IT_LibrettoNovena


IT_LibrettoNovena



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«Fate tutto per amore, nulla per forza»
in preparazione della Festa di Maria Ausiliatrice
Opera Audiovisiva: 9 video con il commento del Rettor Maggiore
Coordinamento:
Testi: Bruno Ferrero, Raffaele Ieva, Luca De Muro, Carlo Cassatella, Paolo Carlotti
Testimonianze:
Olena Ponomarenko - Odessa (Ukraina)
Rino Balzano - Torre Annunziata (Italia)
Susan Garrate - Tondo (Filippine)
Ettore Esposito - Napoli (italia)
Neely Hadad Assafo Aleppo (Siria)
Edilma Souza da Silva - Belo Horizonte (Brasile)
Kouraogo Sébastien - Costa d’Avorio
Tere e Antonio - Jerez Cadiz (Spagna)
Rocio del Nido - Siviglia (Spagna)
Commento: Rettor Maggiore dei Salesiani don Ángel Fernández Artime
Trauduzioni:
Julian Fox (EN), José Luis Muñoz (ES), Simone Cristina Pinto (PR), Marisa Patarino (FR)
Coordinamento Spekeraggio e doppiaggio: Piero Giordano
Speaker e doppiatori:
Francesco Benedetto, Elena Sorgato, Fabrizio Gatti (IT) - Christopher Jones, Sharon Fryer (EN) -
Videorecord, Gustavo Adolfo Cano (ES) - Valdeir Grangeiro Bento, Elane Gomes (PR) - Bernard
Moutounet, Laurence Vassa (FR)
Riprese e fotografie: Giacomo Di Gravina
Progetto grafico: Chiara Veneruso
Montaggio video: Alfredo Franciosa
A cura di IMEComunicazione srl

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ASCOLTA L’ORRORE DELLA GUERRA
Maria sa cosa vuol dire avere tra le braccia il corpo di
un figlio ucciso ingiustamente, da uomini smarriti da
una violenza a cui non sanno porre fine. Ricorriamo a
Lei come bambini impauriti che ricorrono alla mamma,
a Lei che ai piedi della croce attese dal Risorto il dono
della pace di Dio.
ATTUALIZZAZIONE
Ho visto un uomo entrare in chiesa, titubante e con passo
incerto. Si è inginocchiato nell’ultimo banco, ha portato le
mani al volto ed è scoppiato a piangere. Improvvisamente
si è rialzato accostandosi ad un confessionale. Si è
inginocchiato e, dopo un attimo di esitazione, ha
raccontato tra le lacrime: «Ho le mani sporche di sangue.
È stato durante l’avanzata, nel bel mezzo di questa guerra
assurda. Ogni giorno moriva qualcuno dei miei. La fame era
tremenda. Ci avevano detto di non entrare mai nelle case
senza avere in mano il fucile, pronti a sparare al primo cenno
di ribellione... Dov’ero entrato io, c’erano un vecchio e una
ragazza bionda, dagli occhi tristi. “Pane! Datemi del pane!”,
chiedevo io. La ragazza si era chinata, pensai che volesse
prendere un’arma, una bomba. Così sparai deciso. Quando
mi avvicinai, vidi che la ragazza stringeva in mano un pezzo
di pane. Avevo ucciso una ragazza di 14 anni, un’innocente
che mi voleva aiutare. Non riesco a dimenticare. Mi può
perdonare Dio?».
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COMMENTO RETTOR MAGGIORE
Vi sono molte guerre oggi attive nel mondo. Secondo
fonti accreditate sono in corso ben 25 conflitti con e etti
sempre molto simili: morti, vittime, migrazione forzata,
rifugiati, divisioni sociali, devastazioni e tanta so erenza
per chi resta. Ogni guerra non solo è ingiustificabile
ma è insensata e disumana. La Famiglia Salesiana di Don
Bosco non è solo spettatrice di tutta questa tragedia. Su
questo fronte siamo chiamati ad a ermare un progetto
inclusivo di amore, di carità e di concordia che deve
farsi immediatamente operativo con aiuti umanitari e
altri interventi di solidarietà fraterna. Ma deve anche
sapersi esprimere attraverso la cura delle nostre relazioni
interpersonali, nel segno dell’accoglienza incondizionata.
Ogni nostro piccolo gesto fatto con “dolcezza”, può
aiutare a costruire la pace di tutti. La “dolcezza”, quella
virtù insegnata da San Francesco di Sales, che “mette in
pratica al carità”, riscalda il cuore e conquista le anime.
RIFERIMENTO SALESIANO
Alla fine di una guerra durata quattro lunghi anni, il Rettor
Maggiore don Paolo Albera dedicò alla dolcezza un’intera
lettera circolare. «La virtù della dolcezza impone di
dominare la vivacità del proprio carattere, di reprimere
ogni movimento di impazienza e di proibire alla lingua di
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pronunciare una sola parola o ensiva per la persona con cui
si tratta. Esige il rifiuto della violenza nei comportamenti,
nelle proposte e nelle azioni». Per don Albera pareva
impossibile non essere un educatore che avesse «uno
sguardo sereno e pieno di bontà, che è lo specchio di un
animo sinceramente dolce e unicamente desideroso di
rendere felice chiunque l’avvicina».
AFFIDAMENTO A MARIA
Accoglici sotto il tuo manto, o Madre,
e rendici artigiani di pace,
non quella delle bandiere, non quella degli slogan,
neanche delle foto strappalacrime.
