1%29 Volume Atti di Cracovia


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ASSOCIAZIONE CULTORI STORIA SALESIANA – ROMA
STUDI - 3

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In memoria dei 118 martiri della Famiglia Salesiana del XX secolo

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ASSOCIAZIONE CULTORI STORIA SALESIANA – ROMA
STUDI - 3
L’educazione salesiana in Europa
negli anni difficili del XX secolo
a cura di
Grazia Loparco e Stanisław Zimniak
Atti del Seminario Europeo di Storia dell’Opera salesiana
Cracovia, 31 ottobre – 4 novembre 2007
LAS - Roma

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© 2008 by LAS – Libreria Ateneo Salesiano
Piazza dell’Ateneo Salesiano, 1 – 00139 Roma
ISBN 978-88-213-0705-8
Stampa: Tipografia ABILGRAPH srl
Via Pietro Ottoboni, 11 – Roma

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SOMMARIO
Introduzione (Grazia Loparco e Stanisław Zimniak) ................................................ 7
Sigle e abbreviazioni ......................................................................................................... 17
Elenco dei relatori e dei partecipanti ............................................................................ 19
APERTURA DEL CONVEGNO
Saluto del Presidente dell’ACSSA (Norbert Wolff ) ................................................... 21
Saluto inaugurale del Rettor Maggiore dei Salesiani (Pascual Chávez Villanueva) ... 23
Saluto inaugurale della Vicaria generale delle FMA (Yvonne Reungoat) .............. 25
RELAZIONI GENERALI
Le ideologie, l’educazione e l’istruzione scolastica nell’Europa della prima metà del XX
secolo (Jan Piskurewicz) ..................................................................................................... 29
I Salesiani in Europa (1875-1962). Sviluppo, condizionamenti e strategie
(Morand Wirth) ................................................................................................................ 49
Le Figlie di Maria Ausiliatrice in Europa 1900-1960. Sviluppo, condizionamenti,
strategie (Grazia Loparco) ................................................................................................ 79
RELAZIONI – COMUNICAZIONI
I Salesiani francesi al tempo del silenzio (1901-1925) (Francis Desramaut) ........... 115
L’opera educativa delle Figlie di Maria Ausiliatrice in Francia tra il 1901 e il 1920
(Anne-Marie Baud) .......................................................................................................... 129
I Salesiani e l’educazione dei giovani, in Piemonte, durante il periodo del fascismo
(Silvano Oni) ..................................................................................................................... 147
Nazionalismi, italianità, strategia dei Salesiani all’estero (Giorgio Rossi) ................ 171
L’educazione salesiana negli anni particolarmente difficili della II Repubblica
Spagnola (1931-1936)
Presentazione (Jesús-Graciliano González Miguel) .................................................... 191
Prima parte - La seconda Repubblica Spagnola 1931-1936 (Pablo Marín Sánchez) ...... 194
Seconda parte - La situazione concreta: l’educazione salesiana nelle ispettorie e nelle
case dei Salesiani durante il periodo 1931-1936 (Joaquín Torres) ............................. 202

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6 Sommario
Terza parte - La situazione delle Figlie di Maria Ausiliatrice (María F. Núñez Muñoz)... 216
Quarta parte - Conclusioni (Joaquín Torres) .................................................................. 220
Assistenza educativa salesiana sotto l’influsso della dittatura nazionalsocialista.
L’esempio della “Eduardstift” di Helenenberg (Johannes Wielgoß) ............................ 225
L’influenza dei nazionalsocialisti sui concetti pedagogici e sulla prassi educativa dei
Salesiani di don Bosco e delle Figlie di Maria Ausiliatrice in Austria (Franz Schmid) .. 249
Attività delle Figlie di Maria Ausiliatrice in Germania durante il regime nazista
(Katharina Schmid) .......................................................................................................... 275
La trasformazione dell’opera delle FMA a Kortrijk (Belgio) a causa della Seconda
Guerra Mondiale (1942-1965) (Hilde Bosmans) ....................................................... 285
Le FMA di Sicilia: educatrici nell’emergenza della guerra e del dopo guerra
(1943-1949) (Maria Concetta Ventura) ...................................................................... 297
L’Opera salesiana in Ungheria nei tempi travagliati del secolo XX (Giovanni Barroero) .. 311
Le vicende dei Salesiani e delle loro istituzioni educative in Croazia 1941-1960
(Marinko Invankovic´) ..................................................................................................... 329
Salesiani tra i rifugiati sloveni nei campi profughi in Austria (1945-1950)
(Bogdan Kolar) ................................................................................................................. 355
La presenza delle Figlie di Maria Ausiliatrice in Slovenia 1936-1960 (Marija Imperl) ... 379
La Società salesiana in Slovacchia negli anni 1948-1989: le difficoltà della vita e della
missione dei Salesiani durante il regime comunista (Vladimir Fekete) ........................ 393
L’attività delle FMA della Slovacchia nel travagliato periodo 1940-1950
(Kamila Novosedlikova) .................................................................................................. 415
Salesiani nella vita religiosa della Polonia occupata (1939-1945): tentativi di lavoro
educativo (Stansisław Wilk) .............................................................................................. 427
Attività educativa delle FMA in Polonia: dal 1922 agli inizi degli anni ’60
(Bernadeta Lewek) ............................................................................................................ 439
La lotta per la conquista della gioventù nella “Polonia Staliniana”: l’esempio di alcuni
istituti salesiani (Jarosław Wa˛sowicz) ............................................................................. 457
L’attività pastorale-educativa dei salesiani nelle nuove repubbliche dell’Unione Sovietica:
i condizionamenti sociali e politici dell’apostolato salesiano (Waldemar Witold Z˙urek) .... 469
Indice dei nomi di persona ............................................................................................. 501
Indice dei nomi di luogo ................................................................................................. 513
Indice generale .................................................................................................................. 523

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INTRODUZIONE
Nella ricerca storica spesso occorre il coraggio di iniziare in modo modesto,
senza pretese di esaustività. Così è sorto il seminario europeo organizzato dal-
l’Associazione dei Cultori di Storia Salesiana (ACSSA) e sostenuto dall’Istituto
Storico Salesiano (ISS): L’educazione salesiana in Europa in anni particolarmente
difficili del XX secolo, con il coinvolgimento diretto della Congregazione Salesia-
na (SDB) e delle Figlie di Maria Ausiliatrice (FMA). Il secolo lungo o breve, se-
condo i punti di vista, è stato attraversato da movimenti culturali e politici fo-
rieri di incisive ripercussioni sulle istituzioni educative e sulle congregazioni reli-
giose di vita attiva, maschile e femminile, che avevano connotato la presenza
della Chiesa nei diversi Stati, mentre si diffondeva la secolarizzazione e si affer-
mavano gli Stati in cui l’ateismo di stampo marxista diventava l’ideologia mo-
nopolistica.
La complessità del tema, dei contesti, dei soggetti, suggerisce di introdurre i
contributi segnalando i problemi, le scelte fatte, i risultati, i limiti e i campi del-
la ricerca ancora scoperti.
I problemi
La complessità della storia europea del XX secolo fin verso il 1960, segnata
da due guerre mondiali e dall’ascesa di totalitarismi di destra e di sinistra, dopo
il crollo degli Stati liberali, non si presta alla semplificazione schematica delle vi-
cende occorse alla Congregazione salesiana e alle Figlie di Maria Ausiliatrice nei
diversi Paesi. Difatti, come identificare gli “anni particolarmente difficili”? Non
c’è una chiave di lettura unica, che rispetti la realtà e non sia una forzatura ideo-
logica.
Secondo i periodi e i luoghi, cambia la motivazione e la fisionomia delle dif-
ficoltà concernenti le congregazioni religiose. Esse non coincidono necessaria-
mente con i periodi più bui della storia civile tout court, difatti il processo di se-
colarizzazione comportava diversi aspetti positivi per la modernizzazione e lo
sviluppo in ambito educativo, tuttavia la legislazione e talora i pregiudizi ebbero
delle ripercussioni negative nella vita delle comunità religiose. Crollati gli Stati
liberali, spesso fautori di una separazione ostile dalla Chiesa nell’Europa cristia-
na, in alcuni periodi di regime totalitario le congregazioni religiose non hanno
subito, almeno in un primo tempo, vessazioni dirette, nell’intento di farne cal-
mieri sociali o strumenti del consenso. In tal senso l’inizio di un regime non co-
incide necessariamente con l’inizio di un tempo difficile, che si delinea spesso

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8 Introduzione
gradualmente, con modalità specifiche corrispondenti a precise strategie di po-
tere. Le congregazioni educative non sfuggivano alla loro morsa e non di rado
dovettero rinunciare forzatamente a diverse attività e assumerne altre in obbe-
dienza alle disposizioni attentamente controllate.
Oltre agli eventi politici, le guerre rappresentano per una congregazione reli-
giosa dedita all’educazione un tempo di emergenza, sia per gli impegni diversi e
imprevisti richiesti alle persone, sia per la riconversione delle opere. Qui bisogna
distinguere elementi comuni ed elementi differenti che incidono nelle congrega-
zioni maschili e femminili, pur partecipi dell’unico carisma. Durante i conflitti,
molti religiosi sacerdoti furono obbligati a lasciare le comunità e a diventare cap-
pellani militari, condividendo per mesi o anni le sorti e le vicissitudini dei solda-
ti, la scarsa comunicazione con i confratelli. Molte case furono requisite e adibite
a scopi militari, spesso con gravi danni materiali. Le religiose erano richieste co-
me infermiere negli ospedali militari, anche quando la loro vocazione non era as-
sistenziale; nelle case religiose requisite totalmente o in parte fu imposta la com-
presenza di persone estranee alla comunità religiosa. Le opere abituali risentivano
dell’emergenza sociale, sicché si aprivano ad accogliere sfollati e orfani; a distri-
buire cibo e a intrattenere i piccoli mentre le mamme si recavano al lavoro, in so-
stituzione dei mariti al fronte. Nella lotta della sopravvivenza, la difficoltà dei
tempi proveniva dalla crisi sociale, dalla penuria di viveri, dai pericoli di bombar-
damenti, prima ancora che da ideologie avverse, o meglio come loro effetto.
I tempi difficili sono dunque tali per tanti motivi, ma quelli a cui si fa riferi-
mento sono quelli che hanno attentato maggiormente alla possibilità di prose-
guire le attività educative avviate dalle due congregazioni nel solco del sistema
preventivo di don Bosco. In tal senso occorre ripercorrere i rapporti dei vari go-
verni con la Chiesa e le politiche legislative in campo educativo, che rappresenta
l’ambito più sensibile a rispecchiare una concezione di persona, il rapporto tra
cittadino, individuo e Stato fino alle imposizioni dello stato etico.
Attraverso la sorte di due congregazioni educative, non soltanto assistenziali,
si individuano da una parte le spinte verso la modernizzazione, dall’altra le spin-
te volte a espropriare le istituzioni cattoliche della loro incidenza sociale e cultu-
rale attraverso la formazione delle coscienze, prima nel contesto liberale, poi nei
tempi dei totalitarismi. Il sistema preventivo, che mirava alla formazione di con-
vinzioni invece che a rapporti autoritari e formali, favoriti da sistemi reazionari,
proprio per questo carattere distintivo era adatto alle esigenze della modernità,
libera da imposizioni di pratiche religiose e minacciata dall’indifferentismo, ma
anche per lo stesso motivo era ritenuto pernicioso dai sistemi liberali o autorita-
ri. Sotto il profilo culturale, erano più in vista i collegi maschili rispetto ai fem-
minili, meno influenti per la minore preparazione delle religiose e il riflesso so-
ciale ridotto della loro attività rivolta a donne escluse dai centri di potere.
Preso atto della complessità politica che investe il territorio europeo con una
varietà di ideologie, un altro problema concerne la cronologia. In effetti, gli
eventi che rappresentano uno snodo e provocano un cambiamento, non sono

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Introduzione 9
contemporanei, sicché mentre in un Paese si registra un tempo favorevole per i
religiosi, si registrano espulsioni e vessazioni in altri. Così ad esempio nel secon-
do dopoguerra: mentre in occidente cominciava la ricostruzione e il ripristino
delle democrazie, oltre la “cortina di ferro” arrivava la pressione e la persecuzio-
ne del regime comunista. Così, mentre nell’Europa occidentale le congregazioni
religiose cominciavano ad apparire inadeguate di fronte ai cambi di mentalità
accelerati dalla diffusione dei mezzi di comunicazione sociale, nei Paesi dell’est i
religiosi rappresentavano la coscienza libera e audace nella clandestinità e nelle
carceri. La dislocazione temporale dei tempi difficili secondo i contesti non con-
sente una lettura lineare, trasversale del territorio europeo.
Fino a quale anno si possono segnalare dei “tempi particolarmente difficili”
per l’educazione salesiana? L’arco di tempo scelto per l’indagine va dall’alba del
’900 fino al 1960 circa (tranne le ricerche riguardanti la Slovacchia, l’URSS e
l’Ungheria dove si è andati oltre), tenendo conto di alcuni grandi eventi politici
ed ecclesiali e della loro incidenza sulle Congregazioni salesiane. Le date sono
ovviamente indicative e di per sé non includono un periodo omogeneo, al con-
trario, molto differenziato. Le componenti di fatto si intrecciano, sicché i movi-
menti politici intersecano la vita ecclesiastica e la condizionano, ma contempo-
raneamente nella Chiesa maturano delle scelte autonome relative alle congrega-
zioni religiose, come la Conditae a Christo del 1900 e le Normae del 1901. Esse
riconoscevano le congregazioni di voti semplici come veramente religiose dal
punto di vista canonico, ma esigevano anche l’autonomia giuridica degli istituti
femminili da quelli maschili con uno spirito similare. Né don Bosco né don
Rua avevano pensato di cambiare l’originaria aggregazione delle FMA ai SDB,
con la dipendenza dal rettor maggiore rappresentato dal direttore generale.
Quando giunse la separazione giuridica con le nuove Costituzioni nel 1906, si
era in piena tempesta per le leggi anticongregazioniste in Francia e in un tempo
di vivo anticlericalismo in Italia, specie nei confronti delle opere educative e sco-
lastiche. La Spagna era alla vigilia della settimana tragica di Barcelona.
Le due congregazioni, tuttavia, che avevano le fondazioni più antiche pro-
prio in quelle nazioni, erano in piena fase espansiva, sotto l’impulso di don Mi-
chele Rua e di madre Caterina Daghero. Per coprire con la ricerca la maggioran-
za del territorio europeo, in base alla diffusione delle opere dei SDB e delle
FMA, è sembrato opportuno spingersi fin verso il 1960, in modo da seguire l’e-
volversi della presenza educativa anche nei Paesi interessati più recentemente
dalla fondazione salesiana, soprattutto quelli dell’Est. In genere, poi, va tenuto
presente che i SDB arrivavano prima delle FMA, eccetto che in Albania, apren-
do loro in qualche modo la strada e assicurando poi la cura spirituale e in diver-
si casi la collaborazione reciproca. Mentre verso il ’60 si realizzava un balzo in-
dustriale ed economico in varie aree dei Paesi occidentali, ad Est vi era stato al-
lentamento, di breve durata, della pressione del regime moscovita (noto come
“il disgelo”). La Chiesa era alla vigilia del Concilio Vaticano II, che avrebbe avu-
to notevoli ripercussioni nei Paesi in cui si godeva di maggiore libertà, meno in
quelli che non potevano comunicare liberamente col resto dei cattolici.

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10 Introduzione
Su questo sfondo generale, si delinea un altro problema, la geografia. Di
quali Paesi parliamo, riferendoci all’Europa salesiana? I SDB fino al 1960 erano
presenti praticamente in tutta Europa, eccetto pochi paesi: Italia, Francia, Spa-
gna, Gran Bretagna, Belgio, Polonia, Portogallo, Svizzera, Austria, Slovenia, Un-
gheria, Germania, Irlanda, Croazia, Slovacchia, Repubblica Ceca, Olanda, Sve-
zia, Lituania, Albania.
Le FMA avevano comunità in Italia, Francia, Spagna, Belgio, Svizzera, Gran
Bretagna, Albania, Austria, Irlanda, Germania, Polonia, Lituania, Slovenia, Un-
gheria, Croazia, Slovacchia, Portogallo.
Incrociando i tempi difficili per le congregazioni salesiane secondo il fattore
politico e procedendo grosso modo in ordine cronologico, bisogna quasi spostarsi
da ovest verso est per notare il cambiamento degli scenari di cui erano partecipi i
salesiani, e poi tenere tutta la scena aperta per distinguere il diverso destino dei
popoli delineato nel dopoguerra e negli anni della guerra fredda. Con le leggi an-
ticongregazioniste francesi d’inizio ’900, che sancivano la separazione tra Stato e
Chiesa, Salesiani e Figlie di Maria Ausiliatrice si trovarono nella necessità di sce-
gliere la modalità per restare presenti senza un riconoscimento legale. Era il primo
banco di prova nei confronti della laicità intollerante delle istituzioni educative
d’ispirazione cattolica, mentre riconosceva le associazioni dei cittadini. La prima
guerra mondiale comportò l’adattamento all’emergenza, ma di per sé non costituì
una difficoltà specifica per le opere educative, se non per i motivi comuni.
Pochi anni dopo erano gli sconvolgimenti spagnoli a mettere a dura prova la
Chiesa e le sue istituzioni. In particolare il periodo 1931-1936 viene indicato
come particolarmente significativo in ordine a un cambio culturale che, esploso
nella guerra civile, sarebbe rimasto come fenomeno carsico nel tempo del fran-
chismo. Le congregazioni salesiane dovettero reinventare il modo di assicurare le
proprietà, tenendo presente quanto era già avvenuto altrove.
L’ascesa del fascismo italiano e del nazionalsocialismo tedesco impose intanto
la concezione dell’“uomo nuovo” non solo in Italia, Germania e Austria, ma eb-
be ripercussioni anche negli altri Stati sottomessi da Hitler, dove il collaborazio-
nismo valse a evitare alcune ritorsioni immediate, ma ne attirò di molto pesanti
al termine della guerra. A poco servirono le denunce di vescovi coraggiosi, come
quello di Münster, Clemens A. Graf von Galen (1878-1946) e del Primate di
Polonia, card. August Hlond (1881-1948), per non dire degli interventi ufficiali
della Santa Sede o il tentativo di appellarsi al diritto: molte case religiose furono
requisite, varie opere furono impedite e altre stentarono a continuare, a meno
che non si riuscisse a convincere i funzionari che si trattava di religiosi e religio-
se ossequienti alle leggi e alle imposizioni di regime. La tradizionale apoliticità
dei salesiani li rendeva flessibili entro certi limiti, ma anche abbastanza chiusi
nel loro sistema educativo, che ritenevano efficace e autoreferenziale con i mezzi
collaudati dalla tradizione salesiana.
Con lo scoppio della guerra tutto fu sconvolto. Molte comunità cambiarono
fisionomia, altre scomparvero: molte religiose furono impegnate nell’assistenza

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2.1 Page 11

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Introduzione 11
dei feriti, dei profughi, dei poveri; molti sacerdoti chiamati come cappellani o
addirittura sotto le armi (specie i salesiani laici). Diverse opere si riconvertirono
a molteplici forme di assistenza e di risposta alle emergenze, altre si inauguraro-
no e poi continuarono per anni, nelle strettezze del dopoguerra e nell’afferma-
zione dello stato sociale. Su alcune realtà dei SDB ebbero una ripercussione no-
tevole le numerose perdite di religiosi, caduti al fronte oppure trucidati nei cam-
pi di sterminio nazisti.
Con le dittature di destra i concordati intendevano conservare una parvenza
di collaborazione con la Chiesa, sicché le istituzioni educative formali, special-
mente le scuole, ebbero inizialmente la possibilità di sopravvivere entro certi li-
miti e condizionamenti, in Italia e Spagna molto più che in Germania e Austria,
dove già prima della guerra la situazione era diventata insostenibile. Invece nei
paesi sotto il dominio sovietico avveniva una rottura unilaterale dei concordati
al fine di isolare la chiesa dai contatti internazionali. L’imposizione di un model-
lo educativo costrinse molto la libertà di agire in modo conforme al proprio spi-
rito, e quanto cadde sotto il controllo dello Stato fu stretto in una morsa. Con il
regime comunista il progetto di sistematica ateizzazione si scontrava con lo zelo
dei salesiani, che non intendevano lasciare il campo educativo allo sbaraglio.
Scelte e soluzioni intraviste
Il senso del realismo e dell’intraprendenza per amore dei giovani ha accom-
pagnato le scelte delle due congregazioni salesiane. La volontaria distanza dalle
posizioni polemiche e dall’apologia pubblica, l’impegno diretto con le classi po-
polari le rendeva meno invise ai governi rispetto ad altri ordini più in vista dal
punto di vista intellettuale. Questi fattori, tuttavia, non le risparmiarono da
momenti molto problematici. Nella Francia d’inizio ’900, i due ispettori salesia-
ni presero vie diverse, sicché il nord dovette scomparire ufficialmente dopo il di-
niego del permesso, mentre l’ispettoria del sud come anche l’unica delle FMA
scelsero la via della secolarizzazione e così continuarono ad agire in incognito.
Con la prima guerra mondiale e negli anni successivi si moltiplicarono le
opere assistenziali. Nel periodo fra le due guerre, nel fascismo e nel nazismo, le
congregazioni non si opposero frontalmente al regime, preoccupandosi di poter
continuare con le proprie opere, anzi collaborando per poter ottenere tutti i
vantaggi possibili per i propri destinatari. In Spagna SDB e FMA si preoccupa-
rono di assicurare la proprietà delle case, e fortunatamente per l’immediato le
leggi contro le scuole religiose non ebbero tempo di effettuarsi, per l’irrompere
della guerra civile che avrebbe aperto nuove possibilità e imposto inediti condi-
zionamenti. Con lo scoppio della guerra SDB e FMA cercarono di adeguare le
opere alle necessità, distinguendosi nell’ospitare ebrei, renitenti alla leva, rifugia-
ti, orfani, sfollati, per onorare l’“ora della carità”. Distruzione totale o parziale di
case, perdite di vite umane, sia di salesiani, che di suore e di bambini o collegia-
li, misero a dura prova la resistenza e la capacità di comunicazione interna, assi-
curata con precise strategie nei limiti del possibile.

2.2 Page 12

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12 Introduzione
Mentre la guerra non impedì le opere salesiane nei paesi dell’Est Europa
(tranne la Polonia, in parte anche nella Slovenia, in cui i tedeschi disposero la
chiusura degli istituti educativi e imposero anche all’attività parrocchiale severe
restrizioni; per non parlare del martirio dei salesiani polacchi: oltre sessanta tru-
cidati in campi nazisti di sterminio o altrove), pur nelle strettezze comuni, fu
nel dopoguerra che si abbatté la bufera. Con l’avvento del regime comunista, le
opere scolastiche e diverse istituzioni assistenziali furono impedite in tutti i Pae-
si d’Oltre Cortina, dove furono spazzate via in modo graduale secondo le situa-
zioni locali. I salesiani si dedicarono alle parrocchie, alla catechesi, alle iniziative
informali. Anche le FMA si adattarono alle circostanze, rinunciando alle tradi-
zionali opere educative. Piccoli gruppi, catechesi, insegnamento della religione
nei limiti del possibile, piccole scuole di lavoro e relazioni educative interperso-
nali dovettero sostituire la visibilità della presenza organizzata. Casi di condanna
a morte, di espulsione, di detenzione, di punizione ai lavori forzati si trasforma-
rono in occasione di testimonianza e di catechesi; non pochi persero la vita oltre
ai beni.
In momenti diversi, in Europa fu richiesta capacità di iniziativa, intrapren-
denza e prontezza di fronte alle situazioni, fedeltà vocazionale a tutta prova.
L’incertezza non riguardava solo le opere, ma innanzitutto la formazione delle
nuove vocazioni. Se per vari decenni si era assistito alla collegializzazione, ora si
trattava di reimpostare l’educazione cristiana attenta alla formazione integrale,
senza la sicurezza dei regolamenti da osservare e delle strutture educative classi-
che. Né spazi esterni, né luoghi mentali di libertà d’azione. Le religiose, come
segno esterno d’appartenenza, dovettero abbandonare in vari contesti e tempi,
l’abito religioso e le opere immediatamente riconoscibili come salesiane.
La radicale passione educativa spingeva ad affrontare gli ostacoli e a rischiare
in prima persona e come comunità, senza piegarsi passivamente alle situazioni.
La carità evangelica, senza restrizione dinanzi a nessuno, rese possibile il supera-
mento di diverse consuetudini e luoghi comuni. Si potrebbe ipotizzare che la
flessibilità necessaria per sopravvivere da educatori ed educatrici fu la prima for-
ma di resistenza istituzionale alle ingiustizie e una preziosa risorsa della congeni-
ta attenzione alla realtà concreta. Le denunce dirette, infatti, non avevano altro
effetto che far chiudere le opere e disperdere i religiosi. L’apoliticità si tradusse
nella scelta di cercare il modo di lavorare adattandosi e cercando gli interstizi in-
formali per trasmettere alle giovani generazioni la fede e i valori tipici del “buon
cristiano e onesto cittadino”.
Lo scenario aperto su tutta l’Europa mostra come nel dopoguerra si deli-
neassero almeno due modi di esprimere la vocazione salesiana: nelle democrazie
occidentali e in Spagna arrivavano i profondi cambiamenti di mentalità, che
mettevano in crisi i modelli educativi tradizionali a partire dalle famiglie e dun-
que salesiani e Figlie di Maria Ausiliatrice vissero momenti di ripensamento per
“arginare” le insidie e un senso di inadeguatezza dei mezzi; mentre nell’Europa
dell’Est gli Istituti sopravvivevano nella massima incertezza esterna, le persone
rappresentavano, invece, la forza della coerenza vocazionale nell’invenzione del-

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Introduzione 13
le iniziative di apostolato o, nella clandestinità totale, la forza del fuoco sotto la
cenere.
Appare in diverse situazioni come la varietà delle opere educative e special-
mente la duttilità delle attività non formali, come l’oratorio con tutta la sua ar-
ticolazione interna, i dopo scuola, le scuole di lavoro, i corsi serali, siano stati
una grande ricchezza nell’affrontare l’impossibilità di continuare ad agire nelle
opere formali, come le scuole, i collegi, gli asili, i pensionati, i convitti. Le FMA
erano più abituate ad avere piccole comunità nella condizione di “dipendenti”
da enti ed amministrazioni, sicché nelle strettezze inedite cercarono di adattarsi
e di ingegnarsi, sempre consigliate e spesso aiutate dai salesiani. Piccoli gruppi
invece delle grandi masse, piccole comunità o incontri saltuari inauguravano
una forma di minorità in cui le comunità religiose erano chiamate ad agire più
come lievito e sale che nell’imponenza delle opere e dei numeri.
I salesiani si trovarono spesso ad agire anche in comunità meno numerose o
addirittura da singoli, specialmente nelle parrocchie, che postulavano un’atten-
zione pastorale più ampia, rispetto alla connaturata vocazione educativa. Dovet-
tero fronteggiare una maggiore precarietà e inventare possibilità per continuare
a confessare, guidare spiritualmente giovani e vocazioni, mantenere uniti i con-
fratelli e le FMA le consorelle necessariamente disperse.
In diversi casi furono stravolte le attività, non l’identità dei salesiani e delle
Figlie di Maria Ausiliatrice, che anzi furono costretti dagli eventi ad andare oltre
le opere abituali e collaudate, per farsi spazio nelle realtà avverse e non privare
ragazzi e ragazze di una presenza educativa interessata al loro bene.
I risultati della ricerca
Allo stato attuale della ricerca, manca una conoscenza esauriente della storia
complessiva delle due congregazioni salesiane, sicché non è possibile delineare le
vicende europee nel quadro complessivo della storia salesiana. L’indagine, tutta-
via, permette di rilevare alcuni elementi. Le due congregazioni erano sorte nel
Piemonte implicato nelle trasformazioni socio-culturali ottocentesche. L’espe-
rienza torinese di don Bosco l’aveva posto a contatto con le nuove sfide educati-
ve nella crescente indifferenza religiosa veicolata dallo sviluppo industriale e dal-
la cultura urbana. Le FMA, presto a Torino con l’oratorio, avevano respirato la
stessa aria e colto la necessità di adeguare i mezzi dell’apostolato a una società
dinamica. Il processo di secolarizzazione con le sue potenzialità e le esigenze po-
ste alle congregazioni religiose impegnate nell’educazione era stato ritrovato ne-
gli altri Paesi in cui si fondò l’opera salesiana. Probabilmente l’esperienza preco-
ce di internazionalità e di apertura favorì una certa duttilità e intraprendenza
per non retrocedere dinanzi alle difficoltà, una sorta di allenamento a stare nelle
situazioni disagevoli di cambiamento.
SDB e FMA all’inizio del ’900 avevano collaudato delle opere e si erano mo-
strati aperti davanti alle esigenze della questione operaia che aveva precise riper-
cussioni su molti e molte giovani delle fasce popolari, ma non conoscevano an-

2.4 Page 14

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14 Introduzione
cora le interpellanze della guerra e delle dittature. Oltre ai superiori e alle supe-
riore, che mostrarono vigile accortezza, in ogni Paese spicca qualche religioso o
religiosa, spesso ispettori e ispettrici, capaci di tener testa alla situazione e di in-
coraggiare le comunità. Il punto fondamentale e preliminare era non soccombe-
re, non lasciare il Paese, nonostante gli impedimenti legislativi o amministrativi.
Con prudenza e saggezza, SDB e FMA non scomparvero da alcuna terra (nem-
meno dalle ex repubbliche sovietiche), imparando ad adattarsi e ad attendere i
tempi migliori. In diversi casi continuarono ad aprire opere, puntando soprat-
tutto su personale locale.
Un altro aspetto, evidenziato da alcune ricerche, è l’importanza della forma-
zione, ovvero il ruolo fondamentale della capacità di formare dei SDB e delle
FMA come individualità permeate dalla forza carismatica, come personalità au-
tonome, capaci di affrontare le situazioni socio-politiche impreviste, vivendo
isolati dal centro delle rispettive Congregazioni. Un esempio di queste qualità
risalta nei SDB che, rimasti nelle ex repubbliche sovietiche privati di qualunque
supporto diretto dei superiori, sono riusciti a praticare il carisma salesiano per-
ché hanno compreso che la fedeltà al carisma comporta l’accettazione di situa-
zioni insolite, come il vivere da soli, senza contatti con i superiori né vita comu-
nitaria.
Grazie alla persecuzione, i SDB e le FMA potenziarono l’impegno nelle ope-
re assistenziali e nella catechesi. La diversificazione delle attività rispetto a quelle
originarie, che ha segnato lo sviluppo successivo dell’opera salesiana, fu agevola-
ta dagli eventi, creando tradizioni diverse nei Paesi di più recente fondazione, ri-
spetto ai numerosi collegi, agli edifici imponenti che contemporaneamente sor-
gevano altrove per ridare visibilità alle proposte educative.
Per necessità, i SDB e le FMA collaborarono maggiormente con i laici e le
laiche e, in alcune circostanze, con altre congregazioni.
In vari contesti, soprattutto nel centro ed est Europa, le vocazioni precedet-
tero l’arrivo dei religiosi e delle religiose, sicché l’impianto dell’opera salesiana
non avvenne solo grazie a missionari stranieri, ma con il rientro in patria di co-
loro che erano stati formati all’estero e spesso avevano già fatto esperienza nelle
opere salesiane. Questo dato non è indifferente all’interno della storia delle
missioni salesiane, che è ancora tutta da scrivere. Si potrebbe cercare di com-
prendere, infatti, se ci fu un tentativo precoce di inculturazione o se i modelli
comuni furono semplicemente riprodotti. Sotto i regimi, certamente si rivelò
provvidenziale la presenza di vocazioni autoctone, dal momento che gli stranie-
ri venivano espulsi per primi. E l’appoggio delle famiglie, la possibilità di lavo-
rare in loco fu determinante per la sopravvivenza degli istituti anche in situazio-
ne di clandestinità.
Emerge altresì la forza del senso di appartenenza e l’unità delle due congre-
gazioni intorno allo spirito salesiano e alla fedeltà a don Bosco fondatore. La
comunicazione tra superiori, religiosi e religiose riuscì a passare attraverso mez-
zi di fortuna e viaggi rischiosi; quando mancarono le lettere e gli scritti, le Co-

2.5 Page 15

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Introduzione 15
stituzioni furono tramandate oralmente tra generazioni di religiosi e religiose;
lo spirito di famiglia e i valori comuni cementarono la comunione e sostennero
la fedeltà. Si è potuto, dunque, constatare che il carisma di don Bosco si dimo-
strò una fonte capace di generare nuove risposte anche per tempi estremamente
difficili, in virtù della flessibilità di trovare occasioni educative non solo nelle
opere formali, ma anche informali, che davano meno nell’occhio delle autorità
politiche.
Uno dei più preziosi frutti di alcune indagini è la scoperta di numerose figu-
re eroiche tra i SDB e le FMA, sconosciute persino negli ambienti salesiani.
Abbiamo anche potuto seguire una ricerca di considerevole interesse: nella
casa salesiana di Helenenberg si era allestito un reparto per giovani handicappa-
ti. Con l’arrivo al potere dei nazionalsocialisti nel 1933, fu emanata una legge
che prevedeva l’eliminazione di coloro che non risultavano utili per il migliora-
mento della razza tedesca. I salesiani furono chiamati in causa in quanto avreb-
bero dovuto applicare tale legge nei riguardi dei loro allievi handicappati. Fu un
caso di coscienza gravissimo.
Limiti e i campi della ricerca ancora scoperti
Le ricerche qui presentate hanno dei limiti di metodo e di contenuto, poiché
si tratta di studi parziali, mentre manca una ricostruzione complessiva dell’opera
salesiana in Europa, con attenzione agli altri tempi, quelli meno difficili e con-
temporanei a quelli difficili in altre aree. Le indagini condotte si sono rivelate
comunque una novità per la ricostruzione storica della presenza salesiana ma-
schile e femminile, e manifestano una soggettività in genere propositiva.
Di alcuni paesi mancano informazioni in questa panoramica, specialmente
per le FMA: Albania, di cui si posseggono però alcune notizie edite; Inghilterra,
Irlanda, Svizzera, attuale Repubblica Ceca, Ungheria.
Molte pagine di storia salesiana inedita cominciano ad affiorare attraverso
queste ricerche condotte da studiosi locali, ed è necessario raccogliere le testimo-
nianze orali, prima che scompaiano i protagonisti, che sono talora gli unici de-
positari delle memorie. Proprio nei momenti più travagliati, densi di novità,
cambiamenti e fatti rilevanti per gli storici, diveniva imprudente documentare
per iscritto, sicché i tornanti più interessanti e dinamici della storia salesiana
possono essere quelli meno intelligibili a distanza di tempo e di clima culturale.
La diversa disponibilità di documentazione, di strumenti di ricerca e di stu-
diosi sperimentati, ha determinato la distinzione delle ricerche in relazioni gene-
rali (J. Piskurewicz, M. Wirth, G. Loparco), relazioni (V. Fekete, M. Ivankovic´,
B. Kolar, G. González-P. Marín-J. Torres-M. Nuñez, S. Oni, F. Schmid, J. Wiel-
goß, W. Z˙urek) e comunicazioni (G. Barroero, A. Baud, H. Bosmans, F. Desra-
maut, M. Imperl, B. Lewek, K. Novosedlikova, G. Rossi, K. Schmid, M. Ven-
tura, J. Wa˛sowicz, S. Wilk). Trattandosi di un primo sondaggio, che ha il fasci-
no dell’esplorazione e l’odore fresco delle prime pagine scritte, ogni autore met-

2.6 Page 16

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16 Introduzione
te in luce la scarsità delle fonti, motivata, oltre che dalle note deficienze origina-
te dalla scarsa cura documentaria, anche dalla precarietà del momento. E con-
temporaneamente si ripete che occorre continuare la ricerca, per aver intravisto
possibilità da scandagliare in profondità, per comprendere la storia salesiana nel
contesto ecclesiale e civile dei diversi Paesi.
Risalta l’urgenza di allargare i campi dell’indagine storica. Ad esempio un
campo da studiare è il comportamento degli allievi delle istituzioni salesiane di
fronte alle ideologie: si sono lasciati abbagliare oppure si sono opposti alle pro-
poste ideologiche avverse alla Chiesa? Tutto questo è poco oppure per niente co-
nosciuto. Rimane totalmente scoperto il campo che riguarda l’Associazione Co-
operatori Salesiani: quale atteggiamento avevano assunto in quei tempi difficili?
È emersa la questione del comportamento dei SDB (per certi versi meno in-
teressate le FMA) nei confronti dei regimi totalitari al potere: hanno saputo re-
spingere con determinazione le proposte di collaborazione? Questa problemati-
ca richiede un’attenzione estrema: le ricerche devono essere incrociate e ben
contestualizzate per ricostruire un quadro credibile e massimamente documen-
tato, per poter rigettare o discernere condanne sbrigative o accuse infondate.
L’impresa è ardua e, in certi casi, addirittura utopica, dato che tanta documenta-
zione è stata distrutta da decenni e ciò che ancora rimane non poche volte è sta-
to costruito e truccato ad arte. È un aspetto che viene già studiato in altre sedi
di ricerca. Tanto più, allora, urgono le indagini su questo aspetto dei salesiani:
educatori per creare giovani onesti e buoni cristiani.
Per una migliore fruizione delle informazioni all’interno delle congregazioni
salesiane, il testo è stampato in italiano, mentre nel CD allegato si trovano alcu-
ni contributi nelle lingue originali, con alcuni testi più lunghi e informazioni
aggiuntive, che si sono evitate nella stampa per non appesantire il volume. Con
questi accorgimenti si intende facilitare la lettura sia dei Salesiani e delle Figlie
di Maria Ausiliatrice, che di persone interessate alla storia europea, ricostruita
non attraverso i grandi protagonisti della politica, ma attraverso migliaia di reli-
giosi e religiose che con la loro dedizione intesero spendersi a servizio dei giova-
ni e del loro futuro, in vista di una società ispirata ai valori cristiani, in cui sta al
centro il bene spirituale e materiale di ogni uomo.
Grazia Loparco e Stanisław Zimniak

2.7 Page 17

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Sigle e abbreviazioni
ACS (= Atti) - Atti del Consiglio Superiore (= Atti del Consiglio Generale)
ACSSA
- Associazione Cultori di Storia Salesiana
AGFMA - Archivio Generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice, Roma
AISe
- Archivio Ispettoriale di Sevilla
AISMA
- Archivio Ispettoriale di Madrid
Annali
- Eugenio CERIA, Annali della Pia Società Salesiana, 4 vol., SEI, Torino
1941-1951
APD
- Archív provinciálneho domu, Bratislava [Archivio Ispettoriale, Bratislava]
ArchDS di
Aleksandrów
Kujawski - Archivio della Casa Salesiana Aleksandrów Kujawski (Polonia)
ArchDS
di Rumia
- Archivio della Casa Salesiana di Rumia (Polonia)
ArchDS di La˛d - Archivio della Casa Salesiana La˛d (Polonia)
ASC
- Archivio Salesiano Centrale, Roma
ASIK
- Archiwum Inspektorii Krakowskiej (Archivio dell’Ispettoria di Cracovia)
ASIW
- Archiwum Inspektorii Warszawskiej (Archivio dell’Ispettoria di Varsavia)
ASC VRC - Verbali delle Riunioni Capitolari
BS
- «Bollettino Salesiano» (dal gennaio 1878)
BSE
- «Boletín Salesiano Español» (dal 1886)
Cost. SDB
CˇSSR
- Giovanni Bosco, Costituzioni della Società di S. Francesco di Sales
[1858] – 1875, testo critico a cura di Francesco Motto, Roma, LAS 1982
- Repubblica Ceco-Slovacca Socialista
DBS
- Dizionario biografico dei Salesiani, a cura dell’Ufficio Stampa Sale-
siano, Torino 1969
DDR
- Deutsche Demokratische Republik (Repubblica Tedesca Democratica)
EG
- Elenco Generale della Società di S. Francesco di Sales
«Figli di Maria» - candidati al sacerdozio o alla vita religiosa
FMA
- Figlie di Maria Ausiliatrice
IRO
- Archivio dell’Ispettoria Romana (Roma)
ISS
- Istituto Storico Salesiano (Roma)
LAS
- Libreria Ateneo Salesiano dell’Università Pontificia Salesiana (Roma)

2.8 Page 18

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18 Sigle e abbreviazioni
MB
- Memorie biografiche di Don (del Beato… di San) Giovanni Bosco...,
19 vol. (da 1 a 9 G.B. Lemoyne; 10: A. Amadei; da 11 a 19: E. Ceria)
+ volume Indici (E. Foglio), Torino 1898-1948
NDR
- Repubblica Democratica Tedesca
NSDAP
- Nationalsozialistische Deutsche Arbeiterpartei – Partito Nazionalsocialista
del Lavoro Tedesco
PRL
- Repubblica Popolare Polacca
RSS
- «Ricerche Storiche Salesiane». Rivista semestrale di storia religiosa e
civile, Roma, LAS (ed. 1982 r.)
SDB
- Salesiani di Don Bosco [Società di S. Francesco di Sales]
s. 1. s. d
- senza luogo e senza data (di pubblicazione)
URSS (=ZSSR) - Unione delle Repubbliche Sociali Sovietiche
UNRRA - United Nation Relief and Rehabilitation Administration
ZMP
- Unione della Gioventù Polacca (marxista)

2.9 Page 19

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Elenco dei relatori e dei partecipanti
1. Alberdi Ramón, sdb, Centro Studi Martí Codolar Don Bosco – Barcellona (Spagna)
2. Barzaghi Gioachino, sdb, Ispettoria Lombardo-Emiliana (Italia)
3. Baud Anne Marie, fma, Ispettoria della Francia
4. Blizinsky Jozef, sdb, Ispettoria di Bratislava (Slovacchia)
5. Borrego Arruz Jesús, sdb, Casa di formazione teologica – Sevilla (Spagna)
6. Bosmans Hilde, fma, Ispettoria del Belgio
7. Brakowski Jacek, sdb, Ispettoria di Piła (Polonia)
8. Casella Francesco, sdb, Università Pontificia Salesiana – Roma (Italia)
9. Cáp Pavel sdb, Ispettoria di Praga (Repubblica Ceca)
10. Chrzan Marek, sdb, superiore dell’Ispettoria San Giacinto – Cracovia (Polonia)
11. Desramaut Francis, sdb, Ispettoria di Parigi (Francia)
12. Doménech Vitoria Alfonso, sdb, segretario ispettoriale (Spagna)
13. Augustyn Dzie˛dziel, sdb, Circoscrizione Speciale Europa dell’Est – Mosca (Russia)
14. Fekete Vladimir, sdb, Ispettoria di Bratislava (Slovacchia)
15. Fernández Blanco Isabel, fma, Ispettoria di Madrid (Spagna)
16. Giraudo Aldo, sdb, Università Pontificia Salesiana – Roma (Italia)
17. González Miguel Jesús Graciliano, sdb, Istituto Storico Salesiano – Roma (Italia)
18. Hernández José, sdb, Ispettoria di Bilbao (Spagna)
19. Imperl Marija, fma, Ispettoria della Slovenia
20. Ivankovic´ Marino, sdb, Ispettoria della Croazia
21. Kolar Bogdan, sdb, Università di Ljubljana (Slovenia)
22. Krawczyk Wojciech, sdb, Studentato Salesiano – Cracovia (Polonia)
23. Lewek Bernadeta, fma, Ispettoria di Wrocław (Polonia)
24. Loparco Grazia, fma, Pontificia Facoltà Auxilium – Roma (Italia)
25. Macák Ernest, sdb, Ispettoria di Bratislava (Slovacchia)
26. Marín Sánchez Pablo, sdb, Istituto Storico Salesiano – Roma (Italia)
27. Motto Francesco, sdb, Istituto Storico Salesiano – Roma (Italia)
28. Novosedlikova Kamila, fma, Ispettoria della Slovacchia

2.10 Page 20

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20 Elenco dei relatori e dei partecipanti
29. Nuñez Muñoz María Fe, fma, Università de La Laguna – Santa Cruz de Tenerife
(Spagna)
30. Oni Silvano, sdb, Circoscrizione Speciale Piemonte e Valle d’Aosta – Torino (Italia)
31. Pietrzykowski Jan, sdb, Ispettoria di Varsavia (Polonia)
32. Piskurewicz Jan, Università “Cardinale Stefan Wyszyn´ski” di Varsavia (Polonia)
33. Prellezo José Manuel, sdb, Università Pontificia Salesiana – Roma (Italia)
34. Rodríguez Filiberto, sdb, Consigliere Regionale (Roma)
35. Rossi Giorgio, sdb, Università Roma Tre – Roma (Italia)
36. Schepens Jacques, sdb, Scuola Superiore Benedikbeuern (Germania)
37. Semik Stanisław, sdb, segretario ispettoriale – Cracovia (Polonia)
38. Schmid Franz, sdb, Scuola Superiore Benediktbeuern (Germania)
39. Schmid Katherina, fma, segretaria ispettoriale (Germania)
40. Spitale Delfino Salvatore, sdb, segretario ispettoriale – Messina (Italia)
41. Stojic´ Anto, sdb, Ispettoria della Croazia
42. Terrana Paolo, sdb, Università Salesiana – Messina (Italia)
43. Todeschini Sergio, cdb, insegnante scuola media superiore – Varese (Italia)
44. Torres Campos Joaquín, sdb, Ispettoria di Madrid (Spagna)
45. Wirth Morand, sdb, Università Pontificia Salesiana – Roma (Italia)
46. Wa˛sowicz Jarosław, sdb, Ispettoria di Piła (Polonia)
47. Ventura Maria Concetta, fma, insegnante Catania (Italia)
48. Wielgoss Johannes, sdb, Ispettoria della Germania
49. Wilk Stanisław, sdb, Università Cattolica Giovanni Paolo II – Lublino (Polonia)
50. Wolff Norbert Josef, sdb, Scuola Superiore – Benediktbeuern (Germania)
51. Zimniak Stanisław, sdb, Istituto Storico Salesiano – Roma (Italia)
.
52. Zurek Waldemar, sdb, Università Cattolica Giovanni Paolo II – Lublino (Polonia)

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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SALUTO DEL PRESIDENTE DELL’ACSSA
Szcz˛e´sc´ Boz.e! Grüß Gott
Cari confratelli, care consorelle, cari membri dell’ACSSA, cari amici!
Con queste parole nella lingua dell’ultimo Papa e nella lingua del Papa attua-
le vi saluto qui a Cracovia nel cuore dell’Europa, dove ci incontriamo tre giorni
dopo la beatificazione dei martiri spagnoli. “L’educazione salesiana in Europa in
anni particolarmente difficili del XX secolo”, così il tema del nostro seminario
storico. Da una parte questo tema tocca l’argomento del convegno internazio-
nale, che abbiamo celebrato nel febbraio dell’anno scorso a Messico: “L’educa-
zione salesiana dal 1880 al 1922. Istanze ed attuazioni in diversi contesti”. D’al-
tra parte evoca contesti particolarmente europei: due guerre mondiali, nazismo,
comunismo, fascismo ed altri.
Abbiamo scelto Cracovia come luogo del seminario europeo per vari motivi:
– Cracovia è una città di alta cultura europea. Qui si possono vedere monu-
menti importantissimi della storia polacca. Qui si possono ammirare le opere
di artisti polacchi, italiani, tedeschi ed altri. Qui si possono anche trovare le
tracce dell’impero asburgico, sotto il quale i salesiani sono entrati in Polonia.
– Cracovia è la città dell’arcivescovo Karol Wojtyła, Papa Giovanni Paolo II,
che per più di venticinque anni guidava e formava la chiesa cattolica. Con il
suo nome è sempre collegata la memoria delle grandi trasformazioni politi-
che degli anni 1989/1990. Lui era veramente un pontefice: fra Dio e uomo,
ma anche fra gli uomini.
– Nella regione di Cracovia c’è una forte presenza salesiana da più di cent’anni.
Lo studentato di Cracovia è un centro spirituale per i salesiani nel sud della
Polonia.
– Cracovia non è tanto distante dalla città di O´swie˛cim con la cosiddetta “casa
madre” dei salesiani polacchi e dal campo tedesco nazista di concentramento
di Auschwitz – luoghi che hanno una grande importanza per la storia salesia-
na nell’Europa centrale.
– Il segretario dell’ACSSA e membro dell’ISS, don Stanisław Zimniak, provie-
ne dalla Polonia e dispone di buoni rapporti con la sua patria. Già in questo
momento vorrei ringraziare don Zimniak per tutto il suo lavoro di prepara-
zione e di organizzazione di questo seminario.
– Così Cracovia può essere un luogo di dialogo fra i membri della Famiglia Sa-
lesiana, che vengono da diversi paesi dell’Europa e che hanno fatto delle
esperienze molto diverse.
Nel nostro seminario vorremo trattare un argomento ben conosciuto a tutti
noi: l’educazione salesiana, che sempre deve orientarsi alla prassi di don Bosco.
Ma nello stesso tempo quest’educazione deve adattarsi alla situazione concreta –

3.2 Page 22

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22 Saluto del Presidente dell’ACSSA
religiosa, sociale, culturale, politica – dei giovani. Gli anni particolarmente diffi-
cili del XX secolo erano una sfida per gli educatori salesiani. Molte volte era
possibile preservare il carisma di don Bosco sotto condizioni non favorevoli. Pe-
rò c’erano anche adattamenti problematici. La storia, della quale ci occupiamo,
era una storia di santità ed eroismo, ma anche di debolezza umana, una storia di
persecuzione, ma anche di collaborazione, una storia di successo, ma anche di
insuccesso.
Io come tedesco devo dire, come lo sottolineava parimenti Papa Benedetto
XVI nella sua allocuzione ad Auschwitz-Birkenau nel maggio del anno scorso,
che molte delle difficoltà del secolo XX hanno un rapporto stretto con il mio
paese. Vorremo entrare in un dialogo, che forse non è sempre facile. Vi invito ad
essere critici e sinceri ed a studiare la nostra storia con interesse per la gioventù.
Già è una buona tradizione celebrare il seminario europeo di storia salesiana
in occasione della festa di Ognissanti. Maria Ausiliatrice, i martiri salesiani della
Polonia della Spagna e tutti i santi ci accompagnino nel nostro lavoro e ci pro-
teggano. Un benvenuto cordiale a tutti voi!
DON NORBERT WOLFF SDB
Presidente dell’ACSSA
Cracovia, 31 ottobre 2007

3.3 Page 23

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SALUTO INAUGURALE DEL RETTOR MAGGIORE DEI SALESIANI
Saluto – messaggio del Rettor Maggiore
ai partecipanti al Seminario Europeo di Storia dell’Opera Salesiana
Cracovia, 31 ottobre – 4 novembre 2007
Carissimi Salesiani, Figlie di Maria Ausiliatrice, studiosi di Don Bosco,
con tanta gioia mi faccio presente con un saluto-messaggio ai lavori di questo
Seminario Europeo, ideato e condotto a porto dall’ACSSA, sostenuta dall’ISS,
che si terrà nella sede dello studentato salesiano di Cracovia.
L’argomento del Seminario Europeo L’educazione salesiana in Europa in anni
particolarmente difficili del XX secolo si pone in continuità tematica con il IV
Convegno Internazionale, organizzato dall’ACSSA-ISS a Ciudad de México,
dal 12 al 18 febbraio 2006 (L’educazione salesiana dal 1880 al 1922. Istanze ed
attuazioni in diversi contesti). Il lavoro svolto in Messico ha portato notevoli co-
noscenze sulla reale attuazione del sistema educativo preventivo di Don Bosco e
sulla percezione delle indicazioni relative a tale prassi, provenienti dal governo
centrale degli anni 1880-1922. A Cracovia, invece, continuando il discorso
educativo, proprio del nostro carisma, volete analizzare l’apostolato salesiano,
realizzato in condizioni straordinarie del XX secolo nell’Antico Continente. La
seconda parte del titolo, infatti, mette l’accento sulle circostanze storiche in cui
le Istituzioni salesiane (dei SDB e delle FMA) hanno portato avanti il proprio
lavoro attraverso numerose difficoltà, talvolta dovendo subire aperte persecuzio-
ni. Si tratta, dunque, di studiare l’apostolato salesiano durante il periodo dei re-
gimi totalitari poco favorevoli o persino ostili al cristianesimo, specie alla Chie-
sa cattolica. Si pensi, per esempio, ai sistemi totalitari, come fascismo, nazismo
e comunismo, oppure alle difficoltà generate da altri fattori politici, sociali e
culturali, come la secolarizzazione delle congregazioni religiose in Francia all’i-
nizio del ‘900 ed ecc.
Il vostro appuntamento di studio, senza dubbio, metterà in evidenza l’eroica
fedeltà dei Membri della Famiglia Salesiana, talvolta a costo della propria vita.
Come anche la valenza del carisma salesiano, specie la sua dimensione universa-
le, che consiste nella sua forza umanizzante e la capacità di aprire un giovane ai
valori trascendentali.
Penso che questi due convegni – aggiungerei anche quello di Vienna, tenuto
nel 2003 con il tema: Linee teologiche, spirituali e pedagogiche della Società Sale-
siana e dell’Istituto FMA nel periodo 1880-1922 – riguardanti la storia dell’Opera
Salesiana nel mondo vengono incontro alla tematica del Capitolo Generale
XXVI della Società Salesiana per l’anno 2008 e integrano bene quella del paral-
lelo evento delle FMA. Non c’è dubbio che il tema proposto da me per il

3.4 Page 24

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24 Saluto inaugurale del Rettor Maggiore dei salesiani
CGXXVI Da mihi animas, cetera tolle1, sia stato all’origine della passione apo-
stolico-educativa dei primi discepoli di don Bosco, i quali avevano lasciato
un’indelebile traccia nella formazione umana e cristiana di tanti giovani del
mondo, soprattutto “poveri ed abbandonati”.
Mi complimento per il numero rilevante delle relazioni e delle comunicazio-
ni, come pure varie testimonianze. Una gamma davvero ricca di indagini stori-
che che certamente aiuteranno ad acquisire una conoscenza più profonda sull’a-
postolato salesiano nel complicato XX secolo dell’Antico Continente. Mi augu-
ro che questo vostro sforzo trovi il proseguimento nelle vostre locali realtà e ser-
va anche per un ulteriore e migliore coordinamento dei vostri sforzi riguardanti
la conservazione e la trasmissione della memoria salesiana ai futuri seguaci di
Don Bosco e di Maria Domenica Mazzarello.
Unito a tutti voi, prometto una preghiera anche per il futuro dell’Associazio-
ne Cultori di Storia Salesiana, la quale nei pochi anni di vita ha già reso un vali-
do contributo alla conoscenza della storia salesiana e alla sua promozione. Espri-
mo qui anche la mia soddisfazione per la nuova collana di Studi di cui i primi
due volumi saranno presentati nel corso del vostro seminario2. Essi contengono
i frutti del IV convegno internazionale, svoltosi nel febbraio 2006 a Ciudad de
México. Questi due volumi presentano una documentazione ricca che testimo-
nia la forza apostolica ed educativa del sistema preventivo di Don Bosco, prati-
cato ed applicato in tanti paesi del mondo alle varie realtà culturali e sociali nel
periodo di don Rua e di don Albera e la Madre Caterina Daghero.
Maria Ausiliatrice vi accompagni e faccia sì che non cessi mai, nella Congre-
gazione e nella Famiglia Salesiana, quell’ispirazione carismatica di Don Bosco e
di Maria Domenica Mazzarello che è necessaria per dedicarsi in modo creativo
ed efficace per il bene del mondo giovanile che ha bisogno dei testimoni credi-
bili dell’amore di Cristo Risorto.
Roma, ottobre 2007
Con affetto, in Don Bosco.
D. Pascual Chávez V.
Rettor Maggiore
1 «Da mihi animas, cetera tolle». Identità carismatica e passione apostolica. Ripartire da
Don Bosco per risvegliare il cuore di ogni salesiano, in “Atti del Consiglio Generale” 394
(2006) 3-46.
2 Si veda – J. G. GONZÁLEZ, G. LOPARCO, F. MOTTO, S. ZIMNIAK (a cura di), L’educa-
zione salesiana dal 1880 al 1922. Istanze ed attuazioni in diversi contesti. Atti del 4º Conve-
gno Internazionale di Storia dell’Opera salesiana – Ciudad de México, 12-18 febbraio 2006.
(Associazione Cultori Storia Salesiana – Roma. Studi – 1-2). 2 vol., Roma, LAS 2007.

3.5 Page 25

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SALUTO INAUGURALE DELLA VICARIA GENERALE DELLE FMA
Alle/ai partecipanti al Seminario europeo ACSSA – ISS Cracovia
A nome della Madre generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice, Madre Anto-
nia Colombo e del Consiglio generale, vi raggiungo con gioia a Cracovia, augu-
randovi un incontro fruttuoso per lo studio storico dello sviluppo salesiano in
Europa nel periodo 1900 – 1960, nella certezza che lo studio realizzato e condi-
viso potrà illuminare il presente e il futuro delle opere educative salesiane in Eu-
ropa e in altri continenti.
Il tema scelto per il Seminario: L’educazione salesiana in Europa in anni parti-
colarmente difficili del XX secolo è particolarmente stimolante per la ricerca. In-
fatti, lo studio di questi anni molto difficili per motivi vari, aiuterà certamente a
mettere in luce l’energia intrinseca al Carisma, che viene sviluppato e dimostra-
to da persone e comunità concrete.
La diversità, la molteplicità e la densità degli avvenimenti che si sono succe-
duti in Europa, le conseguenze dei conflitti, particolarmente della seconda guerra
mondiale e dei regimi politici spesso segnati dalla dittatura, da ideologie domi-
nanti di diversa matrice e spesso contrarie alla Chiesa, hanno segnato profonda-
mente la vita delle comunità, delle Ispettorie salesiane e soprattutto le opere edu-
cative che, con coraggio, sono state continuate, nonostante le enormi difficoltà
che si presentavano. La creatività è un tratto salesiano caratteristico fin dalle ori-
gini. Se don Bosco ha sempre saputo aggirare gli ostacoli quasi permanenti, i suoi
figli e le sue figlie hanno ereditato da lui una certa capacità di affrontare i proble-
mi senza lasciarsi abbattere dalle avversità, cercando le vie possibili per superarle.
Ringrazio ognuno ed ognuna di voi per la ricerca realizzata e che verrà con-
divisa durante il seminario. Il vostro lavoro costituirà una ricchezza per le nostre
Congregazioni e per l’intera Famiglia salesiana. Spero che la vostra passione pos-
sa contagiare sempre più Figlie di Maria Ausiliatrice, Salesiani di don Bosco e
anche laici e laiche, per la conoscenza storica che deve aiutare a vivere il mo-
mento presente e a progettare il futuro, in fedeltà creativa.
Lo studio della storia mette in evidenza la presenza attiva dello Spirito Santo
nello spessore della vita umana. Alcune risposte inventate nei momenti difficili,
sono certamente frutto dell’intelligenza e della creatività umana, ma sono anche
potenziate dalla forza creativa dello Spirito Santo e dall’aiuto di Maria Ausilia-
trice. Infatti, Lei ha fatto tutto nella vita di don Bosco e finora non si è mai fer-
mata nel manifestare il suo aiuto.
Accompagno i vostri lavori con la preghiera, chiedendo al Signore di bene-
dirvi e a Maria Ausiliatrice di farvi sentire la sua presenza.
Roma, 30 ottobre 2007
Sr. Yvonne Reungoat
Vicaria Generale

3.6 Page 26

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3.7 Page 27

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RELAZIONI GENERALI

3.8 Page 28

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3.9 Page 29

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LE IDEOLOGIE, L’EDUCAZIONE E L’ISTRUZIONE SCOLASTICA
NELL’EUROPA DELLA PRIMA METÀ DEL XX SECOLO
Jan Piskurewicz*
Nel periodo che precedette la prima guerra mondiale l’Europa fu attraversata
da una grande ondata di liberalismo pedagogico. Essa fu ispirata dai progressi
della psicologia che stavano dimostrando tutta la dannosità dei principi educati-
vi fino ad allora seguiti e rivendicando un maggiore rispetto per la personalità
dell’educando. Le teorie della Nuova Educazione riducevano spesso il compito
dell’educatore alla rimozione di ostacoli che potessero frenare il libero sviluppo
del bambino. Il liberalismo pedagogico richiedeva, infatti, che l’educatore si li-
mitasse a seguire lo sviluppo del giovane senza cercare di piegarlo al proprio vo-
lere e ai principi che gli venivano inculcati.
Tuttavia queste opinioni liberali ben presto perdettero sostenitori. L’educa-
zione riprese ad essere vista secondo la tradizione, cioè come un processo in cui
gli adulti modellavano la generazione più giovane trasmettendo i propri ideali e
preparando così i futuri collaboratori e successori. A tal fine, si postulava di in-
cludere nel processo di educazione e di istruzione la scuola con tutto il patrimo-
nio culturale. A questo riguardo non vi sono differenze di opinioni tra le ideolo-
gie conservatrici, liberali, populiste, nazionalistiche, socialiste, o tra il comuni-
smo, il fascismo italiano e il nazional-socialismo di Hitler.
Secondo l’ideologia conservatrice, il ruolo fondamentale nello sviluppo della
società è rivestito da Chiesa, famiglia e scuola. La Chiesa cura i valori morali fon-
damentali. Questi sono trasmessi ai bambini anzitutto in famiglia, mentre alla
scuola spetta il rafforzarli e l’approfondirli. Quindi, la scuola è un’istituzione pre-
posta alla trasmissione alle nuove generazioni dei progressi materiali e spirituali
raggiunti. L’insegnante deve avere una profonda conoscenza del patrimonio cul-
turale di appartenenza e sapere trasmettere questa conoscenza agli alunni; egli de-
ve, inoltre, costituire per loro un modello da imitare. Nel corso del processo edu-
cativo sarà identificata la futura élite, che sarà preparata intellettualmente e mo-
ralmente ai compiti che le competeranno nella vita sociale, politica ed economica.
Tali principi elitari erano praticati nella scuola britannica dell’Ottocento e
dei primi del Novecento, tuttavia la prima guerra mondiale e i susseguenti pro-
* Professore dell’Università “Cardinale Stefan Wyszyn´ski” e dell’Accademia Polacca del-
le Scienze.

3.10 Page 30

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30 Jan Piskurewicz
cessi di democratizzazione evidenziarono la necessità di riformare il sistema. Le
riforme iniziarono con la legge Fischer, del 1918, che agevolava l’accesso alla
scuola dei giovani degli strati sociali più bassi, poneva maggiore accento sugli
aspetti pratici della didattica delle scuole professionali e imprimeva alle scuole
un tratto più nazionale e socialmente più marcato. L’educazione si prefiggeva di
preparare alla vita i giovani che avrebbero ben compreso i propri doveri verso lo
Stato e la società. La legge si limitava ad indicare le linee guida generali, senza
porre vincoli al sistema scolastico. L’attuazione di questi principi fu lasciata alla
discrezione delle autorità scolastiche locali. In tale situazione giuridica persiste-
vano differenze nell’organizzazione e nei programmi didattici delle scuole. Una
tipologia scolastica nuova, sviluppatasi proprio in quel periodo, era costituita
dalle scuole multigrado (all age schools) frequentate da alunni dai 5 ai 14-15 an-
ni, con programmi didattici analoghi a quelli della grammar school. Queste
scuole consentivano il raggiungimento di un’istruzione di livello post-elementa-
re a coloro che non avevano i mezzi necessari per iscriversi alle grammar schools.
Al livello medio dell’istruzione funzionavano ancora le vecchie scuole di fonda-
zione (grammar schools), nonché le public schools con annesso collegio, elitarie e
private, destinate ai giovani dagli 11 ai 18 anni che vi ricevevano la preparazione
agli studi universitari. Queste ultime costituivano un corpo separato all’interno
del sistema scolastico, non erano soggette al controllo delle autorità del settore
ed i loro programmi erano differenziati. Tutte godevano di un grande prestigio
sociale. Erano un modello per le scuole statali sia dal punto di vista educativo
sia da quello scientifico. Erano apprezzati i loro metodi educativi, l’organizza-
zione dei giochi e degli sport, le condizioni di vita nei collegi, l’alto livello dell’i-
struzione che impartivano nonché la preselezione dei candidati che doveva faci-
litare l’individuazione dei giovani talenti. Nel periodo tra le due guerre gli istitu-
ti di questo tipo erano 150. I diplomati di queste strutture elitarie avevano le
maggiori possibilità di fare carriera politica, militare o ecclesiastica, e di raggiun-
gere le più alte cariche nello Stato.
Ancora nell’Ottocento, l’avversario tradizionale del conservatorismo era il li-
beralismo. Gradualmente, tuttavia, mano a mano che entrambe le dottrine
evolvevano, le differenze reciproche si affievolivano. All’inizio del Novecento l’i-
deologia liberale si trasformò assumendo i connotati del neoliberalismo. Mentre
il liberalismo classico era stato decisamente individualista, minimizzando il ruo-
lo dello Stato, il neoliberalismo cominciò a prendere in considerazione l’impor-
tanza della struttura statale e a sottolineare la corresponsabilità della società per i
destini individuali. I neoliberali dichiaravano, tra l’altro, che, affinché tutti i cit-
tadini potessero godere della propria libertà, era indispensabile la parità delle
possibilità d’accesso ad un’adeguata educazione ed istruzione. In Europa, oltre
che in Gran Bretagna, il liberalismo ebbe l’influenza maggiore in Francia.
In Francia i liberali si adoperavano per la separazione tra la Chiesa e lo Stato
(nel 1905 fu approvata una legge che introduceva tale principio) e per l’aboli-
zione del controllo delle scuole statali da parte della Chiesa; chiedevano l’aboli-
zione dell’insegnamento della religione e delle pratiche religiose nelle scuole; l’e-

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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Le ideologie, l’educazione e l’istruzione scolastica nell’Europa della prima metà del XX secolo 31
ducazione religiosa di bambini e adolescenti doveva essere gestita esclusivamente
dalla Chiesa e dalla famiglia. Già nell’Ottocento fu introdotto, nell’arco della
settimana, un giorno libero da impegni scolastici, permettendo così ai genitori
di mandare i figli a lezione di religione presso chiese o altri templi. Nei sistemi
scolastici strutturati secondo i principi dell’ideologia liberale i valori religiosi fi-
no ad allora trasmessi dalla scuola furono sostituiti dall’insegnamento dei doveri
civici.
I neoliberali si dichiaravano, di norma, sostenitori del supporto e del con-
trollo dello Stato nei confronti della scuola. A loro parere l’istruzione per tutti
avrebbe preservato la società dal cadere preda della propaganda dei demagoghi,
aiutando la gente ad avvalersi dei propri diritti civili. Il compito dell’istruzione
scolastica doveva anche essere quello di formare le nuove generazioni di lavora-
tori qualificati e di dirigenti capaci. In Francia, le scuole primarie (écoles primai-
res) erano destinate ai bambini dai 6 ai 15 anni, e i programmi erano suddivisi
in tre cicli biennali: elementare, medio e superiore. Come nel periodo preceden-
te alla prima guerra mondiale, si trattava di una scuola dell’obbligo, gratuita e
laica, per quanto vi si svolgessero dei corsi di moralità dove gli alunni apprende-
vano, tra l’altro, anche il rispetto della religione. Negli anni 1923-24 furono in-
trodotte altre riforme che istituivano, per esempio, le scuole professionali, e che
accentuavano l’importanza di metodi didattici attivi e individuali. Per la prima
volta il Ministero dell’Istruzione, aderente all’atteggiamento liberale delle auto-
rità del settore, non diede alla sua posizione ufficiale lo status di normativa vin-
colante, bensì quello di semplici linee guida.
Le riforme 1923-1924 si concentrarono, però, soprattutto sulla scuola me-
dia. Miravano alla realizzazione delle idee di eguaglianza, libertà e gratuità dell’i-
struzione per tutti. I governi francesi cercarono, infatti, di rendere accessibile la
scuola media ai meno abbienti attraverso la graduale liquidazione delle rette
scolastiche, a cominciare dalle prime classi. Il processo si concluse nel 1935,
quando divennero gratuite anche le ultime classi. Fu un passo importante in di-
rezione dell’unificazione del sistema scolastico.
In Francia, come in Gran Bretagna, accanto alla scuola statale era ben svilup-
pata anche quella privata. Le licenze alle scuole private, concesse dai governi
della III Repubblica nel 1919, radicarono in Francia la regola della libertà dell’i-
struzione. Così, lo Stato limitò il proprio controllo sulla scuola privata alle sole
questioni dell’osservanza delle vigenti norme edilizie, delle condizioni igieniche
e, soprattutto, della lealtà degli istituti verso le politiche nazionali nel settore
dell’istruzione. Rimasero inalterate le prerogative dello Stato per quanto attene-
va al controllo della qualità dell’insegnamento. Nel 1933, le sole scuole cattoli-
che contavano in Francia 5 atenei (5 mila studenti), 825 scuole medie (150 mila
alunni), 11500 scuole elementari, 288 scuole professionali e diverse centinaia di
asili nido.
Un ruolo importante tra i vari programmi sociali nell’Europa dell’epoca as-
sunse la dottrina del populismo rurale. Nacque come teoria sociale in Germa-
nia verso la fine dell’Ottocento, diffondendosi poi nell’Europa Centrale e nei

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32 Jan Piskurewicz
Paesi Scandinavi, ma soprattutto in Danimarca, ai primi del Novecento. Prefig-
gendosi la difesa degli interessi economici delle campagne, allo stesso tempo di-
chiarava i contadini parte più importante e moralmente più sana della nazione.
Mediando tra il capitalismo e il socialismo, il populismo rurale prospettava una
terza via e chiedeva la riforma agraria che avrebbe dato luogo alla nascita di nu-
merose aziende agricole a conduzione familiare, economicamente forti. Elemen-
to importante della dottrina era il suo programma nel campo dell’istruzione e
dell’educazione. Vi si postulava l’istruzione e l’educazione per tutti, ma non gra-
zie all’azione esterna degli strati più colti della società, bensì ad opera degli stessi
contadini che dovevano provvedere autonomamente alla propria istruzione,
educazione e perfezionamento. Dovevano realizzare da soli un programma che
avrebbe innalzato e perfezionato il livello della loro educazione sviluppando i
valori tipici della loro condizione sociale, quali l’operosità, la capacità di autoge-
stione, la parsimonia, l’orgoglio delle origini e del mestiere di agricoltori.
Un ruolo essenziale in tutto ciò ebbero gli scritti di pedagogia del vescovo e
teologo luterano Nicolai Grundtvig, il quale aveva ideato le università popolari,
diverse delle quali erano già sorte nell’Europa Centrale e nei paesi Scandinavi
nell’Ottocento e nella prima metà del Novecento. Naturalmente un tale pro-
gramma di formazione permanente non avrebbe avuto senso se ai figli dei con-
tadini non venivano prima garantite le pari opportunità nell’accesso all’istruzio-
ne. Pertanto si chiedeva che le scuole elementari, medie e professionali fossero
gratuite e accessibili a tutti. La quota percentuale dei giovani di campagna di-
plomati nelle scuole medie e superiori doveva corrispondere alla percentuale dei
contadini nella società. Si sottolineava la necessità di realizzare e incrementare le
scuole professionali, specialmente di indirizzo agrario, che avrebbero contribui-
to al miglioramento della situazione economica delle campagne.
L’istruzione e l’educazione avevano un posto di rilievo anche nella dottrina
socialista. I socialisti partivano dal presupposto che la scuola era lo specchio di
quella differenziazione sociale che essi condannavano, pertanto reclamavano
una scuola accessibile a tutti, egualitaria, gratuita e obbligatoria. Doveva essere
laica, persino atea, dato che i socialisti separavano nettamente la religione e l’e-
ducazione pubblica. Idee analoghe erano propagate dal comunismo, affermatosi
in Russia nel 1917, dopo la vittoria della Rivoluzione d’Ottobre. Lo Stato e le
sue strutture furono allora assoggettate al partito comunista e ai suoi capi, le im-
prese, le banche e le terre furono nazionalizzate, fu introdotto il terrore rivolu-
zionario e il controllo fu esteso su tutti i cittadini e tutti i settori della vita. In
queste condizioni ebbe inizio la costruzione di una nuova società comunista,
anche mediante la riforma dell’educazione e dell’istruzione della nuova genera-
zione.
In Russia la riforma partì dalle tre istituzioni educative tradizionali: la Chie-
sa, la famiglia e la scuola. Ai primi del 1918 fu emesso un decreto sulla separa-
zione tra la Chiesa ortodossa e lo Stato, in forza del quale la Chiesa veniva spo-
gliata del proprio patrimonio e di ogni influenza sulla vita della società. La reli-
gione veniva rimossa dalle scuole e dalla vita sociale. L’ateismo divenne d’obbli-

4.3 Page 33

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Le ideologie, l’educazione e l’istruzione scolastica nell’Europa della prima metà del XX secolo 33
go. Nel settembre e nell’ottobre del 1918 furono emessi decreti relativi alla fa-
miglia e alla scuola che riducevano drasticamente il ruolo sociale della famiglia.
Riguardo alla scuola, essa doveva diventare “strumento della dittatura del
proletariato”. Come diceva Lenin, la scuola,
“oltre che fungere da cinghia di trasmissione dei principi del comunismo in genera-
le, doveva anche farsi carico dell’influenza ideologica, organizzativa ed educativa
del proletariato nei confronti degli strati semi- ed extraproletari delle masse lavora-
trici, esercitata al fine di schiacciare totalmente la resistenza degli oppressori e in-
trodurre l’ordine comunista”1.
La nuova scuola sarebbe stata statale, laica, gratuita, mista e uniformata. Uf-
ficialmente si chiamava “scuola unica del lavoro”. La durata dei corsi era di 9
anni (primo grado 5 anni, secondo grado 4 anni). Una volta terminata, i ragazzi
potevano continuare gli studi negli istituti professionali superiori e negli atenei.
Il lavoro costituiva il principio guida dell’educazione della gioventù, e pertanto
tra le attività scolastiche figurava il lavoro nelle officine o nelle aziende agricole.
Le conoscenze teoriche erano impartite solo nei limiti dello stretto necessario e
unitamente alle loro applicazioni pratiche. I corsi di secondo grado dedicavano
la maggior parte del tempo alle scienze, naturali e matematiche. Furono aboliti
anche i tradizionali voti scolastici, le classi, gli esami (anche di maturità), i ma-
nuali, le pagelle e i diplomi. Il programma includeva le attività sportive. La
scuola sovietica era intrisa di un acceso sentimento antireligioso, le pratiche reli-
giose erano vietate, ostacoli di natura organizzativa venivano posti alla parteci-
pazione dei giovani alle celebrazioni religiose. Si cercava di inculcare nella gio-
ventù la visione materialista del mondo. A dare l’impronta comunista all’educa-
zione contribuivano le organizzazioni giovanili di massa: pionieri e komsomol,
che decidevano su molte questioni che riguardavano la scuola e gli alunni. Per
preparare il nuovo corpo docente, nel 1918 il Commissariato Popolare per l’I-
struzione istituì nuovi istituti magistrali superiori dove i giovani di estrazione
proletaria studiavano gratuitamente per diventare insegnanti.
Nel 1924 la scuola “rivoluzionaria” fu parzialmente riformata, introducendo
il cosiddetto metodo didattico complessivo (gli alunni non studiavano più le
singole materie, bensì i temi rapportati complessivamente ai fenomeni naturali
o alle questioni sociali). Oltre al sistema scolastico dedicato alla gioventù, a par-
tire dal 1919 fu avviato anche quello per gli adulti con le cosiddette facoltà ope-
raie, le quali, oltre a debellare l’analfabetismo, dovevano facilitare l’accesso all’i-
struzione superiore ai più capaci, permettendo loro di conseguire una professio-
ne (di medico, di ingegnere) accorciando i tempi. Nell’anno accademico
1926/27 il 30% degli studenti universitari erano stati allievi delle facoltà ope-
raie. Lo scopo principale di questo sistema formativo era politico. Si trattava di
1 Cit. da Józef MIA˛SO (a cura di), Historia wychowania.Wiek XX [Storia dell’educazione.
Secolo XX]. Vol. I. Warszawa 1980, p. 15.

4.4 Page 34

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34 Jan Piskurewicz
far accedere quanto prima i rappresentanti della classe operaia alle cariche che
formalmente richiedevano una laurea. Agli studi universitari erano quindi am-
messi in primo luogo i giovani d’estrazione operaia e contadina.
Nel 1932, quando apparve chiaro che gli esperimenti educativi attuati non
avevano portato i risultati sperati, la scuola unica del lavoro fu sostituita da una
scuola onnicomprensiva della durata di dieci anni, strutturata in un sistema di
lezioni, classi, programmi, singole materie e manuali (gli esami di maturità fu-
rono ripristinati nel 1944). Il lavoro produttivo degli alunni fu sostituito dai
“laboratori scolastici”. Vigeva una teoria nuova: la pedagogia, ovvero la scienza
che studia lo sviluppo fisico e psichico del bambino. Con l’aiuto dei pedagoghi
si riorganizzava il processo dell’istruzione e, allo stesso tempo, si aggiornavano
gli insegnanti. Quando nel 1936 il partito condannò la pedagogia, i pedagoghi
nelle scuole furono “epurati”. Subentrarono loro gli specialisti dell’educazione
comunista e della formazione della morale comunista. I loro programmi d’azio-
ne si basavano sulle concezioni sviluppate in precedenza da Nadez˘da Krupskaia,
Anatolij Lunacˇarskij, Stanislav Sˇatskij e Anton Makarenko.
Oltre al comunismo, un altro sistema ideologico, totalitario e nazionalista,
rappresentato dal fascismo italiano, si diffuse nella gran parte dell’Europa fra le
due guerre.
Il periodo del fascismo in Italia ebbe inizio con la presa di potere da parte di
Mussolini nel 1922. La costruzione della dittatura fascista cominciò dalla liqui-
dazione dei partiti politici e di tutta la vita politica indipendente, riducendo poi
le libertà dei cittadini, abolendo la stampa non fascista, introducendo la censura
e, infine, costruendo nuove strutture politiche con un unico Partito Nazionale
Fascista e con il potere statale più alto nelle mani del Gran Consiglio del Fasci-
smo. Le uniche istituzioni rimaste relativamente indipendenti erano a questo
punto il Re e la Chiesa cattolica. Con quest’ultima, nel 1929, furono firmati i
cosiddetti Patti Lateranensi che istituivano lo Stato Vaticano con il capo sovrano
nella persona del Papa. Conformemente all’ideologia fascista, propagatrice del
culto dello Stato, la società italiana fu sottoposta al processo d’integrazione nello
spirito del nazionalismo fascista.
In questo processo furono incluse anche l’educazione e l’istruzione. Già nel
1923, il ministro dell’istruzione del governo Mussolini, Giovanni Gentile, rifor-
mò la scuola assoggettandola allo Stato e basandola sulle concezioni del raziona-
lismo idealista italiano. Le autorità statali sottolineavano fortemente il legame
spirituale della nazione con l’antica Roma, ritenendo gli italiani eredi naturali
dell’impero romano con la sua cultura e le sue ambizioni. Spettava soprattutto
alla scuola il compito di destare nella nazione la coscienza di questo legame. La
scuola doveva anche spronare la gioventù al culto degli eroi e dei capi nazionali,
passati e contemporanei. La divulgazione dell’idea delle radici romane della na-
zione doveva essere favorita dall’indirizzo umanistico e classico dell’insegnamen-
to scolastico. Le riforme introdotte riguardavano soprattutto le modifiche dei
programmi scolastici, adattati all’ideologia fascista. Il sistema introdotto nel
1923 era strutturato nel seguente modo: 1) scuola elementare gratuita e per tut-

4.5 Page 35

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Le ideologie, l’educazione e l’istruzione scolastica nell’Europa della prima metà del XX secolo 35
ti, della durata di 7 anni; 2) scuola media di primo e secondo grado, scuole pro-
fessionali; 3) scuole superiori di livello universitario. Furono mantenute le scuo-
le private, parzialmente sovvenzionate dallo Stato ma soggette a rigidi controlli.
Era compito della scuola elementare risvegliare l’orgoglio nazionale serven-
dosi di tutto ciò che la nazione aveva di grande e sacro. Allo stesso tempo la
scuola doveva sviluppare nei giovani il senso della bellezza e della nobiltà me-
diante la conoscenza delle problematiche etico-religiose ed estetiche (il canto, il
disegno). Nel convincimento degli autori della riforma le scienze naturali erano
prive di valore educativo e perciò erano scarsamente considerate a livello delle
elementari: vi si accennava solo nell’apprendimento dell’igiene, delle notizie va-
rie e nelle scuole rurali nel contesto dell’apprendimento dell’economia rurale.
Tra le materie insegnate v’erano anche la storia patria, la lingua madre e l’arit-
metica. Furono rivisti tutti i libri e i sussidi didattici, e dal 1929 furono intro-
dotti manuali uniformati, approvati dal ministro dell’istruzione.
Lo stesso anno, in base al concordato con la Santa Sede, al programma scola-
stico fu aggiunto l’insegnamento di religione che sin dai tempi della riforma
Gentile faceva parte del programma educativo delle sole scuole elementari. In
conformità al concordato, ora l’insegnamento della religione cattolica, materia
d’obbligo, diventava “fondamento e coronamento dell’istruzione pubblica”.
Nelle scuole medie agli insegnanti fu lasciata la libertà di scelta dei manuali.
Tuttavia questi dovevano essere fedeli alle premesse del regime politico. I pro-
grammi delle medie introdotti nel 1927 accentuavano ulteriormente l’aspetto
nazionalista dell’educazione. Le scuole ginnasiali (di 5 anni) e liceali (di 3 anni)
seguivano l’indirizzo classico, preparando gli allievi agli studi universitari in tut-
te le facoltà. Il programma didattico ginnasiale considerava solo materie umani-
stiche, incluse le lingue greca e latina.
I titoli e i diplomi universitari avevano un valore esclusivamente scientifico.
Solo il superamento degli esami di Stato garantiva il diritto di esercitare profes-
sioni. In questo modo lo Stato controllava l’accesso alle carriere dei laureati. Nel
1933 la tradizionale autonomia degli atenei fu notevolmente ridotta: ora il re
nominava i rettori, il ministro dell’istruzione approvava le nomine dei presidi,
ecc. Le scuole furono sottoposte al controllo delle organizzazioni studentesche
fasciste che vigilavano sulla lealtà politica dei professori. Tutti i professori e gli
assistenti dovevano essere membri del partito. Nel 1937, in Italia esistevano 31
atenei statali e 29 sovvenzionati.
Nel 1939 fu approvata una nuova legge sulla scuola che, tuttavia, a causa
della guerra non entrò in vigore. Vi si introduceva l’obbligo scolastico fino al
21° anno d’età, mentre, tra le modifiche strutturali e programmatiche, bisogna
evidenziare la trasformazione dell’ultimo biennio delle elementari in una scuola
del lavoro, soprattutto manuale, e l’introduzione di una programmazione sepa-
rata per le scuole femminili. Si inaspriva anche la censura sui manuali di scuola
media.
Analogamente a quanto si verificava in Russia e in Germania, anche il fasci-
smo italiano attribuiva una grande importanza alle organizzazioni giovanili. Il

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36 Jan Piskurewicz
partito fascista aveva una sezione speciale che sovrintendeva a tutte le organizza-
zioni giovanili fasciste. Molti studenti e alunni delle scuole medie e professionali
erano membri delle Squadre d’Azione. All’educazione dei bambini e degli ado-
lescenti provvedeva anche l’Opera Nazionale Balilla fondata nel 1926, preposta
alla tutela e all’educazione fisica e morale della gioventù (nel 1934 annoverava
circa 2 milioni di iscritti).
La scuola italiana mirava a formare il senso di solidarietà e la disciplina socia-
le, a promuovere il legame con la storia dell’impero romano, la superiorità del-
l’interesse sociale e statale rispetto all’interesse individuale. Per i giovani erano
vincolanti le parole di Mussolini: credere, obbedire, combattere. La scuola face-
va risaltare i valori ideali ed estetici. Lo sport diventava l’interesse universale del-
la gioventù. La si educava inculcandole un grande orgoglio nazionale ispirato
dal nazionalismo e dal militarismo (nel 1934 ai programmi didattici fu aggiun-
ta, quale materia d’obbligo, la cultura militare), nello spirito dell’imperialismo
fascista che, alla fine, condusse l’ Italia alla catastrofe.
In Germania, prima della presa del potere di Hitler, funzionavano due siste-
mi scolastici separati: il primo partiva dalla scuola popolare con le sovrastrutture
continuative di tipo generale e professionale, il secondo includeva la scuola me-
dia superiore con classi distinte, seguita da studi superiori universitari. In tutte
le scuole venivano realizzati programmi educativi che si prefiggevano di inculca-
re nei giovani i valori del nazionalismo, dell’imperialismo e del militarismo. Per
questo motivo, tra l’altro, Hitler avrebbe trovato più tardi un terreno già fertile
per le sue idee.
Le premesse principali del fascismo tedesco erano desunte dal programma
che Hitler aveva delineato, tra l’altro, nel Mein Kampf (1924). Vi erano elencate
le parole d’ordine del nazionalismo estremo, vi si prospettava la visione dell’uni-
ficazione di tutti i tedeschi e della creazione di un grande impero della nazione
tedesca. I tedeschi, in quanto rappresentanti della superiore razza ariana, avreb-
bero governato il mondo soggiogando le razze “inferiori” ed eliminando gli
ebrei, ritenuti da Hitler fonte di tutti i mali. Nel 1933, dopo la presa di potere
da parte di Hitler e dell’NSDAP, lo Stato tedesco fu trasformato in pochi mesi
in uno stato totalitario. Furono liquidati tutti i partiti politici (eccetto l’N-
SDAP) e i sindacati, epurati gli organi di amministrazione statale con il licenzia-
mento degli avversari del regime, spesso poi imprigionati nei campi di concen-
tramento. Cominciò la repressione di massa contro gli ebrei che doveva conclu-
dersi con il loro sterminio nel corso della seconda guerra mondiale. Intanto fu
avviata la realizzazione del programma di nazificazione della società che aveva lo
scopo di trasformarne la mentalità creando un “uomo nuovo” tedesco.
In questo programma l’educazione occupava un posto di primaria importan-
za. L’educazione nazista doveva concentrarsi sulle tre qualità definite nel Mein
Kampf: anzitutto l’abilità fisica, e dunque si dovevano far crescere cittadini sani
e forti, l’incarnazione della pura razza ariana; poi un carattere forte, da sviluppa-
re nello spirito della disciplina e dell’obbedienza al Führer e allo Stato, però for-
mando anche negli allievi il sentimento di superiorità nazionale e lo sciovini-

4.7 Page 37

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Le ideologie, l’educazione e l’istruzione scolastica nell’Europa della prima metà del XX secolo 37
smo, e perfezionandone le capacità pratiche, considerate prioritarie rispetto a
quelle intellettuali. Un solo capo, un solo partito, una sola nazione, un solo mo-
do di pensare e vivere, una sola comunità dalle qualità psicofisiche simili: questi
erano i capisaldi che definivano le finalità dell’educazione nazista. Pertanto, nel-
lo Stato tedesco nazista, un insegnante doveva unire in sé le doti di un soldato
con quelle di attivista di partito e pedagogo.
L’amministrazione dello Stato fu centralizzata. Fu istituito il Ministero delle
Scienze, dell’Istruzione e dell’Educazione al quale fu subordinata tutta la politi-
ca educativa nazionale (fino allora decentrata e gestita dai singoli Land), furono
riformate le università e gli istituti magistrali, e infine le scuole elementari, me-
die e professionali.
Un’attenzione particolare fu dedicata all’educazione politica, il cui fine non
era soltanto quello di creare un’elite nazista, ma anche quello di formare dei gio-
vani con un carattere forte e con un grande senso di appartenenza alla comunità
nazionale. Questo era anche lo scopo delle organizzazioni giovanili naziste, con-
siderate prioritarie rispetto alla scuola dato che questa, legata al vecchio sistema
liberale, non godeva della fiducia dei nuovi capi. Le autorità del partito garanti-
rono a queste organizzazioni che l’educazione dei giovani sarebbe stata affidata a
loro, mentre alla scuola sarebbe rimasto soltanto il compito di impartire l’istru-
zione. A questo riguardo sorsero diversi conflitti tra i giovani e il corpo docente.
Il ruolo maggiore nel sistema educativo spettava alla Hitlerjugend, subordinata
all’NSDAP e diventata dopo il 1936 l’unica organizzazione giovanile in Germa-
nia. Essa doveva plasmare i giovani sostenitori dell’ideologia nazista e fortificar-
ne il carattere mediante l’autodisciplina e l’esercizio fisico, al fine di formarvi
qualità come la forza, la resistenza, la sicurezza di sé, lo spirito combattivo e la
forza di volontà. Furono anche istituite scuole speciali: le Hitlerschule, in cui ve-
nivano formati i giovani destinati ad occupare posti di maggiore rilievo nel par-
tito e nello Stato. L’educazione doveva essere estesa a tutti – dai più piccoli ai
professori universitari.
Per realizzare queste finalità era necessaria un’adeguata preparazione del cor-
po docente. La maggior parte degli insegnanti della Repubblica di Weimar ri-
mase nella scuola. Furono licenziati soltanto gli ebrei e i comunisti. Gli inse-
gnanti rimasti furono domati mediante l’emanazione di dettagliate direttive e li-
nee guida programmatiche, ma si insistette soprattutto sulla modificazione del
sistema di formazione degli insegnanti di nuova generazione. L’istruzione di li-
vello superiore per gli insegnanti fu abolita. I vecchi atenei di pedagogia furono
prima convertiti in scuole superiori e poi, nel 1941, col pretesto della mancanza
di insegnanti, trasformati in istituti magistrali. Vi si ammettevano candidati con
licenza elementare e raccomandazione della Hitlerjugend. La durata degli studi
era di 5 anni, e venivano ammessi soprattutto gli ex-sottufficiali. Nei program-
mi di questi istituti magistrali le scienze pedagogiche furono ridotte al minimo,
vi si introdussero invece altre materie, del tutto nuove, come le problematiche
razziali ed etniche, o la difesa civile. Il livello di queste scuole era talmente basso
da suscitare timori perfino di alcune organizzazioni interne del partito.

