: Schedario, cartella personale.
92 ABG: SACCHETTI, Annotazioni varie ..., pp. 15-17. Cf i documenti relativi alla vendita dei terreni
di Derabān in AIMOR 4.4.1.1, Corrispondenza: cartella A.
93 Il cronista appunta nel 1913: “Il prof. Mackenzie, direttore degli scavi di Betsames [sic] si alloggia
da noi per un anno e mezzo. È persona distintissima che non ci arreca nessun fastidio”: AIMOR
4.4.2. Il MacKenzie pubblicò: Excavations at Ain Shems (Beth-Shemesh) sul “Palestine Exploration
Fund Annual 1912-1913, Double Volume”. London, 1913. A p. 7 metteva una foto (fig. 3) del
“Convent of Beit Gemàl”, con la facciata meridionale della casa e il giardino di fronte. In un’altra
foto conservata nell’ABG figura il famoso “biroccio” usato per raggiungere la stazione ferroviaria;
probabilmente anche il McKenzie se ne serviva per recarsi sul sito degli scavi.
94 Cf AIMOR, Schedario, cartella I.Giannini. “Le suore che dovettero lasciare l’incipiente ispettoria
del Medio Oriente furono una quarantina”. Madre Annetta e alcune altre si fermarono ad Alessandria
e già alla fine del 1915 avviavano una modesta attività: “Le allieve aumentavano e la decisione di
fondare una scuola stabile fu una logica e desiderata conseguenza. Madre Vergano non ha dubbi:
tutto ciò che il Signore permette ha una ragion di bene. E poi: si sentiva sempre più conforme a Gesù,
alla Famiglia santa di Nazaret che aveva dovuto passare profuga e perseguitata, dalla Palestina in
Egitto. A lei affidava la sua assottigliata famiglia religiosa per averne pane e lavoro in attesa del
...Paradiso”: SECCO, Suor Annetta Vergano..., pp. 42-44.

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34
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
perfino divelte le radici per fornire combustile al treno. Per qualche tempo i confratelli
furono imprigionati a Ramlah, i ragazzi internati in un orfanotrofio musulmano di
Gerusalemme95. Sorte simile era toccata anche alle case di Nazaret e di Betlemme.
Molti sfollati da quest’ultima (e poi anche da Cremisan) per quasi due anni vennero
accomodati alla meglio proprio a Betgamāl96. Tra di essi il coadiutore Angelo Bormida
(1870-1917), eccellente disegnatore, carpentiere-ebanista, che in quegli anni non solo
eseguì lavori di manutenzione e pittura in vari ambienti della casa, ma contribuì anche
ad allietare le feste liturgiche con musica e canto corale97.
Dunque accresciuti impegni anche per l’infermiere Srugi, e più bocche
da sfamare per l’economo abūna Sarkīs. È vero che la campagna, lavorata da un
maggior numero di confratelli e giovani, poteva fornire provviste sufficienti per tutti,
residenti e sfollati. Tuttavia bisognava fare i conti con il fisco che, nonostante la
guerra, esigeva la sua parte! Oltre all’annuale tassa sulla proprietà, chiamata in turco
vercu [verco, vergo]98, vi era da consegnare in natura la decima per i raccolti d’estate-
autunno e inverno-primavera. Don Sacchetti nei suoi Appunti di cronaca, scrive che il
20.11.1916 l’economo venne denunciato al tribunale criminale “dall’appaltatore della
decima estiva per aver raccolto e ed accumulato il dura e le olive /…/; il 26.1.17 si
deve affidare il caso a un avvocato”99.
Durante quel confuso periodo di transizione, potevano verificarsi episodi come
questo: “7.5.17: arriva un ufficiale di Wadi Sarrār comunicando che deve essere
spedita in Bersabea la trebbiatrice. Don Pietro si reca a Wadi Sarrār a parlare col
95 Cf GATTI, Lettera mortuaria di don Bianchi, pag. 5; FORTI, pp. 54-56.
96 SACCHETTI, Appunti di Cronaca della casa di Beitgemal nel periodo della Guerra: anni 1916-
1918: “Giugno 1916: arrivano quei di Betlemme dove è scoppiato il colera: 10 confratelli, i famigli
e 20 alunni”. Problemi di assestamento, mancanza di cose necessarie. – “Il 28.5.17 arrivano 10
confratelli e un alunno da Cremisan, dopo che il 25 erano arrivati i loro letti a dorso di cammelli”.
Don Sacchetti ricorda questo straordinario sforzo compiuto dalla casa di Betgamāl nel riassunto da
lui inviato all’Ispettore don Gatti il 24.4.1928: AIMOR 4.4.1.1, Corrispondenza: cartella C. Cf pure
DESRAMAUT, L’orphelinat, cap. IV: “Les malheures de la première guerre mondiale (1914-1918)”.
97 Il cronista annota al 1° ottobre 1916: “Oggi abbiamo fatto la festa del S.Rosario nella Cappella
recentemente decorata dal confratello Bormida, il quale ha fatto un lavoro veramente di merito. Vi
fu messa cantata dai confratelli. Abbiamo come invitati l’Ispettore, D.Rosin, D.Morosini. Al pranzo
il Direttore fece un brindisi diretto in modo speciale al confratello Bormida per l’amore e l’intelletto
d’arte che ha messo nella Cappella”.
98 Cf AIMOR 4.4.1.1, cartella A: “ricevute di pagamento del vergo di Beitgemal degli anni turchi
[musulmani] 1300-1313 (Anno Domini 1884-1897)”.
99 Lo stesso don Sacchetti in data 31.7.17 riporta il seguente “estimo dei raccolti e relative decime che
si negoziò col Kaimakan di Giaffa: dura 6.000 Kg (750), uva 3.200 (400), fichi 400 (50), olive 64 (8),
mandorle 300 (37), melenzane 200 (25), pomodori 250 (31), zucche 400 (50). Un altro estimo è fornito
per il 15.9.17; poi in data 4.5.18 si legge: “È arrivata una commissione inviata dal governatore di
Ramlah, per l’estimo della decima invernale dell’orzo e delle leguminose. I seguenti totali di raccolto:
kersenne Kg 900, fave 600, lenticchie 650, orzo 9.500”. Il 26.7.18 si dà l’estimo del grano, orzo,
lenticchie, kersenne, fave, mandorle; l’8.3.19: “Sono venuti dei soldati insistendo per il pagamento
totale della decima estiva dell’anno scorso. Abbiamo mandato a Giaffa altri tre carichi di cammello di
grano a fine di terminare detto pagamento. Si pagò pure il raftieh del vino per il presente anno”.
La vita e l’azione
35
comandante del manzel ma non si ottiene di poter ritenere la macchina”, che però non
si muove nonostante gli sforzi dei coadiutori Flesia e Bormida; poi intervengono dei
soldati tedeschi, aiutati da alcuni tecnici armeni che riescono a caricarla su un grosso
camion. Ma “il 13.5.17: arrivano tre ufficiali ebrei con soldati e muli, con una lettera
di Watsfi Bey, direttore di Latroun coll’incarico di prendere anch’essi la trebbiatrice
per Bersabea. È una vera commedia”. La vicenda si conclude l’8 settembre 1917
quando riportano a Betgamāl la trebbiatrice, ma non senza che il 17 chiedano “due
bestie bovine da macello come contribuzione all’esercito”100.
3.4.1. Ritrovamento della tomba di S.Stefano: sig. Bormida e p.Gisler
(1916-1917)
Come ho già accennato, una delle ragioni per cui don Belloni, scartando
altre offerte, preferì acquistare l’area di Betgamāl “fu per redimerla dalle mani dei
musulmani e tornarla al culto cristiano, poiché una diffusa e rispettabile tradizione /.../
la indicava per la Kafargamala del sepolcro del Protomartire”101. Infatti le esplorazioni
geografiche coeve accreditavano la probabilità che quell’area corrispondesse alla
“tenuta e casa di campagna di Gamaliele”102.
Nel settembre 1916 avvenne una scoperta casuale che sembrava avverare
i presentimenti di don Belloni. Eseguendo lavori di ristrutturazione nel cortile
settentrionale della casa, vennero alla luce i resti di una piccola chiesa bizantina
absidata, con pavimento a mosaici policromi molto danneggiati, costruita su una
grotta sepolcrale, allora vuota. Nelle parole di don Sacchetti riecheggia l’eccitazione
per l’inatteso ritrovamento:
“24 Settembre 1916: arriva il P.Maurizio Gaisler [sic, invece di Gisler] con
Don Eigman. Il P.Maurizio architetto e archeologo, desidera conoscere il mosaico
che si trova nel cortile dei giovani. Si cominciano con molto entusiasmo gli scavi
e scoperto il mosaico in uno dei luoghi già conosciuti, si trova un vero capolavoro
d’arte. Si procedette avanti e si trovarono i basamenti di una colonna, ciò che dava
la larghezza di una navata e a poco a poco, sotto la stessa direzione del P.Maurizio,
scavando in vari luoghi, si trovarono altri basamenti di colonne: il Diaconicón o
altare del Diacono, ciò che ci scopriva il presbiterio. Ma la meraviglia per non dire
commozione, giunse al colmo quando sotto lo stesso mosaico e nel presbiterio si
100 ABG: SACCHETTI, Appunti di cronaca; dove si racconta in termini umoristici anche la scomparsa
e l’inutile ricerca della mula “Giamīla” di abūna Butrus, che forse fece la stessa fine!
101 AIMOR 4.4.2, cartella n.1: Cronistoria della Casa di Beitgemal.
102 Dal 1871 al 1877 erano state condotte esplorazioni scientifiche che vennero pubblicate da
C.R.CONDER- H.H.KITCHNER (edd.), The Survey of Western Palestine = Palestine Exploration
Fund, 1876, p. 16: “Caphar Gamala was the place to which Gamaliel, according to a venerable
tradition, conveyed the bones of St.Stephen after martyrdom, and where they were afterwards
miraculously discovered. It was twenty miles from Jerusalem, and may therefore be identified with
Beit Jemal, near Yerimoth”; p.24: “This place is perhaps the ancient Caphargamala, 20 miles from
Jerusalem, where, according to the early Christian tradition, St Stephen was buried”. Per queste
fonti, cf Giovanni FERGNANI, Cafargamala. Monografia e prove...- 2a ediz., 1933, pp. 51, 65, 66.

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Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
scoprì una bellissima tomba con gradinata e perfettamente tagliata nella roccia. Il
Padre fece un disegno di tutto e promise di fare uno studio su questi scavi. Non v’è
dubbio che questo studio potrà gettare nuova luce e nuove prove sulla questione
di Cafar Gamala, castello di Gamaliele, da Gerusalemme 20 miglia e dove da
Gerusalemme fu portato il corpo di Santo Stefano dai primitivi Cristiani, e vi rimase
per 300 e più anni. È una questione questa che noi dobbiamo prendere a cuore. Non
mancano autori che la sostengono in favore di Beitgemal, come Meistermann ed
altri. Il P.Maurizio stesso promette di studiare a fondo la questione. Fac sit Deus.
Che sia questa una nuova fonte di benedizioni e di grazie per Beitgemal? Gli scavi
terminarono il giorno 27, giorno in cui l’infaticabile P.Maurizio, ripartiva a piedi per
Gerusalemme”103.
Furono messi al corrente gerarchie ecclesiastiche, archeologi e studiosi104. Ma per
non insospettire le autorità turche si sospesero gli scavi che ripresero solo nel luglio
dell’anno seguente. Rovine di una piccola moschea erano ancora visibili sul posto,
e fu proprio vicino ad esse che sul pavimento mosaicato furono scoperte la scritta
dedicatoria incorniciata in una corona, distrutta per 3/4, e una croce vermiglia di forma
greca nella navata di destra. Nell’insieme si aveva una riprova di quanto avvenne quasi
abitualmente in Palestina dall’inizio del settimo secolo: edifici musulmani furono
costruiti su precedenti chiese cristiane e, loro malgrado, ne conservarono la memoria.
Trovandosi ancora in guerra, gli scavi vennero nuovamente interrotti e i mosaici
ricoperti, dopo che il coadiutore Angelo Bormida li ebbe riprodotti fedelmente su
cartoni, affidandoli al p. Gisler105. [Foto n. 11]
Fra quest’ultimo e i salesiani di Betgamāl si venne a stabilire un rapporto che
durerà 25 anni, nel nome di santo Stefano, le cui reliquie, rinvenute a Cafargamala
nel 415, erano state traslocate nella chiesa madre di Gerusalemme sul Monte Sion,
precisamente ove adesso sorgeva l’abbazia benedettina. Maurizio Gisler era nato
103 ABG: SACCHETTI, Appunti di Cronaca.
104 ABG: SACCHETTI, Appunti di Cronaca ..., in data 4 Ottobre 1916: “D.Sacchetti e l’Ispettore fanno
visite al P.Meistermann: prende il più vivo interesse all’affare degli scavi. Dice che non potendo egli
interessarsene direttamente causa la sua età e la debolezza della sua vista, si raccomandi l’affare al
p.Maurizio del Monte Sion. Il p.Maurizio offre di pubblicare uno studio preliminare, in una rivista
tedesca pei primi di gennaio”.
105 ABG: SACCHETTI, Appunti di Cronaca ..., “9.7.1917: Il confratello Bormida è stato incaricato
di fare il disegno del mosaico che si trova sotterrato presso la moschea. Avendo effettuato alcuni
scavi ha trovato che è necessario apportare alcune modificazioni al piano fatto dal P.Maurizio dei
Benedettini, e stamparlo in una rivista di Colonia. 13.7.1917: Il confratello Bormida nei suoi scavi ha
trovato oggi un mosaico con iscrizioni, in tutto undici lettere che si trovano in un pezzo di un circolo
ornamentale bellissimo. Il resto del circolo fu distrutto a quanto pare, quando fu fatto il muretto
del giardino. 25.7.1917: don Eigmann e il sig. Bormida vanno a Gerusalemme per presentare al
P.Maurizio Geissler [sic] il risultato dei nuovi scavi”. Cf anche AIMOR 4.4.1.1, Terzo Periodo 1914-
1919. Don Sacchetti ancora nel giugno 1933, volendo difendere la competenza e correttezza del
signor Bormida “disegnatore intelligente e scrupoloso”, ristampò la lettera che egli scrisse a p.Gisler
il 28 agosto 1917 a commento dei rilievi che Bormida aveva “presi con tanta minuta diligenza che
meglio non avrebbe potuto eseguirli un ingegniere di professione”: A.SACCHETTI (a cura di),
Studi Stefaniani. Identificazione ... Serie C. Beitgemal, 1934, p. 6.
La vita e l’azione
37
nel 1855 a Czernek (attuale Croazia), crebbe in Svizzera, dove studiò architettura,
insegnò arte e costruì qualche edificio sacro. Entrato nel 1891 nell’arciabbazia di
Beuron (Germania) vi divenne monaco benedettino e dopo un triennio di studi
teologici a Maria Laach fu ordinato sacerdote. Nel 1906 fu inviato alla abbazia figlia
della “Dormitio” in Gerusalemme fra i primi tre monaci, con l’incarico di portare a
termine la costruzione della imponente basilica che venne inaugurata nel 1910. Fece
studi sulla planimetria della città bizantina di Gerusalemme analizzando il mosaico
di Madaba (scoperto nel 1898), partecipò o diresse numerosi lavori di restauro e
costruzione in Italia e in vari paesi del Medioriente, venne incaricato del museo
archeologico della “Dormitio”. Dato il legame con santo Stefano e le sue reliquie,
p.Maurizio si interessò da subito alla scoperta di Betgamāl e iniziò a preparare un
rapporto preliminare, fino a quando venne internato nel campo di prigionia di Sidi
Bisher ad Alessandria d’Egitto106. Ma anche lì, durante il 1918 riuscì a scrivere una
lunga memoria intitolata Il primitivo sepolcro di S.Stefano Protomartire e dei santi
Gamaliele, Nicodemo ed Abibone a Cafargàmala, che nel 1919 consegnò a don
Sacchetti, in vista di una pubblicazione. Date le circostanze avverse, questa dovette
essere posticipata107.
3.4.2. Spaccatura fra confratelli. esilio degli italiani. emergenze in casa
(1916-1918)
Nell’immediato, a causa della guerra, anche per i salesiani la situazione divenne
drammatica ed ebbe risvolti tragici: nel 1917 quasi tutti i confratelli italiani della
Palestina vennero arrestati e portati in esilio nel centro dell’Anatolia, lungo un viaggio
penosissimo attraverso la Giordania e la Siria che fu fatale per due di loro (i coadiutori
Bormida e Zanchetta)108. Negli edifici e nella vasta proprietà di Betgamāl si accamparono
106 Attingo questi dati dal sito www.Dormitio, “Portraits”: Pater Mauritius Gisler OSB (1855-1940)
da me consultato nell’ottobre 2019, e da Wikipedia, alle voci “Abbey of the Dormitio”, e “Church
of Zion, Jerusalem”, consultate nello stesso mese. Altri dati si trovano nella lettera del 30 aprile
1924 in cui don Sacchetti fa una presentazione adeguata di p.Gisler a don Filippo Rinaldi: cf ABG:
POSS, Corrispondenza; come pure in Stephen Hanna STEPHAN, Nekrologue for Mauritius Gisler,
in “Journal of Palestine Oriental Society” 19(1939-40) 337-338.
107 Questi fece rivedere il testo da Roberto Paribeni e Orazio Marucchi (due celebrità in campo di
archeologia mediorientale e cristiana); don Rosin lo tradusse dal francese in italiano e finalmente il
3 agosto 1933 p.Gisler acconsentiva che fosse pubblicato negli “Studi Stefaniani”, dove figura tra i
Documenti, Serie A, n.3 (37 pp. complessive). Per i due suddetti studiosi, cf i profili MARUCCHI,
Orazio, scritto da Massimiliano Munzi, in “Dizionario Biografico degli Italiani”. Volume 71(2008);
PARIBENI, Roberto, scritto da Andrea Paribeni, in “Dizionario Biografico degli Italiani”, volume
81(2014), da me consultati sulla “rete” nel dicembre 2019.
108 Bormida, arrestato perché italiano, ma con l’aggravante accusa di spionaggio su pretesto degli
esperimenti di radiotelegrafia che ammise d’aver fatto a scopo didattico, morì sfinito dalle sofferenze
a Naplusa l’11 dicembre 1917. Don Fergnani nel libretto citato a pp. 101-108 volle pubblicare per
intero la testimonianza scritta delle suore di S.Giuseppe che lo assistettero negli ultimi giorni, per
tramandare a perpetua memoria “come è morto lo scopritore della venerata tomba di S.Stefano”.
Don Ernesto FORTI, ne tracciò un profilo intitolato “Un perfetto gentiluomo” nella raccolta già
segnalata: Fedeli a Don Bosco in Terra Santa..., pp. 21-39. L’altro coadiutore Giacomo Zanchetta era

3.9 Page 29

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38
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
fino a cento fanti e cinquecento cavalieri turchi, sconfitti e affamati. Se il giorno della
partenza non infierirono sui confratelli, ciò fu dovuto all’impressione favorevole che
aveva suscitato l’opera da essi svolta a servizio degli orfani e dei poveri della zona,
come riconobbe il comandante che si rifiutò di eseguire l’ordine di deportazione,
affermando: “Voi siete gente che lavorate per l’umanità. Restate tranquilli e salutate gli
Inglesi”. Anni dopo, l’autore della Cronistoria ispettoriale poteva scrivere a ragione:
“I salesiani di Beitgemal devono essere riconoscenti alla divina Provvidenza
per due specialissimi motivi: per essere riusciti a rimanere nella proprietà, e per
essere stati salvati dall’esilio all’ultima ora dal sentimento di riconoscenza di un
comandante Turco”109.
La guerra imponeva di adottare misure straordinarie: così l’ispettore don Sutera
dovendo lasciare il paese, già in data 5 agosto 1915 aveva nominato per ogni casa
un confratello arabo come “incaricato della direzione”, coadiuvato da un consiglio,
raccomandando fedeltà alle Regole e che “nihil innovetur”. A Betgamāl direttore ad
tempus fu don Pietro Sarkīs, prefetto don Giorgio Shalhūb (astuto e uno dei capi
della fronda anti-italiana), consigliere scolastico don Spiridiōn Rummān (capace
ma indeciso)110. Purtroppo, specialmente nelle case di Betlemme e Betgamāl in quel
contesto, reso incandescente dai nazionalismi, non tutti si dimostrarono all’altezza,
così che si sviluppò un pesante clima di sospetti e accuse fra confratelli italiani e arabi
che giunse a dolorose lacerazioni.
Da parte sua Simone rimase obbedientissimo al legittimo superiore, respingendo
gli inviti a schierarsi con i ribelli111. Un particolare: per sfuggire all’arruolamento
forzato da parte dei Turchi che non avevano idea di religiosi senza saio, dovette
indossare la veste talare. Non gli dispiacque affatto, anzi lo reputò un onore; la custodì
con devozione, e sarà felice di reindossarla ogni volta che farà da cerimoniere liturgico.
Nel 1918 don Sacchetti ebbe una crisi abbastanza seria di salute, tanto da avere
l’impressione che i suoi giorni stessero per finire; il 1° maggio appuntava sul suo
diario:
stato a Betgamāl complessivamente 10 anni, ma nel 1917 faceva parte della comunità di Cremisan.
Cf l’edificante diario di don Giovanni VILLA, Un anno di esilio nel centro dell’Anatolia. Bergamo:
Unione Missionaria del Clero, 1923. Anche don Mario Rosin scrisse una cronaca di quell’anno che
si trova inedita in ASC nel suo faldone. L’allora direttore della scuola salesiana di Costantinopoli,
don Salvatore Puddu e il suo aiutante don Giovanni Almagian (lì dal 1913 al 1920), riuscirono a
far giungere agli esiliati soccorsi di prima necessità e poi a facilitare il loro rientro in Palestina: cf
Renato ZIGGIOTTI, Lettera mortuaria di don Salvatore Puddu (+3.5.64) in ACrem.
109 ABG: cronaca dal 12 al 18 novembre 1917. Seguono poi dal 20-24 connoneggiamenti in vicinanza e
infine il 27 compaiono i primi soldati Inglesi in ricognizione. AIMOR 4.4.2, Terzo periodo: 1914-1919.
110 Cf ACrem, Circolari dell’Ispettore, 1912-1967.
111 Cf FORTI, cap.5°, specie pp. 57-58. In quel periodo alcuni confratelli arabi (tra i quali don
Shalhūb) cercarono inutilmente di avere l’adesione di Simone alla loro rivolta. Per la vicenda, cf
F. DESRAMAUT, L’orphelinat..., pp. 128-139; FIORA, pp. 120-123; Paolo PIERACCINI, nel
dicembre 2018 mi ha messo a disposizione parte delle sue pagine dattiloscritte che prevede di
pubblicare a breve: Salesiani in Terra Santa. Questioni politico-diplomatiche, opera pastorale ed
educativa, controversie tra religiosi arabi e italiani (1891-1920).
La vita e l’azione
39
“Vita ultima. È tempo di incominciare a vivere santamente. Ho il presentimento
che la mia ultima malattia, così grave, così imprevista, prodigiosamente guarita, sia
l’ultimo monito del Signore”112.
3.5. Il periodo post-bellico e l’inizio del Mandato Britannico (1918-1923)
La “inutile carneficina” (Benedetto XV) della prima guerra mondiale non solo
aveva distrutto beni e causato milioni di morti, ma in Medio Oriente lasciava dietro
di sé centinaia di migliaia di rifugiati di varie nazionalità, specialmente orfani armeni
sopravvissuti al genocidio del 1915-1916. Negli anni successivi ne giunse un certo
numero anche a Betgamāl e i salesiani si attrezzarono per dare loro alloggio, vitto e
vestito, istruzione, assistenza medica e conforto spirituale ..., ricorrendo anzitutto alla
“carità del Papa” Benedetto XV e ad agenzie internazionali di beneficenza. Dedico a
questo capitolo una “finestra” apposita.
3.5.1. Urgenze: rappacificare gli animi, ricostruire le strutture, riattivare
le opere
Si mise mano a sgomberare e ricostruire; gradualmente riprese l’attività regolare
della “scuola pratica di agricoltura” con un numero ridotto di allievi, anche senza
aspettare di ricevere dalle autorità italiane i risarcimenti per i danni arrecati alla
proprietà e la pensione di guerra per i morti113. Il 1918 fu un anno di esuberante
vitalità114.
Ma occorreva anzitutto riappacificare gli animi dei confratelli. Nel novembre
1918 fu inviato da Torino don Pietro Ricaldone (1870-1951), nella duplice veste di
consigliere generale per le scuole professionali e agricole, e visitatore straordinario
con pieni poteri canonici per ricomporre la spaccatura tra confratelli arabi e italiani.
La sua appariva quasi una “missione impossibile”, implicando di ripristinare
i superiori precedenti e di convincere a rientrare nei ranghi coloro che li avevano
112 Lettera mortuaria, p. 3.
113 Don Sacchetti presentò una dettagliata relazione al console generale USA a Gerusalemme che
curava gli interessi degli Italiani, e l’ispettore don Sutera un esposto ad Ahmed Bascia, governatore
del Vilayet di Gerusalemme-Città: cf ABG, Annotazioni varie ..., pp. 21-23 (esposizione dei fatti) e
pp. 24-35 (Allegati).
114 Leggiamo nelle Annotazioni varie ...: “Si è piantato un boschetto con 340 carrubi e si sta riparando
un altro boschetto di pini” (17.01.18); si ricevono aiuti finanziari dal Governo Italiano a beneficio
dei Missionari (18.01.18); “Si pota la vigna. Si sono piantati 109 olivi nuovi del vivaio di Wadi
Būlos. Si sono fatti 900 mt di canali nella vigna e si sono piantati 750 manignoli di aleatico”
(21.01.18); “Abbiamo comperato 47 agnelli per avere un pò di carne in quest’estate. D.Pietro parte
per Eshdaoud coi tre cammelli per portare l’orzo ceduto dal Governo. In questi giorni abbiamo
venduto una gran parte di dura. Si è terminata felicemente la semina del grano” (31.01.18); “Il
colonnello italiano ci ha regalato un po’ di zucchero e due latte di petrolio” (7.2.18); “Arrivano da
Murabbag il cappellano dei militari italiani, padre Nazzareno ed un capitano dei Carabinieri. Hanno
una carretta e vengono per prendere vino” (2.3.18); “Il Governo avvisa che bisogna trovarsi il tre a
Ramlah ed il 4 a Giaffa per l’aquisto dei buoi. Il Gen. Money ha dato istruzione speciale per essere
preferiti nella scelta (1.9.18)”.

3.10 Page 30

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40
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
osteggiati. [Foto n. 12] Dopo mesi di incontri, dialogo e discernimento, senza processo
disciplinare formale e usando “più clemenza che severità”, egli prese le decisioni che
gli sembrarono più opportune: accettò che alcuni lasciassero la Congregazione e si
unissero al clero patriarcale, altri furono richiamati in Italia, la maggioranza si adeguò
a tornare allo “status quo ante”. Rimando alla esposizione che ne fa il suo biografo
F. Rastello basandosi su documenti interni115. Qui mi soffermo sulle visite di don
Ricaldone a Betgamāl (19.01, 29.01-12.02, 4-9.03.1919), evidenziando quanto scrisse
il 9 marzo al Rettor Maggiore don Paolo Albera:
“Sonvi in questa casa degli ottimi coadiutori: l’arabo Srugi che gode di grande
stima presso tutti”116.
Redasse personalmente la programmazione della scuola agricola, stabilendo
cinque specializzazioni: “Vivaisti ed orticultori. Olivicultura e oleificio. Viticultura e
enologia. Caseificio e allevamento del bestiame. Conduzione di macchine agricole”.
Inoltre precisava:
“Per la parte educativa si segue il metodo genialmente dettato dal Ven[erabile]
D. Bosco, che consiste essenzialmente nel circondare l’alunno di una assistenza
paterna e continua, in modo da rendergli quasi impossibile la trascuratezza del
proprio dovere”117.
Una descrizione in cui Simone si identificava perfettamente.
Don Ricaldone era accompagnato da don Eusebio Vismara (1880-1945) che
lo affiancò nell’inchiesta riguardante “gli avvenimenti interni svoltisi sopratutto
a Betlemme nel periodo bellico”. L’ipotesi che Srugi abbia tratto profitto dalla
presenza del noto liturgista, è plausibile e verrà confermata da quanto vedremo in
seguito, parlando del suo ruolo di cerimoniere118. Anche il commendatore Ernesto
Schiaparelli venne in visita, beninteso non solo per ammirare gli splendidi mosaici
del Martyrium (come annota il cronista)119, ma per valutare lo stato reale dei danni
arrecati all’opera che restava sotto il protettorato della sua ANMI (Associazione
Nazionale per soccorrere i missionari cattolici italiani). Egli era inviso ai confratelli
arabi, che l’accusavano di aver contribuito a sviare le case salesiane del Medioriente
115 Francesco RASTELLO, Don Pietro Ricaldone. IV successore di don Bosco. 2 voll. Roma: SDB,
1976, qui vol. I, pp. 314-333, specialmente 317-319. Invece presentano una ricostruzione più
drammatica DESRAMAUT, L’Orphelinat, cap. IV pp. 127-138; BORREGO, capitolo VI: Un
periodo di “crisi e di burrasche” (1904-1919); PIERACCINI, Salesiani in Terra Santa..., che ha
avuto accesso a documenti finora secretati in archivi di Gerusalemme e Roma.
116 FIORA, p. 122. Per il resto cf CERIA, Annali IV 68s; Francesco RASTELLO, p. 331: a fine marzo
“accompagnato da don Rosin fece un’altra visita a Beitgemal per ricevere il generale Levreuse e il
Console d’Italia, invitati a visitare scuola e podere in relazione al piano di sistemazione progettato”.
117 ABG: SACCHETTI, Annotazioni varie ..., p. 52.
118 AIMOR 4.4.2. Per don Vismara, cf Eugenio VALENTINI, Don Eusebio M. Vismara, Salesiano.
Torino: SEI, 1954, in cui riporta ampi stralci dal diario delle visite e pellegrinaggi che in quel
periodo fece ai santuari della Terra Santa.
119 Dei quali RASTELLO non fa alcun cenno (come se d.Ricaldone non li conoscesse!?).
La vita e l’azione
41
dalla missione religiosa, ponendole al servizio della politica coloniale italiana120. Don
Ricaldone era pienamente consapevole della posta in gioco:
È necessità assoluta per i salesiani di conoscere l’arabo”. A tale scopo
proponeva che a cominciare da quello stesso anno si scegliessero tra i giovani di
Penango una dozzina dei migliori e si mandassero a Cremisan, dove avrebbero
potuto proseguire i loro studi e mettersi subito a studiare alacremente l’arabo”121.
Con la consulenza di Antonio Barluzzi (1884-1960) allora tenente del Genio
militare, rappresentante dell'ANMI, e in seguito architetto capo della Custodia
Francescana di Terra Santa, don Ricaldone, avviò nuove costruzioni122. I programmi
scolastici vennero riorganizzati e i risultati non tardano a maturare. Il 16 agosto
1920 ebbe luogo la cerimonia di premiazione nei locali della scuola salesiana di
Gerusalemme, alla presenza delle massime autorità ecclesiastiche, civili e militari.
Don Sacchetti lesse una dettagliata “Memoria” mettendo in risalto i traguardi
raggiunti dalla “scuola pratica di agricoltura” a soli due anni dalla fine della guerra
(in particolare: bonifiche, meccanizzazione e rimboschimento), grazie all’aiuto di tre
principali benefattori: il Papa Benedetto XV (che aveva “adottato” 18 orfani per un
quadriennio), il Governo italiano e le Autorità inglesi. A nome di queste ultime il
generale Money, capo dell’Aviation Headquarters, ringraziò i salesiani per i servizi
resi alla Palestina, dicendo tra l’altro: “You have trained many of our agricultural and
meteorological staff freely, in the language of the country, and without regard to race
or creed, and you were the first to lay down forest trees for the future of the country”123.
Al dilà del valore simbolico della cerimonia, occorre sottolineare che i neodiplomati
in metereologia vennero subito assunti per 5 anni presso l’aviazione civile britannica
e ad essi e agli altri venne consegnato un libretto della cassa di risparmio presso la
sede del Banco di Roma in Gerusalemme, col primo accredito nella valuta Egiziana124.
120 Per l’entrata in scena dell’ANMI nelle opere salesiane in Palestina, cf le realistiche considerazioni
di POZZO, L’Ispettoria ..., pp. 14-17, 21, 24, 26, 34, 35, 41. Circa la posizione dei confratelli arabi,
rimando allo studio di Paolo PIERACCINI, Salesiani in Terra Santa..., passim.
121 RASTELLO, p. 319.
122 Come la torre di 8 metri sul terrazzo settentrionale dell’edificio principale e, un centinaio di metri
a Est, la grande stalla lunga oltre 20 metri e alta 12 col fienile sovrastante, terminato nel 1921. Don
Ricaldone voleva che le scuole professionali e agrarie progredissero "con Don Bosco e con i tempi":
cf il capitolo 14o di RASTELLO, e il libro scritto nel 1922, in collaborazione con M. CERADINI,
presso la SEI di Torino: Scuola agricola salesiana. Norme per gli edifizi ed il loro arredamento.
Don Botto nei suoi appunti di cronaca del 1919 scrive: “In maggio ha termine l’edificio principale e
la torre meteorologica sul terrazzo”; cf ABG: SACCHETTI, Annotazioni varie ..., p. 56; egli stesso
portò dall’Italia le attrezzature dell’osservatorio metereologico e del gabinetto di chimica e fisica
agraria. [Noto di passaggio che questa fu la prima stazione metereologica del Paese, come recita la
targa apposta nell’anno centenario 2019 sull’impianto ancora in funzione, ora nel giardino antistante
la casa].
123 Le cinque pagine manoscritte della “Memoria” letta da don Sacchetti si trovano in ABG: Registro
voti ..., pp. 19-23; copia del discorso del gen. Money in ABG: SACCHETTI, Annotazioni varie.
124 Cf il Registro dei voti ..., alla data corrispondente. Il 30 luglio 1922 analoga cerimonia di consegna
dei diplomi e dei libretti di risparmio, insieme alla premiazione dei vincitori della gara catechistica
in arabo, si tenne nei locali dell’orfanotrofio di Betlemme, l’istituzione professionale “gemella” di

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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42
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
3.5.2. Priorità: il rinnovamento dei Salesiani, guidato da don Albera e don
Rinaldi (1920-1925)
L’inaugurazione del monumento antistante la basilica di Maria Ausiliatrice
a Torino (23.05.1920) offrì al Rettor Maggiore don Paolo Albera l’occasione
d’incoraggiare i salesiani: “Far rivivere Don Bosco in noi è il più bel monumento con
cui possiamo onorare la sua memoria e renderla preziosa e benefica anche ai secoli
futuri”125. Nelle sue ultime lettere circolari egli si prefisse di imprimere nell’animo
dei figli i lineamenti spirituali del padre: educatore e apostolo, fondatore carismatico
e santo, risalendo alle sorgenti del sogno dei 9 anni126. Nella circolare del 18.10.1920
spiegava che quel germe iniziale crebbe gradualmente negli anni di Valdocco,
diventando la regola-norma-metodo di vita religiosa e insieme apostolica ed educativa
che Don Bosco sperimentò con i primi seguaci127, inaugurando un nuovo modo di
realizzare simultaneamente la santificazione personale e l’apostolato:
“Don Bosco /…/ comprese che si poteva far procedere di pari passo la
santificazione propria e l’apostolato. Ne fece egli per primo l’esperienza, e poi
dispose che i suoi figli facessero altretto, dando anzi all’apostolato una preferenza
tale che gli osservatori superficiali potevan credere ch’egli avesse formata una società
di zelanti sacerdoti e di volenterosi laici col solo scopo di consacrarsi all’educazione
della gioventù. E può sembrare che insinui la stessa cosa anche il primo articolo
delle nostre Costituzioni, nel quale il fine primario della santificazione propria è
dichiarato solo con una proposizione secondaria: I soci, mentre si sforzano di
acquistare la perfezione cristiana, esercitano ogni opera di carità, ecc. La nostra
Regola, come la vita del nostro fondatore, fa andare innanzi simultaneamente la
santificazione propria e l’apostolato, anzi dell’apostolato fa in certo senso la causa
efficiente della perfezione religiosa: in quanto cioè chi si consacra all’apostolato
salesiano deve necessariamente confortare con l’esempio proprio gl’insegnamenti
che imparte e le virtù che inculca. /…/
Tutta la vita del nostro Venerabile Padre è stato un incessante laboriosissimo
apostolato; e in pari tempo egli attese con tale ardore all’acquisto della perfezione,
che non si saprebbe dire se pensasse più a questa o a far del bene ai suoi cari giovani:
in lui perfezione religiosa e apostolato sono stati una cosa sola, durante tutta la sua
vita! Più studieremo, o carissimi, questa vita benedetta e meravigliosa, e meglio ci
convinceremo che, per essere suoi veri figli, bisogna operare al par di lui la nostra
perfezione religiosa nel più attivo e fecondo esercizio dell’apostolato che ci è
imposto dalla nostra vocazione”. “In lui apostolato e perfezione religiosa furono due
atti simultanei e quasi fondentisi in uno solo”128.
Betgamāl, nel corso di un’accademia musico-letteraria.
125 ALBERA, Circolari, p. 311.
126 ALBERA, Circolari, p.312.
127 Cf ALBERA, “Don Bosco nostro modello nell’acquisto della perfezione religiosa, nell’educare e
santificare la gioventù, nel trattare col prossimo e nel fare del bene a tutti”, in Circolari, pp. 332-333;
a p. 338s rimandava al “sogno dei dieci diamanti”.
128 ALBERA, Circolari, pp. 333-334, 339.
La vita e l’azione
43
Anche Simone Srugi si propose di raggiungere questa “grazia di unità”,
svolgendo in unione con Dio i suoi compiti di educatore e di infermiere come un
ininterrotto esercizio di virtù. Avremo modo di verificarlo nel seguito della narrazione.
Ora accenno ad altre linee di rinnovamento che don Albera continuò a dare nel 1921,
ultimo del suo rettorato. Avviando il programma di celebrazioni per il terzo centenario
della morte di S.Francesco di Sales (1622-1922), esortava alla lettura della sua vita
e degli scritti, in modo da imitarlo come modello nella santificazione personale e
nell’apostolato educativo, al seguito di Don Bosco. Precisava che il santo Dottore
aveva attinto dal Sacro Cuore la carità pastorale e le sue virtù caratteristiche (umiltà,
dolcezza, amabilità, soavità), tanto che la Chantal lo chiamava “il figlio del Sacro
Cuore”. Concludeva perciò che uno dei modi per onorare il santo patrono era rinnovare
la devozione al S.Cuore129.
Il suo successore don Filippo Rinaldi (1856-1931) sviluppò molti di questi temi.
La sua magistrale interpretazione delle Costituzioni fece storia: esse sono il frutto
maturo di quella vicenda divino-umana iniziata già nel “sogno-visione” dei 9 anni,
scritte da Don Bosco prima nel cuore dei suoi giovani collaboratori, sperimentate per
lunghi anni nella vita pratica a Valdocco, e poi formulate in termini congeniali a quella
che egli voleva non tanto come un ordine o una congregazione, ma una famiglia.
L’anima di questa lunga storia carismatica è il metodo preventivo, e l’espressione
concreta di esso l’assistenza amichevole intesa come presenza abituale in mezzo ai
giovani e condivisione della loro vita130.
Per celebrare con frutto il “giubileo d’oro della Regola” (1974-1924) prescrisse
che, dopo un triduo di preparazione (di cui “la parte più importante per noi deve
consistere nel fare la meditazione e la lettura spirituale in comune sopra punti scelti
/...ad es. / sulla prefazione premessa da D.Bosco stesso”), il 3 aprile 1924 ogni
confratello si accostasse all’altare e ne ricevesse una copia. “Durante quest’anno,
a cominciare dall’aprile, tutte le sere in refettorio si termini la lettura con cinque
articoli delle Costituzioni o dei Regolamenti. Così si verrà a conoscere meglio la
nostra vita e ci familiarizzeremo con la nuova dicitura”. Prescrisse che in chiesa e
a mensa si leggessero “al più presto possibile”, oltre che le Regole, qualche volume
delle Memorie Biografiche e la Vita di D.Bosco del Lemoyne, anche le circolari di
129 Nell’ultima lettera datata 21.09.1921 don Albera scriveva: “S.Francesco di Sales coll’esempio,
coll’apostolato e con gli scritti, fu un educatore singolare di perfezione e di santità in mezzo ai
suoi contemporanei”. La sua pedagogia poggia su princìpi soprannaturali, procede con un metodo
graduale, con dolcezza e amabilità, “a poco a poco, adagio, soavemente, come fanno gli angeli, con
movimenti graziosi e senza violenza”. Don Bosco ha “modernizzato” quei princìpi e quel metodo,
riuscendo a trarre vocazioni anche dai suoi “birichini” (Circolari, pp. 505-506). A questo proposito
don Albera in altra circostanza invitava a “tenere presente una cosa molto importante per noi, ed è
che per Don Bosco offrivano un buon terreno alla vocazione i giovani più birichini, com’egli soleva
chiamarli, cioè irrequieti e vivaci, ma insieme ardenti e di sì gran cuore da sentirsi spinti ad uscire
di se medesimi, ad amare, e per conseguenza a dare, poi a darsi, e infine a sacrificarsi totalmente per
il bene altrui. Le sue conquiste migliori sono state in mezzo ai fanciuli di tal natura /.../ Don Bosco
aveva l’arte di innalzare i cuori al desiderio e al conseguimento della perfezione”: p.465s.
130 Cf ACS 5(1924) n° 23 pp. 177-199.

4.2 Page 32

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Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
don Rua e don Albera come interpreti del vero spirito di S.Francesco di Sales e di
Don Bosco. Assegnò ai direttori come uno dei tre impegni per il 1923 “di praticare
il sistema preventivo coi giovani, e di ottenere che tutti i confratelli assistano nelle
ricreazioni”131. In suo appoggio, il Consigliere professionale don P.Ricaldone,
chiedeva che per favorire il sorgere di vocazioni
“si lavori da tutti con impegno nelle singole Case, ritornando alle belle usanze
dei primi tempi di Don Bosco, quando tutti i confratelli si accomunavano coi giovani,
tanto in chiesa come in ricreazione, sotto il suo sguardo paterno, formando quasi una
grande famiglia, che innamorava i giovani alla vita salesiana. In questo è grande
il bene che possono fare specialmente i nostri carissimi confratelli maestri d’arte
e coadiutori in genere, ai quali tutti perciò si raccomanda di vivere il più possibile
coi loro alunni. Ciò è tanto importante che il nostro Rev.mo Rettor Maggiore, fra le
norme per la visita straordinaria alle Case, ha pure accluso quella di accertarsi se si
osservino le tradizioni salesiane e il sistema preventivo, se i confratelli si interessino
e vivano della vita dei loro allievi132.
Non c’è dubbio che la comunità di Betgamāl, guidata da don Bianchi, abbia
ottemperato pienamente alle direttive dei superiori: i libri e le circolari che don
Rinaldi raccomandava sono ancora tutti presenti nella biblioteca comunitaria, come
ho indicato nella bibliografia iniziale133. Di alcuni Srugi aveva copia personale:
possiamo essere certi ch’egli seppe accogliere la grazia di quegli eventi per proseguire
con rinnovato slancio il cammino di santificazione personale e di apostolato. Negli
Esercizi spirituali del 1926 scriveva questi propositi:
“Tutti i giorni rinnoverò i miei voti per ricordarmi che sono religioso. Avrò
sempre dinanzi a me l’osservanza esatta dei miei Voti e delle sante Regole” (PRO
11, 17); in quelli del 1928: “Non lascerò passare né Domenica né festa senza leggere
le S. Regole e ponderare bene ciò che leggo per metterlo in pratica. Sarò generoso
col Signore nel mettere in pratica le piccole Regole considerandole come mezzo
di perfezione” (PRO 34-35); ancora nel 1935: “Leggere sovente le S.Regole per
osservare quei punti dove manco e per correggermi dei miei difetti” (PRO 98).
Nel seguito della nostra storia avremo modo di constatare come Simone viveva
lo spirito e la pratica dell’assistenza salesiana.
3.5.3. Valorizzare Betgamāl-Cafargàmala. Incoraggiamento di Pio XI
(1923-29)
Nel giugno 1922 ripresero in forma sistematica gli scavi archeologici sul sito
bizantino, come pure gli studi sulla “questione stefaniana”134. Confrontando la Lettera
131 Cf ACS 3(1923) n° 21 p. 120; ACS 5(1924) n° 23 pp. 175-176; ACS 5(1924) n° 23, pp. 197-198.
132 ACS 3(1923) n° 21, p. 121-122.
133Vi è pure la prima biografia scritta da Eugenio CERIA, Don Filippo Rinaldi, terzo successore del
Beato Don Bosco. Torino: SEI, 1932.
134 Don Fergnani, nella sua relazione posteriore di alcuni anni (Il Sepolcro di S.Stefano Protomartire
scoperto a Beitgemal (l’antica Cafargàmala). Monografia. Torino: SEI, 1930, pp. 83-87), posticipava
La vita e l’azione
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di Luciano, parroco del villaggio cristiano di Cafargamala nel 415 e le testimonianze
letterarie dei suoi contemporanei, si risalì alla plausibile identificazione: si trattava del
memoriale del protomartire Santo Stefano costruito sul luogo della prima sepoltura
nella “villa di Gamaliele”, a nord del “campo degli eroi o uomini di Dio” (“Delagabri
e “Debatalia” in Siriaco), come Gamaliele aveva precisato in sogno a Luciano e che la
tradizione araba chiamava “Khallet esh-Shugiʻa”135.
Per farla conoscere più estesamente con una pubblicazione accreditata dalla
competenza di chi vi aveva lavorato in prima persona, nel maggio 1923 don Sacchetti
si reca in Germania per far stampare in cinque lingue l’opuscolo illustrato del
p.Gisler che compendiava il testo più lungo, scritto a Sidi Bisher. Esso, ben al dilà
delle modeste dimensioni, era scientifico e artistico allo stesso tempo, riassumeva
6 anni di studi accurati su vari aspetti: la cronistoria degli scavi con le fotografie
relative alle diverse fasi della scoperta; la ricostruzione planimetrica della chiesa
bizantina, di cui la grotta sepolcrale sotto il Diaconicón risultava essere “la norma”;
la riproduzione a colori del mosaico principale; l’interpretazione del frammento
della scritta dedicatoria. Inoltre mostrava fotograficamente la panoramica biblica
e agiografica della zona circostante (Yerimòth, Wadi e Neby Būlos, Deir Asfura,
Gilgil ...); il riferimento al sarcofago dei santi Gamaliele, Habib e Nicodemo nel
duomo di Pisa; infine presentava l’opera salesiana e il progetto della ricostruzione
del santuario136. [Foto nn. 15, 16, 17]
anacronisticamente al 1922 la scoperta della croce rossa “direi quasi come premio e suggello della
nostra fede inconcussa” (p. 98).
135 Il primo “tableau des concordances” fu pubblicato sulla rivista Verbum Dei, vol. 2, ottobre 1922; poi
esso e altri studi coevi vennero ripresi da don Fergnani, Il Sepolcro ..., 1930, pp. 90-91; e nella 2a
edizione a cura di A.SACCHETTI, Cafargamala. Monografia e prove dell’autenticità della scoperta
del Sepolcro di S.Stefano, Beitgemal: Tipografia S.Stefano, 1933, pp. 33, 35, 41-42. Già BEDA il
Venerabile all'inizio dell'ottavo secolo aveva accreditato il ritrovamento delle reliquie nella "theca"
orientale a Caphargamala, e confermato la celebrazione liturgica annuale il 3 agosto: cf Retractatio
in Actus Apostolorum = CCL 121, p. 129, 135 e Martyrologium = PL 94 col 996; De Temporum
Ratione. Chronica Maiora Includens = CCL 123B, cf WALLIS Faith, BEDA: The Reckoning of
Time = TTH 29, Liverpool: LUP, 1999 pp. 218-219, p.221 e nota 628.
136 Caphargàmala. Il Sepolcro di S.Stefano Protomartire e dei Santi Nicodemo, Gamaliele e Abibone,
ritrovato a Beitgemal (Palestina) dai Salesiani del Ven. Don Bosco. Münchengladbach (Germania):
B.Külen, Tipografo Apostolico. Portava l’approvazione del Patriarca Barlassina, attestante che esso
riproduceva i mosaici come lui stesso li aveva visti. P. Gisler insisteva sull’argomento decisivo: “La
piccola chiesa ha per norma un sepolcro, sul quale e per il quale è unicamente costruita. La tomba
è norma per la lunghezza della navata laterale; è norma per l’orientazione che ne segue le linee: è
norma per la disposizione degli altari, perché quello del diacono tocca l’orlo del sepolcro; è norma
del mosaico, che nella parte che copre la tomba è di una ornamentazione ricchissima; è norma nella
elevazione del muro maestro esterno, che lascia libera l’entrata nella grotta sepolcrale. Ciò prova
che il sepolcro era anteriore alla fabbrica; doveva dalla fabbrica essere onorato e difeso: ne era il
tesoro”: p. 18. Si evinceva così la ragione per cui i Bizantini prima e i Musulmani poi, pur avendo a
disposizione nella vallata orientale a 2 km “i giardini di Fattìr” alimentati dalla omonima sorgente,
scelsero di insediarsi su questa collina rocciosa: era il desiderio (se non l’imperativo) di custodire le
reliquie dei “valorosi uomini di Dio” perpetuarne la memoria e invocarne l’intercessione per i vivi e
per i defunti (che venivano sepolti nel cimitero adiacente alla chiesa, fino all’arrivo dei belloniani).

4.3 Page 33

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Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
Il 2 giugno 1923 don Sacchetti viene ricevuto in udienza privata da Pio XI al
quale omaggia questo opuscolo, insieme alla traduzione della Lettera di Luciano
fatta da don Fergnani sul testo della “Patrologia Latina”. Il Papa apprezza, incoraggia
a proseguire gli studi, si compiace del progetto di edificare un bel santuario degno
di quelli già presenti in Terra Santa, e accoglie favorevolmente la supplica con cui
don Bianchi chiede l’approvazione della “Pia Opera del Perdono Cristiano”137. Don
Sacchetti coglie l’occasione per aggiungere che il Rettor Maggiore don Rinaldi
desidera “che la nostra azione si estenda anche ai musulmani, colla creazione di
sezioni speciali, con opere di assistenza per essi, mercé anche il concorso delle Figlie
di Maria Ausiliatrice”. Pio XI risponde:
“Bene, bisogna proprio cercare di fare opera di penetrazione fra i musulmani con
tutti i mezzi che l’operosità salesiana saprà ispirarvi. Si parla tanto dell’impenetrabilità
dell’anima musulmana, ma io credo che se si cercasse di avvicinarla con vera
carità cristiana, studiandone più a fondo il patrimonio intellettuale e spirituale, si
eliminerebbero molte prevenzioni e si allargherebbe la cerchia di quella simpatia
verso la Chiesa, della quale si hanno prove non dubbie”138.
In quello stesso periodo don Fergnani sintetizzò gli scritti fino allora editi pro e
contro Betgamāl-Cafargàmala, nel primo dei suoi libretti divulgativi in cui inserì la
sostanza dell’opuscolo del p.Gisler, la propria traduzione della Lettera di Luciano139, e
alcune pagine della agiografia scritta da don Angelo Rocca140. Quest’ultimo, essendo
delegato pontificio per l’autentificazione delle reliquie della Congregazione salesiana,
fece dono a Betgamāl di
“una bella e vistosa reliquia di Santo Stefano, formata di varie particelle di ossa
del santo, da lui chieste ed avute da parecchi luoghi, in cui si conservano insigni sue
reliquie” poi collocata dentro un artistico ostensorio d’argento che doveva servire
durante la processione sia il 3 agosto che il 26 dicembre. Inoltre donò “un altro
reliquiario con piccoli frammenti delle sacre ossa dei santi Nicodemo, Gamaliele
e Abibone, avute da Pisa nel cui duomo /.../ sono conservati i loro corpi, dai quali
i detti frammenti furono estratti dall’arcivescovo M.Alliata nel 1834. Ambedue le
reliquie sono munite delle loro rispettive autentiche”141.
137 La minuta si trova in ABG, sia nelle Annotazioni varie di don Sacchetti, sia nel Faldone “Santo
Stefano”, e copia in AIMOR 4.4.2. La trascrizione del dialogo fra don Sacchetti e il Papa, in
FERGNANI, Il Sepolcro ..., pp. 146-149, e SACCHETTI, “Studi Stefaniani, Serie B: Documenti
Pontifici. Pia Opera di S.Stefano – Scritti vari. Beitgemal (Cafargamala) Palestina: Tipografia
S.Stefano, 1934, pp. 1-14.
138 Negli stessi “Studi Stefaniani, Serie B: Documenti Pontifici, p. 3. Durante la lunga udienza del 24
marzo 1923, Pio XI aveva accennato a don Filippo Rinaldi “della necessità di lavorare a pro dei
Musulmani”: ACS 3(1923) n° 19, p. 76.
139 Giovanni FERGNANI, Cafargàmala. Monografia e Prove dell’autenticità della scoperta del
sepolcro di S.Stefano. Torino: Scuola Tipografica Salesiana, 1923. P.Gisler pubblicò un articolo sul
BS del luglio 1924, pp. 172-174 e condivise con i salesiani di Betgamāl altre considerazioni scritte.
Don Fergnani in Il Sepolcro..., del 1930 utilizza gli uni e le altre alle pp. 16-17,52, 100.
140 Angelo ROCCA, Vita di S.Stefano Protomartire. S.Benigno Canavese: Scuola Tipografica Salesiana,
1923, 2a edizione.
141 ROCCA, Vita di S. Stefano ... , p. 79-80; su don Rocca, cf DBS, pp. 240-241.
La vita e l’azione
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A coronamento di tutti questi eventi, il 3 agosto 1923 si tenne la prima festa
solenne, presieduta dal p.Ferdinando Diotallevi ofm142. Comprensibilmente molto
soddisfatto, don Bianchi ne dà subito notizia al coadiutore Na‘ìm Cumbāz ad
Alessandria:
“Oggi 3 Agosto gran festa a Beitgemal in onore di S.Stefano. Abbiamo
celebrato la Messa della comunità con altra Messa sulla tomba del S.Protomartire
all’aria aperta! È venuto a cantare la Messa il Custode di Terra Santa! Il Sig. Ispettore
ti conterà ogni cosa. Il S.Padre ci ha fatto una grazia specialissima. Bisogna pregare
tanto per questo Vicario di Gesù Cristo”143.
3.5.4. L’“Opera del Perdono Cristiano”: evangelizzazione e promozione umana
Il 9 giugno 1923 il Segretario di Stato, cardinale Pietro Gasparri, trasmetteva
l’approvazione pontificia della Pia Opera del Perdono Cristano, “testè eretta in
Beitgemal (Palestina) presso il sepolcro di Santo Stefano e dei Santi Gamaliele,
Nicodemo e Abibone”. Suo scopo era:
“implorare da S.Stefano e diffondere in mezzo al popolo cristiano la pratica
piena e perfetta della carità, anche verso i nemici, per estinguere quella fiamma di
odio ancora viva nella povera umanità cristiana ed infedele, costituendo un centro di
preghiere e di opere buone presso il sepolcro stesso del Protomartire. Le preghiere
sono quotidianamente innalzate dagli orfanelli cattolici e scismatici ivi educati alla
pietà e al lavoro dai figli del Venerabile D.Bosco; e le opere buone vanno a beneficio
loro e di altri orfanelli, mussulmani, raccolti ed educati nello stesso istituto”144.
Betgamāl divenne così il centro mondiale di questa “Opera” e don Bianchi ne
fu il direttore e il propagatore145. Fra gli iscritti figurano molti gruppi, specialmente
sacerdoti e fedeli di numerose fra le centinaia di parrocchie e cappelle dedicate
al protomartire in tutte le parti del mondo, che erano stati contattati per primi146.
142 ABG: Cronaca, alle date relative.
143 ABG: Bianchi, Corrispondenza. I contestatori dell’autenticità della identificazione Cafargamala-
Betgamāl continuavano a farsi sentire. Perciò nel settembre 1924 una squadra di 14 persone
(confratelli e allievi della scuola) guidati dal p.Mallon s.j. e da p.Gisler, effettuarono scavi nella
località di Giammala, circa 30 km a nord di Gerusalemme; i risultati dimostrarono l’infondatezza
della posizione di quegli autori che lo consideravano come il vero luogo della tomba di S.Stefano:
cf Louis HEIDET, Cafargamala. Con note di D.G.Fergnani. Beitgemal (Cafargamala), Palestina:
Tipografia S.Stefano, 1931, pp. 12-25.
144 Cf i documenti e il carteggio fra don Bianchi e il cardinal Gasparri (20 maggio, 9 giugno) e fra don
Bianchi e il patriarca Barlassina (11 luglio e 3 agosto), in FERGNANI, Il Sepolcro ..., pp. 150-156,
e la ristampa in SACCHETTI, “Studi Stefaniani, Serie B, pp. 4-10.
145 Cf ABG: Registro degli iscritti alla Pia Opera di S.Stefano per il Perdono Cristiano (POSS).
Figurano per primi, in data 31 maggio 1924, i 17 confratelli e novizi di Cremisan (“collettore” dei
nomi e della quota di iscrizione don Giovanni Villa, direttore), seguiti dai 58 ragazzi del collegio
di Santulussurgiu in Sardegna; il loro “collettore” don G. De Albera, ex novizio di don Bianchi,
chiedeva che fossero iscritti anche alla confraternita di “Gesù Adolescente”.
146 In ABG: POSS, Corrispondenza, si trovano gli indirizzi delle 6 diocesi e più di 300 parrocchie
italiane, delle 13 diocesi e circa 600 chiese francesi e spagnole dedicate al Protomartire.

4.4 Page 34

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Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
Ma notiamo che sono registrati anche “scismatici”, neoconvertiti dall’islam e
dall’ebraismo, e perfino giovani musulmane. Molti ex-novizi di don Bianchi si fecero
un punto d’onore di essere tra i primi. Uno di questi, don Giuseppe Giardelli, il 12
ottobre 1923 gli scriveva dalla sperduta Aquidauana (Mato Grosso, Brasile) in termini
che colpiscono anche per il candore dell’affetto:
“Si ricorda dei 130 ascritti dell’ultimo suo anno di Foglizzo del 1896?
Giustamente chi le scrive è una delle tante bestioline che per mano della Provvidenza
divina divenne povero parroco di tre parrocchie, un territorio corrispondente al
Piemonte intero e un poco della Lombardia. Sono quattro anni che lavoro solo
soletto, senza il conforto di un confratello! Quest’anno apparve nel catalogo il
sac. Clemente Dorozeski [sic] del medesimo anno di noviziato, solo che non era
bestiolina di Foglizzo ma di Ivrea; ma è una bugia: figura nel catalogo ma rimase a
Cuiabà. Sto aspettando come il [sic] manna dal cielo un altro sacerdote, ma credo
che aspettano la morte della bestiolina per mandare non uno ma due sacerdoti. Ma
ora a Lei: Lei fuggì dalle bestioline in cerca dei Santi, e giustamente voglio che mi
mandi due diplomi della sua Pia Opera...”147.
Il 3 dicembre 1923 don Sacchetti prospetta a don Rinaldi come si potrebbe dar
seguito alle iniziative:
“Sarebbe bello e glorioso per noi se, dopo l’inugurazione delle basiliche del
Tabor e del Getsemani che i Francescani faranno nel 1924 in onore di Gesù Cristo, noi
salesiani potessimo inaugurare quella del Protomartire. Frattanto, a fine di mantenere
la promessa fatta al S.Padre a nome di V.S., ho il piacere di annunziarle che abbiamo
terminato il semi-internato per i musulmani, che speriamo di aprire verso il 15 del
mese. Il Governo Inglese l’ha dichiarata scuola ufficiale e ne paga il maestro”148.
Il 26 dicembre 1923 ci fu una solennissima celebrazione presieduta dal patriarca
Luigi Barlassina, presenti p.Gisler e il cerimoniere francescano p.Golubovitch. Il
patriarca diede “la prima comunione a 8 giovanetti greci scismatici che, dovutamente
preparati, erano stati ricevuti la sera precedente, giorno di Natale, nel grembo della
Chiesa Cattolica”. Poi si fermò in casa “per tutta l’ottava di S.Stefano e per dettarvi
un triduo in onore di san Francesco di Sales in occasione della chiusura dell’anno
centenario della sua morte”149.
Naturalmente confratelli, suore, personale laico e giovani della casa si iscrissero
tutti alla “Pia Opera”; c’era bisogno di rafforzare la mentalità della riconciliazione e
l’atteggiamento del perdono anzitutto fra confratelli locali ed europei, come pure fra
giovani arabi ed armeni. Si ebbero risultati incoraggianti, come scriveva il 30 aprile
1924 don Sacchetti:
“I nostri giovani quest’anno sono molto buoni. Il pensiero di trovarsi sul
sepolcro di S.Stefano, che è nel loro stesso cortile, coltiva nel loro cuore la carità
147 ABG: POSS, Corrispondenza.
148 ABG: POSS, Corrispondenza.
149 Relazione di don Sacchetti per il Bollettino Salesiano, in POSS, Corrispondenza.
La vita e l’azione
49
reciproca ed il perdono. Non si è avuto a lamentare in tutto l’anno la minima baruffa.
Deo gratias!”150.
Srugi sapeva cogliere le occasioni opportune per farsi apostolo del perdono in
casa e pacificatore tra la gente dei dintorni151.
3.5.5. Successi e riconoscimenti. Srugi “la persona più conosciuta
e venerata” (1924)
Come si vede, in quegli anni la comunità di Betgamāl era attiva su molti campi,
e Srugi dava il suo contributo in uno di essi, non il meno importante. In un breve
riepilogo delle cose notevoli del 1923-24 don Sacchetti registra che la festa di
S.Stefano nel 1924 fu presieduta dal vicario patriarcale dei Maroniti Mons. Giorgio
Dumet, mentre da Betlemme erano giunti i teologi Betharramiti guidati dal celebre
p.Denis Buzy (1883-1965)152. In tempi diversi si ebbero le visite di dieci professori
del Biblico di Roma accompagnati dal p.Mallon s.j., e dei professori della Scuola
Americana di Archeologia di Gerusalemme guidati da W.F.Albright. Nella parte finale
di questa relazione don Alfredo, scriveva:
“Aderendo al desiderio del Santo Padre di estendere a tutti le opere di
beneficienza e carità, si è intensificata durante quest’anno l’azione del dispensario
chirurgico-farmaceutico che da molti anni funziona per i musulmani della località e
dei dintorni. Il dispensario è a carico di un confratello salesiano nativo di Nazareth
chiamato Simone Srugi. Egli venne all’età di 8 anni nel 1888 a Beitgemal e non
ne è mai uscito. È divenuto un provetto farmacista ed infermiere ed è da circa
trentanni che egli esercita il suo pietoso ufficio fra i musulmani. Sono parecchie
migliaia le persone che hanno ricevuto da lui i rimedi per il corpo, sempre uniti
però a qualche buona parola per l’anima, specialmente di devozione e di amore a
Maria Ausiliatrice. Non vi è in tutto il distretto certamente persona più conosciuta
e venerata di Srugi. Donne, uomini, bambini, vecchi, si affollano fino dalla mattina
150 Lettera a don F.Rinaldi, in ABG: POSS, Corrispondenza. Per dovere di storico, riporto anche una
nota dolente che don Sacchetti aggiungeva nella stessa lettera: “Don Fergnani dall’Assam credo
che ci fa più male che bene colle sue intempestività. Ciò che ha fatto poi ultimamente dirigendosi a
Mussolini, al Principe ereditario ed alla Regina madre presentandosi come lo scopritore del sepolcro
di S.Stefano è una vera corbelleria. Dico corbelleria, perché è da supporre che non se ne farà caso
alcuno, ma ciò non tralascia di essere compromettente. Io gli ho scritto una lettera piuttosto forte; ma
è necessario che i superiori conoscano che noi non sappiamo nulla né possiamo approvare quanto
egli fa e dice. Converrà anzi fargli capire, anche dall’alto, che è un grand’errore amalgamare il
patriottismo e l’italianità con un’opera di questo genere, e sarà necessario che non scriva né stampi
nulla senza l’approvazione del sig. D.Fascie”.
151 Cf don Dal Maso in AIMOR 15.1.3, cartella 9C. Talvolta affiancò abūna Butrus Sarkīs in missione
di pacificatore fra gruppi in lotta tra loro, riuscendo a comporre liti e scongiurare vendette.
152 Mons. Giorgio DUMET, buon arabista, scrisse sulla rivista “Rahib Sion” di Gerusalemme nel
novembre 1924 un articolo in difesa de La scoperta del sepolcro di Santo Stefano Protomartire
e dei Santi Nicodemo, Gamaliele e Abibone suo figlio in Beitgemal, presso l’orfanotrofio dei PP.
Salesiani, poi pubblicato sull’Osservatore Romano e su vari altri giornali e riviste nel 1925: cf
FERGNANI, Cafargamala, ediz. del 1933, p. 40.

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Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
alla porta del dispensario in attesa di Srugi, che arrivando sempre calmo e sorridente
sembra portare in mezzo a quella povera gente un soffio di speranza e di vita. Non
poche volte accorrono anche per liquidare le loro questioni dinanzi a lui. Ed il
giudizio di Srugi è sempre accettato da tutti ed è inappellabile. Potenza della carità
cristiana!”153.
A parte qualche esagerazione e imprecisione riguardante le date, rimane
storicamente vero quanto don Sacchetti scriveva sia dell’opera di Srugi, sia della
venerazione che la gente aveva per lui. È questo l’elogio più antico, e acquista valore
dal fatto che figura in un sommario di cronaca154.
Negli stessi anni, sollecitati a contribuire alla mostra in occasione del
cinquantesimo delle missioni salesiane (1875-1925) i confratelli di Betgamāl
spediscono via Genova a Torino una diecina di grandi casse contenenti fra l’altro un
erbario biblico completo e la riproduzione in scala dei principali mosaici stefaniani155.
Continuano le migliorie e le innovazioni nell’azienda agricola: vengono
importati vitigni pregiati dal Golan siriano e dal monte Libano, piante di agrumi e
ulivi dalla Sicilia; si piantano migliaia di alberi nelle zone a bosco; si introduce su
più ampia scala la meccanizzazione nel lavoro dei campi156. Per tutti questi fattori,
Betgamāl negli anni venti conobbe un notevole sviluppo, vinse diversi premi alle
mostre agricole della regione, tanto che, per la modernità di impianti e di metodologie,
venne riconosciuta dal governo mandatario britannico come “la prima scuola agraria
di Palestina”; perciò nella persona del direttore don Bianchi le venne conferita “la
croce dell’Ordine di S.Giorgio (O.B.E.) con una lusinghiera motivazione del generale
Borton”157. Per le sue competenze e benemerenze don Sacchetti divenne membro
permanente della “Agricultural Advisory Board of the Palestine Government” (e più
tardi anche abūna Sarkīs)158 [Foto n. 70]. In questo contesto si spiega la protesta che
153 ABG: SACCHETTI, Corrispondenza, così documenta: 901 cure di piaghe, morsicature, tumori ...;
599 colliri e rimedi per gli occhi; 354 dosi di chinino; 332 purganti e vermifughi; 150 affezioni di
gola, bocca e orecchie; 117 denti estirpati; 14 sanguisughe estratte; 83 ferite leggere e gravi; 527
ricette varie; totale 3177 interventi.
154 AIMOR 4.4.2. Per il 1926 a p. 11 si nota: “Il confratello Simone Srugi che da parecchi anni tiene
un ambulatorio per gli ammalati dei paesi vicini ha il suo lavoro in continuo aumento; ciò gli offre
l’opportunità e la consolazione di battezzare qualche bambino mussulmano in articulo mortis”.
155 Cf ABG: SACCHETTI, Corrispondenza.
156 Don Botto riassume nei suoi appunti: “1920: arriva una trattrice Fordson con aratri e erpici. Si
incomincia l’aratura meccanica. /.../ 1922: La vendita di una automobile Fiat (che era stata
regalata dal Governo Italiano) per 360 lire palestinesi mise in grado di costruire il nuovo oleificio
e provvederlo di torchio idraulico e altri utensili”. Nell’Esposizione agricola di Giaffa nell’ottobre
1921, Betgamāl si era aggiudicati 11 dei 30 premi. [Foto nn. 63-67, 73-75].
157 Cf Lettera mortuaria di don Bianchi, p.5; BORREGO, p. 127; SACCHETTI, Annotazioni varie ...,
pp. 55ss. e i fogli intitolati “Alcune Testimonianze di Personaggi che visitarono Beitgemal” dal 1918
al 1923, ad es. quella di Sir Herbert Samuel, High Commissioner in data 23 aprile 1923, seguita da
una lettera di ringraziamento di don Bianchi il 28 aprile; cf anche AIMOR 4.4.1.1, Corrispondenza:
cartelle B, C.
158 Cf cronache manoscritte di Betgamàl. Ancora il 18 Gennaio 1936 fu nominato presidente del
La vita e l’azione
51
nel 1927 i salesiani inviarono all’editore italiano Paravia perché sulle sue carte della
Palestina figuravano tutte le colonie agricole ebree e non quella cristiana di Betgamāl.
Nell’edizione successiva l’editore rimediò159.
Forse avvenne in questo periodo in ascesa, l’esperienza che don Sacchetti fece,
“per la dolce violenza del Maggiore britannico, comandante dell’aerodromo di Wadi-
Sar [sic e senza data]”, del primo volo aereo su Betgamāl e la valle del Giordano, di
cui ci sono rimaste molte fotografie, tra cui la n. 62, e che descrive nel suo diario in
termini che rivelano qualcosa della sua spiritualità:
“Devo ringraziare il Signore di questa escursione. Prima il pensiero di volare e
poi il fatto di trovarmi in aria, osservando come tutto sparisce, se si osserva dall’alto,
mi riempirono il cuore di santo affetto e di amore verso Dio e supplicai il Signore
di voler ricevere gli infiniti giri dell’elica del motore come altrettante esplosioni del
mio affetto verso di Lui”160.
L’incoraggiante ripresa post-bellica e i lusinghieri risultati di quegli anni vennero
raggiunti grazie alla sinergia di svariati fattori: anzitutto l’indefesso e sacrificato
lavoro dei confratelli coadiutori e dei giovani nella campagna, nella vigna e nella
cantina, che fruttava nelle coltivazioni e piantagioni e nella vendita di vino e olio; il
ricavato dal frantoio e dal mulino [Foto nn. 36, 37, 64-67, 72-75]; inoltre l’incasso
di parte degli indennizi di guerra, il sussidio annuale della ANMI di Schiaparelli, gli
aiuti del Consolato italiano, ecc. Ma determinante fu il contributo di molti benefattori
contattati in Europa e negli USA, sia individui che enti; tra questi in particolare la
protestante “Near East Relief” e la “Catholic Near East Welfare Association”. Per non
interrompere il filo della narrazione storico-biografica, dedico a questo tema una delle
“finestre particolari”.
3.5.6. La costruzione del nuovo Martyrium di Santo Sefano (1928-30)
Altre offerte da parte di svariati benefattori dovevano servire sia per estinguere
i debiti pregressi e introdurre migliorie nell’azienda, sia per iniziare la costruzione
del santuario di Santo Stefano. La liquefazione prodigiosa del suo sangue avvenuta
il 12 Luglio 1927 nel monastero francescano di santa Chiara a Napoli tra le mani di
don Sacchetti, venne interpretata come segno che il santo gradiva quanto si stava
facendo in suo onore, sia sul piano devozionale come su quello dell’educazione al
perdono161. Perciò, ottenuto finalmente il permesso delle autorità dei beni archeologici,
si staccarono dal pavimento i mosaici bizantini, si scavò attorno alla grotta dell’area
comitato per l’educazione agricola alla fiera di Tel Aviv, e due anni dopo gli fu proposto di entrare a
far parte della commissione per l’Industria: cf AIMOR 4.4.2, p. 26.
159 Cf AIMOR 4.2.2, p.13.
160 Lettera mortuaria, p. 4.
161 Don Alfredo appuntò l’evento nel suo diario: cf Lettera mortuaria, p. 4; FERGNANI, Il sepolcro
di Santo Stefano, pp. 126-130, riproduce i certificati dei testimoni oculari: p.Ferdinando Diotallevi
da Gerusalemme-“Flagellazione” (il 7.2.1928) e il guardiano p. Girolamo Torresani da Napoli (il
22.2.1928); gli originali manoscritti sono consultabili nell’ABG, Faldone Santo Stefano. Vi accenna
anche d. Bianchi nella lettera all’ispettore d.Gatti il 12 luglio1928, in AIMOR 4.4.1.1, cartella C.

4.6 Page 36

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52
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
venerata, e tra marzo-agosto 1928 su progetto e sotto la direzione di p.Gisler, fu
costruita la cripta, che il 3 agosto venne benedetta dal salesiano Mons. Felice Guerra
(1866-1957), già arcivescovo di Santiago di Cuba. L’aula risultò bella e dignitosa,
tanto che il patriarca Barlassina, esigente liturgista, il 16 marzo 1929 vi conferiva
l’ordinazione presbiterale a don Rodolfo Frey162. [Foto n. 19]
A questo punto si avvia l’iter burocratico e finanziario per edificarvi sopra la
chiesa nella forma del primitivo Martyrium. Il 24 marzo 1929 don Sacchetti, introdotto
dal cardinal Gasparri, viene nuovamente ricevuto in udienza privata dal Pio XI per
presentargli il progetto preparato dal p.Gisler, come navata laterale di un grande
santuario. Questa volta don Sacchetti porta in omaggio al Papa un piccolo album
fotografico intitolato: In honorem S. Stephani templum erigendum apud Salesianos.
Beitgemal seu Kaphargamalae in Palestina, ubi Sancti Protomartyris sepulchrum
nuper feliciter inventum est. Una delle fotografie ritrae il folto gruppo di salesiani
delle tre case di Betgamāl, Betlemme e Cremisan in posa sullo spiazzo vuoto: in essa
Srugi compare a sinistra in prima fila, il più vicino alla grotta sepolcrale163. [Foto n. 20]
Don Bianchi, che per la costruzione aveva già destinato tutta la sua eredità di
famiglia, e commissionato da una cava di Betlemme le sei colonne di calcare duro,
invitò lo stesso Rettor Maggiore don Rinaldi per la posa della prima pietra; insistendo
gli suggeriva che, scartato il faticoso viaggio in mare, avrebbe potuto giungere in treno
con l’Orient Express, imitando il suo predecessore don Rua164. Avendo egli declinato
l’invito, la cerimonia fu presieduta da Mons. Evasio Colli, arcivescovo di Monreale,
il 2 giugno 1929, proprio in coincidenza con la beatificazione di don Bosco a Roma.
Alla predica il vescovo fece un accostamento fra il martirio di sangue e quello della
vita quotidiana spesa per i giovani (che di certo non sfuggì a Simone):
“Ora comprendo come la bontà di Dio doveva concedere in regalo ai figli di
Don Bosco la tomba e il martyrium di Santo Stefano: giacché la vita salesiana, così
apparentemente gaia in mezzo alla spensieratezza dei giovani, è tutto un tessuto di
duri sacrifici e di vero martirio”165.
Don Bianchi seguiva da vicino l'andamento dei lavori, e nel mese di dicembre il
visitatore d. Antonio Candela poteva constatarne la fase finale. [Foto nn. 24, 25, 26]
3.5.7. Simone e l’apostolato laicale delle “Confraternite”
A Betgamāl erano attive altre “pie unioni” o associazioni devozionali di cui
facevano parte salesiani, collaboratori laici e allievi scelti. La prima in ordine di
tempo dovette essere la “Confraternita di Gesù Adolescente”, che stando ai dati forniti
162 Cf ABG: Cronaca; POSS, Corrispondenza; Lettera mortuaria di don Frey (1878-1962); Amedeo
Rodinò gli dedica un cenno biografico in DBS, p. 130.
163 AIMOR: Schedario, cartella personale Sacchetti, lettere del 5 e 24 marzo e del 4, 10, 12 aprile
all’ispettore. Restano copie negli archivi AIMOR, ABG, ACrem.
164 Cf ABG: SACCHETTI, Corrispondenza varia.
165 FERGNANI, Il Sepolcro di S.Stefano, pag. 164; cf BS 53(1929) pp. 239-240.
La vita e l’azione
53
dall’ispettore don Salvatore Puddu (1874-1964), fu fondata già nel 1900, approvata
da Pio X e poi dai suoi successori. Essa ricevette un forte impulso dalla solennissima
consacrazione della chiesa dedicata a Gesù Adolescente a Nazaret il 6 Settembre 1923.
I festeggiamenti, animati dai salesiani francesi della patria e sul posto, si prolungarono
in una ottava di celebrazioni liturgiche ed eventi culturali, e uno degli atti culminanti
fu la consacrazione di tutta la gioventù del mondo al divino Adolescente. Don Filippo
Rinaldi volle che in tutta la congregazione si desse massimo risalto a questo evento:
“A tal fine mi parve opportuno in quest’anno fissare i ricordi per gli Esercizi
spirituali: a) Sulla vita di Nostro Signore nella casa di Nazaret, il modello perfetto
che dobbiamo avere ognora dinanzi agli occhi affine di riprodurlo il meglio possibile
in ogni giovane che la Provvidenza affida alle nostre cure; b) sulla vita di lavoro
intellettuale o manuale che personalmente dobbiamo fare noi in compagnia di
Maria SS. e di S.Giuseppe, perché Nostro Signore venne quaggiù a redimerci con la
santificazione del lavoro prima ancora che con lo spargimento del suo preziosissimo
sangue; c) sulla vita di sommissione ai legittimi superiori ch’è dovere di tutti noi:
non d’una sommissione puramente passiva che aspetta gli ordini per eseguirli, ma
di quella sommissione amorosa che previene i desiderii e indovina i bisogni, quale
appunto la esercitò nella maniera più perfetta l’Adolescente Gesù verso Maria SS. e
S.Giuseppe”166.
Seguendo le direttive dell’ispettore, anche a Betgamāl si tenne la cerimonia
di consacrazione. È plausibile che una rappresentanza di confratelli si sia recata
a Nazaret: poteva mancare Simone, concittadino di Gesù?167. Probabilmente fu in
quella circostanza che si fece ritrarre in posa con un suo cugino. [Foto nn. 13, 14, 41]
Certamente egli si impegnò a realizzare il programma spirituale e pedagogico che don
Rinaldi tracciava.
Dal 1924 al 1927 fu pure animatore della “Crociata del SS.Sacramento”,
una iniziativa apostolica promossa a Betgamāl dallo zelante sacerdote salesiano
don Mario Gerbo (1885-1964). In quegli anni tra loro due e con qualche exallievo
ci furono brevi scambi epistolari di cui mi occuperò nella seconda parte di questo
lavoro. Da notare che, soppressa per ordine dei superiori la “Crociata” e sostituita
con la “Compagnia del SS.Sacramento”, perché ritenuta più consona allo spirito di
don Bosco e alla tradizione salesiana, Simone continuò tramite quest’ultima lo stesso
apostolato eucaristico di prima.
Nella cronaca di alcuni anni dopo si legge pure: “L’8 dicembre 1930 si istituisce
la “Compagnia di S. Giuseppe” con 11 membri scelti dal direttore, presidente il
confratello Srugi”168. Era un ulteriore riconoscimento dell’ascendente che Simone
166 Cf ACS 3(1923) n°21, pp. 118-119. Per la devozione di don Albera a Gesù Adolescente, cf Guido
FAVINI, Don Paolo Albera, «Le petit Don Bosco». Torino: SEI, 1975, pp. 252-254.
167 Cf le disposizioni che don Puddu dava nella circolare del 24 agosto 1923, con acclusa la preghiera
di consacrazione a Gesù Adolescente, da recitarsi in ogni casa dell’ispettoria; me ne occupo nella
seconda parte del mio lavoro. Per un resoconto del memorabile evento di Nazaret, cf DESRAMAUT,
L’orphelinat ..., 158-160.
168 AIMOR 4.4.2, p. 17.

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54
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
esercitava sui ragazzi e sugli stessi confratelli. Tra le Compagnie, quella di S.Giuseppe
aveva come scopi specifici, oltre alla devozione e imitazione del custode ed educatore
di Gesù adolescente (fiducia nella Provvidenza, povertà, vita interiore, lavoro e
preghiera ...) anche quello di affiancare il prefetto nella manutenzione dei locali,
nella cura degli attrezzi e materiali della casa, insomma nel buon andamento della
economia domestica.
Da parte loro i confratelli di Nazaret avevano richiesto alle autorità ecclesiastiche
di Gerusalemme e di Roma l’elevazione del “sodalizio” di Gesù Adolescente al
rango di “Arciconfraternita”. Ottenutala nel 1930, incrementarono la sua diffusione,
ricevendo domande di adesione da parte di laici ed ecclesiastici, seminaristi, religiose
e monache di clausura ..., da molte parti del Medio Oriente, Europa e America
Latina, come dimostra l’impressionante documentazione conservata nell’archivio
della casa salesiana di Nazaret169. Nella sezione apposita del presente lavoro mi
occuperò della preghiera di consacrazione composta dal patriarca Barlassina. Qui
sottolineo la finalità concreta di questa arciconfraternita che, oltre alle pratiche
sacramentali e devozionali, richiedeva l’imitazione di Gesù Adolescente, secondo
un preciso programma annuale in cui ad ogni mese corrispondeva l’esercizio di una
particolare virtù cristiana. Il 24 Maggio 1932 tutti i confratelli di Betgamāl vi furono
ufficialmente aggregati. Nella lista Srugi Simone figura il primo dei coadiutori, il
che conferma la stima di cui godeva grazie alla sua spiccata pietà e alla sua condotta
esemplare.
Per completare il quadro di queste forme di apostolato: le FMA, che costituivano
un gruppo integrante della comunità educativa di Betgamāl, diffondevano tra le
bambine l’“Apostolato dell’Innocenza”, un’associazione molto vicina alla “Infanzia
Missionaria”, di cui don Fergnani era stato iniziatore a Pisa e continuava ad essere
attivo propagatore170.
3.5.8. Umile confratello educatore
Tutte le suddette espressioni occasionali o quotidiane di apprezzamento che
riceveva, non scalfivano l’umiltà di Simone né smuovevano il suo atteggiamento
di fondo riassunto dalle parole della Imitazione di Cristo “ama nesciri et pro nihilo
reputari” (libro I, cap. 2, n° 5). Mantenendosi sempre alla presenza e al servizio di
Dio, egli svolgeva alla perfezione le svariate forme di azione educativa e tutto il
faticoso lavoro manuale, ma sempre nello spirito dell’evangelico “servo inutile” (Lc
17, 7-10). Era convinto di essere “un povero meschino” e applicava sovente a sé le
parole di Natanaele: «Sono proprio un buono a nulla: basta dire che vengo da Nazaret.
E Natanaele non disse che da Nazaret non può venire niente di buono (cf Gv 1,46)?».
169 Cf ANaz, Faldoni nn. 14 e 15.
170 Cf ABG: Lettera mortuaria di don Fergnani. In AIMOR 4.4.1.1, cartella C, si trova una cartolina
postale in cui don Fergnani, aggiorna sullo stato dell’associazion al 31 marzo 1932. Nella cronaca di
Betgamāl si legge che molte bambine iscritte a questa associazione fecero giungere da diverse parti
le loro piccole offerte per la costruzione del Martyrium.
La vita e l’azione
55
Riteneva la sua vita di nessun valore, tanto che anche quando corse pericoli di essere
lapidato o pugnalato, reagì con non curanza171.
Il pensiero che qualcosa gli fosse dovuto come tributo al merito o segno di
riconoscenza, gli era totalmente estraneo. Nel 1929 fu designato a rappresentare i
confratelli coadiutori della Palestina alle celebrazioni per la beatificazione di don
Bosco in Italia. Ma, per assicurare l’assistenza agli ammalati interni ed esterni, non
ebbe alcuna difficoltà a restare a casa, lasciando l’onore al signor Giorgio Harūni che
partì accompagnando il direttore don Eugenio Bianchi. Episodio analogo si verificò
nel 1934, per la canonizzazione del santo Fondatore. Sono due esempi di come Srugi
viveva abitualmente il “nulla chiedere, nulla rifiutare”, nello spirito della “santa
indifferenza” ignaziana e salesiana172. Aggiungo che in quest’ultima circostanza
quasi certamente Simone partecipò ai 3 giorni di festeggiamenti per il novello santo
a Gerusalemme (26-28 aprile 1934) insieme a 9 confratelli e 20 giovani che furono
alloggiati nell’ospizio per pellegrini “Notre Dame de France”173.
Ma da dove nasceva e si alimentava questo suo abituale atteggiamento? Egli
stesso ne rivelò la radice evangelica un giorno che si commentava la giaculatoria
Gesù mite ed umile di cuore, rendi il nostro cuore simile al tuo”:
«Oh, l’umiltà di Gesù! Lui Dio così umile, così nascosto. Trent’anni a Nazaret
senza farsi conoscere; lavorare tutti i giorni come un semplice garzoncello (usò proprio
questo termine, lo ricordo bene), mentre noi siamo così superbi. Nel Vademecum c’è una
bella preghiera in preparazione alla santa comunione dettata da Nostro Signore a suor
Benigna Ferrero che mi piace tanto, e io la dico tutti i giorni; là c’è il nostro nulla» 174.
Spiegò pure perché il Giovedì Santo alla lavanda dei piedi gli veniva assegnata
la parte di Pietro:
“Affinché istruisca questi poveri ragazzi sulla bellezza di questa funzione, e
faccia capire loro l’onore che hanno avuto nel rappresentare gli apostoli di Gesù.
Così quando saranno grandi si ricorderanno di questo fatto nella loro vita e staranno
più buoni. Ma anche per me, poveretto, è una buona lezione di umiltà: rappresentare
l’apostolo san Pietro ardente, generoso e pieno di fede. Ma pensi: Gesù, che è Dio,
si umilia davanti a noi creature sue, e bacia i piedi agli apostoli (cf Gv 13, 1-5): che
lezione di amore e di umiltà per noi!”175.
171 Cf FORTI, pp. 116, 125 e 117. I primi due episodi di aggressione avvennero nel 1933 vicino al pozzo
della Samaritana e ai piedi del Tabor che Simone stava salendo insieme al sig. Giovanni Battista
Ugetti (1886-1965); il terzo nel 1936 sul treno da Gerusalemme a Derabàn: cf FIORA, p. 130.
172 Cf FORTI, p. 111.
173 AIMOR 4.4.1.1, alle date corrispondenti. Il solenne pontificale si svolse nella concattedrale
latina. Per gli invitati d’onore il “pranzo contemplato” fu servito nella vicina “Casa Nova” dei PP.
Francescani. Mentre nel cortile e nel teatro della regia suola italiana su via dei Profeti vi furono vari
tipi di rappresentazioni e intrattenimenti per i ragazzi e le loro famiglie.
174 Finora non ho trovato la preghiera di cui Srugi parla, ma solo 8 paginette di “Margherite preziose
cavate dall’aurea vita di Suor Benigna Consolata Ferrero” (1885-1916), che fu monaca Visitandina
a Como, apostola della “illimitata confidenza” nella divina Misericordia..
175 Suor Tersilla in AIMOR 15.1.3, cartella 9C, p.17.

4.8 Page 38

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56
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
Questa abituale umiltà accondiscendente, rendeva Simone capace di vivere in
forma esemplare il metodo educativo-apostolico salesiano. Don Pietro Cattān, che fu
a Betgamāl nel 1929-31 e dal 1940 al 1943, ritrae in questi termini il Simone della
maturità e della vecchiaia:
“Era un apostolo nel disimpegno del suo lavoro, sia come incaricato del
mulino e nel dispensario, come infermiere, e soprattutto come amico e fratello
maggiore tra i giovani. /.../ Ogni buon salesiano è anche buon assistente, ma il
confratello Srugi era ottimo, ammirabile. Spiccava con la sua calma inalterabile e
con squisita carità, sapeva indurre anche i più restii all’osservanza del regolamento.
Bastava sapere che il sig. Srugi era incaricato di tale o tale assistenza, per essere
sicuri che tutto procedeva bene. Già vecchio e malaticcio, invitato di attendere
all’assistenza, lo faceva volentieri e al consigliere che si scusava per avergli
arrecato quel disturbo, esclamava: «Oh, ma s’immagini, è un piacere che mi
fa». E si raccomandava che tutte le volte che si avesse bisogno di lui non lo si
risparmiasse. Godeva vedere i ragazzi giocare /.../ egli era felice della loro allegria
e del loro divertimento”176.
Abbiamo qui una qualificata conferma di come Simone avesse assimilato quelle
linee di spiritualità salesiana che i primi successori di don Bosco riattualizzavano nei
loro scritti, e vi sia rimasto fedele fino a tarda età.
4. Il “piccolo mondo” di Betgamāl e la missione di Srugi al suo servizio
A questo punto della nostra storia sostiamo per vedere più da vicino qual era
l’ambiente umano concreto in cui Simome viveva e operava, con quelli di casa e con
gli esterni.
4.1. Dentro le mura e a ridosso della casa religiosa (deir, “convento”)
Al tempo di Srugi, dopo la prima guerra mondiale, vivevano come “interni”
a Betgamāl mediamente da settanta a ottanta persone: una dozzina di salesiani
(sacerdoti, coadiutori e chierici)177; 5-6 Figlie di Maria Ausiliatrice addette a
cucina, guardaroba e infermeria per le donne e qualche loro aiutante; due famiglie
di collaboratori laici (entrambi “cooperatori salesiani”), 5-6 “famigli e domestici
e insegnanti”; alcuni capimastri e operai;178 una quarantina di ragazzi e giovani
dagli 10-12 ai 17-19 anni, che frequentavano la “scuola pratica di agricoltura”.
Nell’insieme costituivano un gruppo tutt’altro che omogeneo; appartenevano a
nazionalità e a riti svariati: vi erano arabi (palestinesi, siriani, egiziani, giordanici)
di rito greco-cattolico e latino, libanesi di rito maronita, armeni apostolici e cattolici,
176 AIMOR 15.1.2, cartella 8.
177 Nella sua ricerca don Alejandro León, oltre a fornire “note biografiche dei confratelli più
significativi”, ha ricostruito in dettaglio l’elenco di tutti i confratelli vissuti a Betgamāl dal 1892 al
2011, in ordine alfabetico e cronologico (cf pp. 212-243).
178 Tra questi Nasry al-‘Àrag che dal 1939 fu falegname e factotum, conobbe bene Srugi, fu presente ai
suoi funerali e partecipò alla riesumazione del suo corpo il 10 dicembre 1982.
La vita e l’azione
57
italiani, qualche tedesco e svizzero, e nell’ultimo decennio anche alcuni polacchi,
uno spagnolo e un salvadoregno. Le lingue usate nella vita comunitaria e nella
scuola erano l’arabo e l’italiano, e durante il Mandato britannico nel triennio di
specializzazione anche l’inglese179.
Si può dire che dentro lo stesso grande “recinto” (ma in edifici dislocati e
rispettando la debita clausura delle suore) interagivano membri di quasi tutti i gruppi
della “famiglia salesiana” così come la si intendeva allora180. Tra i salesiani, oltre ad
essere variamente impegnati nella scuola pratica di agricoltura, alcuni erano al servizio
della popolazione dei dintorni, in stragrande maggioranza musulmana, che sceglieva
uno di loro come mukhtàr o sindaco181. Mentre un sacerdote aveva la cura pastorale di
una minoranza di cristiani in quella che fungeva da parrocchia, operante fin dal 1880
e poi nel 1927 passata al clero diocesano del vicino Deir Rafāt182. Fra le comunità
maschili e femminili di Betgamāl e Deir Rafāt (orfanotrofio e dispensario affidati alle
“Suore Dorotee”, e colonia agricola gestita dai preti del Patriarcato Latino) i rapporti
179 Durante il ventennio 1918-1937 la media annuale dei ragazzi interni fu di 43. Nei 6 raccoglitori in
ABG: Accettazione Allievi, si leggono le domande di ammissione presentate da vescovi e sacerdoti
di vari riti, religiosi, suore, parenti o familiari, munite di certificato di battesimo, visita medica ecc.:
la maggioranza erano orfani, ma figurano pure ragazzi affidati perché di famiglia numerosa, oppure
perché non fatti per gli studi letterari. La provenienza è la più disparata: dalle vicine Beitgiala,
Ramlah e Gerusalemme, ma anche da Kerak, Gaza, dalle lontane Cairo e Alessandria d’Egitto,
Grecia, Costantinopoli, Cilicia ...
180 L’ispettore don Nai aveva trovato sconveniente questa “mescolanza”, perciò scrisse ai superiori di
Torino che ritirassero le FMA. Il buon don Vercauteren, direttore, si premurò di smentire l’esistenza
di indebiti sconfinamenti e insistette che le suore restassero, perché svolgevano con sacrificio un
ruolo insostituibile: cf ASC, F399 Casa di Beitgemal, I-II, Lettera di don Carlo Vercauteren a don
Filippo Rinaldi in data 3 Dicembre 1907. Alla lettera allegava una mappa dettagliata delle varie parti
della casa: cf ASC nei fascicoli VI.IX F39905.
181 Nel capitolo Les Salesiens de Dom Belloni, edito nel 1894, l’abbé Conil alle pp. 213, 215-217,
descrive gli inizi di Betgamāl, poi a pp. 218-219, oltre ad accennare alla parrocchia, scrive:
“Actuellement il rend les mêmes services spirituels aux employés européens de la ligne du chemin
de fer, qui n’est qu’a une heure de la maison. L’Ecole est encore une hospice pour les passagers
européens qui passent par là; elle fournit du travail aux pauvres et des médicaments aux malades.
/.../ elle compte soixante-cinque élèves internes /.../ qui s’appliquent surtout à l’agriculture”. Per
anni a ricoprire la carica di mukhtār (e a ricevere il corrispondente stipendio governativo) fu abūna
Butrus Sarkīs, uomo equilibrato e giusto, che non di rado si faceva affiancare da Srugi: cf FORTI, p.
70. Anche don Rummān Spiridiōn e il coadiutore Giorgio Harūni (1873-1955) furono mukhtār per
qualche tempo. [Foto nn. 30, 58]
182 Già nel 1887 don Belloni annotava: “Paroisse de Beitgemal. Cette paroisse, erigée canoniquement
en 1880, compte 120 catholiques environ; elle est aux frais de l’Oeuvre; Dom Scanzio, supérieur
de l’Ecole agricole, en est le curé”: Bulletin annuel, Année 1887, p. 17. BORREGO, p. 209 citando
la cronaca della casa, scrive: durante il direttorato di don Varaia si cominciò a Beitgemal la cura
pastorale di una ventina di cattolici che abitavano a Rafāt, un villaggio distante circa 6 km. Se ne
ignora il rito. Poi l’azione missionaria si estese ad altri villaggi fino a contare un centinaio di cristiani:
ASC 3.29 Beitgemal. Cronaca. ASC 31.24 MO Visite straordinarie, Don Bretto. Per quanto riguarda
Der Rafāt, cf Estella FANO, Sulle orme del passato, cifre d’amore. Deir Rafāt 1927-2009. Primo
luogo di missione in Terra Santa per le Suore Dorotee del Farina. Gerusalemme: Stamperia del
Patriarcato Latino, 2014, capitoli 1-3, passim, e qui pp. 64, 95.

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58
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
erano cordiali, con scambi di visite in occasione delle feste patronali o ricorrenze
varie, come pure forme di vicendevole ministero pastorale183.
Vi era pure una botteguccia ove i contadini potevano acquistare generi di
prima necessità; per un po’ fu gestita da Nazarena Farruagi (o Farwajy, o Farhuagi),
commerciante di Giaffa che faceva da provveditrice; è menzionata numerose volte
nelle cronache184. Per anni ne fu incaricato Srugi.
Occasionalmente in casa venne data ospitalità a qualche “estraneo”185.
All’esterno delle mura del “convento” vi erano le povere casette dove abitavano
le famiglie di una diecina di coloni, fittavoli o mezzadri, qualche guardiano e un
cammelliere, vari addetti al bestiame, oppure a coltivare orti, frutteti, oliveti e vigneti,
con i cui ricavati l’opera salesiana si sosteneva. A una certa distanza accampavano due
famiglie di beduini con le loro greggi di pecore e capre che pascolavano sui terreni
del deir, e le circa 150 famiglie musulmane dei villaggi d’intorno186. Poi vi era tutto
un via vai di gente: sia i giornalieri, come le dozzine di ammalati che ogni giorno
venivano “da una cinquantina di villaggi” del distretto a farsi curare; gli agricoltori
che portavano i loro prodotti al mulino e al frantoio. Infine i saltuari: commercianti;
acquirenti di vino e derrate varie, agenti del fisco, ispettori della sanità o della polizia,
“vagabondi” o scrocconi che comparivano “casualmente” all’ora di pranzo.
183 FANO, Sulle orme del passato..., pp. 64, 95 scrive: “La chiesa e il complesso di edifici destinati al
convento, all’orfanotrofio e alla scuola, furono ideati dall’architetto benedettino Maurizio Gisler. I
lavori di costruzione iniziarono nel 1925 e furono conclusi nel marzo 1928”, con la inaugurazione
del santuario dedicato a N. S. Regina di Palestina. A pp. 60, 62 descrive l’incidente di “camion” da
cui un gruppetto di suore salesiane e dorotee uscirono illese “per miracolo” della Madonna.
184 SACCHETTI, Annotazioni varie: “8.11.16: Si è fatto il bilancio di bottega con un minuzioso
inventario. Il risultato è superiore ad ogni aspettativa. Betgemal ha preso un beneficio di P. [piastre]
5.722 e Nazarena Fartuagi P. 1.924. Si è poi aumentato il capitale accennato a 20.000 P.” [Dunque
non è corretto quanto si legge in FORTI, p. 41, nota 7: “La botteguccia fu chiusa prima della guerra
del 1914”]. Don Rosin il 21 aprile 1937 scrive sulla Cronaca: “Arriva la Nazarena vedova Faruagi”;
il 27 aprile: “viene portando rotoli di caffè e 2 sacchi di verdure e il giorno seguente accompagna il
direttore per chiarire i confini della proprietà di Hafiri”. Nel 1940 don Candiani e qualche confratello
le fanno visita a Giaffa. Probabilmente era suo figlio o parente quel ‘Abdàllah che abūna Fathàllah
Tahhān ricorda come meccanico del mulino: cf AIMOR 15.1.1, cartella 2, busta 7.
185 Come ho già segnalato, l’archeologo scozzese Duncan MacKenzie vi rimase un anno e mezzo tra
1912-13. Poi dal Marzo 1928 “il dr [Elihu] Grant, protestante e già direttore della Scuola Americana
di Ramallah si fa nostro ospite per circa tre mesi, cioè per quanto dura la campagna di scavi in
Betsames [sic]”: AIMOR 4.2.2. Sarebbe bello sapere che cosa il primo pensava della località di
Betgamāl e il secondo del rinvenimento del primitivo Martyrium di S.Stefano; ma finora non ho
trovato niente al riguardo.
186 Secondo i censimenti e le statistiche ufficiali dell’autorità mandataria britannica, nel 1922 a
Betgamàl (“convento” e villaggetto) abitavano 59 persone (56 cristiani e 3 musulmani); nel 1931
assommavano a 168 (90 musulmani e 78 cristiani), e nel 1945 avevano raggiunto i 240. Per quanto
riguarda i paesi e villaggi del più ampio raggio all’intorno (numero e popolazione), rimando alla
“finestra” apposita in altra parte di questo mio scritto.
La vita e l’azione
59
4.2. Vie e mezzi di collegamento con l’esterno
Prima che arrivassero le automobili, i trasporti venivano fatti a dorso di
cammello e di cavallo, o di mulo ed asino. I viaggi erano saltuari, essendo il deir quasi
autosufficiente: pane dal forno, vino dalla cantina, carne dalla stalla e dalla “bassa
corte”, latte e formaggio, ortaggi, frutta, olio, miele; laboratori del falegname, fabbro-
ferraio, muratori e dal 1930 anche una piccola tipografia187. I collegamenti con l’esterno
avvenivano a piedi oppure su un “carretto/biroccio” tirato da un mulo fino alla vicina
stazione ferroviaria di Derabān (distante circa 7 km, entrata in funzione tra il 1890-
92, chiamata anche di ‘Artūf, oggi di Betshemesh). Ad ‘Artūf, vi era una caserma
della polizia e l’ufficio della posta e telegrafo, a cui faceva capo Betgamāl. In treno
si percorrevano una trentina di km fino a Ramlah (sede del distretto amministrativo),
la vicina Lidda (importante snodo ferroviario verso la costa e l’interno, oppure verso
l’Egitto) e dopo altri 23 km si giungeva a Giaffa (e Tel Aviv), la città più importante,
dove dal 1907 al 1920 i Salesiani gestirono una scuola elementare appartenente
all’ANMI dello Schiaparelli188.
Per recarsi a Gerusalemme ci si poteva servire del trenino che da Derabān saliva
lungo la Wadi Sarrār (per gli ebrei emeq Soreq) e, dopo la fermata a Bittīr (da cui
si proseguiva verso est su una mulattiera per “la fontana di Filippo”, Cremisan e
Betlemme), terminava la corsa nella “German Colony” (ha Moshàv ha Germanìt)189.
Oppure prima ci si recava in “biroccio” o in macchina al crocivia di Bab-el-Wad a 16
km a nord di Betgamāl, e dopo altrettanti km di strada camionabile che si arrampicava
sulle montagne verso nord-est si giungeva a Gerusalemme. Qui dal 1904 i Salesiani
gestivano la Regia Scuola Italiana Maschile, situata sulla “via dei Profeti” di fronte
all’Ospedale Italiano, in cui lavoravano le religiose del Cottolengo. Nell’isolato
sottostante vi era la scuola femminile italiana anch’essa dell’ANMI, diretta dalle
Figlie di Maria Ausiliatrice.
In genere erano queste le destinazioni di Simone e le strade che, come
incaricato della infermeria e dell’ambulatorio, percorreva quando c’era bisogno di
recarsi a consultare i medici o ad acquistare medicinali190. Infatti, data la sua gracile
187 Cf ABG: Cronaca da gennaio a marzo 1930 in AIMOR 4.4.2; per gestirla venne l’exallievo Gino
Neri da Alessandria d’Egitto che rimase 4 anni. Vi si stampavano i testi scolastici e i libri sulla
questione stefaniana, fino al 1936, quando fu ceduta ai salesiani di Betlemme.
188 La lasciarono nel 1920 per assumere la direzione di quella di Haifa: cf BORREGO, cap. VI, note
33-37 e cap VII, n. 75; POZZO, L’Ispettoria ..., pp. 41-44.
189 Suor Ernestina Coda, una delle prime FMA giunte nel 1891, ci ha lasciato una vivace descrizione
del viaggio su quel tratto di ferrovia: sbarcate a Giaffa, “le cinque missionarie, insieme ai coadiutori
salesiani compagni di viaggio, salgono su un treno primordiale, ansimante e fracassone, che compie
a passo d’asino il percorso Giaffa-Gerusalemme. Attraverso aranceti e frutteti prima, poi fiumicelli
asciutti, vallate petrose, salite tortuose, sostando a piacimento or qua or là”: SECCO, Suor Annetta...,
p. 10; cf pure FRANCESIA, Don Bosco in Oriente..., pp. 58-61.
190 Cf in AIMOR 15.1.12, cartella n° 1, busta 1.4, il piccolo taccuino in cui sono annotati accuratamente
gli acquisti fatti in vari anni presso diverse farmacie di Tel Aviv, Giaffa, Ramlah, Betlemme
e Gerusalemme. Durante le veloci soste alla scuola salesiana di via dei Profeti, capitava che si

4.10 Page 40

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60
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
costituzione, non venne impiegato nel lavoro dei campi o della vigna e cantina, ma
continuò a prendersi cura degli ammalati, sia gli interni (confratelli e giovani, spesso
vittime della malaria) sia gli esterni, che ripresero a venire ancora più malconci di
prima da tutti i villaggi circostanti devastati dalla guerra. Per avere un’idea realistica
del servizio che veniva prestato, è istruttiva la nota “Movimento del Dispensario
Chirurgico-Farmaceutico per i Musulmani: luglio 1923-luglio 1924”:
“Purganti; vermifughi; dosi di chinino; colirio e rimedi per gli occhi; denti
estirpati; rimedi per piaghe, tumori e morsicature; sanguisughe estratte dalla gola;
tossi e malattie di gola e di bocca; cura di ferite leggere; cura di ferite gravi; varii.
[...] Questo Dispensario funziona gratuitamente fra i musulmani da circa 30 anni,
e il quadro qui esposto rappresenta approssimativamente una media annuale. La
spesa media annuale ammonta a circa 6.000 Lit. – È sostenuto esclusivamente dai
salesiani, ma l’ANMI ha inviato, negli ultimi tre anni, medicine per un complessivo
di Lit. 4.000. Anche il Governo Inglese ha somministrato dei disinfettanti per
combattere la malaria”191.
4.3.Amministratore saggio e fedele
Secondo l’espressione evangelica, si può dire che Simone era l’amministratore
saggio e fedele messo a capo di alcuni settori-chiave dell’opera di Betgamāl, in cui
esercitava quotidianamente svariate forme di misericordia corporale e spirituale.
Finora egli riceveva gli ammalati in uno stanzone situato sotto il grande arco
all’entrata della casa. Per venire incontro al sempre crescente numero di richieste,
e anche per attenersi alla specifica ordinanza del governo mandatario britannico, ci
sarebbe voluto un ambiente più grande e meglio attrezzato192. Era di questo avviso anche
il Dr Elihu Grant dell’Haverford College, allora direttore della Scuola Archeologica di
Ramallah, che mentre svolgeva ricerche sull’ambiente socio-economico palestinese
dei dintorni, visse in casa ed ebbe modo di constatare personalmente quanto si faceva;
l’8 luglio 1930 rilasciava questa dichiarazione spontanea:
“I have studied conditions in rural Palestine for many years and just recently
have carried on three scientific experiments in close neighborhood to the monastic
incontrasse con il suo emulo e amico signor Giovanni Battista Ugetti che veniva a smerciare il vino
di Cremisan: cf la sua testimonianza del 1953 in AIMOR 15.1.2, cartella 8.
191 AIMOR 4.4.1.1, Documenti e corrispondenza 1901-1944, cartella B. – In essa si trova un foglio di
statistiche del 3 marzo 1927: “Number of poor cured in the dispensary during the last two years:
6.734”; altre statistiche sono riportate da FIORA, p. 95. Negli anni seguenti anche la CNEWA e la
“Catholic Medical Mission Board” presero a inviare medicine e materiale farmaceutico: cf ABG:
SACCHETTI, Corrispondenza.
192 Cf ABG: cartella Beitgemal Dispensary: la “Public Health Ordinance n° 4” del 14 Novembre 1921
emanata da sir Herbert Samuel, High Commissioner, fu poi seguita dal regolamento applicativo in
cui si specificava minutamente che l’edificio doveva essere in muratura, intonacato internamente,
alto non meno di 3 metri, e le tre stanze (attesa, visite del dottore, dispensario) luminose e arieggiate,
dotate di acqua corrente; il “medical officer in charge” era l’unico autorizzato a fare iniezioni
ipodermiche, e doveva mantenere aggiornato il registro delle medicazioni, custodire le chiavi degli
armadi e delle porte di accesso, ecc.
La vita e l’azione
61
establishment of the Salesian Order at Beitgemal, ‘Artūf station, Palestine. I want
to bear my cordial, unsolicited testimony to the great value of the humane services
of the brothers and sisters of Beitgemal. Particularly am I impressed with the
physical needs of those poor peasants living in over thirty villages who go up to
the great house with their many sicknesses and ailments which the dwellers there
try to minister to every day. I hope that their small equipment may turn into a well
furnished dispensary. Sincerely Elihu Grant”193.
4.4. Un benefattore provvidenziale: don Adolfo Tornquist
Per passare dalle idee ai fatti occorrevano soldi! Mentre gli aiuti promessi
dell’ANMI e dal Consolato d’Italia stentavano a giungere, la Provvidenza venne
incontro servendosi di don Adolfo Tornquist. Era nato a Buenos Aires il 4 dicembre
1877, da un facoltoso finanziere; fu conquistato da Mons. Giovanni Cagliero alla vita
salesiana in cui professò il 14 novembre 1922 a Ivrea. Negli anni seguenti il Rettor
Maggiore lo inviò a visitare le missioni salesiane dell’Asia194. Durante la tappa
in Terra Santa, il 25 e 26 dicembre 1929 fu a Betgamāl con l’Ispettore don Carlo
Gatti e con don Antonio Candela (visitatore canonico straordinario) e si impegnò a
finanziare la costruzione del progettato edificio alla sinistra del portone d’ingresso,
da adibire in parte a scuoletta per i ragazzi musulmani esterni, in parte ad ambulatorio
e dispensario (9,5 x 12,5 x 3 metri di altezza). Il 4 Gennaio 1930, “in presenza dei
capi e di molti abitanti dei paesi circonvicini” presiedette la benedizione e posa della
prima pietra; nel giro di poco più di un anno la costruzione fu portata a termine e ben
presto apparve la sua utilità195. Il 21 giugno 1931 don Sacchetti scriveva:
“Attraversiamo momenti difficilissimi ma il Signore evidentemente ci
benedice. Il dispensario funziona regolarmente con la suora e con Srugi e fa un
bene immenso. Da Gennaio 52 battesimi! Io terminai la scuola araba in Marzo; l’ho
dotata di tutto il necessario, aspettavo don Shalhub perché facesse un corso di 4
mesi, si stampò il programma e poi don Shalhub non venne. /.../ Le manderò a lavori
un po’ più avanzati delle fotografie. Srugi e Sr Tersilla (anche questa una suora
capacissima e tutta carità) la salutano di cuore e le promettono di pregare secondo le
sue intenzioni”196. [Foto nn. 29, 30, 31, 32]
193 ABG: SACCHETTI, Corrispondenza.
194 Cf la nota autobiografica in VALENTINI (a cura di), Profili di Missionari ..., pp.546-550. Finanziò
generosamente l’opera del “Pio XI” a Roma-Tuscolano e numerose missioni salesiane: cf il sito
“Parrocchia/Basilica Santa Maria Ausiliatrice, Roma”, da me consultato nel luglio 2018. In Terra
Santa fu generoso benefattore dell’Opera Cardinal Ferrari e di altre istituzioni e contribuì all’acquisto
di un terreno per la Congregazione in Cisgiordania: cf lettere di don Sacchetti del 24.3.29 e 10.4.29,
in AIMOR: Schedario, cartella personale Sacchetti. Fu direttore del collegio di Bombay dal 1932-
1936. Ammalato rientò in Argentina dove volle fondare un aspirantato missionario dell’America
Latina, per ricambiare ciò che queste terre avevano ricevuto dai primi missionari salesiani. Morì ad
Alta Gracia, Argentina, il 20 aprile 1971.
195 AIMOR 4.4.2 .
196 AIMOR 4.4.1.1.

5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

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62
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
Simone rimase particolarmente riconoscente al generoso benefattore: dal 22
aprile al 16 giugno 1930 diede il nome Adolfo a 4 dei bimbi da lui battezzati; e
non mancò di pregare giornalmente per lui197. L’8 settembre 1931 don Sacchetti lo
aggiornava:
"Si è ottenuto una Suora (FMA) per la scuoletta araba, ed in ottobre si
comincerà coi figliuoli dei nostri contadini di Beitgemal che sono circa una
trentina. È già molto. Abbiamo a tutt'oggi 76 battesimi in quest'anno. Anche questo
consola. La suora che lavora con Srugi è anch’essa un dono di Dio, perché fa un
bene immenso. Il mese di agosto si è concluso con un totale di 13.000 medicazioni
in un anno”198.
L’Ispettore don Lorenzo Nigra nel rendiconto annuale ai superiori di Torino ci
teneva a segnalare che:
“1931-32: Si è aperta quest’anno una scuoletta-asilo per i figli dei nostri
lavoratori musulmani. Assistenza media (diurna) 20 fra bambini e bambine. Si è
ingrandito l’ambulatorio di tre locali. Vi è una suora addetta per le donne, ed il
coadiutore per gli uomini”199.
Nel nuovo ambiente Simone continuò a esercitare giornalmente il suo ministero
assistenziale di “buon Samaritano”; gli ammalati accorrevano a lui a diecine e
diffondevano la fama che operasse guarigioni straordinarie. Questo suscitò le gelosie
di un medico protestante e la solidarietà di uno maronita di Ramlah che si offrì di farsi
personalmente garante della “clinica”200 [Foto nn. 32, 33, 34, 35].
I testimoni aggiungono che Simone, anche in circostanze molto critiche (come
quando fu accusato d’aver causato la morte di una donna affetta da cancrena e dovette
sospendere cautelativamente l’attività) mantenne la sua calma, non si lamentò mai
delle offese che riceveva, affidando la sua difesa alla bontà di Dio.
4.5. Suor Tersilla infermiera e Simone farmacista nel nuovo ambulatorio
Tuttavia era necessario attenersi ai regolamenti, e così il 25 Maggio 1932, dal
“Chief Secretary’s Office, Government of Palestine – Jerusalem”, informano che
“it has now been arranged for a Medical Officer of Health to conduct a clinic there
once a month”. Il 29 dello stesso mese don Sacchetti assicura la “Hadassah Medical
Organization” che sta attrezzando l’ambulatorio secondo le norme e il prontuario della
stessa organizzazione ad uso delle “Village Clinics”201. Il 29 luglio 1932 forniva al Dr
Haddad del “District Health Office, Ramlah”, le informazioni richieste (formazione,
197 Cf AIMOR 15.1.1, Cartella n° 3, fascicolo G = Battesimi.
198 SC 38. Beitgemal.
199 ASC: Beitgemal. Rendiconto annuale dell’Ispettore al Rettor Maggiore.
200 Cf quanto attesta il sig. Artīn Keklikian che per anni fu suo aiutante nell’ambulatorio, e don Eligio
Dal Maso, suo confessore: AIMOR 15.1.2, cartella 8; AIMOR 15.1.3, cartella 9B: Testimonianze, II
p.20.
201 ABG: SACCHETTI, Corrispondenza.
La vita e l’azione
63
titoli e pratica) della “nurse” e del “farmacist Mr Serougi” [sic]); infine assicurava che
un medico dell’ospedale italiano di Gerusalemme sarebbe venuto almeno ogni due
settimane a “tenere clinica”202. Ciò avrebbe assicurato la copertura legale, e sarebbe
stata un’occasione di aggiornamento pratico per il coadiutore e la suora, che a volte
assisteranno il chirurgo in piccole operazioni; per suor Tersilla questa non era una
novità, data la sua lunga pratica ospedaliera, ma per Simone sì203.
Chi era Tersilla Ferrero? Nata a San Salvatore Monferrato (Alessandria) nel
1893, ancora giovanissima, animata da un profondo senso di compassione cristiana,
aveva lavorato in ospedali civili e poi militari durante la prima guerra mondiale.
Di carattere schietto e forte, “giovane elegante, con l’orologio appeso a una
catenina d’argento e una spilla d’oro sul petto”, riservata tanto da tenere segreta la
sua vocazione religiosa anche ai familiari fino all’età di 21 anni quando entrò nel
noviziato delle FMA. Professò nel 1916, optò per le missioni e al termine della guerra
nel 1918 venne assegnata alla scuoletta di Alessandria d’Egitto che era stata avviata
nel 1915 da suor Annetta Vergano, “profuga dalla Terra Santa”. Nel 1922 entrava a far
parte della comunità dell’ospedale italiano di Damasco, dove conseguì il diploma di
infermiera professionale e si perfezionò nella pratica medica dimostrandosi “abile e
molto generosa nel donarsi”. Rispondeva al profilo di quella “nurse” patentata che si
stava cercando per Betgamāl, ove giunse nel settembre 1929204. Prima come semplice
consorella, poi come direttrice della comunità FMA, sarà giornalmente a fianco di
Srugi per 14 anni. Data la sintonia d’animo, ben presto, al dilà della complementarità
sul piano professionale, tra i due santi religiosi si sviluppò una vera e propria amicizia
202 Per anni lo fece lo stesso primario e direttore sanitario (AIMOR 4.4.2, 8 gennaio 1936: “Viene il
Dr. Franco Zanardi per vedere l’ambulatorio e studiare se è il caso di venire ogni certo tempo”; 25
marzo 1936: “Viene il Dr. Zanardi, il quale fa ambulatorio al solito”). In ABG, cartella Beitgemal
Dispensary è conservato un piccolo prontuario da lui stesso manoscritto su foglietti di carta intestata,
con ricette adatte al caso. Vi si trova pure un quaderno a righe in cui Srugi compose (o trascrisse)
un suo lungo prontuario. Va detto che già negli anni precedenti si era avuto l’intervento di medici
professionisti da Ramlah, dal sanatorio di Tantur e da Gerusalemme; un medico Indiano venne da
Wadi Sarrār e uno inglese da ‘Artūf: cf ad es. Cronaca del 18-19, 24 febbraio, e 13 giugno 1918.
203 Prontuari, attrezzi chirurgici, prodotti anestetici sono ancora rinvenibili nella stanza di Srugi, ad es.
Fred HASLAM, General Catalogue Standard Surgical Instruments. USA, 1929 edition, contenente
la descrizione completa di tutti i ferri chirurgici allora in uso. Si consultava il manualetto ebraico-
inglese intitolato: Pharmacopoedia of the Hadassah Medical Organization and Kupat Holim and
other approved Village Clinics. Jerusalem: R. H. Cohen’s Press 1927; e le Norme per i soccorsi
d’urgenza da prestarsi in attesa del Sanitario, della Antica Regia Farmacia Schiapparelli di Torino.
Le patologie più frequenti erano: malaria, tifo, affezioni bronco-polmonari, gastro-intestinali, alle
vie respiratorie e agli occhi (tipo quella di cui fu testimone don Francesia nel settembre 1909).
È utile anche ricordare che sull’esteso territorio di Betgamāl, per circa 2/3 ricoperto di macchia
mediterranea, scorazzavano non solo gazzelle, cinghiali, conigli, volpi e lepri, pernici e colombacci,
che costituivano la preda di influenti amici durante periodiche battute di caccia (medici, personale
diplomatico ...), ma anche sciacalli, iene, porcospini, serpentelli, vipere e scorpioni di cui spesso
erano vittime contadini o ragazzi. Per non parlare delle ferite da piccole armi da taglio cui i “rustici”
ricorrevano per farsi giustizia da sé.
204 Attingo al profilo biografico tracciato da Michelina SECCO (a cura di), Facciamo memoria. Cenni
biografici delle FMA defunte nel 1973. Roma: Istituto FMA, 1974, pp. 156-160.