Rendici artigiani di quella pace
che nasce dal cuore trafitto di tuo Figlio,
che, come tante madri ancora oggi,
hai visto condannato ingiustamente su di una croce
e che hai stretto, morto, tra le tue braccia.
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ASCOLTA IL GRIDO DELLA TERRA
Il creato, mai come oggi, è a dato alla cura di tutti.
Solo insieme possiamo custodirlo e, generosamente,
assicurarlo per le future generazioni. E’ il tempo di
progetti comuni e di percorsi condivisi, aperti alla
natura, e consapevoli che il Dio della storia opera con
noi. E’ il tempo dell’ecologia umana integrale.
ATTUALIZZAZIONE
C’era una volta un piccolo fiore nella savana che ogni
giorno aspettava qualche goccia di pioggia. Sapeva quanto
fosse importante la pioggia per la sua sopravvivenza, ma
quando cominciava a sentirne il profumo, gli avvoltoi
coprivano tutto con le loro grandi ali.
Solo un colibrì si accorse della sua disperazione e cercò
aiuto dagli altri animali. Il grande bufalo rispose: «E’ la
legge della vita.». Il leone sbadigliò e si girò dall’altra parte.
Le gazzelle gridarono: «Ci dispiace, ma abbiamo fretta».
Il colibrì era avvilito. Cosa poteva fare lui, il più piccolo tra
gli uccelli?
Si avvicinò a un grande formicaio e raccontò alle formiche
la tristezza del fiore. Senza dire niente, i piccoli animali
formarono una lunga catena, cercarono fili d’erba e
piccole foglie, bagnarono tutto con la rugiada, e una
dopo l’altra portarono le goccioline d’acqua alle radici del
piccolo fiore. Il giorno dopo, il fiore riprese forza e colore,
risplendendo nel suo angolo di savana.
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COMMENTO RETTOR MAGGIORE
È sotto gli occhi di tutti l’accelerazione del cambiamento
climatico, dovuto all’inquinamento delle attività umane e
degli stili di vita non sostenibili. Non ci può non preoccupare
insieme ai nostri giovani. Il nostro impegno per un’ecologia
umana integrale nasce dalla convinzione umana e cristiana,
secondo la quale tutto è collegato. La qualità dei rapporti
con la natura è strettamente intrecciata alla qualità
delle nostre relazioni interpersonali. Di conseguenza,
siamo invitati a una conversione ecologica che non deve
riguardare solo i settori macro dell’economia e della
politica, ma anche gli aspetti micro della vita quotidiana: la
giustizia, la fratellanza, l’a ettività e la spiritualità.
RIFERIMENTO SALESIANO
La natura dolce e aspra dei prati dove da ragazzino faceva
le capriole, rimase per sempre nell’anima di don Bosco.
Dovunque andava c’era una vite. E non si accontentava di
parlare della natura, voleva che i suoi ragazzi conservassero
il “contatto” con la natura. Inventò l’“agriturismo”, il
“trekking”, le scuole all’aria aperta. Queste esperienze erano
le celebri “passeggiate” lungo le colline del Monferrato e
delle Langhe in un clima di improvvisazione e di ottimismo.
Don Bosco, inoltre, cercava di sviluppare nei suoi ragazzi il
sentimento del bello, del naturale, dell’estetico e lo faceva
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con poetici ritratti della natura. Raccontava spesso che a
sera tarda, giunto in camera, si fermava a contemplare gli
spazi interminabili del firmamento, fissava lo sguardo nella
luna, contemplava la moltitudine degli astri, e dopo una
breve pausa, continuava: «L’universo mi appariva un’opera
così grande, così divina...che non potendo reggere a tale
bellezza il mio unico scampo era correre sotto le lenzuola.»
I ragazzi ridevano e lui concludeva: «Solamente là sotto,
sentivo di non essere più così piccolo e misero».
AFFIDAMENTO A MARIA
Accoglici sotto il tuo manto, o Madre,
e rendici capaci di vedere la bellezza
di tuo Figlio nel creato,
tu, donna dell’ascolto,
rendici capaci di ascoltare il grido della terra,
per provvedere alla cura del nostro mondo,
della casa di tutti.
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ASCOLTA L’INSOFFERENZA DEI GIOVANI
La prospettiva del futuro, quasi senza fine, è lo
sguardo del giovane che si cimenta nel mondo con “la
vita che ha”, fatta di sogni, risorse ed energie, come
una bella promessa che non vuole deludere. Questa
sua speranza può viverla in compagnia di Gesù di
Nazareth, lungo la strada dell’età e dell’eternità.
ATTUALIZZAZIONE
In una sera d’estate, un gruppo di ragazzi intorno al falò
si chiesero: «Qual è il segreto della vita?». «C’è un pozzo
che possiede la risposta» disse il vecchio custode del
campeggio. La brezza della notte era dolce e i giovani
decisero di recarsi. Arrivati, posero la domanda al pozzo.
Dalla profondità echeggiò la risposta: «Andate nella
piazza del villaggio: là troverete ciò che cercate». Pieni di
speranza obbedirono, ma al luogo indicato trovarono solo
tre botteghe: una vendeva fili metallici, un’altra strane
forme di legno e la terza pezzi di metallo. Delusi, i giovani
tornarono al pozzo chiedendo spiegazioni. «Capirete in
futuro», rispose. Era notte fonda, quando si unì a loro falò
un giovane con uno zaino sformato dal quale trasse un sitar
e cominciò a suonare. Era una musica travolgente, vibrante,
ispirata. A ascinati, i ragazzi gridarono di gioia. Avevano
capito: il sitar era composto di fili metallici, pezzi di metallo e
di legno come quelli che avevano visto nelle botteghe nella
piazza e che avevano giudicato senza particolare significato.