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38 Jan Piskurewicz
La riforma del sistema scolastico mirava soprattutto a centralizzare e unifica-
re i centri decisionali che influivano sul settore. Pertanto l’influenza della Chiesa
sulla scuola fu drasticamente ridotta. Le lezioni e le pratiche religiose, prima ob-
bligatorie, dal 1936 furono nettamente ridotte. Entro poco tempo la loro obbli-
gatorietà fu abolita. Nel 1939 furono liquidate le scuole elementari gestite da re-
ligiosi, e da molte scuole, specialmente da quelle che formavano i docenti, le le-
zioni di religione scomparvero del tutto.
Nel 1937 furono riformate le scuole elementari, medie e professionali. In
quelle elementari si procedette a modificare i programmi didattici privilegiando
la formazione di una visione del mondo basata sull’identità ariana della nazione,
sull’obbedienza incondizionata al capo dello Stato e al partito e, inoltre, sulla
volontà di sacrificarsi prontamente in difesa dell’onore della patria. Nell’ambito
della scuola media fu abolita la differenziazione degli istituti, stabilendo solo tre
tipologie: la oberschule – il tipo principale della scuola media della durata di 8
anni, il ginnasio classico e la aufbauschule di 6 anni destinata ai candidati all’in-
segnamento nelle scuole elementari. I programmi inclusero l’apprendimento
della scrittura gotica ed esclusero le opere di autori sospetti (Mann, Heine,
Hauptmann), l’educazione fisica fu integrata con la difesa civile, fu dato mag-
giore spazio all’insegnamento del canto. Il canone d’insegnamento si basava su
materie come la lingua tedesca, la storia, la geografia, la biologia. Si voleva che
l’alunno fosse introdotto alla cultura tedesca, stimolato nell’orgoglio e nell’egoi-
smo nazionale, reso avverso alle altre razze. Il processo di istruzione fu piena-
mente integrato con le finalità politiche del Terzo Reich. Il posto della scuola
nel sistema dei fattori influenti sui giovani era a questo punto radicalmente
cambiato. Nelle linee guida del 1939 si affermava, tra l’altro: “La scuola popola-
re, insieme ad altre parti del processo educativo, alle organizzazioni del partito e
dei servizi lavorativi e militari, ha il compito di educare la gioventù tedesca ai
bisogni della comunità e alla totale dedizione nell’adoperarsi per il capo e per la
nazione”2. Il contenuto di tutte le materie d’insegnamento fu assoggettato alle
necessità militari naziste, ed anche i libri e i sussidi didattici furono subordinati
a questo scopo. Come disse più tardi il comandante in capo americano, Gen.
Lucius Clay: “I libri scolastici erano talmente intrisi di ideologia nazista che per-
fino le operazioni matematiche più semplici avevano acquisito un volto militari-
sta. L’addizione e la sottrazione erano insegnate ai bambini tedeschi contando
non le mele o le pere, ma cannoni e granate”3. Non si attribuiva importanza alla
conoscenza in quanto tale, specialmente nella scuola di base. La scuola doveva
sviluppare nei giovani il vigore fisico e le qualità caratteriali adatte per assimilare
le idee naziste. Il sistema scolastico doveva formare non tanto la mente quanto
2 K. I. FLESSAU, Schule und Diktatur. Frankfurt, a. Main 1979, pp. 22-23. Cit. da Lu-
cia BORODZIEJ, Przebudowa szkolnictwa w Berlinie po II wojnie ´swiatowej [La riforma sco-
lastica a Berlino dopo la seconda guerra mondiale], in “Rozprawy z Dziejów Os´wiaty”,
vol. XXIX, 1986, p. 173.
3 Lucius C. CLAY, Die Entscheidung in Deutschland. Frankfurt, a. Main 1950, p. 333.

4.9 Page 39

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Le ideologie, l’educazione e l’istruzione scolastica nell’Europa della prima metà del XX secolo 39
gli istinti e i sentimenti, giacché è molto più facile fare appello agli istinti che
convincere con la forza delle argomentazioni razionali. Anche la scuola profes-
sionale fu completamente ideologizzata.
Conformemente alle convinzioni dei nazionalsocialisti per i quali il ruolo
della donna si riduceva a quello di moglie e madre, si pose fine all’istruzione
unificata per ragazze e ragazzi. Fu abolita la scuola mista, tuttalpiù le ragazze,
in via del tutto eccezionale potevano essere ammesse alle ultime tre classi delle
scuole medie superiori maschili. Nelle oberschule e aufbauschule femminili i
programmi didattici erano snelliti rispetto agli istituti maschili. Il tempo era
dedicato in prevalenza alle materie di economia domestica, igiene e cura dei
bambini.
Al primo congresso dei professori delle scuole superiori, nel 1933, si affermò
che le scuole superiori tedesche dovevano attingere il loro spirito e la loro strut-
tura organizzativa dalle basi nazional-politiche. Per quanto atteneva alla ricerca
scientifica, all’educazione e all’insegnamento, esse dovevano operare per il bene
del popolo, della nazione e dello Stato. Nella nuova università l’educazione poli-
tica doveva essere prioritaria. Nel 1934 l’autonomia degli atenei fu abolita. Vi fu
introdotto il sistema imperniato intorno ad un capo. Il capo doveva essere il ret-
tore nominato dal ministero e indipendente nel decidere dal senato che poteva
soltanto consigliarlo. L’accesso dei giovani agli studi fu ridotto introducendo
una selezione basata sull’estrazione sociale e sui fattori politici. Per completare
gli studi era necessario il cosiddetto passaporto del lavoro che attestava la fami-
liarità con il lavoro manuale e il possesso del “vigore fisico”. Alle ragazze fu riser-
vato appena il 15% dei posti disponibili.
Il sistema educativo nazista non era fondato su alcuna teoria pedagogica; era
dettato dalla lotta politica. Nacque all’interno di organizzazioni combattenti,
nella lotta per i nuovi valori del carattere, scaturendo dalla fede nella missione
della nazione tedesca e del suo capo. L’educazione fisica e l’ideologia del partito
erano il suo punto di partenza. Secondo questa ideologia, la scuola non doveva
sviluppare in modo unilaterale la mente, bensì – prendendo l’esempio dall’eser-
cito – stimolare i sentimenti, l’entusiasmo, la volontà. Nella formazione intellet-
tuale, da asse portante dell’insegnamento facevano la lingua e la storia tedesca
che, accanto alla geografia, alla biologia e all’educazione artistica e musicale, co-
stituivano un gruppo di materie principali, comune alle scuole di ogni tipo e
grado.
Una situazione molto particolare si era venuta a creare in Spagna che, dopo
il primo conflitto mondiale, visse una profonda crisi politica ed economica. An-
che il settore dell’istruzione era al collasso. Il numero di analfabeti sfiorava il
50% della popolazione. Il grado dello sviluppo delle città e delle campagne era
notevolmente differenziato. L’organizzazione delle scuole medie e medie supe-
riori, ad eccezione di quelle gesuite, era disomogenea. Il livello scientifico degli
istituti di istruzione superiore era basso, pertanto erano preferiti i diplomi di
atenei stranieri. Dopo l’abolizione della monarchia e la presa del potere da parte
dei comunisti, negli anni Trenta in Spagna fu instaurato un regime del terrore,

4.10 Page 40

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40 Jan Piskurewicz
diretto, tra l’altro, contro la Chiesa. In tutto il Paese fu introdotto il divieto del-
l’insegnamento della religione, e il clero fu sottoposto a controlli rigidissimi,
persino allo sterminio. Il governo comunista della Repubblica di Spagna proget-
tava di riorganizzare l’intero sistema dell’istruzione scolastica. Si istituivano so-
prattutto le scuole elementari. La conoscenza e la cultura venivano promosse e
diffuse mediante l’istituzione di una rete di biblioteche, dei cinematografi e dei
grammofoni. Si cercò di riformare l’organizzazione delle scuole medie e superio-
ri, affiancate da case dello studente. Tuttavia, lo scoppio della guerra civile, con
l’intervento vittorioso del generale Francisco Franco contro i comunisti, non fa-
vorì questi tentativi di riformare la scuola spagnola.
Prima della seconda guerra mondiale, la Chiesa cattolica si era più volte
espressa criticamente verso l’ideologia fascista e verso i tentativi di metterla in
pratica. Nel maggio del 1931 papa Pio XI condannò la politica fascista nel cam-
po dell’educazione. Più tardi, nell’enciclica Sulla situazione della Chiesa cattolica
nel Reich Tedesco del 14 marzo 1937 metteva in guardia dal nazismo, e l’11 lu-
glio dello stesso anno anche dal razzismo.
Oltre a quelle forme di governi totalitari quali furono il comunismo e il fa-
scismo nelle versioni italiana e tedesca, nell’Europa tra le due guerre vi furono
altri governi autoritari e dittatoriali che intervenivano nel campo dell’educazio-
ne e dell’istruzione della giovane generazione. In tempi e modi diversi, questa
situazione si verificò in Bulgaria, Spagna, Turchia, Albania, Portogallo, Jugosla-
via, Ungheria, Lituania, Lettonia, Polonia, Romania, Austria, Estonia e Grecia.
Nei paesi che introducevano l’educazione autoritaria, il sistema era originato dai
nazionalismi e dall’ideologia statalista.
La seconda guerra mondiale portò ad una profonda divisione politica del-
l’Europa in due distinti blocchi che si combattevano reciprocamente. Diversi
furono anche gli sviluppi dell’educazione e dell’istruzione scolastica nei due
blocchi. Nell’Unione Sovietica e nei paesi comunisti posti sotto il suo dominio
si verificò una radicale ideologizzazione dell’educazione e la scuola fu ristruttu-
rata secondo i modelli sovietici. Nei paesi occidentali l’accento fu posto sulle sfi-
de di civilizzazione e nazionali, attinenti al colossale sviluppo delle scienze, della
tecnica e dell’economia. Questi fattori incisero in modo determinante sulle ri-
forme della scuola, allargando allo stesso tempo l’enorme divario che separava i
sistemi educativi e scolastici dell’oriente e dell’occidente dell’Europa, per quanto
bisogna riconoscere che, col tempo, nell’Europa orientale si cominciò a prestare
sempre maggiore attenzione ai fattori di civilizzazione e nazionali.
Vale la pena di accennare anche alle similitudini nello sviluppo dei sistemi
educativi dei due blocchi. Sicuramente tra queste si deve annoverare l’accesso alla
scuola esteso a tutti, caratteristico delle politiche sociali sia ad Est che ad Ovest.
La crescita demografica e il conseguente afflusso delle masse dei bambini e dei
giovani nelle scuole influì poi sul notevole sviluppo dell’infrastruttura scolastica e
sul predominio delle scuole statali, specialmente nei paesi del blocco orientale.
Dei tre sistemi ideologici totalitari che nel periodo prebellico avevano inciso
sull’educazione e sulla scuola, soltanto quello comunista era sopravvissuto al ter-

5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

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Le ideologie, l’educazione e l’istruzione scolastica nell’Europa della prima metà del XX secolo 41
mine della guerra. La scuola comunista del periodo postbellico dedica molto
spazio all’educazione idealpolitica. Tutto ciò che accade nell’educazione e nella
scuola sovietica serve da modello per le altre. Vengono attuate notevoli modifi-
che dell’insegnamento delle materie particolarmente significative nella forma-
zione della visione del mondo. Ovviamente, l’insegnamento della religione vie-
ne completamente eliminato laddove questo era ancora in vigore (come, per
esempio, in Polonia). Vi è una svolta in direzione dell’educazione materialista e
atea. Partecipano a questo indottrinamento politico ed ideologico le organizza-
zioni giovanili create sul modello di quelle operanti nell’Unione Sovietica.
In quel periodo, in Unione Sovietica sulle attività educative della scuola, so-
prattutto di quella media e media superiore, decide il programma del partito co-
munista. Esso si concentra sulla necessità di innalzare il livello della “coscienza
comunista” della gioventù, sull’educazione dei giovani nello spirito del “codice
morale dei costruttori del comunismo”, sul contrasto da opporre ad ogni “su-
perstizione” religiosa e borghese. Il compito centrale del lavoro educativo degli
insegnanti sovietici consiste nella formazione nei giovani di profonde convinzio-
ni comuniste e nella preparazione dei ragazzi e delle ragazze non solo al lavoro
produttivo sociale, ma anche alla lotta “per l’attuazione nella vita pratica degli
ideali comunisti”.
Le organizzazioni giovanili, centralizzate e di massa, operavano nell’URSS
sotto il costante controllo del partito comunista. L’organizzazione dei pionieri
annoverava tra i suoi iscritti tutti i bambini dalla prima all’ottava classe (fino ai
15 anni). La sua attività era integrata con il programma educativo della scuola.
Influenzava anche la vita dei giovani fuori dalla scuola, organizzava gite, occupa-
zioni comuni, iniziative sportive, tutela della natura, le attività dei club e delle
sedi dei pionieri. L’organizzazione era strutturata in sezioni, squadre e comandi.
Il Komsomol (istituito nel 1918), a sua volta, raggruppava i giovani dai 15 ai 28
anni: alunni, studenti e lavoratori, nonché gli insegnanti. Nelle scuole l’organiz-
zazione reclutava gli alunni dall’ottava fino alla decima classe. Quando il nume-
ro dei suoi membri in una data scuola superava l’80% del totale degli alunni, il
comitato del Komsomol assumeva su di sé il ruolo di organo di autogoverno
della scuola.
Prima della seconda guerra mondiale il principale compito degli Stati era
quello di estendere l’istruzione elementare a tutti. Nel periodo postbellico il de-
nominatore comune delle riforme era l’estensione a tutti dell’istruzione media.
La via per ottenere tale scopo passava attraverso un graduale allungamento del-
l’obbligo scolastico e la riforma della scuola media su modello americano. Il pri-
mo paese europeo la cui scuola è stata riformata con la finalità di estendere l’ob-
bligo scolastico alle scuole medie è stata l’Inghilterra che, insieme al Galles, isti-
tuì un processo dell’istruzione unico. La legge Education Act del 1944 allungava
l’obbligo scolastico di due anni (portandolo a 10 anni, ovvero fino all’età di 16
anni), creando le basi giuridiche per un sistema scolastico di livello medio acces-
sibile a tutti. Dal 1947, in forza di questa legge, si è cominciato ad istituire
scuole medie uniche (comprehensive schools), in cui i licenziati della scuola di ba-

5.2 Page 42

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42 Jan Piskurewicz
se, senza la necessità di sostenere esami preliminari, continuavano gli studi al-
meno di media inferiore della durata di 2-3 anni. Indipendentemente dalla
scuola media unica, continuavano a funzionare le vecchie grammar schools, le
public schools, nonché le modern schools. La stragrande maggioranza degli alunni
frequentava le comprehensive schools, i cui programmi didattici univano l’inse-
gnamento generale (onnicomprensivo) con quello tecnico, fornendo ai giovani
le più ampie possibilità di scelta della professione.
Contrariamente al sistema scolastico inglese, quello francese era contraddi-
stinto da una maggiore centralizzazione e gerarchizzazione. La politica educativa
era condotta dal Ministero dell’Educazione Nazionale al quale erano subordina-
ti i rettori dei distretti scolastici, gli ispettori scolastici nei vari comuni e i presidi
delle scuole locali che rappresentavano il livello più basso dell’amministrazione
scolastica. La riforma del sistema dopo la seconda guerra mondiale era ispirata
al progetto della commissione governativa preparato negli anni 1944-47 da Paul
Langevin e Henri Wallon. Vi si premettevano la piena democratizzazione, omo-
geneità e gratuità delle scuole di tutti i gradi quale indispensabile base per diffe-
renziare le funzioni sociali e professionali del processo dell’istruzione a seconda
delle capacità, degli interessi e della preparazione dei giovani per, in seguito,
modernizzare l’istruzione e, infine, per diffondere e rendere universale la cono-
scenza della cultura generale in tutti i tipi di scuola.
Il progetto non è stato realizzato, tuttavia ha contribuito a sviluppare ulterio-
ri lavori per la riforma. La prima riforma della scuola del periodo postbellico è
stata realizzata in Francia soltanto nel 1959. L’obbligo scolastico è stato esteso
da 8 a 10 anni e il sistema ha ricevuto una nuova strutturazione, con una scuola
elementare di 5 anni e due cicli di istruzione media: inferiore e superiore. Oltre
alle scuole statali funzionavano anche le scuole private, nella maggior parte di
carattere confessionale (il 95% delle quali cattoliche). Queste scuole non usu-
fruivano dei finanziamenti statali dal 1905. Tuttavia, da quando le relazioni tra
lo Stato e la scuola privata sono state regolate nel 1948, i finanziamenti statali
per questo settore sono gradualmente cresciuti (prima con le borse di studio per
gli alunni, poi con il contributo pubblico e, infine, dal 1959, con le sovvenzioni
statali).
In Italia, la Costituzione del 1948 ha reso possibile la regolazione giuridica
del settore scolastico nel 1951, con norme che dopo 28 anni cambiavano la le-
gislazione in materia introdotta da Giovanni Gentile. Tuttavia, l’ordinamento
scolastico italiano ha ricevuto una sistemazione definitiva soltanto nel 1962. È
stato allora introdotto l’obbligo scolastico di 9 anni e una scuola unica, obbliga-
toria e gratuita che garantiva l’istruzione generale e che era suddivisa in scuola
elementare di 5 anni e scuola media inferiore triennale (scuola media unificata).
Oltre alle scuole statali funzionava un ampio settore di scuole private di caratte-
re confessionale (cattoliche). Erano talvolta sovvenzionate dallo Stato, per quan-
to dal punto di vista giuridico non godevano di uguali diritti.
Dopo la seconda guerra mondiale la Germania diventò il simbolo della divi-
sione dell’Europa con la creazione, nel 1949, sul territorio delle zone di occupa-

5.3 Page 43

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Le ideologie, l’educazione e l’istruzione scolastica nell’Europa della prima metà del XX secolo 43
zione americana, britannica e francese, della Repubblica Federale della Germa-
nia, mentre la zona occupata dai sovietici veniva trasformata nella Repubblica
Democratica Tedesca. Dodici anni di nazifascismo avevano prodotto un’intera
generazione di giovani ai quali la scuola, oltre ad avere inculcato determinate
opinioni politiche, aveva fornito un’istruzione selettiva, distaccata dal mondo
esterno, rendendoli impreparati a pensare autonomamente, usi a reagire in mo-
do emotivo invece che razionale. Questa era la situazione riscontrata dagli alleati
alla fine della guerra. Nell’elaborare le regole di comportamento verso la Germa-
nia postbellica, ci si rendeva conto che del sistema scolastico nazista nulla pote-
va essere salvato. L’unica via che lasciava una qualche possibilità di sviluppo era
quella che estirpava totalmente dalla scuola la “pedagogia” hitleriana. Ciò era
stato previsto sia nelle decisioni di Yalta, sia quelle di Potsdam. In seguito, l’op-
posizione dei rispettivi regimi politici degli stati tedeschi ha portato alla totale
diversità dei relativi sistemi scolastici. Laddove la costituzione della Repubblica
Federale garantiva la vigilanza dello Stato sulla scuola, il diritto di istituire scuo-
le private e il diritto di scelta dell’insegnamento della religione, la costituzione
della Repubblica Democratica, invece, concepiva le sole scuole statali, rigorosa-
mente ateizzate, e poneva loro l’obbligo di educare “uomini preparati ad assog-
gettarsi alla vita sociale” ovvero al partito comunista e allo Stato totalitario.
Nella Repubblica Federale della Germania, ancora prima della sua proclama-
zione, come nei primi anni della sua esistenza, l’attività della scuola si riallaccia-
va al sistema scolastico della Repubblica di Weimar (1919-1933). Allo stesso
tempo fu costituita la Commissione Tedesca per l’Istruzione e l’Educazione, che
lavorò sulla riforma del sistema scolastico. Nel 1959 la Commissione pubblicò il
progetto della riforma in cui si pronunciava a favore del mantenimento del si-
stema della scuola media suddiviso in tre parti: il ginnasio – l’unica scuola me-
dia piena, le scuole reali (Realschule) e le cosiddette scuole principali (Haupt-
schule), ovvero le scuole popolari di secondo grado.
In Spagna, soltanto negli anni Settanta, dopo la morte del generale Franco,
si era giunti alla svolta democratica che poté riflettersi anche nella scuola. Il mo-
dello centralizzato dell’educazione, basato sui valori cattolico-patriottici, fu gra-
dualmente decentralizzato e trasformato. Le regioni autonome acquisirono un
ruolo sempre maggiore nello sviluppo del settore. Fu posto un forte accento sul-
l’aspetto multiculturale dell’educazione. Ancora prima, nel 1970, fu introdotta
l’universalità dell’educazione, intesa come uguaglianza delle opportunità dell’i-
struzione per tutti, e il compito di gestire la scuola fu assegnato allo Stato (pri-
ma, in Spagna predominavano scuole private gestite da religiosi e organizzazioni
cattoliche, sostenute da sovvenzioni statali). Tuttavia, le scuole private hanno
continuato a prevalere su quelle statali.
Negli altri paesi democratici dell’Europa l’educazione e la scuola dipendeva-
no da diversi fattori di natura politica, economica e sociale. Tra l’altro, nel 1962
furono varate nuove leggi in materia in due paesi, Svezia e Austria, che con mo-
dalità diverse realizzavano il principio dell’accesso universale all’istruzione post-
elementare e l’idea di una scuola unica (unificata).

5.4 Page 44

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44 Jan Piskurewicz
Lo sviluppo di riforme scolastiche efficaci nel periodo della rivoluzione tec-
nico-scientifica richiedeva anche una razionale pianificazione dell’educazione
scolastica che, dopo la seconda guerra mondiale, è diventata parte integrante dei
piani di sviluppo pluriennali dei paesi europei. Si capisce che la pianificazione
dell’educazione ha acquisito notevole importanza. In questo ambito, nei paesi
amministrati centralmente la situazione si è evoluta in modo diverso rispetto ai
paesi con un’amministrazione decentrata.
Anche l’esistenza delle scuole private costituiva un problema. Nella situazio-
ne socioeconomica dell’epoca queste scuole offrivano ai giovani meno abbienti,
di estrazione operaia e contadina, minori chances e possibilità di istruirsi, e que-
sto portava a delle ripercussioni sociali. D’altronde, l’esistenza delle scuole non
statali permetteva ai genitori di educare i figli nell’ideologia di propria scelta, e
questo aveva una particolare importanza nei paesi in cui, come in Francia, vige-
va la separazione fra Stato e Chiesa.
La Chiesa faceva sentire la propria voce riguardo all’educazione soprattutto
con le encicliche papali. Nell’enciclica Rerum novarum, ispirando gli ambienti
cattolici laici ad attivarsi a favore del superamento e dell’appianamento dei con-
flitti sociali, papa Leone XIII li incitava allo stesso tempo a costruire un proprio
sistema scolastico cattolico in risposta alla crescente secolarizzazione della scuola
pubblica, tradottasi nella riduzione dell’insegnamento della religione, nella ri-
mozione dei religiosi insegnanti e dei simboli religiosi dalla scuola. Su ispirazio-
ne di Leone XIII nelle università ritornò il tomismo rinnovato che univa la reli-
gione cattolica con la filosofia classica. In conseguenza di ciò crebbe l’autorevo-
lezza del magistero ecclesiastico.
A sua volta, papa Benedetto XV definì i principi di funzionamento del siste-
ma scolastico cattolico aggiornando anche la dottrina cattolica dell’educazione.
Nel Codice di diritto canonico del 1917 e nella lettera apostolica Communes litte-
ras del 1919 presentò le norme che deve osservare l’educazione religiosa e l’istru-
zione dei bambini, i diritti fondamentali e i doveri della Chiesa e della famiglia
all’interno dell’opera educativa, sottolineò l’importanza della catechesi nelle
scuole elementari e il diritto della Chiesa a fondare scuole proprie di ogni ordi-
ne e grado.
Il documento base per la missione educatrice della Chiesa prima della secon-
da guerra mondiale era l’enciclica Divini illius Magistri, pubblicata nel 1929 da
Pio XI. Il diritto della Chiesa ad educare era in essa ispirato all’ordine dato da
Cristo agli Apostoli con le seguenti parole: “Andate dunque e ammaestrate tutte
le nazioni”. Anche i genitori, secondo il Papa, hanno il diritto, inviolabile anche
se non assoluto, di educare i propri figli. Ed anche lo Stato dovrebbe educare e
istruire, per il bene comune dei cittadini. Con un’adeguata separazione degli
ambiti dell’educazione e dell’istruzione è possibile una collaborazione priva di
conflitti tra i tre attori: la Chiesa, la famiglia e lo Stato. Il Papa respingeva il na-
turalismo pedagogico e il laicismo nell’educazione. Nel laicismo vedeva l’attac-
camento dell’uomo alle cose terrene, che poteva portarlo alla perdizione, all’es-
sere privato dell’aiuto sovrannaturale e dei fini che oltrepassavano la sua esisten-

5.5 Page 45

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Le ideologie, l’educazione e l’istruzione scolastica nell’Europa della prima metà del XX secolo 45
za terrena. Altri documenti ecclesiastici ufficiali del periodo affermavano che il
magistero della Chiesa è infallibile sia nelle questioni delle verità rivelate, sia in
quelle della moralità. Il dovere di insegnare concede alla Chiesa non solo il dirit-
to di fondare e gestire scuole, ma anche quello di valutare la conformità dell’in-
segnamento alle verità della fede.
Nel periodo tra le due guerre la Chiesa continuò gli sforzi per lo sviluppo
della scuola cattolica. Pio XI riteneva perfino che i figli di cattolici dovessero
frequentare esclusivamente scuole cattoliche, il che sarebbe stato comunque im-
possibile in molti paesi. I concordati garantivano l’obbligo di insegnamento del-
la religione nelle scuole elementari e medie pubbliche. Erano queste le norme
dei concordati firmati dalla Santa Sede con la Polonia (1925), la Lituania
(1927), l’Italia (1929) e la Germania (1933). Con l’aumento del numero delle
scuole e delle università cattoliche cresceva anche il numero dei centri di assi-
stenza ed educazione gestiti dalla Caritas.
Anche nel periodo postbellico la Chiesa si è più volte espressa in materia di
educazione ed istruzione delle giovani generazioni. In Europa, soprattutto in
Francia, nasceva il movimento di rinnovamento della catechesi. La Chiesa pren-
deva in considerazione le nuove tendenze delle scienze pedagogiche. Pio XII af-
fermava, tra l’altro, che un’educazione corretta doveva gradualmente ridurre
l’influenza dell’educatore privilegiando l’autonomia dell’educando. Anche papa
Giovanni XXIII sottolineava la necessità di una collaborazione tra l’educando e
l’educatore, e l’opportunità di stimolare nei giovani una maggiore propensione
ad attivarsi. Si era fatto ricorso alle scienze pedagogiche anche nei lavori del
Concilio Vaticano Secondo. Nella Dichiarazione sull’educazione cristiana Gra-
vissimum educationis” del 1965 è stato scritto che tutti gli uomini hanno il dirit-
to inalienabile ad una educazione che risponda alla loro vocazione propria e alla
differenza di sesso, alla cultura e alle tradizioni del loro paese, e che deve pro-
muovere la formazione della persona umana sia in vista del suo fine ultimo, sia
per il bene dei vari gruppi di cui l’uomo è membro ed in cui, divenuto adulto,
avrà mansioni da svolgere. L’educazione deve iniziare il cristiano al mistero della
salvezza, guidarlo al raggiungimento della perfezione, all’approfondimento della
propria vocazione, all’assunzione della responsabilità per la Chiesa, affinché pro-
muova l’elevazione in senso cristiano del mondo. I genitori sono riconosciuti
quali primi e principali educatori, perciò la famiglia deve poter contare sull’aiu-
to e sul sostegno di tutta la società. La Dichiarazione dedicava molto spazio an-
che ai diversi tipi e gradi della scuola cattolica, incluse le università e le facoltà
teologiche.
Riassumendo, è possibile affermare che i condizionamenti ideologici dell’e-
ducazione e dell’istruzione, sempre presenti in questi campi, hanno avuto un
ruolo particolare nel periodo antecedente la seconda guerra mondiale con l’af-
fermazione delle ideologie totalitarie come comunismo e fascismo, i quali han-
no inciso non solo in URSS, in Italia o in Germania ma, indirettamente, anche
negli altri paesi a regime autoritario che promuovevano nelle proprie politiche
scolastiche ed educative le ideologie del nazionalismo e dello statalismo.

5.6 Page 46

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46 Jan Piskurewicz
La seconda guerra mondiale ha lasciato in campo soltanto il comunismo
che, superando i confini dell’Unione Sovietica, estese ai paesi ad essa soggiogati
l’ideologia educativa dell’“uomo nuovo” ed una scuola intesa come il principale
strumento d’indottrinamento politico.
Nei paesi occidentali, conformemente ai postulati della democrazia, si proce-
dette ad unificare la scuola e a renderla fruibile da tutti, soprattutto a livello di
istruzione media. Risalta qui una chiara rivalità tra i due sistemi politici dell’Eu-
ropa, divisa anche nel campo dell’educazione e dell’istruzione. Un certo ruolo
giocano anche le nuove concezioni e tendenze pedagogiche, adottate con risul-
tati diversi sia ad Est che all’Ovest dell’Europa.
Vale la pena aggiungere che per le società europee sia prima che dopo la se-
conda guerra mondiale sono importanti e significativi i pronunciamenti e l’atti-
vità della Chiesa cattolica, la quale difende il tradizionale ruolo che la famiglia
ha nell’educazione e mette in guardia contro il pericolo dell’ideologizzazione e
dell’uso strumentale dell’educazione e dell’istruzione delle nuove generazioni.
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5.8 Page 48

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5.9 Page 49

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I SALESIANI IN EUROPA (1875-1962).
SVILUPPO, CONDIZIONAMENTI E STRATEGIE
Morand Wirth*
Nel 1875 era giunto il momento in cui la Società salesiana, definitivamente
approvata dalla Santa Sede l’anno precedente, forte di circa duecentocinquanta
membri e circondata da una fama crescente, si accinse ad estendere il suo campo
d’azione, non solo in Italia, ma anche in alcuni paesi d’Europa. Durante gli ulti-
mi tredici anni della sua vita, don Bosco si vide sollecitato da ogni parte, senza
che gli fosse possibile soddisfare richieste così numerose. Per molti cattolici era
chiaro che la sua opera rispondeva alle necessità del tempo ed il favore di cui
erano circondati generalmente i Salesiani n’era per lui una commovente testi-
monianza. Sotto i suoi successori, dal 1875 al 1962, lo sviluppo numerico dei
salesiani e delle opere fu continuo. Non mancarono però i momenti di arresto,
dovuti a condizionamenti di vari tipi, che essi cercarono di superare con strate-
gie adatte.
I. GLI INIZI DELL’OPERA SALESIANA IN EUROPA AI TEMPI DI DON
BOSCO (1875-1888)
1. Fondazioni nell’Italia liberale (1875-1888)
L’espansione dell’opera salesiana fuori del Piemonte e già in tre paesi europei
comportava anche problemi nuovi. Nella stessa Italia unita dopo il 1870, la que-
stione era aperta: lavorare o no in un quadro politico dominato dai liberali. Saldo
nei suoi principi intransigenti, don Bosco non attaccava la politica del governo.
Anzi, nell’agosto 1876, accolse nel collegio di Lanzo il presidente del Consiglio
dei ministri e due ministri in occasione dell’inaugurazione della ferrovia Torino
Lanzo. E nel 1879, disse a proposito delle condizioni fatte dal governo al Papa e
alla religione: “Che vale rimpiangere tanto i mali? È meglio che ci adoperiamo
con tutte le nostre forze ad alleviarli”1. Ma il suo pensiero di fondo venne espres-
so forse con più chiarezza durante un suo intervento ufficiale nel 1883:
* Salesiano, docente presso la Pontificia Università Salesiana di Roma.
1 MB XIV 116.

5.10 Page 50

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50 Morand Wirth
“Bisogna che cerchiamo di conoscere e di adattarci ai nostri tempi, rispettare cioè
gli uomini, e quindi delle autorità, dove si può, parlar bene, e se non si può, tacere.
Se c’è qualche buona ragione, la si faccia valere in privato. E quello che si dice delle
autorità civili, si dica assai più delle autorità ecclesiastiche. Si cerchi di rispettarla e
di farla rispettare; anche con sacrificio la si sostenga. Questi sacrifici saranno col
tempo e con la pazienza ricompensati da Dio”2.
Dal 1875 al 1888, il numero delle nuove fondazioni in Italia cresceva con
una media di due all’anno3. Alcune, però, ebbero un’esistenza piuttosto breve.
In un primo tempo, l’opera salesiana si sviluppò in Liguria, dove lo scopo
dei Salesiani era spesso quello di far fronte ai Valdesi estremamente attivi nella
regione. Poi la Congregazione discese nella penisola. Don Bosco desiderava
una casa a Roma, ma, non potendo trovare ciò che faceva al caso suo nella ca-
pitale, accettò le proposte provenienti da tre località vicine, ma la loro presen-
za fu di breve durata: “pettegolezzi e maldicenze di sacrestia”, il fatto di essere
Piemontesi, contrasti con il clero locale li costrinsero dopo alcuni anni ad ab-
bandonare il posto. Negli anni 1878 e 1879, i Salesiani entrarono in Toscana,
nel Veneto, e si spinsero fino in Sicilia. In Piemonte, poi, si presentò l’oppor-
tunità di trasferire gli “ascritti” o novizi della Società salesiana, che si formava-
no fino allora nell’Oratorio di Valdocco, nell’antica abbazia di S. Benigno Ca-
navese.
Altre realizzazioni parlano dell’intensa attività del Fondatore in Italia, fino al-
la sua morte nel 1888: un grande oratorio a Catania, con scuole serali e chiesa
pubblica, un orfanotrofio a Trento, città che faceva ancora parte dell’impero au-
stro ungarico, e un collegio a Parma. Nel 1886, i novizi chierici furono trasferiti
da San Benigno Canavese in una nuova casa, nel paese vicino di Foglizzo. L’an-
no successivo, il collegio di Valsalice fu trasformato in studentato filosofico dei
chierici.
A quest’elenco di fondazioni italiane, mancano soltanto due realizzazioni
molto significative. Dal 1878 al 1882, don Bosco costruì a Torino un’altra chie-
sa, dedicata a S. Giovanni Evangelista in omaggio a Pio IX. L’ospizio per la gio-
ventù, destinato inizialmente ad affiancarla, servì invece ad ospitare le vocazioni
adulte. L’altra fondazione fu la prima opera salesiana in Roma. Dopo vari tenta-
tivi falliti per insediarsi nella città del papa, un semplice pied à terre a Roma fu
trovato nel 1877 a Tor de’ Specchi. Finalmente nel 1880, don Bosco accettò la
proposta tanto onorifica quanto gravosa di Leone XIII di portar a termine la co-
2 Vedi l’intervento di don Bosco durante il terzo Capitolo generale (1883), in MB
XVI 416.
3 Vedi in Annali I, specialmente i capitoli XXV (Fondazioni italiane nel triennio 1875-
1877), XXIX (Nuove fondazioni italiane nel biennio 1878-1879), XXXV (Chiesa del Sa-
cro Cuore di Gesù a Roma: l’incarico), XXXVI (Nuovi collegi nel triennio 1880-1882),
XXXVII (La chiesa di S. Giovanni Evangelista a Torino), XLV (Erezione della chiesa del
Sacro Cuore a Roma), XLVI (S. Giovanni Evangelista a Torino e Sacro Cuore di Gesù a
Roma), e LV (Le cinque ultime fondazioni fatte da don Bosco in Italia).

6 Pages 51-60

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6.1 Page 51

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I salesiani in Europa (1875-1962). Sviluppo, condizionamenti e strategie 51
struzione della basilica del S. Cuore4. Accanto alla basilica sorse per volontà sua
un ospizio, che avrà un notevole sviluppo come scuola professionale5.
2. Nell’Europa variegata (1875-1888)
In Francia, con la prima fondazione a Nizza nel 1875, i Salesiani si presenta-
rono in un momento di cambiamento al governo: la terza Repubblica si avviava
verso una politica avversa alle congregazioni religiose, soprattutto a quelle stra-
niere. La linea di difesa di don Bosco era questa: noi cerchiamo di rispettare le
leggi, non siamo una Congregazione, ma un’opera di beneficenza sociale. D’altra
parte, a Nizza, la città di Garibaldi diventata francese soltanto nel 1860, bisogna-
va stare attenti per non apparire a favore dei separatisti. A Marsiglia, era assoluta-
mente necessario poter presentare una “facciata” francese. In tutti i casi, don Bo-
sco spiegava che i Salesiani erano venuti in Francia per richiesta dei Francesi. La
loro attività era diretta verso i patronages, gli orfanotrofi, le scuole, in particolare
quelle di “arti e mestieri” e le “colonie agricole” (La Navarre), i convitti. Nel
1883, durante il suo storico viaggio in Francia fino a Parigi6, don Bosco dichiarò:
“Non ci sarà modo di fondare a Parigi un istituto come quelli di Nizza, di Marsi-
glia e di Torino? Io credo che una casa di questo genere sarebbe qui necessarissi-
ma e che bisogna aprirla”7. La fondazione fu fatta un anno dopo8.
In Spagna, la prima comunità iniziò nel 1881 il suo apostolato a Utrera, in
Andalusia, con una scuola e una parrocchia9. L’insediamento dei Salesiani fu age-
volato anche sul piano politico, dopo la restaurazione dei Borboni nel 1875. Sul
4 Cf Carmelina CONIGLIONE, Presenza salesiana nel quartiere romano di Castro Pretorio
(1880-1915), in RSS 4 (1984) 3-91.
5 Sull’ospizio del Sacro Cuore e i suoi ulteriori sviluppi, vedi Giorgio ROSSI, L’istruzio-
ne professionale in Roma capitale. Le scuole professionali dei Salesiani al Castro Pretorio
(1883-1930), in Francesco MOTTO (a cura di), Insediamenti e iniziative salesiane dopo don
Bosco. Saggi di storiografia. (= ISS – Studi, 9). Roma, LAS 1996, pp. 63-135 [= Piccola Bi-
blioteca dell’ISS 17].
6 Su questo viaggio, che ebbe vasta risonanza, vedi Francis DESRAMAUT, Essai de chro-
nologie critique du voyage de don Bosco en France en 1883, in “Cahiers salésiens” 3 (1980)
558; ID., Répertoire analytique des lettres françaises adressées à Don Bosco en 1883, in “Ca-
hiers salésiens” 8-9 (1983) 1-172; ID., Don Bosco, rue de la Ville l’Evêque, à Paris, en avril
1883, in RSS 12 (1988) 9-34.
7 Annali I 521.
8 Vedi Yves LE CARRÉRÈS, Don Bosco et les salésiens à Paris: de l’Oratoire Saint Pierre-
Saint Paul au patronage Saint-Pierre (1884-1945), in F. MOTTO (a cura di), L’Opera Sale-
siana dal 1880 al 1922. Significatività e portata sociale. Vol. II. Esperienze particolari in Eu-
ropa, Africa, Asia. (= ISS – Studi, 17). Roma, LAS 2001, pp. 239-256.
9 Vedi A. MARTÍN GONZÁLEZ, Los Salesianos de Utrera en España. Una institución al
servicio del pueblo. Aproximación a su historia secular (1881 – 16 de febrero 1981). Sevilla,
Inspectoría Salesiana 1981. Mons. Marcelo Spínola, allora vescovo ausiliare di Siviglia,
scrisse il primo libro su don Bosco in lingua spagnola: Don Bosco y su obra, por el Obispo
de Milo. Barcelona, Tipografía Católica 1884.

6.2 Page 52

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52 Morand Wirth
piano ecclesiale, il fatto di aver creato la prima scuola professionale della Chiesa in
Barcellona, costituì un fattore positivo per un futuro sviluppo10. Di un progetto
correva voce nella capitale Madrid: una commissione di ragguardevoli personaggi
pensava di affidare ai Salesiani una casa di “correzione” per giovani delinquenti.
Ma le trattative rimasero sospese per molti anni11. L’anno 1886 fu segnato da un
avvenimento degno di nota: lo storico viaggio di don Bosco a Barcellona12.
Nel 1887, don Bosco realizzò un altro suo desiderio inviando i Salesiani in
Inghilterra13. Una favorevole occasione si era presentata, quando la conferenza di
S. Vincenzo de’ Paoli di Londra decise di chiedere il suo concorso a favore della
gioventù povera e abbandonata del quartiere popolare di Battersea. In Inghilter-
ra, i Salesiani dovettero affrontare per la prima volta una società industriale e una
cultura europea diversa da quella mediterranea. Per questo le difficoltà iniziali fu-
rono più grandi di quelle incontrate in altri paesi. Inoltre per il mondo cattolico
italiano, l’Inghilterra della regina Vittoria rappresentava la più grande potenza
protestante del mondo, anche se con alcuni segni di risveglio cattolico.
3. Difesa del cattolicesimo ed elevazione culturale
È importante notare che spesso le fondazioni italiane, per esempio quelle
della Liguria e della regione romana, avevano come scopo di controbilanciare
con scuole cattoliche l’influsso dei protestanti. A Vallecrosia i Salesiani corrono
all’invito del vescovo, che li supplicava di venire ad opporsi agli intrighi degli
“eretici”. Stessa prontezza a La Spezia, dove è necessario opporre una diga ai
flutti dei protestanti. Nelle rivalità che nel secolo diciannovesimo opponevano
le confessioni cristiane le une alle altre, i figli di don Bosco non erano i meno
ardenti. Si noti tuttavia che a Londra Battersea, essi accoglievano nella loro
scuola ragazzi sia cattolici che protestanti.
Il tipo di opere create dai Salesiani era ormai diventato classico. Si trattava
spesso di scuole, sia elementari che secondarie o professionali, e queste scuole
assumevano generalmente la forma dell’internato. D’altra parte, si constata che i
Salesiani si occupavano anche di alcune parrocchie. Soprattutto, a cominciare
dal 1875, si nota una svolta a favore dell’oratorio. Fino a quella data, gli oratori
erano soltanto due: quello di Torino e quello di Sampierdarena. Dopo si molti-
plicheranno, senza giungere tuttavia a mettere in pericolo una specie di primato
10 Sull’opera salesiana a Barcellona, vedi Ramón ALBERDI, Una ciudad para un santo.
Los orígenes de la Obra salesiana en Barcelona. Barcelona, Ed. Tibidabo 1966.
11 Vedi Francisco RODRÍGUEZ DE CORO, Los salesianos en Madrid. Orígenes, in F. MOTTO
(a cura di), L’Opera Salesiana dal 1880 al 1922…, vol. II, pp. 163-186.
12 Vedi R. ALBERDI, Don Bosco en Barcelona. Itinerario. En el centenario de su visita
(1886-1986). Presentación de Carlos M.ª Zamora. Barcelona, Edebé 1986.
13 Sulle origini e il primo sviluppo dell’opera salesiana in Inghilterra vedi William John
DICKSON, The Dynamics of Growth. The Foundation and Development of the Salesians in
England (= ISS – Studi, 8). Roma, LAS 1991.

6.3 Page 53

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I salesiani in Europa (1875-1962). Sviluppo, condizionamenti e strategie 53
effettivo conquistato dagli internati. In Francia, i patronages di Nizza, di Marsi-
glia e di Parigi, conobbero un ragguardevole sviluppo.
Se osserviamo le creazioni salesiane nel loro insieme, appare chiaro che i reli-
giosi erano inviati da don Bosco perché si prendessero cura della gioventù popola-
re o più bisognosa (ma non ancora necessariamente dei delinquenti). Gli orfano-
trofi, gli oratori aperti a tutti, i laboratori, e le scuole di arti e mestieri, come quel-
le che i Salesiani creavano a Nizza, a Marsiglia e a Barcellona, sembravano partico-
larmente in grado di rispondere alle necessità di quella gioventù. D’altra parte,
mentre creava scuole, don Bosco non poteva fare a meno di pensare alle vocazioni
ecclesiastiche e ai futuri collaboratori. Per questo, accanto alle sezioni professionali
non tardarono a svilupparsi sezioni di scuola secondaria, destinate ad assicurare il
reclutamento, che l’espansione in atto nella Congregazione richiedeva.
II. PRIMA ESPANSIONE DELL’OPERA SALESIANA IN EUROPA SOTTO
DON RUA (1888-1910)
Verso la fine del secolo XIX e all’inizio del XX il clima politico e sociale stava
cambiando in molti paesi d’Europa. Il fenomeno dell’industrializzazione acuiva dap-
pertutto il problema sociale o problema operaio. Le diverse dottrine socialiste, spesso
avverse al fattore religioso, proponevano soluzioni radicali o utopistiche. Nel 1891
Leone XIII pubblicava l’enciclica Rerum novarum, che ebbe subito una vasta riso-
nanza nel mondo cattolico e spinse anche i Salesiani ad intensificare la loro azione14.
Fin dai primi anni del rettorato di don Rua, si dovette ammettere, infatti,
che la giovane Congregazione andava col vento in poppa. Mentre era in vita, la
personalità del Fondatore aveva affascinato cattolici e uomini di ogni classe. Alla
sua morte, la stampa aveva ancora ingrandito l’eco delle sue realizzazioni sociali.
Gli avversari rendevano testimonianza a modo loro della vitalità dei figli di don
Bosco, i quali, secondo il relatore di una commissione del Senato francese, for-
mavano “un aggregato di creazione recente, ma che oggi s’irradia sul mondo in-
tero”15. Le richieste di fondazioni arrivavano così numerose che, secondo don
Ceria, appena la centesima parte di esse poterono essere soddisfatte16.
14 Vedi Pietro STELLA, I Salesiani e il movimento cattolico in Italia fino alla prima guerra
mondiale, in RSS 3 (1983) 223-251; José Manuel PRELLEZO, La risposta salesiana alla “Rerum
novarum”. Approccio a documenti e iniziative (1891-1910), in Antonio MARTINELLI – Giovan-
ni CHERUBIN (a cura di), Educazione alla fede e dottrina sociale della Chiesa. Atti XV Settimana
di spiritualità per la Famiglia salesiana. Roma, Editrice SDB 1992, pp. 39-91; Morand
WIRTH, Orientamenti e strategie di impegno sociale dei Salesiani di don Bosco (1880-1922), in F.
MOTTO (a cura di), L’Opera Salesiana dal 1880 al 1922. Significatività e portata sociale. vol. I.
Contesti, quadri generali, interpretazioni. (= ISS – Studi, 16). Roma, LAS 2001, pp. 73-105.
15 Relazione per una commissione del Senato francese, citata in Annali III 135.
16 Vedi per l’Italia meridionale: Francesco CASELLA, Il Mezzogiorno d’Italia e le istitu-
zioni educative salesiane. Richieste di fondazioni (1879-1922). Fonti per lo studio (= ISS –
Studi, 15). Roma, LAS 2000.

6.4 Page 54

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54 Morand Wirth
1. I Salesiani in nuovi paesi d’Europa
La Svizzera, in primo luogo. Dopo alcuni tentativi falliti, anche per motivo
di cambio di governo, i salesiani si stabilirono finalmente a Maroggia. Nella vi-
cina città di Lugano, iniziarono con un oratorio. Nella Svizzera tedesca, sarà lo-
ro affidata una scuola professionale e agricola a Muri17. La loro presenza accanto
agli operai italiani, a Briga e a Zurigo, fu molto apprezzata, non solo dai cattoli-
ci, ma anche dai socialisti del tempo18.
Due anni dopo la Svizzera, una prima schiera di Salesiani giunse in Belgio, a
Liegi19. La prima fondazione in Belgio venne decisa mentre era in vita il Fonda-
tore, ma divenne effettiva soltanto tre anni dopo la sua morte. Nel 1895, una
seconda opera, destinata anch’essa ad un grande sviluppo, fu insediata a
Tournai20. Veniva poi aperta una casa di noviziato nel villaggio di Hechtel, nelle
Fiandre21. L’ispettoria, creata nel 1902, doveva essere una delle prime ad avere
un istituto teologico, aperto nel 1904 a Groot Bijgaarden.
Nel 1894, don Rinaldi, ispettore di Spagna, rendeva conto in questi termini
di un viaggio esplorativo in Portogallo: “In Portogallo, senza cercarle trovai sei
case che vogliono essere salesiane”22. Quello stesso anno, alcuni Salesiani si di-
ressero verso Braga, dov’era stata loro offerta la direzione di un orfanotrofio. Nel
1896 fecero la loro entrata nella capitale Lisbona, dove assunsero la direzione di
una scuola di arti e mestieri23. La loro opera si estese anche ben presto ai territo-
17 La fondazione durerà soltanto sette anni. Vedi Franz SCHMID, Die “Don Bosco-Anstalt
zum hl. Joseph” in Muri (1897-1904), in RSS 33 (1998) 269-334. Su E. Méderlet, primo di-
rettore e futuro arcivescovo di Madras, vedi Norbert WOLFF, Entre la France et l’Allemagne,
l’Italie et la Belgique, la Suisse et l’Inde. Notes sur la vie d’Eugène Méderlet (1867-1934), in RSS
37 (2000) 345-369.
18 Vedi Luciano TRINCIA, Per la fede, per la patria. I salesiani e l’emigrazione italiana in
Svizzera fino alla prima guerra mondiale (= ISS – Studi, 19). Roma, LAS 2002.
19 Sui primi passi dei Salesiani nel Belgio, vedi Albert DRUART, Les origines des œuvres
salésiennes en Belgique, in “Salesianum” 38 (1976) 653-684; Le recrutement salésien en Bel-
gique (1891-1914), in RSS 5 (1984) 243-273; Henri DELACROIX, Les cinq étapes de l’im-
plantation des salésiens en Belgique, in RSS 11 (1987) 191-243; Freddy STAELENS, I Sale-
siani di don Bosco e le lotte sociopolitiche in Belgio in un’epoca di transizione (1891-1918), in
RSS 29 (1996) 217-271; Françoise FONCK – G. NEY, De l’orphelinat Saint-Jean Berch-
mans au centre scolaire Don Bosco. Cent ans de présence salésienne à Liège (1891-1991). Liè-
ge, Institut Don Bosco 1992.
20 Vedi Freddy STAELENS, Fondazione e contesto socio-ecclesiale della casa salesiana di
Tournai (Belgio), in F. MOTTO (a cura di), L’Opera Salesiana dal 1880 al 1922…, vol. II,
pp. 215-238.
21 Fu la prima casa nelle Fiandre. Cf Freddy STAELENS, Don Bosco 100 jaar in Vlaanderen
1896-1996. Een eewig jong leven. Brussel, Don Bosco – Centrale 1996.
22 Sugli inizi dell’opera salesiana in Portogallo, vedi Amador ANJOS, Centenário da obra
salesiana em Portugal 1894-1994. Lisboa, Província Portuguesa da Sociedade Salesiana 1995;
ID., I Salesiani a Braga. Il collegio di S. Gaetano (1894-1911), in RSS 26 (1996) 175-207.
23 Cf Amador ANJOS, Oficinas de S. José. Os Salesianos em Lisboa. Lisboa, Edição Colégio
Salesiano Oficinas de S. José 1999.

6.5 Page 55

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I salesiani in Europa (1875-1962). Sviluppo, condizionamenti e strategie 55
ri d’oltremare, aprendo loro la porta dell’India, della Cina e del Mozambico in
Africa. Però, con la rivoluzione del 1910, l’opera salesiana in Portogallo subì
una brusca interruzione, che si prolungò fino al 1920.
Gli inizi tra i Polacchi dell’impero austro-ungarico furono molto movimen-
tati24. Don Bronisław Markiewicz, d’accordo con don Rua, era stato nominato
parroco nella diocesi di Przemy´sl. Raggiunta la sua residenza nel 1892, non tar-
dava ad aprire, di propria autorità, una casa di educazione e si mise a reclutare
nel proprio paese dei Salesiani “di stretta osservanza”, con i quali darà inizio ad
una nuova Congregazione. In realtà, l’opera salesiana ebbe origine nel 1898 ad
Os´wie˛cim, dove don Manassero sviluppò scuole ginnasiali e laboratori25. Nel
1907, fu aperto a Przemys´l un oratorio festivo, campo di lavoro di don August
Hlond, futuro primate di Polonia26.
Anche tra gli Sloveni dell’impero austro-ungarico, don Bosco era conosciuto
e i Salesiani desiderati da tempo. Essi iniziarono la loro presenza nel 1901 a Ra-
kovnik, vicino a Ljubljana. Si trattava di una casa di correzione, che per questo
motivo fu accettata all’inizio con qualche riluttanza27.
Nel 1903 i primi Salesiani arrivarono a Vienna, la capitale dell’impero allora
in piena esplosione demografica28. L’insediamento risultò difficoltoso, perché di-
pendevano da un’associazione locale. La situazione migliorò notevolmente nel
1909, quando fu nominato don Hlond alla testa dell’istituto.
2. Nuova espansione in Italia
Nei paesi europei dove la Congregazione era già penetrata, si nota un forte
sviluppo delle fondazioni durante il rettorato di don Rua. L’Italia, in particolare,
24 Sui primi passi dell’opera salesiana nelle terre polacche sotto il dominio austriaco, vedi
Stanisław ZIMNIAK, Salesiani nella Mitteleuropa. Preistoria e storia della provincia Austro-Un-
garica della Società di S. Francesco di Sales (1868 ca. – 1919). Prefazione di Giacomo Marti-
na,
S.J. (= ISS – Studi, 10).
25 Sullo sviluppo delle
Roma,
scuole
LAS 1997,
salesiane in
sPpoecloianlmia evnetdeipWp. a6ld8-e7m4a, r1Z1. 0U-R1E1K5,,
124-136.
Salezjan´ skie
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siane medie e superiori in Polonia, 1900-1963. Sviluppo e organizzazione]. Lublin, Poligrafia
Inspektoratu Towarzystwa Salezjan´ skiego 1996.
26 Vedi Stanisław ZIMNIAK, Il contributo di don August Hlond allo sviluppo dell’opera
spaple.s9ia-n4a1)n; eWllaaldMemittaerleZu.rUoRpEaK, ,inI
RSS 36
salesiani
(2000) 9-51. (= Piccola
e le urgenze giovanili della
Biblioteca dell’ISS, 18,
città di Przemy´sl e delle
diocesi della Galizia (1907-1923), in F. MOTTO (a cura di), L’Opera Salesiana dal 1880 al
1922…, vol. II, pp. 301-323.
27 Cf Bogdan KOLAR, Lo sviluppo dell’immagine salesiana fra gli sloveni dal 1868 al
1901, in RSS 22 (1993) 139-164; ID., Le attività a carattere rieducativo e correzionale dei
Salesiani tra gli sloveni (1901-1945), in F. MOTTO (a cura di), Insediamenti e iniziative sa-
lesiane…, pp. 395-408.
28 Vedi S. ZIMNIAK, Salesiani nella Mitteleuropa…, pp. 120-123, 245; ID., I salesiani e
il “zurück zum praktischen Christentum” dei cristiani di Vienna (1903-1921), in F. MOTTO
(a cura di), L’Opera Salesiana dal 1880 al 1922…, vol. II, pp. 257-283.

6.6 Page 56

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56 Morand Wirth
fu coperta da una rete di opere salesiane sempre più fitta. La maggior parte delle
grandi città ne fu provvista.
Non meno di undici furono dal 1890 al 1892 le nuove fondazioni, di cui cin-
que in Piemonte: Trino, con collegio e oratorio; Fossano, dove il vescovo Mana-
corda aveva diritto alla riconoscenza di una Società da lui efficacemente sostenu-
ta; Piova, casa per gli studenti di filosofia; Ivrea, centro internazionale di recluta-
mento e di formazione; infine, Chieri. In Alta Italia, citiamo ancora Treviglio e
Verona. Scendendo la penisola, incontriamo la fondazione di Lugo, in Romagna,
dove i religiosi poterono rimanere e prosperare applicando il motto di don Bo-
sco: “Bisogna che non si parli mai di politica né pro né contro: il nostro pro-
gramma sia fare del bene ai poveri fanciulli”29. L’opera fondata a Macerata fece
rapidi progressi30, mentre il collegio di Loreto, non ebbe uguale fortuna e dovette
chiudere nel 1910. A Roma veniva completato l’ospizio del S. Cuore.
Passiamo in Sicilia. A Catania, dove funzionava già un oratorio, si costruì un
collegio, che divenne sede ispettoriale. Anche la città di Messina ebbe un colle-
gio, che avrebbe avuto una sorte ben triste durante il terremoto del 1908. Altre
opere sorsero in Alì Marina, Bronte, Marsala, e San Gregorio, sede del noviziato.
Negli anni 1893-1895, sorgono nuovi centri di vita salesiana. In Liguria, si
nota quello di Savona, che venne ad aggiungersi ai cinque ereditati da don Bo-
sco. In Piemonte la rete diventa ancora più fitta con sette nuove case, tra cui il
collegio di Novara, l’aspirantato per i Polacchi di Lombriasco, e la scuola per
vocazioni adulte di Avigliana. Avvenimento importante, i Salesiani giungevano
a Milano, dove l’arcivescovo ed un attivissimo comitato di Cooperatori da mol-
to tempo avevano preparato il terreno31. Essi si stabilirono pure a Trento e a Go-
rizia, città allora incluse nell’impero austro-ungarico32, in Umbria, nella Campa-
nia e in Calabria.
Negli anni seguenti, l’ondata continuò ad estendersi, in tal modo che, a due
riprese, don Rua fu costretto ad arrestarla per consentirne il consolidamento.
Nel 1896 furono aperte nove case, tra cui Genzano, Frascati33, Ferrara, Modena
e Bologna. Durante i due anni successivi i Salesiani iniziarono parecchie altre
presenze, in particolare a Alessandria, Sondrio, Pisa, Pedara, Caserta, Castel-
nuovo, Bova e Lanusei. Prima della chiusura del secolo XIX furono fondate
nuove case, per esempio a Fossano, Conegliano, Forlì, Livorno, Figline, Siracu-
sa e Frascati.
29 Citato in Annali II 200.
30 Vedi Flaviano D’ERCOLI, I salesiani e la società maceratese fra Ottocento e Novecento:
realizzazioni e contraddizioni, in F. MOTTO (a cura di), L’Opera Salesiana dal 1880 al
1922…, vol. II, pp. 87-104.
31 Vedi Sergio TODESCHINI, I salesiani a Milano: le ragioni di una presenza (1886-
1895), in F. MOTTO (a cura di), L’Opera Salesiana dal 1880 al 1922…, vol. II, pp. 33-50.
32 Su queste due case, vedi S. ZIMNIAK, Salesiani nella Mitteleuropa…, pp. 94-110.
33 Vedi Augusto D’ANGELO, Educazione cattolica e ceti medi: l’Istituto salesiano “Villa
Sora” di Frascati (1900-1950). Roma, LAS 2000.

6.7 Page 57

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I salesiani in Europa (1875-1962). Sviluppo, condizionamenti e strategie 57
Tra le case sorte all’inizio del secolo XX ci limitiamo a citare alcuni nomi:
una colonia agricola a Corigliano d’Otranto, una chiesa con oratorio a Napoli,
un oratorio ad Ancona, un altro oratorio a Schio, un collegio a Palermo, un ora-
torio a Portici, un seminario a Potenza, oratorio e scuole elementari a Soverato,
un ospizio a Bari, un oratorio a Casale, una scuola per artigiani a Ravenna, una
parrocchia a Gioia dei Marsi, e una casa per sordomuti a Napoli34. Infine, sono
da segnalare due nuove presenze a Roma: la chiesa di San Giovanni della Pigna,
che divenne anche la sede del procuratore della Congregazione, un oratorio e
scuole nel quartiere popolare del Testaccio35.
3. Sviluppi in Spagna, secolarizzazione in Francia, nuove frontiere dall’Inghilterra
Senza raggiungere le stesse proporzioni, l’attività salesiana in Spagna progre-
diva con ritmo regolare. Nel 1888, vi erano solo due case: Utrera e Barcellona.
Nel 1910, ve ne saranno trenta. Uno dei grandi artefici di quest’espansione fu
don Rinaldi. Dobbiamo riconoscere che le circostanze erano favorevoli e il lavo-
ro dei Salesiani apprezzato, anche dal governo. Tra le molteplici fondazioni in
questo paese citiamo l’opera di Rocafort a Barcellona36, la scuola agraria di Ge-
rona37, l’oratorio di Santander38, quello di Siviglia39, e il noviziato di Sant Vi-
cenç dels Horts40. Già nel 1901, l’ispettoria iberica fu divisa in tre parti.
In Francia, l’opera salesiana visse sotto don Rua due periodi contrastati. In
un primo tempo, parve che le fosse riservato l’avvenire più promettente. Le
fondazioni ereditate dal santo si sviluppavano regolarmente sotto l’impulso
dell’ispettore, don Albera41, e dei suoi successori: case agricole, scuole, patrona-
ges e laboratori42. In occasione dell’Esposizione universale di Parigi nel 1900, i
Salesiani si vedevano attribuire due medaglie per le loro realizzazioni sociali.
34 Vedi Francesco CASELLA, I salesiani e l’educazione dei sordomuti a Napoli, in F. MOT-
TO (a cura di), L’Opera Salesiana dal 1880 al 1922…, vol. II, pp. 131-160.
35 Vedi Maria Franca MELLANO, I Salesiani nel quartiere romano del Testaccio. (= ISS –
Studi, 22). Roma, LAS 2002.
36 Cf RAMÓN ALBERDI, Els Salesians al barri de Sant Antoni – Barcelona 1890-1990.
Barcelona, Casa salesiana de Sant Josep 1994.
37 Cf ID., Girona. Cent anys de presència salesiana 1892-1992. Girona, Casa salesiana
de Girona 1992.
38 Cf José L. BASTARRICA, Los Salesianos en Santander. Pamplona, Ediciones Don Bosco
1981.
39 Cf Jesús BORREGO, Cien años de presencia salesiana en Sevilla-Trinidad 1893-1993.
Historia de una crónica vivida. Sevilla, Escuelas salesianas-Trinidad 1994.
40 Cf RAMÓN ALBERDI, Los salesianos en Sant Vicenç dels Horts 1895-1995. Prólogo de
Albert Manent. Sant Vicenç dels Horts, Escuela Salesiana 1994.
41 Cf Francis DESRAMAUT, Paolo Albera, premier provincial salésien de France (1881-
1892), in “Cahiers salésiens” 36 (1996) 5-152.
42 Cf Yves LE CARRÉRÈS, Les Salésiens de Don Bosco à Dinan 1891-1903. Une œuvre nais-
sante brisée par le Sénat. Préface de Gérard Cholvy (= ISS – Studi, 6). Roma, LAS 1990.

6.8 Page 58

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58 Morand Wirth
Ma poco tempo dopo, con la legge del 1901 sulle associazioni si abbatteva un
uragano sulle congregazioni. Ai religiosi rimaneva una sola alternativa piena di
rischi: chiedere di essere riconosciuti dallo Stato o secolarizzarsi. L’ispettoria del
nord scelse la prima soluzione e fu completamente dissolta, mentre quella del
sud, che aveva optato per la secolarizzazione, condusse una vita precaria nella
clandestinità43. L’opera sarebbe rinata in Francia solo dopo la prima guerra
mondiale.
In Inghilterra, la casa di Battersea ebbe un rapido sviluppo negli anni succes-
sivi, sia come parrocchia, sia come scuola elementare e secondaria. Una chiesa in
onore del Sacro Cuore fu costruita nel 1893. Le vocazioni aumentavano tanto
che il direttore, don Macey, scriveva a don Rua nel 1894: “Ci dia una casa e in
dieci anni i Salesiani saranno più numerosi in Inghilterra che in qualunque pae-
se fuori d’Italia”44. Nel 1897, i salesiani contribuirono anche alla fondazione
della prima casa nell’Africa australe, a Città del Capo. Nel 1903, il padre O’-
Grady, irlandese, fu mandato come direttore della prima casa salesiana nell’isola
di Malta, dove la Congregazione aveva accettato di dirigere un istituto per gio-
vani a rischio a Sliema45. Nel 1904 fu creata anche una missione cattolica polac-
ca a Londra diretta dai Salesiani46.
4. La strategia sociale dei salesiani
Le fondazioni nate sotto don Rua presentano tutta la gamma abituale delle
opere salesiane. Non mancano i collegi umanistici per l’elevazione culturale dei
giovani provenienti dal ceto medio e per la cura delle vocazioni ecclesiastiche47.
Tuttavia, si assiste ad una fioritura di opere a carattere sociale: orfanotrofi, colle-
gi-convitti, scuole professionali e agricole, parrocchie di periferia, oratori48.
43 Vedi F. DESRAMAUT, Être provincial en France au début du siècle, in “Cahiers salésiens”
37 (1997) 5-105.
44 Lettera di don Macey a don Rua del 22 aprile 1994, citata in W. J. DICKSON, The
Dynamics of Growth…., p. 106. L’autore dello studio mostra la rapida crescita dell’opera in
Inghilterra tra il 1889 e il 1908 (vedi pp. 105-164), senza nascondere i problemi difficili
dell’inculturazione e del personale.
45 Cinque anni dopo, i Salesiani inizieranno a Sliema un fiorente oratorio con due indi-
rizzi: per la gioventù povera e per gli studenti universitari. Cf P. FORMOSA, Historical Sketch
of the Oratory of Don Bosco in Malta, in “Journal of Salesian Studies” 8/2 (1997) 269-309.
46 Vedi Jan PIETRZYKOWSKI, Un secolo di presenza di Salesiani polacchi fra gli emigranti.
Cenni storici, in RSS 34 (1999) 168.
47 In questo campo va ricordato il ruolo di primo piano del consigliere scolastico Fran-
cesco Cerruti. Vedi Francesco CERRUTI, Lettere circolari e programmi di insegnamento
(1885-1917). Introduzione, testi critici e note a cura di José Manuel Prellezo. (= ISS –
Fonti, Serie seconda 10). Roma, LAS 2006.
48 Sullo sviluppo e l’indole delle case, vedi S. SARTI, Evoluzione e tipologia delle opere sa-
lesiane (1880-1922), in F. MOTTO (a cura di), L’Opera Salesiana dal 1880 al 1922…, vol.
I, pp. 107-118.

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I salesiani in Europa (1875-1962). Sviluppo, condizionamenti e strategie 59
Di tutte queste istituzioni, quella che occupa il primo posto, forse non in
pratica, ma almeno nella stima e nelle preoccupazioni dei Salesiani e dei supe-
riori, è indubbiamente l’oratorio49. L’opera tenace del Rettor maggiore in suo
favore non fu mai smentita. Nella prima delle sue “lettere edificanti”, don Rua
esaltava questa forma di apostolato sociale che “diede occasione a tutte le ope-
re salesiane ed alla stessa nostra Pia Società”, ammonendo poi i confratelli
dubbiosi: “Non crediate, o carissimi figli in Gesù Cristo, che solamente quan-
do D. Bosco diè principio alla sua missione provvidenziale fosse opportuno
occuparsi degli oratori festivi”50. Nel 1899, invitava gli ispettori a rendergli
conto del loro interessamento verso gli oratori. A parer suo, ogni casa doveva
avere il proprio. I grandi oratori non lo spaventavano e si felicitava di averne
visti alcuni di trecento, cinquecento, mille ragazzi, in occasione dei suoi viag-
gi. Quanto importava ai suoi occhi era che i religiosi non perdessero mai di vi-
sta lo scopo primo, cioè l’educazione cristiana. Nel 1902, incaricò don Stefano
Trione di organizzare un grande convegno a Torino per rilanciare l’attività sa-
lesiana negli oratori.
Un altro servizio alla gioventù offerto dai Salesiani era la formazione dei
giovani ad un mestiere. Alcuni però si meravigliavano, considerando questo la-
voro incompatibile con la missione sacerdotale. In Francia, il presidente del
Consiglio chiedeva “come si poteva ammettere delle ordinazioni fatte per uno
scopo diverso dal servizio delle parrocchie e soprattutto per un fine così com-
pletamente estraneo alla missione sacerdotale come la creazione di scuole pro-
fessionali”51. In genere, le scuole professionali salesiane erano ritenute come
una creazione originale atta a risolvere molti problemi del tempo. Sul piano
della qualificazione professionale e sociale, si notava un’evoluzione. Gli antichi
laboratori diventavano progressivamente vere scuole di arti e mestieri con ap-
positi programmi di studio52. Per stimolare gli apprendisti furono incoraggiate
le esposizioni dei loro lavori, tra cui vanno menzionate le Esposizioni generali
che ebbero luogo a Torino nel 1901, nel 1904 e nel 191053. Nel 1903, il consi-
gliere professionale, don Giuseppe Bertello, cominciò a stabilire programmi
didattici e professionali, in cui non mancavano nozioni di sociologia sul capi-
tale e il lavoro, sulle relazioni tra padroni e operai, sulla remunerazione e sul
49 Vedi per l’Italia: Luciano CAIMI, Gli oratori salesiani in Italia dal 1881 al 1921, in F.
MOTTO (a cura di), L’Opera Salesiana dal 1880 al 1922…, vol. I, pp. 199-229; Pietro
BRAIDO, L’oratorio salesiano in Italia, “luogo” propizio alla catechesi nella stagione dei congres-
si (1888-1915), in RSS 46 (2005) 7-88.
50 Lettera edificante n. 1 del 29 gennaio 1893, in Michele RUA, Lettere circolari ai Sale-
siani. Torino, Direzione Generale delle Opere Salesiane 1965, p. 101.
51 Citato in F. DESRAMAUT, Être provincial en France…, p. 9.
52 Per conoscere la vita interna di queste istituzioni educative con i loro problemi quo-
tidiani, vedi per esempio Yves LE CARRÉRÈS, Deux accidents du travail dans les œuvres salé-
siennes de Nice et de Paris, in RSS 34 (1999) 151-161.
53 Vedi Annali III 452-472.

6.10 Page 60

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60 Morand Wirth
socialismo54. Per conoscere la dottrina sociale cattolica si potevano consultare i
manuali di Cerruti, Baratta, Munerati o Scaloni55.
Va segnalato anche lo sviluppo delle colonie e scuole agrarie. Mentre don Bo-
sco aveva accettato con riluttanza la colonia di La Navarre in Francia, i problemi
dell’esodo rurale decisero i superiori a favorire questo tipo di opera sociale56. Sul
Bollettino salesiano del 1902, don Rua scriveva ai Cooperatori: “Permettetemi che
io, assecondando il nuovo e salutare risveglio di ritorno ai campi, cotanto caldeg-
giato dal venerando clero, richiami l’attenzione vostra sulle nostre colonie agrico-
le”57. Nel 1903, la casa di Parma, per iniziativa del suo direttore, don Baratta,
pubblicava la “Rivista di agricoltura” per la diffusione di un metodo di coltura
più razionale, ispirato alle teorie di Stanislao Solari58. Anche a Siviglia, don Rical-
done lanciava nello stesso tempo una “Biblioteca Solariana”.
5. Le condizioni dello sviluppo: formazione e organizzazione
L’espansione rapida delle opere in Europa durante il rettorato di don Rua è
un fatto innegabile. Le statistiche lo confermano: da 57 nel 1888, gli insedia-
menti salesiani sono saliti a 345 nel 1910. In Europa, l’opera si diffondeva nella
maggior parte dei paesi dove lavoravano già i Salesiani e raggiungeva nuovi paesi
dell’Europa occidentale e centrale.
Il moltiplicarsi delle fondazioni tra il 1888 e il 1910 fu reso possibile da un
grande afflusso di vocazioni verso la Società salesiana. In questo periodo, infatti,
il numero dei novizi salì vertiginosamente. Nell’anno 1900 erano 803. Gli ulti-
mi anni furono meno fecondi, infatti le statistiche del 1910 ne mostrano soltan-
to 371. Le statistiche globali, però, rivelano un importante aumento di religiosi,
che passarono da 774 alla morte di don Bosco a 4.001 alla morte di don Rua.
Le cifre riguardano tutto il mondo, in cui però l’Italia e l’Europa occupavano un
posto preponderante. Vicinissimi ai Salesiani, i Cooperatori e gli Exallievi furo-
no agenti efficaci dell’espansione59.
54 Programma scolastico per le scuole di artigiani della Pia Società di S. Francesco di Sales.
Torino, Tip. Salesiana 1903; Le scuole professionali. Programmi didattici e professionali. Tori-
no, Scuola Tipografica Salesiana 1910.
55 Cf Francesco CERRUTI, Nozioni elementari di morale e d’economia politica. Torino,
Tip. e libreria salesiana 1898; Francesco SCALONI, Capital et travail. Manuel d’économie so-
ciale. Liège, Ecole professionnelle Saint-Jean Berchmans 1902; Dante MUNERATI, Oriz-
zonti nuovi di vita sociale. Roma, Federico Pustet 1909.
56 Vedi per la Francia: Yves LE CARRÉRÈS, Les colonies ou orphelinats agricoles tenus par
les salésiens de don Bosco en France de 1878 à 1914, in F. MOTTO (a cura di), Insediamenti e
iniziative salesiane…, pp. 137-174.
57 BS 26 (gennaio 1902) 6.
58 Su Parma e don Baratta, vedi F. MOTTO (a cura di), Parma e don Carlo Maria Barat-
ta salesiano. (= ISS – Studi, 13). Roma, LAS 2000.
59 Sui Cooperatori, vedi Cosimo SEMERARO, Identità sociale dei salesiani fra cooperazio-
ne e beneficenza. I primi tre congressi internazionali dei Cooperatori salesiani tra fine Ottocen-

7 Pages 61-70

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7.1 Page 61

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I salesiani in Europa (1875-1962). Sviluppo, condizionamenti e strategie 61
Per quanto interessa il governo generale della Congregazione, si nota anche
l’aumento e l’organizzazione delle ispettorie. Alla morte di don Rua ve n’erano
già dodici in Europa: cinque in Italia, tre in Spagna, e quattro altre (Austro-un-
garica, Francese, Belga e Inglese)60. Durante le discussioni del Capitolo generale
X (1904), don Rua si preoccupò di spiegare che le ispettorie nel pensiero di don
Bosco non corrispondevano alle province degli altri istituti religiosi, poiché la
Congregazione salesiana doveva formare una sola famiglia e non tanti frammen-
ti di famiglia quante erano le province. Insomma, dice don Ceria, don Rua te-
meva che i Salesiani cedessero alla tentazione e che essi “si provincializzassero”61.
Era questo forse uno dei motivi per cui don Rua aveva chiesto e ottenuto sol-
tanto nel 1902 l’erezione canonica delle ispettorie62.
Infine, vi è da tener conto della qualità degli uomini formati da don Bosco
per essere i quadri della Congregazione, tra cui un posto a parte spetta a don
Rua. “L’ascendente morale di don Rua – scriveva don Ceria – già grande in vita
di don Bosco, toccò il vertice durante il suo rettorato”63. Era chiamato il più
grande miracolo di don Bosco. Alle sue virtù non mancavano però i talenti del-
l’amministratore metodico e dell’animatore spirituale.
III. RALLENTAMENTO E RIPRESA AI TEMPI DI DON ALBERA E DI
DON RINALDI (1910-1931)
1. Don Albera nel dramma della prima guerra mondiale (1910-1921)
Benché don Albera, come Rettor maggiore, non sia stato durante il suo ret-
torato un grande viaggiatore come il suo predecessore, tuttavia anche lui sentì il
bisogno di prendere direttamente contatto con i membri della Famiglia salesia-
na. Percorse l’Italia da nord a sud64. Nel 1913, compì in Spagna un viaggio di
cinque mesi, viaggio che il Bollettino salesiano presentò come un “trionfo gran-
dioso e solenne”. A Roma, fu accolto con cordialità dal Papa Pio X e poi da Be-
nedetto XV, il quale nel 1915, volle onorare la Famiglia salesiana elevando
to e inizio Novecento, in F. MOTTO (a cura di), L’Opera Salesiana dal 1880 al 1922…, vol.
II, pp. 179-196.
60 Cf Tarcisio VALSECCHI, Origine e sviluppo delle ispettorie salesiane. Serie cronologica fi-
no all’anno 1903, in RSS 3 (1983) 252-273; ID., Le ispettorie salesiane. Serie cronologica
dall’anno 1904 al 1926, in RSS 4 (1984) 111-124.
61 RSS 4 (1984) 112.
62 Vedi Antonio DA SILVA FERREIRA, O decreto de ereção canônica das inspetorias salesia-
nas de 1902, in RSS 6 (1985) 35-71.
63 Annali II 742.
64 Vedi per esempio lo studio di uno dei suoi viaggi: Arthur LENTI, Contributo alla let-
tura e alla valorizzazione delle fonti archivistiche. Il viaggio di don Paolo Albera in Sicilia,
Malta e Calabria nel 1914, in RSS 2 (1983) 123-144.

7.2 Page 62

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62 Morand Wirth
mons. Cagliero al cardinalato. Andò in Austria, in Polonia, in Jugoslavia, in In-
ghilterra e nel Belgio. Il suo ultimo passaggio a Marsiglia nel 1921 suscitò gran-
di manifestazioni di simpatia verso la sua persona.
La prima guerra mondiale (1914-1918) mise a dura prova la Congregazione
e, con essa, il superiore generale. Quasi la metà della Congregazione fu chiamata
sotto le armi e si veniva ben presto a conoscenza di casi dolorosi in cui alcuni
confratelli erano stati obbligati ad andare all’assalto gli uni contro gli altri. Molti
collegi furono requisiti per essere trasformati in caserme o in ospedali. Una delle
conseguenze della guerra fu che durante il suo rettorato non si poté tenere alcun
capitolo. Don Albera fece tutto il possibile per rimanere all’altezza della situazio-
ne, raccomandando per esempio ai responsabili di aiutare moralmente e mate-
rialmente i confratelli militari, insistendo perché fossero mantenute le opere esi-
stenti, intervenendo personalmente in favore dei rifugiati e degli orfani di guerra.
A partire dal 1916 e fino al mese di dicembre del 1918, scriveva ogni mese una
lettera collettiva ai Salesiani chiamati alle armi, lettera che si leggeva con avidità
nelle caserme e al fronte65. Infine, nonostante le perdite e il rallentamento causati
dalla guerra66, con delle ripercussioni notevoli anche in America e nelle missioni,
la Congregazione riprese il cammino in salita appena cessate le ostilità67.
Alla testa della Congregazione in circostanze così difficili, don Albera contri-
buì allo sviluppo dell’opera salesiana. Oltre all’assunzione di cinque nuovi terri-
tori di missione: Katanga (Africa centrale) nel 1911, Rio Negro (Brasile) nel
1914, Shiu-Chow (Cina) nel 1917, Gran Chaco (Paraguay) nel 1920 e Assam
(India) nel 1921, i Salesiani mossero pure i primi passi in tre nuovi paesi euro-
pei: Ungheria (Szentkereszt nel 1913 e Budapest nel 1920), Germania (Würz-
burg nel 1916, noviziato di Ensdorf nel 1920, Essen nel 1921)68, e Irlanda (isti-
tuto agricolo di Pallaskenry nel 1919).
2. Don Rinaldi e il tempo del fascismo (1922-1931)
L’inizio del rettorato di don Rinaldi coincide con l’avvento del regime fasci-
sta di Mussolini in Italia. Tra perplessità, limitazioni, consensi e dissensi, la con-
65 Segnalo una tesi di dottorato in preparazione di L. Tullini, sotto la guida del prof. A.
Giraudo: Esperienza bellica e identità salesiana nella grande guerra. Tratti di spiritualità nella
corrispondenza dei Salesiani militari con D. Paolo Albera e altri superiori (1915-1918).
66 Vedi l’esempio dell’oratorio: Pietro BRAIDO, L’oratorio salesiano in un decennio dram-
matico (1913-1922), in RSS 47 (2005) 211-267.
67 In Europa centrale, l’ispettoria austro-ungarica, governata da don Tirone, poté man-
tenersi e anche svilupparsi nonostante le gravi difficoltà. Cf Stanisław ZIMNIAK, Don Pietro
Tirone, Superiore dell’Ispettoria Austro-Ungarica (1911-1919), in RSS 17 (1990) 295-346.
68 Sulle origini e lo sviluppo della presenza salesiana in Germania, vedi Norbert
WOLFF, Von der Idee zur Aktion: Das Projekt Don Boscos in Deutschland (1883-1921), in F.
MOTTO (a cura di), L’Opera Salesiana dal 1880 al 1922…, vol. I, pp. 255-279; ID., Missio-
ne italiana nella Lorena: la prima fondazione salesiana “tedesca” a Sierck e a Diedenhofen, in
RSS 47 (2005) 313-330.

7.3 Page 63

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I salesiani in Europa (1875-1962). Sviluppo, condizionamenti e strategie 63
gregazione andò avanti con nuovo ardore, anche con le nuove possibilità offerte
dalla conciliazione tra Chiesa e Stato sigillata dai Patti lateranensi del 1929. Do-
po i disastri causati dalla guerra, il nuovo Rettor maggiore ebbe la gioia di ve-
derla riprendere una strada in netta ascesa69. A Roma, Pio XI si mostrava assai
favorevole ai Salesiani, ai quali regalò nel 1927 il secondo cardinale, mons. Au-
gust Hlond, Primate di Polonia70. Mentre era in vita, il numero dei Salesiani
passava da circa seimila a diecimila ed erano aperte più di duecentocinquanta
nuove case.
Per incoraggiare la grande famiglia di cui si sentiva responsabile, anch’egli si
mise a viaggiare. Nel 1925, fece un lungo viaggio attraverso l’Europa centrale.
Visitò la Polonia dove trovò dodici comunità fiorenti, Cooperatori numerosi e
ben organizzati. Attraverso Vienna entrò in Ungheria, dove i Salesiani avevano
già sei case. A Szentkereszt fece la vestizione di sedici novizi prima di giungere a
Budapest. Ritornato a Vienna, partiva per la Germania. Nel noviziato di En-
sdorf, fece la vestizione di un gruppo di sessantatré giovani Salesiani. Nel 1926,
fece un viaggio in Francia, dove visitò in particolare Marsiglia. Continuò verso
la Spagna, già in pieno sviluppo con le sue quarantadue case, dove ricevette se-
condo la tradizione un’accoglienza particolarmente entusiasta. A Madrid, Alfon-
so XIII volle intrattenersi con lui.
Come i suoi predecessori, don Rinaldi ereditò lo spirito apostolico di don
Bosco. Validamente assecondato dal prefetto, don Ricaldone, diede alla Con-
gregazione grande slancio missionario, in un’epoca in cui il pontificato di Pio
XI spingeva l’apostolato della Chiesa verso i paesi lontani. Le realizzazioni sale-
siane in questo campo furono numerose. Nel 1922, per la formazione dei futu-
ri missionari don Rinaldi creava ad Ivrea l’Istituto Cardinal Cagliero, che nel
secondo anno di vita contava già centosessanta candidati71. Seguirono altri isti-
tuti di questo tipo, non solo in Italia (Penango, Foglizzo, Gaeta, Bagnolo, Cu-
miana, Torino-Rebaudengo), ma anche in Spagna (Astudillo)72, in Inghilterra
(Shrigley)73 e in Francia (Coat-an-Doc’h). Si assisteva infatti ad una fioritura di
vocazioni missionarie, favorite anche dalla rivista Gioventù missionaria, lanciata
nel 1923, dalle associazioni missionarie della gioventù salesiana, e dalle esposi-
69 Secondo le statistiche ufficiali del 1925, si contavano in Europa e in America
217.330 giovani negli istituti SDB. In tutto gravitavano quell’anno su opere salesiane
597.840 allievi. Cf Atlante e dati statistici dell’Opera del ven. don Bosco. Novembre 1925.
Edizione extracommerciale. Torino, Sede Centrale dell’Opera di D. Bosco [1925], p. XV.
70 Vedi S. ZIMNIAK (a cura di), Il Cardinale August J. Hlond, Primate di Polonia
(1881-1948). Note sul suo operato apostolico. Atti della serata di studio (Roma, 20 maggio
1999). (= Piccola Biblioteca dell’ISS, 18). Roma, LAS 1999.
71 Vedi Angelo VIGANÒ, Il “Cagliero” di Ivrea, scuola salesiana, anni 100 (1892-1992).
Ivrea, Istituto Salesiano Cardinal Cagliero 1993.
72 Cf A. MARTÍN GONZÁLEZ – C. SAN MILLÁN, Astudillo. Aproximación a la historia sa-
lesiana de un pueblo castellano. Vigo, Inspectoría salesiana de León 1981.
73 Vedi Peter ROEBUCK, The Foundation Decade at Shrigley. Seminary, Church & Shrine
1929-1939. (= Piccola Biblioteca dell’ISS, 24). Roma, LAS 2004.

7.4 Page 64

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64 Morand Wirth
zioni missionarie, come quelle che si tennero nel 1925 in Vaticano e l’anno se-
guente a Valdocco.
In queste condizioni, non desta meraviglia che le missioni salesiane abbiano
avuto un nuovo sviluppo. Il personale disponibile in Europa permetteva di de-
stinare loro dei rinforzi e di assumersi l’incarico di nuovi territori: Porto Velho
in Brasile nel 1926, Madras e Krishnagar in India nel 1928, Miyazaki in Giap-
pone nel 1928, Ratburi nel Siam (Thailandia) nel 1930.
Diventato Rettor maggiore, don Rinaldi non allentò il proprio interesse per i
Cooperatori e per gli Exallievi. I primi poterono radunarsi in grandi assemblee a
Torino nel 1926, ed in innumerevoli incontri. Dopo essere stato l’iniziatore del-
la Federazione internazionale degli Exallievi, continuò ad incoraggiarne i mem-
bri chiedendo loro di esercitare un apostolato fondato sulla vita di fede.
IV. GUERRA, PERSECUZIONI E GRANDI REALIZZAZIONI AI TEMPI
DI DON RICALDONE (1932-1951)
1. L’opera del Superiore generale
Il nuovo rettorato sarebbe stato lungo, quasi quanto quello di don Rua, poi-
ché durò diciannove anni. Come quello di don Albera, fu attraversato da una
guerra spaventosa (1939-1945), che mise a dura prova la coesione della Congre-
gazione mondiale da lui governata. Tuttavia, s’impone alla nostra attenzione per
numerose iniziative di rilievo e per un nuovo aumento degli effettivi.
L’alba di questo rettorato fu illuminata dalla canonizzazione di don Bosco74.
Pio XI, grande ammiratore dell’apostolo di Torino, aveva voluto conferire ad es-
sa un carattere grandioso. La fece coincidere con la festa di Pasqua del 1934, che
segnava pure la chiusura del giubileo della Redenzione. Furono condotte a ter-
mine anche altre glorificazioni salesiane. La causa di Domenico Savio, lenta e
difficile, s’incamminava verso la beatificazione, che avvenne il 5 marzo 1950.
Negli ultimi mesi di rettorato vi fu la canonizzazione di Maria Domenica Maz-
zarello, proclamata santa il 24 giugno 1951.
A differenza dei suoi predecessori, l’ex visitatore straordinario diventato su-
periore generale viaggiò poco. Lasciò quest’incarico a don Pietro Berruti, pre-
fetto generale della Congregazione75. Lancinanti dolori di capo ed il cattivo
funzionamento del cuore lo dissuasero dall’intraprendere egli stesso lunghi
viaggi. Durante la guerra, non era possibile pensarvi. Fissò quindi a Torino la
sua dimora, ma le sue direttive e le sue iniziative irradiavano in tutti i sensi, so-
prattutto in Italia.
74 Vedi Pietro STELLA, Don Bosco nella storia della religiosità cattolica. Vol. III: La cano-
nizzazione (1888-1934). (= CSDB – Studi storici, 5). Roma, LAS 1988.
75 Cf Pietro ZERBINO, Don Pietro Berruti, luminosa figura di Salesiano. Torino, SEI 1964.

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I salesiani in Europa (1875-1962). Sviluppo, condizionamenti e strategie 65
2. L’insegnamento religioso e la formazione salesiana
Nel 1938, il quindicesimo Capitolo generale della Società salesiana segnò la
data di nascita di una “crociata catechistica”76. A preparazione del centenario
dell’opera di don Bosco (1841-1941), fu deciso di dare incremento agli oratori
festivi e all’organizzazione perfetta dell’insegnamento catechistico. Due commis-
sioni furono subito costituite per studiare il modo migliore d’impartire l’inse-
gnamento del catechismo e per diffondere e approfondire l’istruzione religiosa77.
Nello stesso anno creò l’Ufficio Catechistico Centrale Salesiano sotto la sua di-
retta dipendenza78.
L’8 dicembre 1941, durante la guerra che impediva ogni manifestazione
esterna, don Ricaldone si recò con i superiori del Capitolo nella cameretta di
don Bosco. Fecero insieme la promessa di fondare sul Colle dei Becchi la Libre-
ria della Dottrina Cristiana e di industriarsi a far sorgere in tutte le ispettorie un
nuovo orfanotrofio per raccogliere i giovinetti poveri e abbandonati79. Intanto,
sul Colle sorgeva l’imponente edificio dell’Istituto salesiano di arti grafiche, il
quale diventò la prima sede della “Libreria della Dottrina Cristiana”. Questa
editrice si lanciò subito nella produzione di testi di catechismo, di sussidi di for-
mazione per gli insegnanti di religione e i maestri di catechismo, e di vari mate-
riali audiovisivi. Per accrescere il suo irradiamento, l’editrice del Colle si appog-
giò alle librerie salesiane già esistenti in Italia, promosse la fondazione di altre,
in particolare a Verona, Ancona, Cagliari e Messina, e nello stesso tempo prese
contatti editoriali con l’estero, principalmente in Spagna, Argentina, Brasile,
Stati Uniti, India, Cina e Giappone.
Mentre don Ricaldone si dedicava con entusiasmo comunicativo all’opera a
favore dei giovani e del popolo, non dimenticava la formazione dei Salesiani. In
questo campo, la sua opera fu tenace e talvolta imperiosa. Lo spirito che l’ani-
mava, e che egli voleva da tutti condiviso, era indicato nel titolo della lettera cir-
colare del 1936: “Fedeltà a don Bosco santo”80. Per don Ricaldone, i problemi
di metodo e di organizzazione assumevano una grande importanza, specialmen-
te nella formazione del giovane salesiano. Si videro allora partire da Torino volu-
minose circolari, piene di direttive e di norme per tutte le tappe di questa for-
mazione: le vocazioni (1936), il noviziato (1939), gli studentati di filosofia e di
76 Cf BS 76 (gennaio 1952) 31. Vedi la lettera di don Ziggiotti per il decimo anniver-
sario della morte di don Ricaldone in Atti 222 (1961) 7-8. Vedi anche il fascicoletto Il
contributo della Congregazione Salesiana alla crociata catechistica nelle realizzazioni di Don
Pietro Ricaldone, IV successore di San Giovanni Bosco (1939-1951). Colle Don Bosco, LDC
1952. La presentazione è di don Eugenio Ceria.
77 Vedi le “parlate del Rev.mo Rettor maggiore durante il XV Capitolo generale”, in
Atti 87 (1938) 3-4.
78 Dopo la guerra, l’Ufficio Catechistico Centrale Salesiano diventò il “Centro Catechi-
stico Salesiano”. La prima denominazione esprimeva una stretta dipendenza dai superiori.
79 Atti 108 (1941) 156.
80 Vedi la strenna del 1935 in Atti 74 (1936).