5.2 Page 42

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64
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
spirituale, come apparirà nel seguito del nostro racconto. Dal punto di vista legale,
era lei, infermiera patentata, la responsabile della clinica e Simone il suo aiutante
farmacista; avrebbe dovuto rispondere lei di fronte all’autorità, compilare il registro
delle medicazioni... Di fatto fu Simone a riempire giorno per giorno le colonne nei
registri prestampati, annotando in arabo tutti i dati richiesti (generalità e religione del
paziente, villaggio di provenienza, tipo di patologia e cure somministrate). Ci sono
giunti 9 di questi “Dispensary Register” che ci documentano le diecine di medicazioni
giornaliere effettuate, e da un altro punto di vista ci forniscono elementi interessanti
per ricostruire la mappa dei villaggi da cui provenivano i malati. Mi occupo di questi
aspetti in un’altra delle “finestre” particolari.
Però al dilà di tutte le formalità burocratiche e dei titoli di studio, gli ammalati
continuavano a preferire Srugi che essi chiamavano el muʻallem (il maestro) o
enfaticamente el hakīm (il dottore), convinti che era “un uomo nelle cui mani agiva la
potenza di Dio”. Per lui avevano una profonda venerazione, mentre egli umilmente li
invitava a pregare la Madonna (Sitty Maryam) e confidare in “Gesù il Guaritore” al
quale voleva che si rivolgessero col saluto yahya Yasūʻa! (Viva Gesù)205. Beninteso,
non era una formula magica, tanto è vero che qualche volta le cose non andavano
proprio alla perfezione. Ma si trattava di una espressione di fede e amore206.
Due particolari. Spesso all’imbrunire o nottetempo, col permesso del direttore,
Simone si recava in qualche catapecchia a curare chi non poteva salire fino
all’ambulatorio o perché affetto da malattie “vergognose”, oppure per mancanza di
forze, in altri casi per non essere fermato dai poliziotti che perlustravano la zona
sulle tracce di ricercati. Quando poi constatava che bambini piccoli erano giunti in
fin di vita, amministrava loro il battesimo col rito abbreviato, assistito da suor Tersilla
e dal signor Dikrān come madrina e padrino. Poi scriveva i nomi (spesso quelli di
qualche confratello o consorella) in un apposito registro207. Questo rendeva Simone
205 Cf FORTI, pp. 90-96, 139.
206 Don Albino Gorla ricordava questo umoristico episodio: “Una nostra domestica, una certa Maria
De Giacomi, di Rafāt, accompagnata da una suora, si era recata a Beit Jemal da Srugi che godeva
fama di estirpare i denti con molta perizia e senza far soffrire. Prima di iniziare l’operazione, disse
alla paziente “Viva Gesù! Tutto per Gesù!”. Dette due o tre strappi, ripetendo ogni volta prima dello
strappo le stesse giaculatorie. Non riuscendo, la paziente gli disse: “Tutto per Gesù, ma strappatemi
il dente!”: Hierosolymitana ..., 307. Un’altra volta l’ago dell’iniezione si ruppe e la punta rimase
dentro la coscia del paziente, Donatien El Yousef. Ma Srugi lo consolò dicendogli che non ci
sarebbero state conseguenze, anzi che per tutta la vita non avrebbe avuto bisogno di medici, come di
fatto avvenne: AIMOR 15.1.1, n° 5: Documenti postumi.
207 AIMOR 15.1.1, cartella n° 3, busta A: “Ambulatorio Beitgemal 1928. Battesimo di Bambini
Mussulmani [sic] volati al paradiso”. Cf FORTI, pp. 97-98, 139: quelli registrati assommano a 357,
ma certamente furono molti di più. Stesse prassi anche da parte di suor Tersilla e qualcuna delle sue
consorelle: cf SECCO, Facciamo memoria..., p. 159. Le Suore Dorotee del vicino Deir Rafāt, oltre
ad assistere una cinquantina di orfani interni, prestavano pure servizio ambulatoriale per i poveri
ammalati della zona: “Suor Elburga Simionato, la suora infermiera, per moltissimi anni fu impegnata
a tempo pieno nell’ambulatorio. […] La gente diceva che aveva le mani benedette, perché chi era
da lei curato, guariva”. Vi era anche suor Cherubina Zanchin: “I musulmani che frequentavano
Rafāt, edificati dal suo spirito di sacrificio e dalla sua costante serenità, la chiamavano el-qiddīseh,
La vita e l’azione
65
particolarmente felice: lui abitualmente così silenzioso e controllato, in queste
circostanze si illuminava in viso e diventava loquace, esprimendo la gioia incontenibile
di aver mandato in cielo “innocenti angioletti” che, ne era sicuro, avrebbero facilitato
anche la sua entrata in paradiso208.
Come infermiere non si limitava a prestare le medicazioni o le cure del caso, ma
educava i confratelli e i ragazzi interni a santificare la sofferenza in spirito di fede e
di amore, per conformarsi a Gesù Crocifisso209. Nel caso dei battesimi si atteneva alle
norme liturgiche; naturalmente, nella sua prudenza e umiltà, per gli aspetti pastorali
e sacramentari, ricorreva al sacerdote catechista, oltre che fare riferimento a libri
appositi, suoi personali o della biblioteca comunitaria210.
4.6. Supervisore dei lavori nel mulino e amico degli ultimi
Al signor Srugi, come uomo di fiducia, era pure affidata la supervisione dei
lavori del mulino: fissava l’ordine di precedenza, pesava i sacchi di granaglie e alla
fine della giornata ritirava l’incasso per consegnarlo all’economo. Il lavoro di fatica
veniva svolto da un operaio, da un tecnico meccanico ed elettricista, e da qualcuno dei
giovani più grandi. Nel corso degli anni si era passati dagli impianti meccanici a quelli
elettrici, e Srugi non si intendeva né degli uni né degli altri211. [Foto nn. 35, 36, 37]
la santa”. Anch’esse amministravano il battesimo a infanti ormai in fin di vita: FANO, Sulle orme
del passato..., pp. 88-90, 98, 102. Il sig. Vincenzo Milani aggiunge: “So che alcune persone lontane
inviavano alla casa qualche offerta affinché il sig. Srugi imponesse il loro nome a qualcuno di quelli
che erano da lui battezzati, e ciò anche dall’Italia e dall’Europa”: AIMOR 15.1.2, cartella 8.
208 Cf il racconto di Sr Tersilla in AIMOR 15.1.3, cartella 9C, p. 8; e le altre testimonianze raccolte da
FIORA, pp. 100-102.
209 Na‘īm Calussie, per 9 anni allievo interno e spesso ammalato, scriveva nel 1962 da Aleppo: “L’ho
trovato come un angelo custode durante le mie diverse infermità; lui come infermiere mi curava con
tanta pazienza più che una madre, e mi suggeriva continuamente delle sante giaculatorie. Delle volte
mi chiamava ad aiutarlo a fare le ostie, e impiegava tutto il tempo nella preghiera. Veramente, in
qualunque tempo della giornata lo incontravo, pregava e formulava giaculatorie”: AIMOR 15.1.1,
Cartella 2, busta 7, secondo gruppo, n.10.
210 Il libro [Anonimo] La Liturgia degli Infermi, contiene questi brevi capitoli in latino e in italiano:
1- La santificazione delle malattie. 2- La Benedizione ai bambini infermi. 3- La Benedizione agli
infermi adulti. 4- La Confessione. 5- La Comunione degli infermi. 6- L’Estrema Unzione. 7- La
Benedizione papale. 8- La raccomandazione dell’anima. 9- Nel momento supremo. 10- Intorno al
cadavere. 11. I familiari e l’infermo. L’altro suo libro: Edmondo BATTISTI, Breviario dei Fedeli...,
da p. 181 espone il rito o “Ordine di seppellire i pargoli”. – Infine il volume Jacopo BANCHI –
Tommaso FRANCA, Cura Infirmorum. Manuale di assistenza fisica e religiosa agli ammalati e
ai feriti, espone ampiamente questi temi: Parte 1a: L’infermiere e l’opera sua. 2a: Brevi nozioni
di etiologia, nosologia, prognosi e cura delle malattie che maggiormente affliggono l’umanità. 3a
Teologico-morale. 4a Letture e meditazioni pei malati. 5a Liturgica (Ordo administrandi sacramenta
et infirmorum cura).
211 Cf la testimonianza di Artīn Keklikian che era incaricato del funzionamento del mulino dal 1925,
avendo Srugi come “responsabile capo”: AIMOR 15.1.2, cartella n° 8. Dagli appunti di don Botto
apprendiamo alcune innovazioni introdotte nel 1927: Betgamàl riceve Lit. 217.787 per riparazioni
di guerra (il 40% del richiesto). Con questo si estinguono i debiti e si dà mano alla trasformazione
a mazūt (gasolio) del motore del mulino e all’installazione elettrica di tutta la casa. I tecnici della

5.3 Page 43

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66
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
Sotto il lungo capannone con tetto in lamiera, esposto a mezzogiorno verso
la valletta di Khallet esh-Shugiʻa, il caldo in estate era soffocante, le voci dei
contadini assordanti, e le baruffe molto frequenti. Simone indossava sempre una
giacca di foggia militare chiusa fino al collo e non beveva nulla per tutta la durata
del suo servizio. Pur piccolo di statura e magrolino, dimostrava insieme fortezza
e moderazione non comuni nel mantenere l’ordine e la calma, conquistandosi la
stima di tutti per il senso di giustizia e imparzialità, e perdonando i non infrequenti
trasgressori dell’ordine212.
Verso gente povera e affamata, era capace di tante piccole “industrie” che il
suo cuore generoso gli suggeriva: non solo si accontentava del poco che potevano
pagare (se non avevano soldi, accettava una gallina, qualche uova, oppure niente),
ma metteva da parte la sua frutta per darla a bambini denutriti, oppure consegnava
porzioni di pane a chi doveva affrontare un lungo viaggio di ritorno al suo
villaggio. Altri episodi: diede rifugio in un bugigattolo, nutrì e curò un ragazzo
orfano che aveva riportato una brutta ferita lavorando in campagna (“rimase per
più di due mesi in questo stato, senza potersi muovere, mentre Srugi gli prestava
tutti i servizi, anche i più umili, e gli cambiava i vestiti”). Per due anni mise a
dormire nella stalla un uomo yemenita completamente solo e spaesato. Shehade
era un poveraccio di Beitgiala, che tutti deridevano perché un po’ scemotto, quasi
storpio a furia di camminare con scarpe racattate; non avendo il ciabattino del deir
mezzi e capacità di risolvere il problema, Srugi lo accompagnò fino ad Hebron,
noto centro per la lavorazione del pellame, e provvide a procurargli un paio di
scarpe adatte213.
Il suo lavoro non poteva dirsi terminato alla fine della giornata; infatti la sua
camera all’angolo N-O del primo piano era poverissima (il letto, un tavolino, un
inginocchiatoio, catino e brocca per lavarsi, armadio a muro), e mancava di quella
che noi oggi chiamiamo privacy: in pratica era in continuità con l’infermeria, separata
solo da una parete di legno e vetrata opaca. In essa vi erano alcuni letti per i degenti,
attrezzature di pronto soccorso, gli armadietti a vetrine con i medicinali, un tavolo per
i pasti, un altarino ... Era un ambiente povero, perfino privo di acqua corrente, dove
spesso veniva ricoverato qualche ragazzo o confratello ammalato (talvolta per giorni
o per settimane), ai quali Simone anche durante la notte prodigava le cure del caso,
interrompendo il suo leggero sonno. E d’estate alle 4,30 del mattino (alle 5 d’inverno)
ditta /Wagner/ di Tel Aviv trasformano il motore da gas povero a mazūt. Il 21 febbraio 1928 si ha la
luce elettrica (accumulatore, motore) in tutta la casa. Don Sacchetti in data 16 Aprile 1928 ricorda
all’ispettore l’intesa che parte del sussidio annuale della CNEWA sarebbe servita a questi scopi:
AIMOR 4.4.1.1, Documenti, cartella C.
212 Cf FORTI, pp. 65-70. Don Cattān riassume: “Sempre calmo e sorridente ... faceva tutto con tanta
delicatezza e carità ... sapeva farsi amare e rispettare”: AIMOR 15.1.2, cartella 8. Don Dal Maso
aggiunge che intercedeva presso i superiori perché gli autori di furti, anche recidivi, non fossero
puniti troppo severamente e tanto meno privati del loro impiego: cf AIMOR 15.1.3, cartella C.
213 Cf i racconti molto vivaci di Dīb Mahmūd Hasan al-ʻAisi e di Muhàmmad Hasan Abu Làban in
AIMOR 15.1.3, cartella 9B, fascicolo “Testimonianze III”.
La vita e l’azione
67
era di nuovo in piedi e scendeva in cappella per servire la Messa ad abūna Butrus
Sarkīs214.
4.7. Consigliere prudente e ricercato
In quel mondo che ho descritto, “muʻallem Srugi” era diventato un personaggio
autorevole; ci si rivolgeva a lui anche come paciere o per “raccomandazioni” e
“mediazioni” di vario genere. Mi limito a tre episodi. L’ispettore don Carlo Gatti in
data 8 Gennaio 1930 scriveva a don Giuseppe Raele, direttore di Cremisan:
“Quando don Coradini andrà a Beitgemal potrà condurre seco un giovane
musulmano raccomandato da Srugi a don Tornquist e a me. Lo provino nei lavori di
orto e di campagna, rimandandolo se non fa”215.
Suor Marcella Milano FMA (dal 1934 al ’37 direttrice a Betgamāl) attesta:
“Era rimasta da noi due mesi una ragazza, che per debolezze umane era stata
accusata di leggerezze… Al ritorno in famiglia, allo zio (non aveva genitori) giunsero
notizie spiacevoli. La figlia, penata, mi pregò di scrivere allo zio in suo favore. Non
sapendo io la lingua araba, in cosa tanto delicata, fui ispirata di ricorrere al sig. Srugi
come persona prudente. Infatti gli esposi il fatto con tutta prudenza e serietà ed egli
scrisse la lettera con parole delicate che assicurarono la persona che nulla vi era a
conto della figlia”216.
L’exallievo Giorgio Damergian confidò questo fatto: egli aveva sposato una
giovane di Gerusalemme, e con lei era andato ad abitare a Nazaret dove lavorava;
ma, presa da nostalgia, ella voleva tornarsene in famiglia dai genitori. Giorgio, saputo
che il suo antico maestro signor Srugi si trovava di passaggio a Nazaret, lo invitò a
visitarli. Egli, facendosi accompagnare da don Dal Maso, ascoltò attentamente e poi,
con ragionamenti semplici e appropriati, riuscì a convincerla a restare a Nazaret con
il suo legittimo sposo217.
5. La vita religiosa di Simone
Importante evidenziare che se Simone nell’espletare tutte le sue varie mansioni
non fu sopraffatto dalla fatica e dal nervosismo, né si appiattì nella routine, né
214 In AIMOR 4.4.1.1, sono riportate le annotazioni del direttore don Candiani: “26 Ottobre 1938. Il sig.
Srugi mi prega di fargli rifare il pavimento dell’infermeria. Dopo un sopralluogo vedo la necessità
di accontentarlo ed il muratore coi suoi due manovali si mette all’opera”. Più avanti descrive le
condizioni di estrema povertà e trascuratezza in cui versava Betgamàl, forse calcando un poco le
tinte; mi limito a riportare alcune delle definizioni riferibili: “Betgamàl: ergastolo degli sfortunati
confratelli, racimolati dalle varie case dell’Ispettoria, condannati ad ammalariarsi (sic) tutti. [...]
Cassaforte: è formata dalle pezzuole che Srugi porta ogni sabato dal mulino e dall’ambulatorio
contenenti i millesimi e le piastre racimolate. Dormitorio: risulta di letti fatti di tre assi e due
cavalletti, senza sedie e senza comodini, ricchissimo di zanzare e di cimici”.
215 ACrem, Circolari Ispettore, alla data suddetta.
216 AIMOR 15.1.2, cartella 8, n° 7.
217 Cf AIMOR 15.1.3, cartella 9C.

5.4 Page 44

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68
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
tanto meno si esaltò per autostima, fu perché orientò costantemente verso l’alto “la
punta dell’anima” (Francesco di Sales), tenendo “sempre fissi gli occhi alla mano
del Padrone” (cf Sal 123,2) e mantenendosi “tranquillo e sereno in braccio alla sua
Madre” Maria (cf Sal 131,2).
Suor Tersilla lo udì spesso incoraggiare: “Lavoriamo, lavoriamo molto, e tutto
per piacere a Dio e salvarci l’anima. Don Bosco, il nostro buon padre, ha lasciato in
eredità ai suoi figli: «Lavoro, pane e paradiso»”218. Don Bianchi aveva sentito dalla
bocca di don Bosco questa assicurazione e non si stancava di ripeterla sia a parole sia
per iscritto219; il signor Srugi aveva assimilato molto bene la lezione!
5.1. Spirito di “pietà”. Imitazione di Cristo e di S.Stefano
L’attività e l’apostolato di Simone scaturivano da profonde sorgenti teologali: la
costante unione con Dio, alimentata dalla comunione eucaristica quotidiana e dalla
confessione settimanale; la preghiera, la devozione al SS.Sacramento, al Sacro Cuore,
alle piaghe di Gesù Crocifisso e alla Madonna Ausiliatrice. Anche la chiesa in cui
la comunità si riuniva giornalmente per la preghiera, e a cui Simone si recava per
frequenti “visite”, da solo o spesso in compagnia di qualche ragazzo, costituiva uno
stimolo efficace alla imitazione di Cristo e di Santo Stefano. Il nuovo Martyrium
venne solennemente benedetto il 3 agosto 1930 dal patriarca Barlassina dopo lo
scoprimento della lapide dedicatoria a Pio XI sul portale d’ingresso. Lo assistevano
Mons. Pasquale (Haroutyoun) Keklikian, arcivescovo armeno di Adana (zio del
signor Artīn che conosciamo), alcuni Vicari episcopali di vari riti, rappresentanti della
Custodia di Terra Santa e delle comunità religiose di Gerusalemme, alla presenza del
Console generale d’Italia, Giovanni Pascale e di altre autorità civili220. [Foto n.27]
Negli anni successivi l’interno venne decorato dal carmelitano maltese fra Luigi
Poggi con tele originali rappresentanti la vita e il martirio, la sepoltura e la gloria
di Santo Stefano. L’artista tedesco Emilio Ritz rivestì la fascia inferiore delle pareti
218 In FIORA, p. 107; cf la testimonianza di don Isacco Giannini in AIMOR 15.1.1, cartella 2.
219 Come in due affettuose letterine al coadiutore Na‘īm Cumbāz, che vedremo più avanti.
220 Cf AIMOR 4.4.1.1, alle date corrispondenti. FERGNANI, Il Sepolcro di S. Stefano..., pp. 161-165;
Id., L’Invenzione di S. Stefano Protomartire negli scritti di s. Agostino, discorso da lui pronunciato
in quella circostanza. Il corrispondente Alessandro MOMBELLI pubblicò una entusiastica relazione
sull’Osservatore Romano del 13 agosto 1930; tra l’altro scriveva: “A Beitgemal i Salesiani hanno
una fiorente scuola agricola, a cui hanno annesso una tipografia e un ambulatorio intitolato a Pio
XI, il cui edificio definitivo è ancora in costruzione. Un fratello coadiutore ed una suora di Maria
Ausiliatrice vi prodigano le loro cure a vantaggio degli indigeni dei dintorni”. – Un dettaglio: don
Bianchi contrariamente al suo carattere mite e pacifico, dovette fare la voce grossa con lo stesso
ispettore don Gatti che tardava a investire nella costruzione le offerte raccolte e le pensioni di guerra
dei confratelli. Molto risentite le rampogne che don Gatti ricevette in quelle circostanze dal suo
compagno don Mario Rosin: cf AIMOR 4.4.2, la corrispondenza intercorsa fra i tre dal 12 aprile
1927 al 12 luglio 1928 e la lettera che il 7 ottobre 1929 don Gatti scrisse al prefetto generale don
Fedele Giraudi per cercare di giustificarsi (senza riuscirvi). Per la vertenza dell’impresario Gaspare
Maltese, fuggito in Egitto carico di debiti (che toccò alla casa estinguere), cf ABG: SACCHETTI,
Corrispondenza varia.
La vita e l’azione
69
con imitazioni di mosaici e nel catino dell’abside raffigurò Gesù crocifisso nell’atto
di pregare: “Pater, dimitte illis”221. Tutto invitava ad imitare Gesù e Stefano nel loro
amore verso Dio e nel perdono dei persecutori. [Foto n. 28]
Fino al 1930 la comunità aveva utilizzato il grande salone a est, che era stato
decorato dal signor Bormida nel 1916; adesso disponeva di una chiesa vera e propria,
in cui Srugi per anni guiderà le pratiche di pietà dei confratelli e dei giovani, e nelle
solennità, indossata la talare nera e la “cotta” bianca, farà da cerimoniere, edificando
tutti per la competenza e soprattutto per la profonda pietà. Accosterò quest’ultimo
punto da una “finestra” apposita.
Ma tutti i luoghi e i tempi erano per lui un’invito a vivere il dono della “pietà”,
inteso come unione filiale con Dio e accettazione amorosa della sua volontà222.
Anticipando qualcosa di quanto esporrò nella seconda parte, osservo che Simone
scandiva il suo costante impegno di santificazione personale con un ritmo annuale,
mensile e settimanale. In occasione degli Esercizi Spirituali annuali appuntava su un
piccolo taccuino riflessioni e propositi che verificava nel ritiro mensile (chiamato allora
“esercizio della buona morte”) e nella confessione settimanale. Essi documentano
anzitutto il suo desiderio di vivere la comunione trinitaria e l’intimità sponsale con Gesù:
“Come dovrò essere felice e beato nell’essermi consacrato anima e corpo al mio
Dio. Quanto dovrò fare per mantenermi puro e casto come un angelo al suo cospetto.
Come dovrò vigiliare per non macchiarmi mai minimamente l’anima mia e il mio
corpo, tempio augusto della SS. Trinità. Perciò avere sempre Dio a me presente e
mettere in pratica i mezzi che mi suggeriscono le S. Regole” (PRO 28 e 110). “Oh
quanto è felice l’anima religiosa che s’impegna di sempre distaccarsi da ogni cosa
terrena e studia di mantenere senza macchia il corpo e l’anima sua per piacere al suo
celeste sposo Gesù. Mai nessun lamento in tutto ciò che può accadermi, ma soffrir
tutto in silenzio per amor di Gesù mio sposo” (PRO 29, 30). “Iddio abita nell’anima
mia non meno sfolgorante di luce e di gloria che nella gloria del Cielo. Sono sempre
alla presenza di Dio; faccio parte del suo corteggio di onore; cercherò di essere puro
di mente e di cuore” (PRO 77 e 82).
Per Simone le pratiche di pietà, beninteso, erano subordinate al primo precetto
dell’amore del prossimo e venivano animate dallo spirito di adorazione223. Vedendolo
uscire di casa, ogni mattino, e avviarsi tutto raccolto e sereno verso l’ambulatorio
per accudire gli ammalati, si sarebbe detto che era animato da quello che Francesco
221 In ABG: Santo Stefano, si possono ammirare gli acquarelli originali per gli altari della cripta e del
Martyrium e i disegni architettonici che p.Maurizio Gisler preparò dettagliatamente per l’erigendo
grande “Tempio del Perdono Cristiano”. Sono pure conservati il bozzetto in inchiostro di fra Luigi,
raffigurante la gloria celeste del Protomartire, e il carteggio della vivace disputa fra i due riguardante
la collocazione di quest’ultima tela.
222 Cf la prima lettera di don ALBERA, Circolari: “Sullo spirito di pietà”, pp. 24-40.
223 “Era sempre assiduo e puntuale alle pratiche di pietà, eccetto che, col dovuto permesso, non fosse
dispensato per qualche atto di carità o per qualche lavoro in cui non poteva essere sostituito. Allora
diceva: «L’atto di carità supplisce le pratiche di pietà» (sig. V.Milani in AIMOR 15.1.2, cartella 8)
oppure “Prima di tutto la carità” (suor Regina Yūnis in AIMOR 15.1.3, cartella 9C).

5.5 Page 45

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70
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
di Sales presenta come “lo spirito mariano della visitazione”: ininterrotta unione con
Gesù che porta nel suo cuore, esultanza in Dio suo Salvatore, sollecitudine nell’umile
servizio del prossimo. Sono rivelatrici le risposte che diede a chi si meravigliava di
qualche sua assenza in chiesa:
“Io l’ho ben sentita come gli altri la Messa: il mio spirito era col Signore come
se fossi in chiesa”. “Non sa che l’obbedienza vale più che un’ora di adorazione? Del
resto, io sono stato sempre in spirito dinanzi al Santissimo esposto”224.
Era questo il modo in cui Simone viveva il principio cardine della “Guardia di
onore” a Gesù Eucaristico:
“Per santificare l’ora di guardia non si è obbligati a cambiare nessuna delle
occupazioni ordinarie per recarsi in chiesa o fare preghiere speciali. Tutto è lasciato
alla pietà di ciascuno affinché, secondo le parole del S.Cuore a S.Margherita
Alacoque, “si compia tutto per amore e niente per forza”. In principio dell’ora di
guardia, che ognuno sceglie fra quelle ore che più gli riescono comode, l’associato si
porta col pensiero al suo “posto d’onore” [davanti] al s.Tabernacolo ed offre a Gesù
le proprie azioni e parole, i pensieri e le pene che possono sopraggiungere durante
l’ora, ma soprattutto gli offre il proprio cuore con tutti i suoi affetti, perché tutto parli
d’amore e di riparazione per tanti che lo dimenticano e lo offendono”225.
Gli stessi capisaldi reggevano la spiritualità della “Crociata Eucaristica” e della
“Compagnia del SS. Sacramento”, alla cui pratica, come vedremo nella seconda parte,
Simone educava i giovani migliori. In termini pratici ciò significava agire mosso dalla
“retta intenzione” di piacere a Dio per puro amore, senza aspettare ricompensa e tanto
meno senza badare a cosa facciano o dicano gli altri. Simone lo ripeteva in maniera
impressionante a se stesso e agli altri (cf le numerose massime di MAC 18-23, 28-41
nella seconda parte). E chi lo osservava da vicino se ne accorgeva: la signora armena
cattolica Serpuhi, che per 18 anni abitó a Betgamāl col marito Dikrān Ciakmakgian,
maestro nella scuola, attesta:
“Si sapeva, e lo si poteva scorgere da tutto il suo contegno e portamento, che il
suo cuore era fisso nel Signore, pieno di Dio, del paradiso a cui pensava sempre, e
il paradiso era la sua grande ed unica speranza e desiderio dell’anima, il suo cibo ed
alimento per fare il lavoro bene, ed usare tanta pazienza e carità con tutti /.../ Io ho
avuto sempre questa impressione e convinzione che era uomo di Dio, e che il bene e
tutto il lavoro che faceva e la carità che usava verso tutti, sia cristiani sia musulmani,
egli tutto lo faceva per la faccia di Dio solo”226.
Anche per i musulmani era evidente che Srugi faceva tutto “li waghi-l-lāh”,
224 Suor Tersilla in AIMOR 15.1.3, cartella C. Vi sono delle leggere varianti: suor Agnese Salmān in
AIMOR 15.1.1, cartella 2, busta 7: “Gente di poca fede! Io sono stato tutto il giorno in adorazione”;
suor Gaetana Pavano, in AIMOR 15.1.2, cartella 8, n° 8: “Lo stesso Gesù che era in chiesa con voi,
stava anche al mulino con me”.
225 [ANONIMO], Nuovo manuale della guardia d’onore al Sacro Cuore di Gesù, p. 39. Don Rua nel
1900 prescrisse che tutti i confratelli vi fossero iscritti, come vedremo più avanti.
226 AIMOR 15.1.2, cartella 8.
La vita e l’azione
71
cioè come stando davanti al volto di Dio e agendo soltanto per la Sua gloria227.
Questa purezza di intenzione Simone la rinnovava esplicitamente prima di iniziare
le sue ordinarie occupazioni, variandola a seconda della particolare devozione di
ogni singolo giorno della settimana (Anime del Purgatorio, Angelo Custode, San
Giuseppe, Eucaristia, Gesù Crocifisso, la Madonna. Riprenderò questo tema parlando
del “Srugi mistico” nella finestra apposita). La domenica, libero dalle occupazioni
dell’ambulatorio e del mulino, Simone lo dedicava alla ricarica spirituale: talvolta
dopo la Messa cantata, faceva un poco di lettura spirituale ai giovani, poi lo si poteva
vedere in adorazione prolungata davanti al tabernacolo228; oppure seduto sotto un
albero appartato, tutto assorto in meditazione del Vangelo che era stato commentato
nella predica, o nella lettura di libri devozionali o agiografici. Don Frey, anche a
questo riguardo, fornisce qualche utile precisazione:
“Il tempo libero lo passava nella lettura di periodici. Col permesso dei superiori
era abbonato a Il Messaggero del Sacro Cuore in Italiano e Arabo, la Lampada del
Tabernacolo, La Crociata del SS.mo Sacramento, ecc. Li faceva passare ai confratelli,
poi li raccoglieva diligentemente e lui stesso legava le annate. /.../ Oltre i periodici
leggeva volentieri il Vademecum di don Barberis: «Oh che belle cose [contiene]:
facciamolo quello che dice!»”229.
Da simili letture egli traeva paragrafi o frasi, componendo un florilegio di
pensieri e massime, che poi condivideva con confratelli e giovani, specialmente in
occasione dell’esercizio mensile della “buona morte” oppure il primo venerdi del
mese. Di questo scrivo nella seconda parte del mio lavoro230.
5.2. Ininterrotto esercizio di santificazione personale nello svolgimento
delle azioni quotidiane
Qui viene appropriato documentare in che modo Simone si proponeva di
realizzare quella sintesi vitale di santificazione e apostolato che don Albera e don
Rinaldi avevano indicato come caratteristica distintiva dello spirito salesiano. Tutti
i testimoni (laici, consacrati, cristiani e musulmani...) sono unanimi nel qualificare
eroica la sua perseveranza nel compiere i suoi svariati doveri quotidiani di educatore
e infermiere, con una enorme pazienza e un amore ancora maggiore; e questo non per
un giorno o solo in tempi tranquilli, ma per decenni e in circostanze difficili, verso
cristiani e musulmani, tutti fratelli nostri e figli di Dio231. [Foto nn. 33, 34]
227 Rimando all’apposita finestra “Srugi e i Musulmani”.
228 Suor Regina Yūnis FMA, dal 1929 al 1938 a Betgamāl, rivela che qualche volta con una consorella
andavano apposta in chiesa, senza farsi notare, per “bearsi” guardando Srugi in preghiera: cf AIMOR
15.1.3, cartella 9C.
229 AIMOR 15.1.1, cartella 2, busta 7. Mi occupo di questi periodici nella parte dedicata agli Scritti. Il
confratello coadiutore Vincenzo Milani, che lo aiutava nel mulino per pesare le granaglie o per la
manutenzione del motore, conferma che Simone dava da leggere anche a lui La lampada: cf AIMOR
15.1.2, cartella 8.
230 Cf FORTI, pp. 135-136. AIMOR 15.1.1, cartella 2, busta 7 n.9.
231 Il confratello arabo abūna Fathàllah Tahhān dice che per la sua pazienza eroica Simone gli appariva

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72
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
“L’ammirabile pazienza, carità e dolcezza con cui trattava gli ammalati, più
delle volte rozzi, ignoranti, sporchi e non di rado pieni d’insetti schifosi che ripugna
vedere, pulire e curare. Ma in quegli ammalati Srugi vedeva le membra di Gesù
infermo”232.
“I poveri bambini e non bambini, magari senza guardare, bevevano dai ruscelli
e dalle pozzanghere l’acqua poco pulita e c’erano dentro le sanguisughe. Attesto
che spesso le cavammo loro persino dagli occhi, oltre che dal naso e dalla gola. Il
Servo di Dio invocava il nome di Gesù e di Maria e, prese le pinze, senza specchio,
diceva «Nel nome di Gesù» e le tirava fuori. Io che tenevo il bambino sulle ginocchia
e gli aprivo la bocca, non sapevo come facesse a tirarle fuori! La gente, anche i
musulmani, dicevano che era la Madonna che gli guidava la mano”233.
Il confratello tedesco don Frey aggiunge un particolare realistico: dopo aver
chiuso l’ambulatorio e prima di rientrare in comunità, Simone scuoteva le pulci che
gli si erano infilate fin sotto gli abiti, dicendo serenamente la giaculatoria abituale a
don Bianchi: “Sit nomen Domini benedictum234.
Un’altra virtù che Simone praticava in grado eminente era la purezza, e le virtù
compagne (castità, delicatezza, discrezione ...):
“Sono stata tanti anni infermiera negli ospedali, come suora e come superiora,
ma mai ho visto tanta delicatezza nel visitare i malati. Questa virtù in lui era
indubbiamente frutto di una continua vigilanza, mortificazione e penitenza. Tante
volte nel parlare della purezza diceva: Beati i puri di cuore perché vedranno Dio.
[Mt 5,8] Vedere Dio, possedere Dio, far parte del suo corteggio d’onore, essere tra
coloro che seguiranno l’Agnello! [cf Ap 14,4] Se la misericordia di Dio ci concederà
di andare in paradiso ...» e si commuoveva e si entusiasmava, gli occhi gli brillavano
limpidi. Altre volte lo sentii dire: «Il corpo nostro è tempio dello Spirito Santo [cf
1Cor 6, 19], della SS.Trinità, nulla dovrebbe mai offuscare il candore della nostra
anima». Aveva per i ragazzi una venerazione massima, specie per i più piccoli. «In
casa abbiamo degli angeli. Com’è bella l’innocenza e com’è cara a Dio. Le anime
pure sono il tempio dello Spirito Santo. Anche noi con la professione religiosa siamo
diventati belli e cari a Dio perché puri». Dopo aver aggiunto che Simone non fissava
mai in volto le donne, né le suore e neppure lei, suor Tersilla conclude: “L’ascendente
che aveva sopra la gente, era certo dovuto alla sua grande carità, ma anche alla sua
illibatezza” 235.
più un angelo che un uomo: AIMOR 15.1.1, cartella 2, busta 7.
232 Abūna (don) Butrus Cattān in AIMOR 15.1.2, cartella 8.
233 Suor Tersilla in AIMOR 15.1.3, cartella C, p. 18.
234 Cf AIMOR 15.1.1, cartella 2, busta 7 n.9.
235 AIMOR 15.1.3, Cartella 9C, p. 15. Signor Fusi conferma: “Qualche volta mi chiamava ad assisterlo
in certe cure ai ragazzi: sia per prudenza, di non essere solo, sia per tenerli fermi quando si agitavano
o non si lasciavano medicare. Come sapeva coprire bene, affinché non si vedesse nulla di indecente!”:
AIMOR 15.1.2, cartella 8, n° 6. Signor Na‘īm Cumbāz dice: aveva per essi “viscere di carità e li
trattava come angeli, mandati a lui da Dio per servirli”. Signor Angelo Porro ricorda “il suo corpo
quasi spiritualizzato, e i suoi occhi che, per la purezza, riflettevano Dio”: AIMOR 15.1.3, cartella 9C.
La vita e l’azione
73
La sua povertà personale era assoluta: aveva due cambi di biancheria,
nell’ambulatorio indossava il camice bianco sopra i soliti abiti che manteneva
puliti e, da buon sarto, aggiustava da sé. Un giorno alla suora guardarobiera che
gli propose di scegliere fra alcune camicie nuove una di suo gusto, rispose quasi
scandalizzato:
“Sorella, prenderò quella che lei mi darà. Il religioso non ha volontà e gusti
propri. La prego di non farmi mai più una simile proposta”236.
La suppellettile della sua camera era ridotta al minimo; non possedeva che pochi
libri devozionali, sui quali scrisse a matita il suo nome o l’indicazione “acquistato col
permesso del superiore”. Quanto alla povertà e all’obbedienza legate al suo incarico
di infermiere: non agiva di sua autonoma iniziativa, ma umilmente sottomesso alle
indicazioni del direttore e dell’economo; riportava esattamente le spese che faceva
per l’ambulatorio ed era fedelissimo al rendiconto mensile (“Voglio far bene il mio
rendiconto a qualunque costo”: proposito n° 101). Alla luce soprannaturale della fede
stimava i superiori come rappresentanti di Dio, perciò si scopriva rispettosamente il
capo non solo di fronte a loro, ma anche passando davanti all’ufficio. Suor Tersilla ci
ha tramandato questo dettaglio minimo ma significativo:
“Diceva che «il superiore è “l’unto del Signore” e rappresenta Dio, perciò gli
dobbiamo tutta la riverenza e filiale obbedienza». Mi ricordo che quando, da semplice
suora, venni nominata direttrice a Betgemal, al mattino venne nell’ambulatorio dove
si lavorava insieme, mi accolse con un deferente saluto e con segni di rispetto, e mi
disse: «Madre superiora, lei ora rappresenta la Madonna, anzi è la rappresentante di
Dio». Da quel giorno senza mai sbagliarsi non mi chiamò più “suora”, come faceva
prima, ma sempre col titolo di “superiora”237.
La stessa suor Tersilla riassume:
“In tanti anni di lavoro insieme a Srugi devo dire con tutta coscienza che da
lui ho veramente imparato a conoscere e comprendere sempre di più cosa sia e cosa
significhi la vita religiosa santamente vissuta. Per me sempre, tutti i giorni, fu un
vero modello. /…/ Da tutto il suo contegno traspariva l’intima unione con Dio. Un
contegno ed una vita ispirati solo al soprannaturale. /…/ Affabile di modi, era di
una generosa dedizione verso tutti i malati, e la precisione con cui lavorava era
qualcosa di superiore anche per chi di continuo lo poteva osservare. Chi viveva con
il Servo di Dio non poteva non sentirsi attirato a vivere di quella sua stessa intensa
vita spirituale, altrimenti si sarebbe sentito come un pesce fuor d’acqua”238.
L’ultima frase costituisce un’autorivelazione: suor Tersilla viveva lei stessa ad
altezze simili. Chi la conobbe attestò che “possedeva e trasmetteva un ardente spirito
di preghiera. Il suo intenso lavoro, anziché distrarla dalla comunione con Dio, pareva
236 Testimonianze di suor Vittoria De Fino e suor Gaetana Pavano, confermate da suor Tersilla, in
AIMOR 15.1.2, cartella n° 8.
237 Sr Tersilla in AIMOR 15.1.3, cartella 9C, p. 16.
238 AIMOR 15.1.3, cartella 9C, p.2.

5.7 Page 47

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Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
la favorisse”239. È risaputo che la familiarità e l’amicizia o trovano o rendono uguali:
così i due si aiutavano vicendevolmente a incarnare, al femminile e al maschile, la
stessa caratteristica tipica della spiritualità salesiana: l’attività instancabile santificata
dall’unione con Dio e dalla preghiera, in particolare la “preghiera diffusa” scandita
dalle giaculatorie240.
5.3. La “piccola via” della semplicità nella vita comunitaria
L’impegno ascetico che Simone portava avanti in forma costante, non lo rendeva
rigido, isolato o scostante; anzi egli irradiava l’amabilità salesiana e la sua compagnia
era desiderata da confratelli e ragazzi. Si faceva voler bene, perché la sua condotta
era sempre ispirata a “pensar bene di tutti, parlar bene di tutti, far del bene a tutti”241.
[Foto di copertina, nn. 39, 42, 45, 46, 56, 59]. Osservantissimo della vita comune,
partecipava alle passeggiate e gite comunitarie e anche alle ricreazioni: il coadiutore
Giuseppe Fusi che visse a Betgamāl dal 1928 al 1940 come giardiniere e incaricato
della sacrestia, e aveva stretto con lui una profonda amicizia, attesta:
“Con umiltà straordinaria si adattava a giocare, alla sua età, alle bocce con i
confratelli e ai birilli con i ragazzi. Era straordinario come si sapeva adattare e farsi
piccolo con i piccoli, come se avesse la loro età”242. E aggiunge questo quadretto
familiare che mostra la grande umanità di Simone, sempre uomo di fede: “Le serate
invernali io le passavo con lui a leggere le vite dei santi o qualche libro edificante
oppure a fare qualche esercizio di lingua araba. Ma quando stavo con lui avevo
la netta sensazione che ero con un uomo di grande fede. Quando la domenica
pomeriggio pioveva e il tempo non lo permetteva, facevo qualche partitina a dama
col Servo di Dio oppure si faceva qualche altro gioco. Ed egli mi suggeriva qualche
buon pensiero su Gesù o sulla Madonna o su qualche altro santo”243.
Lo stesso faceva con i ragazzi interni244. Nell’ultimo anno di vita, fino a quando
non fu costretto a restare nella sua cameretta, trascorreva ore e ore in cappella davanti a
Gesù nel tabernacolo, ma si era anche “fatta mettere una sedia in cortile dove, durante
la ricreazione, amava stare seduto ed osservare i giovani a giocare e, cogliendo il
momento opportuno, dire una buona parola a giovani e confratelli”, fedele fino alla
239 SECCO, Facciamo memoria ..., p. 159.
240 Nell’udienza del 6 giugno 1922 Pio XI concedeva l’indulgenza plenaria giornaliera per il lavoro
santificato; cf come don Filippo Rinaldi commentava questo che considerava “il favore più prezioso
che finora ci abbia elargito il Santo Padre”, in ACS 3(1923) n° 17, pp. 35-36.
241 Secondo la nota strenna di don Pietro Ricaldone del 1933; cf la testimonianza rilasciata da Musa
(H)agopian che fu allievo a Betgamāl dal 1931 al 1934, in AIMOR 15.1.2, cartella 8.
242 Hierosolymitana […] Positio super virtutibus, p. 324.
243 FIORA, p. 111.
244 “Souvent, pendant la récréation qui suivait le repas du soir, il était entouré de plusieurs élèves
suspendus à ses lèvres pour l’entendre reconter quelque histoire. Quelques fois, je me suis approché:
c’etait soit un fait édifiant de la vie de Saint Jean Bosco, soit une grâce obtenue par l’intercession
de la Vierge Auxiliatrice que avait lue dans le Bulletin salésien. Parfois, il me demandait d’eclaircir
quelques dètails de son histoire”: don Sciueri in AIMOR 15.1.2, cartella 8.
La vita e l’azione
75
fine alla pratica dell’assistenza salesiana245. Tutto questo dimostra quanto Simone
fosse coerente con la scelta che aveva fatto di camminare sulla “piccola via” delle cose
ordinarie, indicata da S.Francesco di Sales come frutto di quella “semplicità di cuore
che racchiude in sé la perfezione della perfezione” (FAL 109). Percorrendo giorno dopo
giorno, anno dopo anno, questo itinerario di santificazione personale, era diventato
un religioso modello. L’autorevole giudizio che l’ispettore don Lorenzo Nigra (1879-
1951) scriveva nel quaderno della visita canonica del 1931-32, appare riassuntivo:
“Personale. In genere si può essere contenti. Si distingue un primo gruppo:
quelli “antichi della casa” (don Pietro [ Sarkīs], sig. Srugi, sig. [Giorgio] Harūni)
che, malgrado qualche inveterata abitudine, qualche dissidio, mantengono lo spirito
nostro (per non dire di Srugi che tutti conoscono che è veramente santo); un secondo
gruppo (i confratelli più recenti) che formano il nerbo della casa”246.
La stessa forma letteraria dell’inciso, denota che la santità di Srugi era
universalmente riconosciuta come una cosa “ovvia”. L’accenno a don Sarkīs mi
offre la possibilità di completare quanto ho detto di lui in precedenza, circa il ruolo
importante che continuava a svolgere nella “azienda”, e la sua bella testimonianza di
vita religiosa:
“Per tanti anni ebbe a suo carico la direzione dei principali lavori agricoli e
la soprintendenza dei numerosi operai e coloni. /.../ Era sempre fra i suoi operai,
sembrava che avesse il dono dell’ubiquità, dominava la sua gente che sapendolo
vigilante e soprattutto buono e giusto, gli obbediva con docilità assoluta. Ciò era
effetto anche del suo spirito di carità verso tutti, specie verso i bisognosi. Gli operai e
i coloni non vedevano in lui il padrone, ma un padre sollecito; nessun povero partiva
da lui con le mani vuote e senza essere rifocillato. /.../ Dotato di cultura non comune e
soprattutto di sagacità, buon senso e criterio pratico, egli era il consigliere, il paciere,
l’arbitro /.../ e seppe comporre dissidi tali da meritare il più alto elogio dalle autorità
governative che lo nominarono mukhtàr (capo-giudice di pace) di questi dintorni.
/.../ Fu membro apprezzatissimo delle Commissioni governative dell’Agricoltura e
dell’Educazione, ... fra colleghi musulmani ed ebrei che lo stimavano”.
Ma tutta questa sua attività materiale era animata dallo spirito di pietà e di
sacrificio e “s’inquadra perfettamente nel programma di “Lavoro e Preghiera” del
nostro Padre Don Bosco. /.../ Era il confessore preferito dei confratelli e dei giovani
per la bontà e saggezza di consiglio. Piaceva assai la Parola di Dio che egli porgeva
con unzione e praticità. Di carattere forte, sapeva mettere i nervi a posto e chiedere
umilmente scusa appena si accorgeva che la carità era stata offesa”247.
Fra lui e Simone c’era un’intesa particolare: si assomigliavano per molti aspetti
di carattere, e nell’espletare i loro incarichi quotidiani erano i più vicini alla gente.
Inoltre Simone lo scelse per anni come suo confessore, dopo la morte di don Bianchi.
245 FIORA, p. 142.
246 FIORA, p. 126.
247 ABG: Lettera mortuaria scritta da don Sacchetti.

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Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
6. Il decennio 1931-1940
6.1. La morte di don Bianchi (1931)
Quest’ultimo era mancato l’11 gennaio 1931. La sua salute non era mai stata forte
e Srugi lo aveva assistito molto spesso come suo infermiere personale248. Negli ultimi
anni le malattie si erano fatte più frequenti e gravi; una delicata operazione e la lunga
degenza nell’ospedale italiano di Gerusalemme non furono risolutive249. Ma le sofferenze
furono bilanciate oltre che dalla soddisfazione per il numero annuale di diplomati
[Foto 69], da eventi che gli diedero intensa gioia: la partecipazione, come delegato dei
confratelli del MOR, al Capitolo Generale XII del 1922 che elesse don Rinaldi Rettor
Maggiore; il 50° della sua ordinazione sacerdotale (17.03.1927); la partecipazione
alla beatificazione di don Bosco a Roma e Torino (1929) quando rivide diecine di
suoi affezionatissimi ex-novizi, ormai diventati famosi in diverse parti del mondo
salesiano; e infine la benedizione del Martyrium. Alla notizia della sua morte giunsero
da tutte le parti lettere non solo di condoglianze, ma di ammirazione, ricordi, messaggi
di FMA e SDB soprattutto suoi ex-novizi, ecclesiastici, autorità, che esprimevano
la venerazione per quest’uomo straordinario250. Trascrivo qualche frase dalla lunga
lettera di don Pasquale M.Paolini parroco di Montescudo, del 26 febbraio 1931:
“Strinsi con lui intima amicizia nell’anno 1877 in cui fu mio prefetto [nel
seminario di Rimini]. /.../ Posso assicurare che era santamente affezionato a tutti i
suoi alunni, dai quali sapeva ottenenere la piu esatta disciplina non coll’austerità ma
colla dolcezza e colla pietà di sacerdote esemplarissimo, insinuandosi nel cuore dei
giovani anche piu difficili. /.../ Verso di me conservò sempre un affetto particolare
/.../ E siccome anch’io, per la particolare mia affezione a D.Bosco, al quale servii la
Messa nei due giorni che fu a Rimini (12-13 Maggio 1881) e col quale parlai nella
mia visita fattagli a Valdocco il 24 maggio 1887, mi presi la libertà di dirgli che io
aveva avuto mio prefetto in seminario il suo sacerdote D.Bianchi, D.Bosco subito mi
rispose: «D.Bianchi? Oh, molto buono D.Bianchi!». Ho sempre ricordato nella mia
vita questa risposta del Beato D.Bosco il quale era molto competente in materia di
santità /…/, motivo per cui io ho sempre avuto una filiale venerazione anche verso
l’amatissimo D.Bianchi, reputandolo sacerdote di gran virtù e di molti meriti innanzi
al Signore”.
Mons. Felice Guerra, dal suo forzato ritiro presso il “Sacro Cuore” di Roma, il
22 gennaio 1931 si esprimeva in questi termini:
“Caro Maestro don Bianchi! In questa casa come in tante altre si contano per
decine coloro che, formati da lui, ne ricordano le eccelse virtù. La sua vita fu di
248 Nella letterina al signor Na‘īm Cumbāz dell’autunno 1923, don Bianchi accennava a “una malattia
incomprensibile” durata 35 giorni; rimando all’ultima “finestra”.
249 L’ospedale era di proprietà dell’ANMI, perciò il 5 marzo 1931 don Sacchetti respingeva al mittente la
richiesta di coprire i costi dell’operazione e degenza, ricordando che don Bianchi era un degnissimo
missionario italiano, vissuto facendo del bene a tutti e rimanendo sino alla fine poverissimo: cf
ABG: SACCHETTI, Corrispondenza varia.
250 ABG: Bianchi, Corrispondenza.
La vita e l’azione
77
edificazione per tutti. /.../ Io particolarmente ho di lui cari ricordi che in giorni di
nostalgia nel principio del mio noviziato, 1886, seppe consolarmi e farmi aderire alla
mia vocazione. Poi non ho mai perduto il mio contatto con lui”251.
Don Vincenzo Cimatti era stato uno dei prediletti di don Bianchi, e per anni
ricorse alla sua guida spirituale252. Ora dal Giappone ricordava alcuni tratti distintivi
dell’arte pedagogica del suo maestro, concludendo con un’affermazione che penso sia
l’elogio più bello di don Bianchi:
Ho ammirato la pazienza di quel sant’uomo nell’ascoltarmi ogni sera prima
d’andare al riposo: nel congedarmi voleva sempre darmi la benedizione della
Madonna. /.../ Ricordo il fuoco che sprigionava dalle sue conferenze. Non aveva
una gran verve oratoria, ma si compenetrava talmente con l’argomento che la parola
fluiva e qualche volta nella foga gli veniva meno la voce. L’ho presente specie nelle
conferenze sull’obbedienza. - Ammirabile la sua unione con Dio espressa nelle
numerose giaculatorie. Gli era famigliare quella “Sia benedetto il Signore e tutti i
santi del Paradiso!”. - Intùito finissimo nel valutare il carattere degli individui, nello
scoprire il difetto predominante e nel determinare il modo pratico di correzione.
/.../ Non ho conosciuto personalmente Don Bosco, ma mi è caro pensarlo come don
Bianchi sotto molti aspetti”253.
6.2. Notorietà di Betgamāl-Cafargàmala. Il contributo di don Fergnani
La notorietà di Betgamāl-Cafargamala, iniziata attorno al 1922-23, andò
consolidandosi lungo gli anni ’30, non solo grazie alla costruzione del santuario e alla
diffusione della “Pia Opera del Perdono Cristiano”, ma anche per nuovi contributi
scientifici, in primo luogo gli articoli del palestinologo S.H. Stephan254. Nel primo
251 ABG: Bianchi. Mons. GUERRA, nel suo libro intitolato Alla scuola di san Giovanni Bosco, p. 46
scriveva: “Maestro dei novizi era don Giulio Barberis, uomo piissimo, d’una bontà e semplicità di
cuore ammirabile /.../ Nostro assistente, che era con noi dovunque, che ci precedeva in ogni cosa con
l’esempio, era l’indimenticabile don Eugenio Bianchi, anima bella, tutta spirante profumo di virtù
e di amore per le anime”; cf Renato ZIGGIOTTI, in Eugenio VALENTINI (a cura di), Profili...,
pp.119-124.
252 Alfonso CREVACORE (a cura di), Don Vincenzo Cimatti. Lettere di un Missionario. Leumann:
LDC, 1976, pp. 17-25, pubblicò 6 lettere (che vanno dal 1896 al 1903) scritte nel genere di rendiconto
di coscienza su cose confidenziali, e traboccanti di affetto (“mio buon papà”, “mio caro babbo”).
253 A don Gatti, il 26.02.1931, in ABG: Bianchi. Don Sacchetti raccolse materiali per una biografia, la
cui stesura propose a don Luigi Terrone, ma egli il 29 aprile 1936 declinava dicendosi inadeguato
e troppo occupato come segretario di don Ricaldone, e aggiungeva: “Gli ho voluto bene più che ad
un padre, ed egli mi ha amato come un tenero figliuolo. L’ho sempre ritenuto un’anima eletta, un
modello di salesiano e di sacerdote, un vero angelo; e non solo quando io ero un giovane novizio, ma
specialmente quando ebbi la fortuna di appartenere al personale che egli dirigeva, ed in tutti gli altri
rapporti che ebbi con lui, per tanti anni”: ABG: Bianchi. Anche l’invito rivolto all’ex ispettore don
L.Nigra, non ebbe seguito: cf lettere di don Sacchetti del 20 luglio e del 8 ottobre 1936, in AIMOR
4.4.2, cartella D. Perciò non disponiamo ancora di una biografia degna di questo grandissimo figlio
spirituale di don Bosco che per 45 anni è stato protagonista della storia salesiana prima a Foglizzo e
Ivrea, poi a Betgamāl.
254 Stephen Hanna STEPHAN, Note on the Definite Article in Two Palestinian Place-Names, in

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Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
dimostra accuratamente la derivazione del toponimo Bet-Gamal dal nome personale
semitico Gamaliel, e valorizza “tutta una serie di dati storici e filologici convergenti
verso la identificazione di Beit-Jimāl con Caphar-Gamala”. In due successivi argomenta
che sia i toponomi, sia i nomi di persona della Lettera di Luciano, apportano ulteriori
dati coincidenti a sostegno di quella identificazione255.
La località veniva dunque considerata di importanza sia archeologica sia ecclesiale
e perciò inserita fra le tappe delle cosidette “carovane bibliche” nel territorio della
Shefela. La cronaca della casa registra ad esempio quella del 6 settembre 1931 diretta
da p. Alexis Mallon s.j. direttore del P.I.B.; il 26 marzo 1932 si ebbe la “graditissima
visita” di Mons. L.Mathias, Prefetto apostolico dell’Assam (1887-1965) [Foto n. 40];
alla festa del 3 agosto 1932 parteciparono p. John J. O’Rourke s.j. e p. Gabriele Allegra
ofm (oggi beato) della “Flagellazione”256; la carovana dell’8 agosto dello stesso anno
fu guidata da p. Andrés Fernandez s.j. Nel 1933 fu la volta del p.Donato Baldi ofm
coi suoi studenti. Il 3 agosto 1934 presiedette le celebrazioni il p. Agostino Bea s.j. e
tre anni dopo Mons. Rabbani vescovo di Homs mentre p. Fernandez tornò con diversi
gruppi di professori e studenti, ad es. il 1° aprile e il 4 agosto 1937.
In questo che possiamo chiamare il capitolo stefaniano di Betgamāl, ebbe una
parte importante in tempi diversi e in vario modo don Giovanni Fergnani. Era nato
ad Aguscello, frazioncina di Ferrara, il 16 luglio 1874. Fece il noviziato a Foglizzo
nel 1891-92, dunque avendo anche lui come maestro don Bianchi e come compagno
don L.Variara. Terminati gli studi liceali a Valsalice e fatto il tirocino prima a Borgo
San Martīno poi a San Benigno Canavese, venne trasferito in Sicilia dove rimase
dieci anni che a suo giudizio furono i più belli della sua vita salesiana (1895-1905).
Dimostrò un entusiasmo contagioso nell’apostolato; tra le sue iniziative vi è il lancio
del periodico “L’Amico della gioventù”, che ebbe ampia diffusione e lunga durata.
Il 18 gennaio 1906 partiva per la Cina nella prima spedizione missionaria capeggiata
da don Luigi Versiglia257. Con lui fondò la rivista “Gioventù Missionaria” che influì
“Journal of the Palestine Oriental Society” (JPOS) 13(1933) 232-237; Capharsemelia, in JPOS
17(1937) 45-51; The Personal Names in the Letter of Lucian of Caphar-Gamala, in JPOS 19(1939-
1940) 136-146”. Il salesiano don Antonio Charbel lo presentava così a p. 667 del suo Beit-Jimāl
identificata con Caphar-Gamala negli studi di Stephen Hanna Stephan, in “Salesianum” 31(1969)
667-676: “Lavorò per molti anni al Department of Antiquities di Gerusalemme durante il periodo del
Mandato Britannico. Apparteneva alla Palestine Oriental Society fondata il 22 marzo del 1920 per
le ricerche sull’Antico Oriente. Come arabista e palestinologo, collaborò attivamente nella rivista
dell’associazione, Journal of Palestine Oriental Society, accanto ai grandi nomi della filologia,
dell’esegesi e dell’archeologia della Palestina tra gli anni 1920-1948”.
255 Antonio Charbel, oltre al citato Beit-Jimāl identifiata con Caphar-Gamala..., scrisse Fonti e sussidi
per lo studio dell’identificazione di Caphargamala con Beit-Jimāl, in “Salesianum” 40(1978) 911-
944. Per il contributo dello Stephan all’etnografia, cf Cristiana BALDAZZI (ed.), Il patrimonio
popolare palestinese tra folklore e folklorismo. Milano: Narcissus Self Publishing, 2012.
256 Riporto con beneficio d’inventario, poiché il p.Giovanni Bottini ofm della “Flagellazione” mi fa
notare che, secondo i documenti francescani, in quel periodo il p. Allegra si trovava in Cina.
257 Scrisse La prima spedizione missionaria in Cina, 1906 (Ricordi). Milano: PIME, 1929. La
conferenza (poi pubblicata come fascicolo) di Giorgio FRANCESCHINI, Don Giovanni Fergnani,
La vita e l’azione
79
per decenni sulla pastorale vocazionale e missionaria negli istituti salesiani. Lavorò
senza risparmiarsi, tanto che la salute ne risentì; nel 1912 fu richiamato in Italia, e
destinato a Marina di Pisa (1914-15). Qui esercitò il ministero di viceparroco e di
confessore delle FMA, e nel biennio 1917-19 fu catechista a Colle Salvetti (PI). Si fece
amare per il suo zelo apostolico (tra l’altro diede inizio tra le FMA all’“Apostolato
dell’Innocenza”, per coinvolgere le bambine nello spirito della “Infanzia missionaria”)
e per le tante attività educative e ricreative (conferenze, musica, canto...). In questo
periodo “pisano” strinse legami d'amicizia con il dottissimo e zelante cardinale
Pietro Maffi (1858-1931) che durarono a lungo. Intanto giungevano da Betgamāl
le prime notizie della scoperta della tomba di S.Stefano, e don Fergnani le collegò
subito con alcuni monumenti pisani: anzitutto il sarcofago michelangiolesco nella
prima cappella a destra del duomo contenente le reliquie dei santi Gamaliele, Habib
e Nicodemo che l’arcivescovo Daiberto (Dagoberto) aveva portate dalla Terra
Santa nel 1099; e anche la piccola cappella dedicata a santa Eufrasia che i salesiani
officiavano in città. La sua fervida immaginazione cominciò a trasferirsi in Medio
Oriente, dove di fatto giunse dopo la prima guerra mondiale: secondo l’EGS lavora
prima in Turchia nelle case di Adalia (1919-1921) e Costantinopoli (1921-22)258; in
giugno-agosto 1922 si trova a Betgamāl e partecipa agli scavi sul sito bizantino259.
Inviato nelle missioni dell’Assam, nel 1922-23 è a Shillong parrocchia, nel 1923-
24 a Shillong noviziato, e nel 1924-25 direttore-parroco a Raliang. Poi rientra
nell’Orientale e figura ad Alessandria d’Egitto nel biennio 1925-27 come addetto
all’oratorio festivo; nel 1927-28 è un’altra volta a Costantinopoli come catechista.
Infine nel 1928-1929 approda a Betgamāl dove ha l’incarico di consigliere scolastico.
In questo periodo si dedica a raccogliere tutto quanto era stato scritto sulla questione
stefaniana e a propagare la “Pia Opera del Perdono Cristiano”. Il 3 agosto 1930 alla
benedizione del Martyrium, data la sua vasta cultura e le sue doti oratorie, tiene
il discorso di circostanza260. Muore a Gerusalemme il 29 dicembre 1932 e viene
sepolto nella cripta del Martyrium. Don Sacchetti aggiornò fino al 1933 e integrò
le sue pubblicazioni, e l’anno successivo le inserì nei tre volumi complessivi della
collana “Studi Stefaniani”261. In conclusione: don Fergnani per la causa di Betgamāl-
Salesiano Ferrarese, Missionario in Palestina = Accademia delle Scienze di Ferrara. Atti degli anni
1986-1988, Ferrara 1989, ha numerose imprecisioni.
258 “Durante l’occupazione turca di Smirne e Adalia, si prodigò con spirito di vero sacerdote nell’aiuto
dei profughi, incurante del pericolo, tanto che il Governo italiano lo insignì della croce di Cavaliere”
[dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, come inciso sulla pietra tombale]: FRANCESCHINI,
Don Giovanni Fergnani ..., pag 12; che riporta dall’articolo non firmato apparso su L’Avvenire
d’Italia del 22 dicembre 1934.
259 Cf FERGNANI, Il Sepolcro ..., ediz. 1930, pp. 83-87. [Foto nn. 15, 17, 25]
260 L’Invenzione di S.Stefano Protomartire negli scritti di S.Agostino. Nella fausta ricorrenza della
solenne benedizione del Martyrium ricostruito sulla tomba di S.Stefano in Beitgemal, Palestina. 3
Agosto 1930. Beitgemal (Cafargàmala) Palestina: Tipografia S.Stefano, 1930.
261 Sono: Identificazione Cafargamala = Beitgemal. Documenti, Serie A: Prove e testimonianze. Ediz.
extra commerciale. Beitgemal (Cafargàmala) Palestina: Tipografia S.Stefano 1934; Serie B: Documenti
Pontifici. Pia Opera di S.Stefano – Scritti vari. 1934; ... Serie C: Opposizione. Stesso luogo, senza
data. Pro Manuscripto. Nella “Serie A, n° 3” figura il lungo testo che p.Gisler aveva scritto nel 1918

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Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
Cafargàmala si acquistò indubbi meriti262. Tuttavia cedette a qualche ingenuità, e
l’impressione suscitata di voler occupare il proscenio, causò qualche riserva, come
risulta nella lettera già citata di don Sacchetti a don Rinaldi il 30 aprile 1924.
Alcuni anni dopo lui stesso ammette che la sua “presenza a Beitgemal possa essere
ingombrante” (lettera del 30 luglio 1928 da Costantinopoli), e infine prende in
considerazione l’eventualità di un ritorno nell’ispettoria Sicula-Maltese (sua missiva
del 4 settembre 1931 e lettere contemporanee)263. Ciò spiega la valutazione variegata
che di lui diede don Sacchetti264.
Ma aldilà di tutto questo, ritornando a focalizzarci sul protagonista della nostra
narrazione, è importante notare che don Fergnani lasciava a Simone Srugi un tesoro
molto prezioso di altro genere: quasi certamente fu lui a mettergli nelle mani il libro
delle rivelazioni di Gesù Crocifisso a Maria-Marta Chambon. Quel libro lasciò
un’impronta duratura nell’animo di Srugi, tanto che ne trascrisse intere pagine, come
vedremo nella sezione degli Scritti.
6.3. Nuove difficoltà: di personale, finanziarie, socio-politiche (1932-1935)
Dopo la scomparsa di don Bianchi e don Fergnani, i pochi salesiani efficienti
rimasti sul campo, affrontarono nuovi pesanti sacrifici per dare continuità al lavoro
nella azienda e nella scuola-internato. Don Sacchetti, che aveva rinunciato a trasferirsi
al Cairo come direttore, e restando a Betgamāl dovette addossarsi le funzioni di
direttore e di prefetto, in data 28 agosto e 3 settembre 1932, scrisse all’ispettore due
lettere di sfogo amaro e quasi di sconforto265. A causa della prolungata siccità, nella
campagna si ebbe una situazione disastrosa con scarsità di raccolti e morìa di bestiame
che, abbandonato all’aperto, contagiava epidemie266. Gli aiuti da parte della CNEWA
durante la prigionia a Sidi Bisher e che, come lui precisa nella lettera del 3 agosto 1933. “rimase da
parte perché nel 1923 si preferì di pubblicare l’altro opuscolo «Cafargàmala», in forma più semplice,
in varie lingue ed illustrato, ed anche perché da parecchi dotti, quali il p.Vaccari s.j., p.Mallon s.j.,
D.L.Heidet e il compianto d.Fergnani è stato scritto molto e bene su questo argomento”.
262 Senza doverli esagerare, come fa A.Rodinò che sul DBS a p.124 scrisse: “A lui si devono lo
scoprimento della tomba del Protomartire, l’erezione su di essa del grazioso e artistico Martyrium,
la diffusione nel mondo della Associazione del Perdono Cristiano”. Bastava leggere quanto don
Fergnani scrisse su Bormida “lo scopritore della venerata tomba di s.Stefano”, in Il Sepolcro...,
1930, pp. 101-108!
263 AIMOR: Schedario cartelle personali.
264 In un paragrafo della lettera mortuaria, scriveva: “Caro a tutti, ai confratelli specialmente e, tra i
confratelli, a quelli che ebbero occasione di avvicinare un poco a fondo l’animo suo /…/ adorno di
un candore quasi infantile che non poteva non colpire soavemente quanti avevano dimestichezza
con lui”. Mentre il 7 gennaio 1933 all’ispettore don Nigra confidava: “Mi convinco ogni giorno più
che d.Fergnani è stato tradito dal suo spirito avventuresco che fece misconoscere tante e belle qualità
di mente e di cuore che egli ebbe”: ABG: SACCHETTI, Corrispondenza.
265 Cf AIMOR 4.4.1.1, cartella C.
266 Don Dal Maso ricordava: “Si vissero a Betgamàl dei tempi in cui le epidemie ci portavano in casa
delle vere carovane di infermi. Gente denutrita, affamata, sfinita dalle febbri. Specie negli anni 1932,
’33 e ’34, anni di siccità paurosa, in cui il bestiame morto per la carestia aveva coperti i terreni e le
malattie infierivano con violenza”: AIMOR 15.1.3, cartella 9C.
La vita e l’azione
81
furono sospesi per due anni. Per tutte queste cause Betgamāl ebbe una battuta d’arresto
e fece fatica a reggere il passo con la nuova realtà del Paese, anche sotto l’aspetto
aziendale267. Poi pian piano la situazione interna migliorò, così che nel 1936 si poteva
tracciare un bilancio soddisfacente:
“Dalla riorganizzazione postbellica (1919-20) ad oggi, i diplomati sono stati 118
giovani, quasi tutti bene impiegati. È consolante che anche quelli che per una ragione
o un’altra non terminarono il corso [due anni preparatori e tre di diploma], risolvono
assai facilmente il problema della vita perché hanno l’abitudine del lavoro”268.
Tra le realizzazioni ci furono i grandi lavori di scavo del pozzo a Wadi Būlos
e la costruzione della canalizzazione (1933-1934); il 20 maggio 1936 don Tornquist
tornava a Betgamāl per benedire il motore annesso, che garantì l’irrigazione della
fertile valle omonima. [Foto nn. 72, 73, 74]
Invece all’esterno le cose si stavano complicando pericolosamente. In seguito alla
Dichiarazione Balfour (2.11.17), l’immigrazione ebraica, cui don Sacchetti accenna,
si era intensificata nella seconda metà degli anni ’20, causando reazioni violente da
parte dei Palestinesi; don Bianchi il 29 agosto 1929 aveva scritto:
“È da una settimana che si raccontano cose raccapriccianti avvenute tra
musulmani ed ebrei. I musulmani danno la caccia agli ebrei dovunque, ma sembra
che abbiano preso di mira le colonie ebree sparse in vari luoghi della Palestina. Gli
ebrei, al primo sentire del pericolo, sono fuggiti in qualche luogo che credevano
più sicuro, abbandonando le case e quanto avevano in esse. I musulmani, arrivati
al luogo abbandonato, rubano quanto trovano: buoi, pecore, attrezzi, mobilia, ecc.
Fatto questo, danno fuoco a tutte le case [...]. In questi massacri anche gli ebrei si
sono mostrati feroci. [...] Adesso sembra ritornata la calma. [...] Il Governo inglese
ha domato la ribellione. Sono venuti dall’Egitto una ventina di migliaia di soldati”269.
Sfortunatamente la calma fu di breve durata, perché il governo mandatario
267 “È impossibile farsi un’idea da lontano dello sviluppo di questo paese, dovuto all’immigrazione
ebraica, soprattutto tedesca, in questi ultimi tre anni (1932-35). [...] Il luogo del nostro ex-terreno
di Gerusalemme è diventato il cuore della città, e vi è accanto l’Agenzia Ebraica. Il nostro terreno
diviso in lotti e venduto a 1 lira e ½ il metro, costa oggi da 6-10 lire il mq. Si è perduta l’occasione
di finanziare un po’ l’ispettoria. Ciò che più importa è che i tedeschi organizzano la Palestina su base
industriale e agricola in modo formidabile. Fra Caifa e S.Giovanni d’Acri è tutto un formicaio di
industrie piccole e grandi. [...] Il petrolio dell’Iraq, l’irrigazione di Rutenberg sono addirittura imprese
da sbalordire. Di scuole agricole ve ne sono cinque, tutte up-to-date. [...] Povero Beitgemal! Altro
che stare all’avanguardia del progresso come voleva don Bosco! In ogni modo, cattiva figura non la
facciamo ancora [...], specialmente per i nostri 100 ettari di boschi che sono una meraviglia”: ASC
F399 Beitgemal, lettera di don Sacchetti a don Ricaldone del 22 giugno 1935, citata da BORREGO,
pp. 19, 124-125. Don Sacchetti, essendo stato accompagnato a visitare qualche scuola agricola del
Piemonte da don Ricaldone, scrive: “Ebbi a dirgli scherzando che fra Beitgemal e Cumiana vi era
la differenza che passava fra Lazzaro e il ricco Epulone”: AIMOR 4.4.2, lettera dell’8 ottobre 1936
a don Canale. Accenna che durante quel suo viaggio, fu pure a Catania per studiare la possibilità di
impiantare gli agrumi siciliani a Betgamāl.
268 Don Sacchetti, il 15 febbraio 1936: AIMOR 4.4.1.1, documenti, cartella D.
269 Lettera al Rettor Maggiore: ASC 38. Betgemal. Corrispondenza.

6 Pages 51-60

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6.1 Page 51

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82
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
britannico non era percepito come equidistante fra Palestinesi ed Ebrei. Dal 1936 al
1939 tutta la Palestina fu in rivolta: la fascia costiera di Giaffa e l’area della Shefela
(ricche per le coltivazioni di agrumi, ma anche strategicamente importanti per il
porto, l’aerodromo di Lidda e le vie di collegamento con l’interno) furono sconvolte
dalle lotte del nascente conflitto palestinese-israeliano, con scioperi, frequenti atti
di sabotaggio e vero terrorismo perpetrati da entrambe le parti, senza che l’autorità
mandataria volesse o potesse imporsi270.
6.4. Immigrazione ebraica e “rivoluzione araba”. L’uccisione di don Rosin
(1936-1938)
I confratelli di Betgamāl subirono furti, aggressioni, estorsioni seguite da minacce
e rappresaglie. Erano specialmente don Sacchetti e don Rosin, prima economo e
dal 1937 direttore, a venire molestati, anche per le ricorrenti frizioni con fittavoli
e beduini a motivo della violazione dei contratti, sconfinamenti dentro la proprietà,
e per il ricorso arbitrario alla recente ordinanza britannica che intendeva favorire i
contadini palestinesi271. Don Rosin registra nella regione frequenti atti di sabotaggio,
scoppio di bombe, scontri a fuoco, sorvoli degli aerei britannici su Wadi Sarrār. In
particolare scrive che il 30 aprile 1936 sulla strada per Deir Rafāt venne fermato da un
capraio che minacciò di ucciderlo pensando fosse un ebreo e lo lasciò andare quando
si accertò che era cristiano272. Il 13 settembre 1937 riferisce all’ispettore don Canale
della reazione ostile dei dodici fittavoli di Gerāsh alla sua intenzione di riprendere
il controllo di un terreno molto redditizio; e accenna pure a persistenti difficoltà di
rapporti con le autorità Italiane.
Come ho già accennato, Srugi corse un serio pericolo di morte nel 1936, ma sia
allora sia in altre circostanze passò indenne, data la sua fama di uomo giusto, estraneo
a qualsiasi schieramento politico o nazionalista273.
Nel 1938 si susseguì una catena di tragici avvenimenti: il 10 gennaio
vicino a Bet Gibrìn fu assassinato l’inglese J.L.Starkey che dal 1932 conduceva
scavi archeologici a Lakish. Il 7 maggio nella zona di Hebron rimase ucciso in
un conflitto a fuoco ‘Issa al-Bàttat, capo locale dei thuwwār (rivoluzionari) e suo
presunto assassino. La sera del 17 giugno una banda armata, dopo aver tagliato i fili
270 Cf il capitolo 6° di F. DESRAMAUT, L’orphelinat, pp. 185-190. L’Ispettore don Canale riferisce a
don Ricaldone nella lettera del 2.8.1936: “A Gerusalemme sarà ben difficile che si possa riaprire la
scuola in ottobre per l’astio tra Ebrei e Arabi; e anche in seguito sarà molto problematico continuare
l’opera come fu in passato”: ASC 31.22, M.O. Una ricostruzione disincantata di quei tragici eventi
è offerta da Ari SHAVIT, My Promised Land. The Triumph and Tragedy of Israel. Melbourne:
Scrobe Publ., 2014; per il nostro periodo cf il capitolo 3° (Orange Grove 1936) pp. 49-68 e l’inizio
del capitolo 5° (Lydda 1948). Per la zona di Betgamāl e Deir Rafāt, cf E. FANO, Sulle orme del
passato..., pp. 108-116.
271 ABG: Rosin, oltre agli appunti nella sua cronaca privata, cf il quaderno in cui trascrisse gli articoli
della nuova “Legge protettrice degli agricoltori, 1933”.
272 Cf AIMOR 4.4.2, Cronaca di BG, 6° periodo.
273 Cf FORTI, pp. 124-125.
La vita e l’azione
83
del telefono, irruppe in casa e pretese dal direttore don Mario Rosin l’esorbitante
somma di 100 lire palestinesi. Non ricevendole perché in cassa vi erano solo
poche piastre, lo bastonarono violentemente. Anche i confratelli e i laici accorsi a
difenderlo presero una dose abbondante di percosse. Eccetto Srugi che “fu tra i primi
a portare il suo vestito nuovo e il piccolo gruzzolo raccolto nella giornata al mulino
e all’ambulatorio. Al suo passaggio /.../ il gruppo dei ribelli si irrigidì sull’attenti
al comando del capo: Giovanotti, questo è muʻallem Srugi, fategli il saluto militare
per rispetto”274. Dopo aver preso viveri, vestiti e calzature, i rivoluzionari se ne
andarono, ma ripetendo chiare minacce di morte nei confronti di don Rosin, che
accusavano d’aver fatto installare il collegamento telefonico tra la casa e la stazione
di polizia di ‘Artūf per trasmettere informazioni circa i loro spostamenti275. Furono
informate le autorità ecclesiastiche, consolari e militari che presero alcune misure
di protezione276. Venne consigliato a don Rosin di ritirarsi temporaneamente a
Betlemme, ma egli declinò, dicendo che il suo dovere di padre non gli permetteva
di abbandonare i figli in quei frangenti, e di addossare il peso della conduzione
dell’opera al suo primo aiutante don Sacchetti che da tempo soffriva per la salute
malferma. [Foto nn. 48, 49]
Il pomeriggio del 23 giugno, vigilia della solennità del Sacro Cuore, volle recarsi
nel vicino Deir Rafāt per l’abituale ministero delle confessioni alle suore. Sulla via
del ritorno sconosciuti armati gli tesero un agguato, lo disarcionarono dalla cavallina,
e dopo averlo accusato di aver fatto arrestare il loro capobanda, lo assassinarono. Un
ragazzo, postino presso l’ufficio di ‘Artūf, che passava per caso a distanza ravvicinata,
vide e udì, ma, minacciato dagli assassini, si chiuse nel silenzio. Il corpo di don Rosin
venne ritrovato il giorno dopo sotto un cumulo di pietre con le braccia allargate in
forma di croce: il cranio era fracassato da una pallottola, la mano stringeva brandelli
della corona del rosario277.
274 Cf FORTI, p. 141: “Ce lo assicura Giuseppe Hafīri, testimone oculare che osservava tutto da una
finestra”.
275 Come sappiamo, dal 1919 era in funzione un osservatorio metereologico che forniva i dati al
Ministero dell’Agricoltura e all’Aviazione civile. Nel 1937 furono queste due amministrazioni
a installare la linea telefonica, per poter ricevere più speditamente i dati. In ABG: Cronache
manoscritte, al 29 dicembre 1937 si legge: “Telefono: si termina oggi l’installazione del telefono
nostro che si congiunge con la polizia di Artùf. L’indirizzo è “Beitgemal Metereological Station,
Artùf”. È al servizio dell’aviazione civile di Palestina. Fu installato a spese della stessa aviazione e
fu installato qui in vista del servizio metereologico da noi prestato per tanti anni”.
276 Don Rosin scrisse un esposto dell’accaduto al console d’Italia Q.Mazzolini in termini molto
dignitosi: conserviamo la minuta in ABG: Rosin. Nei giorni successivi appuntò nella cronaca:
“Vengono molti poliziotti che assicurano... ma “Nisi Dominus...” – Il 22 Giugno: “Ci si accordò
coi poliziotti di Artùf d’accendere una luce rossa sulla torre del nostro istituto in caso di pericolo”:
Quaderno VI della Cronaca di Beitgemal dal 1° Giugno 1938. – In AIMOR 4.4.2, leggiamo: “18
giugno, sopralluogo della polizia di Artùf, Ramlah ecc .... 19 giugno: don Sacchetti va dal Console
italiano a Gerusalemme. 23 giugno arriva un carro armato con 4 soldati Inglesi a presidio della
casa”. Proprio poche ore prima che don Rosin si avviasse verso Deir Rafāt!
277 Cf la lettera mortuaria scritta dall’ispettore don G.Battista Canale, in AIMOR, Lettere mortuarie;
FORTI, pp. 143-144.

6.2 Page 52

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84
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
Mario Rosin era nato l’8 novembre 1875 a Tomazic, vicino Trieste e da ragazzo
entrò nell’oratorio di don Bosco a Valdocco. Dopo il noviziato sotto la guida di don
Bianchi, emise la professione perpetua a Torino l’11 dicembre 1891, e quello stesso
mese giungeva a Betlemme nel terzo gruppo di missionari salesiani. Si mantenne
in relazione con i suoi formatori ai quali inviava periodicamente il suo rendiconto
di coscienza278. Dopo gli anni di studi e di tirocinio a Cremisan, il 4 giugno 1898
ricevette l’ordinazione sacerdotale a Gerusalemme. Avendo appreso molto bene la
lingua araba, gli furono assegnati compiti di responsabilità nelle case di Betlemme
(prefetto nel 1904), maestro degli ascritti (Cremisan 1905), e di nuovo prefetto a
Betlemme (1906-1907); ben presto fu anche nominato consigliere ispettoriale.
Nel 1907 è direttore a Nazaret e anche in quel particolare ambiente francofono fa
molto bene. Dal 14 al 20 marzo 1908 accompagna don Rua, in visita-pellegrinaggio,
[Foto, n. 9] e al termine affida alle pagine del diario le sue impressioni sulla santità
del successore di Don Bosco279. Richiamato come direttore a Betlemme, dopo la
morte prematura dell’ispettore don Pietro Cardano nel 1911, ricopre per alcuni mesi
la carica di ispettore ad interim, fino all’arrivo di don Luigi Sutera280. Contribuisce
alla traduzione italiana della vita di don Belloni dall’originale arabo di don Nahhās,
giudicando che la si può mettere in circolazione, dato che ormai tra belloniani e
donboschiani “gli animi si sono calmati”281.
Durante la prima guerra mondiale la casa di Betlemme fu colpita da drammatici
avvenimenti: 700 soldati Turchi e Austriaci la occuparono e partendo, portarono via
tutto dai laboratori, dormitori, aule ... (1916). Fu il periodo in cui esplosero le divisioni
fra confratelli arabi e italiani, che coinvolsero don Rosin come direttore: dato il suo
carattere forte, amante della giustizia e intransigente di compromessi (il suo amico
don Puddu diceva: “Sotto quella selce si cela un diamante”), poté forse prendere
decisioni intempestive, urtando qualcuno. Ma la sua onestà risultò talmente chiara
che nell’inchiesta sulla vicenda, il giudice turco lo ricevette per primo e lo rimandò
subito dicendo che non c’era bisogno di nessun interrogatorio nei suoi confronti. In
quegli anni terribili, si attivò per non far mancare il necessario a confratelli e orfani;
e un giorno, proprio mentre con il coadiutore Zanchetta si recava a Betgamāl per fare
rifornimento di farina, fu arrestato dai soldati turchi (perché “persona ostile, sconfinata
in zona nemica”) e il 5 dicembre 1917 condannato e tradotto in esilio a Keskin in
Anatolia. Al suo rientro, il visitatore canonico don Ricaldone lo ristabilì nella sua
carica di direttore a Betlemme282. Come tale, l’ultima settimana di agosto 1922 a
278 Cf in ASC, C 350-C 351 quattro letterine manoscritte degli anni 1892-94 su foglietti intestati “Opera
della Santa Famiglia-Betlemme” in cui fa il rendiconto di coscienza a don Barberis (2) e a don
Bianchi (2): progresso nelle virtù; studio dell’Arabo; vita con don Belloni e i suoi religiosi.
279 DESRAMAUT, p.65s., notoriamente critico, ne scrive positivamente, concludendo: “Malheureuse-
ment pour l’oeuvre, au bout d’un an, le p.Rosin, venait d’être nommé directeur de l’orphelinat aîné
de Bethléem …”.
280 Cf DESRAMAUT, p. 67 nota 74 e p. 73.
281 Cf la sua lettera a don Cerruti, in BORREGO, cap. IV-V, nota 42.
282 Cf RASTELLO, p. 321. Cf il suo diario di prigionia nell'ASC suddetto.
La vita e l’azione
85
Torino-Valsalice partecipò agli Esercizi spirituali in cui don Filippo Rinaldi tenne le
meditazioni, don Lorenzo Luchelli le istruzioni e il cardinale Giovanni Cagliero la
predica dei ricordi283. Nel triennio 1926-29 fu a Betgamāl per aiutare e poi sostituire
don Bianchi come direttore. Nel 1929 i confratelli del Medio Oriente lo elessero loro
delegato al Capitolo Generale.
Sempre e dappertutto la sua condotta come religioso fu esemplare: di grande
spirito di fede e pietà; povero e mortificato al massimo (veglie, digiuni, non dormì
mai su un letto, portava il cilicio). Per questo, quando nel 1929 i superiori decisero
di aprire lo studentato teologico a Betlemme, conoscendo le sue virtù, gli chiesero di
fare da direttore anche dei chierici e dei professori, oltre che dei confratelli addetti
all’orfanotrofio. Accettò questo supplementare carico di responsabilità mosso dal
senso del dovere e lo svolse con grande sacrificio; ma al termine del secondo anno,
resosi conto di non potersi dedicare alla formazione dei chierici come avrebbe voluto,
chiese di essere esonerato, pur rimanendo direttore dell’orfanotrofio fino al 1935284.
All’inizio del nuovo anno comunitario 1935-36 fu nominato prefetto di Betgamāl e
l’anno seguente direttore, proprio in quel periodo e in quell’ambiente turbolento di cui
ho parlato sopra.
La sua brutale eliminazione venne letta anche in chiave di geo-politica religiosa:
“Quando il mandato inglese si fu ben radicato, due potentissimi reagenti alterarono la
pace della Terra di Dio. Giungevano gli ebrei e i protestanti anglo-americani”, i quali
avrebbero destabilizzato quella “zona di tolleranza reciproca” fra cattolici e ortodossi
e la loro attività benefica a favore dei Palestinesi, che fino ad allora sarebbero state
garantite dai Turchi285.
Ma per chi lo conosceva bene non vi erano dubbi: don Rosin aveva pagato con il
martirio il suo amore alla giustizia e al dovere; anzi qualcuno ritenne che fosse stato
ucciso “in odium fidei286.
283 Prese appunti di quelle meditazioni su uno dei suoi 22 quaderni personali, il quarto, ma attualmente
dentro le due scatole dell’ASC, C 350-C 351 esso manca!
284 Cf CAPUTA, I primi undici anni del teologato ..., pp. 373-393, 416 e nota n° 198.
285 Paolo NOMADE (Orazio PEDRAZZI), Una croce in Terra Santa. In memoria di don Mario Rosin,
su “Il Corriere della Sera” 25.07.1938; poi stampato come libriccino a Roma-“Pio XI”: Scuola
Salesiana del Libro, 1938, 13 pp. Nella copertina interna figura una foto di don Rosin giovane prete,
che venne stampata con l’approvazione della sorella: cf ABG: SACCHETTI, Corrispondenza.
Il Pedrazzi fu Console generale a Gerusalemme nel 1927-28; in questo scritto, dettato da
apprezzamento per don Rosin, prevale l’enfasi oratoria. Cf la documentazione riguardante lui, il
Mazzolini, il “Dopolavoro” ecc. in BERGER Sara, Il Consolato d’Italia a Gerusalemme e le leggi
antiebraiche (1938-1940), in “Storia & Diplomazia. Rassegna dell’Archivio storico del MAE e
della Cooperazione internazionale”: 5(2017) pp. 13-26; Costanza LISI (a cura di), L’archivio del
Consolato Sardo in Palestina poi Consolato d’Italia a Gerusalemme (1843-1943), in Ivi, pp. 31-176.
286 Cf in ABG: Rosin la Lettera mortuaria, le lettere di condoglianze di don Gerbo, don Puddu e le
testimonianze di suor Tersilla. Il “Promemoria” riservato del 4 dicembre 1938 di don Sacchetti
si trova in AIMOR: Schedario, cartella personale. In alcune lettere dello stesso periodo don
Sacchetti insiste sulla necessità di far riaprire l’inchiesta che la polizia criminale aveva condotto
sbrigativamente.

6.3 Page 53

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86
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
Per quanto riguarda la nostra storia, possiamo domandarci: qual era l’eredità
religiosa che don Rosin lasciava? Una risposta parziale e provvisoria la si può
ricostruire esaminando i sedici quaderni superstiti (su un totale di 22) di prediche e
commenti ai vangeli, conferenze, riflessioni …, che tenne a confratelli e consorelle,
coadiutori, chierici teologi e sacerdoti novelli, nel corso di almeno 15 anni. Lui
stesso li aveva numerati e ordinati, anzi aveva dattiloscritte in formato “folio” 30
di queste prediche (vanno dal 1925 al 1932). Inoltre una serie intitolata “Teologia
Dogmatica. Appunti”, contiene in latino lineamenti e schemi di vari trattati di Teologia
(Introduzione, Fondamentale, Apologetica).
Dalla veloce scorsa che ne ho fatto, ricavo l’impressione che don Rosin si
documentava su libri di ottimi autori, perciò trattava con competenza argomenti di
dogmatica e morale, ascetica e agiografia, s.Scrittura... Prediligeva i temi dell’eucaristia,
del sacerdozio e del S.Cuore, anche collegati: l’amore grandissimo di Gesù per gli
apostoli e i sacerdoti, ai quali ha affidato il tesoro dell’eucaristia e della confessione,
costituendoli rappresentanti e mediatori. La lunga predica circa la ricchezza del
mistero eucaristico indicato dai molteplici nomi con cui è chiamato, è di una attualità
sorprendente, sembra presa dal Catechismo della Chiesa Cattolica del 1983. Seguendo
l’anno liturgico, predicava pure sui misteri della vita terrena di Gesù, sulla Madonna,
s.Giuseppe, “Don Bosco santo” e il suo motto “Da mihi animas”; la venerabilità della
Mazzarello, ecc. L’ultima predica superstite è del 3 giugno 1938 sul S.Cuore di Gesù,
20 giorni prima della vigilia della solennità liturgica, che coincise con la sua morte!287.
Mi limito a una osservazione contestuale: Simone Srugi sentì molte di queste
prediche, ma soprattutto fu testimone oculare degli esempi di santità che don Rosin
dava quotidianamente e guardò a lui come a un modello da imitare.
6.5. Reazioni di Srugi in questa circostanza, e suo atteggiamento abituale
Le suore Dorotee del Deir Rafāt che per prime scoprirono il cadavere di don
Rosin sotto il cumulo di pietre insanguinate, furono shoccate; il sistema nervoso di
suor Tersilla che lo ricompose per la sepoltura, rimase scosso a lungo; la comunità
di Betgamāl per giorni si rinchiuse in casa con le porte sbarrate per paura di ulteriori
attacchi, nonostante i sopralluoghi della polizia288.
E Simone? La perdita del suo amato direttore gli causò una sofferenza atroce, ma
seppe tenersi saldo con la preghiera e lo spirito di fede. Qualche tempo dopo il delitto,
uno dei presunti responsabili, ferito in uno scontro a fuoco e braccato, cercò rifugio
nottetempo proprio nell’ambulatorio di Betgamāl. Simone lo fece entrare, lo curò e
lo lasciò andare, mentre suor Tersilla protestava: “Consegniamolo ai soldati Inglesi.
Ha ucciso il nostro direttore!”. Dello stesso parere erano i confratelli che nei giorni
seguenti fecero pesantemente sentire a Simone il loro disappunto. Egli rispose all’una
e agli altri con queste frasi, riportate da vari testimoni con leggere varianti:
287 In ASC, C 350, C 351 (2 scatole).
288 Cf ABG, Cronaca; FANO, Sulle orme ..., p. 110; SECCO, Facciamo memoria ..., p. 158.
La vita e l’azione
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“Se ha commesso del male, se la vedrà lui con Dio. D’altra parte i soldati sono
sulle sue tracce e non tarderanno a prenderlo. Ma noi dobbiamo sempre fare del bene
a tutti. Preghiamo per lui e per i suoi compagni. Gesù non ci ha forse insegnato a
perdonare i nemici? E don Rosin non ha sempre perdonato? Può darsi che questi tali,
vedendo che noi li perdoniamo, si sentano toccati a cambiare vita”289.
La vicenda ebbe un seguito, come ricordava suor Tersilla: circa due mesi dopo,
alcuni capi delle bande ribelli vennero a Betgamāl “scusandosi della morte di don
Rosin e dicendosi pronti a punire i colpevoli. I superiori dissero loro che perdonavano
volentieri: «La nostra fede ci esorta e ci obbliga anzi al perdono». Ed in segno di ciò
si accettò di farsi fotografare da parte di tutti, insieme salesiani e suore”. Srugi non era
presente, ma appresa la cosa, commentò:
“Suora, quei poveretti ricorderanno per tutta la vita questo incontro. Anche
loro hanno una coscienza e un’anima da salvare. Il Signore ha fatto sentire loro il
rimorso tanto da venire ad umiliarsi, e i superiori hanno fatto bene a perdonare e a
dimenticare. La giustizia la farà il Signore, ma a noi tocca perdonare e fare sempre
del bene. Preghiamo per loro e chissà che non si convertano”290.
In quegli stessi anni anche la comunità del vicino Deir Rafāt, allora formata da 3
sacerdoti diocesani, 9 suore “Dorotee” e 3 laici, subì le stesse angherie (furti, minacce,
danneggiamenti alla proprietà, saccheggi e incendi ...), ma continuò a svolgere il suo
servizio. È impressionante la somiglianza delle testimonianze: suor Elburga Simionato
scrive
“di aver medicato molti feriti, fra i quali il famoso Ocassi [?] che, solo nella
mano destra, aveva sette ferite. Pare sia questi che abbia ucciso il nostro padre Mario
Rosin /.../ Cosa io abbia provato nel medicare questa creatura, sapendo di avere
dinanzi a me un omicida di decine di persone, fra i quali due suoi fratelli, non posso
descriverlo. «Signore – più volte ripetevo – Signore, toccategli il cuore». Un solo
atto di pentimento basta per salvarsi. Egli fra poco sarà preso dalla giustizia e lo
uccideranno”291.
Srugi era giunto a quella straordinaria fortezza e capacità di perdono, con
l’esercizio ripetuto: in circostanze meno tragiche, si era dimostrato pronto non solo
a perdonare e dimenticare, ma a servire subito chi lo offendeva, lo aggrediva o lo
maltrattava. Episodi si verificarono sia al mulino sia in ambulatorio292.
289 Cf FORTI, pp. 145-146, che qui si basa sulle numerose testimonianze di suor Vittoria De Fino,
suor Tersilla, don Frey e di altri, conservate in AIMOR 15.1.2, nelle quattro cartelle 8, 9A, 9B, 9C;
AIMOR 15.1.3, cartella 9C.
290 FIORA, p. 134.
291 FANO, Sulle orme del passato..., pp. 108-111, passim.
292 Un giorno tre o quattro giovinastri, senza attendere il loro turno, sfondarono la porta della sala di
medicazione travolgendo Srugi. Per impedire che lo schiacciassero, suor Tersilla cominciò a menare
gomitate, pugni e graffi. Appena rialzatosi, lui le disse: “Superiora, si calmi, non così, non così. Il
Signore ha detto «Padre perdona loro perché non sanno quel che si fanno» (Lc 23,34). “Tutti quei
tipi non partirono, il sig. Srugi li curò, calmo e con tutta la massima naturalezza, come se nulla

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88
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
6.6. La partenza di don Sacchetti (1938)
Per Betgamāl i guai non erano ancora finiti. Alle restrizioni per il lunghissimo
sciopero generale e agli orrori della guerriglia si aggiunse nel settembre 1938 una
grande epidemia di malaria che colpì quasi tutti i ragazzi interni e moltissimi abitanti
della zona. Il signor Srugi e Suor Tersilla devono fare gli straordinari per prendersi
cura di tutti quelli che vengono all’ambulatorio. Ugualmente suor Elburga a Deir
Rafāt: “Tante volte si presentano qui con 40-41 di febbre, perché vogliono l’iniezione
dopo aver viaggiato 3-4 ore sopra un asinello, essendo di paesi lontani. Tante mattine
faccio anche 60 iniezioni, tutte per la malaria”. Nel 1939, ci fu una escalation della
violenza i cui danni sono documentati dal crescente numero di medicazioni effettuate
dalla suora nel suo ambulatorio: dalle 260 in 18 giorni di maggio, si arriva a 1265 in
27 giorni di settembre. I feriti che si presentavano erano prevalentemente “insorti”,
ma non mancarono soldati e qualche ufficiale britannico293.
Per il trauma dell’uccisione di don Rosin e per diverse altre cause, la resistenza
morale e fisica di don Sacchetti fu messa a dura prova; non bastando più né le
attenzioni di Srugi né il ricovero all’ospedale di Gerusalemme, i superiori di Torino
gli consigliarono di recarsi in Italia, per le cure del caso. Giunto a Roma, partecipò
ai festeggiamenti per la beatificazione di Maria Mazzarello (20 novembre 1938)
in San Pietro e al Sacro Cuore294. [Foto n. 50] Fu convocato per riferire in forma
confidenziale sull’assassinio di don Rosin ai superiori salesiani, e presso il ministero
degli Esteri; incontrò per perorare gli interessi di Betgamāl i vertici dell’ANMI (conte
Venerosi), l’ispettore capo dei Consoli Italiani (onorevole Pedrazzi), vari ecclesiastici
in Vaticano. Il professor Milani (medico personale del Papa) che già lo conosceva,
lo visitò due volte (“Mi ha trovato in buone condizioni. Difatti sono giunto di nuovo
ai miei 100 chili, ma i reni funzionano male”) e gli prescrisse le cure da fare. A don
Ricaldone parve prudente che non rientrasse a Betgamāl, ma che accompagnasse don
Festini a Corigliano d’Otranto nella Scuola Agraria “N.Comi” per orfani di guerra,
che conosceva già dal 1912; data la sua competenza e la lunga esperienza nel settore,
avrebbe potuto rendersi utile sia lì sia nella vicina Castellaneta; e in attesa di ulteriori
sviluppi restava a distanza ravvicinata dai superiori295.
fosse accaduto. Li visitò, prescrisse le medicine come avrebbe fatto con qualsiasi altro. Ciò non si
potrebbe spiegare se non pensando al suo grande amore per il prossimo, al suo grande spirito di fede,
tanta fu la bontà e la grazia con cui si prodigò anche quel giorno verso tutti, compresi quelli che per
poco non lo schiacciarono”: AIMOR 15.1.3, cartella 9C p.10.
293 Cf FANO, pp. 112, 113-115.
294 Durante la solennissima celebrazione nella basilica del S.Cuore, a suor Tersilla fu rubato il
portafoglio contenente 300 lire, tra le quali anche quelle che Srugi le aveva fatto avere tramite il
direttore don Candiani: cf ABG: Cronaca; AIMOR 4.4.1.1: “27 ottobre 1938. Sono le 19,30 e Srugi
mi porta l’offerta di lire italiane 75 per due nomi di battesimo. Le offro alla direttrice suor Tersilla
che domani parte per l’Italia, come viatico di Betgamàl”; AIMOR: Schedario, cartella personale
Sacchetti: lettera all’ispettore in data 27 Novembre 1938.
295 Tutti dati contenuti nelle cartoline e lettere all’ispettore don Canale del 25 e 27 novembre, 4 e 20
dicembre 1938, in AIMOR: Schedario, cartella personale Sacchetti. Nella stessa cartella si trovano
le due pagine dattiloscritte del “Promemoria sull’uccisione di don Rosin” riservato ai Superiori.
La vita e l’azione
89
Partendo da Betgamāl probabilmente sperava di rientrare a breve, ma lo scoppio
della seconda guerra mondiale l’anno seguente glielo impedì. Aveva lasciato in ordine
nel suo ufficio i libri contabili e l’abbondante corrisponenza: materiale prezioso che in
parte è giunto fino a noi e grazie al quale possiamo ricostruire la storia di Betgamāl296.
Alla vigilia della partenza, era stato prodigo di consigli a suor Tersilla perché tenesse
d’occhio taccuini, registri, quadernetti di Srugi, prima che egli nella sua umiltà li
distruggesse. Don Alfredo infatti, che per 25 anni aveva vissuto con lui ed era stato
testimone oculare sia delle sue virtù sia dell’efficacia delle sue preghiere, era sicuro
che Simone aveva raggiunto la statura eroica di un candidato alla beatificazione297.
I contatti fra lui e Betgamāl divennero più rari e si interruppero dopo che nel giugno
1940 i confratelli italiani furono rinchiusi nel campo di internamento a Betlemme dove
la corrispondenza veniva censurata. Mentre egli, nel clima favorevole dell’ambiente
pugliese e con le cure adeguate, riacquistò la salute, tanto che nel 1942 i superiori gli
proposero di assumere la direzione della scuola di Corigliano; accettò con generosità
e, sobbarcandosi a grandi sacrifici, riuscì a provvedere ai confratelli e agli orfani il
necessario anche durante le ristrettezze della guerra “sottoponendosi pure a non lievi
prove e viaggi per procurare il pane ai cari orfani, suo gaudio e sua corona”298.
Ma la sua ora si stava avvicinando, egli ne era consapevole e vi si preparava. Le
parole profetiche di don Bosco lo avevano accompagnato dovunque: come da giovane
in America, così da grande a Betgemāl e da anziano a Corigliano, fu sempre sostenuto
da un profondo spirito di fede, da filiale devozione all’Ausiliatrice e dall’atteggiamento
della indifferenza salesiana nell’abbandono alla volontà di Dio. Tra i propositi degli
ultimi Esercizi spirituali del 1944, rinnovava l’impegno quotidiano al Rosario intero
e alla via crucis, con queste motivazioni:
“pensando che sono alla presenza di Dio, con cui parlo e sono ascoltato.
Cercherò di studiare, meditare ed amare la via del dolore come mezzo di accrescere
e praticare la vita unitiva con Dio. Non dimenticherò che la quintessenza e il frutto
vero degli Esercizi è l’amore a servire Iddio secondo la sua santa volontà con
l’indifferenza a qualunque modo, con cui Egli vuole essere servito”299.
Colpisce la vicinanza, anzi la sintonia spirituale con Srugi. Morì a Corigliano il
21 novembre 1944, rimpianto da tutti, specialmente dai confratelli, suore e giovani di
Betgamāl in cui dal 1913 al 1938 era stato uno dei protagonisti300.
296 Sarebbe stato più abbondante se don Candiani (che talvolta lo chiamò “quell’americano
megalomane”) non ne avesse gettato alle fiamme un bel po’, così come fece con le carte e i libri a
stampa di don Fergnani (e come farà più tardi nella scuola di Haifa ...).
297 Ricorreva abitualmente a lui perché ottenesse da S.Giuseppe gli aiuti necessari e questi più di
una volta comparvero dentro la borsetta che Srugi appendava alla sua statua; era persuaso che, in
circostanze pericolose per la casa, Srugi fosse stato il parafulmine e l’angelo custode.
298 ASC, Archivio del Capitolo Superiore, Roma, n° 9403, Lettera mortuaria, p.1.
299 Lettera mortuaria, p. 6.
300 Cf la Lettera mortuaria. Il già citato Stephen Hanna Stephan, il 29 Gennaio 1945 fece giungere
all’ispettore 5 fogli dattiloscritti (conservati in ACrem, fra le Lettere mortuarie) intitolati “In

6.5 Page 55

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90
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
6.7. Preavvisaglie per Srugi. Il nuovo direttore don Candiani (1938-1940)
Corroborato dalla testimonianza di don Rosin e dalla beatificazione di Maria
Mazzarello, Simone procedeva con animo saldo sul suo cammino in salita, tenendo
fisso lo sguardo su Gesù crocifisso e risorto, anche se le sue forze fisiche deperivano:
“Essendo il religioso consacrato a Gesù, dev’essere inchiodato alla croce con
Lui ... affine di poter morire come Gesù e risorgere a nuova vita come Lui” (DIA 6, 8,
10). “Diceva S. Paolo: Andiamo sempre mortificandoci e maltrattandoci acciocché
la vita di Gesù Cristo si manifesti nei nostri corpi (2 Cor 4,10)” (PES 1; cf DIA 16),
“sino a tanto che possa dire con l’Apostolo: “Vivo non più io, ma è Cristo quello che
vive in me (Gal 2,20)” (PES 282).
“Il crocifisso dev’essere il tuo libro prediletto. La scienza dell’amore non
s’impara sui libri. Essa non è data che all’anima che guarda il crocifisso e gli parla
cuore a cuore” (DIA 18). Gesù mi ha amato tanto che ha sofferto, è morto, si è dato tutto
a me. Io pure voglio soffrire tutto per amore, per amarlo e morire per lui” (PRO 22).
Un piccolo crocifisso lo portava sempre ben visibile cucito sulla giacca, dalla
parte del cuore (compare anche nell’ultima fotografia del passaporto), ed era per lui
uno stimolo continuo alla “pratica di amare Gesù Cristo” che era diventato il suo
esercizio prediletto301. [Foto di copertina, nn. 47, 60]
Al posto di don Rosin come direttore fu mandato don Antonio Candiani, di
tutt’altra “pasta”. Era nato a Busto Arsizio il 25 febbraio 1887; fece il noviziato a
Foglizzo e professò nel 1907, passò quindi a Valsalice dove coronò il triennio di
studi e formazione con la professione perpetua nel 1910. Durante la prima guerra
mondiale fu arruolato e assegnato alla lontana Macedonia, donde rientrò nel 1918
malconcio su una barella in due mesi di viaggio. Dopo un breve periodio di riposo
per rimettersi in forze, viene inviato come missionario nell’ispettoria Orientale. Il
27 aprile 1919 è ordinato sacerdote da Mons. Barlassina a Gerusalemme. Resta nella
“regia scuola italiana” di questa città prima come consigliere, poi come direttore per
un sessennio. Seguono due anni come direttore della scuola italiana di Haifa (1927-
29); sempre come direttore torna a Gerusalemme (1932-35) e poi raggiunge Suez
(1935-38)302.
In queste tre opere don Antonio aveva potuto esplicare le sue belle doti, senza
avere problemi economici, godendo di situazioni favorevoli da parte delle autorità
“italiche” e gratificanti da parte degli allievi e delle loro famiglie (esploratori, teatro,
sport e ginnastica)303. Di carattere gioviale ed estroverso, sbrigativo e autonomo,
talvolta si era tirato addosso i richiami dell’austero patriarca Barlassina per la gestione
memoriam” di don Sacchetti uomo, educatore, scienziato. Scrisse pure il 31 gennaio e il 3 marzo
1945 due lettere di apprezzamento del lavoro dei salesiani a Betgamāl e in particolare di don
Sacchetti: cf ABG, cartella Miscellanea.
301 Cf FORTI, pp. 130-136.
302 AIMOR: Schedario, cartella personale: tre fogli dattiloscritti del suo curriculum vitae.
303 Cf EGS alle annate relative.
La vita e l’azione
91
ritenuta troppo liberale del circolo exallievi e del teatro semipubblico, situato in una
zona della città notoriamente “chiacchierata”. Fu certamente per lui “un bel salto”, a
51 anni suonati e senza conoscere l’arabo, ritrovarsi inaspettatamente nell’ambiente
rurale, isolato e povero di Betgamāl, nel quale si introduceva con lo scopo dichiarato
di mettere ordine e pulizia. Per un certo verso, la casa ne aveva anche bisogno, perché
dopo le morti di abūna Sarkīs (il 20 febbraio 1937) e don Rosin e dopo la partenza di
don Sacchetti, era rimasta senza tre delle colonne portanti e l’andamento dell’azienda
ne risentiva, anche in termini di debiti. Quanto alla scuola, don Antonio, abituato ad
allievi “cittadini” in buon numero appartenenti alla classe medio borghese, nutriva
pregiudizialmente poca stima per i ragazzi della scuola agricola, in maggioranza
orfani o trovatelli, rustici e poco istruiti. Infine trovava una comunità di confratelli
poco unita304. Insomma, lo attendeva un compito non facile. Ma don Candiani, che era
anche intelligente e generoso, si prese a cuore la situazione. In particolare, aveva una
grandissima stima del signor Srugi e lo trattava con molto riguardo, ammirando la sua
carità e la pietà (lo chiamava affettuosamente il nostro “magister coeremoniarum”).
Da parte sua, il santo coadiutore mantenne anche nei confronti del nuovo superiore
quell’atteggiamento di obbedienza umile e quasi di venerazione che gli derivava dalle
sue radicate convinzioni di fede. Queste con l’andare degli anni si erano irrobustite,
mentre le forze fisiche cominciavano a indebolirsi, e non riuscivano a sostenerlo nel
suo faticoso lavoro. Don Candiani non tardò a prenderne atto:
“20 luglio 1939: l’ambulatorio questi giorni è assediato da mattino a sera! Srugi
e la suora non han tempo di venire a pranzo. Quasi tutti i malati sono di malaria, di
deperimento organico, di paratifo. – 26 luglio: ambulatorio e mulino affollatissimi, il
primo per causa della malaria, il secondo per causa del guasto del mulino di “Agiūr”
[un paese a S-O distante 11 km]. – 2 Agosto: ambulatorio e mulino affollatissimi. È
una vera processione di malarici. Srugi ed Artīn non trovano da respirare!”.
Nonostante queste accresciute richieste, anzi proprio per alleggerirne il peso,
quello stesso mese gli si offrì la possibilità di recarsi a Betlemme per gli esercizi
spirituali305. Uno dei due propositi che scrisse sul taccuino è molto indicativo del suo
stato d’animo:
“Farò di tutto per tenermi preparato a comparire dinanzi al Signore in qualunque
momento. E di tener in ordine le cose del mio ufficio d’infermiere, sia in casa sia nel
dispensario, e di tener i conti preparati” (PRO 121).
Al rientro in casa, cerca di riprendere il suo lavoro, ma dopo poche settimane
deve arrendersi; ancora dagli appunti di cronaca di don Candiani apprendiamo:
“17 settembre: don Dalmaso, Srugi con Artīn vanno coll’auto a Tel-Aviv per
far provviste di medicinali e di semi per l’orto. 28 settembre: in casa ho a letto don
Frey, don Dalmaso e il sig. Srugi; le uniche due suore sono in piedi con 39 gradi!
304 Cf ABG, Cronaca, e la sua corrispondenza in AIMOR: Schedario, cartella personale.
305 ABG: Cronaca: “6 agosto 1939, domenica: Alle 7 partono col biroccio D.Dal Maso, Srugi e Marzio
per gli EE.SS a Betlemme.13 agosto 1939: arriva col biroccio il Sig.Srugi”.

6.6 Page 56

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92
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
E si vuol far credere che a Betgemal non c’è malaria”. Il 2 ottobre “Srugi supplica
di fargli la ... cassa da morto o di trasportarlo a qualche ospedale. Sono le otto,
con l’asino vado a Bab-el-wad e con l’autobus a Tantùr; il sig. ispettore mette a
disposizione la sua “balilla” e alle 5 di sera Srugi è già all’ospedale di Betlemme. 11
Ottobre ancora malati e malate anche gravi e allettati. Maledetta malaria e Beitgemal
insieme! 12 Ottobre: Srugi sembra fuori pericolo, ma non può parlare, e così dicasi
di altri malati. 19 Ottobre: Ottengo dal dottore dell’ospedale francese di Betlemme
di trasportare Srugi a Tantur. 3 Novembre: Visito a Tantur Srugi che migliora, ma
non so se potrà rimettersi da ritornare sul campo del lavoro. Scappo a Cremisan
a trovare il sig. Ispettore il quale mi consola a parole e mi rimanda desolato. A
Gerusalemme la Visitatrice invece si commuove e viene ai fatti, inviando una nuova
Suora, venuta da Damasco a far da infermiera alle rimaste a Betgemal”.
Fra cosi tante e gravi emergenze, la resistenza di don Candiani giunge al limite:
dopo aver annotato che anche lui si “stordisce con le pastiglie di chinino” per poter
stare in piedi, precisa: “Ma torno a ripetere per l’ennesima volta che ciò che mi
spaventa è la febbre dei debiti più di quella della malaria. Si aggiunga poi la mancanza
del «cor unum et anima una» nella comunità”. Perciò chiede ripetutamente al Rettor
Maggiore di essere esonerato dalla responsabilità di direttore306.
Le condizioni di Srugi permangono molto gravi per alcune settimane, con grandi
sofferenze. Tuttavia, al contrario del suo impaziente direttore, egli rimane sereno,
in preghiera continua, senza un lamento, edificando medici, suore e confratelli che
vengono spesso a trovarlo dalle comunità di Cremisan e Betlemme. Poi, grazie
alle preghiere di tanti amici (come scrive alla sorella Zàhra) supera la crisi e il 19
novembre “ritorna in mezzo a noi il carissimo Srugi, dopo ben 49 giorni di malattia,
in cui ricevette l’estrema unzione”307.
D’altra parte anche la situazione esterna è preoccupante; don Candiani traccia
con l’abituale vivacità un quadro quasi tragicomico: da una parte frequenti pattuglie
di soldati inglesi e polizziotti ebrei in perlustrazione, e dall’altra altrettanto frequenti
bande di thuwwār affamati; addirittura talvolta i due gruppi arrivano quasi in
contemporanea da direzioni opposte e bisogna destreggiarsi per non compromettersi.
Si verifica pure qualche scontro a fuoco nella nostra proprietà. A causa delle piogge
eccezionalmente abbondanti la malaria infierisce:
“In casa su 13 confratelli, 6 solamente sono in piedi! Evviva Betgamāl la
saluberrima villa di Gamaliele piena di ladri, di malarici e di debiti”. L’epidemia
continua a propagarsi; l’8 Gennaio 1940 “il Sig.Srugi propone di rinviare ai
306 In data 10 e 11 novembre 1939 supplicava: “Per l’ultima volta chiedo di essere esonerato dalla
carica di direttore di Betgemal se non mi si vuol far fare lo sproposito di scapparmene. Le ragioni
son sempre le stesse accennate nelle mie quattro lettere precedenti ...”. Riferendosi a quanto il
visitatore generale scriveva sul n° 94 degli ACS circa le scuole agricole, egli elenca tutte le carenze
di ogni singolo reparto della sua e termina: “I nostri superiori che dicono di essere come nostri padri,
abbiano compassione di Betgemal e del suo disperato direttore che teme di perdervi corpo e anima”.
307 ABG, Cronaca; analizzo la lettera alla sorella nella seconda parte del libro.
La vita e l’azione
93
loro parenti i recidivi di malaria per un tempo indeterminato, per una più sicura
guarigione. D’intesa col sig. consigliere si accetta la proposta, inviandoli con una
letterina d’accompagnamento”. Seguono avvenimenti di diversa natura: “6 febbraio
giorno di carnevale. Si va a Rafāt per festeggiare Santa Dorotea; poi giochi, trionfo di
carnevale, cinema. – 12 Febbraio: a Giaffa, sostando da Nazarena. 16 marzo: funerali
di p.Maurizio Gisler di 85 anni [Foto n. 52]. 29 marzo: Caro S.Giuseppe e caro
S.Stefano, pensateci voi a benedire questa Colonia, se no diventerà un mortuorio”308.
7. Il tramonto e la morte, sullo sfondo della seconda guerra mondiale (1940-43)
Da quando nel 1917 i Turchi avevano lasciato la Palestina, il carattere italiano
della “colonia agricola” di Betgamāl era stato accentuato dalle autorità e assecondato
dai salesiani. I diplomi della scuola venivano vidimati dal Consolato generale d’Italia
a Gerusalemme e spesso la loro consegna e la premiazione dei meritevoli veniva
presieduta dal Regio Console. Nei registri contabili sono documentati gli aiuti del
Ministero degli Esteri, dell’ANMI e del “Banco di Roma” a favore della azienda e della
scuola. D’altra parte il cronista degli anni ʻ30 non nasconde il suo compiacimento per
le vittorie in Abissinia. Insomma: tutto sommato, pur con gli inevitabili malintesi e le
dovute riserve (soprattutto da parte dei confratelli arabi, ma non solo...), si può dire che
i salesiani di Betgamāl si sentivano bene sotto la protezione della bandiera sabauda,
ed erano considerati buoni rappresentanti della “italianità”, come si diceva a quei
tempi309. A questo riguardo don Candiani era stato sempre in prima fila tra i membri
delle “colonie italiane” di Gerusalemme, Haifa e Suez, e anche ora nell’ambiente di
Betgamāl ne manteneva volentieri alcuni tratti310. [Foto nn. 51, 77]
7.1. Entrata in guerra dell’Italia: prigionia di don Candiani
e degli altri confratelli
Questa condizione cambia drammaticamente a metà giugno 1940, dopo l’entrata
in guerra dell’Italia: per gli Alleati la colonia di Betgamāl diventa una entità nemica
308 ABG, Cronaca alle date corrispondenti.
309 Gli aiuti consistevano nel facilitare l’acquisto di macchinari agricoli, l’elargizione di divise per
i ragazzi, materiale didattico per la scuola (che in un certo modo veniva considerata come una
delle “scuole d’Italia all’estero”), ecc. Alla cronaca del 1937 è allegata la pagina del “Giornale
d’Oriente”, 15 Ottobre 1937-XV. In Palestina. Gita dopolavoristica a Beitgemal e a Rafāt. La
settantina di partecipanti, capeggiati dal Console Quinto Mazzolini, furono “accolti coi segni
delle più delicate attenzioni dai MM.RR. don Mario Rosin e don Alfredo Sacchetti”- Il giornalista
Alessandro Mombelli fa notare la scritta posta sull’arco interno del Martyrium: “Benefactor Insignis
Gubernium Italicum Duce Benito Mussolini”. Don Rosin nella sua cronaca aveva appuntato la presa
di Giggiga e di Addis Abeba (5.5.36), e il transito dalla stazione di ‘Artūf dell’esiliato Negus con
la famiglia: AIMOR 4.4.1.1. – Allo stesso tempo non mancava di registrare i contrasti col Console
d’Italia a motivo della poca trasparenza nel pagamento della mietitrebbiatrice Breda: cf Ibidem, 31
dicembre 1937, 1° gennaio e 9 aprile 1938.
310 In ABG sono documentate le “feste del signor direttore” del 1939 e ’40 con fotografie delle sfilate
e saggi ginnici dei ragazzi (talvolta in divise da “avanguardisti”), diretti da un coadiutore in calzoni
alla zuava e camicia nera.