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COMMENTO RETTOR MAGGIORE
Il nostro mondo ha bisogno di giovani che sognino
insieme con Dio il senso e la realizzazione della loro vita.
Per ciascuno di loro Dio ha un progetto personalizzato
che li guida e li spinge a guardare avanti. È compito di
ogni membro della Famiglia Salesiana impegnarsi ad
accompagnare il dinamismo che i giovani portano nel
cuore i giovani, perché - come dice Papa Francesco - non si
lascino rubare la speranza, in un mondo in cui non sempre
si trovano logiche e dinamiche ad essa favorevoli. I giovani
di oggi, come quelli di tutti i tempi e i luoghi, aspettano
una mano amica che li aiuti a crescere e a realizzarsi.
La cura di ambienti propositivi e “preventivi”, un’animazione
che sa spendersi su più dimensioni (teatro, sport, arte,
gioco, musica, …), un accompagnamento personale che
sa scendere in profondità sono le attenzioni che la nostra
tradizione ci consegna e che ci invita a coltivare con
creatività nei nuovi contesti di oggi.
Dinanzi al panorama così triste dei giovani ferite del mondo
giovanile, noi Salesiani “Siamo dalla parte dei giovani”,
perché come Don Bosco fino all’ultimo abbiamo fiducia in
loro e crediamo alla promessa che sono, nella loro volontà
di prendere in mano il loro proprio futuro e di uscire da
ogni tipo di povertà. Siamo sempre dalla parte dei giovani,
investiamo sempre su di loro. Crediamo nel valore della
persona, nella possibilità del mondo diverso e migliore e
naturalmente nella grande forza dell’educazione.
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RIFERIMENTO SALESIANO
Una sera di aprile del 1847 Don Bosco, dovutosi fermare
più a lungo in città da un malato, tornò a Valdocco di tarda
sera. Nei pressi del quartiere un gruppo di circa 20 ragazzi
cominciarono a prendersi be a di lui. “I preti sono tutti
avari”, diceva uno. “Sono superbi e intolleranti”, diceva un
altro. “Mettiamolo alla prova”, gridò un terzo.
A queste voci poco lusinghiere Don Bosco iniziò a
rallentare il passo e facendo finta di non averli ascoltati li
a ronta: “Buonasera cari amici, come state”? “Poco bene,
signor Teologo, abbiamo sete e non abbiam quattrini; ci
paghi Lei una pinta a tutti”.
Gli altri ragazzi lo accerchiavano per non lasciarlo fuggire.
“Ben volentieri ve la pago - disse allora don Bosco - ma
voglio esserci anche io con voi”. “Si figuri!”, ribatterono.
Don Bosco mantenne la parola non solo per evitare
maggiori guai ma anche per provare a guadagnare qualche
anima. In osteria, fece portare una e poi un’altra bottiglia
ancora ai ragazzi. Quando vide i suoi monelli più mansueti e
buoni, disse: - “Ora voi dovete farmi un piacere”.
“Dica, non solo un piacere, ma due, tre gliene faremo,
perchè d’ora innanzi vogliamo essere suoi amici”.
“Se volete essere miei amici, dovete farmi il piacere di non
bestemmiare più il nome di Dio e di Gesù Cristo”.
“Ha ragione, a volte la parola ci scappa senza che ce ne
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accorgiamo”, rispose uno dei ragazzi. “Bene; Ora usciamo
di qui, torniamo ognuno a casa. Domenica però vi aspetto
all’Oratorio”.
“Ma io non ho casa” prese a dire uno di loro; “ed io
nemmeno”, aggiunse un secondo; e così parecchi altri.
“Ma dove le passavate le notti”? Don Bosco si accorse
del pericolo di immoralità in cui versavano quei ragazzi,
la maggior parte forestieri, e quindi soggiunse: “venite,
l’Oratorio è casa per tutti”.
AFFIDAMENTO A MARIA
Avvolgici sotto il tuo manto, o Madre,
tu che giovanissima a Nazareth
hai deciso le sorti del mondo,
aiutaci ad allargare le nostre braccia a tutti i giovani.
Accoglili tra le tue braccia e proteggili dal male,
mostra loro tuo Figlio e dischiudi la loro vocazione:
essere la speranza del mondo.
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ASCOLTA LA DISPERAZIONE DEI MIGRANTI
In uscita verso una vita migliore, senza violenza e
povertà: ecco il migrante. Lo sa bene Maria, straniera
in Egitto. Teniamo stretta a noi la fede semplice e
l’esempio della Santa Madre di Dio, che ha saputo
accogliere e per questo vincere ogni di coltà.
ATTUALIZZAZIONE
In un piccolo villaggio del Centro Europa, gli stranieri non
erano benvoluti. Le forze politiche del Paese avevano
impedito l’arrivo di cittadini provenienti da altri paesi.