7.6 Page 66

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66 Morand Wirth
teologia (1945), il complemento della formazione sacerdotale (1946). Grazie a
lui, gli istituti di Cumiana, di Rebaudengo e del Colle Don Bosco diventarono
scuole superiori per coadiutori. Si deve a lui il riconoscimento, nel 1940, della
Facoltà di teologia della Crocetta a Torino come “Pontificio Ateneo Salesiano”.
3. Durante la guerra civile in Spagna (1936-1939)
La spaventosa guerra civile che insanguinò la Spagna dal 1936 al 1939, e che
si sarebbe ripercossa in tutta l’Europa, fu accompagnata da una persecuzione re-
ligiosa estremamente violenta, e conclusa con l’avvento del regime del generale
Franco81.
Infatti dopo la caduta della monarchia nel 1931, si manifestava un’ostilità
sempre più aperta contro la Chiesa, accusata di essere nemica del popolo. Già
nel maggio di quell’anno, durante la “quema de los conventos”, rimasero preda
delle fiamme 107 edifici religiosi, tra cui le case salesiane di Alicante e di Cam-
pello82. Poi la guerra civile che scoppiò il 17 luglio 1936 provocò innumerevoli
massacri che decimarono le file del clero e delle congregazioni religiose.
Anche la Famiglia salesiana pagò un tributo di sangue83. Una statistica pub-
blicata nel 1964 faceva salire a 97 le vittime salesiane, tra cui 39 sacerdoti, 22
chierici, 26 coadiutori, 2 Figlie di Maria Ausiliatrice, 3 aspiranti, 3 Cooperatori
e 2 impiegati84. Circa 350 religiosi furono gettati in carcere. La sorte toccata alle
case fu varia, ma molte furono o incendiate, o saccheggiate, o trasformate in ca-
serme, in ospedali oppure in prigioni.
Durante i primi giorni della rivoluzione, molti Salesiani si videro costretti ad
abbandonare le loro case o scuole per sfuggire al pericolo che li minacciava.
Qualche volta, si salvarono salendo di notte sui tetti delle case per rifugiarsi infi-
ne nell’abitazione di un Cooperatore. Molti riuscirono in questo modo a na-
scondersi presso amici che li ospitavano con pericolo della propria vita. Alcuni
fuggirono all’estero, soprattutto in Francia, da dove facevano pervenire aiuti ai
loro confratelli. Quanto ai religiosi di origine straniera, in gran parte italiani, es-
si poterono ritornare nel proprio paese. Quelli che non trovavano asilo erano da
81 Vedi il contesto generale della persecuzione in Spagna in A. MONTERO MORENO,
Historia de la persecución religiosa en España (1936-1939). (= BAC 204). Madrid, La Edi-
torial católica 1960; Vincente CÁRCEL ORTÍ, Mártires españoles del siglo XX. (= BAC 555).
Madrid, [La Editorial católica] 1995.
82 Vedi Ambrosio DÍAZ, La obra salesiana en la ciudad de Alicante. Valencia, Inspectoría
salesiana de San José 1994, pp. 79-87; ID., Los salesianos en Campello 1907-1982. Valen-
cia, Inspectoría salesiana de San José 1983, pp. 174-178.
83 Cf Amadeo BURDEUS, Lauros y palmas. Crónica de la inspectoría salesiana Tarraco-
nense durante la revolución roja. Barcelona, Librería salesiana 19582; José Luis BASTARRI-
CA – J. MALLO, 1936-1939: tres años de historia salesiana. Madrid, Editorial Gráfica Sa-
lesiana 1970.
84 Cf DIREZIONE GENERALE OPERE DON BOSCO – UFFICIO STAMPA, Don Bosco nel
mondo. Torino-Leumann, LDC 19643, pp. 104-105.

7.7 Page 67

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I salesiani in Europa (1875-1962). Sviluppo, condizionamenti e strategie 67
compiangere. Soli, senza amici, senza mezzi di sussistenza, erravano in mezzo ad
una folla scatenata o spaventata. In qualsiasi momento, una pattuglia poteva esi-
gere, pistola in pugno, dei documenti che essi non avevano, il libretto sindacale
o un salvacondotto firmato da qualche “comitato locale”.
Il gruppo più numeroso di vittime fu quello di Madrid. Dei 42 inclusi nel
processo diocesano, 10 erano sacerdoti, 14 religiosi laici, 14 chierici, 2 postulan-
ti, 1 aspirante e 1 operaio. Trentatré soccombettero nella capitale o nei dintorni,
sette furono sacrificati a Guadalajara e due furono uccisi separatamente a Bilbao
e Santander. La figura più nota era don Enrique Sáiz Aparicio, direttore dello
studentato teologico, assassinato il 2 ottobre 193685.
Il gruppo di Siviglia era formato di 21 Salesiani con a capo don Antonio
Torrero, direttore del collegio salesiano di Ronda (Malaga). Il 23 luglio del
1936, una turba irruppe violentemente nel collegio, maltrattando i religiosi,
profanando e strappando tutto ciò che potevano. Il giorno dopo, questi furono
espulsi dalla casa e cominciò il loro martirio, che fu consumato il 28 luglio. Fu-
rono uccisi, quasi tutti per fucilazione, nel periodo che va dal luglio all’ottobre
del 1936.
4. La seconda guerra mondiale (1939-1945)
Lo scoppio della seconda guerra mondiale fu all’origine di ingenti disastri. Il
primo giugno 1940, don Ricaldone esprimeva il proprio dolore e la propria co-
sternazione di fronte alle rovine della guerra: “Assistiamo col cuore straziato al ro-
vinio di centinaia di case, al crollo di opere ch’erano costate immensi sacrifizi, al-
la dispersione ed anche alla morte di tanti e tanti confratelli travolti dall’immane
bufera”86. Il 20 novembre 1942, mentre la guerra, che aveva danneggiato l’Orato-
rio di Torino, infuriava più che mai, fece voto di edificare appena possibile un
tempio a don Bosco sulla collina dei Becchi87. Nell’ottobre del 1943, per rompe-
re l’isolamento di Torino, egli mandò a Roma quale suo rappresentante ufficiale
con pieni poteri il prefetto generale, don Berruti, assistito da due membri del Ca-
pitolo superiore. All’inizio del 1945, seguendo un invito di Pio XII, fu lanciata
una campagna a favore dei ragazzi della strada, i cosiddetti sciuscià88, a Roma e in
parecchie città d’Italia. Dopo la guerra, si saprà anche di numerosi atti di solida-
rietà umana e di sacrifici talvolta eroici compiuti durante quel periodo.89
85 Vedi José Luis BASTARRICA, Don Enrique Sáiz. Un carácter, una conversión, un marti-
rio. Madrid, Editorial Gráfica Salesiana 1965.
86 Atti 99 (1940) 98.
87 Atti 222 (1961) 9-10.
88 Dall’inglese shoe e shine. Così furono chiamati gli improvvisati lustrascarpe degli Alleati
e poi tutti i ragazzi della strada. Nel 1948 fu creata per loro a Roma l’opera stabile del “Borgo
Ragazzi Don Bosco”. Vedi Cadmo BIAVATI, Il Borgo Ragazzi di Don Bosco. Roma, [s.e.] 1978.
89 Per l’azione dei Salesiani a Roma e in Italia durante la guerra, vedi Francesco MOTTO,
“Non abbiamo fatto che il nostro dovere”. Salesiani di Roma e del Lazio durante l’occupazione

7.8 Page 68

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68 Morand Wirth
L’invasione della Polonia nel settembre del 1939 fu catastrofica sotto tutti gli
aspetti.90 Essa comportò in breve lo sfacelo del paese e fu anche il punto di par-
tenza di una persecuzione sistematica, diretta in particolare contro gli Ebrei e
contro il clero cattolico. Dal 1939 al 1944, le due ispettorie salesiane di Polonia
persero quasi novanta religiosi.91 Sul loro atto di decesso figura generalmente il
nome di un campo di sterminio, dove avevano terminato la loro esistenza nella
camera a gas e nel forno crematorio. Il 23 maggio 1940, la Gestapo penetrava
nella casa ispettoriale di Cracovia e nello studentato teologico. Furono arrestati
dodici Salesiani. Il 27 giugno, quattro di essi furono giustiziati, mentre veniva-
no internati nel campo di eliminazione di Auschwitz gli altri arrestati, tra cui
don Giuseppe Kowalski, futuro martire.92 Oltre ai religiosi, persecuzioni e mor-
te toccarono in sorte anche ai giovani, allievi dei Salesiani. È noto il caso di cin-
que allievi dell’oratorio di Poznan´ , arrestati nel settembre 1940 e accusati di far
parte di un’organizzazione illegale. Dopo quasi due anni di carcere furono ghi-
gliottinati a Dresda il 24 agosto 1942. Avevano tra 20 e 23 anni.93
5. In Europa durante la “guerra fredda”
Nell’ex Jugoslavia, occupata durante la guerra dalle truppe naziste e fasciste, le
comunità salesiane della Slovenia e della Croazia vissero ore talvolta drammatiche
senza interrompere però del tutto l’opera apostolica ed educativa. In alcuni casi
furono imprigionati non solo confratelli, ma anche ragazzi ospiti degli istituti.
In Lituania, nel 1944, i Salesiani erano venticinque, suddivisi in cinque cen-
tri. Alcuni furono deportati in Siberia, altri fucilati. Quelli che potevano, lascia-
tedesca (1943-1944). (= ISS – Studi, 12). Roma, LAS 2000; ID., Don Francesco Della Torre,
Salesiani e resistenza a Milano. 25 aprile 1945: nell’Istituto S. Ambrogio il CLNAI proclama
l’insurrezione nazionale, in RSS 26 (1995) 55-89; ID., Storia di un proclama. Milano 25
aprile 1945: appuntamento dai Salesiani. Roma, LAS 1995.
90 Vedi Stanisław WILK, Salesiani nella vita religiosa della Polonia occupata (1939-
Z1.9U4R5E)K,,
in RSS 25 (1994) 449-474. Sulla chiusura
Salezjan´ skie szkolnictwo ponadpodstawowe…
di
tutti
gli
istituti
educativi,
vedi
W.
91 Cf la storia della persecuzione in Polonia in [Pietro TIRONE (a cura di)], Medaglioni
di 88 confratelli polacchi periti in tempo di guerra. Villa Moglia, Ed. Scintilla 1954; in parti-
colare gli articoli consacrati a Giovanni S´wierc e a Giuseppe Kowalski. Completare con la
testimonianza di don Stanisław Rokita, ex ispettore di Polonia, in DIREZIONE GENERALE
OPERE DON BOSCO – UFFICIO STAMPA, Don Bosco nel
92 Vedi Jan KRAWIEC, Cierpiec´ i byc´ wzgardzonym.
Sm~loungdaoB…oz,.ypkps..2J8ó3ze-f28K4o.walski
1911-
1942. [Soffrire ed essere disprezzato. Il Servo di Dio don Józef Kowalski 1911-1942]. Kraków,
Poligrafia Salezjan´ska 1997.
93 Cf Marian ORŁON´ , Patirono sotto Hitler. (= Collana Eroi, 58). Torino-Leumann,
ZL. DURCEK1,9«9Je9.cPyenraqWuaonlntoo´srciig»u. aSradlaezljaansiietunaaziotenreenianchPoblyo~lnegiao
dopo la guerra, vedi Waldemar
ZSRR po drugiej wojnie ´swiato-
wej. [= Prigionieri in libertà. I Salesiani nei territori dell’ex Unione Sovietica dopo la seconda
guerra mondiale]. Kraków, Poligrafia Salezjan´ ska 1998.

7.9 Page 69

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I salesiani in Europa (1875-1962). Sviluppo, condizionamenti e strategie 69
rono il paese per mettersi a disposizione dei loro compatrioti emigrati, circa un
milione dispersi in una quindicina di paesi. I Salesiani lituani aprirono un aspi-
rantato in Venezuela. Un istituto per i figli d’emigrati vide la luce a Castelnuovo
Don Bosco, dove si stampava anche il Bollettino salesiano nella loro lingua94.
Nella ex Cecoslovacchia, la situazione era fiorente prima della guerra95. L’i-
spettoria di Boemia-Moravia96 e quella di Slovacchia comprendevano allora ven-
tisette case e circa 450 religiosi. In Boemia è noto soprattutto il caso di don
Trochta97. Fondatore e direttore della casa salesiana di Praga, fu arrestato il 1°
giugno 1942, preso come ostaggio dai nazisti, internato in vari campi di con-
centramento. Dopo la liberazione del campo, don Trochta tornò a Praga nel
maggio del 1945. Nel 1947, mentre partecipava al Capitolo generale a Torino-
Valsalice, gli giunse la notizia della nomina a vescovo di Litomerice. Pochi mesi
dopo l’ingresso di mons. Trochta nella sua diocesi, con l’arrivo al potere del par-
tito comunista inizia una nuova era di persecuzioni. Nel 1953 fu arrestato, in-
terrogato e condannato a venticinque anni di prigione per alto tradimento e
spionaggio a favore del Vaticano. Nel 1960 fu amnistiato con la condizione di
inserirsi nel “processo produttivo del lavoro” e di diventare “un membro utile
della società umana”. Per qualche tempo lavora in una fabbrica metallurgica a
Praga, poi deve sottoporsi a cure per la salute, il che non gli impedisce di fare al-
cune ordinazioni clandestine in un appartamento privato. Soltanto nel 1968
mons. Trochta potrà tornare a lavorare nella sua diocesi. L’anno seguente Paolo
VI lo creerà cardinale in pectore.
In Slovacchia, la vita salesiana fu stroncata di colpo. Nella notte dal 13 al 14
aprile 1950, i trecento religiosi, i trenta novizi ed i postulanti furono diretti ver-
so un campo di concentramento. In seguito, un centinaio di loro poté scappare
all’estero o nelle missioni. A Roma fu fondato nel 1963 l’Istituto slovacco dei
santi Cirillo e Metodio, con la collaborazione di sacerdoti diocesani e religiosi,
specialmente per la formazione dei candidati al sacerdozio. Sotto l’egida dell’I-
stituto fu pubblicato un gran numero di libri religiosi che venivano spediti, per
via clandestina, ai fedeli della Slovacchia. Inoltre nel Belgio, i Salesiani aprirono
una scuola professionale per i figli degli emigrati.
Stabilitisi in Ungheria dal 1913, i Salesiani erano in quel paese circa due-
cento e dirigevano una decina di case. Nel 1950, il nuovo regime cominciò a
confiscare le case mandando molti religiosi nei campi profughi. Tra quelli ri-
94 Cf BS 83 (agosto 1959) 315.
95 Vedi DIREZIONE GENERALE OPERE DON BOSCO – UFFICIO STAMPA, Don Bosco nel
mondo…, p. 275; BS 78 (ottobre 1954) 370.
96 Vedi M. R. KRˇ ÍZˇKOVÁ, Kniha víry, nadeˇje a lásky. [= Libro di fede, speranza ed
amore]. Praha, Nakladatelství Portál 1996.
97 Cf Sˇte˘pán Kardinál Trochta. Zˇivotopisná ˇcrta a vy´b˘er z proslovuº a pasty´ˇrsky´ch listuº (K
10. Vy´roˇcí smrti vydali cˇeˇstí salesiáni). Rím, Cˇeˇstí salesiáni 1984. In tedesco: Pavel MORAVA,
Kardinal Stephan Trochta. Eine Lebensgeschichte und eine Auswahl aus seinen Ansprachen
und Hirtenbriefen. Thaur/Tirol, Österreichischer Kulturverlag 1987.

7.10 Page 70

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70 Morand Wirth
masti liberi, alcuni poterono esercitare il ministero sotto severo controllo, altri
andarono a lavorare come operai nelle fabbriche. Nel 1956, durante il breve
periodo di libertà, alcuni uscirono dal paese per poter aiutare dall’estero, in-
viando clandestinamente libri proibiti. In Ungheria come negli altri paesi del
blocco comunista, le difficoltà più sentite erano la dispersione, l’isolamento e
la mancanza di informazione.
Nonostante le prove, la Società salesiana continuava a progredire. Il Capitolo
generale del 1947 confermava la ripresa generale. Nel 1950, i Salesiani si avvici-
navano già ai quindicimila ed il numero delle case aveva superato il migliaio.
Quando don Ricaldone morì nel 1951, dopo diciannove anni di governo, furo-
no molti a pensare che la Congregazione avesse perso con lui un grande supe-
riore, verso il quale aveva contratto un forte debito di riconoscenza.
V. MASSIMA ESPANSIONE DURANTE IL RETTORATO DI DON
ZIGGIOTTI (1952-1965)
1. I grandi viaggi
Rifacendosi alla tradizione di don Rua, il nuovo superiore generale, appena
eletto, intraprese una serie di grandi viaggi. Per la prima volta, fu visto un Ret-
tor maggiore in America ed in Estremo Oriente. Talvolta le condizioni in cui il
viaggio si svolse, erano tali che si aveva l’impressione di assistere alla realizzazio-
ne dei sogni più audaci di don Bosco.
Naturalmente le prime visite furono riservate all’Italia salesiana, ma le sue
preferenze andavano alle case di formazione. Dal novembre 1952 al gennaio
1953, tutte le case di noviziato e di studentato dell’Alta Italia lo videro. Fu poi
la volta di quelle del centro e del sud. Fin dai primi viaggi, si sentì circondato da
molta esuberanza salesiana. Egli la spiegava nel modo seguente che diventerà un
leitmotiv: “È la figura di don Bosco che continua a vivere e che grandeggia sem-
pre più nel mondo per opera dei Salesiani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice e
per la propaganda che ne fanno dappertutto gli allievi ed ex-allievi, i cooperatori
e gli amici innumerevoli”98.
Nel 1953, prendendo come occasione una festa o un anniversario salesiano,
don Ziggiotti visitò la Francia, la Germania, l’Austria, la Spagna e il Portogallo.
“Vi posso dire che da queste prime visite, ho tratto un proposito”, scriveva già
nell’ottobre del 1953, spiegando così la propria intenzione: “Farò tutto il possi-
bile per andare a visitare anche le Ispettorie e le Case più lontane”99.
Lo si vide attraversare l’Europa nel 1954, in particolare l’Italia, la Spagna, il
Portogallo, la Francia, la Germania, l’Austria, il Belgio, l’Olanda, l’Inghilterra,
98 Atti 173 (1953) 6.
99 Atti 176 (1953) 4.

8 Pages 71-80

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8.1 Page 71

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I salesiani in Europa (1875-1962). Sviluppo, condizionamenti e strategie 71
l’Irlanda. Ma alla fine di quello stesso anno, progettò un giro del mondo100.
Questi viaggi ebbero effetti immediati. Giunti dopo la scossa provocata dalla
guerra, cementarono l’unità salesiana attorno al successore di don Bosco e susci-
tarono al suo passaggio grandi simpatie. L’accoglienza fu calorosa, entusiastica,
talvolta delirante.
2. L’opera organizzatrice
A Torino don Ziggiotti continuò l’opera organizzatrice di don Ricaldone.
Basandosi sulle raccomandazioni del diciassettesimo Capitolo generale, si preoc-
cupò del buon andamento delle case di formazione. Un motivo particolare lo
spingeva ad occuparsene: la necessità di un personale salesianamente qualificato,
di cui afferrava l’urgenza durante le sue visite.
Nel campo dell’educazione della gioventù, incoraggiò le iniziative delle
Compagnie, di cui diceva che costituivano una “parte vitale del sistema preven-
tivo”101. Se necessario, interveniva nei suoi scritti contro coloro che le giudicava-
no superate, e ricordava che aveva lo scopo di preparare i giovani all’Azione Cat-
tolica, di cui non potevano essere un doppione. Il rifiorire delle Compagnie, che
si manifestava con congressi, incontri, riviste di formazione, trovò uno stimolo
efficace nella canonizzazione di Domenico Savio, il 12 giugno 1954. Nel perio-
do che seguì, si moltiplicarono le feste in onore del giovane santo, sia in Italia
che all’estero. Si assistette al sorgere tra i giovani dei “Clubs Domenico Savio” e
degli “Amici di Domenico Savio”. I “Pueri cantores” lo scelsero come patrono.
Svariate solennità e realizzazioni completano il quadro di questo rettorato. Il
3 maggio del 1959, nel quartiere periferico di Cinecittà a Roma, Giovanni
XXIII visitò il nuovo tempio monumentale dedicato a san Giovanni Bosco, e
l’11 maggio l’urna contenente il suo corpo fu portata per le vie della città. Nello
stesso tempo, don Ziggiotti incominciò ad attuare il voto fatto dal suo predeces-
sore di innalzare un tempio a don Bosco sulla collina dei Becchi. Nel 1962,
Giovanni XXIII faceva dell’arcivescovo di Santiago del Cile, mons. Raúl Silva
Henríquez, il terzo cardinale salesiano102. Durante il rettorato di don Ziggiotti,
fu portato anche a termine il trasferimento a Roma del Pontificio Ateneo Sale-
siano. Oltre alle Facoltà già in funzione, esso avrebbe ospitato un Istituto di La-
tinità, che la Santa Sede aveva voluto affidare ai Salesiani. Infine, “onore e gioia
suprema”, come lui stesso ebbe a dire, il Rettor maggiore fu invitato a partecipa-
re, dal 1962, alle prime tre sessioni del concilio Vaticano II.
Nonostante una leggera flessione verso la fine, la Congregazione raggiunse, tra il
1952 ed il 1965, la punta più alta della propria crescita numerica. I Salesiani da
100 Cf il resoconto di questo viaggio: “Ho visto don Bosco in tutti i continenti”, in BS
79 (settembre 1955) 333-342.
101 Atti 171 (1952) 9.
102 Vedi Oscar PINOCHET DE LA BARCA, El cardenal Silva Henríquez. Luchador por la
justicia. Santiago de Chile, Editorial Salesiana 1987.

8.2 Page 72

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72 Morand Wirth
16.900 superarono i 22.000, le ispettorie passarono a 73, le case da 1.093 a circa
1.400. L’ottimismo del Rettor maggiore, gli incoraggiamenti da lui prodigati in tutti
i paesi diedero frutti abbondanti. Da uomo di Dio, egli si sforzò di promuovere la
vita spirituale dei Salesiani, con le parole e con gli scritti. Anche per questo, diede un
notevole impulso alle cause di canonizzazione dei santi della Famiglia salesiana103.
Conclusione
Percorrendo velocemente la storia salesiana tra il 1875 e il 1962, abbiamo
potuto individuare alcuni dei fattori positivi e negativi che hanno influito sullo
sviluppo dell’opera salesiana. Sintetizziamo brevemente per concludere alcuni
dei fattori positivi:
– il fattore personale: statura carismatica e istituzionale del fondatore e dei suoi
successori, intraprendenza e coraggio dei pionieri, dei missionari, fedeltà e
generosità dei salesiani, testimonianza dei martiri e dei santi;
– l’aumento costante delle vocazioni e del personale salesiano, con qualche ral-
lentamento dovuto alle guerre e alle persecuzioni;
– l’adattamento delle opere ai bisogni dei tempi, e dunque la loro significatività;
pensiamo per esempio agli oratori, alle scuole di vari tipi (in particolare le scuo-
le professionali e agricole), le parrocchie in particolare nei paesi di missioni;
– il contributo della Famiglia salesiana, dei Cooperatori, degli Exallievi;
– l’entusiasmo missionario, che mandò dall’Europa centinaia di missionari in
tutti i continenti;
– la spinta venuta dalla beatificazione (1929) e dalla canonizzazione (1934) del
fondatore;
– l’appoggio della Chiesa e quello delle autorità civili e governative;
– la diffusione del Bollettino salesiano e dalla stampa salesiana.
Sono soltanto alcuni fattori dell’espansione piuttosto veloce e sorprendente
dal 1875 al 1962. Tra i fattori negativi o problematici che hanno intralciato o
arrestato in alcune zone lo sviluppo dell’opera salesiana abbiamo individuato:
– le limitazioni, e le persecuzioni di vario tipo durante questo periodo;
– l’opposizione qualche volta di una parte della Chiesa;
– le guerre, in particolare le due guerre mondiali, con distruzioni e morti;
– varie difficoltà interne (adattamento delle opere, alcuni casi di conflitti interni).
Come si può vedere, i fattori negativi non furono tali da impedire una conti-
nua crescita numerica del personale e delle case.
103 “Don Ziggiotti è forse il Rettor maggiore che più ha contribuito alla ricerca, illu-
strazione e affermazione della santità nella Famiglia salesiana”, scrive don Càstano (Don
Renato Ziggiotti, p. 45).

8.3 Page 73

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I salesiani in Europa (1875-1962). Sviluppo, condizionamenti e strategie 73
Appendice 1
Personale e case SDB (1875-1962)
Professi
Novizi
Case
1875
1876
1877
1878
1879
1880
1881
1882
1883
1884
1885
1886
1887
1888
1889
1890
1891
1892
1893
1894
1895
1896
1897
1898
1899
1900
1901
1902
1903
1904
1905
1906
1907
1908
1909
1910
1911
1912
1913
1914
1915
1916
1917
171
191
241
300
347
405
452
482
520
554
593
636
715
773
881
994
1.129
1.125
1.411
1.579
1.735
1.846
2.214
2.322
2.572
2.723
2.916
3.065
3.102
3.223
3.349
3.566
3.774
3.804
3.890
4.001
4.090
4.103
4.162
4.200
4.257
4.306
4.433
84
11
84
15
120
21
142
28
147
32
146
32
144
36
167
38
173
39
210
42
212
45
254
48
257
53
276
58
320
64
305
75
409
89
410
106
536
119
699
132
702
152
658
177
761
203
783
220
781
234
803
246
742
265
723
284
673
304
764
315
630
333
556
343
521
358
429
363
424
376
371
387
310
395
317
329
420
338
439
351
446
354
466
362
359
354

8.4 Page 74

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74 Morand Wirth
1918
1919
1920
1921
1922
1923
1924
1925
1926
1927
1928
1929
1930
1931
1932
1933
1934
1935
1936
1937
1938
1939
1940
1941
1942
1943
1944
1945
1946
1947
1948
1949
1950
1951
1952
1953
1954
1955
1956
1957
1958
1959
1960
1061
1962
Professi
4.447
4.465
4.417
4.638
4.733
4.975
5.283
5.611
5.920
6.312
6.687
7.170
7.652
8.059
8.350
8.968
9.449
9.979
10.509
10.994
11.401
11.770
12.055
11.359
12.521
12.591
13.583
14.092
14.427
14.754
15.182
15.732
16.179
16.740
17.161
17.510
17.955
18.378
18.809
19.295
19.801
19.155
Novizi
434
443
499
437
461
523
648
643
762
772
827
898
841
895
1.057
882
959
1.025
1.050
1.021
928
993
877
826
795
909
943
830
1.022
1.087
1.182
1.178
1.177
1.082
1.079
1.218
1.179
1.175
1.222
1.250
1.247
1.200
Case
370
394
411
413
444
457
491
514
529
596
618
629
652
692
710
720
757
773
787
807
826
852
827
987
1.021
1.080
1.092
1.030
1.091
1.076
1.093
1.119
1.155
1.198
1.232
1.253
1.289
1.310
1.343
1.321
1.287

8.5 Page 75

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I salesiani in Europa (1875-1962). Sviluppo, condizionamenti e strategie 75
Appendice 2
Cronologia
Eventi positivi ed eventi problematici (1875-1962)
Anno Eventi positivi
Eventi problematici
1875
Arrivo dei primi Salesiani a Nizza in Francia
I primi missionari partono per l’Argentina
Difficoltà di don Bosco con l’arcivescovo di Torino
1876 Approvazione pontificia dei Cooperatori
1877 Il Bollettino salesiano
1879 Inizio della missione salesiana in Patagonia
1880
Primo allarme per le case in Francia
1881 SDB in Spagna
1883 Don Bosco a Parigi
1884 Don Michele Rua designato vicario di don Bosco
Giovanni Cagliero consacrato vescovo a Valdocco
Malattia e invecchiamento di don Bosco
1886 Don Bosco a Barcellona
1887 SDB in Inghilterra e a Trento (Impero austro-ungarico)
1888 Don Rua Rettor Maggiore
Morte di don Bosco
1889 SDB in Svizzera
1891 I primi SDB partono per la Terra Santa (Betlemme)
SDB nel Belgio
1893 SDB in Polonia
Difficoltà tra don Markiewicz e don Rua
1894 SDB in Portogallo
1895 Congresso internazionale COOP a Bologna
1896 I primi SDB partono per l’Africa meridionale (Cape Town)
1897 I primi SDB partono per l’America del Nord (S. Francisco)
1900 I novizi sono più di 800
1901 SDB in Jugoslavia
Diminuisce il numero dei novizi
Leggi contro le congregazioni in Francia
1903 SDB a Malta e a Istanbul (Turchia)
Congresso internazionale COOP a Torino
1906 I primi SDB partono per l’India e la Cina
Congresso internazionale COOP a Milano
1907 Don Bosco dichiarato Venerabile
Fondazione della S.A.I.D. “Buona Stampa” a Torino
I “fatti di Varazze”
1910 Don Albera Rettor maggiore
Congresso internazionale Exallievi a Torino
Rivoluzione in Portogallo
1912 Aumenta di nuovo il numero dei novizi
1913 SDB in Ungheria
1914
Inizio della I guerra mondiale
1915 Mons. Cagliero primo cardinale salesiano
Anno di guerra
1916 SDB in Germania
Anno di guerra

8.6 Page 76

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76 Morand Wirth
Anno Eventi positivi
1917 I novizi sono 359
1918 I novizi sono 434
1919 SDB in Irlanda
1920 Triplice Congresso internazionale a Torino
1922 Don Rinaldi Rettor maggiore
I primi SDB partono per l’Australia
1924 SDB in Cecoslovacchia
1925 I primi SDB partono per il Giappone
1926 Congresso internazionale COOP a Torino
1928 SDB in Olanda
1929 Beatificazione di don Bosco
1930 SDB in Svezia
1931
1932 Don Ricaldone Rettor maggiore
1933
1934 Canonizzazione di don Bosco – SDB in Lituania
1936
1937 SDB in Città del Vaticano
1939
1940 Erezione del Pontificio Ateneo Salesiano (PAS)
1941 Don Ricaldone decide di fondare l’editrice LDC
1942
1943 I novizi sono più di 900
1944
1945 L’opera degli sciuscià a Roma
1946 Don Bosco Patrono degli editori cattolici
1947
1949 I novizi sono più di 1000
1950
1951
1952
Don Ziggiotti Rettor maggiore
Congresso mondiale COOP a Roma
1953 Nasce la Confederazione mondiale Exallievi di DB
1954 Canonizzazione di Domenico Savio
1958 Congresso internazionale COOP a Bruxelles
1959 Don Ziggiotti in udienza da Giovanni XXIII
1960 Congresso internazionale COOP a Madrid
1962 Il Rettor maggiore al Concilio Vaticano II
I novizi sono 1200
Eventi problematici
Anno di guerra
Anno di guerra
Regime fascista in Italia
Stato totalitario in Italia
Il Regime contro le associazioni cattoliche in Italia
Repubblica anticlericale in Spagna
Regime totalitario nazista in Germania
Inizio incarcerazioni e massacri di SDB in Spagna
Inizio II guerra mondiale – Persecuzione in Polonia
Anno di guerra
Anno di guerra
Anno di guerra – Arrestato don Trochta a Praga
Anno di guerra – Don Berruti a Roma
Anno di guerra
Fine della guerra
Inizio della “guerra fredda” in Europa
Il socialismo antireligioso nei paesi dell’Est
Internamento di 300 Salesiani slovacchi
Persecuzione in Ungheria
1900 SDB deportati, in esilio o in carcere
Mons. Trochta arrestato e condannato

8.7 Page 77

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I salesiani in Europa (1875-1962). Sviluppo, condizionamenti e strategie 77
Appendice 3
Capitoli generali SDB 1-18 (1877-1958)
CG Anno
CG1 1877
CG2 1880
CG3 1883
CG4 1886
CG5 1889
CG6 1892
CG7 1895
CG8 1898
CG9 1901
CG10 1904
CG11 1910
CG12 1922
CG13 1929
CG14 1932
CG15 1938
CG16 1947
CG17 1952
CG18 1958
Rettorato
Don Giovanni Bosco
Don Giovanni Bosco
Don Giovanni Bosco
Don Giovanni Bosco
Don Michele Rua
Don Michele Rua
Don Michele Rua
Don Michele Rua
Don Michele Rua
Don Michele Rua
Don Paolo Albera
Don Filippo Rinaldi
Don Filippo Rinaldi
Don Pietro Ricaldone
Don Pietro Ricaldone
Don Pietro Ricaldone
Don Renato Ziggiotti
Don Renato Ziggiotti
Luogo
Lanzo
Lanzo
Valsalice
Valsalice
Valsalice
Valsalice
Valsalice
Valsalice
Valsalice
Valsalice
Valsalice
Valdocco
Valsalice
Valdocco
Rebaudengo
Valsalice
Valdocco
Valdocco
Capitolari
23
27
35
37
42
69
9
146
131
75
73
64
88
87
105
111
102
119
Giorni
13
13
6
6
4
8
4
5
4
21
13
16
12
2
13
18
14
13
Temi trattati
Applicazione delle Costituzioni
Regolamenti speciali
Regolamenti e norme
Regolamenti e norme
Formazione dei Salesiani
Studi e pietà
Regolamenti ed educazione
Studi e formazione
Noviziati e studentati
Deliberazioni “organiche”
Revisione dei Regolamenti
Stesura dei Regolamenti
Studi, scuole, missioni
Elezione Rettor maggiore
Elezioni, case di formazione
Elezioni, beneficenza
Scuole professionali, missioni
Osservanza religiosa

8.8 Page 78

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8.9 Page 79

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LE FIGLIE DI MARIA AUSILIATRICE IN EUROPA 1900-1960.
SVILUPPO, CONDIZIONAMENTI, STRATEGIE
Grazia Loparco*
Introduzione
Il periodo compreso tra il 1900 e il 1960 fu tempo di grande espansione e
consolidamento per le Figlie di Maria Ausiliatrice (FMA) sia in Italia che in di-
versi Paesi europei1. Concluso il periodo delle origini, sotto il profilo istituzio-
nale le Normae della Santa Sede del 1901 avviarono il processo che portò all’au-
tonomia giuridica e amministrativa dell’Istituto nel 1906, con la rielaborazione
delle Costituzioni ancora riviste da don Bosco nel 18852. In seguito al VI Capi-
tolo generale straordinario del 1907 si pubblicò il Manuale che assicurava dei
criteri operativi specifici, per integrare il testo delle Costituzioni, generico e ina-
deguato a rispecchiare lo “spirito dell’Istituto”3.
Nel 1908 avvenne l’erezione canonica delle ispettorie, cinque in Italia, la
francese e la spagnola, mentre c’era già qualche casa anche in Belgio, Svizzera,
Inghilterra, Albania. Non si intendeva ovviamente frammentare il governo del-
l’Istituto, quanto articolarlo localmente conservando l’unità, come si procurò di
* Figlia di Maria Ausiliatrice, docente presso la Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educa-
zione “Auxilium” di Roma.
1 I primi decenni di vita dell’Istituto, fino al 1922, sono accennati nei tre volumetti di
Giselda CAPETTI, Il cammino dell’Istituto nel corso di un secolo. Roma, Istituto FMA 1972-
1976. Per i decenni successivi non si dispone ancora di una ricostruzione unitaria, per cui
occorre raccogliere le singole informazioni da fonti differenti, talvolta edite e soprattutto
inedite. Un aiuto efficace è dato dalle archiviste generali, prima sr. Anna Costa e poi sr.
Giuseppina Parotti, senza la cui collaborazione questi dati non si sarebbero potuti offrire.
L’attendibilità deriva dalla verifica oculata sulle persone, mentre per lo sviluppo delle case e
delle opere occorrono necessariamente studi monografici. Alcuni sono iniziati, ma l’am-
piezza dell’Istituto rende ardua l’impresa.
2 Cf Giovanni BOSCO, Costituzioni per l’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice (1872-
1885). Testi critici a cura di Cecilia Romero FMA. Roma, LAS 1983; Costituzioni dell’Isti-
tuto delle Figlie di Maria Ausiliatrice fondate da D. Bosco. Torino, Tipografia Salesiana 1906.
Sui precedenti dell’autonomia giuridica dell’Istituto FMA, cf il mio contributo: Figlie di
Maria Ausiliatrice e Santa Sede. Inediti sugli antecedenti della separazione giuridica dai Sale-
siani (1901-1904), in “Rivista di Scienze dell’Educazione” 40 (2002) 2, pp. 243-256.
3 Cf Manuale delle Figlie di Maria Ausiliatrice fondate l’anno 1872 dal Venerabile Gio-
vanni Bosco. Torino, Tip. Salesiana 1908.

8.10 Page 80

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80 Grazia Loparco
assicurare con le visite delle superiore generali o delle consigliere, con le lettere
circolari che divennero mensili dal 1914, col Notiziario delle FMA inaugurato
nel dicembre 1921 e con una corrispondenza privata sia con le superiore che
con i superiori salesiani. Almeno fino al tempo di don Rinaldi, molte FMA si
rivolsero al Rettor maggiore per consiglio e orientamento spirituale; durante il
rettorato di don Ricaldone soprattutto il consiglio generale risentì di alcune sue
sollecitazioni a osare un salto di qualità nella formazione del personale, nelle
missioni e nelle opere richieste dai tempi.
Le Costituzioni rinnovate nel 1922 in base al Codice di Diritto Canonico
(1917) rimasero in vigore fino al Concilio Vaticano II, completate dal Manuale-
Regolamenti rivisto nel 19294 e da vari regolamenti relativi alle opere, alle asso-
ciazioni, alle case di formazione5.
Le superiore generali, con lunghi periodi di governo, furono Caterina Da-
ghero (1881-1924), che nel 1900 aveva 44 anni, già da venti guidava l’Istituto e
lo avrebbe condotto “con cuore di donna e polso di uomo”, a detta di don Ri-
caldone6, fino al rinnovato slancio missionario seguito alle celebrazioni del
1922; Luisa Vaschetti (1924-1938/1943)7; Linda Lucotti (1943-1958)8; Angela
Vespa (1958-1969). Erano personalità diverse, ma in continuità di stile di go-
verno, nella collaborazione rispettosa con i Salesiani.
Gradualmente scomparivano le FMA e le consigliere legate alle origini: Emi-
lia Mosca, Elisa Roncallo, Angiolina Buzzetti, Eulalia Bosco, Enrichetta Sorbo-
ne, Petronilla Mazzarello…, tuttavia la longevità di alcune di esse aveva costitui-
to una memoria vivente nel mutare dei tempi. Negli anni ’30 si intrecciò la
grandiosa canonizzazione di don Bosco e la beatificazione di Maria Mazzarello
(1938), riconosciuta confondatrice su proposta del Promotore della fede, titolo
con qualche difficoltà accettato dai superiori e dalle superiore9. Nel 1951 si cele-
4 Cf Manuale-Regolamenti delle Figlie di Maria Ausiliatrice fondate l’anno 1872 dal Bea-
to Giovanni Bosco. Nizza Monferrato, Istituto FMA 1929.
5 Cf Anna COSTA – Iride ROSSO (a cura di), Bibliografia sull’Istituto delle Figlie di Ma-
ria Ausiliatrice. Roma, Istituto FMA 1996, pp. 29-30; 35; 37-38.
6 Giuseppina MAINETTI, Madre Caterina Daghero, prima successora della beata Maria Maz-
zarello nel governo generale dell’Istituto “Figlie di Maria Ausiliatrice”. Torino, SEI 1940, p. 272.
7 Cf Lina DALCERRI, Madre Luisa Vaschetti. Terza Superiora Generale delle Figlie di Ma-
ria Ausiliatrice. Roma, Istituto FMA 1954.
8 Cf Luigi CASTANO, Una madre. M. Linda Lucotti quarta superiora generale delle FMA.
Roma, Istituto FMA 1978.
9 Cf Luigi FIORA, Storia del titolo di “Confondatrice” conferito dalla Chiesa a S. Maria
Domenica Mazzarello, in Maria Esther POSADA (a cura di), Attuale perché vera. Contributi
su S. Maria Domenica Mazzarello. Roma, LAS 1987, pp. 37-51. Don Ferdinando Macco-
no, Vice Postulatore della causa, narrò di aver dovuto soffrire a causa della Mazzarello,
poiché qualche superiore salesiano temeva una diminuzione della figura di don Bosco fon-
datore. Neppure le FMA tenevano a un riconoscimento che superasse la qualifica di “Pri-
ma Superiora”, e anzi fecero dei passi presso la S. Congregazione per evitarlo. Una ricerca
approfondita potrà chiarire la vicenda, oltre i cenni resi noti da L. Fiora.

9 Pages 81-90

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9.1 Page 81

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Le Figlie di Maria Ausiliatrice in Europa 1900-1960. Sviluppo, condizionamenti, strategie 81
brava la canonizzazione di M. Mazzarello, ma tra le FMA era di fatto poco con-
siderata, oltre i racconti episodici ed edificanti.
Lo sviluppo dell’Istituto comportò maggiori esigenze di comunicazione, per-
ciò suggerì il trasferimento della casa generalizia da Nizza Monferrato a Torino
nel 1929, in Piazza Maria Ausiliatrice, 510. In sei decenni si moltiplicarono i
viaggi della superiora generale e delle consigliere nei vari Paesi europei11. Solo
madre Luisa Vaschetti, di salute precaria, governò dal centro, inviando le consi-
gliere a rappresentarla. L. Lucotti, invece, affrontò numerosi viaggi per visitare
quasi tutte le case, dopo il turbine della seconda guerra mondiale. Con l’avvento
del regime comunista, mentre visitava le case di Austria e Germania nel 1952,
non le fu però possibile incontrare le circa venti FMA cecoslovacche12.
In un quadro istituzionale ormai ben regolato, l’aumento di personale e di
fondazioni non si arrestò neppure con le due guerre mondiali che pure chiesero
un notevole sforzo di adattamento all’emergenza. L’impegno missionario era
stato costante dall’inizio, ma ebbe una fase di rallentamento negli anni della pri-
ma guerra. Fu ripreso nel 1922 in occasione del 50° dell’Istituto e si intensificò
particolarmente nel decennio 1920-’30. Ne scaturirono molte fondazioni in Eu-
ropa, si rafforzarono nel Medio Oriente e in America, furono inaugurate in
Asia.
L’incremento dell’Istituto avveniva in un contesto europeo attraversato dalla
crisi del liberalismo, stravolto dall’ascesa dei totalitarismi, dalle guerre, dalle loro
conseguenze; aperto a inediti scenari col dopoguerra, nella frattura e discrepanza
tra Est ed Ovest. Nei tempi di guerra, in cui le FMA provenivano anche da Pae-
si belligeranti, valeva l’atteggiamento consueto, richiamato da don Ricaldone, a
non far mai questioni di nazionalità, propaganda politica o patriottica all’estero:
“Si rispettino tutti e si ami il Paese dove si va a lavorare”13.
È lecito chiedersi se e come le FMA superarono i condizionamenti esterni, in
che misura furono consapevoli delle profonde mutazioni sociali che riguardava-
no le giovani, se ne accettarono le conseguenze nella formazione delle religiose,
nella scelta e nella conduzione delle opere.
La sana dialettica tra il governo centrale e le FMA inserite nelle ispettorie,
che talora affiorò con discrezione nei Capitoli generali e nelle decisioni del Con-
siglio generale, recava l’impronta di una certa consapevolezza delle novità da
fronteggiare senza scendere a compromessi.
10 Rimase a Torino fino al 1969, eccetto il periodo di sfollamento a Casanova (da no-
vembre ’43 al maggio ’45).
11 L’America fu visitata a fine ’800 da madre Daghero e nel 1908-’13 dalla vicaria ge-
nerale Enrichetta Sorbone.
12 Nel 1948 avvenne il primo viaggio aereo della superiora generale verso l’America e
di sr. Novasconi verso l’Oriente, documentato nel “Notiziario”. Nel 1952 madre Lucotti
visitò la Spagna, poi l’Austria e la Germania. Cf L. CASTANO, Una madre…, p. 337.
13 Verbale del IX Capitolo generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice celebratosi nella Casa
madre di Nizza Monf.to Anno 1928, 9 settembre, in AGFMA 1109-121.

9.2 Page 82

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82 Grazia Loparco
1. Incremento e distribuzione della presenza delle religiose
Lo sviluppo delle opere in Italia e all’estero fino al 1922 è noto, come pure il
confronto tra il numero di case di SDB e delle FMA14. Per le religiose l’incre-
mento è maggiore in Italia rispetto agli altri Paesi europei, e più in America che
in questi ultimi. Inoltre il numero elevato di piccole comunità, specialmente in
Italia, spiega la superiorità delle fondazioni FMA rispetto a quelle SDB, che
contavano un numero maggiore di religiosi.
Tabella n. 1. Confronto tra la distribuzione delle case dei Salesiani e delle FMA
negli anni 1908 e 1922
Nazioni o regioni
geografiche
Italia
Europa-Medio Or.
America
Totale
1908
Salesiani
FMA
98
165
79
23
131
89
308
277
1922
Salesiani
125
109
180
414
FMA
254
30
134
423
La vasta gamma di opere fu raccolta dalle FMA intorno ad alcune categorie
usate nella segreteria generale tra il 1917 e il ’25: opere dirette di istruzione ed
educazione (le più numerose), di preservazione morale, di penetrazione, oltre a
quelle sorte per l’emergenza della guerra15.
Le fondazioni si erano moltiplicate fin dai primi anni dell’Istituto e aumen-
tarono nell’Europa centro orientale dopo la prima guerra mondiale, soprattutto
dopo il rilancio del 1922. I fatti legati ai regimi dittatoriali e soprattutto al se-
condo conflitto mondiale e poi all’occupazione comunista dei Paesi stretti nel
patto di Varsavia, resero difficile l’attività educativa, la stessa sopravvivenza delle
opere e la comunicazione tra le persone, le case e le superiore residenti a Torino.
L’aumento delle comunità fu continuo fino al 1960, sia per numero di Paesi
che di zone raggiunte all’interno di ciascuno di essi. I movimenti politici a volte
agevolarono e altre ostacolarono le attività della vita religiosa, fino a ridurla in
clandestinità. La documentazione archivistica illustra la variazione numerica an-
nuale sia delle case che delle novizie e delle professe, senza però selezionare le ci-
fre relative all’Europa rispetto al totale16.
14 Cf Enrica ROSANNA, Estensione e tipologia delle opere delle Figlie di Maria Ausiliatrice, in
Francesco MOTTO (a cura di), L’Opera salesiana dal 1880 al 1922. Significatività e portata socia-
le. Vol. I. Contesti, quadri generali, interpretazioni. (= ISS – Studi, 16). Roma, LAS 2001, p. 157.
15 Cf ibid., pp. 151-177. E la mia ricerca complessiva: Le Figlie di Maria Ausiliatrice
nella società italiana (1900-1922). Percorsi e problemi di ricerca. Roma, LAS 2002.
16 Cf le tabelle sulle case e sull’andamento del personale FMA, nel CD allegato a questo
volume.

9.3 Page 83

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Le Figlie di Maria Ausiliatrice in Europa 1900-1960. Sviluppo, condizionamenti, strategie 83
1.1. Le FMA nei diversi Paesi europei
Poco tempo dopo la fondazione dell’Istituto in Italia (1872), le prime case all’e-
stero si aprirono in Francia (1877), Spagna (1886), Belgio (1891), Svizzera (1898);
seguirono la Gran Bretagna (1902), Albania (1907), Austria (1914). Conclusa la
prima guerra mondiale, si aggiunsero Irlanda (1920), Germania (1922), Polonia
(1922), Lituania (1924), Slovenia (1936), Ungheria (1937); Slovacchia, Croazia,
Portogallo (1940)17. La ripresa col secondo dopoguerra iniziò dal 1946, ma era im-
possibile pensare a nuovi Paesi, dopo la spaccatura dell’Europa in due blocchi. Do-
po l’erezione canonica delle prime ispettorie nel 1908 e altre successive, nel 1946
furono erette a ispettorie le visitatorie germanica, inglese, polacca. Nel 1954 l’ispet-
toria austriaca si staccava dalla germanica e la portoghese dalla spagnola.
I numeri di case aperte e soppresse nel periodo interessato sono di seguito
indicati secondo l’ordine alfabetico dei Paesi.
Tabella n. 2: Case delle FMA aperte, soppresse, attive in Europa entro il 196018
Paese
Albania
Austria
Belgio
Croazia
Francia
Germania
Gran Bretagna
Irlanda
Italia
Lituania
Polonia
Portogallo
Slovacchia
Slovenia
Spagna
Svizzera
Ungheria
Totale
Case aperte fino al 1960
4
18
26
4
67
22
14
4
932
2
34
19
4
4
82
9
4
1249
Case soppresse entro il ’60
419
6
6
1
36
4
4
1
283
2
9
4
4
2
10
5
4
385
Case attive entro il ’60
-
12
20
3
31
18
10
3
649
-
2520
15
-
2
72
4
-
864
17 Nei Verbali delle adunanze del Consiglio Generalizio appare già la richiesta delle FMA
in Portogallo, presentata il 7 maggio 1899 e appoggiata da don G. Marenco. Spesso nei
viaggi di don Rua all’estero maturava la richiesta di aprire case di FMA oltre che di SDB.
Cf Verbali adunanze Consiglio Generalizio dal gennaio 1896 al dicembre 1908, 7 maggio
1899, in AGFMA 12-1 [d’ora in poi la fonte è abbreviata: Verbali adunanze].
18 Informazioni desunte dall’AGFMA. L’indicazione della Croazia, Slovenia e Slovacchia rispec-
chia l’attuale configurazione politica, mentre nel 1960 si parlava di Jugoslavia e Cecoslovacchia.

9.4 Page 84

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84 Grazia Loparco
Non meno indicativo è il fenomeno delle case soppresse per diversi motivi:
talvolta difficoltà economiche o di collaborazione con chi aveva invitato le reli-
giose; altre volte si trattava di opere naturalmente precarie, sorte durante le
guerre o come risposta a emergenze sociali; altre volte si dovette rinunciare per
motivi politici, come in Spagna, Francia, nazioni dell’Est, eccetto la Polonia che
riuscì a mantenere molte case anche sotto il regime21.
1.2. L’aumento delle FMA e la loro provenienza geografica
Il numero delle FMA era progredito rapidamente sin dai primi anni, non-
ostante molti decessi precoci e alcune defezioni, così a nove anni dalla fonda-
zione madre Mazzarello nel maggio 1881 lasciava 166 religiose e 48 novizie
distribuite in 26 case e 4 nazioni22. Ella aveva scelto le candidate, era rimasta in
contatto con loro e le aveva visitate, curando l’unità dell’Istituto insieme all’e-
spansione23. Nei primi anni le FMA furono ovviamente tutte italiane e anche
nei decenni successivi restarono la grande maggioranza. Il loro incremento s’in-
treccia con la provenienza regionale, che rivela la modifica del trend iniziale e la
proporzione tra le aree rappresentate, negli anni in cui si cercava di costruire
l’unità del Paese.
Nei due periodi 1872-’99, 1900-’21 spicca la netta prevalenza di FMA pie-
montesi, seguite da lombarde e sicule. Eccetto il Piemonte già più stabilizzato, il
secondo periodo è segnato da un incremento più marcato, specie nelle regioni
raggiunte da minor tempo. Dentro i numeri si potrebbero fare delle osservazio-
ni, ad esempio la differenza tra l’incremento delle FMA in Lombardia, già ricca
di religiose di vita attiva al momento dell’arrivo delle FMA, e quello in Sicilia,
terra lontana dal Piemonte da molti punti di vista, in cui le FMA costituirono
un nuovo modello di religiosa educatrice di origine italiana che, dopo qualche
incertezza da parte delle famiglie, trovò molto seguito nelle vocazioni locali24. In
19 Nella relazione annuale consegnata alla Santa Sede compariva l’elenco dei Paesi Ol-
trecortina con l’indicazione delle case “forzatamente chiuse” e le ispettorie a cui restavano
collegate le FMA clandestine. Cf SACRA CONGREGATIO DE RELIGIOSIS, Relatio annualis, A.
1960, Schema annuale n. 2, A die 1 ianuarii usque ad diem 31 decembris; Schema annuale
N. 3 bis, A. 1960, Status domorum II, in AGFMA 510 60.
20 La stessa fonte appena citata distingueva 23 case più 2 in Polonia Oltrecortina.
21 Nell’Elenco generale annuale delle case dell’Istituto per motivi di prudenza furono
espunte le case di alcuni paesi, nei periodi di persecuzione.
22 Cf Piera CAVAGLIÀ – Anna COSTA (a cura di), Orme di vita, tracce di futuro. Fonti e
testimonianze sulla prima comunità delle Figlie di Maria Ausiliatrice (1870-1881). Roma,
LAS 1996, p. 10.
23 Cf E. ROSANNA, Estensione e tipologia…, p. 157.
24 Prima delle FMA erano giunte in Sicilia le Figlie della Carità nel 1856, le Suore di ca-
rità della Thouret nel 1872, le Suore del Buon Pastore nel 1878, lo stesso anno delle Piccole
Sorelle dei Poveri, tutte di origine francese; le Figlie di S. Anna a Girgenti nel 1876. Cf an-
che gli studi più generali di M. T. Falzone e Gaetano ZITO, Educazione della donna in Sici-

9.5 Page 85

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Le Figlie di Maria Ausiliatrice in Europa 1900-1960. Sviluppo, condizionamenti, strategie 85
Grafico n. 1 – Provenienza regionale delle FMA italiane 1872-1899; 1900-1921
Liguria, invece, raggiunta già nel 1878 dalle FMA, col nuovo secolo era già ini-
ziata la crisi vocazionale similmente a quanto avveniva in Francia.
Il seguente grafico (1922-1960) comincia a segnalare alcune inversioni di
tendenza, fermo restando la proporzione più alta di piemontesi, lombarde e si-
cule. Ma le venete e quelle provenienti dalle regioni meridionali aumentano in
modo netto, mentre nelle regioni settentrionali, eccetto il Veneto, inizia la dimi-
nuzione. Nell’insieme la composizione territoriale è più variegata, rispecchiando
la diffusione delle case e gli effetti della mobilità interna di molte ragazze per
motivi di lavoro o di studio25.
lia tra Otto e Novecento. Le Figlie di Maria Ausiliatrice e Luigi Sturzo. Roma, LAS 2002.
25 Per la statistica delle suore italiane suddivise nelle province di nascita risultano 30
professe dal 1922 al 1943 e 25 del periodo 1944-1960 che sono considerate vocazioni ita-
liane benché nate all’Estero (Francia, Libia, Egitto, Eritrea, Argentina...) da genitori emi-
grati, sicuramente per lavoro e poi ritornate bambine in Italia. Non sono conteggiate nella
statistica, per l’incertezza della provincia di provenienza.

9.6 Page 86

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86 Grazia Loparco
Grafico n. 2 – Provenienza regionale delle FMA italiane 1922-1943; 1944-1960
Negli altri Paesi europei i numeri sono pure indicatori interessanti per l’in-
treccio di vari fattori concorrenti: prevalenza cattolica nella popolazione, ante-
riorità delle fondazioni FMA con un più intenso radicamento sociale, maggiore
o minore concorrenza di altri Istituti educativi, impatto nel contesto, evoluzione
politica.
Nella costante crescita generale, non mancò qualche momento di crisi: all’i-
nizio del ’900 si era già allungata l’età media, tuttavia intorno al 1910 ci fu una
contenuta flessione nell’incremento per effetto immediato dell’incertezza creata
dall’autonomia nel governo e per l’obbligo dei voti perpetui, che comportò al-
cune dimissioni. Varie religiose perirono inoltre a causa della febbre spagnola se-
guita alla prima guerra mondiale e dopo la seconda, che aveva già mietuto alcu-
ne vittime nei bombardamenti. Il numero delle professioni era comunque di
gran lunga superiore alle perdite sia in Italia che negli altri Paesi, dove presto si
ebbero vocazioni locali, talora anteriori alla fondazione delle case, soprattutto
nell’Est europeo, dove erano già giunti i salesiani.

9.7 Page 87

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Le Figlie di Maria Ausiliatrice in Europa 1900-1960. Sviluppo, condizionamenti, strategie 87
Grafico n. 3 – FMA nate in Europa (eccetto Italia) professe dal 1872 al 1960
In totale nel 1960 si contavano 11.540 professe italiane, senza contare le de-
funte e le uscite, (più altre 55 figlie di emigranti e presto rientrate in patria),
mentre le FMA degli altri Stati europei erano 3.179. Il più alto numero era co-
stituito dalle spagnole, seguite dalle francesi. Nell’ultimo periodo (1943-1960)
erano aumentate le coraggiose polacche, le irlandesi, le portoghesi. La Germania
aveva avuto il boom tra le due guerre, mentre dopo la seconda le vocazioni erano
in declino, come anche in Belgio, ma per motivi del tutto diversi da quelli che
segnarono la battuta d’arresto nei Paesi dell’Est. Negli altri Stati, invece, ci fu un
generale incremento, che precedette la crisi vocazionale più evidente dall’inizio
degli anni ’70.
Al totale di 11.107 FMA europee effettivamente presenti nel 1960, occorre ag-
giungere 4.727 extraeuropee, difatti nell’intera congregazione a fine 1960 si con-
tavano 15.834 FMA. Nel 1900 erano 1.718 in tutto; nel 1922, a cinquant’anni
dalla fondazione, erano 4.089; nel 1944 erano 9.586, con un incremento più ri-

9.8 Page 88

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88 Grazia Loparco
dotto negli anni bellici. Col dopoguerra le FMA aumentarono ancora costante-
mente, ma l’indice d’incremento era ormai diminuito rispetto all’anteguerra26.
1.3. Sviluppo ed evoluzione delle opere
L’inizio del ’900 segnò in varie regioni d’Europa lo sviluppo dell’industrializza-
zione con un acuirsi della questione sociale e, in corrispondenza, la diffusione del
socialismo, come pure di diverse campagne anticlericali. L’impiego di manodopera
minorile e femminile negli stabilimenti industriali, con la condizione disagiata di
molte operaie, sollecitò la fondazione di convitti, di opere assistenziali ed educati-
ve anche da parte delle FMA. In diversi casi esse collaborarono con patronati, pa-
tronesse e associazioni femminili con interessi simili o almeno compatibili.
Nelle città era già più diffusa l’istruzione pubblica, mentre negli ambienti rura-
li occorreva combattere l’analfabetismo; inoltre una scarsa abilità di gestione ed
economia domestica, insieme all’esigenza di preparazione professionale, furono al-
l’origine di opere nuove delle FMA, che integrarono quelle già consolidate, tra cui
l’oratorio festivo. I collegi e poi i convitti aumentarono di pari passo con le scuole
in alcune zone, mentre in altre prevalsero opere sociali, assistenziali, educative di
diversi generi, che completavano le iniziative pubbliche o colmavano i loro vuoti,
soprattutto per gli effetti dell’industrializzazione su donne e bambini. Gli Stati li-
berali, infatti, sostenevano la modernità, ma non erano altrettanto pronti a inter-
venire sul versante sociale, essendo più sensibili agli interessi delle classi medie.
Inoltre, sulla scia dei salesiani e delle idee solariane27, anche le FMA aprirono
alcune colonie agricole, convinte dell’opportunità di sostenere lo sviluppo del-
l’agricoltura, più sana rispetto alle insidie dell’industria, specie in relazione alla
vita cristiana e all’unità delle famiglie.
Negli anni Venti si cominciò a pensare di aprire vere scuole professionali agra-
rie, della “buona massaia” o legate ai lavori femminili, mentre si estendevano i corsi
di economia domestica con sezioni di sartoria, confezioni di biancheria e ricamo,
maglieria, già affermati nell’oratorio di Torino, fino alla dattilografia e al francese28.
In Italia il fascismo enfatizzava la formazione delle casalinghe e delle madri più che
le impiegate, mentre all’estero la situazione delle donne mutava coi contesti. Le at-
tività più informali come doposcuola, scuole di lavoro per le casalinghe, catechismi
parrocchiali, le associazioni mariane e talvolta la prima cooperazione con l’Azione
Cattolica29, tentavano di elevare la qualità della formazione delle ragazze dei ceti
26 Il numero più alto di FMA si sarebbe toccato nel 1970, superando le 18.000. Da al-
lora iniziò la controtendenza.
27 Cf Francesco MOTTO (a cura di), Parma e don Carlo Maria Baratta, Salesiano. Roma,
LAS 2000.
28 Cf Alessia CIVITELLI, L’oratorio delle Figlie di Maria Ausiliatrice a Torino Valdocco all’inizio
del ’900, in Jesus G. GONZÁLEZ – Grazia LOPARCO – Francesco MOTTO – Stanisław ZIMNIAK
(a cura di), L’educazione salesiana dal 1880 al 1922. Vol. I. Roma, LAS 2007, pp. 345-375.
29 Va ancora indagato il rapporto delle FMA con l’Azione Cattolica. Secondo i tempi e

9.9 Page 89

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Le Figlie di Maria Ausiliatrice in Europa 1900-1960. Sviluppo, condizionamenti, strategie 89
popolari, integrando le famiglie. Nelle statistiche sulle opere con i dati complessivi
dalle origini al 1923 risaltano alcune differenze tra Paesi: mentre in Spagna come in
Italia si contavano molti laboratori, in Francia, Belgio, Inghilterra quella voce era
inesistente, pur essendo anteriori o di poco posteriori le fondazioni30.
Dalla statistica delle opere principali dell’Istituto del 1928 si desume un quadro
più composito:
Tabella n. 3: Statistica principali Opere dell’Istituto FMA a tutto il 192831
Opere/Ispettorie
Monfer- Piemontese Novarese Lombarda Ven. Tosco Italia Italia Sicula Francese Spagnola Belga Inglese Germanica Polacca
rina
-Em. -Ligur Centrale Meridio-
nale
Orat.
Festivi e diurni 35 30 31 24 21 22 21 11 30 4 14 5 5 2 -
Giardini Inf.
37 25 30 22 17 15 19 8 20 2 15 1 1 - -
Sc. Comunali
e parrocchiali
14 7 4 6 6 4 3 - 5 5 4 2 1 - -
Orfanotrofi
e Patronati
3 3 - 1 1 4 6 4 7 10 3 1 - 2 2
Collegi convitti 6 3 2 1 4 5 3 1 8 9 4 - 1 - -
Scuole private
8 4 4 1 6 10 7 4 14 8 11 4 3 1 -
Scuole di soli
20 14 14 8 11 11 9 8 13 3 8 4 2 1 -
lavori femminili
Scuole profess.
Diurne e serali
2 5 2 1 12 4 2 7 4 5 - 1 1 1
Dopo scuola e
scuola domen.
8 11 3 3 5 4 8 3 13 - 5 - -
Corsi di cultura 5 4 2 2 5 4 3 1 2 - 3 - -
e Religione
Istituti d’istru-
zione media
3 - - 1 15 1 1 3 - 2 - -
Convitti operaie 2 8 9 6 6 2 1 1 - 2 - - -
Catech. Parroc. 31 12 25 19 14 13 14 4 17 - - 1 1
Pensionati signore 1 1 - - - 3 - - - - - 1 -
Guardaroba e
cucine salesiane
75
2 2 43 2 - 2 8 - 5 3 1
Colonie alpine
e marine
1 2 - 1 24 2 1 - - 1 - -
Ospedali/Ambulanza 3 1 3 1 - 1 - - - - - - -
i luoghi prevalse la collaborazione o una forma larvata di competizione e di difesa, di cui la
documentazione lascia trapelare poco. Era in questione la relazione tra congregazioni reli-
giose, parrocchie e Chiesa in senso lato.
30 Cf statistiche per Paesi Dalla 1° Fondazione a tutto il 1923, cartella Statistiche, in
AGFMA [senza segnatura].
31 Statistica principali Opere dell’Istituto FMA a tutto il 1928, in ibid.

9.10 Page 90

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90 Grazia Loparco
Dal confronto tra le ispettorie emerge una certa somiglianza di opere tra Ita-
lia e Spagna, come pure la difficoltà di impianto e sviluppo in vari Paesi, con
tentativi di scuole private, di scuole di lavori femminili e di scuole professionali.
Orfanotrofi e patronati fiorivano in Francia, mentre erano meno numerosi in
alcune ispettorie italiane; giardini d’infanzia e oratori crescevano quasi ovunque.
Con le guerre mondiali molte opere furono adattate, centinaia di religiose si
trasformarono in infermiere in molti ospedali militari32, inoltre specie nel nord Ita-
lia, in Austria e Germania le FMA subirono la requisizione di varie case. Se il na-
zionalsocialismo impose nuove destinazioni e compiti alle religiose, disperdendo
varie comunità33, in Italia si intese rispondere liberamente all’appello della mobili-
tazione, rendendo visibile la partecipazione alla vita civile, purché fossero rispettate
certe condizioni: essere almeno in due religiose e impegnate in occupazioni com-
patibili con lo stato religioso34. Gli strascichi del dopo guerra a livello economico e
sociale richiesero una nuova attenzione alle opere di beneficenza e anche l’assisten-
za in qualche campo di concentramento prima della liberazione dei prigionieri35.
Uno specchietto sull’Assistenza straordinaria nel periodo bellico riassumeva le
opere nel decennio 1938-1947:
Soldati assistiti negli Ospedali Militari
Sfollati – Sinistrati – Profughi
Donne e bambini assistiti in tre campi di concentramento
Persone a cui, quotidianamente, vennero preparate le mense
Reduci raccolti assistiti in diversi centri di sosta e di riposo
175.233
12.455
2.070
201.855
36.59536
A parte le emergenze belliche, il fenomeno dell’emigrazione da alcuni paesi
verso l’Europa centro-settentrionale da fine ’800 attirò la presenza delle FMA tra i
connazionali emigranti, similmente a quanto era avvenuto in precedenza in Ame-
rica. Una novità era però l’impatto con paesi a maggioranza protestante, social-
mente progrediti, con lingue meno accessibili delle neolatine. La collaborazione a
favore dei numerosi gruppi nazionali diventava la pedina di lancio per l’apostolato
32 Non è possibile quantificare precisamente il numero di ospedali militari in cui si ope-
rò, per la provvisorietà dell’opera, non sempre registrata. Sembra, in generale, che durante
la seconda guerra mondiale ci fosse un numero leggermente inferiore rispetto alla prima.
33 Cf le interessanti lettere di sr. Alba De Ambrosis, superiora nell’ispettoria germanica,
alle superiore, in AFGMA 611-81.
34 Cf Verbali adunanze Consiglio Generalizio dal 7 gennaio 1939 al 30 dicembre 1942, 1
luglio 1940, in AGFMA 12-3.
35 Il consiglio generale il 4 giugno ’45 rifiutava l’assistenza temporanea e la sorveglian-
za di giovani e donne ex internate e rimpatriate, come estraneo al programma assistenziale
dell’istituto, mentre il 14 febbraio ’46 accettava l’assistenza temporanea dei bimbi nel
campo di Reggio Emilia; altre FMA si prestarono inoltre per i bimbi nel campo di Colta-
no (Pisa), dov’erano 32.000 italiani, recandosi quotidianamente da Livorno.
36 Cifre eloquenti del lavoro compiuto dalle FMA nel decennio 1938-1947, in AGFMA
510 60.

10 Pages 91-100

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10.1 Page 91

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Le Figlie di Maria Ausiliatrice in Europa 1900-1960. Sviluppo, condizionamenti, strategie 91
tra i popoli ospitanti, spesso iniziando da opere popolari informali e assistenziali,
che in genere non incontravano le resistenze riservate dai governi alle istituzioni
scolastiche, né esigevano titoli di studio particolari37. Ad esempio a Londra il sa-
cerdote a capo della missione polacca chiedeva alle FMA di occuparsi degli emi-
granti, inviando suore di quel paese, di cui almeno una in grado di insegnare nella
scuola parrocchiale. Il consiglio generale constatava che sebbene ci fossero varie re-
ligiose polacche, senza che l’Istituto avesse case in Polonia fino al 1922, purtroppo
si doveva rifiutare perché nessuna aveva la preparazione adeguata alle richieste38.
Nel 1946 ripresero le partenze missionarie, nonostante, scriveva la Madre, le
case d’Europa fossero “piene di gioventù e perciò di lavoro” e per i disagi della
guerra ci fosse “un numero impressionante di suore malate”39. L’affermazione
del comunismo nell’Est Europa bloccava fondazioni e vocazioni promettenti,
senza spegnere tuttavia la presenza, che in taluni casi rimase come fuoco sotto la
cenere. Nell’Elenco generale dell’Istituto si annotavano solo i nomi delle FMA
“in località incerte del Territorio occupato”40, oppure elencati sotto la voce dello
Stato di appartenenza con l’unica indicazione “Del seguente personale – sparso
e isolato – per ora non si possono indicare né località né opere”.
2. Cenni sui condizionamenti
I condizionamenti gravanti sull’attività educativa delle FMA furono di varia
natura e contribuirono al Sitz in Leben di una presenza sì in espansione, ma non
scevra di problematiche interne, a cominciare dalla formazione delle religiose e
dalla consonanza con la mentalità che nella società stava cambiando più rapida-
mente rispetto alla loro. Esse constatavano con preoccupazione l’allontanamento
progressivo dai valori e dalla pratica cristiana, favorita da fattori politici e culturali.
La cornice europea d’inizio ’900 è segnata a livello politico dalle leggi di separa-
zione francesi, con l’interdizione degli istituti religiosi, le cui comunità furono ri-
dotte a semplici associazioni e riuscirono a continuare le attività su questa base giu-
ridica civile. Poco dopo, particolarmente virulente furono le correnti anticlericali
in Spagna tra il 1909-1912, con il conseguente maggior controllo sugli ordini reli-
giosi in base al concordato rivisto nel 1910-1912. La proclamazione della repub-
blica in Portogallo nel 1910 avrebbe comportato misure simili se non più gravi.
37 I verbali del Consiglio generale riportano varie richieste da parte dell’Associazione
nazionale per soccorrere i missionari all’estero, non solo per l’America, ma anche per
Chiasso, nel 1904 e per l’Albania nel 1907; a Briga, dove lavoravano operai emigranti, si
annota la collaborazione con l’Opera Bonomelli. Cf Verbali adunanze 1896-1908, Verbali
adunanze Consiglio Generalizio dal gennaio 1909 al novembre 1913; Verbali adunanze Con-
siglio Generalizio dal novembre 1913 al novembre 1924, in AGFMA 12-1. Fino al 1922 cf
il mio lavoro su Le Figlie di Maria Ausiliatrice in Italia…, pp. 675-697.
38 Cf Verbali adunanze 1909–1913, 13 agosto 1909.
39 L. CASTANO, Una madre…, p. 259.
40 Cf Elenco generale dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice Antico Continente
1944, p. 197 per la Polonia.

10.2 Page 92

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92 Grazia Loparco
Gli Stati liberali si avviavano al declino, mentre montavano le spinte nazio-
nalistiche. Con la prima guerra mondiale e il disfacimento dell’impero austro-
ungarico si delineavano nuovi scenari nell’Europa orientale e nei Balcani, per
cui intorno al 1918 si ridefinivano come stati indipendenti Polonia, Ungheria,
Austria, Jugoslavia, Cecoslovacchia, Albania. Più a est sorgeva l’Unione Sovieti-
ca (URSS) dalla Rivoluzione russa del 1917. La grave crisi economica e sociale
spianava le vie ai regimi totalitari di destra e di sinistra. Le difficoltà politiche
preannunciate in Polonia e Lituania esplosero con la seconda guerra mondiale e
le sue conseguenze, con le forzate chiusure di opere gestite da religiosi in Alba-
nia, Cecoslovacchia, Jugoslavia, Ungheria, Polonia. Al ristabilimento delle de-
mocrazie nei paesi occidentali dell’Europa post bellica corrispondeva il regime
comunista sotto il controllo sovietico nei paesi dell’Est.
A livello sociale si dovettero affrontare alcune catastrofi: terremoto in Sicilia
(1908) e poi nella Marsica (Abruzzo) nel 1915; l’arrivo di profughi sia da quelle
terre che dalla guerra dell’Impero Ottomano intorno al 1913-1914, le emergenze
legate ai conflitti mondiali, con orfani, sfollati, perseguitati razziali e politici, feri-
ti in molti paesi europei, che modificarono abitudini e, gradualmente, mentalità.
Le vicende politiche furono accompagnate da cambiamenti sociali e cultura-
li, che riguardarono anche le donne: crescente impegno nel lavoro extra dome-
stico, accesso all’istruzione diffusa, all’esercizio delle professioni e all’impiego
pubblico; diritto di voto. Molte giovani delle fasce popolari vissero la mobilità
interna provocata dal lavoro negli stabilimenti industriali o da esigenze di studio
con lo spostamento dai paesi alle città, con inedite libertà dal controllo familiare
e approcci a nuovi modelli comportamentali.
Secondo i momenti politici e la mentalità fu possibile lo sviluppo dell’associa-
zionismo femminile, laico e cattolico; il coinvolgimento ideologico, la presenza
femminile negli ambiti pubblici. Accanto all’associazione più tradizionale delle
Figlie di Maria, si sviluppò in vari Paesi l’Azione cattolica femminile, con un im-
pegno di apostolato in famiglia e nelle parrocchie con la catechesi. Fu tuttavia
inarrestabile il cambiamento nelle consuetudini sociali relative alle donne a co-
minciare dalle città; nella moda col superamento di secolari limiti della modestia;
nelle letture, divertimenti, cinema, ballo; poi radio e televisione, fumo, amicizie.
La cornice ecclesiale in tanta complessità si delinea tra conflitti accesi con go-
verni di destra e di sinistra, e concordati che miravano a dotare di base legale il
rapporto diplomatico in tempo di separazione poco tutelata legalmente. Le prese
di posizione dei papi di fronte all’eventualità della guerra, i loro interventi a favore
delle popolazioni colpite; l’accortezza diplomatica dinanzi ai totalitarismi, ma an-
che la presa di distanza da ideologie anticristiane ebbero risonanze nelle leggi e nei
provvedimenti concernenti le istituzioni ecclesiastiche, tra cui quelle delle FMA.
Nel secondo dopoguerra le tensioni politiche si accentuarono soprattutto nei
confronti della sinistra, mentre le donne vissero una stagione di protagonismo nella
ricostruzione. Nell’Europa occidentale la secolarizzazione raggiunse le donne, fino
ad allora alleate della Chiesa nella trasmissione della fede, sicché nel cambio dei co-
stumi neppure le mamme furono più le leve affidabili dell’educazione cristiana.

10.3 Page 93

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Le Figlie di Maria Ausiliatrice in Europa 1900-1960. Sviluppo, condizionamenti, strategie 93
2.1. Condizionamenti per la presenza delle religiose
Le leggi anticongregazioniste francesi aprirono il ’900, costringendo le religio-
se e quindi le FMA a sopravvivere in modo privato41. I verbali del consiglio gene-
rale dal 1902 accennano in vari momenti all’adattamento alle condizioni impo-
ste, tra cui la rinuncia all’abito religioso, come pure alle iniziative per poter conti-
nuare a operare, in dialogo con la visitatrice Amalia Meana e don Rua. Madre
Meana appariva intraprendente nel proporre di aprire case in anni difficili, facen-
do comparire come responsabile una familiare fidata delle suore e tentando di
impegnare nelle opere anche le novizie, per fronteggiare la carenza di personale.
Per tale motivo attirò il richiamo del direttore generale. Anche l’amministrazione
passiva di Guînes suggerì un cambio di responsabile da Nizza. Intanto nel 1908 a
S. Gratien si ottenne il permesso di ospitare un’insegnante laica nella comunità
religiosa, per mancanza di personale. Fu concesso, a patto di mantenere la sepa-
razione del refettorio dalle religiose42. Cominciava di lì la collaborazione necessa-
ria con le laiche, a causa della flessione delle vocazioni, tuttavia nel 1911 si rifiutò
di aprire un’altra casa a condizioni simili, su proposta di un parroco; in altri casi
si provvide a dotare le religiose dei titoli di studio necessari. L’iniziativa delle fon-
dazioni in Francia, in quegli anni, spesso era dei parroci43.
Nel 1907 le FMA arrivavano in Albania e, superando notevoli difficoltà di-
plomatiche con il governo austro-ungarico, resistettero adattandosi alle circo-
stanze, fino all’espulsione nel 194644.
Intorno al 1907 una campagna anticlericale investì l’Italia e altri Paesi euro-
pei ed americani. Nello stesso periodo ci fu in Italia un’ondata di scioperi che
coinvolse vari convitti di operaie. D’altronde la moltiplicazione di iniziative so-
ciali di ispirazione filantropica e massonica, talora femminista, indusse le FMA
a essere altrettanto propositive nel vivo della questione operaia.
In Spagna, dopo i fatti sanguinosi di Barcelona del 1908-1911, il clima cam-
biò negli anni ’30; la guerra civile (1936-1939) comportò il martirio di molti re-
ligiosi, la dispersione e poi il rientro all’epoca del franchismo, con nuove oppor-
tunità di apostolato, proprio mentre nel resto d’Europa scoppiava la guerra45.
41 Un effetto prudenziale fu la scomparsa delle case francesi dall’Elenco generale dell’I-
stituto dal 1902 al 1930. Gli elenchi delle case e delle FMA ivi residenti erano redatti a
parte, dattiloscritti, fino al 1934. Nel 1930 una nota distingueva tra case in cui si poteva-
no indirizzare lettere con destinatarie “Soeurs” e altre in cui era bene mantenere “Made-
moiselles”. Nel 1935 le case francesi ricomparvero nell’Elenco generale.
42 Cf Verbali adunanze 1896-1908, 16 ottobre 1902, 10 settembre 1903, 11 e 22 lu-
glio 1905, 30 novembre 1907, 25 luglio 1908.
43 Cf Verbali adunanze 1908-1913, 7 luglio 1911, 2 e 22 luglio 1912.
44 Cf l’introduzione storica di Teuta Buka a Sr. Pasquina AUCIELLO, Albania cara! [ s.l.,
s.d., ma 2007], pp. 5-26.
45 Cf Rinascita dell’opera nostra nella Spagna, in Il Notiziario delle Figlie di Maria Ausi-
liatrice, 11 (1940) 5, pp. 2-3; Notizie dalla Spagna, in ibid. 13 (1942) 8-9, p. 2: la Vicaria
visita e vede l’organizzazione del baccellierato, fino alle soglie dell’Università. Cf María Fe-

10.4 Page 94

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94 Grazia Loparco
Ad est, in Slovacchia – dal 1922 al 1940 alcune ragazze slovacche erano arri-
vate in Italia e avevano professato, avendo conosciuto i salesiani o il Bollettino
Salesiano – tra il 1940 e il ’50 le FMA lavoravano in scuole materne, catechesi,
oratori, passando per le peripezie belliche46. Dal ’50 alcune furono catturate e
costrette ai lavori forzati fino al 1968-’7047. Col secondo conflitto mondiale va-
rie opere subirono attacchi anche in Polonia e Lituania con la detenzione di al-
cune FMA; in Germania fu distrutta dai bombardamenti la casa di Essen e gravi
danni subì quella di München48, similmente a quanto avvenne in Italia, in Bel-
gio, in Francia49. Il Notiziario del 1943-1944 riportava una ricognizione su di-
struzioni e diverse morti in Italia, Austria e Germania; brevi notizie dalla Polo-
nia, Austria, Albania (luglio ’44). Bombardamenti e morti si lamentarono anche
in Francia e Germania nei primi mesi del 194550.
A guerra conclusa, nel dicembre 1945 sempre il Notiziario accennava alla
ripresa delle opere delle FMA in Polonia e registrava brevi notizie sulle FMA
lituane e ungheresi, oltre che della Germania, Slovacchia, Jugoslavia51. Dopo
non molto tempo cominciarono le repressioni in Slovenia e trapelava che con
la persecuzione religiosa varie case erano state chiuse e requisite, le suore era-
no senz’abito religioso e ridotte in grande povertà, sospesa ogni forma di apo-
stolato52. La sorte era difficile anche in Lituania, dopo il forzato esodo delle
FMA polacche53. In Albania erano rimaste solo due FMA in patria, dopo l’e-
spulsione delle straniere nel 1946. Desolanti notizie giungevano anche dal-
l’Ungheria54.
Più tardi, notizie solo sporadiche pervenivano dalla Lituania, dalle FMA
lipa NUÑEZ MUÑOZ, Las Hijas de María Auxiliadora en Andalucía y Canarias: 1893-1993.
Sevilla, Inspectoría María Auxiliadora 1994.
46 Cf le lettere delle FMA slovacche alla Madre generale scritte nel ’45, al termine della
guerra, in AGFMA 611 821.
47 Sopravvivono sr. Vilma Sˇutková, sr. Mária Cˇerná, sr. Irena Sˇkapcová, sr. Emilia Kubi-
cová. Col ’68, la Primavera di Praga di Dubcek aveva aperto speranze, e le suore erano tor-
nate nelle parrocchie, ma dopo due anni cambiò il governo. Dal 1970 al 1990 le suore vis-
sero in clandestinità, in diversi uffici, incontrandosi in luoghi (nei boschi) e momenti
clandestini anche per la formazione. Sr. Cˇerná era la maestra delle novizie e guidava spiri-
tualmente le FMA, lavorando da cuoca presso un parroco. Scrivevano a mano e poi di na-
scosto a macchina le Costituzioni. Ogni settimana la maestra dettava un articolo scritto a
matita e imparato a memoria. Era la seconda generazione di FMA.
48 Notizie delle FMA giunsero alle superiore sia per le case di Germania, che d’Austria
e Slovacchia: cf AGFMA 611 811; 611 812.
49 Una relazione su quanto era accaduto nelle case del Belgio, insieme a varie lettere di
FMA, in AGFMA 611 823; in Francia AGFMA 611 831; 611 832; in Inghilterra AGFMA
611 841.
50 Cf Notizie dall’Estero, in “Il Notiziario” 16 (1945) 1-2, p. 3.
51 Cf Ripresa…, in ibid., 16 (1945) 12, pp. 2-3.
52 Cf Nella tormenta, in ibid. 19 (1948) 1-2, p. 2; L. CASTANO, Una madre…, p. 279.
53 Si sapeva solo che avevano nostalgia della comunicazione con le superiore e della vi-
ta regolare. Cf L. CASTANO, Una madre…, p. 279.
54 Cf Brevi cenni storici sulle FMA in Ungheria, datt., in AGFMA 613-211.

10.5 Page 95

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Le Figlie di Maria Ausiliatrice in Europa 1900-1960. Sviluppo, condizionamenti, strategie 95
boeme, jugoslave, albanesi, ungheresi, polacche55. Varie conobbero la detenzio-
ne, furono costrette all’anonimato o anche ai lavori forzati.
2.2. Condizionamenti per le opere
Il quadro politico instabile tra il 1900 e il 1960 si rifletteva nella legislazione
scolastica e nelle istituzioni religiose interessate. Anche le FMA ne risentirono
per accedere alle opere d’istruzione, sia per i titoli richiesti, sia per le condizioni
generali di possibilità. Mentre in Italia e Spagna avevano potuto impiantare vari
collegi entro l’inizio del ’900, in Francia e in Belgio non era stato possibile56.
Non a caso in vari Paesi le FMA furono invitate per le opere assistenziali e di be-
neficenza, cioè per l’educazione più popolare, in genere trascurata e sempre più
urgente per le ripercussioni della questione sociale sulle famiglie57. Furono ben
accolte anche per le attività connesse al mondo del lavoro e domestico, che più
direttamente sembravano rispondere al carattere popolare delle congregazioni
salesiane e, pertanto, attiravano più la simpatia che la diffidenza, per essere rite-
nute meno incisive e perniciose dell’insegnamento. Oratorio (secondo le possi-
bilità), associazioni, catechismi erano impegni irrinunciabili per l’educazione re-
ligiosa e morale, compatibili con ogni tipo di opera principale.
Siccome la secolarizzazione e il potenziamento delle scuole statali cominciò
dalle città, non stupisce che le FMA furono inizialmente più presenti in esse
con opere popolari nelle periferie; nei centri medi invece operarono soprattutto
nel campo dell’istruzione, ancora trascurata; nei centri minori con molte scuole
materne e piccole comunità, che costituivano la leva per la collaborazione ri-
chiesta dai parroci nella catechesi, nell’oratorio e con le associazioni.
Ai condizionamenti esterni, differenti secondo i luoghi e i periodi, si aggiunge-
vano limiti di personale, sicché la carenza di insegnanti preparate e abili nella lin-
gua induceva a preferire le opere più popolari, nelle prime case all’estero. Il cambia-
mento della situazione dipendeva talora dalle scelte delle ispettrici, che investivano
o meno in una migliore preparazione delle religiose, sia missionarie che locali.
Le guerre produssero un freno al normale sviluppo delle opere e provocarono
il rafforzamento dell’impegno nelle opere assistenziali. Esse richiesero il servizio
di religiose come infermiere; provocarono la requisizione di molte case, stimola-
rono la disponibilità ad ospitare orfani, sfollati e clandestini, oltre alla collabora-
zione con molti comitati e associazioni pubbliche e private.
I motivi politici e ideologici incisero più a lungo nella limitazione dell’opera
delle FMA. Il Notiziario riportò qualche rapidissimo cenno nel 1939 sulle sorel-
55 Cf Atti del Capitolo Generale XII dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice tenutosi in
Torino – Casa Generalizia dal 16 al 24 luglio 1953. Torino, Istituto FMA 1953, pp. 61-64.
56 Anche in Portogallo l’opera appariva molto popolare. Cf Pauperes evangelizantur…,
in “Il Notiziario” 19 (1948) 7, pp. 1-2.
57 In America Latina, in quegli anni, spesso le FMA erano richieste per l’insegnamento
e l’educazione dei ceti medio-alti.

10.6 Page 96

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96 Grazia Loparco
le polacche58, nel ’46 sulle difficoltà delle lituane59 e l’espatrio dall’Albania60; le
preoccupazioni per le due albanesi rimaste che dovettero deporre l’abito e così
in Jugoslavia61. Nel luglio ’48 ancora apprensione per le sorelle nell’Est, mentre
dal ’49 prevalsero notizie dalle missioni d’Oriente e d’America; cadde il silenzio
sulla rubrica precedente, “Nella tormenta”, riferita al comunismo. Nel 1950 tor-
narono brevissimi cenni, senza notizie dirette. Nel ’58 si pubblicarono due lette-
re di FMA d’Oltre cortina, con un linguaggio segreto62.
3. Le strategie nelle scelte
Le informazioni disponibili per il periodo 1900-’60, più che una pianificazione
indicano una prassi di opere consolidate e di risposte nuove alle esigenze educative
emergenti, cercando di non discostarsi dalle proprie finalità e modalità di attuazio-
ne. Suppongono, pertanto, come un codice di lettura appropriato alla struttura
istituzionale per rintracciare i dinamismi profondi di un Istituto in crescita, senza
documenti espliciti sulle strategie usate, al di là del riferimento alla fedeltà alle pro-
prie regole, agli interventi di mediatori autorevoli e alla prassi salesiana.
Le decisioni prese dal Consiglio generale in ordine a richieste di fondazioni e di
opere lasciano intravedere una disponibilità all’adattamento, non come mero ade-
guamento alle situazioni, quanto come impegno delle risorse per essere propositive
secondo l’indole dell’Istituto. Eppure dinanzi ai cambi inarrestabili di mentalità
nell’Europa occidentale seguì un atteggiamento difensivo corrispondente a quello
di molti vescovi e della Santa Sede, che denunciavano con fermezza i rischi morali
insiti nelle mode, nei nuovi strumenti di comunicazione e nei modelli comporta-
mentali specie tra i giovani, senza accogliere le novità positive di cui erano anche
latori. Fu la difficoltà acuita nel secondo dopoguerra. Nell’Europa orientale, inve-
ce, le religiose diventavano cellule di vita cristiana e di libertà interiore difesa con
coraggio. Contemporaneamente apparivano agli avamposti e in retroguardia.
In particolare i verbali del Consiglio generale attestano alcune scelte strategi-
che di fondazione all’estero, maturate anche col consiglio dei superiori salesiani
e delle consigliere che visitavano le comunità63. Nei Capitoli generali, più parte-
cipati, emergono soprattutto temi interni all’Istituto relativi alle opere, agli
orientamenti educativi e alla formazione del personale. Gradualmente affiora il
confronto anche dialettico con le famiglie ed altre istituzioni ecclesiali, che in-
terpellavano le FMA a guardare oltre le loro consuete associazioni. I verbali del
58 Cf Dalle nostre case di Polonia, in ibid. 10 (1939) 10-11, p. 1; 11 (1940) 1, p. 1. Al-
cune case continuano le opere in mezzo alle difficoltà.
59 Cf Dalla Polonia, in ibid. 17 (1946) 1-2, p. 3.
60 Cf Rimpatrio dall’Albania, in ibid. 17 (1946) 3-4, pp. 2-3.
61 Cf Nella tormenta…, in ibid. 18 (1947) 3-4, p. 2.
62 Cf Voci familiari d’Oltrecortina, in ibid. 29 (1958) 5, pp. 3-4.
63 L’erezione canonica delle ispettorie fu un motivo per cui le consigliere si recarono
nei vari Paesi europei per riordinare e stabilizzare le opere.