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94
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
e la sua proprietà una ambìta postazione strategica. Tutti gli Italiani (SDB e FMA)
sono fatti prigionieri, a cominciare dal direttore don Candiani considerato esponente
di spicco; egli, come da carattere, maledice e impreca mentre lo rinchiudono in
prigione nella cittadella di Gerusalemme, al contrario di Srugi che si mantiene calmo
e gli fa notare: “Signor direttore, Lei tante volte ci ha detto che non abbiamo tempo
per pregare e meditare: questa sarebbe una buona occasione per farlo”311. Date le
condizioni di salute, Simone viene trasferito nel vicino ospedale italiano. Don Pietro
Bolognani nel 1953 ricordava:
“Quando si ottenne il permesso, a mezzo d’un sergente cattolico inglese, di
poter celebrare di buon mattino la S.Messa nella cappella dello stesso ospedale,
ne diedi notizia al caro confratello, che ne gioì immensamente. Ogni mattina di
buon’ora egli mi attendava per servirmi la messa ed avere la consolazione di cibarsi
di Gesù Eucaristico. Il suo contegno era angelico. Le buone suore del Cottolengo
nascondevano un thermos di caffè in un angolo della sacrestia. Io me ne servivo, ma
egli non volle mai gustarlo”312.
Dopo gli accertamenti sulla sua nazionalità palestinese, Simone viene rimandato
a Betgamāl, dove erano rimasti solo pochi ragazzi, confratelli e collaboratori. Però
il lavoro non diminuisce perché gli ammalati e i poveri continuano a salire al deir,
anzi vi si riversano pure gli abitanti di Rafāt dove, a causa dell’internamento delle
suore Dorotee, l’ambulatorio era stato chiuso313. Mancando suor Tersilla, anche lei
rinchiusa nel reparto femminile del campo di prigionia a Betlemme con tutte le FMA
della Terra Santa, Simone deve addossarsi quasi tutto il lavoro, per fortuna coadiuvato
dal signor Artīn, armeno. Don Candiani viene prima tradotto ad Acri, dove soffre
per l’isolamento e la mancanza di comunicazioni di cui si lamenta nelle tre lettere
che scrive all’ispettore (firmandosi: “questo suo figlio scomunicato”), senza che,
per prevedibili circostanze, gli giungano quelle scrittegli da suor Tersilla e da vari
confratelli. Trasferito nel campo di internamento del Deir Rafāt assieme a preti e
religiose del Patriarcato Latino, scrive da “figlio consolato” di essere trattato “come
un principe ... in questa oasi di pace e di preghiera”; sospira di nostalgia volgendo lo
sguardo verso la vicina casa di Betgamāl, pensando ai sacrifici che fanno i confratelli
(29 settembre, 1° ottobre). Può muoversi con una certa libertà come scrive nelle lettere
del 13 e 21 ottobre e 1° novembre, di cui riproduco alcuni dettagli che ritengo utili
perchè si abbia un quadro realistico di questo periodo, al dilà della “leggenda”:
“Ieri sabato venne a visitarmi il Delegato Apostolico... Mi ha messo negli
impicci quando mi ha chiesto se volevo rimanere a Rafāt o andare a Betlemme.
Subito però gli dissi che amerei meglio star co’ miei confratelli per condurre una
vita più religiosa, più regolare ed anche per dividerci insieme gioie e dolori. Ho
dovuto dirgli però che a Rafāt non posso desiderare di meglio sia pel vitto, per
l’alloggio, pel servizio religioso ed anche per la buona armonia che regna fra
311 FIORA, p. 139-140.
312 AIMOR 15.1.1, cartella 2, busta 7.
313 Cf FIORA, p. 93, nota 103.
La vita e l’azione
95
tutti i preti e chierici del Patriarcato. /... / Ho chiesto il permesso all’ufficiale di
condurrre tutte le suore (più di 50!) fino al posto dell’uccisione di don Rosin. La
passeggiata-pellegrinaggio riuscì a meraviglia. L’ufficiale stesso ci scortò a cavallo
e le suore non finivano di ringraziare anche me. /.../ Tenterò di ottenere il permesso
di condurle sino a Beitgemal a piedi quando arriverà qualche “pezzo grosso” della
C.I.D. a Rafāt. La faccia tosta non mi manca. /.../ Ho raccomandato a Betgemal di
aver cura delle cisterne come e più della cantina, perché si può star senza vino ma
non senz’acqua”.
“Son stato due volte sul posto del martirio di don Rosin con le suore la prima
volta e con i sacerdoti e i chierici la seconda volta a scopo di pellegrinaggio. Ieri
ho accompagnato tutte le suore sopra Rafāt a contemplare da lungi Latrun. Si spera
di ottenere il permesso di andare fino al Martirio di S.Stefano; se l’otterremo sarà
una grazia. Ieri mattina ho salutato Artīn e Dicran venuti col nostro auto a portare il
nostro ufficiale da Bab-el-wad”.
“Da Beitgemal ricevo a richiesta ciò che ho bisogno: corredo, cancelleria, vino
da tavola e vino da Messa”314.
Nonostante tutto questo, insiste ancora e nel febbraio del 1941 ottiene di essere
trasferito a Betlemme, nel grande istituto salesiano trasformato in “Campo X”
d’internamento per circa 120 preti e chierici italiani315.
7.2. Don López superiore “ad interim”. Don Calīs direttore nominale
Intanto il Rettor Maggiore don Pietro Ricaldone, trovandosi l’ispettore don
Giovanni B.Canale (1882-1962) impedito di esercitare il suo compito perché cittadino
italiano internato, nomina il trentasettenne salvadoregno don López (finora docente
nel teologato di Betlemme e in parte anche nel filosofato di Cremisan), rappresentante
legale della “Pia Società Salesiana” per la Palestina, con sede in Betgamāl, di cui
assume pure la direzione effettiva. Don Canale ne dà comunicazione scritta in italiano,
tedesco e inglese alle autorità diplomatiche e militari, facendola vidimare dal patriarca
Mons. Barlassina316.
Seguendo l’EGS possiamo ricostruire il suo notevole “curriculum vitae”. Rafael
Arturo López era nato a El Salvador nel 1903, ed entrato in Congregazione da giovane.
Dopo la formazione iniziale e il tirocinio pratico in patria (1922-1923), constatando le
sue doti brillanti, i superiori lo inviarono a Torino-“Crocetta” dove in un quinquennio
314 AIMOR: Schedario, cartella personale. Per quanto riguarda le suore Dorotee e le altre persone
“internate” a Rafāt, cf FANO, Sulle orme del passato..., pp. 116-142.
315 AIMOR 4.4.1.1; cf FIORA, p. 140. Per una sintesi, cf POZZO, L’Ispettoria ..., pp. 48-51.
316 Cf AIMOR 4.4.1.1, documenti, cartella D. L’11giugno 1940 d.Canale scrive: “... internato al Campo
10 in Betlemme dichiaro e confermo di aver delegato il M.R.Signor D.Raffaele Lopez /.../ a dirigere
la casa di Beitgemal ...” (in Italiano e Tedesco). Il 14 giugno 1940 in Inglese, diretta al “The District
Commissioner Jerusalem: “The President or Rector of the “Pia Società Salesiana” in Palestine will
be the Rev. Father Raffaele Lopez”, con firma sua e di Fr Anthony Farrugia, autentificate da “Louis
Patriarch”.

6.8 Page 58

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96
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
(1923-28) compì gli studi di teologia e diritto canonico, laureandosi in teologia e in
utroque jure alla scuola di grandi docenti salesiani come don Andrea Gennaro, don
Eugenio Vismara, don Giovanni Grosso ... e avendo come direttore per un anno don
Luigi Nai. In quell’ambiente donboschiano e internazionale (in cui il Rettor Maggiore
don Filippo Rinaldi tenne memorabili conferenze sullo spirito salesiano) assorbì
quell’amore alla Congregazione e alla Chiesa che lo caratterizzarono per tutta la vita.
Rientrato in patria arricchito da un notevole patrimonio di scienze biblico-teologiche
e di lingue classiche e moderne, fu assegnato al teologato di Santa Tecla – Nueva
S.Salvador prima come consigliere per un biennio (1928-30) poi come direttore
(1930-34).
Nel 1934 si offrì volontario per le missioni; la sua domanda fu accolta, ricevette
il crocifisso nella basilica di Maria Ausiliatrice in Torino come uno della foltissima
spedizione di quell’anno (200 Salesiani e 125 FMA) che voleva onorare degnamente
Don Bosco santo317. Venne destinato (probabilmente su suggerimento di don Nai e
don Nigra, già ispettori dell’Orientale) al teologato di Betlemme, dove inizialmente
assunse l’insegnamento di S.Scrittura, liturgia e cerimonie, e altre discipline in
seguito. Qui dimostrò
“una personalità completa per l’equilibrio di doti e talenti umani, uniti ad
uno spirito religioso ad alto livello. /.../ ebbe subito un ascendente e un prestigio
speciale sui chierici e fu al centro della loro attenzione e stima. Gioviale, acuto e di
conversazione, fine osservatore, s’adattava all’indole di ciascuno in modo opportuno
ed efficacemente formativo. All’attività di consigliere e di insegnante unì presto
quella di direttore dell’oratorio festivo, al quale impresse vitalità nuova”318.
Con i ragazzi e i chierici di Betlemme e di Cremisan don Raffaele trascorse anni
fruttuosi e gratificanti sia per l’insegnamento sia per le svariate attività educative e
pastorali in cui poté espletare le sue ricche doti. Ora l’obbedienza gli chiedeva di
lasciare quel campo per assumere l’incarico di direttore a Betgamāl e delegato del
Rettor Maggiore don P.Ricaldone per tutte le case della Palestina. Accettò la pesante
responsabilità con ammirevole spirito di sacrificio, poiché sapeva di essere già minato
dalla tubercolosi, che finora non era riuscito a curare adeguatamente, e tanto meno lo
potrà fare d’ora in poi319.
Con grande pazienza ed equilibrio iniziò a espletare il suo compito di superiore
canonico. Vi erano alcune intricate situazioni da affrontare urgentemente, tra le quali
317 Cf BS 53(1934) p. 324: nella fotografia è l’ultimo da sinistra dei seduti in prima fila.
318 Emilio PRADUROUX, Alcune figure di formatori e maestri. Don Raffaele Lopez (1903-1943), in
[Renato CAUTERO (a cura di)], Cinquantesimo dello Studio Teologico Salesiano in Terra Santa.
Jerusalem: Franciscan Printing Press, 1977, p.155.
319 Il Dr. Champenois dell’ospedale di Betlemme, il 23 dicembre 1940 scriveva questa diagnosi: “TBC
pulmonaire bilaterale de forme fibro-caséeuse avec formations cavernes”. Che l’ispettore postillò di
sua mano: “Oggi 12 [gennaio 1941] gli concedo il permesso di entrare nel sanatorio di Beyrouth,
seconda classe, 10 L.p. mensili. Deus providebit!”. Alcuni mesi dopo don Raffaele tornava a
chiedergli di potersi recare in Libano dalle Figlie della Carità; stessa risposta di don Canale. Ma di
fatto non riuscì mai a raggiungere la terra dei cedri e delle pinete balsamiche.
La vita e l’azione
97
la gestione arbitraria della scuola di Haifa da parte dell’incaricato ad interim320; la
ribellione dei salesiani francesi di Nazaret all’ispettore italiano don Canale, con
conseguente chiusura temporanea della scuola; debiti da pagare321; pratiche legali per
mettere in salvo beni e capitali della Congregazione che venivano considerati “Enemy
Property”; estenuanti richieste di permessi per far giungere soccorsi ai confratelli
“internati”322.
A Betgamāl, date le circostanze, fu nominato direttore don Giuseppe Calīs (1880-
1954). Era nato il 1° novembre 1880 a Beirūt e il 14 fu battezzato nella cattedrale latina
di san Luigi Re. Non è chiaro quando giunse in Terra Santa. Dopo una esperienza
seminaristica inconcludente,323 nel 1896 entrò a Cremisan dove fece l’aspirantato e il
noviziato, concluso con la professione temporanea; come tirocinante fu assistente dei
piccoli interni nell’orfanotrofio di Betlemme e, superata qualche difficoltà,324 emise la
professione perpetua nel 1903 e divenne prete nel 1905. Da allora rimase sempre nella
casa di Betlemme come consigliere e più a lungo come catechista dei ragazzi interni
e per qualche periodo direttore della scuola per esterni. Dedicò gran tempo allo studio
prediletto della lingua araba:
“per giungere a possederla in maniera perfetta e farne uno strumento efficace per
annunziare le divine verità, non solo con una competenza teologica veramente rara,
ma pure con una precisione ed una eleganza letteraria tali da reggere possibilmente
al confronto con le migliori prose classiche della civiltà islamica. La sua non fu pura
velleità di letterato, ma coscienza di superiore missione, dal momento che molti
320 Cf AIMOR 4.4.1.1, al 5 maggio 1942. In ABG: cartella intitolata “Miscellanea”, si trova l’Accordo tra
Salesiani e il prof. Maulgue per la scuola di Haifa (30 settembre 1940); e la lettera di aggiornamento
di don López allo stesso, in data 28 settembre 1942.
321 F. DESRAMAUT, L’orphelinat…, pp. 207-212 ha ricostruito la dolora vicenda di Nazaret basandosi
su documenti d’archivio. Mi limito a segnalare un dettaglio: pensando di calmare la tempesta,
l’ispettore scrisse al direttore père Crozes (1900-1974) l’obbedienza, fattagli consegnare dallo
stesso patriarca Barlassina, di trasferirsi a Betgamāl, ma dopo pochi giorni, senza badare al parere
di don López, père Crozes decise di rientrare a Nazaret (13-18 marzo 1941). Don López dovette
anche faticare per estinguere un grosso debito della casa di Nazaret: cf AIMOR 4.4.1.1, Documenti,
Corrispondenza 1901-1944, cartella D 1935-1940.
322 AIMOR 4.4.1.1, stessa cartella D: il 27 ottobre 1940 informa l’ispettore: “L’ebreo ha pagato 1,500
Lire. Ma non sono ancora in potere del Custodian of Enemy Property”. L’11 novembre accenna a
“trucchi nell’affare delle somme presso il Custodian ...”; complicazioni emerse dal colloquio col
vicedirettore e il direttore (inglese) del “Banco di Roma”, il quale sospetta che il denaro vada a finire
non a don Gosslar (cittadino svizzero) ma a “persone nemiche”.
323 Cf AIMOR: Schedario, cartella personale Calis; tra i documenti si trova questo foglietto manoscritto:
“Il sottoscritto dichiara e fa fede che il giovine Giuseppe Kalis è rimasto nel nostro seminario per
anni quattro (4) e vi ha tenuto sempre lodevole condotta e studiato con profitto, ma non avendo
vocazione allo stato ecclesiastico, si è ritirato al secolo in propria famiglia. In fede di che etc.
Gerusalemme, 29 Agosto 1896. D.Martīno Chwaliszewski, Rettore”.
324 A conclusione di un carteggio confidenziale fra don Rua e don Belloni, il 22 maggio 1902
quest’ultimo scrive a don Durando attestando che si è scoperta l’innocenza del chierico Calīs, che
era stato falsamente accusato di immoralità e per questo sciolto dai voti il 7 gennaio 1902 dallo
stesso don Durando, che era l’ispettore delle case di Palestina ed Egitto fino alla nomina di don Nai:
cf CAPUTA, I primi undici anni …, 376, nota 44.

6.9 Page 59

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98
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
libri e riviste cattoliche erano comunemente trascurati, anzi disprezzati dal mondo
musulmano per la improprietà dei termini e per la sovrabbondanza di imperfezioni
stilistiche. Ben presto si rese noto nel mondo letterario come prosatore perfetto e
poeta insigne, e non poche furono le relazioni con persone eminenti del mondo
islamico che lo onoravano della loro amicizia e ambivano la sua collaborazione.
Non era anzi raro, durante le sue prediche nella nostra chiesa del Sacro Cuore di
Betlemme, veder allineati in fondo degli autentici musulmani, venuti apposta per
udire dalle sue labbra una prosa fluente e perfetta”325.
Pur avendo preso parte alla fase finale della “ribellione dei confratelli arabi”, dopo
l’inchiesta di don Ricaldone, restò a Betlemme326. Qui il lavoro non gli mancò: era
richiesto molto spesso per la predicazione in casa (ragazzi, confratelli, suore) e fuori
(comunità religiose, parrocchie, scuole). Dotato di intelligenza acuta e di memoria
fotografica, aveva acquisito una brillante eloquenza oratoria, ma sapeva adattarsi
agli illetterati con semplicità327. Tenne tridui, novene della Madonna, panegirici sui
santi popolari (S.Giuseppe, sant’Antonio), su don Bosco e Maria Mazzarello; esercizi
spirituali (svolgendo i temi classici: “novissimi”, imitazione di Cristo, virtù morali,
teologia della vita consacrata ...). Veniva consultato con timore per la correzione di
bozze di libri devozionali e catechismi, articoli di riviste o quotidiani. Coordinò la
traduzione italiana della Vita di don Belloni scritta da don Nahhās (che, come ho
detto, non fu mai ultimata). Questa impressionante mole di lavoro è documentata dai
numerosi manoscritti autografi superstiti328.
Nell’ottobre 1929 gli fu assegnato l’insegnamento della morale e della lingua
araba ai chierici radunati nel nascente teologato. Preparava e scriveva le sue lezioni con
cura, ma essendo privo di formazione accademica specifica e di esperienza didattica,
non tardarono ad affiorare i limiti che provocarono la scontentezza dei chierici (i
quali, approfittando del suo carattere ingenuo e credulone, non di rado gli giocavano
scherzi innocenti) e la valutazione negativa dei superiori329. Per mancanza di sostituto
mantenne l’incarico fino al 1936 quando chiese e gli fu concesso di rassegnarlo; smise
anche di insegnare arabo, che venne affidato al chierico siriano Carlo Sciueri330. Ma
continuò ad abitare nella stessa casa di Betlemme, fino a quando a metà giugno 1940
essa venne requisita dai britannici per trasformarla in campo di internamento, e si rese
necessario far posto ai confratelli italiani. In questa congiuntura don Calīs fu assegnato
325 Cf in AIMOR: Schedario ..., la lettera mortuaria scritta da don Vittorio Francia suo ultimo direttore
a Cremisan.
326 Cf PIERACCINI, Salesiani in Terra Santa..., pp. 35-38 e passim.
327 Cf la citata Lettera mortuaria.
328 Sono oltre 120 quaderni, taccuini, block notes ..., quasi tutti in arabo (qualche quaderno in italiano,
altre pagine in francese e inglese), conservati nei 5 voluminosi faldoni “Scritti di don Calis” in
AIMOR 17.1; 17.2; 17.3; 17.4; 17.5.
329 Cf quanto l’ispettore don Nigra riferiva ai superiori di Torino al termine della sua visita canonica a
Betlemme, il 12 febbraio 1932, in CAPUTA, I primi undici anni …, p. 387.
330 Cf il giudizio pesante dell’ispettore don Canale, nella Relazione dell’8 novembre 1936 a don
Ricaldone: in ASC, S 3662B; copia in AIMOR 2.1.1; CAPUTA, I primi undici anni ..., p.411.
La vita e l’azione
99
a Betgamāl come direttore. I confratelli locali si rallegrarono di avere tra di loro un
campione di “arabità”. Anche Srugi avrà goduto delle sue prediche e d’altra parte,
come suo costume, avrà mostrato al nuovo direttore quella umile obbedienza che
aveva verso ogni superiore, rendendosi utile in servizi che le circostanze esigevano,
oltre che prendersi cura di lui che soffriva di diabete. Don Calīs non tarda a far giungere
all’ispettore informazioni circa la situazione della casa, chiedendo aiuti:
“Non so perché la superiora non vuol mandare tre suore (due del paese e la
polacca). Se si dovesse mandare una sola capirei, ma qui si tratta di mandarne più.
Le suore a Betlemme sono più che sufficienti per il servizio dell’orfanotrofio. /.../ I
signori Giorgio [Harūni] e Srugi non portarono la posta [da ‘Artūf]. Essi non possono
uscire da Beitgemal, come mi disse il sergente inglese. Il sig. Dikrān non osa andar
fuori di Beitgemal perché teme di esser preso o di aver delle noie”331.
Altri brevi messaggi sono dello stesso tenore, e dimostrano che non gli mancava
lo spirito di osservazione e il senso pratico332. Invece la lunga lettera del 5 aprile
1941 contiene una risentita protesta per l’occupazione della sua camera di Betlemme,
la presunta dispersione di tutti i suoi beni personali, e la perdita dei preziosissimi
manoscritti333. In realtà questi furono messi in salvo, li riebbe a suo tempo, e dopo la
sua morte furono consegnati all’archivio ispettoriale, dove sono custoditi, come ho
accennato334.
Nel frattempo don López (rimediando agli sbagli di inesperienza di don Calīs),335
fa da direttore effettivo di Betgamāl: oltre ad organizzare la vita scolastica dei ragazzi
e il lavoro nell’azienda, imparte lezioni di teologia ai chierici tirocinanti (tre polacchi
e uno spagnolo) [Foto 53, 56], preferendo averli in casa che mandarli a Betlemme
dove, anche durante l’internamento, furono organizzati corsi quasi regolari di filosofia
e teologia per i chierici, ma in un ambiente sovraffollato e asfittico336. Anche se a
Betgamāl i problemi di salute non mancavano, anzi!
331 AIMOR 4.4.1.1, cartella D.
332 Informa che farà portare a Betlemme viveri per gli internati, ma chiede di essere pagato in contanti,
avendo degli acquisti da fare per la casa; dà notizie sul personale, precisando di aver corretto un
tale che si accostava giornalmente alla comunione senza essersi mai confessato; fa notare che per
il lavoro in campagna occorre fornire ai giovani scarpe adatte, non sandali; chiede come gestire il
reparto delle suore, rimasto vuoto, proponendo di affidarlo alla moglie di Artīn oppure di Dikrān...:
cf AIMOR: Schedario, cartella personale Calis.
333 AIMOR: Schedario, cartella personale Calis.
334 Non consta che abbia dato alle stampe nessuno dei suoi manoscritti. Tra le sue carte vi sono pure
i capitoli della “Vita di don Bosco” (Ghurūr ash-Shabāb) e i quaderni di “Preghiere” (Salawāty)
scritti dal suo amico don ‘Atàllah Yūsif Giʻanine (Giannini) che li sottomise alla sua revisione. Di
passaggio: don ‘Atàllah (nato nel 1871 a Betgiala), era stato uno dei protagonisti della rivolta dei
confratelli arabi, perciò venne assegnato a Gerusalemme: cf P. PIERACCINI, Salesiani in Terra
Santa, pp. 20, 28, 36 e passim. In seguito si traferì in Argentina, dove morì il 25 marzo 1961.
335 Don López scrive all’ispettore che sta cercando di “rimediare a uno dei tanti guai lasciati da don
Calìs”: cf scambio lettere del 17 e 21 febbraio 1941.
336 Cf AIMOR 4.4.1.1, cartella D, lettera del 7 ottobre 1942. Il 2 luglio 1942 don Canale ammetteva: “Qui
a Betlemme manchiamo di acqua e condizioni igieniche, abbiamo un pazzo e due tubercolotici...”.

6.10 Page 60

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100
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
7.3. Infermità di Srugi e nuove pesanti prove per la casa (1941-42)
Don López infatti annota nella cronaca:
“5 maggio 1941: comincia un caldo eccessivo [fino a 45 gradi]. Il nostro medico
Srugi è a letto con febbre, sembra che sia la malaria che l’ha colpito. 7 maggio: il
sig. Srugi è sempre a letto con febbre e al nostro ambulatorio affluisce gente perché
anche a Rafàt non c’è farmacista. 10 maggio: si conduce il sig. Srugi all’ospedale
[francese di Betlemme...] È colpito da bronco-polmonite e dicono che il suo stato sia
piuttosto grave”.
Da parte sua, in una lettera del 12 maggio 1941, l’economo svizzero don Karl
Gosslar (1883-1944) aggiorna l’ispettore:
“Sembra che il nostro carissimo confratello Srugi non sta troppo bene. Bronchite
e poi uno stato di esaurimento che fanno pensare molto. Preghiamo il Signore che
faccia guarire il nostro angelo custode di Betgemal. Si vede che Iddio vuole provare
la nostra casa con tante disgrazie”337.
Don Ernesto Forti, fu testimone di questa fase:
“Le cure sollecite delle brave suore della Carità, che ormai avevano imparato
a stimarlo, lo aiutarono a superare la crisi, ma non gli ridonarono le forze. Se ne
accorsero i confratelli italiani internati nella Casa di Betlemme, divenuta con la
guerra il “Campo X”, ai quali aveva voluto far visita prima di tornare a Beitgemal.
Per non affaticarlo scesero tutti in gruppo in portineria, vigilata dai poliziotti inglesi,
e lo cirondarono affettuosamente, manifestandogli la loro gioia nel rivederlo. Ne fu
tanto commosso che non poté trattenere le lacrime”338.
Dalla cronaca di don López apprendiamo di altri guai in uno scenario che si
direbbe di piccola apocalisse: nell’autunno di quel 1941 la casa corre il pericolo di
essere occupata dal contingente polacco associato alle Forze Alleate. A fine dicembre
le piogge sovrabbondanti trascinano via molte delle coltivazioni di wadi Būlos,
causano crepe in alcune cisterne, lesioni sul tetto del dispensario, fanno crollare
quello della coniglieria e della stalla, con conseguente morìa di animali. Il 7 gennaio
1942: le montagne all’intorno sono innevate; in casa in certi ambienti piove più
dentro che fuori; son morte più di 110 pecore e agnelli con una perdita di 200 lire
sterline. “Pazienza, il Signore ci vuole provare. [...] Mi convinco che fino a un certo
punto il pessimismo di don Candiani ha qualche fondamento in re”. Poi aggiunge
una attenuante che dimostra la sua straordinaria bontà: “Probabilmente i superiori
precedenti non hanno potuto fare di meglio a causa della poca salute”.
Nonostante tutto, il 30 e 31 gennaio 1942, preparate da una novena, si
organizzano solenni celebrazioni di chiusura del primo centenario dell’opera di don
Bosco (1841-1941), presiedute da S. E. Mons. Karol Mieczysław Radoński (1883-
1951), vescovo di Włocławek (Polonia), allora profugo, accompagnato dal suo
337 AIMOR 4.4.1.1, Corrispondenza 1941-1944, busta n° 2, cartella E.
338 FORTI, p. 179.
La vita e l’azione
101
segretario. Congedandosi, il vescovo espresse sentito apprezzamento per la riuscita
dei festeggiamenti e grande stima per il cerimoniere Srugi339. Prima di congedarsi, egli
raccomandò ai confratelli presenti:
“Tenete il signor Srugi molto caro, seguite le sue azioni, raccogliete i suoi fatti,
perché il signor Srugi è una vera reliquia, è un santo”340. [Foto nn. 54, 55]
7.4. Pericolo di occupazione militare. Richieste di alloggiare profughi
Polacchi (1942-1943)
Nei mesi di maggio-agosto 1942 si susseguono sopralluoghi di ufficiali polacchi,
australiani e britannici, interessati a occupare gli spaziosi ambienti dell’edificio
centrale e dei numerosi altri attigui. Don López, superando la censura, fa giungere
all’ispettore il promemoria “Piani di comportamento in caso di occupazione della
casa”: cosa mettere in salvo, chi resterebbe (Srugi tra questi) e dove andrebbero
gli altri. Il 19 maggio don Canale informa: “Vengo a sapere in forma segreta da
persona bene informata, che entro un mese Betgemal sarà occupata dall’esercito”.
Il 17 giugno don López trasmette: alcune voci dicono che metteranno polizia oppure
cadetti polacchi. Il cronista annota che tra luglio e novembre 1942 si parla di aprire
un ginnasio per ragazzi polacchi. Il 2 luglio don Canale insiste: “Conviene lottare
energicamente e opporsi a tutto uomo. Noi non possiamo ammettere altre persone,
tanto più se d’altro sesso [...]. Già furono occupate le altre case”. Il 7 luglio don
López informa che due cappellani militari polacchi chiedono in affitto Betgamāl per
sistemarvi 250 cadetti dai 14 ai 16 anni, assicurando che non si impadroniranno della
proprietà e pagheranno l’affitto. Aggiunge che egli ha respinto la richiesta e che ha
dato istruzioni a fr. Anthony Farrugia (1908-1995), allora direttore a Cremisan, che si
opponga a tentativi analoghi341. In novembre, quando l’urgente bisogno di ambienti
viene meno, i cappellani chiedono due dei quattro chierici tirocinanti come professori
di religione per i loro cadetti a Nazaret. Il direttore concede, anche se questo aggrava
il carico del suo lavoro; ma il 7 gennaio 1943 ottiene dall’ispettore che da Cremisan
339 Cf sia ABG, sia AIMOR 4.4.1.1. Sembra interessante rilevare che la cronaca della Casa anche
degli anni 1942-1943 (generalmente scarna o interessata ad eventi riguardanti l’azienda agricola),
menzioni esplicitamente Srugi nel ruolo di cerimoniere per l’Epifania, Domenica delle Palme,
Patrocinio di S. Giuseppe (26 aprile), Maria Ausiliatrice, S. Luigi, Cristo Re, festa del direttore
(29 ottobre), Messa di mezzanotte a Natale. Segno che il suo contegno era davvero edificante, si
direbbe “magistrale”, e infatti don Candiani, fra il serio e il faceto, lo chiamava “il nostro magister
caeremoniarum”.
340 Giovanni Kot, testimone diretto insieme a Mikałek e Swider: in AIMOR 15.1.1 cartella 2, busta 7.
Don Kot scrisse questa testimonianza il 21 novembre 1952 da Istanbul, poi la confermò il 15 gennaio
1962 da Beitgemàl.
341 Cf AIMOR 4.4.1.1. Documenti, Corrispondenza 1941-1944, cartella E. A Cremisan dal 2-9 luglio
1942 erano stati alloggiati oltre 150 tra rifugiati egiziani, fuggiaschi e disertori di varie nazionalità
(cf Cronaca della casa). Mentre la scuola salesiana di Gerusalemme, situata di fronte all’ospedale
italiano, già nel 1941 era stata occupata e trasformata anch’essa in ospedale militare: cf BORREGO,
cap. IX, p. 143.

7 Pages 61-70

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7.1 Page 61

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102
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
venga a sostituirli il chierico polacco Edward Swider (1914-1967)342. Ancora il 21
settembre 1943 un colonnello polacco vuole sistemare 30 ragazzi a Betgamāl e, dopo
aver visionato gli ambienti, si reca ad ‘Ain Karim per cercare di ottenere l’approvazione
del direttore don López, allora in fase terminale343.
A questo punto è utile fare un brevissimo excursus per situare nel loro contesto
storico queste vicende. Durante l’annessione della Polonia orientale all’Unione
Sovietica (1939), migliaia di soldati polacchi erano stati arrestati e inviati nei gulag.
Con l’accordo Sikorski-Mayski (1941), molti furono rilasciati e fu permesso loro
di entrare in un ricostituito esercito polacco che si stava formando nella Russia
meridionale e in Kazakistan (il “Secondo Corpo”). Tuttavia ben presto Stalin ritirò
il supporto all’accordo, perciò il generale Władysław Anders, comandante delle
divisioni polacche, attraverso un lunghissimo esodo segnato da indicibili sofferenze,
riuscì a portare le proprie truppe insieme a migliaia di civili, prima in Iran poi in Iraq
e infine nella Palestina mandataria344.
La sopravvivenza dei civili divenne un imperativo prioritario per i capi sia
ecclesiastici che militari, i quali bussarono alle porte di tutte le istituzioni cattoliche
della Terra Santa. Il 14 luglio 1942 “the Major General of Polish Forces” presenta
una proposta di leasing dei due edifici dei salesiani di Nazaret e Betgamāl “for use
as boys boarding schools”345. Le trattative vanno per le lunghe, come abbiamo visto.
Solo fra luglio e settembre 1943 il cappellano capo p. Jan Brandys finalizza con il
direttore salesiano di Nazaret, p. Auguste Crozes l’accordo per alloggiare nell’edificio
e sistemare sotto tende nel bosco circa 300 ragazzi di età inferiore ai 15 anni, la
maggior parte orfani (mentre le ragazze furono alloggiate nel vicino istituto dei Padri
di Betharram). Per essi, che erano accompagnati da ufficiali, maestri e personale di
servizio, si organizzò una scuola che funzionò per oltre due anni, anche con alcuni
salesiani come cappellani e maestri. Tra questi don Anton Guzik (+ 3.2.1966) e i due
chierici provenienti da Betgamāl. In genere le relazioni furono buone, sia fra dirigenti,
sia tra salesiani e ragazzi346.
342 I chierici polacchi tirocinanti a Betgamàl erano Jan Włodowski noto Kot (1914-1975), Leon
Kasperciak (del quale nella Cronaca di Cremisan l’11 luglio 1942 si dice: “La sera tardi ci giunge
l’ex chierico Kasperciak vestito da soldato”) e Paul Michałek (1917-1973). Vi era pure lo spagnolo
Luis Orio Moreno (1919-1947) che per breve tempo fu inviato a rinforzare la ridotta comunità di
Haifa. Nell’ABG, allegata alla “Cronaca minuta 19 maggio 1942 – 11 luglio 1943” si trova una foto
con tutti e quattro, che fanno corona a un sorridente Srugi. [Foto n. 56] Per il chierico Swider, cf
AIMOR 4.4.1.1. Nella Cronaca di Cremisan leggiamo questi accenni: richiesta da parte di ufficiali
inglesi di allestire in casa un “magazzino di medicinali” (22 luglio 1942); sopralluoghi di ufficiali
polacchi; gruppi di soldati polacchi guidati dal ch. Swider in visita ai luoghi santi di Gerusalemme,
ad es. 28 luglio, 5 settembre, 1° ottobre 1942.
343 ABG, cronaca manoscritta alle date corrispondenti.
344 Informazioni generali tratte da alcune voci su Wikipedia, consultate il 23-25 agosto 2017.
345 Testo dattiloscritto, in AIMOR 4.4.1.1 Documenti e corrispondenza 1901-1944, cartella E.
346 Cf F. DESRAMAUT, L’orphelinat…, pp. 212-215.
La vita e l’azione
103
7.5. Un punto di vista “terra terra” sull’ambulatorio di Betgamāl (1942)
Durante le lunghe giornate di inattività forzata, l’ispettore don Canale e i suoi
consiglieri hanno tempo di analizzare lo stato di fatto delle varie case dell’Ispettoria,
in vista della “ripresa” appena terminata la guerra. Ci sono giunti dieci fogli formato
folio datati 18 settembre 1942, dattiloscritti sulle due facciate, intitolati “Cronaca dei
diversi argomenti trattati per Beitgemal”, che riportano i risultati di varie riunioni
tenute nel “Campo X°, nel Ventennale della Marcia su Roma, 1942” dall’ispettore
con 7 confratelli che erano stati in quella casa (tra i quali don Candiani). Essi passano
minuziosamente in rassegna e descrivono con un linguaggio distaccato, direi fiscale,
tutti i settori dell’opera secondo quest’ordine: stalla, ovile, pollaio, tacchini, porcilaia,
coniglieria, piccionaia, apiario, oliveto e oleificio, vigna, mulino e elettricità,
ambulatorio, frutteto, cereali.
Qui non intendo occuparmi dell’intera relazione, del contesto e dell’atmosfera
politica che respiravano in quel tempo gli estensori. Prendo atto che il loro angolo di
visuale è esclusivamente quello economico-amministrativo della “Colonia Agricola”,
escluso quello educativo (non figura la scuola e l’orfanotrofio, che pure erano ancora
attivi...). Mi limito ai quattro paragrafi che si leggono sulla penultima pagina, e che
parlano da soli:
“Ambulatorio. Premessa: 1) È l’opera più umanitaria e religiosa che si possa
compiere in mezzo ai mussulmani [sic]. 2) È però l’opera più pericolosa fisicamente
e moralmente, dovendo aver contatto con ogni ceto di persone di ogni età e di
ogni malattia, dalla sifilide alla lebbra. 3) Le due persone religiose consacrate
all’ambulatorio devono essere di provata moralità e di sacrificio. Non considerando:
a) il disturbo generale della casa, b) l’uso dell’ambulatorio, c) le due persone addette
al medesimo. Consultando l’ultimo quinquennio 1935-40 si ha un movimento di
cassa: Entrate annuali medie Lp. 180; Uscite annuali medie Lp. 70; [Attivo] Lp. 110.
N.B. Non si è tenuto conto delle piccole offerte in natura, fatte alla Casa dai beduini
che non poterono pagare in contanti”347.
7.6. Don López e Srugi:
in servizio fino all’esaurimento delle forze
Nonostante tutte le difficoltà, don López riesce ad avviare il nuovo anno
scolastico348. [Foto nn. 53, 57] Da settembre a novembre 1942 Srugi ha frequenti
ricadute (malaria, bronchite...) che lo sfibrano, tanto che nel registro del dispensario
non ha più la forza di scrivere tutti i dati richiesti, ma si limita a riassumere, sempre
347 ABG: Economia, cartella “Andamento economico-amministrativo.Valutazione ispettoriale della
situazione generale al 1942”. Circa il mulino e gli ambienti annessi si dice: “È l’azienda più
movimentata della Colonia. Lavora per la Casa, per i paesi circonvicini, per il Governo, caricando
batterie per le radio di alcuni villaggi circonvicini”; per tre volte si accenna al “confratello addetto
al mulino”, ma senza nominarlo.
348 Il 31 ottobre 1942 scriveva all’ispettore: “Abbiamo 35 ragazzi divisi in 4 scuole. Tutto marcia
regolarmente. Domani giorno dei Santi finisce il triduo d’inizo dell’anno ...”.

7.2 Page 62

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Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
in arabo e con calligrafia chiara: “Medicazioni varie a svariate persone, fino a 45, 67,
77 al giorno”. Infine si arrende non perché manchi il desiderio ma le energie, come
leggiamo nella nota autografa dell’ultima pagina:
“Ho finito di medicare all’Ambulatorio al [sic] fine di Settembre 1942.
Per mancanza di forza”349.
Viene perciò accompagnato a riposarsi nell’ambiente salubre di Cremisan, donde
rientra rinfrancato, ma (come scrive don Gosslar) “dappoiché è ritornato non scende
più in farmacia e cura soltanto i villani in casi rari, perché lui stesso ha bisogno di
riguardi per la malferma salute”. [Foto n. 59] Queste condizioni precarie continuano
anche nella primavera del 1943; difatti il 29 aprile non partecipa alla memorabile
“passeggiata di tutta la comunità (confratelli, personale laico e ragazzi: 45 persone in
tutto) a Gerico, Mar Morto col bus e nostra auto”350. [Foto n. 78]
Tra maggio e giugno 1943 alcuni confratelli e suore ricevono dalle autorità
britanniche il permesso di lasciare il campo di internamento di Betlemme e rientrano
a Betgamāl. Tra di esse suor Carolina Ceffa (1905-1987) e suor Tersilla che dal giugno
1940 era mancata tantissimo a Srugi nell’ambulatorio. Ora diventa sua infermiera
personale e lo assisterà fino all’ultimo, mettendo in salvo materiale prezioso, tra cui il
taccuino dei propositi e il registro dei battesimi.
L’8 luglio un riluttante don Luigi Lajolo (1880-1959) viene convinto dall’ispettore
ad assumere la direzione effettiva della casa351. Don Calīs non soddisfa e don López
è sfinito dalla tubercolosi e dai mille problemi affrontati durante tre pesantissimi
anni di responsabilità; non giovano più a nulla il trasferimento ad ‘Ain Karim e poi
a Cremisan; assistito amorevolmente dalle “Figlie della Carità” muore l’8 ottobre
all’ospedale francese di Betlemme a soli 40 anni di età, rimpianto da tutti352. Srugi
si era reso conto delle molte difficoltà che la sua carica comportava e per questo gli
assicurava la sua costante preghiera, oltre ad assisterlo nelle sue frequenti ricadute,
con competenza e amore, così che lui affettuosamente lo chiamava “il nostro dottore”.
La sua morte costituì dunque per lui un doloroso distacco.
349 Come ho già detto, i superstiti nove registri “Salesian Agricultural School. Beitgemal – Palestine.
Dispensary Register” sono conservati nella stanza dove lui morì e aspettano ancora di venire studiati
adeguatamente. In parte me ne sono servito nella “finestra” sulla popolazione Araba-Palestinese che
ricorreva alle cure di Srugi.
350 Cf ABG, Cronaca scritta da don Gosslar, nel suo simpatico “italiano-svizzero”. In quella di Cremisan
si menziona la permanenza di Srugi dal 21 settembre, al 2 e poi al 24 ottobre 1942.
351 Nacque a Vinchio d’Asti, fu aspirante a Penango e a Valdocco, poi novizio di don Bianchi a Foglizzo;
ordinato prete nel 1903, fece domanda per le missioni; assegnato al Medioriente trascorse 40 anni
nelle case di Smirne, Alessandria d’Egitto, Betlemme, Istanbul, Gerusalemme e Haifa, e gli ultimi
17 a Betgamāl prima come direttore e poi come prefetto. “Dovunque passò, seminò a piene mani,
senza risparmio di sudori e di fatiche, il bene in mezzo ai confratelli e ai giovani”, scrive nella lettera
edificante don Giulio Ponzetti, in ABG, Lettere mortuarie.
352 ABG: Cronaca manoscritta.
La vita e l’azione
105
7.7. Gli ultimi mesi di vita di Simone; la morte e il funerale (1943)
Adesso anche lui si avvia alla fine, ma senza timore, anzi pregustando la gioia
del premio. Impossibilitato a scendere in chiesa per le pratiche di pietà comunitarie,
partecipa alla Messa che il catechista don Carlo Sciueri (1906-1992) celebra per lui
sull’altarino dell’infermeria. Si premura di dettare allo stesso confratello numerose
ricette per curare gli ammalati, in modo che l’esperienza da lui accumulata negli anni
non vada perduta. Legge di frequente l’Imitazione di Cristo che tiene sul comodino353.
Il 19 ottobre “domanda il viatico che gli è portato, dopo una santa confessione”,
e il 24 gli viene amministrata l’estrema unzione, “pienamente in sé, sempre rassegnato
alla volontà del Buon Dio”; i confratelli e le suore che assistono restano impressionati
dalla sua serenità. Il 30, senza preavviso, giunge da Haifa un suo nipote e il 1°
novembre da Nazaret la sorella Zàhra accompagnata dalla cognata e dalla figlia.
Qualche confratello testimoniò che Simone ne aveva avuto una previsione e aveva
chiesto al direttore di mandare qualcuno a prenderle alla stazione di Deirabān. Il 23
novembre “la sorella del Sig. Srugi con altre due signore vengono per la seconda
volta a visitare l’infermo”. Durante questi estremi incontri, Simone pregò la sorella
di rientrare nella Chiesa Cattolica, togliendogli così quella spina che lo aveva fatto
soffrire a lungo354. [Foto nn. 60, 61]
Leggiamo nella cronaca:
“17 novembre: il sig. Artīn con l’auto va a Bab-el-wad per prendere il dottor
Simon ebreo convertito che gentilmente, gratis, si è offerto per venire una volta al
mese a visitare i malati. Ha trovato il sig. Srugi molto giù [...] e gli diede più pochi
giorni di vita. 27 novembre: questa notte senza agonia e senza che Willibald che
dormiva nell’infermeria [se ne accorgesse] si è spento il sig. Srugi. Dopo circa due
mesi di sofferenze sopportate con esemplare rassegnazione è volato al Cielo”355.
Suor Tersilla e suor Carolina accorsero fra le prime e constatarono che era spirato
sereno senza agonia; composero con riverenza il corpo ancora flessibile come se
stessero toccando una sacra reliquia, lo vestirono dell’unico povero abito nero che
possedeva e nel parlatorio a piano terra prepararono la camera ardente, dove per tutta
la giornata ci fu una processione di gente che piangeva, pregava e lo toccava per
prendere la sua benedizione356.
353 Testimonianza di don Sciueri in AIMOR 15.1.2, cartella B.
354 ABG, Cronaca manoscritta; cf FORTI, p. 186.
355 Il cronista continua: “Le disgrazie non vengono mai sole. Il prefetto assente a Gerusalemme, l’auto
a Giaffa, le macchine della cucina in aria. È partito subito col treno don Cattàn per avvisare il sig.
ispettore, confratelli e parenti per Gerusalemme, dove farà anche acquisto della cassa mortuaria.
Fortunatamente le suore si sono prestate a vestire e a preparare la camera ardente, con affetto e
dedizione veramente fraterna. Si è trasformato in camera ardente il parlatorio del pian terreno. Il
muratore prepara il loculo [sic] nella cripta. Il direttore dà le varie disposizioni, ma a mezzogiorno
deve mettersi a letto per un attacco di malaria. Ritorna don Cattàn dopo aver fatto tutte le
commissioni”.
356 Testimonainza in AIMOR 15.1. 3, cartella 9C.

7.3 Page 63

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Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
Il giorno dopo si tenne il funerale con la Messa cantata nel santuario di santo
Stefano, presente qualche suo familiare e un limitato numero di confratelli, perché
permanevano restrizioni di movimento per gli “internati” a Betlemme. Tutti i presenti,
cristiani e musulmani, celebrarono unanimi le sue virtù, convinti che era morto un
uomo di Dio, un santo357. Don Calīs tenne l’elogio funebre in una lingua araba classica
di cui solo lui era capace, esaltando le doti e le virtù eroiche di Simone, e concludendo
che “più che pregare per lui, siamo noi che dobbiamo chiedergli di pregare per noi”.
I capi musulmani dissero: “Se fosse stato uno di noi, gli avremmo edificato subito un
maqām, come facciamo per i nostri waly (amico di Dio, santo)”358.
Venne sepolto nella cripta dentro una fossa scavata di fronte alla grotta sepolcrale
che aveva custodito gli ossuari di Santo Stefano, Nicodemo, Gamaliele e Habib. Il
direttore don Lajolo scrisse all’ispettore il 1° dicembre:
“Come le avranno riferito i confratelli venuti per i funerali del Sig. Srugi,
anch’io ho dovuto pagare il mio tributo non indifferente alla padrona di Betgemal:
la malaria. Pazienza, ciò vuole il Buon Dio! [...] Il sig. Srugi l’abbiamo deposto
nella cripta accanto a don Rosin. La signora direttrice con un’altra suora, hanno
lavorato tre giorni per ordinare e disinfettare l’infermeria. Ci volevano proprio loro.
Nutro fiducia che il Santo [sic] Srugi dal Paradiso lavorerà ancora e molto per questa
povera casa”359.
Così l’arco della vita terrena di Simone si chiudeva. Penso che tutto possa essere
ricondotto al suo inizio, nella sinagoga-chiesa di Nazaret:
Lo Spirito del Signore è su di me: mi ha consacrato con l’unzione, e mi ha
mandato ad annunziare ai poveri un lieto messaggio /../ e predicare un anno di
grazia del Signore” (Lc 4,18.19).
Davvero lo Spirito Santo consacrò Simone e lo rese vivente vangelo a favore
dei piccoli, dei poveri, degli ammalati e sofferenti, dei quali fu instancabile servitore
e “buon Samaritano”, per tutti i 50 anni (1892-1943: un giubileo!) spesi a Betgamāl.
8. Epilogo: fine di un’epoca e inizio dell’iter verso la beatificazione (1943-1953)
Nonostante tutto, la vita a Betgamāl deve continuare; ma per riprendere le varie
attività occorre nuovo personale360; don Lajolo scrive all’ispettore il 6 febbraio 1944:
357 Don Sciueri depose al tribunale ecclesiastico: “J’ai eu la chance d’être choisi par M.Srouji comme
confesseur ordinaire. Mais c’est moi qui devait m’émerveiller devant tant de vertu. C’etait une belle
âme, candide et simple comme la colombe; je crois qu’il a porté dans sa tombe la robe immaculée
de son baptême”: AIMOR 15.1.2, cartella 8, n.1.
358 Testimonianze dei confratelli arabi don Cattān, Sciueri, Spiridiōn, e anche di Artīn, suor Tersilla e
altre suore presenti; il sig. Dikrān disse che bisognava intonare non il “Miserere” ma il “Te Deum”:
AIMOR 15.1.2, cartella 8.
359 ABG, Cronaca manoscritta, in AIMOR 4.4.1.1, alle date corrispondenti.
360 Don Calīs lasciò Betgamàl e trascorse gli ultimi anni a Cremisan, dove continuò il suo prediletto
lavoro sui testi arabi, fino a quando “per il cumulo degli acciacchi e della progressiva cecità, dovette
cedere”: Lettera mortuaria. Morì il 14 giugno 1954. Non risulta che abbia rilasciato testimonianze
La vita e l’azione
107
“Le pratiche per la venuta di don Botto, Milani e Fusi a che punto sono? Si
aspetta ancora sempre la ormai leggendaria venuta del Pro-Delegato? Vorrei pregarla
di aggiungere ai suddetti tre nomi anche quelli di un abile infermiere. La signora
direttrice mi fa osservare che se si aprisse l’ambulatorio, oltre all’opera umanitaria
e religiosa (battesimi di bambini) vi sarebbe un utile notevole per la casa, data
l’abbondanza relativa di medicinali ed il notevole aumento nel prezzo. Veda se può
aggiungere anche questo favore ai tanti già fatti per questa casa...Ah no! le suore
infermiere ci sono”. E 6 giorni dopo: “La sua ultima mi è stata di sollievo sia per
la buona notizia della prossima liberazione completa dei confratelli, sia perché ha
ratificato il regalo di Lp 150 spese pel terreno Afiri [sic] /.../ Quest’oggi si è aperto
l’ambulatorio cui attendono due suore e per ora il sig. Artīn. Per cominciare sarà solo
aperto al Lunedi e Giovedi. Nel prepararlo la signora direttrice non ha trovato più il
chinino che il sig. Srugi aveva detto poter bastare per cinque anni”361.
8.1. Ridimensionamento dell’azienda-scuola agricola e delle altre attività.
Ma ormai stava cominciando il tramonto di un epoca: nel quinquennio 1944-
1948 quel mondo di Srugi subì una trasformazione radicale: dopo la fine della
seconda guerra mondiale e il persistente terrorismo che porterà al ritiro dei Britannici,
l’ONU decise la spartizione della Palestina (risoluzione del 29 novembre 1947) in due
territori assegnati al futuro Stato Israeliano e a quello Palestinese, lasciando l’area di
Gerusalemme-Betlemme sotto la diretta autorità dell’ONU e ponendo la striscia di
Gaza sotto amministrazione egiziana. La risoluzione fu accolta dagli ebrei (sebbene
con riserve) e rigettata dai palestinesi: ne seguì una guerra tra i due (1948; cessate
il fuoco nel maggio 1949), con il coinvolgimento dei paesi confinanti e di grandi
potenze.
“Beit Gemal fu occupata prima dalle truppe egiziane e violentemente
bombardata dagli ebrei, che a loro volta la occuparono nell’ottobre di quello stesso
anno, svuotandola di tutti gli oggetti di valore, tra cui i preziosi reperti archeologici
che don Spiridiōn Rummān aveva raccolto con cura dai contadini della zona. Con la
fuga della popolazione araba e la distruzione sistematica dei loro villaggi, si trovò
isolata, non molto distante dalla linea di demarcazione ed esposta a razzie notturne che
richiesero per anni misure di autodifesa armata. Solo con la creazione di insediamenti
ebraici nei dintorni le condizioni di sicurezza andarono migliorando, ma intanto era
diventata critica la situazione interna per il rapido declino della scuola e l’estrema
difficoltà di ricambio dei confratelli, essendo tagliata fuori dal resto dell’ispettoria”362.
“Si deve in non piccola parte alla grande esperienza e all’abilità di d.Lajolo se la
bufera non ebbe per la casa conseguenze più disastrose. Sempre vigile, sempre al
suo posto, nonostante l’età e gli acciacchi, con ammirevole spirito di sacrifizio”363.
su Srugi.
361 AIMOR 4.4.1.1, Documenti, cartella D.
362 POZZO, L’Ispettoria ..., p. 51. Per la sorte del Deir Rafāt in quel periodo, cf la realistica descrizione
di FANO, pp. 158-164.
363 Come riconosce don Ponzetti nella citata Lettera mortuaria.

7.4 Page 64

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Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
Sempre meno contadini giunsero al mulino e al frantoio portando sacchi di
granaglie e di olive dalla campagna che era rimasta abbandonata. Alla scuoletta
esterna cessarono di venire i ragazzi; all’ambulatorio si presentavano pochi ammalati,
perciò prima l’una poi l’altro furono gradualmente chiusi; suor Tersilla nel 1946 partì
per assumere la direzione della comunità delle FMA nell’ospedale di Damasco364. Il
piano vagheggiato nel 1929 di edificare un grande “santuario del perdono cristiano”
sul Martyrium di santo Stefano rimase congelato, sia per il prosciugamento del flusso
di offerte da parte dei devoti e dei benefattori, sia perché cambiò completamente
il contesto socio-religioso. Diminuì anche l’interesse per la questione stefaniana e
bisognerà aspettare 26 anni per avere una ripresa delle pubblicazioni365.
8.2. Iter canonico: dal Processo Informativo alla dichiarazione
di venerabilità
Per contraccolpo agli occhi dei confratelli apparve in una nuova luce il valore di
ciò che si era fatto finora e, in particolare, la persona e l’azione di Srugi. Si cominciò
a prendersi cura di quanto gli era appartenuto e dei documenti relativi (e in questo
suor Tersilla fu una vera tesoriera e archivista), ma anche a intervistare testimoni,
per tramandarne la memoria in forma attendibile. Oltre a confratelli e consorelle, si
ascoltarono anche i numerosi exallievi e collaboratori, che dal 1948 trovarono rifugio
nei vicini campi profughi dell’area di Betlemme (Dehesheh, ‘Aida, Beit Gibrīn, Gaza)
e di Hebron (‘Ain ʻArrūb...), oppure in quelli lontani di Gerico o della Transgiordania.
La fama di santità, già presente in vita e confermata al momento della morte
(come abbiamo visto attestata da don Ricaldone, don Sutera, don Nigra, don López,
don Sacchetti, don Fergnani, don Lajolo, mons. Radoński, mons. Barlassina ...), andò
crescendo col passare degli anni; giungevano pure segnalazioni di grazie ricevute per
sua intercessione366.
Don Francesco Laconi (1912-1983; nel 1958-1966 ispettore del Medioriente)
aveva iniziato già nel 1947-1948 a raccogliere testimonianze scritte, prima
privatamente,367 e dal 1953 ufficialmente con l’incoraggiamento del Rettor
Maggiore don Renato Ziggiotti (1892-1983) che desiderava presentare alla
Congregazione salesiana un modello di coadiutore santo368. Così, a 10 anni dalla
364 Cf SECCO, Facciamo memoria ..., p. 5.
365 CHARBEL Antonio, Beit-Jimāl identificata con Caphar-Gamala negli studi di Stephen Hanna
Stephan, in “Salesianum” 31(1969) 667-676; IDEM, Beit-Jimāl identificata con Caphar-Gamala,
luogo della tomba di Santo Stefano, in “Rivista di Pedagogia e Scienze Religiose” 9(1971) 286-
292; IDEM, Fonti e sussidi per lo studio dell’identificazione di Caphargamala con Beit-Jimāl, in
“Salesianum” 40(1978) 911-944.
366 Don Dal Maso ha tramandato le parole di don Fergnani: “Bisogna stare attenti a questo santo
uomo: potrebbe venire un giorno che le nostre testimonianze siano necessarie nel suo processo di
canonizzazione”: AIMOR 15.1.3, cartella 9C.
367 Sono conservate in AIMOR: 15.1.1, cartella n° 2, documenti storici, busta 2.5; AIMOR: 15.1.2,
cartelle 9a, 9b, 9c.
368 In data Torino, 6 maggio 1953 don Dino Cavallini, segretario di don Ziggiotti, risponde a don
La vita e l’azione
109
morte, e a 400 dalla genesi della famiglia Faraʻūn-Srugi, prendeva avvio l’iter
verso la beatificazione.
Nel clima del Concilio Vaticano II (1962-1965), patriarchi e vescovi, parroci e
superiori religiosi sia di rito latino che maronita, greco-melkita, armeno, siriaco e copto
cattolico, evidenziarono, in diecine di “lettere postulatorie”, le dimensioni ecumenica
e laicale della testimonianza di Srugi, chiedendo al Papa che lo si presentasse alla
Chiesa intera come un modello credibile e imitabile369.
L’11 maggio 1964 presso il Patriarcato Latino di Gerusalemme sotto la
presidenza di S.B. Alberto Gori ofm (1889-1970), si aprì il Processo informativo che
terminò il 28 novembre 1966. Deposero 58 testimoni, tra i quali qualche suo parente
non cattolico e – caso forse più unico che raro allora – alcuni musulmani. Nei mesi
maggio-giugno 1968 i censori romani deputati dalla Congregazione per le cause dei
Santi all’esame dei suoi pochi scritti, attestarono che essi erano pienamente conformi
alla fede e alla morale cattolica370. Don Francesco Laconi continuò la sua attività di
entusiasta propagandista, non esitando a presentare l’umile coadiutore salesiano come
emulo dei grandi personaggi biblici della Shefela371.
Dal 1981 al 1983 si svolse il Processo Apostolico, presieduto dal patriarca
latino S.B. Giacomo Beltritti che da sacerdote novello e poi da direttore di Deir Rafāt
(1933-1935) aveva conosciuto bene Simone; 23 testi rilasciarono le loro deposizioni.
Il 10 dicembre 1982 nella cripta del Martyrium si fece la riesumazione della salma di
Simone: seguendo le indicazioni di coloro che erano stati presenti al funerale 39 anni
prima (Dikrān Ciakmakgian e Nasry al-‘Àrag, e rispettive mogli), si dissotterrò la bara
di legno di pino dentro cui fu rinvenuto il suo scheletro quasi completo. Esso, dopo
la ricognizione dei periti medici (‘Abdàllah Khoury e Cesàr Rā‘ed), fu ricomposto e
collocato in un grande sarcofago di legno pregiato, che venne murato dentro la nicchia
occidentale della cripta. [Foto nn. 79, 80, 81]
Negli anni seguenti a Roma i teologi e i periti della Congregazione per le cause
dei Santi studiarono attentamente tutta la documentazione e, sulla base del loro
parere positivo, il 2 aprile 1993 il cardinale Prefetto Angelo Felici firmò il decreto
di venerabilità372. L’incipit è molto solenne ed evidenzia le qualità evangeliche di
Simone:
Francesco Laconi: il Rettor Maggiore è rimasto molto edificato del profilo biografico fattogli avere
da pubblicare su “Il Salesiano Coadiutore”, e ne parlò pure a don Puddu e don Giannini; “Raccolga
pure quanto può di fatti e testimonianze sul confratello e al momento opportuno il Signore indicherà
il da farsi”: AIMOR 15.1.2, cartella 9A. Don Ziggiotti nel 1953 visitò la Terra Santa.
369 Cf AIMOR 15.1.1, se ne contano 67: tra cui quelle dei vescovi di Damasco, Zahlah-Furzul, Adana.
370 La documentazione ufficiale si trova (oltre che presso la Congregazione per le Cause dei Santi) sia
in AIMOR 15.1.5, sia nella sede della Postulazione generale dei Salesiani a Roma.
371 LACONI Francesco, Beitgemal e Simone Srugi, in “La Terra Santa” 50(1974) 160-167.
372 Cf Congregatio de causis Sanctorum, Hierosolymitana. Decretum canonizationis Servi Dei Simonis
Srugi laici pofessi Societatis Sancti Francisci Salesii (1877-1943), in “Acta Apostolicae Sedis”, 85
(9 settembre 1993). Città del Vaticano: LEV, 1993, p. 859-862.

7.5 Page 65

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Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
“Luceat lux vestra coram hominibus, ut videant vestra opera bona et glorificent
Patrem vestrum, qui in caelis est (Mt 5, 16). Qui in communione vivit cum Christo
ac fideliter eius sequitur doctrinam, lucernae accensae similis est vel civitati supra
montem positae. Talis etiam fuit Servus Dei Simon Srugi, qui, intime Domino
coniunctus, diligenter, prompte atque perseveranter eius voluntatem fecit et operum
bonitate virtutumque magnitudine evangelii lumen tum inter christianos effudit, tum
inter macometanos, qui Dei sanctitatis in eo repercussum viderunt”.
Nel corpo del documento viene messo in risalto il suo totale amore a Dio, le virtù
distintive, soprattutto la misericordia verso gli ammalati e l’esperienza saporosa delle
beatitudini:
“Silentio et in occultatione se omnibus omnia fecit et diligenter pluribus est
functus officiis, ex quibus orphanorum magistri et custodis, fumarii, aeditui atque
caerimoniarum praefecti. /.../ In omni homine, et praesertim in pauperibus et aegrotis,
fratrem videbat et Dei filium; idcirco sine ullo catholicorum, schismaticorum et
macometanorum discrimine, eadem cum sedulitate et urbanitate omnibus serviebat
omnesque consolabatur, sicut bonus Samaritanus, de quo Evangelium loquitur
(cf. Lc 10, 30-37). /.../ proximum dilexit, aliis se dedidit, misericordiae spiritalis
et corporalis opera fecit, beatitudines coluit et testatus est, quas divinus Magister
pauperibus spiritu, mitibus, misericordibus, mundis corde et pacificis servavit (cf.
Mt 5, 3-9)”373.
8.3. Chiusura di opere per ragazzi, e nuove fondazioni monastiche
Circa i decenni successivi, mi limito ad accennare ad alcuni avvenimenti
principali, in forma di cronistoria.
La scuola-convitto per ragazzi arabi, orfani e bisognosi, che era stata riavviata
dopo gli anni della guerra 1948-49, venne sospesa una prima volta nel 1957374.
Dal 1958 al 1962-3, su richiesta del “Comitato Diocesano di Assistenza” del
Patriarcato Latino e della “Opera di S.Giacomo Apostolo”, anche Betgamāl accolse
gruppi di ragazzi polacchi (e ungheresi), membri di famiglie “miste”, sia nei tre mesi
di colonie estive, sia durante l’anno scolastico. Ne fu incaricato il salesiano polacco
don Giovanni Kot (che come sappiamo aveva vissuto alcuni anni con Srugi) tornato
all’inizio del 1959. Una delle FMA polacca, Sr Teresa Taszarkowna diede un grande
contributo facendo non solo da interprete, ma da mamma dei bambini più piccoli.
In mezzo a difficoltà di vario genere, e con numeri sempre decrescenti di ragazzi,
l’internato continuò fino all’anno scolastico 1962-63. La colonia invece fu attiva fino
al 1966 e cessò dopo la guerra dei 6 giorni nel giugno 1967375.
373 A parte qualche esagerazione (vi si legge che la casa di Beitgemal era “multis obnoxio periculis et
difficultatibus, pagis macometanis circumdato, aere pestilenti, fame, siti ac miseria vexatis. Hac in
domo, ad quam nullus Salesianus se conferre cupiebat...”), restano inspiegabili i due errori della data
di nascita (27 aprile 1877 invece che 15) e di morte (27 settembre anziché novembre 1943).
374 Cf AIMOR, Cronistoria; ABG Cronaca della casa.
375 Cf la documentazione in ABG, “Scuola e Colonia Estiva per ragazzi Polacchi”, con schede di
La vita e l’azione
111
Nel 1968 venne riaperto l’internato per ragazzi arabi israeliani provenienti
prevalentemente dalla Galilea, per venire incontro a famiglie povere, disagiate, e a
“casi sociali” affidati dal ministero israeliano; i primi anni furono promettenti: nel
1970 i ragazzi erano 50 (distribuiti nelle tre classi delle secondarie), i salesiani 11
(tra i quali 2 tirocinanti), 3 le FMA e 5 i laici; la guerra dello “Yom Kippūr” segnò
una battuta d’arresto, con sospensione della scuola-convitto. Essa riprese, ancora una
volta per iniziativa di don Alessandro Botto, finché in seguito al Capitolo Ispettoriale
sul ridimensionamento (1980) venne chiusa definitivamente nel 1982, arrendendosi
all’evidenza dei fatti sfavorevoli: le distanze di provenienza dei ragazzi (geografiche
e culturali), la difficoltà di reperire personale formativo e insegnante (salesiani e
laici), la legislazione israeliana che esigeva accresciuti costi di gestione. Anche in
conseguenza di questa chiusura, la superiora generale delle FMA decise di ritirare
le consorelle: il 23 marzo 1985 le ultime 3 lasciarono definitivamente Betgamāl: la
suddetta Sr Teresa, Sr Ermellina Mignani e Sr Giuditta Dal Pos. Per 93 anni le FMA
avevano offerto un sacrificato servizio a favore di generazioni di salesiani e ragazzi
“interni”, e in misura minore anche di mamme locali e delle loro bambine. Le più
fortunate avevano conosciuto da vicino e collaborato con Srugi, così che poterono
tramandare testimonianze preziose per la sua causa di beatificazione376.
Nel 1974 venne avviato dal benedettino statunitense p.Isaac Jacob un
esperimento per impiantare una comunità ecumenica o “Kibbutz cristiano” sulla
collina a sud-est denominata “Tel-Gamaliel” (dove fino al 1948 vivevano alcune
famiglie musulmane ...); esso si concluse con la morte del fondatore nel 1995377. Vi
furono pure lunghe trattative con una nuova famiglia monastica, le “Moniales de
Bethléem, de l’Assomption de la Vierge, et de Saint Bruno” e nel 1987 fu concesso
loro di costruire il monastero sul versante meridionale della collina, a ridosso del
cortile interno della casa salesiana, in quelli che erano stati i capannoni del frantoio
e del mulino di cui Simone Srugi aveva avuto la supervisione; i macchinari e le
attrezzature di entrambi andarono dispersi. Il 27 novembre 1988, il primo gruppo di
monache (10 e una volontaria), iniziarono la loro vita contemplativa378. Dal 2000 il
ramo maschile della stessa famiglia monastica si è impiantato sulla suddetta collina
“Tel Gamaliel”, sovrastante il vialone d’entrata e l’ambulatorio in cui Srugi svolse
per lunghi anni il suo ministero di “buon samaritano”. Monache e monaci guardano
a lui come modello per la sintesi vitale di contemplazione e azione che ha saputo
incarnare, e uniscono le loro preghiere per la sua beatificazione.
ammissione, liste di ragazzi, corrispondenza epistolare, foto.
376 Cf la cronistoria nel volume quadrilingue a cura di Renato CAUTERO e Lina FIOR, Don Bosco in
Terra Santa. Centenario dell’arrivo dei Salesiani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice in Terra Santa.
Jerusalem: Franciscan Printing Press, 1991, pp. 87-88.
377 Cf AIMOR, 4.4.1.2 Cronistoria e Cronaca.
378 Cf AIMOR, 4.4.1.2, e 4.4.3 Cronistoria. Lo stato decadente che portò all’abbandono dei locali del
mulino, frantoio e dintorni è documentato in ABG, Fotocronaca 1987, curata da d.Ilario Martinelli.

7.6 Page 66

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112
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
8.4. Ripresa di studi e di scavi archeologici su santo Stefano, Cafargàmala
e la zona circostante
Per quanto riguarda la “questione stefaniana”, merita concludere ricordando il
salesiano polacco don Andrzej Strus (1938-2005) per il grande interesse che le dedicò
dal punto di vista letterario e archeologico379. Pubblicò studi filologici comparati di
varie versioni della Passione di Santo Stefano; nel 1987 condusse nuove esplorazioni
della cripta sottostante l’attuale Martyrium, rintracciando le fasi di passaggio dalle due
grotte originali (di cui una venerata) al primo Martyrium, giungendo alla conclusione
che “l’hypothèse de l’authenticité de la tombe de St Etienne à Beit-Jimal est encore
actuelle et se présente, avec ces nouvelles données, comme possible”380.
Dalla metà degli anni ’90 e fino al 2003, con il supporto scientifico dei noti
archeologi p.Michele Piccirillo o.f.m. (1944-2008) dello “Studium Biblicum
Franciscanum” di Gerusalemme e p.Jean-Baptiste Humbert o.p. della “Ècole
Biblique”, guidò campagne di scavi a Betgamāl e Fattīr che portarono a risultati
significativi circa la storia di quest’area, in primis la continuità degli insediamenti
umani dal periodo giudaico a quello romano e bizantino (abitazioni civili, impianti
“industriali”, edifici di culto, tombe...)381.
Esse furono coronate dal rinvenimento di una iscrizione greca non lontano da
un edificio di forma rotonda (di corona o diadema) che accredita “Khirbet el-Jiljil”
come luogo del primitivo monumento eretto in onore del diacono e protomartire
Santo Stefano382. Mentre, secondo l'opinione di don Strus, resterebbe ancora irrisolta
379 Cf quanto scrive Mario MARITANO nelle 12 pagine della lettera mortuaria, specialmente 9-11
(“Don Andrea: lo studioso”), in ABG: Lettere mortuarie.
380 STRUS Andrzej, La crypte de l’èglise byzantine à Beit-Jimal. Jerusalem: Studium Biblicum
Franciscanum, Liber Annuus 38(1988) 277-285, qui 285; cf pure STRUS Andrzej, Beit-Gemal può
essere il luogo di sepoltura di Santo Stefano?, in “Salesianum” 54(1992) 1-26.
381 STRUS Andrzej, Bet Gemal. Pathway to the Tradition of Saints Stephen and Gamaliel. Roma:
Pontificia Università Salesiana, 2000 [le pp. 65-67 offrono la lista quasi completa delle sue
pubblicazioni]. Di questa monografia si ha una traduzione in lingua ebraica: Bayt Ghimal, Nativ
lemasoret ha kadoshym Stefan ve Gamaliel, stampata nel 2001 a Roma a cura della stessa UPS.
Mi permetto di notare una sorprendente incongruenza: nella versione ebraica della monografia
“Pathway” si è traslitterato “gymal” con Yud, invece che l’originale Gamal con l’Alef. La
pubblicazione scientifica in cui don Strus presentava estesamente i risultati degli scavi è intitolata
Khirbet Fattir – Bet Gemal. Two Ancient Jewish and Christian Sites in Israel. Roma: LAS 2003.
Una breve sintesi è Bet Gemal and the Byzantine Tradition regarding St.Stephen, in Francesco
MOSETTO (ed.), «Ecce ascendimus Jerosolymam» (Lc 18,31). Miscellanea di studi offerti per il
75° dello Studentato Teologico Salesiano in Terra Santa e il Centenario dell’Ispettoria salesiana
del Medio Oriente = BSR 184, Roma: LAS 2003, pp. 399-418. Infine Bet Gemal: dalle “prime
dimore” in Terra Santa agli onori dell’altare in Pisa. Pisa: Quaderni a cura dell’Accademia dei
Disuniti, 2004. I materiali raccolti e inventariati da don Andrzej, sono ancora in attesa di una degna
collocazione in un museo che egli non fece a tempo ad allestire.
382 Émile PUECH, Un Mausolée de Saint Étienne à Khirbet Jiljil – Beit Gimal (Pl.I). Jerusalem:
“Revue Biblique” 113(2006) 100-126; in questo accuratissimo studio, il noto professore della Ècole
Biblique decifra la scritta della “tabula ansata” rinvenuta durante la campagna di scavi del 2003:
“Tò διακονικòν Στεφάνου προτομάρτυρος = Le diakonikon d’Ètienne, premier martyr” (pp. 12-14).
La vita e l’azione
113
la questione sulla precisa ubicazione del suo sepolcro383.
A mio parere, con tutto il rispetto per il compianto amico don Andrzej,
conservano il loro valore scientifico (con le dovute precisazioni) le conclusioni cui
giunsero numerosi ricercatori e studiosi negli anni 1916-1932, basate su molte prove
convergenti fornite dall’analisi critica di monumenti e documenti, e riassunte dal
p. Maurizio Gisler: il primitivo spazio sepolcrale in cui furono collocati gli ossuari
(reliquiari) di santo Stefano e poi di Nicodemo, Gamaliele e Habib, è la piccola grotta
sottostante la mensa dell’abside di destra (il diaconicòn) nella chiesa bizantina del 5°
secolo, che fu riscoperta dai Salesiani nel 1916-1917, 1922 e da loro ricostruita tra il
1928 e il 1930. L'argomento determinante consiste nel fatto che la piccola grotta è la
norma di tutta la costruzione e che la navata laterale destra (e non quella centrale, come
avviene abitualmente) é la parte più riccamente decorata di rari mosaici policromi,
uno dei quali in forma di croce vermiglia; un insieme di indici intesi a focalizzare
l'attenzione dei fedeli sul sepolcro venerato del Diacono Martire384.
Dunque non è un caso se nella cripta sottostante, anch’essa “normata” da quella
grotta, furono sepolti e riposano nel sonno dei giusti don Eugenio Bianchi, don
Giovanni Fergnani, abuna Butrus Sarkīs, don Mario Rosin e il venerabile Simone
Srugi (anch’essi “valorosi uomini di Dio”). In vita furono devoti e imitatori di Santo
Stefano, ora attendono la risurrezione dei corpi alla “parusia” per ricevere insieme con
lui la “corona di gloria”.
La collina ancora oggi è conosciuta col nome arabo [Khirbet] el-Jiljil, derivato dall’aramaico Keliel,
“la forme inscrite sur le couvercle de l’ossuaire ou sarcophage dans la Lettre de Lucien” e significa
“corona”, che il corrispondente greco “stephanos” rispetta (pp. 29-30).
383 Cf l’ultimo capitolo di Bet Gemal Pathway ..., intitolato “Looking for the tomb of Saint Stephen”,
pp. 61-63.
384 Cf GISLER, Il primitivo sepolcro ..., in SACCHETTI, Studi Stefaniani, Documenti Serie A, N. 3,
Beitgemal,1934, pp. 10-11.

7.7 Page 67

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114
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
Paesi e villaggi del raggio di azione di Simone Srugi.
(Cartine del Mandato Britanico da Wikipedia)
“Finestre” particolari
115
SECONDA SEZIONE:
“FINESTRE” PARTICOLARI
I. POPOLAZIONE ARABA-PALESTINESE
IN CONTATTO CON SRUGI
1. Natura, scopo, fonti
Secondo la tradizione, il raggio di influsso di Srugi come incaricato
dell’ambulatorio e del mulino a Betgamāl, si estendeva a “una cinquantina di villaggi”
della Shefela. Quali erano, e dove erano ubicati? Quanta gente vi abitava? Dato che
oggi (2020) la faccia di questa area geografica è completamente cambiata e che molti
di quei villaggi sono scomparsi, il mio desiderio è aiutare il lettore a farsi un’idea
fedele della realtà in cui i salesiani di Betgamāl e Srugi in particolare operavano. Cosa
utile per chi vive in Terra Santa, e ancor più necessaria per tutti gli altri; anche per
togliere il dubbio che l’agiografia abbia romanzato la vita di Srugi, e inoltre per essere
in grado di ridimensionare criticamente certe riletture che le contrapposte ideologie,
sionista e palestinese, danno oggi di quella realtà storico-geografica385.
Per la mia ricostruzione ho consultato fonti interne ed esterne. Le prime:
disponiamo sia delle informazioni che Srugi appunta nei 9 registri superstiti delle
medicazioni e nel quaderno dei battesimi, sia delle testimonianze orali di alcuni
exallievi, allegate poi agli Atti preparatori del Processo Informativo. Da queste
fonti attingiamo i nomi e il numero dei paesi e villaggi, ma non la consistenza della
popolazione dei singoli e dell’insieme. Per questo bisogna rifarsi alle fonti esterne
coeve, cioè i risultati del primo e secondo censimento effettuati dal Mandato Britannico
nel 1922 e 1931, e le Statistiche del 1945, a cura dello stesso:
Palestine Report and General Abstracts of the Census of 1922. Taken on the 23rd
of October, 1922. Compiled by J.B. BARRON, O.B.E., M.C., superintendent
of the Census. Printed at Greek Convent Press, Jerusalem. February 1923.
Census of Palestine 1931. Population of Villages, Towns and Administrative
Areas, by E.MILLS, O.B.E., B.A., Assistant Chief Secretary, Superintendent of
Census, Jerusalem Printed by the Greek Convent and Goldberg Presses, 1932.
385 Dov GAVISH, The Survey of Palestine Under the British Mandate, 1920-1948 = Routledge Studies
in Middle East History, 3. London-New York, 2005; recensione di Salmān ABU SITTA, in “Journal
of Palestine Studies” 35(2/2006). Due mappe di quel survey sono i fogli congiunti “Palestine North
Sheet” e “Palestine South Sheet (Layered)”, August 1944, reprinted by 512 Fd Survey Coy R.E. Dec.
1946, accessibili su www.palestineremembered.com/Jerusalem, da me consultati nell’agosto 2019.

7.8 Page 68

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116
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
Village Statistics. A Classification of Land and Area Ownership in Palestine.
Jerusalem 1946386. L’edizione cui mi riferisco è quella preceduta da note
esplicative di Sami HADAWI = “Facts and Figures, n. 34”, P.O.L. Research
Center, Colombani Street off Sadat Street. Beirut-Lebanon, September 1970.
2. I nove registri delle medicazioni
L’intestazione a stampa di copertina è “Salesian Agricultural School. Beitgemal,
Palestine. Dispensary Register”, mentre quella dei singoli fogli interni è “Beitgemal
Dispensary. Treatment Register”. Ci sono pervenuti 9 registri, che coprono gli anni 1932-
1942. Srugi scrive in arabo su 6 colonne: data, numero progressivo delle medicazioni
(talvolta ne fece più di 60 al giorno!), nome del paziente, villaggio di provenienza,
diagnosi e cura, osservazioni. Sono conservati nella sua camera, non catalogati.
3. Il quaderno dei Battesimi
Questo quaderno porta l’intestazione scritta da Srugi “Ambulatorio Beitgemal
1928. Battesimo di Bambini Mussulmani [sic] volati al paradiso. Dal Nov. 1928
al 21.12.1942”: in AIMOR 15.1.1, cartella n° 3, fascicolo G. – Qui rispetto la
traslitterazione italiana che egli usa. Seguo l’ordine alfabetico e aggiungo il numero
dei battezzati da ciascun luogo.
1. Agiur (Aggiur)
2. ‘Artūf
3. Beitgemal
4. Beitnatif
5. Betehtab
6. Betgibrīn
7. Brege
8. Caras
9. Casaze
10. Cudno
11. Dauaime
12. Deraban (Deiraban)
13. Der [ad] Duban
14. Dersheik
15. Esciuah
16. Gilia
17. Giras (Girasc)
18. Illar (ʻAllar)
19. Isslin
[45 battesimi]
[1]
[4]
[57]
[3]
[6]
[19]
[5]
[5]
[1]
[1]
[70]
[13]
[1]
[3]
[1]
[5]
[4]
[1]
386 Si tratta dell’indagine preparata dal Governo mandatario britannico (congiuntamente l’“Office of
Statistics” e il “Department of Lands”) per l’ “Anglo-American Committee of Inquiry on Palestine”
che entrò in funzione all’inizio del 1946, in vista della spartizione della Palestina da parte dell’ONU.
Le ricerche erano già iniziate nel 1938 e poi riprese nel 1943; cf la voce Village Statistics 1945, su
Wikipedia”, da me consultata nel luglio 2019.
“Finestre” particolari
117
20. Lidda
[1]
21. Mgalles
[2]
22. Nuba
[1]
23. Rafāt
[2]
24. Rahna (Ra’yna)
[2]
25. Ras (?)
[2]
26. Sagiad
[7]
27. Sarha
[4]
28. Surif
[5]
29. Tall
[7]
30. Um Burge M.
[1]
31. Zacaria
[44]
32. Zeta
[2]
33. Zikrin
[11]
Nella regione vivevano anche dei Beduini che non risiedevano in paesi o villaggi.
Anch’essi si rivolgevano a Srugi per vari servizi, ed egli nel quaderno registra di aver
battezzato 11 di loro, tra bambini e bambine. Dobbiamo perciò inserire anch’essi nel
conteggio.
4. Nomi forniti da exallievi e persone originarie della zona
– Il 7 novembre 1961 a Betlemme il salesiano Palestinese abūna Ibrahīm Khoury
(1920-1982) intervistò l’exallievo Dīb Mahmūd Hàsan al-‘Aisy “da Zakaria, distretto
di Hebron”. L’intervista è ricca di dettagli originali, molti finora inediti387. Dīb merita
credito per quello che dice riguardo al nostro oggetto, anche perchè nessuno gli
aveva chiesto di elencare i villaggi; (trascrivo rispettando la forma in cui li ha scritti
l’intervistatore):
“Srugi prestava i suoi servizi a più di 50 villaggi: Zakaria, Beitnatif, El Brej,
Deraban, Jarâsh, ’Illâr, Serîf, Wadi Fukin, Kharâs, Nûba, Bitûla, Tarqûmia, Ithna,
Der Nakhas, Dawamia, Beitjibrin, Kbeibe (non Qubeiba di Emaus), Kudna, Der
Essabân, Ra’na, Zita El Janubîa, Thikrin, Summêl, Tallessâfi, Ithnîbbe, Altîna, El
Kheme, Jîlia, Mughalles, Casâse, Sajad, Shamha, Kholda, Der Emheisen, Beitjîs,
387 AIMOR 15.1.3, cartella 9B, fascicolo C = Testimonianze III, pp.12-14: “Conobbi Srugi da quando
avevo circa 10 anni e adesso ne ho 45. Entrai nella scuola di Betgemal come allievo all’età di 11
anni ed ero allievo di Srugi, interno. Rimasi quattro anni: mangiavo nel convento e dormivo a casa.
Ed è nel convento che imparai il mestiere di muratore. Srugi era mio insegnante nella lingua araba.
Conosceva molto bene la lingua araba, persino meglio di Don Spiridiōne e nessuno a Beitgemal
conosceva la lingua araba come lui, che veniva dopo Don Calis, ma prima di Don Shialhub e di
don Butros Sarkis e del fratello Giorgio Harūni. /.../ Don Frey mi insegnava la geometria e don
Fergnani che era consigliere, mi insegnava la lingua italiana. In quanto al mestiere di muratore, me lo
insegnava l’ingegniere edile Salvetti Pietro per la pratica, cioé costruzione, intonacatura, rifinitura,
pavimentazione, falegnameria, imbiancatura. /.../”. Aggiungo: data la sua valentia nell’arte muraria
Dīb fu invitato, ancora negli anni ’70, ad eseguire lavori nelle case salesiane di Betlemme e di
Nazaret.

7.9 Page 69

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118
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
Beit Sosîn, Ishuaʻ, ʻEslîn, Sârraʻa, ed altri che io non conosco. I loro abitanti tutti
venivano a farsi medicare da muʻallem Srugi. Ed erano tutti servizi umanitari per gli
occhi, per la malaria e altre malattie. /.../ “Persino di notte ... da Ajur ...”388.
Dunque della “cinquantina” di paesi e villaggi di cui parla la tradizione, Dīb
ne elenca 40 e aggiunge che gli altri non li conosce (non dice che non li ricorda!).
Interessa notare che molti corrispondono a quelli registrati da Srugi.
– Nada ‘Abd-el-Fatāh al-‘Arag, ‘Abd-el-Hamīd ‘Ali, Mahmūd ‘Atàllah ‘Abed,
sono altre persone intervistate nel campo profughi di Deheshe, a Betlemme o a
Cremisan lo stesso anno 1961, che ci forniscono conferme (Ajjur, Qasasa, Khoulda,
Sajad, Zita, Der Nakhas, Tikhrin al Bardān) e ci fanno conoscere altre due località:
Almasmiya al-Kabīra, Almasmiya as-Saghīra.389
– Altre località vengono nominate qua e là nelle varie cronache della casa di
Betgamāl, ma penso non sia necessario, per ora, estendere oltre la presente ricerca.
Più importante invece verificare la corrispondenza di quei nomi con i dati ufficiali.
5. Popolazione secondo i censimenti e le statistiche ufficiali
Non mi propongo di essere esaustivo, ma solo di dare una panoramica
attendibile. Fornisco il nome arabo che Srugi scrisse nei registri dell’ambulatorio e
la traslitterazione italiana che usava sul quaderno dei battesimi e che il segretario
ispettoriale don Ciro Cozzolino usò per le interviste fatte da don Ibrahīm Khoury.
Tengo conto che la traslitterazione inglese nei due censimenti usa Bayt invece di Beit
o Bet, e Dayr invece di Deir o Der. Privilegio i dati del 1931 come i più indicativi
del periodo centrale dell’attività di Srugi. Aggiungo una colonna a parte per mostrare
il numero di cristiani. Non calcolo la distanza dei villaggi da Betgamāl che varia da
2-3 km fino a 45 circa (Al-Masmyya). L’indicazione del sub-distretto amministrativo
chiarisce anzitutto che Betgamāl apparteneva alla giurisdizione di Ramlah, mentre
località viciniori erano sotto Gerusalemme o Hebron e le più distanti sotto quella di
Gaza. Inoltre aiuta a capire le complicazioni burocratiche, legali, giudiziarie in cui il
direttore e l’economo di Betgamāl si trovavano coinvolti. Infine si può ricordare che,
dato il suo grande prestigio, Srugi talvolta fu consultato anche dal mukhtàr di qualche
paese o dai giudici di qualche sub-distretto, nel ruolo di paciere e intermediario.
388 “E quando andava nelle case della gente per medicarli, non prendeva né accettava niente, se non
dopo molte pressioni accettava una tazzina di caffé. /.../ Attualmente un Americano, tra Kharas e
Nuba, di nome Abu Daud, ed è direttore di una istituzione americana, lui pure va in giro a medicare
e ha con lui dei dottori. Ma la gente dice di lui che non è come Srugi, perché egli richiede tutto il
tempo necessario per la guarigione, mentre Srugi faceva guarire, almeno più di una volta, sotto la
sua mano la gente immediatamente; andavano da lui perché sapevano che sarebbero guariti”.
389 Cf stesso faldone AIMOR 15.1.3, cartella 9B, fascicolo III, Testimonianze, pp. 8, 10, 19. Nelle
Annotazioni Varie …, alle date 31.01.18 e 7.2.18, don Sacchetti nomina anche Eshdaoud [Eshtaōl ?]
e Murabbag.
“Finestre” particolari
Paesi e villaggi
in ordine alfabetico
Agiūr (‘Ajjūr)
‘Artūf (‘Artūf)
Beitgamāl (Bayt)
Beitnatīf
Beitsusīn
Beitgibrīn
Beit Jish ?
Beitnūba
Beit‘itāb
Beit Ula (Bitula)
Brege – Buraij
Burj (Al) + Dura
Carās (Kharās)
Casāze (Qazāza)
Cudna (Kudna)
Dauāime (Dawāyma)
Der Abān
Der ad-Dubbān
Der el-Hawa
Der an-Nakhās
Der esh-Sheikh
Der Emheisen ?
Dhahiryia
Dhikrīn (Zikrīn)
Dura
Giaba‘a (Jaba’a)‎
Gilia (Jilya)
Girasc (Jerash)
Idna
Illar (‘Allar)
Ishwa (Ishū‘a)
‘Islin
Halhūl
Kasla
Khayma (Al)‎
119
Nome
Arabo
Sub-distretto 1922
1931
Crist.
1931
1945
َع ُّجورHebron
َع ْر ُتوفJerusalem
بيت جمالRamlah
بيت َن ِتيفHebron
بيت �ُسو�سينRamlah
بيت ِج رْبينHebron
2073
181
59
1112
47
1420
2917
253
168
1649
70
1804
4 3730
350
78 240
2150
210
2430
بيت ُنو َباRamlah
بيت ِع َطابRam.-Jerus.
بيت �أولىHebron
ُب َر ْيجRamlah
ال رُ ْبجHebron
‎( َخ َرا�س )خارا�سHebron
َق َزا َزهRamlah
ُك ْد َناHebron
ال َّد َوا مْ َيةHebron
دير �أ َبانRamlah
دير ال ُّد َّبانHebron
دير ال َه َواءRamlah
دير الن ّخا�سHebron
دير ال�َّش ْيخJerusalem
504
825
344
577
472
1214
336
99
944
606
1045
370
621
739
649
353
2688
1534
543
47
451
156
540
1310
480
970
940
2100
600
7 220
ال َّظا ِهريّةHebron
2930
ذكرينHebron
693 726
960
ُدو َراHebron
5834 7255
9700
الجبعةBethlehem ? 122 176
210
ِج ْل َياRamlah
271
َج َر�شRamlah
115 162
190
�إِ ْد َناHebron
1719
َع اَّلرBethlehem
325
�إِ�ُشوعJerusalem
379 468
620
ِع�ْس ِلينJerusalem
-- 180
حلحولHebron
1927 2523
3380
ك�سلاJerusalem
233 299
280
الخيمةRamlah
132 141
190

7.10 Page 70

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120
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
Paesi e villaggi
in ordine alfabetico
Lidd (Al)
Laţrun
Lubban (Al)
Masmiyya al-Kabīra (Al)
Masmiyya al-Şaghīra‎(Al)
Mgalles (Mughallis)
Nahhalin
Nuba
Qubāb (Al)
Qubeiba (Al)
Rafāt
Ramlah (Al)
Ra‘na
Rantis
Ras ?
Sagiad
Şarafand al ‘Amār
Şarafand al Kharāb
Şar‘a
Si‘ir
Şurīf
Tall es-Şafy
Tarqūmiya
Tīna (At-)
Ţīra (At-)
Um Burj + Sanabra
Wadi Fukīn
Yalo (Yalu)
Yaţţa
Zacaria
Zaita
Beduini
Nome
Arabo
Sub-distretto 1922
1931
Crist.
1931
1945
اللدRamlah
َل ْط ُرونRamlah
ال ُلبRamlah
الم�سمية الكبيرةGaza
الم�سمية ال�صغيرةGaza
ُم َغ ِّل�سRamlah
َن ّحا ِلينBethlehem
ُنو َباHebron
ال ُق َبابRamlah
ال ُق َب ْي َبةRamlah
َرفاتRamlah
ال َّر ْم َلةRamlah
َر ْع َناHebron
َر ْن ِتي�سRamlah
ر�أ�س--
�َس َجدRamlah
رَ� َص َف ْند ال َع َمارRamlah
رَ� َص َف ْند ال َخ َرابRamlah
رَ� ْص َعةJerusalem
ِ�س ِعيرHebron
ُ�صو ِريفHebron
ِت ّل ال َّ�صافHebron
َت ْر ُقو ِم َّيةHebron
ال ِّتي َنةRamlah
ال ِّطي َرةRamlah
�َس َنا ِب َرة+ �أُ ّم ُب ْرجHebron
َوا ِدي ُفو ِكينBethlehem
يالوRamle
َي َّطةHebron
َز َك ِر َّياHebron
َز ْي َتاHebron
البدوRamlah
-- 11.250
96 120
298
1390 1756
261 354
447
440
611
1502
800
320
10.347
150
954
--
--
300
1183
974
271
1967
1265 1640
925
976 1173
530
892
119
149 205
811 963
4034
683 742
234
255
1210
44
4
68
2184
19
190
2520
530
--
2190
1550
280
1220
1180
Totale parziale
Totale generale
42.953
64.550
“Finestre” particolari
121
6. Risultati
1. I nomi forniti da Srugi e dalla tradizione salesiana non sono fittizzi. Il numero
tradizionale di “una cinquantina di villaggi” corrisponde alla realtà, anzi pecca per
difetto.
2. La stragrande maggioranza (quasi la totalità) degli abitanti sono musulmani. I
pochi cristiani sono concentrati nelle due città di Ramlah e Lidda e in tre-quattro case
religiose (o nei loro dintorni).
3. La prevalente occupazione agro-pastorale di questi abitanti (con lavoro
manuale e animale, e scarsissima meccanizzazione…), spiega la loro affluenza al
mulino e al frantoio di Betgamāl, sia per la modernità degli impianti, sia per il servizio
di “supervisore” che Srugi vi esercitava come persona fidatissima.
4. D’altra parte le persistenti condizioni di povertà e di malattie endemiche,
dovute primariamente a scarsità di acqua e di igiene, spiega il loro accorrere
all’ambulatorio per ricevere da Srugi e da suor Tersilla le prestazioni sanitarie di
prima necessità. In quel contesto la mortalità infantile era elevata, e questo aiuta a
capire proporzionalmente il numero di bimbi da loro battezzati.
5. A metà degli anni ’30 erano numerosi i paesi e villaggi che avevano una
moschea attiva: ʻAgiūr, Betgibrīn, Derabān, Şarafand, Şurif, Tarqūmiya, Zakaria,
Yaţţa …, mentre quella di Betgamāl era stata abbandonata alla fine dell’Ottocento.
Presso qualche paese o villaggio si trovava un maqàm in memoria di un nàby. Meno
numerosi i paesi con una scuola o un mercato; pochissimi quelli dotati di mulino,
frantoio, ambulatorio, stazione elettrica.
6. Secondo il censimento del 1931 la popolazione della regione era attorno ai
43.000; e se nel conteggio si fanno rientrare le due città di Ramlah e Lidda (che insieme
assommavano a 21.597), si ha un totale di 64.550. Dunque, fatte tutte le proporzioni
di tempo e di luogo, risulta che le persone di questi paesi e villaggi che ricorrevano a
Srugi, costituivano una realtà sociale non trascurabile. Nel decennio successivo, nelle
campagne si ebbe solo un contenuto incremento demografico: a causa delle crescenti
tensioni politiche e degli scontri armati, la gente preferì spostarsi nei centri urbani che
fornivano migliori opportunità di lavoro e condizioni di sicurezza. Invece coloro che
erano costretti a restare sul posto, facevano ancora maggior affidamento sul deir e su
muʻallem Srugi, l’infermiere e il mugnaio “santo” di Betgamāl.
7. La mia ricerca è stata solo esplorativa e mirata. Chi fosse interessato a studiare
le condizioni igienico-sanitarie della zona per scrivere una storia esauriente dal
punto di vista sociologico e medico (nuclei familiari, nascite, mortalità infantile…),
può trovare materiale vario nelle “carte” di Srugi: i 9 registri di medicazioni, i prontuari
e ricettari di cui si serviva, i taccuini su cui scriveva la composizione di medicine
che lui stesso confezionava…, come pure nei registri di contabilità dell’economo-
“prefetto” di Betgamāl, nella corrispondenza con dottori e benefattori dell’ambulatorio
(resoconti, richieste di aiuti…).

8 Pages 71-80

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8.1 Page 71

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122
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
II. SIMONE SRUGI E I MUSULMANI DELLA REGIONE
Il primo biografo di Srugi, don Ernesto Forti (1921-2000) nella lettera dal Cairo
in data 5 maggio 1981, indirizzata al Tribunale Ecclesiastico nel Processo Apostolico a
Gerusalemme sintetizzava: “Penso che accanto ad un chiaro esempio di vita salesiana
autenticamente vissuta, il Servo di Dio abbia avuto una missione particolare verso
i [suoi] fratelli musulmani presso i quali è stato una autentica incarnazione di Gesù
Buon Samaritano delle anime e dei corpi”390. Nelle pagine seguenti mi propongo di
ampliare la portata di questa affermazione, sulla base di quanto finora sono venuto
documentando nella mia ricerca.
Premessa
In generale fra la comunità salesiana di Betgamāl (SDB e FMA) e i musulmani
della regione vigeva quella pacifica convivenza fatta di vicendevole rispetto, che si
riscontrava abitualmente nella Palestina della fine del secolo 19° e della prima metà
del 20°. I rapporti fra “i padroni” datori di lavoro, da una parte, i fittavoli e mezzadri,
gli impiegati, i custodi, i contadini e gli operai dall’altra, (nonostante ricorrenti episodi
di furti, sconfinamenti, dispute …), si mantennero in genere buoni, fino all’apparire
dei primi movimenti nazionalistici fra palestinesi ed ebrei.
I salesiani nella scuola e nell’azienda, e in diversa misura le suore in quello che
era una sorta di ricreatorio festivo per le bambine, agivano sul piano della promozione
umana che, insieme alla testimonianza di vita e ai rapporti amichevoli, costituiva
una sorta di “primo annuncio” o pre-evangelizzazione. L’evangelizzazione esplicita
finalizzata alla conversione restava una chimera391. Sappiamo con certezza di un solo
giovane convertito, e la sua vicenda si svolse secondo questo piano esposto da don
Bianchi a don Rinaldi nel 1927:
“Abbiamo qui da 3 anni come alunno interno un giovane musulmano dell’età di
14 anni, orfano di padre e di madre. È un figliuolo molto buono e sa il catechismo a
meraviglia. Da un pezzo egli dimostra un gran desiderio di farsi cattolico e spesso ci
prega che gli conferiamo il battesimo. Noi tramandiamo sempre la cosa per assicurarci
sempre più della sua perseveranza. Senta ancora. Una signora piemontese ha scritto
a don Coradini che desidererebbe molto poter essere madrina di un neonato bambino
cattolico di Nazaret [...]. A me è venuto in mente di dire a don Coradini di scrivere a
questa signora che cambi l’intenzione di avere questo suo futuro figliuolo invece di
uno di Nazaret in quello musulmano di Beitgemal [...] Noi lo avremmo mandato a
390 CONGREGATIO PRO CAUSIS SANCTORUM, Hierosolymitana ... Positio super Virtutibus,
Roma: Typis Poliglottis Vaticanis 1988, p. 374.
391 Tale fu giudicata dal Rettor Maggiore don Albera e dal Patriarca Barlassina l’idea di don Coradini
che nel 1920 fantasticava di stabilirsi nel villaggio di Zakaria per convertire in massa gli abitanti: cf
BORREGO, pp. 209-210.
“Finestre” particolari
123
Torino, dove sarebbe stato battezzato da Lei [...] nella Basilica di Maria Ausiliatrice;
così questa signora avrebbe potuto assistere in persona al battesimo [...]. Inoltre Lei
[...] che ha promesso al Sommo Pontefice di interessarsi dei musulmani, potrebbe
fargli conoscere questo fatto. È ben poca cosa, ma almeno farebbe vedere al Santo
Padre la buona volontà che abbiamo. Una volta poi che il giovane abbia ricevuto il
battesimo, si potrebbe mandarlo in una scuola o colonia agricola. Se a Lombriasco
fosse troppo freddo, si potrebbe mandare a Portici o a Corigliano”392.
Don Alfredo Sacchetti riferì le parole di papa Pio XI che riteneva possibile
incidere sull’animo dei musulmani (contrariamente a un diffuso luogo comune …).
Da parte sua egli pensava che anche a Betgamāl si poteva seminare con prudenza.
Quando nel 1931 adiacente all’ambulatorio aprì la scuoletta elementare per bambini e
bambine, la affidò a una FMA (dopo che don Shalhūb si era defilato) e portava come
esempio quanto le suore di Sant’Anna facevano a Sefforis in Galilea con le ragazze
musulmane393.
In particolare Simone Srugi, dati i suoi incarichi di lavoro, incontrava abitualmente
gli adulti musulmani al mulino, al frantoio e specialmente nell’ambulatorio, o
per qualche tempo nella botteguccia dove vendeva articoli di prima necessità.
Occasionalmente si recava per servizi vari in qualcuno dei villaggi circostanti. I
ragazzi musulmani interni o semiconvittori, di fatto molto pochi, venivano a contatto
con lui anche a scuola o in cortile o nell’infermeria; con quelli esterni i rapporti erano
giornalieri e numerosi.
1. Come questi musulmani hanno percepito Srugi
Lo consideravano anzitutto come uomo di Dio, religioso consacrato (rāheb),
uomo perfetto (ràgiol tamām) nel quale essi, dal loro punto di vista, vedevano
risplendere in grado superiore le virtù tipiche del “pio musulmano”:
– Sottomesso e obbediente a Dio in tutte le circostanze della vita, accoglieva la
sua volontà con grandissima fede, umiltà, pazienza, calma, padronanza di sé. Il
suo atteggiamento costante era una pace interiore ed esteriore imperturbabile.
– Uomo di preghiera: la esprimeva non solo nelle forme popolari di lode e
ringraziamento, (al hamdu li-l-lāh, nàshkor allāh ...), ma anche iniziando nel
nome di Dio e rifererendo a lui tutte le sue azioni, anche i piccoli interventi di
infermiere (b-ismi el Shafy = nel nome del Guaritore; kul shi li-l-lāh = tutto
per Dio...), prima di pesare e macinare le granaglie, ecc. Perciò egli risultava
credibile e convincente quando invitava i pazienti e i contadini a pregare,
ripetendo il suo saluto particolare: “Viva Gesù, Yahya Yasūʻa”.
Data questa sua vicinanza con Dio, i musulmani ricorrevano a lui anche in
casi umanamente disperati, convinti che la sua intercessione era efficace:
392 BORREGO, p. 232 che si basa sulla Relazione annuale del 1927, ASC 31.42: Relaz. Aut. Eccl.
Copia della richiesta al Prefetto di Propaganda Fide, fatta dal “Segretario delle Missioni Salesiane”.
393 Cf in ABG le Annotazioni di don Sacchetti e la Cronaca di Beitgemal, del 1930.

8.2 Page 72

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124
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
faceva cessare la siccità e arrivare la pioggia abbondante, oppure otteneva
guarigioni insperate. “Allàh wa muʻallem Srugi” (“[Esiste] Allāh e mastro
Srugi”). Pur potendo andare da medici di Ramlah o Hebron..., molti dicevano
che preferivano fare un viaggio più lungo e faticoso per venire da lui, non
solo perché non si faveva pagare caro, ma soprattutto perché “le sue mani
sono benedette. Nelle sue mani c’è la potenza di Allāh. Basta che lui tocchi gli
ammalati o dia loro un piccolo rimedio perché guariscano presto e bene”.
– Uomo giusto: sapiente nei suoi giudizi, prudente e ponderato nelle sue
decisioni. “Fa tutto per il volto di Dio” (li waghi-l-lāh, cioè per la gloria di
Dio), non “per gli uomini” (cioè per piacere loro)394. Non si lascia influenzare
e non fa preferenze di persone, è sopra le parti, ci si può fidare ciecamente di
lui, perché distaccato, mortificato e poverissimo. Spesso le discussioni e le
contese terminavano con questa sentenza: “Così ha detto muʻallem Srugi, così
fa Srugi ... e basta!”. In questo contesto, appare significativa la testimonianza
di Nasry al-ʻArag (factotum a Betgamāl dal 1939): egli ricordava che Ibrahīm
Hamdān, guardiano musulmano di Wady Būlos gli confidò di aver sposato
una sola moglie “perché così mi ha insegnato muʻallem Srugi”395.
– Buono, misericordioso e compassionevole verso tutti: grandi e piccoli, uomini
e donne, con tratti di affettuosa benevolenza verso i piccoli, gli orfani e i
sofferenti. Sempre pronto a scusare, perdonare, dimenticare, Simone invita a
fare lo stesso chi si sente offeso o danneggiato. Educa ad evitare espressioni
oltraggiose, correggendo l’imprecazione popolare yàkhreb bētak (“vada in
rovina la tua casa”), e invitando a sostituirla con “yʻammer bētak” (“la tua
casa sia prospera”).
– Riservato, modesto e casto: in particolare le donne musulmane che venivano
a farsi curare o portavano i loro ammalati, rimanevano ammirate della sua
delicatezza e purezza angelica. Non le riceveva mai da solo, e non le fissava
mai negli occhi.
Riguardo a tutte queste virtù umane e religiose di Simone, le attestazioni di
musulmani furono innumerevoli, ripetute e convergenti. Il giorno del funerale
“centinaia sfilarono commossi davanti alla sua salma, piangendo, pregando, toccando
il corpo, e poi si passavano la mano sulla fronte, sulle mani e piedi, come per ricevere
qualche benedizione”. Molti espressero la convinzione che Simone “era un santo, un
uomo di Dio, nessuno come lui”. Come ho già detto, i capi dissero: “Se fosse stato
uno dei nostri, ora avremmo edificato sulla sua tomba un edificio sacro con cupola
(maqām wa kùbbe) come si fa per una persona venerabile (wāli, naby)”396.
394 Cf Sha‘bān Mahmūd ‘Atàllah, ‘Abd el-Fattāh ‘Abd al-‘Arag: AIMOR 15.1.2, cartella 8.
395 Cf AIMOR 15.1.2, cartella 8.
396 Sentito da suor Tersilla, sig. Dikrān, don Sciueri e da altri che furono presenti al funerale: cf ad es.
in AIMOR 15.1.3, cartella 9C, pp.20 e 21.
“Finestre” particolari
125
Infine, tra tutti i musulmani che lo avevano conosciuto, una ventina rilasciarono
conferme o nuove testimonianze in privato oppure davanti al tribunale ecclesiastico di
Gerusalemme, prima e durante gli anni dei due processi canonici (dal 1950 al 1983)397.
Senza dubbio, a loro sfuggivano le sorgenti trinitarie e sacramentarie della santità di
Simone (ciò che noi chiamiamo realtà soprannaturali), e tuttavia essi furono in grado
di coglierne numerosi frutti e importanti effetti che si esprimevano anche in forme
eroiche.
2. Come Srugi vedeva questi musulmani e la sua “missione” nei loro riguardi
– L’amore di Dio era il movente che animava tutto l’agire di Simone, e da
esso derivava l’amore per il prossimo concreto. Per lui tutti sono figli di Dio, anche
i musulmani, nel senso che Dio li ha creati, se ne prende cura con la sua paterna
provvidenza; Gesù è morto e risorto anche per loro e li attende tutti in paradiso, piccoli
e grandi. Dunque nel suo amore verso il prossimo, non faceva distinzione fra cristiano
e musulmano.
– Si sentiva pienamente realizzato in questo contesto: non chiese mai di cambiare
casa, mai pensò di scegliere i destinatari del suo servizio e apostolato. Certo, i suoi
più immediati beneficiari erano i cristiani (confratelli e consorelle, collaboratori
laici e ragazzi) che vivevano da “interni” dentro le mura della casa religiosa: con
loro condivideva il carisma salesiano e la vita comunitaria nelle ore di preghiera,
refezione e ricreazione; ad essi impartiva svariati servizi come infermiere, catechista,
cerimoniere, maestro, talvolta sarto e panettiere …, in un clima di fraternità e amicizia.
Ma anche con “la gente di fuori” e “gli altri” Simone era la stessa persona
unificata: non si sdoppiava, si trovava totalmente a suo agio anche con i musulmani,
mostrando la stessa affabilità. Dai suoi propositi traspare la convinzione che deve
dare buon esempio in tutto e sempre, proprio per mostrare loro quanto sia bella la
vita cristiana, in modo che si sentano attirati a conoscere Gesù e sua Madre Maria.
Interpretava in questo senso l’esortazione di Gesù: “Vedano le vostre opere buone e
diano gloria al Padre vostro che è nei cieli” (Mt 5,16). Essendo questo suo prossimo
costituito da piccoli e illetterati, poveri e ammalati, Simone adotta nei loro confronti
l’atteggiamento del Buon Samaritano compassionevole, umile, sacrificato. Anzi, in
ogni sofferente egli vede Gesù crocifisso.
– Si mantiene sempre semplice, umile e privo di qualsiasi “senso di superiorità”.
Non approfitta della sua posizione per trarre vantaggi a favore suo o della Chiesa, né
tanto meno esercita pressioni in campo religioso. A questo proposito merita riportare
un’altra parte della testimonianza di Dīb Mahmūd Hasan el-ʻAisy, già incontrato:
“Mi insegnava la lingua araba da solo, perché avevano scelti quattro allievi, ma
gli altri credevano che fosse propaganda per farci cristiani e fuggirono /.../ Andavo
a prendere lezioni nella sua stanza; /.../ accanto al letto c’era un inginocchiatoio e
397 Cf le testimonianze raccolte prima dell’apertura del Processo Informativo (anni 1960-62)
specialmente da don Ibrahīm Khoury in AIMOR 15.1.3, cartella B, fascicoli A.B.C.

8.3 Page 73

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Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
lui vi si inginocchiava per pregare, e io lo sentivo come se parlasse con qualcuno
invisibile. Provai parecchie volte a capire da lui con chi parlasse e che cosa dicesse,
e mi rispondeva: «Sono spiacente di non poter risponderti, perché sei ancora piccolo
e non comprendi niente, perché questo è un segreto divino». Qualche volta muʻallem
Srugi mi chiese di diventare cristiano, ma senza fare nessuna pressione su di me. Io
avevo paura dei miei parenti soltanto, ma non sono stato battezzato, benché io creda
nella religione cristiana che è una religione celeste e vera e non ne dubito affatto, pur
rimanendo musulmano, perché tutta la mia famiglia è musulmana”398.
– Simone esprime comprensione e magnanimità quando qualche confratello o
laico evidenzia limiti o difetti di musulmani: «Poveretti, non hanno i sacramenti e tutte
le grazie che abbiamo noi …, dobbiamo compatirli, perdonarli e pregare per loro».
Sentendo qualche commento dispregiativo nei confronti di espressioni abitudinarie di
pietà popolare, corregge chi li fa, indicando che sotto le apparenze si può nascondere
la buona intenzione gradita a Dio…, e anche in queste circostanze invita a «pregare
per loro, perché il Signore li renda migliori e li converta».
– Nei rapporti con i musulmani non adotta un atteggiamento al ribasso, non
appiattisce o camuffa la sua identità di cristiano e religioso: il piccolo crocifisso
resta sempre cucito alla sua giacca, le statuette della Madonna e di San Giuseppe
sono ben visibili nell’ambulatorio; usa abitualmente l’invocazione: “Maria Auxilium
Christianorum, ora pro nobis”. Prima di fare una medicazione chiedeva: “Hai pregato
Sitty Maryam”? Il suo saluto abituale anche con i musulmani era “yahya Yasūʻa”,
e quando essi lo ricambiavano, “pareva che si trasfigurasse; con lo sguardo rivolto
verso il cielo, felice, mi diceva così: «Ha sentito? I Musulmani che salutano Gesù!»399.
Non esitava ad amministrare il battesimo a bimbi musulmani quando si accorgeva che
erano giunti all’ultimo respiro, convinto che in questo modo apriva loro le porte del
paradiso, nostra casa comune.
– Era convinto che i musulmani percepissero in qualche modo il valore superiore
della religiosità cristiana. Suor Tersilla riferisce che un anno, dopo le processioni di tre
giorni detta delle “rogazioni”, egli commentò in questi termini:
“Se tutti comprendessero l’efficacia della preghiera, quante grazie di più
il Signore accorderebbe agli uomini. I nostri contadini musulmani lo capiscono e
ci ammirano e restano edificati quando ogni anno tutti andiamo a pregare per la
campagna, e dicono: «Il vostro raccolto è più bello del nostro, perché voi pregate il
Signore ed egli vi aiuta. Vede, suora, che bella impressione si fa su questi musulmani
pregando? Che il Signore li illumini! E noi preghiamo per loro»400.
Dopo l’uccisione di don Rosin quando i superiori concessero il perdono ai
probabili mandanti, ed egli stesso medicò e lasciò andare uno dei presunti assassini,
Simone commentò:
398 AIMOR 15.1.3, cartella 9B, fascicolo “Testimonianze III”.
399 Suor Tersilla, in AIMOR 15.1.3, cartella 9C, p.1.
400 Suor Tersilla, in AIMOR 15.1.3, cartella 9C, p.6.
“Finestre” particolari
127
«Con il nostro contegno religioso diamo loro buon esempio, e così capiranno
che noi cristiani siamo qualche cosa più di loro con la pratica del perdono cristiano,
voluto da Gesù che perdonò i suoi crocifissori»401.
– D’altra parte, l’influsso ch’egli personalmente esercitava con la sua
testimonianza di vita, giorno dopo giorno, “senza pose”, portava frutti a lungo termine
e in diversi ambiti: Srugi era consapevole che i musulmani imparavano da lui non
solo a pregare con fede, ma anche a perdonare, a comportarsi con onestà e giustizia,
a sopportare le sofferenze in vista del paradiso ..., insomma diventavano migliori. Va
subito aggiunto che egli attribuiva il merito immediatamente alla bontà di Dio e della
Madonna, ritenendo se stesso umilmente un “meschino”, quel “nulla di buono” che
viene da Nazaret. Ancora suor Tersilla, testimone oculare:
“I musulmani malati venivano portati dai loro amici, parenti, genitori, e questi
si rivolgevano a Srugi supplicandolo di aiutarli, di guarire i loro infermi; vidi tante
volte che lo abbracciavano, lo baciavano in fronte, sulle spalle, sui piedi buttandosi
per terra, come in tono di supplica e di implorazione. Ed il signor Srugi cercava
soltanto di distogliere ogni attenzione da sé, dalla sua persona, parlava della Madonna
e diceva: «È la loro fede che li fa guarire!». E ripeteva loro: «Pregate la Madonna,
Sitti Mariam, e fate tutto nel nome di Gesù e sarete da Lui guariti»”402.
A ben riflettere, questa sua espressione («È la loro fede che li fa guarire!»), è
un’eco fedele di quella che Gesù pronunciò rivolgendosi a persone non-Ebree (come
il centurione romano o la donna siro-fenicia ...). Potremmo perciò dire che Srugi la
usava perché constatava che la fede è dono di Dio, egli la suscita anche nel cuore
dei musulmani devoti e semplici, rendendola capace di “vedere”! Il già citato Dīb
Mahmūd Hasan al-ʻAisi, il 28 settembre 1982, depose di fronte ai membri del tribunale
ecclesiastico che, trovandosi ricoverato in infermeria per malaria, veniva assistito da
don Frey, perché Srugi era andato a fare gli EE.SS. a Betlemme:
“Di notte mi svegliai, vidi aprirsi la porta dell’infermeria e vidi entrare una
Signora vestita di verde e in testa aveva un velo verde; il suo viso emanava una
grande luce. Mi chiese dove era il sig. Srugi, risposi che era a Betlemme per il ritiro.
Ella mi disse: «Si, lo so, e ritornerà dopodomani. Io sono la Vergine. Digli che sono
venuta a chiedere di lui». Dopo due giorni ritornò il signor Srugi e io gli dissi che
avevo qualcosa di segreto da dirgli, ed egli mi rispose subito: «Si, lo so, ma non dirlo
a nessuno». Volevo poi raccontare il fatto, ma egli mi ripetè: «Sì, lo so». Io deduco
da questo episodio che il signor Srugi era in contatto con il Dio che lo ha creato.
Ritengo che la Vergine Santissima venne da me perché ero confidente del signor
Srugi e avevo un rapporto profondo con lui a motivo della scuola di catechismo. Io
ho sempre tenuto il segreto su queste cose, le dico ora perché ho giurato di dire la
verità”403.
401 Suor Tersilla, in AIMOR 15.1.3, cartella 9C, p.11.
402 AIMOR 15.1.3, cartella 9C, pp.6, 18.
403 CONGREGATIO PRO CAUSIS SANCTORUM, Hierosolymitana ..., pp. 358-359. A mio parere
con catechismo egli intendeva “religione”.