Durante l’intervento di guerra della Nato contro la
Jugoslavia, alcuni albanesi che erano sfuggiti ai soldati
chiesero di essere ospitati nella scuola elementare di
una cittadina bavarese. L’edificio, in buono stato, era
inutilizzato da anni. Qualche aula, per un breve periodo,
poteva essere adattata in dormitorio. I servizi igienici e la
cucina erano ancora funzionanti. L’idea suscitò tra i cittadini
una tempesta di indignazione. Con tutti i mezzi, gli abitanti
tentarono di impedire il progetto. Il pullman dei profughi
fu respinto a colpi di bastone e lanci di pietre. La domenica,
sotto la grande croce che dominava la navata della chiesa
della città, trovarono appeso un cartello. Diceva: «Questa
settimana, i cittadini del nostro paese hanno crocifisso
Gesù Cristo».
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COMMENTO RETTOR MAGGIORE
Il contatto con i giovani migranti, i rifugiati e tanti altri
giovani privati dei loro diritti fondamentali diventa per
noi un pressante appello all’azione. Come si ricorda nel
Deuteronomio, ad Israele. “Amate dunque il forestiero,
poiché voi foste stranieri nel paese d’Egitto. I migranti
soprattutto in questo momento in cui non mancano
atteggiamenti e politiche di emarginazione, di esclusione
e talvolta di razzismo, sono realtà che dà fastidio e il loro
grido è inascoltato. Tutto ciò pesa sulla coscienza della
società, che sta cercando di globalizzare l’economia, ma
non la solidarietà e l’impegno per lo sviluppo dei popoli
e la promozione della dignità di ogni uomo. La missione
inter gentes è la nostra scuola migliore: a partire da essa
preghiamo, riflettiamo, studiamo, viviamo. Quando ci
isoliamo o ci allontaniamo dal popolo che siamo chiamati a
servire, la nostra identità come Famiglia Salesiana comincia
a sfigurarsi e a diventare una caricatura.
RIFERIMENTO SALESIANO
Estate 1831. La famiglia Bosco decise che Giovanni doveva
frequentare gli studi a Chieri. Chieri era una città dinamica,
frenetica, e a un ragazzo di campagna come lui incuteva
un po’ di paura. Chiese, monasteri, scuole, ca etterie
e addirittura un teatro! Almeno nove mila abitanti! Mai
Giovanni aveva visto così tanta gente nello stesso posto.
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Si trovava esattamente a metà nella strada da Castelnuovo
alla capitale Torino, e per Giovanni significava la porta
per il mondo, per lo studio, per la professione di prete. Il
lavoro dei campi e il tempo passato dal fabbro lo avevano
però trasformato in un adolescente forte. Ma il “biglietto
d’ingresso” per continuare a studiare a Chieri richiedeva
un tipo di forza completamente diverso. Il primo prezzo
da pagare era superare l’orgoglio chiedendo l’elemosina:
faceva il giro in tutte le fattorie a chiedere soldi e grano.
“Voglio diventare prete; per questo devo studiare. Mi
date un aiuto?” La maggior parte dei contadini gli avevano
regalato del grano, farina, nocciole o vino; oppure un pezzo
di bucato, un asciugamano, una vecchia camicia. Con il
grano e il vino ci si poteva pagare una camera per dormire.
A tutti, in cambio, Giovanni lasciava solo un sorriso. Partirà
per la sua avventura in città anche con quella bellissima
sensazione: ci sono tante persone che gli vogliono bene e
credono in lui. Di sicuro non li tradirà.
AFFIDAMENTO A MARIA
Accoglici sotto il tuo manto, o Madre,
tu che sai cos’è l’indi erenza, so erenza, l’abbandono,
fatti compagna di viaggio di coloro che so rono,
che sono perseguitati, che fuggono dal loro Paese
per guerra, fame e povertà.
Aiutaci a prenderci cura della so erenza
di questi nostri fratelli e sorelle in cammino verso la dignità.
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ASCOLTA IL MARTIRIO DEI FEDELI
Il martirio è una dimensione distintiva della vita di
fede e Maria è madre dell’autenticità cristiana dei suoi
figli. Col suo potente aiuto li sorregge nel cammino,
perché non temano le prove, ma le a rontino con
coraggio.
ATTUALIZZAZIONE
La piccola Jia Li era barricata da qualche giorno nella chiesa
insieme a quelli del suo villaggio. Il commissario durante
un’irruzione fa sfondare dai miliziani il tabernacolo, e le
ostie si spargono dappertutto e giù a urlare: «Adesso
andatevene! Guai a chi tornerà!». Jia Li aveva fatto la prima
comunione a maggio. Da allora s’era comunicata tutti i
giorni, chiedendo a Gesù di non permettere che i cattivi
le impedissero di fare la comunione: «Cosa farò, senza
Te?», gli diceva. L’indomani all’alba torna di nascosto in
chiesa, si prostra, va all’altare e piegandosi a terra mangia
un’ostia. Lo ripete anche le mattine seguenti. Non sapeva
che le avrebbe potute consumare in una sola volta, ma
soprattutto perché voleva far durare la sua felicità. Resta
l’ultima ostia e Jia Li arriva come ogni giorno. Ma stavolta si
sente un colpo secco, seguito da risate. La bambina crolla.
Ha ancora la forza di trascinarsi verso l’ostia per ingoiarla.
Poche convulsioni e si rilassa: la piccola è morta. Ha salvato
tutte le ostie.
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COMMENTO RETTOR MAGGIORE
Non possiamo, come Chiesa, non piangere di fronte ai
drammi dei suoi figli martiri. Non possiamo e non dobbiamo
mai farci l’abitudine.