10.7 Page 97

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Le Figlie di Maria Ausiliatrice in Europa 1900-1960. Sviluppo, condizionamenti, strategie 97
Consiglio generale purtroppo sono molto scarni, sicché non lasciano emergere
alcun dibattito sulle vicende europee e su quanto concerneva la presenza e l’ope-
ra delle FMA. Seguendo la pista documentaria, emergono alcune linee di carat-
tere economico, formativo, educativo.
L’espansione delle FMA in Europa incontrò in primo luogo ostacoli dovuti
al contesto politico, sia in fase di impianto che di permanenza delle opere. Al-
cune si dovettero chiudere, ma il ritiro spesso fu temporaneo e le superiore eb-
bero l’avvertenza di predisporre dei criteri di smistamento delle religiose “profu-
ghe”64, come pure di lasciare libertà alle missionarie di Paesi belligeranti di rim-
patriare65. Quando riuscivano a restare, a qualche condizione, cercarono di
adattarsi. In particolare con l’avvento del comunismo sorprese lo sviluppo delle
opere in Polonia nel 1945-’46 sotto la guida di Laura Meozzi, tanto da suggeri-
re misure prudenziali per il loro riconoscimento ufficiale66. In effetti, le maggio-
ri restrizioni del regime iniziarono nel 1948.
Nei vari tempi difficili, sotto il profilo economico, la solidarietà tra le case
dell’Istituto fu la vera risorsa. Così per la Spagna intorno al 1918-’21 le superiore
chiesero appoggio all’ispettoria di S. Paolo (Brasile) che era in migliori condizio-
ni, per sostenerne le opere ed evitare di frenarne lo sviluppo67. L’Italia, infatti,
usciva stremata dalla guerra e il Consiglio generale non aveva risorse per far fron-
te alle emergenze. Negli stessi anni, tuttavia, nei Paesi in cui si stava impiantando
per la prima volta una casa, come l’Irlanda, l’Istituto assunse direttamente l’onere
economico, a riprova del fatto che non sempre chi invitava le religiose riusciva a
coprire le spese e che comunque esse non per questo rinunciarono facilmente a
nuove fondazioni68. La prolungata precarietà economica in Irlanda fece rivolgere
la richiesta d’aiuto alle case di Argentina, Chile, Uruguay. Inoltre, alcune fonda-
zioni apparivano importanti per avere una base per l’apprendimento della lingua
necessaria alle missioni, sicché non solo si affrontarono ad esempio dei sacrifici
nelle case inglesi, ma si tentò di favorire anche la fondazione a Malta, da cui si
speravano vocazioni di lingua inglese69.
64 Nel giugno 1931 il consiglio generale rispondeva all’ispettrice spagnola: le FMA più
giovani e di migliore stoffa in Francia, America latina e Italia; le più anzianotte, difficili di
carattere e anche le più sicure, che provvedessero alla custodia delle case restando in fami-
glia o presso benefattori. Anche in casa d’affitto o da secolari, dovevano continuare a fare il
bene possibile. Verbali adunanze Consiglio Generalizio dal giugno 1929 al dicembre 1932,
26 giugno 1931, in AGFMA 12-2.
65 Cf Verbali adunanze 1939-1942, 22 marzo 1940.
66 Cf Verbali adunanze Consiglio Generalizio dal giugno 1946 al 25 luglio 1949, 13 no-
vembre 1946, in AGFMA 12-4. Si attendono notizie più precise delle nuove 11 case aper-
te nel biennio in condizioni eccezionali, per “offrire norme e misure, per un lavoro più re-
golato e più conforme alla vita dell’Istituto”.
67 Cf Verbali adunanze 1913-1924, 30-31 dicembre 1920, 27 maggio 1921.
68 Cf ibid., 18 novembre 1918.
69 Cf Verbali adunanze 1913-1924, 22 gennaio 1915; Verbali adunanze Consiglio Gene-
ralizio dal marzo 1925 all’aprile 1929, 26 settembre 1927, in AGFMA 12-2.

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98 Grazia Loparco
Nondimeno si cercava di affermare il principio che ognuno aveva diritto di
vivere del proprio lavoro e non alle spalle della congregazione, come sembrava
richiesto dalla curia che aveva imposto una scuola cattolica inglese alla parroc-
chia salesiana, disposta a pagare l’insegnante laica e non le due religiose70. La ri-
sposta di don Rinaldi nel 1928 a proposito di un’opera offerta dal Consolato
italiano in Belgio: “Luoghi strategici, sforzi maggiori”71, spingeva a vincere alcu-
ne ritrosie in nome delle priorità. Esplicitamente nel Capitolo generale del 1934
don Ricaldone richiamava che in alcune ispettorie vi erano più vocazioni che
mezzi economici, sicché suggeriva uno scambio solidale per un reciproco van-
taggio72. Così, ad esempio, sarebbero state alcune FMA missionarie in Brasile,
abili nel portoghese, ad aprire la prima casa in Portogallo73.
Tra le righe affiora talora la perplessità del Consiglio generale dinanzi ad alcune
opere intraprese che sembravano poco rispondenti alla finalità dell’Istituto, poco
realistiche nel valutare le possibilità del personale. Il “fervore missionario” espresso
dalle FMA in Spagna dopo la guerra civile non sempre trovò consenso, anzi più di
una volta fu chiesto di correggere il tiro. Similmente per la questione dell’abito re-
ligioso: don Ricaldone suggerì di non rinunciarvi, al momento di accettare una
nuova opera, dato che la situazione politica spagnola sembrava tornata favorevole
alla Chiesa74.
La linea dell’adattamento per evitare mali maggiori e persuadere lentamente ai
cambi comportò che in vari luoghi si accettasse di cedere temporaneamente al ri-
spetto dei regolamenti comuni, come avvenne in Inghilterra dove si erano accolti
bambini e bambine in un collegio e solo dopo un certo tempo si poté evitare la
compresenza75. Sulle classi miste o l’accettazione di bambini, i casi furono vari.
3.1. Preparazione delle religiose, istanze e opere
In uno scenario tanto complesso, le esigenze mutevoli della missione educativa
costituirono la bussola della preparazione delle religiose o la qualità delle opere era
adattata al personale disponibile? Se da una parte risalta lo sforzo continuo di pre-
parazione delle FMA, non sempre o dappertutto le disponibilità di personale cor-
rispondevano alle istanze sociali che maturavano a ritmo sempre più accelerato.
L’impianto di nuove opere su proposta esterna suscitò interrogativi sulla for-
mazione del personale e sulle condizioni per poter applicare i propri regolamen-
70 Verbali adunanze Consiglio Generalizio dal gennaio 1943 all’11 giugno 1946, 4 giu-
gno 1946, in AGFMA 12-3.
71 Verbali adunanze 1925–1929, 22 agosto 1928.
72 Cf Capitolo Generale X, pp. 13-14.
73 Cf Verbali adunanze 1939-1942, 17 agosto 1939.
74 “Se questo è il momento dei cattolici, noi vogliamo metterci sotto veste secolare?
No, no. Tenuto forte!”. Verbali adunanze Consiglio Generalizio dal 1 gennaio 1933 al 31 ot-
tobre 1935, 15 novembre 1934, in AGFMA 12-2.
75 Cf ibid., 12 febbraio 1920.

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Le Figlie di Maria Ausiliatrice in Europa 1900-1960. Sviluppo, condizionamenti, strategie 99
ti, ma fu altrettanto evidente qualche obiettivo posto dall’interno, come dappri-
ma l’apertura di scuole e poi di case di beneficenza in ogni ispettoria, proposta
alle FMA come agli SDB subito dopo la prima guerra mondiale e ripetuta da
don Rinaldi nel Capitolo del ’28, per una formazione di carattere professionale,
mentre le FMA riconoscevano che a volte le allieve non imparavano bene un la-
voro, perché si esercitavano in modo insufficiente in tutti76.
A livello scolastico, l’esperienza italiana d’inizio ’900 aveva manifestato l’op-
portunità di puntare ai pareggiamenti delle scuole Normali, che formavano
maestre cristiane per irradiare il sistema educativo di don Bosco nella società.
Dopo la riforma Gentile del 1923, in Italia le FMA ipotizzarono che invece de-
gli istituti magistrali si potevano privilegiare le classi di perfezionamento più ri-
chieste dalle modeste istanze delle famiglie. Sebbene sembrasse un’attenzione al-
le ragazze più povere, per fortuna questa proposta non ebbe seguito, anzi nel pe-
riodo fascista aumentarono in tutta la penisola le scuole e gli istituti magistrali
delle FMA. Fino agli anni ’60-’70 sarebbero state infatti le scuole tipiche per le
ragazze delle fasce popolari e medie. Intanto crebbero scuole di avviamento in-
dustriale, commerciale e agrario77.
Negli anni ’30, mentre le FMA superavano l’incertezza sull’opportunità di in-
vestire sugli istituti magistrali, il Rettor maggiore parlando alle consigliere gene-
rali riconosceva che l’aver superato Istituti rispettabilissimi per le scuole magistra-
li e di Metodo poteva costituire il pericolo di mettersi fuori dal proprio “binario”,
la gioventù più povera. Notava che FMA e SDB, pur iniziando con case di bene-
ficenza o orfanotrofi, non di rado li trasformavano in collegi, “dove la vita si fa
meno difficile”, col rischio di allontanarsi dal fondatore. Invitava ad insistere nel
seguente Capitolo generale e a convincere le ispettrici che era il momento delle
FMA per le scuole professionali “in questi tempi e per tutto il vostro mondo”,
mettendo in conto che non bisognava aspettarsi tanto l’utile, quanto la formazio-
ne teorico-pratica per far guadagnare onestamente da vivere78.
Per formare insegnanti diplomate di lavori femminili nelle scuole professionali e
magistrali si realizzarono due Istituti Normali di economia domestica a Grenoble e
Lyon e la scuola di Magistero professionale della donna, a cui fu destinato l’Istituto
M. Mazzarello di Torino in Via Cumiana, e in seguito l’Istituto Spirito Santo di
Acireale (Catania). Secondo don Ricaldone era il futuro dell’istruzione femminile e
“quasi le sole [scuole] che ci sosterranno davanti al Governo e alla società”79.
In modo coerente, si aprirono solo due licei classici in Italia, a Messina e a Ro-
76 Don Rinaldi invitava a dare un carattere formativo e non di collegio a quelle case,
per non creare ragazze “spostate”. Cf Verbale del IX Capitolo generale, 3 settembre.
77 Cf Distribuzione insegnamenti e Statistiche alunne nelle Scuole Medie dell’Istituto in
Italia Anno scolastico 1949-1950, redatto da sr. Orsolina Pavese, in AGFMA [senza posi-
zione archivistica].
78 Cf Verbali adunanze 1933-1935, 24 febbraio 1933.
79 Verbali adunanze Consiglio Generalizio dall’11 novembre 1935 al 20 dicembre 1938,
18 febbraio, 2 marzo 1937, in AGFMA 12-3.

10.10 Page 100

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100 Grazia Loparco
ma, in Via Dalmazia. Quando fu proposto un terzo liceo a Milano, Via Bonvesin,
le superiore invitarono l’ispettoria a farne a meno, perché le FMA non erano per
le classi agiate, a cui si rivolgeva allora quel tipo di istruzione. Nel Capitolo del
1947 don Ricaldone riconosceva l’importanza dell’oratorio accanto alle scuole
magistrali ritenute una “forza benefica per la Chiesa e l’Istituto”, ma aggiungeva:
“Attente a non moltiplicarle troppo, e a non lasciar accentuare la mania dei Licei.
Se ne è aperto qualcuno, e sta bene; tuttavia credo interpretare il pensiero della
Madre e delle Madri, dicendo di andare adagio. Non è il vostro campo specifico
questo delle Scuole superiori, che richiedono spese enormi e servono per i ricchi,
mentre noi siamo per i poveri e per la classe media. Nell’ora presente, soprattutto,
il nostro preciso dovere è dare impulso alle Scuole di carattere popolare”80.
Una vicenda singolare riguardò sr. Clotilde Morano, insegnante di ginnastica
negli anni del regime fascista. Fu invitata dal cardinal Fossati di Torino a tenere
un corso di ginnastica per religiose di varie Congregazioni, per evitare che fosse
tenuto dalle insegnanti laiche Balilla81. L’anno successivo il Consiglio generale
concordava col Rettor maggiore le norme da seguire circa la proposta di creare a
Roma un Istituto Pontificio per le religiose da istradarsi all’insegnamento della
ginnastica, che il card. La Puma aveva proposto alle FMA, col coinvolgimento
di sr. Morano. Il progetto non ebbe seguito, ma la religiosa continuò a tenere
dei corsi in diocesi e scrisse libri di ginnastica82. Dalle note del verbale emerge la
velata preoccupazione che l’iniziativa assumesse una dimensione troppo perso-
nale, senza tuttavia bloccarla, in vista di un servizio alla Chiesa. Il rifiuto invece
toccò a padre A. Gemelli che chiedeva sr. Maria Corallo, laureata in Lettere, co-
me lettrice di Lingua latina a Castelnuovo Fogliani, poiché “potrebbe essere un
pericolo per la suora e privazione per l’Istituto”83.
Precluse alcune vie, i nuovi tipi di scuole nella direzione della formazione
professionale crebbero lentamente, cercarono di cogliere l’esigenza di migliorare
la qualità della preparazione femminile al mondo del lavoro e dell’impiego, pur
avvertendo la necessità di distinguere una preparazione più orientata ad aziende
familiari che all’impiego pubblico in cui la giovane si sarebbe trovata da sola a
fronteggiare i pericoli morali.
Le decisioni che maturavano tra le FMA, sollecitate dalle loro osservazioni
della realtà e dal consiglio dei Salesiani, registrano una certa elasticità nel coglie-
re la direzione del cambiamento, insieme a crescenti resistenze e ritardi ad ade-
guare la preparazione delle religiose ai nuovi impegni. Col passare del tempo,
80 Atti del Capitolo Generale XI dell’Istituto Figlie di Maria Ausiliatrice. Torino, Casa ge-
neralizia 1947, p. 63.
81 Cf Verbali adunanze 1933–1935, 4 giugno 1935.
82 Cf Verbali adunanze 1935-1938, 17 aprile, 6 ottobre 1936, 19 giugno 1937. L’8 ot-
tobre 1938 si annotava il trasferimento della suora, che però non interrompeva l’impegno
diocesano.
83 Verbali adunanze 1943-1946, 16 luglio 1945.

11 Pages 101-110

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11.1 Page 101

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Le Figlie di Maria Ausiliatrice in Europa 1900-1960. Sviluppo, condizionamenti, strategie 101
infatti, l’Istituto si era esteso, le situazioni politiche si erano complicate, sicché
le decisioni arrivavano talora con minore tempestività.
3.2. Risonanze nei Capitoli generali
Attraverso i Capitoli generali appare come dopo i primi cinquant’anni di
consolidamento, nella ricerca di chiarificazione sulla qualità educativa delle ope-
re si misero in questione le nuove proposte, il problema missionario, le case di
formazione, la preparazione delle religiose.
Era evidente l’urgenza di case di formazione, sia per le aspiranti che per le ju-
niores e le missionarie84, mentre per le novizie e i noviziati all’estero si affronta-
vano diverse questioni: l’opportunità di accettare vocazioni prima di avere case
in una nazione, la necessità di provare in loco per un certo tempo le vocazioni,
la scelta di mandarne alcune in Italia anche dopo aver aperto i propri noviziati,
per assicurare l’unità col centro e vocazioni autoctone sicure. L’insistenza nei
Capitoli sulla formazione delle religiose indica che le concretizzazioni in loco
tardavano e che le formatrici non indovinarono facilmente come migliorare i
contenuti, le abilità, le strutture formative.
Nel Capitolo del 1928 si interrogò don Rinaldi sul tema scottante della moda e
delle fogge imposte dalle autorità nelle Sezioni Ginnastiche: egli ribadì l’importan-
za della modestia cristiana da inculcare con persuasione, facendo leva sulla dignità,
la delicatezza, il riserbo e sui motivi estetici. Sentì anche l’esigenza di richiamare la
base del sistema educativo salesiano, il “vivere la vita delle […] allieve”, mettendosi
a diretto contatto con ciascuna. E insisteva che quanto avveniva negli oratori, dove-
va essere realizzato anche nelle case di educazione, se si voleva imitare don Bosco85.
Tra i temi trattati nel Capitolo del 1934 ci furono le scuole professionali da
promuovere con la necessaria collaborazione dei laici, che però andavano prepara-
ti; così pure l’Azione Cattolica, sostenuta da Pio XI e accettata con qualche diffi-
coltà dalle salesiane, sembrando in competizione con le tradizionali associazioni
delle Figlie di Maria86. Data la diffusione crescente della radio, don Ricaldone, in-
terpellato in proposito, consigliò per le FMA di avere il permesso preventivo del-
l’ispettrice per audizioni al di fuori di programmi del Vaticano87, confermando il
divieto espresso da don Rinaldi nel precedente Capitolo generale del 192888.
La guerra travolse la vita ordinaria. Nel 1941 si celebrava il centenario dell’ope-
84 Tali case formarono l’Ispettoria Centrale S. Cuore, Via Cumiana, 14, Torino, eretta
l’11 aprile 1931.
85 Cf Verbali Capitolo Generale IX, 4 settembre 1928.
86 Cf Capitolo Generale X tenutosi in Torino nel luglio del 1934. Risposte-Istruzioni-Esorta-
zioni del Ven.mo Sig. Don Pietro Ricaldone Rettor Maggiore della Società Salesiana e Delegato
Apostolico per l’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Torino, Istituto FMA [s.d.], pp. 36-52.
87 Cf ibid., pp. 85-86.
88 Don Rinaldi aveva detto in assemblea che tra i salesiani si era ammessa la radio “solo
per ragioni eccezionalissime di studio e alta cultura”, ma il direttore aveva la chiave. Nelle ca-
se delle FMA meglio fosse radiata del tutto. Cf Verbali del IX Capitolo Generale, 6 settembre.

11.2 Page 102

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102 Grazia Loparco
ra salesiana con una ricerca nelle ispettorie sullo sviluppo dell’oratorio, per rilan-
ciarlo. Le emergenze belliche connotarono le iniziative, favorendo l’impegno assi-
stenziale nell’oratorio, con la distribuzione di pasti caldi e merende, oltre alle atti-
vità di dopo scuola, intrattenimento, laboratori, catechismi. Le opere di beneficen-
za furono inserite fra le opere già attive o create ad hoc: orfanotrofi, istituti per l’in-
fanzia abbandonata, come pure numerose colonie estive di cui le FMA divennero
promotrici, a differenza dell’anteguerra, quando erano chiamate a gestirle da ditte
o enti che le sovvenzionavano89. In vari centri esse assunsero anche l’impegno per
le “figlie della strada”, presenti a Roma come a Napoli, in Sicilia e Sardegna90.
Per non trascurare le esigenze ordinarie, nel 1943 si tenne una settimana di
studio per le lavoratrici a Torino M. Mazzarello91. Nella stessa estate si registrava-
no iniziative in Francia, dove si ricostruiva puntando sulla famiglia e sul ritorno
al lavoro della terra. Nella casa ispettoriale di Lyon si tenne un corso intercongre-
gazionale di Economia domestica e varie sorelle conseguirono i diplomi attinenti.
In Inghilterra, anche tra le FMA, si aprirono nel dopoguerra i club, con una
descrizione che li assimilava alle più note scuole serali, ma con varianti adattate
all’ambiente92, con la soddisfazione di un successo per lo spirito salesiano, rico-
nosciuto in breve anche dalle autorità protestanti93.
Col dopoguerra sempre più emerse la scelta di puntare sulla formazione pro-
fessionale con iniziative per renderla possibile e assecondare le ditte che comin-
ciavano a muoversi in quella direzione. Si trattava di andare oltre i laboratori, i
corsi e le tradizionali scuole di lavoro, che non conferivano titoli, ma abilità ar-
tigianali, e oltre l’insegnamento dei lavori femminili a scuola. Nel 1945 a Mon-
calvo (Asti) si aprì la Scuola Professionale Aziendale Maria Ausiliatrice, aderente
al Consorzio Provinciale dell’Istruzione Tecnica. Era la prima richiesta del gene-
re in Italia e inizialmente il Consiglio generale aveva ritenuto di non aderirvi per
l’impreparazione a una missione che sembrava esorbitare dai “principi fonda-
mentali che sono propri”94. Già nel Notiziario del 24 luglio ’44 si parlava dei
corsi a beneficio della classe operaia, in consonanza col Consorzio, a Torino, co-
me preparando nuovi scenari. La scuola Madre Mazzarello di Torino, infatti, ol-
tre che Magistero professionale per la donna, era anche Scuola aziendale. Alcuni
anni dopo, nel 1953 il Notiziario riferì della Mostra didattico-professionale in
occasione del centenario delle scuole professionali salesiane95.
89 Negli Atti capitolari si notavano 114 case di beneficenza attive nell’Istituto, che era-
no autonome o dipendenti da Enti. Cf Atti del Capitolo Generale XI…, pp. 57-65.
90 È in corso di stampa una ricerca sull’operato delle FMA di Roma durante l’occupa-
zione nazista del 1943-1944, da cui emerge un coinvolgimento esteso a servizio delle mol-
teplici emergenze, ma soprattutto delle “figlie della strada”, spesso sorelle dei noti “sciuscià”.
91 Cf Settimana di studio per le lavoratrici, in “Il Notiziario” 14 (1943) 8-9, pp. 2-3.
92 Cf Dall’Inghilterra. Note d’apostolato, in ibid. 17 (1946) 11, p. 3.
93 Cf Note di apostolato. Dall’Inghilterra, in ibid. 19 (1948) 1-2, pp. 2-3.
94 Cf Verbali adunanze 1943-1946, 20 giugno, 13 e 28 agosto, 24-25 settembre, 1 ot-
tobre 1945. E La prima scuola professionale aziendale, in “Il Notiziario” 17 (1946) 12, p. 1.
95 Cf Giornate festive del nostro XII Capitolo Generale, in “Il Notiziario” 24 (1953) 8-9,

11.3 Page 103

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Le Figlie di Maria Ausiliatrice in Europa 1900-1960. Sviluppo, condizionamenti, strategie 103
Intanto, nel corso della visita in Francia, nel 1947, madre Lucotti aveva invi-
tato a eliminare qualche tipo di scuola non rispondente alle finalità educative
delle FMA, anche per diminuire le insegnanti laiche96. La crisi vocazionale che
aveva già investito la Francia in effetti spingeva a cercare soluzioni alternative
per non rinunciare alle opere, ma suscitavano ancora con una certa diffidenza
nelle superiore. La stessa perplessità fu espressa di fronte alla richiesta di assume-
re una scuola a Utrera (Spagna), avvalendosi di insegnanti solo esterni97.
Il tema del Capitolo generale del 194798, il primo dopo il ’34, manifestava
l’incertezza che serpeggiava nella Chiesa e coinvolgeva le FMA: Come adeguare
praticamente alle esigenze dell’ora presente le nostre attività di Figlie di Maria Ausi-
liatrice e di San Giovanni Bosco. Negli Atti dell’assemblea risaltava l’esigenza di
formazione catechistica e spirituale delle religiose, poiché risultava ormai inade-
guata la preparazione del noviziato e insufficiente l’istruzione religiosa. Circa la
pratica religiosa tra le allieve emersero alcune divergenze sull’uso dei messalini,
sulla messa dialogata e la recita del rosario durante la celebrazione, la continua-
zione delle funzioni del mese di maggio, marzo e ottobre per le allieve, con la
conclusione affermativa specialmente per le interne, a riprova delle novità cre-
scenti che turbavano le tradizioni99.
Don Berruti e don Segala intervennero insieme al Rettor Maggiore sul tema
impellente della beneficenza da non disgiungere da una buona catechesi; rispo-
sero a varie domande delle FMA sul catechismo e l’eventuale oratorio per i ra-
gazzi, sulle classi elementari miste, sulle sezioni distinte di bambine ricche e po-
vere. Al riguardo, don Ricaldone confermò il movimento in atto: “La parola
d’ordine, oggi, è quella di avvicinare le classi, non dividerle; aiutiamo questo
movimento, smussando poco per volta gli angoli che possono intralciarlo”100.
Il tema reiterato della modestia cristiana rivelava lo scontro con la mentalità
corrente, la moda; la necessità di radunare le mamme per suscitare la loro colla-
borazione e fronteggiare i rischi dei nuovi divertimenti. Don Ricaldone si mo-
strò intransigente, ricordando che don Bosco “non è venuto per seguire la cor-
rente, ma per arginare”101. Nel contesto del rinnovamento emerse l’idea di creare
un giornalino per le ragazze, che rispondesse all’esigenza sempre più diffusa tra i
cattolici della buona stampa per le adolescenti102. Inoltre si condivise l’idea di
p. 1. Lo sviluppo delle scuole professionali e dei successivi Corsi di Formazione professiona-
le attende di essere studiato, poiché costituisce un importante capitolo di storia femminile.
96 Cf L. CASTANO, Una madre…, p. 276.
97 Cf Verbali adunanze 1943-1946, 25 maggio 1946.
98 Nel Capitolo generale del 1947 furono assenti le ispettrici di Germania e Polonia;
quest’ultima sarebbe mancata anche nel 1953 e nel 1958.
99 Cf Atti Capitolo Generale XI…, pp. 45-49; pp. 172-175.
100 Ibid., p. 64.
101 Verbali adunanze 1935-1938, 19 giugno 1937. In particolare si trattava delle calze
lunghe delle allieve.
102 Cf Atti Capitolo Generale XI…, pp. 106-107. L’idea si concretizzò nel quindicinale
Primavera, apparso nel 1950, affidato all’ispettoria lombarda per la realizzazione.

11.4 Page 104

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104 Grazia Loparco
curare particolarmente la formazione catechistica delle FMA e, in seguito, anche
quella pedagogica per chi frequentava scuole superiori o università in cui tale di-
mensione era carente. Si creava così l’Ufficio catechistico Centrale e il Centro
nazionale Italiano per le Associazioni giovanili103.
Per continuare nella linea propositiva e di contrasto ai nuovi divertimenti
giovanili, sia nel ’47 che nel Capitolo del ’53 si esortarono le FMA a scrivere te-
sti teatrali, specie nel campo drammatico. Nel ’53 si diedero i primi resoconti
ufficiali, additando i contributi di sr. Maria Sonaglia, sr. Caterina Pesci, e infor-
mando sulle riviste a cui si contribuiva efficacemente: Ala per le religiose104, Ca-
techesi, Gioventù missionaria, Teatro delle giovani, Primavera105. La rivista per le
FMA Da mihi animas, iniziata nel 1953, accentuava fino al 1970 il modello ca-
techistico-oratoriano106.
Nel secondo dopoguerra l’Istituto puntò decisamente sulla formazione pro-
fessionale e religiosa, riconoscendo che molte FMA si erano lanciate nel lavoro
senza la preparazione adeguata, ma ormai bisognava provvedere. In tale direzio-
ne dal 1948 si realizzarono vari corsi per direttrici di convitti, infermiere, inse-
gnanti, cuciniere, assistenti, ecc. Si lavorò alacremente nel campo catechistico e
della pietà mariana, ascoltando i suggerimenti di don Ricaldone, che era riuscito
ad ottenere la regolare costituzione canonica delle Pie Associazioni. Sempre nel
’48 si attuò a Torino un Corso informativo di Educazione fisica per 82 FMA
provenienti da tutta Italia107 e un Corso di aggiornamento per laureate raccolse
76 FMA docenti di Materie letterarie e filosofiche, integrando elementi di spiri-
tualità salesiana. Nel 1949 si tenne un Corso di Educazione fisica autorizzato
dal Ministero, mentre il Consorzio Provinciale per l’istruzione Tecnica di Torino
autorizzò un Corso libero per taglio e confezioni108. Allo stesso modo si incorag-
giavano i corsi di aggiornamento avviati anche all’estero.
Nel 1952 si tenne il convegno delle maestre delle novizie e gli Atti furono
distribuiti nelle ispettorie; l’anno dopo il convegno internazionale delle Figlie di
Maria109 e nel 1954 molte iniziative per celebrare il centenario del dogma del-
l’Immacolata Concezione, disseminate nel Notiziario110.
103 Cf Atti del Capitolo Generale XII dell’Istituto Figlie di Maria Ausiliatrice. Torino, Ca-
sa generalizia 1953, pp. 45-49.
104 Era la prima rivista delle Superiore religiose, oggi USMI, che in seguito prese il no-
me attuale di Consacrazione e servizio.
105 Cf Atti del Capitolo Generale XII…, pp. 50-51.
106 Cf Mara BORSI, Un laboratorio di formazione: la rivista “Da mihi animas”. Profilo
storico e modelli educativi emergenti (1953-1996). Roma, LAS 2006, in particolare il cap.
III, pp. 133-177.
107 Cf Atti Capitolo Generale XII…, pp. 54-55.
108 Cf ibid., p. 57.
109 Cf Il nostro Convegno Internazionale delle “Figlie di Maria”, in “Il Notiziario” 24
(1953) 8-9, pp. 4-7.
110 Cf L. CASTANO, Una madre…, pp. 338-339. Ogni numero del “Notiziario” del
1954 si apre con un articolo di argomento mariano.

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Le Figlie di Maria Ausiliatrice in Europa 1900-1960. Sviluppo, condizionamenti, strategie 105
L’esigenza di formazione cristiana, salesiana, culturale rimbalzava anche dalle
relazioni in vista del Capitolo generale del 1953. Le richieste si appoggiavano al-
le fonti: le Costituzioni e l’invito di Pio XII ad approfondire la formazione per
meglio rispondere alle esigenze dei tempi, in occasione del primo congresso in-
ternazionale degli istituti religiosi femminili, nel 1952111.
Nel Capitolo generale XII del 1953 tornò, oltre al tema delle missioni e delle
missionarie, quello delle Scuole professionali, Artigiane, di Economia domestica
e Agricole; delle Scuole di lavoro, con la formazione del personale e la necessaria
organizzazione di programmi, diplomi, modo di collocare le orfane e le ragazze
dopo l’uscita da tali scuole.
In particolare si avvertiva la necessità di creare simpatia verso la scuola pro-
fessionale di tipo industriale femminile per la formazione alle attività della casa,
inizialmente frequentata solo dalle allieve escluse dai Corsi commerciali, per cui
a quindici anni portavano a casa uno stipendio. Era soggiacente la preoccupa-
zione di incrementare l’abilità nell’economia domestica con corsi serali, corsi
per disoccupate, che si realizzarono anche in altre nazioni, come la Francia. Nel
Capitolo del 1953 risuonava:
“È necessario ricordare che le nostre Scuole non sono per dare impulso e alimento
alla corrente che promuove l’impiego delle donne, ma sono specificatamente per
formare artigiane casalinghe e per aiutare le figliuole ad attendere all’azienda familia-
re quando tale azienda richieda in loro abilità commerciali. Cerchiamo di evitare per
quanto è possibile di mettere le figliole nei pericoli degli impieghi individuali”112.
La caratteristica delle FMA era la saggia combinazione della pratica di lavoro
ed esecuzione con la cultura. Per rafforzare l’impegno, si dava la statistica delle
scuole professionali in Italia e all’estero, specificando l’Europa113.
L’assemblea capitolare voleva incentivare le scuole professionali del governo
della casa e domestico-agricole fino alla qualifica anche negli orfanotrofi; come
anche che si completassero le nozioni di Religione con la Sociologia cristiana114.
In tal modo si riaffermava l’intento di formare donne per la casa o come educa-
trici dell’infanzia e fanciullezza. Nel divertimento, nel teatro, nel gioco si ribadi-
111 Dopo il congresso internazionale dei soli Religiosi nel 1950, le superiore generali
furono convocate a loro volta, dietro insistenza della Sezione femminile della Commissio-
ne Centrale Consultiva dell’aggiornamento degli Stati di perfezione, che si era costituita
nel 1952 con due sezioni, maschile e femminile. Mons. A. Larraona nella prolusione chia-
riva che il sincero sforzo di “aggiornamento” non voleva dire “riforma”, tuttavia anche nei
migliori istituti “il progresso è sempre possibile”. Non è infatti importante quel che “fecero
i fondatori, quanto il sapere cosa farebbero se si trovassero qui oggi, di fronte a tutti i pro-
blemi che minacciano l’apostolato della Chiesa”. Cf prolusione di mons. A. Larraona, 11
settembre 1952, in SACRA CONGREGATIO DE RELIGIOSIS, Acta et documenta Congressus in-
ternationalis superiorissarum generalium. Romae 1952. Roma, Ed. Paulinae 1953, p. 79.
112 Atti Capitolo Generale XII…, p. 117.
113 Cf ibid., p. 132.
114 Cf ibid., p. 134.

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106 Grazia Loparco
va la valenza educativa salesiana. Inoltre, i pensionati per studenti non scadesse-
ro ad alberghi, ma fossero case improntate a stile di famiglia, insistendo sul di-
vieto di leggere romanzi, di uscire a fine settimana o in occasione di matrimoni;
sul controllo della posta, delle visite, del telefono; sulla modestia nel vestire115.
I profondi cambiamenti del secondo dopoguerra avevano trovato le FMA
decise a resistere sui principi, in nome dell’educazione cristiana, pur cercando
modalità accattivanti per non perdere la sintonia con le giovani. Negli anni ’50
appariva la crisi dei collegi almeno in alcuni Paesi come l’Italia e le FMA si
orientarono a difenderli per la loro valenza educativa, preferendo ostacolare lo
sviluppo dei convitti per studentesse, che sembravano la loro naturale evoluzio-
ne. Le rette più alte poste nei semi convitti avrebbero dovuto scoraggiare le
alunne dalla scelta di viaggiare per raggiungere le scuole pubbliche116.
Mentre in Italia maturava dunque l’esigenza di equilibrare l’attenzione alla
scuola e al mondo professionale, all’estero, eccetto in Spagna e forse in Francia,
solo negli anni ’50 si riusciva ad aspirare a qualche scuola superiore con titoli ri-
conosciuti. Così in Germania, a Rottembuch, e in Inghilterra dove le FMA era-
no presenti già da vari decenni.
La statistica del personale per il 1960 inviata alla Santa Sede include il nu-
mero di FMA laureate o autorizzate all’insegnamento, le maestre elementari e di
scuole materne. Le cifre erano alte. Per le lauree: 1 nell’ispettoria austriaca; nes-
suna nella belga; 9 e 19 nelle ispettorie francesi; nessuna nella germanica, 8 nel-
la inglese, 7 nella polacca, nessuna nella portoghese; 12, 15 e 3 per un totale di
30 nelle ispettorie spagnole; nelle 16 ispettorie italiane erano in tutto 293. Solo
nell’ispettoria vercellese non c’era alcuna laureata, mentre i numeri più alti era-
no in un’ispettoria sicula, in una lombarda, nella napoletana117.
La questione della formazione delle FMA aveva fatto anche riprendere, nel
1953, i Regolamenti dati in esperimento nell’ultimo Capitolo generale per la for-
mazione del personale (aspirantati, noviziati, case per neoprofesse), incoraggiando la
preparazione delle insegnanti di scuola materna, elementare, di cultura: scuole me-
die, musica, canto, ginnastica, disegno; assistenti di internati e oratori, infermiere.
Per rispondere alle istanze educative dei tempi da FMA e in modo qualifica-
to, nel 1952 si iniziava la costruzione e il 15 ottobre 1954 si ebbe l’inaugurazio-
ne dell’Istituto Internazionale Pedagogico a Torino, in linea con quanto auspica-
to già nel Capitolo del 1947 da don Ricaldone118 e dallo stesso Pio XII per tutte
115 Cf ibid., pp. 306-308.
116 Cf Verbali adunanze Consiglio generalizio dal gennaio 1955 al giugno 1960, 5 otto-
bre 1956.
117 Cf S. CONGREGATIO DE RELIGIOSIS, Relatio annualis 1960, Istituto Figlie di Maria
Ausiliatrice, in AGFMA 510 960.
118 Si riportavano le parole del Rettor Maggiore: “Il vostro Istituto dovrà avere, col
tempo, un vero, speciale Corso superiore, in cui raccogliere le Suore, particolarmente do-
tate d’intelligenza e di buona volontà, per dare una completa formazione pedagogica e reli-
giosa a coloro che dovranno poi diffondere ovunque il verbo catechistico e contribuire più

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Le Figlie di Maria Ausiliatrice in Europa 1900-1960. Sviluppo, condizionamenti, strategie 107
le religiose. La sensibilità ecclesiale si espresse nel servizio prestato da due sorel-
le, Felicina Groppi alla redazione della rivista Ala, per le religiose, e di Anna
Maria Corbò alla segreteria nazionale della FIR119.
Intanto nel 1958 i temi previsti per il Capitolo generale concernevano ancora
la vita e disciplina religiosa. Tornava in primo piano la preparazione del personale
qualificato per le opere dell’Istituto; poi la formazione della gioventù affidata alle
FMA, tramite la catechesi, le associazioni, le scuole, i divertimenti. Oltre a pro-
poste e a comunicazioni varie, si dava relazione di corsi di aggiornamento avve-
nuti nel quinquennio, si comunicava l’inizio dell’attività della SAS (Scuola Attiva
Salesiana). Trapelava anche qualche notizia dalle nazioni Oltre cortina120.
L’ampiezza dell’Istituto e la varietà dei contesti e delle mentalità sfidavano le
consuetudini salesiane. Nel corso delle riunioni capitolari si fece difatti richiamo
alle tradizioni e quale centro di unità si confermava la filiale devozione alla Ma-
dre generale121. Si ribadì l’apostolato catechistico in tutte le opere, si denunciò la
morale laicista e, per contrastarla, si incoraggiò la frequenza di università cattoli-
che. Per iscrivere FMA nelle altre università occorreva, difatti, il nulla osta delle
superiore e della Congregazione dei Religiosi. È da notare che all’inizio del ’900
le cautele non erano così rigorose, probabilmente anche perché le superiore ri-
uscivano a tenere maggiormente sotto controllo la situazione e il clima generale
aveva lasciato prevalere l’audacia sulla difesa.
Riguardo al tempo libero, segreto della confidenza educativa coltivata dalle
FMA, i divertimenti da offrire alle ragazze diventavano un problema: rispetto al
teatrino e alle proiezioni fisse, ballo, cinema, radio, televisione creavano una
concorrenza spietata. Si insisteva di dover animare le ricreazioni, favorire le pas-
seggiate e l’attività, evitando di comprare televisioni. Si lamentava che in molte
case il cinema aveva soppiantato il teatrino, proprio mentre i comunisti stavano
scoprendo il suo valore educativo. Non potendo tuttavia ignorare oltre la diffu-
sione dei film, si sentì l’esigenza di nominare nelle ispettorie un’incaricata di
esaminare film, dischi, letture. Su un altro piano, emersero in Capitolo delle do-
mande sulle norme liturgiche, per aggiornarsi secondo il movimento in atto.
Circa le nuove associazioni ecclesiali, si diedero alcune informazioni sulle
guide Scout, riconoscendone elementi positivi, ma anche divergenze rispetto al-
efficacemente alla salvezza delle anime. Intervenendo da ogni ispettoria i soggetti più pro-
mettenti per attingere lo spirito salesiano e vedere il sistema di Don Bosco applicato all’in-
segnamento catechistico, incalcolabile sarà il vantaggio per loro e per le loro Sorelle”. Cf
Atti Capitolo Generale XII…, pp. 218-221, particolarmente pp. 218-219. Per un breve
cenno storico, cf Maria MARCHI, Le istituzioni accademiche femminili. La Pontificia facoltà
di scienze dell’educazione “Auxilium”. Un caso anomalo o paradigmatico?, in “Ricerche teolo-
giche” 13 (2002) 1, pp. 233-245.
119 Cf Verbali adunanze Consiglio Generalizio dal gennaio 1955 al giugno 1960, 22 giu-
gno 1956.
120 Cf Atti del Capitolo Generale XIII dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice tenutosi in
Torino – Casa Generalizia dal 14 al 24 settembre 1958. Torino, Istituto FMA 1958, pp. 32-33.
121 Cf Atti Capitolo Generale XIII…, p. 170.

11.8 Page 108

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108 Grazia Loparco
l’assistenza salesiana e alla religiosità cattolica122. Le colonie delle FMA erano ri-
tenute somiglianti per alcuni versi all’esperienza Scout. Così pure era riafferma-
to il valore educativo delle associazioni mariane123, si accennava alla relazione
con le parrocchie, con l’Azione Cattolica124.
Il tentativo di non cedere alle mode portava a contrastare l’uscita di collegio a fi-
ne settimana e nella Settimana Santa125, mentre si rispondeva all’esigenza di aggior-
namento espressa dalle ispettorie, col cambio delle divise delle educande; allo stesso
tempo si scoraggiava l’uso del pigiama, per evitare la tendenza delle ragazze a ma-
scolinizzarsi126, come già nel 1947 si era inteso “combattere l’uso dei pantaloni”, ac-
cettando l’uso della gonna pantalone per i viaggi in bicicletta e a cavallo, e “resistere
ad oltranza” alle divise ginnastiche di forma sconveniente127. Come attenzione alle
ragazze più povere, si ricordava di preoccuparsi della preparazione professionale
delle orfane in uscita dall’Istituto e di seguirle, per prime, tra le ex allieve128.
Conclusioni
Il mondo del lavoro, poi dell’impiego e delle professioni fu la frontiera delle
donne europee del ’900, insieme alla secolarizzazione in atto nell’Europa Occi-
dentale e al tentativo di scristianizzazione nei Paesi soggetti ai totalitarismi di
destra e di sinistra, passando per due conflitti mondiali. Come mantennero le
FMA l’identità educativa in tanti momenti difficili?
L’ascolto delle esigenze educative, soprattutto dei ceti popolari, provocò tra le
FMA un ampliamento di opere, di preparazione professionale e un ripensamento
della formazione. Inizialmente si pensava alle giovani religiose, per cui si avviaro-
no alcune case di formazione specifica, mentre poi s’impose la necessità di corsi
di aggiornamento più estesi, secondo i compiti affidati, a riprova della consape-
volezza di essere inadeguate. Per restare al passo coi tempi non si poteva rimanere
attaccate ai modelli del passato, e, d’altra parte, per restare FMA non si poteva
accettare ogni adeguamento. Alcune opere pensate per la formazione delle reli-
giose si sarebbero rivelate lungimiranti, altre legate ad esigenze transitorie.
Le superiore FMA, nella morsa di ideologie e cambiamenti enormi, tendevano
a non staccarsi dalla tradizione, a resistere alle novità che pure in varie ispettorie si
dovettero accogliere, come la collaborazione dei laici nelle opere dell’Istituto, le
classi miste, il coinvolgimento infermieristico nei periodi bellici. Nelle iniziative
locali non mancava l’apertura, ma sembrò prevalere gradualmente uno spirito di-
fensivo e il timore di scivolare nell’inadeguatezza. Se nel Capitolo del 1913, infat-
122 Cf ibid., pp. 344-345.
123 Cf ibid., p. 360 ss.
124 Cf ibid., p. 370 ss.
125 Cf ibid., pp. 392-393.
126 Cf ibid., pp. 394-395.
127 Cf Atti Capitolo Generale XII…, p. 75.
128 Cf Atti Capitolo Generale XIII…, p. 406 ss.

11.9 Page 109

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Le Figlie di Maria Ausiliatrice in Europa 1900-1960. Sviluppo, condizionamenti, strategie 109
ti, mentre stavano sorgendo opere nuove, si era posta la domanda su come assicu-
rare la qualità educativa, in quello del 1947 la riflessione verteva sulla modalità per
adeguarsi alle necessità del presente, senza perdere la propria identità.
L’apertura realistica a iniziative segnate dallo spirito preventivo costituisce la
fondamentale strategia delle FMA, che cercarono di intervenire da educatrici lì
dove le ragazze naturalmente si trovavano: la scuola, il mondo del lavoro, le
amicizie, la famiglia, a partire dalle proprie precomprensioni, da cui traspare un
certo irrigidimento sulle forme consolidate.
Varie iniziative erano qualificanti, ma non riuscirono a raggiungere tutte le
FMA. Vecchio e nuovo faticavano a stare insieme… alle ragazze dell’Europa occi-
dentale le suore apparvero sempre meno aggiornate, nonostante vari corsi di ag-
giornamento e di formazione. Molte faticarono a cogliere lo spirito dei tempi
nuovi in Occidente, per inserirsi in modo propositivo, non rassegnato, né con
combattività esagerata. La “resistenza ad oltranza” su vari aspetti pratici, che si ri-
affermava nei Capitoli generali e che doveva essere motivo di tensioni nel quoti-
diano, unita allo sforzo di rendere gradevoli gli impegni della vita cristiana, attirò
molte vocazioni e contemporaneamente critiche alle FMA. Non mancò mai, in
verità, la consapevolezza di non poter ottenere subito la riforma dei costumi, sic-
ché si consigliava di procedere con prudenza almeno per evitare mali peggiori.
La minaccia alla famiglia fu recepita prontamente e assunta dalle FMA, che
cercarono di educare in modo da non allontanare le ragazze da quella, ma di co-
municare valori e contenuti che, mentre sembravano intransigenti, in senso po-
sitivo tentavano di “arginare” le insidie crescenti.
D’altra parte, le FMA non si opposero all’inserimento femminile nel mondo
del lavoro e delle professioni, ma tentarono di accompagnarlo e qualificarlo co-
me un dato ineludibile, senza spingere le allieve all’isolamento dal proprio con-
testo. In tal senso offrirono lentamente opportunità di qualificazione professio-
nale, tentando l’ardua sintesi tra la dimensione domestica e quella sociale. Gli
esiti conobbero resistenze, ritardi e contraddizioni, tuttavia la preventività costi-
tutiva dello spirito salesiano impedì un arroccamento esagerato e spinse a cerca-
re modalità nuove di mediazione dei valori cristiani.
Infine viene da chiedersi come si comportarono le FMA dinanzi ai regimi
totalitari. Non levarono aperte denunce, forse inutili o dannose; subirono le an-
gherie cercando di arginarle coi mezzi legali a disposizione e di partecipare a una
forma di resistenza mediante l’aiuto a chiunque fosse in difficoltà, di qualsiasi
colore politico o religioso. Nei Paesi dell’Est l’Istituto non sempre sopravvisse
nelle opere, ma nelle persone.
Nel complesso scenario compreso tra 1900 e 1960, le FMA non persero di
vista di essere educatrici di donne, motivate dalla vocazione salesiana. Questa,
alla fine, resta la cifra interpretativa delle scelte più audaci, come pure di quelle
più datate, difese fino agli anni del Concilio Vaticano II.

11.10 Page 110

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110 Grazia Loparco
Appendice
Tabella n. 1: Istituto Figlie di Maria Ausiliatrice, 1872 – 1960
Anno
1872
1881
1900
1901
1902
1903
1904
1905
1906
1907
1908
1909
1910
1911
1912
1913
1914
1915
1916
1917
1918
1919
1920
1921
1922
1923
1924
1925
1926
1927
1928
Case
Novizie
FMA
1
4
11
32
77
202
186
391
1718
197
365
1825
217
336
1924
233
335
2035
248
358
2143
267
334
2220
272
312
2354
293
337
2467
303
300
2556
311
256
2654
320
286
2716
328
308
2815
343
387
2907
364
418
3025
370
384
3160
392
331
3300
404
307
3396
421
348
3510
427
359
3574
437
340
3711
444
411
3806
458
474
3915
469
481
4089
486
480
4251
503
564
4409
527
613
4604
548
689
4822
572
810
5050
596
856
5355

12 Pages 111-120

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12.1 Page 111

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Le Figlie di Maria Ausiliatrice in Europa 1900-1960. Sviluppo, condizionamenti, strategie 111
Anno
1929
1930
1931
1932
1933
1934
1935
1936
1937
1938
1939
1940
1941
1942
1943
1944
1945
1946
1947
1948
1949
1950
1951
1952
1953
1954
1955
1956
1957
1958
1959
1960
Case
619
648
662
689
713
727
740
765
792
811
825
834
857
892
903
936
959
986
1010
1034
1048
1077
1101
1140
1157
1175
1203
1228
1256
1287
1325
1347
Novizie
932
950
913
873
725
675
742
781
727
738
850
811
738
763
839
927
1024
1085
1218
1151
1095
1080
1177
1210
1267
1244
1220
1376
1440
1342
1253
1186
FMA
5652
6017
6375
6689
7010
7292
7494
7713
7939
8210
8403
8628
8926
9144
9359
9586
9858
10179
10415
10846
11271
11671
12004
12369
12748
13146
13616
14000
14420
14964
15436
15834
N.B. I dati corrispondono al 31 dicembre di ogni anno.

12.2 Page 112

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112 Grazia Loparco
Tabella n. 2: FMA nate in Europa Professe dal 1872 al 1960
NAZIONE
ALBANIA
AUSTRIA
BELGIO
BIELORUSSIA
CECA Rep.
CROAZIA
FRANCIA
GERMANIA
GRAN BRETAGNA
IRLANDA
ITALIA
LITUANIA
MALTA
MONACO
OLANDA
POLONIA
PORTOGALLO
ROMANIA
RUSSIA
SERBIA
SLOVACCHIA
SLOVENIA
SPAGNA
SVIZZERA
UCRAINA
UNGHERIA
TOTALE
1872-1899
0
2
4
0
0
0
58
2
0
0
1.475
0
0
0
1
11
1
0
0
0
0
0
69
8
0
0
1.631
1900-1921
2
3
32
0
0
0
73
5
10
4
2003
0
1
1
1
4
0
0
0
0
0
2
138
16
0
0
2.295
1922-1943
3
12
128
1
2
2
127
123
26
37
4.359
15
2
0
3
112
1
1
3
1
32
46
217
13
0
11
5.277
1944-1960
0
47
94
0
2
2
166
81
45
76
3.703
1
8
0
12
185
90
0
0
0
12
10
966
1
1
14
5.516
1872-1960
5
64
258
1
4
4
424
211
81
117
11.540
16
11
1
17
312
92
1
3
1
44
58
1.390
38
1
25
14.719

12.3 Page 113

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RELAZIONI – COMUNICAZIONI

12.4 Page 114

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12.5 Page 115

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I SALESIANI FRANCESI AL TEMPO DEL SILENZIO (1901-1925)
Francis Desramaut*
Tra il 1902 e il 1927, i cataloghi generali della società di san Francesco di Sa-
les ignorano le presenze salesiane su tutto il territorio francese. Secondo la legge,
la congregazione salesiana non esiste più in Francia. Ufficialmente, non ci sono
più religiosi salesiani nel paese. Però, delle opere salesiane francesi sussistono e
sono ben viventi, sia sul territorio, sia, in due o tre casi, oltre le sue frontiere. La
situazione è differente fra il Nord, con Parigi e Lilla, dove le opere, anche quelle
fondate da don Bosco, sono sparite; e il Sud, dove le più importanti, Nizza e
Marsiglia, sopravvivono sotto la copertura della “secolarizzazione” di “ex-salesia-
ni”. I salesiani francesi ritroveranno la loro piena libertà solo dopo la prima
guerra mondiale.
Tutto incominciò con una legge sulle associazioni – di per sé eccellente – vo-
tata dal parlamento nel luglio 1901, della quale un titolo era interamente consa-
crato alle congregazioni religiose. Potevano continuare a esistere solo le associa-
zioni religiose debitamente autorizzate dal potere legislativo. In un primo mo-
mento, a Torino, durante quell’estate 1901, i rappresentanti dei salesiani di
Francia, con i loro ispettori di Marsiglia (Pietro Pierrot) e di Parigi (Giuseppe
Bologna, detto in francese Joseph Bologne), si erano messi d’accordo per non
chiedere questa autorizzazione, della quale si predicevano i rischi. Avevano otte-
nuto da Roma la possibilità per i sacerdoti di passare ufficialmente nel clero se-
colare, e dunque sotto la giurisdizione vescovile, i coadiutori diventavano sem-
plici laici. Da parte loro anche le salesiane pensavano alla secolarizzazione la-
sciando l’abito religioso. L’insieme di queste misure fu chiamata secolarizzazio-
ne. Don Rua era pienamente d’accordo con questa trasformazione dello statuto
dei suoi religiosi e delle sue religiose1.
In un secondo tempo, poi, su consiglio dell’arcivescovo di Parigi, il cardinale
Richard, l’ispettore del Nord Joseph Bologne aveva cambiato parere: avrebbe
chiesto l’autorizzazione. La differenza tra Nord e Sud durante una ventina d’an-
ni nacque con questa opzione. Dopo aver vanamente tentato di fare aderire al
* Salesiano, docente emerito all’Università di Lione, studioso di don Bosco e collabora-
tore dell’Istituto Storico Salesiano.
1 Buona presentazione di queste trattazioni in Eugenio CERIA, Annali della Società Sa-
lesiana. Vol. III. Torino, SEI 1946, pp. 124-138.

12.6 Page 116

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116 Francis Desramaut
suo progetto l’ispettore del Sud, Pietro Perrot, don Bologne fece dunque la sua
domanda di autorizzazione di una associazione salesiana comprendente solo le
case della sua ispettoria, Parigi, Lilla, Dinan e alcune altre. Gli andò male. Insie-
me ad altre quattro società religiose, l’affare dell’autorizzazione dei salesiani fu
deferito al Senato. Il 2 dicembre 1902, il rapporto di presentazione del ministro
Emile Combes accompagnò sfortunatamente questa domanda con una serie di
considerazioni calunniose sulle scuole professionali dei salesiani. Tutti i salesiani
francesi si sentirono coinvolti. Il direttore di Nizza, Louis Cartier, replicò in un
rescritto sin dal 20 dicembre: Les Salésiens de Don Bosco au Sénat. Risposta al
Rapporto del Sig. Combes, da un Amico dei Salesiani2. Poco dopo usciva una
puntualizzazione di don Bologne: Les Salésiens français de Dom Bosco. Prome-
moria3. Anche gli ex-allievi si mobilitarono. Il Senato discusse sull’autorizzazio-
ne richiesta dai salesiani il 3 e 4 luglio 1903 durante due sedute, segnate dai dis-
corsi di tre senatori di destra in favore dei salesiani e da interventi ostili dei se-
natori di sinistra. Lo scrutinio fu senza appello: il 4 luglio novantotto senatori si
dichiararono favorevoli alla legge, e dunque all’autorizzazione richiesta; ma cen-
tocinquantotto votarono contro: “Il Senato non ha adottato” concluse laconica-
mente la “Journal Officiel” [Gazzetta Ufficiale]. I salesiani dell’Ispettoria del
Nord della Francia erano battuti. Le loro case e i loro beni erano automatica-
mente confiscati. I religiosi dovevano sparire. Le opere di Parigi e di Lilla furono
poco per volta smembrate e vendute a poco prezzo.
1. L’Ispettoria del Nord
Tutte le opere del Nord, però, non conobbero la stessa triste sorte grazie alla
tenacia e all’ingegnosità di alcuni intrepidi salesiani. Ci limiteremo a quattro
opere: l’oratorio di Dinan, l’orfanotrofio di Saint Denis, l’oratorio Saint Pierre
di Parigi e una succursale di Saint Gabriel di Lilla, la casa di Melles-lez-Tournai
nel Belgio.
Dinan, nella Bretagna, è il caso più straordinario. Fondato all’inizio del
1891, l’oratorio Jésus-Ouvrier di Dinan era composto da scolari (detti studenti)
e da apprendisti suddivisi in tre laboratori: falegnami, sarti e calzolai, un centi-
naio di giovani in tutto4. Era un vivaio di vocazioni. Dall’ottobre 1899, un gio-
vane sacerdote audace, Yves-Marie Pourveer (1871-1911) ne era direttore. Ave-
va visto arrivare l’uragano. Dalla primavera dell’anno fatale 1903, si era messo
in relazione con mons. Cahill, vescovo di Portsmouth, in Inghilterra, e gli aveva
chiesto l’autorizzazione di installarsi sull’isola anglo-normanna di Guernesey,
che faceva parte della sua diocesi. Guernesey è vicina al territorio francese. Il ve-
2 Nizza, Tipografia della Société Industrielle, 1902, 24 p.
3 Parigi, Tipografia della Scuola Professionale, 1903, 24 p.
4 Vedere Yves LE CARRÉRÈS, Les Salésiens de don Bosco à Dinan (1891-1903). Une oeu-
vre naissante brisée par le Sénat. (= Istituto Storico Salesiano – Studi, 6). Roma, LAS 1990,
in particolare pp. 141-143 sulla “partenza in esilio”.

12.7 Page 117

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I Salesiani francesi al tempo del silenzio (1901-1925) 117
scovo accettò con entusiasmo, ringraziando il Signore per aver inviato i figli di
don Bosco su quest’isola popolata di Bretoni, che erano là come pecore senza
pastore. Grazie all’intervento del parroco-decano di Guernesey don Pourveer
ebbe la possibilità di affittare, nel centro dell’isola, un edificio abbastanza im-
portante su un bel terreno. La proprietà apparteneva alla parrocchia di Catel e si
chiamava, con un nome accogliente, “la Chaumière”. Era un rifugio insperato.
Don Pourveer poteva accogliervi tutta la sua gente.
Con lettera datata del 21 agosto, la decisione del governo fu notificata al di-
rettore della casa di Dinan. Senza indugiare bisognava preoccuparsi del trasloco,
poiché, a partire dal 1° ottobre, i locali sarebbero messi sotto sequestro. Il tra-
sbordo incominciò. Bisognava trasportare a Guernesey, via il porto di Saint-Ma-
lo, il mobilio della scuola e del pensionato, insieme ai laboratori, dormitori, re-
fettorio, cucina, guardaroba. Don Pourveer mantenne la sua scommessa. “All’i-
nizio del mese di ottobre 1903, sacerdoti, professori, ragazzi, religiose (le suore
della Presentazione di Broons, che, dal dicembre 1900, assicuravano la cucina e
il guardaroba), tutti erano al loro posto e si incominciò coraggiosamente l’anno
scolastico”, leggiamo nella Histoire des fondations salésiennes de France di J-M.
Beslay5. La casa de “la Chaumière” chiamata “Oratoire Sainte Marie”, con la sua
sessantina di persone risuonava di grida di gioia. Certamente non era tutto a
posto. La povertà era evidente. Da un ripostiglio si ricavò una cappella, da un
capannone ben chiuso si fece un dormitorio, da una stalla una sala di studio. Le
trasformazioni seguirono in fretta. Costruzioni in legno, eleganti e spaziose, si
alzarono ben presto su una lunghezza di una cinquantina di metri e servirono
nello stesso tempo come aule scolastiche, refettorio e sala di teatro. Si allargò la
cappella. A metà febbraio 1906, don Rua, che aveva appena attraversato la
Francia e stava andando in Inghilterra, poté ammirare il lavoro svolto a Guerne-
sey6. Furono preparati dei laboratori. Nel 1909 la casa avrebbe potuto alloggiare
un centinaio di allievi, soprattutto Bretoni, di cui una sessantina per i corsi clas-
sici dalla settima alla seconda. Per l’anno scolastico seguente, si aprì una classe
di prima, chiamata anche retorica. Secondo don Pourveer, nel 1909,
“maturavano la loro vocazione nello studio e nella preghiera e si preparavano a di-
ventare dei degni e santi sacerdoti […] La maggior parte di questi ragazzi ci erano
stati affidati dai loro sacerdoti perché, per la loro pietà e intelligenza, davano le più
serie garanzie di vocazione allo stato ecclesiastico”7.
Gli apprendisti erano calzolai, sarti o giardinieri. L’opera salesiana francese fa-
ceva sentire la sua influenza un po’ dappertutto sull’isola, dove i sacerdoti parteci-
pavano al servizio dei cristiani. Quando, nel 1912, don Paolo Albera, eletto supe-
5 Vol. II, p. 22. La storia del trasferimento nelle pagine precedenti.
6 Relazione d’Y. Pourveer su suo passaggio in “Bulletin salésien”, maggio 1906, p. 127.
7 Yves-Marie POURVEER, Oratoire Ste Marie, in “Bulletin salésien”, aprile 1909, pp.
107-109.

12.8 Page 118

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118 Francis Desramaut
riore generale, fece visita a Guernesey, i salesiani erano al servizio di cinque cap-
pellanie e avevano la direzione di tre parrocchie8. La guerra del 1914-1918 ridus-
se sensibilmente il numero dei salesiani e dei loro allievi a Guernesey. Poi la vita
riprenderà. Nel 1921 alla “Chaumière” c’erano una sessantina di giovani: tre an-
ni più tardi saranno ottanta, latinisti e apprendisti. Di fatto, durante una quaran-
tina d’anni, e dunque fino alla seconda guerra mondiale, la casa di Guernesey,
che sarà trasferita all’Istituto Lemonnier di Caen nel 1926 – alla fine della burra-
sca – sarà il vivaio privilegiato delle vocazioni salesiane dell’ispettoria di Parigi9.
Le sorti dell’orfanotrofio Saint Gabriel di Saint-Denis, vicino a Parigi, emi-
grato in Svizzera, sono meno documentate e meno rumorose. Il suo esilio fu pe-
rò all’origine dell’inserimento salesiano nella Svizzera di lingua francese. L’orfa-
notrofio era affidato alle suore salesiane con cappellani salesiani10. A Saint-De-
nis, il posto poteva alloggiare un centinaio di bambini. Tra il 1901 e 1903, le
suore, dimesso l’abito religioso, si credevano al sicuro. Ma nel luglio 1903, l’or-
fanotrofio, che era stato inserito nella lista della opere salesiane del Nord, dovet-
te chiudere. La fondatrice, Signorina Meissonnier, non si rassegnò ad abbando-
nare diciassette piccoli senza famiglia. Li raccolse a casa sua e poi partì per tro-
var loro un rifugio in Svizzera. Invano in un primo tempo. Fecero dunque tappa
in una succursale di orfanotrofio nell’Alta Savoia (agosto 1903-gennaio 1904).
Poi poterono trovare un alloggio, almeno provvisorio, in Svizzera in una vil-
la affittata a Charlemont, vicino a Nyon nel cantone del Vaud. Era una casa di
campagna. Bisognò lavorare d’ingegno per poter alloggiare la comunità (due o
tre salesiane) e i bambini. Il dormitorio fu installato sotto il tetto, il refettorio e
la cucina nel mezzanino, le aule e la cappella al piano terra, le suore al primo
piano. L’installazione era molto precaria. Si finirà tuttavia – secondo don Beslay
– con l’alloggiare trentacinque bambini, ai quali era impartita un’istruzione ele-
mentare. Tuttavia nel 1907, il contratto di affitto scadeva e bisognava cercare
altrove.
Don Michel Blain (1875-1947), che ne era il responsabile, scoprì allora, a
Gland-sur-Nyon, e dunque sempre in Svizzera, una vecchia fabbrica di scarpe con
i magazzini e l’alta ciminiera. Del posto ce n’era, forse anche troppo. Ci si installò
nel gennaio 1907. Sotto il tetto della vecchia casa ringiovanita, il lavoro prese pre-
sto un’andatura normale. Si potettero alloggiare una cinquantina di ragazzi. Pian
piano l’opera salesiana si stabiliva nella regione. Certo non era l’ideale. Don Pierre
Gimbert, che era stato insegnante prima a Charlemon e poi a Gland, venne no-
minato direttore della casa nel settembre 1911. Si rese conto che bisognava trovare
con urgenza un luogo per permettere lo sviluppo dell’opera.
8 Relazione su questa visita in “Bulletin salésien”, luglio 1912, pp. 128-129.
9 In maniera generale, vedere Jules-Marie BESLAY, “La Chaumière. Guernesey”, in ID.,
Histoire des fondations salésiennes de France. Vol. II, s.l., s.d., pp. 23-28.
10 Mi servo qui di due notizie su questo orfanotrofio, una di J. M. BESLAY, Histoire des
fondations…, vol. II, pp. 124-128: l’altra di Pierre GIMBERT, “Les origines de la présence sa-
lésienne en Suisse romande”, in “Cahiers salésiens”, numéro 1, octobre 1979, pp. 65-80.

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I Salesiani francesi al tempo del silenzio (1901-1925) 119
Incoraggiato da don P. Virion (1859-1931), ispettore di Francia, arrivò all’ac-
quisto di una bella proprietà, detta la Longeraie, vicino a Morges, sempre nel
cantone svizzero del Vaud. I salesiani ne presero legalmente possesso il 15 marzo
1912. La Longeraie, ben presto dotata di una magnifica cappella, sarebbe stata,
per più di mezzo secolo, una bella casa salesiana francese nella Svizzera romancia.
A Parigi, la presenza educativa salesiana fu mantenuta grazie alla tenacia di
un coraggioso, don Julien Dhuit (1872-1948)11. L’opera salesiana di Parigi, nel
quartiere di Ménilmontant, detta “Oratoire Saint Pierre et Saint Paul”, era com-
posta da un internato con scuola e soprattutto un patronage che era del resto la
culla dell’insieme dove i salesiani erano stati accolti nel 1884. Nel 1900, Julien
Dhuit, sacerdote da quattro anni, aveva ricevuto l’incarico di questo patronage.
Si era subito dato da fare. Durante l’estate del 1903, tutti i locali dello stabile,
colpiti dal decreto, furono messi sotto sequestro e don Dhuit e il suo patronage
si ritrovarono di fatto privi di alloggio. Il nostro direttore si arrangiò provviso-
riamente con l’oratorio vicino, detto dei Lilas, che gli imprestò, almeno la do-
menica, la metà del suo cortile e alcune sale. Il giovedì, i ragazzi si riunivano
presso un riverbero. Don Dhuit faceva l’appello e si partiva a giocare nei terreni
vaghi delle fortificazioni parigine. Nei giorni di pioggia o di freddo troppo cru-
do, si ripiegava sull’opera dei Lilas. La giornata si concludeva sempre con la be-
nedizione del Santissimo. Questa vita nomade durò cinque mesi.
Nel 1904, tramite un benefattore influente, si riuscì ad ottenere dal liquida-
tore dei beni salesiani la locazione verbale dei cortili, del porticato e di alcune
aule dell’opera soppressa. L’accordo fu concluso nel febbraio 1904, e con la
gioia che si può immaginare, l’oratorio rientrò nei vecchi locali. E riprese il suo
programma di prima. Il bollettino dell’oratorio riapparve e incominciò a pro-
grammare, per gli anni 1904-1907, le riunioni, i catechismi, i circoli di studio,
le passeggiate, tutto quello che faceva la vita dell’oratorio di don Dhuit. Ma la
spada di Damocle del liquidatore cadde infine. Nel dicembre 1907, i beni dei
salesiani, costruzioni e terreni, furono ceduti per una somma ridicola ad un
fabbricante di cartoni, che diede tre giorni all’oratorio per sgomberare i luoghi.
Avvertito il 16 gennaio 1908, doveva aver vuotato i luoghi il 19. Per grande
fortuna, le Figlie della Carità disponevano nel quartiere di un terreno con un
fabbricato abbandonato. Un contratto d’affitto fu subito preparato per una fir-
ma immediata. Il “Patronage Saint Pierre”, non era per la seconda volta sulla
strada.
Ma tutto doveva essere rimesso in ordine nel nuovo posto, un terreno pieno
di erbacce, macerie e calcinacci. C’era tutto da rifare: il cortile, la cappella, il
teatro, il porticato, le sale per le riunioni. Gli amici dell’opera aprirono i loro
portafogli, la Società di Saint Vincent de Paul fece una generosa offerta, gli uo-
mini e i giovani si misero al lavoro durante il loro tempo libero. E così dopo
11 Sulla sua opera a quest’epoca, vedere Auguste AUFFRAY, Une page de vie cachée du Paris
catholique. Parigi 1921, 96 p.; dello stesso, Un passeur d’ames. Parigi-Lione Vitte, 1953, soprat-
tutto pp. 37-45, e il riassunto di J. M. BESLAY, Histoire des fondations…, vol. III, pp. 68-73.

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120 Francis Desramaut
cinque mesi il miracolo si era avverato e la trasformazione era completa. Il corti-
le era livellato, la casa restaurata, il teatro e la cappella, che erano una sola co-
struzione, erano usciti dal suolo. Cosicché il 28 giugno 1908, il vicario generale
di Parigi, mons. Fages, veniva a benedire il nuovo locale e, insieme ai salesiani
presenti, a ringraziare la Provvidenza per aver salvato ancora una volta l’opera
minacciata. E per più di venti anni, durante dunque il periodo di nascondimen-
to salesiano in Francia, sotto la direzione di don Dhuit, il “Patronage Saint-Pier-
re”, profondamente salesiano di cuore e di spirito, continuò la sua magnifica
carriera. Si percepì allora nella popolazione operaia, prima ostile, formarsi poco
a poco, attorno ad un nucleo di praticanti, una reale atmosfera di simpatia per
la religione e per il sacerdote che la rappresentava.
Possiamo considerare la casa salesiana francese fondata nel 1908, vicino alla
frontiera a Melles-les-Tournai, in Belgio, come la continuazione della casa di
Lilla, sparita nel 1903. Don Henri Crespel (1872-1938), nato a Lilla, vi im-
piantò una sezione di vocazioni adulte ed una sezione di studenti, chiamate l’u-
na e l’altra ad un certo sviluppo. Nel 1910, l’istituto Saint-Paul di Melles allog-
giava una trentina di giovani detti “vocazioni adulte”, ed una cinquantina di ra-
gazzi dai 7 ai 13 anni12.
2. L’ispettoria del Sud
Nel Sud, i salesiani, teoricamente spariti nel 1901, vissero fino alla guerra
del 1914 nella clandestinità ed in balìa di perquisizioni, citazioni davanti ai
tribunali, condanne e multe. Si difesero al meglio, astenendosi nella corrispon-
denza di farsi riconoscere come salesiani, affidando la direzione delle loro case
a dei non-salesiani, sacerdoti o laici. Sopravvissero così abbastanza bene sotto
la direzione generale di don Paul Virion, ispettore di praticamente tutta la
Francia dal 1904, che, “dominicano mascherato” secondo una formula degli
anticlericali marsigliesi, risiedeva in un piccolo appartamento, via Estelle, a
Marsiglia.
Proviamo a sintetizzare la loro opera in favore della gioventù durante questo
periodo nelle case di Nizza, Marsiglia, La Navarre e Montpellier.
2.1. Il “Patronage Saint-Pierre” a Nizza
Il “Patronage Saint-Pierre” di Nizza, prima casa salesiana fondata in territo-
rio francese, era nelle mani di don Louis Cartier (1860-1945), savoiardo energi-
co e intelligente. Nel 1901, i salesiani di questa casa scelsero come tutte le case
del Sud la carta della secolarizzazione. Una lettera del vescovo di Nizza, mons.
Chapon, dichiarava Louis Cartier superiore del’“Patronage Sant-Pierre” in se-
guito alla partenza dei salesiani, con tutti i poteri ecclesiastici legati a questa
12 “Bulletin salésien”, febbraio 1911, pp. 50-51.

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I Salesiani francesi al tempo del silenzio (1901-1925) 121
funzione. Ma i tribunali non si lasciarono ingannare. Non fu creduto. Quando
nel luglio 1903 il senato si fu pronunciato sulla sparizione totale dei salesiani,
Nizza trovò la parata con l’aiuto di un perfetto cooperatore, amico di don Bosco
e di don Rua, Vincent Levrot, che, il 29 agosto 1903, dichiarò alla prefettura
una nuova associazione creata secondo la legge del 1901 e chiamata “Association
du Patronage Saint-Pierre”. Il Sig. Levrot presiedeva questa società ormai unica
amministratrice dell’opera. Fu messa sotto la sua protezione una “Maison de fa-
mille des apprentis”, che era di fatto il nuovo nome del patronage, con Louis
Cartier (del clero secolare) come cappellano.
L’opera legalmente chiusa il 13 ottobre 1903 in seguito alla partenza e alla
dispersione dei salesiani, riaprì legalmente il 15. La sezione dei latinisti era spa-
rita. Sussisteva solo la sezione degli apprendisti, il che giustificava il nome di
“Maison de famille des apprentis”. Nel 1901, si potevano contare sette laborato-
ri al “Patronage Saint-Pierre” di Nizza: tipografia, stamperia, rilegatura, falegna-
meria, saldatura, calzoleria, sartoria. Come si vede l’industria del libro aveva la
parte migliore con i suoi tre laboratori. Secondo le mie informazioni, nel 1900
c’erano in casa venti apprendisti sarti, venti apprendisti saldatori, che erano an-
che fabbri, e ventiquattro apprendisti falegnami. Nel 1903, il numero degli ap-
prendisti calò. Quando fu creata la “Maison de famille” il “Patronage Saint-
Pierre” contava forse una cinquantina di apprendisti.
La direzione salesiana, in teoria inesistente, continuava. Nel 1903-1904, ol-
tre don Cartier, alloggiato in una casa attaccata all’Oratorio, comprendeva due
altri sacerdoti, Pierre Bonfante e Joseph Josserand, che alloggiavano in casa o nel
vicinato, e nove coadiutori o chierici, dei quali mi impongo di dare la lista alfa-
betica per personalizzare un po’ il discorso pedagogico. Erano: Emile Cros, co-
adiutore professo temporaneo, assistente; Charles Ferraris, coadiutore, professo
perpetuo, capo rilegatore; Victor Nicolai, coadiutore, professo perpetuo, capo
calzolaio; Barthélemy Piglione, coadiutore, professo perpetuo, commissionario;
Théophile Richeris, chierico, probabilmente senza voti, assistente; Joseph Rossi,
chierico, professo temporaneo, assistente; Pierre Rossi, coadiutore, professo per-
petuo, direttore dei laboratori; Achille Tezzelle, coadiutore, professo tempora-
neo, capo sarto; Alphonse Villaudy, chierico, professo temporaneo, assistente.
Cinque laici completavano il personale religioso: un economo, un contabile, un
libraio, un assistente e un professore pensionato.
Gli anni 1904-1907 furono fertili in avvenimenti più o meno drammatici
per l’Oratorio Saint-Pierre e accuratamente riferiti nel bollettino dell’opera dal
titolo l’Adoption. Nel 1904 ci fu l’accusa verso don Cartier per ricostituzione di
congregazione non autorizzata; nel 1905, la vendita dell’immobile e del terreno
del Patronage; nel 1906 soprattutto, la vendita del mobilio, con la messa all’asta
del materiale il 18, 19, 20 e 21 luglio. Letti, materassi, materiale di tipografia,
di ufficio, di falegnameria, del refettorio, utensili di cucina… furono venduti.
Durante l’asta pubblica, l’Associazione comperava quello che poteva. La “Se-
maine religieuse” di Nizza ne informò i cattolici della diocesi riproducendo l’av-
venimento:

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122 Francis Desramaut
“[…] Il «Patronage» conta sette laboratori di apprendistato: stamperia, tipografia,
rilegatura, falegnameria, saldatura, calzoleria e sartoria. L’Associazione ha potuto
ricomprare i macchinari della stamperia, i laboratori di falegnameria e sartoria, ed
ha dovuto abbandonare la tipografia, le rilegatura, la calzoleria e la saldatura. Ha
pure riacquistato letti e materassi, le tavole del refettorio, la libreria, un lotto di
mobili. Ma ha dovuto abbandonare il mobilio del personale, la cappella, la sacre-
stia, la biancheria, la biblioteca, i recipienti e utensili della cucina, le stoviglie, e
tutto il mobilio scolastico con gli strumenti di musica. Il vandalismo durò quattro
giorni e alla sera dell’ultimo giorno gli orfani e i loro maestri hanno dovuto man-
giare nelle stoviglie prese in prestito; hanno dovuto trascinare il pentolone nel re-
fettorio per poter servire la minestra. […] Il giorno dopo, domenica 22, i giovani
assistettero agli uffici religiosi nella cappella spoglia, senza banchi ne sedie: era ri-
masto solo l’altare […]”13.
Bisognava ricostituire il patrimonio. Appena stabilito l’atto di vendita, l’As-
sociazione aveva chiesto al nuovo proprietario e ottenuto da lui l’affitto del fab-
bricato dell’Oratorio. I responsabili finanzieri dell’opera aiutati da una sottoscri-
zione alla quale i giovani vollero partecipare, si diedero da fare per ritrovare o ri-
acquistare il loro materiale presso degli acquirenti qualche volta vergognosi del
loro gesto. Così il materiale della cappella, acquistato 525 franchi, fu abbassato
a 125 franchi.
Detto questo, la sezione secondaria, quella degli studenti, che tra il 1880 e
1902 aveva dato un buon reclutamento alla Francia salesiana, fu ricostituita. Fu
dichiarata riaperta il 22 novembre 1907. Il Sig. Vincent Levrot, in quanto presi-
dente dell’associazione del “Patronage Saint-Pierre”, si era messo alla ricerca di
un direttore di studi competente, che sarebbe stato chiamato ad essere anche il
direttore ufficiale dell’Oratorio. I salesiani ne erano esclusi. Dopo alcune ricer-
che scoprì, a Nizza stessa, un sacerdote dell’Aveyron, Louis-Albert Bessières, 39
anni, diplomato in lettere, preparato da undici anni di professorato a Rodez e a
Marsiglia e dalla carica di prefetto degli studi nel seminario minore della città di
Nizza. Con il suo aspetto freddo, riservato, fermo, col suo parlare lento, circo-
spetto, misurato, era un buon esemplare del clero francese del tempo. Il suo in-
segnamento era limpido e sempre di una perfetta chiarezza.
Appena nominato, l’abate Bessières si dedicò totalmente alla sua opera. La
sua attività si rinchiuse dietro i muri della casa. Non ne usciva che per andare a
perorare la causa dei suoi allievi e dei suoi apprendisti presso i poteri pubblici o
per andare fino al convento della Visitazione, del quale il vescovo di Nizza gli
aveva affidato la cappellania. I suoi resoconti annuali sull’oratorio, stilati all’in-
tenzione dell’Associazione, erano perfettamente freddi, esatti e obiettivi.
L’“Adoption”» li riportava.
Fino al 1914, Louis Cartier – sempre presente – si eclissò dietro il presidente
dell’Associazione dell’oratorio e l’abate Bessières, che ne era ufficialmente il di-
rettore. Per lui non ne era che il cappellano. Tuttavia, per l’amministrazione sa-
13 “Semaine religieuse” di Nizza, luglio 1906.

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I Salesiani francesi al tempo del silenzio (1901-1925) 123
lesiana e dunque per l’ispettore di Marsiglia, Paul Virion, ne era il direttore reli-
gioso. Dopo la morte improvvisa del direttore dei laboratori, che noi conoscia-
mo, il coadiutore Pierre Rossi, sopraggiunta il 7 dicembre 1907, il comitato del-
l’associazione completò molto felicemente l’équipe dirigente dell’opera con la
nomina, per succedergli, del coadiutore salesiano Charles Ferraris. Per sette anni
l’équipe formata dal sig. Levrot, l’abate Bessières, don Cartier et il sig. Charles
Ferraris, fu la ruota motrice del “Patronage Saint Pierre”.
E progressivamente l’opera risorse. Il 24 luglio 1907, Roma dichiarava vene-
rabile Don Bosco. Un triduo di feste molto bene riuscite celebrò l’avvenimento
a Nizza. I giorni 29, 30 e 31 gennaio 1908 fecero vedere al “Patronage Saint-
Pierre” che Don Bosco era sempre stimato, amato e ammirato: messa solenne,
musica, banchetti, spettacoli teatrali, illuminazioni visibili dalla piazza d’Armi
vicina, diedero alle feste lo splendore che meritavano. L’“Adoption” del marzo-
aprile 1908 chiuse la lunga cronaca del triduo con un grido di vittoria.
“Questi tre giorni di festa ci hanno consolato di tutte le nostre perdite, ricompen-
sato di tutte le nostre fatiche e ci hanno reso forti per le nuove battaglie, che af-
fronteremo, se necessario, con coraggio e fiducia, perché il passato ci assicura per
il futuro! Le nostre feste furono una consolazione e un trionfo per i nostri amici
che non cessarono mai di incoraggiarci, sostenerci durante il tempo della prova.
Queste feste furono il trionfo della dedizione contro l’egoismo, il trionfo della ca-
rità contro l’odio; furono il trionfo del più umile dei sacerdoti, dell’amico, del
protettore e del padre del giovane abbandonato, furono il trionfo di colui che si
chiamava egli stesso «il povero don Bosco» e che la Chiesa orna col titolo di Ve-
nerabile!”14.
L’effettivo dei allievi apprendisti e studenti risaliva fino a quasi duecento nel
1910. In occasione del congresso della diocesi di Nizza in quell’anno, i giovani
del “Patronage Saint-Pierre” sfilarono nel corteo delle scuole e, notò il cronista,
fecero “proporzionalmente la loro bella figura”15.
La vita quotidiana e il sistema educativo salesiano non erano cambiati a Niz-
za dalla sua fondazione nel 1875. Le consuetudini salesiane ereditate da don
Bosco persistevano sul modello dell’Oratorio di Torino. Poi sopraggiunse la
guerra. Il primo agosto 1914, i primi chiamati dell’Oratorio, salesiani o ex-allie-
vi, raggiunsero il loro corpi d’armata. E qualche settimana dopo, il 22 ottobre,
cadeva la prima vittima: il coadiutore Joseph Cleux scompariva all’età di 26 an-
ni. La vita della casa andò al rilento, le feste furono ridotte, i professori e capi di
laboratorio spesso mobilizzati, furono rimpiazzati da o troppo vecchie o troppo
giovani buone volontà. Si conteranno cento e otto, poi centododici vittime del
conflitto tra i maestri e ex-allievi16.
14 “Adoption”, marzo-aprile 1908, p. 137.
15 Ibid., marzo 1910, p. 72.
16 Vedere anche il mio libro Don-Bosco à Nice. La vie d’une école professionnelle catholi-
que entre 1875 et 1919. Paris 1980, passim.

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124 Francis Desramaut
2.2. Marsiglia, La Navarre e Montpellier
Sono meno informato sulle tre case del Sud che sopravissero a quella che i
salesiani dell’epoca chiamarono “la persecuzione”.
L’“Oratoire Saint-Léon” di Marsiglia era ancora nel 1901 una casa salesiana
fiorente con i suoi laboratori per apprendisti e le scuole per i latinisti17. In con-
formità con la decisione presa in comune con le autorità salesiane, alla ripresa di
settembre, i sacerdoti si erano secolarizzati e i loro nomi figuravano ormai sul-
l’Ordo della diocesi. I coadiutori in civile, come secondo la regola, non doveva-
no dimostrare che non avevano mai indossato l’abito religioso. I loro nomi era-
no scritti nei registri come capomastri, professori, impiegati che vivevano in casa
e ricevevano un salario normale. Nessuno sarebbe stato capace di provare che
appartenevano ad una qualche congregazione. Dal 1° settembre 1901 si erano
dunque riprese le attività usuali.
Ma la giustizia fu veloce nell’accusare i sacerdoti dell’oratorio Saint-Léon di
rifugiarsi dietro una presunta secolarizzazione. Troppo evidentemente continua-
vano l’opera dei salesiani senza l’autorizzazione del governo. Il 18 giugno 1902,
otto sacerdoti dell’oratorio furono convocati davanti al tribunale correzionale di
Marsiglia. Ben difesi dai loro avvocati, furono assolti. Ma il procuratore fece ri-
corso davanti al tribunale di Aix. Vi si ritrovarono il 25 luglio in compagnia di
altri otto sacerdoti salesiani della regione: il verdetto fu lo stesso. Ma il procura-
tore s’accanì e portò il giudizio al tribunale di Grenoble. Questa volta le arrin-
ghe le più eloquenti non convinsero i giudici: gli accusati furono condannati ad
una multa di 25 franchi ciascuno, alla dispersione ed alla confisca dei beni della
loro casa.
Su consiglio dei loro avvocati, i salesiani di Marsiglia non insistettero più.
Nel frattempo, il rigetto di autorizzazione richiesta dall’ispettoria del Nord era
caduto. Il 1° settembre 1903, gli otto salesiani dell’“Oratoire Saint-Léon” ab-
bandonavano la casa, con l’angoscia nel cuore. La struttura principale dove si
trovavano le aule e “la camera di Don Bosco” fu presa in affitto dalla città di
Marsiglia che installò in quei locali una scuola elementare ed una scuola supe-
riore. Si fabbricò un muro che divideva il grande cortile dell’oratorio. L’opera
conservava due fabbricati, il teatro, i laboratori, la casa delle suore- diventate Si-
gnore-, i refettori, la cucina e la cappella. La sezione secondaria non c’era più.
Ci si installò alla meno peggio in quel che rimaneva. Il laboratorio del legno fu
trasformato in dormitorio. Il posto prese il nome molto laico di “Ateliers profes-
sionnels”, tenuti da un gruppo di intrepidi coadiutori. Del resto non c’erano
che una trentina di apprendisti all’inizio dell’anno scolastico 1903.
Un grande benefattore di don Bosco, il marchese di Villeneuve-Trans, aveva
17 Qui mi servo dell’opera di Hippolyte FAURE, Don Bosco à Marseille. Marsiglia, Tipo-
grafia Don Bosco 1959, anche se molto laconico su questo periodo, e di J. M. BESLAY, Hi-
stoire des fondations…, vol. III, pp. 14-20, le cui citazioni sono state frequentemente riprese
tali e quali.

13.5 Page 125

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I Salesiani francesi al tempo del silenzio (1901-1925) 125
accettato di prendere in mano la direzione dell’opera. Come amministratore sul
posto aveva scelto un militare in pensione, il comandante Picquant, gerente re-
sponsabile, il cui parlare brusco e i metodi spicci facevano sparire i sospetti di ri-
costituzione di una qualche società religiosa. Bisognava, tuttavia, provvedere alla
vita spirituale dei ragazzi che vivevano all’oratorio. Non fu trascurata. Dal 1903
al 1905, due sacerdoti della diocesi andarono a turno per riempire il posto di
cappellani. Poi nel settembre 1905, un salesiano, don Léon Levrot, si stabilì dis-
cretamente nella casa col titolo di cappellano anche lui. Si fu prudenti e discreti.
“Il Signor cappellano” si stabilì con dolcezza, senza rumore, al suo posto di di-
rettore: era un uomo taciturno, nascosto, di una totale discrezione. Occupò la
carica per quattordici anni. Don Paul Virion, ispettore in carica, che abitava un
piccolo appartamento assai vicino all’oratorio Saint Léon, faceva volentieri visita
ai confratelli che continuavano a lavorare, a darsi da fare, per mantenere, mal-
grado tutto, un’opera tanto amata da don Bosco. Don Henri Cron si infiltrò nel
1908, per installarsi all’economato, don Charles Matha, direttore della corale,
fu rimpiazzato dal giovane sacerdote Jean Siméon, dopo la sua morte prematura
nel 1909. La sezione secondaria fu ristabilita con dei chierici salesiani in civile. I
laboratori funzionavano con i coadiutori. La tipografia non conosceva riposo,
grazie a Paul Moullet, che per la sua accortezza e la sua rara cultura si imponeva
a tutta la società marsigliese. All’epoca della secolarizzazione, il sig. Moullet si
era trasformato in un impeccabile direttore dei laboratori. Il laboratorio di tipo-
grafia era il suo campo di lavoro, come correttore, consigliere tecnico e, natural-
mente, come direttore. Senza rumore, come buon salesiano, vigilava sull’ordine,
la pietà, la moralità dei suoi giovani. Si mescolava con loro, portando a loro ser-
vizio un umore gioioso, sollevato da qualche pensiero soprannaturale. Vicino a
Paul Moullet bisogna mettere il capo rilegatori, Charles Fleuret, artigiano pieno
di talento, la cui fama, ben fondata a Marsiglia, si spandeva anche oltre la Pro-
venza. Non gli mancavano le ordinazioni provenienti da privati o da istituzioni
pubbliche. Chiudeva alcuni dei suoi capolavori in un armadio vetrato che egli
apriva solo agli invitati. “Il Sig. Fleuret” è un personaggio degli “ateliers profes-
sionnels”, che si continua a chiamare “Oratoire Saint-Léon”.
La guerra scoppiò nel 1914. Numerosi confratelli furono chiamati alle ar-
mi. Parecchi sarebbero spariti. L’attività andò a rilento. Il cannone tacque final-
mente nel novembre 1918. L’anno 1919 fu segnato da numerose feste. Nell’ot-
tobre 1919, don Antoine Candéla divenne direttore. Si pensava ad una restau-
razione della casa. Aiutato da un astuto cooperatore, il sig. Lombard, preparava
i piani. Le due scuole laiche avrebbero sloggiato, la grande costruzione sarebbe
stata libera. I chierici, fino allora in civile, avrebbero potuto mostrarsi con la
sottana. Nel 1925 don Candéla fu chiamato a Torino, dove sarebbe diventato
consigliere professionale generale del capitolo superiore. Sotto il suo successo-
re, don Vincent Siméoni, la costruzione centrale fu finalmente liberata, insie-
me alla sua preziosa reliquia: la “camera di Don Bosco”. Il muro del cortile fu
abbattuto. Tutto ripartì, l’oratorio divenne anche più grande e si modernizzò.
Il tempo del silenzio era finito, l’opera riviveva come prima e meglio di prima.

13.6 Page 126

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126 Francis Desramaut
Nel 1928 si potranno celebrare con splendore le nozze d’oro dell’“Oratoire
Saint Léon”.
La storia dell’istituzione Saint-Joseph della Navarre, nel comune di La Crau
(Var) somiglia all’inizio a quella di Marsiglia18. Appena votata la legge sulle asso-
ciazioni, i sacerdoti della casa si affrettarono a secolarizzarsi. Il vescovo di Fréjus
li integrò nel suo clero. Ma anche lì il potere politico non credette loro. Passaro-
no davanti a un tribunale di Toulon che li assolse. Il procuratore fece appello e
si ritrovarono insieme ai loro confratelli di Nizza davanti alla Corte d’appello di
Aix, dove ebbero una sentenza identica. Anche loro furono convocati a Greno-
ble, dove furono condannati ad una multa e alla dispersione.
Nel settembre 1903, i salesiani hanno teoricamente lasciato l’istituto Saint-
Joseph di La Navarre. Infatti, il 27 di questo mese un gruppo di una cinquanti-
na di orfani e ragazzi abbandonati partivano, sotto la guida del direttore don
Domenico Tomatis, verso la casa salesiana di Sampierdarena, vicino a Genova,
in Italia. E il 28 settembre l’abate Thomas arrivava a La Navarre, incaricato dal
vescovo di Fréjus di prendere la direzione dell’opera lasciata dai salesiani. Non
avendo personale insegnante a sua disposizione, fece condurre alla vicina scuola
di Sauvebonne i ragazzi che gli rimanevano, circa una ventina. La Navarre resta-
va una scuola agricola. I pochi allievi assicuravano i lavori nella campagna e nel-
la fattoria sotto la direzione dei coadiutori che avevano evitato l’ordine di dis-
persione. Le Figlie di Maria Ausiliatrice, che avevano lasciato l’abito religioso,
continuavano a prodigarsi nella cucina e nella lavanderia. La madre del direttore
signora Thomas, collaborava con loro al servizio dei giovani.
E così l’anno scolastico 1903-1904 trascorse in una relativa tranquillità. Ma
l’ombra di una confisca planava sull’opera come su tutte quelle delle congrega-
zioni non autorizzate. Il 5 agosto 1904, i poteri pubblici diedero l’ordine di
sgomberare i luoghi nel giro di ventiquattro ore. Ci si rassegnò. Per fortuna si
fece vivo don Tomatis che si diede molto da fare per fare annullare questa dispo-
sizione ostile. Durante l’anno 1904-1905, la Navarre poté dunque lavorare in
pace, i più giovani alla scuola di Sauvebonne, i più grandi alla fattoria e alla
campagna. Don Virion decise di dare una struttura salesiana all’istituzione all’i-
nizio dell’anno scolastico 1907. Don Laurent Prandi fu nominato direttore, don
Casimir Faure economo. Il chierico Auguste Arribat, che aveva appena fatto la
professione perpetua a Marsiglia nelle mani di don Virion, faceva parte del per-
sonale. Si sarebbe occupato dei ragazzi e avrebbe fatto i suoi studi di filosofia e
teologia sotto la direzione di don Laurent Vincent e Jules Delpont. Finiti gli
studi, fine dicembre 1912, fu ordinato sacerdote a Marsiglia. Il coadiutore Jean
Dumas si occupava della fattoria. La casa de La Navarre assicurava anche il ser-
vizio della parrocchia di Sauvebonne. Con un effettivo piuttosto ridotto l’istitu-
to Saint-Joseph continuava dunque la sua strada senza gravi difficoltà.
18 Mi servo qui delle notizie di J. M. BESLAY, Histoire des fondations…, vol. III, pp. 24-
28, spesso riprese tali e quali.