8.4 Page 74

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128
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
3. Come Dio giocò con gli uni e con gli altri, a vantaggio reciproco
Suor Tersilla attesta:
“[Il signor Srugi] mi raccontò egli stesso questo fatto. Tanti anni fa quando
era qui direttore a Beitgemal don Varaia [1892-1894], un santo sacerdote, si era
fatta la processione [del “Corpus Domini”] come sempre. Arrivati davanti al portone
c’erano tutti i contadini nostri e altri da Betnatìf e da Zakaria e Derabàn, e se ne
stavano a contemplare il passaggio della processione. Ad un certo momento i grandi
fecero delle esclamazioni di meraviglia, ed i loro bambini invece si misero a correre
dietro contenti e festanti, e noi non capivamo perché facessero così. Quando si uscì
di chiesa abbiamo loro chiesto perché avessero fatto così e si fossero mostrati così
contenti. E ci risposero: “L’Abūna Ràies (il padre capo-direttore) portava un bel
bambino che ci guardava e ci sorrideva, ed era tanto bello. Dove l’avete messo?”.
Ed il Servo di Dio così commentava il fatto: «Pensi, Suora: al posto dell’ostensorio
il sig. direttore aveva Gesù Bambino! I Musulmani hanno visto Gesù Bambino e noi
no. Il Signore, creatore del cielo e della terra, si è fatto vedere, io credo così, a questa
povera gente, alle anime umili e semplici, per farci intendere che tutte le anime sono
sue». – Il Servo di Dio, come ho detto sopra, mi disse che lui non vide nulla”404.
Viene spontaneo chiedersi: chi furono gli evangelizzanti (= portatori della gioia
di Dio) e chi gli evangelizzati (= destinatari della gioia di Dio)? Senza dubbio entrambi
furono beneficiari della stessa azione che aveva Dio per protagonista.
404 AIMOR 15.1.3, Cartella 9C, p.3. Suor Tersilla concludeva: “L’episodio mi fu raccontato anche da
suor Cristina Castellotto, FMA che era là a Beitgemal, e che è morta il 4 Gennaio 1937”.
“Finestre” particolari
129
III. DON SACCHETTI E GLI ORFANI ARMENI
ACCOLTI A BETGAMĀL
Nella parte storico-biografica abbiamo visto che tra i ragazzi di Betgamāl al
tempo di Srugi c’erano dei gruppi consistenti di orfani Armeni. Da dove provenivano?
Perché vi si trovavano? Chi si prendeva cura di loro? Nelle pagine seguenti desidero
soffermarmi a dare una risposta documentata a queste domande.
1.Alla fine dell’Ottocento
Già nel 1894-1896 cominciarono massacri di cristiani orientali da parte dei
Turchi che proseguirono a più riprese per 30 anni405. All’inizio il mondo fu scosso
dalla sventura degli armeni, e in molte grandi città si svolsero manifestazioni in loro
favore. Nel dicembre del 1896 il Bollettino Salesiano riportava una lettera, datata 24
luglio e già pubblicata in vari quotidiani, scritta da don Belloni a un suo amico, il
sacerdote Giuseppe M. De Carlo, in cui gli narrava la visita di un sacerdote cattolico
armeno, parroco a Beirut. Questi gli aveva descritto la triste situazione di moltissimi
paesi dell’Armenia e di un gran numero di giovanetti orfani, vagabondi, senza tetto
e senza pane; molti raccolti dai turchi e poi venduti [...] e l’aveva ardentemente
supplicato di accettare un certo numero di quegli infelici orfanelli. Don Belloni gli
aveva risposto che il suo orfanotrofio era già al completo, ma di fronte a un caso
così urgente prometteva di organizzare un nuovo dormitorio, contando sull’aiuto dei
benefattori, nella cui mani stava “pronunziare la sentenza di vita o di morte sopra
fanciulli innocenti scampati alla strage dei turchi”. Entro l’anno il dormitorio era
preparato. Il Bollettino Salesiano tornava sull’argomento nel marzo 1897 portando
come esempio i liceisti di Alassio, che avevano inviato un’offerta spontanea “per
gli orfani armeni raccolti nell’orfanotrofio di Betlemme”; e in maggio riferiva, in
sintesi, la conferenza tenuta a Cremona dal canonico Vallega a favore del “nostro
orfanotrofio”406. Don Rua benedisse l’iniziativa, e incoraggiò a dare pubblicità ai
405 Vennero perseguitati non solo armeni, ma anche siro-cattolici, siriaci monofisiti, caldei e nestoriani:
cf Andrea RICCARDI, La strage dei cristiani. Mardin, gli armeni e la fine di un mondo = Storia e
società, 3. Bari: Laterza, 2015; Benny MORRIS – Dror ZE’EVI, The thirty-year genocide. Turkey’s
destruction of its Christian minorities, 1894-1924. Cambridge, Massachusetts. London: Harvard
University Press, 2019, ch. 2: The Massacres of 1894-1896, pp. 44-134.
406 Antonio BELLONI, Un pensiero all’Opera della S. Famiglia in Betlemme, in BS 20(1896) 315.
Esempio da imitare, BS 21(1897) 78. Fiori Salesiani. Cremona, BS 21(1897) 131. Don GIULIVO.
Gli orfani armeni nella Casa della S. Famiglia in Betlemme, BS 21(1897) 178 scriveva: “Il primo
orfanello Armeno accolto nell’Orfanotrofio Cattolico di Betlemme si chiama Pietro Arusian.
Osservatene il ritratto che vi presento. Egli è un giovanetto di dieci anni, di forme gentili, di anima
soavissima, che s’apre alla riconoscenza ed all’amore per intima natìa gentilezza. Intelligente e
pieno di vita, lavora e studia volonteroso; è docile, vivacissimo; ma se il ricordo dei suoi lo assale,
egli impallidisce, trema e scoppia in singhiozzi. Per l’istinto della vita, al crudo attacco delle orde
turche irrompenti nella sua casa, egli si nascose nel buco d’un canaletto vuoto, e di là, pietrificato

8.5 Page 75

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130
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
ragazzi accolti a Betlemme, Nazaret, Cremisan, Beitgemal407. Il loro numero non
dovette superare la dozzina, ma aprì la strada in modo tale che lo stesso don Rua,
annunciando ai cooperatori l’apertura dell’opera di Nazaret (1897), assicurava che
erano già stati ospitati una trentina di giovanetti orientali”408.
Uno dei primi accolti da don Belloni nel 1896 fu Giovanni Almagian che era nato
a Marʻash il 28.09.1886 e ancora fanciullo assistette all’uccisione dei suoi genitori409.
A Betlemme fece gli studi ginnasiali, il 29.08.1904 entrò nel noviziato di Cremisan e il
15.11.1905 emise la professione triennale. Dopo due anni di tirocinio pratico a Nazaret
(1905-1907), ne fece altri due a Betgamāl (1907-1908), dove visse insieme a Srugi
e dove nell’aprile del 1908 incontrò don Rua410. Don Francesia nel 1909 vide alcuni
orfanelli armeni scampati ai massacri di Adana (cf. p. 25). Altri giunsero negli anni e
decenni successivi: secondo la testimonianza di uno di loro, Dikrān Ciakmakgian, nel
1912 venne fatto arrivare a Betgamāl un gruppetto di ragazzi tra i quali suo fratello
Armenag e Setrak Eskigian “il quale, dopo aver finito i suoi studi qua a Beitgemal, si
è fatto coadiutore salesiano”411.
2. Dopo il genocidio armeno del 1915-16 e la prima guerra mondiale
Riguardo agli anni del genocidio (1915-16) non si trovano dati rilevanti nelle
cronache di Betgamāl. Un cenno di diverso tenore si ha nel 1917: “8.4.17, giorno di
Pasqua. Si fece una bella festa che fu allietata dalla presenza di 30 soldati Armeni
Cattolici i quali fecero le loro funzioni con devozione e decoro tutto speciale. Disse
loro la Messa d.Paolo [Villa?], il quale diresse pure loro la parola”412.
Dalle testimonianze degli stessi interessati, veniamo a sapere che, per iniziativa
del p. Giovanni Kuiumgian allora segretario del vescovo di Adana, altri orfani armeni
giunsero a Betgamāl nel 1919: tra di essi Dikrān Ciakmakgian, suo fratello Antonio e
Artīn Keklikian, nipote del suddetto vescovo. Terminata la scuola secondaria e fatti i
corsi di specializzazione Dikrān e Artīn si fermarono a Betgamāl, divennero istruttori,
si sposarono e vi risiedettero fino a metà degli anni ’60 con le loro rispettive mogli
Serpuhi e Meline, una sua cognata e i figli. Seguirono altri due: Namuk (Daniele)
Avedissian (allievo dal 1923 al ’30, professò poi fra i Trappisti di Latrūn), e Giorgio
Damergian (che si sposò a Nazaret). Nel 1928 giunse Armando Boghossian che dal
dal terrore, vide sgozzar la sua mamma, il suo babbo, i fratellini: tutti, tutti i suoi cari!”.
407 BORREGO, p.206 si riferisce a ASC 9.131 Rua Michele, lettere a D. Belloni, ottobre 1896 (s.g.), e
11.2.1897. A Beitgemal nel 1897 c’era un orfano armeno, al quale nel 1896 avevano assassinato i
genitori: cf ASC 38 Beitgemal, lettera di don Vercauteren a don Durando, 31.3.1897.
408 Michele RUA, Lettera annuale ai Cooperatori, BS 21(1897) 4.
409 Per i massacri, espulsioni, deportazioni … in/da quella città, cf Morris – Ze’evi, The thirty-year
genocide, pp. 167-170, 341-345, e passim.
410 Dati contenuti nella lettera mortuaria scritta dall’ispettore don Canale il 2.7.1950; copia in AIMOR
15.1.1, cartella 2; cf pure ASC 275 Almagian Giovanni; ASC 3.99 Istanbul. Cronaca 1945.
411 Cf AIMOR 15.1.2, cartella 8; non ho trovato riscontri di quest’ultimo, ma va ricordato che talvolta i
dati anagrafici venivano cambiati, per facilitare l’espatrio.
412 Don SACCHETTI, Appunti di Cronaca… anni 1916-1918.
“Finestre” particolari
131
1932 fu aiutante di Srugi nel mulino, poi passò a lavorare a Deir Rafàt. Infine Musa
Hagopian fu allievo dal 1931 al 1934413.
Nel raccoglitore contenente le domande di ammissione e la scheda di accettazione
degli allievi per gli anni 1919-21 troviamo varie lettere del vescovo Pasquale
(Haroutyoun) Keklikian e del p.Giacomo Ghiragossian; ad esempio, quest’ultimo, in
data 29 agosto 1921 postillava la seguente richiesta del visitatore apostolico Giovanni
Naslian, Vicario generale del Patriarca Armeno Cattolico a Costantinopoli:
“Don Matteo Agopian, prete maritato cattolico di Adana, dopo tutte le sofferenze
delle deportazioni del 1915, mentre rientrando in Adana credeva di potersi riposare,
ecco che in seguito agli avvenimenti di Cilicia ha dovuto venire qua a Costantinopoli
con tutta la famiglia. Sprovveduto di mezzi gli riesce impossibile sostenere la
famiglia e pensare alla educazione ed istruzione dei figli. Quindi egli ricorre a me
per ottenere per suo figlio maggiore nella Scuola Pratica di Agricoltura di Betgemal
si saviamente diretta dalla Signoria Vostra [sospeso nel testo]. Il giovane si chiama
Agop Agopian, di anni 17, parla abbastanza l’italiano ed un poco anche il francese.
A causa della guerra e delle deportazioni armene egli non ha potuto frequentare
regolarmente le scuole. Sicuro che la S.V. farà tutto il possibile per accettare questo
giovane nella suddetta sua scuola …ecc.”414.
Per dare un’idea delle traversie di questi sventurati, mi limito a un esempio:
il 19 settembre 1922 don Paolo Asegian, protocancelliere del patriarcato latino di
Gerusalemme, chiedeva che venisse accettato un suo nipote “Giuseppe Sceüris, orfano
di padre Caldeo Cattolico di Diarbakir, di anni circa 15, salvato dai coltellacci dei
turchi per le preghiere di mia mamma e sorella”; dopo aver frequentato con profitto la
scuola salesiana di Gerusalemme, Giuseppe aveva raggiunto la madre al Cairo. Ora lo
zio si rivolgeva a don Bianchi
“acciocché il povero ragazzo abbia nel suo seno di padre insieme col conforto la
salvezza dell’anima; tanto più che è già da un anno che non ha potuto né confessarsi
né comunicarsi. Egli, come tutti quanti gli orfani armeni di parenti e di patria, merita
doppiamente la nostra stima e compassione”.
Giuseppe fu accolto e mantenuto gratuitamente, poi lo stesso don Asegian il 20
gennaio 1925 chiese di ritirarlo per iscriverlo al collegio dell’Opera Cardinal Ferrari
di Gerusalemme415.
413 Queste informazioni sparse in varie memorie, testimonianze, lettere, ora sono raccolte nei due
faldoni AIMOR 15.1.2, cartella 8; AIMOR 15.1.3, cartella 9C. Il riscontro lo si ha sfogliando i
raccoglitori delle domande di ammissione degli allievi e il grande Registro dei voti degli Esami
trimestrali, semestrali, finali e Licenza. Dall’anno 1919 al 1944-45, entrambi conservati nell’ABG,
reparto “Scuola Agricola san Giuseppe”. Aggiungo d’aver personalmente sentito Kerop Talatinian,
nato nel 1913 e vissuto fino all’età di 102 anni, ricordare con gratitudine di essere stato accolto per
un periodo nell’orfanotrofio salesiano di Betlemme, prima di associarsi ai Francescani e professare
col nome di Basilio.
414 ABG: Accettazione Allievi.
415 ABS: Accettazione Allievi. A Diyarbakir già nel 1895 circa 25.000 cristiani armeni e assiri erano stati

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Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
Dal 1920 al 1925 p.Manugian fu vicario patriarcale nella sede di “Nostra Signora
dei Dolori” alla terza-quarta stazione della via crucis di Gerusalemme416; gli successe
p.Giacomo Ghiragossian (1930-1948), quindi p.Giovanni Kuiumgian fino al 1961.
Essi si recarono a Betgamāl in varie occasioni a visitare i loro beneficiati, come
documentato dalla fotocronaca417. [Foto n. 38] Durante lo stesso periodo, anche negli
orfanotrofi salesiani di Betlemme e Nazaret vennero accolti altri ragazzi armeni e
un certo numero entrarono in Congregazione418. Sappiamo che due di loro (Caiscian
Sciucri e Dilanian Lavon), come novizi salesiani a Cremisan, ricevettero da Roma la
sanatio per il passaggio al Rito latino nel 1905, insieme a Giovanni Almagian419.
3. Un ambizioso progetto e il sostegno del Papa, della “NER” e della “CNEWA”
Diversi enti e agenzie si attivarono per organizare soccorsi alle popolazioni
colpite, in particolare ai numerosissimi orfani, gestendo le donazioni che provenivano
dalla beneficenza pubblica e privata. Da parte loro i Salesiani di Terra Santa si
inserirono da protagonisti con un lungimirante piano di azione.
3.1. “La carità del Papa”
Benedetto XV (1854, 1914-1922) fin dal 1915 si era mosso in soccorso dei
tanti rifugiati Armeni, e di altri riti orientali420. Anche a Gerusalemme fu costituito
un “Patronato” intitolato al suo nome e nel dicembre 1919 i salesiani di Betgamāl,
tramite l’Amministratore Apostolico Mons. Luigi Barlassina, fecero con esso una
massacrati dai turchi (e kurdi); poi durante la pulizia etnica del 1915 vennero deportati dalla città
circa 150.000 cristiani, compresi greci ortodossi: cf Morris – Ze’evi, The thirty-year genocide,
pp. 35-39, 185-186, 198-204, 473-474, 603, passim.
416 AIMOR: Schedario, cartella personale Sacchetti, scrive all’ispettore in data 27.11.38 che a Roma
fu alloggiato alla “Fratellanza Sacerdotale”, “dove il superiore è Mons. Manugian, armeno, che fu
vicario patriarcale in Gerusalemme dal 1920 al 1925, essendo grande amico nostro”.
417 Cf ABG in data 10.4.1934. La foto sullo sfondo del portone centrale che ritrae il vicario patriarcale
con don Bianchi e un gruppo di giovani armeni (si direbbe neo-diplomati) fu presa dopo il 1923 e
prima del 1931. In due altre foto scattate nella stessa circostanza figura anche Simone Srugi, sia nel
gruppo generale della scuola, sia con i novizi e filosofi venuti da Cremisan. Per gli Armeni-Cattolici
a Gerusalemme, cf www.catholicchurch-holyland.com, da me consultata il 21.11.2019.
418 Don Gianmaria Gianazza in una sua ricerca inedita elenca i seguenti armeni che fecero il noviziato,
o professarono per qualche anno e poi lasciarono l’ispettoria del MOR; coadiutore Balaian Antonio
(1907-1910); coadiutore Caiscian Sciucri (1904-1905 che non professò); chierico Demirdgian Paolo
da Istanbul (1929-1932); coadiutore Dilanian Lavon (1908-1914); coadiutore Megdessian Megdess
(1933-1936); chierico Tournaian Stefano da Aleppo (che non terminò il noviziato nel 1936).
419 Cf BORREGO, p. 199.
420 Cf ABG: Sacchetti-CNEWA: in un breve “Memorandum” (senza data, ma verosimilmente del
1930) scriveva: “Nel 1919 S.S.Benedetto XV elargiva un milione di Lire all’anno per la Palestina
e, d’accordo con il Cardinal Camassei, stabilì che parte di detta somma fosse investita nella
manutenzione [sic] di circa 200 orfani distribuiti nei vari orfanotrofi chiusi durante la guerra. Si
raccomandavano in modo speciale quelli dei Salesiani, di Ratisbonne e delle Suore di Carità. Si
impediva la progettata apertura di altri nuovi. La pensione sarebbe di 2 Lire Egiziane per orfano al
mese. Detto sussidio fu dato per tre anni e contribuì efficacemente alla riapertura e riorganizzazione
degli antichi stabilimenti quasi tutti devastati dalla guerra”.
“Finestre” particolari
133
convenzione per l’educazione di 18 orfani agricoltori; ci è giunta la lista con nome,
cognome, età (media 14 anni), nazionalità (13 arabi, 4 armeni, 1 italiano) e rito (8
latini, 5 armeni cattolici, 3 greci cattolici, 2 maroniti). In una lettera del 1922 e in una
seconda del 23 agosto 1923 don Sacchetti sollecitava il patriarca a intervenire perché
il Patronato continuasse a versare i soldi a favore degli orfani, precisando che “nel
quadriennio [trascorso], ben sedici di essi hanno terminato lodevolmente il loro corso
agricolo, corrispondendo così in maniera fattiva alla carità del S.Padre”421.
3.2. Gli aiuti della protestante “Near East Relief”
Nel 1915 cittadini americani fondarono un’associazione per venire incontro alle
popolazioni cristiane del Medio Oriente, soprattutto armeni che stavano subendo un vero
e proprio genocidio per mano dei Turchi. Inizialmente chiamata “American Committee
for Armenian and Syrian Relief” (ACASR), fu subito sostenuta dall’ambasciatore
statunitense a Costantinopoli e da altri diplomatici in diversi paesi del Medio Oriente.
Appoggiandosi sulla presenza capillare dei missionari protestanti nella regione, ed
avendo ottenuto il riconoscimento del governo federale di Washington, l’associazione
(rinominata “Near East Relief”, NER) lanciò una campagna di sensibilizzazione ad
ampio raggio servendosi di tutti i mezzi di propaganda, riuscendo a raccogliere fondi
sufficienti a soccorrere, nel corso degli anni, quasi un milione e mezzo di persone,
tra cui centinaia di migliaia di orfani Armeni, Greci, Siriaci ..., in Turchia, Siria,
Libano e Palestina, fondando orfanotrofi, scuole e laboratori, ospedali e dispensari, e
distribuendo generi di prima necessità422.
Edward W. Blatchford, direttore della NER in Palestina dal 1922 al 1948,
conosceva le opere salesiane di Betlemme e Betgamāl dove erano state accolte
alcune diecine di orfani armeni, che si erano aggiunti a quelli già arrivati dopo i
massacri del 1894-96. Facendo seguito a colloqui avuti a Betgamāl con lui e membri
dell’ufficio centrale, don Sacchetti abbozza un grande progetto quasi visionario,
che sottopone all’attenzione di diversi destinatari, ecclesiastici e laici. In una lettera
“riservata” del 1° luglio 1924 chiede al p. J. Mecerian di Beirut che gli segnali
giovani armeni
“che per bontà e intelligenza potrebbero essere atti ad essere ammessi in qualcuna
delle nostre case di formazione d’Italia per farne dei coadiutori ed anche sacerdoti
nel nostro Istituto. Noi siamo persuasi che in un avvenire non molto lontano le cose
della Turchia dovranno cambiare radicalmente. E che un grande avvenire si prepara
colà all’attività salesiana. È per questo che noi vorremmo fin d’ora cominciare a
preparare l’elemento per la futura penetrazione in Asia Minore. Il Signor Blatchford
del NER ci disse che egli aveva in Beyrouth un buon numero di armeni cattolici che
vorrebbe affidare ai nostri istituti della Palestina. Le sarei proprio grato se Vostra
421 ABG: SACCHETTI, Corrispondenza varia.
422 Ampia documentazione sul sito ufficiale online dell’Associazione, oggi chiamata “Near East
Foundation”; contributi puntuali in Morris – Ze’evi, The thirty-year genocide, pp. 306-7, 313,
355, 367, 368, 417-18, 424, 445, 459, e passim.

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Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
Paternità potesse dare delle informazioni esatte intorno a questi giovani, soprattutto
se in mezzo ad essi si è fatta attiva propaganda di protestantesimo”423.
In data 20 e 22 Giugno 1925 presenta il suo ampio piano di azione, in termini
equivalenti, ai Consoli d’Italia a Porto Said, ad Alessandria e al Cairo, come pure al
facoltoso imprenditore armeno Ohannis Bey Matossian del Cairo/Ghiza, sollecitandoli
ad aiutare i 23 orfani armeni presenti a Betgamāl, ma anche a segnalarne e inviarne
altri che possano ricevere una formazione adeguata, in vista di farli rientrare poi in
Turchia per gestire le scuole “che speriamo di aprire appena sarà passata la presente
situazione. Ne abbiamo già 5 e contiamo di mandarne mezza dozzina in Italia, si nous
pouvons leur trouver un protecteur”424.
Il 20 Giugno 1925 invia al Blatchford una prima richiesta di aiuti per i 60 orfani
tra i quali “23 armeni che sosteniamo da lungo tempo” nelle case di Palestina. Il 24
dello stesso mese il Blatchford risponde, su carta intestata “NER. Syria and Palestine
Area. Director for Palestine”, che la distribuzione dei fondi non dipende da lui, ma che
appoggia la richiesta e farà conoscere il risultato appena avrà la risposta dall’ufficio
di Beirut425.
Il 26 agosto 1926 don Alfredo propone al tesoriere Mr. Laird W.Archer che la
NER nel 1926-27 sostenga 200 giovani nelle scuole professionali e agrarie salesiane:
100 in Medio Oriente (Costantinopoli, Egitto e Palestina, incluso l’istituto di
Cremisan in cui si preparano missionari per la regione), e altri 100 in Italia; in un
foglio allegato presenta una lista di candidati arabi e armeni. Per iniziare dal poco,
chiede che la NER si faccia carico di altri 10 ragazzi a Betgamāl inviando subito una
somma corrispondente. La riposta del 15 settembre 1926 di Mr. William S.Dodd del
“In Charge Personel Service Division Foreign Department” è negativa: al presente la
NER non può disporre di quella somma; la sua politica è dare la priorità ai ragazzi
ricoverati nelle sue istituzioni protestanti della Siria; e infine non può impegnarsi
per tre anni. Segue a breve il colpo di scena: in data 20 settembre Dodd e Archer
comunicano per telegramma che la NER accetta di sostenere per un anno altri 10
orfani a Betgamāl426; ma la cosa più importante è che in quello stesso mese, volendo
stabilire relazioni a lungo termine, invitarono don Sacchetti a New York per tenere
una serie di conferenze finalizzate alla raccolta di fondi427.
E così don Sacchetti, intraprende un lungo viaggio con tappe in Italia presso i
benefattori romani, fiorentini e torinesi, in Inghilterra e con destinazione finale negli
423 ABG: Sacchetti-NER. Per il Blatchford, cf il documentato e simpatico profilo che ne traccia Vicken
V. KALBIAN, The Constant Consul of Jerusalem: Edward W. Blatchford, in “Jerusalem Quarterly”
76(winter 2018) pp. 46-59.
424 ABG: Sacchetti-NER.
425 ABG: Sacchetti-NER.
426 ABG: Sacchetti-NER.
427 Mr.Blatchford e un suo aiutante furono a Betgamāl il 12 ottobre 1926, accompagnati da don Mario
Rosin, che aveva appena ricevuto l’ubbedienza di lasciare la direzione di Betlemme e assumere
quella di Betgamāl, dove inizierà il suo mandato nel novembre successivo: cf lettera di don Bianchi
a don Sacchetti del 13 ottobre 1926, in ABG, Annotazioni varie ..., foglio “volante” tra le pp. 92-93.
“Finestre” particolari
135
USA, dove giunge munito di lettere commendatizie che da tempo stava raccogliendo:
la prima è del Rettor Maggiore don Filippo Rinaldi (senza data!); le seconde in data 12
Dicembre 1925 sono del p. Aurelio Marolla OFM, Custode di Terra Santa indirizzata
ai rev.mi Commissari del Nord e Sud America e del “Chief Secretary, Government
Offices, Jerusalem”; il 19 Gennaio 1926 è la volta dell’ispettore don Carlo Gatti; il 1°
marzo 1926 i salesiani di Battersea (Londra) lanciano un appello per “The Salesian
Missions in Palestine”, come fanno poi il 1° settembre i salesiani di New Rochelle
(New York)428; chiude il 20 Settembre 1926 il Dr Rogeri “Royal Italian Ambassador
in Washington”429. Da Betgamāl don Bianchi, il sig. Srugi, e tutta la comunità lo
accompagnano con la preghiera430.
A don Sacchetti viene assicurato il supporto anche da parte di influenti
ambienti ebraici. Il 12 novembre 1926 il Jewish Tribune di New York pubblicava il
seguente nobilissimo appello, intitolato: “A Kiddūsh Ha-Shem”, cioè Una [forma di]
santificazione del Nome [di Dio]:
“The coming to our shores of Father Alfred Sacchetti, manager of the Christian
Agricultural School of Beth Gemal in Palestine, is a vivid reminder of the fact, over
which all the Jews should rejoice, that Palestine is not only Eretz Israel, the Land
of Israel, but also the Holy Land to the adherents of Christianity and Islam. The
Salesian Community, which Father Sacchetti represents, is doing a holy work which
will evoke the commendation of all Jews, and is bound to enlist the aid of many of
our people. Poor and abandoned Christian children in all parts of the world, orphaned
and friendless, are rescued by the Salesian Fathers and taught arts and trades; six of
their institutions are maintained in Palestine, and the training of agriculturists for life
in Palestine, is their major activity. The Jewish heart has ever sympathized with all
true philanthropy, regardless of racial or creedal associations and we feel sure that,
among those who will contribute to the fund for the school of Beth Gemal which
Father Sacchetti has come to gather, there will be many Jews, for to do so would be
performing a Kiddūsh Ha-Shem on a sublime plane”431.
Più articolato il testo della lettera che il 21 dicembre 1926 firmavano
congiuntamente David de Sola Pool (1885-1970), principale rabbino sefardita del
XX secolo negli Stati Uniti, studioso, autore e leader mondiale dell'ebraismo, e
Herman Bernstein (1876-1935), notissimo giornalista e scrittore. Nella prima parte
si elogia lo spirito umanitario dell’opera salesiana in Palestina, nella seconda si
428 Cf AIMOR 4.4.1.1; gli estensori dell’appello newyorkese scrivono che si è ben lontani dal fare
qualcosa di simile a quanto stanno facendo gli ebrei che, secondo Sir Herbert Samuel “last year had
expended at least $ 30,000,000”.
429 ABG: Sacchetti-CNEWA. Non ho trovato commendatizia del patriarca Barlassina, anche lui
impegnato negli USA nella raccolta di fondi per la costruzione di Deir Rafāt, iniziata nel 1925.
430 In ABG, Annotazioni Varie e Cronache di don Sacchetti, tra le pp. 92-93 si trova una lettera che don
Bianchi gli scrisse il 13 ottobre 1926. Sui margini della suddetta lettera si leggono queste due note
affettuose: “Strugi [sic] in modo tutto speciale prega per te e ti saluta tanto [...]. I saluti più cordiali
a d. Versiglia e d. Manassero e alle altre bestioline [così chiamava i suoi novizi] sparse per cotesti
luoghi”.
431 Due foglietti a stampa originali sono conservati in AIMOR 4.4.1.1, cartella B (1901-1927).

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Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
riconosce il contributo di don Sacchetti nello smascherare la falsità di un noto libello
diffamatorio:
“To whom it may concern.
Father A.Sacchetti has come to America with warm letters of recommendation
from leading Zionist in England. As the Procurator of the Salesian Missions in
Palestine, he is working in the spirit of our Jewish endeavor to make modern Palestine
a fruitful and flourishing land of human work. The agricultural school of which he
is the head is devoted to training Christian orphan children to be agriculturists in
Palestine.
Father Sacchetti scholarship and love of truth have lead him to investigate the
origin of the infamous Protocols of the Elders of Zion. He has traced these forgeries
to their origin, and has called their spurious character to the attention of the highest
authorities in the Catholic Church. At the time when Henry Ford with all his vast
opportunities for propaganda is still continuing to circulate the outrageous charges
of the Protocols, and at a time when these charges are, through translation, finding
their way into Palestine and other lands where the influence of the Catholic Church
is strong, Father Sacchetti’s services in documenting for the Catholic Church the
proof of the forged nature of the Protocols is a service of religious brotherhood of
which Jews should be deeply appreciative. In this quest for truth Father Sacchetti has
deserved well of both Jew and Gentile”432.
Mentre in Palestina l’intesa fra il Blatchford e l’ispettore don Gatti si conferma433,
a New York don Sacchetti, sostenuto da tutte quelle autorevoli commendatizie, inizia
la sua campagna di propaganda. Ma a questo punto, sulla scena della beneficenza
internazionale irrompe un nuovo attore che gli richiede di modificare strategia.
432 Lettera dattiloscritta con firme autografe, in ABG: Sacchetti- CNEWA. Nello stesso Faldone è
conservato un quaderno a righe di 34 fogli manoscritti dalle due parti (senza copertina, né luogo
né data), su cui don Sacchetti appuntò brani e recensioni di libri e articoli sui “Protocolli degli
Anziani di Sion” e “Il cimitero ebraico di Praga ed il Concilio dei rappresentanti delle dodici
tribù di Israele”. Gli appunti si aprono con il titolo “Plagiarism at work” e terminano con “La
Novella presentata come fatto”. La centrale sionista di Londra entrò in contatto con don Sacchetti,
chiedendogli di avviare una mediazione con i vertici ecclesiastici in Vaticano e a Gerusalemme a
riguardo dei “Protocolli”. Questa vicenda è stata ricostruita, basandosi sui documenti d’archivio, da
Paolo PIERACCINI, Il Patriarcato Latino di Gerusalemme, la Santa Sede e il Sionismo di fronte
alla prima traduzione dei Protocolli dei Savi di Sion in Lingua Araba (1925-1926), pubblicato sulla
rivista “Qualestoria (2/2017), pagine 53-82 del numero monografico intitolato Il mondo cattolico
e la Terra Santa nel Novecento: sionismo, nazionalismo arabo, difesa dei diritti cristiani (a cura di
Tullia Catalan e Paolo Zanini).
433 Nella lettera del 23 marzo 1927 il Blatchford ringraziava l’ispettore don Gatti per la cordiale
accoglienza offertagli in occasione della visita a Betgamāl, e prometteva di inviare qualche foto
a ricordo: cf AIMOR 4.4.1.1, cartella B, in cui al presente non si trova nessuna foto. Ancora il 15
marzo 1928 chiede all’ufficio della NER ad Atene che coprano le spese del viaggio di 4 orfani
armeni che don Sacchetti accoglierà a Betgamāl, motivando: “Father Sacchetti is one of my very
dear friends in Palestine, and I feel that it is a great opportunity for the boys to be under the eyes of
this good, kind efficient Father”.
“Finestre” particolari
137
3.3. I rapporti duraturi con la cattolica C.N.E.W.A.
Per riorganizzare più efficacemente varie agenzie cattoliche di beneficienza, su
iniziativa del Papa Pio XI (1857, 1922-1939) e la ratifica della Conferenza Episcopale
USA, tra l’11 e il 15 marzo 1926 fu costituita a New York la “Catholic Near East
Welfare Association. A Society in aid of Catholic interests in Russia and the Near
East. Messo al corrente di questi sviluppi, don Sacchetti avviò immediatamente
contatti col gesuita p.Edmund Aloysius Walsh, primo presidente della CNEWA, il
quale con lettera credenziale del 8 ottobre 1926 e con annesse le precisazioni del caso,
gli concesse di predicare nelle parrocchie italiane e tenere conferenze in istituzioni
cattoliche di New York (inizialmente quelle salesiane, e per un limitato periodo di
tempo) per raccogliere fondi434. Il 29 ottobre 1926 il segretario Mr Joseph F.Moore,
indirizzandosi a don “Sacchetti, Procurator of the Salesian Missions in Palestine. 148
Main Street, New Rochelle, N.Y.” e di nuovo il 4 novembre 1926 gli chiedeva di
recarsi negli uffici dell’Associazione per fornire informazioni, materiale documentario
e fotografico sulle opere salesiane della Palestina da pubblicare sul bollettino della
CNEWA, in modo da farle meglio conoscere negli USA. A questo punto don Sacchetti
aveva tutte le carte in regola per svolgere la sua attività di propaganda.
“Ciò feci con molta attività, durante l’inverno del 1927. Entravo così a far parte
della famiglia della CNEWA. /…/ Il 12 febbraio presentai il progetto aggiornato per
l’educazione di 100 orfani nei nostri Istituti. Vi comprendevo anche Costantinopoli.
Chiedevo 15.000 dollari annuali dei quali 12.000 per le pensioni alla quota annuale di
10 dollari mensili per orfano e 3.000 dollari per la ricostituzione di Beitgemal per il
quale specialmente, come è noto, mi trovavo in America, e del quale l’Associazione
mostrava speciale interesse perché, essendo un orfanotrofio agricolo, entrava
in prima linea nelle direttive papali e nei fini dell’Associazione. (Vedi cartello e
stampati di propaganda in cui il Papa è in atteggiamento di indicare ai profughi
armeni la campagna e l’aratro). Il progetto fu approvato in linea generale: ma date le
richieste di soccorsi che affluivano da tutte le parti, p.Walsh mi comunicava nel mese
di Aprile che il S.Padre avocava a sé la discussione e approvazione di ogni progetto,
e che ci saremmo ritrovati in Roma nel mese di giugno”435.
Per assicurarsi la riuscita, don Sacchetti si rivolge al segretario di Stato cardinal
Pietro Gasparri (1852-1934):
“Sono quindi a pregare Vostra Eminenza di voler prendere sotto il suo patrocinio
questo progetto che è della più grande importanza per l’avvenire dei nostri istituti,
e specialmente per quelli di Palestina che devono sostenersi degnamente di fronte
434 Precisava che il ricavato per l’80% sarebbe andato alle Missioni Salesiane di Palestina e il 20%
trattenuto dall’Associazione: ABG: Sacchetti-CNEWA.
435 Conferme nell’altro promemoria che si trova in AIMOR 4.4.1.1, Documenti, cartella B. Nella
lettera al p.Walsh del 12 febbraio 1927 (la cui minuta è in ABG: Sacchetti-CNEWA) scriveva: “With
reference to our various interviews, I am presenting you a plan of work to be carried out for the
training of one hundred Armenian and Arab orphans in arts, trades and agriculture. These pupils will
be distributed among our several Institutes in Palestine, and Turkey or Egypt. This plan is of the type
successfully adopted by His Holiness Benedict XV during the years 1920, 1921 and 1922”.

8.9 Page 79

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138
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
all’avanzata protestante ed ebraica. Il p.Walsh, già favorevolmente predisposto, sarà
lieto di fare in ciò cosa grata al Santo Padre ed a Vostra Eminenza. A semplice titolo
informativo mi permetto di ricordare a Vostra Eminenza che le uniche scuole cattoliche
professionali sono, nel Vicino Oriente, quelle dei Salesiani. Completamente distrutte
dalla guerra, esse risorgono con grandi sacrifici e sostenendo difficoltà di ogni
genere. L’appoggio richiesto alla CNEWA cotribuirà a metterle in piena efficienza e
salvare dalla miseria e dal vizio un gran numero di poveri orfani”436.
Grazie alla mediazione del cardinale (già “vecchia conoscenza” di don Sacchetti
dal tempo del suo servizio diplomatico a Lima in Perù, e ora protettore dei Salesiani),
il Papa disponeva quanto segue:
“1. Il sussidio richiesto veniva ridotto a 12.000 dollari pagabili in trimestri a
cominciare dal mese di Settembre. Ciò senza impegni per l’avvenire e senza vincoli
di sorta coll’istituzione salesiana. 2. Libertà di disposizione circa il numero di orfani,
e responsabilità di D.Sacchetti verso la CNEWA ed il Santo Padre direttamente.
3. Il sussidio era destinato solo alla Palestina per l’insegnamento esclusivo
dell’agricoltura o di altro mestiere ad orfani specie armeni. Il Santo Padre, diceva il
P.Walsh, dimostrò speciale interesse per l’orfanotrofio agricolo di Beitgemal le cui
vicende gli erano note. /…/ Il sussidio del primo trimestre non venne in Settembre
ma verso la metà di Ottobre: a New York si attendeva ancora un rapporto definitivo
di mons. Robinson. Questi venne a Betgemal l’11 Ottobre; visitò la scuola, esaminò
tutta la corrispondenza della CNEWA ed ancorché dichiarò che P.Walsh gli aveva
parlato solo di Betgemal si compiacque della disposizione dei fondi propostagli come
segue: A Betlemme: 30 orfani, dollari 300 mensili; a Betgemal: 35 orfani, dollari 350
mensili; a Cremisan: sussidio dollari 100. Contratto Wagner per Betgemal dollari
200; Riserva a disposizione della CNEWA: dollari 50; totale dollari 1.000”437.
La stima e la fiducia che don Sacchetti si era conquistate, spiegano il fatto
che gli fu chiesto di fare da guida (dal 3 al 10 Maggio 1928) al segretario generale
Mr Moore (accompagnato dalla sua signora) per visitare le istituzioni che allora
la CNEWA finanziava in “Palestina e Siria” (uso i loro termini). A Gerusalemme:
seminario Siro-Caldaico dei Benedettini, seminario Greco-Cattolico dei PP.Bianchi,
PP.Gesuiti, ospedale delle Suore di Carità a Betlemme e a Gerusalemme, scuola
professionale di Ratisbonne, Suore del Rosario, Opera Cardinal Ferrari, Focolare;
Salesiani: orfanotrofio professionale di Betlemme, visita alle Suore, orfanotrofio
agricolo di Beitgemal; sosta a Naplusa sulla via di Nazaret “Istituto salesiano
francese”. Poi fu la volta di quelle del Libano, cominciando da Beirut: “Gesuiti,
Scuole armene; accampamento dei rifugiati armeni; visita alla nuova città armena
costruita dal Governo; alle scuole armene dirette dai PP.Gesuiti; nuovo orfanotrofio
in costruzione a cura degli stessi Padri; dispensario della CNEWA; orfanotrofio
armeno della NER. Naturalmente ci furono momenti di preghiera sui Luoghi Santi,
conferenze, ricevimenti e visite di cortesia, compresa quella al Delegato Apostolico
436 AIMOR 4.4.1.1, Documenti, cartella B.
437 AIMOR 4.4.1.1, Documenti, cartella C. [Foto n. 18a, b]
“Finestre” particolari
139
Mons. Giannini e a “Mons. Rahmani Patriarca Siro-Caldaico, 80 anni, conobbe
Don Bosco. Ha molti orfani rifugiati”438. Osservo che nel promemoria della visita a
Betgamāl, don Sacchetti aveva specificato: “Dare molta importanza all’ambulatorio”
(di Srugi)439. [Foto nn. 21, 22, 23]
Il 6 ottobre 1928 inviando al Papa Pio XI una relazione (con foto allegate), di ciò
che è stato fatto con le offerte ricevute, tra l’altro scrive:
“Al bene dei mussulmani dei dintorni si provvede con una scuola serale,
coll’insegnamento dell’arte muraria e soprattutto con un Dispensario farmaceutico
che ha assunto già l’importanza di un ospedale. Lo sviluppo da esso preso esige un
locale adequato, a costruire il quale speriamo che la CNEWA ci voglia aiutare. È
questa un’opera di squisita carità assai apprezzata dalla popolazione musulmana, ed
è a noi carissima perché ci dà occasione di dare il battesimo in articulo mortis a non
pochi bambini”440.
Il 10 ottobre 1928 Mr Moore accusa ricevuta del materiale inviatogli e della
copia della lettera al S.Padre con l’aggiornamento degli sviluppi a Betgamāl, sia
in campagna (tra cui il nuovo trattore Ford in azione) sia nel dispensario medico, a
proposito del quale scrive:
“It may be that your dispensary can be developed into a hospital. In this
connection I would be glad to have you let me know what medical supplies you are
in need of most, as it may be possible for me to get some of the necessary articles
even where I could not get money”441.
Nella lettera del 15 dicembre 1928 don Sacchetti ringrazia il Santo Padre
“per aver autorizzato a favore delle Missioni salesiane della Palestina la
elargizione di dollari dieci mila per l’anno ottobre 1928 – ottobre 1929”. Informa che
“oltre il numero ordinario degli orfani della Scuola agricola di Betgamāl, su richiesta
del rev.mo p.Cirillo O.M.C., Ordinario degli Armeni della Grecia, abbiamo ricevuto
ultimamente undici orfani provenienti da Atene. Gli altri istituti di Betlemme e
Cremisan sono pure al completo”442.
438 Mar Ignazio Dionisio Efrem II Rahmani (1848-1929) fu patriarca della chiesa siro-cattolica dal
1898 al 1929; nel 1910 trasferì la sede patriarcale da Mardīn (Turchia) a Beirūt. (Libano).
439 Cf in ABG: Sacchetti-CNEWA, l’“Itinerario di Mr Moore in Palestina e Siria” e il breve rapporto
inviato al P.Walsh il 27 maggio 1928, con allegate molte foto e negativi. Aggiungo, per la cronaca,
che il programma previsto includeva altre visite e incontri, ma dovette essere ridimensionato
dopo che per telegramma da New York il P.Walsh “a nome della S.Sede ordina a Mr Moore di
partire immediatamente per Costantinopoli e la Bulgaria per portare dei soccorsi ai danneggiati del
terremoto”.
440 Minuta in ABG: Sacchetti-CNEWA.
441 ABG: Sacchetti-CNEWA. Era stato don Sacchetti, nella lettera al papa di cui si fa riferimento, a
ventilare l’idea di intitolare a Pio XI l’erigendo nuovo ambulatorio e di organizzarlo come succursale
dell’ospedale italiano di Gerusalemme. Quanto all’invio di materiale medico e farmaceutico, esso è
documentato in altra cartella dell’ABG: Ambulatorio.
442 ABG: Sacchetti-CNEWA.

8.10 Page 80

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140
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
Insomma: con tutte le pratiche che queste operazioni richiedevano (ottenere da
una parte il passaporto greco, e dell’altra il visto di ingresso nella Palestina mandataria,
poi trovare i soldi per coprire le spese del viaggio via Cipro …) le cose stavano
prendendo un andamento soddisfacente443. Ma a causa della catastrofica depressione
finanziaria del 1929 negli USA, il volume delle offerte che la CNEWA riceveva dai
benefattori si contrasse sensibilmente, mentre nel frattempo le giungevano richieste
di aiuto urgente dalla Russia.
Il sussidio per le opere salesiane, benché ridotto, servì a portare avanti le varie
attività, che don Sacchetti elenca nella relazione annuale del 21 settembre 1929,
chiedendo che esso venga confermato anche per il prossimo anno, in modo da avviare
la costruzione del nuovo ambulatorio “che verrebbe a costare 1500 dollari; noi
potremmo provvedere una suora per le donne, e far venire un medico da Gerusalemme
una volta la settimana. Ci piacerebbe intitolare la clinica come Dispensario CNEWA o
Pio XI”444. Le cose però non migliorano; il 1° febbraio 1930 dalla Segreteria di Stato
si precisava che:
“La S.Congregazione per la Chiesa Orientale da cui dipende il CNEWA [sic],
e che era stata interessata al riguardo, ha risposto che si trova nella dura necessità
di non poter fare altro, avendo fatto già il massimo sforzo per l’esercizio 1929-30, e
che per di più il Dispensario di Beitgemal, essendo destinato ai Mussulmani poveri,
è sotto la competenza della S.C. di Propaganda Fide”445.
Di conseguenza il sussidio fu sospeso, con sensibili disagi e proprio mentre la
campagna di Betgamāl fu afflitta da una grande siccità e in casa si stentava a fare
avanzare le costruzioni del Martyrium, della scuoletta per i bambini musulmani e
del nuovo ambulatorio. Un preoccupato appello del 12 agosto 1931 non causò alcun
cambiamento. Questo si verificò dopo che nella lettera al Cardinal Gasparri il 10
maggio 1932 don Sacchetti (“memore sempre e riconoscente per la paterna sua bontà
verso il sottoscritto fin dai tempi che furono là nel lontano Perù”) lo pregava che
intercedesse presso il Papa. Egli lo fece e così, pochi mesi dopo, la CNEWA riprese
a inviare i preziosi aiuti446. Continuò a farlo dopo il trasferimento di don Sacchetti in
Italia (1938), durante gli anni della seconda guerra mondiale e poi per decenni, anche
quando si estinse l’ondata degli orfani armeni447.
4.Alcuni rilievi
4.1. Per quanto riguarda il campo cattolico, l’interessamento di Benedetto
XV e di Pio XI costituì l’asse portante di tutte le iniziative benefiche a favore degli
orfani armeni in Palestina, in particolare per quelli che erano stati accolti nelle scuole
443 Rimando ai formulari di ammissione e accettazione in ABG, chi volesse farsi un’idea della
complessità e difficoltà delle operazioni.
444 ABG: Sacchetti-CNEWA. Stesse cose nella lettera del 15 Ottobre 1929 al Papa.
445 ABG: Sacchetti-CNEWA.
446 ABG: Sacchetti-CNEWA.
447 Cf ABG: Sacchetti-CNEWA..
“Finestre” particolari
141
salesiane di Betgamāl e Betlemme: un interessamento specifico, concreto e continuato.
La CNEWA ne fu la longa manus. I salesiani, da buoni figli di don Bosco, mettendosi
a loro servizio, intendevano ubbidire a esplicite direttive del Papa.
4.2. Da parte sua Simone Srugi, che nutriva per il Papa una speciale “devozione”,
traeva motivo per intensificare le sue preghiere per lui448, e per amare ancora di più
questi orfani ai quali si sentiva particolarmente vicino, essendo egli stesso rimasto
orfano da piccolo. Faceva il loro assistente, catechista e maestro, preparava i piccoli alla
prima comunione e formava i giovani migliori alla spiritualità eucaristica: nel 1927,
dei dodici che egli ammise tra i nuovi membri della “Crociata del SS.Sacramento”,
cinque erano armeni449. Sappiamo già che Artīn e Dikrān facevano parte della
“Compagnia di S.Giuseppe” presieduta da lui, e che per decenni lo coadiuvarono nel
mulino e nell’ambulatorio. In breve: a tutti questi livelli, tra lui e gli orfani armeni
a Betgamāl si venne intessendo una rete duratura di rapporti amichevoli. Questo
accredita maggiormente il valore delle testimonianze che molti di loro resero durante
le varie fasi dei processi canonici per la beatificazione del loro antico maestro.
4.3. La CNEWA trovò in don Alfredo Sacchetti si direbbe la “interfaccia” più
adatta. Da “Procuratore delle Missioni salesiane in Palestina”, come si legge sulla
carta intestata anche delle sedi di Battersea a Londra e di New Rochelle a New
York, egli svolse il ruolo di protagonista. Era animato da una visione utopica che
gli faceva sognare cambiamenti rapidi e un avvenire glorioso per l’opera salesiana
in Turchia. Ma nello stesso tempo non restava con le mani in mano aspettando la
manna dal cielo: instancabile viaggiatore, convincente “propagandista” e negoziatore
nel sollecitare la beneficenza privata e pubblica di enti civili ed ecclesiastici, di
uomini politici e diplomatici, filantropi cristiani e non; concreto realizzatore di piccoli
progetti portati avanti con perseveranza; coscienzioso nell’amministrare e minuzioso
nel rendicontare. Nell’archivio di Betgamāl sono conservate le ricevute delle somme
che la NER e la CNEWA inviava regolarmente, sia sotto forma di assegni bancari,
sia come intenzioni di Messe; esse sono debitamente firmate dai direttori delle case
beneficiarie: don Giovanni Villa di Betlemme, don Giuseppe Raele di Cremisan, don
Mario Rosin di Betgamāl450. Sono pure allegati i resoconti di come si usavano i dollari
della beneficenza a Betgamāl, incluse le spese per l’ambulatorio del signor Srugi,
che ad es. nel 1927-28 effettuò 9876 medicazioni. Tutto questo a dimostrazione della
professionalità e assoluta trasparenza di don Sacchetti451.
448 Circa la “devozione” di Srugi al Papa, cf le testimonianze convergenti di don Frey e don Kot in
AIMOR 15.1.1, cartella 2; e quelle del sig. Boghossian, don Dal Maso, suor Tersilla e altri, in
AIMOR 15.1.3, cartella 9C.
449 Inserita tra le pagine della cronaca manoscritta del 1939 vi è una foto dei “neocomunicati” nel giorno
della SS.Trinità (4 giugno), tra i quali un armeno cattolico. [Foto n. 44]. Mi occuperò dei nuovi
“Crociatini” del 1927 nella parte dedicata agli Scritti di Srugi.
450 ABG: Sacchetti-CNEWA. Il primo anno ci si servì della Ottoman Bank, poi della Barclays.
451 ABG: Sacchetti-CNEWA. Purtroppo in tutta questa vicenda. a parte la comprensibile sovrapposizione
verificatasi con il passaggio dalla NER alla CNEWA, vi furono ricorrenti obiezioni da parte di

9 Pages 81-90

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142
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
4.4. Una precisazione: nel corso del periodo che ho esplorato, l’opera di Betgamāl
riceveva non trascurabili aiuti anche da parte della ANMI in varie forme (sussidio
annuale quasi regolare, invio di medicinali e vestiario, offerte per la costruzione
del Martyrium, finanziamenti per migliorìe nell’agricoltura e nella cantina, ecc.) e
chiaramente gli orfani armeni ne beneficiavano. Nella presente “finestra” tuttavia
non ho fatto molto spazio a questa Associazione, sia perché i rapporti fra Salesiani e
ANMI furono complessi e richiedono uno studio critico a parte, ma soprattutto perché
i suddetti aiuti non erano finalizzati specificamente alla causa degli armeni, come
invece furono quelli della “Carità del Papa”, della NER e della CNEWA. E difatti
nella corrispondenza che ho potuto esaminare finora ho trovato solo pochi cenni al
riguardo452.
4.5. Nella presente ricerca mi sono concentrato sulla casa salesiana di Betgamāl
al tempo di don Sacchetti (che partì nell’estate del 1938) e di Srugi. Esula perciò
la ricostruzione dei rapporti con la CNEWA oltre questo periodo, sia con le altre
case di Betlemme e Cremisan, appartenenti all’ispettoria Orientale, sia con quella
di Nazaret (che allora faceva parte dell’ispettoria francese). [Foto n.23; il primo a
sin. è d.Shalhūb]. Chi fosse interessato a scrivere la storia completa delle relazioni
fra Betgamāl e la CNEWA oppure fra Betgamāl e l’ANMI e le istituzioni e autorità
italiane più in genere, può trovare abbondante materiale negli archivi che ho indicato e
parzialmente esplorato e in quegli altri connessi: anzitutto l’Archivio della Segreteria
di Stato Vaticana alla quale don Sacchetti inviava regolarmente richieste, rappoti,
rendiconti e foto, di cui si conservano diecine di copie negli albums dell'ABG, l’ASC,
l’AIMOR, ma anche del Consolato d’Italia a Gerusalemme e del quartier generale
della CNEWA e dell’ANMI rispettivamente a New York e a Roma.
don Carlo Gatti. Nominato ispettore nel 1925, voleva tenere direttamente i contatti e gestire la
distribuzione dei soldi, includendovi arbitrariamente la incipiente casa salesiana del Cairo: cf il
rapporto inviato da don Sacchetti ai superiori di Torino il 24 aprile 1928: AIMOR 4.4.1.1, cartella C.
– Don Rosin, che era allora direttore a Betgamāl, aveva preso le difese di don Sacchetti, calunniato
da invidiosi, indirizzando a don Gatti il 14 Aprile 1928 una dettagliata relazione manoscritta di 6
pagine. Ancora il 22 settembre 1928 don Sacchetti tornava sull’argomento con don Gatti. Cf anche
la letterina conciliante di don S.Puddu a don Sacchetti del 23 giugno 1928 in ABG: Sacchetti-
CNEWA.
452 In genere, cf il rendiconto amministrativo annuale alla voce apposita, in ABG, reparto Economia, e i
periodici scambi epistolari con il commendatore Schiaparelli (ad es. 22 Luglio 1923; 25 marzo 1930);
e con il Conte R. Venerosi (ad es. il 6 maggio 1934), in ABG: Sacchetti-ANMI. Segnalo la lettera del
28 maggio 1925 in cui don Sacchetti propone a Schiaparelli che due giovani armeni neodiplomati
siano assunti nella scuola agricola di Rodi: “Agop Koubeserian di anni 22, molto serio e intelligente,
sarebbe certamente il braccio destro dei Padri di Don Orione, perché sa il turco, l’armeno, l’italiano
e l’inglese, ed è esperto nei vari rami agricoli. /…/ Salomone Gellatian sarebbe piuttosto un buon
capo-squadra, raccomandabilissimo sotto ogni aspetto”; per i due, cf ABG: Registro voti. Di
fatto il primo si diede al commercio agricolo a Beirūt, e il secondo fu assunto come giardiniere-
ortolano dai Francescani ad ʻAin Karim: cf ABG-Allievi, “List of qualified pupils since 1920”.
“Finestre” particolari
143
IV. L’ATTEGGIAMENTO MISTICO
E SACERDOTALE DI SRUGI
Le giornate di Simone erano stracariche di impegni sia in ambito comunitario-
educativo-apostolico, sia sul terreno delle occupazioni materiali, dall’alba al tramonto,
ogni settimana, nella bella stagione come in quella invernale. Non si prendeva vacanze,
né giornate di riposo, eccetto la domenica e la settimana di EE.SS. Aveva i piedi ben
piantati per terra e le mani sempre occupate in lavori materiali. È logico chiedersi:
cos’è che lo motivava e gli dava l’energia di fare quello che faceva? In che spirito lo
compiva?
Nella precedente sezione storico-biografica ho già raccolto alcune risposte.
Qui intendo esplorare più estesamente questo punto, dando maggior spazio alle
testimonianze dei contemporanei.
1. L’orientamento costante verso il Paradiso
1.1. I testimoni attestano che Simone camminava sulla terra, ma con il cuore in
cielo (“sursum corda!”), lavorava e faticava, ma sempre sostenuto dalla speranza del
premio e del riposo eterno, con una certezza tale da sembrare che già ne pregustasse
le gioie.
Don Eligio Dal Maso (1906-1980), per anni vissuto accanto a lui a Betgamāl
e poi divenuto direttore spirituale ricercato da clero, religiosi e laici a Betlemme, ha
deposto:
“Attesto che la virtù della speranza è la virtù che più ammirai nel Servo di
Dio. Non ho mai conosciuto alcuno che come lui avesse così familiarità col Cielo.
Era il pensiero del paradiso che lo accompagnava e guidava in tutte le circostanze
della vita, sia nelle cose prospere che nelle avverse. E questo pensiero, quasi cosa
naturalissima, lo inculcava con tatto a tutti coloro che lo avvicinavano, fossero
confratelli, giovani, ammalati, operai, e anche ai musulmani. Quante volte abbiamo
sentito da lui l’esclamazione: «Paradiso, paradiso» ... e con entusiasmo intonare la
nota lode “Paradiso, paradiso, degli eletti gran città”. A volte sembrava fuori di sé
dalla gioia. «Vedremo lassù Iddio, Maria Santissima, gli angeli, i santi, ritroveremo
i nostri superiori, don Bosco, vedremo don Bianchi e i nostri confratelli. Oh, che
gioia, che festa sarà quella!». Abituàti a vederlo sempre raccolto e umile, ci faceva
specie quando entrava in questi argomenti, prendere un fare spigliato, giulivo,
saltellante dalla gioia, e il mio pensiero correva a sant’Alfonso Maria de Liguori, che
in simili circostanze prendeva gli stessi atteggiamenti. Srugi lo vedeva il paradiso e
ne pregustava le delizie”453.
453 AIMOR 15.1.3, cartella 9C.

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144
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
Don Rudolf Frey ricorda:
“Ascoltava volentieri qualche fatterello dei Santi, e non gli si poteva fare
più grande piacere che parlare delle cose spirituali. Spontaneamente talvolta
interruppe: – «Oh che bel paradiso, che musiche, canti, luci, che allegria e
contentezza, che processioni e feste lassù!»454. Il coadiutore Luigi Ghezzi (1888-
1974) precisa: “Altre volte diceva; «Il paradiso è Dio, è lui il paradiso, e dove non
c’è Dio è l’inferno»”455. Il sig. Cesare Aselli: “Quando ci si intratteneva con lui,
non si sentiva altro che paradiso e i suoi godimenti. Sembrava un uomo convinto
d’essere stato lassù”. Don Edward Swider (1914-1967) scriveva da Czestochowa
il 25.08.1961: “Ho sentito tante volte le espressioni che uscivano dal suo cuore:
«Signore, Signore, come sei grande, come sei bello! I Santi, oh! i Santi: che cosa
fanno in paradiso?» E subito rispondeva: «Adorano Dio, godono Dio, riposano in
Dio»”456. Il trappista p.Daniele Avedissian: “In cortile, in ricreazione, ci parlava
sempre del Cielo e il suo volto s’illuminava d’un sorriso celeste ogni volta che
pronunziava la parola “paradiso”; allora volgeva gli occhi in sù e sembrava che ne
pregustasse la dolcezza”457.
Don Eraldo Derossi (1905-1972), versato in teologia, maestro dei novizi,
apostolo dei giovani oratoriani, riassume:
“Visse sempre di fede, e di una fede viva, robusta, straordinaria sia nel
suo interno sia in tutte le manifestazioni della sua vita esteriore. Fede a base di
grande amor di Dio, di abbandono totale e completo nella sua Provvidenza, per il
compimento semplice, sì, ma eroico dei suoi doveri di religioso. Il suo esteriore,
sempre calmo, sorridente e sereno, spirava un’aria di paradiso che incantava. /…/
Era opinione comune che egli viveva più per il cielo che per la terra. In mezzo a
tanto traffico e lavoro disparato, il signor Srugi, nell’intimo del suo cuore, viveva
abitualmente in un mondo superiore, nella visione dolcissima d’un altro mondo a cui
doveva naturalmente aspirare con tutto lo slancio dell’anima sua. Io sono convinto
che quel santo uomo nei suoi intimi colloqui con Dio e con i Santi già pregustava un
qualche cosa della patria celeste, a cui doveva anelare con tutto lo slancio della sua
bell’anima, tutta piena di cielo”458.
Simone, per l’intuito-istinto del dono della sapienza teologale, sperimentava
la gioia della fede come “sostanza delle cose sperate e prova di quelle che non si
vedono” (Heb 11,1); essa “ci dona già ora qualcosa della realtà attesa /…/ attira
dentro il presente il futuro, e così le cose future si riversano in quelle presenti
e le presenti in quelle future” (Benedetto XVI, Spe Salvi, nn. 7, 9). Questa
compenetrazione di realtà storica ed eterna, umana e angelica Simone la viveva
anche nella sua pietà eucaristica; alla sua confidente suor Tersilla rivelò il motivo
454 AIMOR 15.1.1, cartella 2, busta 7, primo gruppo, n.9.
455 AIMOR 15.1.3, cartella 9C.
456 AIMOR 15.1.1, cartella 2, busta 7, secondo gruppo, n.6.
457 AIMOR 15.1.2, cartella 8, senza numero.
458 AIMOR 15.1.2, cartella 8 senza numero, pp. 2, 4.
“Finestre” particolari
145
per cui nella processione del Corpus Domini voleva sempre portare una delle aste
posteriori del baldacchino:
“Per vedere di continuo l’Ostia santa, adorare Gesù con gli angeli del paradiso
che sono miriadi, prìncipi della corte celeste, scesi dal paradiso per fare scorta
d’onore a Gesù Eucaristico. Noi miserabili creature siamo incapaci di rendere tanto
onore a Gesù e perciò ci uniamo agli angeli e offriamo a Gesù il loro amore e la loro
adorazione. Che gioia ed onore per noi contemplare il SS.Sacramento! Gesù che
gira attorno alla nostra casa per benedirci, benedire la nostra campagna e il mondo
intero”459. [Foto n. 43]
1.2. Per Simone questa esperienza non avvenne qualche rara volta e per caso; era
invece un atteggiamento abituale, che egli rinnovava ogni giorno, nel mentre espletava
le sue varie occupazioni a servizio del prossimo concreto. La “comunione degli Angeli
e di Santi” non era solo un articolo del “Credo”, ma una compagnia coltivata come
“tema e variazioni”. Merita riportare quasi per intero la lunga testimonianza di suor
Tersilla460.
“La settimana era per lui un ininterrotto inno di lode a Dio. /…/ Il lunedì lo
teneva consacrato alle anime sante del purgatorio, ed era solito dire: «Molte sono
quelle anime che lodano Dio anche se non lo vedono. Offriamo il nostro lavoro in
loro suffragio». Durante il giorno me ne parlava con accenti ispirati, e i suoi occhi
limpidi erano rivolti al cielo in atteggiamento di preghiera”461.
“Il Martedì era per l’Angelo Custode. Mi diceva: «Suora, qui ci sono due
angeli custodi, il suo e il mio. Pensi: due prìncipi della corte celeste! Com’è buono
il Signore che ha pensato a dare a ciascun uomo un angelo custode. Sono milioni,
quanti sono gli uomini» E mentre diceva questo, il suo volto sfavillava di gioia. Una
volta gli dissi: «Signor Srugi, chissà lei quante volte avrà visto l’angelo custode?» Io
dicevo così perché, dato che parlava sempre con così grande trasporto, ero convinta
che lo vedesse. Ma lui mi rispose subito: «Io sono un meschino. Non ho mai visto il
mio angelo custode, ma lo sento sempre. Tutto quello che oggi facciamo, offriamolo
all’angelo custode: egli lo porterà alla Madonna e la Madonna a Gesù».
L’exallievo Dīb Mahmūd Hasan al-‘Aisy, il 28 settembre 1982, di fronte ai
membri del tribunale ecclesiastico attestò d’averlo sentito parlare con il suo angelo
custode: un giorno Srugi non si era presentato in classe, lui andò a cercarlo in camera
e lo trovò
“inginocchiato sull’inginocchiatoio con le braccia aperte e leggermente alzate,
che guardava in alto invocando il Signore e parlando con un angelo bianco. Io ho
459 Hierosolymitana ..., pag. 223.
460 AIMOR 15.1.3, cartella 9C, pp. 4-5.
461 Il signor Dikrān aggiunge un particolare: il 2 agosto Simone cercava di lucrare quanto più spesso
possibile a favore delle anime del purgatorio l’indulgenza della Porziuncola; ogni momento libero
dai soliti doveri faceva una visita in chiesa, invitando ad accompagnarlo gruppetti di ragazzi, “i quali
lo seguivano come i pulcini la chioccia”: AIMOR 15.1.1.

9.3 Page 83

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146
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
preso una grande paura; il volto del sig. Srugi era molto pallido. Chiusi la porta e
ritornai al mio posto”462.
“Il Mercoledì era tutto per san Giuseppe, “l’economo della casa”, come era
solito chiamarlo. Mi disse tante e tante volte: «Da san Giuseppe, grande santo,
dobbiamo imparare l’umiltà, il silenzio, il nascondimento, e l’amore a Gesù
Bambino, che egli tiene stretto al suo cuore. Che cosa non era san Giuseppe per
Gesù e per la Madonna!»
Il Giovedì era consacrato al SS.Sacramento, che era per lui oggetto di particolari
attenzioni. Malati, mulino, nessuna fatica lo poteva distogliere da Gesù Eucaristico.
Nel lavoro continuo e faticoso, sempre trovava modo di parlare della bontà di Gesù
nell’istituire la SS.Eucaristia, cibo delle anime. Parlava del modo di essere veri
adoratori di Gesù Eucaristico. Per questo penso che si doveva nutrire anche di letture
che riguardavano l’Eucaristia, perché nel parlarne aveva sempre accenti nuovi. E
quei sentimenti di certo non gli spuntavano improvvisi, perché so che il tempo che
gli restava libero lo passava in chiesa davanti al SS.Sacramento, anche due, tre ore di
seguito. Spiritualmente era sempre davanti a Gesù Eucaristico in adorazione.
Nel giorno di Venerdi appariva alquanto taciturno, ed il suo volto era come
velato da un senso di tristezza. Quel giorno parlava di meno, taceva molto. Era
compreso di viva compassione per Gesù e se lo rappresentava nel sinedrio, da Erode,
da Pilato, lungo la via dolorosa e sul Calvario. Diceva soltanto frasi molto brevi, e
parlava più che con le labbra, con l’espressione del volto. Io non facevo fatica ad
accorgermi che egli meditava sulla passione e morte del Signore, e che la sua anima
era tutta unita a quella sofferente di Gesù. Sentiva la passione del Venerdì Santo,
e a quel pensiero e a quella meditazione si accendeva di novello ardore per la sua
missione, perché ogni giorno più sapeva vedere Gesù in chi era malato o comunque
sofferente. Nel giorno di Venerdi parlava con tale accento di amore e di mestizia,
riflettendo alla morte di Gesù, che si commoveva, e mi ripeteva le parole di Gesù in
croce: «Madre, ecco tuo figlio! – Figlio, ecco tua Madre! (Gv 19,26-27) Noi siamo
figli di Maria, la nostra dolce e buona mamma, ed essendo figli di tanta madre, noi
siamo i fratelli di Gesù. Cosa non dobbiamo fare per piacergli sempre di più?» E
questa posso asserire che era una delle espressioni sue più frequenti. /…/
Il Sabato era come una schiarita, un giorno luminoso di sole e di azzurro, tutto
consacrato al ricordo della Madonna. Soleva dire: «La nostra cara mamma, la nostra
imperatrice! Che la Madonna sia la mia mamma è una cosa meravigliosa. In paradiso
voglio stare sempre tra le sue braccia!» e così parlando s’inteneriva. Io gli dicevo:
“Se lei continua di questo modo la Madonna verrà a prenderlo”. E lui ribatteva
pronto: «Sono un povero meschino!» Era solito recitare oltre al santo rosario intero,
le “Sette allegrezze di Maria”, e non tralasciò un giorno di recitarle; mi diceva che
non riusciva a prendere sonno se prima non le avesse recitate. A maggio il suo ardore
mariano sembrava prendere come un nuovo slancio. Mi diceva: «Ora cominciamo
462 CONGREGATIO PRO CAUSIS SANCTORUM, Hierosolymitana..., pp. 358-359. Già il 7
novembre 1961 il sig. Dīb aveva riferito questo episodio, ma a don Ibrahīm Khoury non era parso
importante trascriverlo: cf AIMOR 15.1.3, cartella 9B, fascicolo “Testimonianze III”, p. 12.
“Finestre” particolari
147
il mese della Madonna. Che cosa dobbiamo fare? Mortificare gli occhi (egli che
li aveva sempre così modesti e raccolti), praticare la virtù della pazienza (posso
attestare che in 14 anni mai lo vidi perdere la pazienza, e dire che di occasioni ce ne
furono a mille!), fare il nostro lavoro in compagnia della Madonna. Dobbiamo ogni
sera offrire un bel mazzo di fiori spirituali alla Madonna, di buone azioni compiute
in suo onore e per amor suo. Poi andremo a goderla in paradiso e canteremo al Figlio
suo Gesù: “Santo, santo, santo”, per tutta l’eternità». E quando diceva queste parole
sorrideva contento quasi pregustasse la felicità del paradiso. /…/ Così santificava
la settimana, in un crescendo continuo di lode a Dio. Questo ho avuto la fortuna di
poterlo constatare per ben 14 anni. E fu per me una vera scuola di edificazione e di
vita spirituale. E mi parve sempre che ricominciasse la settimana senza mai fermarsi
e senza mai ripetersi, sostenuto da una fede che lo accompagnava in ogni atto della
sua giornata, tutta intesa al servizio di Dio e del prossimo”463.
Ovvio che durante la domenica viveva ancora più pienamente e gustava più
intimamente l’unione con Dio. E dopo essersi così “ricaricato”, il lunedì era pronto a
riprendere con slancio la sua vita di contemplativo nell’azione! Don Derossi riassume
molto bene questa unità di amore di Dio e servizio del prossimo, che in lui era uno
stato di grazia abituale:
“L’anima di Srugi doveva essere ricolma d’amore di Dio, se è vissuto come è
vissuto e ha fatto quello che ha fatto e nel modo in cui l’ha fatto. Per lui vi era una
sola cosa che gli stava a cuore più di tutto e al di sopra di tutto: farsi santo nella
perfetta osservanza della vita religiosa salesiana. Dio lo respirava come si respira
l’aria: tutto il suo vivere era impregnato di Dio. /…/ Per l’anima sua assetata di
Dio era come una necessità potersi raccogliere in un devoto silenzio per poter più
facilmente coltivare quella vita interiore che per lui era come una seconda natura”464.
Grazie a questi che si potrebbero chiamare “esercizi spirituali settimanali”,
per Simone diviene connaturale “dimorare nei cieli con Cristo”, mantenendosi ben
radicato nella terra dei suoi doveri quotidiani verso i destinatari concreti. Egli è
mistico nel mentre in cui esegue (concentrato, con calma imperturbabile e precisione)
le azioni più usuali: assistendo i ragazzi in classe o in cortile, prepararando unguenti
e pasticche, disinfettando piaghe e fasciando ferite, facendo bollire sulla spiritiera
le siringhe per le iniezioni, pesando sacchi di granaglie e consegnando la farina nel
mulino … Tutto e sempre con semplicità e amabilità tali che coloro che lo accostavano
restavano edificati e attirati.
Simone viveva abitualmente lo spirito del “lavoro santificato e santificante”,
condividendo praticamente l’affermazione di don Rinaldi: “Il Signore venne quaggiù
a redimerci con la santificazione del lavoro prima ancora che con lo spargimento del
suo preziosissimo sangue” (cf p. 53). Con il linguaggio dei nostri giorni, possiamo dire
463 AIMOR 15.1.3, cartella 9C, p.5
464 AIMOR 15.1.2, cartella 8 senza numero, pp. 2, 4.

9.4 Page 84

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148
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
che Srugi impersonava l’articolo 95 delle Costituzioni salesiane rinnovate (edizione
2015): «Il bisogno di Dio, avvertito nell’impegno apostolico, porta [il salesiano]
a celebrare la liturgia della vita, raggiungendo quella “operosità instancabile,
santificata dalla preghiera e dall’unione con Dio”, che dev’essere la caratteristica
dei figli di don Bosco». E raggiuse quella “grazia di unità” che don Egidio Viganò
(1920-1995) ha ricollocato al centro della spiritualità salesiana465.
2. Cerimonie. Spirito liturgico e vita come liturgia
Per anni Simone fu incaricato della sacrestia, confezionò le ostie per la Messa,
insegnò ai ragazzi a servirla in latino e in arabo (secondo le forme di allora), con un
modo di fare graduale e paziente e con gioia tali che dimostravano sia il suo amore a
Gesù sia la sua arte di educatore466. Fra i ruoli che ricoprì ci fu quello di cerimoniere
nelle feste, solennità e specialmente durante la settimana santa. Va tenuto presente il
contesto: allora la liturgia era quella del Concilio Tridentino, in lingua latina; Simone
era un laico, sovraccarico di impegni in infermeria, nell’ambulatorio e al mulino;
i ragazzi del piccolo clero che preparava non erano aspiranti, ma garzoni addetti a
lavori manuali, in quello che era un orfanotrofio agricolo, non un seminario. Nel ruolo
di cerimoniere noi vedremmo più naturale un chierico oppure un sacerdote, versati
in latino. Perché lo faceva proprio lui? Perchè confratelli e suore, gente di casa e
ospiti (tra i quali preti e vescovi) ne restavano edificati? Qual è il segreto che rendeva
l’umile coadiutore così felice quando poteva servire all’altare come cerimoniere?
2.1. Un cerimoniere non comune
Abūna Butrus Cattān è tra i primi a darci una risposta rivelatrice nel 1950:
“Egli vedeva nella persona del cerimoniere non so che di sacro. Servire all’altare
per lui è una cosa santa, è partecipare col sacerdote al sacrificio della santa Messa.
Quindi lo faceva con tanta devozione e spirito di pietà e amore a nostro Signore Gesù
Cristo. Come ci teneva ad indossare la veste talare e con quanta cura preparava le
cerimonie! Sempre puntuale, chiamava i giovani che dovessero servire e insegnava
loro con molta carità e pazienza i vari uffici della Messa solenne, cantata. Tutti
coloro che vi assistevano vedevano in lui la precisione nelle cerimonie e lo spirito di
pietà e devozione che informavano tutti i suoi movimenti”467.
Il coadiutore Luigi Ghezzi dice:
“Gli piaceva tanto fare da cerimoniere. E meritava di essere messo a fare tale
ufficio, perché sapeva ispirare con il suo contegno la pietà in tutti. Era un santo nel
servire la santa Messa e nel fare il cerimoniere”468.
465 Egidio VIGANO, L’interiorità apostolica. Riflessioni sulla «grazia di unità» come sorgente di
carità pastorale. Leumann: LDC, 1995. Tema rivisitato dai suoi successori in un volume della stessa
editrice, curato da Rossano Sala nel 2020.
466 Numerose le testimonianze, particolarmente bella quella del signor Dikrān in AIMOR 15.1.1.
467 AIMOR 15.1.2, cartella 8.
468 AIMOR 15,1,3, cartella 9C.
“Finestre” particolari
149
Evidentemente, quella coscienza di “partecipare al sacrificio sacerdotale” e quella
competenza cerimoniale, non gli provenivano per scienza infusa! Anche a questo
compito Simone si era abilitato con un lungo apprendistato, sfruttando le opportunità
che la tradizione salesiana gli offriva. Don Michele Rua, tra le buone pratiche
prescritte ai direttori perché promuovessero quella che oggi chiamiamo “formazione
permanente” dei confratelli (conferenze mensili, rendiconto, scuola di teologia ai
tirocinanti, soluzione dei “casi” mensili di morale e di liturgia), raccomandava:
“Né si ometta la recita e spiegazione di dieci versetti del Nuovo Testamento e la
scuola di cerimonie. Questa scuola settimanale giova immensamente per conservare
ed accrescere nei chierici lo spirito di pietà e l’amore allo studio. Somigliante
sollecitudine vi raccomando pei cari Confratelli Coadiutori”469.
L’accuratezza di Srugi nel trascrivere in italiano le rubriche latine, la sicurezza e
precisione unita a semplicità e naturalezza nel “dirigere” le cerimonie, dimostrano che
anche nello svolgimento di questo suo ministero liturgico, Srugi si faceva docilmente
istruire da qualche sacerdote o chierico e attingeva a opere sostanziose di autori
contemporanei. Qui non mi sono proposto di fare una ricerca esaustiva; espongo solo
alcuni risultati di una esplorazione iniziale.
2.2. Fonti teologiche. Maestri e modelli
2.2.1. Il Vademecum dei giovani salesiani di don Giulio Barberis (1847-1927),
che don Bianchi gli aveva messo tra mano e Simone usava spesso, è stata una delle
fonti più dirette470. Nel capitolo sulla Messa l’autore spiega che Gesù “è la medesima
vittima e il medesimo sacrificatore principale, il primario e vero offerente di questo
santo sacrificio /…/ I sacerdoti non ne sono che i servitori” (p. 111); “elevati a
rappresentarlo, tengono le veci di Gesù ed agiscono nel nome di Gesù: essi sono i
ministri, gli istrumenti che gli prestano le loro mani e la loro voce” (p.113).
“Ma bisogna ancora sapere che in terzo luogo sono offerenti del sacrificio
anche quelli che partecipano alla santa Messa, poiché tutti i fedeli in unione di Gesù
e del sacerdote, hanno il potere di offrire il santo sacrificio. /…/ Tengo per certo
che una delle più eccellenti grazie che Dio abbia accordate a tutti i fedeli, senza
distinzione di sesso, d’età o di stato, sia questa che non abbia concesso ai sacerdoti
soltanto, ma altresì a tutti gli uomini, di poter offrire a sua divina Maestà questo
augusto sacrificio. È per questo che l’apostolo san Paolo [sic!] proclamò i fedeli:
“Stirpe eletta, sacerdozio regale, gente santa, popolo di acquisto, affinché esaltino
le virtù di colui che dalle tenebre li chiamò all’ammirabile sua luce”: Vos autem
genus electum, regale sacerdotium, gens sancta ... (1Pt 2, 9). Che privilegio hai
tu, sebbene non sacerdote, di poter offrire così facilmente il corpo e il sangue del
469 RUA, Lettere Circolari, p. 115.
470 Il Vade Mecum dei giovani salesiani. Ammaestramenti, consigli ed esempi esposti agli ascritti
ed agli studenti della Pia Società di S.Francesco di Sales dal Sac. Teol. Giulio BARBERIS. Editi
nell’occasione in cui compiva il xxv anno della sua carica di Maestro dei Novizi. S.Benigno
Canavese, Scuola Tipografica Salesiana, 1905, 2a edizione, due volumi. La prima è del 1900.

9.5 Page 85

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150
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
Salvatore! Oh approfitta di questo potere, esercita tutti i giorni quel sacerdozio di
cui la misericordia di Dio ti ha rivestito, e pensa proprio di unirti spiritualmente al
sacerdote, e ad offrire con lui il divin sacrificio; senza questo non sentiresti bene la
Messa, perché ascoltare la Messa non è solamente essere presente materialmente, è
offrire il sacrificio in unione col sacerdote” (p.113-114).
“Adesso considera attentamente qual grande grazia ti concede Gesù Cristo
facendoti spiritualmente sacerdote durante la santa Messa: egli ti dà il diritto di
offrire questo sacrificio non solo per te, ma, a modo dei sacerdoti, anche per gli
altri, cioé per coloro, chiunque essi siano, per cui l’offri. E questo è certo, poiché
nel Canone della Messa il sacerdote dice espressamente non essere il sacerdote
solo che offre il sacrificio, ma essere tutti i circostanti: Pro quibus tibi offerimus,
vel qui tibi offerunt hoc sacrificium laudis, pro se suisque omnibus. E nell’Orate
fratres, il sacerdote voltandosi ai fedeli aggiunge: Ut meum et vestrum sacrificium
acceptabile fiat apud Deum Patrem omnipotentem. E dopo l’elevazione del calice
il sacerdote ripete che non è egli solo, ma unito al popolo (nos servi tui sed et
plebs tua sancta) che offeriscono alla sovrana Maestà un sacrificio puro, santo ed
immacolato” (p.114-115).
Penso che Srugi si sia appropriato di questi principi e se ne sia lasciato animare
quando serviva la Messa “privata” al confratello sacerdote presto al mattino, come
quando poi partecipava con i ragazzi alla Messa della comunità, e anche quando
faceva da cerimoniere471.
2.2.2. Don Dal Maso indica uno dei libri su cui si preparava:
“Ripassava in antecedenza il libro delle cerimonie del Vismara e durante la
funzione era impeccabile. Dava gli ordini con un filo di voce, accompagnato da
un delicato gesto con le mani. Si riteneva felice quando poteva fare la parte del
cerimoniere. La faceva con gusto, decoro e dignità”472.
Don Eusebio Vismara (1880-1945), docente nel teologato salesiano di
S.Benigno Canavese, tra il 1908 e 1912 pubblicò due volumi del Manuale di sacre
cerimonie, ad uso dei chierici, che divenne il testo su cui ogni salesiano candidato
al sacerdozio, nei primi decenni del secolo scorso, si preparava per l’esame di
liturgia e la pratica delle cerimonie473. Copia del manuale si trova nella biblioteca
di Betgamāl; ciò non meraviglia: si è già visto che don Vismara vi era stato nel
1919 come accompagnatore di don Ricaldone, e allora potrebbe averlo omaggiato
ai confratelli. Il primo volume contiene quattro pagine sull’ufficio del cerimoniere,
che secondo le norme canoniche
471 Simone conobbe fugacemente don Barberis nel 1891 quando accompagnò i primi salesiani a
Betlemme. Oltre che nel Vademecum don Barberis spiega l’Eucaristia come sacrificio e come
sacramento nel Nuovo Manuale di Filotea, pp. 372-400.
472 AIMOR 15.1.3, cartella 9 C.
473 Manuale di Sacre Cerimonie, ad uso dei chierici. Volume I. S.Benigno Canavese: Libreria Editrice
Don Bosco, 1910, 2a ediz., 433 pp.; Vol. II: Funzioni Straordinarie…., 1912, 297 pp.
“Finestre” particolari
151
“deve essere un sacerdote o un chierico in sacris” (152-153) “un chierico
speciale” (149). “Egli non è un servo, né un comandante delle persone che sono
all’altare. Suo ufficio è di vigilare, regolare e guidare le singole funzioni: egli è un
magister o moderator. Per bene compiere il suo ufficio egli dovrebbe conoscere
bene e a fondo le cerimonie, in tutte le loro parti, colle attribuzioni tutte dei singoli
ministri, sia maggiori che minori. Dovrebbe perciò essere una persona istruita ed
insignita degli ordini sacri” (150-151). Dia le istruzioni “in modo modesto e discreto,
con voce sommessa e, se possibile, col solo cenno” del capo o della mano (151).
È ovvio che a Betgamāl si interpretavano questi principi e norme in modo
accomodatizio, e che Simone era ben lungi dall’attribuirsi uno status clericale! Nel
secondo volume del Vismara trovava le indicazioni lunghe e minuziose riguardanti
l’ufficio del cerimoniere, in particolare per le “funzioni straordinarie” della Settimana
Santa (pp. 86-277).
Uno dei libri che Simone personalizzò in modo originale e conservò con cura è
l’Uffizio della Settimana Santa coll’aggiunta delle dichiarazioni in lingua volgare474.
Tra le paginette del testo latino, incollò foglietti delle stesse dimensioni, manoscritti
a penna in italiano, contenenti le parti del cerimoniere. Essi derivano dal manuale del
Vismara, anche nei disegni, riprodotti in scala, riguardanti la posizione dei celebranti
e dei servienti rispetto all’altare. Conoscendolo, possiamo dire che per lui questa
precisione non era solo qualcosa di funzionale e tecnico, per fare eseguire una bella
funzione, dignitosa e impeccabile. Egli era certamente animato dal desiderio di rivivere
i misteri centrali della nostra salvezza (entrata a Gerusalemme la domenica delle
palme, ultima cena, passione, morte e risurrezione di nostro Signore), diventandone
quasi contemporaneo. È questa volontà di immedesimarsi con il protagonista e gli
attori del dramma storico-salvifico, la ragione che motiva la sua precisione nei dettagli
cerimoniali e rubricali. Senza la prima non si spiega la seconda.
2.2.3. Questa stessa motivazione lo sosteneva nel vivere le varie ore della
giornata in “perenne rendimento di grazie”. Aveva copia personale del Breviario dei
Fedeli Latino-Italiano con note storico-liturgiche (Torino-Roma: Marietti, 1922), del
padre Edmondo BATTISTI benedettino della badia di Finalpia (Genova). In capo
alla pagina iniziale scrisse a matita la data in cui gli fu donato: 1-4-1923. L’autore
con questo libro (gemello del suo “Messale dei Fedeli”), si proponeva di contribuire
al “movimento liturgico che /…/ ne siamo certi, quind’innanzi si affermerà sempre
più largamente, facendo rifiorire in mezzo al popolo nostro quella soda pietà, quelle
maschie e cristiane virtù, che una partecipazione veramente intelligente, attiva e
fattiva, è destinata a produrre nelle anime” (p. xi). Esso conteneva anche l’“Ufficio
Piccolo della B.V.Maria” (e non “Piccolo Ufficio…”!), che veniva recitato da
474 [Anonimo] Uffizio della Settimana Santa coll’aggiunta delle Dichiarazioni in lingua volgare.
Torino: Libreria Salesiana Editrice, 1904, 48a ediz. Conservava pure un Messalino in Arabo sul
quale aveva scritto a matita il suo nome; esso contiene: Rutbat al Quddās [Rito della Messa], Ahad
ash-Sha‘anyn [Domenica delle Palme], Alam Saydna Yasūʻa-l-Masyh [Passione del Nostro Signore
Gesù Cristo], Yaum al Ithnain min al Gumʻat al ʻathīm [Secondo giorno della Settimana Solenne].

9.6 Page 86

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152
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
confratelli e ragazzi nelle case salesiane. E a complemento dell’ufficio dei Defunti
aveva l’“Ordine di seppellire i pargoli”, tra le cui pagine Srugi aveva inserito un
segnalibro di carta stagnola, prova che vi si riferiva quando, dopo aver battezzato
bimbi moribondi, li seppelliva475. Ma in questo libro (ricco di “annotazioni di natura
prevalentemente mistica o spirituale”: p. xiv) Simone poteva trovare ben altro, per
alimentare il suo atteggiamento di “preghiera continua”; nell’introduzione l’autore si
sofferma a spiegare che
“l’Eucarestia [è il] centro dell’ufficio divino”, secondo “l’intimo legame che
passa tra il sacrificio della lode e il sacrificio della Messa” (p.1). Esso “dà unità alla
nostra vita riunendola affettivamente ed effettivamente con Gesù eucaristico mercé
la preghiera e la santificazione pratica della nostra giornata. Perché /…/ l’Eucaristia
com’è centro di tutta la vita cristiana, così lo è ancora di tutto l’ufficio liturgico” (p.6).
“Unirci a Gesù, vivere della sua grazia e trasformarci in lui, ecco il compito precipuo
della nostra esistenza, ed ecco anche il fine che la liturgia si sforza di renderci più
accessibile. Ora la S.Eucaristia è per eccellenza il sacramento di unione, e la sua
grazia particolare è grazia di trasformazione abituale e attuale in Gesù Cristo. Per
questo la S.Eucaristia diviene il centro del dogma, della morale, del culto, di tutta
la vita cristiana; essa è il punto donde partono e il centro verso cui convergono tutte
le pratiche liturgiche, onde dobbiamo concludere che l’ufficio divino, come tutta la
nostra vita cristiana, dev’essere una continua preparazione e una continua azione
di grazie alla SS. Eucaristia” (pp.6-7). Esso “è indirizzato precisamente a questo
doppio fine, cioè di convertire la nostra intera giornata in un’ardente e continua
preghiera, secondo il precetto del Signore: «Bisogna pregar sempre e non stancarsi
mai» (Lc 18,1) e di fare di noi medesimi un’immolazione continua, un’ostia viva
e santa unendoci a Gesù e vivendo della sua vita non soltanto nell’atto della santa
Comunione, ma nel corso di tutta la giornata, accettando generosamente tutti
i sacrifici che ci impone la santificazione degli atti della nostra vita quotidiana”
(p.8)476. “Noi non possiamo aspirare a niente di più grande e di più nobile che
all’intima comunicazione con Dio e alla partecipazione delle lodi ineffabili che le tre
divine Persone si rendono tra loro da tutta l’eternità” (pp.13,14)477.
2.2.4. Mons. Luigi Barlassina (1872-1947), patriarca latino di Gerusalemme
(1920-1947), era un cultore della liturgia, rigoroso con se stesso ed esigentissimo
con i suoi preti in materia di cerimonie. Durante gli anni del suo ministero patriarcale
venne a Betgamāl in numerose circostanze e presiedette celebrazioni solenni478. Il
nostro Simone ebbe modo di vederlo celebrare sia in casa sia nel vicino santuario
475 Come testimonia il laico Gino Neri in AIMOR 15.1.3, cartella 9C.
476 Cf PES 274. Don Bosco aveva insegnato a Domenico Savio a vivere la sua giornata proprio in questo
modo: cf Giovanni BOSCO, Vita del giovinetto Savio Domenico ..., capitolo 14°. Don BARBERIS
nel Vademecum, parte III, capitolo 9°, raccomandava di fare lo stesso.
477 Si direbbe che in alcuni punti il Battisti anticipi temi della Sacrosanctum Concilium e l’incipit della
costituzione apostolica Laudis Canticum di Paolo VI.
478 Abbiamo visto nella sezione storico-biografica che vi trascorse l’intera ottava di S.Stefano nel
1922; conferì l’ordinazione sacerdotale a don Rodolfo Frey nella cripta (16.3.1929) e consacrò
solennemente il Martyrium (3.8.1930): cf AIMOR 4.4.2.
“Finestre” particolari
153
di Deir Rafāt per la festa annuale di “Maria Regina di Palestina”; a sua volta Mons.
Barlassina vide Simone fare da cerimoniere479.
Nel libro Sacerdoti Litanti il patriarca raccolse i suoi insegnamenti riguardanti
la celebrazione della santa Messa480. Sulla prima e terza di copertina campeggia
una citazione di s.Francesco di Sales: “Allorché sono all’altare, vi sono tutto intero;
nulla mi distrae, e perdo di vista tutte le cose di questo mondo”. A me qui interessa
rilevare il tema dominante della seconda parte (“Elevazioni soprannaturali durante la
S.Messa”: pp. 41-51): nei vari momenti della Messa il celebrante deve conformarsi
a Gesù che si incarna, entra nel mondo per compiere la volontà del Padre, illumina
le genti con la luce della sua predicazione [il sacerdote “nell’epistola e nel s.Vangelo
trova le direttive di sua vita: se le mette in pratica diventerà evangelo vivente tra i
fedeli” (p.46)]. All’offertorio:
“Meglio che su patena dorata, Dio gradisce l’offerta deposta su un cuore adorno
della duplice carità. Insieme alla materia del sacrificio, il sacerdote presenti anche
se stesso, anima e corpo, e preghi Dio di trasformarlo in Gesù Cristo: ejus divinitatis
esse consortes. Così diventi quale deve essere, per dovere del suo sacerdozio: hostiam
viventem, sanctam, Deo placentem. Né altrimenti può definirsi il vero sacerdote se
non una vittima permanente per essere omnibus omnia factus; sempre immolato alla
gloria di Dio e al servizio del prossimo, con generoso sacrificio del tempo, delle
sostanze, dei gusti, del riposo, della vita stessa” (p.46-47). Questa immedesimazione
culmina nella comunione eucaristica:
“Unione intima ineffabile di Gesù con il suo sacerdote; è il mistero della goccia
d’acqua che, confusa con il vino, si trasforma con esso in sangue divino. Il sacerdote
che ha comunicato deve dire: Gesù è mio, io perciò devo e voglio essere tutto suo”
(p.50). Infine raccomanda il prolungamento nella giornata: “Pii sacerdoti costumano
(come fanno peranche moltissime anime devote) dividere in due le ventiquattro ore:
metà in ringraziamento della S.Messa celebrata, e metà in preparazione a quella
del giorno seguente. È il miglior modo di rendere efficacissima la partecipazione
all’adorabile Sacrificio” (p.51).
Il contenuto di questo libro, benchè stampato nel 1944 e rivolto direttamente al
sacerdote ordinato, non restava al di fuori della portata di Simone: sia materialmente,
perché alcuni dei temi ivi assemblati erano stati toccati dal patriarca nelle sue prediche,
indirizzi e Lettere Pastorali che venivano regolarmente lette in comunità481; e perché
479 Lamentava che “i sacerdoti, i quali si rendano esatto conto del pregio delle sacre ceremonie,
purtroppo non sono molti; quindi sono rari quelli che le studiano minuziosamente nei dettagli e
le praticano diligentemente” (Sacerdoti Litanti, p. iii-iv). Stimava Simone un santo e si affidava
alle sue preghiere; dopo la morte raccomandò di tenere conto di ciò che lo riguardava, in vista di
un processo canonico: cf le testimonianze convergenti di don Gorla, don Cattān e don Spiridión in
AIMOR 15.1.2, cartella 8. Un piccolo dettaglio: nel quaderno dei battesimi, leggiamo che Simone
impose a 7 bimbi il nome Luigi e 4 di loro li chiamò addirittura “Patriarca Luigi”.
480 Luigi BARLASSINA, Patriarca di Gerusalemme. Sacerdoti Litanti. Intus lege, comitare affectu,
custodi cæremonias. Jerusalem: ex typis Patriarchatus Latini, 1944.
481 Lettere pastorali. 1920-1945. Jerusalem: Imprimerie du Patriarcat Latin.

9.7 Page 87

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154
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
in materia di cerimonie egli si atteneva scrupolosamente alle direttive del patriarca; sia
concettualmente, perché quella spiritualità liturgica in chiave sacerdotale e sacrificale,
era possesso comune anche dei laici più impegnati come Simone, il quale d’altra
parte, la vedeva molto bene presentata nella vita e negli scritti del suo “serafico”
confratello don Andrea Beltrami482.
2.3. Dal mistero celebrato, alla vita come liturgia … e reciprocamente
È evidente che per Srugi non tutto cominciava con la preparazione immediata
(ripassare il manuale e fare le prove delle cerimonie col “piccolo clero”), né si
esauriva con l’Ite missa est! Egli viveva abitualmente in spirito liturgico; la grazia
delle celebrazioni traboccava nelle ordinarie occupazioni quotidiane che venivano
trasfigurate e vissute nello spirito del “sacerdozio regale”. Mi limito a richiamare
rapidamente alcuni degli atteggiamenti liturgici fondamentali che Simone viveva nel
corso della sua giornata di educatore, apostolo, infermiere, lavoratore. In questo modo
avremo una integrazione di quanto esposto nella prima parte di questa “finestra”, nel
senso che la dimensione liturgica non è che una componente della vita contemplativa
e mistica di Simone, e viceversa.
Tutta la sua giornata, dalle prime spontanee esclamazioni di preghiera a voce
alta in arabo subito dopo essersi svegliato, fino alla recita delle “Sette allegrezze di
Maria” a tarda notte prima di prendere sonno, era punteggiata di espressioni di lode
e benedizione, di ammirazione e giubilo per le meraviglie che Dio creatore compie
nella natura, e più ancora nella nostra redenzione, adozione a figli e santificazione.
Simone era persuaso che “Iddio abita nell’anima mia non meno sfolgorante
di luce e di gloria che nella gloria in cielo” (PRO 77), perciò l’adorazione in
spirito e verità gli era diventata abituale e animava le pratiche della “Crociata del
SS.Sacramento”, dell’“Ora di guardia” e le frequenti e prolungate visite in cappella
davanti al tabernacolo. Diceva esplicitamente che si sentiva sempre alla presenza di
Dio, in atteggiamento di gioioso e umile rendimento di grazie per i tanti benefici
divini a lui elargiti, lieto di essere stato scelto, lui così meschino, a fare parte del
“corteggio d’onore” di Dio, in compagnia degli angeli e santi in cielo.
La consacrazione religiosa con la pratica dei tre voti, come forma di vivente
olocausto, l’offerta delle azioni, mortificazioni, umiliazioni e sofferenze in unione
a Gesù e alla Madonna, il desiderio di conformarsi a Gesù vittima e sacerdote per
la salvezza delle anime, costituivano altri abituali atteggiamenti (come attesta suor
Tersilla; e come vedremo negli Scritti, parlando della devozione alle “Piaghe di Gesù
Crocifisso”). Santificare le sofferenze era un invito che Simone ripeteva a tutti: ai
cristiani come imitazione di Cristo, ai musulmani come opera meritoria per entrare in
paradiso483. Collegata ai precedenti era la preghiera di intercessione per la conversione
482 Cf don Dal Maso, in AIMOR 15.1.3, cartella 9C.
483 Cf l’altro suo libretto personale La Liturgia degli Infermi = Biblioteca Liturgica Popolare, n° 3.
Vicenza: Società Anonima Tipografica, 1915.
“Finestre” particolari
155
dei peccatori. Anch’essa alimentata dalla pratica degli “Uffici del S.Cuore”, e della
“Via crucis” …
La Messa è anche “frazione del pane”: Simone traduceva concretamente questa
dimensione eucaristica non solo distribuendo ai poveri quel pane e quella frutta che
sottraeva ai suoi pasti, ma “spezzando” la sua persona concreta, spendendo le sue
energie fisiche nel diuturno servizio ai bisognosi.
Infine, nutrendosi giornalmente del pane eucaristico, che è “pegno della
gloria futura”, egli pregustava nell’oggi la gioia del banchetto celeste e alimentava
quell’orientamento verso il Paradiso che era suo atteggiamento abituale.
Risultati
1. Restano confermate, su una base documentaria ampliata, le affermazioni del
primo biografo don Forti: la vita di Simone può essere intesa come una liturgia di lode,
nel senso che egli espletava tutti i suoi svariati compiti “vivendo il suo sacerdozio
regale con l’offrire a Dio il quotidiano sacrificio della sua vita a pro’ dei fratelli,
affinché in tutto e in tutti regni Cristo Signore”484.
2. Simone non conobbe i testi del Vaticano II, ma ebbe modo di vivere
anticipatamente qualcosa dello spirito del Concilio, grazie ad autori suoi contemporanei
che nei loro scritti indirizzati a tutti i fedeli laici aprivano prospettive di spiritualità
liturgica e sacerdotale che restano attuali ancora oggi. Senza dimenticare che la
santificazione del momento presente e delle occupazioni quotidiane è uno dei temi più
frequenti nel magistero salesiano di don Filippo Rinaldi, che Simone ha perfettamente
assimilato.
3. Quel suo fare il cerimoniere non nasceva dal desiderio di mettersi in mostra,
ma costituiva la manifestazione cultuale del suo zelo per la casa di Dio, cioè di quel
fuoco di amore che ardeva ininterrottamente sull’altare del suo cuore (come avremo
modo di vedere nella parte dedicata agli Scritti).
484 Il Cantore di Gesù è il titolo del capitolo 12° della biografia lunga: Un buon samaritano, concittadino
di Gesù (pp. 153-161); mentre l’affermazione si trova nel libretto sintetico: Un buon samaritano:
Simone Srugi, salesiano coadiutore. Genova-Sampierdarena: LES, 1967, pp. 17-18.

9.8 Page 88

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156
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
V. DON BIANCHI:
LINEE DI ACCOMPAGNAMENTO SPIRITUALE
AL SIG. NA‘ĪM CUMBĀZ
Don Eugenio Bianchi giunse a Betgamāl dopo aver svolto per 25 anni il ministero
di maestro di novizi e direttore di giovani salesiani nelle due case di formazione di
Foglizzo e di Ivrea (1886-1911); anche nel piccolo della nuova casa ebbe modo
di esercitare il suo prezioso servizio di guida spirituale, che prolungò attraverso la
corrispondenza con exallievi e confratelli. Na‘īm Cumbāz (1896-1992) è uno di questi
ultimi.
Nacque ad Aleppo il 26 ottobre 1896 da famiglia cattolica greco-melkita, e
rimasto orfano di padre fu accolto nella casa di Betlemme il 3 aprile 1907. Ignaro
d’essere già stato “cristianizzato” con tutti e tre i sacramenti dell’iniziazione, si preparò
a fare la “prima comunione” che ricevette nel 1908 insieme ai suoi compagni “latini”
dalle mani di don Michele Rua pellegrino in Terra Santa. Nella scuola professionale
di Betlemme apprese il mestiere di sarto; fece il noviziato a Cremisan nel 1915-16,
lo concluse con la professione triennale come salesiano coadiutore, che rinnovò nel
1919. Negli anni seguenti fece il tirocinio pratico a Betgamāl, dove era superiore
don Eugenio Bianchi che, nel mentre dava a tutti (confratelli, suore e giovani)
una direzione spirituale comunitaria (nelle prediche, conferenze, “buone notti”,
rendiconti mensili), in modo particolare accompagnò Na‘īm nella sua preparazione
alla professione perpetua che emise a Betlemme il 6 agosto 1922, alla conclusione
degli EE.SS485. Assegnato dall’obbedienza alla scuola professionale di Alessandria
d’Egitto, si tenne in corrispondenza epistolare col suo padre spirituale, il quale gli
inviò numerose lettere. Nell’archivio di Betgamāl se ne trovano 9 manoscritte con
calligrafia tenue; si collocano tra il 1922 e il 1928, cioè in quel periodo di formazione
iniziale, così importante per ogni giovane salesiano, fra la professione perpetua e
la specializzazione486. Probabilmente il signor Na‘īm le mise a disposizione di don
Sacchetti quando questi iniziò a raccogliere materiale utile a scrivere una biografia
di don Bianchi, morto l’11 gennaio 1931487. Penso utile occuparmene perchè offrono
un piccolo saggio dell’arte dell’accompagnamento spirituale in cui don Bianchi era
maestro. Finora ho riportato impressioni di altri su di lui, mentre in queste lettere è lui
stesso che si esprime.
485 AIMOR, Registro Coadiutori n° 37; AIMOR, Lettera mortuaria, scritta da don Vittorio Pozzo.
486 In ABG: Bianchi.
487 Farà lo stesso con le lettere che gli scrisse don Filippo Rinaldi, inviandole all’ASC, come informa
don Pozzo nella lettera mortuaria.
“Finestre” particolari
157
1. Le lettere nel loro contesto
1. La recente professione perpetua costituisce il punto di avvio dello scambio
epistolare: quell’evento assicura un aumento di grazia divina che, da una parte, inonda
l’animo di gioia e, dell’altra, comunica la forza per impegnarsi nella fedeltà alle
promesse fatte.
“Beitgemal, 15.10.22.
Naim mio carissimo nel S.Cuore di Gesù. Dopo la professione perpetua, come
va? Io spero che vada molto bene, perché il Signore coll’aumento di grazia ti darà
forza maggiore per santificare sempre più l’anima tua. Io avevo una mezza speranza
che quest’anno l’Ispettore ti avesse lasciato a Beitgemal, ma il Signore ha disposto
diversamente: Sit nomen Domini benedictum! Periagian [?] è andato a casa colla
promessa che sarebbe tornato sicuramente ma ora mi sa che la sua madre non vuole
assolutamente che ritorni qui, che anzi insieme a lei andrà in America dove sono i suoi
fratelli. Anche per questo Sit nomen Domini benedictum! Però quest’anno saremo
senza sarto488. Clemente da quest’anno ha finito il suo corso, ha trovato un buon
impiego presso un gran signore musulmano di Naplusa. Tutti dicono che è molto
buono ed ha una proprietà forse 4 volte come quella di Beitgemal489. Tu farai scuola
anche in quest’anno? Ebbene, cerca di fare del bene ai giovani che l’obbedienza
ti affida. Salutami D.Castellani e digli che preghi per me. Sii sempre fedele alle
promesse fatte e divoto di Maria SS. Ausiliatrice. Tante cose al Sig. Direttore e a
D.Banchero. Nel S.Cuore di Gesù ti benedico.
Prega tanto pel tuo Aff.mo in G. e M. Sac. E.M. Bianchi”.
2. Passati alcuni mesi, Na‘īm, pur dicendosi contento, non nasconde la fatica che
fa e le difficoltà che incontra nell’azione educativa e nell’obbedienza religiosa; il suo
maestro gli risponde il 12 aprile 1923, con una letterina affettuosissima (“bestiolina”,
“biricchini”, “scolaretti” …) ricordandogli che questo è quanto doveva aspettarsi,
secondo la promessa di Don Bosco.
“Beitgemal, 12.4.23.
Bestiolina mia carissima nel Sacro Cuore di Gesù. Quando leggiamo, ed io
l’ho sentito colle mie orecchie, che il nostro Ven. Padre D.Bosco diceva a chi voleva
aggregarsi nelle sue schiere, che gli avrebbe dato pane, lavoro e Paradiso, io provo
piacere e consolazione nei momenti in cui si è sopraffatti dalle fatiche, perché si
pensa che è D.Bosco che ci procurerà la gloria del cielo. Questo mi pare che abbia a
488 Non ho trovato riscontro in ABG: Scuola Agricola San Giuseppe. Registro dei voti degli Esami
Trimestrali, semestrali, finali e Licenza. Dall’anno 1919 al 1944-45; né nelle schede di ammissione,
e neppure nella “List of qualified pupils since 1920”.
489 Cf ABG: Registro dei voti ..., Clemente Tuhtarian figura come uno dei migliori allievi: negli esami
finali dell’anno 1920-21 totalizza 105/120 punti e riceve tre primi premi per agricoltura, applicazione
al lavoro e studio. Alla fine del 1922-23 ottiene la Licenza con 29/30, e gli viene consegnato un
Libretto della Cassa di Risparmio del “Banco di Roma”. Nel 1935 era impiegato nella “Fordson
Company, Tunis”: cf ABG-Allievi, “List of qualified pupils since 1920”.

9.9 Page 89

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158
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
succedere a te, in mezzo alle tue occupazioni. Deo Gratias! Coraggio, avanti: ricorda
sempre che quando farai bene l’obbedienza dei superiori, quand’anche le cose
comandate siano un po’ pesanti, D.Bosco sarà contento di te e non ti mancheranno
mai le divine benedizioni. Per me sarà sempre un motivo di consolazione il saperti
contento e felice in mezzo alle tue occupazioni, che disimpegnerai sempre nel
miglior modo possibile. Per me poi un altro motivo di consolazione è il sapere che
fai fare qualche comunione e qualche preghiera per me dai tuoi biricchini. Seguita e
te ne sarò riconoscentissimo. Anche io nelle mie povere preghiere ricordo te e i tuoi
scolaretti. Salutami gli amici e prega sempre pel
tuo aff.mo in G. e M. Sac. E.M.Bianchi”.
3. Vedendo avvicinarsi il termine dell’anno scolastico, Na‘īm esprime la
soddisfazione d’aver lavorato bene con i suoi ragazzi, anche dal punto di vista
devozionale (il mese mariano...) e professa di voler essere sempre un vero figlio di
Don Bosco. Nella veloce risposta del 3 agosto 1923 don Bianchi lo conferma nei suoi
buoni propositi, e lo informa di quello che, proprio in quel giorno, è stato l’evento
“stefaniano” più importante, reso memorabile dalla benevolenza del Papa Pio XI che
approvò l’“Opera del Perdono Cristiano”.
“Beitgemal, 3.8.23.
Naim mio carissimo nel S.Cuore di Gesù. Non so dirti quanto piacere mi
abbia fatto la tua carissima per le belle notizie che mi hai dato. Mi ha consolato
immensamente il sentire che hai passato un anno molto buono, conservandoti
sempre un vero figlio di D.Bosco e facendo del bene ai tuoi scolaretti. Deo gratias!
Maria SS. Ausiliatrice ti ricompenserà largamente per tutto quello che hai fatto per
Lei specialmente nel suo mese, e i giovani conserveranno una grata memoria di te ed
ameranno questa tenerissima Madre. Grazie delle preghiere che tu e i giovanetti avete
fatto per me. Oggi 3 Agosto gran festa a Beitgemal in onore di S.Stefano. Abbiamo
celebrato la Messa della comunità con altra Messa sulla tomba del S.Protomartire
all’aria aperta! È venuto a cantare la Messa il Custode di Terra Santa! Il Sig. Ispettore
ti conterà ogni cosa. Il S.Padre ci ha fatto una grazia specialissima. Bisogna pregare
tanto per questo Vicario di Gesù Cristo. Salutami caramente Cherubino e D.Gerbo e
raccomandami alle loro preghiere. Nel Sacro Cuore di Gesù ti benedico.
Tuo aff.mo in G. e M. Sac. E.M. Bianchi”.
4. Anche nella lettera di poco successiva don Bianchi conferma Na‘īm nella
volontà di progredire nelle virtù; lo incoraggia ad affrontare i numerosi impegni
nello spirito del trinomio donboschiano; gli esprime i suoi affettuosi sentimenti: gli
manca non solo come sarto, ma come amico e spera che ritorni presto. Lo aggiorna
su due significativi eventi comunitari, lo informa su alcuni ex-allievi e sulla sua lunga
malattia.
“Finestre” particolari
159
“Beitgemal, 27.11.23
Naim mio carissimo nel S.Cuore di Gesù. Le tue lettere mi sono sempre
graditissime perché in esse veggo sempre la tua buona volontà di progredire nella
virtù e specialmente sempre pronto ad ubbidire in tutto ciò che i Superiori vogliono
da te. Deo gratias! Veggo pure che il lavoro non ti manca: vivi contento pensando
a ciò che prometteva D.Bosco ai suoi figliuoli spirituali = Pane, Lavoro e Paradiso.
Io ti ricordo sempre e prego per te. Quando tornerai a Beitgemal troverai qualche
cosa di nuovo. Sulla porta d’entrata abbiamo messo un busto del Ven. D.Bosco in
bronzo, e sulla terrazza al posto della piccola Madonna una bella statua di Maria
Ausiliatrice. L’uno e l’altra stanno benissimo e fanno una figura bellissima490. Prega
e fai pregare dai tuoi piccolini per me. Quando potrai mi scriverai che cosa fa Hajale
e dove si trova491. Oh, se tornassi a Beitgemal, come ti rivedrei volentieri! Adesso
abbiamo bisogno di tagliare i vestiti ai giovani e non abbiamo nessuno che lo faccia.
Doveva venire da Betlemme Giovanni per tagliare i vestiti, ma non si vede. Credo
che abbiano molto lavoro, per questo non lo possono lasciar partire per tre o quattro
giorni. Pazienza! La mia salute al momento è discreta. Però sono stato ammalato di
una malattia incomprensibile. Non potevo dormire nulla, grande inappetenza etc. etc.
Sono stato 35 giorni senza celebrare la S.Messa!! Cosa che dacché sono sacerdote
non mi è accaduta mai. Sit nomen Domini benedictum!492 Saluta d.Gerbo, D.Raele,
Castellani, D.Prefetto [?] etc. etc. Che il S.Cuore ti benedica e ti faccia felice nel
tempo e nell’eternità. Seguita sempre a pregare pel
tuo aff.mo in G. e M. Sac. E.M.Bianchi”.
5. Don Eugenio scrive la quinta lettera, senza data, verosimilmente tra la fine del
1923 e l’inizio del 1924, in risposta a quella in cui Na‘īm gli faceva gli auguri (per
Natale e Capodanno 1923-24), precisando che i suoi scolaretti offrivano “un tesoretto
spirituale”, come si usava. La lettera si colloca fra due visite: quella che Na‘īm fece
in famiglia ad Aleppo durante la pausa estiva, e quella che don Sacchetti farà ad
Alessandria il prossimo mese di febbraio. Si intuisce la soddisfazione che Na‘īm
sperimenta nella sua vita salesiana; don Bianchi la interpreta come una particolare
grazia del Signore che lo ricompensa della generosa consacrazione al suo servizio,
facendogli pregustare le gioie del cielo. Quindi lo rende partecipe del discernimento
vocazionale che egli sta portando avanti nei confronti di un aspirante suo concittadino
di Aleppo, volendo conoscere bene le condizioni concrete della famiglia.
490 Don Botto nel suo sommario di cronaca appunta per il 1923: “D.G. Boschi ha ricevuto in dono una
statua in cemento di Maria Ausiliatrice che viene collocata sulla torre”.
491 ABG: Registro Voti ..., il 9 aprile 1921 Naim Haiale [sic, alias Khajale] ottiene 9,5 nella gara
catechistica. Al termine dell’anno 1921-22 prende 8,5 in agricoltura, termina con la Licenza e gli
viene consegnato il Libretto della Cassa di risparmio. L’anno seguente trova lavoro in una fattoria di
pollame e latticini ad Alessandria: cf ABG-Allievi, “List of qualified pupils since 1920”.
492 Non ho trovato riscontri nelle cronache della casa o dell’ispettoria; solo don Sacchetti nella citata
lettera a don Rinaldi del 3 dicembre 1923 accenna al desiderio di don Bianchi di andare a curarsi in
Italia.

9.10 Page 90

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160
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
[Senza data]
“Naim mio carissimo nel S.Cuore di Gesù. Avevi ben ragione di dire nella tua
lettera che la parte che più mi avrebbe fatto piacere sarebbe stata quella in cui mi
annunziavi che i tuoi scolaretti avevano fatto per me 40 comunioni. Sì, questo mi ha
consolato assai e ti sarò gratissimo se qualche altra volta lungo l’anno mi farai un
simile regalo. Che il S.Cuore di Gesù, ad intercessione di Maria SS. Ausiliatrice e
del Ven. Nostro Padre D.Bosco te ne ricompensino largamente in questa terra e nella
vita futura. Gran piacere mi ha pure procurato il sapere che ti trovi pienamente felice
e contento in modo particolare dopo aver fatto la professione religiosa. Deo gratias!
Vedi un po’ come è buono con noi il Signore, il quale anche in questa terra ci fa provare
una contentezza speciale nel suo servizio! Sì, o mio carissimo, siamogli riconoscenti
ed amiamolo con tutte le forze del nostro cuore. Non temere, o mio carissimo: per
quel poco che valgono le mie povere preghiere ti ricordo sempre, ti ricorderò anche
per l’avvenire. Tu fa coraggio, sii molto divoto di Maria SS.Ausiliatrice e del Ven.
Don Bosco ed essi ti aiuteranno in tutti i momenti della tua vita. Dimmi una cosa:
quando tu sei stato a casa hai veduto e parlato colla mamma di Naim Calussie493:
ebbene avrei bisogno che tu mi dicessi in quali condizioni si trovi, quale età avrà
a un dipresso, se vive coi fratelli o fa servizio in qualche casa particolare, se ha
ancora qualche figlio o figlia etc. etc. Sai perché ti faccio questa domanda? Perché
Scandar avrebbe intenzione di farsi salesiano, ed io temo che non possa a causa della
povertà della madre, giacché mi pare che quando tu sei tornato mi abbia detto che la
madre si trovava in uno stato miserabile. Ora rispondimi a questa domanda quando
potrai494. Farid è partito ai primi di questo mese dicendo che aveva trovato un posto
in Siria. Che il Buon Dio l’accompagni!495. Don Sacchetti passerà per Alessandria
nella prima metà di febbraio e da lui potrai sapere molte cose riguardo a S.Stefano.
La festa di S.Francesco la faremo il 4 di febbraio. Nel S.Cuore ti benedico.
Tuo aff.mo in G. e M., Sac. E.M. Bianchi”.
6. Alla fine del 1924 Na‘īm comunica al suo padre spirituale lo sconforto
e la malinconia che prova a causa della mancata decisione circa il suo periodo di
perfezionamento. Nella risposta don Bianchi entra subito nel merito, proponendo la
medicina più efficace per queste malattie spirituali: la contemplazione delle sofferenze
493 ABG: Registro Voti...: Calussie Na‘īm (del fu Alessandro, nato ad Aleppo) alla fine del 1920-21
prende la “maturità” con 87/120; il risultato complessivo degli esami del 2° corso, è di 113/120;
l’anno seguente alla sessione finale di luglio, prende 8 in agricoltura, ed è tra i vincitori della
gara catechistica in arabo, presieduta dall’ispettore don Salvatore Puddu. Fu presto assunto fra i
giardinieri municipali di Aleppo: cf ABG-Allievi, “List of qualified pupils since 1920”.
494 In ABG: Registro voti ..., il 9 aprile 1921 figura un “Scandar Naim” che ottiene 10/10 nella gara
catechistica.
495 Nel raccoglitore ABG: Accettazione Allievi, Farid Huri [sic, altra volta Houri, Khoury] viene
presentato da don G.Villa direttore di Betlemme: nato nel 1908 a Ramlah, orfano di padre, “fece
l’abiura”. Nel Registro voti..., figura fra gli allievi del 1° corso nel 1922-23, e sono riportati i suoi
voti agli esami finali dell’agosto 1923. Deduco che abbia lasciato Betgamāl all’inizio del mese
seguente.
“Finestre” particolari
161
ben maggiori del “caro e amato Gesù Crocifisso”. Richiama pure il principio ascetico
del pregare anche se non si prova nessun gusto, poiché il merito diventa maggiore496.
Incoraggia a restare dentro l’arca di salvezza della Congragazione. Infine comunica la
morte improvvisa di un allievo palestinese della scuola.
“Beitgemal, 10.01.25
Naim Carissimo nel S.Cuore di Gesù. Di gran cuore ti ringrazio degli auguri
fattimi e prego il nostro Divin Redentore che te li ricambi con copiose grazie celesti
nel corso di questo Anno Santo, anno di grazie e di benedizioni. Non mi fa meraviglia
che qualche volta ti prenda la malinconia; finché saremo in questa valle di lacrime
avremo sempre qualche cosa che ci dà pena. È anche certo che quando ci assale la
malinconia tutto ci diviene pesante. In quei momenti alziamo la mente al nostro
caro Gesù crocifisso e pensiamo agli acerrimi dolori che egli prova in quel duro
legno, al santo corpo tutto lacerato e coperto di piaghe, ai piedi e alle mani traforate,
alla coronazione di spine … e poi diciamo a noi stessi: “Che cosa è mai quello che
soffro io in confronto degli immani dolori che soffre il mio amato Gesù? E poi
domandiamogli forza di sopportare quello che patiamo per amor suo con pazienza.
In quel tempo ancora sforziamoci di tenere il nostro cuore in pace e ricorriamo
con confidenza illimitata a Maria SS.Ausiliatrice dalla quale avremo sicuramente
quell’aiuto che ci è necessario. Bisogna poi che allora facciamo colla solita diligenza
e puntualità tutte quelle pratiche di pietà che siamo soliti a fare, quantunque nel farle
non proviamo nessun gusto anzi ne sentiamo noia e fastidio, perché è sicuro che
queste sono più meritorie di quando le facciamo con gusto, e ci ottengono maggiori
grazie. Coraggio dunque, o mio carissimo, e va avanti In nomine Domini! Pensa
pure che, trovandoti nella Congregazione Salesiana ti trovi in un’Arca dove salverai
certamente l’anima tua. Il mio pensiero vola soventissimo a te e ti raccomando al
S.Cuore di Gesù, a Maria SS.Ausiliatrice e al Ven.D.Bosco, affinchè ti aiutino in
tutti i tuoi bisogni spirituali e temporali. Credo che ricorderai ancora Azar. Ebbene,
una risipola fortissima ce lo ha rapito in 4 giorni! Ieri lo si portò al cimitero. Un
requiem per questo povero figliuolo!497 Hai fatto bene a scrivere al Sig. D.Ricaldone.
Salutami gli amici di costì. Nel Sacro Cuore di Gesù ti benedico.
Tuo aff.mo in G. e M. Sac. E.M.Bianchi”.
7. L’accenno alla lettera inviata a don Ricaldone, allora Consigliere per le scuole
professionali, ci conferma che da molti mesi fra l’ispettore, i superiori di Torino e
Na‘īm si stava svolgendo un dialogo di discernimento riguardo alla sua futura
specializzazione. Il 1° settembre 1924 l’ispettore don Salvatore Puddu lo invitava
alla pazienza (“Il tuo direttore ha buona volontà ma non sempre è in suo potere di
496 Secondo l’insegnamento di s.Francesco di Sales esposto da don Barberis nel Vademecum, 3a parte,
p. 10 e p. 191.
497 ABG: Registro Voti ..., Habasc Azar [sic], del fu defunto Carlo, originario di Giaffa, figura tra gli
allievi del primo corso nel 1923-24 e del secondo corso negli esami trimestrali del 1924-25, poi non
più. Infatti morì l’8 gennaio 1925 come scritto in ABG: Registro dei defunti della Scuola Agricola
di S.Giuseppe di Beitgemal, dal 1886 al 1938, al n° 46.