“Accorrete, Accorrete presto a salvare quei giovani…”
invitava Don Bosco morente ai suoi salesiani. É un invito
all’impegno serio che chiama in causa oggi anche noi
della Famiglia Salesiana, a sostegno di tutti coloro che
sono fedeli a Cristo e alla missione dell’evangelizzazione
fino al dono della propria esistenza. Questo impegno non
è possibile senza rinnovare in noi la passione e la morte
di Gesù per la salvezza della gioventù. Questa passione
ci renderà coraggiosi e ci farà superare il timore di non
essere capiti o di essere emarginati o respinti da questo
nostro mondo secolarizzato, che rifiuta Dio, sopprime il
soprannaturale ed emargina il credente.
RIFERIMENTO SALESIANO
Nel seminario di Chieri, Giovanni aveva avuto l’opportunità
di conoscere e appassionarsi gli scritti principali di San
Francesco di Sales. Aveva scoperto e trovato in questo
santo un modello non solo di azione pratica ma anche di
stile di vita. La carità, la pazienza, l’amicizia, la perseveranza
che San Francesco sapeva praticare nelle relazioni con le
persone nonostante le situazioni di conflitto dovute alle
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guerre di religione del suo tempo, ebbero un impatto
profetico nelle sue scelte future. In quelle virtù Giovanni
riconobbe una consonanza con l’indicazione ricevuta
da un misterioso personaggio nel sogno che aveva fatto
quando aveva nove anni: «Non con le percosse, ma con la
mansuetudine e con la carità dovrai imparare a guadagnare
questi tuoi amici».
AFFIDAMENTO A MARIA
Avvolgici sotto il tuo manto, o Madre,
e aiutaci ad essere chiesa autentica.
Una chiesa che sappia abitare ogni luogo, ogni situazione,
che sappia essere conforto per chi so re,
che sappia uscire dalle sagrestie e toccare
le periferie esistenziali della storia
per annunciare a tutti la bellezza di essere
figli di Dio e tuoi.
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ASCOLTA IL PIANTO DEI BAMBINI
La spontaneità dei bambini esprime il dono prezioso
della vita, ma il loro pianto smarrito è un’accusa
dolorosa al nostro egoismo adulto. Maria, che è
mamma di ogni uomo, ci invita a essere figli di Dio e
suoi, e fratelli tra di noi.
ATTUALIZZAZIONE
Poco dopo la nascita del fratellino, la piccola Lori cominciò
a chiedere ai genitori di lasciarla sola con il neonato. Loro
si preoccupavano perché, come quasi tutti i bambini di
quattro anni, poteva manifestare espressioni di gelosia.
Ma Lori con il tempo non mostrava segni di conflitto, anzi
trattava il fratellino con gentilezza e le sue richieste di
essere lasciata sola con lui si facevano sempre più insistenti.
I genitori così decisero un giorno di consentirglielo.
Felice, Lori andò nella camera del bambino e chiuse la
porta. Una piccola fessura nel legno era su ciente ai
genitori curiosi di spiare. Constatarono che la piccola Lori
giocava serenamente. Poi, la videro mettere il viso accanto
a quello del fratellino e dire dolcemente: «Bambino, dimmi
come è fatto Dio. Comincio a dimenticarmelo».
COMMENTO RETTOR MAGGIORE
La presenza salesiana accanto ai minori emarginati e
calpestati dall’egoismo degli adulti, risulta oggi tra le azioni
educative più significative e impegnative. Ma risulta ancora
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più urgente lavorare per la difesa dei ragazzi, delle ragazze
e dei giovani sfruttati, vittime di qualsiasi tipo di abuso: da
quello sessuale a quello di potere. Don Bosco non scoprì
la sua missione davanti a uno specchio, ma nel dolore dei
giovani che non avevano speranza e futuro. Il salesiano del
sec. XXI non potrà fare diversamente; scoprirà la propria
identità se è capace di condividere, come fece don Bosco, il
disagio e il dolore di ogni ragazzo e giovane, abbandonati a
se stessi nell’abuso, nella miseria e nello sfruttamento, privi
di ogni aiuto spirituale e materiale, facendo sperimentare
a loro in modo tangibile la paternità di un Dio capace di
“trasformare in testata d’angolo la pietra che i costruttori
hanno scartato”. La salesianità nasce precisamente da
questa necessità: svelare la bellezza in ogni vita, anche
macchiata, e suscitare la profezia di un nuovo inizio.
RIFERIMENTO SALESIANO
La Signora del sogno gli ripeteva «Guarda!», e l’unico
consiglio di don Cafasso era stato «Guardati intorno».
Così Giovanni cominciò a “vedere”. Nei cantieri, bambini
di otto o dieci anni che lavoravano come manovali per
i muratori. Riempivano vasche con tegole e calce, se le
caricavano sulle spalle e si arrampicavano su scalette di
corda e impalcature. Se lavoravano troppo lentamente,
il caposquadra li picchiava. Il mercato di “Porta Palazzo”,
invece, brulicava di poveracci che invece non avevano
imparato un mestiere, la maggior parte di loro non sapeva
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né leggere né scrivere. Don Bosco le ore più terribili del
primo periodo a Torino le passò dai giovani in carcere.