13.7 Page 127

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I Salesiani francesi al tempo del silenzio (1901-1925) 127
Tuttavia La Navarre, come anche Nizza e Marsiglia, non apparteneva più le-
galmente ai salesiani. La proprietà restava nelle mani del liquidatore dei beni dei
religiosi. Il 22 luglio 1914, con decreto del tribunale di Marsiglia fu messa in
vendita e stimata a 80.000 franchi. Un notabile di Toulon si offrì per comperar-
la con lo scopo di restituirla ai salesiani. Ma scoppiò la guerra, e l’affare morì lì.
Tuttavia il 10 giugno 1922 ci fu un nuovo allerta: la messa in vendita a Toulon
al prezzo di 20.000 franchi. L’asta fece salire il prezzo fino a 75.000 franchi. In-
tervenne allora il Sig. Justinien Moutte, grande amico della Navarre. Grazie a
lui, l’opera non cambiò mano.
Lo spirito salesiano restava eccellente alla Navarre. Le prediche di don Augu-
ste Arribat, diventato catechista della casa dopo la sua ordinazione sacerdotale
nel 1912, supponevano un uditorio ben disposto e molto recettivo19.
La storia contemporanea dell’oratorio Saint-Antoine de Padoue a Montpel-
lier, una casa con 170 allievi, studenti o apprendisti, somiglia per certi aspetti a
quella della Navarre20. Il 10 settembre 1901, i decreti di secolarizzazione dei sa-
cerdoti salesiani della casa arrivarono al vescovo di Montpellier, mons. de Cabriè-
res, che si premurò di rimetterli agli interessati. Intanto il 18 dicembre, il diretto-
re don Paul Babled, moriva brutalmente: aveva solo 38 anni. Il 2 gennaio 1902,
dal Belgio, in compagnia dell’ispettore don Perrot, arrivò un nuovo direttore,
don Paul Virion, destinato a subire le inevitabili vicissitudini causate dalla legge
del 1901. Infatti, nel mese di febbraio, i sacerdoti della casa furono citati al tribu-
nale di Montpellier per ricostituzione di una congregazione disciolta. Arguirono
della loro secolarizzazione. Il giudice non ne capì granché e pronunciò l’assolu-
zione. Citati in appello il 12 giugno, i salesiani di Montpellier furono di nuovo
assolti. Ma questo giudizio fu presto annullato e, finalmente, il direttore don
Paul Virion si vide condannare a 25 franchi di multa per tentativo di ricostitu-
zione di congregazione non autorizzata, e ciascuno dei confratelli a 16 franchi di
multa per delitto di complicità. Da parte sua il liquidatore dei beni dei religiosi,
un certo M. Savy, non dimenticò l’oratorio salesiano di Montpellier. Tra il 5 e l’8
aprile 1902, faceva procedere all’inventario minuzioso dei suoi beni.
Fino alle vacanze estive del 1903, la casa continuò a funzionare regolarmen-
te. Poi però, il voto del Senato nel luglio di quell’anno gli fu fatale. Dopo la dis-
tribuzione dei premi, la casa fu ufficialmente chiusa. I salesiani sparirono dall’o-
ratorio Saint-Antoine de Padoue.
Ma l’opera continuò ad esistere. Prima di tutto il vescovo nominò due sacer-
doti, due fratelli, gli abati Bessode, alla direzione: uno come in funzione di di-
rettore, l’altro di economo. Don Hippolyte Faure restava come confessore, e due
coadiutori gli tenevano compagnia: tutti e tre negavano ufficialmente di appar-
tenere alla congregazione salesiana. C’erano soprattutto delle Signore: la Sig.na
19 Vedere in Les sermons du Père Auguste Arribat, in “Cahiers salésiens”, 47, ottobre
2006, le prediche agli allievi della Navarre datate degli anni 1914, 1919 o 1920.
20 Per Montpellier vedere J. M. BESLAY, Histoire des fondations…, vol. III, pp. 31-39.

13.8 Page 128

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128 Francis Desramaut
Hortense Vacquier, che rifiutava di abbandonare i 14 orfani rimasti sul posto,
come pure le suore salesiane secolarizzate.
La casa era chiusa, certo, ma viveva: i ragazzi, il cui numero cresceva progres-
sivamente a 20, poi 25, poi 30, andavano a scuola nei paraggi.
Nel giugno 1905, grande allerta: il fabbricato e il suo mobilio furono messi
in vendita. Qui, come a Nizza, bisognò che la Società civile amministratrice ri-
comprasse i propri beni e che degli amici si tassassero per pagare una parte del
mobilio. La casa perse molto e ci vollero parecchi anni prima che potesse essere
ammobiliata in modo adeguato.
Senza rumore le scuole ripresero a Saint-Antoine dove, nel 1908, una scuola
elementare era legalmente aperta sotto la direzione del chierico Paul Moitel, sa-
lesiano clandestino. Dall’anno scolastico seguente più di 50 ragazzi, studenti o
apprendisti giardinieri, erano convittori all’oratorio, dove la vita attiva e allegra
riprendeva come prima. Nel 1912, c’erano 70 convittori che avevano come pro-
fessori dei “teologi”, di fatto chierici salesiani che si preparavano all’ordinazione.
Montpellier salesiano risuscitava, come Nizza, Marsiglia e La Navarre alla stessa
epoca.
Per essere un po’ più completi sulla sorte dell’ispettoria del Sud al tempo del-
la “persecuzione”, bisognerebbe parlare anche dell’oratorio salesiano Saint-Hip-
polyte di Romans (Drôme), che, grazie alla tenacia di un benefattore laico, Sig.
Hippolyte Chopin e al genio del suo direttore don Emile Saby (1862-1914), ri-
uscì a farsi riconoscere ufficialmente come “Association laïque”, rispondendo
perfettamente alle esigenze della legge. I suoi statuti furono inseriti nel “Journal
Officiel” del 31 maggio 1904. E l’opera di Romans, a rilento dopo il 1901, poté
riprendere allora tutta la sua vitalità salesiana21.
Alla vigilia della guerra del 1914, i salesiani del Sud, facendo il paragone con
quelli del Nord, potevano legittimamente felicitarsi di aver optato, malgrado le
incertezze, per la carta della secolarizzazione. L’ispettoria salesiana del Nord, uf-
ficialmente dissolta nel 1906, quando don Paul Virion ricevette la responsabilità
delle due ispettorie del Nord e del Sud, non potrà essere ricostituita che nel
1925, quando i salesiani uscirono finalmente e definitivamente da un lungo si-
lenzio, in cui la legge del 1901 li aveva sprofondati.
21 Su Romans, si veda J. M. BESLAY, Histoire des fondations…, vol. II, p. 102.

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L’OPERA EDUCATIVA DELLE FIGLIE DI MARIA AUSILIATRICE
IN FRANCIA TRA IL 1901 E IL 1920
Anne-Marie Baud*
1. Premessa storica
All’inizio del secolo XX, ma già dal 1879 con la proclamazione della Terza
Repubblica, la situazione politico-religiosa in Francia è molto tesa. Per radicare
il regime, i repubblicani devono conquistare gli animi. Il governo combatte con-
tro l’influenza pericolosa della Chiesa, accentuata dall’espansione delle congre-
gazioni religiose, soprattutto insegnanti. Per Léon Gambetta, che ha dichiarato
guerra al clericalismo, il nemico è l’ultramontanismo e le congregazioni religio-
se. Già nel 1871 diceva: “Desidero con tutta la forza del mio animo, non sol-
tanto che separiamo le Chiese dallo Stato, ma ancora di più, che separiamo le
scuole dalla Chiesa”1. Dal 1879 al 1885 Jules Ferry ha occasione di mettere il
progetto in esecuzione sotto l’egida di una filosofia simile a quella di Gambetta:
“La Repubblica è perduta se lo Stato non si libera della Chiesa, se non toglie le
tenebre degli animi infettati dal dogma”2.
I due decreti del 29 marzo 1880, proposti da lui, impongono ai gesuiti e a
tutte le congregazioni non autorizzate di sciogliersi e di evacuare tutte le loro
scuole, in tre mesi. Così 9.000 religiosi e 100.000 religiose sono minacciati. I
decreti provocano non soltanto un’immensa emozione nel mondo cattolico, ma
tante controversie giuridiche molto vive. Nonostante la situazione complessa, i
decreti sono eseguiti manu militari. Tra il 16 ottobre e il 19 novembre 1880
l’autorità fa chiudere 261 convitti ed espelle circa 6.000 religiosi. Le congrega-
zioni religiose femminili, benché soggette alla stessa legge, sono risparmiate, per
timore della reazione popolare. Poco a poco, però, fin dal 1890, le religiose sono
espulse da quasi tutti gli ospedali, sostituite da personale laico.
La legge del 28 marzo 1882 dichiara la scuola primaria, obbligatoria, gratui-
ta e laica per maschi e femmine dai 6 ai 13 anni. Non si parla più di Dio nelle
scuole pubbliche e sono tolti i crocifissi. Un’altra legge, Goblet, promulgata il
30 ottobre 1886, priva i religiosi del diritto d’insegnare nelle scuole primarie
pubbliche. Ancora una volta, per non offendere i cattolici ed anzi imporre le
* Figlia di Maria Ausiliatrice.
1 Jean SÉVILLIA, Quand les catholiques étaient hors la loi. Paris, Ed. Perrin 2005, p. 49.
2 Ibid.

13.10 Page 130

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130 Anne-Marie Baud
novità senza conflitti maggiori, soprattutto nelle regioni a forte influenza catto-
lica, le leggi laiciste saranno applicate con molta prudenza.
Le leggi Ferry e Goblet, ormai, sono considerate come “leggi intangibili” e di
costante riferimento per la Terza Repubblica. Le idee politiche contenute in que-
ste leggi sono mirate a radicare nella gioventù la fede in essa, attraverso il culto
alla Francia e l’insegnamento di una morale universale, che esclude consapevol-
mente ogni sorgente religiosa ed esprime una rottura totale con il cristianesimo.
Dal 1899 l’offensiva contro il cattolicesimo entra in una nuova fase. Il nuovo
Governo, con Waldeck-Rousseau, propone una legge sulle associazioni, apparen-
temente molto liberale, perchè basta una dichiarazione alla Prefettura per creare
un’associazione. È un testo liberale, ma non per tutti, in quanto esclude dalla
procedura ordinaria le associazioni che hanno la sede all’estero, quelle che sup-
pongono una rinunzia personale dei diritti dell’uomo e del cittadino, cioè i voti
religiosi. Dietro queste parole codificate sono accennate le congregazioni religiose
che, per essere autorizzate, devono ottenere il beneplacito del Consiglio di Stato.
Il 1° luglio 1901 è promulgata la legge “sul contratto di associazione”. È in-
sieme liberale, per tutti i cittadini ordinari che possono creare un’associazione
con un minimo di formalità, e liberticida per le congregazioni, perchè accumula
tanti ostacoli. La loro esistenza civile dipende da una legge votata dal Parlamen-
to e l’apertura di ogni nuovo istituto è sottomessa a un decreto del Consiglio di
Stato. L’articolo 14 recita: “Nessuno è autorizzato a dirigere un istituto scolasti-
co o ad insegnare se è membro di una congregazione non autorizzata”3. Secondo
Jean-Pierre Machelon “lo scopo di questa legge era di fondare, su un principio
generale, la libertà d’associazione, ma lo scopo reale era di peggiorare il regime
delle associazioni religiose. In fondo, non si tratta soltanto di dare più libertà a
tutti ma di toglierla ad alcuni”4. Le congregazioni hanno tre mesi per prendere
una decisione. Il Papa Leone XIII scrive subito al Governo francese la sua disap-
provazione di fronte alla legge iniqua. Waldeck-Rousseau gli risponde che farà
di tutto per applicarla con equità e temperanza.
Alla data fissata, il 3 ottobre 1901, 300 congregazioni rifiutano di chiedere
l’approvazione legale, optando per l’esilio o la secolarizzazione; mentre altre 455
fanno domanda di autorizzazione. Nel mese di maggio del 1902, Waldeck-
Rousseau e la sinistra vincono le elezioni legislative, ma Waldeck-Rousseau pre-
senta le dimissioni per motivi di salute e inoltre perché non si sente di mantene-
re gli impegni presi di fronte al Papa. Come suo successore, suggerisce al Presi-
dente Charles Loubet il nome di Emile Combes, un aperto nemico delle con-
gregazioni religiose e delle loro opere. Nei mesi di marzo e giugno 1903, difatti,
quasi tutte le domande d’autorizzazione presentate dalle congregazioni maschili
(55 su 60, tra le quali i salesiani) sono state rifiutate. Per le congregazioni fem-
minili la situazione è più delicata. Come Jules Ferry, venti anni prima, Combes
3 Ibid., p. 109.
4 Ibid., p. 110.

14 Pages 131-140

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14.1 Page 131

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L’opera educativa delle Figlie di Maria Ausiliatrice in Francia tra il 1901 e il 1920 131
sa che le suore sono popolari e che lo Stato non ha, per il momento, sufficienti
infermiere e maestre elementari laiche per sostituirle tutte. Soltanto 81 dossier
di congregazioni insegnanti sono respinti, mentre 314 dossier restano in attesa.
Per chiudere il discorso sulle congregazioni insegnanti, Combes fa votare il 7
luglio 1904 un’ultima legge dalle due Camere, firmata dal presidente della Re-
pubblica Charles Loubet: “L’insegnamento di tutti gli ordini e gradi (primario,
secondario, superiore) è vietato alle congregazioni”5. È il colpo di grazia per i re-
ligiosi insegnanti. Migliaia di istituti scolatici sono chiusi, parecchie comunità
religiose sciolte, altre avevano già varcato le frontiere.
Le persecuzioni, le umiliazioni, i sequestri saranno intensi (ordine di lasciare
le case, perquisizioni, vendita dei beni delle comunità...) subito dopo la procla-
mazione della legge e per alcuni anni. Intorno al 1905 e al 1910 le tensioni e i
maltrattamenti si accentuano, intercalati da un periodo di tolleranza, fino all’i-
nizio della prima guerra mondiale. Il governo ha altro a cui pensare e il 2 agosto
1914 il ministro dell’interno, Malvy, sospende l’applicazione delle leggi anticon-
gregazioniste del 1901 e del 1904. La nazione in guerra ha bisogno di tutti gli
uomini validi, laici o non laici, cioè i sacerdoti o i religiosi per far parte dell’ar-
mata francese. Dopo la guerra, le elezioni legislative del novembre 1919 danno
il potere alla destra che mantiene la pace colle congregazioni religiose. Ma le ele-
zioni legislative del 1924 portano di nuovo al potere la sinistra con Edouard
Herriot che vuole riprendere la lotta anticlericale, senza successo6.
2. Organizzazione e azione delle FMA per far fronte alla situazione
In tale contesto legislativo, indaghiamo come le FMA hanno vissuto questi an-
ni difficilissimi nelle opere educative7. Con l’emanazione delle due leggi del 1901 e
del 1904, per continuare la missione si prospettavano due possibilità: chiedere il ri-
conoscimento al governo, o valersi della cosidetta “secolarizzazione” per nasconde-
re l’identità della vita religiosa. Sia l’una che l’altra presentavano rischi e difficoltà.
Madre Amalia Meana (1856-1942), da venti anni in Francia, è all’epoca visi-
tatrice8. Di origine aristocratica piemontese, intelligente, energica e risoluta, è la
5 Ibid., p. 146.
6 Dal 1930 al 1940 c’è un tempo di calma tra Chiesa e Stato. Ma bisogna aspettare il
governo di Vichy e la proclamazione della legge del 3 settembre 1940 dal Maresciallo Pé-
tain, per ridare piena libertà alle congregazioni religiose e allo svolgimento delle loro opere
educative.
7 La maggioranza delle informazioni documentarie relative alle opere sono desunte dal-
le cronache locali, conservate nell’archivio ispettoriale delle FMA a Parigi.
8 Sr. Amalia, entrata a Nizza Monferrato nel 1879 su suggerimento di don Bosco, a 25
anni fu inviata come direttrice in Francia alla fondazione nella prestigiosa Marseille, sia
per le qualità personali, sia perché conosceva bene il francese. Visse in quel Paese per il re-
sto della vita da “donna forte”, come direttrice, visitatrice, per 14 anni ispettrice e poi con-
sigliera. Cf Suor Meana Amalia, in Michelina SECCO, Facciamo memoria. Cenni biografici
delle FMA defunte nel 1942. Roma, Istituto FMA 1995, pp. 219-235.

14.2 Page 132

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132 Anne-Marie Baud
persona indicata per tener testa alla situazione. Dopo essersi recata a Torino nel
settembre 1901, per consigliarsi direttamente con don Michele Rua (successore
di don Bosco), non vuole sapere di riconoscimento legale, resiste ai suggerimen-
ti dell’ispettore don Bologna. Sceglie la secolarizzazione per tutte le suore, a
prezzo di molti sacrifici, di accorgimenti rischiosi e perspicaci. Nel mese di set-
tembre 1901, arriva una lettera di Madre Angiolina Buzzetti, economa generale,
che dà l’ordine a tutte le suore di togliere l’abito religioso e, secondo il consiglio
di don Rua, “di firmare un atto di rinuncia alla Congregazione, da presentare in
caso di persecuzione”9.
La domanda è accompagnata da una lettera confortante della superiora ge-
nerale, Madre Caterina Daghero che presenta una motivazione valida, per so-
stenere le suore durante la prova: “La necessità obbliga a questi mezzi che sem-
brano i più opportuni per potere fare ancora un poco di bene alla gioventù”10.
Le suore si sottomettono con rassegnazione, lasciano l’abito religioso e nascon-
dono il crocifisso. Indosseranno l’abito in private circostanze. Così cominciano
una vita clandestina attiva e feconda per la gloria di Dio e il bene della gioven-
tù. Si fanno chiamare “Mademoiselles” ed alcune cambiano persino il nome di
battesimo. Ma tutte, durante il lungo e travagliato periodo, danno prova di fe-
deltà alla propria vocazione. Dopo la comuntà di Marseille, le prime suore a
secolarizzarsi sono quelle dell’orfanotrofio di Saint Denis, nel grande sobborgo
di Paris. Dovendo apparire come istitutrici laiche, scrivono il 21 settembre
1901 a don Rua:
“Il sacrificio è penoso. Noi preghiamo il Signore che ci leghi ancor più strettamen-
te alla Congregazione e ci faccia essere più che mai, sotto l’apparenza secolare, vere
Figlie di Maria Ausiliatrice. Sì, ci sentiamo sempre più affezionate a questa cara
Congregazione, per la quale ci è dato di soffrire, nella speranza che Dio farà ridon-
dare a sua maggior gloria il nostro sacrificio”11.
La scelta tende a salvaguardare la missione che si svolge da anni in diverse case.
3. Le traversie nelle case fondate tra il 1877 e il 1901
Nel 1901 le FMA operano in 10 case in Francia, sorte sia al servizio dei sale-
siani, sia per rispondere alla richiesta di vescovi o di benefattrici. Inoltre appar-
tengono alla stessa ispettoria le case fondate in Algeria (2 case), in Tunisia (2 ca-
se), nel Belgio (4 case) e nella Svizzera (1 casa). Tralasciando le estere, scorriamo
le fondazioni francesi.
9 Thérèse DE PLASSE, L’Institut des Filles de Marie Auxiliatrice, en France, au temps de
Don Bosco et de Don Rua. Paris, FMA 2001, p. 57.
10 Ibid.
11 Giselda CAPETTI, Il cammino dell’Istituto nel corso di un secolo. Vol. II. Roma, Istituto
FMA 1973, p. 152.

14.3 Page 133

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L’opera educativa delle Figlie di Maria Ausiliatrice in Francia tra il 1901 e il 1920 133
Elenco delle case fondate in Francia dal 1877 al 1901
Data
apertura
1877
1878
1880
1881
1886
1891
1891
1896
1898
1900
Città
Nice
La Navarre
Saint Cyr-sur-mer:
Marseille
Guînes
Lille
Marseille
Montpellier
Paris – Saint Denis
Fouquières (Arras)
Denominazione – Opere
Data di soppressione
Patronato San Pietro, servizio ai
1990
salesiani, patronato S. Anastasia (fma)
Colonia agricola e orfanotrofio, servizio
1989
ai salesiani
colonia agricola e orfanotrofio
(fma responsabile)
Oratorio San Leone, servizio ai salesiani
1977
e oratorio per le ragazze
Orfanotrofio Morgant – istituto di Guizelin,
scuole e oratorio
Orfanotrofio San Gabriele, servizio dei
1986
salesiani, oratorio e internato
Istituto Pastré, noviziato, scuola e oratorio
Servizio all’opera salesiana e oratorio
1903
Sant’Antonio
Orfanotrofio San Gabriele, catechesi,
1907
oratorio, laboratorio
Laboratorio e internato per le ragazze operaie
1904
Ripercorriamo la fisionomia di ogni comunità per cogliere le ripercussioni
locali delle leggi. La prima fondazione è Nice. Le tre prime FMA arrivano il
1° settembre 1877, destinate al servizio dei salesiani, ma aprono rapidamente
un oratorio per le ragazze del quartiere (patronato Sant’Anastasia) e un labo-
ratorio.
L’anno dopo, il 2 ottobre 1878, si apre una casa alla Navarre, presso Tou-
lon. Come quella successiva di St Cyr, è insieme un orfanotrofio e una colonia
agricola, fondata da un sacerdote, don Vincent, per accogliere gli orfani ma-
schi dei contadini in stato di abbandono a seguito di un’epidemia di colera. Il
vescovo di Fréjus si è rivolto a don Bosco per offrire l’opera di Nice e quella di
St Cyr (orfanotrofio San Isidore). I salesiani s’impegnano e chiedono la colla-
borazione delle FMA. Tre sono inviate alla Navarre, presto impressionate dal-
lo stato di povertà della casa e soprattutto dallo stato miserabile degli orfani.
Il 4 aprile 1880, tre altre FMA, tra le quali sr. Caterina Daghero come diret-
trice, arrivano a St Cyr, e con l’aiuto di tre Terziarie di S. Francesco, istituite
da don Vincent, s’incaricano delle orfane. Nel Bulletin salésien del gennaio
1881, si può leggere: “A St Cyr, le suore di Maria Ausiliatrice educano le orfa-

14.4 Page 134

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134 Anne-Marie Baud
ne nelle conoscenze elementari, i lavori di casa, la coltivazione dell’orto e dei
campi, secondo l’età e le forze delle giovani alunne”12.
A Nice, quando è promulgata la legge del 1901, le suore in partenza per gli
esercizi spirituali a Marseille chiudono la casa e l’oratorio per far credere che so-
no partite. Ma dopo gli esercizi tornano e con molta tristezza indossano un abi-
to civile cercandolo anche nel guardaroba del teatro! Vivono nell’anonimato tre
mesi. Dopo, secondo il desiderio del vescovo, l’8 dicembre l’oratorio riprende le
sue attività. Nel 1902 la situazione è tesa, i salesiani hanno ricevuto l’ordine di
chiudere la casa. Allora le suore, da sole o con le ragazze dell’oratorio, o con i
pellegrini cattolici e il vescovo, vanno a pregare la Madona al santuario di La-
ghet. Nonostante le perquisizioni, gli interrogatori, la vendita all’asta dell’arre-
damento della casa dei salesiani e poi delle suore, la vita e l’opera educativa con-
tinuano più o meno clandestinamente.
Alla Navarre gli effetti della legge si fanno sentire rapidamente con la minac-
cia d’espulsione. Il 16 luglio 1902, il direttore don Tomatis annuncia con tri-
stezza alle suore che, per il 21 luglio, la casa deve essere vuota. Devono dunque
cominciare a partire; ma si decide di lasciare tre FMA in casa, in incognita. Cin-
que FMA si preparano all’esodo, ma attendono la decisione del tribunale d’Aix.
Sei partono per Bordighera e torneranno il 29 agosto, soltanto dopo la decisio-
ne favorevole del tribunale. Per un mese e mezzo le FMA in sede hanno assunto
tutto il lavoro. Passano giorni e settimane nell’angoscia delle perquisizioni. Il 20
novembre 1902 arrivano i commissari. Le suore avvertite da don Tomatis si na-
scondono. Nel mese di agosto 1903 possono fare gli esercizi spirituali in casa,
insieme alle suore di Nice, Marseille e St Cyr. Poco tempo dopo, l’ispettore e il
direttore dei salesiani decidono di far partire le FMA poiché è stato dato un
nuovo ordine di sgomberare la casa per il mese di settembre.
Le religiose si fermano in parte a Nice, altre a Marseille, quattro partono per
l’Africa del Nord, in Tunisia, per la casa di Porto Farina. Cinque rimangono alla
Navarre con due salesiani e venti ragazzi. Per il piccolo gruppo che resta in casa,
la vita continua in una grande tensione con ordini contraddittori di andare via
di tutt’urgenza! o di rimanere tranquilli. A poco a poco la situazione migliora ed
alcune possono ritornare alla Navarre13.
A St Cyr, l’orfanotrofio Sant’Isidoro s’ingrandisce poco a poco: all’inizio del
1884 si contano 7 suore e 40 orfane. Don Bosco stesso ha ordinato la costruzio-
ne di nuovi edifici (1878-1880) e di una cappella (1883-1885). Ma la prosperi-
tà rallenterà con le prove della secolarizzazione, delle perquisizioni e con un or-
dine ufficiale di chiusura. Dal 1907 al 1920 la casa può ricevere soltanto alunne
al di sotto di 7 anni (asilo) e al di sopra dei 14. Per queste, è creato un laborato-
rio che mentre forma le ragazze, provvede i mezzi di sussistenza all’opera, grazie
12 “Bulletin salésien”, gennaio 1881, citato in T. DE PLASSE, L’Institut des Filles de Marie
Auxiliatrice…, p. 18.
13 Cf T. DE PLASSE, L’Institut des Filles de Marie Auxiliatrice…, p. 16.

14.5 Page 135

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L’opera educativa delle Figlie di Maria Ausiliatrice in Francia tra il 1901 e il 1920 135
alla confezione di lavori per i negozi e persone private. Inoltre le alunne si eser-
citano a turno nei lavori di casa, del giardino, secondo il pensiero di don Bo-
sco14, imparando così a diventare buone mamme di famiglia, soprattutto di una
famiglia rurale. La scuola elementare potrà funzionare di nuovo a partire dal
1920. L’orfanotrofio perdurerà un certo tempo.
Nel maggio 1878 don Bosco aveva mandato i salesiani a Marseille per creare
un oratorio su richiesta del sacerdote responsabile della parrocchia San Giusep-
pe. Nel 1881 don Paolo Albera chiede la presenza delle FMA. Sr. Amalia di
Meana arriva in città il 2 novembre 1881, accompagnata da due altre suore.
Don Bosco le ha accolte e ha benedetto con discrezione il loro piccolo alloggio,
per non attirare l’attenzione su nuove religiose che si stabiliscono in Francia,
quando tutte le Congregazioni sono espulse! Per questo le FMA sono arrivate
vestite in borghese. Don Bosco, audace ma prudente, non ha mai parlato o fatto
parlare della sua Congregazione altrimenti che come di “una pia società di bene-
ficenza”. Grazie a questa politica i salesiani e le salesiane, nonostante i violenti
attacchi della stampa, sono risparmiati almeno fino alle leggi del 1901.
In un primo tempo le suore hanno la responsabilità della cucina e del guar-
daroba dei salesiani, senza opere esterne. Una di loro dichiara:
“Non abbiamo fastidi da parte dei repubblicani anticlericali perchè la gente di fuo-
ri pensa che siamo domestiche dell’opera di San Leone! Usciamo poco nella strada
e, quando incontriamo i fanciulli in mezzo alla gente, ci viene una voglia pazza
d’andare verso di loro per fare un po’ di bene! Ma scappiamo presto perchè nessu-
no ci prenda per delle suore [...]”15.
Dopo un anno di vita discreta, esse riescono ad avviare anche un patronato
festivo alla parrocchia San Giuseppe e a compiere un lavoro apostolico efficace
tra le fanciulle.
Dopo venti anni di relativa tranquillità, anche a Marseille le FMA subiscono
i contraccolpi della legge. Il 15 settembre 1904 il direttore dei salesiani comuni-
ca l’ordine della Prefettura di chiudere la casa entro otto giorni. Quattro FMA
andate a Bordighera per gli esercizi spirituali ricevono l’ordine di rimanervi; una
parte per il Belgio, dove è stata fondata una casa. Tuttavia conservano la speran-
za di poter continuare, più o meno clandestinamente, la loro missione. Nel me-
se di ottobre tutte ritornano, ad una ad una, a Marseille. Il 27 dicembre dello
stesso anno ricevono la visita di un commissario della Prefettura che chiede dove
siano le suore. La direttrice, con tanta naturalezza e sangue freddo, dice che non
lo sa! L’interrogatorio continua: “Dove è la casa madre?”. La risposta viene sem-
plicemente: “Noi siamo povere italiane venute in Francia per guadagnare il no-
stro pane. Non sappiamo niente delle suore!”16. In seguito la comunità non è
14 Cf MB XV 691.
15 T. DE PLASSE, L’Institut des Filles de Marie Auxiliatrice…, p. 29.
16 Ibid., p. 32.

14.6 Page 136

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136 Anne-Marie Baud
più disturbata e continua nel servizio presso i salesiani, l’oratorio e il catechismo
in parrocchia.
Due altre fondazioni hanno avuto luogo nel Nord della Francia, la prima il
24 maggio 1886 a Guînes, presso Calais. Le signore Morgant, due benefattri-
ci, hanno sentito parlare di don Bosco e dei salesiani, attivi in una bella opera
a Lille. Per la mediazione di don Bologna, direttore di Lille, hanno offerto la
loro casa per iniziare un piccolo orfanotrofio e un laboratorio per le ragazze
della città che, andando a lavorare nelle fabbriche vicine, corrono gravi peri-
coli. Le suore sono accolte in una piccola casa annessa a quella delle signore
Morgant, che si rivela insufficiente. La soluzione si trova nell’antico pensiona-
to della famiglia Liborel che don Bologna aveva comprato a nome della socie-
tà civile San Gabriele il 5 novembre 1889. Nel 1890 l’orfanotrofio e il labora-
torio si trasferiscono nella nuova casa e viene creata una scuola in cui insegna
una maestra francese, poiché le suore italiane non hanno ancora la qualifica
richiesta.
L’opera si afferma ed è conosciuta dall’amministrazione accademica che chie-
de alla direttrice di presentare una domanda d’autorizzazione per la scuola. Il 14
ottobre 1897 la direttrice, Mademoiselle Piolle (sr. Elise), FMA francese, regola-
rizza l’opera, con la dichiarazione d’apertura di una scuola elementare per ragaz-
ze, della scuola materna e dell’orfanotrofio. Così tutta l’opera può funzionare
nel rispetto delle norme. Di più, la situazione giuridica della casa viene consoli-
data con un contratto d’affitto di 14 anni tra la “Società San Gabriele”, proprie-
taria, e la signora Piolle, direttrice. Il clima anticlericale esige molte precauzioni
e il contratto è stipulato per iniziativa di don Bologna.
A Guînes i fastidi cominciano nel 1903, perché l’amministrazione non am-
mette il carattere misto dell’opera cioè di orfanotrofio, scuola materna ed ele-
mentare. Il 24 agosto è notificato alla direttrice, con un ordine del Prefetto,
quello che prescrive la legge:
“L’istituto che lei dirige, entrando in questa categoria, ho l’onore di invitarla a sop-
primere per il 15 settembre prossimo, termine di rigore, la scuola annessa all’orfa-
notrofio e ad indirizzare all’amministrazione, a nome della Congregazione, una
nuova domanda d’autorizzazione, soltanto per la parte ospitale e caritatevole della
sua opera, con l’obbligo di rinunciare all’insegnamento”17.
Le FMA chiudono la scuola ma proseguono nell’opera per le orfane.
Il clero di Guînes, grande ammiratore di don Bosco, e i cattolici della città
che hanno accolto favorevolmente le FMA e le hanno sostenute nell’impresa,
creano una catena di solidarietà per aiutarle.
Seguiamo singolarmente la storia sia della scuola sia dell’orfanotrofio, sapen-
do che le due opere e le due comunità create ad hoc formeranno una sola opera
e comunità dopo il 1945.
17 Ibid., p. 37.

14.7 Page 137

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L’opera educativa delle Figlie di Maria Ausiliatrice in Francia tra il 1901 e il 1920 137
In riferimento alla scuola, dopo la chiusura delle classi elementari e materna,
il 15 settembre 1903, la Signora Berthe Dewitte il 4 marzo 1904 dichiara di vo-
ler aprire una scuola privata cattolica intitolata Sévigné. Sarà tenuta da maestre
laiche fino al 1918, cambiando di locali tra 1912 e 1913 per un palazzo, il Ca-
stello della Stella. Da parte loro, il 1° ottobre 1918 le FMA aprono di nuovo
una scuola femminile, “Notre Dame”, nel locale lasciato libero dalla scuola Sé-
vigné. La Signora de Guizelin comprerà il Castello della Stella il 18 marzo 1920
dalle Signore Dewitte, che chiuderanno la loro scuola Sévigné alla fine dell’anno
scolastico 1919 – 1920.
La scuola Notre Dame con un’altra comunità di FMA sarà trasferita al Ca-
stello della Stella e succederà alla scuola Sévigné, dal 1920 al 1940.
Per l’orfanotrofio, purtroppo l’aiuto dei cittadini di Guînes non può frenare
le decisioni del governo. L’11 luglio 1906 una lettera firmata da G. Clémenceau
annuncia la chiusura dell’istituto “des Soeurs de Notre Dame Auxiliatrice de
Don Bosco” per il 1° settembre 1906. L’orfanotrofio Morgant è soppresso uffi-
cialmente. Le orfane sono affidate ad alcune famiglie della città.
Le suore cambiano casa, si lascia passare la bufera anticlericale, poi con discre-
zione e sempre con l’aiuto della popolazione l’orfanotrofio si apre in un altro lo-
cale, poco confortevole. Il 20 gennaio 1909 giunge a Guînes don Ricardi, un sa-
lesiano rimasto in Francia. Visita le FMA e una grande benefattrice, la Signora de
Guizelin, a cui prospetta la partenza delle suore perché non hanno un alloggio
conveniente. La signora manifesta il suo desiderio di conservare le suore e decide
di aiutarle; interviene presso la Società San Gabriele per una promessa di vendita
del palazzo Liborel e dell’antico orfanotrofio Morgant, dove erano alloggiate pri-
ma del 1906. Nel marzo 1909, benchè non ancora proprietaria, ottiene di far en-
trare le suore e le loro orfane come inquiline. La vendita è firmata il 16 aprile
1909 e l’affitto tra la Signora de Guizelin e sr. Madeleine Marcellin è resa ufficia-
le il 6 maggio 1909. Il 18 maggio le FMA aprono un asilo, poi un laboratorio di
cucito e di tulle, assicurando alle ragazze un mestiere e mezzi per vivere, e ancora
un patronato frequentato da molte ragazze. Le suore sono molto amate da tutti18.
L’opera prospera, ma purtroppo viene dichiarata la guerra del 1914-1918.
Una parte della casa è requisita per i soldati feriti, poi per i profughi. Questo non
impedisce alle suore di continuare la missione tra le giovani e i nuovi inquilini,
pur con tante difficoltà. Alla fine della guerra, il 30 ottobre 1918, la Signora de
Guizelin rinnova il contratto d’affitto per 36 anni, firmato da sr. Mélanie Pepey.
L’altra fondazione del Nord della Francia ha luogo a Lille il 28 ottobre 1891,
in una piccola casa della via Corbet con 14 FMA al servizio dell’orfanotrofio
San Gabriele dei salesiani19. Ma la loro missione va oltre e rapidamente si inau-
gura un patronato festivo che ha un grande successo presso le ragazze povere del
18 Cf Jacques LOUF, Guînes, cent ans d’histoires, 1886-1986. [s.l, s.e.] 1986.
19 L’opera è stata aperta dalle suore di San Vincenzo de’ Paoli, per accogliere gli orfani
di guerra del 1870; le religiose aiutano i salesiani fino al 1891, quando le FMA prendono
il loro posto.

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138 Anne-Marie Baud
quartiere, circa 150. Si può leggere nel Bulletin salésien del maggio 1897: “A Lil-
le, il patronato di ragazze cresce sempre di più e aumenta la sua azione di bene-
ficenza [...]”20. In seguito le FMA aprono un laboratorio e un internato per ra-
gazze della zona, soprattutto operaie.
A Lille, quando è promulgata la legge del 1901, l’opera delle suore è in piena
espansione, ma la casa è ormai troppo esigua e in cattivo stato. Segue il tempo
della dispersione e l’opera è in via d’estinzione. Nel 1908 le FMA secolarizzate
vivono sempre nella stessa casa, ma i bombardamenti della guerra del 1914 la
rendono inabitabile. Le suore sgomberano per un tempo nell’abitazione vuota
dei salesiani. Dopo, nel 1920 si trasferiscono in via d’Antin, in un caseggiato
dato da una benefattrice, la signora Lefebvre, secondo quanto scrivono al vesco-
vo di Lille, mons. Quillet. Qui aprono un internato per ragazze operaie e stu-
denti. Si impegnano nella catechesi presso la parrocchia San Pietro – San Paolo,
e nel patronato. Aprono un collegio per ragazze in ritardo scolastico.
Nel Sud, a Marseille, l’8 dicembre 1891 si apre una comunità nella Villa Pa-
stré, a Sainte Marguerite, la casa del sogno di don Bosco. Siccome il numero
delle vocazioni aumenta di anno in anno, anche nel periodo anticlericale, si ve-
de la necessità di creare un noviziato locale. In principio Villa Pastré è stata sede
del noviziato dei salesiani, poi trasferiti a St Pierre de Canon. Offerta la casa alle
FMA, nel febbraio 1893 il noviziato sarà canonicamente riconosciuto dal vesco-
vo, mons. Robert. Nonostante la povertà totale, la casa si sviluppa bene, con un
numero crescente di postulanti e di novizie.
Nel luglio 1897, la cappella terminata per la festa del venticinquesimo della
fondazione della Congregazione, è troppo piccola. Rimarrà senza campanile a
causa delle persecuzioni religiose e non sarà mai costruito. Don Rua scriverà
nella lettera annuale ai cooperatori: “Il numero delle alunne e delle suore di don
Bosco che abitano a Sainte Marguerite, richiedeva d’ingrandire la casa e di co-
struire una cappella”21.
Alla Villa Pastré le suore e le novizie lasciano l’abito religioso nell’agosto
1903. Il 15 ottobre successivo un avviso prefettizio ordina la chiusura del colle-
gio-convitto entro 15 giorni, poi viene differito e accordata una proroga fino al
16 novembre. Il 15 novembre il Convitto Pastré è chiuso e il 16 le alunne tor-
nano nelle loro famiglie eccetto 3, che preparano il “Brevet”. Con la maestra si
recano presso la villa Montvert, della famiglia Olive (benefattori). Nel mese di
ottobre la visitatrice affitta un’altra casa dalla famiglia Olive, in Viale Pietro Pu-
get, dove apre un convitto per donne e ragazze, che sarà di grande utilità anche
per ricevere un’altra parte dell’arredamento della Villa Pastré.
Negli ultimi due mesi del 1903 e per tutto il 1904 le angherie continuano a
Villa Pastré: avviso d’espulsione, inventari, visite di controllo della Prefettura,
20 “Bulletin salésien”, maggio 1897, citato in T. DE PLASSE, L’Institut des Filles de Marie
Auxiliatrice…, p. 39.
21 “Bulletin salésien”, aprile 1899.

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L’opera educativa delle Figlie di Maria Ausiliatrice in Francia tra il 1901 e il 1920 139
questionari. A un commissario che voleva sapere dove avesse nascosto le religio-
se insegnanti, Madre Amalia rispose coraggiosamente: “Ho fatto loro passare le
frontiere e le ho mandate in un paese, dove si apprezza il loro valore!”22. Aveva-
no varcato solo le frontiere delle forme esterne della vita religiosa, scomparendo
con le rispettive comunità, perfino dall’Elenco generale dell’Istituto.
Tra i mesi di marzo e aprile Madre Amalia oppone resistenza ai commissari
prefettizi per salvare la Villa Pastré dall’espropriazione. La sua opposizione fer-
ma ha come conseguenza la citazione in giudizio. Ella consulta l’avvocato Perrin
come difensore degli interessi della congregazione, che si offre di rappresentarla
in tribunale. Il 22 aprile il tribunale riconosce che la proprietà Pastré appartiene
alla famiglia Pastré e che è stata messa a disposizione delle suore. Ma sarà fatto
un inventario dei beni. Nella notte del 23-24 aprile le suore sgomberano l’arre-
damento e i beni, trasferendoli in casa di amici. L’inventario ha luogo il 14 mag-
gio, da parte di Savy, sequestratore dei beni delle congregazioni, accompagnato
da quattro uomini. Il 13 luglio arriva l’ordine della Prefettura di chiudere total-
mente il convitto. I sigilli devono essere apposti sulla porta d’entrata. Il Perrin
raccomanda di far sparire il bestiame e tutte le cose non inventariate. Ancora
una volta, nella notte del 12 agosto, mentre alcune suore pregano per non essere
scoperte, le altre sgomberano il più possibile, portando biancheria e arredamen-
to alla Villa Clémence. Il signor Perrin consiglia loro di non lasciare la Villa Pa-
stré, nonostante le ingiunzioni delle autorità: Sindaco, Commissario, Ispettore
d’Accademia sfilano per vedere se la scuola è ben chiusa.
Le suore hanno tenuto testa con coraggio e fede; nel maggio 1905 sono rico-
nosciute come religiose ospedaliere e perciò hanno il diritto di soggiorno. Anzi,
apriranno un ospedale militare durante la prima guerra mondiale, in via Plu-
mier, con una decina di suore. Ma è soltanto dopo la guerra del 1914-1918 che
la scuola e l’internato potranno operare di nuovo ed accogliere le ragazze.
Dopo la promulgazione della legge del 1901 Madre Amalia teme l’espulsione
delle FMA. Cerca una casa che potrebbe servire come rifugio o pied-à-terre per
ritirarsi e continuare le opere. L’8 ottobre 1902 prende in affitto una villetta, in
viale Marie Clémence, nel sobborgo della Blancarde, dove vanno ad abitare tre
suore in abito secolare. Per essere meno riconosciute come religiose, cambiano an-
che il nome di battesimo. La direttrice, sr. Emilie Hyard, ufficialmente, “Mlle
Clémence” è una signora che accoglie la sua giovane parente, operaia ricamatrice,
(sr.) Thérèse Avenant, (sr.) Rose Chapelle è la sua cuoca. La casa si chiamerà “Vil-
la Clémence”. Le “suore” aprono un laboratorio, si dedicano al catechismo e all’o-
ratorio, mentre il parroco di S. Callisto, la parrocchia vicina, al corrente della si-
tuazione, chiede una suora insegnante secolarizzata per le sue scuole parrocchiali.
Ben presto le FMA si rendono conto dell’esiguità dei locali. Il 6 luglio
1904 il signor Bélissin propone la sua villa, vicina alla Villa Clémence e un
22 Giselda CAPETTI, Il cammino dell’Istituto nel corso di un secolo. Vol. III. Roma, Istitu-
to FMA 1976, p. 154.

14.10 Page 140

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140 Anne-Marie Baud
poco più ampia. Madre Amalia accetta la sistemazione provvisoria. L’Ispettore
dell’Accademia accorda l’autorizzazione. Il convitto con la scuola sono siste-
mati e la signora Marie Barneaud, aspirante e non ancora religiosa, è nomina-
ta direttrice accademica. Il 6 agosto 1904, in piena tormenta, il nuovo con-
vitto si apre con tre alunne di cui la storia ha conservato i nomi: Gisèle Du-
pont, Jeanne Fandrin e Antonia (?). Ma Madre Amalia vede più lontano ed è
sempre alla ricerca di un caseggiato più ampio, il numero delle interne au-
menta e si devono accogliere quelle della Villa Pastré. Nel luglio 1905, il Si-
gnor Olive mostra a Madre Amalia una proprietà con un edifizio più adatto,
a St Jérome, che però è nelle mani del signor Savy, sequestratore dei beni del-
le congregazioni. Apparteneva alle suore del Santo Nome di Gesù, espulse e
rifugiate in Belgio. Madre Amalia e la signora Clemence (sr. Emilie) sono de-
cise di ottenere il contratto d’affitto, incoraggiate dall’avvocato Perrin. La si-
gnora Clémence gioca a tal fine una vera commedia durante gli incontri con
il Savy. Il 18 luglio si reca dal Savy, versa 500 franchi di caparra e riesce ad
avere la promessa del contratto. Il signor Savy è persuaso di aver a che fare
con una direttrice laica e non fa difficoltà ad affittare la proprietà. Il contratto
è firmato il 15 settembre 1905 con una clausola imperativa: “La direttrice del
convitto non potrà accettare come insegnante o domestico nessuna suora se-
colarizzata!”23. San Francesco di Sales diceva: “È bene permesso d’ingannare
l’inganno [...]”24.
Si procede subito al trasferimento del convitto della Blancarde a St Jérome.
Le 10 alunne si distribuiscono in tre classi con 8 suore che s’impegnano nella
gestione del convitto e nell’insegnamento. Ma manca un nome alla nuova casa.
Se ne deve trovare uno che non faccia nascere nessun sospetto o commento. Fi-
nalmente, Madre Amalia propone il nome di Madame de Sévigné, grande scrit-
trice francese del XVII secolo e che ama molto la Provenza. Il nome non desta
l’attenzione e non è religioso!
Nel 1906 il convitto conta 30 alunni. La proprietà è messa in vendita. Il si-
gnore Olive, padre di due FMA e di un salesiano, l’acquista e la cede come dote
alle figlie. Il convitto Sévigné prende poco a poco il suo slancio, ma fino al 1914
non sfugge alle perquisizioni e a interrogatori insidiosi. Nonostante questo, le
suore restano serene, ricordando le parole di Madre Amalia: “Poco importa la
persecuzione, il temporale che romba, se ci gettiamo nelle braccia di Maria, non
temiamo niente”. Con le due guerre mondiali l’edificio è adibito a ospedale mi-
litare sia dai francesi, sia dai tedeschi. Tutta la comunità e le educande si ripara-
no nella villa “Les cerisiers” di una famiglia di benefattori, dove si continua la
scuola per tutto il tempo di guerra.
Nel 1896 i salesiani hanno intrapreso un’opera per la gioventù a Montpellier
colla responsabilità di una parrocchia. Le FMA, chiamate da don Rua per il ser-
23 T. DE PLASSE, L’Institut des Filles de Marie Auxiliatrice…, p. 60.
24 Citato da H. FAURE, Don Bosco a Marseille. Marseille, [s.e.] 1959, p. 209.

15 Pages 141-150

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15.1 Page 141

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L’opera educativa delle Figlie di Maria Ausiliatrice in Francia tra il 1901 e il 1920 141
vizio della casa salesiana, giungono il 3 novembre 1896. Non tarderanno ad
aprire un patronato, l’oratorio Sant’Antonio. Tutto funziona bene fino al 1901,
quando arrivano gli ordini di chiudere l’opera. Così le suore devono lasciare
Montpellier per Nice o Marseille. Torneranno nel 1924, sempre al servizio della
parrocchia salesiana e dell’oratorio.
Presso Paris, a Saint Denis, una benefattrice, la signora Jeanne Messonier ha
offerto la sua casa (viale d’Ornano) per accogliere un centinaio di piccoli orfani.
Chiede alle FMA di dirigere l’opera, sicchè quattro suore vi giungono il 30 lu-
glio 1898. Sono aiutate dai salesiani del patronato San Pietro di Paris per l’inse-
gnamento, la direzione spirituale e la celebrazione della messa. Nel mese di di-
cembre 1899 si apre un corso di catechesi e un laboratorio in un locale della
fabbrica della società Wolf nel quartiere Pleyel, poi due patronati, per ragazzi e
ragazze, nella zona di Pleyel molto popolare.
A partire dal 1901 la situazione è critica: nonostante la secolarizzazione, le
suore continuano l’oratorio in un modo più discreto e con meno ragazze. Nel
1903 la morsa si stringe: i carabinieri, secondo gli ordini di Combes, vengono a
notificare l’interdizione della cappella del viale d’Ornano. Si risponde che la
cappella è privata, che serve soltanto per la catechesi, che i salesiani hanno chie-
sto l’autorizzazione di celebrare la messa e che entrano soltanto le persone col
permesso della Signora Messionier. La calma sembra ritornata, ma il 7 settem-
bre 1903 bisogna chiudere la casa. Le educande tornano in famiglia, eccetto 15.
Alcune suore sono esiliate in Belgio e in Inghilterra. Si sgombera l’arredamento
e la signora Messonier porta i bambini rimasti in un’altra casa, in via Royale. Le
altre suore si spostano tra il laboratorio Pleyel e la via Royale.
Purtroppo non si può rimanere in sede e il 15 settembre la signora Messo-
nier parte con i bambini e alcune suore per la Svizzera, nel Cantone di Vaud,
nella villa Charlemont (casa salesiana). L’esilio durerà due anni e nel mese di
luglio 1905 il ritorno a Saint Denis sembra possibile, così vi rimangono fino al
1907. La comunità, coll’approvazione di mons. Gibier, vescovo di Versailles, si
stabilirà a Saint Gratien (Val d’Oise). Due suore vanno ogni giorno al labora-
torio Pleyel, al patronato e alla catechesi di Saint Denis. Due anni dopo la co-
munità cambia ancora di luogo. Da Saint Gratien le suore vanno a Garches,
dove si aprirà un internato per ragazze fino al 1926, mentre a Saint Denis re-
sterà un’opera per le giovani operaie del quartiere fino al 1936 (Provvidenza
della ragazza).
L’ultima fondazione prima del 1901 avviene nel Nord della Francia, a Fou-
quières presso Arras, il 26 novembre 1900. Si tratta di una casa d’accoglienza
per le operaie provenienti dalle campagne, per lavorare nelle fabbriche di Arras.
L’opera dovrà chiudere il 3 novembre 1904 per ordine prefettizio.
Se tra il 1877 e il 1901 le FMA aprono 10 case, dopo il 1901 devono chiu-
derne 3 a causa delle leggi. Le altre, grazie al coraggio e alla determinazione
delle religiose di fronte all’ostilità dell’amministrazione, proseguono modesta-
mente e clandestinamente la loro missione. Anzi, con grande fiducia aprono al-
tre opere.

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142 Anne-Marie Baud
4. Le vicende nelle case fondate dal 1901 al 1920
Tra il 1901 e il 1920 si vive in piena tormenta anticongregazionista, soprat-
tutto fino al 1910, ma nonostante la situazione critica il numero delle case delle
FMA non cessa di aumentare. Sulle 10 aperte, sono state soppresse: Montpellier
(1903), Fouquières (1904), Saint Denis (1907). Sr. Amalia Meana, nominata
visitatrice alla fine del 1901 e prima ispettrice della Francia a partire dal 1907,
prende bene in mano la situazione. Con coraggio, determinazione e prudenza,
continua le fondazioni (16):
Data
apertura
1902
1903
1903
1904
1905
1907
1909
1909
1911
1911
1912
1914
1916
1919
1919
1920
Città
Denominazione – Opere
Marseille
La Blancarde (convitto e scuola)
St Cyr-sur-Mer Ste Julitte (internato)
Marseille
Convitto di famiglia Esperandieu
Marseille
Ste Marguerite (scuola parrocchiale)
Marseille
Sévigné (scuola, collegio, liceo)
Saint Gratien
Istituto di giovani ragazze
Garches
Convitto per ragazze (internato)
Saint Denis
Istituto della giovane ragazza
Thonon
Jeanne d’Arc (scuola)
Nice
Nazareth (orfanotrofio, scuola poi collegio)
Les Arcs sur Argens Patronato, catechesi
Marseille
Ospedale militare (via Plumier)
Grenoble
La Tronche poi Gières: Scuola Collegio
Les Dauphins
Nice
Istituto Clavier (internato per ragazzini, scuola)
Savigny
Orfanotrofio Ste Jeanne
Guînes
Scuola Notre Dame
Data di
soppressione
1905
1960
1919
1943
2007
1909
1926
1936
1931
1919
1985
1972
1953
1939
A Marseille nel 1903 si apre un convitto per signore e ragazze, in via Espe-
randieu, il 29 settembre. Come il convitto già citato, in viale Pierre Puget, po-
trebbe essere una casa rifugio in caso di bisogno.
Non restano quasi notizie dell’opera perchè la direttrice, sottoposta come
nelle altre comunità agli interrogatori dei commissari, per timore di altri proce-
dimenti ha bruciato la cronaca della comunità. Sappiamo soltanto che all’inizio
del 1914 una parte della casa è stata militarizzata per ospitare ufficiali francesi

15.3 Page 143

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L’opera educativa delle Figlie di Maria Ausiliatrice in Francia tra il 1901 e il 1920 143
per alcune settimane; che quando le suore hanno deciso di chiudere l’opera nel
settembre 1919 le signore hanno avuto tanta pena di lasciare il convitto.
Contemporaneamente, Madre Amalia è sollecitata dal parroco di St Cyr sur
Mer di succedere nella conduzione della scuola parrocchiale, alle suore partite in
esilio. Le FMA, sotto il velo dell’anonimato, assumono l’opera il 3 settembre
1903, abitando nella casa Sainte Julitte, in barba all’Amministrazione.
A Marseille, nel quartiere di Sainte Marguerite (vicino alla Villa Pastré) all’i-
nizio del 1904 le suore di San Vincenzo de’ Paoli, responsabili della scuola par-
rocchiale, sono espulse. Il parroco Maurin chiede a una FMA di prendere la di-
rezione della scuola di 80 alunni. Nello stesso tempo contatta Madre Amalia per
avere in aiuto un’altra suora. Sr. Angèle Denry è incaricata della classe del Certi-
ficato (esame finale della scuola elementare). Prima le due FMA abitano nella
canonica, poi arriva una terza, sr. Jeanne Come (per la cucina) e tutte tre si sta-
biliscono nell’appartamento della scuola. Il numero degli alunni cresce fino alla
prima guerra mondiale. Nel mese d’ottobre 1918 l’epidemia d’influenza spa-
gnola infierisce e la scuola è chiusa momentaneamente. Poi la scuola sembra in-
tristire e nel 1921 non ha che 6 alunni.
L’espansione della congregazione continua in tutta la Francia. Oltre alla casa
di Marseille Istituto Sévigné (1905), si è accennato alle fondazioni attorno a Pa-
ris, Saint Gratien (1907), Garches e Saint Denis (1909). Nella Savoia, nel paese
di San Francesco di Sales, si è potuta aprire una casa a Thonon. Lì come a Nice
esiste già l’opera “Nazareth” fondata da don Picus, di Thonon. Due orfanotrofi
femminili, gestiti da comunità religiose, sono stati fondati dal sacerdote che, or-
mai anziano, affida le sue opere a mons. Piccard. Quando arrivano le leggi del
1904, la casa di Thonon è chiusa e in accordo con mons. Piccard, don Picus la-
scia le due fondazioni al suo amico, il salesiano don Cartier, che è a Nice. Per si-
curezza, don Cartier fonda una società a Ginevra allo scopo di proteggerle e am-
ministrarle e affida le due opere alle FMA.
Il 12 ottobre 1911 esse arrivano a Thonon, nella casa totalmente vuota, do-
po il passaggio dei sequestratori. Partecipano subito al patronato della parroc-
chia diretto dalla signorina Bès. Aprono una scuola di economia domestica e un
laboratorio con un internato. Dovendo dare un nome alla scuola, per non sve-
gliare sospetti, come per Sévigné, la chiamano “Jeanne d’Arc”, grande eroina
francese. Nel 1915 una seconda comunità assume la responsabilità della scuola
parrocchiale, in un edificio annesso al castello di Sonnaz.
Per precauzione, le suore fondano a Ginevra una nuova società,“l’Energic”,
che amministra le opere di Thonon e Nice. Non ci sarà più che una sola comu-
nità con varie opere, patronato, scuola elementare e asilo, scuola di economia
domestica, laboratorio e catechesi parocchiale.
La casa di Nice, che conserverà il nome di Nazareth, ha la storia iniziale co-
mune a quella di Thonon. Una comunità arriva il 30 ottobre 1911 per occupar-
si dell’orfanotrofio femminile. Gli inizi sono un po’ difficili perché nella casa
abitano ancora don Picus e alcune religiose, per cui le FMA devono coabitare
con molto tatto. Dopo la loro morte, le FMA potranno sviluppare l’opera con il

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144 Anne-Marie Baud
patronato, la catechesi parrocchiale, la scuola materna ed elementare, la scuola
di economia domestica e il laboratorio. La proprietà, in piena città, ha il vantag-
gio di avere un grande orto che fornisce frutta e legumi da vendere per sopperire
alle spese. Le orfane collaborano nei lavori.
Le case fondate dopo il 1912 sono opere meno importanti ma pure significa-
tive, pienamente salesiane e di lunga vita. Hanno avuto la fortuna di sentire me-
no l’ostilità dell’amministrazione, ma con le FMA sempre in borghese. Dal
1912 al 1920 si registra la fondazione a Les Arcs sur Argens, presso Toulon, un
patronato con la catechesi parocchiale. Nel 1916, l’Istituto les Dauphins a Gre-
noble (scuola, patronato, catechesi) che si trasferirà a la Tronche e infine a Giè-
res (presso Grenoble), dove l’opera principale è un collegio, con scuola elemen-
tare e materna.
A Nice, il 2 agosto 1919 le suore assumono la responsabilità dell’Istituto
Clavier, un convitto di ragazzi, una novità. Sono orfani o di famiglie in difficol-
tà. Le suore assicurano anche la scuola. Dopo, i ragazzi possono passare dai sale-
siani al vicino Istituto Don Bosco. Nello stesso 1919, le FMA assumono la cura
degli orfani di guerra nell’orfanotrofio Ste Jeanne a Savigny, presso Lyon.
L’ultima casa fondata in quest’epoca è la seconda comunità di Guînes; la
Scuola Notre Dame è trasferita in un altro edifizio, il Castello della stella.
Conclusione
Durante gli anni esaminati, dalla prima comunità in Francia nel 1877 al
1920, l’Istituto ha vissuto una tremenda e feconda avventura umana e spiritua-
le. Non è stato risparmiato dalle prove, dalle sofferenze, dai traslochi. Ma nella
tradizione salesiana, si dice che un cavolo trapiantato cresce ancora più bello!
Questo è capitato alle comunità francesi delle FMA. L’ispettoria è nata nel dolo-
re di non essere accettata, riconosciuta e desiderata dal governo francese, anticle-
ricale e intollerante di fronte alle Congregazioni religiose, al punto da volerle
sopprimere ed espellere dal paese. Non avevano più diritto di residenza. Per
questo fine il governo ha impiegato tutti i mezzi possibili: forza, perquisizioni,
invettive, lunghi interrogatori, inventari, intimate liquidazioni degli immobili.
Un furto reale dei beni delle congregazioni.
Dinanzi a vicende dolorose, provvidenzialmente le comunità si sono avvalse
di una donna energica e legata all’ambiente originario di Nizza, nella persona di
Madre Amalia Meana, che ha saputo con sapienza, tatto, forza e fede, prendere
con prontezza le decisioni giuste e non soccombere davanti alle difficoltà. Con-
trariamente a tante congregazioni, le FMA non si sono mai allontanate dal suo-
lo francese, né hanno smesso la missione educativa; anzi qua e là hanno aperto
nuove case, secondo le richieste e i bisogni dei tempi. Tante famiglie benefattrici
e laici cattolici sono stati di prezioso aiuto, caratterizzando la vita delle attività
delle FMA in Francia.
Esse hanno gli stessi orientamenti raccomandati da don Bosco e madre Maz-
zarello: il servizio della gioventù povera, abbandonata, in difficoltà. Dunque, se-

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L’opera educativa delle Figlie di Maria Ausiliatrice in Francia tra il 1901 e il 1920 145
condo quanto presentato, le suore si sono dedicate alla catechesi, alle opere par-
rocchiali salesiane o al servizio dei salesiani, all’oratorio o patronato, alla scuola
materna, elementare, salvando non solo le opere educative informali, ma anche
quelle scolastiche, persino aumentate con l’assunzione delle classi parrocchiali.
Hanno aperto soprattutto delle scuole professionali, per far apprendere la cuci-
na, il cucito o il ricamo, la dattilografia. Infine hanno lavorato negli orfanotrofi
e convitti, annunziando con la loro presenza amorevole, la loro azione concreta
e un’autentica testimonianza, il Dio di Gesù Cristo. Per questo durante questi
anni difficili, oltre le opere e le case, Madre Amalia ha anche saputo salvare l’es-
senziale, cioè la vita religiosa affinchè fosse vissuta con fervore e vera osservanza.
Non si registrano defezioni, nè s’interrompe la catena di giovani che di anno
in anno si sono presentate per abbracciare la vita religiosa dell’Istituto: “Di Ma-
dre Amalia – si scrisse – non subì la sofferanza, al contrario, l’accolse come in-
comparabile maestra di vita, come la sola forza capace di tenere uniti i cuori, di
fare fiorire le opere”25.
L’incremento delle fondazioni in Francia – tra 1877 e 1920 si contano 26
aperture contro 7 chiusure, per un totale di 19 comunità attive nel 1920, e tra
queste, 8 opere tuttora esistenti -, è stato possibile grazie all’aumento delle voca-
zioni e alla disponibilità e abnegazione di ciascuna, per vivere lo spirito salesia-
no, in mezzo alla gioventù, con grande zelo apostolico. La Francia salesiana del-
le FMA di oggi deve tanto alle prime missionarie che hanno vissuto delle prove
violente, ma unite e desiderose di vincere insieme i momenti difficili. I frutti di
questa lotta non si sono fatti attendere, poiché le vocazioni sono aumentate,
permettendo di aprire nuove case e nuove comunità.
25 M. SECCO, Facciamo memoria... 1942, p. 225.

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I SALESIANI E L’EDUCAZIONE DEI GIOVANI, IN PIEMONTE,
DURANTE IL PERIODO DEL FASCISMO
Silvano Oni*
Gli anni, che il nostro Convegno qualifica come “particolarmente difficili”
del XX secolo, sono quelli che la storiografia italiana, a proposito della propria
storia nazionale, denomina come Età fascista. Certo sono “anni particolarmente
difficili” per quanto riguarda la situazione politica, caratterizzata in Italia dal to-
talitarismo imposto da Mussolini, con tutte le gravi conseguenze che ne sono
derivate. Ma si possono, senza dubbio, intendere come “particolarmente diffici-
li” anche per quel che riguarda il tema che più direttamente ci interessa: l’educa-
zione dei giovani. In pochi momenti della sua storia, infatti, la Chiesa è stata
sfidata in modo così risoluto sul campo dell’educazione dei giovani come è av-
venuto, in questi anni, da parte del regime fascista: con un progetto di uomo
nuovo alternativo a quello cristiano, con un’organizzazione per fascia d’età che
entrava in diretta concorrenza con le organizzazioni ecclesiali, con una disponi-
bilità di mezzi e strutture che era decisamente superiore a quella di cui il mondo
ecclesiale poteva disporre, con la pretesa, infine, di riservare l’educazione giova-
nile alla propria esclusiva competenza.
Nel mio contributo, dopo aver presentato per sommi capi il progetto dell’uo-
mo nuovo fascista, lasciando sullo sfondo le vicende politiche che naturalmente
fanno da insostituibile punto di riferimento, cercherò di rispondere alla domanda
(o alle domande): come si è riusciti, se si è riusciti, e con quali mezzi e quali risul-
tati, a portare avanti un’educazione “salesiana”, che salvaguardasse i suoi caratteri
irrinunciabili; nella terza parte, ho cercato di evidenziare le luci e le ombre, i com-
promessi e le peculiarità, i risultati e i “fallimenti” del processo educativo salesia-
no, a partire dalla situazione concreta che si verifica in Piemonte in quegli anni.
1. L’uomo nuovo fascista
Il tema dell’uomo nuovo, nell’ideologia fascista, è “tipico” e ricorrente fin dai
suoi inizi. Quella fascista è una “cultura” che affonda le radici sia nel terreno fe-
condo del vitalismo romantico del primo ’900 europeo, nell’ideale individuali-
* Salesiano, docente di Storia della Chiesa all’UPS, Facoltà di teologia, sezione di Tori-
no; insegnante di storia e filosofia al liceo di Valsalice (Torino).

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148 Silvano Oni
stico dell’eroe, sia nel revisionismo socialista e nel sindacalismo anarcoide degli
anni prima della guerra. Ma è proprio negli anni della Grande guerra che il Fa-
scismo trova il suo retroterra, dal punto di vista storico, con la campagna inter-
ventista, l’impresa di Fiume e da cui fa emergere l’uomo nuovo “antiborghese e
rivoluzionario” con gli ideali dell’eroismo, dell’arditismo e dell’estetismo1.
Il progetto fascista di uomo nuovo, però, con questo retroterra culturale e sto-
rico si viene via via elaborando e modificando, secondo i momenti storici che
attraversa il Regime.
Nella prima fase (1922-1925), dalla presa del potere all’avvio della dittatura,
l’ideale di uomo nuovo si identifica con il Duce, visto come la guida spirituale e
politica dell’Italia.
Lo stesso Mussolini, d’altra parte, fa di tutto per creare il mito della sua per-
sona: di capo onnipotente, capace di passare dalle “grandi cose” (gli affari inter-
nazionali) alle piccole cose (i problemi quotidiani della povera gente), di lavora-
tore infaticabile, una sorta di superuomo capace di eccellere in tutte le attività
umane e spirituali. Non è casuale il fatto che Mussolini si faccia riprendere nelle
vesti dell’aviatore, in quegli anni simbolo dell’eroe moderno e dell’uomo supe-
riore, o del pilota da corsa. Nello stesso tempo, alimenta il suo mito con il con-
tatto continuo con la folla, ribadendo con orgoglio le proprie origini popolari.
Tutto questo spiega il successo delle biografie su Mussolini che in quegli an-
ni vedono la luce, in particolare quella della Sarfatti, legata per altro da motivi
sentimentali al Duce, e che dopo la crisi di Matteotti contribuisce a sua volta a
promuovere e ad esaltare l’immagine di Mussolini.
A proposito di questa biografia, certo i Salesiani ne escono con una immagi-
ne negativa e ridicola, proprio per il trattamento cui sottopongono il piccolo
Benito accolto per la terza e quarta elementare (1892-1894) nel collegio di
Faenza: posto brutalmente in castigo per ore su pannocchie di granoturco, e poi
espulso dal collegio2! Di fronte a queste affermazioni, i Salesiani provvedono a
far redigere una replica da parte dei maestri che ebbero in quegli anni Mussoli-
ni, dove si respingono decisamente le accuse di punizioni afflittive e si precisa
come Benito non fu espulso dal collegio, ma dato il suo temperamento impulsi-
vo e prepotente3, lo si accompagnò a casa dai genitori, ai quali venne detto che
1 Sullo sfondo culturale dell’uomo nuovo fascista, mi paiono interessanti le considera-
zioni di Antonio Santoni Rugiu nella sua Introduzione all’opera di Carmen BETTI, L’Ope-
ra Nazionale Balilla e l’educazione fascista. Firenze, La Nuova Italia 1984, XVI-XVII.
2 Cf Margherita SARFATTI, Dux. Milano, Mondatori 1926, p. 39. Ma tali episodi ven-
gono riproposti dalla scrittrice, sotto lo pseudonimo di “Marga”, nel libretto: Il volo dell’A-
quila: da Predappio a Roma. Firenze, Armando Rossini 1927. La presentazione dell’infan-
zia di Mussolini viene ripresentata sostanzialmente nei medesimi termini anche nella bio-
grafia di Pierre MILZA, Mussolini. Roma, Carocci 2000, pp. 34-36.
3 Dal resoconto di uno dei suoi maestri, il sig. Secondo Guadagnini, emerge il ricordo
dove il piccolo Benito insegue un compagno, minacciandolo di piantargli nelle natiche un
coltello! In ASC B411.

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I Salesiani e l’educazione dei giovani, in Piemonte, durante il periodo del fascismo 149
il ragazzo non sarebbe più stato accettato per la classe successiva4. La biografia di
grande successo non viene modificata nelle successive ristampe, nonostante gli
interventi di Don Tomasetti presso il Duce o quelli dei Superiori Maggiori pres-
so l’editore Mondadori.
Nella seconda fase (1926-29), il Regime, mentre si impossessa del potere,
comprende che occorre provvedere ad una complessa opera di integrazione, di
organizzazione ed educazione delle masse in genere, e dei giovani in particolare.
Ci si rende conto, infatti, che in una società di massa non è sufficiente il ruolo
che può esercitare il partito, ma che c’è “anche” bisogno di altre strutture, volte
ad inquadrare le masse, intensificando l’opera di penetrazione e di propaganda.
Ma è all’inizio degli anni Trenta, quando Mussolini si è ormai saldamente
impossessato del potere, che l’ideale dell’uomo nuovo fascista si viene precisando
in modo determinante e in parallelo con l’evoluzione e lo sviluppo politico del
Regime, in quanto riesplode all’interno del Fascismo, specie negli ambienti gio-
vanili che vogliono “contare” di più, la dialettica tra Regime e Movimento. Il
Movimento, che ha in Bottai l’interprete più intelligente, mira non a contrasta-
re la natura autoritaria del Regime, ma ad accelerarne la trasformazione in Stato
totalitario, in un Ordine Nuovo, poiché la Rivoluzione è lo spirito dello stato
fascista e solo affidando ai giovani, naturalmente “preparati”, il Fascismo può
salvare la Rivoluzione.
Di qui il progetto che doveva mirare non solo alla restaurazione dell’obbe-
dienza e della disciplina delle masse (Regime), ma anche a penetrare nelle co-
scienze, doveva plasmare gli spiriti, educare la mentalità. La meta del Fascismo è
l’integralismo totale, la totale unità morale e spirituale della Nazione, affinché
tutte le sue forze rispondano ad un unico comando, marcino in un unico senso,
siano sottoposte ad un’unica disciplina!
Nasce da questa elaborazione culturale e politica l’uomo nuovo fascista: è
l’uomo soldato, che si distingue per la disciplina, per la fede nel Duce, per le sue
qualità morali, per la sua partecipazione attiva, forse sarebbe meglio dire fanati-
ca, alla costruzione di una grande nazione italiana, ordinata, eroica, “imperiale”.
Naturalmente è lo Stato, con la scuola e le sue organizzazioni giovanili, che
si assume il compito di “preparare” le nuove generazioni.
Il progetto dell’ uomo nuovo quale si propone il regime, non può essere rea-
lizzato solo dalla scuola, in quanto la riforma Gentile (1923), anche se definita
da Mussolini “la più fascista delle riforme”, prima di tutto risolve male il perse-
guimento della formazione dell’élite con il democraticismo cercato dal Regime,
e poi difficilmente i valori e le norme di comportamento propagandati possono
essere insegnati in classe, ma si devono sperimentare e praticare direttamente.
Di conseguenza, il compito di concretizzare tale progetto viene affidato so-
4 Su questo argomento mi sembrano esaurienti le pagine scritte da Pietro STELLA, Don
Bosco nella storia della religiosità cattolica. Vol. III: La canonizzazione (1888-1934). Roma,
LAS 1988, pp. 256-257.

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150 Silvano Oni
prattutto alle organizzazioni giovanili fasciste: l’Opera Nazionale Balilla (ONB),
che insieme ai Fasci Giovanili di Combattimento nel 1937 darà vita alla Gio-
ventù Italiana del Littorio (GIL), e i Gruppi Universitari Fascisti (GUF).
L’ONB “per l’assistenza e per l’educazione fisica e morale della gioventù”, defi-
nita come “la vera scuola del Fascismo”5, è istituita con una legge del 3 aprile
1926 e diventa il simbolo e la vetrina dell’Italia fascista, tanto da essere definita “il
più grandioso tentativo di educazione statale della gioventù che la storia ricordi”6.
Nel corso degli anni, soprattutto a partire dagli anni Trenta, tutta l’Opera
Nazionale Balilla progressivamente si organizza e penetra sempre più in profon-
dità nel mondo giovanile, grazie al lavoro tenace di Renato Ricci, designato pre-
sidente dallo stesso Mussolini il 13 febbraio 1927.
Per quanto riguarda la struttura organizzativa dell’ONB, essa ha un’articola-
zione interna per fasce di età: per i gruppi maschili, all’inizio, è costituita dai
Balilla (8-14 anni), dall’Avanguardia Giovanile Fascista (14-18 anni), in vista di
un possibile ingresso nella Milizia Volontaria di Sicurezza Nazionale (MVSN);
per i gruppi femminili si ricalca la precedente suddivisione con le Piccole Italia-
ne (8-14 anni), le Giovani Italiane (14-18 anni)7; a partire dal 1929 si organiz-
zano anche i fanciulli: i Figli della Lupa dai 6 agli 8 anni, e nel 1930 i giovani
(18-21 anni): i Fasci Giovanili di Combattimento per i maschi e le Giovani Fa-
sciste per le femmine.
La struttura interna dell’ONB è articolata in formazioni di carattere militare,
i cui nomi si richiamano alla terminologia dell’esercito romano: si va dalla squa-
dra (11 ragazzi), al manipolo, alla centuria, alla coorte, alla legione, compren-
denti ciascuna tre unità del livello inferiore.
Le posizioni di comando in seno alle organizzazioni rivelano ulteriormente il
carattere strettamente militare delle medesime, in quanto a capo delle Avan-
guardie vi sono gli ufficiali e i sottufficiali della MVSN, proprio per il fatto che
nello statuto dell’ONB (art. 3) si dice che il loro compito principale è “nella
preparazione dei giovani alla vita militare”. I gruppi Balilla possono, invece, es-
sere comandati anche da insegnanti elementari e medi, tra i quali va data la pre-
ferenza a membri attivi o a ex membri della Milizia (art. 41). L’organizzazione
“interna”, come i capisquadra o i capi centuria, viene affidata ai ragazzi di età
più adulta, dopo essere stati fascistamente “preparati”.
Per quanto riguarda la progressiva penetrazione, i resoconti di Ricci sono la te-
stimonianza dell’incremento numerico degli iscritti in tutta Italia che dai 482.355
del 1926 passano ai 2.121.661 del 1930 per arrivare ai 7.869.305 del 1940.
Tale incremento è dovuto a tutta una serie di fattori, alcuni “negativi”, nel
senso che mirano sia a ridimensionare le altre organizzazioni giovanili, in parti-
colare l’Azione Cattolica (i “fatti del 1931”), impedendo loro attività di grande
5 Cf C. BETTI, L’Opera Nazionale…, p. 123.
6 Cf V. MELETTI, Civiltà fascista. Per le scuole complementari e di avviamento al lavoro,
per i maestri e per il popolo (1929). Venezia, La Nuova Italia 1941, p. 42.
7 L’integrazione dei gruppi femminili all’interno dell’ONB avviene nel 1929.

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16.1 Page 151

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I Salesiani e l’educazione dei giovani, in Piemonte, durante il periodo del fascismo 151
richiamo, come quella sportiva, sia costringendole alla chiusura, come nel caso
delle organizzazioni scoutistiche (1927); altri “positivi”, dal progressivo inseri-
mento nel campo scolastico, al miglioramento della struttura interna organizza-
tiva, alle diverse iniziative che via via vengono proposte di tipo sportivo, assi-
stenziale e ricreativo.
Per quanto riguarda l’opera di penetrazione nella scuola, anche se a differen-
za della Germania non vi è alcun obbligo di iscrizione alle organizzazioni giova-
nili, non bisogna tuttavia dimenticare prima di tutto lo zelo e l’opera di “persua-
sione” promossi con lo slogan “tanti scolari, tanti balilla” dai vari Ministri dell’I-
struzione e dai Regi Provveditori agli Studi; e poi il processo di fascistizzazione
della scuola e dell’educazione che porta nel 1929 alla creazione di un nuovo Mi-
nistero, dal titolo quanto mai significativo, di Ministero dell’Educazione Nazio-
nale; non ultimo il fatto, altrettanto concreto, che non si può usufruire degli
aiuti scolastici forniti dal Regime, tipo borse di studio, senza essere iscritto al-
l’ONB. In particolare l’opera di penetrazione dell’ONB avviene soprattutto nel-
le scuole elementari, dove si arriva ad avere l’81% degli allievi iscritti tesserati.
Insieme con l’azione promossa nella struttura scolastica, si dà il via a una serie
di attività di grande richiamo e che allargano la base popolare del Fascismo. Le ini-
ziative, porto come esempio quelle di Torino, per altro scrupolosamente elencate
nelle relazioni dei vari Segretari Federali8, riguardano l’ambito sportivo ai vari livel-
li: dall’organizzazione di gite alpine, a quella degli sport più popolari come il calcio
e il ciclismo, a quelle più particolari come il volo a vela, il pugilato e il canottaggio.
Non mancano poi le proposte di stampo culturale, non molte per la verità: dai
corsi di cultura fascista a quelli di contenuto più strettamente professionale.
Particolarmente apprezzate, specie per il delicato momento economico che
dopo gli anni Trenta attraversa la città, sono tanto le iniziative assistenziali, co-
me quelle dell’E.O.A. (Ente Opera Assistenziali) a favore dei più bisognosi, o
quelle delle borse di studio; quanto l’allestimento delle colonie marine e monta-
ne per i ragazzi. Non viene, infine, trascurata la formazione musicale con la
creazione di gruppi bandistici, orchestrali e corali, la formazione di filodramma-
tiche e l’allestimento di sale cinematografiche.
In conclusione, i dati in percentuale sono quanto mai eloquenti della diffu-
sione dell’ONB a livello nazionale e della sua innegabile penetrazione nel mondo
giovanile anche popolare: nel 1936, un anno prima della fondazione della GIL,
sono iscritti all’ONB il 74.7% dei maschi e il 65.9% delle femmine fra gli 8 e i
14 anni, e rispettivamente il 75.6% e il 37.4% dei giovani fra i 15 e i 17 anni.
Come viene condotta l’opera di “educazione” dei giovani da parte del fascismo?
Prima di tutto con l’esperienza reale di partecipazione diretta, che dal 1935
verrà denominata il “Sabato fascista”, momento in cui “tutta l’Italia si trasforma
in una gigantesca caserma”.
8 Le Relazione delle diverse attività dei vari segretari Federali sono in ACS, PNF Situa-
zione politica ed economica delle Province, b. 25 “Torino” (da adesso abbreviato: ACS,
PNF, b. 25).

16.2 Page 152

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152 Silvano Oni
Ma il Regime non si lascia sfuggire occasione per “adunare” gli italiani, e
in particolare i giovani, convocandoli per le festività nazionali, per le ricor-
renze più importanti, per cui risulta difficile rimanere “estranei” alle sue solle-
citazioni.
L’addestramento militare richiede una “seria” preparazione fisica che l’ONB
gestisce in prima persona, sia con la preparazione degli insegnanti, sia con la ge-
stione diretta dell’educazione fisica nella scuola9. Legata all’educazione fisica, vi
è il grande settore dell’attività sportiva, di cui il regime comprende la grande at-
trattiva che esercita sui giovani e l’importante funzione di aggregare le masse po-
polari, per cui con la Carta dello sport (30/XII/1928) ne assume il controllo di-
retto ed esclusivo.
Con l’addestramento fisico, viene portata avanti tutta un’opera di indottri-
namento o di “cultura spirituale”, come viene denominata dal Ricci. Questo
avviene prima di tutto nella scuola, specie quella elementare, dove come scrive
De Rosa “il regime operò con intelligenza ed efficacia: l’indottrinamento fu
ben dosato, utilizzando, con forzature ideologiche, la letteratura nazional-pro-
letaria del Risorgimento”10, e la presentazione di una storia quasi “rettilinea”
con gli pseudoinveramenti delle idealità del nostro Risorgimento nel
Fascismo11.
In secondo luogo, viene promossa dall’ONB con numerose altre iniziative
che vanno da corsi sulla cultura fascista e professionale a quelli sulla guerra aero-
chimica e sulla difesa antigas; dalle conferenze di propaganda aeronautica ai cor-
si di volo senza motore, per il conseguimento degli attestati “B”; dalle istruzioni
settimanali “militari”: con 3 lezioni serali interne (esercitazioni in ordine chiuso,
ginnastica, regolamento militare) ed 1 lezione esterna domenicale su terreno
rotto (tattica ed addestramento militare) al “Corso di vita coloniale”, a quello di
cultura religiosa (ne ho trovato uno solo!). Scorrendo le relazioni inviate al Cen-
tro, mi pare di poter dire che, in genere, non sono molte le proposte “culturali”.
È lo stesso Starace a constatarlo, quando, leggendo una relazione inviatagli dal
segretario federale di Torino Gastaldi, annota: “Molto sviluppata la parte sporti-
va in tutti i settori, poco la parte culturale!”12.
Particolare attenzione l’ONB presta anche alla “stampa”: sia alle riviste come
ai libri per ragazzi. Mi paiono quanto mai illuminanti le considerazioni dello
stesso Ricci sull’importanza “politica” di tali riviste:
9 La gestione dell’educazione fisica nelle scuole diventa di competenza dell’ONB dal
26 dicembre 1927.
10 In Walter E. CRIVELLIN (a cura di), Cattolici, Chiesa, Resistenza. I testimoni. Bologna,
Il Mulino 2000, p. 390.
11 Sulla lettura “fascista” della storia e della letteratura mi sembrano illuminanti le pagi-
ne di Pier Giorgio ZUNINO, L’ideologia del fascismo. Miti, credenze e valori nella stabilizza-
zione del regime. Bologna, Il Mulino 1985, pp. 63-129.
12 Cf L’annotazione è a margine della Relazione attività gennaio-febbraio XII di A.
Gastaldi a Starace (28/II/34) in ACS, PNF, Situazione politica ed economica delle
Province, b. 25.

16.3 Page 153

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I Salesiani e l’educazione dei giovani, in Piemonte, durante il periodo del fascismo 153
“Il 18 maggio il «Popolo d’Italia» ha ceduto all’Onb il suo settimanale a colori per
ragazzi: «Il Balilla» [...] Prose e poesie sono abilmente dirette, evitando il più possi-
bile il convenzionale armamentario retorico delle grosse parole, all’esaltazione dei
migliori sentimenti morali e civili: soprattutto la propaganda intensa ed entusiasti-
ca, anche in forme inavvertibili, del Fascismo, è stato ed è l’obbiettivo costante del
settimanale il quale, mantenendo la sua forma ricreativa, è un efficace strumento di
penetrazione politica. Distaccandosi lentamente [...] dalle abituali maniere di quel-
le letteratura zuccherata, cui da un cinquantennio tutte le pubblicazioni del genere
hanno sinora abituati i ragazzi, si va ora cercando un nuovo caratteristico indirizzo:
il ragazzo nuovo che l’Opera Balilla crea appassionatamente per la perpetuità e per
la gloria del fascismo, non può più dilettarsi di storielle colorite di sentimentalismo
1800, e perciò bisogna pascere il suo spirito e la sua fantasia di materiale più de-
gno. Attraverso storie di guerra, avventure di caccia, descrizione di viaggi e di tem-
peste, racconti di battaglia nel mare, nella terra e nel cielo, si alimenta così l’amore
per il pericolo, il desiderio di conquista, il coraggio e la prontezza al sacrificio”13.
Anche la letteratura deve essere sulla stessa linea pedagogica e quindi “eroica,
a forti tinte, esemplificatrice a grandi linee di quella forza d’animo che occorre
per vivere la vita umana e formarsi una personalità”, per cui i libri che di volta
in volta il Bollettino dell’ONB presenta e consiglia vanno da quelli sulla figura
del Duce, a quelli favorevoli alle scelte economiche del Regime; da quelli esal-
tanti l’aeronautica, a quelli che celebrano l’eroismo dei soldati italiani nella
grande guerra La stessa educazione musicale viene riletta e riscoperta secondo i
dettami della pedagogia fascista.
Rientrano sempre nell’ambito delle proposte “culturali”: le visite “istruttive”
ai porti militari, agli arsenali, ai campi di aviazione, alle fabbriche d’armi, senza
contare le gite ai campi di battaglia.
Momenti di particolare intensità, non solo di aggregazione ma anche di in-
dottrinamento, sono sia i campi Dux, sia i campeggi che venivano organizzati
d’estate, prevalentemente per gli Avanguardisti. Se i campeggi (e le colonie) so-
no indirizzati soprattutto ai ragazzi delle classi popolari, il Regime organizza an-
che delle vere e proprie crociere nel Mediterraneo che, dato l’elevato costo, sono
normalmente appannaggio dei figli della borghesia e dei funzionari del Partito.
Nelle crociere si uniscono con la consueta retorica la componente turistica, la
enfasi patriottica e una patina religiosa.
Il Regime si mostra poi particolarmente attento nell’utilizzare i nuovi stru-
menti di comunicazione di massa dal cinema alla radio. Notevole è l’impegno
perché ogni Casa del Balilla abbia la sua sala cinematografica. Infine, una parola
sull’educazione religiosa. Prima di tutto con la riforma Gentile del 1923 l’istru-
zione religiosa viene impartita anche nella scuola. L’ONB per il suo carattere tota-
litario, volendo assumere anche il compito dell’educazione religiosa dei giovani,
spesso in competizione con le organizzazioni cattoliche, si preoccupa di dettare
13 Cf Relazione di Renato Ricci a S.E. il Capo del Governo (anno IX – 1931) in ACS,
Presidenza del Consiglio dei Ministri (1928-30), b. 1097.

16.4 Page 154

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154 Silvano Oni
delle norme relative all’educazione e all’assistenza religiosa. La finalità, però, non è
tanto quella di trasmettere contenuti educativi religiosi, ma di ottenere il consen-
so e la collaborazione delle autorità ecclesiastiche mettendo in discussione l’utilità
e la validità della formazione religiosa impartita nelle associazioni cattoliche14.
2. Il sistema educativo salesiano, durante il periodo del fascismo
L’atteggiamento della Congregazione salesiana di fronte al regime fascista, e
alla sua complessa struttura messa in atto in campo educativo, si modifica nel
corso degli anni come logica conseguenza del mutare dello scenario politico.
Vorrei quindi articolare la risposta alla domanda posta all’inizio della relazione
in due momenti: il primo “politico” e il secondo “pedagogico”.
Per quanto riguarda l’atteggiamento in campo “politico”, sulla linea della sto-
riografia più recente, mi sembra siano da evitare giudizi schematici, in quanto i
rapporti sono spesso più complessi e non catalogabili in visioni di tipo manicheo.
Nei primi anni del regime, fino al 1929, il comportamento al vertice della
Congregazione, pur con qualche eccezione15, fu piuttosto di attesa e riserbo sul-
la linea da seguire. Sono poche nelle “fonti salesiane” le annotazioni o i com-
menti sul fascismo; si trovano solo degli episodi sporadici e marginali: a Valdoc-
co si registra che “lo studente [X] di 3 ginnasiale da Saluggia fu espulso perché
organizzò nella sua classe dei fascisti a carattere anticlericale”16; oppure nella
Cronaca del Liceo di Valsalice (1922) si ricorda:
“11 novembre. Festa nazionale. Nel pomeriggio in città ha luogo il corteo dei Fa-
scisti coll’intervento dei vari Fasci regionali. Tale manifestazione dai Superiori, co-
me pure nel sentimento cittadino, fu ritenuta come una manifestazione di carattere
prettamente nazionale; perciò nel pomeriggio, ogni squadra privatamente fu ad
ammirare la sfilata che ebbe luogo in via Po e piazza Vittorio Veneto”17.
14 Su questo tema mi sembrano sempre valide le considerazioni di Emanuela BELLUC-
CI, L’educazione religiosa nell’O.N.B., in Alberto MONTICONE (a cura di), Cattolici e fascisti
in Umbria (1922-1945). Bologna, Il Mulino 1978, pp. 105-112.
15 Ne è una testimonianza il pensiero che Don Tomasetti scrive nel suo taccuino
(1926) alla pagina 26-27 gennaio (ASC, fondo Tomasetti, 275): “Si possono considerare
dal punto di vista di parte o di partito e dal punto di vista evangelico. Se li considero dal
punto di vista di partito, dovrei combatterli, perché sono un’immagine del partito fascista
che è opposto al partito popolare, il quale si voglia o non si voglia ha le sue radici nelle no-
stre organizzazioni, anche in quelle che non avrebbero nulla a vedere con la politica. Se li
considero dal punto di vista evangelico, io mi ricordo che Gesù lasciava le novantanove
pecorelle per correre dietro alla pecorella smarrita, che Gesù è venuto al mondo a salvare
[...] Ancora: io appartengo a un istituto che apre le porte ai monelli della strada, che cerca
di accalappiare con divertimenti per renderli a poco a poco critici; e allora, perché dovrei
spaventarmi dei balilla [...]?”.
16 Cf Cronaca della casa di Valdocco (10 febbraio 1922).
17 Cf Cronaca della casa di Valsalice (11 novembre 1922). L’11 novembre è il genetlia-
co del re Vittorio Emanuele III.