10 Pages 91-100

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10.1 Page 91

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162
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
compiacerti in tutto”), precisando che egli stesso aveva parlato di lui con i superiori
e promettendo che a suo tempo gli si potrà venire incontro498. Na‘īm dunque aspetta,
ma la sua pazienza viene messa a dura prova anche dall’ingratitudine dei ragazzi e da
immeritati rimproveri di qualche superiore. Oltre a questa lotta interiore, vi sono le
tentazioni provenienti dall’ambiente cittadino esterno. Ne risulta uno stato d’animo
inquieto e sorgono dubbi sulla vocazione. La lettera di don Bianchi, la più lunga e
articolata, è ricca di saggezza pedagogica e spirituale: per vincere le insidie dell’amor
proprio e conservare la pace dell’anima occorre tenere sempre presente il fine ultimo
della vita consacrata salesiana, mantenersi disponibili a qualsiasi “obbedienza” e
radicarsi nell’umiltà, fondamento di tutto e garanzia di perseveranza.
“Beitgemal, 4.7.25.
Naim Carissimo nel S.Cuore di Gesù. La tua lettera che aspettavo da molto
tempo mi ha arrecato un piacere immenso. Però, benché la desiderassi molto, tuttavia
non ero inquieto per il tuo lungo silenzio, perché so il molto che hai da fare. Prima il
proprio dovere, poi il resto! Per noi religiosi e religiosi del Ven. D.Bosco il pensiero
dominante nelle nostre azioni deve essere sempre per la Gloria di Dio e la salvezza
delle anime. Quindi il vedere nessuna corrispondenza alle nostre fatiche, anzi non di
rado ingratitudine e misconoscenza, benché la misera nostra umanità non possa fare
a meno di risentirsene, dobbiamo sforzarci di non turbarci e tenere l’anima nostra
tranquilla pensando che il premio e il guiderdone dei nostri lavori e fatiche l’avremo
in cielo. È solo in questo modo che resisteremo forti sulla breccia, che continueremo
a lavorare con coraggio senza mai fermarci, che adempiremo i nostri doveri con
sempre maggiore diligenza e staremo fermi nella nostra vocazione che il Signore ci
ha dato. Anche la città, ed una città come è Alessandria può essere causa di disturbi
e di tentazioni; ma tu in città non vi andrai che per necessità ed obbedienza, ed allora
il contegno modesto, riservato, mortificato farà sì che non ti abbia a nuocere per
nulla. Ma vi è un’altra cosa che noi dobbiamo tener d’occhio ed è l’umiltà che è la
base della santità [sottolineato nel manoscritto]. Di questa virtù ne abbiamo sempre
bisogno, ma specialmente ne abbiamo bisogno quando ci sembra che le nostre azioni
non siano tenute in quel conto che noi crediamo, quando ci fosse fatto qualche
appunto su di esse, quando ci fosse fatta qualche osservazione che noi non crediamo
di meritare; allora lamor proprio si ribella e se non siamo ben fondati sull’umiltà,
mostri il broncio, il malcontento, linquietudine, le mormorazioni ed anche dubbi
sulla vocazione. Vedi dunque quanto ci sia necessaria questa virtù, domandala con
insistenza alla buona Mamma Ausiliatrice. Con questa virtù saremo messi al sicuro da
molti pericoli ed otterremo molte grazie dal Signore. Quando ci rivedremo? Quando
lo vorrà il Signore, benché io sarei molto contento di rivederti presto. Riguardo alla
tua destinazione nellanno venturo, fai bene a mettere il tuo cuore in pace e andare a
stare dove lubbidienza ti destinerà. Non passa giorno che io non ti ricordi al S.Cuore
di Gesù e a Maria SS. Ausiliatrice affinché ti benedicano con tutte quelle benedizioni
che ti sono necessarie per santificarti. Ti ringrazio delle preghiere che fai per me
e ti raccomando che continui. Don Sacchetti ti saluta caramente e sarebbe molto
498 Lettera dell’ispettore in AIMOR, Schedario, cartella personale Combas.
“Finestre” particolari
163
contento se fossi qui per sollevarlo un podalle fatiche di cui è oppresso. Salutami il
Sig. Direttore, D.Loda, D.Raele, D.Ponzo, D.Tasciotti, D.Castellani, il Ch. Blanchet,
Costamagna, D.Vizolo. Nel S.Cuore di Gesù ti benedico.
Tuo aff.mo in G. e M. Sac. E.M.Bianchi”.
8. Il biglietto del 15.10.25 lascia supporre che don Bianchi fosse rimasto a
rispettosa distanza in contatto con l’ispettore e seguisse lo sviluppo delle “trattative”
tra lui e Na‘īm, senza interferire. Gli assicura la preghiera perché possa tenersi forte
nella vocazione, non facendo lo sbaglio di quell’exallievo suo conoscente che l’ha
appena lasciata.
“Beitgemal, 15.10.25.
Carissimo nel S.Cuore di Gesù. Ho ricevuto tempo fa la tua carissima e con
grandissimo piacere e non ti ho risposto per la pigrizia che sempre mi domina. Però ti
ricordo sempre al Buon Dio affinché ti benedica in tutte le tue azioni e ti tenga forte
nella vocazione. L’altro Naim Scandar che aveva fatto tanto perché fosse ricevuto in
Seminario, la settimana scorsa è uscito ed ha lasciato così la sua vocazione499. Oh!
Se sapessi quanto mi ha afflitto questa sua decisione. Uscito dal Seminario è venuto
qui e si è fermato con noi una decina di giorni. Venerdì scorso è partito per Aleppo
ed ora sarà giunto. Sit nomen Domini benedictum! Da D.Cantoni avrai le notizie di
Beitgemal. Saluta i confratelli, raccomandandomi alle loro preghiere. Tu prega per
me perché mi prepari bene alla morte. Nel S.Cuore di Gesù ti benedico.
Tuo aff.mo in G. e M. Sac. E.M.Bianchi”.
9. Il sig. Na‘īm, dopo avere pazientato a lungo, il 18.12.25 scrive al nuovo ispettore
don Carlo Gatti ricordandogli le promesse fattegli circa il corso di perfezionamento
a Torino, e aggiungendo che, una volta terminato, rimarrebbe volentieri in Italia, ma
“se i superiori desiderano che io torni nella mia ispettoria, sarò obbediente ai loro
desideri”500. Finalmente “le trattative” andarono nel senso da lui sperato: infatti arrivò
a Torino nella comunità del “Martinetto” a metà gennaio 1926, e per un biennio attese
a perfezionarsi nell’arte di sarto e a completare la formazione salesiana501.
Nell’anno scolastico 1927-28 rientra ad Alessandria dove ora gli viene affidata la
responsabilità di capo-laboratorio502. In questo contesto gli giunge la lettera del 11.5.28
499 ABG: Registro Voti ..., nell’anno scolastico 1919-20 Naim Scandar figura tra i “ritenuti all’esame di
maturità”, ma ottiene il secondo premio di condotta e il primo per l’applicazione nello studio. Fra gli
esaminandi nella sessione finale del 1920-21 non figura più.
500 Cf AIMOR: Schedario, cartella personale Naim Combas.
501 Lettera del direttore del Martinetto in AIMOR: Schedario, cartella personale Combas. Faccio
ossservare che nell’EGS Na‘īm continua a figurare tra i confratelli di Alessandria d’Egitto in
quell’anno e nei seguenti.
502 Srugi gli invia saluti nella lettera che scrive a don Gerbo il 16 ottobre 1927, di cui mi occupo
esaminando gli Scritti.

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164
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
in cui don Bianchi (che sente la fatica degli anni e chiede preghiere per prepararsi a
ben morire) esprime il suo immutato affetto per lui e l’interessamento concreto nei
confronti di alcuni exallievi che si stanno inserendo nel mondo del lavoro; infine dà la
notizia del tanto sospirato inizio dei lavori preparatori per la costruzione del santuario
di santo Stefano, il cui completamento sarà per lui come “il canto del cigno”.
“Beitgemal, 11.5.28.
Naim carissimo nel S.Cuore di Gesù. Tu mi hai scritto parecchie volte ed io non
ti ho risposto mai non perché non mi siano state care le tue lettere, ma perché più
divento vecchio e più cresce la difficoltà dello scrivere. Questo però non impedisce
che io mi ricordi di te e che nelle mie povere preghiere ti raccomandi sempre al
Signore. Ed ora come ti trovi ad Alessandria? Sempre bene? Hai molti alunni nel
Laboratorio? Sono buoni? Attendono con impegno al lavoro? Raccomandali molto
a Maria SS.Ausiliatrice, specialmente adesso che siamo nel suo mese. Cacciaturian
viene spesso in collegio?503 Ha trovato un buon posto fuori? Pel mangiare e pel resto
si aggiusta da sè? Fagli pervenire il bigliettino che gli scrivo. Anche Farid viene in
collegio? Ha potuto trovare un impiego? Io ho raccomandato a D.Fatalla che gli
suggerisca di studiare il francese come hanno fatto alcuni dei suoi compagni e così
hanno potuto trovare un posto. Sei sempre un vero figlio di D.Bosco? Salutami tanto
il Direttore, D.Banchero, D.Ponzo, D.Helu, D.Cantoni, D.Castellani, D.Teissèdre
[sottolineato], Blanchet, D.Rossi, e raccomandami alle loro preghiere. Anche tu
prega per me, perché mi tenga sempre ben preparato alla morte. Nel S.Cuore di
Gesù ti benedico.
Tuo aff.mo in G. e M. Sac. E.M.Bianchi.
[PS]
Abbiamo cominciato gli scavi per la cripta di Santo Stefano. Deo gratias!
Tanti saluti da D.Sacchetti e da D.Rosin”. [Postillato: “Ti saluto anch’io caramente.
Salutami Blanchet. D.Rosin Mario”].
2. Significato e valore di questa corrispondenza
1. Come è chiaro, si tratta di letterine di discernimento vocazionale e di
accompagnamento spirituale, “confezionate su misura” per Na‘īm (per usare il
linguaggio della sua categoria). Don Bianchi continua nei suoi confronti il ministero
di maestro, guida, padre e “amico dell’anima”. Ma è cosciente di svolgerlo in
appoggio alla paternità di Don Bosco del quale egli vuol essere l’eco fedele e Na‘īm
503 ABG: Registro voti ..., alla conclusione dell’anno scolastico 1923-24 Abed Kacciaturian aveva
ricevuto il secondo premio per l’applicazione al lavoro. Nel settembre 1924 (insieme ai compagni
più grandi A.Agopian, A.Arabian, M.Avedissian) partecipò agli scavi archeologici sul sito di
“Giammala”, che alcuni studiosi presentavano in opposizione a Betgamāl come luogo della tomba di
Santo Stefano: cf Louis HEIDET, Cafargamala. Con Note di don G.Fergnani. Beitgemal: tipografia
S.Stefano, 1931, p. 13.
“Finestre” particolari
165
uno dei “suoi figliuoli spirituali”, “un vero figlio di Don Bosco”. Questa paternità è
radicata nel S.Cuore di Gesù, che è onnipresente: all’inizio e alla fine di ogni lettera,
e spesso nel corpo. Sappiamo che si tratta di uno dei fondamenti più reali della vita
e della missione salesiana, cui le prime generazioni di confratelli e consorelle erano
attaccatissimi. Don Bianchi fu un grande apostolo del Sacro Cuore e i suoi novizi ne
rimasero profondamente segnati. Don Vincenzo Cimatti gli scriveva (s.l.n.d.) : “Voglia
proprio raccomandarmi al Sacro Cuore, a quel fuoco di amore /…/ Mi benedica,
amato padre, e mi creda suo affezionatissimo figlio nascosto nel Sacro Cuore di
Gesù”. E don Luigi Versiglia, il 28 dicembre 1897: “Potrei dire che non passa giorno
senza che si parli di Lei. E siccome io conosco dove si trova sempre Lei, vado ogni
giorno dove sono sicuro di trovarLa: dinanzi al Cuore Sacratissimo di Gesù. /…/
Davvero fortunato Lei che sa bere a lunghi sorsi il calice di Gesù Benedetto, e sa
mettere in pratica la devozione al Sacro Cuore di Gesù che consiste, io credo, nel
sacrificio continuo per Lui504.
2. Lo scopo di questa corrispondenza epistolare è accompagnare il giovane
confratello nella crescita verso la santità, fedele allo spirito di Don Bosco; ravvivare
la grazia della professione; confermare nel gioioso servizio del Signore, aiutandolo a
superare il pericolo di venir meno alla vocazione. I temi principali che don Bianchi
tocca in rapide linee (sono battute o frasi, non un discorso completo, al massimo
come traccia di una conferenzina o istruzione...) sono alcuni di quelli fondamentali-
dominanti della vita cristiana (amare Dio “con tutte le forze del nostro cuore”, amare
la nostra Mamma Maria, imitare Cristo crocifisso, il nostro amato Gesù), religiosa
(obbedienza, umiltà; salvezza dell’anima nell’adempimento dei propri doveri ...),
e salesiana: orientare tutto alla maggior gloria di Dio e alla salvezza delle anime;
confidenza illimitata in Maria Ausiliatrice, come amatissima e tenerissima Madre;
nelle fatiche ricordare la promessa: “pane, lavoro e paradiso” che Don Bosco si
impegna a “procurare” ai suoi figli per renderli felici nel tempo e nell’eternità. Altri
tipici orientamenti o direttrici di marcia sono: confortare nelle difficoltà; mettere in
guardia dai pericoli e dalle tentazioni, in primo luogo l’inquietudine-malinconia che
Francesco di Sales nella Filotea e don Barberis nel Vademecum, ammoniscono essere
la madre di tutte le altre ...; rimanere fedeli alle pratiche di pietà anche quando non vi si
prova nessun gusto (altra istruzione tipica del santo patrono). Na‘īm sta soffrendo, oltre
che per il posticipato periodo di perfezionamento a Torino, anche per la mancancanza
di gratitudine da parte di ragazzi volubili e superficiali, e per il peso dei rimproveri
non meritati da parte di superiori esigenti. Due realtà non infrequenti nell’esperienza
dei giovani salesiani. Le indicazioni di don Bianchi, dunque, anche da questo punto di
vista, trascendono la contingenza immediata e conservano un valore attuale.
3. L’atmosfera in cui si svolge lo scambio epistolare è quella dell’amicizia cordiale
fra maestro e discepolo, o meglio fra padre e figlio maggiore. In queste letterine don
504 Da CIMATTI, Lettere di un missionario, p. 18; BOSIO, Martiri in Cina, p. 61.

10.3 Page 93

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Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
Bianchi dimostra nei confronti di Na‘īm qualcosa della sua ricca umanità: non solo
finezza psicologica, ma grande affetto, stima, consolazione e piacere nel saperlo in
pace e contento, attesa di ricevere le sue lettere, desiderio di rivederlo... Niente di
intimismo o spiritualismo disincarnato: don Eugenio, come attestato da tanti suoi
illustri ex-novizi, anche nella corrispondenza epistolare si dimostra uomo pratico:
continua a interessarsi in termini molto concreti degli aspiranti alla vita salesiana,
e suggerisce agli exallievi una strategia vincente per per inserirsi nel mondo del
lavoro...
4. Oltre a contenere linee di pedagogia e spiritualità salesiana, le lettere forniscono
notizie di cronaca e permettono di conoscere l’identità di alcuni allievi ed exallievi.
Da quest’ultimo punto di vista esse aiutano (come le lettere di/a Srugi) a ricostruire
qualcosa della storia (minore, se si vuole) di Betgamāl, dando un volto e una qualifica
a un certo numero di giovani che, dopo gli anni scolastici e il diploma, erano ancora
in ricerca vocazionale, oppure stavano già inserendosi nel mondo del lavoro o delle
professioni. Così che non restano soltanto un dato anagrafico nei registri, ma persone
vive in azione, in contatto con i loro maestri e compagni.
Gli scritti e le fonti – Analisi
167
SECONDA PARTE
GLI SCRITTI E LE FONTI

10.4 Page 94

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Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
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Domanda autografa di ammissione alla professione perpetua.
Primo biglietto di don Michele Rua.
Gli scritti e le fonti – Analisi
169
PRIMA SEZIONE:
ANALISI DEI TESTI E LORO FONTI
I. CORRISPONDENZA
Apro la raccolta degli scritti di Srugi con quella che si potrebbe chiamare la
sua corrispondenza, cioè le pochissime lettere o biglietti che egli scrisse o ricevette
e che ci sono pervenuti. Oltre a fornirci dati supplementari circa la sua vita, essa
contribuisce a far conoscere qualche tratto della sua spiritualità e del suo apostolato.
Va premesso che disponiamo solo di frammenti di quelli che si presume dovettero
essere più frequenti scambi epistolari. Inoltre a volte non abbiamo che il riflesso delle
lettere di Simone, deducibile dal contenuto delle risposte che ricevette. Presento i testi
in ordine cronologico, indicandoli con l’abbreviazione COR 1, COR 2, ecc
¶¶¶
Primo Biglietto di don Michele Rua [COR 1]505
“Torino, Aprile 1907
“Carissimo Srugi (Beitgémal) [sic].
Ho ricevuto le tue notizie. Mi rallegro con te delle tue buone disposizioni di
servire il Signore nella sua santa Casa. Veggo che ti trovi contento. Coraggio, continua
sempre così, e ricambiandoti io gli auguri per le Sante Feste Pasquali, continua ad
avermi tuo affezionatissimo in Gesù e Maria.
Sac. Michele Rua”.
505 Gli originali di questo biglietto e del seguente sono conservati in AIMOR, 15.1.12, cartella n° 2,
collocazione 2.11. – FORTI, p. 45-46 pubblicava parzialmente i due biglietti. Cf i riferimenti che ho
segnalato nella prima parte di questo mio lavoro, ai volumi di Angelo Amadei e di Eugenio Ceria,
con gli ampliamenti di Igino GREGO, Sulle orme di Cristo..., in particolare pp. 24-25.

10.5 Page 95

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170
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
Note
1. Dalla risposta di don Rua si deduce il contenuto della letterina di Simone che,
oltre a formulare al Rettor Maggiore auguri pasquali, gli dava brevemente sue notizie,
e gli manifestava il suo stato d’animo, la sua contentezza nel servire il Signore nella
casa religiosa. “Servite il Signore nella gioia” (Sal 100,2), era il motto programmatico
che don Bosco proponeva a tutti i suoi figli spirituali.
2. Come sappiamo, don Michele Rua, per appianare le persistenti difficoltà della
integrazione fra belloniani e salesiani avviata nel 1891, venne in Palestina una prima
volta nel 1895 (dal 28 febbraio al 20 marzo) e visitò minutamente le tre comunità di
Betlemme, Betgamāl (12-14 marzo) e Cremisan, come pure il terreno di Nazaret dove
fra breve sarebbe sorto l’orfanotrofio e la scuola. Si può pensare che, benché fosse
ancora novizio, Simone abbia avvicinato il santo sacerdote e gli abbia manifestato la
sua volontà di diventare un buon salesiano, ricevendone conforto e incoraggiamento.
Probabilmente a continuazione di quel primo incontro, negli anni successivi avvenne
uno scambio epistolare in forma di brevi messaggi, di cui questa letterina è un esempio.
Ma non ci è pervenuta altra documentazione al di fuori del biglietto seguente.
¶¶¶
Secondo Biglietto di don Michele Rua [COR 2]
Don Rua, in data imprecisata (posteriore al 29 settembre, festa dei Santi Arcangeli,
presumibilmente dello stesso 1907 oppure 1908, mentre nell’Ottobre 1909 era già
seriamente ammalato e sovraccarico di impegni) tramite uno dei suoi segretari, fece
giungere a Simone questo foglietto che da un lato riproduce una formula standard
prestampata:
“Ti ringrazio della gradita tua lettera e penso di farti una risposta di tuo gusto
col mandarti un bel pensiero del nostro amatissimo don Bosco, scritto di sua mano:
«Gesù sia, nei pericoli, sempre la vostra guida fino al cielo». Sac. Gio. Bosco. –
Gradisci i miei saluti e prega il Signore per il tuo Aff.mo in Gesù e Maria: Sac.
Michele Rua”.
Sull’altra facciata contiene queste righe più personali, di cui solo la firma è
autografa:
“Grazie degli auguri e delle preghiere nonché delle Comunioni fatte per me nel
giorno del mio onomastico. Continua sempre a raccomandarmi al Signore, e mi farai
un vero piacere. Sono assai contento nel sapere che si leggono costì regolarmente le
circolari e le lettere dei Superiori. Fa anche in modo di metterle – per quanto spetta
a te – scrupolosamente in pratica. Ti benedico di cuore e ti ricordo a mia volta al
Signore.
Sac. Michele Rua”.
Gli scritti e le fonti – Analisi
171
Note
1. La seconda volta che don Rua venne a Betgamāl fu dal 1° al 5 aprile 1908,
durante quello che fu il suo più lungo viaggio in Medio Oriente durato tre mesi (3
febbraio – 30 aprile)506. Visitò gran parte della proprietà, passò in rassegna i vari
settori dell’opera lasciando una lunga serie di dettagliate raccomandazioni, tenne la
conferenza per l’esercizio della buona morte, diede la Prima Comunione a 6 ragazzi
della scuola, molto probabilmente preparati da Simone. Egli allora aveva 31 anni
e svolgeva importanti compiti di carattere educativo, apostolico e assistenziale.
Certamente potè avere anche lui un colloquio personale con don Rua e trattenersi su
ciò che a entrambi stava maggiormente a cuore: la santificazione personale nell’esatta
osservanza delle Regole. Si può ragionevolmente supporre che Simone abbia anche
partecipato a qualcuno degli eventi in cui i salesiani di Terra Santa si radunarono
attorno al successore di don Bosco per accademie festive o per la celebrazione della
Pasqua che quell’anno cadeva il 19 Aprile, di modo che la conoscenza reciproca
crebbe.
2. Anche in questo caso è facile ricostruire il contenuto della letterina di Simone
di cui non ci è pervenuta la minuta: invia gli auguri onomastici, accompagnati
dall’offerta di preghiere e comunioni eucaristiche (quello che, insieme alle giaculatorie
e alle mortificazioni o “fioretti”, si chiamava “un tesoretto spirituale”); e rinnova
l’impegno di continuare ad affidare don Rua al Signore. Inoltre informa circa la
regolarità della lettura comunitaria dei documenti dei Superiori. Questo punto non
poteva non fare piacere a colui che già da giovane fu definito “la Regola vivente”
e che da successore di don Bosco, in ogni circostanza, inculcava la fedeltà letterale,
nell’obbedienza scrupolosa alle direttive dei Superiori. Non meraviglia che la prima
delle raccomandazioni che lasciò a Betgamāl dopo la sua visita era: “Mettere per base
l’osservanza delle Regole”507.
3. Quanto alle lettere circolari: a quei tempi, lo stesso fascicolo che veniva spedito
da Torino con ritmo quasi mensile, conteneva sia il messaggio del Rettor Maggiore
sia le disposizioni e direttive del suo vicario, del direttore spirituale (o catechista),
dell’economo, e dei consiglieri scolastico e professionale. Ad esempio, in quello N°
53 del 29 luglio 1909, don Filippo Rinaldi “insiste perché secondo il desiderio del
sig. D.Rua le circolari del Capitolo Superiore giungano a conoscenza dei Confratelli
mediante la lettura fatta in pubblico, se non sono riservate”508. Don Rua scrisse 39
lettere “circolari” e 11 lettere “edificanti” che insieme coprono tutti i campi della vita
salesiana: voti di obbedienza, povertà, castità (entro il quadro della “vigilanza”, dopo
“i fatti di Varazze”), santità personale e apostolato, fedeltà a Don Bosco, devozioni
506 Cf GREGO, Sulle orme di Cristo, pp. 34-59, in particolare 50-52.
507 Angelo AMADEI, Il Servo di Dio Michele Rua, Torino: SEI, 1934, vol. 3°, p. 392.
508 In ACrem, Corrispondenza dei Superiori, anni 1889-1918. Cf quanto ho documentato nel paragrafo
3.5.2 della prima parte.

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Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
caratteristiche...509 Avremo modo a diverse riprese di indicare quali di questi temi
ebbero un riscontro più diretto negli scritti di Srugi.
4. Infine: il fatto che Simone abbia gelosamente custodito fino alla morte questi
due biglietti del successore di don Bosco, fa capire che li considerava come reliquie
di un santo.
¶¶¶
Due appunti o “minute” di Biglietti a una innominata Suora
[COR 3A, 3B]510
“Reverenda e carissima, ricordandola con sorellevole affetto specie a Gesù e
Maria Aus.[iliatrice] di cuore saluto e auguro ogni bene. Voglia avere la bontà di
riverire e ringraziare il Sig. D.Boschi del ricordo e delle preghiere. Tutti ringraziano
e ricambiano, come pure tanto ricordano Lei” 511.
“Facciamoci sante e staremo poi insieme in Paradiso. Come fu buona gentile
nel volermi far regalo di suo scritto. Ringrazio, ricambio e tanto ricordo sempre.
Grazie pure dell’immagine di [parola indecifrabile] … spesso col cuore e col pensiero.
Io pure dovrei scriverle lunga lettera ma … Le nostre belle feste le trova sempre nel
Bollettino od altro. Tutto il mondo è paese”.
Note
1. Chi dattiloscrisse queste due brevi “minute” e le fece pervenire all’ufficio
ispettoriale di Betlemme, precisava soltanto che esse si trovavano scritte sui margini
di due foglietti settimanali intitolati “Per la Gioventù” del 1-13 gennaio 1923 e del
10-17 dicembre 1923; nessun altro dato. E tuttavia le attribuiva a Srugi, suppongo
basandosi sulla grafia dell’originale di cui io non dispongo. Questa attribuzione fece
sì che durante il Processo Informativo entrambe fossero acquisite agli atti e allegate
agli scritti di Srugi nel “fascicolo E”.
2. A me sembrerebbe che l’attribuzione a Srugi sia discutibile. Alcuni indizi
(“sorellevole affetto”, “facciamoci sante”, “tanto ricordano”) mi portano a dire che
questi appunti non rispecchiano lo stile di Srugi. Sembra più plausibile attribuirli a
una suora Figlia di Maria Ausiliatrice residente a Betgemāl che le indirizza a una sua
509 ALBERA Paolo [a cura di], Lettere circolari di Don Rua ai Salesiani. Torino: Tipografia S.A.I.D.
“Buona Stampa”, 1910.
510 In AIMOR, 15.1.1, parte terza, Scritti/Fascicolo “E”: su un foglio “volante”.
511 Secondo l’EGS, don Gaetano Boschi nel 1922 era “prefetto”, cioè economo, nella casa salesiana di
Livorno; nel 1923 venne come consigliere a Betgamāl (cui donò la statua di Maria Ausiliatrice che
fu collocata sulla torretta del Barluzzi); nel 1924 passò come prefetto a Cremisan. Morì a Pisa il 1°
marzo 1945 a 74 anni.
Gli scritti e le fonti – Analisi
173
consorella trasferita da qui ad altra casa da cui poteva raggiungere don Boschi, il quale
nel 1924 era prefetto a Cremisan. Aggiungo che questo mio dubbio non cambierebbe
pressoché nulla agli effetti di ricostruire la corrispondenza epistolare di Srugi e la
portata religiosa di essa.
3. Resta incerto se le feste cui si accenna siano quelle della casa di Betgamāl
che comparivano su una pubblicazione locale o ispettoriale, oppure quelle a livello
di Congregazione Salesiana e Istituto delle FMA di cui si dava notizia sul “Bollettino
Salesiano”.
4. Le frasi esprimono gentilezza d’animo; affetto familiare; invito alla
santificazione personale; comunione di preghiere; pensiero al Paradiso; realismo nel
prendere atto che dappertutto si trova del buono e del meno piacevole.
¶¶¶
Prima Lettera di Srugi a don Mario Gerbo [COR 4]512
“Viva Gesù Eucaristico!
Beitgemàl, 13 settembre 1926
Signor Don Gerbo,
La nostra Crociata è ormai al suo tramonto, voglio dire: non esiste più. I
nostri buoni Superiori l’hanno cambiata in quella della Compagnia del Santissimo
Sacramento che, in sostanza, è la medesima.
I giovani Crociati rimasti, sono già usciti dalla scuola ed io non ne ricevo più
altri. Non mando più notizie del nostro gruppo alla Direzione, però sono abbonato al
periodico e al foglietto “La Lampada del Tabernacolo”.
Mi ha dispiaciuto molto, ma però sono rassegnato al volere del Signore che ha
permesso questo per il nostro bene. Ecco come ebbe fine il nostro Gruppo.
Le mando qualche foglio della “Lampada del Tabernacolo” che mi è avanzato;
guardi se le piace. Riceva i miei cordiali saluti e si ricordi di me nelle sue preghiere.
Presento a lei le mie condoglianze per la morte del suo amato fratello. Ho incominciato
una novena di Comunioni e preghiere per il riposo dell’anima sua.
Suo confratello in Gesù e Maria
Srugi Simone”.
512 Non ho trovato l’originale di questa lettera. La trascrizione dattiloscritta occupa un foglio “volante”
in AIMOR, 15.1.2, cartella n° 9: Testimonianze, intitolato: “Relazione del Sig. Don Gerbo (Porto
Said)”. Questo foglio fa parte della raccolta di testimonianze scritte che don Francesco Laconi aveva
iniziato a raccogliere dalla fine degli anni 1940, per cui lo si potrebbe assegnare agli anni 1950. Io
qui riproduco integralmente lo scritto di Srugi dal foglio suddetto, mentre in FORTI, pag. 84-85
figurano solo i primi tre paragrafi.

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Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
Note
1. Nelle case salesiane l’incaricato di animare la vita di pietà era un sacerdote,
chiamato “catechista”: don Mario Gerbo (1885-1964) rivestì questa carica a Betgamāl
nell’anno 1924-25513. Don Forti scrive che don Gerbo, allora sulla quarantina, era
“un’anima tutta di Dio. /.../ sacerdote esemplare, apostolo infaticabile della devozione
al Sacro Cuore di Gesù e direttore d’anime di rara competenza. Don Gerbo e Simone
si intesero subito, per quell’intuito che lega nell’amore le anime d’eccezione. Simone
potè così approfondire i tesori del Cuore divino e rendere più viva la sua già ardente
devozione verso il SS.Sacramento”514. Simone lo assecondò talmente bene che
dopo la sua partenza continuò ad essere lui la persona di riferimento della Crociata
eucaristica: riceveva nuovi ascritti, inviava relazioni alla direzione centrale, aggiornava
l’abbonamento ai periodici. Pur essendo coadiutore e non sacerdote, svolgeva il ruolo
di guida del piccolo gruppo di “Crociati”.
2. Nell’AIMOR non ho trovato nessun cenno di risposta da parte di don Gerbo
alla lettera di Srugi, né nei faldoni “Srugi” né in quello “Gerbo”. Tuttavia il fatto
che quest’ultimo, tra la sua abbondantissima corrispondenza, conservò questa lettera
di Srugi e l’altra che vedremo, dimostra quanto stimasse la persona e l’apostolato
eucaristico che Srugi svolgeva.
3. Circa il contenuto della lettera e il suo contesto: FORTI, p. 85 pone “in risalto
la pronta ubbidienza e la pacata rassegnazione [di Simone] di fronte agli inevitabili
contrasti, anche nel campo dell’apostolato. Benché la Crociata fosse cara al suo
cuore, non si tirò in disparte come fanno gli spiriti deboli, ma si mise di buona
volontà per lievitare col suo entusiasmo e col suo amore le altre attività apostoliche
più corrispondenti alle tradizioni della Famiglia salesiana”. Evidenzio un dettaglio
importante: Simone esprime una totale accettazione della volontà di Dio, convinto che
Egli fa risultare tutto al nostro bene, come san Paolo insegna in Rom 8,28.
4. Di fatto questa era la linea di condotta cui si atteneva don Gerbo: “L’apostolo è
tale se lavora con umiltà, in intimo contatto con Dio, nel perfetto distacco dal proprio
giudizio e dalla propria volontà. Se un metodo d’apostolato desse anche i migliori
risultati ma non fosse approvato da chi ha l’autorità, l’apostolo dev’essere pronto a
rinunciarvi subito, senza critiche, senza lamenti e senza raggiri”515.
5. Colpisce pure la maturità di giudizio di Simone, che si concentra sulla
513 Nel 1917 i Turchi portarono anche lui in prigionia a Eskin; donde rientrò insieme a d.Rosin a fine
febbraio 1919: cf RASTELLO, p. 324. Stando all’EGS, negli anni 1922-24, don Mario Gerbo
faceva parte della comunità di Alessandria d’Egitto, senza incarichi specifici; come abbiamo visto,
don Bianchi gli inviò saluti nelle lettere al signor Na‘īm Cumbāz del 3.8 e 27.11.1923. Nell’anno
scolastico 1924-25 fu catechista a Betgamāl e l’anno seguente fu assegnato alla casa di Porto Said
come confessore.
514 FORTI, p. 73.
515 Lettera mortuaria di don Gerbo, scritta da don Piero Doveri nell’aprile 1964 al Cairo, in ACrem,
Lettere mortuarie.
Gli scritti e le fonti – Analisi
175
sostanza del culto eucaristico, al di là delle forme esteriori che distinguevano le varie
associazioni e pratiche devozionali di quel tempo.
6. La “Lampada del Tabernacolo” (un foglietto di 4 facciate) era l’agile
supplemento mensile al periodico “I Crociati dell’Eucaristia”: in mezzo ai libri di
Simone se ne trova qualche copia.
¶¶¶
Prima Lettera dell’exallievo ‘Atàllah Selīm [COR 5]516
“Cairo, lì 19 Gennaio 1927
Carissimo Signor Srugi,
Sono già parecchi giorni che ho lasciato Beitgemal. Sono arrivato sano e salvo
al Cairo. Grazie a Dio sto bene, riguardo all’anima e al corpo.
Mi trovo in un centro in cui non si sente affatto parlare Italiano e sono contento
di essermi abbonato a due periodici italiani che mi interessano, ma che non ho ancora
ricevuto.
Ma il mio indirizzo è cambiato. Non è quello dei Salesiani, perciò la prego
di volermi mandarmi [sic] al più presto l’indirizzo delle varie amministrazioni dei
periodici a cui sono abbonato, affinché possa scriver loro e mandar loro il mio nuovo
indirizzo per poter ricevere i suddetti periodici.
Mi ricordo ogni giorno di Lei nelle mie povere preghiere, in modo speciale nella
S.Comunione. Lei pure preghi per me affinché il Signore mi conceda la grazia della
perseveranza.
Aspettando una sua risposta, godo sottoscrivermi
Aff.mo e devot.mo in C.J.
Atallah Selīm
Crociato del SS. Sacramento”.
Note
1. ‘Atàllah Selīm era entrato a Betgamāl nell’agosto 1922 come risulta dai
documenti di accettazione517. Completato il corso quadriennale e conseguito il diploma
516 Originale manoscritto, in AIMOR 15.1.2, cartella 9A, Testimonianze originali; senza numero.
517 ABG, Accettazione allievi: nell’estate del 1922 il presidente della società maronita di beneficenza al
Cairo inoltra domanda di ammissione per “Attallah Selim Attallah [sic] nato a Beni Souef il 27 agosto
1910. Ha ottenuto nel 1922 il certificato di studi primari francesi e un diploma d’istruzione religiosa
rilasciato da Mons. Girard, vescovo del Delta. Ha ricevuto le prime nozioni d’inglese e d’arabo”.
Postilla del direttore della scuola: “Venne il 30 agosto 1922”. Allegata vi è una lettera confidenziale
del 27 giugno 1924 di Suor Françoise direttrice dell’orfanotrofio maschile di Abassiyeh-Cairo in cui

10.8 Page 98

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176
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
nell’estate 1926, lasciò la Palestina per recarsi a lavorare o svolgere una professione
al Cairo e, dopo un provvisorio alloggio presso i Salesiani, andò a vivere per conto
proprio. Il contenuto e lo stile delle sue letterine dimostrano un giovane molto ben
formato e di notevole maturità cristiana.
2. Il suo scritto conferma il ruolo che il sig. Srugi svolgeva come persona di
riferimento e guida dei Crociati del SS. Sacramento. In quanto tale, Selīm si affretta a
rassicurarlo brevemente del suo buono stato di salute fisica e spirituale; trovandosi in
un ambiente di cultura diversa, chiede informazioni per continuare l’abbonamento ai
periodici dell’associazione, la cui sede centrale era in Italia. Circa il “centro” in cui era
impiegato, la lettera seguente ci offrirà una ulteriore indicazione. Infine raccomanda
la sua perseveranza alle preghiere del suo maestro, e si firma col titolo di “Crociato
del SS.Sacramento”.
3. Si può supporre che il sig. Srugi non abbia tardato a far giungere a Selīm la
risposta, ma non abbiamo alcun riscontro diretto. E tuttavia dal fatto che nella lettera
seguente Selīm assicura che sta ricevendo i periodici, si deduce che il sig. Srugi gli
scrisse, anche per mandargli gli indirizzi richiesti per rinnovare gli abbonamenti.
¶¶¶
Seconda Lettera di Simone a don Mario Gerbo [COR 6]518
“W.[iva] G.[esù] M.[aria] G.[iuseppe]
Beitgemal, 16 Ottobre 1927
Sig. Don Gerbo,
Quando ella mi scrisse della Crociata e mi mandò le crocette, io subito mi
sono aggregato e dato il nome, mediante la parola d’onore. Altresì incominciai a
parlarne; anzi il Sig. D.Coradini fece un fervoroso discorso. Allora tutti entusiasmati
domandarono di essere accettati. Però siccome l’entusiasmo non accordava con la
buona condotta, ho aggregato solo i più buoni. Ecco la lista dei loro nomi. Ecco
altresì 10 piastre per l’abbonamento al periodico mensile della Crociata; la prego di
farcelo avere ogni mese.
Riceva i miei cordiali saluti e i saluti di tutti i miei cari confratelli. Tanti saluti
al Sig. D.Cantoni, Don Cancemi, Don Spiridiōn, Sig. Fathalla, Sig. Naim, Sig.
Cherubino.
Suo fratello nel Signore.
Simone Srugi”.
precisa che il padre di Selīm era un avvocato e morì lasciando molti beni ipotecati. Nel luglio 1926
Selīm è fra i tredici licenziati con 29/30 (il migliore a pari merito con Sālem Michele), ottiene primi
premi per lavoro, agricoltura, cultura generale e un attestato in metereologia: cf ABG, Registro voti.
518 Si trova nello stesso foglio “volante” in AIMOR 15.1.2, cartella n° 9.
Gli scritti e le fonti – Analisi
177
Note
1. Si deduce che don Gerbo, ancora prima di giungere a Betgamāl nel secondo
semestre del 1924 per assumere l’incarico di catechista, aveva fatto conoscere la
Crociata, provvedendo pagelline o tessere di iscrizione, crocette e distintivi; Simone
aderì subito, impegnandosi formalmente con la “parola d’onore”.
2. Seguì un periodo di “propaganda” fra i confratelli e i giovani di Betgamāl.
Don Ruggero Coradini nel 1926 era uno dei due confessori (mentre l’anno seguente fu
trasferito con lo stesso incarico al noviziato di Cremisan); dunque il suo entusiasmante
fervorino ebbe luogo nell’anno scolastico 1925-1926. Di conseguenza sono da
attribuire allo stesso anno le iscrizioni del primo gruppo di giovani e confratelli.
3. Fin dagli inizi della Crociata a Betgamāl, il Sig. Srugi è il responsabile di
questa forma di apostolato laicale. Come accorto educatore, esercita l’opportuno
discernimento e agisce con maturità di giudizio nell’ammissione di nuovi membri,
basandosi non sull’entusiasmo del momento ma sul riscontro concreto della loro
buona condotta abituale.
4. La lista dei 12 aggregati molto verosimilmente è quella che Srugi scrisse (senza
data) a matita a caratteri grandi sulla mezza facciata esterna di un minuscolo foglietto
(6,5x13,5) ancora conservato tra le pagine del suo libro Filotea: Selim Attalla [sic],
Michael Salim, Manne Avedissian, [H]agop [K]humarian, Ibrahim Attalla, [H]agop
Seyachian, Anton Tfey, Eghiazan Parseghian, Armando Milani, Michael Tutundjie,
Sarkis Hagopian, Giuseppe Salem. In questo modo Simone si ricordava spesso di loro
nelle sue preghiere; abbiamo visto che don Eugenio Bianchi teneva fra le pagine del
“breviario” i nomi dei suoi ex novizi, per lo stesso scopo. Interessante notare che il
primo della lista è proprio il Selīm ʻAtàllah che conosciamo. Cinque su dodici erano
armeni; uno italiano, uno siriano, gli altri probabilmente palestinesi o libanesi519.
5. Al momento in cui Simone gli scrisse questa lettera, don Gerbo si trovava
nell’opera salesiana di Porto Said da dove continuava a svolgere il ruolo di coordinatore
della Crociata a livello ispettoriale, mantenendo i contatti con gli aggregati delle varie
case salesiane, che a lui facevano riferimento anche per gli abbonamenti. In questa
veste Srugi gli chiedeva di inoltrare i suoi saluti agli amici e probabilmente associati
di Alessandria (don Ercole Cantoni e il coadiutore Na‘īm Cumbāz), di Nazaret (don
Spiridiōn Rummān) e anche a don Giovanni Cancemi che, secondo il suddetto EGS,
nel 1926 si trovava nella comunità di Trieste e nel 1927 era l’incaricato dell’Oratorio
festivo a Messina.
519 Basandoci sulla cartella del ABG-Allievi: “List of qualified pupils since 1920”, si può precisare
che quel “Manne” è Manuk Avedissian (diplomato nel 1926), che divenne monaco trappista a
Latroun; [H]agop [K]humarian (dipl. 1927) emigrò in Argentina mettendo su un’azienda agricola
a Buenos Aires; Ibrahim Attalla (1926) lavorò come giardiniere-ortolano dai Carmelitani a Tripoli
(Libano); [H]agop Seyachian (1927) figura come mercante a Parigi; Anton Tfey (1927) contadino
ad Alessandria; Armando Milani (1925) occupato nel “Motoculture,Tehran”; Michael Toutunjan
(1927) fu assunto come contabile presso il “Banco di Roma” a Gerusalemme; Sarkis Hagopian
(1926) avviò un’attività commerciale a Panderma (Bandirma) sul Mar di Marmara.

10.9 Page 99

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178
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
6. Infine si può mettere in rilievo la libertà di spirito che Srugi dimostra anche
in questa circostanza: pur avendo accettato la decisione dei superiori di chiudere la
“Crociata” e sostituirla con la “Compagnia”, a distanza di più di un anno egli sollecita
esplicitamente don Gerbo a non fargli mancare mensilmente il periodico della
“Crociata”, segno che non intendeva privarsi dell’indubbio vantaggio spirituale che
ne traeva.
¶¶¶
Seconda Lettera dell’exallievo ‘Atàllah Selīm [COR 7]520
“ + Viva Gesù!
Car.mo Signor Srugi.
Cairo, lì 26 Ottobre 1927
Finalmente mi sveglio, mi dirà. Sì ho dormito molto, e mi vergogno della mia
pigrizia. Mi perdoni il mio lungo silenzio. In mezzo alle mie occupazioni comincio a
poco a poco come un ingrato a dimenticarmi dei miei cari Superiori di Beitgemal.
Però il mio Angelo Custode non permise che la sua festa passasse senza farmela
ricordare, perciò come suo fratello Crociato vengo ad augurarle Buona Festa di
S.Simone. Che il suo S.to Patrono faccia scendere su di lei le più elette benedizioni del
Cielo. Dopo domani, giorno della sua festa, farò la S.ta Comunione specialmente per
lei, affinché il Signore le conceda tutte le grazie che il suo cuore desidera.
Quantunque io sia in una grande città come il Cairo, pure non mi dimentico
che sono Crociato e porto sempre il distintivo sia nelle strade che al lavoro, in mezzo
a tanti ebrei [sic] di cui sono attorniato. Qualche volta il rispetto umano cerca di
assalirmi, ma colla grazia di Dio riesco sempre a vincerlo. Gesù in Sacramento è la
mia forza.
Ricevo regolarmente tutti i periodici a cui mi sono abbonato e a cui spero di
abbonarmi anche l’anno venturo.
Nelle sue preghiere si ricordi qualche volta di me, come non mi dimentico di
farlo ogni giorno per lei.
Mi saluti i cari amici di Beitgemal: D.Frey, Dotta, Vincenzo, Musa, Manne, e
dica loro che prego per tutti e che si ricordino loro pure di me. Unione di preghiere e
mi creda sempre Aff.mo in Gesù Re Eucaristico.
A. Selim.
Cavaliere Crociato del SS. Sacramento”.
[a margine] Tannus la saluta tanto”.
520 Originale manoscritto, in AIMOR 15.1.2, cartella 9A: Testimonianze originali; senza numero. La
trascrivo integralmente, mentre FORTI a p. 84 riportava solo la seconda parte.
Gli scritti e le fonti – Analisi
179
Note
1. Tra la prima lettera e la seconda sono passati 9 mesi che allo scrivente sembrano
troppo lunghi, frutto di biasimevole trascuratezza, e chiede perdono, benché adduca
l’attenuante delle tante occupazioni.
2. Il suo non è soltanto uno scritto di circostanza, occasionato dalla festa
onomastica del sig. Srugi, al quale si rivolge con una vivace introduzione e con
espressioni molto affettuose. Neppure di semplice informazione circa le circostanze e
l’ambiente in cui vive, o solo circa gli abbonamenti alle riviste devozionali. C’è di più:
nella sua brevità, l’affezionato exallievo intende aprire candidamente il suo animo al
sig. Srugi, la persona che, pur non essendo sacerdote, gode di tutta la sua stima, lo può
capire e aiutare a crescere nella vita cristiana521.
3. La lettera esprime la determinazione di Selīm a perseverare, vincendo le
difficoltà, nelle pratiche annesse alla associazione, traendo energia dalla comunione
eucaristica.
4. Nell’associazione i membri stavano su un piano di uguaglianza, così che Selīm
si presenta al suo ex maestro come “suo fratello”. E si firma con il titolo completo:
“Cavaliere Crociato del SS. Sacramento”, come consacrato al servizio di Gesù “Re
Eucaristico”.
5. Quanto all’ambiente in cui Selīm viveva: nella lettera precedente parlava di un
“centro” in cui la lingua non è affatto l’Italiano. Ora scrive che per strada e al lavoro
si trova “in mezzo a tanti ebrei di cui sono attorniato”. Don Forti a p. 84 ha invece
scritto: “in mezzo a tanti infedeli”, forse per usare un termine più comprensibile ai
lettori o intendendo includere anche i musulmani che costituivano la maggioranza
degli abitanti. Salva la retta intenzione, non mi sembra una scelta corretta. Di fatto
al Cairo in quegli anni gli ebrei erano numerosi, svolgevano attività commerciali e
finanziarie di primo piano, investivano nell’espansione edilizia urbana, frequentavano
liberamente la loro grande sinagoga …, insomma facevano parte integrante del tessuto
della metropoli. Quindi niente di strano che il nostro Selīm, probabilmente impiegato
nel settore commerciale o contabile o industriale, fosse giornalmente a loro contatto
e talvolta si sentisse a disagio nel mostrare il distintivo di Crociato o fosse tentato di
cedere al rispetto umano nel portare il crocifisso o praticare visibilmente la sua vita
cristiana.
6. Circa i destinatari dei saluti: nell’EGS del 1927 figurano a Betgamāl don
Rodolfo Frey, Luigi Dotta (chierico di voti temporanei), Vincenzo Milani (coadiutore
professo temporaneo). Il Manne quasi certamente è l’Avedissian che Srugi elenca come
terzo nella lista suddetta dei primi Crociati. Anch’essi attestarono poi unanimemente
il ruolo che Srugi svolgeva nell’animare la devozione eucaristica, avvalorato anzitutto
521 Molti exallievi avrebbero sottoscritto quanto un loro compagno depose al Processo Ordinario:
“I ragazzi avevano maggior confidenza in lui che con gli altri Superiori e parlavano con lui con
coraggio, senza alcun timore”: FIORA, p. 79 nota 23.

10.10 Page 100

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180
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
dal suo esempio personale. Il Tannūs che compare nel post-scriptum può essere
rintracciato consultando le domande di ammissione alla scuola agricola e il registro
degli esami522.
7. Infine: il fatto che Srugi abbia conservate queste due letterine di Selīm fra le
sue carte fino alla morte, significa che le considerava significative. Per noi oggi sono
prova di un rapporto fraterno di amicizia cristiana, potremmo dire anche di paternità
spirituale.
¶¶¶
Lettera di Simone alla sua sorella Zàhra [COR 8]523
“Cara Sorella, che Iddio prolunghi la tua permanenza [su questa terra] e quella
delle tue care figlie. Dopo il bacio fraterno, presento a te e alle tue figlie i miei auguri
cordiali per la festa del Natale del nostro amato Salvatore Gesù e per il Capodanno,
domandando all’Altissimo che faccia scendere su di voi le sue benedizioni e grazie
celesti, e che queste rimangano per molti anni insieme alla salute e alla prosperità
di vita.
Ora vi informo che due mesi fa fui colpito da forte febbre malarica che mi ha
condotto sull’orlo della tomba e mi ha obbligato a recarmi all’ospedale di Betlemme,
dove passai più di due settimane tra la vita e la morte.
Ora però, grazie a Dio, mi è tornata la salute (non completamente) per le
preghiere dei ragazzi orfani e di molti superiori e fratelli, e tuttavia penso che la
fine del mio esilio in questo mondo non è lontana. Sento infatti da tempo difficoltà di
respiro e male al cuore e poca forza; tutto questo mi dice: “Preparati a incontrare il
tuo Signore quando egli lo vorrà”.
E tu, cara sorella, come stai di salute? Voglia Iddio che tu stia bene e in perfetta
salute. Ogni giorno domando al Signore che ti allunghi la vita per molti anni e che
522 ABG, Accettazione allievi: nell’estate 1922 insieme alla domanda di ammissione di ‘Atàllah Selīm,
lo stesso presidente della società maronita di beneficenza al Cairo fa domanda per “Tannous el
Khoury orfano di padre, nato al Cairo il 4 gennaio 1909; ha certificato di studi primari francesi e
diploma di istruzione religiosa rilasciato dopo esami dal Vescovo del Delta. Il ragazzo conosce un
poco le lingue inglese e arabo”. Nella lettera allegata, suor Françoise forniva altri dati confidenziali.
A differenza di Selīm, qui non figura nessuna postilla da parte del direttore, ma per analogia
suppongo che anche lui sia entrato a Betgamāl il 30 agosto 1922. Agli esami di licenza nel luglio
1926 Curi [sic] Tannus totalizza 24,5/30, e ottiene un primo premio per il lavoro: cf ABG: Registro
voti. Tornò al Cairo-Abassiyeh dove lavorò come giardiniere-ortolano: cf ABG, “List of qualified
pupils since 1920”.
523 Fotoriproduzione dell’originale arabo consistente di un foglio e mezzo (formato A 5), si trova
in AIMOR 15.1.1, parte terza, n° 3.2- Busta grande (26,5x20) “Fotocopie di alcuni scritti”. Sia
l’originale sia questa traduzione italiana furono acquisite agli atti del Processo Informativo del 1964-
1966 e inviate alla Congregazione per le Cause dei Santi per la revisione degli scritti [Cf pag. 182].
Gli scritti e le fonti – Analisi
181
allontani da te ogni male. Però, in ogni caso, sii anche tu pronta ad incontrare il
Signore Gesù, affinché meritiamo insieme di vederci vicendevolmente in Cielo. Ti
prego di non offenderti per queste mie parole, anzi prendi questo consiglio da un
fratello che vuole il bene dell’anima tua, perché sei già avanzata in età e sai che la
morte ci è vicina. Felici noi se saremo preparati ad essa!
Infine ricevi i miei copiosi saluti e il mio grande rispetto e presentali alle tue
care figlie: Ràdia, Baitallah, Nada e la quarta della quale non ricordo il nome.
Non privatemi delle vostre preghiere e petizioni.
Tuo fratello che prega per te,
Sim‘ān ʻĀzar as-Srūgy
In data 24 dicembre 1939”.
Note
1. Don Forti, oltre al presentimento di una fine non molto lontana, rileva questi
due tratti: “il delicato ed affettuoso persistere degli affetti familiari e la sua santa
preoccupazione di giovare, col pensiero della morte, alla sorella, da tanti anni lontana
dalla Chiesa Cattolica”524. Si può aggiungere la sincera riconoscenza verso tutti quelli
che con le loro preghiere hanno ottenuto la grazia della sua guarigione.
2. Simone minimizza la durata della sua malattia e non accenna alla “estrema
unzione” ricevuta525. Però riconosce con realismo che non è completamente
ristabilito, persistendo indebolimento di forze, mal di cuore e difficoltà di respiro. Di
fatto affronterà in queste condizioni i quattro anni successivi, che apporteranno un
sovraccarico di fatica e tensione, anche a causa della seconda guerra mondiale.
3. Zàhrah era la sesta figlia di papà ‘Āzar Srugi, 9 anni e mezzo più grande di
Simone essendo nata il 3 dicembre 1867. Si sposò a Nazaret il 28 febbraio 1887 con
Saʻīd Baltīn [forse Ballūtīn], (morto il 6 gennaio 1917) e in seconde nozze con Sāleh
Abu-l-ʻAsal (che morì il 1° aprile 1933); lei morì ottantenne il 5 marzo 1947526.
4. L’invito di Simone, espresso in termini delicati da parte di chi si presenta come
l’amico dell’anima, ma che teme possano sembrare offensivi, non trovò ascolto. Di
fatto dal dicembre 1939 al novembre 1943, quando Zàhra si recò due volte a Betgamāl
a visitarlo ormai sul letto di morte, passarono 4 anni, senza che nulla cambiasse quanto
alla sua appartenenza alla comunità anglicana. Nonostante le preghiere e l’insistenza
di Simone, e nonostante le generiche rassicurazioni che, secondo la cognata e la figlia
presenti all’estremo saluto, avrebbe fatto al fratello (più per dargli un contentino, che
per sincera convinzione) ella non cambiò idea, tanto che morì, per quanto è dato di
524 FORTI, p.166.
525 Cf quanto ho scritto nella prima parte, nel paragrafo 6.7.
526 Questi dati figurano nell’albero genealogico della famiglia Srugi, che ho presentato nel prologo di
questo mio libro.

11 Pages 101-110

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11.1 Page 101

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182
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
sapere, “da protestante”527.
5. Nella mentalità biblica di Simone la morte sarà la fine dell’esilio in questo
mondo e, se ben preparata, introdurrà nella patria del Paradiso. Nel ritiro del 1930
aveva scritto: “Mi distaccherò da ogni cosa terrena che mi impedisce di essere tutto
del mio Dio e per essere pronto alla chiamata del mio sposo Gesù quando mi chiamerà
dall’esilio alla patria celeste” (PRO 54) e in quello dell’anno seguente: “Mi terrò
preparato, quando il buon Gesù mi chiamerà dall’esilio alla patria celeste” (PRO 64).
D’altronde ogni giorno nella recita della Salve Regina ricorreva alla Madonna come
uno degli “esuli figli di Eva”.
¶¶¶
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Testo autografo della lettera alla sorella Zahra.
527 Cf FORTI, p.185-186. Una conferma autorevole che non cambiò, si ha in AIMOR, 15.1.2, cartella n°
8, busta 8.7, dove è conservato il testo arabo e la traduzione italiana della interessante testimonianza
rilasciata al tempo del Processo Ordinario dalla nipote di Simone, la signora Shafīqa Abù-l-ʻAsal; cf
pure AIMOR, 15.1.1, cartella n° 2, busta 2.5.
Gli scritti e le fonti – Analisi
183
II. DIALOGHI DI GESÙ
CON SUOR MARIA-MARTA CHAMBON
e Foglio Allegato
Introduzione
Il manoscritto “A” è costituito da un minuscolo blocchetto rettangolare
(7x14 cm) coi fogli pre-forati in alto. Sulla seconda paginetta, senza alcun titolo o
intestazione, iniziano queste frasi di dialoghi tra Gesù e la confidente, che continuano
per undici paginette e mezza. Le frasi sono scritte a matita sopra le due facciate; pur
nella ristrettezza dello spazio, Srugi va a capo per ogni frase. Ora questo blocchetto
si trova in AIMOR 15.1.11, cartella 1.3. Per la trascrizione ho aggiunto un numero
progressivo, e ho segnato con un asterisco l’ultimo pensiero di ogni facciata. Infine
ho redatto l’indice dei termini per facilitare la ricerca.
Sulla prima paginetta del taccuino Srugi aveva appuntato in alto l’indirizzo di
don Eigmann in Germania, e in basso quello della Tipografia Soc. Beato Giordano,
via Tavoleria 3, Pisa. Da questa seconda indicazione ho potuto risalire alla fonte da
cui Srugi attinse. Si tratta delle rivelazioni fatte dal 1867 in poi a Suor Maria-Marta
Chambon, conversa della Visitazione di Chambèry. Esse vennero raccolte dalla sua
superiora, Madre Teresa Revel, e solo più tardi pubblicate in versione Italiana nel
libretto intitolato Suor M.M. Chambon e le Sante Piaghe di N.S.G.C. – stampato a
Pisa, Tip. Sociale « Beato Giordano », 1924, 2a edizione.
Non disponendo di altre indicazioni, si può ipotizzare che a procurare questo
libro a Srugi sia stato don Giovanni Fergnani528. La cosa certa è che Srugi sta copiando
alla lettera le frasi di quei dialoghi. Ciò risulta dal confronto con le pagine del libro
suddetto529.
528 Ricordo che don Fergnani fu a Marina di Pisa negli anni 1914-1916.
529 Nel 2013 questo libro è stato pubblicato integralmente in formato digitale sul sito internet: Yeshua.
ilbello.com/yeshua/SantePiaghe/Chambon/le-sante-piaghe-Libropiccolo.pdf. – Circa le scelte che
Srugi fa, noto che egli copia talvolta anche i raccordi che la Madre Revel interponeva tra una frase e
laltra, oppure i commenti dellanonima Autrice (Autore?) del libro. Invece sono soltanto pochissime
le frasi pronunciate dalla Madonna che Srugi riporta. Così pure non copia se non alcuni frammenti
delle due lunghe sezioni riguardanti la Chiesa e le anime del purgatorio. Infine preciso che, alla luce
di questi fatti, non trova riscontro quanto il primo vicepostulatore don Natale Del Mistro (1905-
1979) scriveva nel 1966 attribuendo la fonte dei manoscritti di Srugi al “Manuale di Filoteadi don
Giuseppe RIVA; in esso infatti, alle pp. 491-494 delledizione del 1864 si trova solo la “Corona delle
Cinque Piaghe” composta di 5 preghiere in forma di adorazione a ciascuna delle piaghe, che lautore
proponeva di recitare tutti i venerdì dellanno e specialmente la Settimana Santa.

11.2 Page 102

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184
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
Il Manoscritto “B” consiste di 5 facciate di un quaderno a righe, da cui furono
staccate e forate per essere conservate in un raccoglitore ad anelli. Sono senza
copertina, senza titolo né data, scritte a matita. Ora si trovano in AIMOR 15.1.1.
Trascrivo da esse, numerando i pensieri, rispettando gli “a capo” che Srugi stesso
mise. Per ragioni pratiche (specialmente per redigere l’Indice analitico) continuo la
numerazione, dall’ultima frase del Manoscritto “A”. Srugi continua a trascrivere le
frasi dei dialoghi tra Gesù e suor Maria-Marta, ma seguendo un suo ordine, che non è
quello in cui i testi originali figurano nel libro stampato a Pisa.
Sul foglio allegato (= FAL) Simone trascrisse alcuni pensieri tratti da opere di
S.Francesco di Sales, che io riporto in numerazione continua con i precedenti530.
La prima trascrizione dattiloscritta di questi manoscritti e del Foglio Allegato
si trova nelle 4 pagine, formato “folio”, del fascicolo intitolato “E – SRUGI,
SCRITTI. Massime Giovani; Massime Sacro Cuore; Massime”, che fu preparato,
per indicazione del vicepostulatore don Natale Del Mistro, dal segretario don Ciro
Cozzolino (1929-1979) nel novembre 1966 [senza indicazione del giorno esatto].
Il fascicolo è conservato in AIMOR, 15.1.1, dentro la busta con su scritto in penna
rossa “Varia”.
Note
1. Data l’accuratezza nella trascrizione, possiamo dire che Srugi si immedesima
con la confidente di queste rivelazioni, ed è come se Gesù le facesse a lui stesso.
L’amore a Gesù Crocifisso o “Appassionato”, alla sua umanità piagata e sofferente, in
particolare al suo Cuore trafitto, ha un posto centrale nella sua pietà e si prolunga nella
sua vita, in cui egli vuole conformarsi al divino modello. Il Crocifisso era diventato il
suo libro preferito.
2. Colpisce la tonalità affettiva e la serenità. Le piaghe sono consolante rifugio
nei momenti di pena e tentazione (37, 38), lavacro in cui purificare i propri peccati
(29-31), fornace da cui attingere il fuoco della divina misericordia per la salvezza
delle anime …(cf 39, 41, 61, 63, 100, 104).
3. Si tratta di una devozione nella linea diretta di San Francesco di Sales, tipica
della sua “famiglia” religiosa, nella quale alcune sue figlie spirituali ricevettero da
Gesù la missione di diffondere il messaggio damore e la devozione al suo Sacro
Cuore (soprattutto Santa Maria-Margherita Alacoque), e alle sue Sante Piaghe (come
appunto la Serva di Dio Maria-Marta Chambon). Unaltra di queste anime privilegiate
530 FORTI, p.107 indicava che essi sono tratti da Eugenio CERIA, La vita religiosa negli insegnamenti
di S.Francesco di Sales, Torino. SEI: senza precisare le pagine esatte. Si tratta di un volume
(12x19cm) di 552 pagine, edito nel 1926. Di fatto Srugi a p. 51 poteva leggere parte della massima
che riporta nel FAL 109: “Vi è una certa semplicità di cuore che racchiude in sé la perfezione
della perfezione […] è nascosta agli occhi di lei”. Mentre per le altre derivazioni, occorre avere la
pazienza di leggere e confrontare tutte le pagine del libro! Anche se va aggiunto che Srugi poteva
attingere o direttamente alla Filotea oppure ad altri libretti contenenti estratti dagli insegnamenti di
Francesco di Sales.
Gli scritti e le fonti – Analisi
185
è suor Benigna Consolata Ferrero (1885-1916), lei pure monaca visitandina, che Gesù
volle apostola del suo amore misericordioso. Simone conosceva in varia misura gli
scritti di tutte e tre.
4. Nei dialoghi con suor Maria-Marta riecheggia chiaramente la dottrina
dell’“amore puro” che Francesco di Sales espose nel “Teotimo” e secondo la quale
guidò la sua “grande figlia spirituale” Giovanna Francesca di Chantal: distacco dalle
creature, spogliamento totale della propria volontà, per raggiungere la forma più alta
dell’unione con Dio e rendere quel “Viva Gesù!” incarnato nella propria persona.
L’umile coadiutore salesiano, ricopiando con tanta precisione le rivelazioni a suor
Maria-Marta, dimostra di averne colto il senso esatto.
5. Nei Dialoghi ricorrono anche alcuni temi allora enfatizzati nella teologia della
redenzione: pagare i debiti dei peccati con i meriti della passione, espiare, soddisfare
e offrire per distogliere la vendetta di Dio (cf DIA 46, 47, 53, 56, 57).
TESTI
MANOSCRITTO “A”
1. Dice Gesù: ogni umiliazione ti lega più intimamente al mio Cuore. Io non vi
domando grandi cose, voglio semplicemente l’amor del vostro cuore. Stringiti al
mio cuore, tu scoprirai tutta la bontà di cui è pieno.
2. Deponi nel mio cuore tutte le tue azioni, anche le ricreazioni, che saranno ben
custodite.
3. Bisogna che i cuori si uniscano al mio cuore per mezzo dell’umiltà e
dell’annientamento.
4. Oh quanto soffre il mio cuore per l’ingratitudine di tanti cuori. [*1]
5. Bisogna unire le vostre pene a quelle del mio cuore.
6. Gesù apparve a una sua serva sulla croce, tutto scarnificato, non avendo che la
pelle sulle ossa e le disse: Ecco, figlia mia, per dove devono passare quelli che io
mi sono scelto e vogliono arrivare alla gloria. non coloro che alzano la testa. La
mia Madre è passata per questa via. Dolce e consolante è la strada delle anime
che portano la croce loro con generosità. [*2]
7. Bisogna che le anime religiose, spose di Gesù Crocifisso, con generosità
... [interruzione] Non ho più che le mie spose per compensarmi delle offese che
ricevo.
8. Figlia mia, dovete amare molto il Crocifisso e crocifiggervi per amare Gesù,
affine di poter morire come Gesù e risorgere a nuova vita come Lui.

11.3 Page 103

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186
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
9. Nella casa religiosa, che è casa di Dio, bisogna vivere uniti alle mie piaghe. I
vostri voti escono dalle mie piaghe. [*3]
10. Essendo il religioso consacrato a Gesù, dev’essere inchiodato alla croce con Lui.
11. Allorché seguiamo la nostra volontà ci dichiariamo nemici della croce.
12. Diceva Gesù: guarda la mia corona e intenderai la mortificazione; le mie mani
distese e imparerai l’obbedienza; vedendomi nudo sulla croce imparerai la
povertà. [*4]
13. Le anime religiose sono anime consacrate alla sofferenza. Io vorrei vedere nelle
mie spose altrettanti crocifissi. La sposa non deve forse somigliare al suo sposo?
14. Dice Gesù: se vuoi soffrire per me come io ho sofferto per te, fa’ tutte le tue
azioni per piacermi e non rifiutarmi alcun sacrifizio.
15. I tuoi difetti, replicò Gesù, compariranno tutti al giorno del giudizio, ma per la
tua gloria e per la mia. [*5]
16. Dice Gesù: io accetto tutte le tue azioni e le tue sofferenze per i peccatori e per
le anime del purgatorio, ma bisogna che tu sia unita intimamente al mio Cuore,
alle mie piaghe, sicché tu sia una cosa con me.
17. Tu non devi uscire dal mio Cuore, perché io non potrei più comunicarmi a te.
18. Dice Gesù: il Crocifisso dev’essere il tuo libro prediletto. [*6]
19. Tutta la vera scienza è nello studio delle mie piaghe. Se tutte le creature le
studiassero, tutte vi troverebbero abbastanza, senza aver bisogno [di] alcun libro.
20. Offrire sovente durante il giorno le piaghe di Gesù Cristo al suo eterno Padre.
Unire tutte le azioni secondo le intenzioni del sacro Cuore di Gesù per il trionfo
della Chiesa, pei peccatori e per le anime del purgatorio. [*7]
21. Dice Gesù: voglio che l’anima religiosa sia staccata da tutto, poiché per venire
a me deve essere scevra da ogni attacco, che nessun filo la leghi più alla terra.
Bisogna andare alla conquista del Signore nella solitudine, bisogna cercare nel
proprio cuore.
22. Dice Gesù: la scienza dell’amore non s’impara sui libri, essa non è data che
all’anima che guarda il divin Crocifisso e gli parla cuore a cuore. [*8]
23. Bisogna che tu sia unita a me in ogni tua azione.
24. L’anima che non si appoggia sul petto del suo sposo Gesù [cf Gv 13,25] nelle sue
pene, nel suo lavoro, perde il suo tempo.
25. Quando essa ha commesso delle mancanze, bisogna che si riposi sul mio Cuore
con gran confidenza. In questo focolare ardente spariscono le vostre infedeltà:
l’amore le brucia, le consuma tutte. [*9]
26. Dice Gesù: io mendico l’amore delle mie creature ma il maggior numero, anche
tra le anime religiose, mi ricusa questo amore. Mia figlia, amami tu puramente
per me stesso, senza aver riguardo al castigo o alla ricompensa.
Gli scritti e le fonti – Analisi
187
27. Dice Gesù: ogni umiliazione ti lega più intimamente al mio cuore. Io non vi
domando grandi cose, voglio semplicemente il vostro amore. [*10]
28. Ah, figlia mia, se tu sapessi quanto soffre il mio Cuore per l’ingratitudine di tanti
cuori. Bisogna unire le vostre pene a quelle del mio S.Cuore. Tu farai un grande
atto di carità offrendo ogni giorno le mie divine piaghe per tutte le direttrici
dell’istituto.
29. Dice Gesù: dalle mie piaghe escono frutti di santità. Bisogna mettere l’anima
tua e quella delle tue sorelle [*11] nelle mie piaghe. Qui esse si perfezioneranno
come l’oro nella fornace. Voi potete sempre purificarvi nelle mie piaghe.
30. Le mie piaghe ripareranno le vostre piaghe.
31. Le mi piaghe copriranno tutte le vostre colpe.
32. Coloro che onorano le mie piaghe, avranno una vera conoscenza di me.
33. Meditandole, troverete sempre un nuovo alimento d’amore.
34. Le mie sante piaghe daranno valore a tutte le vostre opere. [*12]
35. Figlia mia, immergi nelle mie piaghe le tue azioni, ed esse diventeranno qualche
cosa.
36. Tutte le tue azioni, anche minime, inzuppate nel mio sangue, acquisteranno un
merito infinito e contenteranno il mio Cuore.
37. Le mie sante piaghe sono un balsamo e un conforto nella sofferenza.
38. Quando avete qualche pena, qualche cosa da soffrire, bisogna deporla prontamente
nelle mie piaghe e la pena sarà addolcita. [*13]
39. Le sante piaghe hanno una efficacia meravigliosa per la conversione dei peccatori.
40. Le sante piaghe salvano il mondo e assicurano una santa morte.
41. Le sante piaghe vi salveranno infallantemente. Esse salveranno il mondo.
42. Non vi sarà morte per l’anima che spirerà nelle mie piaghe; esse danno la vera
vita.
43. Le mie sante piaghe danno ogni potere su Dio. [*14]
44. Il mio potere è nelle mie piaghe: con esse tu divieni potente. Sì, tu puoi ottenere
tutto: tu hai ogni potere.
45. Tu puoi disarmare la mia giustizia. Sebbene tutto venga da me, io voglio essere
pregato, voglio che mi sia domandato. Le sante piaghe saranno in particolare la
salvaguardia delle comunità. [*15]
46. L’eterno Padre le disse: Figlia mia, ti darò il mio divin Figlio, per aiutarti nella
tua vita, affinché tu possa pagare ciò che devi alla mia giustizia per te e per tutti.
47. Tu prenderai dalle piaghe di mio Figlio per pagare i debiti dei peccatori.
48. Essa nutre per l’Eterno Padre una tenerezza, una confidenza di bambino e dal
quale venne colmata di divine carezze.

11.4 Page 104

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188
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
49. « Io vi offro – disse all’Eterno Padre – tutto quello che il vostro Figlio ha fatto e
sofferto per noi». [*16] Le rispose l’Eterno Padre: «Questo è grande e mi piace
assai».
50. Non volgere mai gli occhi da questo libro delle mie piaghe, e imparerai più che
i grandi sapienti.
51. La tua vita qui – le disse – è di farmi conoscere ed amare per mezzo delle mie
sante piaghe.
52. Le domandò di offrire incessantemente le sue divine piaghe all’Eterno Padre per
la salvezza del mondo. [*17]
53. Tu sei scelta per soddisfar alla mia giustizia. Rinchiusa nella tua clausura devi
vivere quaggiù come si vive in cielo: amarmi, pregarmi continuamente per
trattenere la mia vendetta, e rinnovare la devozione alle mie sante piaghe.
54. Io voglio che con questa divozione non solo si salvino le anime con le quali tu
vivi, ma molte altre ancora. Un giorno ti domanderò [*18] conto se ti sei ben
servita di questo tesoro per tutte le mie creature.
55. Gesù le disse: Veramente io abito in questo luogo e in tutti i cuori. Io stabilirò il
mio regno e la mia pace; col mio potere distruggerò tutti gli ostacoli, perché io
sono il padrone dei cuori.
56. Io ti ho scelto per far valere i meriti della mia santa passione per tutti. [*19]
57. Figlia mia, ogni volta che offrite a mio Padre i meriti delle mie divine piaghe, voi
guadagnerete un’immensa fortuna. Siete simili a colui che trova un gran tesoro
nella terra; ma siccome non potete conservare questa ricchezza, Dio la riprende,
e così pure la mia divina Madre, per rendervelo al momento della morte, e
applicarne i meriti alle anime che ne hanno bisogno.
58. Non bisogna restare poveri, giacché il vostro Padre celeste è molto [*20] ricco.
La vostra ricchezza è la mia passione.
59. Colui che si trova nella necessità venga con fede e confidenza e attinga
costantemente nel tesoro della mia passione e nei fori delle mie piaghe. Questo
tesoro vi appartiene, tutto è qui.
60. Una delle mie creature mi ha tradito e ha venduto il mio sangue, ma voi potete
sì facilmente ricomprarlo goccia a goccia. Una sola goccia basta a purificare la
terra, [*21] e voi non vi pensate? Voi non ne conoscete il valore.
61. I carnefici hanno fatto bene ferendomi il costato, le mani e i piedi, perché da
essi scorreranno eternamente le acque della divina misericordia. Bisogna solo
detestare il peccato che ne è stato la causa.
62. Il Padre mio si compiace dell’offerta delle mie sacre piaghe e dei dolori della mia
divina Madre. Fargli questa offerta [*22] è offrirgli la sua gloria, è offrire il cielo
al cielo. Ecco di che pagare per tutti coloro che hanno dei debiti. offrendo al mio
Padre il merito delle mie piaghe, voi soddisfate ai peccati degli uomini.
Gli scritti e le fonti – Analisi
189
MANOSCRITTO “B”
63. Bisogna confidare tutto alle mie divine piaghe e lavorare coi loro meriti alla
salvezza delle anime.
64.Venera e guarda le mie piaghe con grande umiltà. Voi non considerate abbastanza
le mie piaghe, e non comprendete tutta l’estensione delle grazie che ricevete per i
loro meriti.
65. I miei stessi sacerdoti non guardano abbastanza il Crocifisso: io voglio essere
onorato tutto intiero.
66. La messe è grande, abbondante; bisogna che vi umiliate, che vi inabissiate nel
vostro nulla per mietere delle anime, senza guardare ciò che avete [già] fatto.
67. Non bisogna temere di mostrare le mie piaghe alle anime. La via delle mie piaghe
è sì semplice e sì facile per andare al cielo. Egli ci domanda di farlo con ardore di
Serafini.
68. Bisogna che contempliate le sofferenze di Gesù per conformarvi a Lui.
69. Bisogna venire alle mie piaghe col cuore caldo, ardentissimo, e fare con grande
fervore le aspirazioni per ottenere le grazie di conversione che sollecitate.
70. Nella contemplazione delle mie piaghe si trova tutto per te e per gli altri.
71. Figlia mia, non bisogna preoccuparsi delle cose della terra. Voi vedrete
nell’eternità ciò che avete guadagnato colle mie piaghe.
72. Le piaghe dei miei sacri piedi sono un oceano: mettete qui tutte le creature, ché
sono abbastanza grandi per alloggiarle tutte.
73. Bisogna pregare molto perché le mie sante piaghe si spandano in tutto il mondo.
74. Le mie sante piaghe sostengono il mondo. Bisogna domandarmi la costanza
nell’amore delle mie piaghe, perché esse sono la sorgente di tutte le grazie.
75. Bisogna invocare spesso le mie piaghe... attirarvi il prossimo, bisogna parlarne e
ritornarvi sopra frequentemente affine di imprimerne la devozione nelle anime.
76. Tutte le parole dette a proposito delle mie sante piaghe, mi fanno piacere,
un’indicibile piacere, io le conto tutte.
77. Se qualcheduno non volesse venire nelle mie piaghe, bisogna che tu, figlia mia,
ve lo faccia entrare.
78. Gesù le disse un giorno: Figlia mia, vieni a me ed io ti darò un’acqua che ti
disseterà. Nel Crocifisso vi é tutto, vi è di che dissetarti, ve n’è per tutte le
anime.

11.5 Page 105

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Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
79. Voi troverete tutto nelle mie piaghe, esse producono opere solide, non con la
gloria, ma con la sofferenza.
80. Voi siete delle operaie che lavorate nel campo del Signore; colle mie piaghe
guadagnerete molto e senza pena.
81. Offrimi le tue azioni e quelle delle tue sorelle unite alle mie sante piaghe; niente
può renderle né più meritorie né più gradite ai miei occhi. Vi sono delle ricchezze
incomprensibili anche nelle più piccole azioni.
82. Gesù le disse: Tu devi applicarti a guarire le [tue] ferite contemplando le mie
piaghe. Scoprendo il suo piede destro le dice: Quanto devi venerare questa piaga
e nasconderti in essa come la colomba.
83. Gesù le fa vedere la sua mano sinistra: Prendi figlia mia, nella mia mano sinistra
i miei meriti per le anime, affinché esse siano alla mia destra nell’eternità.
84. Le anime religiose saranno alla mia destra per giudicare il mondo, ma prima io
domanderò loro conto delle anime che esse avrebbero dovuto salvare.
85. Gesù chiede per il suo augusto Capo coronato di spine un culto specialissimo di
venerazione, di riparazione e di amore.
86. La corona di spine mi ha fatto soffrire più che tutte le altre mie piaghe, questa
è stata la mia più crudele sofferenza, eccetto quella dell’Orto degli ulivi. Per
alleggerirla bisogna osservare bene la vostra Regola.
87. Per l’anima fedele che va fino all’imitazione, la corona di spine è una sorgente di
meriti. Ecco questa testa che è stata trafitta per tuo amore, e per i meriti della quale
tu dovrai essere coronata un giorno. Felice l’anima che avrà ben contemplato e
ancor meglio praticato.
88. Ecco dove si trova la vostra via, camminate semplicemente [su di essa] e voi
camminerete sicuramente.
89. Le anime che avranno contemplato e onorato la mia corona di spine sulla terra,
saranno la mia corona di gloria in cielo.
90. Per un istante che voi contemplerete la mia corona di spine quaggiù in terra, io
ve ne darò una per l’eternità, e sarà la corona di spine che vi meriterà quella di
gloria.
91. Essa è il dono eletto che Gesù fa ai suoi privilegiati.
92. La mia corona di spine io la dò ai miei privilegiati.
93. Le mie piaghe e la corona di spine è un bene di proprietà delle mie spose e delle
anime privilegiate. Essa è la gioia dei beati, ma per i miei diletti sulla terra, essa
è una sofferenza.
94. I miei veri servi procurano di soffrire con me, ma nessuno può raggiungere il
grado di sofferenza che io ho sopportato.
Gli scritti e le fonti – Analisi
191
95. Ecco colui che tu cerchi, guarda in qual stato Egli si trova. Guarda, togli le spine
del mio capo, offrendo al Padre mio, per i peccatori, il merito delle mie piaghe.
Va in cerca di anime.
96. Un’anima che fa le azioni in unione ai meriti della mia santa Corona, guadagna
più che la comunità tutta intera.
97. La mia corona di spine illuminerà il cielo e tutti i beati. Sulla terra vi sono alcune
anime privilegiate alle quali la mostrerò, ma la terra è tenebrosa per vederla.
Guarda come essa è bella dopo essere stata così dolorosa.
98. Prendi la mia corona di spine e in questo stato ti contempleranno i miei beati.
Poi indirizzandosi ai santi e mostrando la sua cara vittima: Ecco – disse Egli –
il frutto della mia corona di spine. La santa Corona che rende felici i giusti, è
invece per i cattivi un’oggetto di terrore.
99. Le anime che erano state fedeli durante la loro vita, dopo la loro morte si
gettarono con confidenza nelle braccia del Salvatore. Le altre, alla vista della
Corona di spine e al ricordo dell’amore immenso di Gesù Cristo che essi avevano
disprezzato, si precipitarono terrorificate negli abissi eterni.
100.Vieni soltanto qui nella piaga del mio Costato, è la piaga dell’amore donde si
sprigionano fiamme vivissime.
101. Vieni al mio Cuore, tu non temerai nulla. Metti qui le tue labbra per attingervi la
carità e spanderla nel mondo. Metti la tua mano per prendere i miei tesori.
102. Prendi perché la misura delle grazie è colma. Io non posso più contenerle, tanto
ho voglia di darle.
103. Tienti ben attaccata al mio Cuore per prendere e spandere il mio sangue.
104. Se volete entrare nella luce del Signore, bisogna nascondervi nel mio divin
Cuore. Se volete conoscere l’intimità delle viscere di misericordia di colui che vi
ama tanto, dovete avvicinare le labbra con rispetto ed umiltà all’apertura del mio
Cuore.
105. Io voglio che mi amiate senza alcun appoggio umano.
106.Voglio che l’anima religiosa sia staccata da tutto, perché per venire al mio Cuore
deve essere scevra da ogni attacco, che nessun filo la leghi alla terra. Bisogna
andare alla conquista del Signore nella solitudine.
107. Egli ha di mira tutte le anime, e in modo speciale le anime consacrate a lui.
108. Ho bisogno del tuo cuore per confortarmi e tenermi compagnia. Bisogna che tu
sia unita a me in ogni tua azione.
¶¶¶

11.6 Page 106

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192
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
FOGLIO ALLEGATO (= FAL)
109. Dice S.Francesco di Sales: io ritengo sia atto di grandissima perfezione il
conformarsi in tutto alla comunità senza giammai dipartirsene di proprio
arbitrio; infatti, oltre a essere ottimo mezzo di unione col prossimo, serve ancora
per nascondere ai nostri occhi la nostra perfezione. Vi è una certa semplicità di
cuore che racchiude in sé la perfezione della perfezione, ed è quella semplicità la
quale fa sì che l’anima nostra si raccolga e concentri tutta nella fedele osservanza
delle sue Regole, senza effondersi in altri desideri né voler intraprendere cose
maggiori. Essa non cerca di fare cose alte o straordinarie che le potrebbero
attirare stima dalle creature; ma si tiene bassa bassa dentro di sé e non ha grandi
aspirazioni, come quella che fa nulla di propria volontà né più degli altri; per tal
modo tutta la sua santità è nascosta agli occhi di lei531.
110. Non ti devi credere di peccare o di mancare come che sia quando senti commozione
o ripugnanze. Niente affatto. Sono cose indipendenti da noi: cotesti moti non
sono colpevoli. Si tratta di passioni naturali, che per sé non sono peccati. È un
inganno di molti l’immaginarsi che la perfezione stia nel non risentirsi di nulla, e
il credere che ad ogni ribellione di passione tutto sia perduto. È colpevole quello
che tiene dietro ai movimenti, cioè sopra le parole risentite, quei pensieri di
mormorazioni che carezzi, rumini, trattieni nel cuore i giorni, le settimane, i mesi
interi; quelle ripugnanze avvertentemente [...] riguardo alle obbedienze contrarie
al tuo gusto e alla tua fantasia532.
111. Attendi pure con diligenza ai tuoi affari, ma sappi che non hai affari più importanti
della tua eterna salute533.
112. Nel disbrigo dei tuoi affari, non fidarti di poter riuscire con la tua industria, ma
solo mercé l’aiuto di Dio.
113. Il Signore vuole che tu pensi a cogliere sempre e a usare le occasioni di servirlo
e di praticare le virtù minuto per minuto.
531 Come già segnalato da FORTI, p.107, Srugi poté aver copiato la parte centrale di questo testo dal
libro di don Eugenio CERIA, La Vita Religiosa negli Insegnamenti di S.Francesco di Sales, Torino:
SEI, 1926, p. 51.
532 Cf FRANCESCO DI SALES, La Filotea. Introduzione alla vita devota, Parte IV, Capitolo III:
Natura delle tentazioni e differenza fra senso e consenso, pagine 398ss, della traduzione a cura di
don Eugenio CERIA, San Pier D’Arena, 1912.
533 Per le possibile derivazione da Alfonso M.de LIGUORI, Apparecchio alla morte, cf più avanti
la mia nota a MAC n.8. Ma, come le precedenti, anche questa massima potrebbe derivare da
[ANONIMO], Massime e dottrine tratte dalle opere di san Francesco di Sales. Torino – S.Pier
d’Arena – Nizza Marittima: Libreria Salesiana, 1880; ORLANDI Adeodato, Meditazioni salesiane,
ricavate dalle opere del Dottore S.Francesco di Sales e distribuite per ogni giorno dell’anno. 2 voll.
Torino: Libreria Salesiana, 1896.
Gli scritti e le fonti – Analisi
193
114. Esercitarsi nelle piccole cose, senza di cui le grandi cose sono spesso false e
fallaci. Impariamo a soffrire volentieri parole umilianti e dirette a deprimere le
nostre opinioni e proposte.
115. Rivolgi i tuoi pensieri a perfezionarti in tutte le tue azioni ordinarie, ed a portar
le croci, o grandi o piccole che ti si pareranno innanzi. Credimi, sta qui il segreto
di farsi santi.
116. Cerchiamo di essere quello che vuole Dio, giacché siamo cosa sua, e non
cerchiamo di essere quello che vogliamo noi, contro la sua intenzione.
¶¶¶

11.7 Page 107

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194
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
III.“MASSIME DEL MESE PEI CONFRATELLI.
DA COPIARE”
Introduzione
Ci sono pervenuti tre quaderni (15x20 cm) intitolati da Srugi “Massime del mese
pei Confratelli. Da copiare”, numerati 2, 3, 4; il primo risulta smarrito. Questi tre sono
conservati in AIMOR, 15.1.1, dentro la busta con su scritto “Varia”. Le “massime”
sono scritte a penna con inchiostro blu. Non sono numerate, ma Srugi segue l’ordine
degli “Uffici del S.Cuore”, e le separa con una riga vuota tra l’una e l’altra534. Sono
scritte su una sola facciata del foglio, quattro su ogni facciata, il che denota la sua
intenzione di copiarle e tagliarle in striscette da distribuire il primo Venerdì del mese,
come attestano i contemporanei.
Al fine di redigere un indice dei termini e facilitare la ricerca, assegno un numero
sia alle massime, sia alle pagine, segnalando con un [*] l’ultima massima di ogni
facciata.
La prima trascrizione fu dattilogRafāta in occasione del Processo Ordinario
(1964-1966) dai due segretari don Sante Bedon (1931-2012) e don Ciro Cozzolino
(1929-1979) per essere inviata alla Postulazione Generale a Roma. Se ne trova copia
in AIMOR, 15.1.1 insieme agli originali, dentro la busta suddetta.
Note
1. Ai tempi di Srugi, la comunità di Betgamāl era costituita da sacerdoti,
coadiutori e chierici tirocinanti (che portavano avanti anche gli studi di teologia); tutti
attendevano, in varia misura, alla educazione cristiana, alla istruzione e avviamento
professionale dei giovani. I coadiutori erano direttamente occupati nel lavoro dei
campi, la coltivazione degli oliveti, delle vigne e dei frutteti, il rimboschimento delle
zone pietrose, la cantina e la stalla. Srugi era responsabile della infermeria interna e
del dispensario esterno, supervisore nel mulino e per qualche tempo anche incaricato
della piccola botteguccia. Inoltre guidava mattino e sera le preghiere dei confratelli
e dei giovani. Preparava i candidati alla Prima Comunione e curava il gruppo dei
chierichetti. Spesso fungeva da cerimoniere nelle celebrazioni liturgiche solenni,
animava la “Crociata del SS.Sacramento” e presiedeva la “Compagnia di San
Giuseppe”. [Foto nn. 28, 44]
2. Non pochi sacerdoti e coadiutori erano di virtù spiccate, esemplari per “lavoro,
preghiera e temperanza”. Simone con loro si trovava in ottima compagnia535. Tra i
534 Per i nove “uffici” (promotore, riparatore, adoratore, amante, discepolo, vittima, servo fedele,
supplicante, zelante) cf BARBERIS, Nuovo Manuale di Filotea, pp. 631-648.
535 In primo luogo i più anziani don Eugenio Bianchi (+1931), don Mario Rosin (+1938) e il coadiutore
Gli scritti e le fonti – Analisi
195
sacerdoti qualcuno aveva discrete o molto buone conoscenze di cultura classica ed
ecclesiastica e di lingue locali536. Mentre Simone, non avendo fatto studi speciali, a
parte l’apprendistato di alcuni mestieri (sarto, fornaio, infermiere) durante gli anni
nella scuola professionale di Betlemme (1888-1892), non era certo un uomo di lettere.
Inoltre non occupava alcuna posizione di autorità; per la vita religiosa in casa c’era il
direttore e il catechista.
3. Tenendo conto di questi dati di fatto, la sua iniziativa dimostra il suo zelo
per la santificazione dei confratelli, sia sacerdoti sia coadiutori, senza “complessi” di
nessun tipo. La semplicità con cui agiva, derivava dal fatto che lui per primo metteva
in pratica quelle esortazioni e raccomandazioni, e ne dava l’esempio. Altrimenti i
confratelli avrebbero potuto dirgli ben a proposito: “Medico, cura te stesso”. Invece
dalle testimonianze dei contemporanei (confratelli, giovani, suore e collaboratori
laici) risulta che questo suo modo di fare, discreto e umile, era accolto molto bene da
parte di tutti537.
4. Era un modo di onorare il S.Cuore, attingendo alle sorgenti della tradizionale
spiritualità salesiana, secondo il magistero di don Rua, il quale ne promosse la devozione
con l’esempio e gli scritti, specialmente in quella che è la sua lettera circolare più lunga e
articolata, finalizzata a inquadrare il solenne atto di consacrazione della Congregazione
fatto nella mezzanotte fra la fine del secolo 19° e l’inizio del 20°. Don Rua non si
limitava ai princìpi e alla dottrina (origine, fondamento, eccellenza, esempio dei Padri,
teologi, pontefici, oggetto spirituale, scopo e fine, utilità e frutti, sorgente della carità
apostolica di Francesco di Sales e don Bosco...), ma dava pure le seguenti direttive: oltre
a celebrare il primo venerdi del mese con la comunione riparatrice,
“ogni confratello sia iscritto all’associazione detta Pratica dei Nove Uffici
e cerchi veramente di seguire l’ufficio che gli tocca. Ogni casa sia associata alla
Confraternita della Guardia d’onore e ne esponga il quadrante; ed ogni confratello
e giovane fissi il tempo speciale, in cui intende di fare la sua ora di guardia com’è
prescritto da detta Confraternita”538.
Angelo Bormida (+1917), come pure i più giovani Angelo Porro (+1994), Giuseppe Fusi (+1986)
e altri. Cf la ricerca presentata per la Licenza in Teologia da Alejandro LEÓN, Lettura credente del
vissuto di Simone Srugi e della comunità salesiana di Beitgemal (1891-1958). Elementi per una
spiritualità salesiana in Medio Oriente. Roma: UPS, 2011.
536 Tra questi don Eugenio Bianchi, don Alfredo Sacchetti e don Giovanni Fergnani, don Mario Rosin,
don Raffaele López, don Yūsif Calīs e don Mario Gerbo.
537 La sig.a Meline ricorda che anche lei leggeva questi “belli e santi pensieri su Dio, sulla Madonna, su
Don Bosco e i Santi” che suo marito Artīn Keklikian portava a casa ogni mese; il sig. Srugi “Era certo
uomo di fede, e questa egli cercava di comunicarla pure a tutti quanti vivevano con lui”: AIMOR
15.1.2, cartella 8. Don Frey dice che in occasione dell’“esercizio della buona morte” Srugi passava
con un piattino invitando ciascuno a scegliere una striscetta: AIMOR 15.1.1, cartella 2 busta 7.
538 “La consacrazione della nostra Pia Società al Sacro Cuore di Gesù. Istruzione” (21 novembre 1900),
in RUA, Circolari, pp 222-257, qui pp. 226-227; a pp. 251-253 spiega ulteriormente il significato
di tali pratiche, aggiungendo l’Apostolato della Preghiera come “uno dei principali esercizi
della divozione al Sacro Cuore”. Don Barberis raccomanda la pratica della “Ora di guardia” nel
Vademecum, 3a parte, p.72.

11.8 Page 108

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196
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
5. I libri da cui Simone derivava le “massime” sono molti, e ne indicherò
puntualmente i principali. Su uno di questi (ANONIMO, Massime e dottrine tratte
dalle opere di s.Francesco di Sales) nelle pagine dell’indice particolareggiato, a
fianco di ogni capitolo, è segnato a matita il mese per il quale estrarre pensieri
appropriati.
6. Le massime che copiava più volte, indicano le sue preferenze: anzitutto la
purezza di intenzione (34 su 84 nel Quaderno n. 2); la gioia vera che nasce dall’animo
virtuoso (92-95); combattere i vizi e difetti sia nei pensieri che nelle azioni (ira, golosità,
vanità nel trattare il corpo, nei vestiti ...) e coltivare le virtù: specialmente l’obbedienza
religiosa (196-201), l’umiltà e la carità (anche evitando le mormorazioni), ecc. Al suo
tempo non c’era ancora la fotocopiatrice, né il “copia e incolla”, quindi scriverle due,
tre volte, gli richiedeva attenzione e sforzo, oltre che tempo ..., il che denota che le
considerava di primaria importanza.
7. Infine osservo che nessuna delle “battute” dei “Dialoghi” su riportati venne
trascritta in queste massime per i confratelli e neppure in quelle per i giovani.
TESTI
QUADERNO 2 DEL C.B.
1. Uf.1 – Date un’occhiata ben ferma alla vostra coscienza per osservare gli
avanzamenti, o gli scapiti fatti nella vita devota.
2. Uf. 2 – Pensate sovente a ciò che vi potrebbe dar pena ed angoscia nel punto
della morte e rimediatevi a tempo.
3. Uf. 3 – Se in questa vita godessimo di tutti i piaceri, di tutte le comodità, di tutti
gli onori possibili, e poi nell’altro mondo fossimo condannati all’inferno, che ci
gioverebbe?
4. Uf. 4 – Tutti gli affari del mondo poco ci devono importare, è solo l’eterna
salvezza che deve starci a cuore. [* 1]
5. Uf.5 – Se noi in questo mondo fossimo i più miserabili, i più disgraziati, e
nell’altro mondo fossimo possessori dell’eterna felicità, che male sarebbe a noi?
6. Uf. 6. Anima mia conosci la tua sciocchezza in essere così applicata agli affari
terreni ed essere così trascurata della tua eterna salvezza.
7. Uf. 7 – L’unica cosa per la quale stai in questo mondo è la salvezza dell’anima
tua. Deh, apri gli occhi per non essere ingannata in cosa di tanta importanza.
Gli scritti e le fonti – Analisi
197
8. Uf. 8 – Quanto infelice sarei se non cominciassi da questo giorno ad affaticarmi
nell’affare della mia salute, qual rimorso mi aspetta al punto della morte. [* 2]539
9. Uf.9 – Oggi mi converto al Signore e lascio ogni affare di mondo e mi rivolgo
tutto all’importantissimo affare dell’eterna mia salute. Mio Dio, aiutatemi voi.
10. Uf. 1 – Anima cristiana scendi sovente col pensiero dentro l’inferno, luogo orribile
e disperato, pieno di fuoco e di demoni spietati, e sta’ sempre apparecchiata per
non cadervi.
11. Uf. 2 – Il peccato mortale ci cambia talmente l’anima che, fattale perdere
l’immagine di Dio, la fa divenire più brutta e abominevole dell’istesso diavolo.
12. Uf. 3 – L’uomo non può essere in uno stato più infelice sopra la terra che essendo
nello stato di peccato mortale. [*3]
13. Uf. 4 – Il cristiano abbia pure tutti i beni del mondo di grandezze, di onori, di
ricchezze, di sanità, di stima: se sta in peccato mortale è come un cadavere in
mezzo ai fiori.
14. Uf. 5 – L’anima in peccato mortale è puzzolente e fracida e corre alla perdizione:
ond’è abominevole e oggetto di orrore a Dio.
15. Uf. 6 – Un’anima in peccato mortale sta in disgrazia di Dio, ha perduto ogni
merito di qualunque opera buona da lei fatto.
16. Uf. 7 – L’anima in peccato mortale è spoglia da ogni dono, da ogni privilegio, e
se muore in tale stato l’inferno sarà la sua stanza eterna. [* 4]
17. Uf. 8 – Chi ha in tutto retta intenzione, cammina verso il cielo senza piegare né
a destra né a sinistra.
18. Uf. 9 – L’intenzione è retta e semplice quando niente ha d’impuro, niente di amor
proprio, né di vano timore, ma a Dio solo si volge e si contenta di Lui solo.
19. Uf. 1 – È retta l’intenzione che nelle sue opere non mira che a Dio, non cerca che
la gloria e l’onore di Dio.
20. Uf. 2 – Sono veri figli di Dio quelli che in ogni loro cosa a Dio mirano sempre,
non cercando che la sua volontà. [* 5]
21. Uf. 3 – Le opere nostre in sè sono nulla. Hanno bisogno di essere velate e vestite
della retta intenzione di piacere a Dio.
22. Uf. 4 – Prima di fare una cosa fissate lo sguardo in Dio, al quale indirizzate la
vostra intenzione.
539 Possibile derivazione da LIGUORI, Apparecchio alla morte; “Considerazione XII: Importanza
della salute”, punti 1° e 2°, pp. 125, 126: “Rogamus vos, ut vestrum negotium agatis” (1Ts 4,1);
128: “Il negozio dell’eterna salute non solo è il più importante, ma è l’unico negozio che abbiamo in
questa vita. Porro unum est necessarium (Lc 10,42)”; 130: “Cum timore et tremore vestram salutem
operamini (Fil 2,12)”.

11.9 Page 109

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198
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
23. Uf. 5 – Dobbiamo chiudere l’occhio sinistro a tanti rispetti umani e vane scienze,
e aprire l’occhio destro guardando a Dio, per mezzo di una sincera intenzione.
24. Uf. 6 – Prestiamo il nostro servizio con buona volontà considerando Iddio nei
nostri superiori, immaginadoci di servire non agli uomini ma al Signore. [* 6] 540
25. Uf. 7 – Il cristiano, qualunque egli sia, deve sempre in ogni sua operazione tener
l’occhio della mente fisso al Padre Celeste, e operare per la sua gloria.
26. Uf. 8 – Vivono molto male coloro i quali nelle loro azioni cercano solo il proprio
materiale interesse.
27. Uf. 9 – Vivono bene coloro che coi loro pensieri s’innalzano a Dio e non lo
perdono mai di mira in quello che fanno.
28. Uf. 1 – Chi ha rettissima intenzione guarda a Dio non a sè.
29. Uf. 2 – La molla che ci fa agire non deve essere il premio e la mercede, ma solo
la bontà di Dio. [* 7]
30. Uf. 3 – Facciamo quello che facciamo, sempre alla maggior gloria di Dio.
31. Uf. 4 – Iddio deve servirsi unicamente per quello che è e per quello che merita.
32. Uf. 5 – Iddio non vuole che si serva a Lui come il cane serve al suo padrone,
per gli ossi e per il pane che gli dà. Iddio ama noi spontaneamente così come
dobbiamo amare lui.
33. Uf. 6 – Servire veramente Iddio si è servirlo unicamente per lui, cioè in vista di
ciò che Egli merita.
34. Uf. 7 – Chi ha la retta intenzione non guarda che a Dio solo, e non cerca che il
piacere di lui. [* 8]
35. Uf. 8 – Procuriamo d’aver il tesoro di quella intenzione che è ottima e purissima
quando uno fa una cosa perchè così piace a Dio.
36. Uf. 9 – Iddio per la sua immensa bontà merita che tutto si faccia ad onor suo,
anche se non ci fosse né paradiso né inferno.
37. Uf. 1 – Chi ha la retta intenzione non guarda che a Dio solo e non cerca che il
piacere di lui.
38. Uf. 2 – Le azioni umane partecipano alla natura dell’intenzione che si ha nel
compierle.
39. Uf. 3 – Se l’intenzione è santa, saranno sante anche le opere. [* 9]
40. Uf. 4 – Molte opere sono buonissime quanto al loro esterno, ma sono guastate
dall’intenzione.
41. Uf. 5 – Una stessa cosa può essere buona e cattiva secondo l’intenzione retta o
non retta di chi la eseguisce.
540 Cf le esortazioni paoline di 1Ts 2,4; Gal 1,10; 2Cor 5,9.
Gli scritti e le fonti – Analisi
199
42. Uf. 6 – In ogni nostra parola od azione abbiamo sempre di mira il sommo bene
che è Dio.
43. Uf. 7 – Si deve chiamar cattivo chi fa il bene per interesse proprio. Invece tutto
si deve fare in ordine a Dio.
44. Uf. 8 – Abbiamo sempre di mira il sommo bene, e facciamo come i naviganti che
dirigono il corso verso qualche stella. [* 10]
45. Uf. 9 – Sono vie dirittissime per andarcene a Dio quelle che agli occhi della
carne compariscono storte e scabrose, purché abbiamo l’intenzione di dar gusto
a Dio541.
46. Uf. 1 – Il sole che illumina gli oggetti, è il simbolo della retta intenzione che
nobilita le nostre azioni.
47. Uf. 2 – Se la retta intenzione non accompagna le nostre opere, niente avranno
dinanzi a Dio per l’eternità.
48. Uf. 3 – Davanti a Dio sono rette quelle opere che sono state precedute da una
retta intenzione. [* 11]
49. Uf. 4 – La vita nostra si appoggia sulle virtù, e queste sulla retta intenzione, la
quale ha la sua forza da Gesù Cristo.
50. Uf. 5 – Noi ci meritiamo plauso o condanna, secondo che la nostra intenzione è
buona o cattiva.
51. Uf. 6 – Dove manca il fine della virtù, si trova un fine vano, o naturale, o vizioso,
che guasta tutto.
52. Uf. 7 – Le opere nostre a cui manchi la buona intenzione, sono come corpi senza
anima.
53. Uf. 8 – La retta intenzione è per le opere nostre quello che è l’anima per il nostro
corpo. [* 12]
54. Uf. 9 – Dice Gesù Cristo: attenti a non fare il bene davan [interrotto]
55. Uf. 1 – Dice Gesù Cristo: attenti a far il bene davanti agli uomini per essere
veduti da loro.
56. Uf. 2 – Il bene davanti agli uomini si deve fare; ma perché essi vedendolo
glorifichino Iddio (cf Mt 5,16), non noi542.
57. Uf. 3 – Quelli che fanno il bene con sinistra intenzione, cioè per piacere agli
uomini, per [ri]empire i loro occhi, per meritare le loro lodi, hanno già ricevuto
la loro mercede. (cf Mt 6, 1-6. 16-18).
541 Il principio di “dar gusto a Dio” ritorna in LIGUORI, Pratica di amar Gesù Cristo, ad es. alle pagine
120, 137, 174, nella edizione che Simone ebbe spesso tra le mani.
542 Stessa massima ripetuta al n. 79, 82, 83.

11.10 Page 110

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200
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
58. Uf. 4 – Stiamo attenti che la pessima ladra della non retta intenzione non ci abbia
a rubare tutto il merito delle opere che facciamo. [* 13]
59. Uf. 5 – Il prezzo delle nostre azioni viene dall’intenzione, e le azioni sono buone
o cattive secondo l’intenzione che le accompagna.
60. Uf. 6 – L’obolo della vedova piacque a Dio per la retta intenzione, più del molto
danaro che, spinti dall’amor proprio, gettavano i farisei nel gazofilacio (cf Mc
12, 41-44).
61. Uf. 7 – Il diavolo conosce bene che ad ogni opera il prezzo viene dalla retta
intenzione; per questo si affatica di continuo per togliercela.
62. Uf. 8 – L’uomo senza la retta intenzione si [af]fatica senza frutto e non ha diritto
a nessun premio presso Dio. [* 14]
63. L’uomo senza la retta intenzione ... [interrotto. Poi non segue l’Uf. 9 ma un Uf. 5]
64. Uf. 5 – Dal mortificare uno il suo esteriore dipende l’andar bene aggiustato tutto
l’interiore543.
65. Uf. 6. Il procurar di soffrire senza che altri lo sappia, è l’indizio più sicuro di
perfezione544.
66. Uf. 7 – Il vero umile non crede mai che gli sia fatto torto545.
67. Uf. 8 – Avremo ogni bene se temeremo Iddio e ci guarderemo dal disgustarlo.
68. Uf. 9 – Siate facili a compatire gli sbagli dei vostri fratelli, e perdonate volentieri
le offese che ricevete da loro. [* 15]546
69. Uf. 1 – Il buon religioso non guarda che il suo Dio, la cui gloria e il cui beneplacito
cerca col massimo impegno547.
70. Uf. 2 – Il vero paziente non solo non si duole del suo male, ma non desidera
nemmeno d’essere compatito dagli altri548.
71. Uf. 3 – Ove si trova la perfetta uniformità al voler di Dio, non può mai regnare
né tristezza né malinconia549.
72. Uf. 4 – La mortificazione della gola è il principio della vita spirituale550.
543 Massima proposta anche ai giovani in MAG 3.
544 Anche ai giovani in MAG 7.
545 Questa massima verrà ripetuta ai numeri 113, 116, 186 e in MAG 9. Essa deriva dal libretto
ANONIMO, Massime e dottrine tratte dalle opere di s.Francesco di Sales, p. 452. La riporta anche
RIVA, Manuale di Filotea, p.79.
546 Anche ai giovani in MAG 14.
547 Cf BARBERIS, Vademecum, 3a parte, p. 40s.
548 Anche ai giovani in MAG 5.
549 Anche in MAG 6.
550 Anche in MAG 2.
Gli scritti e le fonti – Analisi
201
73. Uf. 5 – Abbiate una tenera devozione a Gesù Cristo appassionato, se volete
crescere nel suo amore. [* 16]551
74. Uf. 6 – Chi non pratica la mortificazione della gola, non potrà mai vincere le sue
passioni.
75. Uf. 7 – Il Signore non premierà le nostre buone opere, se le avremo fatte per
essere veduti e lodati dagli uomini (cf Mt 6, 1-6. 16-18).
76. Uf. 8 – Tanto più sono meritevoli le opere nostre, quanto meno abbiamo in esse
di diletto e di compiacenza.
77. Uf. 9 – Bisogna avvezzarsi ad agire senza cercare il nostro gusto ma solo quello
di Dio.
78. Uf. 1 – Iddio vuole che nelle tue opere tu non miri a te stesso, quanto più non
vuole che tu non miri agli altri. [* 17]
79. Uf. 2 – Chi fa il bene per essere veduto dagli uomini, non aspetti la mercede dal
Padre celeste552.
80. Uf. 3 – Molti temono la voce degli uomini, ma non temono la voce della
coscienza.
81. Uf. 4 – I più non guardano a ben operare, ma si studiano che gli altri pensino
bene di loro e li applaudiscano e li coronino di lodi.
82. Uf. 5 – A Dio non rincresce che sia veduta l’opera che facciamo, ma gli rincresce
che appunto la facciamo per essere veduti.
83. Uf. 6 – Sia pubblica l’opera buona che fate, ma l’intenzione sia secreta [sic] e sia
che glorifichino il Padre vostro che è nei cieli. [* 18]
84. Uf. 5 – [È scritto su una striscetta isolata, spillata in fondo alla pagina] Il buon
cristiano quando sente arrivarsi delle lodi, su cui non ha diritto che Dio: Queste
cose – dice egli – non appartengono a me, la gloria è di Dio. [*]
QUADERNO 3 DEL C.B.
85. Uf. 1 – Oh quanto infelice amante è colui che non ama Dio!
86. Uf. 2 – Chi ama Iddio è in Dio: cessando di vivere in sé, vive in lui (cf Gal 2,20;
1Gv 4, 12-16 passim), nel quale tutto vive.
551 Anche in MAG 20.
552 Questa massima e le seguenti riassumono chiaramente gli insegnamenti di Gesù nel discorso della
montagna: cf Mt 6, 1-6. 16-18.

12 Pages 111-120

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12.1 Page 111

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202
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
87. Uf. 3 – L’amore umano è violento ed amaro, il divino sempre tranquillo e
mansueto.
88. Uf. 4 – Ama tu Iddio se vuoi bene a te stesso; ché amare Iddio giova a te, non a
lui553.
89. Uf. 5 – L’uomo può cangiarsi e perire; ma Iddio nol perdi mai se tu stesso non te
ne allontani. [*1]
90. Uf. 6 – Felice chi sta soggetto a Dio, nulla ansiosamente desidera, si adatta agli
avvenimenti, e dice: Iddio mi vuol sano, mi vuol infermo, mi vuol bisognoso; ad
ogni cosa son pronto.
91. Uf. 7 – Sarai travagliato da perpetua sollecitudine se desideri ciò che non è in
poter tuo.
92. Uf. 8 – Il vero gaudio non nasce se non dalla buona coscienza, e quegli sol gode
che è giusto, forte e temperante.
93. Uf. 9 – Perché l’allegrezza non manchi mai all’animo tuo, fa che ti nasca
domestica, e tale ti nascerà se sarà dentro di te. [*2]
94. Uf. 1 – Seria è l’origine della pura allegrezza, d’animo innocente, onesti consigli,
azioni rette, dispregio dei dispiaceri, e placido tenore d’illibata vita.
95. Uf.2 – Vera legge di virtù si è questa: che il gaudio sincero si vuole con diuturne
lacrime acquistare.
96. Uf. 3 – Dio è il solo alimento dell’anima, il solo capace di contentare la sua fame
e la sua sete.
97. Uf. 4 – Per essere beato fa bisogno che il cristiano voglia santificarsi, e deve
faticare per divenirlo.
98. Uf. 5 – Più sarai divorato dalla fame e sete della giustizia, più sarai un giorno
satollo (cf Mt 5,6). [*3]
99. Uf. 6 – Il supremo elogio che si possa dire di un uomo, è quello di essere giusto.
100. Uf. 7 – Siamo modesti, disinteressati, puri, sinceri in faccia a tutti.
101. Uf. 8 – Chi ama sé non ama Dio. L’amore di sé è contrario all’amore di Dio.
102. Uf. 9 – E perché vuoi stesso [sic], posto che puoi fare leggiera ogni calamità,
sopportandola con pazienza? [sic] [*4]
103. Uf. 1 – Disprezza le cose terrene e non ne avrai né desiderio né speranza. Niuno
spera ciò che non cura.
553 Tra le pagine del suo libro “Uffizio della Settimana Santa”, Simone conservava questa massima
scritta su una striscetta di carta: “Uff. 4°. S.Celestino ai suoi: Ama tu Iddio se vuoi bene a te stesso;
ché amare Iddio giova a te, non a lui”.
Gli scritti e le fonti – Analisi
203
104. Uf. 2 – Tutto quel che hai, ti fu dato in prestito, e tuo ne è solamente l’uso, per
quel tempo che piacerà all’Arbitro sommo d’ogni cosa.
105. Uf. 3 – Vuoi essere sciolto dall’invidia? Sprezza i fugaci beni del mondo ed ama
gli eterni: ché l’amor dell’eternità è morte dell’invidia.
106. Uf. 4 – I mancamenti si debbono correggere e punire eziandio, ma senza ira. [*5]
107. Uf. 5 – Lucifero porta bensì invidia agli uomini, ma a nessuno dei compagni
suoi, e tu o uomo la porti ai tuoi fratelli, ed in ciò vinci il demonio.
108. Uf. 6 – L’invidia è segno d’animo dappoco, infatti non è invidiato da te se non
quegli che per bontà e grandezza tu reputi a te superiore.
109. Uf. 7 – Sollevati alle cose eterne e fatti degno del cielo per cui nascesti.
110. Uf. 8 – Se Cesare ti avesse fatto un suo figliuolo adottivo, chi potrebbe sostenere
l’altero tuo contegno? Ma sei figliuolo di Dio, redento col sangue di Gesù Cristo
e di [così] eccelsa origine non ti ricordi nemmeno? [*6]
111. Uf. 9 – Scaccia i pensieri superbi della tua superiorità e giudica te stesso colla
norma dei veri beni del cielo.
112. Uf. 1 – Avremo ogni bene se temeremo Iddio e ci guarderemo dal disgustarlo.
113. Uf. 2 – Il vero umile non crede mai che gli sia fatto torto alcuno554.
114. Uf. 3 – Avremo ogni bene se temeremo Iddio e ci guarderemo dal disgustarlo.
115. Uf. 4 – Il procurar di soffrire senza che altri lo sappia è l’indizio più sicuro di
perfezione. [*7]
116. Uf. 5. Il vero umile non crede mai che gli sia fatto torto alcuno.
117. Uf. 6 – A chi Dio è tutto, il mondo deve essere nulla555.
118. Uf. 7 – Nessuno può gloriarsi se non del proprio bene.
119. Uf. 5 – Corrompi tu stesso le lodi tue, se le desideri. Difatti che cosa è in te che
sia veramente lodevole?
120. Uf. 6 –Temi che il mondo non ti attribuisca un pregio che realmente non hai. [*8]
121. Uf. 7 – Rendi al sommo Iddio quel che ne ricevesti: l’esistenza, la vita,
l’intendimento, e nulla ti rimarrà tranne il peccato.
122. Uf. 8 – Guardati che non si lodino in te quelle cose delle quali internamente ti hai
da vergognare.
554 Queste cinque massime, ripetute più volte, sono tra quelle che Srugi ricordava di preferenza a sé, ai
confratelli e ai giovani.
555 Massima proposta anche ai giovani in MAG 10. La si trova tra le “Massime e ricordi spirituali,
tolti dalle opere di San Francesco di Sales, che si potranno meditare durante la giornata”, in RIVA,
Manuale di Filotea, p. 70 (“A chi Dio è tutto, il mondo è nulla”). P.ALBERA, Lettere Circolari, p.
337, la ricorda fra le massime più frequenti sulla bocca di Don Bosco.

12.2 Page 112

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204
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
123. Uf. 9 – Il corpo s’ha da trattare rigidamente anzi che no, sicché non si faccia
ripugnante ai voleri dell’anima.
124. Uf. 1 – Tu sei nato a cose maggiori che non ad essere abbietto schiavo del tuo
corpo, nel quale nient’altro tu devi scorgere se non che un vincolo dell’anima e
della libertà. [*9]
125. Uf.2 – Siccome i sensi sono quasi le porte per le quali entra la morte dell’anima,
così ti procaccerai che siano chiuse alle cose di quaggiù e si rivolgano alle celesti.
126. Uf. 3 – I sensi devono servire, non comandare. Segno di molta stoltezza [è] lo
star occupato nella cura del corpo.
127. Uf. 4 – Per quanto ti pregi di oro e di perle, senza gli ornamenti cristiani sarai
sempre deforme.
128. Uf. 5 – Sia il tuo vestire senza artificio, non per la pompa, ma per la necessità,
secondo la tua condizione. È ben ambizione coprir la terra coll’oro. [*10]556
129. [Segue] Uf. 1 – Gli ornamenti che durano in perpetuo, quelli cioè che ti adornano
internamente, e non la tua carne mortale.
130. Uf. 2 – Fuggi la doppiezza e la simulazione, e dichiara candidamente i sentimenti
dell’animo tuo.
131. Uf. 3 – Se avrai imparato a venerare Iddio nelle creature, da [esse] solleverai
l’animo dolcemente alla contemplazione dell’alta sua maestà.
132. Uf. 5 – Chiudi le orecchie alle mormorazioni, alle novelle, ai vani racconti e a
tutto ciò che non può essere giovevole alla tua anima. [*11]
133. Uff. 6 – Quanto più [di] rado presterai orecchio agli uomini, tanto più sovente
udrai parlarti al cuore Iddio.
134. Uff. 7 – È meglio assai travagliare il corpo e serbarlo, che accarezzarlo a suo
danno e perderlo insieme all’anima in eterno.
135. Uff. 8 – Per quanto ti pregi di oro e di perle, senza gli ornamenti cristiani sarai
sempre deforme.
136. Uff. 9 – Gli ornamenti che durano in perpetuo, quelli cioè che ti adornano
internamente, e non la tua carne mortale. [*12]
137. Uff. 1 – Sia il tuo vestire senza artificio, non per la pompa, ma per la necessità.
È ben pazza ambizione coprire la terra coll’oro.
138. Uf. 2 – Fuggi la doppiezza e la simulazione, e dichiara candidamente i sentimenti
dell’animo tuo.
139. Uff. 3 – Iddio ti diede la facoltà di parlare affinché con semplicità e schie[tte]zza
tu esprima le cose come esse sono.
556 Altri esempi di massime ripetute: 128 e 137, 129 e 136, 130 e 138.
Gli scritti e le fonti – Analisi
205
140. Uff. 4 – Allorché sei per parlare, esaminati, e se in te bolle qualche violenta
passione, non aprire bocca insino a tanto che la commozione non sia passata.
[*13]
141. Uff. 5 – Qual sarai dentro, tal sarà il tuo discorso: se la mente è sana, temperante
e composta, il tuo discorso sarà sobrio e parco.
142. Uff. 6 – Guardati da ogni ozioso discorso imperocché il parlare mostra di qual
tempra sia l’uomo.
143. Uff. 7 – Uomini sapienti più volte si pentirono di aver parlato, non mai d’aver
taciuto.
144. Uff. 8 – Sappi che la virtù in colui dalla cui bocca altro non esce se non vane ed
inutili cose... [interrotto]
145. Uff. 9 – L’amore non sa mentire, né può star nascosto e alla lunga risponde a ciò
che abbonda nel cuore (cf Mt 12,34). [*14]
146. Uff. 1 – Se Iddio fosse l’oggetto dell’amor tuo, se tu fossi sollecito della tua
salute, nessuno ti udirebbe parlare se non di Dio, della virtù e della perfezione.
147. Uff. 2 – Nei crocchi ogni ragionamento s’aggira per lo più intorno alla vita, ai
costumi, alle inclinazioni degli altri. Raro è colui che attenda con gli occhi alla
propria casa.
148. Uff. 3 – Alla diffamazone del prossimo spalanchiamo le porte, e alle sue lodi
teniamo l’uscio appena socchiuso.
149. Uff. 4 – Pesa diligentemente le tue parole e poni un freno alla tua bocca, e non
dir nulla che sarebbe stato meglio aver taciuto. [*15]
150. Uff. 5 – È più lodevol cosa essere più parco di parole che di danaro. Il prodigo di
danaro se nuoce a se stesso giova almeno agli altri, il prodigo di parole nuoce a
sè e agli altri.
151. Uff. 6 – Poco conta che gli altri abbiano opinione di te. Hai dentro l’anima un
testimonio più certo ed incorrotto: interroga la tua coscienza e credile.
152. Uff. 7 – Quantunque i cattivi ti lacerino e ti calunniano, tu non devi perdere la
tranquillità dell’animo tuo557.
153. Uff. 8 – Inquietarsi ad ogni rumore è segno che l’uomo fa poca stima di sé. Sarai
sempre infelice se ti agita il timore del disprezzo. [*16]
------ fine del quaderno n ° 3. ------
557 Queste due massime sono ripetute ai numeri 203, 204.