Ragazzi tra i dodici e i diciotto anni, come straccioni pieni
di pidocchi, si ritrovavano senza un’occupazione, con solo
acqua e pane dietro le sbarre di ferro. Erano forti e pieni di
talento ma lontani dal poter sperare in una casa, un lavoro o
la scuola. Fissavano scettici quel giovane prete che portava
loro frutta, cioccolatini e tabacco. Voleva essere loro
amico, parlava del valore e della dignità di ogni persona,
ma quando ritornava a trovarli, tutto era distrutto. Quelle
che sembravano amicizie nascenti erano morte, i volti
tornavano minacciosi e Don Bosco non sempre riusciva a
vincere l’avvilimento. Un giorno scoppiò a piangere. Nel
lugubre stanzone vi fu un attimo di esitazione.
«Perché quel prete piange?» domandò qualcuno.
«Perché ci vuole bene. Anche mia madre piangerebbe se
mi vedesse qui dentro».
AFFIDAMENTO A MARIA
Avvolgici col tuo manto, o Madre,
e rendici capaci di ascoltare, liberare,
accogliere con tenerezza i bambini indifesi,
vittime innocenti della violenza, della nostra violenza.
Aiutaci ad essere voce dei tanti bambini
che non hanno voce,
di quelli emarginati, maltrattati, senza diritti.
Aiutaci a vedere in ognuno di loro tuo Figlio,
venuto nel nostro mondo come un bambino indifeso
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ASCOLTA IL SILENZIO DEI POVERI
Madre di Dio smuovi le nostre coscienze per ascoltare
il silenzio rumoroso dei poveri. La Chiesa senza di loro
non sarebbe come l’ha voluta il Signore Gesù.
ATTUALIZZAZIONE
Ultimamente ho letto la testimonianza di un volontario
in Africa, con la sua esperienza in un campo profughi al
momento della distribuzione viveri. Una situazione caotica,
allarmante. Il volontario si rese conto che le scorte si
stavano esaurendo, mentre la gente a amata si trovava
sull’orlo della disperazione. Al fondo della gente in fila
c’era una bambina di nove anni. Arrivato il suo turno, era
rimasta solo una banana. Gliela passarono. Lei sbucciò la
banana, poi ne diede metà al fratellino più piccolo e metà
alla sorellina; e leccò l’interno della buccia. Il volontario
confessa che in quel preciso istante è nata in lui la fede
in Dio.
COMMENTO RETTOR MAGGIORE
L’opzione per la gioventù povera, abbandonata e
pericolante, è stata sempre nel cuore e nella vita
della Famiglia salesiana, da Don Bosco ad oggi. Oggi
le povertà giovanili si sono moltiplicate e amplificate!
Povertà economica, sociale e culturale; povertà a ettiva,
familiare; povertà morale e spirituale. In molti contesti
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4.1 Page 31

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la disoccupazione e l’impossibilità di studiare penalizzano
larghe fasce di popolazione giovanile. Troppe volte
queste molteplici povertà allontanano i ragazzi e i giovani
dall’opportunità di crescere in modo sereno, di avere
un’educazione adeguata, di decidere del proprio futuro.
Ancora oggi don Bosco e la Chiesa ci mandano a lavorare
tra i giovani poveri. Ma perché il silenzio dei poveri possa
trasformarsi in canto di lode è anche necessario che si
possa realizzare e immaginare un tipo diverso di economia
che alla fine del secolo scorso venne non solo teorizzata
ma anche praticata: è l’economia di comunione alla quale
si ispirano tanti giovani economisti ed imprenditori che
si riconoscono nel movimento “Economy of Francesco”.
Anche così il manto della Madre della Misericordia si
estende fino ai confini del mondo perché un giorno, che
speriamo non lontano, nessuno sia più nel bisogno.
RIFERIMENTO SALESIANO
Una sera piovosa di maggio [1847], si presentò un
giovanotto sui quindici anni tutto inzuppato d’acqua che
domandava pane e ricovero. Mia madre l’accolse in cucina,
l’avvicinò al fuoco e mentre si riscaldava e asciugava gli
abiti. Mente si ristorava con della minestra e del pane gli
domandai se frequentava la a scuola, se aveva parenti, e
che mestiere esercitasse. Mi rispose: «Io sono un povero
orfano, venuto da Valle di Sesia. Gli abitanti si dedicano
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all’allevamento e all’agricoltura alpina, molto poveri,
spesso costretti a migrare. Avevo meno di tre franchi,
i quali li ho tutti consumati. Adesso non ho più niente e
non sono più di nessuno. Domando la carità di poter
passare la notte in qualche angolo di questa casa». Ciò
detto si mise a piangere. Mia madre piangeva con lui,
io era commosso. - Se sapessi che tu non sei un ladro,
cercherei di aiutarti, ma altri mi portarono via una parte
delle coperte e tu mi porterai via un’altra. - Stia tranquillo; io
sono povero, ma non ho mai rubato niente. - Se vuoi, ripigliò
mia madre, io l’accomoderò per questa notte, e dimani Dio
provvederà. -Dove? - Qui in cucina. La buona donna, aiutata
dall’orfanello, uscì fuori, raccolse alcuni pezzi di mattoni, e
con essi fece in cucina quattro pilastrini, sopra cui adagiò
alcune assi, e vi soprapose un saccone, preparando così: il
primo letto dell’Oratorio.
AFFIDAMENTO A MARIA
Accoglici sotto il tuo manto, o Madre,
e rendici capaci di condividere la nostra vita con i poveri,
di donare non solo il superfluo ma anche il necessario “fino
a che faccia male”.
Liberaci dall’ipocrisia della moneta
data per pulirci la coscienza
o della carezza data per sembrare migliori.