16.5 Page 155

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I Salesiani e l’educazione dei giovani, in Piemonte, durante il periodo del fascismo 155
In alcuni casi, la posizione è di distinzione netta, specie dopo il 1927, quan-
do “l’anima totalitaria del Fascismo prevale” e l’ONB “incombe come un peri-
colo che minaccia l’esistenza stessa degli oratori e delle scuole”18.
Di fronte alle prime avvisaglie che vengono dalle Marche (1927), quando l’I-
spettore salesiano interpella i Superiori a proposito della richiesta da parte del-
l’ONB di un cappellano, e poi in modo più “grave” dalla Sicilia (1928), dove si
vogliono addirittura “inquadrare” i giovani che frequentano le scuole in una co-
orte di balilla, il Capitolo, su consiglio del card. Gasparri, indica la linea della
prudenza, ma nello stesso tempo della fermezza “nel non lasciare che altri ven-
gano a comandare o dirigere in casa nostra”:
“Dopo lo scambio di idee avvenuto il 1 febbraio alle ore 19, D. Giraudi l’indomani
è partito per Roma onde esporre la situazione dei nostri oratori e averne direttive e
consigli [...] Il card. Gasparri pensa che non dobbiamo trasformare i nostri oratori,
cosa tutta religiosa, in caserme o quasi. Conviene usare molta prudenza, quindi
non uscire con bandiere, chiamare le associazioni dei nostri giovani con nomi reli-
giosi, evitando qualunque forma di organizzazione esterna. Si conchiude quindi
che l’Ispettore, prima di rispondere al Centurione comandante la Coorte parli col
Prefetto della città e lasci infine un promemoria dove siano fissati i nostri pensieri,
vale a dire:
1) Per i collegi ed internati dire che v’è una difficoltà di ordine interno, perché so-
no comunità che vivono con regolamento ed orario fisso di scuola, studi, pratiche
religiose con un programma giornaliero che va dalla pratica religiosa alla ginnastica
scolastica. È ovvio il disturbo che a questo ordinamento avverrebbe.
2) Per gli Istituti di arti e mestieri d’interni, militano le stesse ragioni di cui sopra,
dippiù si fa osservare che i giovani sono tutti sul 14° anno per la legge sul lavoro
delle donne e sui fanciulli e per quelli sui 18 anni hanno luogo i corsi premilitari.
Si osserva ancora che il R. Provveditore agli studi di Torino ha detto che i convitti
missionari non sono soggetti a queste disposizioni dei Balilla, per l’ordinamento
interno incompatibile con tali esigenze, altrettanto deve dirsi dei nostri internati.
3) Per gli Oratorii o Ricreatori, si nota che essi raccolgono giovani soprattutto nei
giorni festivi per le pratiche religiose e dopo la scuola per l’istruzione catechistica e
per la preparazione alla I comunione. Quelli che sono soggetti all’istruzione ele-
mentare (dagli 8 ai 14 anni) sono già inseriti nella sezione Balilla della scuola a cui
appartengono e frequentano l’oratorio anche con la divisa”19.
La data “decisiva” è il 1929 con il momento della Conciliazione e della beati-
ficazione di Don Bosco. Prende avvio, infatti, una certa disponibilità alla colla-
borazione pur nella distinzione. Nelle case salesiane comincia ad essere presente
anche “fisicamente” il mondo fascista con i suoi uomini, i suoi canti, i suoi “ge-
sti”, e in particolare entra in campo “il Capo del Governo”, Benito Mussolini.
Le prime presenze “ufficiali” di personalità fasciste in ambienti salesiani a To-
rino sono: a Valdocco, quando il segretario federale Bianchi Mina presenzia alla
18 Cf P. STELLA, Don Bosco nella storia della religiosità cattolica, vol. III…, pp. 241-243;
252.
19 In VCS (8 febbraio 1927), 5.

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156 Silvano Oni
solenne inaugurazione del monumento a Don Bosco, posto nel cortile interno a
Valdocco (24 aprile 1929); e poi in occasione del solenne trasporto della salma
di Don Bosco da Valsalice al santuario di Maria Ausiliatrice, a Valdocco (9 giu-
gno 1929). Da quel momento, quasi come per incanto, le fonti salesiane non
tralasciano mai di riferire le diverse visite di personalità fasciste, di segnalare co-
me i giovanetti salutino “alla romana” e la banda intoni “Giovinezza”.
Nel 1931 il Fascismo “chiarisce” con la forza su quali binari deve procedere il suo
rapporto con il mondo giovanile cattolico in generale, e salesiano in particolare.
Non mi addentro su questo tema nella sua problematica più generale, per al-
tro sufficientemente studiata, se non per fornire la documentazione riguardante
le implicanze “salesiane”.
È ormai ampiamente dimostrato che la vera motivazione alla base di tutta la
vicenda è il tentativo da parte del regime di avere nelle proprie mani il monopolio
dell’educazione dei giovani, fortemente compromesso dalla crescita delle organiz-
zazioni giovanili legate al mondo cattolico; e di contenere tali associazioni entro i
confini delle pratiche cultuali e dell’istruzione catechistica. Da parte fascista, inve-
ce, si motiva l’intervento con una presunta ripresa politica del Partito Popolare.
Gli “incidenti” negli oratori salesiani torinesi iniziano la sera del mercoledì
27 maggio del 1931, con la devastazione degli Oratori del S. Luigi e del S. Pao-
lo, come testimoniano le due comunicazioni inviate dal prefetto di Torino Ricci
al Ministero degli interni.
La prima riguardante l’oratorio di S. Luigi, in via Ormea:
“Ieri sera [27/V] poi alle ore 22.15 un gruppo di una quarantina fascisti si recò in
via Ormea e circa 20 di essi penetrarono nello oratorio salesiani ove trovavasi il sa-
cerdote Don Rinaldi e alla di lui presenza capovolsero tavoli danneggiarono lampa-
dine elettriche e ruppero alcuni vetri delle finestre”20.
La seconda riguardante l’oratorio S. Paolo:
“Mercoledì notte [27/V] [...] anche il circolo cattolico di via Luserna, in Borgo S. Pao-
lo venne dai fascisti devastato dopo aver lasciato vicino i camions. L’intenzione era di
andare poi a dar l’assalto ai salesiani in via Cottolengo ove vi è la “Casa madre e la Ba-
silica di Maria Ausiliatrice”. Tali cose sono a conoscenza dell’impiegato della manifat-
tura tabacchi, sig. Gianotti, già segnalatovi come massone, il quale è intimissimo con
il centurione della Milizia Chiapussi, il quale centurione, avrebbe fatto parte della spe-
dizione, e, mi si riferisce abbia detto: (al Console della Milizia): “Ci penso io!!”21.
20 In ACS, Divisione Generale di Pubblica Sicurezza, G. 1, b. 192. Nella stessa busta si tro-
va anche il telegramma inviato al M.I. dal capitano Miozzi, Comandante Comp. Inerna dei
Carbinieri di Torino (28/V/1931): “Ieri sera alle ore 22 e 30 circa trenta giovani che ritiensi
appartengano G.U.F. portaronsi via Ormea 4 ove risiede oratorio salesiano e ruppero vetri
danneggiando impianti illuminazione e misero soqquadro mobili allontanandosi subito dopo”.
21 Cf Lettera, senza nome, ma chiaramente identificabile nel prefetto Ricci, spedita in
data 1/VI/1931. In ACS, M.I., Divisione Generale di Pubblica Sicurezza, G.1, b. 192.

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I Salesiani e l’educazione dei giovani, in Piemonte, durante il periodo del fascismo 157
Il 29 maggio giunge da Mussolini l’ordine di sciogliere le Associazioni catto-
liche. E nell’elenco presentato dal prefetto Ricci riguardante i 325 circoli di-
sciolti vi sono anche quelli salesiani22. Il materiale sequestrato nei circoli disciol-
ti non dà, però, i risultati sperati. Il 9 giugno giunge l’ordine di procedere alla
chiusura anche degli Oratori.
Le reazioni da parte dei Superiori sono immediate. Il rettor maggiore Don
Rinaldi indirizza diverse lettere, dal contenuto sostanzialmente identico, all’Ar-
civescovo di Torino e al Prefetto della città, in cui esprime “tutta la pena e il cor-
doglio” provocati da “tale provvedimento” che si sente ingiusto, in quanto “sen-
to di poter dichiarare di non aver demeritata la stima della Patria e delle Autori-
tà politiche e civili”. Siamo a conoscenza degli ulteriori passi ufficiali compiuti
dai Superiori Maggiori e di quale felicità si sia diffusa alla notizia della concessa
riapertura degli Oratori dalla lettera che Don Ricaldone scrive a Don Rinaldi
(13 giugno), in quei giorni a Roma23.
Superato lo scoglio con gli accordi stipulati il 30 dicembre 1931, prende il via
la “fase del consenso”, le cui espressioni più significative sono la canonizzazione
di Don Bosco e la guerra d’Etiopia, con le conseguenti sanzioni economiche.
La canonizzazione di Don Bosco il mattino di Pasqua (1 aprile) del 1934 ha
nel pomeriggio del 2 aprile il momento della celebrazione civile in Campido-
glio, dove alla presenza di Benito Mussolini e di cinque porporati, tra cui il
card. Gasparri, il conte De Vecchi propone una sua lettura di Don Bosco nel
quadro del fascismo: “Un santo italiano, il più italiano dei santi”24.
Mi sembra che anche i superiori salesiani restino affascinati dal carisma del
Duce, come emerge dalle parole dello stesso Don Ricaldone: “Il Duce non si sa-
rebbe potuto mostrare con noi più benevolo. Tutti i membri del Capitolo rima-
sero ammirati alla serenità e giustezza delle sue vedute nei nostri riguardi. Gradì
i nostri presenti, fra cui una bella teca con reliquia di D. Bosco. La guardò a
lungo e disse: La conserverò religiosamente”25.
E la strumentalizzazione della figura di Don Bosco sembra non avere più “limi-
ti”: da parte fascista, in un intervento sulla rivista “La Pedagogia Italiana”, dopo aver
indicato in Don Bosco il precursore della Scuola di avviamento al lavoro, viene pe-
rentoriamente affermato: “Egli [Don Bosco] è il vero precursore della scuola attiva
fascista, il Santo sognatore che vide nei suoi sogni, o meglio nelle sue visioni, il Du-
ce, Benito Mussolini, come il guerriero dallo stendardo nero che doveva stringere la
mano al bianco prigioniero del Vaticano spezzando quella nuvola grigia di dissidio
22 I circoli salesiani disciolti sono: circolo giovanile S. Paolo: soci: 182, circolo Pier
Giorgio Frassati [Crocetta]: soci: 54, circolo Michele Rua: soci: 70, circolo Domenico Savio
[Valsalice]: soci: 35. In ACS, M.I., Divisione Generale di Pubblica Sicurezza, G.1, b. 192.
23 I diversi documenti riguardanti i fatti del 1931 citati sono in ASC A381.
24 Cf Cesare Maria DE VECCHI, Don Bosco santo italiano. Commemorazione tenuta in
Campidoglio il 2 aprile 1934-XII alla presenza di S.E. Benito Mussolini. Torino, Accame
1934, p. 3.
25 Cf Atti 66 (24 maggio 1934) 167.

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158 Silvano Oni
fra Stato e Chiesa”26; da parte salesiana lo si presenta come un precursore della Car-
ta della Scuola, avendo portato “il lavoro alla dignità di scuola” e avendo unito “al
programma strettamente professionale [un programma] di cultura generale e di spe-
cializzazione” così come attuato nella nuova Scuola di Avviamento Professionale27.
Il “consenso” dalle parole si traduce nei “fatti”. Innanzitutto, il precedente
atteggiamento intransigente nei confronti delle organizzazioni giovanili fasciste
viene superato dalla situazione “di fatto” che si viene a creare; sia da parte dei sa-
lesiani: non sono pochi, infatti, coloro che si prestano all’assistenza religiosa e
all’istruzione catechistica nell’ONB28, sia da parte dei ragazzi delle nostre opere.
Ad esempio, nelle opere di Torino, anno dopo anno, aumentano i giovani
iscritti all’O.N.B.: a Valsalice nel 1930-31 vi sono 80 balilla (su 203 ginnasiali)
e 50 avanguardisti (su 171 liceisti), con una percentuale del 34.7% dei ragazzi,
che nel 1932-33 aumenta al 47.7%, con 200 iscritti tra balilla e avanguardisti
su una popolazione scolastica di 419 giovani.
In genere, la linea “pratica” che viene seguita, dettata soprattutto dall’insi-
stenza “ineludibile” da parte dell’ONB di tesserare i ragazzi dei Collegi, come
nel caso degli artigiani di Valdocco, è quella di iscriverli “per non creare difficol-
tà ai giovani uscendo di qui a trovare impiego”29, naturalmente dopo aver spedi-
to “una circolare ai parenti dei nostri giovani artigiani per chiedere loro se vo-
gliono iscrivere i loro figli all’Opera Nazionale Balilla”, ed aver tentato, in gene-
re con scarso risultato, di non versare la quota fissa per la tassa e la divisa, data la
situazione di indigenza di molti ragazzi che frequentano l’Opera salesiana.
Non si tratta, però, di un’adesione solo formale! I momenti in cui si celebra-
no le ricorrenze più significative della Patria e del Fascismo vedono ormai rego-
larmente la presenza dei ragazzi delle opere salesiane.
Sono presenti al momento della dichiarazione dell’entrata in guerra contro
l’Etiopia (2 ottobre 1935):
“La grande adunata di cui avevano parlato i giornali indetta dal Duce ebbe luogo
oggi (2 ottobre 1935). Suonò il segnale alla 15.30. I nostri giovani studenti e arti-
giani si recarono ad udire la parola del Duce nel cortile dell’O.N.B. Alle 17.15, S.
E. Starace annunziò la parola del Duce per le 18.15. Fu cosa veramente imponente
e la Nazione rispose come un solo uomo all’appello [viene riportato il discorso del
Duce: Un’ora solenne sta per scoccare...]”30.
26 Cf F. MOSCHETTO Don Bosco educatore, in “La Pedagogia Italiana”, n. 2, giugno
1934, 81-82.
27 Cf Guido FAVINI, Il lavoro nel sistema educativo di S. Giovanni Bosco. Torino, SEI
1942, p. 29.
28 La figura “simbolo” a questo proposito è don Michelangelo Rubino, assistente capo
dei cappellani della milizia fascista. Interessante la presentazione di Mimmo FRANZINELLI,
Stellette, Croce e Fascio Littorio. L’assistenza religiosa a militari, balilla e camicie nere 1919-
1939. Milano, Franco Angeli 1995, p. 138s.
29 Cf Cronaca della casa di Valdocco (26 ottobre 1935).
30 Ibid., (2 ottobre 1935).

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I Salesiani e l’educazione dei giovani, in Piemonte, durante il periodo del fascismo 159
Si schierano in appoggio del Fascismo nel momento della promulgazione
delle sanzioni economiche da parte della Società delle Nazioni (7 ottobre 1935):
“Alle 19 il Direttore nello studio commentò ai giovani studenti la Circolare del
Rettor Maggiore in vista delle sanzioni. Richiamò l’attenzione sulla gravità del mo-
mento per la Patria ed il dovere da buoni cittadini di preoccuparcene. Tutti grandi
e piccoli compatti dobbiamo aiutare la Patria anche come cristiani e figli di Don
Bosco accettiamo pronti e generosi gli ordini della suprema autorità dello Stato e le
raccomandazioni del nostro venerato Rettor Maggiore. Preghiamo per la Patria, il
Re, il Capo del Governo e collaboratori perché siano illuminati, pei cittadini per-
ché siano concordi e generosi, particolarmente per l’esercito, capi e soldati, perché
forti difendano la Patria, onorino la bandiera, per le famiglie trepidanti. Preghiamo
e confidiamo nella Divina Provvidenza”31.
Vengono indette giornate eucaristiche propiziatorie per la Patria (5 dicembre
1935):
“Solenne funzione officiata dal card. Arcivescovo Maurilio Fossati [...] Salì il pulpito
Don Favini, il quale rievocando il cristiano sentimento patriottico di D. Bosco e dei
suoi successori, raccolse le comuni preghiere in un appassionato appello alla bontà
divina ed invocò la benedizione di Dio sulla Patria diletta e sul mondo intero”32.
Partecipano alle iniziative indette dal Regime per la raccolta di metalli pre-
ziosi per la Patria:
“Ore 15: adunata Direttori Case salesiane di Torino coi metalli preziosi. Fotografia col
sig. D. Ricaldone presso il monumento di don Bosco. Partenza per la sede (via delle
Orfane, 6) dove si raccoglie metallo per la Patria. Ogni Direttore era accompagnato
da due o più ragazzi in divisa da Balilla. Presa fotografia e consegnati i metalli preziosi
[medaglie, coppe, oggetti di valore delle Associazioni], si fece ritorno al Santuario per
la grandiosa funzione con tutte le Autorità cittadine ed il card. Arcivescovo”33.
Ed infine celebrano il solenne Te Deum per la vittoria, non solo in Italia, ma
anche all’estero:
“Solenni Te deum pel trionfo d’Italia in Africa Orientale: A Buenos Aires: la nostra
chiesa monumentale fu insufficiente a contenere la folla degli italiani. L’ispettore D.
Reyneri con una nobilissima allocuzione esaltò nella grande vittoria il trionfo della
fede e della civiltà secolare del nostro popolo cristiano. Nel clero spiccava il veneran-
do D. Orione. La banda del collegio Pio IX [ a Buenos Aires] all’ingresso e all’uscita
delle autorità suonò la Marcia reale e Giovinezza. [Così a Lima e a Quito]”34.
31 Ibid., (8 novembre 1935).
32 Cf BS 60 (gennaio 1936) 7.
33 Il resoconto è della Cronaca di Valdocco (5 dicembre 1935), ma una relazione più
ampia, corredata di fotografie, è nel BS 60 (gennaio 1936) 7-8.
34 Cf BS 60 (agosto 1936) 181.

16.10 Page 160

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160 Silvano Oni
Il clima di aperto consenso35 si trasforma in progressivo raffreddamento ver-
so il Regime, a partire dalla politica razziale che il Fascismo inizia dal luglio
193836. Ma è soprattutto l’alleanza con Hitler il vero motivo di graduale presa
di distanza da parte delle gerarchie vaticane, e dei vertici della Congregazione
salesiana, specie dopo l’invasione nazista della Polonia37.
Per quanto riguarda, invece, la problematica pedagogica, le pagine delle Cro-
nache delle case sulla vita “quotidiana” nei collegi e negli oratori trasmettono la
netta consapevolezza da parte dei salesiani di possedere un progetto educativo in
grado di dare risposta a tutte le esigenze del giovane, da quelle più strettamente
spirituali e morali a quelle di divertimento, da quelle culturali a quelle affettive,
quello che Braido definisce un “umanesimo plenario”38.
La proposta pedagogica salesiana ha una forte componente di autoreferenzia-
lità, per cui l’ambiente educativo, più il collegio che l’oratorio, per logica di co-
se, tende ad isolarsi dalla realtà circostante. Tale autoreferenzialità comporta una
conseguenza “pratica”, in quanto l’opera salesiana elabora una sua struttura ben
consolidata, capace, con l’organizzazione dei gruppi che vivono e animano la vi-
ta delle opere salesiane e che sono strutturati in “parallelo” e in alternativa sia a
quelli dell’ONB sia dell’A.C., di accompagnare passo passo la crescita del giova-
ne. Le associazioni dell’Oratorio, pur tenendo presente che ogni opera ha le sue
sfumature e particolarità, sono in genere le seguenti: a) La Compagnia di S.
Luigi per i bambini dagli 8 ai 10 anni; b) Gli Amici di Domenico Savio per i ra-
gazzi dai 10 ai 12 anni; c) Il Gruppo Aspiranti, costituito dai ragazzi dai 12 ai
16 anni. All’interno del gruppo vi sono poi delle sezioni: il gruppo missionario
in cui tutto è improntato alle missioni con incontri di preghiera, raccolta di of-
ferte e propaganda di riviste missionarie; il piccolo clero; il gruppo sportivo; d)
Il Circolo, formato dai giovani dai 16 ai 18 anni: il Circolo è suddiviso al suo
interno in sezioni, con una loro organizzazione più ristretta: il gruppo cultura, il
35 Mi pare che l’atteggiamento assunto dai Salesiani nei confronti del Regime sia so-
stanzialmente “condiviso” anche da altri Ordini, almeno per la realtà del Piemonte, in par-
ticolare da quello Domenicano, per diverse motivazioni. In Giacomo GRASSO, Pronuncia-
menti e giudizi nell’Ordine domenicano, in “Quaderni del Centro Studio C. Trabucco”
(1988), n. 12 (Chiese locali e Guerra di Spagna) 73-96.
36 La posizione dei salesiani è ben conosciuta dal fascismo: cf Dispaccio della Questu-
ra di Roma al Ministero degli Interni (2/VIII/1938). In ACS, Pubblica Sicurezza, A1,
1940, b. 10.
37 Anche i superiori salesiani (es. don Ricaldone) erano tenuti sotto controllo dal-
l’OVRA. Ho trovato, infatti, un testo, che manifesta la loro posizione avversa alla guerra,
opera di un informatore della polizia ed è datato Città del Vaticano 19 settembre 1939. In
ACS, M.I., Polizia Politica (Fascicoli personali), b. 1158 (Ricaldone Pietro). La posizione
dei salesiani, contraria alla guerra, secondo per altro le chiare prese di posizioni di Pio XII,
viene espressa dal BS: “Appello per la pace” in 63 (ottobre 1939) 296 e in 64 (gennaio
1940) 3-4.
38 Cf Pietro BRAIDO, Prevenire non reprimere. Il sistema educativo di don Bosco. (= ISS –
Studi, 11). Roma, LAS 1999, p. 236.

17 Pages 161-170

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17.1 Page 161

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I Salesiani e l’educazione dei giovani, in Piemonte, durante il periodo del fascismo 161
gruppo missioni, il gruppo vangelo, il gruppo apostolato della preghiera, il
gruppo liturgico, la Conferenza di S. Vincenzo, il gruppo sportivo con le sotto-
sezioni del calcio, della bocciofila (con i Padri di famiglia), e dell’alpinistica.
Ogni Circolo poi, normalmente insieme con i Padri di famiglia, costituisce an-
che il gruppo della filodrammatica, il gruppo Orchestrale e la Banda. Ogni Cir-
colo ha il suo giornalino, quello del S. Paolo si intitola “Sprazzi e Spruzzi”, quel-
lo di Valdocco “Auxilium”. Le associazioni del collegio-ospizio mantengono, in-
vece, la denominazione usata da D. Bosco: la Compagnia di S. Luigi, del SS.
Sacramento, di S. Giuseppe, indirizzata soprattutto ai giovani artigiani, e quella
dell’Immacolata.
Questo “umanesimo plenario” trova la sua espressione nella formula sintetica
creata dallo stesso Don Bosco, e ripetuta in seguito dai suoi successori, di voler
formare nel giovane “il buon cristiano e l’onesto cittadino”, dove da una parte è
affermata la centralità della fede religiosa, del trascendente, dello specifico cri-
stiano e dall’altra è presente una schietta valutazione delle realtà temporali.
Per quanto riguarda il “buon cristiano”, la proposta religiosa salesiana recepi-
sce al suo interno il clima spirituale del momento, compresa la grande spinta al-
l’apostolato. La congregazione salesiana condivide il piano programmatico di Pio
XI: pax Christi in regno Christi39! Questo si traduce sia nella costruzione di una
forte interiorità con i suoi caratteri cristocentrici ed eucaristici, come la pratica
della comunione frequente, sottolineando peraltro devozioni già della tradizione
salesiana, come nel caso di quella del S. Cuore, fortemente rilanciata dal Papa, sia
nella sua componente “esteriore”, come la consacrazione al S. Cuore della Con-
gregazione salesiana, quanto nel suo carattere più “privato” di espiazione e ripara-
zione dei peccati; come la devozione mariana, “vivacizzata” dalle apparizioni a
Fatima (1917) e richiamata dalle encicliche di Pio XI; come la pratica dei ritiri ed
esercizi spirituali, riproposta in vari documenti dal pontefice40.
Vi sono poi alcune tematiche “specifiche” della pedagogia, non solo salesia-
na, dell’epoca: prima di tutto l’insistenza sulla purezza nella formazione spiri-
tuale del giovane, senza dubbio uno dei “cavalli di battaglia” di tutta l’educazio-
ne cattolica41. Una seconda tematica “caratterizzante” mi pare, almeno fino al
1931, per il motivo già detto, l’apostolato. Esso si traduce sia nelle iniziative
promosse soprattutto negli Oratori, e che sono volte alla ricristianizzazione della
società, quali l’opera di moralizzazione contro i balli, la moda, la pornografia e
le campagne antiblasfeme, la propaganda della “buona stampa”; sia in quello
slancio missionario che per un verso contraddistingue tutta una stagione di
grande impegno della Chiesa e della Congregazione salesiana, testimoniato dalla
presenza di gruppi missionari in tutte le opere salesiane; e per l’altro è alla base
di una vera e propria campagna antiprotestante in Italia, e a Torino, anche in
39 Sulla valenza politica della devozione al S. Cuore, cf Daniele MENOZZI, Sacro Cuore.
Un culto tra devozione interiore e restaurazione cristiana della Società. Roma, Viella 2001.
40 Su questo tema, il documento pontificio più importante è l’enciclica Mens nostra (1929).

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162 Silvano Oni
casa salesiana, che da un livello ecclesiastico-teologico, durante gli anni Venti,
investe la sfera politico-ideologico degli anni Trenta, per cui da polemica in no-
me dell’unità religiosa diviene lotta in nome della difesa del cattolicesimo, visto
come religione della tradizione nazionale.
A proposito della tematica missionaria, che è vissuta in forma entusiastica al-
l’interno della Congregazione: è il momento dell’espansione missionaria dei sale-
siani, alimentata dalla fondazione di una serie di aspirantati missionari, dall’Istitu-
to card. Cagliero di Ivrea (Torino) a quello di Don Bosco di Gaeta (Roma). Ma
nei diversi ambienti giovanili, i Salesiani mettono in atto molte iniziative che con-
tribuiscono a creare un forte interesse per le missioni: come l’Esposizione Missio-
naria Salesiana (1926), in occasione del 50° anniversario della partenza dei primi
missionari salesiani; come la Crociata missionaria, lanciata da don Ricaldone nel
1928; come la costituzione, su iniziativa di Don Rinaldi, nel 1923 dell’ufficio
“Film Missioni Don Bosco”, diretto da don Molfino. È così che nelle pubbliche
sale, oltre che in quelle salesiane e parrocchiali, appare una certa produzione alter-
nativa, dapprima a livello di documentario, poi anche a livello di lungometraggio.
Per quanto riguarda i documentari, genere peraltro assai di moda in quegli anni, i
salesiani ingaggiano Pietro Marelli, un operatore professionista, e gli commissio-
nano una serie di corti e medi metraggi da filmare ovunque vi siano missioni sale-
siane: dalla Palestina all’Africa equatoriale, dall’India all’America del sud. Da ogni
tappa viene fuori un film, messo in distribuzione dalle grandi Case a cui fa capo il
tecnico: Ambrosio, Itala, Pasquali ecc., tanto che nel 1928 vi sono ben 22 titoli in
catalogo42. Infine con la diffusione di riviste che infiammano i ragazzi di entusia-
smo e di ammirazione verso i missionari, come “Gioventù Missionaria”.
La seconda componente del progetto educativo salesiano è la formazione
dell’“onesto cittadino”. Per il sistema salesiano, l’onesto cittadino è prima di tut-
to la persona capace di inserirsi in modo ordinato e operoso nella società, me-
diante il lavoro: come studente, artigiano, ecc. Di qui l’insistenza per l’esatto
adempimento dei doveri del proprio stato, di quella che il Braido definisce “la
pedagogia dei doveri”43, alla cui base sta prima di tutto l’uso scrupoloso del tem-
po, che va dalla prontezza nell’alzarsi da letto al mattino alla puntualità nelle di-
verse occupazioni, dalla S. Messa alla scuola, ai pasti, alle ricreazioni. Il giovane,
poi, da subito, deve abituarsi al lavoro per non essere nella vita adulta un fan-
nullone e l’attenzione all’impegno del ragazzo è pressoché costante ed è uno dei
motivi, insieme con quello disciplinare e morale, che possono comportare anche
l’allontanamento dal Collegio.
41 Su questo tema sono continui gli interventi nel mondo cattolico, da quelli più “im-
portanti” come le affermazioni di Pio XI nella Divini illius Magistri (1929), alle campagne
nazionali dell’A.C.: I “Puri e forti” (1937).
42 Tra gli altri ricordo: Nella terra che vide Gesù, Salesiani in Congo, Popoli e civiltà
indiane, La Cina tormentata, Don Bosco nel Plata, Il Ciaco paraguaio. Il totale dei metri
di filmato in distribuzione è di 20.890 m.
43 P. BRAIDO, Prevenire non reprimere…, pp. 253-255.

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I Salesiani e l’educazione dei giovani, in Piemonte, durante il periodo del fascismo 163
Il modello salesiano nel suo rapporto con la cultura della industrializzazione
manifesta dei connotati così precisi, e per certi versi originali, che Traniello non
esita a parlare di “circuito salesiano”44, tale “da costituire un capitolo di rilevante
interesse nella storia della società industriale italiana” non solo sotto l’aspetto
“economico”, ma anche socio-culturale, diventando cioè strumento capace di
fornire ai giovani delle classi più povere la possibilità di un’integrazione sociale,
economica e culturale in una società moderna e industrializzata45.
Per quanto riguarda la dimensione politica, se è vero, come ho cercato di docu-
mentare, che fino al 1929 le opere salesiane erano rimaste per lo meno estranee alle
proposte educative dell’uomo nuovo fascista, se non proprio refrattarie od ostili, con
una propria forte proposta “alternativa”, è altrettanto documentato come il feno-
meno del “consenso” investì anche gli ambienti salesiani. Infatti, non solo vi fu la
partecipazione “fisica”, ma anche oserei dire l’adesione “ideologica” al progetto fa-
scista. Nella scuola salesiana, ad esempio, vi è una partecipazione “entusiasta” alla
politica fascista, così almeno appare dalle relazioni di fine anno al Liceo di Valsalice:
“Anno 1932-33:
+ Relazione di Economia politica e Diritto corporativo (prof. A. Cojazzi)
(24/VI/33)
Nelle classi [Liceo] usai il testo del Marini [«Nozioni di Politica Corporativa», Do-
nati, Parma] che sopra gli altri ha questi pregi: 1) Aderisce in pieno e con calore al
nuovo clima, creato dalla Rivoluzione Fascista; 2) porta i documenti più significati-
vi come la Carta del Lavoro, la legge del Gran Consiglio e i Patti Lateranensi. Mi
tenni in costante clima, creato dalla Rivoluzione Fascista; 2) porta i documenti più
significativi come la Carta del Lavoro, la legge del Gran Consiglio e i Patti Latera-
nensi. Mi tenni in costante rapporto con i fatti che si svolsero durante l’anno nel
campo della politica corporativa e su di essi chiamai l’attenzione degli alunni. Essi
si mostrarono molto sensibili al nostro clima e posso dire che la gioventù nuova è
degna degli sforzi fatti dal Magnifico Duce.
Anno 1934-35:
+ Relazione delle Materie letterarie V ginnasiale: prof. G. Zandonella [senza data]
La disciplina generale del convitto e la serietà dell’educazione fisica insieme con l’i-
struzione premilitare dell’O.N.B. contribuiscono anche alla disciplina particolare
della classe.
Anno 1935-36
+ Relazione delle Materie letterarie III ginnasiale: prof. Giovanni Faccaro
Per la storia e la geografia s’intrecciarono gli elementi comuni per ciò che riguarda la
cronologia e la geografia storica, dando importanza specialmente, e mettendo in rilie-
vo gli ultimi grandi avvenimenti compiuti in A.O. sotto la guida sapiente del Duce.
44 Cf Francesco TRANIELLO, La cultura popolare cattolica nell’Italia unita, in Simonetta
SOLDANI – Gabriele TURI (a cura di), Fare gli italiani. Scuola e cultura nell’Italia contempo-
ranea. Bologna, Il Mulino 1993, p. 437.
45 Cf Piero BAIRATI, Cultura salesiana e società industriale, in Francesco TRANIELLO (a
cura di), Don Bosco nella storia della cultura popolare. Torino, SEI 1987, pp. 331-357.

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164 Silvano Oni
+ Relazione delle Materie letterarie II ginnasiale: prof. A. Ressico
Studiate a memoria dieci poesie di carattere morale e patriottico. Oltre a tutto ciò
all’occasione ho letto e commentato poesie e prose che tenessero alto il sentimento
patriottico; e ogni qual volta fatti d’arme nell’A.O. si prestarono ne parlavo agli al-
lievi per educarli al culto della nostra grande Patria”.
Le proiezioni cinematografiche, sempre a Valsalice, si premurano di celebrare
il Fascismo:
“Specialissima importanza diedi alla cinematografia Camicia Nera. Tutti gli allievi, in
due riprese, e per alcuni, ripetutamente, ne godettero il meraviglioso intreccio, lo
spettacolo delle opere create dal regime e l’onda di caldo patriottismo che tutta la per-
vade. Potei constatare la commozione, fatta di lacrime e di scoppi di battimani, in tut-
ti gli alunni. Per conversazioni private, posso assicurare che, dopo la venuta del Duce,
il film Camicia Nera segnò l’avvenimento più educativo dell’anno scolastico”46.
Il risultato di tutto questo lavoro educativo salesiano-fascista? Lo stesso che si
prefiggeva il fascismo: la formazione del uomo nuovo soldato, che lotta e muore
per la grandezza della Patria! Ecco lo stralcio di una lettera di un giovane orato-
riano in guerra in Etiopia47:
“Egregio Sig. [...] mi deve scusare se non le ho più scritto ma non è colpa mia ma
delle circostanze, siamo in distaccamento a Salaclaca e abbiamo preso parte al com-
battimento di Natale, abbiamo combattuto tutto il giorno e alla sera con nostra im-
mensa gioia li abbiamo sbaragliati, hanno lasciato sul terreno moltissimi dei loro e so-
no scappati inseguiti dalla nostra magnifica aviazione, sono le truppe regolari del Ne-
gus (Leone del porco giuda), hanno le divise come noi, ma senza scarpe, sono co-
mandati da bianchi che nel combattimento (nascosti nei cespugli) gridavano in italia-
no: “Noi non abbiamo paura di voialtri italiani”, ma intanto non si fanno vedere
questi maiali ed io come aprivo gli occhi per poterne accoppare qualcuno, ma verrà il
giorno che li piglieremo e allora li faremo danzare, come gli inglesi, io ho avuto for-
tuna di non essere ferito si vede che D. Bosco mi ha sotto la sua protezione, un ser-
gente ha avuto una pugnalata nel collo e una pallottola dum dum nella testa, adope-
rano le palle dum dum che gli passano gli inglesi, vi era anche gli Spai arabi e hanno
fatto miracoli con i loro cavalli, da una mano la scimitarra e dall’altra il moschetto ne
hanno fatto un macello, vi era anche le donne nere che con i pugnali accoppavano i
feriti ma ne abbiamo mandate all’inferno parecchie, ora siamo sul monte Euda che
vuol dire Jesus e come vede siamo già in paradiso, ci manca solo [illegibile], vi era i
santi abissini con i preti copti ma li abbiamo mandati al diavolo ed ora ci siamo noi e
si sta benone. La salute è ottima malgrado tutto e mangio anche la parte dei miei
compagni, un mio compagno non si sente bene? mangio la sua parte e sto bene io.
[...] Ora bisogna che termino la presente perché mi tocca montar di guardia, una pal-
la in canna e il primo nero che si vede si manda da Maometto”.
46 Cf Relazione del preside Don Cojazzi per l’anno 1932-33.
47 La lettera (27/XII/1935) è scritta in un italiano “faticoso” da un certo Dorato Carlo
dell’Oratorio di Valdocco (dall’A.O.), I Compagnia Telegrafisti del genio.

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I Salesiani e l’educazione dei giovani, in Piemonte, durante il periodo del fascismo 165
I ragazzi, anche coloro che non possono ancora partire per combattere, si
sentono profondamente “coinvolti” alle vicende della Patria e pronti al “sacrifi-
cio”, almeno stando ad un volantino del 28 novembre 1935, distribuito a Val-
docco e conservato nella Cronaca della casa:
“Rev.mo signor Direttore,
i sottoscritti per economia nazionale che ogni buon italiano deve fare, dichia-
riamo di non prendere più la frutta al Giovedì e se si sarà bisogno anche alla Do-
menica.
Firmato: I giovani del V corso artigiani”.
Alla fine degli anni Trenta, si assiste, come già visto, ad un progressivo raf-
freddamento dei rapporti con il fascismo e il mondo salesiano sembra “chiuder-
si” e prendere le distanze da tutto quello che invece continua a propagandare il
Regime, con la tipica retorica del periodo di Starace.
Le Cronache delle case riportano una ripresa quasi frenetica delle attività al-
l’interno degli Oratori. Le tematiche delle conferenze riguardano temi quali le
encicliche del Papa, o... le prove dell’esistenza di Dio, ma sono sempre temati-
che “diverse” da quelle della martellante propaganda fascista. La vita delle co-
munità viene vivacizzata da iniziative devozionali quali la diffusione del Croci-
fisso. I giovani vengono indirizzati verso un impegno di carità: si nota, infatti,
negli anni 1937-38, quasi in parallelo con l’attivismo fascista, un risveglio delle
iniziative soprattutto sul piano assistenziale: oltre alla conferenze di S. Vincenzo,
si aprono dispensari per i poveri “dove due volte alla settimana si distribuiscono
viveri ed indumenti ai più bisognosi”, e “una specie di segretariato per il popo-
lo” che sbriga corrispondenze e vertenze gratuitamente.
3. Osservazioni conclusive
Al termine di quest’esposizione ritorna la domanda (o le domande) da cui
siamo partiti: come si è riusciti, se si è riusciti, e con quali mezzi e quali risultati,
a promuovere un’educazione “salesiana”, che salvaguardasse i suoi caratteri pecu-
liari e specifici in questi “anni particolarmente difficili”?
Mi pare si possano tirare alcune conclusioni. Prima di tutto, la tendenza della
proposta pedagogica salesiana, per la sua forte componente di autoreferenzialità,
nata da quella visione “provvidenzialista” del sistema preventivo, di un sistema cioè
“ispirato dal Signore”48, e quindi di una sua “compiutezza” e autosufficienza, avva-
lorata peraltro in quegli anni dai momenti esaltanti della beatificazione (1929) e
canonizzazione (1934) di don Bosco, porta ad isolarsi dalla realtà circostante. Tale
“separatezza” ha implicato, a mio giudizio, due aspetti: il primo è stato di “critica”
nei confronti della società, anche se normalmente si limita al solo aspetto morale:
48 Le parole riportate sono nel Resoconto dei Convegni tenuti dai Direttori Salesiani a
Valsalice nell’estate del 1926, in Atti 36 (24 settembre 1926) 499.

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si prendono, quindi, le distanze dai “falsi modelli” di vita offerti, ad esempio, dal
cinema con l’incipiente fenomeno del divismo e da tutti i comportamenti e le mo-
de che esso introduce, non ultima quella di una certa libertà sessuale.
A questo proposito, ho già accennato come sia proprio la tematica della pu-
rezza uno dei “cavalli di battaglia” dell’educazione cattolica in quel periodo. Per
quanto riguarda l’ambito salesiano, la linea educativa che viene portata avanti
risulta per certi versi “problematica”, in quanto accanto a comportamenti di in-
transigente chiusura, si alternano “prudenti” segnali di apertura. In generale, mi
pare s’instauri un clima sessuofobico, in quanto si ha la sensazione che questo
sia, se non l’unico, certo “il problema educativo” che maggiormente assilli i sale-
siani e che tutto venga organizzato e predisposto, dall’assistenza alla censura dei
film, dai libri da epurare al modo di vestirsi, al divertimento, per impedire il ve-
rificarsi di qualche “disordine”, ma in chiave prevalentemente repressiva. Il limi-
te più grave mi sembra, però, un altro ed è proprio a livello educativo: non pare,
infatti, vi sia grande spazio per una specifica ed illuminata educazione all’amore
umano, in quanto rimangono nel silenzio, o almeno ne ho trovato poche tracce
nella documentazione che ho consultato, quei problemi che sono legati alla ma-
turazione sessuale ed affettiva del giovane. D’altro canto, l’insistenza sulla purez-
za non è, però, da isolare dall’ideale di giovane cristiano che viene proposto, ca-
pace di eroismo, ascesi e sacrificio; né è da trascurare la posizione critica che as-
sume nei confronti di una cultura vitalistico pagana: ad una visione che esalta
nell’uomo solo le componenti della fisicità e della “virilità”, l’educazione cattoli-
ca lancia la campagna nel 1937: “Forti e puri”!
Il secondo consiste, invece, nello sforzo “titanico” di tenere lontano i giovani
dalla realtà: sia “fisica” (ricordo, come esempio, tutta la problematica legata al
tema delle vacanze, viste come “vendemmia del diavolo”), sia “culturale”: con il
seguito di proibizioni a riguardo della lettura di libri e giornali, con il divieto di
ascoltare la radio, con le restrizioni nella visione del cinema.
Le conseguenze di questa autoreferenzialità a livello educativo sono diversa-
mente valutabili: per quel che ci interessa è chiaro che il ragazzo, specie il colle-
giale, viene isolato dalla realtà che lo circonda e in questo modo viene difeso
non solo dai “falsi valori” della società, ma anche dall’“indottrinamento” sui mi-
ti che il regime vorrebbe inculcare. A questo proposito, mi pare si debba coglie-
re la rilevanza “critica” dell’attività missionaria che, mentre continua era l’esalta-
zione nazionalistica del fascismo, con tutte le sue componenti imperialistiche, in
campo ecclesiale, e nello specifico salesiano, si educavano i giovani ad una men-
talità “cattolica”, si allargavano gli orizzonti culturali oltre lo “strapaese”; anche
se non sempre si riuscì, per la verità, a mantenere le distanze da un certo nazio-
nalismo missionario, che si manifestava anche in congregazione.
Questa separatezza, come ho già presentato, non è però disgiunta, almeno fi-
no al 1931, da una forte spinta all’apostolato-conquista-sfida nei confronti della
realtà circostante. Sono da leggere in quest’ottica alcune espressioni del momen-
to: come le processioni o le sempre più ricorrenti manifestazioni pubbliche con
tanto di bandiere, gagliardetti e distintivo, ulteriore motivo di tensione tra il

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I Salesiani e l’educazione dei giovani, in Piemonte, durante il periodo del fascismo 167
mondo cattolico (e salesiano) e quello fascista (1939); come le tematiche spesso
ricorrenti negli incontri e nei ritiri spirituali delle Compagnie e dei Circoli, a
proposito dell’atteggiamento del “coniglismo”, che vuole stigmatizzare lo stile
gregario, timoroso, di rispetto umano e dell’impegno e dell’entusiasmo che non
sempre il giovane profonde all’interno del Circolo. In questa fase, l’atteggiamen-
to di fondo è quello del giovane lanciato alla conquista della società, quasi in rap-
porto di sfida con il Regime, con piglio battagliero, consapevole del bisogno di
una testimonianza coraggiosa, sull’esempio di grandi modelli recenti, come Pier
Giorgio Frassati (†1925), che proprio don Cojazzi contribuisce a far conoscere. Il
clima di quel periodo mi pare fedelmente espresso nell’articolo qui riprodotto:
“Il 27 maggio [durante la processione] voi giovani lanciavate al cielo il vostro canto
gioioso erompente dal vostro animo caldo di santo amore. Avanti sempre, o giovi-
nezza di Cristo. La fede di Cristo non è una conversazione da salotto, un volume
polveroso di biblioteca; essa è forza, è vita, è luce. O amici, voi possedete la forza di
Cristo e resterete inerti? Fuori! Fuori! Predicate sui tetti quanto sentite nel cuore.
Bisogna uscire. Ma non vedete una gioventù scapigliata percorrere ogni contrada
profanando le divine bellezze del creato con costumi di barbari, con canto procace,
con provocante sfacciataggine? Ma non vedete come Satana ride e folleggia alla lu-
ce del sole? E noi figli della luce, dovremo rimanere nella quiete penombra e pia-
gnucolare sulla tristezza dei tempi? Fuori! Fuori! Le battaglie si vincono sugli spalti
delle trincee. Fuori!! Tutte le bandiere spiegate al vento, tutte le teste dignitosamen-
te alte. [...] O giovani cattolici, figli prediletti della Chiesa, fuori, fuori coi Santi,
con la Madonna, con Gesù Eucarestia. Noi siamo la giovinezza di Cristo! Bella ed
intiera, quella che non è rimasuglio di tormentate e spremute energie, ma fiaccola
poderosa, temprata all’esercizio costante della virtù, fiaccola sacra alimentata da ciò
che di più puro, di più nobile ci brucia nel cervello e nel cuore. [...] E nel momen-
to del pericolo, della tempesta, ergiamo impavidi la fronte col grido degli eroi: “Po-
tius mori quam foedari”, prima la morte che il fango”49.
Il sistema educativo salesiano mi sembra che, nel suo impianto generale, miri
alla formazione spirituale di una forte coscienza “personale” e non di massa, in
alternativa netta alla proposta dell’uomo nuovo fascista! E ha quindi sicuramente
limitato e contrastato, tranne negli anni del consenso, la penetrazione dei miti e
della propaganda del Regime nei giovani che frequentavano le proprie opere,
non senza però alcuni gravi limiti.
In primo luogo, una simile formazione, che accentua sempre più la compo-
nente “interiore”, a scapito dell’impegno socio-politico, caratteristica che aveva,
invece, contraddistinto l’azione salesiana nei primi anni Venti, e che sottolinea
soprattutto un’etica privatistica, riguardante la componente personale (l’insi-
stenza sulla purezza è sintomatica), educa “involontariamente” all’indifferenza,
in quanto il giovane, vivendo in un’atmosfera “di pace”, non viene preparato a
confrontarsi con la realtà in termini critici, che non siano quelli moralistici, a
49 L’articolo “Fuori!! Al sole!” è firmato Barba F., in realtà Don Fori, l’assistente salesia-
no del Circolo giovanile dell’oratorio S. Paolo, cf “L’Adolescente” 8 (giugno 1929) 45-46.

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168 Silvano Oni
scegliere, assumendosi “da solo” le proprie responsabilità nei confronti della vita
sociale, con tutte le conseguenze che queste comportano.
In secondo luogo, questa incapacità di assumersi le proprie responsabilità mi
sembra accentuata da una componente quanto mai rilevante, almeno così appare
dalle Cronache delle case, nel sistema educativo salesiano di quel momento: quel-
la della disciplina50. L’antinomia più difficile da risolvere è sempre quella tra auto-
rità e libertà, al cui superamento dovrebbe contribuire quello che don Bosco chia-
ma il clima di “familiarità”, capace di influenzare lo stile di convivenza non solo
degli educatori in rapporto agli allievi, ma anche degli alunni tra di loro. Emergo-
no su questo punto dei gravi limiti! Il primo riguarda i salesiani educatori, i quali
sia per problemi legati al numero dei ragazzi, sia per una concezione “distorta”
dell’ordine e della disciplina51, frutto di una preparazione pedagogica spesso raf-
fazzonata, interpretano a volte autorità come autoritarismo, di qui il rischio della
trasformazione dei collegi in caserme, del castigo in punizione umiliante, del rim-
provero in percossa, provocando la reazione dei ragazzi che si manifesta poi in
diffidenza, in tacita o espressa ostilità, in aperti gesti di vandalismo, così come te-
stimoniano, da una parte le Cronache delle Case e dall’altra i continui “richiami”
dei Superiori maggiori alla pratica del sistema preventivo. Il secondo è che la di-
sciplina “ferrea” certo permette di conseguire, in tempi brevi, dei risultati “tangi-
bili”: e i Salesiani non esitano a vantarsi dell’ordine che riescono ad ottenere e che
suscita, peraltro, l’ammirazione dell’opinione pubblica; ma in tempi “lunghi”, mi
sembra che il risultato non sia stato positivo, in quanto una pedagogia basata
spesso sul “timore servile”, e non all’educazione dell’uso della libertà, non genera
capacità di acquisire una propria autonomia, comportando, invece, soggezione al-
l’educatore-padrone oggi e a chi detiene il potere domani!
Sul problema della disciplina vorrei proporre una pagina “illuminante e criti-
ca” che nasce “dall’interno” dell’ambiente salesiano:
“Vi sono delle teste così cerchiate di angustia che alla disciplina brucerebbero non solo
incenso, ma tutto: purché le file siano diritte e il silenzio assoluto; e tutti i movimenti
della giornata scattati al minuto secondo. Il resto non conta nulla. Così un mezzo, in sé
giusto, diventa un fine meno che giusto. Date un po’ di respiro e sollevate per qualche
minuto anche la cappa della disciplina: il Collegio non è una caserma! Il disordine mai,
ma un soffio di maggior libertà non sta male. [...] E poi come si avvezza all’uso della li-
bertà chi non ne ha mai avuto un sorso? E poi non sono giovani ragionevoli e buoni,
cui potete chiedere una sentita e coscienziosa disciplina? Non è forse una stima recipro-
ca? E questo non avvicina superiori ed alunni per aprire le vie ad una generosa com-
prensione? Meglio un po’ meno di disciplina, ma un po’ più di fiducia e confidenza!”52.
50 È questo un “problema” da sempre presente in Congregazione: cf José M. PRELLEZO,
Linee pedagogiche della Società Salesiana nel periodo 1880-1922. Approccio ai documenti, in
RSS 44 (2004) 146-150.
51 Non bisogna trascurare il “deleterio” influsso, in questo campo, di quei salesiani tor-
nati dopo l’esperienza militare della I guerra mondiale.
52 Sono parole di don Guido Borra estrapolate dalla “Relazione su «Le Associazioni Inter-
ne» alle Opere salesiane”. In Istituto Paolo VI, Fondo Presidenza Generale, serie III, b. 13.

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I Salesiani e l’educazione dei giovani, in Piemonte, durante il periodo del fascismo 169
Il sistema educativo salesiano consegue, in quegli anni, dei risultati decisa-
mente positivi nella preparazione dei giovani a diventare “onesti cittadini” per
quel che riguarda l’inserimento economico e sociale, sia perché è il frutto di una
visione realistica e non conservatrice della società, che si rifà a Don Bosco: il
mondo “nuovo” avanza con il suo vigore, il suo fascino, le sue conquiste di pro-
gresso e di civiltà, non è ragionevole, ma è soprattutto vano opporvisi, chiudersi
nella protesta, è “educativo”, invece, operare in funzione della costruzione di un
uomo che sappia vivere i valori dell’ordine nuovo; sia per la buona reputazione
della scuola salesiana, dovuta alla disciplina e alla professionalità, che costituisce
una credenziale importante agli occhi dei datori di lavoro, che non trascuravano
peraltro il fatto di una minore conflittualità nelle fabbriche.
Altrettanto non si può dire, invece, per l’educazione politica dei giovani. Mi
pare, infatti, che il sistema pedagogico salesiano denunci più di una lacuna, ose-
rei dire a livello “strutturale”, in questo campo, che risulta in modo ancora più
grave, data l’epoca di cui trattiamo. La linea della “neutralità politica”, da sem-
pre seguita in Congregazione e ribadita da don Rinaldi nella lettera ai direttori
dell’11 febbraio 192453, dimostrava, infatti, tutta la sua insufficienza in campo
teorico e si rilevava per lo meno ambigua sul piano dell’attuazione pratica54. Sul
piano pratico, infatti, si cercò di mantenere un equilibrio, a volte precario, tra
un’aperta lealtà monarchica, che faceva da sempre parte dell’atteggiamento della
Congregazione, a partire da don Bosco, ed un sano spirito nazionale, continua-
mente sottolineato dai Superiori maggiori, anche se la distinzione dal nazionali-
smo propugnato dal fascismo, abbiamo visto, non sempre fu possibile, specie
nel periodo del consenso.
È in campo teorico, a mio giudizio, dove si rivelano le lacune più gravi, in
quanto di fronte alle incongruenze del Fascismo, quali ad esempio quelle della
negazione della democrazia, dell’affermazione dell’antisemitismo o della politica
imperialistica che avrebbe portato l’Italia in guerra, l’atteggiamento dominante in
ambito salesiano (e cattolico) è stato quello, abbiamo visto, di “rinserrarsi” nei
propri spazi, cercando di isolarsi dal resto del mondo, affermando certo in questo
modo la propria differenza dai miti fascisti, senza però metterli mai in discussio-
ne alla radice! Queste tematiche, infatti, almeno nella documentazione che ho
potuto controllare, non sono mai affrontate, discusse o “criticate”. Sono ignorate!
L’appuntamento cruciale e, nello stesso tempo, di verifica dell’educazione sa-
lesiana (e anche di quella fascista!) dal punto di vista politico, avverrà in occasio-
ne della guerra e di quel momento del tutto particolare, specie in Piemonte, che
sarà la Resistenza. È sicuramente un fenomeno “complesso” dalle mille sfaccetta-
ture, quello di analizzare i percorsi umani che conducono alle “diverse” scelte, su-
perando di fatto quella visione limitativa di una Resistenza vista solo come la lot-
ta armata. Ma questo è un capitolo nuovo della storiografia salesiana che sta
53 In Atti 24 (24 marzo 1924) 286-287.
54 Su questo argomento cf Pietro BRAIDO, L’Oratorio salesiano in Italia e la catechesi in
un contesto socio-politico inedito (1922-1943), in RSS 48 (2006) 7-100.

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170 Silvano Oni
muovendo i suoi primi passi55. Mi sembra, però, di poter affermare, anche se il
giudizio ha bisogno di ulteriori conferme, che senza dubbio per alcuni, pochi per
la verità, la formazione salesiana è stata alla base della propria scelta democratica
e antifascista56. In genere, mi pare si possa dire che se è vero che non si è dato
spazio ad una cultura autenticamente fascista, è altrettanto vero che non abbia-
mo contribuito a formare neppure una coscienza apertamente democratica.
55 Su questo tema, cf Francesco MOTTO, Storia di un proclama. Milano 25 aprile 1945:
appuntamento dai Salesiani. Roma, LAS 1995 e ID., “Non abbiamo fatto che il nostro dove-
re”. Salesiani di Roma e del Lazio durante l’occupazione tedesca (1943-1944). Roma, LAS
2000; Aldo GIRAUDO, Salesiani in Piemonte nel periodo bellico: percezione degli eventi e scel-
te operative, in Bartolo GARIGLIO – R. MARCHIS (a cura di), Cattolici, ebrei ed evangelici
nella guerra. Vita religiosa e società 1939-1945. Milano, Franco Angeli 1999, pp. 165-218.
56 Cf W. E. CRIVELLIN (a cura di), Cattolici, Chiesa, Resistenza…

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NAZIONALISMI, ITALIANITÀ, STRATEGIA DEI SALESIANI
ALL’ESTERO
Giorgio Rossi*
1. Salesiani all’estero e “italianità”
Dei due documenti che analizziamo e presentiamo, inediti per quel che con-
cerne la loro interezza, il primo riproduce un atto di accusa contro i salesiani al-
l’estero, soprattutto nell’America Latina1, e il secondo contiene una articolata e
un po’ “risentita” difesa da parte dei salesiani2.
Questi due documenti, datati 1932, si inseriscono in quell’ ampio discorso ri-
guardante i nazionalismi europei, in particolare la politica estera del periodo fa-
scista, al tempo del maggior consenso, come afferma lo storico De Felice, all’a-
zione del fascismo e di Mussolini3. L’incremento e la salvaguardia dell’italianità
all’estero, rappresentata soprattutto dalla diffusione della lingua e della cultura
italiana, erano considerati uno dei cardini, insieme alla politica e all’intervento
militare, dell’azione estera fascista4.
Le congregazioni maschili e femminili potevano ben rappresentare una es-
* Salesiano, docente di storia moderna all’Università Roma Tre.
1 ASC A921, Emigrati, classifica 68, Italiani all’estero, uso della lingua italiana 1932. La
lettera proviene dal Ministero degli Affari Esteri (protoc. 820621/940) ed è stata scritta da
Piero Parini, Direttore generale degli Italiani all’estero e delle scuole, ed è indirizzata a don
Francesco Tomasetti, Procuratore Generale dei Padri Salesiani, in data 8 luglio 1932; indi-
cheremo lo scritto come “Documento 1”.
2 Ibid. La lunga difesa è intitolata Pro memoria (protoc. Arch. Cap. Sup. 61/XXXIV) e
l’autore è quasi certamente don Stefano Trione, incaricato della Commissione salesiana
dell’Emigrazione, con sede a Torino; indicheremo lo scritto come “Documento 2”.
3 Renzo DE FELICE, Il Duce. Gli anni del consenso (1929–1936). Torino, Einaudi 1996;
Nicola LABANCA, Oltremare. Storia dell’espansione coloniale italiana. Bologna, il Mulino
2007: il libro può fornire un’idea dell’ideologia fascista, soprattutto per le regioni riguar-
danti il nord dell’Africa.
4 Giorgio ROSSI, Emigrazione e diffusione della lingua italiana nel mondo: l’opera dei sa-
lesiani dall’espansionismo crispino al nazionalismo fascista, in Lingua italiana nel mondo at-
traverso l’opera delle Congregazioni religiose. Convegno di studio, Perugia 10 dicembre
1999. Introduzione a cura di Daniela Saresella. Presentazione di Pietro Borzomati. Soveria
Mannelli, Rubbettino 2001, pp. 43-84; Augusto D’ANGELO, L’esperienza degli Scalabrinia-
ni. La lingua italiana da strumento di preservazione della fede nell’immigrato italiano, a stru-
mento di testimonianza verso l’immigrato in Italia, in ibid., pp. 85-104.

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172 Giorgio Rossi
senziale cinghia di trasmissione e l’autorità fascista ha premuto molto perché tali
organismi fossero efficaci e ossequiosi alle indicazioni che venivano dall’alto. Di
qui una serie di valutazioni diverse e, di conseguenza, di contrasti, anche evi-
denti, da parte delle congregazioni, poiché l’atteggiamento delle stesse operanti
all’estero non era omogeneo.
Anche i salesiani, insieme a francescani, a scalabriniani e a tante altre congre-
gazioni maschili e femminili, sono entrati in questo meccanismo di religione –
stato, di interessi apostolici e di interessi politico – economici con accentuazioni
e posizioni a volte comuni, a volte specifiche. Le importanti relazioni al Conve-
gno di studio all’Università per stranieri di Perugia, del 1999, incentrate sulla
diffusione della lingua italiana all’estero da parte delle congregazioni religiose,
ne sono una chiara conferma5.
Si fa giustamente notare che il contrasto tra cattolici e Stato italiano, nel
periodo risorgimentale e post-risorgimentale, non diminuisce, sia tra i consa-
crati che tra i laici, l’attaccamento ad un paese che ha dato tanto alla civiltà e
alla Chiesa. A questo attaccamento contribuisce anche la convinzione, dati gli
stretti legami che storicamente si sono stabiliti tra Chiesa e Italia, che raffor-
zare l’identità culturale di un popolo significava rafforzare la Chiesa, sia nel
contesto geografico nazionale, sia in tutti quei contesti, anche fuori d’Italia,
dove i missionari erano mandati a divulgare il vangelo6. Uno dei più grandi
studiosi dell’emigrazione italiana osserva come “in questo nuovo apostolato
sociale la conservazione dei caratteri etnico – culturali del gruppo, lingua in-
clusa, era vista in funzione di quella fede popolare, così tenacemente legata al-
le tradizioni e ai valori d’origine e così grandemente compromessa nei nuovi
contesti”7.
Ma se da parte dei missionari il rapporto italianità – evangelizzazione sem-
brava scontato, altre erano le intenzioni di chi stava al potere politico. La preva-
lenza della dimensione politica, nata da una specificazione nazionale o statalista
presentata come assoluta, avrebbe comportato il reale pericolo della creazione di
una Chiesa nazionale.
La tendenza, fa notare Veneruso, di catturare la Chiesa cattolica, per spia-
nare la strada all’espansione mondiale dello Stato italiano, non è una peculia-
rità del fascismo; le sue origini possono rintracciarsi anche nei primi passi
5 Paolo GHEDA, Il contributo delle Congregazioni per la diffusione della cultura italiana
tra Ottocento e Novecento, in La lingua italiana nel mondo…, pp. 21-42; Daniela SARESEL-
LA, Le Congregazioni religiose femminili e la diffusione della lingua e della cultura italiana, in
ibid., pp. 125-138; Tonino CABIZZOSU, Le Congregazioni religiose sarde nel mondo, in ibid.,
pp. 139-160; Milena SANTERINI, I modelli formativi delle scuole religiose all’estero e il loro
impatto in campo pedagogico e linguistico, in ibid., pp. 161-184.
6 Danilo VENERUSO, Salesiani e scalabriniani per la difesa dell’italianità degli immigrati
italiani all’estero (1880-1922), in La lingua italiana nel mondo…, p. 110.
7 Gianfausto ROSOLI, Istituti religiosi ed emigrazione in epoca contemporanea, in “Studi
Emigrazione”, n. 106, giugno 1992, p. 291; vedi anche M. SANTERINI, I modelli formativi
delle scuole religiose all’estero…, p. 166.

18.3 Page 173

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Nazionalismi, italianità, strategia dei Salesiani all’estero 173
dello Stato unitario, dove sia pur embrionalmente balenavano motivi espan-
sionistici8.
A questo proposito l’autore presenta uno scambio di lettere tra Paolo Boselli,
più volte ministro della Pubblica Istruzione, e il salesiano Francesco Cerruti, su-
periore delle scuole della congregazione dal 1885 al 1917. I rapporti tra i due
sono cordiali, anche se divisi dal conflitto tra Stato italiano e Chiesa. Lo scopo
comune era la conservazione e lo sviluppo dell’identità italiana degli emigrati,
specialmente nell’America Centrale e Meridionale. Francesco Cerruti invia al
Boselli un lavoro con un quadro statistico che riassume l’opera dei figli di don
Bosco nell’America del Sud. Non intende comunque confondere l’attività reli-
giosa con i fini politici dello Stato italiano. Con la lingua e la cultura, quindi, si
intendeva trasmettere una “mentalità”, un complesso di valori e di tradizioni,
dei quali quello religioso era parte fondamentale9.
I salesiani iniziarono la loro avventura nel 1875 quando don Bosco invia da
Torino in Argentina i suoi primi missionari, con alla testa il futuro card. Caglie-
ro, con il preciso compito di adoperarsi per una concreta opera di assistenza so-
ciale e religiosa agli emigrati. Si può affermare che le iniziative messe in atto in
favore degli emigranti sono state non poche, sia a livello centrale, cioè a Torino,
sia nelle singole missioni. Due nomi soprattutto possono essere fatti: don Rua10
e don Stefano Trione; in minor misura, don Francesco Cerruti11. Era soprattutto
dal centro, da Torino, che arrivava l’impulso al coordinamento e all’azione. Dal
gennaio 1905, su preciso incarico di don Rua, viene istituita una “Commissione
Salesiana per l’assistenza degli emigranti”. Ne era presidente don Stefano Trione,
figura di primo piano per l’organizzazione delle missioni salesiane all’estero, di
cui parleremo a lungo12. Ne facevano parte anche i salesiani Giuseppe Vespigna-
ni e Carlo M. Baratta13.
8 D. VENERUSO, Salesiani e scalabriniani per la difesa dell’italianità…, p. 111.
9 Nicola RAPONI, Congregazioni religiose e società civile, in RSS 36 (2000) 135-146; José
Manuel PRELLEZO, Paolo Boselli e Francesco Cerruti. Carteggio inedito (1888-1912), in ibid. pp.
87-124; D. VENERUSO, Salesiani e scalabriniani per la difesa dell’italianità…, pp. 111-112.
10 Su don Michele Rua, primo successore di don Bosco, segnaliamo le importanti ini-
ziative promosse dall’Istituto Storico Salesiano per il 2010, centenario della morte: si veda
la bozza di una Bibliografia di don Michele Rua, il dvd Documenti di don Rua, e il numero
di RSS 50 (25), numero unico gen.-dic. 2007: Indice Generale (1982-2006).
11 Francesco CERRUTI, Le idee di don Bosco sull’educazione e sull’insegnamento e la mis-
sione attuale della scuola. Lettere due. S. Benigno Canavese, Tipografia e Libreria Salesiana
1886, pp. 4-5; sull’autore cf José Manuel PRELLEZO, Don Bosco y la Storia della pedagogia
di Francesco Cerruti, (1844-1917), in José Manuel PRELLEZO (a cura di), L’impegno dell’e-
ducare. Studi in onore di Pietro Braido. Roma, LAS 1991, pp. 435-450; Francesco CER-
RUTI, Lettere, circolari e programmi di insegnamento (1885-1917). Introduzione, testi critici
e note a cura di José Manuel PRELLEZO. Roma, LAS 2006.
12 IRO (Archivio Ispettoria Romana) 341, Circolari Trione, lettere a nome della Commissio-
ne Salesiana dell’Emigrazione; G. ROSSI, Emigrazione e diffusione della lingua italiana…, p. 46.
13 Francesco MOTTO (a cura di), Parma e don Carlo Maria Baratta, salesiano. (= ISS – Studi,
13). Roma, LAS 2000.

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174 Giorgio Rossi
Si stabiliscono alcune norme e adempimenti, come quella di nominare, per
ogni ispettoria all’estero che abbia immigrati, un confratello, cioè un delegato
ispettoriale che promuova, con impegno, ogni azione che possa tornare a van-
taggio degli immigrati. In particolare si dà l’avvio alla costituzione di un Comi-
tato o Segretariato del Popolo a favore degli immigrati presso l’istituzione sale-
siana o presso dei cooperatori. Viene di nuovo raccomandato che si promuova
lo studio della lingua italiana, così come aveva già fatto don Rua con una prece-
dente circolare. La commissione era disponibile a qualsiasi richiesta di chiari-
mento e anche ad inviare copie di statuti e regolamenti di Comitati di Patrona-
to o di Segretariati del Popolo già fondati o esistenti.
L’istituzione del Segretariato del Popolo, detto anche “Segretariato Salesiano
dell’Immigrazione”, sarà seguito tenacemente da don Trione. Verso il 1908 era
stato stilato un apposito regolamento, dovuto quasi certamente a don Trione14.
L’ufficio del Segretariato era a disposizione di tutti, senza distinzione di confes-
sionalità religiosa o di partito politico. Aveva intenti molto pratici, come l’assi-
stenza gratuita al popolo, specialmente agli immigrati. Veniva incontro ai biso-
gni quotidiani, come scrivere lettere, corrispondere con i consoli, provvedere ai
passaporti e ai documenti, facilitare le relazioni con le curie vescovili, con i tri-
bunali, con le amministrazioni governative e municipali. Inoltre prestava aiuto
in caso di matrimoni, di successioni, di tutela di minori, di rivendicazione di di-
ritti, di pagamenti, di consulti legali, di assistenza nei processi, di indirizzi prati-
ci per ben educare i figli, di domande e offerte di lavoro, di collocamento dei
disoccupati.
Il segretario doveva tenere un apposito registro nel quale si annotava ciò che
si faceva per gli italiani e ciò che si faceva per gli altri immigrati. Importante, ol-
tre a ciò, era la disposizione che obbligava gli istituti dei salesiani e delle Figlie
di Maria Ausiliatrice a inviare notizie riguardanti gli immigrati italiani presenti
nelle scuole e negli oratori, l’insegnamento della lingua italiana, con rispettivo
numero di classi e di allievi, i saggi in lingua italiana e le feste patriottiche, in
modo da poter stilare un resoconto generale dell’azione salesiana in favore degli
emigrati da presentare al Rettor Maggiore15.
Un’altra istituzione, caldamente raccomandata, era l’associazione Italica
Gens, con sede a Torino, che confederava diverse congregazioni religiose16. Nel
1909 molte case salesiane dell’America Latina erano associate all’Italica Gens.
Fondata nel 1908, l’associazione si proponeva di indirizzare le correnti migrato-
14 IRO 342, Circolari Trione; IRO 341, Circolari Trione, regolamento Segretariato del
Popolo presso ogni casa salesiana in America.
15 G. ROSSI, Emigrazione e diffusione della lingua italiana…, p. 50.
16 IRO 341, Circolari Trione, Commissione Salesiana dell’Emigrazione, Torino: Alle ca-
se transoceaniche, 15 novembre 1909, a firma di don Trione; vedi Gianfausto ROSOLI, La
federazione “Italica Gens” e l’emigrazione italica oltreoceano 1909-1920, in “Il Veltro”,
XXXIV, 1-2, 1990, pp. 87-90; M. SANTERINI, I modelli formativi delle scuole religiose all’e-
stero…, pp. 166-167.

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Nazionalismi, italianità, strategia dei Salesiani all’estero 175
rie là dove era realmente ricercata la mano d’opera, impedendone in tal modo lo
sfruttamento. Ispirandosi a idealità “altamente” cristiane e civili, facilitò la crea-
zione di moltissimi segretariati, nei quali, senza distinzione di fede e di partito,
gli immigrati italiani trovavano consiglio e appoggio e, soprattutto, “un lembo
dell’amatissima patria”. Non poteva certo mancare il riferimento alla scuola e al-
lo spirito nazionalistico. Le scuole dovevano servire a tener acceso il “culto della
patria” e a inculcare “il sentimento della propria nazionalità”. Nel 1909 l’asso-
ciazione travalicò l’America e si estese anche alle case salesiane d’Africa e India.
Don Rua dà in pieno l’avallo all’Italica Gens, “tanto più, egli dice, che armoniz-
za pienamente con quanto il nostro venerabile don Bosco raccomandava sempre
ai suoi missionari all’estero e con quanto finora da noi si è fatto in tal genere di
apostolato a bene degli emigranti italiani”17.
Un’altra associazione, di rilevante importanza, con la quale i salesiani hanno
avuto a che fare, generalmente non in buona armonia, era l’Associazione Nazio-
nale per soccorrere i missionari cattolici18, con finalità analoghe ad altre associa-
zioni, come quella di San Raffaele di Scalabrini o l’Opera di protezione degli
italiani in Europa e in Levante di Bonomelli.
La prima riunione dell’associazione si tenne a Firenze, nel 1886, ed erano
presenti esponenti della cultura, della politica e dell’aristocrazia toscana e italia-
na, tra i quali il senatore Lampertico e l’egittologo Ernesto Schiapparelli, cono-
scente anche di don Stefano Trione e dei missionari salesiani. L’intento fonda-
mentale era quello di sottrarre le missioni cattoliche all’influenza di altre po-
tenze, soprattutto alla Francia, incrementando la presenza dell’Italia particolar-
mente in Oriente, attraverso la tutela delle missioni cattoliche, in vista dell’e-
spansione della “cristiana civiltà”, mediante l’insegnamento e la diffusione della
lingua e della cultura italiana, con l’apertura di nuove vie per i commerci italia-
ni in rapida espansione. Politici, laici e cattolici conciliaristi, protezionisti e in-
dustrialisti, colonialisti e nazionalisti improntavano delle loro idee la nuova as-
sociazione.
I salesiani in genere, don Trione in particolare, giudicheranno negativamente
l’azione dell’Associazione Nazionale per la mancanza di aiuti nei loro confronti.
Tale distacco, tra associazione e salesiani, può essere spiegata, quasi certamente,
dal fatto che i figli di don Bosco non erano giudicati così caldi sostenitori dell’i-
talianità all’estero, come era nelle aspettative dell’Associazione19.
17 IRO 341, Circolari Trione, lettera Alle case salesiane transoceaniche… del 1909.
18 Ornella PELLEGRINO CONFESSORE, Origini e motivazioni dell’Associazione per soccor-
rere i missionari cattolici italiani: un’ interpretazione della politica estera dei conciliatoristi nel
quadro dell’espansionismo crespino, in “Bollettino dell’Archivio per la storia del movimento
sociale cattolico in Italia”, XI, 1976, n. 2, pp. 239-267; ID., L’Associazione nazionale per
soccorrere i missionari cattolici italiani, tra spinte “civilizzatrici”e interesse migratorio (1887-
1908), in Gianfausto ROSOLI (a cura di), Scalabrini tra vecchio e nuovo mondo. Roma,
Centro Studi Emigrazione 1989, pp. 519-536.
19 Documento 2, Pro memoria, pp. 10-11.

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176 Giorgio Rossi
2. Gli autori dei due documenti
L’autore del primo documento, cioè dell’atto di accusa contro i salesiani per
scarsa italianità, è Piero Parini, una figura di primo piano nel periodo e nella poli-
tica fascista20. Al momento della stesura del documento inviato a don Francesco
Tomasetti, cioè nel 1932, il Parini era Ministro plenipotenziario e Direttore gene-
rale degli italiani all’estero e delle scuole, nonché Console generale di prima clas-
se. Proveniva dal giornalismo e rappresentava una delle forze giovani del regime.
Amico intimo di Filippo Corridoni, fu nel gruppo degli interventisti milanesi al
seguito di Mussolini. Era nato a Milano nel 1894. Combatte nella grande guerra,
nella squadriglia di cui faceva parte anche Gabriele D’Annunzio. Nel 1920 si
iscrive al fascio di Milano e, nel 1922, entra nella redazione del “Popolo d’Italia”.
Dopo la marcia su Roma, del 1922, gli viene affidato l’ufficio del servizio estero
del “Popolo d’Italia”, visita numerosi Stati europei e partecipa a tutte le conferen-
ze internazionali, dal 1923 al 1927. Nel 1928 è nominato Regio Console d’Italia
e destinato ad Aleppo, in Siria; ma mentre sta per imbarcarsi è nominato Segreta-
rio Generale dei Fasci all’estero. Nel 1930 è nominato Direttore Generale degli
Italiani all’estero e console generale. Nel 1932 è nominato anche Ministro Pleni-
potenziario ed assume pure la Direzione Generale del lavoro italiano all’estero. La
sua vita in seguito è stata parte integrante delle vicissitudini del fascismo.
Nominato podestà di Milano, il 13 ottobre del 1943, e capo della Provincia
il 15 gennaio 1944, Parini si trovò a gestire la più grande città del nord in un
momento drammatico.
Molto nota è l’iniziativa del prestito di un miliardo da parte delle banche per
far fronte alle spese del comune. La reazione tedesca all’attentato del 10 agosto
1944 coinvolge in pieno il fascismo milanese. Parini, già su posizioni di critica
nei confronti di Mussolini, approfitta dell’occasione per dimettersi con decisio-
ne. Vive gli ultimi mesi della Repubblica sociale di Salò da privato cittadino.
Arrestato, processato e condannato a dodici anni, per aver ricoperto cariche nel
fascismo, Parini beneficia dell’amnistia Togliatti nel 1946 e ripara nell’America
Latina. Ha vissuto gli ultimi anni ad Atene, insieme alla moglie di origine greca,
ma tornava anche a Milano di tanto in tanto. Fino all’ultimo ha conservato una
memoria lucida e precisa. È morto ad Atene nel 1993, all’età di 99 anni.
20 Su Piero Parini abbiamo notizie sparse, non una biografia critica: vedi G. ROSSI,
Emigrazione e diffusione della lingua italiana…, pp. 63-64; Gianfausto ROSOLI, Chiesa,
propaganda fascista all’estero tra gli emigrati italiani: il Cardinale Raffaello C. Rossi e Costan-
tino Babini, in ID., Insieme oltre le frontiere. Momenti e figure dell’azione della Chiesa tra gli
emigrati italiani nei secoli XIX e XX. Caltanissetta – Roma, Salvatore Sciascia 1996, p. 593;
si vedano brevi profili in “La Nazione Operante”, XII, 1934; “Storia Verità”, n. 13, luglio-
agosto 1998, artic. di Marino VIGANÒ dal titolo Un ricordo di Piero Parini, scritto ben do-
cumentato. Si veda dello stesso Parini la Presentazione, a Corrado MASI, Italia e italiani
nell’Oriente vicino e lontano (1800-1935). Bologna, Cappelli 1936; ancora di Piero PARINI,
Augusto: le più belle pagine della letteratura latina ad uso delle scuole e delle persone colte. Ro-
ma, Scuole italiane all’estero [1936?].

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Nazionalismi, italianità, strategia dei Salesiani all’estero 177
L’autore, invece, della risposta da parte dei salesiani è, con molta probabilità,
don Stefano Trione, poiché il documento in questione non contiene nessuna
firma21. Don Trione è stata una figura molto importante nel periodo di più in-
tensa organizzazione da parte della congregazione salesiana. Era nato l’8 dicem-
bre del 1856 a Cuorgnè Canavese da una famiglia patriarcale, quarto di quindi-
ci figli. Crebbe alla scuola don Bosco con una educazione profondamente cri-
stiana. Entrò come studente nell’oratorio di Torino il 16 ottobre 1869 e don
Bosco trovò in lui la stoffa per un ottimo salesiano. Espansivo ed intraprenden-
te, fornito di una voce molto bella, si accattivò la confidenza del santo fino a di-
venire un piccolo factotum. Lo stesso don Bosco ne ricevette la professione pri-
ma triennale e poi perpetua nel 1875. Fu ordinato sacerdote nella Basilica Late-
ranense nel 1878 e fu mandato a Randazzo, in Sicilia, dove fondò l’oratorio fe-
stivo. Nel frattempo intraprese la collaborazione alle “Letture Cattoliche”. Iniziò
un rapporto molto intenso sia con don Bosco sia con don Rua che con don Ri-
naldi, con il quale non ebbe un rapporto molto cordiale. La sua attività possia-
mo definirla prodigiosa per il ministero sacerdotale, per l’organizzazione dei co-
operatori, per la cura degli emigranti, per la diffusione della buona stampa e per
la propaganda dello spirito e delle opere di don Bosco.
I giornali, alla sua morte, hanno messo in risalto il suo impegno per l’armo-
nia conciliativa tra Chiesa e Stato, svolta con una serie di conferenze ispirate al
Santo, per la cura degli immigrati di tutte le nazioni, accentuata dai sui viaggi in
vari Stati di Europa, di Oriente e dell’America Latina.
Fu promotore e organizzatore di importanti convegni, come gli storici con-
gressi dei cooperatori a Bologna e a Torino. La morte di don Trione, avvenuta il
1° aprile del 1935, all’età di 79 anni, ha lasciato un vuoto non facilmente col-
mabile, anche se i rapporti con i superiori non sempre sono stati facili. Alla sua
morte parteciparono personalità e tanta gente legata ai salesiani e alla stima pro-
fonda nei suoi confronti.
3. L’accusa e la difesa
Il criterio che ha guidato i salesiani, nei confronti della politica dei governi
dei vari paesi, è stato quello della “prudenza”, per non rischiare di perdere il
frutto di tante iniziative a causa di scelte sbagliate o di cambiamenti di indirizzo
21 La migliore fonte di informazione per la conoscenza di don Stefano Trione (1856-
1935) è la “lettera mortuaria”, molto lunga e articolata, scritta dal Rettore Maggiore dei
Salesiani don Pietro Ricaldone il 12-04-1935: ASC C449 Trione Stefano 1856-1935. Di
don Stefano Trione ricordiamo l’attività incessante qui appena accennata; si vedano di
Trione anche L’Emigrazione e l’opera di don Bosco nelle Americhe. San Benigno Canavese,
Scuola tipografica don Bosco 1914; L’Opera di don Bosco nell’Argentina. Roma 1926; un
profilo anche in “Bollettino Salesiano”, 1° maggio 1935. Per le difficoltà incontrate da
parte dei superiori, forse per il troppo accentramento sulla sua figura, si veda G. ROSSI,
Emigrazione e diffusione della lingua italiana…, p. 47.

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178 Giorgio Rossi
politico. Diceva don Trione: “Non facciamo della politica, ma semplicemente
del puro e sano patriottismo”22.
L’accusa più grave e di più ampia risonanza fu lanciata nel 1932 dall’amba-
sciatore Piero Parini, direttore per gli italiani all’estero. Scriveva a don Francesco
Tomasetti, procuratore generale dei salesiani a Roma:
“Le case salesiane di oltre oceano continuano a darmi dispiaceri! L’italianità va rapi-
dissimamente scomparendo nelle case delle Tre Americhe e gli episodi che mi van-
no segnalando i nostri Ambasciatori, Ministri e Consoli si fanno ogni giorno più
impressionanti. La lingua italiana è negletta nelle scuole; i dirigenti non ne voglio-
no sapere di italianità e non sono rari i casi di ostentata indifferenza alle stesse cor-
tesie delle nostre Autorità […]. Troppo poco si fa per la lingua italiana […]. Proce-
dendo così fra pochi decenni dell’Italia e dello spirito italiano non vi sarà traccia
nelle case di don Bosco fuori dei confini del regno. E non sono pessimista”23.
La lettera conteneva pure larvate minacce e un accenno a don Trione, che si
era mostrato freddo.
L’onere della difesa è stata sostenuta, in un promemoria, con quasi certezza
da don Stefano Trione, sebbene il documento non riporti alcuna firma. Possia-
mo considerare il promemoria come una somma di altri documenti consimili,
messo però in forma più articolata e completa24.
Il promemoria presenta le prove della campagna diffamatoria ed i fatti che
accuserebbero di scarsa italianità i salesiani all’estero, come la mancata parteci-
pazione all’inaugurazione a Lima del monumento a Garibaldi e le troppe ridotte
dimensioni della bandiera italiana a Cuba. La “grande accusa” sarebbe dunque
la “troppa scarsa sensibilità italiana di molte Case salesiane nel mondo”25.
Questa grande accusa viene esaminata con pignoleria, punto per punto, met-
tendo in rilievo il grande impegno e la fatica dei salesiani in favore degli emi-
granti nel momento in cui, in alcune nazioni, nessuno si interessava di loro. Fra
l’altro, viene scritto, “negli Stati Uniti abbiamo tutte le Parrocchie Italiane. Nel
Perù e nel Cile sono affidati a noi tutti gli italiani dei grandi centri”26.
Un argomento molto dibattuto è l’impegno circa la diffusione della lingua e
delle scuole di italiano all’estero. Si fa notare che in tutte le case, in Italia e all’e-
stero, dove si forma il personale salesiano, si studia l’italiano, la lingua ufficiale
della congregazione è l’italiano, tutte le case salesiane nel mondo devono comu-
nicare con il centro scrivendo in italiano, nei Capitoli e nelle Assemblee Gene-
rali si parla l’italiano e l’italiano è la lingua degli istituti internazionali dove si
22 IRO 341, Circolari Trione, lettera circolare indirizzata Ai Salesiani e alle suore Salesia-
ne di don Bosco residenti fuori dall’Italia, Torino 29 gennaio 1923, p. 1.
23 Documento 1, Don Tommasetti (sic), p. 2.
24 Si vedano varie relazione dello stesso tenore in ASC A921, Emigrati, fasc. 9 e una di
queste riportata in G. ROSSI, Emigrazione e diffusione della lingua italiana…, pp. 80-84.
25 Documento 1, Don Tommasetti (sic), p. 3.
26 Documento 2, Pro memoria, p. 6.

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Nazionalismi, italianità, strategia dei Salesiani all’estero 179
formano gli elementi direttivi della congregazione. La congregazione salesiana,
inoltre, con i suoi studi, con le sue numerose ed importanti pubblicazioni italia-
ne e con le sue direttive “esercita una incalcolabile irradiazione di sana e profon-
da cultura romana e italiana”27.
Per quel che riguarda le scuole italiane all’estero il promemoria fa notare che,
quando il governo italiano affidò ai salesiani qualche scuola italiana all’estero, si
è fatto del meglio per “svolgervi il senso della sana italianità”28. Ci si lamenta
che il governo non ha mai affidato nessuna scuola italiana nell’America Meri-
dionale. Anzi, non era nemmeno possibile avvicinarsi alle scuole italiane e si fa-
ceva fatica per recare qualche conforto agli stessi degenti negli ospedali italiani.
Questa ultima osservazione ci fa capire che esisteva una chiara prevenzione
nei riguardi dei salesiani, perché giudicati poco ligi alle direttive che venivano
da Roma.
Viene fatta poi notare l’esistenza di una mentalità diffusa: chi è vissuto in
America sa che avviene di rado che i genitori degli alunni chiedessero che fosse
insegnata la lingua italiana. Nessuno in quelle nazioni vuol passare per “gringo”
o straniero; talora si va ad eccessi opposti. Con orgoglio viene rivendicata la
buona coscienza del lavoro fatto in favore degli emigranti italiani:
“Abbiamo sicura coscienza di aver onorato l’Italia in tutte le parti del mondo con le
nostre opere molteplici. Si è stabilito l’insegnamento dell’italiano ovunque fu pos-
sibile, sempre con quei criteri di prudenza che esige l’ipersensibilità nazionalista de-
gli indigeni ed evitando di compromettere i risultati seri e positivi con strombazza-
ture inconsulte o con vampate di fumo”29.
Circa gli aiuti del governo si fa notare che i salesiani non sono stati benefi-
ciati, mentre altre congregazioni hanno avuto concreti favori. È soprattutto con
l’Associazione Nazionale per soccorrere i missionari all’estero che vengono usate
parole dure. Di fronte agli splendidi edifici e laute sovvenzioni, date con lar-
ghezza dai governi di Francia e Germania, i salesiani furono obbligati a svolgere
l’opera loro talvolta in catapecchie “che erano una vergogna per il nome
d’Italia”30. Viene poi dichiarato con forza che la migliore forma per una sana
propaganda sarebbe stata quella di formare scuole professionali ed agricole, nelle
quali si educassero migliaia di operai all’uso delle nostre macchine e dei nostri
prodotti. Questa propaganda non urterebbe la suscettibilità nazionale e servi-
rebbe a favorire, attraverso i giovani operai educati nelle nostre scuole e all’uso
dei nostri prodotti, una logica e naturale corrente di scambi commerciali. In pa-
recchie nazioni furono i salesiani che per primi introdussero abbondante mate-
riale tipografico, industriale e agricolo, per un valore di milioni, mediante l’ope-
ra, appunto, delle scuole professionali ed agricole. Si era, inoltre, richiesto ripe-
27 Ibid., p. 8.
28 Ibid.
29 Ibid., p. 9.

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180 Giorgio Rossi
tutamente un aiuto, si spesero anche somme non indifferenti per preparare pia-
ni di scuole professionali, ma purtroppo non si è ottenuto nulla.
Al termine il promemoria si lascia andare a uno sfogo amaro: “Non possia-
mo nascondere che un senso di sfiducia ci pervade dinanzi alla accanita campa-
gna denigratrice”31. I poveri salesiani, così è scritto, che da anni lavorano e si sa-
crificano, si domandano quale linea di condotta dovranno seguire di fronte alle
negative prese di posizione da parte di autorità politiche:
“Purtroppo l’allarme e lo sgomento è penetrato negli oltre 1200 istituti della fami-
glia salesiana sparsi nel mondo, soprattutto quando si conobbe, e ci fu chi ci tenne
a farcelo sapere, che le accuse sono giunte fino a S. E. il Duce e alla Sacra Persona
del Re, che ne provarono sorpresa penosa”.
Cosa allora si aspettano i salesiani al termine di questa difesa? Che le autorità
più elevate della nazione, dal Re e in particolare fino al Duce, sappiano dire una
parola di difesa in quell’ora dolorosa per poter “continuare con serena fiducia
nella missione che fece di don Bosco una gloria d’Italia e del mondo”32.
30 Ibid., p. 10.
31 Ibid., p. 11.
32 Ibid., p. 12.

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Nazionalismi, italianità, strategia dei Salesiani all’estero 181
DOCUMENTO 1
Ministero degli Affari Esteri
Il Direttore Generale
degli Italiani all’Estero
e delle Scuole
Roma, 8 luglio 1932/X°
Don TOMMASETTI*
Procuratore Generale dei Rev. Padri Salesiani
ROMA
Caro Don Tommassetti (sic),
ohimé le RR. Case Salesiani di oltre oceano continuano a darmi dispiaceri!
L’italianità va rapidissimamente scomparendo nelle Case delle tre Americhe e gli
episodi che mi vanno segnalando i nostri Ambasciatori, Ministri e Consoli si
fanno ogni giorno più impressionanti.
La lingua italiana è negletta nelle scuole; i dirigenti non ne vogliono sapere
di italianità anche se nessuno chiede a loro nulla di speciale per l’Italia e non ra-
ri sono i casi di ostentata indifferenza alle stesse cortesie delle nostre Autorità.
Quanto diverso è invece il contegno degli ordini religiosi d’altra origine na-
zionale! Io sono il primo a comprendere la situazione speciale, delicata, difficile
in cui si trovano le Case Salesiane nei vari Paesi strette come sono dai nazionali-
smi locali e dalle esigenze aspre delle leggi e anche dalla presenza di molti reve-
rendi di nascita locale e quindi nazionalisti locali, ma l’impronta italiana della
mirabile opera salesiana potrebbe rimanere più marcata. Così avviene negli Or-
dini francesi e in quelli tedeschi.
Troppo poco si fa per la lingua italiana e pertanto la maggioranza degli allievi
delle Case sono figli di italiani.
Anche se essi dovranno essere per necessità di cose, cittadini locali, perché
non ricordare al loro spirito che hanno una nobile origine e che devono sapere
la lingua dei loro padri?
L’ultimo episodio che mi ha indotto a scriverLe questa lettera (sull’argomen-
to della quale ebbi ad intrattenere, senza efficacia però, il Rev.mo don Trione) si
è svolto all’Avana.
Il nostro Ministro all’Avana si è visto rifiutato nettamente dal direttore dei
Salesiani l’invito a intervenire alla celebrazione di Giuseppe Garibaldi, non solo,
* La grafia giusta è Tomasetti. Su don Francesco Tomasetti (1868-1953), direttore del
Sacro Cuore di Roma dal 1903 al 1917, vedi Francesco MOTTO, “Non abbiamo fatto che il
nostro dovere”. Salesiani di Roma e del Lazio durante l’occupazione tedesca (1943-1944). Ro-
ma, LAS 2000; Pietro ZERBINO, Tomasetti sac. Francesco, procuratore generale, in Dizionario
biografico dei Salesiani. Torino [1969], pp. 271-272.

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182 Giorgio Rossi
ma in una precedente festa per la premiazione degli alunni alla quale era stato
invitato, ebbe la mortificazione di vedere issato sul palazzo della Casa salesiana
un vessillo italiano di proporzioni ridicole (un vero fazzoletto) mentre due gran-
di vessilli sventolavano: quello cubano e quello pontificio. Almeno, perbacco,
mettere la bandiera italiana sullo stesso piano!
S’intende che il Ministero degli Esteri darà disposizioni precise al Ministro
d’Italia in Cuba di astenersi dal partecipare ad altre manifestazioni della Casa
Salesiana se non avrà assoluta garanzia che non sarà mai più umiliato il tricolore
nazionale.
Lei sa, caro Don Tommassetti, quanto io voglia bene ai Salesiani e cosa, nel
mio campo, abbia fatto o cercato di fare per essi all’estero. Lei sa che per tradi-
zioni di famiglia sono legato ai Salesiani da speciale ammirazione, sa che ho fat-
to diffondere a miglia di copie nelle scuole all’estero la vita di Don Bosco, e
quindi non sono sospetto di poca serenità o di aprioristici giudizi, ma Le debbo
dire in tutta sincerità che troppi sono ormai i sintomi della scarsa, troppo scarsa
sensibilità italiana di molte Case salesiane nel mondo.
In alcune di esse, nell’America del Sud, mi sono sentito veramente “straniero”.
È giusto questo? È conveniente? L’Ordine deve essere internazionale ed è lo-
gico che sia così, ma l’impronta originaria e cioè italiana e cioè piemontese non
dovrebbe cancellarsi tanto rapidamente. Procedendo così fra pochi decenni, del-
l’Italia e dello spirito italiano, non vi sarà traccia nelle Case di Don Bosco fuori
dei confini del Regno. E non sono pessimista.
Mi perdoni se l’ho intrattenuta con franchezza su questo argomento un po’
scottante, ma ho creduto necessario essere chiaro con Lei che è un così sapiente
sacerdote fedelissimo fra i fedeli dei Don Bosco e un così fervido italiano.
Tutti i più cari e affettuosi saluti.
Parini

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Nazionalismi, italianità, strategia dei Salesiani all’estero 183
DOCUMENTO 2
PRO MEMORIA
CAMPAGNA DIFFAMATORIA
Da qualche tempo si è scatenata una campagna diffamatoria contro i Salesia-
ni. Il motivo pare quello indicato da S.E. Parini in una sua lettera dell’8 luglio
1932 al Procuratore Generale dei Salesiani, cioè “la troppo scarsa sensibilità Ita-
liana di molte Case Salesiane nel mondo”.
LE PROVE DELLA CAMPAGNA
1° – Nel primo Gennaio decorso D. Rubino scriveva al Rettore Maggiore
che S.E. Parini aveva minacciato di non più concedere il passaporto ai Missio-
nari Italiani che dovranno recarsi all’America Meridionale.
2° – Al Cairo due Missionari Salesiani, ex Direttori, che, da molti anni, lavo-
rano in Oriente a favore dei nostri connazionali, si recarono a presentare gli
omaggi dell’Istituto a S.E. l’Onor. Cantalupo, Ministro d’Italia, il quale si reca,
in qualità di Regio Ambasciatore, nel Brasile. Allorché essi si avvicinarono a S.E.
furono accolti con queste parole: “Ah! Siete Salesiani? …I vostri Salesiani che da
cinquant’anni sono nel Brasile non hanno fatto nulla e nulla fanno di Italianità:
Non insegnano neanche la lingua; e dire che ricevono tanto danaro dal Governo
Italiano! Avranno da fare con me ora! Li combatterò: Aprirò tante logge masso-
niche! Sentirete fra due mesi, sentirete!”.
I nostri si ritirarono mortificati mentre l’Onorevole continuava ad inveire
contro i Salesiani.
Frasi identiche rivolse al Direttore del nostro Istituto di Alessandria d’Egitto
nella stessa circostanza del suo commiato.
3° – A Roma parecchi nostri Salesiani ed amici, recatisi per affari presso al-
cuni ministeri, udirono da alti impiegati frasi di questo genere: “Ma è vero che
adesso i Salesiani sono diventati antiitaliani?”.
Persino una Signora sentì il dovere di riferire al nostro Rettor Maggiore frasi
di biasimo contro i Salesiani, dette in un’udienza da Sua Ecc.za Parini. È noto-
rio ciò che S.E. Parini disse durante le sue visite e nell’Occidente e nell’Oriente.
QUALI LE ACCUSE?
Da quanto ci risulta una di indole generale, quella già indicata, e tre riguar-
danti fatti particolari. Incominciamo da queste.
1° – S.E. Parini lamenta che il Direttore interino della Casa di Lima non
habbia (sic) concesso alla banda dell’Istituto di recarsi a suonare in una manife-
stazione Garibaldina.