12.3 Page 113

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206
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
QUADERNO N ° 4
154. Uf. 1 – Quanto più l’uomo è virtuoso, tanto più fortemente reprime l’ira sua.
155. Uf. 2 – La prima guerra tu l’hai da rompere col vizio della gola, che somministra
il pascolo a tutti gli altri.
156. Uf. 3 – A che temi la povertà, se porti nel cuore tutto un regno? Il regno di Dio
sta dentro di te. [Cf Lc 17,21]
157. Uf. 4 – Quanto biasimi negli altri, lo troverai nel tuo cuore.[*1]
158. Uff. 5 – La gola è l’origine della morte del corpo e dell’anima, poiché i nostri
primi parenti mangiando il pomo vietato (cf Gen 3,6), uccisero tutti gli uomini
prima di generarli.
159. Uff. 6 – L’eternità è il presente che dura per sempre, è una ruota che gira senza
desistere mai, è un principio inesausto interminato che sempre ricomincia.
160. Uf. 7 – Ordina ogni dì l’anima tua in quel modo che faresti se fosse giunta
l’ultima tua ora.
161. Uf. 8 – Ciò che è passato di opere buone o cattive all’eternità, rimane fermo ed
immobile per sempre. [*2]
162. Uf. 9 – L’eternità fa parere facile ogni fatica, giocondo ogni dolore, soave e
piccola ogni pena.
163. Uf. 1 – Non è un torto patire quel che prima facesti patire agli altri.
164. Uf. 2 – Perché non correggi la tua impazienza? Perché non vinci il male col bene
(Rom 12, 21)? Ti poni dinanzi agli occhi i vizi altrui ed i tuoi dietro alle spalle.
165. Uf. 3. Perché ti corrucci d’aver patito ingiuria da un uomo cattivo? Egli operò
da suo pari. Or tu, se sei buono, conviensi e procaccia di far buono anche l’altro.
[*3]
166. Uf. 4 – Sia la tua ira il primo scopo della tua vendetta. Non si hanno a cercare in
piazza i nemici, mentre il più aspro sta appiattato in casa tua (cf Gen 4, 7).
167. Uf. 5 – La felicità di piacere a Dio con far bene tutte le cose, è un saggio del
paradiso.
168. Uf. 6 – Quanto è bello veder Dio, amarlo, benedirlo e contemplarlo per tutta
l’eternità.
169. Uf. 7 – Gesù sta nel tabernacolo per consolarci, e quindi dobbiamo andar sovente
a visitarlo. Quanto gradisce quel breve quarto d’ora che rubiamo ai nostri
divertimenti per venire a visitarlo, a consolarlo dei tanti oltraggi che riceve? [*4]
Gli scritti e le fonti – Analisi
207
170. Uf. 8 – Gesù sta nascosto nel tabernacolo aspettando che noi andiamo a trovarlo,
a presentargli le nostre suppliche. Guardate quanto è buono Gesù! Si adatta alla
nostra debolezza.
171. Uf. 9 – Gesù si nasconde a noi come una persona che fosse in prigione e ci
dice: Voi non mi vedete, ma non importa. Chiedetemi ciò che volete, ed io ve lo
accorderò.
172. Uf. 1 – Guardati dal ruminare col pensiero dinnanzi a Dio quelle cose delle quali
ti vergogneresti di parlare dinnanzi ad un’onesta persona. [*5]558
173. [ancora Uff. 1] – Siano i tuoi pensieri placidi, semplici, puri, e senza veruna
malizia. Vergognati di pensare a ciò che ti vergogneresti di dire.
174. Uff. 2 – Siano i tuoi pensieri tali che, richiesto improvvisamente che cosa pensi,
tu non debba avere rossore di palesare ciò che ti sta nascosto nel cuore.
175. Uff. 3 – Occupar la mente in buoni pensieri: è il modo con cui si chiude la porta
ai cattivi.
176. Uff. 4 – Il nemico sta nascosto dentro di te (cf Gen 4, 2-8), anzi tu sei quel
medesimo. Perciò guarda l’anima tua da te stesso. [*6]
177. Uff. 5 – Senza le passioni, la virtù sarebbe tolta di mezzo. Dove non è battaglia,
quivi non sono vittorie.
178. Uff. 6 – Più facile resistere ai princìpi che non trattenere le passioni, perciò ci
vuol molta violenza per resistere alle cattive inclinazioni.
179. Uff. 7 – Distruggerai l’amor proprio e lo sradicherai disprezzando te stesso;
reputandoti non dotato di alcuna singolare prerogativa.
180. Uff. 8 – Portando ragionevol odio a te stesso, ti conserverai; e ti perderai,
amandoti malamente (cf Gv 12,25). [*7]
181. Uff. 9 – Nella valle di Giosafat farà [più] bella figura l’umile religioso che il
sapiente e l’orgoglioso religioso. [cf Gioele 4, 2.12]
182. Uff. 1- Offri ogni tua azione alla maggior gloria di Dio e per la salute del tuo
prossimo, e aspetta la tua mercede da Dio.
183. Uff. 2 – Amate la sincerità, specialmente in confessione, e vi troverete contenti
in vita e specialmente al punto di morte.
184. Uff. 3 – Questa vita passa presto e in punto di morte non ci resta altro che le
nostre buone opere fatte per Iddio. [*8]
185. [Segue ancora] Uff. 3 – In tutto quello che fai, guarda se hai di mira la maggior
gloria di Dio.
186. Uff. 4 – Il vero umile non crede mai che gli sia fatto alcun torto.
558 Questa massima e le otto seguenti, sono ripetute ai nn. 205-213.

12.4 Page 114

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208
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
187. Uff. 5 – Quando proviamo qualche pena ed afflizione, consoliamoci col pensare
che i santi hanno patito allegramente cose maggiori.
188. Uff. 6 – Il ricevere con umiltà le correzioni e riprensioni, fa vedere che si ama la
virtù e il proprio profitto nella perfezione.
189. Uff. 7 – Impariamo da Gesù Bambino ad avere quella stima che si deve delle
cose del mondo. [*9]
190. Uff. 8 – Se tu vuoi arrivare al sommo della perfezione cerca davvero ad amare le
confusioni, le ingiurie, le calunnie, ad imitazione di Gesù nostro maestro.
191. Uff. 9 – Chi non è molto umile, non può mai acquistare nessuna virtù.
192. Uff. 1 – Il maggior dono che si possa ricevere da Dio è quello di poter vincere se
stesso negando la propria volontà.
193. Uff. 2 – Datti davvero all’esercizio delle umiliazioni, e conoscerai che questa è
la via più spedita e più corta. [*10]
194. Uff. 3 – Signore a chi vi fa qualche servizio, voi lo pagate con qualche travaglio.
Oh che prezzo inestimabile è mai questo per quei che davvero vi amano559.
195. Uff. 4 – Vale più un “grazie a Dio”, un “Dio sia benedetto” nelle avversità, che
mille ringraziamenti nelle prosperità560.
196. Uff. 5 – Molti religiosi si son fatti santi senza l’orazione, ma nessuno senza
l’ubbidienza.
197. Uff. 6 – Non v’è strada che conduce più presto alla sommità della perfezione,
quanto quella dell’ubbidienza, perciò il demonio frappone molti disgusti e
difficoltà sotto colore di bene. [*11]
198. Uff. 7 – L’ubbidienza vera si conosce in eseguire con gioia e senza ripugnanza le
cose di contragenio e di proprio svantaggio.
199. Uff. 8 – Il vero obbediente non discerne una cosa dall’altra né desidera un
559 Riecheggia lo sfogo di santa Teresa d’Avila, la quale aggiungeva argutamente: “Per questo, Signore,
avete così pochi amici!”. Un pensiero simile Srugi lo trascrisse su una striscetta che qualcuno dei
confratelli conservò dentro il libro di Lorenzo M.GEROLA, Meditazioni sulle principali massime
della fede, per ciascun giorno del mese. Torino: Tipografia e Libreria Salesiana, 1888 : “Uff. 8°:
S.Gabriele dell’Addolorata: Appunto perché il S.Cuore di Gesù ci ama, ci somministrerà sovente, o
nelle creature o in noi, qualche mezzo di crocifiggergi [sic]”.
560 Massima proposta anche ai giovani in MAG 4. Simone poteva leggerla in LIGUORI, Pratica di
amar Gesù Cristo, capitolo 5, n° 10, in cui viene attribuita a santa Teresa d’Avila: “Vale più un
«Benedetto sia Dio» nelle cose contrarie, che mille ringraziamenti nelle cose prospere”. Oppure
nella stessa opera, al capitolo 13 n° 11, ma in questi termini: “Dice il p.Giovanni d’Avila che vale
più un «Benedetto sia Dio» nelle cose avverse che seimila ringraziamenti nelle cose prospere”.
Mentre nell’Apparecchio alla morte, 36a considerazione “Dell’uniformità alla volontà di Dio”, n° 1,
viene attribuita al ven. p.D’Avila con questa variante: “che seimila ringraziamenti nelle cose a noi
dilettevoli”.
Gli scritti e le fonti – Analisi
209
impiego che un altro perché non bada ad altro che ad eseguire fedelmente quel
che gli vien comandato.
200. Uff. 9 – La perfezione del religioso sta nell’esatta obbedienza alle sue Regole.
201. Uff. 1 – Quel religioso che più sarà fedele nell’osservanza delle sue Regole,
quegli senz’altro sarà più perfetto. [*12]
202. Uff. 2 – Poco conta che gli altri abbiano opinione di te. Hai dentro l’anima un
testimonio più certo ed incorrotto: interroga la tua coscienza e credile.
203. [segue] Uff. 7. Quantunque i cattivi ti lacerino e ti calunnino, tu non devi perdere
la tranquillità dell’animo tuo.
204. Uff. 8 – Inquietarsi ad ogni rumore è segno che l’uomo fa poca stima di sè. Sarai
sempre infelice se ti agita il timore del disprezzo.
205. Uff. 9 – Il nemico sta nascosto dentro di te, anzi tu sei quel medesimo. Perciò
guarda l’anima tua da te stesso. [*13]
206. [segue] Uff. 4 – Guardati dal ruminare col pensiero dinnanzi a Dio quelle cose
delle quali ti vergogneresti di parlare dinnanzi ad un’onesta persona.
207. [segue] Uff. 1 – Siano i tuoi pensieri placidi, semplici, puri, e senza veruna
malizia. Vergognati di pensare a ciò che ti vergogneresti di dire.
208. Uff. 2 – Siano i tuoi pensieri tali che, richiesto improvvisamente che cosa pensi,
tu non debba avere rossore di palesare ciò che ti sta nascosto nel cuore.
209. Uff. 3 – Occupar la mente in buoni pensieri: è il modo con cui si chiude la porta
ai cattivi. [*14]
210. [segue] Uff. 5 – Senza le passioni, la virtù sarebbe tolta di mezzo. Dove non è
battaglia, quivi non sono vittorie.
211. Uff. 6 – Più facile resistere ai princìpi che non trattenere le passioni, perciò ci
vuol molta violenza per resistere alle cattive inclinazioni.
212. Uff. 7 – Distruggerai l’amor proprio e lo sradicherai disprezzando te stesso;
reputandoti non dotato di alcuna singolare prerogativa.
213. Uff [senza numero]. Portando ragionevol odio a te stesso, ti conserverai; e ti
perderai, amandoti malamente (cf Gv 12,25). [*15]
------ fine quaderno n° 4. ------

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210
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
IV. “MASSIME PER I GIOVANI. DA COPIARE”
Introduzione
Si tratta di un solo quaderno scolastico delle stesse dimensioni dei precedenti;
consta di un unico quinterno di 16 pp., con l’aggiunta di 3 fogli sciolti. Le “massime”
sono scritte su una sola facciata a penna con inchiostro blu. Come negli altri quaderni,
su ogni facciata sono scritte solo 4 massime, distanziate da due righe, la prima
completamente vuota e la seconda sulla quale è scritta solo l’abbreviazione “Uff.
[icio]”, seguita dal numero progressivo. Al fine di compilare l’indice dei termini
assegno a ogni massima un numero progressivo.
Molte di queste massime sono tratte dalla prima parte di Giovanni BOSCO, Il
Giovane Provveduto per la pratica dei suoi doveri ... [= GP]. Questo celebre manuale
di vita e di pietà cristiana fu edito la prima volta nel 1847, venne poi ristampato
diecine di volte con lievi variazioni, tradotto in numerose lingue locali e diffuso nelle
case salesiane di tutto il mondo. Metto il riferimento alle edizioni degli anni 1915-30
che furono usate da Srugi, dai confratelli e giovani a Betgamāl. Altre massime sono
tratte dal: Beato Giovanni BOSCO, Regolamento per gli alunni degli istituti salesiani.
Beitgemal (Cafargàmala) Palestina: Tipografia S.Stefano, 1931, che riproduce in
formato tascabile il testo ufficiale pubblicato su ACS 5(1924) n° 24, pp. 261-280:
Regolamento che in più di un punto attinge al GP!
Note
1. I ragazzi interni a Betgamāl (di età variabile dai 10/12 ai 17/19 anni) erano in
maggioranza orfani e portavano le conseguenze anche psicologiche di persecuzioni
subite, come ad es. gli Armeni. Il livello scolastico consisteva nel saper leggere,
scrivere e far di conto, nei rudimenti di lingua araba e italiana, poi anche Inglese, e
nell’apprendimento di materie e tecniche pratiche, da utilizzare nel lavoro dei campi,
nella stalla o nella cantina. Al termine di tre-quattro anni, i giovani conseguivano
un diploma e qualche specializzazione. Come in ogni collegio salesiano, l’ambiente
educativo nel suo insieme era finalizzato alla formazione integrale dei ragazzi, e
favoriva il loro protagonismo in varie forme: aggregazioni religioso-devozionali (le
“compagnie”), canto e musica strumentale, teatrino, ginnastica e sport (avevano un
campo di basket nel cortile a nord, il campo da calcio sulla collina a sud-est, una
vasca-piscina al fondo di wadi Būlos)561; [Foto nn. 51, 53, 76, 77, 78] si organizzavano
gite e pellegrinaggi, si partecipava a gare catechistiche regionali... [Foto nn. 6, 72]
Don Antonio Candiani dopo essere stato sempre con ragazzi di città, pensava che
da questi di Betgamāl si potesse ricavare ben poco, e che alcuni fossero addirittura
“tarati”. Don Sacchetti, che visse con loro per 25 anni, vedeva le cose con realismo,
riconosceva i risultati che si potevano ottenere, e la buona riuscita che gli exallievi
561 Cf ABG, cronache di fine anni ’30 e inizio ’40.
Gli scritti e le fonti – Analisi
211
facevano nel mondo del lavoro562. Don Giuseppe Galizzi (1887-1968) per alcuni anni
catechista, “coltivò con rara passione il canto gregoriano insegnandolo con perizia ai
ragazzi di Beitgemal ed ottenendo risultati veramente brillanti”563. Don Fergnani portò
a un buon livello musicale i componenti della banda strumentale che si esibivano in
casa e fuori durante le accademie e le processioni.
2. Dal punto di vista religioso, non tutti conoscevano bene il Rito liturgico di
appartenenza; ricevevano una istruzione catechistica di base e avevano le giornaliere
pratiche di pietà del buon cristiano, la Messa e la comunione domenicale e festiva564.
Inoltre alcuni zelanti confratelli, e Simone era tra questi, li avviavano alle devozioni
tipiche delle case salesiane: al Santissimo Sacramento, al Sacro Cuore, alla Madonna,
a San Giuseppe. Come abbiamo visto precedentemente, i migliori erano ascritti alla
Crociata del SS.Sacramento, di cui Simone era il responsabile. Tra questi ragazzi vi
erano pochissimi aspiranti al sacerdozio o alla vita consacrata: ad essi si impartivano
lezioni di lingua latina, (come constatava don Francesia nel 1909)565.
Tenendo conto di questi dati, colpisce il fatto che Srugi non solo insegnava
loro a servire la Messa come “chierichetti”566, ma si prendeva cura della loro crescita
spirituale anche per mezzo di queste “massime” mensili.
3. Un buon numero di esse sono identiche a quelle per i confratelli, segno che
egli proponeva anche ai giovani la stessa “misura alta” di vita spirituale. Altre sono
in riferimento alla vita propria dei ragazzi/giovani, come allievi di un “internato”,
riguardano i loro rapporti con i superiori e con i compagni, la devozione alla Madonna
(12 su 80), le virtù del loro stato: rispetto e obbedienza agli educatori e genitori, dovere
di pregare per loro, contegno in chiesa, modestia e purezza, sincerità, mortificazione
dei sensi (gola, occhi ...), amore al lavoro e fuga dell’ozio, dei cattivi compagni e delle
cattive letture, evitare il peccato mortale.
562 Il 10 giugno 1935 presentava lo stato attuale di 69 diplomati, tutti “sistemati”: molti erano diventati
giardinieri-ortolani in istituzioni religiose o pubbliche, altri lavoravano in compagnie di costruzione
edile o meccaniche, un buon numero aveva avviato attività commerciali o industriali in svariate
città del Medio Oriente, Europa, America, Australia, uno era stato assunto come contabile presso il
“Banco di Roma” a Gerusalemme; cf ABG-Allievi, “List of qualified pupils since 1920”.
563 Come scrive don Lino RUSSO nella Lettera mortuaria, in ABG.
564 Cf in ABG la Cronaca di don Candiani del 1938-1940; le Lettere mortuarie di don G. Galizzi e don
Fergnani. Cf il numero di licenziati e di premiati nelle gare catechistiche in arabo, in ABG, Registro
dei voti.
565 Cf in AIMOR 4.4.2, Cronistoria di Betgamàl, 2° Periodo, p. 4; rimando al paragrafo 2.10 della
prima parte. Nel novembre 1932, dopo due anni di aspirantato, fu ammesso al noviziato di Cremisan
Ibrahīm Srugi. Era nato nel 1913 a Husun in Giordania nella famiglia Greco-Melkita di Zaine ‘Aid
e Farah Srugi, cugino del nostro Simone. Dal 1923 al 1930 era stato interno nell'orfanotrofio di
Nazaret. Né lui né il suo compagno Musa Agopian professarono: cf AIMOR 4.4.1.1; AIMOR,
Schedario, cartella Abramo Srugi.
566 Cf ad esempio la testimonianza del signor Dikrān Ciakmakgian in AIMOR, 15.1.1, cartella n° 5,
che descrive al vivo la pazienza con cui Srugi insegnava ai ragazzi anche analfabeti le preghiere in
italiano e in arabo, a servire Messa, come pure il suo modo persuasivo di invitarli a fare visite al
SS.Sacramento e alla Madonna.

12.6 Page 116

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212
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
4. A loro presenta alcuni modelli di condotta: Gesù adolescente sottomesso a
S.Giuseppe e alla Madonna, il casto Giuseppe e la casta Susanna, Tobia, Stanislao
Kostka, S. Agnese e S.Luigi Gonzaga. I riferimenti a personaggi biblici e le citazioni
scritturistiche sono, in proporzione, più numerose che in altri suoi scritti. Ma anche
qui, Srugi non si preoccupava di mettere le citazioni esatte.
5. Le motivazioni su cui fa leva per incoraggiarli alla vita virtuosa sono: 1) Dio
ama con predilezione i giovani per la loro innocenza e generosità. 2) La Madonna
ricambia con la sua costante “visita” coloro che la venerano. 3) La strada intrapresa da
adolescenti sarà la stessa che prevedibilmente si continuerà da adulti ...
TESTI
1. Uf. 1 – Chi non pratica la mortificazione della gola non potrà mai vincere le sue
passioni.
2. Uf. 2 – La mortificazione della gola è il principio della vita spirituale.
3. Uf. 3 – Dal mortificare uno il suo esteriore, dipende l’andare bene aggiustato
tutto il suo interiore.
4. Uf. 4 – Vale più un “Dio sia benedetto” nelle avversità, che mille ringraziamenti
nelle prosperità. [*1]
5. Uf. 5 – Il vero paziente non solo non si duole del suo male, ma non desidera
nemmeno d’essere compatito dagli altri.
6. Uf. 6. Ove si trova la perfetta uniformità al voler di Dio, non può mai regnare né
tristezza né malinconia.
7. [segue] Uf. 5. Il procurar di soffrire senza che altri lo sappia, è l’indizio più
sicuro di perfezione.
8. Uf. 6 – Vale più alzare una paglia per obbidienza, che digiunare una quaresima
per propria elezione. [*2]567
9. Uf. 7. Il vero umile non crede mai che gli sia fatto torto.
10. Uf. 8 – A chi Dio è tutto, il mondo deve essergli nulla.
11. Uf. 9 – In questo mondo non vi è purgatorio, ma o paradiso o inferno: chi sopporta
le tribolazioni con pazienza ha il paradiso, chi no l’inferno568.
567 LIGUORI, Pratica di amar …, capitolo 13, n° 17: “Vale più un’opera fatta per ubbidienza (scrive
il Padre Rodriguez) che ogni altra che noi possiamo pensare; vale più l’alzar da terra una paglia per
ubbidienza, che una lunga orazione ed una disciplina a sangue fatta di proprio arbitrio”.
568 Attinta da LIGUORI, Pratica di amar ..., capitolo 5, n° 8, che la attribuisce a S.Filippo Neri. Don
Bosco rivolgendosi “Ai soci Salesiani” nella Introduzione alle Regole o Costituzioni della Società di
Gli scritti e le fonti – Analisi
213
12. Uf. 1. Avremo ogni bene se temeremo Iddio e ci guarderemo dal disgustarlo.
13. Uf. 2 – Quando qualcuno v’invita al male, fuggitelo, come il casto Giuseppe
tentato in casa di Putifarre. (Cf Gen 39, 6-20) [*3]569
14. Uf. 3 – Siate facili a compatire gli sbagli dei vostri compagni, e perdonate
volentieri le offese che ricevete da loro.
15. Uf. 4 – Abbiate sempre in orrore la doppiezza e la finzione, perché dispiace a Dio
e ai superiori.
16. Uf. 5 – A chi ama Dio, gli riusciranno bene tutte le cose (cf Rom 8, 28).
17. Uf. 6 – Abbiate un sommo orrore al peccato, come lo aveva S.Stanislao Kostca
[sic], il quale sveniva a sentire una parola cattiva570.
18. Uf. 7 – Confessatevi frequentemente e stimate molto i consigli del confessore.
[*4]
19. Uf. 8 – Parlate sempre bene con gran rispetto delle cose della religione, se volete
piacere a Gesù Cristo.
20. Uf. 9 – Abbiate una tenera devozione a Gesù Cristo appassionato, se volete
crescere nel suo amore.
21. Uf. 1 – Abbiate gran rispetto ai vostri genitori e nel collegio ai vostri superiori,
come li rispettava il giovane Tobia, il quale non faceva mai niente senza la loro
licenza571.
22. Uf. 2 – Stimate sommamente gli avvisi che vi danno i ministri di Dio, così in
pubblico che in privato. [*5]
23. [segue ancora] Uff. 2 – Per avere l’anima sempre monda, imitate s. Maddalena dei
Pazzi che fino dai primi anni faceva propria delizia la frequenza ai S.Sacramenti.
24. Uf. 3 – Riguardatevi da qualunque immodestia, ricordandovi di S. Agnese che,
in mezzo alle fiamme, raccoglieva le proprie vesti per non scoprire la minima
parte del suo corpo.
25. Uf. 4 – Temete l’offesa di Dio più che la morte. Con questo principio Susanna fu
sempre innocente, anche fra le occasioni più forti (cf Dan 13).
26. Uf. 5 – Non dimenticate mai che il peccato è l’unico male che si deve sempre
fuggire. [*6]
27. Uf. 6 – Ricordatevi tutti i giorni che la grazia di Dio è l’unico conforto e l’unico
bene che si deve sempre stimare [superiore] ad ogni altro bene.
s.Francesco di Sales. Torino 1885, riguardo alla carità fraterna scriveva: “Quando in una comunità
regna questo amor fraterno /.../ allora quella casa diventa un paradiso /.../ Ma appena vi domini
l’amor proprio /.../ diventa presto come l’inferno”.
569 BOSCO Giovanni, Il Giovane Provveduto per la pratica dei suoi doveri ... [ = GP] Questo riferimento
al patriarca Giuseppe si trova in GP I/2, 3.
570 Cf GP I/1, 5.
571 GP I/1, 3.

12.7 Page 117

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214
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
28. Uf. 7 – Uno dei più cari ossequi alla Regina del Cielo è visitare ogni giorno la
sua immagine in chiesa.
29. Uf. 8 – Il miglior modo per acquistare l’amore di Dio e la vera divozione a Maria
S.S., è questa devozione, e visitarla frequentemente.
30. Uf. 9 – Dice S. Gregorio papa: Chi visita Maria S.S. nelle sue immagini, sarà con
abbondanza premiato da quella benignissima madre che si compiace molto da
questo ossequio. [*7]
31. Uf. 1 – O Maria, quanto sono beate quelle anime sopra le quali tu volgi gli occhi
tuoi amorosi.
32. Uf. 2 – Aspirate spesso a Dio con brevi ed ardenti lanciamenti del vostro cuore;
donategli mille volte al giorno l’anima vostra.
33. Uf. 3 – Se sarai assiduo nella devozione alla madre di Dio, ti arricchirai ogni ora
di nuove grazie, e nell’ora della morte sarai visitato certamente da Lei.
34. Uf. 4 – Se voi visitate Maria, Ella ti renderà le visite, visitandoti ogni momento
dal cielo, cogli amorosi [...] della sua particolare assistenza. [*8]
35. Uf. 5 – Siamo circondati da molte tentazioni, dal demonio e dalle passioni; ci
vuole una diligenza somma [da] praticare, se vogliamo far viaggio al paradiso.
36. Uf. 6. Con allegrezza di spirito e con raccoglimento cantate le lodi di Dio ogni
qualvolta che si canta in chiesa.
37. Uf. 7 – Siate sinceri nelle parole e guardatevi dalle bugie per non offendere Iddio
e per non essere disonorati davanti ai vostri compagni572.
38. Uf. 8 – Abbiate una figlial confidenza verso il direttore, ricorrendo a lui quando
avete qualche dubbio di coscienza. [*9]573
39. Uf. 9 – Usate gran rispetto a tutti i superiori, specialmente se sono sacerdoti, e
incontrandoli levatevi tosto il cappello574.
40. Uf. 1 – Un sostegno grande per voi o giovani è la divozione a Maria S.S. –
Ascoltate come Ella vi invita: “Chi è fanciullo, venga a me”575.
41. Uf. 2 – Se sarai devoto di Maria, Ella, oltre all’abbondanza delle sue benedizioni
in questo mondo, vi assicura il bel paradiso nell’altra vita.
42. Uf. 3 – Siate certo che se sei vero devoto di Maria, otterrai da Lei tutte le grazie
che avrai bisogno, purché non domandi cose che tornino a tuo danno. [*10]
43. Uf. 4 – Sapete cosa vuol dire cadere in peccato mortale? Vuol dire rinunziare ad
essere figliuoli di Dio per farsi schiavi di satana576.
572 GP I/1, 4; ripetuto anche in I/2, 5.
573 GP I/2, 5.
574 Dal GP I/1, 5.
575 GP I/2, 4.
576 GP I/2, 4.
Gli scritti e le fonti – Analisi
215
44. Uf. 5 – Cadere in peccato mortale vuol dire perdere quella bellezza che ci rende
cari a Dio e come angeli, per diventare come demoni al suo cospetto577.
45. Uf. 6 – Cader in peccato mortale vuol dire perdere tutti i meriti già acquistati per
la vita eterna, e meritare eternamente l’inferno578.
46. Uf. 7 – Non fermatevi mai a mirare cose contrarie, sia pur poco, alla modestia.
S. Luigi Gonzaga non voleva nemmeno che gli si vedessero i piedi. [*11]579
47. Uf. 8 – Custodite gli occhi che sono le finestre per cui il peccato si fa strada nel
vostro cuore, e per cui il demonio viene nell’anima vostra580.
48. Uf. 9 – Chi conserva la virtù della purità, l’Angelo suo custode lo tiene per
fratello e gode moltissimo della sua compagnia581.
49. Uf. 1 – Cader in peccato mortale vuol dire fare una grande ingiuria alla bontà
infinita di Dio, e questo è il male più grande che si possa immaginare582.
50. Uf. 2 – Tutti i giorni chiedete da Maria S.S. la grazia di poter conservare la virtù
della purità. Il giovane che la conserva, ha la più grande somiglianza con gli
angeli. [*12]583
51. Uf. 3. State sempre lontani dalla compagnia di quei giovani che fanno discorsi
cattivi, altrimenti [diventerete] cattivi anche voi584.
52. Uf. Uf. 4 – Tenete per certo che quanto più puri saranno i vostri sguardi e i vostri
discorsi, tanto più Maria si compiacerà di voi585.
53. Uf. 5 – Felice voi o giovanetto se fuggirete la compagnia dei malvagi, sarete
sicuro di camminare per la via del paradiso.
54. Uf. 6 – State lontani dai cattivi compagni quando anche fossero vostri parenti, e
siate certi che talvolta fa più danno la compagnia di costoro, che non quella d’un
demonio. [*13]586
55. Uf. 7 – Ricordatevi di praticare il grande avviso del S.Vangelo di obbedire prima
a Dio che agli uomini587.
577 GP I/1, 4.
578 GP I/1, 4.
579 GP, I/1, 5.
580 GP I/2, 4.
581 GP I/2, 4.
582 GP I/2, 4.
583 GP I/2, 4.
584 Cf GP I/2 b, 2.
585 GP I/2, 4.
586 GP I/2, 4.
587 Cf GP I/2, 6.

12.8 Page 118

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216
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
56. Uf. 8 – Il laccio principale che il demonio tende alla gioventù è l’ozio, sorgente
funesta di tutti i vizi588.
57. Uf. 9 – Persuadetevi o giovani che l’uomo è nato per il lavoro, e quando cessa di
lavorare è fuor del suo centro, e corre grande rischio di offendere Dio589.
58. Uf. 1 – L’ozio, dice lo Spirito Santo, è il padre di tutti i vizi, e l’occupazione li
combatte e li vince tutti. [*14]590
59. Uf. 2 – Non vi è cosa che tormenti maggiormente i dannati nell’inferno, che il
pensiero d’aver passato in ozio il tempo che Dio aveva loro dato per salvarsi591.
60. Uf. 3 – Non vi è cosa che tanto consoli i beati in paradiso, che il tempo loro dato
dal Signore l’hanno impiegato per la gloria di Dio e per salvarsi592.
61. Uf. 4 – Se voi amate davvero l’anima vostra, fuggite come la peste i cattivi
compagni593.
62. Uf. 5 – I cattivi compagni sono tutti quei giovani che in vostra compagnia non si
vergognano di far discorsi cattivi, di proferir parole immodeste, mormorazioni e
bugie. [*15]594
63. Uf. 6 – Dio vi ama, o giovane, perché aspetta da voi molte opere buone, vi ama
perché siete in una età semplice, umile, innocente, dunque corrispondete al suo
amore.
64. Uf. 7 – Iddio porta una particolare affezione ai giovani, e trova la sua delizia nel
dimorare con essi. Giusto dunque di amarlo sopra ogni cosa595.
65. Uf. 8 – Ricordatevi che la mala vita cominciata in gioventù facilmente si
continuerà fino alla morte, e vi condurrà all’inferno596.
66. Uf. 9. Il Signore dichiara felice quell’uomo che fin dalla sua adolescenza avrà
portato il giogo leggero e soave dei comandamenti (cf Ger, Lamentazioni 3, 27).
[*16]
67. Uf. 1 – Onora tuo padre e tua madre e, in vece loro, i superiori, e avrai lunga vita
sopra la terra, dice il Signore (cf Es 20, 12)597.
588 GP I/2 b, 1.
589 GP I/2 b, 1.
590 Ibidem.
591 Ibidem.
592 Ibidem.
593 GP I/2 b, 2.
594 Ibidem.
595 Le massime n. 63 e 64 sono prese dal GP I/1, 2.
596 Cf GP I/1, 3.
597 GP I/1, 4.
Gli scritti e le fonti – Analisi
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68. Uf. 2 – Coloro che non sono obbedienti, fanno grande ingiuria ai loro genitori e,
in vece loro, ai superiori e a Dio medesimo598.
69. Uf. 3 – Gesù Cristo, quantunque onnipotente, per insegnarci a obbedire, fu in
tutto sottomesso alla Beata Vergine e a S. Giuseppe599.
70. Uf. 4 – È dovere di ognuno di pregare mattino e sera per i suoi genitori, affinché
Dio conceda loro ogni bene temporale e spirituale. [*1]
71. Uf. 5. Qualunque cosa noi domandiamo a Dio in chiesa, la otterremo.
72. Uf. 6 – Quanto gusto date a Gesù Cristo e che buon esempio date al prossimo
standovi in chiesa con raccoglimento e devozione.
73. Uf. 7 – Quando entrate in chiesa, guardatevi dal correre o fare strepito, ma, fatta
bene la genuflessione, andate al posto600.
74. Uf. 8 – Guardatevi bene dal ridere in chiesa o dal parlare senza necessità; basta
una parola o un sorriso per dare scandalo e disturbare.
75. Uf. 9 – Abbiate un sommo rispetto ai sacerdoti e ai religiosi, e ricevete con
venerazione i loro avvisi. [*2]
76. Uf. 1 – Quando incontrate per strada sacerdoti, Dio vi guardi dal disprezzarli con
parole o con atti, anzi scoprite il capo in segno di riverenza601.
77. Uf. 2 – Chi non rispetta i sacri ministri, deve temere un gran castigo dal Signore.
Dei sacri ministri, o parlare bene o tacere affatto602.
78. Uf. 3 – Quando passerete dinanzi alle chiese o a qualche immagine di Maria o di
altri santi, scopritevi il capo in segno di venerazione603.
79. Uf. 4 – Fuggite come la peste i cattivi libri e la cattiva stampa, piuttosto che
esporre l’anima vostra al pericolo di diventare cattivo. [*3]604
------ fine delle “Massime per i giovani, da copiare”. ------
598 Cf GP I/1, 4.
599 GP I/1, 4.
600 GP, I/1, 5.
601 Ibidem.
602 GP I/1, 5: questo detto è attribuito da don Bosco al suo giovane amico Luigi Comollo.
603 GP I/1, 5.
604 Cf GP I/1, 6.

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Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
V. PENSIERI SALUTARI
Introduzione
1. Il manoscritto autografo è costituito da 50 paginette di un taccuino a quadretti
(9x15,3 cm.), scritte a matita senza titolo né indicazione di data, senza numeri di
pagina e senza numerazione. Il taccuino è conservato in AIMOR, 15.1.11 – Busta n° 1.
Si tratta di una lunga serie di brevissimi pensieri, consigli, esortazioni, considerazioni,
“massime”…, riguardanti la vita religiosa, in particolare il cammino di santificazione
giornaliera da portare avanti nelle occupazioni ordinarie, secondo le pratiche comuni,
usando i mezzi tradizionali, ma con grande amore per Dio, purezza di intenzione e di
cuore.
A differenza delle “massime” che Srugi scriveva su quaderni e poi copiava da
distribuire in strisciette ai giovani e ai confratelli, questi pensieri erano scritti per se
stesso, destinati ad uso personale, e non sono associati agli “uffici del Sacro Cuore”.
Il genere letterario è quello delle massime sapienziali dei libri biblici o dei Padri del
deserto, difatti spesso Srugi riferisce sentenze del Saggio o di autori del NT, senza
citazione diretta.
Dal punto di vista grammaticale, in questa raccolta leggiamo non solo singole
sentenze concise di una o due righe, ma anche frasi elaborate, in forma di ragionamento,
periodi composti da frase principale e subordinate, concatenate tra loro. Sono i
“pensieri” più lunghi che Srugi abbia appuntato, pur restando sempre nella brevità di
qualche paragrafo. Senza dimenticare che talvolta egli spezza in due o tre un periodo
complesso riguardante lo stesso argomento.
Assegno a ogni “pensiero/massima” un numero progressivo. Segno con un
asterisco, seguìto dal numero della pagina [*1, *2], l’ultimo pensiero di ogni facciata
destra del taccuino, in modo da facilitare chi volesse verificare l’originale. Alla fine
redigo un indice dei termini più ricorrenti.
Gli ultimi tre “pensieri salutari” (283, 284, 285), sono stati scritti da Srugi a
penna con bella calligrafia, in inchiostro nero, sulla metà del foglio di un piccolo
registro per contabilità (14,5x22 cm), ripiegato in due colonnine. Si trova tra le pagine
di un quaderno della “Cronaca Minuta 1/11/1940 – 13/9/1941”, nell’archivio della
Casa di Betgamāl.
2. Tra le pagine del libretto personale “Mese del Sacro Cuore”, Simone conservava
un fogliettino (13,5x11,5) duplicato ad alcohol color violetto, intitolato “Gesù
buono!”, contenente alcune considerazioni di J.Bacteman. Missionario Apostolico. Lo
annetto ai “Pensieri salutari” perché mette in risalto le virtù che Simone si è proposto
di praticare e ha manifestato in forma distintiva, imitando fedelmente il suo grande
Gli scritti e le fonti – Analisi
219
amico e modello: umiltà, bontà, dolcezza, donarsi, accondiscendere a farsi piccolo,
dimenticarsi, essere sempre nella gioia di Dio. Non meraviglia che abbia conservato
questo bigliettino in uno dei suoi libri preferiti, per rileggerlo frequentemente, come
esercizio di appropriazione conformante.
Note
1. Questo è il manoscritto più lungo e più ricco che ci sia pervenuto. I testi
toccano temi di vario genere sui quali Srugi amava soffermarsi in circostanze diverse
e a varie riprese. Gli spunti gli provenivano senz’altro da molte fonti (che lui non cita
mai): bibliche, devozionali, le “Regole” Salesiane, il Catechismo. Possiamo definirlo
un “florilegio” composto da frasi raccolte da libri di meditazione (ad es. LIGUORI,
Pratica di amar Gesù Cristo)605, da vite dei Santi, dalla spiegazione del Vangelo
domenicale, dalle conferenze mensili del direttore606.
2. Tuttavia è evidente l’assimilazione personale, la riformulazione in termini
adatti alle proprie occupazioni e aspirazioni. Gli servivano come degli “svegliarini” o
dei “colpi d’ala” per sostenere la sua anima in volo verso le altezze della perfezione.
Niente di teoretico e astratto, come dimostrato dal fatto che spesso li trasforma in
propositi (“Devo ... debbo”, “cercherò ...”, “guardati dal ... astieniti da ...”)
3. Srugi si dimostra pienamente cosciente della propria identità di “anima
consacrata”, gioiosa e riconoscente a Dio per la grazia singolarissima della vocazione
religiosa. La sua persona risulta semplificata e unificata dall’amore di Dio, o meglio,
dal Dio di Gesù Cristo, suo amore unico ed esclusivo, suo sposo, al quale vuole
appartenere, dare gloria e piacere in tutto e sempre. Il primato di Dio è evidentissimo.
4. Il richiamo alla vigilanza è motivato sia dal desiderio di non dare il minimo
dispiacere al Signore, sia dal timore di comparire con qualche macchia dinanzi
al tribunale divino. L’abituale pensiero alla morte e al giudizio (tema centrale del
classico libro del LIGUORI, Apparecchio alla morte...) svolge nella psicologia di
Srugi un ruolo di salutare stimolo alla responsabilità, al timore filiale, per rendersi
amico “il buon Gesù” che sarà il Giudice. Ma la certezza del Paradiso prevale su tutto,
come nella pedagogia spirituale di Don Bosco.
5. Riprenderò i temi più ricorrenti nella parte sintetica, perché essi si intrecciano,
talvolta si corrispondono, con quelli dei Propositi.
605 Don Barberis nel Vademecum 3a parte, p. 283 invita a familiarizzarsi con questo libro e con altri
come: Del gran mezzo della preghiera, il Tutto per Gesù del Faber, l’Imitazione di Cristo, la Filotea
e il Teotimo, in modo da riprenderne con frutto la lettura durante i giorni di Esercizi Spirituali.
606 FRANCESCO DI SALES nella Filotea (Parte II, capitolo VII: “Conclusione e mazzolino spirituale”,
pp. 108-110 della copia personale di Srugi), raccomanda che al termine della orazione mentale o
meditazione, si raccolga un mazzetto di fiori spirituali il cui profumo, aspirato di tanto in tanto
durante la giornata, ridesti l’amore divino nell’eseguire le occupazioni ordinarie. Come indico nelle
note a pié di pagina, alcune massime derivano da articoli di G.BOSCO, Costituzioni della Società
di S.Francesco di Sales: ornare l’animo di virtù e non le pareti della stanza (PES 96); sopportare il
caldo e il freddo (PES 205); … recitare l’ufficio divino digne attente ac devote (PES 174).

12.10 Page 120

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220
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
TESTI
1 Diceva S.Paolo: Andiamo sempre mortificandoci e maltrattandoci acciocché la
vita di Gesù Cristo si manifesti nei nostri corpi (2Cor 4, 10)607.
2 Dice S.Bernardo: Non conviene che il Capo sia cinto di spine e le membra siano
delicate.
3 Diceva S.Paolo: Non si uguagliano né hanno che fare le passioni e tribolazioni di
questo mondo con la gloria eterna del Cielo che speriamo (Cf Rom 8, 18).
4 E S.Pietro dice: Fratelli miei vi prego che viviate come forestieri e pellegrini
sopra la terra e come tali vi asteniate dai desideri ed appetiti della carne che
combattono contro lo spirito (1Pt 2,11). [* 1]
5 Tutti siamo pellegrini in questo mondo, e camminiamo verso la nostra patria
celeste (cf Fil 3,20).
6 Scarichiamoci di quello che non è molto necessario acciocché così spediti e
snelli possiamo camminare meglio (cf Heb 12, 1).
7 Felice e beato, dice S.Bernardo, colui che si tiene e si tratta da pellegrino sopra
la terra, e conosce e piange il suo esilio dicendo col Profeta: Odi o Signore i miei
sospiri e le mie lacrime, i miei gemiti, perché ancor io son forestiero e pellegrino
sopra la terra, come furono i miei padri (Sal 38, 13).
8 Devo in fretta intrecciare per me con molte opere buone la corona pel paradiso
perché il tempo della morte si avvicina.
9 Cercherò di rendere certa la mia vocazione ed elezione allo stato religioso per
mezzo di molte buone opere (cf 2Pt 1, 10).
10 Debbo ad esempio di Maria attendere con ogni sollecitudine alla mia
santificazione.
11 Entrando in religione ho da far conto di seppellire e sotterrare la mia volontà e
seguitare in ogni cosa la volontà del mio superiore. [*2]
12 Dice S.Bernardo: Importa grandemente che si abitui il religioso ad obbedire alla
cieca e senza investigazione alcuna. Perché è impossibile che possa durare nella
religione colui il quale vuol essere prudente e saper la ragione di ogni cosa; è
meglio che si faccia goffo e ignorante per esser saggio.
13 Il buon suddito religioso deve abbracciare con molta umiltà, semplicità e
confidenza quel che il superiore gli ordina.
14 Dice il Signore a S.Teresa: Pensi tu figlia mia che il merito consista nel godere?
No, consiste nel patire e in amare. Mira la mia vita tutta piena di pene. Credi figlia
607 Aggiungo tra parentesi i riferimenti biblici.
Gli scritti e le fonti – Analisi
221
che chi è più amato da mio Padre, maggiori travagli da lui riceve (cf Prov. 3, 12).
Mira queste piaghe, che non giungeranno mai a tanto i tuoi dolori. Il pensare che
il mio Padre ammetta alla sua amicizia gente senza travaglio, è sproposito. [*3]608
15 La nostra predestinazione alla gloria non è annessa a favori straordinari ma alle
virtù del nostro stato.
16 Studiatevi o anima religiosa di render certa la vocazione vostra ed elezione per
mezzo delle buone opere (cf 2Pt 1, 10). Avete inteso … [interruzione]
17 Quante vittorie avrete riportato dei vostri nemici, altrettante corone riceverete da
Dio: quante umiliazioni e pene, altrettante delizie e splendori. Moltiplicate ora
i vostri […] ed Egli vi arricchirà non solo dei doni di sua grazia, ma altresì di
gloria, e li verserà su voi in larga copia.
18 La beatitudine di Maria Vergine è il frutto della sua santità e delle sue buone
opere. Oh quando la comprenderete o anima religiosa anche voi? Non basta quel
che Dio ha operato per voi che vi darà il diritto all’eterna ricompensa, ma ciò
altresì che voi avrete fatto per lui. [*4]
19 Se volete una morte simile a quella della Vergine Maria avvezzatevi a vivere
unita con Dio col vincolo di carità, distaccando il vostro cuore da ogni affetto
alla terra ed operando solo a gloria di Dio.
20 Oh quanta pace e contentezza ha un buon religioso mortificato e che cammina
con diligenza e sollecitudine nelle cose del suo profitto, facendo quel che deve
come buon religioso. Non vi è contentezza uguale alla sua.
21 Non desiderare ciò che è proibito. Iddio è padrone dell’anima, della mente e
del cuore come del corpo, e tutto vuole retto, ordinato e santo, e nell’interiore
e nell’esteriore dell’uomo. Dunque evita e pensieri e desideri cattivi, dunque
cacciali con prontezza.
22 Quanto mi rincrescerà al punto di morte di non aver fatto più opere buone e
acquistato virtù e avanzato nella perfezione, e allora si vorrebbe fare ma non vi è
più tempo. [*5]
23 Dice il Signore: Camminate per la via della salute or che avete tempo e luce, e
prima che vi sorprendano le tenebre della morte (Cf Gv 12, 35)609.
24 Nel tempo della morte la coscienza ci ricorderà il tempo che abbiamo avuto per
farci santi, e l’abbiamo perduto.
25 Tu puoi acquistarti in ogni momento tesori eterni per la vita eterna, e vuoi perder
tempo?
26 Il nemico non perde mai tempo nel tentarci, e noi perdiamo il tempo che Dio ci
dona per salvarci?
608 Copiato alla lettera da LIGUORI, Pratica di amar ..., capitolo 5, n° 6; abbreviato in PES 49.
609 LIGUORI, Apparecchio alla morte, 11/ 3°, p.120.

13 Pages 121-130

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13.1 Page 121

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Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
27 Nel tempo del giudizio Gesù Cristo ci chiederà conto non solamente del tempo
che abbiamo perduto, ma ancora di ogni parola oziosa (cf Mt 12, 36).
28 Per conservare puro e mondo il cuore bisogna che abbiamo gran cura della
custodia dei nostri sensi.
29 San Doroteo dice: Assuefatevi a tener gli occhi bassi e modesti, e a non andare
guardando cose impertinenti e vane, perché questo suol essere cagione che
vadano perdute tutte le fatiche dei religiosi. [*6]
30 Tutto quello che hai guadagnato in molto tempo e con gran fatica, se ne uscirà
molto facilmente per coteste porte dei sensi se non hai cura di custodirle, e te ne
resterai vuoto e senza niente.
31 Molto presto si può perdere per negligenza quello che con molta fatica appena
finalmente si è acquistato per grazia.
32 Guardati dal parlare assai perché questo impedisce i pensieri santi e le ispirazioni
e i desideri che vengon dal cielo.
33 Il continuo silenzio e il dimenticarsi e stare ritirati dallo strepito delle cose del
mondo innalza il cuore e ci fa pensare alle cose del cielo, è mettere il cuor nostro
in esse.
34 Gli occhi in terra aiutano a tener sempre il cuore in cielo. [*7]
35 Chi parla assai danneggerà l’anima sua (cf Prov 13, 3).
36 Non mancherà peccato nel molto parlare (Prov 10, 19).
37 Se non hai cura di osservare il silenzio non acquisterai mai la perfezione e non
sarai mai uomo di orazione.
38 Se vuoi far gran profitto nella virtù e arrivare alla perfezione, osserva il silenzio
che con questo, dice S.Giacomo, tu v’arriverai. Se vuoi essere spirituale e uomo
di orazione, osserva il silenzio (cf Gc 3, 2).
39 Astieniti dalle parole giocose e ridicole e dall’andar trescando e burlando;
perché questi sono trattenimenti da fanciulli; e chi attende alla perfezione è cosa
convenevole che lasci d’essere fanciullo e sia uomo (dice S.Basilio).
40 Queste burle e questi trattenimenti fanno diventare l’uomo rimesso e negligente
nelle cose del servizio di Dio, e tolgono la divozione e la compunzione del
cuore.
41 La persona [consacrata] deve astenersi dal dir parole, perché questo è diventar
chiacchierone e buffone che è cosa indegna di chi attende alla perfezione. [*8]
42 Dice S.Bernardo: Fra i secolari le facezie passano per facezie, ma in bocca del
religioso sono bestemmie.
43 Dice un Santo: Se sarai taciturno in ogni luogo godrai quiete e riposo.
Gli scritti e le fonti – Analisi
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44 Non vi è cosa che tanto giovi quanto lo star raccolto e parlar molto poco con altri
e con se stesso assai.
45 La differenza che passa fra gli uomini spirituali che attendono alla perfezione, e
i carnali e sensuali (cf 1Cor 2, 12-15) che non v’attendono, non istà in sentire e
non sentire difficoltà e ripugnianza dalla carne, ma nel lasciarsi questi trasportare
da esse e quelli no610.
46 L’uomo spirituale non dà orecchio ai gridi e alle domande della gola e dell’appetito
sensuale, né si lascia trasportare da essi.
47 Qui sta il punto in non dar orecchio alle tentazioni e agli appetiti che insorgono,
né consentire ad essi. [*9]
48 S.Teresa praticava e insegnava dicendo: Andrai sempre con desiderio di patire
per amore di Gesù in ogni cosa ed occasione.
49 Il Signore disse a S.Teresa: Non consiste il merito in godere no, ma consiste in
operare, in patire ed amare.
50 L’eternità si avvicina da noi a grandi passi, perciò si ricerca da noi maggior
vigilanza e nuovo fervore nel servizio del Signore.
51 Il Vangelo che abbiamo abbracciato è un lume che, mentre spande la sua luce
sopra di noi, dobbiamo armarci di sante operazioni.
52 L’allegrezza dell’uomo cristiano è molto superiore a quella dell’uomo mondano.
53 La presenza di Dio e la vicinanza dei suoi giudizi debbono essere per noi in tutte
le nostre azioni un motivo di moderazione e di modestia.
54 La pace che ci viene da Dio, la quale è un frutto dei meriti di Gesù Cristo, è un
bene inestimabile.
55 Il vero giusto non si dimentica del suo stato, qualunque sia la stima che gli uomini
hanno per lui. [*10]
56 Importa poco quali sentimenti abbiano di noi gli altri uomini, purché Dio approvi
il nostro operare. Non dobbiamo neppure prevalerci della nostra coscienza, la
quale può ingannarci, ma aver sempre innanzi agli occhi i giudizi di Dio (cf 1Cor
4, 3-4).
57 Non v’ha vera penitenza se non quella che opera in noi il cangiamento dei
costumi.
58 Non crediamo onorare la nascita di Gesù Cristo, se non mutiamo i nostri costumi,
e non diventiamo bambini colle umili disposizioni del nostro cuore (cf Mt 18, 3).
59 Impariamo ad operare il bene mentre abbiamo tempo (cf Gal 6, 10) e comodità
di farlo: e non ci contentiamo di soli desideri sterili e di parole infruttuose, ma
610 Questa massima e le due seguenti riassumono la celebre distinzione che S.Francesco di Sales insegna
e che Srugi riporta nel foglio allegato ai Dialoghi, FAL 110, già segnalato.

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Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
facciamo quei frutti di buone opere che il Signore richiede (cf Mt 3, 8-10; Gv 15,
1-8. 16) da ciaschedun religioso.
60 Accade spesso che le nostre orazioni non siano esaudite dalla maestà di Dio per
manco dell’unione di pace e di carità verso dei nostri fratelli (cf Gc 4, 2-3).
61 Dobbiamo prenderci [cura] di meritarci con la buona vita la ricompensa degli
eletti. [*11]
62 Procuriamo con tutte le nostre forze, che siano angelici e puri i nostri costumi nel
breve soggiorno della presente vita, a fine di meritare la gloria e la felicità degli
angeli in cielo.
63 Chi ama il suo prossimo come se stesso (cf Mt 22, 39), lo compatisce e lo
sopporta nei suoi difetti e mancamenti con dolcezza e mansuetudine.
64 Chiunque possiede la carità e in essa procura di continuamente crescere e
perfezionarsi, possiede un tesoro inestimabile e secondo S.Agostino fa tutto
quello che si contiene nella divina Scrittura611.
65 Onoriamo e veneriamo i ministri di Dio e della sua Chiesa qualunque essi siano,
perché il loro carattere è sempre venerabile, e noi nelle persone loro onoriamo
Iddio medesimo.
66 Riguardare sempre Iddio quale ultimo fine di tutte le nostre azioni e unico oggetto
dell’amor nostro.
67 Tutti i nostri desideri devono tendere a quella beata vita che speriamo, e al
perfetto stabilimento del regno di Gesù Cristo in noi612.
68 Il più terribile rigore che Iddio eserciti contro i peccatori, è il ritirarsi da loro, in
modo che non pensino più a lui. [*12]
69 Temiamo in tutti i giorni di nostra vita il giudizio formidabile di Dio, e temiamolo
con timor figliale, il quale non ci turbi inutilmente [ma] ci faccia operare con
diligenza la nostra salute.
70 Non inganniamoci imperocché ognuno raccoglierà nel giorno del giudizio
quello che avrà seminato nella presente vita (Gal 6, 7).
71 Chi semina nella carne, cioè opere carnali e peccaminose, non raccoglierà che
corruzione, cioè pena e dannazione; e chi semina nello spirito, cioè opere buone
e grate a Dio, raccoglierà l’eterna vita (Gal 6, 8).
72 Vegliate, dice Gesù Cristo, perché voi non sapete né il giorno né l’ora della vostra
morte, in cui il Figliol di Dio verrà a giudicarvi (Mt 24, 42).
611 Il riferimento indiretto potrebbe essere al De catechizandis rudibus IV/8, oppure al De gratia Christi
I/26-27 che difficilmente Srugi ha letto. Tuttavia è Gesù stesso a dichiarare che tutti i precetti della
Scrittura si riassumono nel duplice amore verso Dio e verso il prossimo: cf Mt 22, 37-40. Analoga
osservazione per la nota seguente.
612 Il desiderio e l’aspirazione alla “beata vita” riecheggia un tema tipico di Sant’Agostino circa “la
preghiera continua”, nella Lettera a Proba: Lett. 130, 14, 27. 15, 28; CSEL 44, 71-73.
Gli scritti e le fonti – Analisi
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73 Non differite un sol momento a procurare di ricuperare la grazia di Dio, se mai
l’aveste perduta; e se l’avete, custoditela con gran premura, ed accrescetela ogni
giorno più coll’esercizio delle opere buone.
74 Ricordiamoci che tutto il tempo della vita presente ci è dato per evitare l’inferno
e per meritare il Paradiso colle opere buone e specialmente di misericordia (cf
Mt 25, 31-46). [*13]
75 Procuriamo di prepararci con diligenza al giudizio particolare e starvi
continuamente preparati come ci esorta il nostro Divin Maestro Gesù Cristo che
sarà nostro giudice. Beati noi se, venendo il Signore, ci troverà apparecchiati (cf
Mt 24, 46; 25, 13; Lc 12, 35-40).
76 Non solo abbiamo da astenerci dal parlare di cose indecenti, ma anche dal darvi
orecchio: perché chi gusta udire, provoca l’altro a parlare: ma ancora è cosa
vergognosa e brutta l’udire cose brutte e cattive.
77 Dice S.Basilio: Chi mormora e chi ascolta la mormorazione dice che l’uno e
l’altro debbono essere separati dalla comunità. Perché se l’uno non l’ascoltasse
volentieri, l’altro non gusterebbe di mormorare.
78 Dice il Savio: Ottura le tue orecchie con spine quando senti mormorare del
prossimo, in specie dei superiori.
79 Dice il Savio: Prima di ogni altra cosa t’hai sempre da pregiare di dire la verità e
non la bugia. [*14]
80 Il religioso non deve dir mai la bugia né per scusarsi né per coprire il suo errore.
Perché è cosa vile e brutta e indegna di un religioso.
81 Dobbiamo noi altri andare in cerca delle mortificazioni e delle umiliazioni: e
tu fuggi da quelle che ti si presentano e da quelle alle quali non ti puoi sottrarre
senza commettere peccato? Chi fa questo, va contro la professione che professa.
82 Dicono i teologi ed i santi, che neanche per la salute spirituale di tutto il mondo
è lecito dire una bugia; or guardo se si può dirla per non restare svergognato o
mortificato in qualche coserella.
83 Non è gravità né modestia religiosa l’esagerare ed amplificare troppo le cose.
84 Le parole procedono dal cuore (cf Mt 12, 34). E così colui che dice parole vane
e leggere, dimostra la vanità e leggerezza del suo cuore.
85 Colui che dice facezie e simili altre cose ridicole, risuona come vaso concavo e
vuoto. [*15]
86 Colui che dà in facezie e cose ridicole, non tiene scritto il nome di Gesù, ma il
mondo e la vanità di esso, e questo sta buttando fuori per la bocca quando parla.
87 Il religioso che si pregia di dire cose ridicole e facete e di far ridere altri col suo
detto non è spirituale né buon religioso.

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Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
88 Dice S.Paolo: Non esca parola cattiva dalla vostra bocca, ma tutti i vostri
ragionamenti siano sempre di cose buone, di edificazione e di utilità per quelli
che odono, che li accendano e infiammino nell’amor di Dio e nel desiderio della
virtù e perfezione (Ef 4, 29).
89 Dice il Signore: Sopra ogni cosa giova ed è molto necessario al profitto spirituale,
che ogni religioso si dia alla perfetta ubbidienza.
90 Ha da essere l’ubbidienza del religioso ubbidienza di volontà e di cuore,
conformando la sua volontà con quella del superiore, avendo un istesso volere.
91 Bisogna che stiamo molto diligenti e puntuali nell’esercizio di quanto ne verrà
comandato.
92 Il vero ubbidiente non sa che cosa sia dilazione, né che cosa sia domani né
posdomani né dice adesso andrò, come i pigri, ma tiene tese le orecchie per
intendere quello che gli è comandato, pronti i piedi per andarlo ad eseguire,
spedite le mani per metterlo in atto, e tanto puntualmente lo eseguisce che pare
che prevenga colui che gli comanda. [*16]
93 Abbiamo da essere così pronti al segno della campana e alla voce del superiore,
come se fosse di Cristo nostro Signore, lasciando qualsivoglia cosa, eziandio la
lettera incominciata, e non ancora finita.
94 Il demonio non può fare che lasciamo totalmente d’obbedire, ma procura che
non siamo puntuali nell’obbedienza, per avere in essa egli ancora qualche parte,
e per portarsi via, come suo, almeno quel pochetto dell’operazione che tu ometti
o tardi a fare, dal tocco della campana sinché ti alzi per ubbidire.
95 Felici le anime che possono dire a Dio: Signore siamo stati sempre vostri.
96 Ogni religioso è obbligato a tenere la propria celletta nella massima semplicità,
e studiarsi con tutte le sue forze di ornare il cuore di virtù e non … [interrotto].
[*17]613
97 Mettete alla bocca il freno del silenzio, quando i vostri persecutori vi assalgono
colle armi della calunnia, della menzogna e del disprezzo. Contenetevi dal
parlare ed umiliatevi.
98 Una sola ambizione è giusta: l’ambizione di amare Iddio. Colui che teme gli
uomini, non farà nulla per Iddio.
99 Come sono pochi coloro che comprendono ciò che Dio farebbe per essi, se si
dessero intieramente a lui.
100 Guardati dalle insidie del demonio. Le migliori armi contro di lui sono
l’abnegazione di sè, l’umiltà e la pazienza.
613 Da G.BOSCO, Costituzioni della Società di S.Francesco di Sales [1858] – 1875, Capitolo VI: Del
Voto di povertà, art. 2, p. 104.
Gli scritti e le fonti – Analisi
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101 La vita religiosa è una scuola in cui debbonsi imparar due cose: frenar le passioni
proprie ed imitare le altrui virtù.
102 Chi parla e ride in chiesa dà a vedere che la sua fede è molto languida.
103 La virtù è la vera ricchezza dell’anima.
104 Portate ogni giorno la croce di ogni giorno colla grazia di ogni giorno.
105 Obliate il passato e tenete continuamente il vostro sguardo fisso sul grande
spazio che vi resta a percorrere nel cammino della virtù (cf Fil 3, 13).
106Vi sono delle anime il cui nome è scritto a lettere d’oro nel Cuore di Gesù, e son
quelle che lavorano e soffrono per la sua gloria. [*18]
107 “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l’anima tua e con tutte
le tue forze”. (Deut 6, 5; Mt 22, 37)
108 L’amor di Dio è il sacro fuoco che deve ardere sempre sull’altare del nostro
cuore. (cf Lev 6, 5-6)614.
109 Il nostro riposo sarà in paradiso. Oh paradiso! Oh paradiso, chi pensa a te in
questo mondo non patisce più stanchezza615.
110 Provvedi alle tue cose perché hai da morire.
111 Il Signore vuole da un religioso molto più amore che dagli altri fedeli, e ne ha
ben il diritto.
112 Signore fammi conoscere il mio fine e qual numero di giorni mi resta ancora da
vivere (Ps 39, 5).
113 Signore tu hai ridotto i miei giorni, ed il tempo che io son per vivere è come un
nulla dinanzi a Te. L’uomo passa come ombra (Ps 39, 6-7).
114 Ricordiamoci che il tempo è corto, e che il giudizio di Dio è alle porte.
115 Il giorno passa, dice il poeta; ignorate se vedrete l’alba del giorno seguente,
o se questo sarà un giorno di tranquillità o di pena. Così passa la gloria del
mondo. [*19]616.
116 La vita è come un torrente che corre precipitosamente verso il mare dell’eternità.
Quante migliaia d’uomini approdano ogni di’ a quelle sponde.
614 In un manuale di predicazione popolare disponibile nella biblioteca di Betgamāl, si spiegava in
questo modo Levitico 6, 5-6: “D/. Quando bisogna amar Dio? R/. Sempre! «Iddio – dice s.Agostino
– comandandoci di amarlo con tutto il cuore, non ha lasciata nessuna parte della nostra vita che sia
esente da questa obbligazione». Vale a dire che l’amore di Dio in noi dev’essere continuo, almeno
virtualmente, e giammai interrotto. Quest’è un sacro fuoco che deve sempre ardere sull’altare del
nostro cuore, e non ci è permesso di lasciarlo estinguere”: Paolo Marcello DEL MARE, Educazione
ed istruzione cristiana, ossia catechismo universale. Genova: presso Repetto in Canneto, 1779, 4a
edizione; tomo III, 13.
615 Frase che don Bosco ripeteva spesso. L’Indice analitico delle Memorie Biografiche rimanda ai
seguenti volumi: 3,67; 4,525; 5,634; 7,485; 10,9, 367; 13,192.
616 Cf Imitazione di Cristo. Libro 1, cap. 3, n. 6.

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117 Un momento di pena, un riposo eterno. Una lacrima, un oceano di delizie.
118 Camminate in modo da guadagnarvi sempre maggior meriti pel cielo.
119 Il saggio sa vendere la terra per comprare il cielo.
120 Dice S.Bernardo: Che nessuno di voi disprezzi un sol momento di tempo,
perdendolo con parole inutili. La parola scappa e non può essere richiamata, il
tempo vola e non può essere riparato.
121 Niente è più prezioso del tempo. Ma, ahimé: niente è anche più trascurato617.
Nessuno pensa che il giorno perduto non ritornerà giammai. Ma come un sol
capello della testa non perirà (Lc 21, 18), così nessun momento perduto scapperà
alla giustizia di Dio.
122 Un sol giorno passato senza mancanze vale una vita intiera.
123 La virtù non consiste nella quantità ma nella qualità delle opere. [...] Tutto il
tempo passato nello stato di peccato mortale è tempo perduto. [*20]
124 Siate agricoltori spirituali: seminate adesso nel tempo ciò che dovrete raccogliere
nell’eternità (cf Gal 6, 7-8).
125 Diceva S.Doroteo a S.Dositeo: Non si parta mai Iddio dal tuo cuore, pensa
sempre che l’hai presente e che stai davanti a lui.
126 Aspettate con pazienza il Signore ed Egli vi libererà. Dio fa le cose adagio, ma
le fa bene.
127 San Basilio diceva: Sforzatevi per acquistare la pazienza perché essa è la più
grande virtù dell’anima; fate d’acquistarla per poter arrivare presto alla cima
della perfezione.
128 La pazienza è il rimedio sovrano dell’anima: l’impazienza è il veleno del cuore.
129 L’anima paziente va elevandosi a misura che le tribolazioni s’aumentano.
130 Lasciate che vi perseguitino: Dio si incaricherà un giorno di perseguire i vostri
nemici, e per voi resterà la corona della pazienza, non meno bella che quella del
martirio618.
131 Coloro che soffrono sono cari a Dio come la pupilla dei suoi occhi. Sopra di essi
si posa con preferenza lo sguardo divino. [*21]
132 Quando soffrite state pur sicuro che siete accetto a Dio. È questa una verità
scritta nelle sacre carte619.
617 LIGUORI, Apparecchio alla morte, 11, 2°, p. 116: “Non vi è cosa pià preziosa del tempo, ma non vi
è cosa meno stimata e più disprezzata dagli uomini del mondo. Questo è quel che piange s.Bernardo:
Nihil pretiosius tempore, sed nihil vilius aestimatur”.
618 Cf LIGUORI, Pratica di amar ..., cap. 5, n° 5, un pensiero simile è attribuito a S. Gregorio Magno.
619 Cf Pro 3, 11-12; Heb 12, 5-7; Sir 4, 17-18; Tob 12, 13 (Vulgata): “Et quia acceptus eras Deo, necesse
fuit ut tentatio probaret te”. Eccles 2, 1 (Vulgata): “Fili, accedens ad servitutem Dei, sta in iustitia
et timore et praepara animam tuam ad tentationem”; cf BARBERIS, Vademecum, 3a parte, p. 10.
Gli scritti e le fonti – Analisi
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133 Procuriamo che nelle nostre parole e nelle nostre azioni non ci sia cosa degna di
riprensione presso gli altri, ma che sia di edificazione ed utilità del prossimo (cf
Ef 4, 29).
134 Le parole vane ed inutili facilmente imbrattano il cuore.
135 Coraggio, voi che soffrite: le vostre sofferenze sono come quelle nubi passeggiere
che apportano gran fertilità alla terra arida.
136 Dice S.Agostino: Ogni atto di pazienza è un inno grato a Dio.
137 Non va nulla di sì penoso che non possiate tollerare con pazienza, se vi ricordate
della passione di Gesù Cristo.
138 È sogno passeggiero la nostra vita e quando ci svegliamo è già finita.
139 Pregar, soffrir, viver d’amor divino. È questo, o religioso, il tuo destino.
140 Diceva un giorno [il Signore] a una suora di carità: Le anime sono cosa mia,
l’anima di un peccatore è mia. Per l’amore che mi porti, salvami i peccatori. [*22]
141 La migliore consolazione che possiamo offrire al Cuor di Gesù, è quella di
condurgli delle anime.
142 Anima cristiana, guarda il Cielo, è là che Dio ti attende. Corri, vola, rompi tutti
gli attacchi che ti legano alla terra.
143Val più un atto di rassegnazione alla volontà di Dio in tutto ciò che dispone
contrario a noi, che centomila buoni successi secondo il nostro volere e gusto620.
144 Il nemico più da temersi siamo noi stessi.
145 Chiunque cammina continuamente alla presenza di Dio (cf Gen 17, 1), sarà
sempre a rendergli conto delle sue azioni, e non perderà mai l’amore di lui col
consentire al peccato.
146 Il Signore non vuole che veruno dei nostri affetti sia dato ad altro che a lui.
147 Fa ogni tua azione come se fosse l’ultima.
148 Chi si dedica a Maria, chi si consacra a lei, chi la onora e l’ama, è così certo di
andare in paradiso come se già vi si trovasse.
149 La pazienza è una buon’erba, ma non cresce in tutti gli orti. [*23]
150 Ogni volta che il cristiano ricorre divotamente a Dio con la preghiera, guadagna
beni che valgono più che tutto il mondo.
151 Fare con diligenza e purità d’intenzione quanto si può nel proprio stato.
152 Patire volentieri le tribolazioni che Dio in qualsivoglia modo ci manda.
153 Tacere i difetti del prossimo, i disgusti ricevuti e le parole di propria lode.
620 Cf le derivazioni alfonsiane che ho segnalato in MAC 195 e MAG 8.

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Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
154 Lunghe orazioni senza mortificazioni sono lunghe inutilità.
155 La croce, se è amata, non è che mezza croce, perché l’amore di Gesù addolcisce
tutto, e non si soffre molto che quando si ama poco.
156 Se il Signore ci vuole nell’umiltà resteremo nell’umiltà senza lagnarci.
157 L’invidia di cui poche anime vanno esenti, molte volte è il pomo di discordia
nelle case religiose.
158 Una delle virtù che il religioso deve acquistare ad ogni costo è il silenzio.
159 Silenzio quando si è rimproverati. Bisogna ricevere le ammonizioni a capo chino
e con le labbra fra i denti. [*24]
160 Silenzio quando l’animo è turbato, perché la parola rifletterebbe lo stato cupo
dell’animo vostro.
161 Silenzio quando la parola di lamento sta per spuntarci sulla lingua. Il lamento è
il tarlo che corrode la tela dei vostri meriti.
162 Tra le virtù che deve il religioso domandare al Signore è l’umiltà, imperocché
tutti abbiamo un gran fondo di orgoglio nel nostro cuore.
163 Siate esatti in tutto: l’esattezza è la virtù dell’uomo d’ordine.
164 L’uomo disordinato fa male tutte le cose.
165 Il raccoglimento è necessario all’anima come il riposo al corpo.
166 Studiatevi di far del bene e poi lasciate dire.
167 Fatevi santi e poi non badate a nient’altro. Che importa tutto il resto a petto di
questo unico e necessario negozio?
168 Non perdete tempo in questioni inutili: è sì corta la vita!
169 Andate dritti al dovere, senza torcere né a destra né a sinistra.
170 Ecco la vostra meta: santificatevi. Ma è una meta molto alta.
171 Salvarvi, santificarvi! Ecco qual dev’essere l’unico vostro affanno; il resto a che
cosa vi può servire se non condurre a questo? [*25]
172 Abbiamo bisogno di mortificazione se vogliamo fare grandi cose.
173 Non si possono vincere le battaglie dello spirito, senza prima aver vinto quelle
della carne.
174 Recitate le vostre preghiere, specie l’officio divino digne attente ac devote:
degnamente, attentamente e devotamente. Solo così si deve pregare621.
621 Cf G.BOSCO, Costituzioni, Capitolo XIV, Pratiche di pietà, art. 3, p. 182: BARBERIS, Vademecum,
parte 3a, pp. 37 e 44; PIO X, Divino Afflatu (1.11.1911), sulla nuova disposizione del Salterio
nell’Ufficio Divino.
Gli scritti e le fonti – Analisi
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175 Cacciate o anima religiosa da voi l’uomo vecchio cioè l’iracondo e resterete solo
coll’uomo nuovo, il pacifico (cf Col 3, 9-10; Ef 4, 22-24; Gal 5, 22).
176 Il peccato è il più grande atto di ingratitudine che noi possiamo fare verso Dio.
177 Non aspettate mai nulla dagli uomini, ma tutto da Dio.
178 Il saper compatire i difetti altrui ed il saper tollerarli è un atto di carità che ci si
offre ad ogni pie’ sospinto.
179 L’uomo prudente parla poco, ascolta molto, e cammina nelle sue intraprese a
passo lento. Prima di dettar sentenze medita e prega.
180 Una cosa si può dire senza rimorsi: il bene dei nostri fratelli.
181 Il male si deve tener sempre celato. [*26]
182 L’uomo prudente deve stimar le sue cose dieci volte inferiori di merito di
quello che la sua immaginazione gli rappresenta. Perché l’amor proprio spesso
moltiplica il merito delle proprie azioni.
183 La preghiera è l’atto onnipotente che mette le forze del cielo alla disposizione
dell’anima.
184 L’angelo Custode disse una volta a S.Margherita da Cortona: Quelli sono perfetti
amici di Dio che tengono il loro cuore interamente distaccato dalle cose create,
e congiunto solo con Dio e che sospirano a lui giorno e notte con tutto l’impeto
del cuore. «E quali sono, soggiunse la Santa, le virtù loro proprie?» – La prima,
replicò l’Angelo, è una profonda umiltà ad imitazione e per amor di Colui che si
umiliò fino alla croce (cf Fil 2, 7-8). La seconda è una perfettissima carità.
185 Tre principali motivi devono farci rendere il tempo prezioso: dapprima egli è il
prezzo dell’eternità, in seguito esso è corto, infine è irreparabile622.
186 Abbiate sempre l’eternità nel vostro spirito, Gesù Cristo nel vostro cuore, ed il
suo amore divino al disopra di tutte le cose. [*27]
187 Facciamo il nostro dovere in tutti i tempi, e lasciamo a Dio la cura di preparare il
nostro avvenire.
188 L’abbandono assoluto alla volontà divina è il segreto della gioia dei santi.
189 Felici le azioni compiute fra due “Ave Maria”.
190 Quando la croce ci pesa, quando la via ci pare troppo lunga, quando le tenebre ci
si addensano attorno, pensiamo alla felicità che avremo all’ora della morte, se si
avrà sofferto per amor di Gesù Cristo.
191 Nell’udir il nome di Maria ogni creatura si taccia riverente e tremi, né presuma
giammai di levar il guardo all’immensa sua grandezza.
622 È la sostanza di LIGUORI, Apparecchio alla morte, 11: Prezzo del tempo, pp. 113-124.

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Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
192 Diceva S.Tommaso di Aquino: Chi è desideroso di onore, chi sfugge d’essere
dispregiato, e se lo dispregiano gli dispiace, ancorché faccia cose meravigliose
e miracolose, è lontano dalla perfezione, perché tutto questo è virtù senza
fondamento.
193 Alla misura e proporzione che farai, o anima religiosa, profondi i fondamenti
dell’umiltà, potrai alzar questa torre della perfezione evangelica che hai
cominciato (cf Lc 14, 28). Se vuoi dunque edificar virtù vere nell’anima tua,
procura di far prima buon fondamento d’umiltà. [*28]
194 Se vuoi esser grande e alzare un edificio di virtù molto alto, pensa prima un
molto buon fondamento d’umiltà.
195 Non sono virtù vere ma apparenti e false quelle che non si fondano in umiltà.
196 Tutti dicono che l’umiltà è fondamento della santità e di tutte le virtù.
197 Quanto più umile sarai o religioso tanto più avanzerai e crescerai in virtù e
perfezione.
198 Disse S.Agostino: La superbia va dietro alle opere buone per distruggerle.
199 Colui che vuol congregare virtù senza umiltà, fa come quelli che porta un poco
di polvere al vento per cui ogni cosa si disperde623.
200 La necessità che abbiamo dell’umiltà è tanto grande che senz’essa non occorre
pensare di poter dare un passo nella vita spirituale. [*29]
201 Il Figliol di Dio ugual al Padre prende forma di servo e vuole esere umiliato
e disonorato (cf Fil 2, 7-8), ed io, polvere e cenere,624 voglio essere stimato e
riputato dagli uomini?
202 Ogni buon religioso si guardi attentamente di non lasciarsi legare da abitudine di
qualunque genere, anche di indifferente.
203 L’abito, il letto e la celletta di ciascun religioso siano puliti e decenti, ma
particolarmente metta ogni suo impegno per evitare l’affettazione e l’ambizione.
204 Niente meglio adorna un religioso che la santità della vita, per cui in tutto sia
d’esempio agli altri
205 Ciascun religioso dev’essere sempre pronto a sopportare quando occorra, il
caldo, il freddo, la fame, la sete, le fatiche ed il disprezzo, ogni qual volta queste
cose giovino alla maggior gloria di Dio, allo spirituale profitto degli altri, ed alla
salvezza dell’anima propria625.
206 All’umile ogni cosa si può comandare. L’umile non ha giudizio contrario, in
623 È un’altra delle massime tratte dagli scritti di san Francesco di Sales che si poteva leggere in G.RIVA,
Manuale di Filotea, p.82.
624 Cf Gen 18,27; Sir 10,9; Sir 17,27.
625 Da G.BOSCO, Costituzioni, Capitolo. XIII: Accettazione, art. 11, p.178.
Gli scritti e le fonti – Analisi
233
ogni cosa si conforma al suo superiore, così coll’esecuzione come colla volontà
e coll’intelletto: non è in esso contraddizione né resistenza alcuna. [*30]
207 Chi ama Dio non va cercando di essere stimato ed amato dagli uomini: l’unico
suo desiderio è di essere ben voluto da Dio, che è l’unico oggetto del suo
amore.
208 Ogni onore che si riceve dal mondo è negozio del demonio626.
209 Una santa diceva che per due cose principalmente pregiava tanto la sua vocazione
religiosa: una perché godeva la presenza e compagnia di Gesù sacramentato;
l’altra perché ivi, per mezzo dell’ubbedienza, era tutta di Dio, sacrificandogli la
propria volontà.
210 La nostra unica pretesa dev’essere di unirci a Dio, come Gesù Cristo si è unito a
Dio suo Padre, il che fece sulla croce.
211 L’essere religioso altro non è che star rilegato a Dio per mezzo di una continua
mortificazione di noi stessi, e non vivere se non per Dio; perciò il nostro cuore,
i nostri occhi, la nostra lingua e le nostre mani con tutto il resto non dobbiamo
servircene che a gloria di Dio.
212 Chi desidera vivere secondo la natura, resti al mondo; e quelli che hanno
determinato di vivere secondo la grazia vengano pure alla religione, la quale
non è altro che una scuola di abnegazione e mortificazione di sé medesimo; e
perciò essa provvede di molti strumenti di mortificazioni, tanto interiori quanto
esteriori. [*31]
213 La religione è un alveare mistico, tutto pieno di api celesti, le quali sono
congregate per comporre il miele delle celesti virtù.
214 Si richiede dal religioso che si facciano opere della sua vocazione, cioè di morire
a se stesso in tutte le cose, sì in quelle che paiono buone quanto nelle cattive ed
inutili.
215 Il monastero è un’accademia di correzione esatta, dove ogni anima deve imparare
a lasciarsi maneggiare, piallare e pulire acciocché, essendo ben lisciata e spianata,
possa essere congiunta, unita ed incollata più giustamente alla volontà di Dio.
216 Il monastero è un ospedale d’infermi spirituali che vogliono essere guariti, e
per esserlo si espongono a soffrire il salasso, la lancetta, il rasoio, lo stilo, il
ferro, il fuoco e tutte le amarezze dei medicamenti. Siate tali e non fate conto
di tutto quello che l’amor proprio vi dirà in contrario; ma fate dolcemente,
amabilmente ed amorosamente questa risoluzione: o morire o guarire, e
giacché io non voglio morire spiritualmente, io voglio guarire, e per guarire
voglio soffrire. [*32]
626 Queste due massime si trovano come un’unica in LIGUORI, Pratica di amar ..., capitolo 10, n° 1,
dove viene attribuita a Sant’Ilario.

13.7 Page 127

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234
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
217 Bisogna morire per mezzo della mortificazione (cf 2 Cor 4, 10). Queste parole
“Bisogna morire”, sono dure, ma sono seguite da una grande dolcezza. Cioè per
unirsi a Dio per questa morte.
218 Le Regole, l’osservanza religiosa, sono la scala di Giacobbe per le quali devono
i religiosi, in una vita angelica, salire a Dio per la carità e discendere a se stessi
per l’umiltà (cf Gen 28, 10-12).
219 Assoggettiamoci volentieri alla diligente e puntuale osservanza delle nostre
regole, e con semplicità di cuore, senza voler raddoppiare gli esercizi, imperocché
Dio non ha riguardo alla molteplicità delle cose che facciamo per amor suo, ma
solamente al fervore della carità con la quale le facciamo.
220 Facciamo in religione quanto possiamo dal canto nostro, Iddio si contenterà di
noi, ed i nostri superiori ancora.
221 L’ufficio dei religiosi dev’essere di ben coltivare il loro spirito per sradicarne
i cattivi germogli che la nostra depravata natura fa crescere continuamente, in
modo tale che par sempre che vi sia qualche cosa da rifare. [*33]
222 Se voi fate quel tanto che vi viene insegnato, vivrete contentissimo e sperimenterete
in questo mondo i favori del paradiso, almeno con piccoli saggi.
223 I Santi vorrebbero che tutto il mondo sapesse i loro difetti, accioché li tenessero
per quei miserabili quali essi si tengono; ed all’incontro, se fanno un atto di virtù,
vorrebbero che lo sapesse solo Iddio, a cui solo desiderano di piacere, e perciò
tanto amano la vita nascosta.
224 Chi vince se stesso, facilmente poi vincerà tutte le altre ripugnanze.
225 Ecco dove consiste tutto ciò che abbiamo da fare per farci santi: negare noi stessi
e non seguire la propria volontà.
226 Dice S.Bernardo che se tutti gli uomini si opponessero alla loro propria volontà
niuno mai si dannerebbe.
227 Gran male è la propria volontà, per la quale avviene che le tue buone azioni non
ti giovino per niente.
228 La prima guerra ci viene dall’appetito dei diletti sensuali: leviamo l’occasione,
mortifichiamo gli occhi, raccomandiamoci a Dio, e cesserà la guerra. La seconda
guerra ci viene dalla cupidigia delle ricchezze: procuriamo di amare la povertà,
e cesserà la guerra. La terza guerra ci viene dall’ambizione degli onori: amiamo
l’umiltà e la vita nascosta, e cesserà la guerra. La quarta guerra, e la più dannosa,
ci viene dalla propria volontà: rassegnamoci in tutto ciò che avviene per la
volontà di Dio, e cesserà la guerra (cf 1Gv 2, 16). [*34]627
229 Datevi a Dio senza alcun mezzo [termine] e posponete ogni altra cosa, ché il
tempo è breve e poco ci possiamo stare, e beati coloro che ameranno Gesù Cristo
senza mezzi [termini].
627 Copiata da LIGUORI, Pratica di amar ..., capitolo 11, n° 22.
Gli scritti e le fonti – Analisi
235
230 Chi ama alcuna cosa se non per amor di Dio, quella cosa gl’impedisce ad amar
Dio, ed offusca l’intelletto.
231 Le cose che amiamo fuori di Dio, tolgono l’unione con Dio e il lume della verità
di Gesù Cristo.
232 La santa povertà vuota l’anima dalle sollecitudini e affezioni terrene e di tutte le
cose create.
233 L’anima religiosa piange il tempo male speso e l’offesa di Dio e desidera fare
vendetta sopra di sè con tutti i modi. Perciò vuole essere umile e paziente, e con
molta carità abbracciare le creature per amore del creatore, onde desidera essere
odiata e dispregiata, e desidera patire molte ingiurie e tormenti, e d’essere da
ogni persona perseguitata perocché conosce la bontà di Dio e la propria viltà e
miseria. [*35]
234 Guardatevi dalla proprietà d’alcuna cosa come dal veleno, poiché il demonio si
studierà eziandio delle piccole cose, di farvi dire: questo è mio.
235 Tenete la povertà, santa, netta e pura e non la guastate né corrompete, ch’ella
è fondamento sopra il quale si edifica l’abitazione di tutte le virtù ed è nutrice
dell’umiltà.
236 Poco tempo avete a fare della penitenza in questo mondo, perocché velocemente
corriamo alla morte.
237 Sappiate o buon religioso, guadagnare dei meriti mentre avete tempo, acciocché
la morte non vi giunga sprovveduto.
238 In tutte le vostre angosce e avversità, abbiate fede e speranza in Dio. [*36]
239 Impegnatevi anima religiosa di avere bianca l’anima vostra, tenendo sempre il
vostro cuore mondo da ogni colpa, e perciò confessandovi spesso e comunicandovi
con fervore.
240 La passione di Gesù Cristo illumina e fortifica l’anima di chi divotamente la
considera, perocché ella è medicina ottima a tutte le nostre spirituali infermità.
241 Combattete fortemente e con pazienza, desiderando e cercando quanto è possibile
l’onor di Dio e la salute delle anime; acciocché al fine di questa breve vita Gesù
Cristo benedetto vi conceda l’eterna gloria.
242 Dice S.Paolo: O mangiate o beviate o facciate altra cosa, tutto fate a gloria di
Dio (1Cor 10, 31).
243 Il fondamento d’ogni virtù e santità è riposto nel fare la volontà di Dio, che
forma il pregio e il merito di tutte le nostre operazioni.
244 La vostra speciale santità dev’essere d’ogni dì e d’ogni istante: né ciò può
verificarsi che per le orazioni giaculatorie e gli slanci affettuosi del cuore verso
Dio. [*37]

13.8 Page 128

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236
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
245 Che consolazione per voi, anima religiosa, il sapere che per divenir santa non
dovete cercare fuori di voi la vostra perfezione; ma sì nell’eseguire i vostri
esercizi quotidiani come dovete.
246 Coloro che consumano il tempo in formar gran progetti di santità, di elevata
contemplazione, di austere penitenze, di atti eroici di carità e perfino di martirio,
e intanto trascurano i particolari doveri di ogni dì, sono in inganno ed illusione
funestissima.
247 Qual bontà di Dio, e nostra fortuna, di accettare per gloria sua e per bene di noi,
le nostre più ovvie operazioni.
248Volete rendere meritorie le vostre opere quali che siano? Eseguitele in unione
con Dio, che da lui viene la potente virtù che dà vita a quello che facciamo,
poiché Egli è la via, la verità e la vita (Gv 14, 6).
249 È d’uopo operare per Dio animando le opere nostre colla santità e purità del
motivo, cioè di piacergli in tutto e per tutto.
250 Conviene fare ogni cosa con la mira di piacere a Dio solo, di servirlo e
glorificarlo; senza questa diritta intenzione le azioni, tuttoché strepitose e grandi,
sono perdute.
251 Uniformatevi alla Regola, che è una espressione della divina volontà: e di più
fate tutto come Dio lo vuole, cioè con ogni diligenza, esattezza e perfezione, a
misura della grazia comunicatavi. [*38]
252 Guai a chi si prefigge l’onore e le lodi degli uomini: egli si mette a rischio di far
gettito del merito che potrà acquistare, e a lui può applicarsi il detto del Salvatore:
In verità vi dico che costoro hanno già ricevuto la loro mercede” (Mt 6, 1-6.
16-18), in qualche frivolo applauso ed encomio del mondo.
253 Sia lungi da voi ogni orgoglio, ogni simulazione ed ipocrisia.
254 Sin dal principio della giornata dovete studiarvi di vivere in grazia. E che? Non
vi pare di scarso rilievo cogliere il frutto di tante fatiche e di tanti stenti che nel
servizio divino dovete ogni dì sostenere?
255 Se per tanti temporali interessi i mondani prendonsi tante cure, non dovremo
noi religiosi e consacrati a Dio, fare almeno altrettanto per avvantaggiare gli
interessi dell’anima nostra?
256 Ricordatevi che Dio ricompensa solo quello che per lui si fa.
257 Il Signore è così buono che, ove nulla sia opposto alle virtù cristiane, accetta di
buon grado quelle opere [...] se le facciamo con l’intenzione pura di dargli gloria
e piacere. [*39]
258 Lo zelo nell’adempiere i propri doveri, la carità, la dolcezza e specialmente
l’ubbidienza siano le virtù che continuerete a praticare nell’ufficio affidatovi.
Gli scritti e le fonti – Analisi
237
259 Che giova ai religiosi far professione di più alta perfezione, e vestirne l’abito, se
poi nello studio delle virtù, e nell’esercizio delle opere buone non ci distinguiamo
dagli infimi, i quali pure sono in istato di salute? Ciò ridonda a nostra confusione
ed è una specie di inganno. Promettere grandi cose e non attenderne che di
piccole, merita castigo anziché premio.
260 Sii umile perché la porta del cielo è bassa, che è Cristo (cf Gv 10, 7. 9), e niuno
può entrare in essa senza che si abbassi.
261 Se la povertà ti spaventa, t’incoraggi il regno dei cieli [cf Mt 5, 3] e la beatitudine
eterna.
262 Non patire che in te abiti alcuna malizia, perché non ti perverta il cuore.
263 Cuor puro è quello che non pensa e non desidera male a nessuno, e non ha
intenzioni sinistre, ma quanto fa, ordina tutto a Dio a cui desidera piacere. [*40]
264 Non t’insuperbire né ti gonfiare per le tue buone opere, pensa alla tua fragilità e ti
umilierai. Pensa che da te non [sei] che un vaso di creta (cf 2Cor 4, 7) e di vetro,
e tienti sempre umile dinanzi al tuo Dio, per timore di perdere la sua grazia.
265 Felici quei religiosi che desiderano la venuta dello Sposo ed escono da questo
mondo a riceverlo col debito apparecchio (cf Mt 25, 6). Ma guai invece a coloro
che si allontanano da Dio.
266 Quanto è grande l’amore del Signore e la bontà che usa verso di noi chiamandosi
sposo delle anime nostre (cf Mt 25, 1-10; Mc 2, 19-20 e paralleli di Mt e Lc).
267 Con timore e tremore operate la vostra salute, dice l’Apostolo (Fil 2, 12)628.
268 Sii mansueto, paziente, tollerante e facile a perdonare le ingiurie, e sarai beato (cf
Mt 5, 5)
269 Guai a chi cadendo tutti i giorni nei medesimi difetti, mai non impara a rialzarsi.
Accoppia al sonno la morte.
270 Sta vigile contro le tentazioni di questa vita coll’orazione, colla mortificazione,
e colla fiducia nel tuo Dio.
271 Qual compassione fa vedere religiose per essere spose di Dio, abbracciate col
demonio e fatte come bestie [...] [*41]
272 La perfezione consiste: 1° in una totale mortificazione dei propri appetiti; 2° in
un vero disprezzo di se stesso; 3° in una conformità perfetta alla volontà di Dio.
Chi manca in una di queste virtù è fuori della via della perfezione629.
628 Questo è il tema di LIGUORI, Apparecchio alla morte, 12, 2°, p. 130 e passim.
629 Da LIGUORI, Pratica di amar ..., capitolo 13, n° 10, ma Simone inverte l’ordine di precedenza.
Nello stesso capitolo alla fine del n° 19, si legge: “Ecco dunque, per concludere le cose dette in
questo capo, dove consiste tutta la somma della nostra salute e perfezione: 1 – In rinnegare noi
stessi. 2 – In seguir la volontà di Dio. 3 – In pregarlo sempre che ci dia la forza di adempiere l’uno
e l’altro”.

13.9 Page 129

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238
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
273 O anima religiosa non vi lusinghi il cammino largo e in apparenza fiorito del
mondo; oh se sapeste di quante spine sono armate quelle rose e quanti mostri
crudeli straziano i miseri mondani. Felice voi che avete deciso di seguitare per la
via stretta il vostro Divin Redentore (cf Mt 7, 13-14). Coraggio, resistete sempre
alle lusinghe dei sensi ed alle massime corrotte del mondo, e così meriterete un
bel giorno di goderlo per sempre nel bel paradiso.
274 Dio deve regnare nei sensi del vostro corpo formato da lui per essere istrumento
dell’anima. Con essi dovete glorificar Dio, rendendoli un’ostia viva, santa e a lui
gradevole (Rom 12, 1).
275 Allontanate dagli occhi, dalle orecchie, dal gusto, odorato e tatto ogni specie
di soddisfazione illecita e pericolosa e colla penitenza mortificate al possibile i
sentimenti anche in cose lecite. [*42]
276 Ricordatevi che tanto maggiore sarà la vostra applicazione alle cose spirituali,
quanto maggiore sarà la vostra mortificazione dei sensi.
277 Dio solo e non il mondo dev’essere servito con tutta la mente, con tutto il cuore
e con tutti i sensi del corpo (cf Deut 6, 5: Gc 4, 4).
278 A Dio solo si devono rivolgere i pensieri, le parole, le opere e le pene.
279 Ogni male proviene dalla mente e dal cuore non mortificato, come dice S.Giacomo
(cf Gc 4, 1).
280 Il tempo quaggiù ci è dato solo per riprodurre in noi il divin Modello Gesù.
281 Oh quanto Dio fa conto d’un giusto e quanto dice e fa per rispetto suo. Procura
tu o religioso di essere molto giusto e molto amico di Dio e di attendere molto
davvero alla tua perfezione, tenendo per certo che Dio favorirà tutte le cose tue,
e si ricorderà dei tuoi genitori, dei parenti e amici tuoi e di ogni cosa che ti
appartiene, e tanto [più] lo farà quanto più deporrai il pensiero e ti scorderai di
queste cose per darti a Dio solo. [*43]
282 O anima religiosa entra in te stessa e considera i ripostigli più intimi dell’anima
tua, la passione, il vizio, l’inclinazione che maggior danno e impedimento ti
arrecano, e procura d’andarla levando via e mortificando, sino a tanto che possa
dire con l’Apostolo: “Vivo io non più io, ma è Cristo quello che vive in me” (Gal
2, 20). [*44a]
283 Pensieri salutari. Il giorno della morte per l’anima religiosa santa che ha operato
il bene durante la vita, [è] il giorno di una copiosa raccolta. Perché raccoglie il
frutto delle sue opere buone. Sono stati tanti atti di penitenza, tanti atti di umiltà,
tanti atti di carità, tanti atti di obbedienza, tante fervorose preghiere e comunioni,
tante mortificazioni e umiliazioni per amore di Gesù, tanti meriti in ogni modo
accumulati, in ogni buon pensiero, in ogni buona parola, in ogni giaculatoria, in
ogni sospiro d’amor di Dio.
284 Per la morte dovremo separarci e lasciare la stanza che abbiamo preferito, i
nostri abiti, le nostre comodità che abbiamo procacciato, gli agi che ci siamo
Gli scritti e le fonti – Analisi
239
fatti, le soddisfazioni che abbiamo preso per la nostra gola. Questa sarà la totale
separazione alla quale saremo condannati dalla morte.
285 La Chiesa raccomanda caldamente alle persone consacrate a Dio di condurre
vita irreprensibile e santa, dicendo loro che fuggano anche i lievi mancamenti.
Dobbiamo amare la purità di coscienza fino al punto da avere il più vivo orrore
per le colpe leggiere e ogni impegno per tenercene liberi e mondi.
286 “Gesù buono! Gesù fu buono, dolce, bonario, prima di tutto perché era Dio; e Dio
non può essere altro che una bontà infinita. In secondo luogo perché era uomo; e
se, come dice Bossuet, «quando Dio creò il cuore dell’uomo, vi mise anzitutto la
bontà quale carattere proprio della natura divina», come avrebbe potuto l’Uomo
Dio mostrarsi con un cuore non buono? Infine Gesù, eminentemente umile,
non poteva non essere eminentemente buono. La bontà è il fiore dell’umiltà:
queste due virtù sono inseparabili. Quando uno è buono, è portato a donarsi,
ad accondiscendere a farsi piccolo; e tutto questo non è umiltà? Un orgoglioso
non saprà mai essere buono. Eppure è così bello essere buoni, dimenticarsi, non
pensare mai a se stessi ed essere sempre nella gioia di Dio! Un secreto istinto ci
avverte che la bontà emana dal Cielo; essa sparge un profumo che non può essere
che una fragranza divina. Zampillante dal cuore di Dio come dalla sua sorgente,
potrebbe non avere circonfuso d’una aureola di dolcezza Colui che nelle sue
litanie viene chiamato dalla S.Chiesa «Gesù Bontà Infinita»?” (J.Bacteman)
¶¶¶

13.10 Page 130

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240
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
VI. PREGHIERE
Introduzione e Note
Oltre alle preghiere comunitarie, Srugi pregava continuamente, prima, durante
e dopo le sue occupazioni, anche quando passava da un luogo all’altro, di giorno e di
notte (a fior di labra oppure cantando);630 si manteneva sempre alla presenza di Dio;
aveva memorizzato le preghiere del Giovane Provveduto e si dilettava di intonare le
lodi sacre. Sulla metà interna del foglietto conservato tra le pagine della Filitea, aveva
appuntato a penna una lista di litanie che poteva trovare su vari libri di pietà popolare,
certamente come richiamo a recitarle: SS.ma Trinità, SS.Sacramento (due volte), per
onorare il santo Volto di Gesù (due volte), Madonna Addolorata, Divina Provvidenza
(per una buona morte; per raccomandare l’anima a Dio), Defunti, Sacro Cuore, santo
Nome di Gesù, S.Giuseppe. Era iscritto all’“Apostolato della preghiera” e riceveva il
foglietto mensile ...
1. L’invocazione al Sacro Cuore, stampata su una immaginetta, si trova tra i fogli
del taccuino dei “Pensieri Salutari”, in AIMOR, 15.1.11, Busta n° 1. Essa contiene
alcuni tratti caratteristici della spiritualità salesiana che ha la sua sorgente, appunto, nel
Cuore Sacratissimo di Gesù, e che Simone era riuscito a riprodurre nella sua persona:
“il sorriso buono e sereno, la parola dolce, indulgente, compiacente, l’amabilità che
apre il cuore, l’abnegazione che attira…”.
2. La preghiera autografa rivolta a Gesù Crocifisso, è conservata tra le pagine
del libro “Mese del S.Cuore”, in AIMOR, 15.1.11 (II.a). La contemplazione riverente
e affettuosa di Gesù Crocifisso e la volontà di conformarsi concretamente a Lui,
sintetizza bene l’essenza della devozione alle “Sante Piaghe” che è ampiamente
documentata nei “Dialoghi” su riportati.
3. Simone confidò a suor Tersilla che pregava ogni giorno il rosario intero e che la
notte non andava a letto senza aver prima recitato Le sette allegrezze di Maria;631 una
pratica che alimentava certamente quell’orientamento al Paradiso che in Simone era
abituale, e quella sua caratteristica gioia. Qui riporto il testo dal Giovane Provveduto,
ed. 1928, pp. 195-197, osservando che in esso figurano le allegrezze di cui Maria gode
in Paradiso, mentre nella pietà popolare erano frequentemente recitate quelle di cui
Maria godette in terra.
Le altre sono espressioni spontanee, colte da suor Tersilla, da don Frey e qualche
altro testimone, quando Srugi, al termine di una giornata di lavoro, si metteva in
630 Don Galizzi sintetizza: “Pregava sempre. Per lui il lavoro era preghiera”: AIMOR 15.1.2, cartella 8.
Il coadiutore Na‘īm Cumbāz, una notte non potendo dormire per i forti dolori, volle ricorrere a lui in
infermeria ma rinunciò a chiamarlo quando lo sentì che “parlava col Signore con sospiri, invocava
la SS.Vergine con giaculatorie”: in AIMOR, 15.1.1, busta n.6. Altri fecero esperienze simili.
631 AIMOR 15.1.3, cartella 9C, p19.
Gli scritti e le fonti – Analisi
241
ginocchio davanti alla statuetta dell’Ausiliatrice, pensando di non essere visto e udito,
e dava sfogo al suo amore riconoscente.
4. La lunga formula dell’Atto di consacrazione a Gesù Adolescente, preparata
dai superiori di Torino in occasione della consacrazione della chiesa a lui dedicata
nell’istituto salesiano di Nazaret il 6 Settembre 1923, fu certamente conosciuta
da Simone perchè era stata distribuita in tutte le case dell’ispettoria. Nei giorni
di preparazione all’evento l’avrà meditata personalmente, forse l’avrà commentata
ai giovani di Betgamāl che fecero anch’essi la loro consacrazione, e non potè
mancare alla cerimonia che si tenne in cappella. L’ispettore don Salvatore Puddu
raccomandava: “L’Atto di consacrazione sarà letto davanti al Santissimo esposto e
credo che convenga farlo leggere da un giovane, se possibile, e meglio farlo recitare
da tutto il gruppo”632.
5. La breve preghiera giornaliera a Gesù Adolescente, nel testo approvato il 25
settembre 1932 dal patriarca L.Barlassina, fu certamente recitata da Simone, essendo
una delle pratiche cui si obbligavano gli iscritti all’arciconfraternita. Anch’essa è ricca
di allusioni bibliche e include la dimensione apostolica.
6. Le tre preghiere a santo Stefano sono formulate non tanto come lode a lui ma
come impetrazione delle tre virtù teologali: la carità verso Dio e verso tutti i nostri
simili, inclusi i nemici; il coraggio di confessare la fede anche fino all’effusione del
sangue; la speranza di conseguire la corona di gloria in cielo dopo una vita di opere
buone633.
TESTI
1. Preghiera al Sacro Cuore di Gesù
“Ponete, o Gesù, sulle mie labbra il sorriso buono e sereno, la parola dolce,
indulgente, compiacente. – Ponete nel mio esteriore l’amabilità che apre il cuore;
l’abilità che aiuta senza farsi preziosa; la bontà che tutto ottiene senza sforzo;
l’abnegazione che attira e fa domandare una gentilezza, un servizio senza timore, né
esitazione”.
632 Lettera del 24 Agosto 1923, in ACrem, Circolari Ispettore 1912-1967.
633 Riporto il testo da Angelo ROCCA, Vita di Santo Stefano protomartire. San Benigno Canavese:
Scuola Tipografica Don Bosco, 1923, pp.85-86; venne poi riprodotta da Giovanni FERGNANI, Il
sepolcro di S.Stefano ..., nell’edizione del 1930, pp. 166-167.

14 Pages 131-140

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14.1 Page 131

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242
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
2. In Contemplazione di Gesù Crocifisso e delle sue Piaghe
“O Gesù dolcissimo, come se foste presente, a voi mi appresso e vi abbraccio
con affetto, memore delle vostre piaghe. O come vi veggo spogliato, contuso,
straziato, intriso di sangue. Salve o sacro Capo, coronato di spine crudeli. Salve,
Volto adorabile, sul quale si sono avvizziti i fiori della vita. Salve, lato aperto del
mio Salvatore, più vermiglio di una rosa e mia salute. Salvete o mani sante traforate
da duri chiodi. Salvete, o mio divin Salvatore, io mi getto ai vostri piedi e qui vorrei
morire”. [Vedi p. 245]
3. Preghiere alla Madonna
3.1. “Le sette allegrezze che gode Maria in Cielo”
1. Rallegratevi, o Sposa Immacolata dello Spirito Santo, per quel contento che
ora godete in Paradiso, perchè per la vostra umiltà, purità e verginità, siete esaltata
sopra tutti gli angeli e sublimata sopra tutti i Santi.
2. Rallegratevi, o Madre di Dio, per quel piacere che provate in Paradiso, perché
siccome il sole quaggiù in terra illumina tutto il mondo, così Voi col vostro splendore
adornate e fate risplendere tutto il Paradiso.
3. Rallegratevi, o Figlia di Dio, per la sublime dignità in cui foste elevata in
Paradiso, perché tutte le gerarchie degli Angeli, degli Arcangeli, dei Troni, delle
Dominazioni e di tutti gli Spiriti beati vi onorano, vi riveriscono e vi riconoscono per
Madre del loro Creatore, e ad ogni minimo cenno vi sono obbedientissime.
4. Rallegratevi, o Ancella della Santissima Trinità, per quel gran potere che
avete in Paradiso, perché tutte le grazie che chiedete al vostro Figliuolo Gesù vi sono
subito concesse, anzi, come dice san Bernardo, non si concede grazia quaggiù in
terra, che non passi prima per le vostre santissime mani.
5. Rallegratevi, o augustissima Regina, perché voi sola meritaste di sedere alla
destra del vostro Santissimo Figlio, il quale siede alla destra dell’Eterno Padre.
6. Rallegratevi, o Speranza dei peccatori, Rifugio dei tribolati, nel vedere che
quanti vi lodano e vi riveriscono in questo mondo, sono dall’Eterno Padre premiati
con la sua santa grazia in terra e con la sua immensa gloria in Cielo.
7. Rallegratevi, o Madre, Figlia e Sposa di Dio, perché tutte le grazie, tutti i
gaudii, tutte le allegrezze e tutti i favori che ora godete in Paradiso, non diminuiranno
mai; anzi aumenteranno fino al giorno del giudizio e dureranno in eterno.
Orazione: O gloriosa Vergine Maria, Madre del mio Signore, fonte di ogni
nostra consolazione, per queste vostre allegrezze, di cui ho fatto rimembranza con
quella divozione che ho potuto maggiore, Vi prego d’impetrarmi da Dio la remissione
Gli scritti e le fonti – Analisi
243
de’ miei peccati, ed il continuo aiuto della sua santa grazia, ond’io non mi renda mai
indegno della vostra protezione, ma bensì abbia la sorte di ricevere tutti quei celesti
favori, che siete solita ottenere e compartire con quanti fanno divota memoria di
queste Allegrezze di cui ridonda il vostro bel Cuore, o Regina immortale del Cielo.
Così sia”.
3.2. Effusioni e ringraziamenti alla Madonna
“O mamma mia del Paradiso, quanto sei bella, quanto ti amo! Sono tuo figlio,
tu lo sai, Mamma mia! Dimmi che cosa devo fare per piacerti di più. Tu sei la mia
mamma del Cielo... Mi dono a te, corpo e spirito. Ti amo... ti amo!”.
“Ti ringrazio, Madre mia, che mi hai fatto riuscire bene, mi hai guidato e hai
benedetto le nostre fatiche nel soccorrere molti sofferenti. Grazie a te, mia buona
Mamma, infinite grazie!”.
4. Atto di consacrazione a Gesù Adolescente
“O divino adolescente Gesù, pieni di confidenza veniamo ai tuoi piedi per
consacrarti le nostre persone e la nostra giovane età. Noi vogliamo appartenere a Te,
perché tu sei il nostro Dio, Dio di perpetua e lieta giovinezza; perché senza di Te non
vi è innocenza, virtù, felicità. Noi vogliamo appartenere a Te, perché Tu ci ami con
giovanile trasporto. Noi rappresentiamo le speranze della Religione e della Umanità,
e troppo Tu le ami perché non abbia a guardare con tenerezza a noi; da troppe insidie
è circondata la nostra età, perché tu non abbia a commuoverti di noi; di troppa virtù
hai santificato la tua adolescenza, perché non abbia a pensare ai frutti che la nostra
può dare.
Noi ci consacriamo a Te, o Gesù, o divino nostro compagno, o vero amico
nostro, perché vogliamo imitare la tua vita di adolescente divino, perché vogliamo
che la nostra trascorra piena di santi ideali, guardinga dal male, illibata; vogliamo
che sia vita di silenzio, di modestia, di lavoro, di dovere, di preghiera. Aiutaci, o
Gesù, a conservare senza peccato la nostra coscienza, a correggere i nostri difetti,
ad acquistare le virtù di un giovane santo; in modo che più tardi, a Tuo esempio,
diveniamo uomini di Dio, apostoli fra l’umanità miscredente, e, se occorresse, anche
vittime della nostra Fede. Insegnaci ad amare la sincerità e la fortezza nel bene, da
non cedere mai al vizio, all’interesse, al rispetto umano.
Noi ci consacriamo a Te. Siamo pochi qui presenti, ma vogliamo rappresentare
tutti gli adolescenti del mondo. Sappiamo, o Gesù, che molti sono stati sempre a Te
fedeli, son pronti a morire anziché prevaricare; che molti si dispongono persino a
seguire la Tua via di redentore e di apostolo fra i propri fratelli. Ma non sono tutti così
gli adolescenti del mondo. Tanti e tanti, incauti, son morti alla grazia e vivon lungi da
Te. Pensando a loro il Tuo cuore si addolora. Noi chiediamo perdono e conversione

14.2 Page 132

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244
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
per loro. Li chiediamo a Te che risuscitasti adolescenti. il figlio della vedova di Naim
e la figlia di Giairo – a Te che conosci le debolezze della nostra improvvida età.
Fa che i traviati ritornino agli antichi pensieri di una fanciullezza innocente, alla
Religione, al dovere. Stendi le braccia, o Gesù, e chiamaci tutti al tuo divino amplesso
e sii felice di noi ed in noi.
E tu o Maria, come fosti sempre al fianco di Gesù Adolescente, sii sempre al
fianco nostro per non separarci mai da Lui.
Sii Tu, o Gesù, da tutti i giovani del mondo Benedetto! E noi, e tutti i giovani del
mondo salva e benedici, o Gesù. Così sia”.
5. Preghiera giornaliera a Gesù Adolescente
O Gesù, Figlio eterno di Dio, se voi avete lasciato il cielo, se siete venuto in
mezzo ai figli degli uomini, se per tanti anni viveste oscuro e nascosto a Nazaret,
l’avete fatto per amor mio. Divenuto come uno di noi, voi volevate poter dire: «Ormai
non vi chiamerò più servi, ma amici». Io, Vostro amico?! … Voi siete così grande e
io invece così miserabile! Potrei tuttavia rifiutare un tale affetto? No di certo; per
rendermene meno indegno io, o mio celeste amico, voglio esser puro come voi, umile
come voi, laborioso come voi, ubbidiente come voi, dolce e buono come voi. In questo
modo, con l’aiuto di Maria e di Giuseppe, anch’io mi preparerò ad occuparmi, un
giorno, delle cose che riguardano la gloria del Padre mio che è nei cieli. E dopo il mio
duro viaggio, compiuto nella fede e nel dovere, mi sarà sommamente dolce di venire
a vedervi e ad amarvi nella beata eternità. Così sia.
6. Triduo di preghiere al glorioso Santo Stefano Protomartire
1. Gloriosissimo Protomartire S.Stefano, che aveste il cuore sì avvampante
di carità da essere sempre stato considerato nella Chiesa quale modello e maestro
perfetto di sì bella e necessaria virtù; ottenete a noi tutti il vero amore a Dio e ai nostri
simili, affinché sul vostro esempio amiamo il Signore con tutto il cuore e sopra ogni
cosa, disposti a tollerare qualsiasi sofferenza e la morte stessa piuttosto di offenderlo;
e a disgiungere mai da questo amore l’amore ai nostri fratelli, non solo, ma agli stessi
nostri nemici.
2. Inclito Levita e Confessore fortissimo di Gesù Cristo che, con ammirabile zelo
ed eroico coraggio, difendeste la fede e la religione, assalite, fin dai vostri tempi, dai
più accaniti nemici; e con pazienza e dolcezza predicaste la verità evangelica senza
timore alcuno ..., caldamente vi supplichiamo ad ottenere a noi pure questo spirito di
fede, di zelo e di coraggio per cui mai abbiamo a lasciarci abbattere dalle derisioni
e dalle guerre dei nemici della religione in cui siamo nati e vogliamo morire; e così
Gli scritti e le fonti – Analisi
245
siamo fatti degni, dopo avere confessato Gesù innanzi al mondo, di venire confessati
da lui innanzi al suo eterno Genitore.
3. Gloriosissimo fra tutti i Martiri, S.Stefano, che aveste l’invidiabile sorte di
spargere per primo il vostro verginale sangue per Gesù Cristo, che miraste nell’estremo
vostro combattimento trionfante in cielo, dove ora anche voi godete eterna felicità a
giusta ricompensa delle vostre virtù e sante opere ... Deh! Vogliate continuamente
intercedere per noi, che tuttora ci troviamo in mezzo a tante miserie e pericoli, fra
tanti combattimenti e persecuzioni; e fate che noi pure teniamo sempre rivolti al cielo
i nostri sguardi, i nostri pensieri e il cuore nostro; e ricordandoci di quella corona
che lassù ci aspetta, mai ci stanchiamo di fare il bene, di combattere contro il male e
così, dopo una morte santa, possiamo vedere il medesimo Gesù trionfante nella gloria
eterna del paradiso.
¶¶¶

14.3 Page 133

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246
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
VII. PROPOSITI
Introduzione
1. I propositi più antichi (da 1 a 5), Srugi li scrisse con matita copiativa molto
probabilmente all’inizio del 1910, sul verso di un bigliettino a quadretti (10x12,5)
che il confratello don Rummān Spiridiōn (1884-1979) – uno dei ragazzi che lui aveva
preparato alla Prima Comunione - gli indirizzò in arabo da “Kuraim zan” (Cremisan)
il 31 dicembre 1909 per presentargli gli auguri di Capodanno634. Questo frammento
si trova ora tra le pagine del blocchetto-notes dei “Dialoghi con Gesù Crocifisso” in
AIMOR, 15.1.11.
2. La serie più lunga (nn. 5bis-122) è costituita dai propositi che Srugi prese
durante gli Esercizi Spirituali annuali. Trascrivo dal manoscritto autografo che ora
si trova in AIMOR, 15.1.11, Prima Parte, n° 1.2, dentro una busta da lettera con su
scritto a matita rossa “Propositi. Srugi”- Consta di 25 foglietti (7,5x12,5 cm) scritti
su entrambe le facciate. Essi facevano parte di un taccuino, da cui furono staccati per
farne fotografie nel periodo del Processo Informativo e della stesura della biografia
da parte di don Ernesto Forti, nella quale sono riprodotte alcune paginette affiancate.
Io assegno loro un numero progressivo, al fine di redigere l’Indice dei termini che ne
faciliti la ricerca.
In una lettera datata Damasco, 3 aprile 1950, suor Tersilla Ferrero spiegava a
don Francesco Laconi come salvò questo taccuino. Lei stessa trascrisse a matita la
maggior parte di questi propositi su 12 pagine di un quaderno, finendo il 29.03.1950,
come annota nell’ultima pagina. Il quaderno di Suor Tersilla si trova ora in AIMOR,
15.1.2, cartella n° 9: “Testimonianze originali”. Tengo presente questa trascrizione,
anche se lacunosa e con ritocchi che la suora introdusse per rendere più italiane certe
espressioni di Srugi.
Questi propositi furono poi dattiloscritti dai segretari don Sante Bedon e don
Ciro Cozzolino nel Fascicolo “G” 3 – Scritti di Srugi; 3.3. [B], ora in AIMOR, 15.1.1.
Insieme agli altri scritti allora conosciuti, essi furono inviati alla Congregazione per le
Cause dei Santi, e nel 1968 vennero approvati dai censori da essa deputati.
3. I propositi 123-130 figurano su un foglietto (15,5x14) inserito nel taccuino
dei “Pensieri salutari”. Non si hanno elementi attendibili per attribuirli a un periodo
634 “Caro e onorato fratello Sim‘ān Srūgy. Colgo l’occasione di farvi gli auguri per la festa di
Capodanno. Che durante tutto l’anno voi possiate star bene, in pace e prosperità. Augurando dal
Signore gioia, allegria e salute, e per più anni ancora l’abbondante prolungamento della vostra
permanenza [terrena]. Colui che vi ricorda nella preghiera. Fratello Spiridiōn”. Interpretando male
la data e l’abbreviazione del mese, questo foglietto fu assegnato al 13 agosto! Errore di FORTI, p.
51 e di quanti lo citano.
Gli scritti e le fonti – Analisi
247
o a una data precisa. Li riporto continuando la numerazione con i precedenti, per
facilitarne la ricerca nell’Indice dei termini.
4. I propositi 136-142 Srugi li scrisse a matita su un ritaglio di foglio di quaderno
a quadretti (7x10,5) che fu inserito nel libretto “Mese del Sacro Cuore, cavato dagli
scritti della B.Margherita M.Alacoque. Esso ora si trova in AIMOR, 15.1.11, seconda
divisione. Sono brevissimi appunti, con molte abbreviazioni, segno che si tratta di
una minuta provvisoria, in vista di una trascrizione calma e completa. Li aggiungo ai
propositi precedenti, continuando la numerazione. Infine i propositi 143-147 li scrisse
su un fogliettino che teneva inserito fra le pagine della sua Filotea.
Note
1. I primi propositi scritti sul retro del piccolo bigliettino di auguri per il 1910,
ci invitano a pensare che per Srugi, il modo migliore di realizzare gli auguri fattigli,
consisteva nel proporsi di vivere il nuovo anno impegnato nella sua crescita spirituale,
eliminando difetti e acquistando virtù. Il fatto che Srugi abbia conservato con cura
il taccuino dei propositi annuali dal 1926 al 1939, denota che lo custodiva con cura
e, nell’esame di coscienza, verificava se li aveva messi in pratica, aggiornando il
suo piano personale di vita. Annotare altre risoluzioni su minuscoli foglietti di carta
e conservarli tra le pagine dei libri personali di devozione, dimostra che per lui i
propositi erano una cosa molto seria, e lo accompagnavano concretamente nel suo
abituale esercizio di santificazione.
2. La formulazione incisiva dei propositi dimostra che Srugi aveva un carattere
deciso, fermo e costante. Il perentorio “voglio” compare in 22 dei 135 propositi. Non
si accontentava di aspirazioni generiche e vaghe, ma prendeva di mira specifiche
circostanze e adattava alle sue particolari situazioni di vita le regole generali:
significativo il modo con cui personalizza le classiche “opere di misericordia
corporale” nel frammento nn. 136-142. Come pure il riferimento ai suoi incarichi
in PRO 121: “Farò di tutto per tenermi preparato a comparire dinanzi al Signore in
qualunque momento. E di tener in ordine le cose del mio ufficio d’infermiere, sia in
casa sia nel dispensario, e di tener i conti preparati”.
3. Il corpo con tutti i suoi sensi, l’anima con tutte le sue facoltà, pensieri, parole
e azioni ..., tutto viene coinvolto in questo sforzo costante di amore di Dio. Srugi,
prendendo sul serio il primo comandamento, ha una visione integrale dell’uomo
(oggi diremmo “una antropologia olistica”): cf ad es. PRO 72, 84, 96, 119. Figura
ripetutamente la volontà di impegnarsi, da una parte per combattere specifiche
inclinazioni e difetti (sensualità, risentimenti, capricci, impazienze ...), e d’altra
parte per perfezionarsi in certe virtù (umiltà, carità, pazienza, purezza ...). Ciò rivela
si direbbe se non la fatica, certamente lo sforzo del combattimento spirituale che
quest’uomo di carne ed ossa, come tutti noi, portava avanti con determinazione e
costanza, nelle circostanze concrete della sua vita quotidiana a Betgamāl. Siccome
oggi è avviato agli onori degli altari, non dobbiamo cadere nella ingenuità di pensare

14.4 Page 134

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248
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
che fosse nato con una natura angelica o che agisse in tutto e sempre con la massima
perfezione. Anche per lui la virtù fu una conquista, frutto congiunto della grazia divina
e della sua cooperazione, come giustamente il primo biografo, don Ernesto Forti, fa
notare a diverse riprese635.
TESTI
[Data incerta, non prima del 1910]
1. 1. Tener gli occhi a freno.
2. 2. Attendere alla propria perfezione e non curarsi degli altri e non
domandando mai degli altri.
3. 3. Obbedienza pronta, cieca e allegra ai miei superiori636.
4. 4. Non implicarmi mai negli affari degli altri ma pensare solo di correggermi
da tanti miei difetti.
5. 5. Aver sovente la mente occupata in Dio.
Ritiro del 1° settembre 1926
[Aggiunto a penna da Srugi in cima alla paginetta]
5bis – Oh mio Dio vi ringrazio che mi avete conceduto [sic] la grazia di fare
anche in quest’anno gli esercizi spirituali. Vi prometto di approfittare per migliorare
la mia vita.
6. 1°. Non più peccati in vita mia e specialmente in quest’anno, ma amarvi o mio
Dio con tutto il cuore e sopra ogni cosa.
7. 2°. Approfittare degli avvenimenti, delle cose, delle creature per innalzarmi al
mio creatore e arricchirmi di meriti per il cielo. [*1]
8. 3°.Voglio osservare i voti che ho fatto al mio Dio con molta fedeltà, specialmente
il voto della povertà per essere vero e santo religioso.
635 Cf FORTI, p. 42 (“Tutto questo non era solo il risultato di un temperamento felice. La forte emotività
e l’innata tendenza a ripiegarsi su se stesso, lo avrebbe avviato a facili turbamenti che, non trovando
sfogo all’esterno per la grande timidezza, gli avrebbero potuto rendere difficile la pace interiore e
la piena donazione di sé. Ma seppe vincersi ...”); p. 51 (“Quella calma abituale, quel raccoglimento,
quella modestia nel tratto, quel dominio così naturale di sè, quella discrezione a riguardo degli
altri, quell’ubbidienza sempre pronta, ilare, precisa, completa e senza discussioni né inquisizioni
di perché, come ci assicura il suo direttore, non erano frutto di sola natura”); p.58 (“... il segno di
una maturità spirituale piena e di una virtù che non esitiamo a definire eroica”), 79 (“Potremmo
continuare a citare propositi tanto saggi e tanto edificanti: l’avervi accennato basti a sottolineare
quanto l’estrema amabilità e naturalezza nel tratto coi giovani fosse internamente controllata da una
vigilanza somma di tutti i moti del cuore”).
636 Riecheggia G.BOSCO, Costituzioni, Capitolo V: Del Voto di Obbedienza, articolo 4 , p. 94.
Gli scritti e le fonti – Analisi
249
9. 4°. Coll’aiuto del Signore voglio correggermi dei miei difetti e non contrarre
abitudine alcuna.
10. 5°.Vigilanza somma sopra me stesso specialmente sopra i miei occhi e nel
trattar coi nostri giovani e con la gente di fuori.
11. 6°. Tutti i giorni rinnoverò i miei voti per ricordarmi che sono religioso. [*2]
12. 7°. L’accorto e buon religioso si aprofitterà di tutte le occasioni per umiliarsi,
rinnegarsi, mortificarsi, per manifestare il suo amore a Dio e arricchirsi di
molti meriti.
13. 8°. O anima religiosa finirà anche per te ogni attacco alle tue comodità, ai tuoi
capricci, alla libertà per i tuoi sensi. Beata te se sei mortificata in tutto e
attaccata solo a Dio. La morte ti sarà dolce.
14. 9°. Oserò presentarmi dinanzi al tribunale di Gesù Cristo giudice nello stato
di cattivo religioso? O guai a me [*3] come potrò sostenere i suoi terribili
sguardi?
15. 10°. Mi sono consacrato al servizio di Dio con amore, e voglio osservare i miei
santi [voti] per amor suo e per piacergli.
16. 11°. Per andar avanti nella perfezione, vigilanza sopra me stesso e custodia dei
miei sensi. Fare ogni cosa e ogni azione per amore e piacere a Dio solo.
Umiltà profondissima e approfittare tutte le occasioni per mortificarsi.
17. 12°. Avrò sempre dinanzi a me l’osservanza esatta dei miei Voti e delle sante
Regole, e molto più della mia perfezione religiosa, attenendomi [*4]
fortemente e costantemente all’umiltà profondissima, all’abnegazione, alla
mortificazione dei miei sensi e il fare tutte le mie operazioni molto bene,
affinché siano accette a gradite al mio Dio e meritorie per l’anima mia. [*5]
Ritiro del 25 agosto 1927
[Aggiunto a penna da Srugi stesso]
18. 1°. Metterò tutto l’impegno di perfezionare l’anima mia, togliendo da essa ogni
orgoglio, ogni vanità, ogni sensualità per renderla degna di posseder Dio in
Paradiso.
19. 2°.Voglio rinnegare me stesso, le mie vanità, il mio orgoglio, i miei capricci
e le mie comodità e portar la mia croce di ogni giorno per essere vero
discepolo di Gesù (cf Lc 9, 23).
20. 3°. Mi guarderò bene di commettere colpe leggiere contro la maestà infinita del
mio Dio. [*6]
21. 4°. Ora rinnovo la mia consacrazione al mio Dio e voglio essere tutto suo,
rinunziando alle mie passioni, alle mie comodità, ai miei capricci e

14.5 Page 135

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250
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
distaccando il mio cuore da ogni cosa che possa impedirmi di essere tutto
del Signore.
22. 5°. Gesù mi ha amato tanto che ha sofferto, è morto, e si è dato tutto a me (cf
Gal 2, 20b). Io pure voglio soffrire tutto per suo amore e amarlo e morire
per Lui. [*7]
23. 6°. Oh quanto mi ha amato il Signore chiamandomi alla vita religiosa, a
differenza di tante centinaia e migliaia, per farmi tutto suo. Come deve
essere la mia gratitudine e il mio amore per Lui.
24. 7°. Come debbo prendere dalle mani del Signore le croci che mi manda per
pagare i miei debiti e purificare l’anima mia dalle sue macchie, prima di
presentarmi al suo tremendo tribunale. [*8]
25. 8°. Cercherò di purificare l’anima mia col distaccarmi da ogni cosa terrena
e materiale affinché possa imitare il mio Signore Gesù Cristo che era
poverissimo.
26. 9°.Vigilanza somma sopra me stesso, sopra le mie passioni, sopra i pensieri e
gli affetti miei. Mai il minimo attaccamento ai giovani.
27. 10°.Vigilanza grande nel trattare colla gente di fuori specialmente coll’altro
sesso, e molta vigilanza sopra i miei occhi. [*9]
28. 11°. Come dovrò essere felice e beato d’essermi consacrato anima e corpo al
mio Dio. Quanto dovrò fare per mantenermi puro e casto come un angelo
al suo cospetto. Come dovrò vigilare per non macchiare mai minimamente
l’anima mia e il mio corpo, tempio augusto della SS.Trinità (cf 1Cor 6,19).
Perciò aver sempre Dio a me presente e mettere in pratica i mezzi che mi
suggeriscono le S.Regole. [*10]
29.
Oh quanto è felice l’anima religiosa che s’impegna di sempre distaccarsi da
ogni cosa terrena e materiale, e studia di mantenere senza macchia il corpo
e l’anima sua per piacere al suo celeste sposo Gesù.
30. Mai nessun lamento in tutto ciò che può accadermi, ma soffrir tutto in
silenzio per amor di Gesù mio sposo.
31. Chi ama Iddio si distacca da ogni cosa terrena e materiale, rinnega la sua
volontà e i suoi appetiti disordinati, il suo orgoglio e la sua vanità. [*11]
32.
Veramente niente in questa vita di più prezioso si trova che patire, soffrire,
esser disprezzato, essere umiliato per amor di Gesù che ha patito tanto, è
morto per noi per amore.
33.
Essere persuaso e guardar sempre che le fatiche, i patimenti, le sofferenze,
le pene, i dolori, le umiliazioni, le tentazioni, le dimenticanze e le croci di
ogni genere sono il vero distintivo dell’amor di Dio per noi, e che noi per
amor suo dobbiamo riceverle per il suo amore. [*12]
Gli scritti e le fonti – Analisi
251
Ritiro del 1928. 16 agosto
34. 1°. Non lascerò passare né Domenica né festa senza leggere le S. Regole e
ponderare bene ciò che leggo per metterlo in pratica.
35. 2°. Sarò generoso col Signore nel mettere in pratica le piccole Regole
considerandole come mezzo di perfezione.
36. 3°. Metterò tutta la diligenza per non commettere delle colpe leggiere
specialmente delle impazienze e risentimenti.
37. 4°.Voglio osservare con scrupolosa esattezza la povertà non cercando le
mie comodità i miei capricci [*13] e non lamentarmi mai di quanto può
accadermi di privazione o d’altro che non sia di mio gusto.
38. 5°. Avrò sempre dinanzi a me la morte e il giudizio per tenermi apparecchiato
a comparire dinanzi al buon Gesù.
39. 6°.Vigilerò sopra le mie passioni e i miei sensi per mantenermi puro e casto di
anima e corpo.
40. 7°.Voglio stare molto attento per far ogni cosa per obbedienza, perché senza
obbedienza non si merita nulla avanti il Signore e non sarò buon religioso
se non faccio ogni mia operazione per [*14] obbedienza.
41. 8°. Metterò tutto l’impegno per tenermi preparato alla morte che può capitarmi
da un momento all’altro.
42. 9°. Riceverò dalle mani del Signore ogni giorno ciò che può capitarmi di dolori,
di pene, di afflizioni con rassegnazione, sia che vengono dalle mani di Dio
o dal prossimo.
43. 10°.Voglio essere costante nel combattere le mie passioni, le mie comodità, i
miei capricci, i risentimenti, le impazienze e tutti gli altri difetti, soffrir in
silenzio e sopportare tutto. [*15]
[Sul taccuino, come ora lo possediamo, non figurano Propositi del 1929]
Ritiro 1930, 4 agosto 1930 [a matita]637
44. 1. Sarò molto vigilante per non commettere venialità contro le sante Regole
ma di osservale tutte.
637 In data 19 luglio 1930 l’ispettore d.Carlo Gatti comunicava che la prima muta di EE.SS per sacerdoti
e coadiutori inizierà il 4 agosto a Betlemme e la seconda il 13. Predicatori saranno d. Francesco De
Agostini, catechista al liceo di Valsalice e d. Isacco Giannini, già direttore a Betgamāl (1908-1914)
e ora parroco a La Spezia: cf ACrem, Circolari dell’Ispettore.