Rendici capaci di quell’amore disinteressato
che tuo Figlio ha mostrato per l’umanità,
per gli ultimi, per i più poveri.
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ASCOLTA IL DRAMMA DELLA FAMIGLIA IN CRISI
La famiglia è Chiesa tra le pareti domestiche come
quella di Nazareth: un santuario di esseri umani fatti di
terra ma ripieni di cielo infinito. Maria, che è donna e
mamma di famiglia, ci insegna il valore profondo della
comunione.
ATTUALIZZAZIONE
Una bambina di otto anni, in un piccolo componimento per
la scuola, ha descritto così la sua famiglia: «Nella mia casa ci
sono due stanze, due lettini, una piccola finestra e un gatto
bianco. Nella mia casa mangiamo solo la sera, quando il
mio babbo torna a casa con il sacchetto pieno di pane e
di pesce secco. Nella mia casa siamo tutti poveri, ma il mio
babbo ha gli occhi celesti, mia mamma ha gli occhi celesti,
mio fratello ha gli occhi celesti e anche il gatto ha gli occhi
celesti. Quando siamo tutti seduti a tavola, nella nostra
casa sembra che ci sia il cielo».
COMMENTO RETTOR MAGGIORE
Nella storia dell’arte cristiana non sono poche le
rappresentazioni della Madonna ritratta mentre cuce o
tesse, magari attorniata dal San Giuseppe alle prese con
il suo lavoro e il piccolo Gesù impegnato ad apprendere
l’arte del carpentiere. Le leggende devote si sono
incaricate di informarci che la tunica senza cuciture,
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citata dall’evangelista Giovanni nel suo racconto della
passione, era stata realizzata proprio da Maria e aveva la
caratteristica di crescere con il suo proprietario. Se questa
pia credenza può farci sorridere, maggiore considerazione
merita la verità di fede che il corpo umano del Verbo di
Dio è stato intessuto dalla vergine Maria sul telaio del suo
stesso grembo! Sappiamo bene che i soldati non ebbero
cuore a distruggere quell’umile lavoro di sartoria che
venne aggiudicato dalla sorte ad un unico vincitore. Spesso
quella tunica è stata evocata per indicare la chiamata
all’unità dei credenti in Cristo, ma non è meno vero che il
sacramento del matrimonio può essere rappresentato in
modo eloquente dalla veste di Cristo indivisa e indivisibile.
Due sposi sono avviluppati da Gesù stesso in un unico
vestito perché non sono più due ma un unico essere. La
famiglia di Nazareth non era quella del “mulino bianco” Il
vangelo ce lo testimonia chiaramente (cfr Mt 2, Lc 2) Ma
Giuseppe con la sua obbedienza pronta, Maria con la sua
franchezza interiore, Gesù con la sua libertà grande e tutti
e tre con la loro capacità di custodire l’amore nel cuore
sono lì a ricordarci che ogni nodo familiare può sciogliersi
in tela di unità.
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RIFERIMENTO SALESIANO
Don Bosco aveva forzato troppo le sue condizioni di
salute. Una forte polmonite lo mise a dura prova. Don
Borel gli somministrò l’Estrema Unzione. Fu il dramma dei
quattrocento ragazzi dell’Oratorio, non avevano che quel
padre. Speravano in un miracolo con tutte le loro forze.
Don Bosco guarì. Cercò con gli occhi i ragazzi e riuscì
a dire: «La mia vita la devo a voi. Ma siatene certi: d’ora
innanzi la spenderò tutta per voi». La sua prima uscita fu
un trionfo. Dal suo letto fu trasportato con una sedia sulle
spalle dei giovani fino alla cappella della tettoia Pinardi.
Passò ai Becchi un periodo di convalescenza accanto a
sua madre Margherita e al fratello Giuseppe. Poi dopo
qualche mese rientrò a Torino, e con lui anche sua madre.
Arrivarono distrutti dopo 40 km di cammino a piedi.
Un prete amico li vide e si stupì: «Ma voi siete matti! Dove
andate? Come farete a vivere? Avete qualche cosa almeno
questa sera?».
«Dio provvederà, amico mio».
Quel bravo prete, commosso, gli regalò il suo orologio. «Lo
vedi? Dio ha già provveduto» gli disse dolcemente Don
Bosco. Margherita entrò per prima in quelle stanze spoglie
del primo oratorio. Sorrise e disse: «Ai Becchi, ogni giorno
dovevo darmi da fare per mettere in ordine, spolverare i
mobili e lavare le pentole. Qui non ho niente. Riposerò».
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Quella sera, madre e figlio si misero a cantare. La vecchia
canzone popolare diceva: Guai al mondo se ci sente,
forestieri senza niente. Un ragazzo li sentì e fece partire il
passaparola: «Don Bosco è tornato!».
AFFIDAMENTO A MARIA
Accoglici sotto il tuo manto, o Madre,
e facci sentire il calore della famiglia,
di quella famiglia in cui il Signore è voluto nascere,
quella famiglia che come le nostre
ha a rontato di coltà e sconforto.
Aiutaci ad essere, come Chiesa, famiglia di famiglie,
senza mai giudicare, senza mai dividere,
senza mai allontanare.
Perché ogni famiglia possa essere specchio della tua.
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ASCOLTA LA GIOIA NEL CUORE
Abbiamo tanto bisogno della gioia, in un mondo
dedito al semplice divertimento. Maria ne è la fonte
perché in essa il compimento della volontà di Dio è
stato sempre prioritario.