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184 Giorgio Rossi
Ci permettiamo far notare, e ciò udimmo da Ambasciatori e Uomini di Sta-
to, che talvolta dovrebbe esserci maggior senso politico in chi fa certi inviti.
Premettiamo che per il S.M. il Re, per S.E. il Duce, per altre Personalità e
in altre solenni circostanze, non solo non vi fu rifiuto di sorta, ma adesione e
partecipazione entusiasta come ci è facile documentare. Tutto ciò natural-
mente S.E. Parini nol ricorda. Aggiungiamo poi che chi è vissuto all’Estero e
specialmente nelle Repubbliche Americane di lingua Spagnola sa perfetta-
mente che colà Garibaldi è noto come l’esponente dei nemici del Papato. Di
Lui soprattutto si ricorda quella sua frase (oggi discussa): “Il Papa è il cancro
d’Italia”.
Ora davanti alle Autorità Ecclesiastiche locali e alla grande massa dei Cattoli-
ci può il Direttore (interino) di un Istituto religioso addossarsi la responsabilità
di condurre dei giovani, i cui parenti potrebbero avere sentimenti ben diversi,
ad inneggiare a Garibaldi?
In Italia, in questi ultimi tempi, la figura di Garibaldi fu presentata sotto un
aspetto diverso in relazione al Papato ed alla Religione; all’Estero perdura l’anti-
co pensiero.
2° – Il secondo fatto lo riferisce lo stesso Comm. Parini nella già citata lette-
ra al nostro Procuratore Generale.
Il Direttore dell’istituto Salesiano dell’Avana non volle intervenire alla cele-
brazione di Garibaldi. Inoltre fu notato che, in altra Festa, alla quale intervenne
il Ministro Italiano, la Bandiera Italiana era più piccola di quella di Cuba e del
Papa.
Per Garibaldi vale il già detto. In quanto alle Bandiere facciamo notare che
generalmente sono regalo di gruppi od Associazioni: talvolta le più piccole pos-
sono essere le più ricche. Ma non crediamo sia proprio il caso di misurare il pa-
triottismo col centimetro. Diremo invece che proprio all’Avana abbiamo avuto,
in anni precedenti, alti, ripetuti e forti richiami, perché dai nostri si faceva trop-
pa Italianità. Si facevano confronti tra le preferenze da noi usate alle Autorità
Italiane in confronto di quelle del Pese. Se noi dovessimo riferire a S.E. Parini
tutte le volte che riceviamo lagnanze, richiami financo minaccie dalle Autorità
delle singole Nazioni, per quello che chiamano l’eccessivo Italianismo Salesiano,
colle conseguenti gravissime noie, si verrebbero a conoscere cose ben più gravi
dei centimetri della Bandiera.
3° – Il terzo fatto lo fece conoscere ultimamente al sullodato Procuratore
Generale S.E. l’Ambasciatore d’Italia presso la S. Sede, il Conte De Vecchi di
Val Cismon. Si lamenta che a Malta non si faccia sufficiente Italianità dai Sale-
siani. Inoltre fu notato che all’Istituto St. Patrik si cantò un pezzo di Verdi con
parole inglesi.
Ignoravamo questo ultimo fatto e lo deploriamo. Non vorremmo però che
da questo fatto si volesse dedurre la maggiore o minore Italianità dei Salesiani.
Forse lo stesso Direttore dell’Istituto ignorava il fatto, che può dipendere
esclusivamente dal Maestro di musica. Nelle stesse Case di Inghilterra udimmo
canti non solo in Italiano, ma financo in Piemontese.

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Nazionalismi, italianità, strategia dei Salesiani all’estero 185
Le cose però è bene considerarle secondo il loro vero aspetto.
a) – A Malta, a fianco dell’Istituto di lingua Inglese, ne fu espressamente
aperto uno di lingua Italiana e ciò senza pressioni, né sussidi del Governo.
b) Dal 1926 è scaduta la convenzione tra i Salesiani e il Governo Inglese per
l’Istituto St. Patrik. È bene si sappia che noi da sette anni ci rifiutiamo di rinno-
varla perché, dietro ispirazione di Strikland, la si voleva esageratamente Inglese.
Si è proceduto con prudenza per evitare che, con una rottura, l’Istituto fosse af-
fidato a una Comunità Inglese, ma non si è ceduto.
c) Ora è avvilente constatare che mentre da noi si vanno facendo tanti sacri-
fici, sia per sostenere l’Istituto Italiano, sia per non abbandonare quello Inglese
che non ci da che noie, le Autorità Consolari diano Corpo a incidenti banali
senza una parola di riconoscimento per quanto si fece e si fa in favore della sana
Italianità.
Dovremmo dedurne che vi è una parola d’ordine per condurre a fondo la
campagna contro i Salesiani.
LA GRANDE ACCUSA
È questa: “La troppo scarsa sensibilità Italiana di molte Case Salesiani nel
mondo”.
Ci sia consentito di fare alcune premesse:
1° – La Congregazione Salesiana, nata in Italia, ha oggi soci di oltre 37 Na-
zioni.
Lo stesso Comm. Parini scrisse nella citata lettera: “Io sono il primo a com-
prendere la situazione speciale, delicata, difficile in cui si trovano le Case Sale-
siani nei vari Paesi, strette come sono dai Nazionalisti locali e dalle esigenze
aspre delle leggi e anche dalla presenza di molti Reverendi nascita locale e quin-
di nazionalisti locali”.
2° – I governi locali, in quest’epoca di ipersensibilità nazionalista, ostacole-
rebbero qualsiasi infiltrazione e manifestazione di altri Nazionalismi, nei loro
Paesi.
3° – Le Autorità Ecclesiastiche non lascerebbero di richiamare all’ordine ed
anche di allontanare quelle Comunità che apparissero come strumento politico.
4° – Abbiamo sempre creduto che l’azione più efficace che possa svolgere
una Congregazione, e la più giovevole alla Nazione, è quella di far apprezzare la
Nazione stessa attraverso l’onestà e l’operosità dei suoi figli e il mettere in vista,
per mezzo di Scuole Tecniche, Professionali ed Agricole, la bontà dei suoi pro-
dotti artistici, industriali ed Agricoli.
5° – Il giorno in cui i Salesiani passassero come uno strumento del Governo
Italiano, avrebbero finita la loro Missione a danno dell’Italia e della stessa Con-
gregazione.
Ci consta che le alte Autorità Italiane sono persuase della praticità di questo
punto di vista; ma purtroppo pare si pensi e si operi in modo diverso dai pro-
motori della campagna denigratoria contro i Salesiani.

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186 Giorgio Rossi
ESAMINIAMO L’ACCUSA
“È troppo scarsa la sensibilità italiana di molte Case Salesiane nel mondo”.
S.E. Parini parlando a D. Rubino si dichiarò soddisfatto di quanto fanno i
Salesiani nell’Oriente, negli Stati Uniti e altrove.
Il ‘mondo’ dovrebbe pertanto ridursi all’America Meridionale e precisamente
al Brasile, all’Argentina, al Cile e al Perù, poiché nelle altre Repubbliche sono
pochi gli Italiani.
Fissati così i limiti ci sia concesso di premettere:
1° – Quando nessuno si occupava degli Emigrati Italiani D. Bosco mandò i
suoi Salesiani in America perché dappertutto ne prendessero cura.
2° – potremmo allegare una lista impressionante di dichiarazioni del Governo,
di Ambasciatori, di Consoli, di Giornali, di Riviste, di Medaglie e ricompense a
testimoniare l’opera svolta dai Salesiani da circa sessant’anni in tutto il mondo e
particolarmente nelle Repubbliche suindicate, a favore dei nostri Connazionali.
3° – L’Opera si iniziò nella Chiesa e col Segretariato di Mater Misericordiae
a Buenos Aires. Il penultimo Segretario, D. Zaninetti, però, annientato da una
bomba nel Consolato Italiano mentre sbrigava pratiche in favore degli Emigrati.
Si può dire che ogni Casa Salesiana venne in seguito ad essere un Segretariato,
un centro di Italianità in quelle Regioni.
4° – Il nostro diffuso settimanale “Cristoforo Colombo” di Rosario, la “Vita
Coloniale” di Córdoba danno vita a una potente e vasta organizzazione che pro-
muove manifestazioni di sana Italianità come ad esempio il tradizionale “Gior-
no del Colono”, per tenere uniti i nostri Connazionali. Altri periodici e fogli di
propaganda sorsero altrove.
5° – Per mezzo di Missioni e di Feste speciali si cercò di tener viva la fiamma
della Fede e l’amore alla Patria.
6° – È bene si conosca che i Salesiani, troppe volte, hanno dovuto compiere
l’opera loro, osteggiati, in altri tempi, dalle logge massoniche e da Società anti-
cattoliche italiane, più o meno larvatamente protette dalle Autorità, che non vo-
levano l’opera dei Missionari a vantaggio degli Italiani.
7° – Malgrado le ostilità, le calunnie e campagne denigratorie sui giornali
massonici e pornografici, si costituirono in molte Città leghe patriottiche e As-
sociazioni Italiane; ciò si fece anche in Europa, nel Belgio, nella Lorena, nella
Svizzera, ecc.
8° – Negli Stati Uniti abbiamo tutte le Parrocchie Italiane, nel Perù e nel Ci-
le sono affidati a noi tutti gli Italiani dei grandi centri.
9° – I Salesiani contribuirono sempre e dappertutto, con slancio, alle mani-
festazioni che potessero giovare al prestigio d’Italia.
Mi sia lecito enumerare almeno alcuni degli avvenimenti più vicini a noi:
a) – Accenniamo in blocco alle visite di Ministri Plenipotenziari e di Amba-
sciatori a molti nostri Istituti nelle differenti Repubbliche Americane.
b) Indimenticabile la visita di S.A. il Principe Aimone di Savoia al Collegio
Salesiano di S. Paolo nel Brasile.

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Nazionalismi, italianità, strategia dei Salesiani all’estero 187
c) Nel 1921 restò memorando il ricevimento fatto dai Salesiani di Buenos
Aires a S.E. Orlando.
d) Nel 1922 S.E. il Maresciallo Caviglia è accolto trionfalmente tra i Salesia-
ni di Buenos Aires. Identiche dimostrazioni a S.E. Badoglio Maresciallo d’Italia.
e) Nel 1924 si effettuò la Crociera della Regia Nave “Italia”. Si leggano i
giornali e le relazioni di quel viaggio; si interroghino quelli che vi parteciparono;
e si vedrà con quali sentimenti e manifestazioni abbiano contribuito quattro-
cento e più Istituti di D. Bosco ai trionfi d’Italia.
f ) Nello stesso anno ebbe luogo il viaggio di S.A. Reale il Principe di Pie-
monte Umberto di Savoia. Le sue visite agli Istituti Salesiani di Tucuman, Cór-
doba, Mendoza, Rodeo del Medio, Buenos Aires nell’Argentina, a Montevideo
nell’Uruguay, a Santiago e a Valparaiso nel Cile, diedero luogo a manifestazioni
di Italianità senza precedenti.
g) S.E. il General Balbo, Ministro dell’aeronautica ed i suoi eroici trasvolatori
Atlantici furono ricevuti trionfalmente nel nostro Istituto di S. Paolo nel Brasile.
h) Ogni anno si svolgono, pressoché ovunque, manifestazioni di Italianità
presso i nostri Istituti o con la loro partecipazione nelle gloriose date Nazionali.
i) Potremmo produrre infinità di scritti e documenti (cinematografici, foto-
grafici e “Numeri Unici”) ad ampia riprova di quanto abbiamo indicato.
10° – In Oriente i Salesiani furono i primi ad innalzare sui loro Istituti la
Bandiera Italiana sottraendosi al protettorato Francese.
11° – In fine è pure conveniente si sappia, che abbiamo speso, specialmente
in questi ultimi anni, decine di milioni per creare e sostenere Istituti Missionari
per rifornimento di personale alle crescenti Case e Missioni Salesiane.
LA LINGUA ITALIANA
1° – In tutte le Case, in Italia e all’Estero, ove si forma il personale Salesiano,
si studia l’Italiano.
2° – La lingua ufficiale della Congregazione è l’Italiana.
3° – Tutte le Case Salesiane nel mondo devono comunicare col centro scri-
vendo in Italiano.
4° – Nei Capitoli e nelle Assemblee Generali si parla l’Italiano.
5° – L’Italiano è la lingua degli Istituti Internazionali ove si formano gli ele-
menti direttivi della Congregazione.
6° – Quando poi s’inizia l’Opera in qualche nuova Nazione le prime genera-
zioni sono sempre formate in Italia. E così si ebbero in Piemonte Collegi per gio-
vani Polacchi, Tedeschi, Austriaci, Sloveni, Ceco-Slovacchi, Ungheresi, Lituani,
Olandesi, e da pochi mesi abbiamo un primo gruppo di Ucraini e Ruteni.
7° – Il Primate di Polonia, S. Em.za il Card. Hlond, venne dodicenne in Ita-
lia per compiervi i suoi studi.
8° – Nunzi e Ambasciatori, visitando Istituti Salesiani in quei Paesi, ebbero a
dire che sembrava loro di trovarsi in Italia.
9° – La Congregazione Salesiana coi suoi studi, colle sue numerose ed impor-

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188 Giorgio Rossi
tanti pubblicazioni Italiane riversate sulla faccia della terra, colle sue direttive, eser-
cita una incalcolabile irradiazione di sana e profonda coltura Romana e Italiana.
LE SCUOLE D’ITALIANO
1° – Quando il Governo Italiano ci affidò qualche Scuola Italiana all’Estero
abbiamo fatto del nostro meglio per l’insegnamento dell’Italiano e per svolgervi
il senso della sana Italianità.
2° – Il Governo non ci ha mai affidato nessuna Scuola Italiana nell’America
Meridionale. Duole dirlo, ma non era nemmeno possibile avvicinarsi alle Scuole
Italiane e si durava fatica per recare qualche conforto agli stessi degenti negli
Ospedali Italiani.
3° – Chi chiamò i Salesiani ad aprire, in America, Istituti diversi furono i
Governi, le Autorità Ecclesiastiche, Benefattori locali; ed è naturale che trattan-
dosi di Collegi e di Scuole Nazionali vi si volesse lo svolgimento dei Programmi
dei singoli Governi. Che si direbbe da noi se i Gesuiti, i Domenicani, gli Scolo-
pi, perché ebbero il Fondatore Spagnolo, pretendessero di modificare, nelle loro
Scuole, i Programmi del Governo Italiano per introdurvi lo Spagnolo?
4° – Dove l’Autorità Scolastica dichiara facoltativo l’insegnamento di alcune
lingue, da noi si da la preferenza all’Italiano.
5° – Ben felici poi quando i genitori degli alunni ci richiesero di insegnare l’Ita-
liano. Ma, chi è vissuto in America, sa purtroppo che ciò avviene di rado. In genera-
le nessuno in quelle Nazioni vuol passare per “gringo” o straniero; anzi talora si va ad
eccessi opposti. È doloroso tutto questo ma purtroppo è vero. Sappiamo che si lavo-
ra per cambiare indirizzo e noi saremo ben lieti di cooperare agli sforzi del Governo.
6° – Abbiamo sicura coscienza di aver onorato l’Italia, in tutte le parti del
mondo, colle nostre Opere molteplici. Si è stabilito l’insegnamento dell’Italiano
ovunque fu possibile, sempre con quei criteri di prudenza che esige l’ipersensibi-
lità nazionalista degli indigeni ed evitando di compromettere i risultati seri e
positivi con strombazzature inconsulte o con vampate di fumo.
GLI AIUTI DEL GOVERNO
Noi siamo grati al Governo per tutto quello che fece o farà in avvenire. Il
lontano passato non fu centro incoraggiante.
L’On. Cantalupo parla del molto danaro dato dal Governo Italiano ai Sale-
siani del Brasile: a noi non consta tal cosa.
Sappiamo che il Governo somministra talvolta libri e qualche materiale sco-
lastico: ci riferiamo al Brasile e in generale all’America.
E L’ASSOCIAZIONE NAZIONALE?
Ci si permetta di dire con chiarezza che l’Associazione Nazionale, ai tempi
del compianto Prof. Schiapparelli, ha sempre rifiutato di fare ciò che tutti crede-

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Nazionalismi, italianità, strategia dei Salesiani all’estero 189
vano almeno decoroso per noi e per l’Italia, in Oriente. Dopo di Lui si videro
sforzi di buona volontà.
Di fronte agli splendidi edifizi e alle laute sovvenzioni date, con larghezza e
costanza, dai rispettivi Governi ai Religiosi della Francia anticlericale e della
Germania protestante, ecc. i Salesiani furono obbligati a svolgere l’opera loro
talvolta in catapecchie che erano una vergogna pel nome d’Italia, e con uno sti-
pendio non sempre uguale almeno a quello che si dava ai nostri servi. Ed oggi
ancora è così in alcuni luoghi. E frattanto noi siamo assillati da preoccupazioni
economiche talvolta tragiche per provvedere alla formazione del personale, per
sostituire e mantenere gli ammalati, gli esauriti, i vecchi.
È qui bene ricordare che l’attuale nostro Rettor Maggiore, dopo aver percor-
so l’Oriente e l’Estremo Oriente espose prima al compianto Comm. Schiappa-
relli, e, più tardi, a Roma, che la migliore forma per una sana propaganda in
quelle immense Regioni, sarebbe stata quella di formare Scuole Professionali ed
Agricole, nelle quali si educassero migliaia e migliaia di operai all’uso delle no-
stre macchine e dei nostri prodotti. Egli faceva rilevare che questa è utile, sana e
possibile propaganda, perché dette Scuole quasi non esistono in quei Paesi e la
loro Istituzione avrebbe costituito un’alta benemerenza della Chiesa, dell’Italia e
della Congregazione.
Detta propaganda infatti non urta suscettibilità Nazionali e serve invece a fa-
vorire, attraverso i giovani operai educati nelle nostre Scuole e all’uso dei nostri
prodotti, una logica e naturale corrente di scambi commerciali. In parecchi Na-
zioni e Regioni furono i Salesiani che, primi, introdussero abbondante materiale
tipografico, industriale, agricolo, per valore di milioni, mediante l’opera appunto
delle Scuole Professionali ed Agricole. Facciamo solo il nome della Ditta Nebiolo.
Orbene per svolgere con maggior intensità questo lavoro tanto proficuo si
era chiesto aiuto, ripetutamente, al Comm. Schiapparelli, anzi si spesero somme
non indifferenti nel preparare piani di Scuole Professionali adatte all’ambiente,
ma purtroppo nulla si ottenne. Anche al Governo attuale si domandò aiuto, dis-
posti financo a riceverlo sotto forma di imprestito rimborsabile a lunga scaden-
za, come si praticò altre volte tra Governi e Comuni per l’erezione di Scuole,
Ospedali e simili. Quale il risultato? Purtroppo non fu positivo.
Solo due anni fa, dopo l’eccidio di Mons. Versiglia e di D.Caravario, trattan-
dosi di distribuirne l’indennità, fu data una somma ad alcune nostre Case della
Cina e di ciò siamo assai riconoscenti, come pure di qualche altra elargizione di
macchinario, libri o sussidi didattici; anzi vediamo in ciò l’alba di confortanti
speranze.
SFIDUCIA?
Non possiamo nascondere che un senso di sfiducia ci pervade dinnanzi alla
accanita campagna denigratrice.
Da molti anni ci affliggeva il sapere che quasi tutti i Paesi ove svolgiamo l’o-
pera nostra, e particolarmente maggiori Repubbliche dell’America Meridionale,

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190 Giorgio Rossi
siamo accusati dai Governi locali, dalle Autorità Ecclesiastiche e talvolta dagli
stessi Salesiani indigeni di fare eccessiva Italianità.
Oggi è il Direttore degli Italiani all’Estero che ci accusa di troppo scarsa sen-
sibilità Italiana e ci minaccia di non dare più il passaporto ai Missionari per l’A-
merica del Sud. Un Regio Ambasciatore poi ci dichiara guerra ad oltranza con
macchinazioni massoniche.
Quale il risultato? I poveri Salesiani che da anni lavorano e si sacrificano, e
che nulla hanno cambiato nel loro spirito di immolazione e dedizione per la sal-
vezza delle anime e per la grandezza d’Italia scrivono sgomentati e domandano
quale linea di condotta dovrà seguirsi d’ora innanzi. Dopo le parole rivolte dal
nuovo Ambasciatore del Brasile ai Salesiani del Cairo, nessun Salesiano oserà
presentarsi a Lui per sentirsi ingiuriato. Cosa avverrà presso le altre Autorità?
Purtroppo l’allarme e lo sgomento è penetrato negli oltre 1200 Istituti della
Famiglia Salesiana sparsi nel mondo, soprattutto quando si conobbe, e ci fu chi
ci tenne a farcelo sapere, che le accuse sono giunte fino a S.E. il Duce e alla Sa-
cra Persona del Re, che ne provarono sorpresa penosa.
I Salesiani non possono non sentire tutta la gravità di questa situazione in-
cresciosa e con loro profondamente la sentiranno domani le falangi di Ex-Allievi
e Cooperatori inquadrati ormai in tutte le Nazioni, dalle più umili nelle più alte
Gerarchie della vita intellettuale, politica e industriale.
Queste scosse, mentre turbano un passato non inglorioso e che molte Nazio-
ni invidiano all’Italia, paralizzano energie e slanci per un miglior avvenire.
È giusto pertanto che ove giunse l’accusa giunga pure la breve difesa conte-
nuta in questa Memoria, le cui affermazioni sono suffragate dall’ampia docu-
mentazione dei nostri Archivi.
Siamo sicuri che S.E. il Duce, il cui alto senso di giustizia è norma costante
del suo franco e fermo operare, saprà dire, a nome anche del nostro Augusto So-
vrano, la parola che, dissipando le nubi di quest’ora dolorosa, dia lena a conti-
nuare, con serena fiducia, nella Missione che fece di D. Bosco una gloria d’Italia
e del mondo.

20 Pages 191-200

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20.1 Page 191

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L’EDUCAZIONE SALESIANA NEGLI ANNI PARTICOLARMENTE
DIFFICILI DELLA II REPUBBLICA SPAGNOLA (1931-1936)
Presentazione
Jesús-Graciliano González Miguel*
L’ACSSA Spagnola ha risposto al tema proposto dalla Presidenza dell’ACSSA
per il Seminario Europeo di Cracovia sull’educazione salesiana nei tempi diffici-
li con uno studio di insieme dei SDB e delle FMA. In questa nota vogliamo
precisare:
– quali sono i tempi che, secondo noi ed entro i limiti di tempo fissati per il
Seminario, sono stati particolarmente difficili per l’educazione dei Salesiani e
delle Figlie di Maria Ausiliatrice;
– quale obbiettivo ci siamo proposti con il nostro studio;
– quale è stata la metodologia che abbiamo adoperato.
1. I tempi difficili
Non è tanto semplice come può sembrare l’individuare quali tempi siano
stati veramente difficili per l’educazione salesiana in Spagna, dato che, escluso il
periodo della guerra civile, e soltanto in alcune regioni, i Salesiani e le Figlie di
Maria Ausiliatrice hanno potuto sempre, con maggiore o minore difficoltà, im-
partire l’educazione seguendo il proprio carisma.
Parecchi furono i momenti difficili. Le forze protagoniste del Sessennio Rivo-
luzionario 1868-1874 (Liberalismo radicale, repubblicanismo, anticlericalismo,
movimento operaio democratico), sottomesse con il trionfo della Restaurazione
(1875-1902), poco alla volta ritornarono nuovamente a galla, soprattutto nel
primo decennio del XX secolo, per esempio nella Settimana Tragica di Barcello-
na (1909) in cui furono bruciati più di ottanta edifici religiosi, tra i quali 14
parrocchie, 16 monasteri e conventi, alcuni edifici che si usavano per fini bene-
fici e 24 scuole della Chiesa; e ancora nel 1910, quando il governo di José Ca-
nalejas intraprese una riforma ecclesiastica che, tra le altre cose, includeva la fa-
mosa Ley del Candado, che vietava la creazione di nuove fondazioni religiose e
l’espulsione di tutte quelle che non si fossero iscritte secondo il modus vivendi
stabilito tra la Chiesa e lo Stato.
* Salesiano, membro dell’Istituto Storico Salesiano (Roma).

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192 Jesús-Graciliano González Miguel
Ma nel 1931 con l’avvento della Seconda Repubblica (1931-1936) queste for-
ze si presentarono con maggiore virulenza e agirono decisamente contro l’inse-
gnamento e l’educazione religiosa. L’ACSSA spagnola ha deciso, perciò, di con-
siderare come particolarmente difficili gli anni che vanno dal 14 aprile del
1931, giorno in cui si proclamò la II Repubblica, fino al 18 luglio del 1936,
giorno in cui una parte dell’esercito si ribellò contro il governo repubblicano e
cominciò la guerra civile spagnola. Su questi anni, dunque, si concentra il no-
stro studio.
Bisogna far notare, per una maggiore precisione, che in alcune zone della
Spagna la Repubblica durò fino alla fine della guerra, cioè fino all’aprile del
1939. Durante i quasi tre anni di guerra le attività educative dei Salesiani o si
svilupparono con normalità (nelle zone che dall’inizio rimasero dalla parte del-
l’esercito sollevato e in quelle che poco a poco furono conquistate dai ribelli), o
furono totalmente soppresse (nelle zone repubblicane). Ma lo studio di questi
tre anni di guerra esigerebbe una impostazione diversa e del tutto particolare, e
perciò non sono stati inclusi nel nostro lavoro.
2. Anni difficili per l’educazione salesiana
Questi anni furono difficili per l’educazione religiosa perché la politica educa-
tiva del governo repubblicano era parte del suo progetto di riforma sociale e poli-
tica. Le disposizioni legali e una serie di atti vandalici, in qualche modo consenti-
ti dal governo repubblicano, erano diretti contro l’insegnamento religioso e con il
fermo proposito d’impedire che i Religiosi potessero esercitarlo, perché, secondo
la dichiarazione dell’allora presidente del governo, Manuel Azaña, gli ordini reli-
giosi avevano per principio l’obbligo d’insegnare “tutto ciò che è contrario ai
principi sui quali si fonda lo Stato moderno”. Tutte queste circostanze, come si
vedrà nel nostro studio, arrecarono serie difficoltà per il normale sviluppo dell’e-
ducazione salesiana e obbligarono i Salesiani a cercare il modo di salvaguardare la
proprietà delle loro case, e anche di continuare ad esercitare l’educazione.
3. Gli obiettivi e la divisione del lavoro
Gli obiettivi del nostro lavoro sono quelli di far conoscere le difficoltà di
questi anni per l’insegnamento religioso in genere e per l’educazione salesiana in
particolare, e mostrare come i Salesiani e le FMA affrontarono la difficile situa-
zione e come esercitarono la loro attività educatrice, mantenendosi fedeli al pro-
prio carisma.
Per raggiungere questi obiettivi il lavoro è stato diviso in quattro parti:
1. - Una visione generale della situazione storica e politica della Spagna in
questi anni, che è stata curata dallo storico salesiano Pablo Marín.
2. - Le difficoltà e le risposte date dai Salesiani. Questa parte è stata prepara-
ta con i contributi dei ricercatori Jesús Borrego, che ha raccolto la documenta-

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L’educazione salesiana negli anni particolarmente difficili della II Repubblica Spagnola 193
zione di quella che un tempo fu l’antica Ispettoria Bética, con sede a Sevilla; Ra-
món Alberdi e Alfonso Doménech, che hanno fatto lo stesso per l’Ispettoria
Tarraconense, con sede a Barcellona; e José Antonio Hernández, Jesús-Gracilia-
no González e Joaquín Torres che hanno raccolto rispettivamente il materiale
documentario delle Ispettorie di Bilbao, León e Madrid, che una volta costitui-
vano l’antica Ispettoria Céltica, con sede a Madrid. Joaquín Torres si è incarica-
to dell’elaborazione finale.
3. - I fatti riguardanti le FMA, investigati dalla dottoressa Marifé Núñez, Fi-
glia di Maria Ausiliatrice.
4. - Le conclusioni, proposte da Joaquín Torres, furono discusse e concordate
da tutto il gruppo dell’ACSSA España.
4. La metodologia
Per l’elaborazione del tema ci siamo serviti della bibliografia più aggiornata
sulla storia della Spagna e della II Repubblica spagnola, delle monografie delle
case salesiane pubblicate fino ad ora; dei documenti conservati nell’Archivio
Centrale Salesiano di Roma; degli archivi e delle cronache delle diverse case sa-
lesiane; delle lettere, scritti o memorie di Salesiani, tra cui spiccano Las memo-
rias de D. Juan Sastre Miret; e, quando questo è stato possibile, delle testimo-
nianze orali delle persone che vissero gli avvenimenti a cui si fa riferimento: a
tale proposito sono particolarmente validi i contributi degli ex allievi del Colle-
gio Salesiano della Coruña, che Félix Domínguez è riuscito a raccogliere.

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194 Pablo Marín Sánchez
PRIMA PARTE
LA SECONDA REPUBBLICA SPAGNOLA: 1931-1936
Pablo Marín Sánchez*
Premessa
Crollata la dittatura del generale Miguel Primo de Rivera e dopo le elezioni
amministrative, il re Alfonso XIII abbandonò la Spagna e fu proclamata la II
Repubblica il 14 aprile 1931.
La Repubblica si presentò come la continuazione del liberalismo in azione
in pieno secolo XX, con la necessità di affrontare la problematica interna ed il
peso di alcune strutture arcaiche che urgeva riformare. C’era un’economia sfa-
sata sulla quale gravitava la questione agraria della ripartizione della terra; un
esercito che durante il primo terzo del secolo XX si era evoluto verso il milita-
rismo interventista; il problema del nazionalismo catalano, basco e, in qualche
senso anche, galiziano; uno Stato sgangherato e consumato ed una Chiesa in-
fluente.
Il cambiamento di regime fu all’inizio ben accolto da un buon numero di
spagnoli che attendevano la rigenerazione del paese mediante un nuovo rinvigo-
rimento delle istituzioni pubbliche. Tuttavia non poté verificarsi poiché i repub-
blicani erano molto divisi tra loro, erano pochi e senza un programma unitario
per il futuro. E i nazionalisti, socialisti ed anarchici volevano servirsi della Re-
pubblica come strumento per conseguire i loro fini particolari.
E il nuovo regime si presentò con prospettive oscure di disordine sociale, ter-
rorismo, saccheggi, incendio e scioperi generali1.
Per la Chiesa spagnola, considerata dai nuovi governanti repubblicani e libe-
rali come alleata della monarchia e in sintonia con la stessa dittatura, il cambia-
mento di regime non poteva passare inavvertito2. La Chiesa, è stato ammesso
* Salesiano, membro dell’Istituto Storico Salesiano (Roma).
1 Cf José SÁNCHEZ JIMÉNEZ, La España contemporánea III. De 1931 a nuestros días.
Madrid 2004. Javier REDONDO RODELAS, Así llegó España a la Guerra Civil 1. La Repú-
blica. 1931-1936. Madrid 2005. Gabriel JACKSON, La República y la Guerra Civil. Ma-
drid 2005. Julio GIL PECHARROMÁN, Segunda Republica Española (1931-1936). Madrid
2006.
2 Cf Francisco MARTÍN HERNÁNDEZ, Caminos de la Iglesia en España. Madrid 1998,
p. 107.

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La seconda Repubblica Spagnola 1931-1936 195
dalla maggioranza degli storici, in principio non vide in modo sfavorevole l’av-
vento della Repubblica, ma eventi che ebbero luogo un mese dopo la proclama-
zione del nuovo regime, davanti alla passività delle autorità e, soprattutto, la ste-
sura di una nuova Costituzione ed il suo posteriore sviluppo ed impianto me-
diante decreti e leggi organiche che la colpivano direttamente, provocarono la
sua reazione3. Fu così inevitabile che nelle relazioni tra la Chiesa ed il nuovo re-
gime repubblicano sorgesse molto presto tensione, conflitto e scontro. Una rela-
zione che, conviene dire anche, non mantenne lo stesso livello conflittuale du-
rante tutto il periodo repubblicano, perché dipese dall’ideologia del governo di
turno, più o meno anticlericale, più o meno affezionato alla Chiesa. In questo
senso, il potere esecutivo della seconda Repubblica spagnola passò per successive
tappe tra il 1931 e il 1936. Tuttavia, la cosa più comune fu che la questione reli-
giosa, nonostante molte altre questioni e problemi seri coi quali si dovette con-
frontare il regime repubblicano, si convertì nel problema più amaramente dibat-
tuto nella politica spagnola fino alla prima sessione dei Parlamenti costituenti, il
14 luglio 19364.
1. Il Governo provvisorio: Aprile-Luglio 1931
I primi passi compiuti dal Governo provvisorio, ancora con la presenza di
due politici cattolici, come erano Niceto Alcalá Zamora, presidente del Gover-
no, e Miguel Maura, a cui, come ministro degli Interni, era stato raccomanda-
to il mantenimento dell’ordine pubblico, indicavano già chiaramente le nuove
rotte nelle quali si stava immettendo la Repubblica in materia religiosa ed edu-
cativa. Nel suo Statuto Giuridico “si impegnava a rispettare in maniera piena la
coscienza individuale mediante la libertà di credenze e di culti”5, il che implica-
va dichiarare in realtà ed unilateralmente l’aconfessionalità dello Stato. Inoltre,
anche contro il concordato, ancora vigente, si misero già in moto, mediante
decreto, alcune riforme educative. Il 5 maggio 1931, concretamente, si sop-
presse il diritto dell’Episcopato ad avere rappresentanze nel Consiglio di Istru-
zione Pubblica, organo consulente del ministero. Ed il giorno 9 un altro decre-
to stabilì l’opzionalità dell’educazione religiosa nelle scuole.
Queste prime misure del Governo provvisorio in materia religiosa ed educa-
tiva incominciarono ad allarmare il clero, “cosciente che buona parte del futuro
del cattolicesimo spagnolo si giocava nelle aule scolastiche”6. Per quel motivo, il
cardinale Pedro Segura, arcivescovo di Toledo e primate della Spagna, convocò i
vescovi nella sua sede episcopale, lo stesso giorno 9, per studiare la situazione.
Di là uscì una dichiarazione collettiva di protesta pubblicata il mese dopo, nella
quale i vescovi denunciavano “la violazione di diversi diritti della Chiesa, già
3 Cf J. REDONDO RODELAS, Así llegó a España la Guerra Civil 1..., pp. 128-131.
4 Cf G. JACKSON, La República..., p. 52.
5 J. GIL PECHARROMÁN, Segunda República..., pp. 62-63.
6 Ibid., p. 63.

20.6 Page 196

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196 Pablo Marín Sánchez
portata a compimento o annunciata ufficialmente”7. Due giorni dopo il raduno,
a Madrid ed in altre città spagnole, si produssero gravi eventi che avrebbero teso
ancora più le relazioni tra la Chiesa ed il nuovo Stato repubblicano, che appena
aveva incominciato ad organizzarsi. Per il momento, l’attacco non viene ancora
dall’“anticlericalismo legalista”8 o “intellettuale”9, bensì dall’“anticlericalismo po-
polare”10.
I gravi tumulti antimonarchici del 10 maggio11 si rincrudirono, in effetti, il
giorno 11, quando l’ira popolare si concentrò contro la Chiesa cattolica e parti-
colarmente contro i gesuiti. Arsero vari conventi, chiese e centri religiosi di Ma-
drid; l’agitazione si diffuse nei tre giorni seguenti a Malaga, Siviglia, Cordova,
Cadice, Alicante e Valencia.
I tumulti ed incidenti dell’11 maggio inacidirono le relazioni tra il Governo
e l’Episcopato. Con tutto ciò, durante l’estate del 1931 il conflitto tra la gerar-
chia cattolica ed il Governo provvisorio non sembrava irreparabile. Interlocutori
come il nunzio Federico Tedeschini ed il cardinale arcivescovo di Tarragona
Francesc d’Assís Vidal i Barraquer, da una parte, e il ministro della Giustizia
Fernando de los Ríos ed il presidente del Governo provvisorio Niceto Alcalá Za-
mora, da un’altra, mantennero aperti alvei per il dialogo. Sarebbero stati il di-
battito della Costituzione e, soprattutto, le misure di secolarizzazione dell’inse-
gnamento, a dare adito alle ostilità aperte12.
2. I Parlamenti costituenti: Luglio-Dicembre 1931
La convocazione di un parlamento costituente era una delle prime misure
annunciate dal Governo provvisorio. Tra i suoi incarichi figurava la stesura di
una Costituzione che desse forma definitiva allo Stato repubblicano e la pro-
mulgazione di una legislazione che proteggesse l’introduzione di riforme demo-
cratiche.
Le elezioni ai Parlamenti costituenti si celebrarono il 28 giugno. In genere, si
può parlare di un trionfo lampante delle candidature della Congiunzione Re-
pubblicano-Socialista e, specialmente, del Partito Socialista Operaio Spagnolo
(PSOE) e del Partito Repubblicano Radicale. Ad eccezione di quest’ultimo, il
centro e la destra repubblicani rimanevano ridotti ad una minoranza pratica-
mente irrisoria13.
I Parlamenti costituenti iniziarono le loro sessioni il 14 luglio e, dopo tre
mesi di dibattiti, il 9 dicembre 1931 approvarono il testo costituzionale. La
7 Ibid.
8 Ibid., p. 61.
9 Vicente CÁRCEL ORTÍ, Mártires españoles del siglo XX. Madrid 1995, p. 50.
10 J. GIL PECHARROMÁN, Segunda República..., p. 62.
11 Cf ibid., pp. 63-64.
12 Cf J. GIL PECHARROMÁN, Segunda República..., p. 65.
13 Cf ibid., p. 69.

20.7 Page 197

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La seconda Repubblica Spagnola 1931-1936 197
nuova magna charta rifletteva con sufficiente esattezza i desideri della maggio-
ranza dei Parlamenti. “Era democratica e laica”14. Segno del suo carattere laico
sono alcuni articoli relativi alle relazioni tra la Chiesa e lo Stato; quelli che,
precisamente, avevano dato luogo al contenzioso più importante che, tra i due
poteri, si produsse già mentre si redigeva la Costituzione15. Gli articoli polemi-
ci erano, concretamente, il 316, il 2617, il 2718 ed il 4819. Il primo articolo stabi-
liva l’aconfessionalità dello Stato e gli altri due erano dedicati a delimitare i di-
14 G. JACKSON, La República..., p. 66.
15 Cf ibid., p. 62.
16 Artículo 3º. El Estado español no tiene religión oficial.
17 Artículo 26º. Todas las confesiones religiosas serán consideradas como Asociacio-
nes sometidas a una ley especial. El Estado, las regiones, las provincias y los Municipios,
no mantendrán, favorecerán, ni auxiliarán económicamente a las Iglesias, Asociaciones e
Instituciones religiosas. Una ley especial regulará la total extinción, en un plazo máximo
de dos años, del presupuesto del Clero. Quedan disueltas aquellas Órdenes religiosas
que estatutariamente impongan, además de los tres votos canónicos, otro especial de
obediencia a autoridad distinta de la legítima del Estado. Sus bienes serán nacionaliza-
dos y afectados a fines benéficos y docentes. Las demás Órdenes religiosas se someterán
a una ley especial votada por estas Cortes Constituyentes y ajustada a las siguientes ba-
ses: 1ª. Disolución de las que, por sus actividades, constituyan un peligro para la seguri-
dad del Estado. 2ª. Inscripción de las que deban susbsistir, en un Registro especial de-
pendiente del Ministerio de Justicia. 3ª. Incapacidad de adquirir y conservar, por sí o
por persona interpuesta, más bienes que los que, previa justificación, se destinen a su vi-
vienda o al cumplimiento directo de sus fines privativos. 4ª. Prohibición de ejercer la in-
dustria, el comercio o la enseñanza. 5ª. Sumisión a todas las leyes tributarias del país. 6ª.
Obligación de rendir anualmente cuentas al Estado de la inversión de sus bienes en rela-
ción a los fines de la Asociación. 7ª. Los bienes de las Órdenes religiosas podrán ser na-
cionalizados.
18 Artículo 27. La libertad de conciencia y el derecho de profesar y practicar libremente
cualquier religión quedan garantizados en el territorio español, salvo el respeto debido a las
exigencias de la moral pública. Los cementerios estarán sometidos exclusivamente a la ju-
risdicción civil. No podrá haber en ellos separación de recintos por motivos religiosos. To-
das las confesiones podrán ejercer sus cultos privadamente. Las manifestaciones públicas
del culto habrán de ser, en cada caso, autorizadas por el Gobierno. Nadie podrá ser com-
pelido a declarar oficialmente sus creencias religiosas. La condición religiosa no constituirá
circunstancia modificativa de la personalidad civil ni política, salvo lo dispuesto en esta
Constitución para el nombramiento de Presidente de la República y para ser Presidente
del Consejo de Ministros.
19 Artículo 48º. El servicio de la cultura es atribución esencial del Estado, y lo prestará
mediante instituciones educativas enlazadas por el sistema de la escuela unificada. La ense-
ñanza primaria será gratuita y obligatoria. Los maestros, profesores y catedráticos de la en-
señanza oficial son funcionarios públicos. La libertad de cátedra queda reconocida y garan-
tizada. La República legislará en el sentido de facilitar a los españoles económicamente ne-
cesitados el acceso a todos los grados de enseñanza, a fin de que no se halle condicionado
más que por la actitud y la vocación. La enseñanza será laica, hará del trabajo el eje de su
actividad metodológica y se inspirará en ideales de solidaridad humana. Se reconoce a las
Iglesias el derecho, sujeto a inspección del Estado, de enseñar sus respectivas doctrinas en
sus propios establecimientos.

20.8 Page 198

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198 Pablo Marín Sánchez
ritti religiosi degli spagnoli e la competenza del potere pubblico nella tutela di
tali diritti. Si concedeva a tutte le confessioni religiose uguale trattamento co-
me associazioni sottomesse alle leggi generali della nazione e si proibiva allo
Stato di soccorrerli economicamente. Si stabiliva la dissoluzione degli ordini
religiosi e la nazionalizzazione dei loro beni e si limitavano le manifestazioni
del culto all’interno delle chiese. Ugualmente, si garantiva l’intimità del diritto
a praticare qualunque o nessuna religione20. L’articolo 48, che dichiarava che
l’educazione in tutti i gradi sarebbe stata laica, era inaccettabile, anche per l’o-
pinione cattolica21.
3. Il Governo Repubblicano-Socialista: Dicembre 1931 – Novembre 1933
Approvata la Costituzione con quei polemici articoli 3, 26, 27 e 48, e fuori
del Gabinetto, i due membri cattolici partecipanti al Governo provvisorio,
Niceto Alcalá Zamora, che accedeva alla Presidenza della Repubblica, e Mi-
guel Maura, ministro degli Interni del Governo provvisorio, che non conti-
nuava, il nuovo Governo, presieduto da Manuel Azaña, aprì la strada ad una
serie di leggi e decreti coi quali cercò di imporre le guide per la secolarizzazio-
ne legale dello Stato. Tali provvedimenti costituivano il segno più eloquente
di come “l’anticlericalismo si convertì –allora– in uno dei pilastri normativi
del regime”22.
La riforma religiosa, incorniciata nel piano più ampio delle relazioni Chie-
sa-Stato, si incentrò essenzialmente in quattro punti: secolarizzazione degli usi
sociali; controllo statale sulle attività delle associazioni religiose; riversamento
nel patrimonio nazionale di una parte dei beni ecclesiastici ed eliminazione
dell’influenza del clero nel sistema educativo. Le principali misure legali furo-
no: il decreto di dissoluzione della Compagnia di Gesù, il 23 gennaio 1932; il
decreto di dissoluzione dei cimiteri, il 30 gennaio 1932; la legge sul divorzio, il
2 febbraio 1932 e, soprattutto, la legge di Confessioni e Congregazioni Reli-
giose, approvata dai parlamenti il 2 giugno 1933, e regolamentata da un decre-
to del 27 luglio. La Legge di Confessioni e Congregazioni Religiose sviluppava
i precetti costituzionali circa il controllo statale su tutte le confessioni ma, ine-
vitabilmente, colpiva in forma particolare gli interessi della Chiesa cattolica:
prevedeva la regolamentazione degli ordini e delle congregazioni religiose che
avrebbero dovuto iscriversi in un registro speciale del ministero della Giustizia,
la regolamentazione del culto pubblico; la soppressione di sussidi ufficiali e la
nazionalizzazione di parte del patrimonio ecclesiastico, chiese, seminari, mona-
steri ed altri luoghi destinati al culto religioso, benché la Chiesa potesse conti-
nuare ad utilizzarli a tale fine; attribuzione allo Stato della potestà di vietare le
nomine di gerarchie religiose che considerasse inadeguate, etc. Attaccava, inol-
20 Cf J. GIL PECHARROMÁN, Segunda República..., p. 82.
21 Cf G. JACKSON, La República..., p. 66.
22 Cf J. GIL PECHARROMÁN, Segunda República..., p. 196.

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La seconda Repubblica Spagnola 1931-1936 199
tre, la base del sistema educativo confessionale decretando la chiusura dei cen-
tri di insegnamento della Chiesa, ad eccezione dei seminari23. I legislatori fissa-
rono il 31 dicembre 1933 come data-limite per la sospensione delle attività do-
centi dei religiosi24.
La risposta da parte della Chiesa, particolarmente alla legge di Confessioni e
Congregazioni Religiose, tanto da parte della Spagna, come della Santa Sede,
non si fece attendere. Difatti fu diffusa una lettera dei vescovi spagnoli il 25
maggio 1933, firmata anche dal cardinale di Tarragona, Francesc d’Assís Vidal i
Barraquer; fu emanata l’enciclica del papa Pio XI, Dilectissima Nobis, il 3 giu-
gno; una lettera pastorale di Mons. Isidro Gomá, successore del cardinale Pedro
Segura nella sede arcivescovile di Toledo, intitolata Ore gravi25.
Nonostante la protesta, le scuole cattoliche si affrettarono a compiere i ter-
mini che la legge di Confessioni e Congregazioni Religiose stabilivano per la so-
spensione delle attività26, tuttavia, quando si avvicinava la fine della scadenza le-
gale (dicembre 1933), si produsse la sconfitta elettorale della sinistra. I nuovi
governanti radicali – con l’appoggio della Confederazione Spagnola delle Destre
Autonome (CEDA) – sospesero l’applicazione della legge e la Chiesa poté man-
tenere aperte le sue istituzioni scolastiche27.
4. Il Governo Radicale-Cedista: Novembre 1933 – Febbraio 1936
Coi nuovi dirigenti di centro-destra, del Partito Radicale guidato da Alejan-
dro Lerroux e della CEDA, il cui capo era José María Gil Robles, la Chiesa go-
dette, in generale, di maggiore tolleranza, che favorì una discesa del tono dello
scontro con lo Stato. Il Parlamento sospese, in effetti, la proibizione che gli or-
dini religiosi impartissero insegnamento e perfino, contro il mandato espresso
dalla Costituzione, tornò a caricare parzialmente sulla spesa pubblica il paga-
mento del clero, abbonando due terzi dello stipendio dei sacerdoti rurali (legge
16 aprile 1934). Ma se il clima politico, evidentemente, era un po’ meno ostile,
non si può dire, tuttavia, che fosse di aperta collaborazione tra la Chiesa e lo
Stato. Non fu possibile, infatti, negoziare un nuovo concordato che portasse la
pace nelle relazioni tra i due poteri, particolarmente per la scarsa decisione del
23 Art. 30. Las Órdenes y Congregaciones religiosas no podrán dedicarse al ejerci-
cio de la enseñanza. No se entenderán comprendidas en esta prohibición las enseñan-
zas que organice para la formación de sus propios miembros. La inspección del Estado
cuidará de que las Órdenes y Congregaciones religiosas no puedan crear o sostener co-
legios de enseñanza privada ni directamente ni valiéndose de personas seglares inter-
puestas.
24 Cf J. GIL PECHARROMÁN, Segunda República..., pp. 196-200.
25 Cf ibid., p. 200.
26 Cf Ángel MARTÍN GONZÁLEZ, Los Salesianos de Utrera en España. Una institución al
servicio del pueblo. Aproximación a su historia secular (1881-16 de febrero-1981). Sevilla,
Inspectoría Salesiana de Sevilla 1981, pp. 696-699.
27 Cf J. GIL PECHARROMÁN, Segunda República..., p. 199.

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200 Pablo Marín Sánchez
Governo a riformare, soprattutto, il polemico articolo 26 della Costituzione28,
come era invece sollecitato dalla Chiesa.
In questa tappa di Governo di centro-destra, inoltre, la Chiesa fu penalizzata
direttamente per la cosiddetta Rivoluzione delle Asturie, dal 5 al 14 ottobre
1934. Come un “anticipo rivelatore”29 di quello che sarebbe accaduto due anni
dopo (1936) con maggiore intensità in altre parti della Spagna, nelle Asturie,
durante le giornate rivoluzionarie di Ottobre, non solo si rovinarono chiese, ma
si annichilirono i segni religiosi, si bombardò la cattedrale di Oviedo e si incen-
diò il palazzo episcopale ed il seminario, e, per odio alla fede cristiana, furono
trucidati 33 sacerdoti e religiosi30.
5. Il Governo del Fronte Popolare: Febbraio-Luglio del 1936
Conclusa la tappa del Governo di centro-destra, per motivi interni ed
esterni alla Repubblica, nel gennaio 1936 si dissolsero i Parlamenti e si con-
vocarono le elezioni per il mese seguente. I risultati delle elezioni furono fa-
vorevoli, questa volta, alle sinistre collegate nel Fronte Popolare. Questo, in
effetti, disponeva nella camera di una larga maggioranza, finché la CEDA
passava ad integrarsi in un’opposizione con poca capacità operativa ed i radi-
cali affondavano.
La vittoria della sinistra fu immediatamente salutata con manifestazioni di
giubilo popolare, e ciò, a sua volta, provocò nell’ampio settore degli spagnoli
che avevano votato altre opzioni, un aumento delle paure31. Tra febbraio e luglio
1936, inoltre, il governo presieduto da Manuel Azaña, in primo luogo, ed il
Governo presieduto da Santiago Casares Quiroga, dopo, si sforzarono di svilup-
pare misure che facilitassero il ritorno alla politica riformista del primo biennio,
ma con misure più decise32.
Per quello che si riferisce alle relazioni tra lo Stato e la Chiesa cattolica, il trion-
fo del Fronte Popolare supporrebbe, dunque, il ritorno dello scontro, benché, al-
meno in un primo momento, il conflitto sembrò aver perso virulenza, e perfino la
Santa Sede accettò l’ambasciatore che aveva respinto nel 1931. Rimaneva in attesa
la questione della sostituzione dell’insegnamento confessionale, come stabiliva la
legge sulle Congregazioni, ma fino al 2 maggio 1936 non si adottò la prima misu-
ra legale: un decreto stabiliva patronati provinciali che avrebbero studiato la sosti-
tuzione rapida dei religiosi docenti con personale interno laico. Alla fine di quel
mese, si decretò la chiusura provvisoria delle scuole della Chiesa33.
28 Cf ibid., p. 300.
29 Antonio MONTERO MORENO, Historia de la persecución religiosa en España. 1936-
1939. Madrid 1960, p. 41.
30 Cf V. CÁRCEL ORTÍ, Mártires españoles..., pp. 66-71.
31 Cf J. GIL PECHARROMÁN, Segunda República..., p. 324.
32 Cf ibid., p. 325.
33 Cf ibid., p. 329.

21 Pages 201-210

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21.1 Page 201

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La seconda Repubblica Spagnola 1931-1936 201
Nello stesso tempo in cui si adottavano queste misure legali contro l’insegna-
mento confessionale da parte del Governo della sinistra, nella società spagnola si
produsse una nuova rinascita dell’anticlericalismo popolare che, come nel mag-
gio 1931, portò come conseguenza l’assalto ed incendio di alcune scuole rette
da congregazioni religiose34. “La grande persecuzione”35 contro la Chiesa cattoli-
ca, tuttavia, non sarebbe arrivata che due mesi dopo, incominciando la Guerra
Civile (1936-1939).
34 Cf V. CÁRCEL ORTÍ, Mártires españoles..., p. 73.
35 Cf ID., La gran persecución. España 1931-1939. Barcelona 2000.

21.2 Page 202

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202 Joaquín Torres
SECONDA PARTE
LA SITUAZIONE CONCRETA: L’EDUCAZIONE SALESIANA
NELLE ISPETTORIE E NELLE CASE DEI SALESIANI DURANTE IL
PERIODO 1931-1936
Joaquín Torres*
1. Situazione della Spagna Salesiana nel 1931
Dalla prima fondazione in Utrera (Sevilla) nel 1881 lo spirito di don Bosco era
penetrato con forza nella Spagna, con un aumento continuo di opere, di ragazzi,
di Salesiani e di vocazioni. Salesiani di grande valore, quali furono don Filippo Ri-
naldi e don Pietro Ricaldone, avevano saputo inserire lo spirito salesiano nel no-
stro Paese. La Congregazione si estendeva in tutta la nazione e godeva dell’ammi-
razione del popolo, specialmente per la sua presenza nei quartieri più umili.
Dal 1902 la Spagna salesiana si trovava divisa in tre Ispettorie: Bética – nel
sud, Céltica – nel centro e nel nord – e Tarraconense – nell’est – con sedi rispet-
tivamente a Sevilla, Madrid e Barcelona. La loro situazione all’inizio della II Re-
pubblica era la seguente:
1.1. Ispettoria Bética
Nelle 18 opere dell’Ispettoria Bética c’erano 256 Salesiani, 98 sacerdoti, 49
coadiutori, 59 tirocinanti, 22 post-novizi e 28 novizi (23 chierici e 5
coadiutori)1. All’inizio del seminario teologico nazionale (aperto a Carabanchel-
Madrid pochi mesi dopo l’inizio della Repubblica, 1931), questa ispettoria in-
viò nel 1933, 14 studenti – altri due erano a Torino.
Oltre ai cinque capoluoghi di provincia (inclusa Las Palmas de Gran Canaria
nelle Isole Canarie), i Salesiani si trovavano anche in altri centri sparsi in tutta
l’Andalusia. Si può sottolineare il lavoro scolastico, soprattutto nelle scuole pro-
fessionali, e il lavoro nell’Oratorio festivo. Altre attività erano la Biblioteca
* Salesiano, docente al Collegio Salesiano di Aranjuez e presidente dell’ACSSA
Spagnola.
1 AISe, Crónica de la Inspectoría Bética de María Auxiliadora (1881-1939), 61.73. Cf
Á. MARTÍN, Los Salesianos de Utrera en España …, pp. 675-676, 710-711.

21.3 Page 203

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La situazione concreta: l’educazione salesiana nelle ispettorie e nelle case dei Salesiani 203
Agraria Solariana, fondata da don Ricaldone, e pioniera nello sviluppo dell’agri-
coltura spagnola e nella divulgazione scritta della dottrina cristiana2.
1.2. Ispettoria Céltica
Oltre che nella capitale della Spagna, dove erano presenti con tre opere, i Sa-
lesiani della Céltica si trovavano in quattro capoluoghi di provincia: La Coruña,
Orense, Salamanca e Santander; in queste due ultime anche con due presenze.
Altre opere esistevano in città di grande importanza per dinamismo industriale,
come Baracaldo e Deusto nella regione Basca, e Bejar nella provincia di Sala-
manca. C’era inoltre una presenza ad Allariz, nella provincia di Orense. Infine
c’erano le case di formazione di Mohernando (Guadalajara), il Seminario Mis-
sionario di Astudillo (Palencia) e il Seminario Teologico Nazionale di Caraban-
chel Alto (Madrid).
Tutto sommato, erano 17 le presenze salesiane, curate da 222 Salesiani (82
preti, 66 coadiutori e 39 chierici). Si trovavano in periodo di formazione: 16
studenti di Filosofia, 17 di Teologia e 2 coadiutori. Nel noviziato c’erano 12 no-
vizi: 8 chierici e 4 coadiutori3.
1.3. Ispettoria Tarraconense
L’Ispettoria Tarraconense era pure molto sviluppata. I Salesiani si trovavano
in sei capoluoghi di Provincia: Alicante, Barcelona, Gerona, Huesca, Pamplona
e Valencia, e in città di una certa importanza come Alcoy, Ciudadela de Menor-
ca, Mataró e Villena. A Campello (Alicante), allora piccolo paese, esisteva un
Seminario Maggiore con studenti di Teologia.
Barcelona emergeva come città di grande vitalità salesiana, non solo per il ri-
cordo che manteneva della visita di Don Bosco, ma anche perché in essa funzio-
navano tre opere di grande importanza e attività: Sarriá, Rocafort e Tibidabo.
Barcelona era, inoltre, la sede dell’Ispettore, carica che dal 1925 al Luglio dal
1936 disimpegnò il martire don José Calasanz Marqués.
L’ispettoria contava 280 Salesiani, di cui un bel numero era in periodo di
formazione: 19 novizi, 29 studenti di Filosofia e 13 studenti di Teologia. A
Campello studiavano anche 74 aspiranti.
Le numerose celebrazioni legate alla beatificazione di don Bosco (1929) ave-
vano contributo grandemente a diffondere la figura del fondatore e dei Salesia-
ni, impegnati nell’educazione dei giovani più poveri e bisognosi. Per celebrare i
cinquant’anni della presenza salesiana nella Spagna, nel 1931, erano stati predi-
2 Cf Las fiestas del Beato Don Bosco en la Capital de España, in BSE 45 (1930) 4, abril
pp. 106-107; AISe, Inspectoría Bética de María Auxiliadora, [fines de 1930]: es un folio
mecanografiado.
3 Cf ASC F023, Informe de D. Antonio Candela tras su visita extraordinaria del 17 de fe-
brero al 14 de mayo de 1934.

21.4 Page 204

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204 Joaquín Torres
sposti diversi eventi, come un Convegno di Cooperatori a Madrid e un Conve-
gno di ex-Allievi a Sevilla; ma gli avvenimenti politici e l’atmosfera sociale im-
pedirono bruscamente quelle celebrazioni.
2. In quale misura lo svolgimento della II Repubblica influì sull’opera salesiana
della Spagna?
La Congregazione Salesiana non sfuggì agli effetti di quel regime che pronta-
mente si distinse per la sua ostilità verso la Chiesa Cattolica e verso tutto ciò che
essa rappresentava. Possiamo riassumere le difficoltà che affrontarono i Salesiani
di quel tempo sotto due aspetti fondamentali:
a) L’incidenza dello sviluppo delle leggi della II Repubblica, in particolare, la
“Legge di Confessioni e Congregazioni Religiose”.
b) La progressiva atmosfera di ostilità e persecuzione contro le opere e le persone.
2.1. L’incidenza della “Legge di Confessioni e Congregazioni Religiose”.
Fin dall’inizio lo sviluppo legislativo della II Repubblica si distinse partico-
larmente per il suo laicismo e per il suo desiderio di sradicare l’influenza della
Chiesa cattolica dalla società spagnola. La Costituzione gettava le basi per con-
seguire questo proposito, che negli anni successivi sarebbe stato raggiunto con
altre leggi specifiche. Oltre a varie normative antireligiose, la Legge più gravosa
per i religiosi fu la cosiddetta “Legge di Confessioni e Congregazioni Religiose”
del 1933. Suo scopo fondamentale era la secolarizzazione della scuola spagnola,
anzi, lo sradicamento della Scuola cattolica nella Spagna.
2..2. Le prime disposizioni
Nei momenti di gravi tensioni e pericoli sofferti dai Salesiani della Spagna
nel periodo della II Repubblica e della guerra civile, possiamo sottolineare la
pronta e continua sollecitudine dei Superiori Maggiori. Don Rinaldi, Rettor
Maggiore, e don Pietro Ricaldone, Prefetto Generale, e alla morte di Don Ri-
naldi eletto Rettore Maggiore, conoscevano molto bene la Spagna, per avere la-
vorato molti anni in quelle ispettorie.
Don Rinaldi si rese conto subito della gravità della situazione e inviò per due
volte in pochi mesi don Ricaldone in Spagna. La prima visita, dal 27 maggio al
5 giugno dal 1931, si limitò a incoraggiare i Salesiani delle zone colpite dai tra-
gici eventi dell’11 maggio di quell’anno. La formazione del nuovo governo anti-
clericale, dopo le elezioni di giugno, provocò una nuova visita di don Ricaldone,
questa volta a tutta la Spagna, con lo scopo di conoscere di persona la situazione
reale, dettare le linee di azione e incoraggiare i Salesiani (Settembre e Ottobre).
Tenendo conto di quello che era capitato in altre nazioni negli anni prece-
denti, la principale preoccupazione dei Superiori Maggiori fu quella di prevenire

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La situazione concreta: l’educazione salesiana nelle ispettorie e nelle case dei Salesiani 205
la portata delle possibili disposizioni governative, incluse le situazioni più peno-
se come la soppressione della Congregazione con o senza l’espulsione dei Sale-
siani. Le possibilità erano due: “la dissoluzione con l’espulsione dei Salesiani, o
solo la dissoluzione senza l’espulsione. Nel primo caso fu concordato con gli
ispettori dove dovevano andare le case di formazione e il resto del personale; nel
secondo caso, bisognava vedere se era conveniente che qualche salesiano andasse
a vivere in case private o pensioni, e anche quale era il modo migliore per difen-
dere la proprietà degli immobili. Perciò don Ricaldone voleva sapere in quali
condizioni si trovavano le proprietà, se erano intestate a nome di Salesiani stra-
nieri oppure di Salesiani spagnoli”4.
Le direttive date da don Ricaldone e negli anni successivi da don Candela,
don Berruti e don Seriè costituirono la base dell’operato dei tre ispettori spa-
gnoli. Fu per questo che si poté osservare una linea di azione comune da parte
di tutti i Salesiani di fronte alla sfida delle leggi repubblicane. Le norme-base di
attuazione furono le seguenti:
a) soprattutto, mantenere la vita di comunità, con un richiamo all’osservanza
esatta delle Regole,
b) considerare apostolato di massima importanza il catechismo e l’istruzione re-
ligiosa negli Oratori festivi,
c) fare tutti i sacrifici necessari per mantenere le case di formazione,
d) mantenere nei collegi e nelle scuole professionali, per quanto fosse possibile,
la vita di comunità,
e) Inviare il maggior numero possibile di confratelli a ottenere titoli civili nelle
Università5.
Come frutto delle visite di don Ricaldone nel 1931, furono presi accordi sui
titoli accademici e sulle sostituzioni dei posti direttivi occupati da Salesiani di
altre nazionalità, che furono assegnati a Salesiani spagnoli, giacché un aspetto
comminatorio della legislazione repubblicana anticattolica era la proibizione di
ostentare cariche direttive da parte di personale straniero. I Superiori Maggiori
operarono gli inevitabili cambiamenti. Nella Bética, l’ispettore don José María
Manfredini, italiano, fu sostituito dallo spagnolo don Sebastián María Pastor;
così pure furono sostituiti i direttori don Marco Tognetti, svizzero e l’italiano
don Giovanni Canavesio6.
4 ASC F028, Sp.-Sevilla, Relación de los asuntos tratados en la reunión de Sres Directores,
presidida por el Rvmo D. Pedro Ricaldone, Utrera 7-8 septiembre 1931. Se trata de 44 páginas
mecanografiadas. Francesco RASTELLO, Don Pietro Ricaldone, IV Successore di Don Bosco.
Vol. I. Roma, Editrice SDB 1975, pp. 436-437.
5 Queste norme si trovano nella relazione anteriormente citata e sono ripetute da D.
Berruti nella sua visita del 1933, come consta nella seduta del Capitolo Superiore dell’11
agosto 1933, ASC D873, Verbali 1927-1935, vol. V.
6 D. Ricaldone propose detti cambiamenti nella seduta del Capitolo Superiore del 24
settembre 1931, ASC D873, Verbali 1927-1935, vol. V.

21.6 Page 206

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206 Joaquín Torres
Nello stesso tempo si studiò il modo migliore per conservare le proprietà
delle case e garantire l’insegnamento nelle proprie scuole.
Tra gli aspetti moderni e positivi della legislazione educativa repubblicana si
trovava la disposizione che imponeva a tutti gli insegnanti di essere in possesso
di un titolo accademico ufficiale per poter esercitare l’insegnamento in qualun-
que scuola e a qualsiasi livello. L’Ispettore della Céltica, don Marcelino Olae-
chea, in previsione delle possibili nuove disposizioni, aveva già prima chiesto ai
Salesiani della sua ispettoria di ottenere titoli accademici ufficiali. Adesso lo do-
vettero fare anche gli altri ispettori. Nell’estate del 1931, per esempio, l’Ispetto-
ria Tarraconense contava soltanto sei Salesiani con titolo ufficiale di Magistero,
e pochi altri con il grado di qualche laurea. Dal Settembre/Ottobre del 1931 al
Settembre/Ottobre del 1933 conseguirono il titolo ben cinquanta Salesiani in
più. Il lavoro di questi giovani salesiani tra mille peripezie, è veramente degno di
ammirazione.
3. Iniziative per frenare l’approvazione della legge (1932-1933)
Il continuo incalzare di leggi da parte del governo repubblicano-socialista
mobilitò l’opinione pubblica cattolica in difesa della scuola privata, non statale.
In poco tempo, si fondarono e si svilupparono le Associazioni cattoliche dei geni-
tori, nel caso salesiano animate da ex-allievi e cooperatori, che con tutti i mezzi
legali disponibili, cercarono di frenare o modificare la Legge, soprattutto attra-
verso la stampa e gli interventi davanti alle autorità politiche.
Il Bollettino Salesiano del mese di marzo del 1932 faceva riferimento alle As-
sociazioni dei Genitori come ad “un’iniziativa incoraggiante per i nostri Oratori
Festivi […] Sono già molti gli Oratori che hanno questa Associazione e in Sevil-
la è stata da poco stabilita, con un Regolamento semplice e pratico […] Sono
inoltre nuovi campi di semina per le buone idee, di grandi possibilità in questi
tempi che corriamo”7.
Di fronte alle pretese di controllo statale: “L’Associazione dei Genitori
[…] vigila e tutela i diritti dove i loro figli si educano […] e non tollera che
nessuna autorità li possa minare o degradare […] Questo suppone una
preoccupazione costante per tutelare la loro fede e quella dei loro figli, i di-
ritti della Chiesa […], vivendo in un regime di persecuzione più o meno dis-
simulata […]”8.
In questo modo, poco a poco le Associazioni dei Genitori si moltiplicarono
in tutta la Spagna salesiana, e attraverso di esse si concentrò la mobilitazione
contro la Legge di Confessioni e, soprattutto, poggiando su queste associazioni
7 La Asociación de Padres de Familia-Sevilla, BSE 47 (marzo 1932) 92.
8 La Asociación de Padres de Familia-Sevilla, BSE 47 (marzo 1932) 92; Carta de D.
Eduardo Ramos [a la sazón, clérigo de la Casa Inspectorial de Sevilla] a Jesús Borrego, Méri-
da 13-3-1992 (Cf Jesús BORREGO, Cien años de presencia salesiana en Sevilla-Trinidad,
1893-1993. Sevilla, Escuelas Salesianos-Trinidad 1994, p. 428).

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La situazione concreta: l’educazione salesiana nelle ispettorie e nelle case dei Salesiani 207
si organizzarono le future Mutue Scolastiche che cercarono di garantire l’inse-
gnamento salesiano nei nostri centri.
Si cercò di sensibilizzare l’opinione pubblica mediante la stampa e si intensi-
ficarono gli interventi davanti alle autorità. Già nel periodo costituente, nel giu-
gno del 1931, di fronte alla possibile espulsione di alcuni Ordini Religiosi, gli
ex-allievi fecero pervenire un rapporto al Presidente del Governo provvisorio
della Repubblica supplicando,
“in nome dei 35.000 cittadini spagnoli […] che hanno ricevuto l’insegnamento
dai figli di don Bosco […] sia rispettata la continuità dei salesiani nel loro compi-
to educativo, perché non influiscono né hanno mai influito nella determinazione
politica dei loro allievi […] Hanno consacrato il loro entusiasmo alla classe ope-
raia senza gravare però sul preventivo dello Stato, formando nelle loro Scuole Pro-
fessionali, nelle loro Scuole Agricole, Oratori e Scuole, ottimi lavoratori e onesti
cittadini”9.
Nella discussione parlamentare del progetto della “Legge di Confessioni e
Congregazioni Religiose”, è da sottolineare l’intervento di José Hornz y Areilza,
deputato di Bilbao, che nella seduta del Parlamento del 4 maggio 1933 presentò e
difese un emendamento, affinché la Legge non includesse le Scuole Salesiane, da-
to il loro carattere popolare in favore dei figli dei lavoratori. Nella sua argomenta-
zione prendeva come esempio le Scuole di Baracaldo10 e Deusto11. La sua propo-
sta fu bocciata con 118 voti contrari e 20 a favore, ma l’ammirazione e l’amore
per il lavoro svolto dai Salesiani mostrato dalle sue parole, meritano di essere
stampati per riflettere su ciò che i Salesiani furono capaci di vivere e trasmettere.
Molto simili furono i rapporti e le lettere inviate a diverse autorità dagli ex-
allievi, cooperatori e associazioni dei genitori12.
Si difendeva la continuità dell’educazione cattolica in base a tre argomenti
principali:
9 AISe, Crónica de la Inspectoría Bética… Se trata de un anexo (pág. 60): folio impreso
con el sello de la “Asociación de AA.AA. Salesianos-Centro Beato Juan Bosco”, publicado
íntegro en A. MARTÍN, Los Salesianos de Utrera en España…, pp. 697-699 [nota 58]. Los
alumnos pobres de las Escuelas Salesianas-Sevilla, BSE 45 (agosto 1933) 234.
10 “Un gran establecimiento salesiano, donde se han preparado y se preparan muchísi-
mos hijos del pueblo para ser útiles a la sociedad y a sí mismos. En la actualidad concurren
a él 500 alumnos externos”(José Luis BASTARRICA, Unas escuelas según el corazón de Don
Bosco. Pamplona, EDEBÉ 1989, pp. 39-40).
11 Aludía a su fase de construcción interrumpida, con vistas a instalar “talleres-escuelas
de los más distintos aprendizajes y preparaciones profesionales, despertando disposiciones
de obreros especializados, que tanta falta hacen en las industrias actuales y en los que será
forzoso crear. La hermosa iniciativa se encamina a dar aquella preparación perfecta a mul-
titud de hijos de obreros”(ibid.).
12 A título de ejemplo: En Sevilla, el exalumno Luis Morales defiende a los 500 niños
que “reciben enseñanza gratuita en los colegios salesianos de la Santísima Trinidad y de S.
Benito de Calatrava”, y a los que del internado “salen hombres formados en plenitud de

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208 Joaquín Torres
a) il dovere dell’educazione dei figli corrisponde ai genitori. Allo Stato corri-
sponde solo il dovere sussidiario
b) non esistono scuole sufficienti per rispondere alla domanda di scolarità, nel
caso della chiusura delle scuole cattoliche
c) difesa del diritto dei genitori cattolici affinché i loro figli ricevano l’insegna-
mento religioso secondo i loro ideali13.
Anche se non si ottenne l’effetto desiderato – cioè l’annullamento o la modi-
fica del progetto di legge – si può constatare il vasto movimento di ex-allievi e
genitori che lottarono coraggiosamente in difesa della Scuola salesiana. Gli argo-
menti utilizzati sono un autentico titolo di gloria per i Salesiani di quel tempo:
situazione della scuola salesiana nei luoghi più poveri, dedizione privilegiata ai
figli dei lavoratori senza distinzione di classi sociali, povertà delle opere e gratui-
tà, dedizione dei Salesiani ai ragazzi14.
4. Misure adottate per affrontare la legge (1933)
Agli inizi del 1933, i tre ispettori (don Sebastián Mª Pastor, don Marcelino
Olaechea e don José Calasanz) si riunirono a Madrid per analizzare lo stato delle
cose e comprovarono “le difficili condizioni che attraversiamo e le più difficili
sus medios profesionales […] Creemos que es ésta la mejor y más positiva manera de hacer
patria y dignificar al pueblo”(seguir viendo nota 19 de J Borrego). Los Antiguos Alumnos
de Alicante, en unión con la Acción Católica, enviaron una protesta colectiva (Cf Ambro-
sio DÍAZ RIVAS, La Obra Salesiana en la ciudad de Alicante. Valencia, Inspectoría Salesiana
de San José 1994, pp. 91-98). En Béjar (Salamanca), los padres de familia y antiguos
alumnos del Colegio envían un escrito a diversas autoridades locales y nacionales, avalado
por más de 500 firmas de padres del colegio, la mayoría de clase obrera, y fuerzan ser reci-
bidos por el gobernador civil de la provincia. Aquellos padres se enorgullecían de que su
asociación fuera “integrada en su mayoría por obreros que tienen sus hijos recibiendo edu-
cación gratuita en Colegios dirigidos por Religiosos” (Copia del escrito de la Asociación Ca-
tólica de Padres de Familia de Béjar al Presidente del Consejo, de las Cortes y al Ministro de
Instrucción Pública, AISMA W 03 03 000090).
13 Copia del escrito de la Asociación Católica de Padres de Familia de Béjar al Presidente
del Consejo, de las Cortes y al Ministro de Instrucción Pública, AISMA W 03 03 000090.
En este mismo escrito los padres católicos lamentaban que “la Constitución de la Repú-
blica sea laica y por consiguiente como esto está en contradicción con nuestros ideales,
nos repugna cualquier instrucción que no esté avalorada por los principios religiosos”
(ibid.).
14 A este respecto, nos puede llenar de orgullo las consideraciones finales que hacía un
editorial del periódico católico de Béjar LA VICTORIA: “Obrero, haz ahora el balance nece-
sario, mira los beneficios que reportan los Salesianos a tus hijos y a ti mismo, y juzga por
los hechos las afirmaciones más arriba escritas. […] Mira, piensa y medita, que en un ex-
tremo de nuestra ciudad, Carrera abajo, hay un edificio habitado por hijos del Beato Bo-
sco, que se desvelan por educar a tus hijos, y que si se aprobase el proyecto de Ley de Con-
gregaciones, el que pagará más directamente las consecuencias serás tú mismo, obrero be-
jarano” (LA VICTORIA (25.02.1933) 1, AISMA W 03 03 000098).

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La situazione concreta: l’educazione salesiana nelle ispettorie e nelle case dei Salesiani 209
che dovremo attraversare”15. Conoscevano già il Progetto di Legge di Confessio-
ne e incominciarono a prendere le dovute misure, nel caso venisse approvata.
Compilarono una minuta di Statuti della Congregazione salesiana, sottolinean-
do specialmente ciò che si riferiva all’amministrazione economica delle ispetto-
rie. Nel caso di dover iscrivere le ispettorie e le case nel Registro del Ministero di
Giustizia, gli ispettori salesiani erano del parere di non dover sollecitare l’iscri-
zione globale per ispettorie, ma solo quella di ogni casa in particolare: “Con ciò
crediamo che, se si dovesse decretare la chiusura delle Case, speriamo formulino
un rapporto per ogni Casa che vogliono che si chiuda, mentre se si decretava la
chiusura di un’Ispettoria, rimarrebbero comprese di colpo tutte le Case della
stessa”16. È chiaro che la minaccia della chiusura delle case era altamente proba-
bile. Con gli statuti prepararono anche un modulo di iscrizione nel Registro Ci-
vile e una Dichiarazione dei fini di ogni casa.
Dopo l’approvazione della Legge, si continuò ad insistere sulla doppia via
pensata fin dalle prime visite dei Superiori maggiori:
a) creazione e sviluppo delle Mutue Scolastiche attraverso le Associazioni dei
Genitori, per assicurare la continuità dell’insegnamento in mano ai Salesiani;
b) salvaguardia delle proprietà delle ispettorie attraverso Società anonime.
4.1. Ispettoria Bética
Per difendere giuridicamente la proprietà delle nostre scuole, in alcuni casi,
si è dissimulata la condizione giuridica delle case quando vennero iscritte nel
Registro speciale del Ministero della Giustizia. Così, “la Casa salesiana della
Santísima Trinidad non si accompagna con il Certificato del registro della pro-
prietà dell’immobile che la Comunità occupa […], perché dette proprietà ap-
partengono in parte a Antonio Marcolungo, Esteban Giorgi e Federico Pareja, e
in parte fu ricevuta dalla Mitra di questo Arcivescovato, in uso dall’anno
1892”17. Nelle case miste, Málaga, Cádiz, Canarias, “per salvare la forma legale,
apparentemente si è resa responsabile dei laboratori una persona di fiducia. Per
Ronda-El Castillo, si faceva constare che il collegio apparteneva alla Fondazione
il cui patrono principale era il Vescovo di Málaga. La Casa di Sevilla continua
come centro di formazione professionale”18. Quella di Carmona “conserva il suo
fine sociale di Oratorio Salesiano del Santísimo Sacramento” e non si accompagna
il certificato di registri della proprietà che occupa la comunità, perché i terreni
15 Circular, Madrid, 4 de enero de 1933.
16 Carta de D. José Calasanz al Rector Mayor D. Pedro Ricaldone, Barcelona 12-II-1933.
17 J. BORREGO, Cien años de presencia salesiana en Sevilla-Trinidad, 1893-1993. Sevilla,
Escuelas Salesianos-Trinidad 1994, pp. 425-426. Los tres ficticios propietarios de las fincas
[se refiere a la huerta, comprada definitivamente en 1910] eran los tres salesianos.
18 ASC F025, Spagna-Sevilla, carta [de fines de noviembre de 1933] de Pastor Seba-
stián Mª a Ricaldone P.

21.10 Page 210

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210 Joaquín Torres
appartengono alla fondazione benefica, istituita in questa città dalla signora Mª
de los Dolores de Quintanilla […]”19.
Nel luglio del 1933 l’Ispettore, don Sebastián Mª Pastor, informava il Rettor
maggiore che lavoravano
“per conservare, se possiamo, tutte le case. In generale, si stanno formando Socieda-
des Mutuas de Enseñanza, rappresentate dai Genitori, affinché sostituiscano l’inse-
gnamento con personale esterno e qualche laureato […] Cerchiamo che queste
nuove organizzazioni docenti si stabiliscano in parte negli edifici occupati oggi dal-
la Comunità, affittandoli. Prevedo molte difficoltà. Cerchiamo anche di giustifica-
re la nostra continuità con gli Oratori quotidiani […] Nelle case del Patronato be-
nefico si lavora affinché i Patroni accettino le nostre proposte”20.
Si stanno stabilendo, in modi e in momenti diversi, Mutue Scolari pratica-
mente in tutte le case. Per esempio, a Utrera, l’Associazione dei Genitori costituì
l’Associazione Escolar Utrerana, e la proprietà del collegio passò legalmente ad es-
sere “La Sociedad Escolar Mutua Utrerana” – formata da cooperatori, genitori e
amici dell’Opera di don Bosco di Utrera -, nella quale i Salesiani apparivano co-
me semplici funzionari o professori. Si trattava di una formula audace per salva-
re la vita e le attività del collegio, stipulando il direttore, con la Mutua, un con-
tratto formale di affitto delle aule, locali, cortili e materiale didattico, affinché la
suddetta Associazione li impieghasse legalmente.
In modo più o meno uguale, la Mutua si stabilì nelle altre Case dell’ispetto-
ria, sebbene in tempi e momenti diversi, come Sevilla-Trinidad che non lo rea-
lizzò definitivamente fino al lontano 20 maggio 1936, dopo il trionfo del Fron-
te Popolare.
4.2. Ispettoria Céltica
Gli ispettori della Céltica, don Marcelino Olaechea e don Felipe Alcántara,
disposero misure simili. Alcune case avrebbero continuato con il loro regime
giuridico particolare. Vale a dire, il Seminario di Astudillo (Palencia) – semina-
rio per le Missioni Salesiane – apparteneva giuridicamente alla casa Generalizia
di Torino; il collegio di Santander-Viñas dipendeva dalla Curia Vescovile e il se-
minario di Mohernando (Guadalajara) si reggeva attraverso un Patronato.
Orense e Allariz rimanevano proprietà della Congregazione. Il resto farebbe par-
te di quella società creata a questo scopo: la “Sociedad Anónima El Progreso Ur-
bano”. Nell’aspetto dell’amministrazione educativa si incoraggiò anche la forma-
zione delle Mutue tra le quali emergono le Escuelas Méndez Núñez de Vigo-San
19 AISe-Carmona, Copia – con toda la documentación exigida- de la inscripción de la
“Casa titulada Oratorio Salesiano del Santísimo Sacramento”, hecha el 18 de agosto de
1933.
20 ASC F025, Spagna-Sevilla, Correspondencia…, de D. Sebastián Mª Pastor a D. Pedro
Ricaldone, Sevilla 31-7-1933.

22 Pages 211-220

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La situazione concreta: l’educazione salesiana nelle ispettorie e nelle case dei Salesiani 211
Matías, la Mutua Escolar Cantábrica di Santander-Alta, l’Associazione Mutua
Cultural Bejarana di Béjar, la Mutua Escolar Helmántica del collegio María Au-
xiliadora di Salamanca o la Mutua Escolar Cervantes del collegio madrilegno di
Atocha21.
4.3. Ispettoria Tarraconense
All’inizio dell’anno scolastico 1933-34 l’Ispettore don José Calasanz dispose
che alcune case – come quelle di Barcelona-Sarriá, Barcelona-Rocafort, Villena e
Pamplona – si reggessero per mezzo di Mutue dei Genitori, i quali avrebbero no-
minato i maestri. La casa di Mataró rimaneva nelle mani dell’Esecutore testa-
mentario, che assicurava la continuità della presenza salesiana. Quelle di Huesca
e Alcoy erano del Patronato, quindi, i patroni nominavano i maestri, che erano
tutti Salesiani. La casa di Valencia si lasciava in affitto a una Società civile privata,
il cui fine era affittare stabilimenti per dedicarli all’insegnamento. Le case di Bar-
celona-Tibidabo e Sant Vicenç dels Horts erano catalogate come case proprie di
Formazione, libere da ingerenze governative. La casa di Gerona era anche consi-
derata in parte come casa di Formazione, però si affittava una parte della casa a
una Mutua che facilitava la possibilità di far scuola ad alunni esterni, ai quali si
sarebbero uniti gli interni. Nelle Baleari, la casa di Ciudadela (Menorca) si mette-
va allo stesso modo sotto una Mutua per la parte relativa alla scuola elementare, e
otteneva un accordo con le autorità civili per quella superiore. Con questa strate-
gia si cercava di conservare l’insegnamento nelle mani dei Salesiani.
Don Filippo Rinaldi, essendo Vicario ed Economo Generale della Congrega-
zione, aveva già ipotizzato la possibilità di costituire società anonime che difen-
dessero meglio le proprietà salesiane da possibili vessazioni anticlericali. In que-
sto modo, nel 1919 si era costituita nell’ispettoria la Società Anonima chiamata
La Mercantil Inmobiliaria, con scrittura autorizzata dal notaio Joaquín Dalmau
y Fiter. Qualche terreno, come quello di Barcelona-Sarriá, fu “venduto” alla
suddetta società (1921). Però sarà solo con l’arrivo della II Repubblica che otto
case in più decideranno di seguire lo stesso percorso22.
21 Como en otros lugares salesianos de España, se multiplican los casos de confiar la ti-
tularidad de las obras a antiguos alumnos y cooperadores por medio de los cuales seguía la
labor de los salesianos (el director “oficial” de la nueva Méndez Núñez de Vigo sería D. Ma-
riano Carsi, antiguo alumno de 25 años e hijo del Presidente de la Asociación Católica de
Padres de Vigo; para la Mutua Cantábrica se nombraron a D. Lauro Ibáñez, antiguo alum-
no y conocido por su izquierdismo, y a D. Rodrigo Guate, destacado por su derechismo y
amor por lo salesiano, que siempre facilitaron la labor del director salesiano D. Jesús Mar-
cellán, etc.), o también poner al frente de las obras a salesianos coadjutores, de la talla por
ejemplo de un D. Agapito Roldán, joven salesiano con su recién y flamante título de mae-
stro, que figuró como director de la Mutua Cervantes, o el caso verdaderamente ejemplar, e
incluso de novela de aventuras, de D. Julián Vicente Milanés en el Colegio de Carmona.
22 En 1935 el capital inicial de la Sociedad se había incrementado de 350.000 pesetas
a 3 millones (Cf Notaría del Dr. D. Joaquín Dalmau y Fiter, abogado. Barcelona, Aumento

22.2 Page 212

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212 Joaquín Torres
5. Sospensione dell’applicazione della legge (governo radical-cedista: 1934-1935)
L’applicazione della “Legge di Confessioni...” era prevista per l’inizio dell’an-
no scolastico 1933/34, con la chiusura delle scuole elementari curate dai religio-
si alla fine del primo trimestre. La crisi del governo repubblicano-socialista, e le
nuove elezioni con la vittoria della destra, fecero sì che la legge non fosse portata
a compimento. Il nuovo governo bloccò l’applicazione della Legge, che non fu
però abolita, né furono approvate leggi alternative. La nuova situazione costituì,
nonostante la precarietà, un grande sollievo per le scuole cattoliche, anche se
non si risolse il problema in radice.
6. Sviluppo della legge nel governo del “Fronte Popolare” (febbraio-luglio 1936)
Il trionfo del Fronte Popolare nel febbraio del 1936 sollevò di nuovo i peg-
giori presagi23. Si sperava di poter arrivare alla fine dell’anno scolastico 1935/36,
ma già a maggio si procedette all’applicazione della Legge di Confessioni attra-
verso vari decreti, che produssero effetti diversi secondo le diverse zone del pae-
se. All’aumento delle ispezioni si unì in alcuni casi l’intenzione della chiusura
dei collegi.
6.1. Ispettoria Bética
La nuova situazione sollecitò la costituzione finale della Mutua Escolar Se-
villana nel collegio della Trinidad (20 maggio), e la Enseñanza Independiente
nel collegio di Pozoblanco (Córdoba). Per il collegio di Carmona (Sevilla) si
era costituito un Patronato, la cui Giunta era presieduta dal Sindaco, dall’Arci-
prete, dal Giudice e dal Fratello Maggiore della Carità. Nella riunione del 20
maggio aggirarono la Legge nominando come Direttore Julián Vicente Mila-
nés, salesiano con il titolo di maestro, che aveva completato gli studi di Teolo-
gia, ma non aveva ancora ricevuto gli Ordini sacri… Quell’esperienza sarà de-
terminante per la sua vita: sceglierà di rimanere per sempre laico come coadiu-
tore di don Bosco.
del capital de la sociedad mercantil anónima “La Mercantil Inmobiliaria”, Barcelona, 14-6-
1935).
23 El Inspector de la Céltica, D. Felipe Alcántara, exponía sus temores al Rector Ma-
yor en su carta del 18 de febrero: “Es imposible hacer pronósticos. Pero se prevé un Go-
bierno de Izquierdas, lo cual significa para nosotros una preocupación doble: la que de-
rive de posibles leyes vejatorias; y la de los compromisos por ellos contraídos con las ma-
sas. Uno de los más significados dijo claramente (y casi todos veladamente) que si triun-
faban, una vez en el Poder el ministro de la Gobernación había de ser sordo, ciego y
mudo por cuarenta y ocho horas: la cual es dejarnos en la indefensión ante un movi-
miento popular [....] de nuevo se nos presentan días difíciles. No nos olvide en sus ora-
ciones [...]” (Carta de D. Felipe Alcántara a D. Pedro Ricaldone 18 de febrero 1936, in
ASC F022).