14.6 Page 136

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252
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
45. 2. Starò molto vigilante per osservare i santi Voti: la Povertà, la Castità e
l’Obbedienza.
46. 3. Amar il mio Dio vuol dire non dargli il più piccolo dispiacere né coi
pensieri, né colle parole, né coi fatti, ma amar molto questo mio Dio che
[mi] ha amato tanto. [*16]
47. 4. Smuovere dal mio cuore ogni pensiero, ogni desiderio, ogni notizia del
mondo, per essere unicamente di Dio nel tempo e nell’eternità.
48. 5. Portare il massimo rispetto al superiore perché è rivestito dell’autorità di
Dio e non mai dargli il più piccolo dispiacere perché chi offende il superiore
offende Dio stesso.
49. 6. Mi sforzerò di essere un santo religioso vivendo in maniera di essere pronto
a morire ogni [*17] giorno.
50. 7. Obbedirò prontamente, ciecamente e allegramente per non privarmi del
merito dell’obbedienza638.
51. 8. Invece di arricchirmi delle cose temporali voglio arricchirmi di tesori
spirituali per l’eternità, come atti di umiltà, di mortificazione, di carità, di
abnegazione, di rassegnazione. [*18]
52. 9. Voglio distaccarmi da ogni cosa terrena per meglio amar il mio Dio.
53. 10. Mi guarderò come ospite e passeggero sulla terra, guardando sempre il
cielo che è la mia patria e cercherò di fare molte opere buone di qualunque
specie per il cielo.
54. 11. Mi distaccherò da ogni cosa terrena che mi impedisce di essere tutto del
mio Dio e per essere pronto alla chiamata [*19] del mio sposo Gesù quando
mi chiamerà dall’esilio alla patria celeste.
55. 12. Cercherò i miei difetti e mi correggerò per essere sempre più accetto al mio
Dio. [*20]
Ritiro 17 agosto 1931639
56. 1.
57. 2.
Viva Gesù
Il buon religioso stima grandemente la sua vocazione come una
singolarissima grazia gratuita dal buon Dio.
Il buon religioso fa di tutto per essere tutto e solo di Dio, osservando
scrupolosamente le promesse fatte a Dio e ai superiori.
638 Riferimento a G.BOSCO, Costituzioni, Capitolo V: Del Voto di Obbedienza, articolo 4, p. 94.
639 Cf la foto n. 39, in cui è ritratto insieme a dieci confratelli arabi.
Gli scritti e le fonti – Analisi
253
58. 3.
59. 4.
60. 5.
61. 6.
62. 7.
63. 8.
64.
65.
66.
67.
Il buon religioso cerca di tutto per essere umile e puro dinnanzi a Dio e non
dargli il minimo dispiacere. [*21]
Voglio essere il buon religioso cercando che il mio esterno corrisponda al
mio interno e cercare i miei difetti e correggermi per essere sempre più
gradito a Gesù.
Sarò giudicato secondo l’osservanza delle sante Regole e dei santi Voti
perciò osservanza scrupolosa di esse.
Il Signore mi sta guardando continuamente come mi diporto nella battaglia
delle [*22] tentazioni e i pericoli, per quanto violenti essi siano, per
coronarmi un giorno se mi farò coraggio e violenza per vincere (cf Mt
11,12; Gc 1,12; 1Cor 9, 24-27).
In ogni luogo e in tutte le mie operazioni guarderò sempre il mio Dio come
Egli mi guarda e farò tutto per piacergli.
Mio Dio sono vostro e vostro voglio essere. Intendo di fare ogni mia azione
qualunque essa sia, con voi e per voi. Voglio vivere da buon religioso, da
santo religioso. [*23]
Mi terrò preparato, quando il buon Gesù mi chiamerà dall’esilio alla patria
celeste.
Il buon religioso tiene a freno tutti i sensi del corpo e combatte da buon
milite tutte le tentazioni del demonio, della carne e del mondo, e loro resiste
fino alla morte.
Voglio tenermi distaccato da ogni cosa terrena e per qualche cosa che ho
bisogno, chiamerò il permesso. [*24].
Gesù vuol veder i suoi religiosi senza macchia, puri di mani, di occhi, di
mente, di cuore. Guerra al peccato impuro. [*25]
Ritiro 7 agosto 1932 a Betlemme
68. 1.
69. 2.
70. 3.
71. 4.
Rinnoverò tutti i giorni quando ricevo Gesù, la mia professione religiosa, [i
miei Voti] per infervorarmi nella loro osservanza.
Le opere del religioso per piccole e semplici che siano, sono preziose e
accette a Dio quando sono fatte per piacere e per dare gloria al Signore.
Oh quanto dovrei apprezzare la mia vocazione religiosa che mi rende tutto
del buon Dio. [*26]
Quanti meriti farei per l’eternità se vivrò da fedele e buon religioso e quanta
gloria darò al Signore per tanti cattivi che vivono dimentichi del buon Dio
e lo offendono.

14.7 Page 137

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254
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
72. 5. Rinnoverò la mia totale consacrazione cioè l’anima mia con le sue potenze,
il corpo coi suoi sentimenti, il cuore coi suoi affetti per non dimenticare
l’obbligo di esser tutto suo. [*27]
73. 6. Starò molto vigilante sopra me stesso e a tutte le occasioni che mi capitano,
per non offendere minimamente il mio Dio, specialmente nel piacere dei
sensi.
74. 7. Cercherò di essere delicato di coscienza osservando le più piccole regole,
essendomi [sic] sempre alla presenza di Dio, mio padre, e mi correggerò dei
miei difetti per essere più accetto al Signore. [*28]
75. 8. Combatterò il piacere disordinato e la mia sensualità per piacere al Signore
e per mantenermi puro e santo dinanzi al mio Dio.
76. 9. Come mi sono diportato in rapporto al mio superiore, alle sante Regole e al
mio dovere? Come ho fatto l’obbedienza? [*29]
Esercizzi [sic] Spirituali del 1933 in Nazareth – 15 Agosto640
77. 1.
78. 2.
79. 3.
80. 4.
81. 5.
82. 6.
Iddio abita nell’anima mia non meno sfolgorante di luce e di gloria che nella
gloria in cielo.
Che gaudio, che pace, che confidenza nel pensare che Dio è mio Padre e mi
ama moltissimo. Che Gesù è mio Salvatore e Redentore. Quale deve essere
la mia corrispondenza al loro amore.
Quando mi capita l’occasione di parlare con giovani, dirò loro qualche
buona parola dell’anima e di Gesù. [*30]
Mi donerò a Gesù tutti i momenti della giornata, cercando di non offenderlo
in nessun modo.
Oh quanto è costata l’anima nostra al buon Gesù. È disceso sulla terra e ha
dato il suo sangue per riscattarla. Ed io la stimo così poco?
Sono sempre alla presenza di Dio. Faccio parte del suo corteggio d’onore.
Cercherò di essere puro di mente e di cuore. [*31]
640 In data 15 giugno 1933 l’Ispettore don Lorenzo Nigra informava che quell’anno le tre “mute” di
EE.SS sarebbero predicate da don Ettore Carnevali, della casa di Ivrea (meditazioni) e don Giuseppe
Tamburino direttore della casa del Cairo (istruzioni). Quella di Nazaret si tenne dal 13 al 19 agosto:
cf ACrem, Circolari dell’Ispettore, alla data suddetta. Dalla testimonianza di don Giovanni Barbieri
sappiamo che nel viaggio di andata, durante la sosta al pozzo di Giacobbe, Simone rischiò di essere
preso a pietrate da un gruppo di ragazzi: cf AIMOR, 15.1.1, busta n° 6. Lo stesso aggiunge che da
Nazaret gli esercitandi si recarono in pellegrinaggio a Cafarnao e furono scattate alcune foto; in esse
non figura Srugi, mentre lo si vede in quella presa sul terrazzo della scuola “Gesù Adolescente” che
ritrae l’intero gruppo insieme ai predicatori e all’ispettore. [Foto n. 42]
Gli scritti e le fonti – Analisi
255
83. 7.
84. 8.
85. 9.
86.
Combatterò quanto [so] e posso il piacere sensuale, affinché non domini
neppure per un sol momento la mia mente e i miei affetti.
Mi sono dato, mi sono consacrato, mi sono venduto tutto al mio Dio. Perciò
non devo essere né di me stesso, né del mondo, né dei giovani.
Molta attenzione alla mia castità, scacciare con prontezza il piacere
sensuale, e mortificazione degli occhi [*32].
Consacrandomi anima e corpo al mio Dio vuol dire che non debbo operare
che per Iddio, facendo in tutto la volontà del mio superiore prontamente,
esattamente e allegramente. [*33]
Esercizzi [sic] fatti a Nazareth. 7 agosto 1934
87. 1°.Vigilerò sopra me stesso per non offendere minimamente il Signore.
88. 2°. Oh mio Dio, rinnovo la mia totale consacrazione a Voi e intendo rinnovarla
tutti i momenti della mia vita. Non voglio mai darvi il minimo disgusto.
89. 3°. Starò molto in guardia per non commettere piccole mancanze, per non
cadere nelle più grandi.
90. 4°. Terrò a freno i miei sensi per essere tutto di Dio [*34] e mantenere la pace
del cuore.
91. 5°. Toglierò dal mio cuore ogni affetto e ogni desiderio alle persone e alle cose,
per essere tutto di Dio.
92. 6°. Quanto è felice l’anima religiosa che s’impegna di sempre distaccarsi da
ogni cosa terrena e materiale e studia di mantenere senza macchia il corpo
e l’anima sua per piacere al suo celeste sposo Gesù.
93. 7°. Mai nessun lamento in tutto ciò che può accadermi, ma soffrire tutto in
silenzio [*35] per amor di Gesù mio sposo.
Esercizzi [sic] Spirituali a Betlemme 1935
94.Voglio correggermi dei miei difetti riguardo alla Povertà. Quando posseggo
Dio e la sua grazia sono ricco abbastanza.
95.Voglio essere santo e puro come un Angelo [per] piacere al Signore. Vigilerò
attentamente sopra me stesso per non [arrecare] la minima offesa al Signore.
96. Voglio mortificarmi specialmente negli occhi, nelle orecchie e nel tatto per
essere tutto di Dio.

14.8 Page 138

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256
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
97.Voglio dare [*36] sempre il buon esempio menando vita irreprensibile, e
che il mio interno corrisponda al mio esterno, per non esser ipocrita.
98. Leggere sovente le S.Regole per osservare quei punti dove manco e per
correggermi dei miei difetti.
99.
Oh quanto ho peccato contro Iddio mio creatore, perciò che gran debito ho
verso la sua giustizia. Per penitenza osserverò le S.Regole e sarò mortificato
in tutti i miei sensi. [*37]
100.
Per tendere alla santità e alla mia perfezione cercherò di correggermi di
quei difetti che in essi cado sovente, per piacer a Gesù ed essere buon
religioso.
101. Voglio far bene il mio rendiconto a qualunque costo.
102.
Quanta attenzione, quanta vigilanza per combattere in me il piacere sensuale
nel trattare colla gente, coi nostri giovani, e trattare il corpo come [*38]
consacrato a Dio!
103. Io mi sono venduto, mi sono consacrato a Dio solo, perciò i miei pensieri, i
miei affetti, i miei desideri devono essere per lui.
104.
Il buon Gesù ha fatto la penitenza per me soffrendo tanto tanto per me, ed
io voglio soffrire per amor suo e per i miei peccati tutto ciò che mi capita di
doloroso, di penoso sia nello spirito che nel corpo. [*39]
Esercizzi [sic] Spirituali a Betlemme. 2 ag. 1936
105. 1°. Cercherò di santificarmi e perfezionarmi sopportando i dolori, le sofferenze,
i disagi, le indisposizioni che Iddio mi manda giorno per giorno.
106. 2°. Dice lo Spirito Santo: chi disprezza le piccole trasgressioni, i piccoli difetti,
le piccole mancanze, a poco a poco cadrà nelle grandi (cf Sir 19,1), perciò
somma attenzione sopra me stesso.
107. 3°. Combatterò il piacere sensuale in me, sia [*40] nei pensieri sia negli affetti,
e cercherò di non mai acconsentire al piacere sensuale.
108. 4°.
Ricordati che Iddio tuo Padre e creatore ti accompagna da per tutto. Egli sta
in te e con te e vede tutto ciò che passa nei tuoi pensieri e nel tuo cuore; cerca
di piacergli in tutto ciò che fai e dargli gloria e cerca che non si allontani
mai da te. [*41]
109. 5°. Cercherò in tutto ciò che faccio di stare in pace e di non impazientirmi
specialmente quando tratto con il prossimo e coi nostri giovani, e
rassegnarmi in tutto ciò che può accadermi nella giornata. [*42.]
Gli scritti e le fonti – Analisi
257
Esercizzi [sic] Spirituali del 1937, dal 8 al 14 Agosto,
a Betlemme641
110. 1°.
Come dovrò essere felice e beato nell’essermi consacrato anima e corpo
al Signore. Come dovrò mantenermi puro e santo come un angelo al suo
cospetto. Quanto dovrò vigilare per non macchiarmi mai l’anima e il corpo
che sono il tempio della SS.Trinità (cf 1Cor 3, 16-17).
111. 2°. Mi sono dato, mi sono venduto, mi sono consacrato tutto a Dio, mio
padrone. Perciò i miei pensieri [*43], i miei desideri, le operazioni i miei
affetti le indirizzerò sovente a Lui. [*44]
112. 3°. Prenderò per consigliere il pensiero della morte e cercherò di tenermi sempre
pronto a comparire avanti al buon Gesù, che cercherò di farmelo amico.
113. 4°. Mi renderò abituale, come ho sempre fatto, il pensiero del giudizio e
dell’inferno per vivere da buon religioso e per distaccarmi dalle persone e
dalle cose.
114. 5°. Essere vero devoto e figlio [*45] di Maria vuol dire vigilare sopra me stesso
per non commettere mancanze contro la purezza, l’umiltà e la carità. [*46.]
Esercizzi [sic] fatti a Nazareth – 21 Agosto 1938642
115. 1°. Quale gioia, quale felicità è la mia nel saper per certo che sono figliuolo di
Dio, erede del paradiso (cf 1Gv 3,1; Rom 8, 16-17), che Dio sta sempre con
me e non mi abbandona mai fino che sto nella sua grazia.
116. 2°. Il peccato mortale spoglia l’anima della veste nuziale e dei suoi meriti, la
uccide e la manda all’inferno se muore in quello stato. [*47]
117. 3°. Prenderò il pensiero della morte come consigliere per vivere santamente e
con perfezione e per tenermi preparato.
118. 4°. Avendo gli alimenti e di che vestirci, accontentiamoci di questo (1Tim 6,8),
e tutto quello che eccede nutrimento e vestito è contrario alla povertà.
119. 5°. Facendomi religioso mi [sono] donato interamente al mio Dio, anima e
corpo, ed Egli mi [ha] accettato volentieri per suo. Farò tutto [*48] a sua
641 In data 8 giugno 1937 l’ispettore d. Giovanni Battista Canale notifica il calendario delle 5 mute di
EE.SS: una “riservata ai teologi ed esaminandi”, una per i soli direttori, una per novizi e filosofi,
una dal 25-30 luglio ad Alessandria d’Egitto e infine quella del 9-14 agosto a Betlemme. Cf ACrem,
Circolari Ispettore.
642 Il 28 maggio 1938 l’ispettore d. Canale comunica il calendario delle 5 mute: a Betlemme si terrà dal
7-13 agosto, a Nazaret dal 21-27 agosto: cf ACrem, Circolari Ispettore.

14.9 Page 139

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258
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
maggior gloria e per piacergli avrò il cuore e la mente pieni dell’amor di
Gesù.
120. 6°. Prendere con amore tutto ciò che può capitarmi durante il giorno di penoso,
sia da Dio, o dai superiori o dal prossimo. [*49]
Esercizzi [sic] fatti a Betlemme 6-8-39643
121. 1° Farò di tutto per tenermi preparato a comparire dinanzi al Signore in
qualunque momento. E di tener in ordine le cose del mio ufficio d’infermiere, sia in
casa sia nel dispensario, e di tener i conti preparati.
122. 2° Cercherò di non impicciarmi degli affari degli altri e parlare sempre bene
degli altri. Farò atti di umiltà e abnegazione [?]. [*]
¶¶¶
Terminano qui i propositi scritti sulle facciate del taccuino suddetto.
I seguenti Srugi li scrisse su un foglietto (15,5x14) che ora si trova inserito nel
taccuino dei “Pensieri salutari”.
123.
124.
125.
126.
127.
128.
Cercherò sempre di non fissare i miei occhi in donna alcuna e di essere
breve quanto posso quando mi capita di parlare con qualche d’una.
Cercherò di non perdere il tempo in ciarle senza profitto dell’anima mia.
Ma di occuparlo con profitto.
Cercherò sempre di mortificarmi nella gola in tutti i pasti a refettorio.
Farò il mio possibile di esercitare la virtù dell’umiltà in tutte le occasioni
che mi si presentano.
Obbedirò prontamente e ciecamente ai comandi dei miei cari superiori
anche nelle cose piccole.
Oggi la resurrezione di Gesù Cristo, voglio riformare affatto la mia vita,
calpestando l’uomo vecchio e vestendomi di Gesù Cristo (cf Col 3, 9-10;
Ef 4, 22-24; Gal 5, 22) mio Sposo, cioè imitandolo in tutte le sue virtù,
particolarmente dell’umiltà.
643 Su un foglio senza intestazione né firma, datato 18 giugno 1939, si dà il calendario delle 8 mute di
EE.SS di quell’anno: a Betlemme saranno due: dal 6-12 agosto (predicatori d Giuseppe Bononcini e
d.Vittorio Bortolaso) e dal 20-27 (predicatori d.Giuseppe Bononcini e d.Giuseppe Raele): cf ACrem,
Circolari Ispettore.
Gli scritti e le fonti – Analisi
259
129.
130.
Attenderò solamente alla mia perfezione non badando di quello che facciano
o dicano gli altri.
Cercherò in ogni giorno di diventare sempre più buono e più virtuoso, col
migliorare la mia vita.
Nel libro “Mese del Sacro Cuore ... , Roma 1903”, ora nell’AIMOR, 15.1.11, [II]
a), Srugi scrisse a matita molto leggermente in cima alla quarta pagina di copertina
queste righe:
131. Padronanza [?] di pensieri,
“ “ parole
“ “ opere e frutti
132. Pazienza interiore
“ esteriore
133. Unione a Lui Ostia. Imitazione. Purezza d’animo.
134. Umiltà. Esercizi sulla S.M. [?]
135. Manuale. La Comunità come dial [?]
¶¶¶
Su un ritaglio di foglio di quaderno a quadretti (7x10,5) che si trova inserito
nello stesso libretto “Mese del Sacro Cuore ... , Roma 1903”, Srugi appuntò a matita
alcuni brevissimi propositi, con molte abbreviazioni, in vista di una trascrizione
completa. Li aggiungo a quelli precedenti, continuando la numerazione.
136.
137.
138.
139.
140.
141.
142.
Fame: legger qualche parola edificante dalla S.Scritt.
Sete: leggere Sacra Scrittura intenz. ottenere grazia della contriz. o divoz.
Ospitalità: pensar un’ora con attenzione al Signore.
Vestire: sforzarsi esercitare qualche virtù.
Visitare infermi: resistere a difetti o tentaz.
Liberare prigion[ieri]: pregare per peccatori o anime purganti.
1) Bocca: parole inutili.
} 2) udito
compassione
3) occhi
4) mani piedi: azioni, passi
5) cuore: mancanze pensieri – desideri – volontà.

14.10 Page 140

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260
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
Su un foglietto “volante” (7x12,5) inserito fra le pagine della “Filotea” sono
scritti a penna questi 5 propositi, senza nessuna indicazione di data, luogo, circostanza.
143.
144.
145.
146.
147.
1) Profondo rispetto, obbedienza pronta ai miei cari superiori e guardar
Iddio nella loro persona.
2) Parlar solo il necessario e lasciar che gli altri parlino.
3) Sollevar sovente il pensiero al mio Creatore per mezzo di frequentissime
ed infuocate giaculatorie.
4) In morte raccoglierò ciò che ho seminato durante la vita.
5) Mi farò violenza tutti i giorni per corrispondere allo stato religioso colla
santità della vita.
¶¶¶
Sintesi – Un programma di perfetta santificazione
261
SCRITTI
SECONDA SEZIONE: SINTESI
UN PROGRAMMA DI PERFETTA SANTIFICAZIONE
Introduzione
Come vedeva se stesso Simone Srugi? Cosa voleva fare della sua vita? Quale
era la meta ultima cui aspirava? Quali vie volle percorrere e quali mezzi scelse per
poterla raggiungere? Le risposte a queste domande sono contenute nei suoi scritti;
analizzandoli attentamente si colgono i termini di quello che possiamo chiamare il
suo lessico proprio, in cui le parole-chiavi sono quattro: religione, anima, perfezione,
santità.
“Religione”, nella forma di sostantivo o aggettivo (il religioso, la chiamata
alla religione, la vocazione religiosa, la vita religiosa, i voti religiosi, ecc.), è il più
frequente: ricorre già nei “Dialoghi”, ma specialmente nei “Pensieri salutari” e nei
“Propositi”, in totale 97 volte. Anche “anima” e “anima religiosa” ricorrono insieme
una novantina di volte. Si può dire che con l’ultima espressione Simone esprime la
sua identità più propria.
“Perfezione” e “santità” ricorrono ciascuna oltre 45 volte, spesso abbinate
tra di loro, usate nella forma di verbi o di sostantivi (perfezionarsi, santificarsi,
perfetto, santo), e specificate sia da aggettivi (evangelica, religiosa, cristiana) sia dal
possessivo (“la mia santità”, “la mia perfezione”) che conferiscono un carattere di
personalizzazione concreta. Ad esempio: DIA 29: “perfezionarsi”; DIA/FAL 115:
“Rivolgi i tuoi pensieri a perfezionarti in tutte le tue azioni ordinarie ... Credimi, sta
qui il segreto di farsi santi”. PES 193: “perfezione evangelica”; PRO 16: “Per andar
avanti nella perfezione”; PRO 17: “la mia perfezione religiosa”; PRO 18: “Metterò
tutto l’impegno di perfezionare l’anima mia”. PRO 100: “Per tendere alla santità e alla
mia perfezione cercherò di ...”. PRO 105: “Cercherò di santificarmi e perfezionarmi ...
giorno per giorno”. PRO 117: “per vivere santamente e con perfezione”.
Alcuni verbi correlati alle parole-chiavi specificano tutta una serie di azioni
dinamiche: rivolgere i tuoi pensieri a… (DIA/FAL 109), attendere alla … (PES 39,
41, 45, 281), tendere a (PES 67; PRO 100), cercare (PES 245), avanzare (PES 22,
197), andare avanti (PRO 16), acquistare (PES 37), arrivare (PES 38), arrivare presto
alla cima della perfezione (PES 127), arrivare al sommo della perfezione (MAC

15 Pages 141-150

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15.1 Page 141

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262
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
190), condurre alla sommità della perfezione (MAC 197), crescere (PES 64, 197),
fare professione di più alta perfezione (PES 259), amare il profitto nella perfezione
(MAC 188). A coronamento di tutto, penso si possa mettere la raccomandazione di
San Francesco di Sales che Srugi trascrisse come una delle sue più lunghe citazioni:
conformarsi in tutto alla comunità nell’osservanza delle Regole, è “atto di grandissima
perfezione”; praticandola, si raggiunge quella “semplicità di cuore che racchiude in sé
la perfezione della perfezione” (DIA/FAL 109).
Queste parole e frasi preferite da Srugi, rivelano il suo orientamento costante:
farsi santo! Oggi diremmo che questa è stata la sua “opzione fondamentale”. Se
collegate e prese nel loro contesto, quelle espressioni formano la trama del discorso
con i temi dominanti di quell’originale “piano personale di vita” che egli ebbe cura
di tracciarsi e di mettere in pratica per crescere nella vita religiosa salesiana fino alla
perfezione. Nelle pagine seguenti, facendo parlare lui stesso, provo a delinearlo in
una sintesi unitaria e articolata. Mentre nella parte storico-biografica ho riportato le
testimonianze di coloro che vissero con lui e percepirono dall’esterno il suo impegno
di santificazione (giovani, confratelli, suore, in particolare suor Tersilla, laici,
musulmani ...), qui ora lascio a lui stesso la parola. Prendendo atto che non usa mai il
termine "spiritualità" e usa molto poco “spirito, spirituale” (una quindicina di volte):
nomina lo Spirito Santo solo qualche volta (cf PRE 3), gli “Esercizi spirituali” annuali
(PRO del 1926, 1933-39), fa riferimento ai testi paolini sull’“uomo spirituale” (cf PES
45-46), menziona “agricoltori spirituali” (PES 124), “infermi spirituali” (PES 216),
“le nostre spirituali infermità” (PES 240), “applicazione alle cose spirituali” (PES
276), “tesori spirituali per l’eternità” (PRO 51).
1. La vocazione alla vita religiosa: grazia e impegno
L’anima riceve tutto da Dio (MAC 4, 6, 7, 121). Le creature devono servire come
scala per salire a Lui (MAC 131). Tutti sono chiamati alla salvezza e predestinati alla
gloria (PES 15). Già la vita cristiana laicale costituisce uno stato di “salute” (PES
259), ma ancora di più la vita consacrata. “Il buon religioso stima grandemente la sua
vocazione come una singolarissima grazia gratuita dal buon Dio” (PRO 58), segno
del suo speciale amore (MAC 23, PES 209, PRO 46, 56) e di una scelta privilegiata,
a differenza di migliaia d’altri (PRO 23). Perciò da parte dei “religiosi e consacrati a
Dio” (PES 255) essa richiede una più generosa corrispondenza: “Il Signore vuole da
un religioso molto più amore che dagli altri fedeli, e ne ha ben il diritto” (PES 111;
cf anche PRO 56). “Cercherò di rendere certa la mia vocazione ed elezione allo stato
religioso per mezzo di molte buone opere (cf 2Pt 1, 10)” (PES 9, 16).
Come risposta alla vocazione divina (“se vuoi essere perfetto ...”: Mt 19,16-26),
la consacrazione religiosa è la donazione definitiva di tutto se stesso a Dio. “Mio Dio
sono vostro e vostro voglio essere. Intendo di fare ogni mia azione, qualunque essa
sia, con voi e per voi. Voglio vivere da buon religioso, da santo religioso” (PRO 63).
Espresso in termini ancora più radicali: “Mi sono dato, mi sono consacrato, mi sono
venduto tutto al mio Dio. Perciò non devo essere né di me stesso, né del mondo, né
Sintesi – Un programma di perfetta santificazione
263
dei giovani” (PRO 84). “Io mi sono venduto, mi sono consacrato a Dio solo, perciò
i miei pensieri, i miei affetti, i miei desideri devono essere per lui” (PRO 103). “Mi
sono dato, mi sono venduto, mi sono consacrato tutto a Dio, mio padrone” (PRO
111). “Facendomi religioso mi [sono] donato interamente al mio Dio, anima e corpo,
ed Egli mi [ha] accettato volentieri per suo” (PRO 119). Le espressioni di questa
radicalità, nell’osservanza dei voti religiosi (o consigli evangelici), risultano ancora
più evidenti in quanto sono rafforzate dai termini “tutto, tutta, tutte” ripetuti ben 110
volte, come pure da “solo, sola”, “unico, unica” e dai rispettivi avverbi “solamente,
“unicamente” che ricorrono in totale oltre 35 volte, anche abbinati tra loro.
Il movente che sostiene Simone in questa sua totale ed esclusiva consacrazione a
Dio è l’amore: “Mi sono consacrato al servizio di Dio con amore, e voglio osservare
i miei santi [voti] per amor suo e per piacergli” (PRO 15, anche PRO 23). “L’essere
religioso altro non è che star rilegato a Dio per mezzo di una continua mortificazione
di noi stessi, e non vivere se non per Dio; perciò il nostro cuore, i nostri occhi, la
nostra lingua e le nostre mani con tutto il resto, non dobbiamo servircene che a gloria
di Dio” (PES 211). Una strofetta in rima riassume candidamente: “Pregar, soffrir,
viver d’amor divino. È questo, o religioso, il tuo destino” (PES 139).
La casa religiosa è anzitutto “casa di Dio” (DIA 9), “casa del servizio divino”
(COR 1). Ma è anche un luogo di cura dove ci si sottomette a ogni forma di
trattamento per poter guarire dalle malattie spirituali, in modo da non morire ma
vivere: “Il monastero è un ospedale d’infermi spirituali che vogliono essere guariti,
e per esserlo si espongono a soffrire il salasso, la lancetta, il rasoio, lo stilo, il ferro,
il fuoco e tutte le amarezze dei medicamenti” (PES 216)644. La medicina migliore è
la passione di Gesù (PES 240), le sue sante piaghe guariscono le nostre ferite (DIA
82). È scuola di disciplina divina: “Chi desidera vivere secondo la natura, resti al
mondo; e quelli che hanno determinato di vivere secondo la grazia vengano pure
alla religione, la quale non è altro che una scuola di abnegazione e mortificazione
di se medesimo; e perciò essa provvede di molti strumenti di mortificazioni, tanto
interiori quanto esteriori” (PES 212). Anzi è una “accademia di correzione esatta in
vista della perfetta unione con Dio” (PES 215). È una vita angelica simile a quella
raffigurata nella scala di Giacobbe: si sale con la carità e si scende con l’umiltà (PES
218). È un alveare mistico in cui le persone “sono congregate per comporre il miele
delle celesti virtù” (PES 213). È un campo in cui esse lavorano per la salvezza delle
anime (DIA 80).
2. Motivazioni, intenzioni, mèta.
L’affare più importante è la salvezza della propria anima (MAC 4, 6-9; PES
140, 141). “Attendi pure con diligenza ai tuoi affari, ma sappi che non hai affari più
importanti della tua eterna salute” (FAL 111). Il supremo nostro interesse (PES 255)
è raggiungere la perfezione (PRO 17). “Fatevi santi e poi non badate a nient’altro.
644 L’elenco rimanda all’esperienza di Simone nell’ambulatorio di Betgamāl in cui, come abbiamo
accennato nella prima parte, venivano eseguite anche piccole operazioni chirurgiche.

15.2 Page 142

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264
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
Che importa tutto il resto a petto di questo unico e necessario negozio?” (PES 167).
“Ecco la vostra meta: santificatevi. Ma è una meta molto alta” (PES 170). “Salvarvi,
santificarvi! Ecco qual dev’essere l’unico vostro affanno; il resto a che cosa vi può
servire se non condurre a questo?” (PES 171). “Datevi a Dio senza alcun mezzo
[termine] e posponete ogni altra cosa, ché il tempo è breve e poco ci possiamo stare,
e beati coloro che ameranno Gesù Cristo senza mezzi [termini]” (PES 229). Simone
vuole essere non solo buon religioso (PRO 56-59, 65), ma santo religioso (PRO 63;
PES 196), divorato dalla fame e sete di Dio: “Dio è il solo alimento dell’anima, il solo
capace di contentare la sua fame e la sua sete. Più sarai divorato dalla fame e sete della
giustizia, più sarai un giorno satollo (cf Mt 5,6)” (MAC 96, 98).
Egli insiste che tutto dev’essere sorretto dalla “retta intenzione” (rettissima,
pura-purissima, semplice, buona, ottima, santa: ricorrono 34 volte nella lunga sezione
di MAC 29-62 e 4 in PES 248-250), cioè l’intenzione di servire e piacere solo a Dio,
di fare tutto indirizzandolo alla sua gloria, per suo amore, per il suo beneplacito (cf
MAC 18). “Procuriamo d’aver il tesoro di quella intenzione che è ottima e purissima
quando uno fa una cosa perchè così piace a Dio” (MAC 325). “Il buon religioso non
guarda che il suo Dio, la cui gloria e il cui beneplacito cerca col massimo impegno”
(MAC 69). “Iddio per la sua immensa bontà merita che tutto si faccia ad onor suo,
anche se non ci fosse né paradiso né inferno” (MAC 36, anche MAC 33), castigo o
ricompensa (cf DIA 26). Con una frase che potrebbe suonare rude, Srugi dice: “Iddio
non vuole che si serva a Lui come il cane serve al suo padrone, per gli ossi e per il pane
che gli dà. Iddio ama noi spontaneamente, così come dobbiamo amare lui” (MAC
32). Il buon religioso non va in cerca di alcun appoggio umano (DIA 21 ripetuto a
105, 106), ed evita sia il “vano timore” (MAC 18), sia la “vana gloria” (MAC 75-83).
“In ogni luogo e in tutte le mie operazioni guarderò sempre il mio Dio come Egli mi
guarda e farò tutto per piacergli” (PRO 62), tenendo sempre lo sguardo interiore fisso
al Padre Celeste (cf MAC 25, 56, 79, 82, 83). La qualità e il valore delle nostre azioni,
grandi o piccole (come l’obolo della vedova, cf MAC 60), dipende dalla purezza di
intenzione: “Conviene fare ogni cosa con la mira di piacere a Dio solo, di servirlo e
glorificarlo; senza questa diritta intenzione le azioni, tuttoché strepitose e grandi, sono
perdute” (PES 250)645. “La retta intenzione è per le opere nostre quello che è l’anima
per il nostro corpo” (MAC 53). Non si tratta però di volontarismo, ma di assecondare
la grazia divina: “La vita nostra si appoggia sulle virtù, e queste sulla retta intenzione,
la quale ha la sua forza da Gesù Cristo” (MAC 49). “Il diavolo conosce bene che ad
ogni opera il prezzo viene dalla retta intenzione; per questo si affatica di continuo per
togliercela” (MAC 61). “Guai a chi si prefigge l’onore e le lodi degli uomini: egli si
mette a rischio di far gettito del merito che potrà acquistare, e a lui può applicarsi il
645 Gesù è il modello supremo: “Faccio sempre quello che gli piace [al Padre], quello che è a lui
gradito”: Gv 8, 30. Fare sempre con pura intenzione "ciò che piace a Dio", agire in tutto e solo per
amarlo, servirlo e dargli gloria, spogliandosi della volontà/amor proprio, sono i temi che Lorenzo
Scupoli tratta nei capitoli 10-11 del Combattimento Spirituale, e che Francesco di Sales sviluppa ad.
es. nel Teotimo e nelle lettere di direzione spirituale alla Chantal. Srugi si è perfettamente attenuto a
questi principi.
Sintesi – Un programma di perfetta santificazione
265
detto del Salvatore: “In verità vi dico che costoro hanno già ricevuto la loro mercede
(Mt 6, 1-6. 16-18), in qualche frivolo applauso ed encomio del mondo” (PES 252).
“Chi ha in tutto retta intenzione, cammina verso il cielo senza piegare né a destra né
a sinistra” (MAC 17).
Con semplicità di cuore e purezza di intenzione (cf PES 219, FAL 109), Srugi
prosegue il suo cammino sino alla fine, facendo il bene anche “davanti agli uomini”,
non perché essi glorifichino lui ma il Padre (MAC 56; dello stesso tenore anche MAC
78-83). L’opinione degli altri non conta, che sia favorevole o contraria e perfino
calunniosa: “Poco conta che gli altri abbiano opinione di te. Hai dentro l’anima un
testimonio più certo ed incorrotto: interroga la tua coscienza e credile. Quantunque
i cattivi ti lacerino e ti calunnino, tu non devi perdere la tranquillità dell’animo tuo”
(MAC 151-152, ripetuto al n. 203) – “Inquietarsi ad ogni rumore è segno che l’uomo
fa poca stima di sé. Sarai sempre infelice se ti agita il timore del disprezzo” (MAC
153, ripetuto al n. 204). “Colui che teme gli uomini, non farà nulla per Iddio” (PES
98). “Studiatevi di far del bene e poi lasciate dire” (PES 166). “Non aspettate mai
nulla dagli uomini, ma tutto da Dio” (PES 177). “Chi ama Dio, non va cercando di
essere stimato ed amato dagli uomini: l’unico suo desiderio è di essere ben voluto da
Dio, che è l’unico oggetto del suo amore” (PES 207).
Dio è il fine ultimo (PES 66, 106) e il bene supremo: “A chi Dio è tutto, il
mondo deve essere nulla” (MAC 117). Egli è il criterio di importanza, in base al
quale tutto viene valorizzato e ordinato: la terra al cielo/paradiso (cf PES, 119),
il tempo all’eternità (MAC 162), il corpo all’anima, le sofferenze/pene alla gioia/
beatitudine, la morte/mortificazione alla risurrezione e alla vita eterna, l’esilio terreno
alla patria celeste, il viaggio/pellegrinaggio alla meta (PES 4, 5, 7; PRO 53). In questa
prospettiva globale Srugi conclude: “l’eternità fa apparire facile ogni fatica, giocondo
ogni dolore, soave e piccola ogni pena” (MAC 162).
3. Fondamenta e costruzione
3.1. Occorre scavare le fondamenta della “umiltà profondissima” (MAC 191;
PRO 16, 17) senza di cui non si può costruire niente di solido e duraturo: “Alla misura
e proporzione che farai, o anima religiosa, profondi i fondamenti dell’umiltà, potrai
alzar questa torre della perfezione evangelica che hai cominciato (cf Lc 14, 28). Se
vuoi dunque edificar virtù vere nell’anima tua, procura di far prima buon fondamento
d’umiltà” (PES 193). “Quanto più umile sarai, o religioso, tanto più avanzerai e
crescerai in virtù e perfezione” (PES 197; cf pure 194-196, 198-200); “Chi non è
molto umile, non può mai acquistare nessuna virtù” (MAC 191). Di conseguenza,
le umiliazioni vanno accettate, valorizzate e amate (cf MAC 188, 190; PES 49,
159; DIA/FAL 114), per conformarsi al Cuore mite e umile di Gesù (DIA 1, 3, 27)
e sradicare la superbia: “Tra le virtù che deve il religioso domandare al Signore è
l’umiltà, imperocché tutti abbiamo un gran fondo di orgoglio nel nostro cuore” (PES
162). Vedremo che il concetto “umiltà” (che ricorre 55 volte come sostantivo, verbo,
aggettivo ...) é sempre usato in posizione preminente.

15.3 Page 143

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Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
3.2. Fare sempre la volontà di Dio, perché “il fondamento d’ogni virtù e santità
è riposto nel fare la volontà di Dio, che forma il pregio e il merito di tutte le nostre
operazioni” (PES 243). Accogliere tutto dalle sue mani: “Felice chi sta soggetto a Dio,
nulla ansiosamente desidera, si adatta agli avvenimenti, e dice: Iddio mi vuol sano, mi
vuol infermo, mi vuol bisognoso; ad ogni cosa son pronto” (MAC 90). L’uniformità
al suo volere comporta la rinuncia alla propria volontà: “Il maggior dono che si possa
ricevere da Dio è quello di poter vincere se stesso negando la propria volontà” (MAC
192, cf anche PES 209, 225-228). “La perfezione consiste: 1° in una totale mortificazione
dei propri appetiti; 2° in un vero disprezzo di se stesso; 3° in una conformità perfetta
alla volontà di Dio. Chi manca in una di queste virtù è fuori della via della perfezione”
(PES 272). L’affermazione che l’ascolto obbediente della Parola di Dio vale più di
qualsiasi sacrificio, è anzitutto dottrina biblica (cf Sal 40, 6-8 che l’epistola agli
Ebrei 10, 5-7 attribuisce a Gesù) ed è posta al cuore dell’ascesi cristiana da tutti i
maestri spirituali, come A.M. Liguori dal quale qui Simone deriva l’ultima massima.
Venendo al pratico, ciò significa osservare la Regola e i Voti religiosi (cf PES
218ss., 251): “Uniformatevi alla Regola, che è una espressione della divina volontà: e
di più fate tutto come Dio lo vuole, cioè con ogni diligenza, esattezza e perfezione, a
misura della grazia comunicatavi” (PES 251). “Avrò sempre dinanzi a me l’osservanza
esatta dei miei Voti e delle sante Regole, e molto più della mia perfezione religiosa,
attenendomi fortemente e costantemente all’umiltà profondissima, all’abnegazione,
alla mortificazione dei miei sensi e il fare tutte le mie operazioni molto bene, affinché
siano accette a gradite al mio Dio e meritorie per l’anima mia” (PRO 17).
La inalterabile pace e tranquillità che Srugi irradiava, erano frutto del suo
impegno di vita santa: “Seria è l’origine della pura allegrezza, d’animo innocente,
onesti consigli, azioni rette, dispregio dei dispiaceri, e placido tenore d’illibata vita”
(MAC 94). “Oh quanta pace e contentezza ha un buon religioso mortificato e che
cammina con diligenza e sollecitudine nelle cose del suo profitto, facendo quel
che deve come buon religioso. Non vi è contentezza uguale alla sua” (PES 20).
“L’abbandono assoluto alla volontà divina è il segreto della gioia dei santi” (PES
188), infatti “ove si trova la perfetta uniformità al voler di Dio, non può mai regnare
né tristezza né malinconia” (MAC 71, ripetuto in MAG 6). “La felicità di piacere a
Dio con far bene tutte le cose, è un saggio del paradiso” (MAC 167). “Se voi fate quel
tanto che vi viene insegnato, vivrete contentissimo e sperimenterete in questo mondo
i favori del paradiso, almeno con piccoli saggi” (PES 222).
3.3. Obbedire ai superiori con prontezza, lietamente, in spirito di fede.
L’obbedienza è il distintivo del vero religioso: “Dice il Signore: Sopra ogni cosa
giova ed è molto necessario al profitto spirituale, che ogni religioso si dia alla
perfetta ubbidienza” (PES 89). “Consacrandomi anima e corpo al mio Dio vuol dire
che non debbo operare che per Iddio, facendo in tutto la volontà del mio superiore
prontamente, esattamente e allegramente” (PRO 86). “Profondo rispetto, obbedienza
pronta ai miei cari superiori, e guardar Iddio nella loro persona” (PRO 143). Come
Simone dimostrò quando la decisione dei superiori gli causò il dispiacere di rinunciare
Sintesi – Un programma di perfetta santificazione
267
a una associazione particolarmente cara come la “Crociata del SS. Sacramento” (cf
COR 4); anche in quella circostanza egli eseguì l’ordine con intelligenza e libertà di
spirito (cf COR 6).
Tra i pensieri salutari leggiamo: “Il vero ubbidiente non sa che cosa sia dilazione,
né che cosa sia domani né posdomani, né dice “adesso andrò”, come i pigri, ma tiene
tese le orecchie per intendere quello che gli è comandato, pronti i piedi per andarlo ad
eseguire, spedite le mani per metterlo in atto, e tanto puntualmente lo eseguisce che
pare che prevenga colui che gli comanda” (PES 92). “Il demonio non può fare che
lasciamo totalmente d’obbedire, ma procura che non siamo puntuali nell’obbedienza,
per avere in essa egli ancora qualche parte, e per portarsi via, come suo, almeno quel
pochetto dell’operazione che tu ometti o tardi a fare, dal tocco della campana sinché
ti alzi per ubbidire” (PES 94, cf anche PRO 3, 50). Nessuna opera è meritoria se
fatta al di fuori dell’obbedienza (PRO 40); mentre vale più sollevare una paglia per
obbedienza, che digiunare una quaresima per propria scelta (cf MAG 8). Secondo
Srugi, l’obbedienza è un cammino più affidabile che non la sola preghiera: “Molti
religiosi si son fatti santi senza l’orazione, ma nessuno senza l’ubbidienza” (MAC
196). “Non v’è strada che conduce più presto alla sommità della perfezione, quanto
quella dell’ubbidienza, perciò il demonio frappone molti disgusti e difficoltà sotto
colore di bene” (MAC 197). “La perfezione del religioso sta nell’esatta obbedienza
alle sue Regole. Quel religioso che più sarà fedele nell’osservanza delle sue Regole,
quegli senz’altro sarà più perfetto” (MAC 200-201).
3.4. Combattere per sradicare i difetti e crescere nelle virtù. “Voglio
essere costante nel combattere le mie passioni, le mie comodità, i miei capricci, i
risentimenti, le impazienze e tutti gli altri difetti” (PRO 36, anche 4, 9, 43, 100, 109).
“Il buon religioso tiene a freno tutti i sensi del corpo e combatte da buon milite tutte le
tentazioni del demonio, della carne e del mondo, e loro resiste fino alla morte” (PRO
65). “Il Signore mi sta guardando continuamente come mi diporto nella battaglia delle
tentazioni e nei pericoli, per quanto violenti essi siano, per coronarmi un giorno se mi
farò coraggio e violenza per vincere (cf Gc 1,12; 1Cor 24-27)” (PRO 61). “Mi farò
violenza tutti i giorni per corrispondere allo stato religioso colla santità della vita”
(PRO 147). Purificarsi dai peccati/macchie (PRO 24), evitando anche le venialità, per
non cadere poi in mancanze più gravi: “Dice lo Spirito Santo: chi disprezza le piccole
trasgressioni, i piccoli difetti, le piccole mancanze, a poco a poco cadrà nelle grandi
(cf Sir 19,1), perciò somma attenzione sopra me stesso” (PRO 106). Battaglia, milite,
farsi violenza, combattere sotto lo sguardo amoroso di Dio Padre, corona ..., sono i
termini del discorso che L.Scupoli svolge ampiamente nel Combattimento Spirituale,
ad es. ai capitoli 15-16.
La graduale purificazione dalle proprie imperfezioni, si ottiene sia frequentando
i sacramenti (PES 239: “Impegnatevi anima religiosa di avere bianca l’anima vostra,
tenendo sempre il vostro cuore mondo da ogni colpa, e perciò confessandovi spesso
e comunicandovi con fervore”), sia rifugiandosi nel Cuore di Gesù, fornace di amore

15.4 Page 144

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Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
che elimina come un crogiolo le imperfezioni dell’anima (“Quando essa ha commesso
delle mancanze, bisogna che si riposi sul mio Cuore con gran confidenza. In questo
focolare ardente spariscono le vostre infedeltà: l’amore le brucia, le consuma tutte”:
DIA 25; cf anche 29-31). In questo contesto, Simone assume l’ufficio di riparatore
ed espiatore, ma senza vittimismo: “L’anima religiosa piange il tempo male speso e
l’offesa di Dio e desidera fare vendetta sopra di sé con tutti i modi. Perciò vuole essere
umile e paziente, e con molta carità abbracciare le creature per amore del creatore,
onde desidera essere odiata e dispregiata, e desidera patire molte ingiurie e tormenti,
e d’essere da ogni persona perseguitata, perocché conosce la bontà di Dio e la propria
viltà e miseria” (PES 233).
4. Centro della vita consacrata
Sulla base del primo comandamento “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo
cuore, con tutta l’anima tua e con tutte le tue forze”: Deut 6, 5; Mt 22, 37 (PES 107,
277), la vita religiosa di Simone viene semplificata e unificata dal primato dell’amore
teologale, ricevuto e ricambiato.
4.1. Amore del Padre celeste. “Se Cesare ti avesse fatto un suo figliuolo
adottivo, chi potrebbe sostenere l’altero tuo contegno? Ma sei figliuolo di Dio,
redento col sangue di Gesù Cristo e di [così] eccelsa origine non ti ricordi nemmeno?”
(MAC 110). “Che gaudio, che pace, che confidenza nel pensare che Dio è mio Padre
e mi ama moltissimo. Che Gesù è mio Salvatore e Redentore. Quale deve essere la
mia corrispondenza al loro amore!” (PRO 78, del 1933). “Quale gioia, quale felicità
è la mia nel saper per certo che sono figliuolo di Dio, erede del paradiso (cf 1Gv
3,1; Rom 8, 16-17), che Dio sta sempre con me e non mi abbandona mai, fino che
sto nella sua grazia!” (PRO 115). Perciò “cercherò di essere delicato di coscienza
osservando le più piccole regole, essendomi sempre alla presenza di Dio, mio Padre,
e mi correggerò dei miei difetti per essere più accetto al Signore” (PRO 74). Srugi
gusta la vicinanza di un Padre insieme tenero e forte; penso che attribuiva a sè
quanto trascrisse dalla vita di suor Maria-Marta Chambon: “Ella nutriva per l’eterno
Padre una tenerezza, una confidenza di bambino e dal quale venne colmata di divine
carezze” (DIA 48). Nel suo taccuino di propositi scriveva: “Ricordati che Iddio tuo
Padre e creatore ti accompagna da per tutto. Egli sta in te e con te, e vede tutto ciò
che passa nei tuoi pensieri e nel tuo cuore. Cerca di piacergli in tutto ciò che fai e
dargli gloria, e cerca che non si allontani mai da te” (PRO 108). Gesù gli ricorda che
il Padre mette alla prova con sofferenze i figli e amici prediletti: “Chi è più amato da
mio Padre, maggiori travagli da lui riceve. Mira queste piaghe, che non giungeranno
mai a tanto i tuoi dolori. Il pensare che il mio Padre ammetta alla sua amicizia gente
senza travaglio, è sproposito” (PES 14). “Signore a chi vi fa qualche servizio, voi
lo pagate con qualche travaglio. Oh che prezzo inestimabile è mai questo per quei
che davvero vi amano” (MAC 194). “Coloro che soffrono sono cari a Dio come la
pupilla dei suoi occhi (cf Sal 17,8). Sopra di essi si posa con preferenza lo sguardo
divino. Quando soffrite, state pur sicuro che siete accetto a Dio. È questa una verità
Sintesi – Un programma di perfetta santificazione
269
scritta nelle sacre carte (cf Pro 3, 11-12; Heb 12, 5-7)” (PES 131, 132). “Essere
persuaso e guardar sempre che le fatiche, i patimenti, le sofferenze, le pene, i dolori,
le umiliazioni, le tentazioni, le dimenticanze e le croci di ogni genere sono il vero
distintivo dell’amor di Dio per noi, e che noi per amor suo dobbiamo riceverli per il
suo amore” (PRO 33).
Ed ecco come Simone intende ricambiare concretamente l’amore del Padre:
“Una sola ambizione è giusta: l’ambizione di amare Iddio” (PES 98). “L’amor di Dio
è il sacro fuoco che deve ardere sempre sull’altare del nostro cuore” (PES 108). La
persona, con tutte le facoltà spirituali e i sensi corporei, viene offerta come “ostia
viva, santa e a lui gradevole (Rom 12, 1)” (PES 274, 277; PRO 6, 21). Simone
non usa i termini “liturgico” o “sacerdotale”, ma – come ho documentato nella
“finestra” apposita – di fatto questo suo atteggiamento abituale di donarsi totalmente
a Dio in sacrificio/ostia/vittima infiammata dall’amore, costituisce l’esercizio del
suo sacerdozio liturgico nel senso più proprio, non rituale ma esistenziale. “Chi
ama Iddio è in Dio; cessando di vivere in sé, vive in lui (1Gv 4, 12-16 passim), nel
quale tutto vive” (MAC 86). Questo amore è il motivo dell’abbandono assoluto alla
volontà divina (cf PES 188, 272), del morire a tutto per vivere in Dio, per la sua
gloria (PES 211, 214, 217). Dev’essere amore esclusivo e senza compromessi, cioé
senza dividerlo con altri amori, perché essi offuscano nell’intelletto la luce divina e
tolgono agli affetti e alla volontà l’unione con Dio (cf PES 146, 230-231; MAC 101).
“Chi ama Dio non va cercando di essere stimato ed amato dagli uomini: l’unico suo
desiderio è di essere ben voluto da Dio, che è l’unico oggetto del suo amore” (PES
207). Com’è nella sua logica di uomo concreto, Simone aggiunge una considerazione
dettata da santo interesse: “Ama tu Iddio se vuoi bene a te stesso; ché amare Iddio
giova a te, non a lui” (MAC 88).
4.2.Amore conformante a Gesù Cristo. “Gesù mi ha amato tanto che ha
sofferto, è morto, e si è dato tutto a me (cf Gal 2, 20). Io pure voglio soffrire tutto per
suo amore e amarlo e morire per Lui” (PRO 22). È cosa buona contemplare Gesù, ma
è meglio conformarsi a lui: “Felice l’anima che avrà ben contemplato e ancor meglio
praticato” (DIA 87, cf anche 68). Come ho già indicato, il libro di sant’Alfonso M. de
Liguori La pratica di amar Gesù Cristo era uno dei più letti da Simone. Imitare Gesù
nei suoi atteggiamenti era lo scopo principale della devozione a Gesù Adolescente,
ricordato dalla preghiera che ogni iscritto alla confraternita recitava giornalmente
impegnandosi ad “essere puro come voi, umile come voi, laborioso come voi,
ubbidiente come voi, dolce e buono come voi” (PRE 5). “Non crediamo onorare la
nascita di Gesù Cristo, se non mutiamo i nostri costumi, e non diventiamo bambini
colle umili disposizioni del nostro cuore (cf Mt 18,3)” (PES 58; cf MAC 189); “Gesù
Cristo, quantunque onnipotente, per insegnarci a obbedire, fu in tutto sottomesso alla
Beata Vergine e a San Giuseppe”: MAG 69). La disposizione di abbassamento (“Sii
umile perché la porta del cielo è bassa, che è Cristo (cf Gv 10, 7. 9), e niuno può
entrare in essa senza che si abbassi”: PES 260), diventa servizio sacrificato (cf PES
201), fino alla croce, sulla quale egli mostrò la sua perfetta unione col Padre: “La

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Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
nostra unica pretesa dev’essere di unirci a Dio, come Gesù Cristo si è unito a Dio suo
Padre, il che fece sulla croce” (PES 210)646. In sintesi: “Facendomi religioso mi [sono]
donato interamente al mio Dio, anima e corpo, ed Egli mi [ha] accettato volentieri
per suo. Farò tutto a sua maggior gloria e per piacergli avrò il cuore e la mente pieni
dell’amor di Gesù” (PRO 119).
4.2.1. La vita religiosa di Srugi è fortemente centrata sul mistero pasquale di
Cristo crocifisso e risorto. Gli “Uffici della Settimana Santa” in arabo e italiano
sono tra i libri personali che usava di frequente, non solo per prepararsi a fare da
cerimoniere, ma per assimilare la grazia dei misteri celebrati. “Essendo il religioso
consacrato a Gesù, dev’essere inchiodato alla croce con Lui” (DIA 10), “affine di
poter morire come Gesù e risorgere a nuova vita come Lui” (DIA 8; cf anche DIA 6).
“Diceva S.Paolo: Andiamo sempre mortificandoci e maltrattandoci, acciocché la vita
di Gesù Cristo si manifesti nei nostri corpi (2Cor 4,10)” (PES 1). Gesù Crocifisso
è il modello più perfetto che il religioso è chiamato a riprodurre, così da diventare
una sola cosa con Lui (cf DIA 16), “sino a tanto che possa dire con l’Apostolo (Gal
2,20): “Vivo io non più io, ma è Cristo quello che vive in me” (PES 282). È questo
il senso più profondo del saluto abituale “Viva Gesù!”, che per Simone abbracciava
tutto: “Viva Gesù nei nostri cuori, nelle nostre anime, nelle nostre opere, nella nostra
vita e nella nostra morte647.
Simone si esprime in termini molto pratici, ispirati alla Imitazione di Cristo:
“Il tempo quaggiù ci è dato solo per riprodurre in noi il divin Modello Gesù” (PES
280). “Veramente niente in questa vita di più prezioso si trova che patire, soffrire,
esser disprezzato, essere umiliato per amor di Gesù che ha patito tanto, è morto per
noi per amore” (PRO 32). “Il Figliol di Dio uguale al Padre prende forma di servo e
vuole essere umiliato e disonorato (cf Fil 2, 7-8), ed io, polvere e cenere, voglio essere
stimato e reputato dagli uomini?” (PES 201). “L’angelo custode disse una volta a
S.Margherita da Cortona: Quelli sono perfetti amici di Dio che tengono il loro cuore
interamente distaccato dalle cose create, e congiunto solo con Dio e che sospirano a
lui giorno e notte con tutto l’impeto del cuore. «E quali sono, soggiunse la Santa, le
virtù loro proprie? » – La prima, replicò l’angelo, è una profonda umiltà ad imitazione
e per amor di Colui che si umiliò fino alla croce (cf Fil 2, 7-8). La seconda è una
perfettissima carità” (PES 184)648.
Con alcune espressioni molto efficaci, Simone sintetizza: “Portate ogni giorno
la croce di ogni giorno con la grazia di ogni giorno” (PES 104), ma con amore, infatti
“la croce, se è amata, non è che mezza croce, perché l’amore di Gesù addolcisce tutto,
646 Imitare Cristo, conformarsi a lui, riprodurre i suoi atteggiamenti, sono tra le linee portanti del
classico libro “L’Imitazione di Gesù Cristo” che Simone aveva familiare.
647 Come si esprime l’exallievo Yūsif Hanna Ayūb che, durante i 5 anni trascorsi a contatto con Srugi,
ne rimase impressionato: AIMOR, 15.1.1, Busta n° 6, foglio dattiloscritto n° 6A.
648 S. Francesco di Sales, spiegando il significato mistico della composizione del crisma (olio d’oliva
mescolato al balsamo) dice che l’umiltà ci perfeziona riguardo a Dio e la mansuetudine, che è il fiore
della carità, riguardo al prossimo: Filotea, Parte III, capitolo 8, paragrafo iniziale.
Sintesi – Un programma di perfetta santificazione
271
e non si soffre molto che quando si ama poco” (PES 155). Ai confratelli raccomanda:
“Abbiate una tenera devozione a Gesù Cristo appassionato, se volete crescere nel suo
amore” (MAC 73). E per se stesso decide: “Voglio rinnegare me stesso, le mie vanità,
il mio orgoglio, i miei capricci e le mie comodità e portar la mia croce di ogni giorno
per essere vero discepolo di Gesù (cf Lc 9, 23)” (PRO 19).
Un aspetto particolare di questo amore conformante è la devozione alle Sante
Piaghe e al Sacro Cuore, di cui parlano a lungo i due manoscritti dei “Dialoghi”.
Le ferite del costato (DIA 100), del cuore, del capo (DIA 85 ss.), dei piedi e delle
mani, sono vive nel corpo glorioso del Risorto, e ora costituiscono la sede della divina
misericordia, sorgente di tutte le grazie (cf DIA 61, 74, 78, 103, 104). Le nostre azioni,
unite alle piaghe gloriose di Gesù, sono le offerte più gradite che possiamo presentare
al Padre, quelle più meritorie per noi e più efficaci per la conversione dei peccatori
e per la salvezza delle anime; la dimensione apostolica di queste devozioni è dunque
esplicita e ricorrente: “La migliore consolazione che possiamo offrire al Cuor di Gesù,
è quella di condurgli delle anime” (PES 141; cf DIA 36, 39-42, 52, 54, 62, 63, 80, 81,
83, 95, 96). In sintesi, Gesù Crocifisso è insieme il maestro e il libro di Simone: “Dice
Gesù: il crocifisso dev’essere il tuo libro prediletto. Tutta la vera scienza è nello studio
delle mie piaghe. Se tutte le creature le studiassero, tutte vi troverebbero abbastanza,
senza aver bisogno di alcun libro” (DIA 18-19). “Guarda la mia corona e intenderai la
mortificazione; le mie mani distese e imparerai l’obbedienza; vedendomi nudo sulla
croce imparerai la povertà” (DIA 12).
4.2.2. Gesù come Amico e Sposo. Ho documentato la centralità dell’eucaristia
per Simone nella parte storico-biografica e nella “finestra” sul suo atteggiamneto
liturgico e sacerdotale: si può dire che egli era l’innamorato di Gesù eucaristico:
di fatto un’altra dimensione tipica della sua religiosità è quella sponsale, basata
sul Vangelo. “Quanto è grande l’amore del Signore e la bontà che usa verso di noi
chiamandosi sposo delle anime nostre” (cf Mt 25, 1-10; Mc 2, 19-20 e paralleli di
Mt e Lc).649
Dunque essere tutto suo, in anima e corpo” (PES 266; cf PRO 29, 30, 54, 92,
93)”. Gesù è Sposo crocifisso e coronato di spine e vuole che lo si imiti (“Le anime
religiose sono anime consacrate alla sofferenza. Io vorrei vedere nelle mie spose
altrettanti crocifissi. La sposa non deve forse somigliare al suo sposo? (DIA 13); “La
corona di spine è il dono che Gesù dà ai suoi privilegiati, alle sue spose” (DIA 91-
93, 97). Ma è anche coronato di gloria: “Oggi, la resurrezione di Gesù Cristo, voglio
riformare affatto la mia vita, calpestando l’uomo vecchio e vestendomi di Gesù Cristo
(cf Col 3, 9-10; Ef 4, 22-24; Gal 5, 22) mio Sposo, cioè imitandolo in tutte le sue
virtù, particolarmente l’umiltà” (PRO 128). Questo legame sponsale conforta durante
le difficoltà della vita (“L’anima che non si appoggia sul petto del suo sposo Gesù
[cf Gv 13,25] nelle sue pene, nel suo lavoro, perde il suo tempo”: DIA 24) e ispira
649 Cf ALBERA, Circolari, p. 29, 339: i religiosi con la professione stabiliscono un legame sponsale
con Gesù.

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Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
fiducia per l’ora della morte (“Felici quei religiosi che desiderano la venuta dello
Sposo ed escono da questo mondo a riceverlo col debito apparecchio” (cf Mt 25, 6):
PES 265)650.
4.3. Amore a Maria Santissima, madre amorosa (“Oh Maria, quanto sono beate
quelle anime sopra le quali tu volgi gli occhi tuoi amorosi”: MAG 31), e ausiliatrice
alla quale Simone effonde la sua preghiera affettuosa al termine del lavoro (cf PRE
3). Egli si studia di imitarla in vita (“Debbo ad esempio di Maria attendere con ogni
sollecitudine alla mia santificazione”: PES 10), per poter avere una morte placida
come la sua: “Se volete una morte simile a quella della Vergine Maria, avvezzatevi a
vivere unito con Dio col vincolo di carità, distaccando il vostro cuore da ogni affetto
alla terra ed operando solo a gloria di Dio” (PES 19). “Chi si dedica a Maria, chi si
consacra a lei, chi la onora e l’ama, è così certo di andare in paradiso come se già vi
si trovasse” (PES 148). Onorarla praticando le virtù della purezza, umiltà e carità (cf
PRO 114), e invocandola in ogni azione: “Felici le azioni compiute fra due Ave Maria
(PES 189). Simone raccomanda ai giovani: “Il miglior modo per acquistare l’amore
di Dio e la vera divozione a Maria Santissima, è visitarla frequentemente”(MAG
29). Queste visite sono fonte di speciale assistenza da parte di “questa benignissima
Madre”, sia in vita che in punto di morte (MAG 30, 33-34, 50), e assicurano “il bel
paradiso nell’altra vita” (MAG 40-41). Sappiamo che la recita delle “allegrezze che
Maria gode in paradiso” era per Simone il modo personale di chiudere le sue giornate
terrene e di anticipare la gioia del cielo.
5. Modo di procedere
Nella ricerca della perfezione evangelica, Simone non diventa perfezionista, ma
procede con grande equilibrio, armonizzando intelletto e ragione, volontà e affettività,
ideale e reale, da vero figlio spirituale di don Bosco.
5.1. Realismo, vigilanza e perseveranza. “L’ufficio dei religiosi dev’essere di
ben coltivare il loro spirito per sradicarne i cattivi germogli che la nostra depravata
natura fa crescere continuamente, in modo tale che par sempre che vi sia qualche cosa
da rifare” (PES 221). Seguendo la distinzione di S. Francesco di Sales fra il sentire e
l’acconsentire (cf FAL 110), alla luce di quella paolina fra l’uomo spirituale e quello
carnale (cf 1Cor 2, 12-15) Simone scrive: “La differenza che passa fra gli uomini
spirituali che attendono alla perfezione, e i carnali e sensuali che non v’attendono,
non istà in sentire e non sentire difficoltà e ripugnanza dalla carne, ma nel lasciarsi
questi trasportare da esse e quelli no. L’uomo spirituale non dà orecchio ai gridi e alle
domande della gola e dell’appetito sensuale, né si lascia trasportare da essi. Qui sta il
punto, in non dar orecchio alle tentazioni e agli appetiti che insorgono, né consentire
650 Anche senza aver letto gli opuscoli di Origine sulla preghiera o l’Itinerarium di san Bonaventura,
Simone è uno di quei piccoli ai quali lo Spirito rivelò che i misteri più intimi si colgono non con
l’intelligenza ma con la sapienza amorosa, e che dove il discepolo e l’amico si fermano, viene
introdotto lo sposo.
Sintesi – Un programma di perfetta santificazione
273
ad essi” (PES 45-47). E realisticamente aggiunge: “Senza le passioni, la virtù sarebbe
tolta di mezzo. Dove non è battaglia, quivi non sono vittorie” (MAC 177, ripetuto
210). “Quante vittorie avrete riportato dei vostri nemici, altrettante corone riceverete
da Dio: quante umiliazioni e pene, altrettante delizie e splendori. Moltiplicate ora i
vostri [atti] ed Egli vi arricchirà non solo dei doni di sua grazia, ma altresì di gloria, e
li verserà su voi in larga copia” (PES 17). Anche ai giovani Simone ricorda che “siamo
circondati da molte tentazioni, dal demonio e dalle passioni; ci vuole una diligenza
somma [da] praticare, se vogliamo far viaggio al paradiso” (MAG 35).
Un altro ammonimento di grande realismo: in questa guerra, “non si hanno a
cercare in piazza i nemici, mentre il più aspro sta appiattato in casa tua (cf Gen 4,
7)” (MAC 166). “Il nemico sta nascosto dentro di te, anzi tu sei quel medesimo.
Perciò guarda l’anima tua da te stesso” (MAC 176, rip. 205). “Il nemico più da
temersi siamo noi stessi” (PES 144). In una delle sue riflessioni più articolate, in
cui riecheggia l’ammonimento della 1Gv 2,16, Simone deriva da sant’Alfonso M.
de Liguori il modo in cui vincere le quattro tendenze disordinate che ci muovono
guerra dal nostro interno: “La prima guerra ci viene dall’appetito dei diletti sensuali:
leviamo l’occasione, mortifichiamo gli occhi, raccomandiamoci a Dio, e cesserà la
guerra. La seconda guerra ci viene dalla cupidigia delle ricchezze: procuriamo di
amare la povertà, e cesserà la guerra. La terza guerra ci viene dall’ambizione degli
onori: amiamo l’umiltà e la vita nascosta, e cesserà la guerra. La quarta guerra e la più
dannosa, ci viene dalla propria volontà: rassegnamoci in tutto ciò che avviene per la
volontà di Dio, e cesserà la guerra” (PES 228).
Perciò insiste sulla vigilanza, ad esempio nei propositi presi durante i ritiri annuali
del 1926 e 1927: “Vigilanza somma sopra me stesso, specialmente sopra i miei occhi
e nel trattar coi nostri giovani e con la gente di fuori” (PRO 10). “Per andar avanti
nella perfezione, vigilanza sopra me stesso e custodia dei miei sensi. Fare ogni cosa e
ogni azione per amare e piacere a Dio solo. Umiltà profondissima e approfittare tutte
le occasioni per mortificarsi” (PRO 16) “Vigilanza somma sopra me stesso, sopra le
mie passioni, sopra i pensieri e gli affetti miei. Mai il minimo attaccamento ai giovani.
Vigilanza grande nel trattare colla gente di fuori specialmente coll’altro sesso e molta
vigilanza sopra i miei occhi” (PRO 26, 27). La custodia dei sensi è indispensabile:
“Tutto quello che hai guadagnato in molto tempo e con gran fatica, se ne uscirà molto
facilmente per coteste porte dei sensi se non hai cura di custodirle, e te ne resterai
vuoto e senza niente” (PES 30). Fare ricorso ai mezzi adeguati: “Sta’ vigile contro
le tentazioni di questa vita coll’orazione, colla mortificazione, e colla fiducia nel tuo
Dio” (PES 270). Qualora si levasse il vento della superbia, lo si spegne ricorrendo a
tre dei severi ammonimenti paolini: “Non t’insuperbire né ti gonfiare per le tue buone
opere, pensa alla tua fragilità e ti umilierai. Pensa che da te non [sei] che un vaso di
creta (2Cor 4,7) e di vetro, e tienti sempre umile dinanzi al tuo Dio, per timore di
perdere la sua grazia” (PES 264). “Importa poco quali sentimenti abbiano di noi gli
altri uomini, purché Dio approvi il nostro operare. Non dobbiamo neppure prevalerci
della nostra coscienza (cf 1Cor 4, 3-4), la quale può ingannarci, ma aver sempre

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Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
innanzi agli occhi i giudizi di Dio” (PES 56). In conclusione: “Con timore e tremore
operate la vostra salvezza (Fil 2,12)” (PES 267). Srugi smonta pure l’ingannevole
confronto con uno stato di vita più comodo: “O anima religiosa non vi lusinghi il
cammino largo e in apparenza fiorito del mondo; oh se sapeste di quante spine sono
armate quelle rose e quanti mostri crudeli straziano i miseri mondani. Felice voi che
avete deciso di seguitare per la via stretta il vostro Divin Redentore (cf Mt 7, 13-14).
Coraggio, resistete sempre alle lusinghe dei sensi e alle massime corrotte del mondo,
e così meriterete un bel giorno di goderlo per sempre nel bel paradiso” (PES 273).
5.2. Gradualità, concretezza e semplicità: “Non si possono vincere le battaglie
dello spirito, senza prima aver vinto quelle della carne” (PES 173). “Ricordatevi che
tanto maggiore sarà la vostra applicazione alle cose spirituali, quanto maggiore sarà
la vostra mortificazione dei sensi” (PES 276). Occorre vincere prima la gola e poi
gli altri vizi (MAG 1, 2). Procedere “a misura della grazia comunicata” (PES 251),
compiendo le occupazioni semplici, quotidiane, ordinarie badando non alla quantità
ma alla qualità che è data dal grado di amore: “Assoggettiamoci volentieri alla
diligente e puntuale osservanza delle nostre Regole e con semplicità di cuore, senza
voler raddoppiare gli esercizi, imperocché Dio non ha riguardo alla molteplicità delle
cose che facciamo per amor suo, ma solamente al fervore della carità con la quale le
facciamo”. Questo invito di PES 219 riecheggia la direttiva che don Bosco dava ai
suoi ragazzi e confratelli, e quegli insegnamenti di S. Francesco di Sales che Srugi
trascrisse in FAL 109. “La nostra predestinazione alla gloria non è annessa a favori
straordinari ma alle virtù del nostro stato” (PES 15; cf anche PRO 7, 69), adempiendo
i doveri quotidiani: “La vostra speciale santità dev’essere d’ogni dì e d’ogni istante.
Che consolazione per voi, anima religiosa, il sapere che per divenir santa non dovete
cercare fuori di voi la vostra perfezione; ma sì nell’eseguire i vostri esercizi quotidiani
come dovete” (PES 244-245). A questo riguardo Simone incoraggia se stesso: “Il
Signore vuole che tu pensi a cogliere sempre e a usare le occasioni di servirlo e di
praticare le virtù minuto per minuto. Esercitarsi nelle piccole cose, senza di cui le
grandi cose sono spesso false e fallaci” (FAL 113, 114)651. Perciò Simone formula
questa severa condanna: “Coloro che consumano il tempo in formare grandi progetti
di santità, di elevata contemplazione, di austere penitenze, di atti eroici di carità e
perfino di martirio, e intanto trascurano i particolari doveri di ogni dì, sono in inganno
ed illusione funestissima” (PES 246).
5.3. Diligenza, ragionevolezza e amabilità. Evitare l’ozio (“L’ozio, dice lo
Spirito Santo, è il padre di tutti i vizi, e l’occupazione li combatte e li vince tutti”:
MAG 58) e sfruttare sollecitamente il tempo presente, di durata incerta, in modo
da accumulare meriti per l’eternità: “Devo in fretta intrecciare per me, con molte
opere buone, la corona pel paradiso perché il tempo della morte si avvicina” (PES 8).
“Obliate il passato e tenete continuamente il vostro sguardo fisso sul grande spazio
651 FORTI, pp. 107-121, documenta questa caratteristica della spiritualità salesiana di Srugi, epressa a
parole e coi fatti, attestata da molti testimoni.
Sintesi – Un programma di perfetta santificazione
275
che vi resta a percorrere nel cammino della virtù (cf Fil 3,13)” (PES 105). Un altro
abituale atteggiamento di Simone è la “diligenza” in tutto. Abbinata a sollecitudine
(PES 20), “esattezza e perfezione” (PES 251), “osservanza scrupolosa” (PRO 60)
e delicatezza di coscienza (PRO 74), essa è necessaria per viaggiare verso il cielo
superando le tentazioni (MAG 35, PES 20), e per prepararsi al giudizio particolare
(PES 75). Tuttavia deve essere priva di ansietà652. Nel combattimento spirituale per
conquistare il Regno di Dio si richiede fortezza e perfino “violenza” (cf PRO 61;
MAC 178, ripetuto in 211; cf Mt 11, 12). Ma Simone, con maturo equilibrio ispirato al
metodo educativo-spirituale di don Bosco, precisa che esse vanno unite al senso della
misura, alla sana ragione e alla amorevolezza: “Fare con diligenza e purità d’intenzione
quanto si può nel proprio stato” (PES 151). “Combattete fortemente e con pazienza,
desiderando e cercando per quanto è possibile l’onore di Dio e la salute delle anime”
(PES 241). Il proposito di guarire dalle malattie spirituali deve essere radicale, “ma fate
dolcemente, amabilmente ed amorosamente questa risoluzione” (PES 216). L’invito
evangelico ad “odiare” se stesso, va temperato dalla ragione: “Portando ragionevol
odio a te stesso, ti conserverai; e ti perderai, amandoti malamente” (cf Gv 12, 25)”
(MAC 180, ripet. 213). Lo stesso vale nei confronti del prossimo: talvolta è necessario
correggere, ma bisogna farlo senza ira (MAC 106). “Chi ama il suo prossimo come
se stesso, lo compatisce e lo sopporta nei suoi difetti e mancamenti con dolcezza e
mansuetudine” (PES 63)653.
6. Esercizi e mezzi di santificazione
La santità non viene donata già “bell’e pronta” né la si raggiunge in un giorno;
essa è frutto di un lavoro di anni, portato avanti congiuntamente fra la grazia divina
e la nostra cooperazione; è stato così anche per la Madonna: “La beatitudine di
Maria Vergine è il frutto della sua santità e delle sue buone opere. Oh quando la
comprenderete o anima religiosa anche voi? Non basta quel che Dio ha operato per
voi che vi darà il diritto all’eterna ricompensa, ma ciò altresì che voi avrete fatto
per lui” (PES 18). “Per essere beati fa bisogno che il cristiano voglia santificarsi,
e deve faticare per divenirlo” (MAC 97). Srugi non lascia niente al caso, ma nel
suo programma di santificazione identifica con precisione gli esercizi da ripetere e
i mezzi concreti da usare. Essi sono molto numerosi, e occupano varie paginette dei
suoi scritti; faccio una scelta fra i più significativi.
6.1. Mantenersi alla presenza di Dio: “Sono sempre alla presenza di Dio.
Faccio parte del suo corteggio d’onore. Cercherò di essere puro di mente e di cuore”
(PRO 82). “Come dovrò vigilare per non macchiare mai minimamente l’anima
652 La “diligenza negli affari, senza ansietà e inquietudine” è la virtù che S.Francesco di Sales, insegna
a praticare nella Filotea, 3a parte, cap. 10°, e don Barberis riprende nel Vademecum, 3a parte, p. 16.
Simone la impersonava perfettamente con il suo stile imperturbabilmente sereno.
653 Mitezza, amabilità e ragionevolezza, sono altri tratti caratteristici della spiritualità di S. Francesco
di Sales che Don Bosco enuncia pogrammaticamente nel trattatello Il Sistema Preventivo nella
educazione della Gioventù, capitolo 1°. Torino 1877.

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Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
mia e il mio corpo, tempio augusto della SS.Trinità. Perciò aver sempre Dio a me
presente e mettere in pratica i mezzi che mi suggeriscono le Sante Regole” (PRO
28). “La presenza di Dio e la vicinanza dei suoi giudizi debbono essere per noi in
tutte le nostre azioni un motivo di moderazione e di modestia” (PES 53). “Chiunque
cammina continuamente alla presenza di Dio (cf Gen 17,1), sarà sempre a rendergli
conto delle sue azioni, e non perderà mai l’amore di lui col consentire al peccato”
(PES 145).
Convinto che “Iddio abita nell’anima mia non meno sfolgorante di luce e di
gloria che nella gloria in cielo” (PRO 77), Simone coltiva con amore il raccoglimento
(cf PES 44), la “vita nascosta” (PES 223) e il silenzio. Ciò gli permette di udire la voce
di Dio (cf MAC 133), intrattenersi con lui nella preghiera di meditazione (“Se non hai
cura di osservare il silenzio non acquisterai mai la perfezione e non sarai mai uomo di
orazione”: PES 37, cf anche PES 38, 44) e innalzarsi dalla terra al cielo (“Il continuo
silenzio e il dimenticarsi e stare ritirati dallo strepito delle cose del mondo innalza il
cuore e ci fa pensare alle cose del cielo, è mettere il cuor nostro in esse”: PES 33).
“Una delle virtù che il religioso deve acquistare ad ogni costo è il silenzio” (PES
158). “Il raccoglimento è necessario all’anima come il riposo al corpo” (PES 165)654.
Di conseguenza, anche le parole saranno il riflesso di questa vita interiore: “Se Iddio
fosse l’oggetto dell’amor tuo, se tu fossi sollecito della tua salute, nessuno ti udirebbe
parlare se non di Dio, della virtù e della perfezione” (MAC 146).
L’unione con Dio si esprime pure con le giaculatorie “frequentissime ed
infuocate” (PRO 145), che Srugi intende come “sospiri d’amor di Dio” (PES 283),
slanci affettuosi del cuore verso Dio: “Aspirate spesso a Dio con brevi ed ardenti
lanciamenti del vostro cuore; donategli mille volte al giorno l’anima vostra” (MAG
32). “La vostra speciale santità dev’essere d’ogni dì e d’ogni istante: né ciò può
verificarsi che per le orazioni giaculatorie e gli slanci affettuosi del cuore verso Dio”
(PES 244)655.
6.2. Rinnovare la consacrazione e moltiplicare meritori atti di virtù. La
rinnovazione della consacrazione religiosa è una sua pratica giornaliera: “Rinnoverò
tutti i giorni quando ricevo Gesù la mia professione religiosa [i miei voti], per
infervorarmi nella loro osservanza” (PRO 68), e viene confermata nei propositi
annuali: “Rinnoverò la mia totale consacrazione, cioè l’anima mia con le sue potenze,
il corpo coi suoi sentimenti, il cuore coi suoi affetti, per non dimenticare l’obbligo di
esser tutto suo” (PRO 72); “Oh, mio Dio: rinnovo la mia totale consacrazione a Voi
e intendo rinnovarla tutti i momenti della mia vita. Non voglio mai darvi il minimo
disgusto” (PRO 88). Questo impegna Simone nella pratica delle buone opere e di
tutte le virtù (il termine ricorre una cinquantina di volte). “Volete rendere meritorie
le vostre opere quali che siano? Eseguitele in unione con Dio, che da lui viene la
potente virtù che dà vita a quello che facciamo, poiché Egli è la via, la verità e la vita
654 Sono i temi che don Barberis espone nel Vademecum, parte 3a, capitolo XI.
655 Cf BARBERIS, Vademecum, parte 3a, p. 43-44.
Sintesi – Un programma di perfetta santificazione
277
(Gv 14,6)” (PES 248). “Il Signore è così buono che, ove nulla sia opposto alle virtù
cristiane, accetta di buon grado quelle opere [...] se le facciamo con l’intenzione pura
di dargli gloria e piacere” (PES 257). “Le opere del religioso per piccole e semplici
che siano, sono preziose e accette a Dio quando sono fatte per piacere e per dare gloria
al Signore” (PRO 69)656. Coerentemente si dà questi impegni: “Invece di arricchirmi
delle cose temporali voglio arricchirmi di tesori spirituali per l’eternità, come atti di
umiltà, di mortificazione, di carità, di abnegazione, di rassegnazione” (PRO 51). Alla
luce del Vangelo “dobbiamo armarci di sante operazioni” (PES 51), per acquistare
meriti: “Camminate in modo da guadagnarvi sempre maggior meriti pel cielo” (PES
118). “Approfittare degli avvenimenti, delle cose, delle creature per innalzarmi al mio
creatore e arricchirmi di meriti per il cielo” (PRO 7). “L’accorto e buon religioso si
aprofitterà di tutte le occasioni per umiliarsi, rinnegarsi, mortificarsi, per manifestare
il suo amore a Dio e arricchirsi di molti meriti “ (PRO 12; cf PRO 71). “Impariamo
ad operare il bene mentre abbiamo tempo (cf Gal 6,10) e comodità di farlo: e non ci
contentiamo di soli desideri sterili e di parole infruttuose, ma facciamo quei frutti di
buone opere che il Signore richiede da ciaschedun religioso (cf Mt 3, 8-10; Gv 15,
1-8. 16)” (PES 59). Da qui l’ammonimento: “Non v’ha vera penitenza se non quella
che opera in noi il cangiamento dei costumi” (PES 57), e “lunghe orazioni senza
mortificazioni sono lunghe inutilità” (PES 154).
Fra le virtù in cui esercitarsi, al primo posto vi sono l’umiltà (“Se tu vuoi arrivare al
sommo della perfezione cerca davvero ad amare le confusioni, le ingiurie, le calunnie,
ad imitazione di Gesù nostro maestro”: MAC 190; “Datti davvero all’esercizio delle
umiliazioni, e conoscerai che questa è la via più spedita e più corta”: MAC 193) e
la carità, nelle diverse sue forme: Chiunque possiede la carità e in essa procura di
continuamente crescere e perfezionarsi, possiede un tesoro inestimabile e, secondo
S.Agostino, fa tutto quello che si contiene nella divina Scrittura” (PES 64). Carità
comporta compatire gli sbagli dei fratelli, sopportare i loro difetti, perdonare le offese
(MAC 68, PES 178, 268), dando per scontato che “il vero umile non crede mai che gli
sia fatto torto alcuno” (MAC 113, ripetuto tale e quale in 116, 186 e MAG 9).
6.3. Pazienza e padronanza della propria irascibilità. “Aspettate con
pazienza il Signore ed Egli vi libererà. Dio fa le cose adagio, ma le fa bene”
(PES 126, anche 238). Rifugiarsi nelle piaghe di Gesù Crocifisso (“Le mie sante
piaghe sono un balsamo e un conforto nella sofferenza. Quando avete qualche
pena, qualche cosa da soffrire, bisogna deporla prontamente nelle mie piaghe e
la pena sarà addolcita”: DIA 37-38). “Non va nulla di sì penoso che non possiate
tollerare con pazienza, se vi ricordate della passione di Gesù Cristo” (PES 137).
“San Basilio diceva: Sforzatevi per acquistare la pazienza perché essa è la più
grande virtù dell’anima; fate d’acquistarla per poter arrivare presto alla cima
della perfezione. – La pazienza è il rimedio sovrano dell’anima: l’impazienza è
il veleno del cuore. – L’anima paziente va elevandosi a misura che le tribolazioni
656 Cf BARBERIS, Vademecum, parte 3a, p. 70ss.

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Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
s’aumentano. Lasciate che vi perseguitino: Dio si incaricherà un giorno di
perseguire i vostri nemici, e per voi resterà la corona della pazienza, non meno bella
che quella del martirio” (PES 127-130). Realisticamente constata: “La pazienza è
una buon’erba, ma non cresce in tutti gli orti” (PES 149), e con una frase ardita,
afferma: “In questo mondo non vi è purgatorio, ma o paradiso o inferno: chi
sopporta le tribolazioni con pazienza ha il paradiso, chi no l’inferno” (MAG 9).
Dalle convinzioni ai propositi: “Cercherò di santificarmi e perfezionarmi
sopportando i dolori, le sofferenze, i disagi, le indisposizioni che Iddio mi manda
giorno per giorno” (PRO 105); “Prendere con amore tutto ciò che può capitarmi
durante il giorno di penoso, sia da Dio, o dai superiori o dal prossimo” (PRO 120).
“Rivolgi i tuoi pensieri a perfezionarti in tutte le tue azioni ordinarie, ed a portar le
croci, o grandi o piccole che ti si pareranno innanzi. Credimi, sta qui il segreto di farsi
santi” (DIA/FAL 115).
Concretamente, tenere a freno la propria suscettibilità: “Cercherò in tutto ciò
che faccio di stare in pace e di non impazientirmi specialmente quando tratto con il
prossimo e coi nostri giovani” (PRO 109). A se stesso, ai confratelli educatori e ai
ragazzi, Srugi raccomanda: “Sii mansueto, paziente, tollerante e facile a perdonare
le ingiurie, e sarai beato (cf Mt 5, 5)”: PES 268)”. “Cacciate o anima religiosa da voi
l’uomo vecchio cioè l’iracondo e resterete solo coll’uomo nuovo, il pacifico (cf Col
3, 9-10; Ef 4, 22-24; Gal 5, 22)” (PES 175). “Quanto più l’uomo è virtuoso, tanto più
fortemente reprime l’ira sua” (MAC 154; cf MAC 164). “Sia la tua ira il primo scopo
della tua vendetta” (MAC 166).
6.4. Distacco e povertà. Nei Dialoghi, Gesù dice “Voglio che l’anima religiosa
sia staccata da tutto, perché per venire al mio Cuore deve essere scevra da ogni attacco,
che nessun filo la leghi più alla terra” (DIA 21, ripetuto in 106). Simone si propone
di vivere insieme il distacco e la povertà: “Cercherò di purificare l’anima mia col
distaccarmi da ogni cosa terrena e materiale affinché possa imitare il mio Signore
Gesù Cristo che era poverissimo”: PRO 25). In tal modo rafforza le fondamenta
dell’edificio (PES 235: “Ella è fondamento sopra il quale si edifica l’abitazione di tutte
le virtù ed è nutrice dell’umiltà”) e può volare sempre più in alto: “Anima cristiana,
guarda il Cielo, è là che Dio ti attende. Corri, vola, rompi tutti gli attacchi che ti legano
alla terra” (PES 142, cf PES 6). “Il saggio sa vendere la terra per comprare il cielo”
(PES 119). “Tutto quel che hai, ti fu dato in prestito, e tuo ne è solamente l’uso, per
quel tempo che piacerà all’Arbitro sommo d’ogni cosa” (MAC 104). Chi ha Dio e il
suo Regno ha tutto: “A che temi la povertà, se porti nel cuore tutto un regno? Il regno
di Dio sta dentro di te” (MAC 156). “Voglio correggermi dei miei difetti riguardo
alla povertà. Quando posseggo Dio e la sua grazia sono ricco abbastanza” (PRO 94).
Dunque non ha senso preoccuparsi di abiti, ornamenti e cose preziose (cf MAC 127-
128, 135-136; PES 202-203). “Niente meglio adorna un religioso che la santità della
vita, per cui in tutto sia d’esempio agli altri” (PES 204). Per questo spirito di distacco
e di povertà si può dire che Simone condusse sempre una “vita penitente”.
Sintesi – Un programma di perfetta santificazione
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6.5. Mortificazione, purezza e castità. Anzitutto praticare le mortificazioni
inerenti al proprio stato di vita e poi aggiungerne altre di propria scelta: “Dobbiamo noi
altri andare in cerca delle mortificazioni e delle umiliazioni: e tu fuggi da quelle che ti
si presentano e da quelle alle quali non ti puoi sottrarre senza commettere peccato?”
(PES 81). Nelle massime scritte per i confratelli, Simone insiste su questi punti: “Il
corpo s’ha da trattare rigidamente anzi che no, sicché non si faccia ripugnante ai
voleri dell’anima. – Tu sei nato a cose maggiori che non ad essere abbietto schiavo
del tuo corpo, nel quale nient’altro tu devi scorgere se non che un vincolo dell’anima
e della libertà. – Siccome i sensi sono quasi le porte per le quali entra la morte
dell’anima, così ti procaccerai che siano chiuse alle cose di quaggiù e si rivolgano
alle celesti. – I sensi devono servire, non comandare. Segno di molta stoltezza [è]
lo star occupato nella cura del corpo” (MAC 123-126). “È meglio assai travagliare
il corpo e serbarlo, che accarezzarlo a suo danno e perderlo insieme all’anima in
eterno” (MAC 134). Mortificazione di tutti i sensi, esterni e interni, in atteggimento
penitenziale: “Allontanate dagli occhi, dalle orecchie, dal gusto, odorato e tatto ogni
specie di soddisfazione illecita e pericolosa e con la penitenza mortificate al possibile
i sentimenti anche in cose lecite” (PES 275). “Si richiede dal religioso che si facciano
opere della sua vocazione, cioè di morire a se stesso in tutte le cose, sì in quelle che
paiono buone quanto nelle cattive ed inutili” (PES 214). Ma alla fine, ciò che conta è
la motivazione teologica: “Bisogna morire per mezzo della mortificazione (cf 2 Cor
4,10). Queste parole “bisogna morire”, sono dure, ma sono seguite da una grande
dolcezza. Cioè per unirsi a Dio per questa morte” (PES 217).
Purezza nei pensieri e nelle parole: “Guardati dal ruminare col pensiero dinnanzi
a Dio quelle cose delle quali ti vergogneresti di parlare dinnanzi ad un’onesta persona.
– Siano i tuoi pensieri placidi, semplici, puri, e senza veruna malizia. Vergognati di
pensare a ciò che ti vergogneresti di dire. – Siano i tuoi pensieri tali che, richiesto
improvvisamente che cosa pensi, tu non debba avere rossore di palesare ciò che ti sta
nascosto nel cuore. Occupar la mente in buoni pensieri: è il modo con cui si chiude
la porta ai cattivi” (MAC 172-174). “Combatterò il piacere sensuale in me, sia nei
pensieri sia negli affetti, e cercherò di non mai acconsentire al piacere sensuale” (PRO
107). Anche il parlare deve essere casto e modesto. Simone rifugge personalmente
e condanna negli altri forme di allegria smodata, “parole immodeste”, “facezie”
equivoche o ridicole, perché sono “cosa indegna di chi attende alla perfezione” (cf
PES 41-42, 85-86; MAG 62). “Non solo abbiamo da astenerci dal parlare di cose
indecenti, ma anche dal darvi orecchio: perché chi gusta udire, provoca l’altro a
parlare: ma ancora è cosa vergognosa e brutta l’udire cose brutte e cattive” (PES 76).
Castità negli atti. A questo riguardo i propositi di Simone sono ricorrenti, indice
di uno sforzo prolungato: “Come dovrò essere felice e beato nell’essermi consacrato
anima e corpo al Signore. Come dovrò mantenermi puro e santo come un angelo al suo
cospetto. Quanto dovrò vigilare per non macchiarmi mai l’anima e il corpo che sono il
tempio della SS.Trinità” (PRO 28 del 1927, ripetuto tale e quale in PRO 110 nel 1937;
cf pure PRO 39). “Gesù vuol veder i suoi religiosi senza macchia, puri di mani, di

15.10 Page 150

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280
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
occhi, di mente, di cuore. Guerra al peccato impuro” (PRO 67). “Combatterò il piacere
disordinato e la mia sensualità per piacere al Signore e per mantenermi puro e santo
dinanzi al mio Dio” (PRO 75). “Combatterò quanto [so] e posso il piacere sensuale,
affinché non domini neppure per un sol momento la mia mente e i miei affetti” (PRO
83); “Molta attenzione alla mia castità, scacciare con prontezza il piacere sensuale,
e mortificazione degli occhi” (PRO 85). “Quanta attenzione, quanta vigilanza per
combattere in me il piacere sensuale nel trattare colla gente, coi nostri giovani, e
trattare il corpo come consacrato a Dio!” (PRO 102). In conclusione: “Chi conserva
la virtù della purità, l’angelo suo custode lo tiene per fratello e gode moltissimo della
sua compagnia” (MAG 48; cf MAG 50); “Procuriamo con tutte le nostre forze, che
siano angelici e puri i nostri costumi nel breve soggiorno della presente vita, a fine
di meritare la gloria e la felicità degli angeli in cielo” (PES 62; cf MAG 44, 50; PRO
28, 95, 110).
7. In attesa dell’incontro con Gesù giudice buono e amico
Percorrendo questo impegnativo cammino ascetico verso la più alta perfezione,
Simone non si esalta né si abbatte, ma conserva un sano equilibrio. Da una parte sa che
“l’uomo prudente deve stimar le sue cose dieci volte inferiori di merito di quello che la
sua immaginazione gli rappresenta. Perché l’amor proprio spesso moltiplica il merito
delle proprie azioni” (PES 182). E d’altra parte, constatando quanto gli resti ancora da
fare, non cade nell’apprensione, nell’ansia e tanto meno nello scoraggiamento, ma si
mantiene semplice e fiducioso, contando sulla misericordia di Dio, il quale gradisce
le minime azioni fatte per lui e le ricompensa in proporzione non ai nostri meriti ma
alla sua bontà infinita: “Qual bontà di Dio, e nostra fortuna, di accettare per gloria sua
e per bene di noi le nostre più ovvie operazioni” (PES 247).
Il pensiero alle “realtà ultime” costituisce nella psicologia religiosa di Simone
un abituale stimolo a valorizzare questo tempo di pellegrinaggio: “Mi distaccherò da
ogni cosa terrena che mi impedisce di essere tutto del mio Dio e per essere pronto
alla chiamata del mio sposo Gesù quando mi chiamerà dall’esilio alla patria celeste”
(PRO 54, cf anche 64). “Quanto mi rincrescerà al punto di morte di non aver fatto più
opere buone e acquistato virtù e avanzato nella perfezione, e allora si vorrebbe fare
ma non vi è più tempo” (PES 22, anche 24 e MAC 2). “Ordina ogni dì l’anima tua in
quel modo che faresti se fosse giunta l’ultima tua ora” (MAC 160). “Mi sforzerò di
essere un santo religioso vivendo in maniera di essere pronto a morire ogni giorno”
(PRO 49).
Durante gli Esercizi Spirituali a Betlemme nel 1937 prende questa risoluzione:
“Mi renderò abituale, come ho sempre fatto, il pensiero del giudizio e dell’inferno per
vivere da buon religioso e per distaccarmi dalle persone e dalle cose” (PRO 113; cf
MAC 3, 10). La rinnova l’anno seguente a Nazaret: “Prenderò il pensiero della morte
come consigliere, per vivere santamente e con perfezione e per tenermi preparato”
(PES 117). Infine la specifica scendendo ai particolari, nel 1939, anno in cui (come
abbiamo visto nella prima parte) corse serio pericolo di morte: “Farò di tutto per
Sintesi – Un programma di perfetta santificazione
281
tenermi preparato a comparire dinanzi al Signore in qualunque momento. E di tener
in ordine le cose del mio ufficio d’infermiere, sia in casa sia nel dispensario, e di tener
i conti preparati” (PRO 121)”. Simone è ben consapevole della serietà del giudizio:
“Come debbo prendere dalle mani del Signore le croci che mi manda per pagare i
miei debiti e purificare l’anima mia dalle sue macchie, prima di presentarmi al suo
tremendo tribunale” (PRO 24). Ma, ancora una volta, la considerazione della divina
misericordia prevale su quella delle proprie colpe: “Temiamo in tutti i giorni di nostra
vita il giudizio formidabile di Dio, e temiamolo con timor figliale, il quale non ci turbi
inutilmente [ma] ci faccia operare con diligenza la nostra salute” (PES 69). “I tuoi
difetti, replicò Gesù, compariranno tutti al giorno del giudizio, ma per la tua gloria e
per la mia” (DIA 15).
“Procuriamo di prepararci con diligenza al giudizio particolare e starvi
continuamente preparati, come ci esorta il nostro divin maestro Gesù Cristo che sarà
nostro giudice. Beati noi se, venendo il Signore, ci troverà apparecchiati (cf Mt 24, 46;
25, 13; Lc 12, 35-40)” (PES 75). “Vegliate, dice Gesù Cristo, perché voi non sapete
né il giorno né l’ora della vostra morte, in cui il Figliol di Dio verrà a giudicarvi
(Mt 24,42)” (PES 72). Perciò Simone, fiducioso nella bontà di Gesù e animato dal
suo amore per Lui, si propone: “Avrò sempre dinanzi a me la morte e il giudizio
per tenermi apparecchiato a comparire dinanzi al buon Gesù”. (PRO 38). “Mi terrò
preparato, quando il buon Gesù mi chiamerà dall’esilio alla patria celeste” (PRO 64).
Alla sorella Zàhra il 24 dicembre 1939 scriveva: “Penso che la fine del mio esilio
in questo mondo non è lontana. Sento infatti da tempo difficoltà di respiro e male al
cuore e poca forza. Tutto questo mi dice: «Preparati a incontrare il tuo Signore quando
egli lo vorrà» (COR 8). “Prenderò per consigliere il pensiero della morte e cercherò
di tenermi sempre pronto a comparire avanti al buon Gesù, che cercherò di farmelo
amico” (PRO 112).
8. I frutti dell’azione in terra e la contemplazione di Dio in Paradiso
Simone constata realisticamente che “sono pochi coloro che comprendono
ciò che Dio farebbe per essi, se si dessero intieramente a lui” (PES 99). Da parte
sua resta saldamente fedele al suo ordine di priorità: “Abbiate sempre l’eternità nel
vostro spirito, Gesù Cristo nel vostro cuore, e il suo amore divino al disopra di tutte
le cose” (PES 186), convinto che Dio ripaga abbondantemente il primato dato alla
sua amicizia: “Oh quanto Dio fa conto d’un giusto e quanto dice e fa per rispetto suo.
Procura tu o religioso di essere molto giusto e molto amico di Dio e di attendere molto
davvero alla tua perfezione, tenendo per certo che Dio favorirà tutte le cose tue, e si
ricorderà dei tuoi genitori, dei parenti e amici tuoi e di ogni cosa che ti appartiene, e
tanto [più] lo farà quanto più deporrai il pensiero e ti scorderai di queste cose per darti
a Dio solo” (PES 281).
Gli era familiare l’ammonimento biblico che don Bosco ripeteva spesso: “In fin
di vita si raccoglie il frutto delle opere buone”; egli lo esprimeva con parole simili:
“Non inganniamoci, imperocché ognuno raccoglierà nel giorno del giudizio quello

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Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
che avrà seminato nella presente vita. Chi semina nella carne, cioè opere carnali e
peccaminose, non raccoglierà che corruzione, cioè pena e dannazione; e chi semina
nello spirito, cioè opere buone e grate a Dio, raccoglierà l’eterna vita (Cf Gal 6,7-
8; Mt 24,42)” (PES 70-71). “In morte raccoglierò ciò che ho seminato durante la
vita” (PRO 146; cf MAC 184). Qui e adesso, come buoni “agricoltori spirituali”,
continuiamo a faticare per raccogliere poi nell’eternità (PES 124): “Il nostro riposo
sarà in paradiso. Oh paradiso! Oh paradiso, chi pensa a te in questo mondo non patisce
più stanchezza” (PES 109). “Ricordiamoci che tutto il tempo della vita presente ci è
dato per evitare l’inferno e per meritare il Paradiso colle opere buone e specialmente
di misericordia (cf Mt 25)” (PES 74). “Quando la croce ci pesa, quando la via ci pare
troppo lunga, quando le tenebre ci si addensano attorno, pensiamo alla felicità che
avremo all’ora della morte, se si avrà sofferto per amor di Gesù Cristo” (PES 190).
“Il giorno della morte per l’anima religiosa santa che ha operato il bene durante la
vita, [è] il giorno di una copiosa raccolta. Perché raccoglie il frutto delle sue opere
buone. Sono stati tanti atti di penitenza, tanti atti di umiltà, tanti atti di carità, tanti
atti di obbedienza, tante fervorose preghiere e comunioni, tante mortificazioni e
umiliazioni per amore di Gesù, tanti meriti in ogni modo accumulati, in ogni buon
pensiero, in ogni buona parola, in ogni giaculatoria, in ogni sospiro d’amor di Dio”
(PES 283). “Quanto è bello veder Dio, amarlo, benedirlo e contemplarlo per tutta
l’eternità” (MAC 168).
¶¶¶
Conclusione: linguaggio e programma di vita "familiari"
A conferma di quanto ho documentato nella prima parte circa l'attenzione con
cui i confratelli di Betgamāl seguivano le direttive dei superiori (vedi pp. 40ss., 69ss.,
169ss., 193), mi limito a rilevare che la teologia della vita religiosa espressa da Srugi
nei termini qui sopra riportati, è sostanzialmente quella contenuta negli scritti di Don
Bosco e attualizzata dai suoi successori nelle loro lettere circolari e “strenne” annuali.
In quelle di don Rua il tema della perfezione personale, con le virtù relative e gli
Sintesi – Un programma di perfetta santificazione
283
esercizi per raggiungerla, è centrale e ripetuto come un ritornello657.
Anche in quelle di don Albera i termini “anima”, “vocazione religiosa”,
“perfezione”, “santità” costituiscono la trama del discorso658. Don Rinaldi riprende
e sviluppa gli stessi temi659, infine don Ricaldone li rilancia nel contesto della
canonizzazione di Don Bosco660.
Si potrebbero moltiplicare le citazioni, ma mi sembra che sia sufficiente quanto
ho documentato, per concludere che l’umile coadiutore Simone Srugi ha preso sul
serio quelle direttive, ne ha fatto il suo programma di vita e seguendole ha raggiunto
un grado eminente di santità tipicamente salesiana.
657 Riporto alcuni passi da RUA, Circolari. Con la professione religiosa abbiamo contratta “la stretta
obbligazione di avanzarci ognora nella perfezione” (p. 111), iniziando sempre di nuovo, perché nel
cuore resta sempre un fondo di amor proprio, “desiderosi di progredire ogni giorno nella perfezione,
affine di corrispondere alla grazia specialissima che Dio ci concesse chiamandoci alla vita religiosa”
(p. 122); “nell’emettere i santi voti si contrasse l’obbligo di andare innanzi continuamente nella
perfezione che conviene allo stato che si è abbracciato. Quindi questa tendenza verso la perfezione
diviene pel salesiano come un debito che egli paga ogni giorno, ma che sulla terra non finisce mai
di saldare; è questo quel negozio in cui si devono far fruttificare i talenti ricevuti” (p. 195). Nella
Circolare sulla povertà: “Ci animi a praticare la povertà l’intima relazione che corre fra la pratica
di questa virtù ed il nostro individuale progresso nella perfezione” (p. 367). Gesù la enuncia come
prima delle beatitudini perché “essa è il fondamento su cui si appoggiano gli altri sette gradini per cui
si arriva alla cima della perfezione” (p. 368); non affezionarsi a persone o a cose, perché diventano
come sassolini che impediscono di “camminare nella via della perfezione” (p. 372); per acquistare
lo spirito di povertà è molto importante attenersi sempre alla vita comune (p. 373); “l’indifferenza
ad ogni ufficio, è indizio di alta perfezione” (p. 400).
658 La vita religiosa è una “grazia segnalatissima del Signore il quale nella sua bontà volle toglierci
dalla vita dei semplici cristiani e chiamarci ad abbracciare lo stato di perfezione, che ha per base la
pratica dei consigli evangelici” (ALBERA, Circolari, p. 332). “La nostra vocazione ci obbliga non
solo a tendere alla santità, ma anche ad acquistarla nel grado più perfetto che ci sia possibile”; perciò
mantenere “il desiderio vivo di una perfezione sempre più alta, e lo sforzo costante per conseguirla”
(p. 403).
659 Cf Egidio VIGANÒ, Don Filippo Rinaldi, genuino Testimone e Interprete dello spirito salesiano,
in “Atti del Consiglio Generale della Società di S.Francesco di Sales” 71(1990) n° 332, pp. 3-65;
Stefano MAGGIO (a cura di), Lo spirito di Don Bosco nel cuore del Beato Don Rinaldi. Conferenze
e scritti. Torino: SEI, 1990, specialmente “Don Filippo Rinaldi, maestro di santità salesiana”, alle
pp. 289-348.
660 Cf Pensar bene di tutti, parlar bene di tutti, far del bene a tutti. Torino: SEI, 1933; Santità e purezza.
Torino: SEI, 1935; Fedeltà a Don Bosco Santo. Torino: SEI, 1936; Povertà. Torino: SEI, 1938.