ATTUALIZZAZIONE
Non molto tempo fa, un contadino si presentò alla porta
di un convento con un grappolo d’uva. «Frate portinaio»,
disse il contadino, «sai a chi voglio regalare questo
grappolo d’uva che è il più bello della mia vigna? A te!». Il
frate portinaio arrossì per la gioia. «Lo vuoi dare proprio a
me?». «Certo, perché mi hai sempre trattato con amicizia
e mi hai aiutato quando te lo chiedevo. Voglio che questo
grappolo d’uva ti dia un po’ di gioia». Il frate portinaio
mise il grappolo d’uva bene in vista e lo rimirò per tutta
la mattina. Era veramente un grappolo stupendo. Ad un
certo punto gli venne un’idea: «Perché non porto questo
grappolo all’abate per dare un po’ di gioia anche a lui?».
Lo prese e lo portò all’abate. L’abate ne fu sinceramente
felice. Ma si ricordò che c’era nel convento un vecchio
frate ammalato e pensò: «Porterò a lui il grappolo, così si
solleverà un poco». Così il grappolo d’uva emigrò di nuovo.
Ma non rimase a lungo nella cella del frate ammalato.
Costui pensò infatti che il grappolo avrebbe fatto la
gioia del frate cuoco, che passava le giornate a sudare
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sui fornelli, e glielo mandò. Ma il frate cuoco lo diede al
frate sacrestano, questi lo portò al frate più giovane del
convento, che lo portò ad un altro, che pensò bene di darlo
ad un altro. Finché, di frate in frate, il grappolo d’uva tornò
dal frate portinaio. Così fu chiuso il cerchio. Un cerchio di
gioia.
COMMENTO RETTOR MAGGIORE
Lo scorso 3 aprile Papa Francesco si è rivolto ai giovani
maltesi con queste parole: “Cari amici giovani, condivido
con voi la cosa più bella della vita. Sapete qual è? È la gioia
di spendersi nell’amore, che ci fa liberi. Ma questa gioia ha
un nome: Gesù”. In questa frase è racchiusa la motivazione
per cui diamo a Maria il titolo di fonte della nostra Gioia.
Innanzitutto perché con la sua maternità obbediente
ha dato alla luce il Signore Gesù e così facendo ci rende
“la gioia che Eva ci tolse” e poi perché lei per prima
vivendo nello stile del dono testimonia alla Chiesa e a noi
la verità delle parole di Gesù: “C’è più gioia nel dare che
nel ricevere”. Maria è la dimostrazione, la testimonianza
concreta che chi accoglie la chiamata del Signore, la
chiamata ad amare, vede il suo cuore riempirsi di gioia. Non
solo. Anche le relazioni di Maria con le persone, il Vangelo
ci ricorda generano gioia, serenità: come la visita di Maria
ad Elisabetta, come le nozze di Cana. E questa gioia Maria
la di onde anche nei cuori dei santi e nelle apparizioni,
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dove sempre l’incontro con Maria, genera non paura, ma
serenità, familiarità: costruisce fraternità.
RIFERIMENTO SALESIANO
Molti ragazzi dell’Oratorio si portavano dentro i segni
dell’insicurezza, della disistima, di una grande fame
d’amore e di modelli di identificazione. Conseguenze di
una mancanza cronica d’a etto nella famiglia d’origine.
E proprio perché la disponibilità paterna di don Bosco
funzionava da “calamita” nei riguardi dei ragazzi che
incontrava, questi diventavano subito suoi figli. Lo
seguivano, lo accompagnavano, quasi lo braccavano,
come egli stesso scrisse: «Una scena singolare era la
partenza dall’Oratorio. Usciti di chiesa, ciascuno dava mille
volte la buona sera ma senza staccarsi dall’assemblea dei
compagni. Io esortavo: Andate a casa che si fa notte; i
parenti vi attendono. Ma inutilmente. Sei dei più robusti
facevano con le loro braccia una specie di sedia, un trono,
sopra cui io mi potessi sedere. Si organizzavano in ordine
a più file, portandomi in trono sulle braccia. Gli altri
procedevano cantando, ridendo e schiamazzando fino al
Rondò. Lì si cantavano ancora alcune lodi, che avevano per
conclusione il solenne canto del Lodato sempre sia.
Fattosi di poi un profondo silenzio, potevo allora augurare
a tutti una buona sera e buona settimana. I ragazzi con
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quanto avevano di voce rispondevano: — Buona sera! —
Io scendevo dal trono “umano”, ognuno andava verso
la propria famiglia, mentre alcuni dei più grandicelli mi
accompagnavano fino sotto casa».
AFFIDAMENTO A MARIA
Accoglici sotto il tuo manto, o Madre,
e facci sentire la gioia che ha riempito la tua vita.
Aiutaci a comprendere che questa gioia
è il segno della presenza dello Spirito del Risorto.
Aiutaci a sentire la gioia vera,
non il semplice divertimento,
la gioia che si radica nell’essere tuoi figli,
messaggeri di pace e di speranza in un mondo che spesso,
la gioia, l’ha dimenticata.
Ricordaci invece il Rallégrati,
che un giorno ti disse l’angelo,
il Gioite detto ai pastori nella Notte santa
e alle donne nel mattino della Risurrezione.
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SALESIANI DI DON BOSCO
EDIZIONE EXTRA COMMERCIALE
Sede Centrale Salesiana
via Marsala, 42 - 00185 ROMA