16.2 Page 152

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Bilancio
285
BILANCIO
Al termine della ricerca mi sembra d’aver raggiunto gli obiettivi che mi
prefiggevo, cioè documentare meglio la storia di Betgamāl e il posto di Srugi al suo
interno, collegandoli con gli eventi principali della storia contemporanea regionale.
La galleria fotografica permette di vedere i volti delle persone e i luoghi che furono
scenario delle loro azioni; gli indici mostrano le fonti specifiche degli scritti di Srugi.
1. Protagonisti e attori della storia salesiana di Betgamāl
Così lo studio fatto ci permette di avere una conoscenza più ricca dell’opera
salesiana nella molteplicità di settori in cui era articolata: comunità religiosa (SDB e
FMA); orfanotrofio e casa di accoglienza di profughi armeni; istituzione educativo-
scolastica per una maggioranza di allievi convittori e un gruppo di scolari esterni;
ambulatorio e dispensario per l’assistenza medico-infermieristica ai contadini poveri
e ammalati della zona; azienda agricola con annessi la cantina, il mulino e il frantoio;
centro promotore della devozione a Santo Stefano protomartire e della spiritualità del
perdono cristiano.
Queste svariate forme di “offerta” rispondevano a bisogni reali dei giovani e
della popolazione povera del luogo e, per quanto riguarda la “Pia Opera”, anche
alle aspettative dei numerosi aggregati da diverse parti del Medioriente, d’Europa e
d’America. L’utilità dei servizi e prestazioni espletati era riconosciuta dai beneficiari,
apprezzata dalle autorità civili, scolastiche, mediche e religiose (anche non cattolici,
musulmani ed ebrei), e sostenuta da organizzazioni internazionali di beneficenza.
A gestire i vari settori era la comunità nel suo insieme (confratelli, suore e
collaboratori laici) in cui alcuni si distinsero come protagonisti e attori principali:
don Eugenio Bianchi per l’animazione spirituale secondo lo spirito di Don Bosco,
come pure per la “Pia Opera”, da lui ideata, costituita e, dopo l’approvazione del Papa
Pio XI, diffusa a raggio mondiale. Don Alfredo Sacchetti industrioso organizzatore
dell’azienda agricola e infaticabile “procuratore” della beneficienza, specialmente
a favore degli Armeni. Suor Tersilla Ferrero, per 14 anni a fianco di Simone non
solo come infermiera ma come sua “sorella spirituale”. Padre Maurizio Gisler, che
diede credibilità scientifica alle scoperte archeologiche e progettò il Martyrium. Don
Giovanni Fergnani entusiasta divulgatore. Il coadiutore Angelo Bormida al quale la
morte prematura impedì di dare il pieno contributo della sua arte; abūna Butrus Sarkīs,
don Mario Rosin, don Rafaele López. Ci furono pure quelli che (per stare al linguaggio
drammatico) chiamerei “gregari”: preti (come don Frey e don Gosslar, don Candiani
e don Calīs, don Spiridiōn e don Sciueri ...), oppure coadiutori addetti ai vari settori
dell’azienda agricola (Harūni, Aloi, Porro, Hawīla ...) che con il loro lavoro manuale
e una crescente meccanizzazione, coadiuvati da laici maestri, istruttori e capidarte

16.3 Page 153

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Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
(Artīn, Dikrān, ...) e operai, la portarono a un livello di eccellenza, riconosciuto dai
numerosi premi ottenuti in occasione delle mostre agricole. Infine mi sembra di aver
fatto luce sui ragazzi-giovani di Betgamāl, con brevi cenni sulla loro vita da convittori
e da exallievi.
I protagonisti non erano persone ripiegate a “coltivare il proprio orticello”.
Abbiamo avuto modo di constatare la loro apertura mentale: animati da una
visione quasi utopica, misero mano a imprese di ampio respiro, tre in particolare: la
preparazione professionale, religiosa e sacerdotale di centinaia di giovani armeni nelle
scuole salesiane del Medioriente e d’Italia, in vista della ripresa della missione cristiana
nella Turchia sud-orientale. Il progetto di costruire un grande santuario in onore di
santo Stefano per promuovere la cultura della riconciliazione a raggio internazionale.
Il disegno di espandere l’ambulatorio portandolo a livello di un ospedaletto zonale661.
Così risulta più chiaro che Simone Srugi non è un personaggio isolato, ma la
figura di spicco di una comunità di persone che (in quel contesto storico-geografico,
socio-economico, educativo e assistenziale) testimoniarono operativamente i
valori della vocazione cristiana e della consacrazione e missione salesiana. Essi
lo riconoscevano il migliore loro rappresentante dal punto di vista religioso, come
dimostra, tra l’altro, il fatto che lo elessero come delegato dei coadiutori a partecipare
in Italia alla beatificazione e alla canonizzazione di don Bosco.
2. Simone Srugi: figura rappresentativa di “contemplativo nell’azione”
Un veloce sguardo retrospettivo: Simone trascorse i primi 11 anni a Nazaret
dei quali non ci sono rimasti documenti: certamente i misteri cristologici e mariani
dell’incarnazione e della “vita nascosta” esercitarono un profondo influsso sul
suo animo di fanciullo, e l’immagine di San Giuseppe compensò in certo modo
l’assenza paterna: “Possiamo dire che la sua fu una spiritualità nazaretana, tanto più
che sappiamo come gli orientali siano sensibili e attaccati alle tradizioni familiari e
popolari”662. Di seguito crebbe per circa 4 anni a Betlemme nell’accogliente clima
dell’orfanotrofio di don Belloni e dei “Fratelli della Santa Famiglia”, fraternizzando
anche con i primi salesiani, molti dei quali avevano solo qualche anno più di lui.
In quella scuola professionale e di addestramento al lavoro manuale, l’adolescente
Simone fece l’apprendistato come sarto, fornaio e infermiere. Nello stesso tempo
rimase colpito dall’umiltà e povertà del Gesù Bambino nella grotta della natività
(dove gli orfani scendevano ogni giorno a pregare per i benefattori) e si impregnò
delle devozioni al SS. Sacramento e al S.Cuore. Queste rimasero come linee portanti
della sua religiosità per tutta la vita. Poi negli anni di aspirantato, noviziato e
tirocinio a Betgamāl pose le fondamenta solide della sua vita di consacrazione a Dio,
imitazione di Cristo e donazione al prossimo nella missione educativa e assistenziale
661 Qualcosa di analogo fecero negli stessi anni i Salesiani di Betlemme per la devozione al S.Cuore e
quelli di Nazaret a Gesù Adolescente. Con il vantaggio che in entrambe le cittadine essi officiavano
due basiliche monumentali, in loro rispettivo onore.
662 Cf FIORA, pp. 39, 48-49.
Bilancio
287
salesiana. Nei decenni successivi, su queste fondamenta costruì l’edificio della sua
santificazione in cui le suddette dimensioni raggiunsero la maturità, fondendosi
con altre ugualmente caratteristiche: la conformazione al Cristo crocifisso e risorto;
il lavoro santificato dall’adorazione continua “in spirito e verità”, come “liturgia
della vita”; l’amorevolezza educativa, la disponibilità al perdono, la semplicità della
“piccola via” nella vita comunitaria, la compassione per gli ammalati e i poveri. Per
queste ragioni, senza togliere nulla al fatto che provenga da Nazaret, penso che non
sarebbe improprio chiamarlo Simone Srugi di Betgamāl663.
Quest’opera belloniana e poi salesiana, a differenza delle altre che erano favorite
dalla ubicazione in città o dintorni (Nazaret e Haifa, Gerusalemme, Betlemme e
Cremisan), era svantaggiata: un orfanotrofio agricolo in aperta campagna, esposto
a tutti i venti socio-politici e militari, in un ambiente in cui la malaria e la povertà
facevano da padrone. Non meraviglia che qualcuno pensasse che lì si mandavano
confratelli di seconda categoria664. Don Bianchi e don Sacchetti, abūna Sarkīs e don
Rosin, ma specialmente Simone, con la sua testimonianza umile, gioiosa e laboriosa,
contribuì a dare a Betgamāl tutt’altra immagine e fama: essa divenne la Betgamāl di
Srugi. Si veniva, certamente, per visitare il santuario di santo Stefano, o a godere delle
bellezze naturali, o per svariati motivi pratici; ma altri venivano apposta per conoscere
lui, oppure tra le impressioni più gradevoli che portavano con sé ripartendo c’era quella
di aver incontrato un santo. Era lui il salesiano che gli exallievi, immediatamente e a
distanza di decenni, associavano più strettamente a Betgamāl; segno di un profondo
e duraturo rapporto di fraternità e anche di paternità spirituale che egli aveva saputo
intrecciare con loro. La constatazione che don Sacchetti scriveva nel 1924 (“Non
vi è in tutto il distretto certamente persona più conosciuta e venerata di Srugi”) è
confermata dalla lunghe liste di nomi di persone (migliaia) e di villaggi (diecine) nei
9 registri delle medicazioni, e infine fu meritatamente evidenziata il giorno della sua
morte. Don Cattān riassumeva: “La casa di Beitgemal può rallegrarsi d’aver albergato
un santo per ben 50 anni fra le sue mura”665.
Nel susseguirsi di eventi drammatici e talvolta tragici (due guerre mondiali,
ribellioni di confratelli, guerriglia, deportazioni, saccheggi, uccisioni...), su uno
scenario in cui si alternavano personaggi forti che lasciarono violenza e distruzione,
Simone seppe essere un uomo di pace, distinguendosi per la sua mitezza e serenità.
Mantenne sempre lo sguardo puntato in alto, in atteggiamento costante di unione
amorosa con Dio, percorrendo senza deviazioni un itinerario di santificazione
personale e di apostolato del servizio e della testimonianza che, a conti fatti,
risultarono vincenti. Esercitò la fortezza verso se stesso, combattendo le sue
663 Nel riassunto della Cronistoria datato 1913, lo si menziona tra “le vocazioni locali sorte a Beitgemàl”;
una annotazione che a distanza di anni, assume il significato di una rivendicazione di origine e di
appartenenza: AIMOR 4.4.2, cartella n° 1, secondo periodo: 1892-1914.
664 Circa la poca stima di cui godeva Betgamāl, la ritrosia ad andarvi e le frequenti richieste di
cambiamento, oltre a quanto abbiamo visto in don Candiani, cf il riassunto che ne fa FIORA, p. 57.
665 AIMOR 15.1.2, cartella 8.

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288
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
inclinazioni disordinate, conformandosi agli atteggiamenti del Cuore di Cristo: umiltà
e mansuetudine, dolcezza e misericordia, sacrificando tutte le sue forze nel servizio
dei poveri e ammalati. Perciò era ben voluto da tutti: confratelli e consorelle, giovani
e collaboratori laici, poveri e ammalati, cristiani e musulmani; e perfino i banditi, se
proprio non gli volevano bene, almeno lo ammiravano e lo rispettavano, così che varie
volte, quasi come “parafulmine” o “angelo custode” della casa, riuscì a scongiurare
le loro rappresaglie.
Anche nei periodi di relativa tranquillità (anni venti e metà dei trenta), non si
adagiò nella mediocrità ma, come osserva il suo acuto biografo don Forti, grazie
alla superiorità d’animo e alle motivazioni soprannaturali, riuscì a vincere le insidie
di quel “terribile quotidiano”, fatto di cose ordinarie e di pratiche monotone666. Nel
frastuono di voci contrastanti che risuonavano a Betgamāl e attorno ad essa, Simone si
lasciò guidare dal soffio gentile dello Spirito Santo, seppe capire qual era la missione
educativa, assistenziale e religiosa che il Signore gli affidava a favore dei ragazzi
interni e della gente esterna, di cristiani e musulmani, e la svolse con costanza e
semplicità.
Lungo il suo itinerario fu accompagnato da autentici modelli e padri-maestri di
spirito: inizialmente don Belloni, poi soprattutto don Bianchi, ma anche don Gerbo,
don Rosin, don López, che furono al suo fianco per alcuni anni. La sua vita interiore e
la sua azione poggiavano su un solido fondamento teologico, secondo la pietà cattolica
dell’epoca che privilegiava i sacramenti e le devozioni, rispetto alla Sacra Scrittura,
allora accostata prevalentemente attraverso gli episodi della “storia sacra”, le prediche
domenicali, il catechismo e la pratica settimanale del cosidetto “testamentino”667. Si
può dire che Srugi conosceva molto bene il Nuovo Testamento, come appare non
tanto dall’indice delle poche citazioni bibliche che ho rintracciato, ma da tutto un
tessuto di temi evangelici a lui familiari.
Suoi abituali punti di riferimento erano gli esempi ed insegnamenti di don Bosco,
la dottrina di san Francesco di Sales, le rivelazioni di Gesù alle sue figlie spirituali, le
monache visitandine Margherita-Maria Alacoque e Maria-Marta Chambon, le opere
ascetiche di sant’Alfonso M. de’ Liguori e di qualche altro autore contemporaneo che
presentava la vita cristiana in termini di teologia liturgica, anticipatori del Vaticano
II. In particolare i primi quattro successori di don Bosco gli fornirono le linee guida
aggiornate lungo le quali egli percorse il suo graduale e costante cammino verso
la perfezione. Con uno sguardo inclusivo, si potrebbe dire che l'invito di don Rua
(“La santià dei figli sia prova della santità del Padre”, 1888), e il programma di don
Ricaldone (“Fedeltà a Don Bosco Santo”, 1936) costituiscono le coordinate storiche-
spirituali entro le quali Simone Srugi percorse il suo itinerario di santificazione
personale e di apostolato educativo e assistenziale.
666 Cf FORTI, pp. 63-64; FIORA, pp. 109-110.
667 Cioè i 10 versetti che non solo i chierici ma anche i coadiutori memorizzavano e recitavano al
direttore che ne dava la spiegazione; cf quanto don Michele Rua prescriveva nelle Lettere Circolari,
p. 115.
Bilancio
289
In conclusione
Al di là di tutti gli aspetti contingenti ormai superati, la storia dell’opera salesiana
di Betgamāl appare significativa, direi anche aperta a ulteriori approfondimenti,
seguendo qualcuna delle piste di ricerca che ho indicato di tanto in tanto con rapide
esplorazioni.
Meriterebbero di essere più compiutamente presentati i co-protagonisti (don
Bianchi, don Sacchetti, don Rosin, don López): gli archivi contengono documenti
inediti (scritti e fotografie) che, debitamente studiati, porterebbero a biografie storico-
spirituali adeguate alle loro persone e al ruolo che hanno svolto a Betgamāl e oltre.
Simone Srugi può essere proposto come modello convincente di cristiano
e religioso “santo”, non solo alla Famiglia Salesiana e a coloro che professano i
consigli evangelici, ma a tutte le categorie di persone, a cominciare da quelle della
Terra Santa e del Medioriente, nel suo contesto multireligioso, multiculturale e socio-
politico, con i suoi milioni di rifugiati ..., ancora oggi alla ricerca di una pace giusta
fra i popoli che vi abitano.
Certamente, anch’egli è figlio del suo tempo: i suoi scritti risentono di quella
lingua italiana usata dai “levantini” del 19°-20° secolo, ampiamente debitrice ad autori
dei secoli precedenti; perciò essa richiede al lettore uno sforzo di comprensione, e
al traduttore un supplemento di interpretazione. D’altra parte però essi si presentano
non come lunghi discorsi, ma come “massime” brevissime e incisive, molto simili
agli odierni “text messages”, “twitters”, “sms”. Invece la testimonianza della sua
vita parla direttamente, perché la carità operosa in cui egli si espresse resta la lingua
universalmente comprensibile. In questo senso il suo messaggio umano e cristiano,
può risultare fecondo a tutte le latitudini, perché è un limpido riflesso della semplicità
del Vangelo.
Se poi dalla forma cartacea si volesse passare al liguaggio audiovisivo e digitale,
la storia di Betgamāl e la vita di Simone offrono abbondanti materiali suscettibili
di trasposizioni drammatiche (teatrali o filmiche) che risulterebbero più attraenti,
specialmente per i giovani.

16.5 Page 155

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Indici
291
INDICI
BIBLICO
Gen 3, 6 (MAC 158)
Gen 4, 7 (MAC 166)
Gen 17, 1 (PES 145)
Gen 18,27 (PES 201)
Gen 28, 10-12 (PES 218)
Gen 39, 6-20 (MAG 13)
Es 20, 12 (MAG 67)
Lev 6, 5-6 (PES 108)
Deut 6, 5 (PES 107, 277)
Gb 42, 6 (PES 201)
Ger, Lament. 3, 27 (MAG 66)
Dan 13 (MAG 25)
Gio 4, 2.12 (MAC 181)
Sal 38, 13 (PES 7)
Sal 39, 6-7 (PES 113)
Prov 3, 11-12 (PES 132)
Prov 3, 12 (PES 14)
Prov 10, 19 (PES 36)
Prov 13, 3 (PES 35)
Sir 4,17-18; 10,9; 17,27 (PES 201)
Mt 3, 8-10 (PES 59)
Mt 5, 5 (PES 268)
Mt 5,6 (MAC 98)
Mt 5,8 (p.72)
Mt 5, 16. 48; 6, 4. 6. 8. 15. 18. 26. 32
(MAC 55-56, 79, 82, 83)
Mt 6, 1-6. 16-18 (PES 252)
Mt 7, 13-14 (PES 273)
Mt 11,12 (PRO 61)
Mt 12, 34 (MAC 145; PES 84)
Mt 12, 36 (PES 27)
Mt 18, 3 (PES 58)
Mt 19, 21 (p. 262)
Mt 22, 37 (PES 107)
Mt 22, 39 (PES 63)
Mt 24, 42 (PES 72, p. 281)
Mt 25, 6 (PES 265)
Mt 25, 1-10 (PES 266)
Mt 25, 13 (PES 72, p. 281)
Mt 25, 31-46 (PES 74)
Mc 2, 19-20 e paralleli (PES 266)
Mc 12, 41-44 (MAC 60).
Lc 9, 23 (PRO 19)
Lc 12, 35-40 (PES 75)
Lc 14, 28 (PES 193)
Lc 23, 34 (p. 87)
Gv 10, 7. 9 (PES 260)
Gv 12, 35 (PES 23)
Gv 13, 1-5 (p. 55)
Gv 13, 25 (DIA 24)
Gv 14, 6 (PES 248)
Gv 15, 1-8. 16 (PES 59)
Gv 19,26-27 (p. 146)
Rom 8, 16-17 (PRO 115)
Rom 8, 18 (PES 3)
Rom 8, 28 (COR 4; MAG 16)
Rom 12, 1 (PES 274)
Rom 12, 21 (MAC 164)
1Cor 2, 12-15 (PES 45)
1Cor 3, 16-17 (PRO 110)
1Cor 4, 3-4 PES 56)
1Cor 6,19 (p. 72; PRO 28)
1Cor 9, 24-27 (PRO 61)
1Cor 10, 31 (PES 242)
2Cor 4, 7 (PES 264)
2Cor 4, 10 (PES 1, 217)
Gal 2, 20 (PES 282)
Gal 5, 22 (PRO 128, PES 175)
Gal 6, 7 (PES 70)
Gal 6, 8 (PES 71)
Gal 6, 7-8 (PES 124)
Gal 6, 10 (PES 59)
Ef 4, 22-24 (PRO 128)
Ef 4, 29 (PES 88, 133)

16.6 Page 156

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292
Fil 2, 7-8 (PES 184, 201)
Fil 2, 12 (PES 267)
Fil 3, 13 (PES 105)
Fil 3, 20 (PES 5)
Col 3, 9-10 (PRO 128)
Heb 12, 1 (PES 6)
Heb 12, 5-7 (PES 132)
1Tim 6,8 (p. 257)
Gv 1,46 (p. 54)
Gv 15, 1-8. 16 (PES 59)
Gc 1,12 (PRO 61)
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
Gc 3, 2 (PES 38)
Gc 4, 1 (PES 279)
Gc 4, 2-3 (PES 60)
Gc 4, 4 (PES 277)
1Pt 2, 11 (PES 4)
2Pt 1, 10 (PES 9, 16)
1Gv 2, 16 (PES 228)
1Gv 3,1 (PRO 115)
1Gv 4, 12-16 (MAC 86)
Ap 3,19 (PES 14)
Ap 14,4 (p.72).
Indici
293
TERMINI USATI DA SRUGI
secondo le sigle dei suoi manoscritti
(sottolineo i numeri più rappresentativi)
· Abitare = DIA 55; PES 235, 262; PRO 77
· Abito = PES 203, 259, 284.
· Abituarsi/-tudine = PES 12, 202; PRO 9,
113.
· Abbassarsi, basso = DIA 109; PES 29, 260.
· Abbracciare = PRE 2
· Abnegazione = PES 100, 212; PRE 1;
PRO 17, 51, 122.
· Accetto a Dio = PRO 17, 69, 74
· Accondiscendere: PES 286.
· Acquistare = MAC 95, 191; PES 22, 25,
31, 37, 127, 158.
· Adolescente = PRE 4.
· Affare = DIA/FAL 111, 112; MAC 4, 6, 8,
9; PRO 4, 122.
· Affaticarsi, fatica = COR 8; MAC 8, 61,
62, 97, 162; PES 30, 31.
· Affetto = COR 3A; MAG 64; PES 19,
146, 244; PRE 2, 5; PRO 26, 72, 83, 91,
103, 106, 111.
· Allegrezza = MAC 93, 94, 187; MAG 36;
PES 52; PRE 3.1; PRO 3, 50, 86.
· Altare = PES 108
· Amabile/-ità = PRE 1.
· Amare, amore = DIA 8, 22, 25, 26, 27, 33,
51, 53, 74, 85, 87, 99, 100, 104; MAC 32,
73, 85, 86, 88, 101, 105, 168, 180, 183,
188, 190, 194, 213; MAG 20, 29, 31, 34,
63, 64; PES 14, 49, 63, 88, 98, 108, 111,
140, 148, 155, 184, 186, 190, 207, 216,
219, 228, 230, 233, 266, 283, 286; PRE 6;
PRO 6, 12, 15, 16, 22, 23, 31, 32, 33, 46,
52, 78, 93, 104, 120. = 72 volte.
· Ambizione = MAC 128, 137; PES 98,
203, 228.
· Amicizia, amico = PES 14, 184, 281; PRE
4, 5; PRO 112.
· Amor proprio = MAC 18, 60, 179 ripet.
212; PES 182, 216.
· Ancella = PRE 3.1.
· Andare = DIA 21, 67, 106; MAC 45, 169.
· Angelo, angelica = MAG 44, 48, 50; PES
62, 184, 218; PRO 28, 95, 110.
· Anima (spirito umano) = COR 5, COR 8,
DIA 21, 22, 24, 29, 42, 87, 96, 106, 109;
MAC 6, 7, 10, 11, 14-16, 52, 53, 93, 94,
96, 123-125, 132, 134, 151, 158, 160,
176, 202, 205; MAG 23, 31, 32, 47, 61,
80; PES 16, 18, 21, 35, 103, 107, 127,
128, 129, 140, 142, 165, 183, 193, 205,
232, 233, 239, 240, 241, 255, 274, 281;
PRO 13, 17, 18, 24, 25, 28, 29, 39, 72, 77,
79, 81, 86, 92, 110, 116, 119, 124. = 81
volte.
· Anima religiosa = DIA 21, 106; COR 5,
8; PES 16, 18, 175, 193, 233, 239, 245,
273, 282, 283; PRO 13, 29, 92 = 15 volte.
· Animo = MAC 108, 130, 131, 138, 152,
203.
· Apostolo/-ato = COR 4 ; PRE 4; PES 267,
281.
· Apparecchio/-rsi = MAC 10; PES 75,
265; PRO 38.
· Appetito (-ti) = PES 4, 46, 47, 228, 272;
PRO 31.
· Appoggiarsi = DIA 24, 105.
· Applicare = DIA 57, 82.
· Approfittare, profitto = PRO 5bis, 7, 12,
16, 124.
· Ardere, Ardore = DIA 25, 67, 69; MAG
32; PES 108.
· Ascoltare = PES 77, 179.
· Aspettare, aspettarsi = MAC 8, 79, 170,
182; PES 126, 177.

16.7 Page 157

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294
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
· Aspirare = DIA 69; FAL 109; MAG 32.
· Attacco = DIA 21; /-amenti = PRO 13, 26.
· Attendere a ... = DIA 11; MAC 147; PES
10, 39, 41, 45, 281; PRO 2, 129.
· Attenzione = MAC 54, 55, 58; PRO 40,
85, 95, 102, 106.
· Attirare = DIA 75; FAL 109; PRE 1.
· Atto = DIA 28, 109; PES 92, 136, 143,
176, 178, 183, 223, 246, 283.
· Avversità = MAC 195; MAG 4; PES 238.
· Avviso = MAG 22, 55, 76.
· Azione = DIA 2, 16, 20, 23, 35, 36, 81,
96, 108, 115; MAC 25, 26, 38, 42, 46,
59, 94, 182; PES 133, 145, 147, 182, 189,
227, 250; Operazione = PRO 16, 17, 40,
62, 63, 111.
· Bambino = DIA 48; MAC 189; PES 58;
PRE 7.
· Battaglia = MAC 210; PES 173; PRO 61.
· Beata/-titudine = DIA 93, 97, 98; MAC
97; PES 7, 18, 67, 75, 229, 261, 268; PRO
13, 28, 110.
· Bene = COR 8 (voler bene); DIA 61, 86,
93; MAC 27, 42, 43, 44, 54-57, 61, 64,
67, 79, 81, 88, 114, 118, 164, 167, 197;
MAG 12, 16, 19, 27, 71, 74, 78; PES 54,
59, 126, 166, 180, 247, 283; PRO 17, 20,
34, 101, 122.
· Benedire = MAC 168, 195; MAG 4, 41;
PES 241; PRE 4.
· Beneplacito = MAC 18, 69.
· Bocca = MAC 140, 144, 149; PES 42, 86,
88, 97; PRO 142/1.
· Bontà, buono = DIA 1; MAC 29, 36, 108;
24, 41, 52, 59, 69, 84, 92, 165, 170; PES
13, 20, 62, 143, 149, 193, 194, 202, 214,
227, 233, 237, 247, 257, 266, 283, 286;
PRE 1, 5; PRO 12, 38, 40, 53, 56-59, 63-
65, 70, 71, 79, 81, 97, 100, 104, 112, 113,
130.
· Bugia = MAG 37, 62; PES 79, 80, 82.
· Burla = PES 39, 40.
· Cadere = MAC 10; MAG 43-45, 49; PES
269; PRO 89, 100, 106.
· Camminare = DIA 88; MAC 17; PES 5, 6,
105, 118, 145, 179, 273.
· Capo = DIA 85, 95.
· Capriccio = PRO 13, 19, 21, 37, 43.
· Carezza = DIA 48, 110.
· Carità = DIA 28, 101; PES 19, 60, 64,
178, 184, 218, 219, 233, 246, 258, 283;
PRE 6; PRO 51, 114.
· Carne, carnale = MAC 45, 129, 136; PES
4, 45, 71, 173; PRO 65.
· Casa di Dio: COR 1; DIA 9.
· Casto = MAG 13; PRO 28, 39, 45, 85.
· Cattivo = DIA 98; MAC 41, 43, 50, 59,
152, 161, 165, 175, 178, 203, 209, 211;
PES 21, 76, 88, 214, 221; PRO 14, 71.
· Cercare = PRO 25, 37, 53, 55, 58, 59, 74,
80, 82, 100, 105, 107, 108, 109, 112, 122-
125, 130.
· Chiesa = DIA 20; MAG 28, 36, 72, 73,
74, 75, 79; PES 65, 102, 286.
· Ciecamente = PRO 50, 127.
· Cielo, celeste = COR 2, 7, 8; DIA 53, 62,
67, 89, 97; MAC 17, 25, 79, 83, 109, 111,
125; MAG 28, 34; PES 3, 32, 33, 34, 62,
118, 119, 142, 183, 260; PRE 3.1, 3.2, 5,
6, 7; PRO 7, 29, 53, 54, 64, 77, 92.
· Circolari = COR 2;
· Colpa = DIA 31, 110; PES 239, 286; PRO
20, 36.
· Comandare = MAC 126, 199; PES 91, 92;
PRO 127.
· Combattere = PES 4, 241; PRE 6: PRO
43, 65, 75, 83, 102, 107.
· Comodità = PRO 13, 19, 21, 37.
· Compagnia = COR 4 (del
SS.Sacramento); DIA 108; MAG 14, 37,
48, 51, 53, 54, 61, 62.
· Comparire = DIA 15; PRO 38, 112, 121.
· Compatire = MAC 68, 70; PES 63, 178.
· Compiacere = MAC 76; MAG 30, 52; PRE 1.
· Comunione = COR 2, 4, 5, 7; DIA 17;
PES 239, 283.
Indici
· Comunità = DIA 45, 96, 109; PES 77.
· Condanna = MAC 3, 50; PES 284.
· Condotta = COR 6.
· Condurre = PES 141, 171, 286.
· Confessare/-ione = MAC 183; MAG 18;
PES 239; PRE 6.
· Confidare, /-enza = DIA 25, 48, 59, 63,
99; MAG 38.
· Conforme = DIA 68; FAL 109; PES 90,
206, 272.
· Conforto = DIA 37, 108.
· Conoscere = DIA 32, 51, 60, 104; MAG
6, 61, 193, 198; PES 7, 112, 233.
· Consacrare = DIA 10, 13, 107; PRE 4;
PES 148, 255, 285; PRO 15, 21, 28, 72,
84, 86, 88, 103, 110, 111.
· Consentire = PES 47, 145; PRO 107.
· Conservare = MAG 48, 50.
· Contemplare = DIA 68, 70, 82, 87, 89, 90,
98; MAC 131, 168; PES 246.
· Conversione = DIA 39, 69; MAC 9; PRE
4; PRO 137.
· Consigliere = PRO 112, 117.
· Consolare = DIA 6; MAC 169, 187; PES
141, 245; PRE 3.1.
· Contemplare = DIA 68, 70, 82, 87, 89, 90,
98; PES 246.
· Contentare, contento = COR 1; DIA 36;
MAC 18, 96, 183; PES 20, 59, 222; PRE
3.1.
· Corona = DIA 12, 85, 86, -8-7- , 89, 90, 92,
93, 96, 97, 98, 99; MAC 81; PES 8, 130;
PRE 6; PRO 61.
· Corpo = MAC 52, 53, 123, 124, 126, 134,
158; PES 21, 165, 274, 277; PRO 28, 29,
39, 65, 72, 86, 92, 102, 104, 110, 119.
· Correggere = PRO 4, 9, 55, 59, 98, 100.
· Corrispondere = PRO 59, 78, 97, 147.
· Coscienza = MAC 1, 80, 92, 151, rip 202;
PES 24, 56, 285; PRO 74.
· Costante, costanza = PRO 17, 43.
· Costato = DIA 61, 100.
· Costumi = MAC 147; PES 57, 58, 62.
· Creare, creatura = DIA 19, 26, 54, 60, 72,
295
109; PES 184, 191, 232, 233; PRE 3.1;
PRO 7, 99, 108.
· Crescere = MAC 73; PES 64, 73, 149,
197, 221.
· Croce, crocifisso = DIA 6, 7, 8, 10, 11,
12, 13, 18, 22, 65, 78, 115; PES 104, 155,
184, 190, 210; PRO 19, 24, 33.
· Crociata del SS.Sacramento, Crociato/-ti
= COR 4, 5, 6, 7.
· Cuore = DIA 1, 2, 3, 4, 5, 16, 17, 20, 21,
22, 25, 27, 28, 36, 55, 69, 101, 103, 104,
106, 108, 109, 110; MAC 4, 133, 145,
156, 157, 174, 208; PES 19, 21, 28, 33,
34, 40, 58, 84, 90, 96, 106 (di Gesù), 107,
108, 125, 128, 134, 141 (di Gesù), 162,
184, 186, 211, 219, 239, 244, 262, 277,
279, 286; PRE 3.1; PRO 6, 21, 47, 67, 72,
82, 90, 91, 108, 119, 142/5.
· Custodia, custodire = DIA 2; MAG 47;
PES 20, 30, 73; PRO 16.
· Dare = DIA 91, 92; MAC 2, 45; PES 18,
47, 76, 99, 200, 257, 281; PRO 22, 69, 81,
84, 97, 111.
· Demonio, diavolo, Satana, Lucifero =
MAC 10, 11, 61, 107, 197; MAG 35, 44,
47, 54, 56; PES 94, 100, 208, 234, 271;
PRO 65.
· Desiderio = DIA 109; MAC 70, 90, 91,
103, 119, 199; PES 4, 21, 32, 48, 59, 67,
88, 192, 207, 212, 223, 233, 241, 263,
265; PRO 47, 91, 103, 111.
· Devota, devozione = DIA 53, 54, 75;
MAC 1, 73; MAG 20, 29, 33, 41, 42, 73,
78.
· Difetto = DIA 15; PES 63, 153, 178, 223,
269; PRO 4, 9, 43, 55, 59, 74, 94, 98, 100,
106.
· Diletto, prediletto = DIA 18, 93.
· Diligenza = DIA 111; MAC 149; PES 20,
69, 75, 91, 151, 219, 251; PRO 36.
· Dimenticarsi: PES 286.
· Dio = DIA 9, 43, 57, 112, 116; MAC 9,
11, 14, 15, 18-24, 27-37, 42, 43, 45, 47,
48, 56, 60, 62, 67, 69, 71, 77, 78, 82, 84-

16.8 Page 158

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296
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
86, 88-90, 96, 101, 110, 112, 114, 117,
121, 131, 133, 146, 156, 167, 168, 172,
182, 184, 185, 192, 195, 206; MAG 4, 6,
10, 12, 15, 16, 22, 25, 27, 29, 32, 33, 36,
37, 43, 44, 49, 57, 59, 60, 63, 64, 69, 71,
72, 77; PES 21, 65, 66, 68, 98, 125, 220,
223, 228, 229, 230, 231, 233, 238, 241,
242, 243, 244, 247, 248, 249, 250, 251,
255, 257, 263, 264, 265, 270, 272, 274,
277, 278, 281, 283, 286; PRE 3.1; PRO 5,
6, 8, 12, 13, 15, 16, 17, 18, 20, 21, 28, 31,
33, 42, 46-48, 52-58, 62, 63, 69-71, 73-75,
77, 78, 82, 84, 86, 88, 90, 91, 94, 96, 99,
102, 103, 105, 108, 111, 115, 119, 120.
· Discepolo = PRO 19.
· Discorsi (cattivi) = MAC 141, 142; MAG
51, 52, 62.
· Disgustare = MAC 67, 112, 114, 197.
· Disordinato = PES 164; PRO 31, 75.
· Dispensario = PRO 121.
· Dispiacere a Dio = MAG 15; PRO 46, 48,
58.
· Disprezzare, /-to = DIA 99; MAC 103,
153, 179, 204, 212; PES 97, 120, 192,
205, 233, 272; PRO 32, 106.
· Distacco = DIA 21, 106; PES 19, 84; PRO
21, 25, 29, 31, 52, 54, 66, 92, 113.
· Distruggere = MAC 179, 212.
· Divino = DIA 22, 28, 46, 48, 52, 57, 61,
62, 63, 104; MAC 87; PRE 4; PES 64, 75,
131, 139, 174, 186, 188, 251, 254, 273,
281.
· Dolce/-mente/-za = DIA 6, 38; MAC 131;
PES 63, 216, 217, 258, 286; PRE 1, 5, 6;
PRO 13.
· Dolore = DIA 62, 97.
· Donare/-rsi = DIA 34, 46, 78, 90, 102;
PES 286.
· Donna = PRO 123.
· Doppiezza = MAC 130, 138.
· Dovere = DIA 8, 104; MAC 4, 23,25, 29,
31, 32, 43, 56, 97, 117, 169, 189; PRE 4;
PES 8, 13, 20, 41, 67, 80, 108, 158, 162,
169, 171, 174, 181, 182, 185, 187, 205,
210, 215, 221, 244, 245, 246, 254, 258,
274, 277, 278, 283, 286; PRO 24, 76, 78,
84, 86, 103.
· Eletto = DIA 91; PES 9, 16, 61.
· Entusiasmo = COR 6.
· Esatta = MAC 200; PES 163, 215,251;
PRO 17, 37, 86.
· Esempio = PES 10, 204; PRO 97.
· Esercitarsi = DIA 114; MAC 193; PES 4,
73, 91, 219, 245, 259; PRO 5bis, 126.
· Esilio = COR 8; PES 7; PRO 54, 64.
· Esteriore = MAC 40, 64; PES 21, 213;
PRO 59, 97.
· Eterno/-ità = DIA 20, 46, 48, 49, 52, 61,
71, 83, 90, 99, 111; MAC 4-6, 9, 16, 47,
105, 109, 134, 159, 161, 162, 168; MAG
45; PES 3, 18, 25, 50, 71, 116, 117, 124,
185, 186, 241, 261; PRE 3.1, 5; PRO 47,
51, 71.
· Eucaristia, /-ica = COR 4, 7.
· Facezia = PES 41, 42, 85, 86.
· Fame = PRO 136.
· Fatica = MAC 29, 30, 31, 205, 254; PES
29, 30, 31, 205, 254; PRO 33.
· Favore = PES 15, 222, 281.
· Fede, fedele = DIA 59, 87, 99,109; MAC
199, 201; PES 102, 238; PRO 8, 71.
· Felice, felicità = COR 8; DIA 87, 98;
MAC 5, 90, 167; MAG 53, 66; PES 7, 62,
95, 189, 190, 265, 273; PRE 4, 6; PRO
28, 29, 92, 110, 115.
· Fervore = DIA 69; PES 50, 219, 239, 283;
PRO 68.
· Festa = COR 1, 3B, 8.
· Figlia/-io = DIA 6, 8, 26, 28, 35, 46, 47,
49, 57, 71, 77, 78; MAC 20, 110; MAG
38, 43; PES 14, 69, 72, 201; PRE 3.1;
PRO 114, 115.
· Fine = MAC 51; PES 66, 112, 241.
· Fondamento (-ndare) = PES 192, 193,
194, 196, 235, 243.
· Forestiero = PES 4,7.
· Forza = MAC 49; PES 62, 96, 107, 127,
183.
Indici
· Fratello = MAC 68, 107; PES 4, 60, 180.
· Frenare (tenere a freno) = PES 97; PRO 1,
65, 90.
· Frutto = DIA 29, 98; MAC 62; PES 18,
54, 59, 254, 283.
· Fuggire = MAC 130, 138; MAG 13, 26,
53, 61, 80.
· Fuoco = MAC 10; PES 108, 216.
· Gaudio = MAC 92, 95; PRE 3.1
· Generosità = DIA 6, 7.
· Genitori = MAG 21, 69, 71.
· Gente = PRO 10, 27, 102.
· Gesù Cristo= DIA 1, 6, 7, 8, 10, 12, 14,
15, 16, 18, 20, 21, 22, 24, 26, 27, 29, 55,
68, 78, 82, 83, 85, 91, 99; MAC 49, 54,
55, 73, 110, 169-171, 189, 190; MAG
19, 20, 70, 73; PES 1, 27, 48, 54, 58, 67,
72, 75, 86, 106, 137, 141, 155, 186, 190,
2019, 210, 229, 231, 240, 241, 280, 283;
PRE 4; PRO 19, 22, 25, 29, 30, 32, 38, 54,
128.
· Giaculatorie = MAG 32; PES 244, 283;
PRO 145.
· Gioia = DIA 93; MAC 198; PES 188;
PES 286; PRO 115.
· Giorno = DIA 15, 20, 54, 78, 87, 110;
MAC 8, 98; PES 69, 70, 72, 73, 104, 112,
115, 121, 122, 130, 140, 184, 254, 269,
273, 283; PRO 11, 19, 42, 49, 61, 68, 80,
105, 109, 120, 130.
· Giovane = MAG 21, 40, 50, 51, 53, 56,
57, 62, 63, 64, 65; PRE 4; PRO 10, 26,
79, 84, 102, 109.
· Giudicare, giudizio = DIA 15, 84; MAC
111; PES 27, 69, 70, 75, 114, 206; PRO
14, 38, 60, 113.
· Giustizia, giusto = DIA 45, 46, 53, 98;
MAC 92, 98, 99; PES 55, 98, 121, 215,
281; PRO 99.
· Gloria = DIA 6, 15, 62, 79, 89, 90; MAC
19, 25, 30, 69, 84, 118, 182, 185; MAG
60; PES 3, 15, 17, 19, 62, 106, 115, 205,
211, 241, 242, 247, 250, 257, 274; PRO
69, 71, 77, 108, 119.
297
· Godere = MAC 3, 92; MAG 48: PES 14,
209, 273: PRE 3.1.
· Gola = MAC 72, 74, 158; MAG 1, 2; PES
46, 284; PRO 125.
· Gradito a Dio = DIA 81; PRO 17, 59.
· Grande/-ezza = DIA 1, 25, 27, 28, 49, 50,
57, 64, 66, 69, 72, 109, 114, 115; MAC
13, 108; PRE 5; PES 51, 105, 127, 172,
176, 191, 194, 200, 217, 250, 259, 266;
PRO 27, 56, 89, 106.
· Grazia = DIA 64, 69, 74, 102; MAG 27,
33, 42, 50; PRE 3.1, 4; PES 17, 31, 73,
104, 212, 251, 254, 264; PRO 5bis, 56,
94, 115.
· Guadagnare = DIA 57, 71, 80, 96; PES
30, 118, 150, 237.
· Guai = PES 252, 265, 269.
· Guerra = MAC 155; PES 228; PRO 67.
· Guida = COR 2; PRE 3,2.
· Gusto = DIA 110; MAC 45, 77; PES 76,
77, 143, 275; PRO 37.
· Imitazione = DIA 87; MAC 190; PRE 4;
PES 101, 184; PRO 25,128, 133.
· Immodestia = MAG 24, 62.
· Imparare = DIA 12, 22, 50, 114.
· Impazienza = MAC 164; PRO 36, 43,
109.
· Impegno = MAC 69; PES 203, 239, 286;
PRO 18, 29, 41, 92.
· Inclinazione = MAC 147, 178, 211; PES
282.
· Incontrare (il Signore) = COR 8 (3 vv.)
· Infelice = MAC 8, 12, 85, 153, 204.
· Infermiere = PRO 121, 140.
· Infermo = MAC 90; PES 216, 240.
· Inferno = MAC 3, 10, 16, 36; MAG 11,
45, 59, 65; PES 74; PRO 113, 116.
· Ingratitudine = DIA 4, 28.
· Innocente = MAG 25, 63; PRE 4.
· Inquietarsi = MAC 153, 204.
· Intenzione = DIA 20; MAC 17, 18-23,
28-41, 45-50, 52, 53, 57-62, 83; PES 151,
250, 257, 263.

16.9 Page 159

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298
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
· Interesse = MAC 26, 43, 100.
· Interiore/interno = MAC 64, 122, 129, 136,
141; MAG 3; PES 21, 212; PRO 59, 97.
· Interrogare = MAC 151, 202.
· Invidia = MAC 105, 107, 108.
· Ipocrisia = PES 253; PRO 97.
· Ira = MAC 106, 154, 166; PES 175.
· Lamento = PRO 30, 37, 93.
· Lasciare = MAC 39, 45, 46, 93, 94, 130,
166, 187, 202, 215, 284; PES 39, 45, 46, 93,
94, 130, 166, 187, 202, 215, 284; PRO 34.
· Lavorare = DIA 24, 63, 80; MAC 106;
MAG 57, (58); PES 106; PRE 4, 5.
· Legare = DIA 1, 27; PES 211.
· Leggere = PRO 34, 98, 136, 137.
· Libero = MAC 126, 286; PES 126, 286;
PRO 13.
· Libro = DIA 18, 19, 22, 50.
· Lingua = MAC 161, 211; PES 161, 211.
· Macchia = PRO 24, 28, 29, 67, 92, 110.
· Madre = DIA 6, 57, 62; MAG 30, 33, 68;
PRE 3.1, 3.2.
· Male = MAC 164, 227, 233, 263, 279;
MAG 5, 13, 26, 49; PES 164, 227, 233,
263, 279.
· Malizia = MAC 173, 207; PES 262.
· Mancanza = DIA 25, 110; MAC 36, 60,
63, 122, 272, 286; PES 36, 60, 63, 122,
272, 286; PRO 89, 98, 106, 114.
· Mani = DIA 12, 61; MAC 92, 211; PES
92, 211; PRE 2, 3.1; PRO 24, 42, 67,
142/4.
· Mansueto = MAC 87; PES 63, 268.
· Mantenere = PRO 28, 29, 75, 90, 92, 110.
· Maria = MAC 10, 18, 19, 148, 189, 191;
MAG 29, 30, 31, 34, 40, 41, 42, 50, 52,
70, 79; PRE 4; PES 10, 18, 19, 148, 189,
191; PRO 114.
· Martire/-rio = MAC 130, 246; PES 130,
246; PRE 4, 6.
· Materiale = PRO 25, 29, 31, 92.
· Medicina = MAC 216, 240; PES 216, 240.
· Mente = MAC 21, 277, 279; PES 21, 277,
279; PRO 5, 67, 82, 83, 119.
· Mercede = MAC 29, 57, 79, 182; PES
252.
· Merito, meritare = DIA 36, 56, 57, 62, 63,
64, 81, 83, 87, 90, 95, 96; MAC 14, 49,
54, 61, 62, 74, 118, 161, 182, 237, 243,
248, 252, 259, 273, 283; MAG 45; PES
14, 49, 54, 61, 62, 74, 118, 161, 182, 237,
243, 248, 252, 259, 273, 283; PRO 7, 12,
17, 40, 50, 71, 116. (= 52 volte).
· Me stesso = PRO 10, 16, 19, 26, 73, 84,
87, 95, 106, 114.
· Meta = MAC 170; PES 170.
· Migliorare = PRO 5bis, 130.
· Milite = PRO 65.
· Ministri (sacri) = MAG 22, 78.
· Mirare = MAC 19, 20, 27, 44, 185; PES
14, 250.
· Misericordia = DIA 61, 104; PES 74;
PRE 4.
· Modesto = DIA 29, 53, 83; MAC 100;
MAG 46; PES 29, 53, 83.
· Monastero = PES 215, 216.
· Mondo, mondano = DIA 40, 41, 52, 73,
74, 84, 101; MAC 3, 4, 5, 7, 9, 13, 105,
117, 120, 189; PES 3, 5, 33, 52, 82, 86,
109, 115, 150, 208, 212, 222, 223, 236,
252, 255, 265, 273, 277; PRO 47, 65, 84.
· Morire, morte = DIA 40, 42, 57, 99; MAC
2, 8, 105, 125, 158, 183, 184; MAG 25,
33, 43, 44, 45, 49, 65. PES 72, 110, 190,
214, 216, 217, 236, 237, 269, 283, 284;
PRO 13, 22, 32, 38, 41, 65, 112, 116, 117.
· Mormorare = DIA 110; MAC 132; MAG
62; PES 77, 78.
· Mortificazione = DIA 12; MAC 64, 72,
74; MAG 1, 2, 3; PES 1, 20, 81, 82, 154,
172, 211, 212, 217, 228, 270, 272, 275,
276, 278, 280, 283; PRO 12, 13, 16, 17,
51, 85, 96, 99, 125.
· Motivo = PES 53, 185, 249.
· Nascere = MAC 92, 93, 109, 124; PES
58.
Indici
· Nascondere, nascosto = DIA 82, 104, 109;
MAC 145, 170, 171, 174, 176, 205; PES
223, 228.
· Natura = DIA 110; MAC 38, 51; PES 212,
221.
· Negozio (affare) = MAC 8,9; PES 167,
208;
· Nemico = MAC 176, 205; PES 17, 26,
130, 144; PRE 6.
· Noi stessi = PES 63, 144, 211, 214, 224,
225, 272, 282.
· Obbedienza (ubbid.) = DIA 12, 110;
MAC 196-201; MAG 55, 69, 70; PES 12,
89, 90, 92, 94, 258, 283; PRE 5; PRO 3,
40, 45, 50, 76, 127, 143.
· Occasione = PRO 12, 16, 73, 79, 126.
· Occhi = DIA 50, 81, 109; MAC 1, 7, 23,
25, 45, 57, 147, 164; PES 29, 34, 56, 131,
211, 228, 275; PRO 1, 10, 27, 67, 85, 96,
123, 142/3.
· Occupare = MAC 126, 175, 209; PRO 5,
124.
· Odio = MAC 180, rip. 213.
· Offesa = DIA 7; MAG 14, 25, 37, 57;
PRO 48, 71, 73, 80, 87.
· Offrire = DIA 20, 28, 49, 52, 57, 62.
· Onorare = DIA 32, 65, 89; MAC 3, 13,
19, 36; MAG 68; PES 58, 65, 148, 192,
201, 208, 228, 241, 252; PRO 82.
· Operare, opere buone, operazioni = DIA
34, 79, 80; MAC 15, 19, 21, 25, 38, 40,
47, 48, 52, 53, 58, 61, 75, 76, 78, 81-83,
161, 165, 184; PES 8, 18, 19, 22, 49, 51,
56, 57, 59, 69, 71, 73, 74, 94, 123, 198,
214, 243, 247, 249, 257, 264, 267, 283;
PRO 17, 40, 53, 62, 69, 86, 111.
· Orazione = MAC 196; PES 37, 38, 60,
154, 244, 270.
· Ordinare, comandare = MAC 13; PES 13;
PRO 121.
· Ordinare a ... = MAC 43, 160; PES 21,
263.
· Orecchio, orecchie = MAC 132, 133; PES
46, 47, 76, 78, 92, 275; PRO 96.
299
· Orgoglio = MAC 181; PES 162, 253, 286;
PRO 18, 19, 31.
· Ornare/-mento = MAC 127, 129, 135,
136; PES 96, 204.
· Osservare, /-nza = PRO 8, 15, 17, 37, 44,
45, 57, 60, 68, 74, 98.
· Ostia = PES 274; PRO 133.
· Ozio = MAG 56, 58, 59.
· Pace = DIA 55; PES 20, 54, 60, 175; PRO
78, 90, 109.
· Padre = DIA 20, 46, 48, 49, 52, 57. 58,
62, 95; MAC 25, 79, 83; MAG 58, 68;
PES 14, 201, 210; PRE 3.1, 4, 5; PRO 74,
78, 108.
· Pagare = DIA 46, 47, 62.
· Paradiso = COR 3B; MAC 36, 167; MAG
11, 35, 41, 53, 60; PES 74, 109, 148, 222,
273; PRE 3.1; PRO 18, 115.
· Parlare = DIA 22, 75, 76,110, 114; MAC
133, 139, 140, 142, 143, 146, 172, 206;
MAG 74, 77; PES 32, 35, 36, 44, 76, 86,
97, 102, 179; PRO 1, 79, 122, 123.
· Parola = MAC 9, 27, 39, 59, 84, 88, 120,
133, 134, 153, 160, 161, 217, 279, 283;
PES 27, 39, 59, 84, 88, 120, 133, 134,
153, 160, 161, 217, 278, 283; PRO 136,
142/1.
· Passeggero (ospite) = PES 138; PRO 53.
· Passione = DIA 56, 58, 59, 110; MAC 73,
74, 140, 177, 178, 210, 211; MAG 1, 35;
PRO 21, 26, 39, 43.
· Pasqua = COR 1.
· Patire = MAC 163, 165, 187; PES 3, 14,
48, 49, 109, 137, 152, 233, 240 (262);
PRO 32, 33.
· Patria = PES 5; PRO 53, 54, 64.
· Pazienza = MAC 70, 102; MAG 5, 11;
PES 100, 126, 127, 128, 129, 130, 136,
137, 149, 233, 241, 268: PRE 6; PRO 132.
· Peccato/-tori = DIA 16, 20, 39, 47, 61,
62, 95, 110; MAC 11-16, 121; MAG 17,
26, 43, 44, 45, 47, 49; PES 36, 68, 71, 81,
123, 140, 145, 176; PRE 3.1; PRO 1, 67,
99, 104, 116.

16.10 Page 160

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300
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
· Pellegrino = PES 4, 5, 7.
· Pena = DIA 38, 80; MAC 2, 162, 187; PES
14, 17, 71, 115, 117, 278; PRO 33, 42.
· Penitenza = PES 57, 236, 246, 275, 283;
PRO 99, 104.
· Pensare/-siero = MAC 2, 10, 27, 81, 111,
172-175, 187, 206-209; PES 14, 21, 32,
33, 68, 109, 121, 125, 190, 194, 200, 263,
264, 278, 281, 283; PRO 4, 26, 47, 77,
103, 107, 108, 111-113, 117, 142/5.
· Perdonare = MAC 68; MAG 14; PES 268.
· Perfetto, perfezione = DIA 29, 109, 110,
115; MAC 65, 71, 115, 146, 188, 190,
197, 200, 201; MAG 6, 7. PES 22, 37, 38,
39, 41, 45, 64, 67, 88, 89, 127, 184, 192,
193, 197, 245, 251, 259, 272, 281; PRE 6;
PRO 2, 16, 17, 18, 35, 100, 105, 117, 129.
= 45 volte.
· Perseveranza = COR 5.
· Persona = PRO 91, 113.
· Piacere a Dio (a Gesù, a Maria)= DIA 14,
49, 76; MAC 21, 34, 35, 37, 104, 167;
MAG 19, 30, 52; PES 223, 249, 250, 257,
263; PRO 16, 29, 62, 69, 75, 92, 95, 100,
108, 119 [27 vv].
· Piaga = DIA 9, 16, 19, 20, 28-32, 34, 35,
37-45, 47, 50-53, 57, 59, 62-64, 67, 69-
77, 79-82, 86, 93, 95, 100; PES 14; PRE
2.
· Piacere come passione o godimento =
MAC 3, 57; PRO 73, 75, 83, 85, 102, 107,
· Pianto = PES 7, 233.
· Piccolo = DIA 81, 114, 115; MAC 162;
PES 222, 234, 259, 286; PRO 35, 46, 48,
69, 74, 89, 106, 127.
· Piede = DIA 61, 72, 82; MAG 46; PES
92; PRE 2, 4; PRO 142.
· Placido = MAC 94, 173, 207.
· Potente/-za/-re = DIA 8, 17, 29, 43, 44,
55, 57, 60, 109, 112; MAC 2, 74, 91, 110,
192; MAG 69; PES 127, 183, 200, 248;
PRE 7; PRO 72.
· Povero = DIA 12, 58; MAC 156; PES
228, 232, 235, 261; PRO 8, 25, 37, 45, 94,
118.
· Pratica = PRO 28, 34, 35.
· Predestinazione = PES 15.
· Preferire = PES 131, 284.
· Pregare = DIA 45, 53, 73; MAG 71; PES
139, 150, 174, 179, 183, 283.
· Premio = MAC 29, 62, 75; PES 259.
· Preparare, /-rsi, (apparecchiarsi) = COR
8 (3 vv.); PES 75, 187, 265; PRO 41, 64,
117, 121.
· Presenza/-sente = PES 53, 62, 70, 74, 81,
125, 145, 209; PRO 14, 24, 28, 74, 82,
126.
· Prestito = MAC 104.
· Prezioso (apprezzare) = PRO 32, 69, 70.
· Privilegiate/-ti = DIA 91, 92, 93, 97.
· Professione religiosa = PES 81, 259; PRO
68.
· Profondo = PES 184, 193; PRO 16, 17.
· Profitto = MAC 188; PES 20, 38, 89, 205;
PRO 2, 20, 38, 89, 205.
· Prontezza, pronto = PES 21, 92, 93, 205;
PRO 50, 86, 127.
· Prosperità = MAC 195; MAG 4.
· Prudente = PES 12, 179, 182.
· Punto di morte = MAC 8, 183, 184.
· Puntuale = PES 91, 92, 94, 219.
· Puramente, purità, purezza, puro = DIA
26; MAC 35, 94, 100, 173; MAG 48, 50,
52; PES 28, 62, 151, 235, 249, 257, 263,
286; PRE 3.1, 5; PRO 24, 25, 28, 39, 58,
67, 75, 82, 95, 110, 114, 133.
· Purgatorio = DIA 16, 20; MAG 11.
· Quiete = MAC 43; PES 43.
· Raccogliere = PES 70, 71, 124, 283.
· Raccoglimento, raccolto = PES 44, 165,
283.
· Ragionevole = MAC 147, 180 ( rip. 213);
PES 12, 88.
· Rassegnato = COR 4.
· Regno (re, regina) = DIA 55; MAC 71,
156; MAG 28; PES 67, 261, 274; PRE
3.1.
Indici
· Regole = DIA 86, 109; MAC 200, 201;
PES 218, 219, 251; PRO 17, 28, 34, 35,
44, 60, 74, 76, 98, 99.
· Religione/-so = DIA 10; MAC 69, 181,
196, 200, 201; MAG 19, 72; PES 9, 11,
12, 13, 20, 29, 42, 59, 80, 83, 87, 89, 90,
96, 111, 139, 157, 158, 162, 197, 202,
203, 204, 205, 211, 212, 213, 214, 218,
220, 221, 237, 255, 259, 265, 271, 281;
PRO 8, 11, 12, 14, 23, 29, 40, 49, 56-59,
63, 65, 67, 69, 71, 100, 113, 119. Casa
religiosa; PES 157; Perfezione religiosa:
PRE 4; PRO 17; Professione religiosa:
PRO 68; Stato religioso: PRO 147; Vita
religiosa: PES 101; Vocazione religiosa:
PES 209, PRO 70.
· Resurrezione/Risorgere/Risuscitare = DIA
8; PRE 4; PRO 128.
· Retta intenzione = MAC 17, 18, 19, 21-23,
28, 34, 37, 41, 46-49, 53, 58, 60-62, 94.
· Ricchezza = DIA 57, 58, 81.
· Richiedere = MAC 174, 208.
· Ricompensa = DIA 26; PES 18, 61, 256.
· Rilegato (legato a Dio) = PES 211.
· Rincrescere = MAC 82.
· Rinnegare, /-rsi = PRO 12, 19, 31.
· Rinnovare = PRO 21, 68, 72, 88.
· Riparare = DIA 30, 85.
· Riposare = DIA 25; PES 43, 109, 117, 165.
· Risentimento = FAL 110; PRO 36, 43.
· Rispetto = MAG 19, 21, 39, 76, 78, PRO
143.
· Rispetto umano = COR 7; PRE 4.
· Sacerdote = MAG 39, 76, 77.
· Sacramenti = COR 7; MAG 23; PES 209.
· Sacrificio = DIA 14; PES 209.
· Saggio, sapiente, sapienza, savio = DIA
28, 50; MAC 143, 167, 181; PES 12, 78,
79, 119, 178, 223, 237, 245, 273.
· Salvezza, salute = COR 8 (Salvatore);
DIA 39-42, 52, 54, 63; FAL 111; MAC 4,
6, 7, 8, 9, 146, 182; MAG 59, 60; PES 23,
26, 69, 82, 140, 205, 241, 252, 259, 267,
283; PRE 2.
301
· Sangue = DIA 36, 60, 103; MAC 110;
PRO 81.
· Santa/santo, santificarsi = COR 1, 3B;
DIA 29, 34, 37, 39-41, 45, 51, 53, 56, 73,
74, 76, 81, 96, 98; FAL 109; MAC 39, 97,
187, 196; MAG 17, 23, 24, 46, 70, 79;
PES 10, 18, 21, 24, 32, 43, 51, 82, 167,
170, 171, 188, 196, 204, 209, 223, 225,
232, 235, 243, 244, 245, 246, 249, 274,
283, 285; PRE 1, 6, 7; PRO 8, 15, 17, 44,
45, 49, 60, 63, 75, 76, 95, 100, 105, 106,
110, 117, 147.
· Santi: Agostino = PES 64, 136, 198;
Basilio = PES 39, 77, 127; Bernardo =
PES 2, 7, 12, 42, 120, 226; Doroteo =
PES 29, 125; Giacomo = PES 38, 279,
280; Giuseppe = MAG 69; Paolo = PES
1, 3, 88, 242; Teresa = PES 14, 48, 49.
· Scegliere = DIA 6, 53, 56.
· Scienza = DIA 19, 22.
· Scrittura (Sacra) = PRO 136, 137.
· Scrupolo/-samente = COR 2.
· Segreto = FAL 115; PES 188.
· Semina, seminare = PES 70, 71, 124.
· Semplicità = DIA 1, 27, 67, 88; FAL 109;
MAC 18, 139, 173, 207; MAG 63; PES
13, 96, 219; PRO 69.
· Senso, sensi = MAC 125, 126; PES 28,
30, (47), 228, 273, 274, 276, 277; PRO
13, 16, 17, 65, 73, 90, 99.
· Sensuale, /-tà = PRO 18, 75, 83, 85, 102,
107.
· Sentire = FAL 110; MAC 84; PES 45, 78.
· Sentimento = MAC 130, 138; PES 56,
271, 275; PRO 72.
· Separare = PES 77, 284.
· Servire = COR 1; DIA 6, 54, 94, 109, 113;
MAC 24, 31-33, 126, 194; PES 40, 50,
171, 201, 211, 250, 254, 277; PRE 1, 5;
PRO 15.
· Se stesso = MAC 150, 192.
· Sforzo = PRO 6, 139.
· Signore = COR 8; DIA 21, 80, 104, 106;
MAC 9, 24, 75, 194; PES 7, 14, 23, 49,
50, 59, 75, 89, 93, 95, 107, 111, 112, 113,

17 Pages 161-170

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17.1 Page 161

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302
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
126, 140, 146, 156, 162, 257, 266; PRO
7, 14, 23, 49, 50, 59, 75, 89, 93, 95, 107,
111, 112, 113, 126, 140, 146, 156, 162,
257, 266.
· Silenzio = PES 33, 37, 38, 97, 158, 159,
160, 161; PRE 4; PRO 30, 43, 93.
· Simulazione = MAC 130, 138.
· Soddisfare = DIA 53, 62; PES 275, 284.
· Sofferenza, Soffrire = DIA 4, 13, 14, 16,
28, 37, 38, 49, 68, 79, 86, 93, 94, 114;
MAC 65, 115; PES 106, 131, 135, 139,
190, 216; PRE 3.2; PRO 22, 30, 32, 33,
43, 93, 104, 105.
· Sola, solo, solamente = FAL 112, MAC
4, 18, 29, 34, 37, 77, 96; PES 19, 98, 175,
184, 291, 223, 250, 256, 277, 280, 291;
PRO 4, 13, 16, 57 (tutto e solo), 103, 129.
= 25 volte.
· Sollecitudine = MAC 91, 146; PES 10,
20, 232.
· Sopportare = DIA 94; MAC 102; PES 63,
205; PRO 43, 105.
· Sopra = PRO 6, 10, 16, 26, 27, 39, 73, 87,
95, 106, 114.
· Sospiro = PES 7, 184, 283.
· Sostanza = COR 4.
· Specialmente = PRO 6, 8, 10, 27, 36, 73,
96, 109.
· Speranza = MAC 103; PES 3, 67, 238;
PRE 3.1, 4.
· Spina = DIA 85, 86, 87, 89, 90, 92, 93,
95, 97, 98, 99; PES 2, 78, 273; PRE 2.
· Spirito (anima) = PES 4, 71, 173, 186,
221; PRO 104, 106.
· Spirito Santo = MAG 58; PRE 3.1; PRO
106.
· Spirituale = MAC 72; PES 38, 45, 46, 82,
87, (89), 124, 200, 205, 216, 240, 276;
PRO 5bis, 51.
· Sposa/-so = DIA 7, 13, 24, 93; PES 265,
266; PRE 3.1; PRO 29, 30, 54, 92, 93, 128.
· Sradicare = MAC 179, 212; PES 221.
· Stato (condizione; di vita) = DIA 95, 98;
PES 9, 15, 55, 151, 259; = PRO 14, 116.
· Stima = DIA 109; MAC 13, 153, 189,
204; PES 54, 55, 64, 182, 201, 207; PRO
56, 81.
· Straordinario = FAL 109; PES 15.
· Studiare/-rsi = DIA 19; PES 16, 96, 166,
234, 254, 259; PRO 29, 92.
· Superbia, insuperbirsi = MAC 111; PES
198, 264.
· Superiore = MAC 24, 108, 111; MAG 15,
21, 39, 68, 69, PES 11, 13, 52, 78, 90, 93,
206, 220; PRO 3, 48, 57, 76, 86, 120, 127,
143.
· Tabernacolo = MAC 169, 170, 171.
· Temere = DIA 67, 101; MAC 67, 112,
114; MAG 12, 25, 78; PES 98, 144.
· Temperanza = MAC 92, 141.
· Tempio = PRO 28, 110.
· Tempo = MAC 2, 104; MAG 59, 60, 71;
PES 8, 22-27, 30, 59, 74, 113, 114, 120,
121, 123, 124, 168, 185, 187, 229, 233,
236, 237, 246, 280; PRO 47, 51, 124.
· Tenerezza = DIA 48.
· Tentazione = MAC 26, 47, 270; MAG 13,
35; PES 26, 47, 270; PRO 33, 61, 65, 140.
· Terra = DIA 21, 57, 60, 71, 89, 90, 93,
97, 106; MAC 4, 7, 19, 34, 119, 135, 142;
PES 4, 7, 19, 34, 119, 135, 142; PRO 25,
29, 31, 52-54, 66, 81, 92.
· Tesoro = DIA 54, 57, 59, 101.
· Te stesso = MAC 78, 88, 111, 176, 179,
180, 205, 213.
· Timore = MAC 69, 264, 267; PES 69,
264, 267; PRE 1.
· Tranquillo = MAC 87, 152, 203.
· Trasportare = PES 45, 46.
· Trattare = PRO 10, 27, 102, 109.
· Travagli, tribolazioni = MAC 91, 194;
PES 3, 14, 129, 152.
· Tribunale = PRO 14, 24.
· Trinità = PRE 3,1; PRO 28, 110.
· Tutto = DIA 1, 2, 14-16, 19, 21, 25, 31,
34, 36, 44-46, 49, 54-56, 59, 62-65, 70,
72, 73, 74, 76, 78, 79, 86, 96, 97, 106,
Indici
107, 109, 110, 115; MAC 9, 17, 36, 43,
51, 58, 64, 86, 104, 117, 132, 156, 185;
MAG 3, 10, 70; PES 21, 30, 64, 74, 82,
107, 123, 143, 150, 155, 163, 167, 177,
184, 192, 204, 211, 213, 216, 223, 228,
242, 249, 250, 251, 263, 277; PRO 1, 13,
18, 21-23, 30, 41, 43, 54, 57, 58, 62, 70,
72, 84, 86, 90, 91, 93, 96, 104, 108, 109,
111, 118-121.
· Udire = MAC 133.
· Ufficio = PES 221, 258; PRO 121.
· Umano = MAC 23, 38, 87.
· Umile, umiltà, umiliazioni: DIA 1, 3, 27,
64, 66, 104, 11; MAC 66 (ripetuto a 113,
116, 186), 181, 188, 191, 193; MAG 7,
63; PES 13, 17, 58, 81, 97, 100, 156, 162,
184, 193, 194, 195, 196, 197, 199, 200,
201, 206, 218, 228, 233, 235, 260, 264,
283, 286; PRE 3.1, 5; PRO 12, 16, 17, 32,
33, 51, 58, 114, 122, 126, 128, 134.= 55
volte.
· Unica, /-icamente = MAC 7, 31, 33, 210;
MAG 26, 27; Pes 66, 167, 171, 207; PRO
47. = 11 volte.
· Uniformità = MAC 71; MAG 6; PES 251.
· Unione, unire = DIA 3, 5, 9, 16, 20, 23,
28, 81, 96, 109; PES 60, 210, 215, 217,
231, 248, 321; PRO 133.
· Uomo = MAC 12, 24, 55, 56, 57, 62, 75,
79, 80, 89, 99, 107, 133, 142, 143, 153,
154, 158, 165, 204; PES 21, 37, 38, 39,
40, 46, 52, 113, 163, 164, 175, 179, 182;
PRO 23, 128.
· Vangelo = MAG 55; PES 51,193.
· Vano, /-nità = MAC 18, 23, 51, 132, 144;
PRO 18, 19, 31.
· Vendere = PES 119; PRO 84, 103, 111.
· Venerare = DIA 64, 82, 85.
· Vera, verità = DIA 19, 32, 42, 55; MAC
20, 33, 66 (ripetuto ai nn.113, 116, 186),
70, 92, 95, 111, 119, 198, 199; MAG 5, 9,
303
29, 42; PES 55, 57, 79, 92, 103, 193, 195,
231, 248, 252, 272; PRO 8, 19, 32, 33,
114.
· Vergogna = MAC 122, 172, 173, 206, 207.
· Vestire (rivestire) = PRO 48, 116, 118,
128, 139.
· Via = DIA 6, 66, 88; MAC 193; 23, 94,
190, 248, 272, 273.
· Vigilanza = PES 50, 270; PRO 10, 16, 26-
28, 39, 44, 45, 73, 87, 95, 102, 110, 114.
· Violenza = MAC 178 (rip. 211); PRO 61,
147.
· Virtù = DIA 113; MAC 49, 51, 95, 144,
146, 154, 177 (rip. 210), 188, 191; PES
15, 22, 38, 88, 96, 101, 103, 105, 123,
127, 158, 162, 163, 184, 192-199, 213,
223, 235, 243, 248, 257, 258, 259, 272;
PRE 4, 6, 7; PRO 126, 128, 139. = 49
volte.
· Visite = MAG 28, 29, 30, 33, 34.
· Vita, vivere = DIA 8, 9, 42, 46, 51, 53;
MAC 1, 3, 49, 72, 94, 121, 147, 183, 184;
MAG 2, 41, 45, 65, 68; PES 1, 14, 25, 61,
62, 67, 69, 70, 71, 74, 101, 116, 122, 138,
168, 200, 204, 218, 223, 228, 241, 248,
270, 283, 286; PRO 5bis, 6, 23, 32, 88,
97, 128, 130.
· Vittoria = MAC 177, 210.
· Vizio = MAC 51, 155, 164: MAG 56, 58;
PES 282; PRE 4.
· Vocazione = PES 9, 16, 209, 214; PRO
56, 70.
· Volere, volontà = COR 4; DIA 109; =
MAC 20, 24, 71, 73, 123, 171, 192; PES
19, 90, 143, 172, 201, 206, 215, 216, 219,
248; PRO 8, 9, 15, 19, 21, 22, 37, 40, 43,
51, 52, 59, 63, 66, 88, 94-97, 101, 104,
128.
· Volontà propria = PES 143, 209, 225-228.
· Voti religiosi = DIA 9; PRO 8, 11, 15, 17,
45, 60, 68.
· Zelo = PES 258, PRE 6.

17.2 Page 162

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304
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
NOMI DI PERSONA
Tra (...) quando figurano nelle note a piè di pagina
Abù-l-‘Asal Sāleh: 181.
Abù-l-‘Asal Shafīqa: (182).
Abu Sitta Salmān: (115).
Agopian Agop: 129, (164).
Agopian Matteo: 131.
Agopian Musa: 131, (74, 211).
Alacoque Margherita-Maria: xiii, xvi, 70,
184, 247, 288.
Al-‘Aisy Dīb Mahmūd: 117, 118, 125, 127,
145, (66, 117, 146).
Al-‘Arag Nasry: 109, 124, (56).
Albera Paolo sdb: xv, 17, 20, 31, 32, 40, 69,
42, 43, 44, 69, 71, 283, (xvi, xvii, 20, 42, 43,
53, 122, 172, 203, 271, 283).
Albright William Foxwell: 49.
Allegra Gabriele ofm: 78, (78).
Almagian Giovanni: 24, 130, 132, (24, 38,
130).
Aloi Giuseppe sdb: 285, 327, 339, 349.
Amadei Angelo sdb: xv, (20, 25, 169, 171).
Anders Władysław: 102.
Archer Laird: 134.
Asegian Paolo: 131.
Aselli Cesare sdb: 144.
Avedissian Daniele: 130, 144, (164).
Avedissian Manne: 175, 177, 179, (164, 177,
179).
Bāder Hanna: (19).
Balaian Antonio: (132).
Baldi Donato ofm: 78.
Baouardy Myriam: 7, 8, (9).
Banchi Jacopo: xiii, (65).
Barberis Giulio sdb: xiii, xv, xvi, 17, 20, 29,
30, 71, 149, 152, 165, (11, 18, 29, 77, 84,
149, 150, 152, 161, 194, 195, 200, 219, 230,
238, 275-277).
Barberis Gugliemo: 19.
Barlassina Luigi: 48, 52, 54, 68, 90, 95, 108,
132, 152, 153, 241, 338, (45, 47, 97, 122,
135, 153).
Barluzzi Antonio: 41, (172).
Barron John Bernard: 115.
Battisti Edmondo o.s.b.: xiii, 151, (65, 152).
Bea Agostino s.j.: 78.
Beda il Venerabile: (45)
Bedon Sante sdb: 194, 246.
Belloni Antonio sdb: iv, ix, xii, 7-13, 17-23,
32, 35, 84, 98, 129, 130, 286, 288, 309, 317,
318, (7, 9, 10-14, 18, 19, 21-23, 57, 84, 97,
129, 130).
Beltrami Andrea sdb: xv, xvi, xvii, 30, 154,
(30).
Beltritti Giacomo: 109, 351.
Benedetto XV: 39, 41, 132, 140, (132).
Berger Sara: (85).
Bergeretti Andrea: 10, 13, (10).
Bernstein Herman: 135.
Bertola Angelo sdb: 320.
Bianchi Eugenio sdb: xi, 12, 14, 15, 22, 28-
33, 44, 46-48, 50, 52, 55, 68, 72, 75-78, 80,
81, 84, 85, 113, 122, 131, 135, 143, 149, 156-
166, 177, 285, 287, 288, 309, 310, 312, 320,
322-324, 326, 333, 347, (29, 30, 34, 47, 50,
51, 68, 76, 77, 84, 104, 132, 134, 135, 174,
194, 195).
Bianchi Giacinto: 14, (11, 14, 19, 20).
Blatchford Edward W.: 133, 134, 136, (134,
136).
Boghossian Armando: 130, (141).
Bolognani Pietro sdb: 94, 337.
Bormida Angelo sdb: 11, 34-37, 69, 285,
310, 318, 320, 322, (34, 36, 37, 80, 195).
Borrego Jésus sdb: x, xii, (6, 7, 10, 11, 13,
18-21, 40, 50, 57, 59, 81, 84, 101, 122, 123,
130, 132).
Borton William: 50.
Boschi Gaetano sdb: 172, 173, (159, 172).
Bosco Giovanni: iv, vii, ix, xii-xviii, 11, 12,
19-21, 24-26, 28, 29, 31, 40-44, 47, 52, 53,
55, 56, 68, 75-77, 84, 86, 89, 96, 98, 100,
Indici
139, 141, 143, 148, 157-162, 164, 165,
170-172, 195, 203, 210, 219, 272, 274,
275, 281-283, 285, 286, 288, 341, (11-13,
15, 16, 25, 28-30, 37, 40-45, 59, 74, 77,
81, 99, 111, 150, 152, 195, 212, 213, 219,
226, 227, 230, 232, 248, 252, 275, 283).
Botto Alessandro sdb: 5, 107, 111, (21, 23,
41, 50, 65, 159).
Bracco Vincenzo: 8, 11, 18,
Braido Pietro sdb: (28).
Brandys Jan: 102.
Bretto Clemente sdb: 24, 319, (57).
Buzy Denis: 49.
Cacciaturian ‘Abed: 164.
Caiscian Sciucry: 132.
Calīs Yūsif sdb: 95, 97-99, 104, 106, 283, (7,
95-99, 106, 117, 195).
Calussie Na‘īm: 160, (65, 160).
Camassei Filippo: 132.
Camerota Eliseo sdb: xviii, 5, (23).
Cameroni Pierluigi sdb: xviii.
Canale Giovanni Battista sdb: 82, 95, 97,
101, 103, 337, (80-83, 88, 95, 96, 98, 99,
130, 257, 283).
Cancemi Giovanni sdb: 176, 177.
Candela Antonio sdb: 52, 61, (326, 327).
Candiani Antonio sdb: 90-94, 100, 101, 103,
210, 211, 285, 287, 311, 334, 337, 339, 350,
(58, 67, 88, 89, 101, 211, 287).
Cantoni Ercole sdb: 17, 163, 164, 176, 177,
(17, 19).
Caputa Giovanni sdb: vii, x, xviii, 351, (85,
97, 98).
Cardano Pietro sdb: 23, 25, 26, 84, 319.
Carletti Tommaso: (23).
Carmagnola Albino sdb: xvi, (xvi).
Castano Luigi sdb: xviii, (30).
Castelli Giovanni sdb: 351.
Castellotto Cristina fma: (15, 128).
Cattān Butrus (Pietro): 56, 64, 70, 148, 287,
340, 342, (66, 72, 105, 106, 153).
Cautero Renato sdb: (96, 111).
Ceffa Carolina fma: 104.
Ceria Eugenio sdb: xii, xiv, xvi, (7, 11, 19,
20, 29, 32, 40, 44, 169, 184, 192).
Cerruti Francesco sdb: (12, 23, 84).
Chambon Maria-Marta: iv, xiii, 80, 183-191,
305
268, 288.
Charbel Antonio sdb: (78, 108).
Ciakmakgian Dikrān: 62, 64, 68, 70, 97, 99,
107, 109, 128, 130, 139, 141, 286, 330, 332,
340, 342, 348-351, (97, 99, 104, 106, 122,
124, 143, 145, 146, 148, 211, 283).
Ciakmakgian Serpuhi: 70, 130.
Cimatti Vincenzo sdb: xvi, 77, 165, (30, 77,
165).
Colli Evasio: 52.
Conil François: (18, 57).
Coradini Ruggero sdb: 12, 14, 16, 67, 122,
176, 177, (11, 18, 19, 30, 122).
Cozzolino Ciro sdb: xii, 118, 184, 194, 246.
Crozes Auguste sdb: 102, (97).
Cumbāz Na‘īm sdb: 47, 156-166, 174, 177,
312, (68, 72, 76, 174, 240).
Dal Maso Eligio sdb: 67, 143, 150, 339, (49,
66, 80, 91, 108, 141, 154).
Dal Pos Giuditta fma: 111.
Damergian Giorgio: 67, 130.
De Albera Giovanni sdb: (47).
De Fino Vittoria fma: (73, 87).
Del Mistro Natale sdb: 184, (183).
De Sola Pool David: 135.
Derossi Eraldo sdb: 144, 147.
Desramaut François sdb: xii, (7, 23, 34, 38,
40, 53, 82, 84, 97, 102).
Dilanian Lavon: 132, (132).
Diotallevi Ferdinando ofm: 47, (51).
Doveri Piero sdb: (174).
Durando Celestino sdb: 13, 20, (18, 22, 97,
130).
Dumet Giorgio: 49, (49).
Eigmann Franz sdb: 35, 183, (36).
Eskigian Setrak: 130.
Fabrizi Fabrizio: (11, 13, 14, 19).
Fano Estella: (57, 58, 65, 82, 86-88, 95, 107).
Farneti Celso sdb: 339.
Far‘ūn abu ‘Abdàllah: 3.
Farruagi [Fartuhagi] Nazarena: (58).
Farrugia Anthony sdb: 101, (95).
Fergnani Giovanni sdb: 46, 54, 77-80, 108,
113, 183, 211, 285, 310, 322, 323, 326, (35,
37, 44-47, 49, 51, 52, 54, 68, 78-80, 89, 108,
117, 164, 183, 195, 211, 241).
Fernandez Andrés s.j.: 78.

17.3 Page 163

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306
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
Ferrero Benigna Consolata: 55, 185, (55).
Ferrero Tersilla fma: iv, 61-64, 68, 72, 73,
86-89, 94, 104, 105, 108, 121, 126-128, 144,
145, 154, 240, 246, 262, 285, 310, 330, 336,
339, (17, 55, 64, 65, 70, 72, 73, 85, 87, 88,
106, 124, 126, 127, 141).
Festini Giuseppe sdb: 88, (31).
Fior Lina fma: (111).
Fiora Luigi sdb: xii, 16, (6, 7, 15, 16, 19, 22,
25, 27, 28, 38, 40, 55, 60, 65, 68, 74, 75, 87,
94, 95, 179, 286-288).
Flesia Giovanni Luigi sdb: 35.
Forti Ernesto sdb: x, xii, xvii, xviii, 15, 27,
100, 122, 155, 174, 179, 181, 246, 248, 288,
(6, 7, 9, 12, 15, 19, 25, 27, 34, 37, 38, 55, 57,
58, 64, 66, 71, 82, 83, 87, 90, 100, 105, 169,
173, 174, 178, 181, 182, 184, 192, 246, 248,
274, 288).
Franca Tommaso: xiii, (65).
Francesia Giovanni Battista sdb: xiv, xv, 25-
27, 130, 211, 309, (25, 59, 63).
Frey Rudolf sdb: 52, 71, 72, 91, 127, 144,
178, 179, 240, 285, 324, 326, (52, 87, 117,
141, 152, 195).
Franceschini Giorgio: (78, 79).
Francia Vittorio sdb: (98).
Fusi Giuseppe sdb: 74, 107, 285, 327, 334,
339, (72, 195).
Galizzi Giuseppe sdb: 211, (211, 240).
Gasparri Pietro: 32, 47, 52, 137, 140, (47).
Gatti Carlo sdb: 11, 21, 29, 61, 67, 75, 135,
136, 163, (21, 23, 34, 51, 68, 77, 136, 142,
251).
Gavish Dov: (115).
Gellatian Salomone: (142).
Gerbo Mario sdb: 53, 158, 159, 173, 174,
176-178, 288, 312, (85, 163, 173, 174, 195).
Ghattās Marie-Alphonsine: 7, (8).
Ghezzi Luigi sdb: 144, 148.
Ghiragossian Giacomo: 131, 132.
Gianazza Gianmaria sdb: x, (22, 23, 132).
Gianazza Pier Giorgio sdb: x (8, 23).
Gia‘nīne (Giannini) ‘Atàllah sdb: (99).
Gia‘nīne Ishāq (Giannini Isacco) sdb: 19, 33,
(68, 99, 109, 251).
Giardelli Giuseppe sdb: 48.
Gisler Maurizio osb: 35, 36, 45, 46, 48, 52,
93, 113, 285, 310, 315, 322, 326, 334, 340,
(36, 37, 45-47, 58, 69, 79, 113).
Gori Alberto ofm: 109.
Gorla Albino: (64, 153).
Gosslar Karl sdb: 97, 100, 104, 285, 340,
342, 343, (104).
Grant Elihu: 60, 61, (58).
Grassiano Domenica fma: (13).
Grego Igino sdb: xii, (20, 21, 169, 171).
Guerra Felice sdb: xvi, 52, 76, (77).
Guzzetti Cherubino sdb: xviii.
Hadawi Sami: 116.
Hafiri [Giuseppe e fam.]: (19, 58, 83).
Harūni Giorgio sdb: copertina, 13, 55, 75, 99,
285, 319, 327, 339, 342, 349, (11, 57, 117).
Harūni Paolo: (10)
Hawila Giovanni sdb: 334, 342, 343, 350.
Heidet Louis: (47, 80, 164).
Herbert Samuel: (50, 60, 135).
Kalbian Vicken: (134).
Kasperciak Léon. sdb: (102).
Keklikian Artīn: 68, 91, 94, 95, 105, 130,
141, 195, 286, 327, 333, 342, (62, 65, 99,
106, 107, 195).
Keklikian Meline: 130, 342, (195).
Keklikian Pasquale (Haroutyoun), vescovo:
68, 131, 327.
Kempis Tommaso (da): xiii, 54, 270, (227).
Khàwaly Dàlleh Ibrahīm: 6, 9.
Khoury ‘Abdàllah: 109. 351.
Khoury Farid: (160)
Khoury Ibrahīm sdb: 117, 118, (125, 146).
Khoury Tannūs: (180).
Kot Giovanni (Włodowski Jan) sdb: 110,
341, 342, (101, 102, 141).
Koubeserian Agop: (142).
Kuiumgian Giovanni: 130, 132.
Laconi Francesco sdb: 108, 109, 246, 334,
351, (109, 173).
Laconi Giovanni sdb: x.
Laham Lutfy: 351.
Lajolo Luigi sdb: 102, 104-106.
Lemoyne Giovanni Battista sdb: xiv, xv, 43,
(29).
León Alejandro sdb: viii, x, (56, 195).
Liguori Alfonso M. (de): xvi, xvii, 143, 219,
266, 269, 273, 288, (192, 197, 199, 208, 212,
Indici
221, 228, 231, 233, 234, 237).
Lisi Costanza: (23, 85).
Loparco Grazia fma: (11, 13, 14, 23, 24).
López Rafael sdb: 95, 97-104, 108, 285, 288,
311, 315, 340-343, 350, (95-97, 97, 195).
MacKenzie Duncan: 33, (33, 58).
Mallon Alexis s.j.: 49, 78, (47, 80).
Manugian: 132, 333, (132).
Marenco Giovanni sdb: 20, (18).
Marsegaglia Pietro sdb: 320.
Mathias Louis sdb: 78, 334.
Matossian Ohannis Bey: 134.
Mazzarello Maria Domenica fma: ix, xiv,
xvii, 86, 88, 90, 98, 339, (15).
Mazzolini Quinto: (83, 85, 93).
Megdessian Megdess: (132).
Meistermann Barnaba ofm: 36, (36).
Mezzacasa Giacomo sdb: 11, (16).
Mignani Ermellina fma: 111.
Mikałek Paul sdb: 342, 343, (101).
Milani Armando: 177, (177).
Milani Vincenzo sdb: 107, 179, 326, 337,
339, 350, (65, 69, 71).
Milano Marcella fma: 67.
Mills Edward: 115.
Mombelli Alessandro: (68, 93).
Money Arthur Wigram: 41, (39, 41).
Moore Joseph: 137-139, 325, (139).
Morazzani Guglielmo sdb: x.
Moroni Carlo sdb: x.
Morris Benny: (129, 130, 132, 133).
Motto Francesco sdb: x, (16, 29).
Mussolini Benito: (49, 93).
Nahhās Yūhanna sdb: copertina, 84, 98, 334,
(7, 10, 22).
Nai Luigi sdb: 21-23, 94, (21, 23, 57, 96).
Naslian Giovanni: 131.
Neri Gino: 337, (59, 152).
Nigra Lorenzo sdb: 62, 75, 96, 108, 335, (77,
80, 98, 254).
Ongher [Ungar] Stefano sdb: 15, (15).
Orio Moreno Luis sdb: 342, 343, (102).
Orlandi Adeodato: xvii, (193).
Orlando Carlo sdb: xvii.
O’Rourke John L. s.j.: 78.
Paolini Pasquale: 76.
Papa Antonietta: (11, 13, 14, 19).
307
Pascale Giovanni: 68.
Pavano Gaetana fma: (70, 73).
Pedrazzi Antonio: 88, (85).
Piavi Ludovico ofm: 11, 12, 21, 32.
Pieraccini Paolo: x, (38, 40, 41, 98, 99, 136).
Pio XI: 44, 46, 52, 68, 123, 137, 139, 140,
158, 285, 310, (46, 61, 68, 74, 85, 139).
Piperni Raffaele sdb: 13, 18.
Poggi Luigi ocd: 68, 328.
Polácek Jaroslav sdb: 16, (16).
Ponzetti Giulio sdb: x, (23, 104, 107).
Porro Angelo sdb: 28, 285, 350, (72, 195).
Pozzo Vittorio sdb: x, xii, 351, (12, 21-23,
41, 59, 95, 107, 156).
Praduroux Emilio sdb: xii, 5, 351, (96).
Prun Athanase sdb: 13, 16, 319.
Puddu Salvatore sdb: 11, 53, 84, 161, 241,
(38, 53, 85, 109, 142, 160).
Puech Émile: (112).
Radoński Atanasio: (10).
Radoński Karol Mieczysław: 100, 108, 341.
Ra‘ed Cesàr: 109.
Raele Giuseppe sdb: 67, 141, 159, 163, 334,
(258).
Rahmani Efrem: 139.
Ricaldone Pietro sdb: xv, 39, 40, 41, 44, 84,
88, 95, 96, 98, 108, 150, 161, 283, 288, 320,
(40, 41, 74, 77, 81, 82, 98).
Riccardi Andrea: (129).
Rinaldi Filippo sdb: xv, xvi, 42-44, 46, 48,
52, 53, 71, 76, 80, 85, 96, 122, 135, 147, 155,
171, 286, 310, (xvii, 29, 37, 44, 46, 49, 57,
74, 156, 159, 283).
Riva Giuseppe: xvii, (183, 200, 203, 232).
Ritz Emilio: 68, 323, 328.
Robinson Paschal ofm: 138, 323.
Rocca Angelo sdb: 46, (46, 241).
Rodinò Amedeo sdb: xii, (52, 80).
Rodriguez Alfonso: xvii, (212).
Roero Prospero sdb: xviii.
Rosin Mario sdb: iv, xi, 11, 82-88, 90, 91,
95, 106, 113, 126, 141, 164, 285, 287, 288,
311, 319, 323, 324, 337, 338, (16, 23, 34, 37,
38, 40, 58, 68, 82-85, 88, 93, 134, 142, 174,
194, 195).
Rossetto Adelino sdb: 351.
Rua Michele sdb: iv, xv, 6, 11-17, 20-25,

17.4 Page 164

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308
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
27, 30, 31, 44, 52, 84, 129, 130, 149, 156,
169-171, 195, 282, 288, 309, 312, 319, 327
(xvii, 11, 13-15, 21-25, 29, 32, 70, 97, 130,
149, 169-172, 195, 282, 288).
Rummān Spiridiōn sdb: copertina, 38, 107,
177, 246, 285, 315, 319, 326, 334, 340, 350,
(57, 246).
Russo Lino sdb: (211).
Sacchetti Alfredo sdb: xi, 31-39, 45-52, 61,
62, 79-83, 88-91, 108, 123, 129-140, 156,
159, 160, 162, 164, 210, 285, 287, 309, 311,
315, 320, 323, 327, 333, 334, 347, 348, (19,
29, 31-37, 39-41, 45-52, 58, 60-62, 66, 68,
75-77, 80, 81, 83, 85, 88, 90, 93, 113, 118,
123, 130-140, 159, 195).
Sales Francesco (di): xiv, xvi, 16, 17, 27, 43,
44, 48, 68, 70, 75, 153, 165, 184, 185, 192,
195, 196, 262, 272, 274, 288, (16, 43, 184,
192, 203, 219, 223, 226, 232, 264, 270, 275).
Sarkīs Butrus (Pietro) sdb: 13, 24, 31-34, 38,
50, 67, 75, 113, 285, 287, 309, 320, 323, 324,
329, 333-335, (11, 49, 57, 177).
Scanzio Antonio: 19, (57).
Sceüris Giuseppe: 131.
Schiaparelli Ernesto: 40, 51, (23, 142).
Secco Michelina fma: (14, 15, 33, 59, 63, 64,
74, 86, 108).
Selīm ‘Atàllah: 175-180, 312, (175, 176,
180).
Shalhūb Giorgio sdb: 38, 61, 123, 142, 325,
334, (22).
Shavit Ari: (82).
Shomaly Hanna: xviii.
Sciueri (Khalìl) Carlo sdb: 98, 105, 285, 342,
343, 350, (74, 105, 106, 124).
Simionato Elburga: 87, (64).
Srugi ‘Āzar: iv, 6, 9, 181.
Srugi ‘Azīz: 5.
Srugi Ibrahīm: (211).
Srugi Regina: 9.
Srugi Rosa: 9.
Srugi Zàhra: iv, viii, 92, 105, 180-182, 281,
312.
Starkey James Leslie: 82.
Stella Pietro sdb: (25)
Stephan Hanna Stephen: 77, (37, 77, 78, 89,
108).
Strus Andrzej sdb: 112, 113, (112).
Sutera Luigi sdb: 27, 31, 38, 84, 108, 320,
(39).
Swider Edward sdb: 102, 144, 342, (101,
102).
Tahhān Fathàllah sdb: 176, (58, 71).
Talatinian Kerop (Basilio): (131).
Taszarkowna Teresa fma: 110, 111.
Terrone Luigi sdb: xv-xvi, (77).
Tombolato Sante sdb: 315.
Tornquist Adolfo sdb: 61, 67, 81, 310, 329.
Torresani Girolamo: (51).
Tuhtarian Clemente: 157, (157).
Ubezzi Bartolomeo sdb: xviii, 334, 337, (23).
Ugetti Giovanni Battista sdb: (55, 60, 335).
Useo Giovanni Battista sdb: 20 (11, 20).
Valentini Eugenio sdb: xii, (10, 11, 13, 40,
61, 77).
Valle Paolo sdb: xv, xvii, (31).
Varaia Antonio sdb: 15, 16, 19-20, 128, (11,
17-20, 57).
Variara Luigi sdb: 78, (12, 30).
Venerosi R.: 868 (142).
Vercauteren Charles sdb: 13, 15, 24, (15, 19,
57, 130).
Vergano Annetta fma: 13, 63, (13-15, 33).
Versiglia Luigi sdb: 30, 78, 165, (30, 135).
Viganò Egidio sdb: 148, (148, 283).
Villa Giovanni sdb: 141, (38, 47).
Villa Paolo sdb: 130.
Vismara Eusebio sdb: 40, 96, 150, 151, (40).
Vizolo Luigi sdb: 163, 320.
Yūnis Regina fma: (69, 71).
Walsh E. Aloysius s.j.: 137, 138, (137, 139).
Zanardi Franco: (63).
Zanchetta Giacomo sdb: 37, 84, (37).
Zanchin Cherubina: (64).
Ze’evi Dror: (129, 130, 132, 133).
Ziggiotti Renato sdb: 108, (38, 797 109).
Zimniak Stanislaw sdb: x, (11-14, 23, 24,
30).
Indici
309
INDICE PARTICOLAREGGIATO
Cartina
iii
Date significative
iv
Sommario
v
Presentazione
vii
Avvertenze
viii
Introduzione
ix
Abbreviazioni e Sigle
xi
Fonti e Bibliografia scelta
xiii
PRIMA PARTE
LA VITA E L’AZIONE
PRIMA SEZIONE: RICOSTRUZIONE STORICO-BIOGRAFICA
3
1. Prologo: una famiglia di rifugiati dalla Siria, al Libano,
alla Palestina (1550-1772)
3
2. Dalla nascita alla professione religiosa. Gli incontri con
don M.Rua (1877-1908)
6
2.1. Infanzia e fanciullezza a Nazaret (1877-1888)
6
2.2. Don Antonio Belloni: missionario, fondatore, direttore
spirituale (1831-1903)
7
2.3. Simone con i “Fratelli della Santa Famiglia” a Betlemme (1888-1892) 9
2.4. L’arrivo dei primi Salesiani e Figlie di Maria Ausiliatrice
in Terra Santa (1891)
10
2.5. Simone aspirante, novizio e professo salesiano a
Betgamāl (1892-1900)
14
2.6. L’opera di Betgamāl: inizi e passaggio dai belloniani ai
salesiani (1878-1892)
18
2.7. La prima visita di don Michele Rua (1895)
20
2.8. Erezione dell’Ispettoria Orientale. Morte di don Belloni. Passaggio
al “protettorato” italiano (1902-1904)
21
2.9. La seconda visita di don Rua e i contatti con Simone (1908)
24
2.10. “Bethgemal”, vista da don G.B. Francesia nel 1909
25
3. Simone educatore e apostolo nel trentennio centrale (1909-1939)
27
3.1. Doti naturali e assimilazione dello spirito salesiano
27
3.2. Don Bianchi come guida spirituale (1913-1931)
28
3.3. Don Sacchetti manager e abūna Sarkīs amministratore
dell’azienda (1913-1938)
31

17.5 Page 165

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310
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
3.4. Durante la prima guerra mondiale: disastri e segni
di speranza (1914-1918)
33
3.4.1. Ritrovamento della tomba di S.Stefano: sig. Bormida
e p.Gisler (1916-1917)
35
3.4.2. Spaccatura fra confratelli. esilio degli italiani. emergenze
in casa (1916-1918)
37
3.5. Il periodo post-bellico e l’inizio del Mandato Britannico (1918-1923) 37
3.5.1. Urgenze: rappacificare gli animi, ricostruire le strutture,
riattivare le opere
39
3.5.2. Priorità: il rinnovamento dei Salesiani, guidato da don Albera
e don Rinaldi (1920-1925)
42
3.5.3. Valorizzare Betgamāl-Cafargàmala. Incoraggiamento
di Pio XI (1923-29)
44
3.5.4. L’“Opera del Perdono Cristiano”: evangelizzazione
e promozione umana
47
3.5.5. Successi e riconoscimenti. Srugi “la persona più conosciuta
e venerata” (1924)
49
3.5.6. La costruzione del nuovo Martyrium di Santo Sefano (1928-30) 51
3.5.7. Simone e l’apostolato laicale delle “Confraternite”
52
3.5.8. Umile confratello educatore
54
4. Il “piccolo mondo” di Betgamāl e la missione di Srugi al suo servizio 56
4.1. Dentro le mura e a ridosso della casa religiosa (deir, “convento”)
56
4.2.Vie e mezzi di collegamento con l’esterno
59
4.3. Amministratore saggio e fedele
60
4.4. Un benefattore provvidenziale: don Adolfo Tornquist
61
4.5. Suor Tersilla infermiera e Simone farmacista nel nuovo ambulatorio 62
4.6. Supervisore dei lavori nel mulino e amico degli ultimi
65
4.7. Consigliere prudente e ricercato
67
5. La vita religiosa di Simone
67
5.1. Spirito di “pietà”. Imitazione di Cristo e di S.Stefano
68
5.2. Ininterrotto esercizio di santificazione personale nello svolgimento
delle azioni quotidiane
71
5.3. La “piccola via” della semplicità nella vita comunitaria
74
6. Il decennio 1931-1940
76
6.1. La morte di don Bianchi (1931)
76
6.2. Notorietà di Betgamāl-Cafargàmala. Il contributo di don Fergnani 77
6.3. Nuove difficoltà: di personale, finanziarie, socio-politiche (1932-1935) 80
6.4. Immigrazione ebraica e “rivoluzione araba”. L’uccisione di
Indici
311
don Rosin (1936-1938)
82
6.5. Reazioni di Srugi in questa circostanza, e suo atteggiamento abituale 86
6.6. La partenza di don Sacchetti (1938)
88
6.7. Preavvisaglie per Srugi. Il nuovo direttore don Candiani (1938-1940) 90
7. Il tramonto e la morte, sullo sfondo della seconda guerra
mondiale (1940-43)
93
7.1. Entrata in guerra dell’Italia: prigionia di don Candiani
e degli altri confratelli
93
7.2. Don López superiore “ad interim”. Don Calīs direttore nominale
95
7.3. Infermità di Srugi e nuove pesanti prove per la casa (1941-42)
100
7.4. Pericolo di occupazione militare. Richieste di alloggiare profughi
Polacchi (1942-1943)
101
7.5. Un punto di vista “terra terra” sull’ambulatorio di Betgamāl (1942) 103
7.6. Don López e Srugi: in servizio fino all’esaurimento delle forze
103
7.7. Gli ultimi mesi di vita di Simone; la morte e il funerale (1943)
105
8. Epilogo: fine di un’epoca e inizio dell’iter verso la
beatificazione (1943-1953)
106
8.1. Ridimensionamento dell’azienda-scuola agricola e delle altre attività 107
8.2. Iter canonico: dal Processo Informativo alla dichiarazione
di venerabilità
108
8.3. Chiusura di opere per ragazzi, e nuove fondazioni monastiche
110
8.4. Ripresa di studi e di scavi archeologici su santo Stefano,
Cafargàmala e la zona circostante
112
SECONDA SEZIONE: “FINESTRE” PARTICOLARI
115
I. POPOLAZIONE ARABA-PALESTINESE IN CONTATTO
CON SRUGI
115
1. Natura, scopo, fonti
115
2. I nove registri delle medicazioni
116
3. Il quaderno dei battesimi
116
4. Nomi forniti da exallievi e persone originarie della zona
117
5. Popolazione secondo i censimenti e le statistiche ufficiali
118
6. Risultati
121
II. SIMONE SRUGI E I MUSULMANI DELLA REGIONE
122
Premessa
122
1. Come questi musulmani hanno percepito Srugi
123
2. Come Srugi vedeva questi musulmani e la sua “missione” nei loro
riguardi
125
3. Come Dio giocò con gli uni e con gli altri, a vantaggio reciproco
128

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312
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
III. DON SACCHETTI E GLI ORFANI ARMENI ACCOLTI
A BETGAMĀL
129
1. Alla fine dell’Ottocento
129
2. Dopo il genocidio armeno del 1915-16 e la prima guerra mondiale
130
3. Un ambizioso progetto e il sostegno del Papa, della “NER” e
della “CNEWA”
132
3.1. “La carità del Papa”
132
3.2. Gli aiuti della protestante “Near East Relief”
133
3.3. I rapporti duraturi con la cattolica C.N.E.W.A.
137
4. Alcuni rilievi
140
IV. L’ATTEGGIAMENTO MISTICO E SACERDOTALE DI SRUGI
143
1. L’orientamento costante verso il Paradiso
143
2. Cerimonie. Spirito liturgico e vita come liturgia
148
2.1. Un cerimoniere non comune
148
2.2. Fonti teologiche. Maestri e modelli
149
2.3. Dal mistero celebrato, alla vita come liturgia… e reciprocamente 154
Risultati
155
V. DON BIANCHI: LINEE DI ACCOMPAGNAMENTO SPIRITUALE
AL SIG. NA‘ĪM CUMBĀZ
156
1. Le lettere nel loro contesto
157
2. Significato e valore di questa corrispondenza
164
SECONDA PARTE
GLI SCRITTI E LE FONTI
PRIMA SEZIONE: ANALISI DEI TESTI E LORO FONTI
169
I. CORRISPONDENZA
169
Primo Biglietto di don Michele Rua
169
Secondo Biglietto di don Michele Rua
170
Due appunti o “minute” di Biglietti a una innominata Suora
172
Prima Lettera di Srugi a don Mario Gerbo
173
Prima Lettera dell’exallievo ‘Atàllah Selīm
175
Seconda Lettera di Simone a don Mario Gerbo
176
Seconda Lettera dell’exallievo ‘Atàllah Selīm
178
Lettera di Simone alla sua sorella Zàhra
180
II. DIALOGHI DI GESÙ CON SUOR MARIA-MARTA CHAMBON
e Foglio Allegato
183
Introduzione e Note
183
TESTI
185
Indici
313
MANOSCRITTO “A”
185
MANOSCRITTO “B”
189
FOGLIO ALLEGATO (= FAL)
192
III. “MASSIME DEL MESE PEI CONFRATELLI. DA COPIARE”
194
Introduzione e Note
194
TESTI
196
QUADERNO 2 DEL C.B.
196
QUADERNO 3 DEL C.B.
201
QUADERNO N ° 4
206
IV. “MASSIME PER I GIOVANI. DA COPIARE”
210
Introduzione e Note
210
TESTI
212
V. PENSIERI SALUTARI
218
Introduzione e Note
218
TESTI
220
VI. PREGHIERE
240
Introduzione e Note
240
TESTI
241
1. Preghiera al Sacro Cuore di Gesù
241
2. In Contemplazione di Gesù Crocifisso e delle sue Piaghe
242
3. Preghiere alla Madonna
242
3.1. “Le sette allegrezze che gode Maria in Cielo”
242
3.2. Effusioni e ringraziamenti alla Madonna
243
4. Atto di consacrazione a Gesù Adolescente
243
5. Preghiera giornaliera a Gesù Adolescente
244
6. Triduo di preghiere al glorioso Santo Stefano Protomartire
244
VII. PROPOSITI
246
Introduzione e Note
246
TESTI
248
Ritiro del 1° settembre 1926
248
Ritiro del 25 agosto 1927
249
Ritiro del 1928. 16 agosto
251
Ritiro 1930, 4 agosto 1930
251
Ritiro 17 agosto 1931
252
Ritiro 7 agosto 1932 a Betlemme
253
Esercizzi Spirituali del 1933 in Nazareth – 15 Agosto
254
Esercizzi fatti a Nazareth. 7 agosto 1934
255
Esercizzi Spirituali a Betlemme 1935
255
Esercizzi Spirituali a Betlemme. 2 ag. 1936
256

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Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
Esercizzi Spirituali del 1937, dal 8 al 14 Agosto, a Betlemme
257
Esercizzi fatti a Nazareth – 21 Agosto 1938
257
Esercizzi fatti a Betlemme 6-8-39
258
SCRITTI
261
SECONDA SEZIONE: SINTESI
261
UN PROGRAMMA DI PERFETTA SANTIFICAZIONE
261
Introduzione
261
1. La vocazione alla vita religiosa: grazia e impegno
262
2. Motivazioni, intenzioni, mèta
263
3. Fondamenta e costruzione
265
4. Centro della vita consacrata
268
5. Modo di procedere
272
6. Esercizi e mezzi di santificazione
275
7. In attesa dell’incontro con Gesù giudice buono e amico
280
8. I frutti dell’azione in terra e la contemplazione di Dio in Paradiso
281
Conclusione: linguaggio e programma di vita “familiari”
282
BILANCIO
285
1. Protagonisti e attori della storia salesiana di Betgamāl
285
2. Simone Srugi: figura rappresentativa di “contemplativo nell’azione” 286
Conclusione
289
INDICI
291
BIBLICO
291
TERMINI USATI DA SRUGI
293
NOMI DI PERSONA
304
INDICE PARTICOLAREGGIATO
309
GALLERIA FOTOGRAFICA
315
Note
315
Galleria fotografica
315
GALLERIA FOTOGRAFICA
Note
La maggior parte delle foto qui riprodotte si trovano in ABG negli albums appartenuti
a d.Sacchetti, d.Rummān e d.López (manomesse a più riprese, quasi tutte senza data
né nomi). Altre (nn. 15-17, 20) riproducono pagine dell'opuscolo di p.Gisler del 1923.
Alcune (28, 41, 79-81) sono slides originali del sig. Sante Tombolato, che ha pure
rielaborato molte delle precedenti. L'attribuzione che io ne dò, benché ampiamente
attendibile, in qualche caso resta da prendere col beneficio d'inventario. Infine utilizzo
foto da "National Geographic" (n. 1), archivio parrocchiale Greco-Melkita di Nazaret
(nn. 2, 3), della famiglia Abù-l-‘Asal di Nazaret (13), delle Suore Dorotee di Terra
Santa (n. 49).

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1
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
Galleria fotografica
317
4
Simone Srugi nasce a Nazaret il 15.04.1877 e riceve i sacramenti dell’iniziazione il 10.05
nella chiesa Greco-Melkita, sul luogo ritenuto quello dell’antica sinagoga del tempo di Gesù.
2
Dal dicembre 1888 al luglio 1892 Simone vive a Betlemme nell’orfanotrofio
del Canonico don Antonio Belloni (ritratto giovanile e foto da anziano).
5
3
1893: casa delle FMA, portone d’entrata all’orfanotrofio e scuola, chiesa del S.Cuore.

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6
Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
Galleria fotografica
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8
La banda strumentale dell’orfanotrofio (ca. 1896).
A dx di d.Belloni il M° Angelo Bormida, con la bacchetta, a sin. il sig. Francesco Arrobio.
7
Betgamāl fine 1800: preti, coadiutori, operai, giovani e ragazzi al lavoro e in posa nel
giardino-orto antistate la facciata Sud dell’edificio centrale.
9
Orfanotrofio e scuola agricola “S.Giuseppe” di Betgamāl alla fine del 1800:
qui Simone Srugi vive come aspirante, novizio, professo e tirocinante (1892-1900).
Nazaret, marzo 1908. In alto da sin.: G.Harūni, G.Suedān, d.Y.Harūni, ?, ch. S.Rummān,
ch. A.Crétal, ?. Seduti: d.A.Prun, d.C.Bretto, d.M.Rua, d.P.Cardano, d.M.Rosin direttore.

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Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
Galleria fotografica
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13
I sette sacerdoti di Betgamāl del 1914-1915: d.Eugenio Bianchi (seduto al centro),
d.Alfredo Sacchetti (dietro di lui), d.Pietro Marsegaglia, d.Angelo Bertola,
d.ʻAwad ʻAtallah, d.Luigi Vizolo, d.Pietro Sarkīs.
11
12
Nazaret, seconda metà anni 1920: Simone in posa con un suo cugino.
Sulla collina: istituto salesiano e basilica di Gesù Adolescente.
La casa natia di Simone era situata nel quartiere sottostante a sinistra.
14
Sig. Angelo Bormida (ca. 1915).
1919: d.P.Ricaldone visitatore
e d.L.Sutera ispettore.

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Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
Galleria fotografica
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17
Anni 1916-17, 1922: scoperta della chiesa bizantina sulla “tomba” di S.Stefano
Scavi: p.Gisler osb, sig. Bormida, d.Bianchi, d.Fergnani.
16
Base della mensa del diaconicon (A), posta a fianco dell’ingresso nella grotta sepolcrale (B),
sui cui gradini sta il giovane in alto a dx (C).
1922: E.Ritz, d.Fergnani e d.Bianchi, ammirano i mosaici della navata laterale.
18a
11.10.1927: Mons. P.Robinson, visitatore apostolico per la CNEWA con allievi e confratelli.
18b
Abuna Sarkīs,
don Sacchetti,
don Rosin,
Mons. Robinson,
don Bianchi.

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Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
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21
Primavera 1928: i giovani aiutano nella gettata della soletta sopra la cripta.
20
Primavera 1928: confratelli e giovani di Betlemme, Cremisan e Betgamāl sull’area
dell’erigendo Martyrium. Srugi è a sin. a fianco dell’entrata nella grotta sepolcrale.
In alto al centro: d.Sarkīs, d.Bianchi, d.Frey; in basso a dx d.Rosin.
Maggio 1928: Mr. Moore, segretario CNEWA, e amici si chinano sui mosaici del diaconicón.
22
Maggio 1928: Mr. Moore visita gli orfanotrofi di Betlemme e di Nazaret.
23

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Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
Galleria fotografica
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26
Autunno 1929: d.Bianchi ispeziona i lavori di costruzione del Martyrium.
25
Dicembre 1929: d.Candela davanti la "grotta della Madonna di Lourdes"
(benedetta da d.Rua nel 1895). Srugi 3° a dx.
27
Dicembre 1929: da dx: d.Rummān, d.Frey, d.Candela, p.Gisler, d.Fergnani,
sig.Milani. Ragazzi sul tetto del Martyrium non ancora coperto con le tegole.
3 agosto 1930: il vescovo armeno H.Keklikian alla benedizione del Martyrium.
A dx suo nipote Artīn, a sin. d.Sacchetti, e i sigg. Harūni, Aloi, Fusi.

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Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
Galleria fotografica
329
29
04.01.1930: d. A.Tornquist benedice la prima pietra della scuola per esterni
e del nuovo ambulatorio (Srugi sembrerebbe il penultimo a destra in basso).
30
Interno del Martyrium decorato con tele di p.L.Poggi OCD e "simil mosaici" e affreschi
di E.Ritz (1932-1936). Qui Srugi faceva da cerimoniere nelle solennità e feste.
Presbitero ristrutturato nel 1972.
Abūna Butrus Sarkīs cementa la prima pietra.
Assistono i capi dei villaggi viciniori dei quali lui era mukhtār.

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Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
Galleria fotografica
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33
Sig. Srugi, coperto dall’impastatrice, segue da vicino i lavori di costruzione.
32
Indossando il camice da infermiere, Simone accoglie gli ammalati, sotto larco dentrata.
34
Suor Tersilla Ferrero FMA, e Signor Srugi: i due “santi” infermieri di Betgamāl.
Con un altro gruppo di ammalati davanti al portone dentrata.

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Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
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37
Dopo il 1931. Est: casette per i contadini e stalle. Sud-Est: viale dingresso;
a sin. garages, magazzini, centrale elettrica. Sopra: terrazzo con balconata davanti alla scuola
e all'ambulatorio. Sud: mulino, N-O “rustico” e sovrastante la casa delle FMA.
36
Signor Artīn Keklikian con istruttore e giovani al frantoio e pressoio.
38
Signor Dikrān Ciakmakgian, incaricato del mulino.
1930: visita del vicario patriarcale Armeno Mons. Manugian:
a sin. d.Bianchi, d.Sacchetti, d. Sarkīs, penultimo Srugi.

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Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
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41
Confratelli Arabi di vari Riti (Betlemme, EE.SS. 1931): G.Hawīla, B.Sarkīs, G.Shalhūb,
I.Gia‘nìne, G.Lutfy, G.Nahhās, A.‘Awad, S.Srugi. In piedi: S. Rummān, G.Calīs, G.Helu.
40
Statua marmorea di Gesù Adolescente nella basilica di Nazaret.
42
26.03.1932 – Confratelli e giovani di Betlemme, Betgamāl, Cremisan e Gerusalemme,
attorno a Mons L. Mathias; alla sua dx p.Gisler; a sin. Mons.Fellinger, d.Sacchetti,
penultimo d. Raele, ultimo d.Candiani, dietro d.Ubezzi ch. Morra, sig. Fusi, ch.F.Laconi.
Nazaret, EE. SS. 1933: Srugi 3° sin. in alto. Seduti al centro: d. L.Nigra, ispettore, ai suoi
lati i predicatori d. E.Carnevali e d. G.Tamburino; penultimo d. Sarkīs, dietro di lui il sig.
GB.Ugetti che sembra volgere lo sguardo al suo grande amico Simone.

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Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
Galleria fotografica
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45
Anni 30, processione del “Corpus Domini”: Srugi sostiene lasta posteriore destra del
baldacchino “così da poter guardare Gesù eucaristico che passa benedicendo la nostra casa”.
A dx: suor Tersilla coperta dallo spigolo dellosservatorio meteorologico.
44
Marzo 1937: al centro d. P.Tirone visitatore canonico. Riunione dei direttori:
da sin. d.L.Biondi, d.B.Ubezzi,?, d.Bolognani, d.Canale ispettore, ?,
d.Rosin, ?; d.Candiani introduce il sig. Srugi.
1937: al centro d. P.Tirone visitatore canonico. Riunione dei direttori: da sin. d.L.Biondi, d.B.Ubezzi,?,
d.Bolognani, d.Canale ispettore, ?, d.Rosin, ?; d.Candiani introduce il sig. Srugi    
 
46
47
8.12.34: Srugi catechista del gruppetto di ragazzi da lui preparati alla Prima Comunione.
 
Nella stessa circostanza: Srugi fra il tipografo G.Neri e il coadiutore V.Milani
Nella stessa circostanza: Srugi fra il tipografo G.Neri e il coadiutore V.Milani
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Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
Galleria fotografica
339
50
23.06.1938: d.Mario Rosin perde la vita di ritorno da Deir Rafāt per la sua fedeltà al
ministero sacerdotale presso le suore “Dorotee” del santuario di N.S. di Palestina.
49
14.05.1939: festa per la nuova Beata Maria Domenica Mazzarello.
La seconda FMA a fianco di don Candiani é Sr Tersilla Ferrero.
51
Suore Dorotee sul terrazzo del santuario mariano, insieme al Patriarca Luigi Barlassina.
Scouts 1939: d.Candiani al centro, a dx d.Dal Maso, sig.Harūni, sig. Srugi, sig.Milani.
A sin. d.Spiridiōn, ch. Farneti, sig. Fusi e sig. Aloi.

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03.08.1939: ultima visita di p.Maurizio Gisler osb, davanti al Martyrium di cui fu architetto.
53
31.01.1942: chiusura del Centenario dellinizio delle “Opere D. Bosco”:
presiede il vescovo Mons. Radònski e Srugi fa da cerimoniere.
55
29.06.1941: chiusura dellanno scolastico e premiazione. Don López direttore, alla dx
d.Gosslar, d.Calīs, il sig.Srugi; all sua sin. d.Cattān, d.‘Awād, ultimo d.Rummān.
S.E. Mons. Radònski si congeda dal sig. Srugi; ai lati d.Kot e d.López.

19 Pages 181-190

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Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
Galleria fotografica
343
58
31.01-1942: Srugi con i chierici tirocinanti (da sin.) Swider, Kot, Orio, Michałek.
57
1942-43: con i capi-villaggio viciniori dei quali allora il sig. Harūni era mukhtār
(4° sin. in alto).
59
A.s. 1942-43: maestri, istruttori, famiglie, allievi. Seduti da sin. ch.Orio, sig.Harūni,
d.Cattān, d.Spiridiōn, d.Fathallah, d.López, d.Gosslar, d.Sciueri, sig.Srugi,
sig.a Ciakmakgian e sig.a Keklikian. Dietro: da sin. 7° Dikrān, 8° Artīn,
9° sig. Hawīla. Ultima fila 1° da sin. ch Mikałek.
1943: d.Gosslar economo e vicario del direttore d.López, d.Sciueri
e i chierici Orio e Mikałek, fanno compagnia al sig. Srugi, ormai esausto e vicino alla fine.
(vedi foto seguente).

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Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
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62
Circa 1922: edifici principali, giardini Nord e Sud prima degli scavi sull’area bizantina; orti e
stalle, viale d’ingresso a Est prima della costruzione dell’ambulatorio di Srugi.
63
61
Camera di Simone comunicante con linfermeria. Qui morì il sabato, 27 novembre 1943.
Macchine agricole per i lavori nei campi, vigne e oliveti.

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Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
Galleria fotografica
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Grotta interna della cantina, per la stagionatura e limbottigliamento del vino.
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Allievi a lezione da d.Sacchetti nel laboratorio di chimica e fisica agraria.
66
69
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Neo-diplomati del 1929 posano per la foto-ricordo con il direttore d.Bianchi.

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Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
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“King David” hotel, 25.07.1933: Cons. Gen. Agricol. di Palestina (d.Sacchetti 1° a dx in alto).
74
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Primi anni 1930: sbancamento del costone roccioso sotto la stalla per ampliare la strada.
72
Ragazzi e istruttori con G.Aloi e G. Harūni. Raccolti di granoturco, barbabietole e patate.
75
Wady Būlos: scavo del pozzo, pompa sommersa e canali di irrigazione della valle.

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Simone Srugi sdb (1877-1943) nella storia di Betgamāl
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Un gruppo di “bandisti”: sig. Porro, sig. Milani, M°Dikrān con la bacchetta, istruttori e giovani.
77
Saggio ginnico per la festa del direttore d.Candiani (1939-40).
78
10.12.82: nella cripta i sigg. A.Rossetto e G.Castelli dissotterrano la bara di Srugi;
presenti: d.V.Pozzo Ispettore, p.I.Mancini Custode ofm di Terra Santa, G.Beltritti Patriarca
Latino, L.Laham Vic. Pat. Greco-Melkita, d.F.Laconi niziatore della causa.
80
81
29.04.43 – Gita al Giordano: d.Rummān, d.pez, sig.Hawīla, d.Calīs, d.Sciueri, famiglie.
D.E.Praduroux (vice-postulatore), parenti, membri del tribunale ecclesiastico,
sig. Dikrān testimone, dr. ‘Abdallah Khoury, d.G.Caputa (segretario), attorno alla nuova bara
che verrà murata nella nicchia occidentale della cripta.

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