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La situazione concreta: l’educazione salesiana nelle ispettorie e nelle case dei Salesiani 213
6.2. Ispettoria Céltica
Allcuni collegi subirono ispezioni “educative” (Baracaldo, Santander, Bé-
jar…), senza altre conseguenze. Tuttavia furono le case di Orense24 e Astudillo
quelle che ricevettero ordini espressi di chiusura. Quest’ultima, oltre ad essere
seminario per le Missioni, impartiva lezioni ad alunni esterni del paese e dintor-
ni. Dall’inizio del mese di maggio i Salesiani furono oggetto di una vera perse-
cuzione da parte di vari ambienti vicini e delle autorità, che dichiararono la
chiusura delle scuole esterne a tempo indeterminato il 15 maggio.
Il resto delle case poté terminare, anche se con fatica, l’anno scolastico
1935/36. Fino a questo momento le minacce del nuovo governo si erano realiz-
zate solo in pochi casi25. Cosa sarebbe successo se fosse continuato il governo del
Fronte Popolare? Possiamo solo immaginare situazioni di grandi tensioni, visti i
fatti di febbraio-giugno del 1936; ma la Guerra Civile ci impedisce di inoltrarci
maggiormente nelle ipotesi.
7. Atmosfera crescente di ostilità e persecuzione
La grande speranza con cui era stato accolto l’inizio della II Repubblica da
parte di tanti spagnoli sfumò rapidamente. L’ostilità verso il mondo cattolico
fu certamente una delle cause più chiare. Gli avvenimenti violenti e tragici
dell’11 maggio 1931 e della “Rivoluzione delle Asturie” del 1934 sono il filo
conduttore dell’atteggiamento di crescente ostilità da parte dei settori repub-
blicani verso la Chiesa e le sue istituzioni, che finì in un’autentica persecuzione
religiosa.
8. L’incendio di chiese e conventi (11 maggio 1931)
L’incendio di conventi e di edifici religiosi dell’11 maggio 1931 danneggiò in
grado diverso i collegi salesiani della Spagna, ma la ripercussione nell’animo dei
Salesiani fu comune, così come in molti altri settori cattolici; per l’enormità del-
la barbarie commessa, e per il disinteresse ufficiale delle autorità; ciò aumentò il
timore e il sospetto di fronte al nuovo regime, che finirà per qualificare se stesso
come settario, pro-rivoluzionario e anticattolico. La minaccia di attacchi e la
24 “Esta casa había sido la única en que se había prohibido la enseñanza y el mismo in-
spector de 1ª Enseñanza que la había cerrado, fue obligado por el gobernador militar a dar
órdenes y traerlas él mismo para abrirla”[claro está, tras el triunfo del Alzamiento de Fran-
co en Galicia] (D. José Peyteado en carta al Rector Mayor del 25 de agosto de 1936, ASC
F507, Spagna).
25 Según testimonios orales, como el de D. Emilio Alonso de Santocildes Burgos, en
casos como el de los colegios de Madrid, no se puede hablar durante el período anterior a
la Guerra Civil de una amenaza en firme de cierre de los mismos. En algunos de ellos, co-
mo el de Estrecho, su marcado acento obrero y popular evitó antes de la Guerra males
mayores.

22.4 Page 214

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214 Joaquín Torres
possibilità di soppressione o perdita delle opere religiose si convertivano in una
realtà palpabile.
Nel bilancio generale, come vedremo, solo pochi collegi salesiani subirono
l’incendio e la distruzione. Tuttavia in quasi tutti i collegi salesiani, tanto delle
grandi città come di piccole località, la giornata dell’11 maggio fu di autentica
angoscia, con pericoli reali di assalto e di continue sommosse da parte dei vicini
delle nostre scuole.
Nell’Ispettoria Bética fu incendiata la casa di Arcos de la Frontera (Cádiz) e i
Salesiani si dispersero.
Nell’Ispettoria Céltica nessun collegio subì incendio diretto, ma si verificaro-
no parecchi tentativi di assalto, risolti nella maggior parte delle occasioni dal-
l’intervento di ex-allievi. È da rilevare il caso del collegio di La Coruña. Oltre al-
l’incalzare di masse girovaganti che forzarono la fuga di vari Salesiani26, un grup-
po scellerato chiamato Los Hermanos de la Lejía pensò ad un vero e proprio as-
salto al collegio. Conoscendo le loro intenzioni, parecchi ex-allievi con gli abiti
del teatro si vestirono da guardias civiles (carabinieri). Con il loro aspetto “finto
e reale” impedirono la barbarie27. Tuttavia “la casa rimase completamente chiusa
da maggio a novembre. Quando si riaprì, i Salesiani fecero una vita nascosta du-
rante l’intero anno”28.
Nell’Ispettoria Tarraconense, arsero e rimasero distrutti il collegio di Alican-
te e la casa di formazione di El Campello, vicino alla capitale alicantina29. In
entrambe le località spariva così l’opera educativa dei Salesiani, sebbene l’Asso-
ciazione degli ex-allievi di Alicante non solo non morì, ma esplicò anche
26 Reza así el testimonio precioso de D. Aniceto Sanz Yagüe, joven salesiano en
aquella casa durante los sucesos de 1931: “La Coruña era, en aquel entonces, la ciudad
más republicana de España […] Hubo algunas algaradas descontroladas por doquier. El
primer empuje y envite fue contra los Salesianos, encarnados en su Director, el Padre
Manuel Lino Cabada. Las turbas, enloquecidas, se manifestaron violentas y amenazado-
ras camino del Colegio de los Salesianos, vociferando y con los puños en alto…Avisados
por el mismo Conde de FENOSA, que nos envió un coche de su propiedad, el Padre Ma-
nuel y yo, cogimos el Santísimo del altar, salimos, dando un rodeo a la ciudad, y llega-
mos al Banco Pastor, donde pasamos varios días y noches [...] Salimos de los sótanos del
Banco y encontramos acogida y asilo en familias amigas, hasta que se calmó la ciudad y
pudimos volver a nuestro Colegio, el único que oficialmente continuó abierto” (Extrac-
to del libro sobre difuntos de la Inspectoría de León: Semblanzas, escrito por D. Cipria-
no San Millán Gómez y continuado por José Luis Guzón con los posteriores fallecidos,
con motivo de los cincuenta años de la Inspectoría, León, Inspectoría Salesiana, 2004,
p. 59).
27 Testimonio del antiguo alumno D. Manuel Rodríguez Maneiro en carta escrita a D.
Félix Domínguez.
28 Informe de la Visita Extraordinaria de D. Antonio Candela, ASC S3124.
29 Cf A. DÍAZ, La Obra Salesiana en la ciudad de Alicante. Valencia, Inspectoría Salesia-
na de San José 1994, pp. 79-80; ID., Los Salesianos en Campello. 1907-1982. Valencia, In-
spectoría Salesiana de San José 1983, pp. 176-178; Ramón ALBERDI, Los Salesianos en Sant
Vicenç dels Horts. [Barcelona], Escuela Salesiana de Sant Vicenç dels Horts 1996, pp. 91-97.

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La situazione concreta: l’educazione salesiana nelle ispettorie e nelle case dei Salesiani 215
un’ammirevole, sebbene limitata, opera culturale ed educativa in un apparta-
mento della casa numero 14 della via San Nicolás, con scuole serali, attività
estive, conferenze, circoli di studio (1932-1935)30. Oltre alle sofferenze e perdi-
te dei Salesiani di Alicante e di El Campello, dovettero anche sopportare diver-
si disturbi quelli di Alcoy e Villena, pure nella provincia di Alicante. Verso la
fine di novembre di quell’anno la casa di Villena non aveva ancora potuto ri-
aprire le sue porte. La casa di Valencia fu assaltata nella notte del 12 maggio,
però fu salvata dall’incendio.
L’impatto psicologico fu l’effetto più importante che gli incendi dei conventi
produsse nella coscienza dei cattolici spagnoli – e logicamente anche in quella
dei Salesiani –. Il Rettor Maggiore chiedeva a tutta la Famiglia Salesiana pre-
ghiere speciali per quella Spagna “così fieramente perseguitata”31. L’Ispettoria
Tarraconense era rimasta particolarmente segnata dall’odio contro la Chiesa;
mentre le altre due non avevano subito un’aggressione particolarmente grave.
Due anni più tardi, verso la fine del 1933, il Visitatore don Candela riconobbe
che le case di Alicante e di El Campello erano state “completamente bruciate ed
abbandonate” a causa della “ultima sommossa antireligiosa”32.
9. Attitudine continua di ostilità verso tutto ciò che era religioso
All’infuori degli incendi e degli assalti alle case, anche alcuni Salesiani soffri-
rono personalmente insulti e oltraggi per strada, così come diffamazioni e men-
zogne, che aumentarono a partire dal febbraio del 1936 (possesso di armi, cara-
melle avvelenate, abusi sui ragazzi…).
Nonostante ciò, fin dall’inizio della guerra praticamente non si fermò nessu-
na attività educativa o pastorale, anche se è vero che tutto doveva farsi all’inter-
no del recinto dell’opera salesiana, tranne che durante il governo radical-cedista
(1934-1935). Erano assolutamente vietate espressioni pubbliche di carattere re-
ligioso: processioni di Maria Ausiliatrice, celebrazioni esterne per la canonizza-
zione di don Bosco, atti pubblici in occasione dell’ordinazione episcopale dell’I-
spettore di Madrid don Marcelino Olaechea, benedizioni di nuove chiese ecc.
30 Cf A. DÍAZ, La Obra Salesiana en la ciudad de Alicante…, pp. 93-98.
31 Carta abierta de D. Felipe Rinaldi: ACS 57 (24-XI-1931) 972.
32 Visita straordinaria 1933-1934: ASC F015.

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216 María F. Núñez Muñoz
TERZA PARTE
LA SITUAZIONE DELLE FIGLIE DI MARIA AUSILIATRICE
María F. Núñez Muñoz*
1. L’Ispettoria Spagnola “Santa Teresa”: 1931-1936
Trascorsi poco più di quattro decenni dall’arrivo in Spagna delle Figlie di
Maria Ausiliatrice, l’Istituto contava sedici case: quattro nella Catalogna, tre nel-
la regione del Levante, tre nella regione Centrale e sei nell’Andalucía. Queste se-
dici case formavano un’ispettoria unica, dal titolo Ispettoria “Santa Teresa”, eretta
canonicamente nel febbraio del 1908, alla quale nel 1931 appartenevano un to-
tale di 196 religiose e 26 novizie.
L’allora ispettrice, madre Anna Covi, svolse il suo servizio fino al 1934 con
saggezza e serenità, nonostante le circostanze avverse che segnarono quegli anni
per i religiosi in Spagna. Una prova del suo zelo apostolico furono le quattro
nuove fondazioni che si realizzarono nel periodo del suo mandato: una nel 1931
e le altre nel 1933. Madre Margherita Gay, che le succedette nell’incarico, rima-
se in Spagna solo un triennio, poiché la sommossa militare del mese di luglio
del 1936 esigeva la sua uscita, come quella di altre religiose, provenienti dall’e-
stero. Nonostante la sua breve permanenza, nel 1935 stabilì una nuova presenza
in un piccolo paese nei pressi di Barcelona.
Allo scoppio della guerra civile, le 21 case che apparivano da poco nell’Elen-
co generale dell’Istituto del 1936, corrispondenti all’Ispettoria Spagnola “Santa
Teresa”, rimasero situate in due zone diverse, governate rispettivamente dai regi-
mi politici confrontati nella contesa. La sorte che toccò alle case e alle suore di
una e dell’altra zona fu molto diversa, sebbene tutte sperimentassero le stragi
della guerra.
2. Il cambio politico e la questione religiosa: Orientamenti dei Superiori e
delle Superiore generali e ispettoriali
Nelle fonti consultate, purtroppo, non viene esplicitamente evidenziata la
reazione delle Figlie di Maria Ausiliatrice di fronte all’insediamento del regime
repubblicano nell’aprile del 1931. Le raccomandazioni dell’Ispettrice alle Diret-
* Figlia di Maria Ausiliatrice, emerita professoressa dell’Università di La Laguna.

22.7 Page 217

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La situazione delle Figlie di Maria Ausiliatrice 217
trici e comunità, contenute molto raramente in alcuni dei suoi scritti, si limita-
no a raccomandare la prudenza e a non parlare di politica nemmeno fra le Con-
sorelle, né con le bambine, né con le persone esterne1, rivolgendo tutto il loro
interesse a rafforzare la fede, a far ricorso alla preghiera e all’osservanza
religiosa2. Era solita avvertire, però, di tenere pronto il passaporto nel caso oc-
corresse lasciare la Spagna3.
Gli orientamenti di madre Covi furono ratificati dal Prefetto Generale della
Congregazione Salesiana, don Pietro Ricaldone, durante la sua permanenza in
Spagna nei mesi di settembre-ottobre del 1931, nelle due conferenze che rivolse
alle direttrici e alle suore, la prima a Sevilla, il 14 settembre, per tutta la zona
dell’Andalucía e la seconda a Barcelona-Sarriá il seguente 3 ottobre, per la zona
della Catalogna. Le suore di Madrid e Salamanca ricevettero anche loro la visita
del Superiore, mentre da Sevilla si trasferiva a Barcelona4. Oltre alle raccoman-
dazioni date dall’Ispettrice, don Ricaldone insistette sulla necessità di mantenere
la serenità, l’unione con Dio e sul compiere con diligenza la propria missione
educativa.
Approvata la Costituzione repubblicana, nel dicembre 1931, le Figlie di Ma-
ria Ausiliatrice non furono esenti dall’inquietudine per il futuro della loro mis-
sione educativa, né della loro permanenza in Spagna. L’Ispettrice, da parte sua,
cercò di prevedere le conseguenze più immediate del cambio di regime, visitan-
do le case, incoraggiando le suore e cercando l’appoggio morale e il consiglio
adeguato, non solo nelle Superiore maggiori, ma anche nell’Ispettore salesiano
dell’Ispettoria Céltica, don Marcelino Olaechea, in quello della Tarraconense
don José Calasanz, martire e beato, e in quello della Bética don Sebastián María
Pastor. Questi esercitarono verso le suore una tutela quasi paterna, raccoman-
dando costantemente un atteggiamento di serenità, di accettazione e di fede,
consegna che, senza dubbio, avevano loro detto di diffondere.
Negli ultimi mesi del 1933 le Figlie di Maria Ausiliatrice contarono anche
sull’orientamento qualificato e il consiglio paterno dei Visitatori straordinari,
don Pietro Berruti, don Antonio Candela e don Giorgio Serié, inviati dal Rettor
Maggiore, don Pietro Ricaldone, alle tre ispettorie salesiane spagnole5.
La celebrazione del Capitolo Generale dell’Istituto nel 1934 favorì il viaggio
delle Ispettrici in Italia e la possibilità di esporre alla Madre Generale e al suo
Consiglio la situazione nella quale si trovavano le suore e le opere in Spagna.
Frutto di questo incontro, probabilmente, fu la visita straordinaria in Spagna
1 Sor Ana Covi: Sevilla 20 abril de 1931 (Archivo Casa Valverde).
2 Crónicas de la Casa de Torrente (Valencia) 20 de mayo, y de Barcelona 28 de mayo
de 1931.
3 Crónica de la Casa de Salamanca, 16 de junio de 1931.
4 Crónicas de la Casa de Salamanca, 19 de septiembre y de Madrid II, 21 de septiem-
bre de 1931.
5 Crónicas de Barcelona Sarriá y María Auxiliadora, 30 de junio de 1933; Crónica de
Madrid El Pilar, 8 de junio de 1933; Crónica de Sevilla I de 27 de diciembre de 1933.

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218 María F. Núñez Muñoz
nel 1935, della Segretaria Generale, madre Clelia Genghini. Ebbe così modo di
verificare lo spirito salesiano e la buona volontà che animava le Sorelle6, non-
ostante le difficoltà causate dalle disposizioni statali.
3. La situazione dell’educazione: Difficoltà e nuove forme di continuità
Le sedici presenze che le Figlie di Maria Ausiliatrice avevano in Spagna all’i-
nizio del periodo in esame (1931-1936), consistevano tutte in Scuole per l’istru-
zione elementare. Durante questo periodo, come già si è detto, si realizzarono
cinque nuove fondazioni, quattro con il livello primario, e una dedicata alla pre-
parazione delle alunne che non avevano frequentato la scuola media.
Durante questi anni, salvo poche eccezioni, la vita nei Collegi era relativa-
mente normale, eccetto nelle situazioni concrete di pericolo per scioperi o atti
rivoluzionari, come quelli accaduti nelle varie province di Spagna i giorni 11 e
12 maggio 1931, che colpirono in modo speciale i Collegi delle Figlie di Maria
Ausiliatrice di Madrid, Alicante e Valencia7.
Le suore, con abito religioso o senza, secondo le circostanze, continuarono a
fare scuola d’accordo con i Programmi ufficiali, adattando gli orari e le date per
le vacanze alla legislazione vigente, e rimettendo all’ambito interno e privato
ogni attività pastorale e comunitaria, così come celebrazioni religiose, ecclesiali
o salesiane che formavano parte del loro sistema educativo. Così si comportaro-
no le religiose che assistevano tanto alunne che ex alunne, i loro familiari e be-
nefattori delle rispettive opere. È molto significativo che nelle cronache delle ca-
se non ci sia nessun riferimento agli avvenimenti politici della nazione.
Le diverse soluzioni, come quella di creare Mutuas Escolares o Patronatos, che
i religiosi, anche i Salesiani, trovarono per risolvere i problemi che la legge di
Confessioni e Congregazioni sollevava, furono adottate, sebbene modestamente,
anche dalle Figlie di Maria Ausiliatrice in alcuni dei loro collegi. Ma, oltre a
questa modalità, le suore intrapresero anche il progetto di programmare e realiz-
zare gli studi necessari per ottenere i titoli indispensabili per l’esercizio dell’inse-
gnamento e della propria missione educativa, sempre orientata a una formazio-
ne integrale, con un solido fondamento religioso. Così lo aveva consigliato l’I-
spettore salesiano don José Calasanz, il quale tuttavia capiva bene, e lo ratificò
con il suo martirio, che “è molto facile seguire Nostro Signore sul Tabor, però
bisogna anche accompagnarlo al Calvario, e per questo è necessario rivestirsi
dello spirito di sacrificio”8.
Il 1934, anno della cosiddetta “rivoluzione delle Asturie”, trascorse anche per
i Collegi delle Figlie di Maria Ausiliatrice in un clima di relativa tranquillità,
6 Crónicas de Ecija (Sevilla) 27 de agosto y de Sueca (Valencia), 4 de octubre de 1935.
7 Crónicas del año 1931 de los Colegios de Madrid, el Pilar, 11 y 12 de mayo; Alicante,
11,20 y 24 de mayo; Valencia, 12 y 24 de mayo.
8 Crónica de la Casa de Torrente (Valencia), 5 de abril de 1933.

22.9 Page 219

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La situazione delle Figlie di Maria Ausiliatrice 219
mentre si mantenevano le disposizioni adottate l’anno precedente per quanto ri-
guardava l’educazione. Era anche programmata in quell’anno la visita a tutte le
Case da parte della Consigliera ispettoriale, suor Onorina Lanfranco, un’esperta
pedagogista salesiana, giunta dall’Italia con la nuova ispettrice, madre Margheri-
ta Gay, nel mese di ottobre, con la missione di orientare l’azione educativa nei
Collegi delle Figlie di Maria Ausiliatrice della Spagna, tenendo presente l’attua-
zione dei Programmi statali9.
Mentre i Decreti del Frente Popular, dopo il trionfo nelle urne nel febbraio
del 1936, preannunciavano la fine dell’insegnamento attuato dai religiosi/e in
Spagna, la reazione di gruppi incontrollati che accompagnarono la pubblicazio-
ne dei citati Decreti ebbe uno dei suoi più tristi eventi nell’attacco al Collegio
“María Auxiliadora” di Madrid, che fu di nuovo incendiato e le suore disperse e
maltrattate10.
Le Cronache delle Case delle Figlie di Maria Ausiliatrice, principale fonte di
informazione di questo lavoro, tacciono sullo scoppio della guerra civile nel lu-
glio del 1936. La guerra sconvolse l’unità dell’Ispettoria di “Santa Teresa”, l’uni-
ca che allora avevano in Spagna le FMA.
Gli anni della Repubblica furono un periodo doloroso, ma anche fecondo a
livello apostolico, per l’umiltà e il sacrificio che richiese il lavoro silenzioso delle
suore, svolto senza disporre di mezzi economici; e per la fiducia nel Signore che
manifestarono in ogni momento, fino alla donazione generosa, e anche eroica,
della propria vita animata dalla carità11.
9 Crónicas de San José del Valle (Cádiz), 8 de febrero, Ecija (Sevilla), 13 de febrero,
Valverde del Camino (Huelva), 24 de febrero, Salamanca, 21 de marzo, Valencia, 26 de
abril, Torrente, 30 de abril y 13 de diciembre, Sueca (Valencia) 9 y 17 de mayo, 13 y 17
de diciembre de 1935.
10 Relación de los sucesos ocurridos en la Casa de Villamil, 1936. Archivio Generale FMA,
13.32-118.
11 Ambrosina VOLPATI, Relación sobre la actuación de las Hijas de María Auxiliadora en Ma-
drid, y sucesos acaecidos antes y durante el dominio rojo. AGFMA, 13.32-118; María F. NUÑEZ
MUÑOZ, Carmen Moreno Benítez. Un camino hacia la plenitud. Madrid, Editorial CCS 2001,
p. 60.

22.10 Page 220

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220 Joaquín Torres
QUARTA PARTE
CONCLUSIONI
Joaquín Torres
Possiamo osservare una serie di elementi costanti nella situazione delle opere
salesiane in Spagna nel periodo della II Repubblica (1931-1936):
1. Consideriamo questo periodo come un tempo difficile per la Famiglia Sale-
siana della Spagna perché vissuto in un’atmosfera di preparazione alla perse-
cuzione religiosa, mediante l’inseguimento legislativo contro la radice strut-
turale della vita e opera salesiane con diversi attacchi non solo contro le ope-
re, ma anche contro le stesse persone.
2. Dobbiamo sottolineare la pronta e continua sollecitudine dei Superiori
maggiori. Immediatamente dopo la proclamazione della Repubblica e
appena incominciati i tempi di disagio, fu inviato don Pietro Ricaldone
due volte in uno spazio di tempo di appena tre mesi. Più tardi si sono
avute le visite di don Seriè e di don Candela. Inoltre il rapporto degli
ispettori della Spagna con Torino fu continuo fin dall’inizio della Guerra
civile. Conseguenza di ciò fu una chiarissima unità di azione da parte di
tutti i Salesiani della Spagna in questo periodo. Si lottò e si rispose alla
sfida ovunque con le stesse opzioni di fondo e con le stesse strategie e
iniziative.
3. I Superiori e le Superiore maggiori – e anche i tre ispettori e l’ispettrice sale-
siana – insistettero sulla fedeltà e sul coerente stile di vita per incoraggiare i
confratelli e offrire a tutti un esempio verace contro le menzogne e le diffa-
mazioni. Si sopportarono le ingiustizie e le misure laiciste del governo, come
l’obbligo di vestire in borghese, ma appena fu possibile si raccomandò con
insistenza di portare di nuovo la talare (nel periodo del governo della destra).
Si può constatare come i Salesiani e le Salesiane di quel tempo, nonostante le
paure ovvie e reali, non vennero meno di fronte alle difficoltà. In questo sen-
so sono innumerevoli le volte in cui gli ispettori si sono mostrati chiaramen-
te contrari alla sospensione di qualsiasi attività pastorale; anzi, ci furono al-
cune nuove, per esempio l’importante creazione a Carabanchel Alto di uno
Studentato Teologico Nazionale comune alle tre ispettorie data dal tempo

23 Pages 221-230

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23.1 Page 221

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Conclusioni 221
della II Repubblica (3 novembre 1931); così come la benedizione della nuo-
va chiesa della casa di Estrecho1.
4. L’esigenza di un adeguato stile di vita portava la necessità di praticare la poli-
tica del Pater noster, così cara al nostro Padre Fondatore. Prontamente, molti
Salesiani cominciarono a conseguire i titoli ufficiali per l’insegnamento nella
scuola; un esempio, tra tanti altri, della volontà di evitare le difficoltà del
momento con una visione aperta ai nuovi tempi2.
5. Dopo l’approvazione della Costituzione Repubblicana, il cavallo di battaglia
contro le scuole religiose fu quello della “Legge di Confessioni e Congregazio-
ni” del giugno 1933. In tutta la Spagna Salesiana furono costituite diverse
Associazioni Cattoliche dei Genitori degli allievi sotto la protezione delle leg-
gi precedenti. La nascita delle “Mutualità” organizzate dentro questo tessuto
associativo daranno garanzia all’insegnamento salesiano nelle diverse scuole.
Allo stesso modo si crearono le Società Anonime, con lo scopo di conservare
le proprietà della Congregazione. La vittoria della destra alla fine del 1933,
insieme con le difficoltà economiche del governo repubblicano per estendere
maggiormente la scuola pubblica, impedirono uno sviluppo più soffocante
della Legge.
6. In genere, fino al maggio del 1936, quando già in Spagna governava il Fron-
te Popolare, non ci furono ordini severi di chiusura delle scuole. Si possono
fare delle ipotesi su cosa sarebbe accaduto nel caso della continuazione della
Repubblica e non fosse scoppiata la Guerra Civile; ma si tratterebbe di argo-
menti ipotetici in base a comparazioni con ciò che è avvenuto in altri Paesi o
in base a deduzioni prese dalla precedente storia spagnola: congetture pro-
prie piuttosto di uno studio erudito e lontane dallo scopo di questo saggio.
7. In questo senso possiamo sottolineare il grande coraggio mostrato nel tenta-
tivo di conservare la vita e le opere da parte dei Salesiani e delle Figlie di Ma-
1 Las palabras de D. Marcelino Olaechea en el acto de inauguración revelan gran di-
gnidad de ánimo: “El Señor exigirá de los nuevos sacerdotes más sacrificios y sufrimien-
tos. Los que no se sientan decididos a sobrellevarlos deben dar el paso atrás. En voso-
tros, dado el encarrilamiento de nuestro género de vida, las faltas que parecen pequeñas
son relativamente graves”(AISMA I, Crónica del Estudiantado Teológico Nacional de Ca-
rabanchel, 3).
2 Muchas de las disposiciones tomadas se hicieron en medio del peligro y de la ame-
naza. La misma obtención de títulos oficiales, siendo una medida adoptada con anterio-
ridad por el inspector D. Marcelino Olaechea, se abandonó en el período franquista,
claramente favorable a nuestras escuelas. Quizá pueda servir para el debate ver si la Con-
gregación es capaz de asumir riesgos o mostrar una actitud de parresía ante los desafíos
del desarrollo histórico por sí misma o como respuesta a un peligro o amenaza de un
momento concreto.

23.2 Page 222

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222 Joaquín Torres
ria Ausiliatrice. Camminarono insieme l’insistenza su una stretta osservanza
religiosa e la flessibilità nelle strutture delle opere, dando per esempio a laici
conosciuti gli incarichi di Direttore o Amministratore. La stessa terminolo-
gia scelta da don Bosco per la sua Congregazione permetteva questa flessibi-
lità e offriva una buona opportunità per evitare conflitti: società, ispettore,
ispettrice, direttore, assistenti....
8. Nonostante l’inquietudine propria del tempo, le diverse opere continuaro-
no a svolgere il loro compito educativo e apostolico senza interruzione,
persino con la crescita per un buon numero di esse. Riguardo all’aspetto
educativo, di fronte all’attacco anticattolico, possiamo sottolineare in que-
sto periodo l’impegno nel promuovere e sviluppare il nostro impegno ca-
techistico. Ci troviamo davanti ad anni di intenso sviluppo di iniziative
catechistiche, molti di esse in collaborazione con le autorità parrocchiali e
diocesane.
9. Finalmente, ma non meno importante, conviene aver presente la solidarie-
tà degli Ex-Allievi e dei Cooperatori, che con la naturalità del sentirsi pie-
namente identificati con l’educazione ricevuta, tanto individuale come
collettiva, seppero in quel tempo difficile difendere con creatività e corag-
gio gli interessi della Congregazione e dell’Istituto delle Figlie di Maria
Ausiliatrice.
A modo di epilogo
Qualcuno potrà domandarsi come mai sia stato possibile, data la dedizione
della Congregazione salesiana ai giovani più poveri e umili, e la loro popolarità e
amicizia con la classe operaia, che subito dopo le grandi celebrazioni della beati-
ficazione e canonizzazione di Don Bosco, i Salesiani e le Salesiane abbiano do-
vuto soffrire la persecuzione e il martirio durante la Guerra Civile.
Ancora una volta è diventata realtà la massima storica: «non licet esse
christianos». L’odio viscerale verso il cristianesimo fu più forte della qualità
umana delle persone e del loro compito sociale. Anzi, lo stesso fatto del lavo-
ro sociale seminò l’odio, come mostrano le parole di un gruppo di rivoluzio-
nari sull’opera salesiana nel quartiere di Madrid Estrecho: “Opprimeva e ri-
empiva di tristezza uno dei quartieri più popolari di Madrid. Era uno dei più
forti rifugi dei frati salesiani, il convento di Francos Rodriguez”3. Non ci fu
posto per la ragione. La passione si scatenò e gli istinti presero possesso del
popolo.
“Nessuno di voi abbia a soffrire come omicida o ladro o malfattore o delato-
re. Ma se uno soffre come cristiano non ne arrossisca; glorifichi, anzi, Dio per
3 Archivo de la Casa de Estrecho A1, Milicia Popular, Diario del 5º Regimiento de Milicias
Populares, 29 julio 1936.

23.3 Page 223

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Conclusioni 223
questo nome”. (1P 4,15-16). Molti Salesiani morirono per il semplice fatto di
essere quello che erano: cristiani e salesiani. Oggi 95 di essi sono venerati come
beati. Ma, in genere, anche gli altri lavorarono e dovettero soffrire in quelli anni
per poter essere coerenti con la loro vocazione di educatori della gioventù. Tem-
pi difficili, dunque, ma anche tempi eroici e gloriosi per le due Congregazioni, i
Salesiani e le Figlie di Maria Ausiliatrice.

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23.5 Page 225

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ASSISTENZA EDUCATIVA SALESIANA SOTTO L’INFLUSSO
DELLA DITTATURA NAZIONALSOCIALISTA
L’esempio della “Eduardstift” di Helenenberg
Johannes Wielgoß*
Stato della ricerca e delle fonti
L’Ispettoria germanico-austriaca dei salesiani di don Bosco, durante il perio-
do della dittatura nazionalsocialista (1933-1945), ebbe due case a Helenenberg
e Marienhausen che erano Istituti di assistenza educativa. L’illustrazione della
loro storia, per lo spazio di tempo di cui sopra e la ricerca del ritrovamento delle
fonti, è rimasta fino ad oggi molto insoddisfacente. I contributi nelle pubblica-
zioni commemorative, basate per lo più sulle cronache delle case, le annotazioni
dell’archivio dell’Ispettoria, oppure degli archivi ecclesiastici o statali, non sono
stati finora valorizzati1. Inutile cercare nella Storia dei salesiani dell’ambito lin-
guistico della Germania – redatta da Georg Söll – ciò che si deve intendere per
educazione assistenziale durante la dittatura di Hitler, e ciò che si nasconde nei
* Salesiano. Preside emerito del liceo Don-Bosco in Essen-Borbeck, Germania; vi fu at-
tivo anche in qualità di docente della religione, della storia e della politica.
Sigle e abbreviazioni:
ALVR Archiv des Landschaftsverbandes Rheinland [Archivio della Federazione Re-
gionale della Renania]
BAT Bistumsarchiv Trier [Archivio della Diocesi di Treviri]
Bl.
Blatt [foglio]
BüV Bericht über die Verwaltung der Angelegenheiten der Fürsorgeerziehung
[Bollettino sull’Amministrazione degli Affari dell’Educazione assistenziale]
EGT Erbgesundheitsgericht Trier [Tribunale della sanità ereditaria di Treviri]
Gestapo Geheime Staats-Polizei [Polizia segreta di stato della Germania nazista]
H.J. Hitlerjugend [Gioventù di Hitler]
LHAK Landeshauptarchiv Koblenz [Archivio Centrale della Regione – Koblenz]
NSDAP Nationalsozialistische Deutsche Arbeiterpartei [Partito nazionalsocialista dei
lavoratori tedeschi].
1 Cf 50 Jahre Salesianer Don Boscos in Helenenberg. 1925-1975. Trier 1975. August
ROHDE, Die Salesianer Don Boscos auf dem Helenenberg, in 500 Jahre Helenenberg. Hospi-
tal. Kreuzherrenkloster. Eduardstift. Trier 1988, pp. 73-81; Herbert KUPTZ – Ludger LÖ-
GERS, Marienhausen – das Knabenheim unter der Leitung der Salesianer Don Boscos; in 100
Jahre Marienhausen. Von der’Oaschdald’ zum Zentrum der Jugendhilfe. Ensdorf o.J. [1989],
pp. 57-68.

23.6 Page 226

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226 Johannes Wielgoß
concetti come “sport paramilitare”, “saluto tedesco”, “feste nazionali”, “gioventù
di Hitler”, “educazione del popolo” o “sterilizzazione”2. Ciò stupisce assai, tanto
più che alcuni di questi concetti vengono nominati senz’altro nei verbali del
consiglio della casa dai superiori o di quello amministrativo di Helenenberg e
che invitano a un’interrogazione critica. Anche lavori di Diploma più recenti so-
no similmente deludenti3. Per questa mia esposizione ho potuto consultare, ol-
tre ai verbali dei consigli dei superiori ed amministrativi della casa, singoli scritti
sparsi nell’archivio dell’Ispettoria, una parte minima nell’archivio episcopale di
Trier, atti delle autorità prussiane di controllo nell’archivio della regione Rhein-
land in Brauweiler, i fondi dell’amministrazione provinciale del Presidente Su-
periore della provincia renana di Koblenz, come atti sotto chiave, del Tribunale
della Sanità eugenetica di Trier nell’archivio dell’autorità nazionale di Koblenz.
I. L’INFLUSSO IDEOLOGICO DEL NAZIONALSOCIALISMO
SULL’EDUCAZIONE
1. Lo Stato nazionalsocialista reclama il monopolio dell’educazione
Con la legge dell’assistenza sociale della gioventù del 9 luglio 1922, l’assisten-
za educativa nel regno tedesco venne eretta su una base giuridica. Su richiesta di
un ufficio di assistenza per minorenni, in base a una delibera da parte di un uffi-
cio tutorio o di un tribunale per giovani, poteva venire comandata la prevenzione
o l’eliminazione dell’abbandono di minori4 fino a 18 anni. Le cause dell’abban-
dono erano dedotte dalla struttura di personalità (disposizioni, abuso della liber-
tà personale) oppure da difetti educativi, dovuti all’ambiente. Di solito questi
giovani venivano collocati, separati per sesso, in case statali o confessionali. Le ca-
se di Helenenberg e Marienhausen erano di proprietà delle diocesi di Trier e di
2 Georg SÖLL, Die Salesianer Don Boscos (SDB) im deutschen Sprachraum 1888-1988.
Rückblick zum 100. Todestag des heiligen Johannes Bosco (31. Januar 1988), des Gründers der
Gesellschaft des heiligen Franz von Sales. München, Don Bosco Verlag 1989.
3 Sono da nominare Karl Heinz BRUNNER, Die Jugendhilfeträgerschaft der Salesianer
Don Boscos in den Einrichtungen Wien-Unter St Veit (sterreich) und Helenenberg (Deutsch-
land) von 1919/1925 bis 1945. Ein Beitrag zur Geschichte der Sozialen Arbeit, in RSS 42
(2003) 140-167, ibid., pp. 160-165.
Questo saggio si basa su un lavoro di Diploma dell’autore all’Istituto Superiore di Filo-
sofia e Teologia di Benediktbeuern: Die Entwicklung der Salesianer Don Boscos als Träger
der Jugendhilfe in Österreich und Deutschland. Dargestellt an den Einrichtungen Helenenberg
und Wien-Unter St Veit. Benediktbeuern 2002.
Mentre Brunner suppone, dietro i cenni negli Archivi della casa di Helenenberg delle
difficoltà dei salesiani con l’imposizione dell’educazione nazionale, l’esposizione di un la-
voro di diploma, redatto nel 2005 nell’Università di Trier, non fa accenno ad alcun proble-
ma del genere. Si tratta dello studio di Diane REUTER, Entwicklung des Jugendhilfezentrums
Don Bosco, Helenenberg – ein Beitrag zur Regionalgeschichte der Heimerziehung Trier.
4 A 21 anni si diventava maggiorenni.

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Assistenza educativa salesiana sotto l’influsso della dittatura nazionalsocialista 227
Limburg. Dalla seconda metà del XIX. secolo questi antichi stabilimenti mona-
stici erano serviti ad iniziative socio-caritative, come a orfanotrofi delle due dio-
cesi. Dopo la prima guerra mondiale essi affidarono la direzione ai salesiani di
don Bosco, come ordine religioso maggiormente competente in ambito educati-
vo di bambini e di giovani abbandonati. L’attività educativa era sottoposta alla
supervisione dell’amministrazione delle province statali. Ma i salesiani poterono
organizzare i processi educativi secondo i principi della loro congregazione.
L’assunzione del potere nazionalsocialista del 30 gennaio 1933 rappresentò
praticamente la fine dello Stato di diritto, con la fattiva formulazione della legge
sui pieni poteri dello Stato di diritto tedesco, del 23 marzo 1933. Attraverso dis-
posizioni e ordinanze si giunse alla pretesa totale del monopolio dell’educazione
da parte dello Stato nazionalsocialista dell’ingiustizia [Unrechtsstaat]. In questa
prospettiva, nelle case di educazione assistenziale, si arrivò necessariamente al
conflitto tra la comprensione salesiana dell’educazione – basata sulla concezione
cristiana dell’uomo – e la meta della totale presa di possesso dell’uomo tedesco
da parte dell’ideologia nazionalsocialista.
2. Verbale consenso alla nuova “Educazione nazionale”
Il 4 maggio 1933 il Ministro degli Interni del Reich emanò una circolare per
le case di assistenza sociale, che divenne per gli anni successivi il punto di par-
tenza per una serie di provvedimenti, inconciliabili con i tradizionali principi
salesiani. Il primo punto della circolare presentava lo scopo nuovo:
“Il movimento nazionale, del quale tutta l’educazione della gioventù tedesca deve
essere impregnata, deve compiere anche l’educazione assistenziale per incarico dello
Stato, aderendo al nuovo spirito. I doveri, derivanti per i giovani dal pensiero del-
l’elevazione nazionale come: la disciplina, il cameratismo, il volontario inserimento
nella comunità e l’amore, capace di sacrificio per la patria, devono essere inculcati
in particolare nell’educazione ai minorenni dei collegi assistenziali e diventare ope-
rativi per la promozione del loro rinvigorimento fisico e psichico”5.
Il direttore della “Fondazione Eduard” [“Eduardstift”] di Helenenberg, don
Dr. Theodor Seelbach6, inviò all’autorità educativa di Düsseldorf il 26 Luglio
5 ALVR 14055, Bl. 5.
6 Dr. Theodor Seelbach, nato 1883, dal 1909 a Penango, 1913 Noviziato a Wernsee,
parte dal noviziato a causa dell’inizio della guerra; convocato a militare come sotto-ufficiale,
1915 luogotenente, 1918 superluogotenente, comandante; noviziato e studio di filosofia a
Unterwaltersdorf, 1919 prima professione, fino al 1920 tirocinante a Vienna III, e studi di
filosofia. Dal 1920-1924 studi di teologia a Foglizzo e promozione a Torino; 1924 ordina-
zione sacerdotale a Torino, in seguito, fino al 1927 direttore degli studi e vicario della par-
rocchia a Marienhausen, 1931-1941 direttore a Helenenberg, 1941-1949 superiore dell’I-
spettoria tedesca, 1949-1952 direttore in Bendorf, 1952-1954 Direttore in Marienhausen.
Dal 1954 fino alla morte,1958, primo Ispettore dell’Ispettoria della Germania-Nord.

23.8 Page 228

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228 Johannes Wielgoß
1933 una risposta, che introdusse nel modo seguente: “La direzione dell’Inter-
nato ha salutato con gioia la disposizione del Signor Ministro – riguardante l’e-
ducazione nazionale – e l’ha accolta come uno stimolo per sottolineare maggior-
mente l’insistenza del pensiero nazionale nell’azione educativa”7.
L’asserzione trova prima di tutto una spiegazione nell’orizzonte dell’attesa
della legge. “Io aspetto che tutte le autorità dell’educazione assistenziale, diretto-
ri delle case, ed educatori, compiano il lavoro presso la gioventù loro affidata,
nello spirito del popolo tedesco e con intento nazionale e religioso”8.
Concretamente, il ministro esortò a servirsi di libri e periodici per influenza-
re i giovani. Egli proscriveva dagli internati “tutte le pubblicazioni comuniste,
marxiste, antitedesche o di uno spirito avverso alla religione” e comandò “di
procurare quelle dal contenuto nazionale o religioso”9.
La mentalità di queste disposizioni corrispondeva ampiamente all’idea dell’e-
ducazione dei giovani di una parte prevalente della guida ecclesiale e dell’élite.
Un ulteriore motivo per l’adesione è da scoprire nella personalità di don Theo-
dor Seelbach: come ufficiale prussiano e partecipante alla guerra al fronte del-
l’est gli appartengono le “virtù prussiane”, la disciplina, lo spirito cameratesco e
la capacità di sacrificio. E l’educazione dell’internato doveva precisamente tra-
smettere queste “virtù” ai bambini svantaggiati. Con i pensieri conclusivi della
relazione egli conferma alle autorità dell’educazione la sua conformità con gli
scopi nei riguardi dell’educazione del nuovo Stato:
“In base alla nostra esperienza possiamo dire che le linee orientative per l’educazio-
ne nazionale in una casa assistenziale sono da osservare. Con una coscienziosa os-
servanza i nostri giovani diventano fisicamente forti e disciplinati e imparano anco-
ra a valorizzare e stimare i beni nazionali”10.
La relazione richiesta doveva documentare le disposizioni degli internati all’edu-
cazione nazionale. Il direttore Seelbach faceva evidentemente riferimento al “Kura-
torium del Regno per l’incremento dell’abilità e bravura dei giovani”, predisposto il
12 settembre 1932 dal Presidente del Reich – che doveva servire a educare la gio-
ventù tedesca per formare uomini atti al potenziale militare, con amore per la pa-
tria. All’interno delle associazioni giovanili le mete dell’ Amministrazione del regno
erano molto discusse, e venivano rifiutate dai pacifisti. Il Dr. Seelbach non vi vide
alcun problema, inoltre egli comunicò alle autorità educative che già prima delle
disposizioni ministeriali a Helenenberg erano praticati “esercizi di marcia più pro-
lungati, accompagnati da canti popolari dal contenuto patrio e soldatesco”. Le dis-
posizioni avrebbero dato un nuovo impulso per intensificare tale attività e arricchir-
le con esercizi mirati. Sul palcoscenico si sarebbero preparate rappresentazioni con
7 ALVR 14055, Bl. 90.
8 Ibid.
9 Ibid.
10 Ibid., Bl. 91.

23.9 Page 229

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Assistenza educativa salesiana sotto l’influsso della dittatura nazionalsocialista 229
senso patrio, nei film si privilegiavano film di guerra. Nello stesso senso sarebbe sta-
ta corredata la biblioteca. I giovani avrebbero accettato tutto con grande interesse11.
In base a questo schema burocratico – invio di una indicazione e controllo
da parte di un’autorità sull’accettazione nella casa mediante un feedback scritto,
da parte del direttore dell’internato – si sarebbe svolta, successivamente, la co-
municazione tra l’autorità dell’educazione e l’internato “per compiere l’educa-
zione assistenziale con un nuovo spirito”12.
Gli impiegati della Provincia utilizzavano, inoltre, le visite regolari agli inter-
nati per un controllo e il cambiamento della pratica educativa, conforme alle
disposizioni ministeriali del 4 maggio 1933. Accanto alle condizioni negative
(p. esempio nell’ambito dell’igiene, dell’alloggio o del nutrimento) essi avverti-
vano, in queste comunicazioni della loro visita, soprattutto la mancanza o la tra-
scuratezza nei riguardi dell’“educazione nazionale”.
3. Introduzione sistematica dell’addestramento paramilitare e l’educazione
all’aria aperta
La vita quotidiana a Helenenberg cambiò nettamente volto, a partire dal 1933,
prima di tutto per l’intensificazione delle esercitazioni sportive paramilitari, allo sco-
po di accrescere la capacità bellica del singolo. Nel 1934 si istituì per la gioventù di
Hitler il sabato libero da scuola, in vista dell’educazione politica dello Stato. Questo
giorno venne assunto anche negli internati assistenziali. Il 30 settembre il direttore
Seelbach presentò alla Erziehungsbehörde [Ministero dell’educazione] il program-
ma della giornata per la gioventù dello Stato [Staatsjugendtag] di Helenenberg:
“Tutto l’insegnamento del sabato è dedicato alla educazione politica del partito e
all’educazione fisica. Le due prime ore (8-10) servono alla trasmissione delle neces-
sarie conoscenze nell’ambito del partito e della cittadinanza (programmi del parti-
to, Führer del Reich e del Partito, struttura delle organizzazioni nazionalsocialiste).
Dalle 10-12 la scolaresca è nella piazza dello sport e fa ginnastica, esercizi di ordi-
ne, atletica leggera. Questo piano del sabato cambia ogni 1-2 settimane con esercizi
di sport all’aria aperta, che durano tutta la mattinata”13.
Si introdusse lo sport di lotta, il box, sul quale Hitler si pronuncia cosí: “Non esi-
ste nessun altro sport che, come quello, favorisca nello stesso modo lo spirito di attac-
co, che richiede fulminea forza di decisione, ed educa il corpo a una duttilità ferrea”14.
Similmente era anche penetrato, con il movimento all’aria aperta, negli inter-
nati assistenziali, come contributo alla sanità della popolazione, al servizio ideo-
11 Cf ALVR 14055, Bl. 90ss.
12 Cf sopra.
13 ALVR, 14056, Bl. 198.
14 Adolf HITLER, Mein Kampf. München, 1938 (355-359 edizione), p. 454.
Lo sport di box ricevette in Germania una grande affermazione grazie al sostegno di Max
Schmeling (1905-2005), il campione mondiale del peso massimo negli anni 1930-1931.

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230 Johannes Wielgoß
logico del nazionalsocialismo: Helenenberg brillò qui con la scuola nel bosco15,
ginnastica e sport all’aperto e una piscina all’aperto16. Il direttore Seelbach comu-
nicò all’autorità il 17 aprile 1937, il cambiamento dell’educazione all’aria aperta:
“Da alcuni anni abbiamo potuto osservare che il bagno quotidiano, quindi anche
con un tempo atmosferico più freddo, è un mezzo eccellente per rinforzare il fisico
e renderlo più capace di resistenza, sicché nei mesi d’inverno non abbiamo registra-
to quasi nessuna influenza o gravi malattie di raffreddamento. Inoltre realizziamo
qui per i vari livelli d’età gruppi di passeggiate che, accanto a molti preziosi stimoli
e compiti educativi favoriscono anche l’educazione all’aria aperta”17.
Come espressione singola questa citazione potrebbe essere vista come una
precauzione contro le malattie, mentre, come risposta a una inchiesta della Er-
ziehungsbehörde, si riferisce a un contesto razziale-biologico che indica, nel-
l’ambito della bravura militare, il principio della selezione18. La Germania ha bi-
sogno di un essere umano capace di difesa e pronto alla lotta, che deve ricevere,
nell’educazione nazionalsocialista, una formazione sportiva paramilitare19.
Il moltiplicarsi delle attività sportive esercitò grande attrattiva sui giovani e
godette di una particolare accettazione. Le reali intenzionalità rimasero per lo
più ignorate dai destinatari.
4. La formazione politica nel “nuovo Stato”
I giovani venivano immediatamente interessati da un’offerta massiccia di
pensieri nazionalsocialisti, mediante l’educazione politica, alla quale ci si poteva
tanto poco sottrarre, quanto allo svolgimento delle feste religiose e preghiere
quotidiane, improntate salesianamente. La “Relazione sull’amministrazione del-
le pratiche dell’educazione assistenziale” per l’anno 1935 ha conferito, in gene-
rale agli internati privati, un buon certificato nel senso nazionalsocialista; erano
tutti esponenti delle due chiese cristiane.
“Si può costatare, in opposizione a molti dubbi espressi, che l’immagine di un interna-
to di educazione privato si è cambiato non solo esternamente, nell’abbellimento degli
ambienti e nella rigida postura degli alunni, p. es. nell’applicazione del saluto tedesco,
ma anche internamente, in quanto il volere nazionalsocialista, il sentire e agire, è sem-
pre più penetrato anche se – ciò è comprensibile – nel tempo e nel ritmo non possiede
lo stesso slancio, che si osserva nelle organizzazioni del movimento stesso”20.
La casa di Helenenberg non costituì, esternamente, alcuna eccezione. Alla
domanda della Erziehungsbehörde il direttore Seelbach confermò, il 6 aprile
15 Insegnamenti fatti in ambienti aperti o addirittura nel bosco.
16 ALVR 14068, Bl. 3, 4 141 e 175.
17 ALVR 14068, Bl. 24.
18 Cf ALVR 14068, Bl. 57.
19 BüV, Rechnungsjahr 1933, 25. Juli 1934, p. 6; in LHAK 442, 16140.
20 BüV, Rechnungsjahr 1935, 29. Juli 1936, p. 6; in LHAK 442, 16140.

24 Pages 231-240

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24.1 Page 231

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Assistenza educativa salesiana sotto l’influsso della dittatura nazionalsocialista 231
1934, che per i ragazzi, dimessi dalla scuola, era a disposizione un giornale loca-
le nazionalsocialista, “Nationalblatt –Trier”21.
Dalla biblioteca dei ragazzi veniva suggerita una lista con titoli di letteratura
popolare. Questi libri erano stati comperati22 ma, evidentemente, non erano sta-
ti messi a disposizione degli allievi. Questo difetto era stato scoperto dal consi-
gliere nazionale durante la visita del 22 settembre 1936, e ne fece ammonizione
nello scritto all’Istituto nel modo seguente:
“Inoltre, manca nella biblioteca degli educandi un catalogo di schedatura per il
prestito, dal quale si può facilmente dedurre quali libri essi leggono. Io prego di
predisporre tale catalogo e confermarmi contemporaneamente che i libri, che sono
stati acquisiti, anche con il contributo di questo nostro ufficio, sono stati effettiva-
mente registrati nella schedatura degli educandi, inseriti nella biblioteca e a dispo-
sizione degli educandi. Come compito pedagogico dell’Istituto devo insistere con
gli allievi perché leggano effettivamente i libri recentemente acquisiti e familiariz-
zarsi così con il pensiero nazionalsocialista”23.
Questo passo è un esempio del controllo praticato accuratamente sull’educa-
zione nello Stato nazionalsocialista. Certamente non si può dedurre da questo
inconveniente un comportamento resistente della direzione della casa contro
l’influsso nazionalsocialista sui giovani; piuttosto si può vedervi una trascuratez-
za nella cura della biblioteca, soprattutto perché il Direttore Seelbach rispose af-
frettatamente il 10 ottobre 1936:
“Alle osservazioni fatte nella lettera del 6 di questo mese – riguardante il catalogo
per il prestito dei libri – comunico con deferenza che tale catalogo era effettiva-
mente esistente. Mi è stato sottoposto la sera del giorno della Visita, per cui è di-
mostrato che un consistente numero dei libri nominati era in mano ai ragazzi. Le
registrazioni del prestito, dalle quali si può dedurre, «senza complicazioni» quali li-
bri vengono letti, sono redatte dai capigruppo”24.
Per l’ornamento delle pareti le autorità governative dell’educazione fornirono
agli Istituti illustrazioni del Führer Adolf Hitler. Un consigliere del governo cen-
trale fece agli Istituti, in seguito alle sue osservazioni, la seguente proposta:
“L’ornamento delle pareti, attualmente ancora insoddisfacente in alcuni Istituti, circa le
immagini degli eventi politici attuali, si può ottenere facilmente ponendo in cornici im-
magini scelte dai periodici settimanali nazionalsocialisti e cambiarle ogni tanto. In questo
modo si può produrre, senza spesa alcuna, un attraente ornamento di immagini, che col-
legano gli educandi, in forma sempre nuova, con gli eventi politici del mondo esterno”25.
21 ALVR 14055, Bl. 219.
22 Cf ALVR 14101, Bl. 89, 99 e 120.
23 ALVR 14101, Bl. 180.
24 Ibid., Bl. 181.
25 ALVR 14056, Bl. 310.

24.2 Page 232

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232 Johannes Wielgoß
Anche a questo scritto il direttore Seelbach invia una risposta, particolar-
mente appropriata:
“Nei riguardi dello scritto del 18 maggio 1937, a proposito dell’ornamento delle pa-
reti con immagini degli eventi politici del nostro tempo, comunichiamo che, nella
falegnameria del nostro Istituto, sono state fabbricate due cornici, che vennero ap-
pese appropriatamente. Immagini, della edizione speciale dell’Osservatore illustrato,
vengono introdotte e ogni settimana, o più frequentemente, cambiate. Inoltre viene
utilizzato anche un adeguato materiale illustrato, della vita nazionale attuale”26.
5. Trasmissione di eventi politici del giorno mediante la radio e le feste nazionali
Molto più della stampa le autorità dell’educazione apprezzavano la trasmis-
sione degli eventi nazionalpolitici e mete mediante la radio e i film. All’inizio
della guerra esse descrissero l’effetto, addirittura euforico, sui giovani: “La co-
stante discussione sui giornali e le quotidiane trasmissioni radiofoniche, le rap-
presentazioni di eccellenti documentari, garantiscono la partecipazione entusia-
sta, come dimostra ogni visita degli Istituti e la conversazione con i giovani”27.
Si raccomandò agli Istituti di dare a tutti i ragazzi la possibilità di ascoltare le
trasmissioni dirette dei discorsi del Führer e le celebrazioni commemorative alla
radio. Un comunicato delle autorità amministrative ne sottolinea il particolare
valore educativo: “Particolarmente per l’educazione di coloro che, negli Istituti,
sono separati nel corso della giornata regolamentata dal mondo esterno, il nuo-
vo grande mezzo di propaganda della radio ha creato insospettate possibilità di
collegamento con la vita della comunità del grande popolo”28.
Il direttore Seelbach confermava alle autorità l’utilizzo di questo mezzo del-
l’educazione, il 29 ottobre 193429.
Vero è che nei riguardi della radio ci fu un uso non concorde e probabilmen-
te anche contraddittorio. Infatti, per la comunità dei confratelli, si può dedurre
un’annotazione nel verbale del consiglio della casa, per cui la radio doveva essere
usata secondo le indicazioni dei superiori: “Mai bisogna ascoltare: a) Politica, b)
trasmissioni straniere. Sotto nessun pretesto dopo la preghiera della sera”30. Il
primo divieto si riferisce alle Costituzioni salesiane, che vennero infrante con
ogni ascolto comunitario dei discorsi del Führer e delle celebrazioni nazionalso-
cialiste. Il secondo divieto si basa su un comando statale, che sottoponeva l’a-
scolto di trasmissioni straniere alle sanzioni della polizia di Stato e che, con l’ini-
zio della guerra, veniva severamente punito.
In parallelo alle celebrazioni ecclesiali venivano celebrate le feste dello stato
nazionalsocialista. Esse trovarono all’esterno espressione con le bandiere sugli
26 Ibid., Bl. 359.
27 BüV, Rechnungsjahr 1939/40, 18. Juli 1940, p. 6; in LHAK 442, 16141.
28 BüV, Rechnungsjahr 1934, 31. Juli 1935, p. 4; in LHAK 442, 16140.
29 ALVR 15044, Bl. 579.
30 Archiv Helenenberg, Hausobernratsprotokoll vom 1. September 1937.

24.3 Page 233

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Assistenza educativa salesiana sotto l’influsso della dittatura nazionalsocialista 233
edifici e l’ornamento dei quadri del Führer. La cronaca della casa annota, a par-
tire dal 1936, la celebrazione del solstizio, comandato dal Ministero dell’Interno
del Reich nel 1933, come “festa della gioventù”31. La cronaca della casa di Hele-
nenberg registra una breve descrizione della celebrazione del 20 giugno 1936:
“La sera venne organizzato, sul grande campo dei giochi, una celebrazione del sole.
Essa serve, secondo la volontà del governo, contemporaneamente alla preparazione
della festa dello sport dell’indomani. Essa inizia con l’inoltrarsi del buio. Nella
marcia numerose fiaccole venivano portate accanto al corteo. Il corteo si dispose at-
torno a una catasta di fuoco che venne accesa, al rimbombare del canto: «In alto,
fiamma!» Seguirono poesie e il discorso di un chierico. Si concluse con l’inno della
Germania”32.
Nel verbale del consiglio dei Superiori della casa del 19 giugno 1939 si con-
stata però un tono critico: “La celebrazione del solstizio deve essere celebrata an-
che quest’anno come prima, per ovviare delle difficoltà”. Si evita in questo mo-
do un conflitto con le istanze nazionalsocialiste.
Dall’anno precedente varie fonti attestano in modo concorde che l’“An-
schluss” (incorporazione) dell’Austria, come evento della politica estera, è reso
presente con debito onore con una intensiva celebrazione a Helenenberg. La cro-
naca della casa annota il 9 aprile 1938 il giorno del regno della grande Germania:
“Questo giorno venne celebrato anche qui in modo debito. Che non appartenia-
mo in nessun modo agli arretrati è dimostrato dal bel programma. In modo si-
mile venne reso presente ai ragazzi in Helenenberg, il 10 giornata del «Partito del
Reich della grande Germania» dal 5-12 settembre 1938 a Nürnberg”33.
6. Il culto del Führer
La propaganda del partito promosse soprattutto il culto del Führer, per
cui, secondo una disposizione nelle relazioni quotidiane, si doveva usare il “sa-
luto tedesco” consistente nell’alzare il braccio destro con «posizione tesa» del
corpo e con il grido: “Heil Hitler!” (viva il duce!). Per le autorità e nelle scuo-
le, introdotto d’ufficio, tale saluto doveva diventare un’abitudine “ovvia e libe-
ra da costrizione”, anche negli istituti di educazione assistenziale “come segno
esterno dell’interiore comunione di tutti i tedeschi”34. Come il porgere il salu-
31 Ministero del Reich degli Interni del 7 giugno 1933: “La sera del 24 giugno dovranno
essere accese da tutte le alture i fuochi del solstizio come simbolo dell’acceso entusiasmo
della gioventù tedesca per la nazionale elevazione e il rinnovamento del popolo tedesco”
(LHAK 442, 15972).
32 Cronaca di Helenenberg 1925-1939, in Archivio dell’Ispettoria di Monaco.
33 Il “bel Programma” e le relazioni delle celebrazioni di tali eventi politici in Helenen-
berg, redatte a mano dai ragazzi, in più pagine, sono stati inviati all’ufficio del ministero
dell’educazione.
34 Cf ALVR 14055, Bl. 403.

24.4 Page 234

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234 Johannes Wielgoß
to rappresentava una adesione al Führer, così l’astensione da esso un atteggia-
mento trascurato, veniva interpretato come antinazionalsocialista. Rappresen-
tanti della Erziehungsbehörde avevano constatato a Helenenberg delle trascu-
ratezze nel saluto. Così il direttore Seelbach, il 9 dicembre 1935, chiarì alle
autorità che le
“prescrizioni per l’applicazione del saluto tedesco, nella nostra casa corrispondono
alle linee direttive trasmesseci dal presidente della regione.
a) Gli educatori, insegnanti, maestri e assistenti, nell’avvicinare un gruppo, pro-
nunciano sempre il saluto tedesco e si congedano nello stesso modo, dopo aver
terminato la scuola, il lavoro o gli esercizi sportivi.
b) Gli educandi rispondono al saluto degli educatori nel modo prescritto, ma an-
che ogni adulto, che entra nella scuola negli ambienti di lavoro e di abitazione.
Solo gli educatori e adulti che vanno e vengono frequentemente negli ambienti
dell’abitazione tralasciano il saluto.
In relazione alle celebrazioni religiose e negli ambienti ecclesiali si omette il saluto
tedesco. Nei dormitori e negli ambienti della toilette si osserva il silenzio. Ultima-
mente non ho più permesso il saluto tedesco nella scuderia”35.
Nelle ultime due frasi si potrebbe scorgere un leggero sottinteso ironico.
7. Inconsiderata accettazione delle mete educative nazionalsocialiste nell’edu-
cazione salesiana
Il lavoro educativo nelle case assistenziali era sotto il controllo continuo dello
stato, controllo che si intensificava mediante l’inserimento obbligatorio delle
ideologie nazionalsocialiste. Poiché nell’ambiente cattolico prevaleva una certa
disposizione per concetti autoritari, tutte le pratiche, collegate alla bravura com-
battiva e la tendenza alla disciplina, trovarono un’accoglienza senza problemi né
ripensamento nell’educazione. La situazione dominava sull’azione, l’inconcilia-
bilità tra educazione di stampo salesiano e le proposte di Stato all’educazione
nazionale non sembrava non avvertita dal personale educativo. Un attestato si-
gnificativo a riguardo è una annotazione del 1° maggio 1938 nella cronaca della
casa: “Ascolto comunitario del discorso del Führer. Con entusiasmo tutti canta-
rono alla fine l’inno della nazione. La sera preghiera mariana”36.
Una figura centrale per la casa di Helenenberg era, da parte dei salesiani, il
direttore Seebach. Importante, in questo ambito, è la sua origine da piccoli con-
tadini e la sua evoluzione. Era stato un combattente al fronte nella prima guerra
mondiale e un ufficiale, più volte premiato. Era capace di trattare con la classe
dei nobili aristocratici di rango basso, che erano anche in parte i perdenti della
prima guerra mondiale, e non poterono stringere amicizia con la democrazia di
Weimar e che videro nella nuova Germania di Adolf Hitler una rinnovata spe-
35 Ibid., Bl. 626.
36 Cronaca di Helenenberg 1925-1939, in Archivio dell’Ispettoria di Monaco.

24.5 Page 235

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Assistenza educativa salesiana sotto l’influsso della dittatura nazionalsocialista 235
ranza. Il direttore Seelbach, in base alle sue responsabilità nella Congregazione,
era in contatto amichevole con varie famiglie di questo gruppo.
Queste sue disposizioni, come anche il suo percorso nella Congregazione, fa-
vorivano lo sviluppo della sua autorità. Egli apparteneva, come giovane a Penan-
go e come studente a Torino, al gruppo degli studenti salesiani tedeschi, che
avevano – come loro insegnanti – alunni di don Bosco. Da questa vicinanza con
don Bosco essi deducevano la comprensione di loro stessi e la loro pretesa di au-
tentici portatori e mediatori dello spirito salesiano. Questa mescolanza di uno
stile di governo, derivato da un pensiero patriarcale e una concezione militare,
non permise di far affiorare nei più di quaranta giovani confratelli della casa, oc-
cupati nella formazione filosofica o nel lavoro educativo, alcun dubbio o alcuna
messa in discussione critica del nazionalsocialismo che avrebbe scoperto le con-
traddizioni nell’azione educativa.
II. INIZIATIVE DI SELEZIONE SULLA BASE DI MOTIVI IDEOLOGICI
E RAZZIALI
1. Un gruppo della Hitler-Jugend nella “Eduardstift”
Nella prima parte di questo lavoro è stato illustrato come mediante la via
della propaganda politica si cercò di influenzare il processo educativo dei giova-
ni nelle case assistenziali per legarli al nuovo Stato nazionalsocialista. Oltre a
questi procedimenti educativi vennero emanate delle leggi, fondate sulla politica
razziale, e formulate decisioni corrispondenti, che dovevano condurre i singoli
giovani a essenziali restrizioni di vita. In seguito si tratta di formulazione di re-
gole su istanza del partito, o dello Stato, come dei tribunali nazionalsocialisti, il
cui scopo era la selezione con pesi di misura molto vari.
Con il motivo della “educazione unitaria” il Ministro dell’Interno aveva proi-
bito, per ragazzi degli internati, l’appartenenza ad “associazioni ed organizzazio-
ni che avevano il loro centro all’esterno dell’Internato”37. La Erziehungsbehörde
però interpretava questo decreto in modo tale che non poteva applicarsi all’asso-
ciazione giovanile del partito, la gioventù di Hitler. Infatti, già dal 1933 venne
concesso, in collaborazione con la Obergebietsführung38 [Suprema autorità di-
strettuale], la fondazione dei gruppi della Hitler-Jugend nelle case assistenziali.
Tale disposizione ebbe chiaramente di mira una selezione dei giovani. In un ac-
cordo, firmato da un impiegato dirigente e dall’Obergebietsführer [Supremo in-
caricato distrettuale] signor Lautenbacher, venivano fissati i criteri per la selezio-
ne dei giovani: “L’appartenenza alla Hitler-Jugend [...] deve essere considerata
dagli alunni di un educandato assistenziale come una grande distinzione, che
37 Punto 3 della circolare del Ministero dell’Interno del 4.5.1933 (vedi la nota 5).
38 In un Obergebiet erano radunate 4-7 zone. Uno di essi radunò circa 750.000 giova-
ni tra i 14-18 anni.

24.6 Page 236

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236 Johannes Wielgoß
deve essere meritata prima dal comportamento esemplare, poi da elevato rendi-
mento e capacità di sacrificio”39.
La direzione della casa dovrebbe accordare le condizioni dell’accettazione
con il governo del distretto della Hitlerjugend40. Fin dall’inizio erano esclusi
“educandi con disposizioni criminali” e “psicopatici resistenti all’educazione”41.
La maggioranza delle case assistenziali confessionali annunciò nell’estate
1933 la formazione di un gruppo della Hitler-Jugend nell’internato42. Sembra
che don Seelbach abbia esercitato in questa domanda la politica del rinvio43, alla
quale dovette però rinunciare dopo due anni, sotto pressione della amministra-
zione statale.
Da un comunicato del vicario generale Tilmann, del 6 giugno 1935 a Seel-
bach44, si può dedurre che l’autorità amministrativa dell’educazione avesse insi-
stito sulla fondazione di un gruppo della Hitler-Jugend. Tilmann consigliò a
Seelbach di aspettare la prossima seduta del Consiglio di amministrazione, pre-
vista per ottobre, ma che ebbe luogo solo il 4 dicembre 193545.
Tilmann aveva consigliato nel suo scritto di temporeggiare con le autorità fi-
no al consiglio di amministrazione e aveva aggiunto:
“Nelle nostre Istituzioni Episcopali, alle quali appartiene anche Helenenberg, non
abbiamo mai permesso di introdurre organizzazioni, per poter coltivare meglio lo
spirito di famiglia e poter condurre l’educazione in modo più unitario. L’ordinan-
za del Ministero degli Interni della Prussia, del 4.5.1933, è, del resto, dello stesso
parere”46.
Lo scritto di Tilmann a Seelbach, con tutta probabilità, cadde in mano alla
censura postale. Infatti non si spiega altrimenti il fatto che il primo sindaco di
Köln sia venuto in possesso di una copia di questa lettera. L’autorità educativa
ha comunicato l’11 agosto 1935 al Direttore Seelbach che il primo Sindaco di
Köln [Colonia] gli ha fatto pervenire una copia della lettera e la città di Köln ha
deciso, a causa del rifiuto della Hitler-Jugend, che l’istituto di Helenenberg non
avrebbe più potuto ricevere giovani di Köln. Il consigliere del governo regionale,
Dr. Saarbourg, aggiunse irrevocabilmente la sua opinione che anch’egli “non
poteva accettare un rifiuto di fondo di formare dei gruppi di H.J. in Helenen-
39 Hitlerjugend in Erziehungsheimen, in ALVR 14055, Bl. 5. [….] “grande distinzione”
è nell’originale sottolineato.
40 Il governo del distretto era competente per la Hitler-Jugend della regione di Trier.
41 ALVR 14055, Bl. 5.
42 Ibid., Bl.71.
43 Ibid., Bl. 199.
44 BAT, Nr BIII 5,39, Fasc.4 Nr 76.
45 Archiv Helenenberg. Protocollbuch des Kuratoriums, Sitzung am 4 Dezember 1935. Qui
si indica solo il punto dell’ordine del giorno: “Erezione di un gruppo H. J. nell’Internato”.
46 Questo passo ha condotto alla considerazione erronea in lavori condotti fin qui su
Helenenberg, che non ci sarebbe stato ivi nessun gruppo di Hitlerjugend.

24.7 Page 237

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Assistenza educativa salesiana sotto l’influsso della dittatura nazionalsocialista 237
berg”. Egli fece riferimento “in questa faccenda alle favorevoli esperienze, che in
questo senso si erano fatte nelle case educative assistenziali della Provincia”47.
Il direttore Seelbach scelse ora la via della trattativa da ovviare alla minaccia
della diminuzione del numero di studenti per Helenenberg. In un colloquio
con il Dr. Saarbourg egli lo assicurò il 3 ottobre 1935, che il capitolo ammini-
strativo avrebbe preso, per metà ottobre 1935, la risoluzione per l’introduzione
di un gruppo della Hitlerjugend. Inoltre il consigliere regionale fissò nel suo no-
tes, a proposito di Seelbach, la seguente dichiarazione:
“Egli, (Seelbach) avrebbe, a proposito della cosa, messo in atto già passi ulteriori e
si sarebbe messo in comunicazione con l’Oberbannführer in Trier. L’ufficio di assi-
stenza per minorenni in Köln avrebbe alcuni giorni fa – senza attendere la decisio-
ne del capitolo amministrativo – ritirato i suoi allievi da Helenenberg”48.
La Erziehungsbehörde rimase irremovibile e s’informò il 22 ottobre 1935,
per iscritto, come sarebbe risultata la decisione del consiglio49. Il direttore Seel-
bach rispose, a giro di posta, che il consiglio si sarebbe tenuto solo a novembre e
dette la seguente spiegazione, per la fondazione di un gruppo della Hitler-Ju-
gend nell’internato:
“Dopo la consultazione con il Vicario Generale, come presidente del Consiglio, il
quale ha acconsentito alla formazione di un gruppo della H.J. qui nell’Internato,
era stato già da tempo avviata la comunicazione con il Führer del Bann 69 di Trier.
Il gruppo della H.J., che è stato nel frattempo formato, è stato sottoposto imme-
diatamente, con spirito cameratesco autonomo, al Bann. Il Führer del gruppo è il
Signor insegnante Boesen”50.
In questa vicenda dell’adesione alla formazione di un gruppo di Hitler-Ju-
gend si ebbe inizialmente un comportamento di resistenza, contro l’onnipoten-
za dello stato, che si mutò presto, sotto la pressione delle condizioni, in una pre-
veniente obbedienza nella direzione della casa e del Vicario Generale. Il consi-
47 ALVR 14101, Bl. 81.
48 Ibid., Bl. 82.
49 Ibid., Bl. 83.
50 Ibid., Bl. 84.
Boesen insegnò, come insegnante assunto, ai ragazzi della “Eduardstift”. Il 1° aprile
1937 egli voleva, per motivi giustificati dalla legge, passare al servizio di una scuola
pubblica. Contro questo cambio il consigliere regionale, il Dr. Saarbourg si pronunciò
negativamente: il lavoro educativo era prevalentemente nelle mani di appartenenti al-
l’Ordine. Per questo l’occupazione di Boesen nell’Eduardstift era molto desiderata.
“L’insegnante dell’Istituto non si era solo affermato nell’insegnamento degli educandi,
obbligati alla scuola, ma anche attraverso l’organizzazione del gruppo della Hitler-
Jugend e della sua conduzione. Egli condusse anche gli aderenti alla H.J. 29/64 in
Welschbillig. La sua partenza deve essere considerata politicamente sfavorevole”. (ALVR
14101, Bl. 234).

24.8 Page 238

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238 Johannes Wielgoß
glio della “Eduardstift” ha dato consenso, a posteriori, all’ormai fondato gruppo
della Hitler Jugend.
Il gruppo della H.J., composto, in media, da 16 giovani “particolarmente
scelti”51 dispose nella casa per le loro serate di raduni “di una alquanto misera
stanza”52, come annotò il consigliere regionale il signor Dr. Saarbourg, in una
delle sue relazioni di viaggio. Nello stesso modo vennero criticate, in diverse re-
lazioni di viaggio, le uniformi imperfette di alcuni ragazzi, i cui costi per il com-
pletamento doveva assumere la Erziehungsbehörde53. Dr. Saarbourg constatò
che la casa non aveva fatto uso di questa offerta54. Queste osservazioni del consi-
gliere regionale fanno concludere a una disposizione “da riserva” della direzione
della casa verso il gruppo della gioventù di Hitler.
I salesiani non avevano partecipato alla scelta dei ragazzi per la Hitlerju-
gend, essa era affidata alla responsabilità dell’assunto insegnante Boesens55, co-
me si deduce da un appunto nella relazione di viaggio del Dr. Saarbourg, del
28 Settembre 1936.
A proposito dell’importanza del gruppo nella casa, le fonti non indicano
nulla. Per i singoli partecipanti deve essersi trattato di un più intensivo addestra-
mento nazional-politico e della formazione paramilitare. Al 1° settembre 1939 il
lavoro educativo in Helenenberg dovette terminare a causa della guerra, dato
che lo stabile si trovò in una zona franca. Tutti i giovani vennero trasferiti in un
altro Istituto assistenziale, il Bernardushof a Mayen. Con questo evento cessò
anche il gruppo della Hitler-Jugend.
2. Accoglienza di casi di tutela
Dal 1928 era in discussione in Germania la legge della tutela56, che doveva re-
golare l’aiuto e la cura di persone gravemente limitate dal punto di vista mentale.
Fino alla presa del potere dei nazionalsocialisti la legge non poté evitare l’ostacolo
parlamentare. Pertanto l’autorità dell’educazione della Renania adottò “ad experi-
mentum” un “ricovero di tutela” per giovani con deficienza mentale e con dispo-
sizioni psicopatiche (es. difetto di volontà). Questi gruppi di cura, nelle case di
ricovero assistenziale, dovevano essere dirette da un educatore con autorità supe-
riore57. Un tale gruppo di cura fu ricoverato anche a Helenenberg. Era orientato
dall’igiene nazionalsocialista della razza e aveva un motivo chiaramente selettivo.
51 Ibid., Bl. 157.
52 Ibid., Bl. 232.
53 Ibid., Bl. 163, 229, 232.
54 Ibid., Bl. .232.
55 Ibid., Bl. 163.
56 Per la preistoria della legge della Repubblica di Weimar: Ingrid RICHTER, Katholizi-
smus und Eugenik in der Weimarer Republik und im Dritten Reich. Zwischen Sittlichkeitsre-
form und Rassenhygiene. Paderborn 2001, qui: pp. 177-196.
57 BüV, Rechnungsjahr 1933, 25. Juli 1934, p. 2; in: LHAK 442, 16140, p. 2.

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Assistenza educativa salesiana sotto l’influsso della dittatura nazionalsocialista 239
Il gruppo iniziò nell’estate 193458 con 5 ragazzi e aumentò, fin all’estate
1936, a 20-30 persone59. Da questo aumento numerico la direzione della casa si
trovò sovraffollata. La Erziehungsbehörde di Düsseldorf prese pertanto contatto
con la casa salesiana di Marienhausen60, che si dichiarò pronta ad accogliere un
gruppo di tutela dalla provincia della Renania. Per le autorità i prezzi molto fa-
vorevoli dei salesiani, di uno marco al giorno per ragazzo, erano determinanti
per collocare giovani con queste menomazioni nelle due case61. Helenenberg li-
mitò fortemente il lavoro, fino alla primavera 1937. Il consigliere Hecker fissò,
nella relazione della sua visita del 19 maggio 1937, una giustificazione del diret-
tore per la decisione:
“L’esperienza che l’istituto ha fatto con il gruppo della tutela non è stata favorevole.
Secondo il Direttore c’erano fra loro moltissimi elementi, molto difficili da educa-
re, che ebbero sugli altri allievi un influsso negativo; e che, d’altra parte, non erano
da indurre ad un lavoro regolare, come si era pensato inizialmente. L’Istituto cercò,
pertanto, di rinviare questi educandi con il sistemarli nelle famiglie”62.
Questa dimissione dall’Istituto, giustificata da carente disponibilità e capaci-
tà di rendimento, rassomiglia a una selezione. Più di uno dei ragazzi rinviati alle
proprie famiglie, poteva essere stato più tardi, vittima del programma dell’euta-
nasia nazionalsocialista.
3. Sterilizzazione forzata di giovani nella “Eduardstift”
Con la “Legge per evitare la prole ammalata”, emanata il 14 luglio 1933 dai
nazionalsocialisti e posta in vigore il 1° gennaio 1934, lo Stato fece un’intrusione
delittuosa nei diritti della personalità di giovani vite umane. Questa legge ha la
sua storia previa nel dibattito scientifico intorno all’eugenetica alla fine del XIX
secolo63. Mediante l’eugenetica si doveva arrivare alla selezione delle qualità eredi-
tarie migliori. Verso la fine della Repubblica di Weimar era in discussione una
bozza di legge che prevedeva un impedimento volontario della riproduzione per
le persone il cui patrimonio ereditario era considerato inferiore. Questa selezione
igienica della razza doveva essere ottenuta mediante la sterilizzazione. La bozza in-
dicava le seguenti otto malattie come ereditarie, anche se, nel testo della legge,
58 ALVR 14101, Bl. 22.
59 Ibid., Bl. 210.
60 Ibid., Bl. 136.
61 EGT, in LHAK 583, 2 Nr 397.
62 ALVR 14101, Bl. 210.
63 Per la preistoria della legge e alla reazione della Chiesa Cattolica in Germania: cf I.
RICHTER, Katholizismus und Eugenetik…, pp. 367-479. Cf anche Michael BURLEIGH, Die
Zeit des Nazionalsozialismus. Eine Gesamtdarstellung. Frankfurt am Main 2000. Burleigh
offre nel quinto capitolo (pp. 397-479) una visione sommaria alla problematica del Nazio-
nalsocialismo.

24.10 Page 240

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240 Johannes Wielgoß
non tutte venivano contrassegnate con l’attributo “ereditario”: deficienza mentale
dalla nascita, schizofrenia, psicosi maniaco-depressiva, epilessia ereditaria, ballo di
S. Vito (Corea di Huntington), cecità e sordità ereditarie e gravi deformazioni
corporee ereditarie. Lo stato nazionalsocialista assunse questa bozza, aggiunse pe-
rò, come indicazione non ereditaria un grave alcoolismo e stabilì che sterilizzazio-
ni forzate potevano essere realizzate anche mediante l’intervento della polizia. An-
cora prima dell’applicazione della legge dell’8 settembre 1933, il presidente della
regione renana emise le disposizioni, per la sua applicazione, negli istituti privati,
ai quali apparteneva anche la “Eduardstift” di Helenenberg. Supponendo eviden-
temente un atteggiamento di riserva da parte delle istituzioni ecclesiastiche contro
la legge, il funzionario provinciale emise un appello a favore della teoria razziale
dello Stato: “Io considero un dovere ovvio degli Istituti privati, che essi pure col-
laborino con zelo nell’esecuzione di questa legge, perché, nell’interesse del rinno-
vamento nazionale, abbia il successo desiderato di frenare la discendenza ammala-
ta e perciò diminuire persone umane, biologicamente inferiori”64.
Dopo l’ordinanza dell’esecuzione del decreto per la prevenzione della prole
affetta da tare ereditarie, che venne emanata specialmente per l’educazione assi-
stenziale il 20 giugno 1934, dal presidente capo della provincia renana, l’autori-
tà educativa doveva includere, negli atti annessi per il procedimento della steri-
lizzazione, anche “più precisi appunti sulle condizioni familiari dei giovani,
comprese le condizioni ereditarie”. Le case assistenziali venivano invitate
“a comunicare i fatti importanti per l’accertamento di una malattia ereditaria e di av-
viare le ricerche desiderate, là dove gli atti non contenevano annotazioni sufficienti, le
desiderate ricerche sulle disposizioni ereditarie nelle famiglie dei giovani, presi in cari-
co. Particolarmente importante per il giudizio della questione erano i fatti, come de-
bolezza mentale dei genitori e di altri membri della famiglia, altre malattie mentali e
dei nervi, vizio del bere, prostituzione, suicidio, tubercolosi, malattie sessuali, incesto,
criminalità, talenti eccezionali. Prego, nell’interesse di una esecuzione efficace delle
disposizioni della legge, di inviare dati il più possibile precisi e completi”65.
Queste Ordinanze all’adempimento della ricerca, anche nei riguardi dell’am-
biente sociale, che dovevano contribuire alla decisione o meno sulla sterilizzazione,
estesero la giustificazione per la sterilizzazione di minori nell’assistenza educativa,
fino al procedimento arbitrario. Al di là di queste ricerche la direzione della casa
educativa assistenziale era legata alla procedura, per dovere di legge, con segnala-
zione di sospetti malati ereditari66. Essi dovevano segnalare queste persone al medi-
co curante, che decideva se il caso doveva essere portato davanti al tribunale giudi-
64 BAT, Abt. 134, Nr 15
65 ALVR 13902, Bl. 26.
66 Nella fase iniziale questo compito era demandato allo psichiatra dello stato. L’autori-
tà educativa ha comandato al medesimo già nell’ottobre 1933, di scoprire, in tutti gli Isti-
tuti il numero dei malati ereditari e di scoprire i casi sospetti di malattia ereditaria. Cf
LHAK 422, 16140, p. 7.

25 Pages 241-250

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25.1 Page 241

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Assistenza educativa salesiana sotto l’influsso della dittatura nazionalsocialista 241
ziario, appositamente preparato, che poi decideva definitivamente sull’intervento67.
Nella questione sulla posizione della Chiesa Cattolica alla discussione sul-
l’eugenetica, il Papa Pio XI, nella sua Enciclica Casti Connubii del 31 dicembre
1930 si pronunciava in modo del tutto negativo:
“Ciò che concerne l’autorità, essa non ha sugli organi corporali dei suoi sudditi
nessun potere diretto. Dove non vi è colpa e quindi nessun motivo per una puni-
zione corporale, essa non può ferire, né toccare l’incolumità del corpo né per moti-
vi eugenetici, né per qualsiasi altro motivo”68.
La Conferenza Episcopale di Fulda si occupò dal 30 maggio al 1° giugno con la
bozza di legge e la rifiutò, in considerazione dell’insegnamento papale. Nella suc-
cessiva comune Lettera Pastorale dei Pastori delle diocesi della Germania, dell’8
giugno 1933, il progetto di legge trovava una generica considerazione disappro-
vante69. Evidentemente, le trattative concordatarie in corso del Regno tedesco con
il Vaticano, non dovevano essere disturbate. Trattative del 3 novembre 1933 del-
l’arcivescovo Konrad Gröber e del vescovo Wilhelm Berning, nel Ministero del-
l’Interno sulle disposizioni dell’esecuzione della legge, non portarono alcun cam-
biamento. In una nota al Vicariato generale di Trier essi constatarono delusi che i
dirigenti degli istituti cattolici non avevano più il dovere della richiesta, ma che il
dovere della segnalazione continuava70. La trattativa dei vescovi era risultato per la
prassi senza incisività e, nello spirito dell’insegnamento ecclesiale, senza risultato.
Un chiaro e aperto “No” alla legge pronunciarono i vescovi dopo la sua mes-
sa in vigore. Nel “Kirchlicher Anzeiger”, della arcidiocesi di Köln venne pubbli-
cato il 15 gennaio 1934 la seguente dichiarazione:
“Nella questione della sterilizzazione valgono per i credenti i principi base della leg-
ge morale cristiana, annunciati dalle supreme autorità della Chiesa. In conformità
agli indirizzi del Santo Padre noi vi ricordiamo: Non è permesso presentare se stes-
so per la sterilizzazione o domandare la sterilizzazione di un’altra persona umana.
Questo è l’insegnamento della Chiesa Cattolica. Con gratitudine riconosciamo
ogni riguardo a questo principio di base”71.
67 Nella istituzione del tribunale per le malattie ereditarie si era attenti che i membri me-
dici fossero “interiormente ancorati alla base della legge”. Cf EGT, in LHAK 383, 2 Nr 230.
68 Corsten WILHELM, Sammlung kirchlicher Erlasse, Verordnungen und Bekanntmachun-
gen für die Erzdiözese Köln. Ergänzungsband (1929-1935). Köln 1935, p. 127ss.
69 “Nello stesso modo l’autorità statale non può, nella promozione della sanità del po-
polo, assumere leggi e procedimenti che essa non può giustificare davanti a Dio, unico Si-
gnore di ogni vita” (Rom 14,8). Citazione: Hans MÜLLER (ed.), Katholische Kirche und
Nazionalsocialismus. München 1965, p. 167.
70 BAT Abt. 134, Nr 15. Nella Curia di Trier dominò, dopo il 3 novembre 1933, la
speranza che, in base al colloquio nel Ministero dell’Interno del Reich ci fosse ancora spe-
ranza per un cambiamento della legge. Tale voce è stata nutrita probabilmente dall’arcive-
scovo di Trier, Antonius Mönch (1870-1935) che apparteneva pure ai negoziatori. Cf I.
RICHTER, Katholizismus und Eugenik…, p. 395.
71 Historisches Archiv des Erzbistums Köln, Dienstakten Lenné, Nr 153.

25.2 Page 242

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242 Johannes Wielgoß
Il periodo annesso alla dichiarazione è da intendersi come un invito (una
esortazione) a persone responsabili ed attive per non applicare la legge. Gli orga-
ni statali non accettarono questo invito. Ai singoli cattolici, che si occuparono
di casi di sterilizzazioni, rimase un rimorso di coscienza.
Per la casa di Helenenberg si possono dedurre, dalle fonti accessibili, solo
stime delle vittime della legge. Ci sono liste di nomi di bambini e giovani, che
venivano indicati al medico d’ufficio, ma nessun nome di persone, che fosse
sterilizzata effettivamente. Tra l’anno 1934 e il 1939, 48 giovani venivano pre-
sentati al medico d’ufficio. Il numero delle persone effettivamente segnalate po-
trebbero arrivare a 60, poiché dagli anni 1937 e 1938 non si hanno liste72. Ste-
rilizzazioni dovevano essere eseguite almeno in 20 casi. La grandezza e la condi-
zione di questo numero non mostra alcuna differenza in confronto con altre ca-
se assistenziali73. Dopo il termine del procedimento giudiziario si trovarono co-
me primi casi due giovani di Helenenberg, all’inizio di dicembre 1934 nell’o-
spedale evangelico di Trier74.
Così si relativizza la testimonianza del salesiano Heinrich Gurski (1901-
1992) nei suoi ricordi, redatti a mano, intorno all’anno 1970, nelle quali egli af-
ferma: “Helenenberg può ascrivere il bene per sé stesso, che più di un giovane è
stato preservato dalla sterilizzazione e da cose peggiori (sic) ancora”75.
4. L’atteggiamento del direttore Theodor Seelbach nei confronti dei provvedimenti
di sterilizzazione
Queste cifre crude non permettono, a prima vista, di riconoscere la proble-
matica che venne sollevata nella casa, con l’applicazione della legge per impedire
una prole con malattie ereditarie. Due relazioni sulla visita nella “Eduardstift”
da parte del rappresentante del governo in Trier e la Erziehungsbehörde in Düs-
seldorf, nell’aprile e ottobre 1935, contengono l’osservazione lapidaria che l’ese-
cuzione della sterilizzazione si svolge senza difficoltà76. Questa osservazione deve
venir smascherata come un’ espressione cinica.
72 1934: ALVR 14063, Bl. 181-183; 14064, Bl. 185:14075, Bl. 161-163.
1935: ALVR 14101, Bl. 44.
1936: ALVR 14101, Bl. 109-110, Bl. 151-153.
1939: ALVR 14101, Bl. 328-333.
73 In seguito a un’inchiesta del Ministero federale della Giustizia, del 17 agosto 1960,
sui numeri degli interventi al tribunale della sanità ereditaria, che era anche responsabile per
Helenenberg, il direttore del tribunale d’ufficio Schwarzer notificava le seguenti cifre: Vi fu-
rono in tutto 3.408 richieste di sterilizzazione. In 2.220 casi venne prescritta una sterilizza-
zione. 556 casi vennero rifiutati. Cf EGT, in LHAK, 583, 2 Nr 638.
Nello Stato nazionalsocialista, dal 1° novembre 1934 il signor Schwarzer era il presi-
dente del tribunale della sanità ereditaria di Trier – cf EGT, in: LHAK 583, 2 Nr. 320.
74 ALVR 14065, Bl. 63.
75 Archiv Helenenberg. Chronik des Hauses von Heinrich Gurski, p. 68.
76 Cf ALVR 14101, Bl. 50 e 92.

25.3 Page 243

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Assistenza educativa salesiana sotto l’influsso della dittatura nazionalsocialista 243
Il 16 febbraio 1934 il Dr. Seelbach indirizzò uno scritto al consigliere regio-
nale Hecker, dal quale si deduce che Seelbach ebbe rilevanti riserve personali
contro il dovere della segnalazione giuridica, che gli era ingiunto in qualità di
direttore dell’istituto. Per questo motivo egli andò a trovare il vicario generale
Tilmann in Trier, che gli permise “di procedere alla segnalazione prescritta dalla
legge, perché in questo caso non si trattava ancora di cooperazione diretta”. Ci
si traeva d’impaccio dal problema con la solita argomentazione casuistica con-
temporanea. Don Seelbach vide sciolto il suo dubbio e aggiunse alla fine del
breve scritto la dichiarazione: “Quindi, non c’è più alcuna difficoltà”77.
Questa sicurezza di sé l’ha però tanto più abbandonato, quanto più egli, durante
la grande azione corrente dell’“esame dei numerosi casi”, come si espresse la Erzie-
hungsbehörde78, ebbe a che fare direttamente con la sorte dei giovani in questione.
Dopo la prima “Revisione” nel marzo e aprile 1934, l’autorità educativa ha
dato espressamente alla “Eduardstift” il seguente suggerimento: “Conviene pre-
parare in modo appropriato, al più presto gli educandi singolarmente al procedi-
mento che tocca loro”79. Con questi incontri, il Dr. Seelbach doveva aver com-
preso pienamente che si trovava in un circolo vizioso, dal quale non avrebbe po-
tuto liberarsi con la casistica della teologia morale. Dalla seguente corrispondenza
si deduce come egli cercò prima la tattica del temporeggiare, indicò al medico
nessun caso sospetto e comunicò all’autorità educativa, in risposta alla domanda
del 6 febbraio 1935, con un finto “non saper nulla” che le segnalazioni si realizze-
ranno, come per il primo ”controllo”, dallo psichiatra della regione.
Il consigliere Dr. Saarbourg si mostrò molto comprensivo verso il sacerdote
salesiano, come risulta da una redazione corretta della sua risposta:
“Poiché è stato compiuto l’esame sulle malattie ereditarie dei componenti dell’Isti-
tuto prego che, per le nuove accoglienze, le segnalazioni vengano fatte dal posto di
provenienza, come è prescritto dalla legge. Io rimetto al medico dell’Istituto l’ese-
cuzione delle segnalazioni”80.
Nell’espressione scritta questa risposta si distanzia molto da ciò che è deter-
minato burocraticamente, sul suono della parola della legge nel tono insistente
della bozza della risposta che è visibile dallo stesso documento. Degno di atten-
zione è il fatto che l’impiegato utilizzi un margine di libertà e libera il direttore
dal dovere della segnalazione, come è prescritto dalla legge.
Il 10 maggio 1935 una commissione, sotto la guida del consigliere del governo,
il barone von Wangenheim, come rappresentante del Ministro dell’Interno, si trat-
tenne per una visita inattesa, nella “Eduardstift” a Helenenberg. Essa criticò il mo-
do e la qualità della preparazione dei rispettivi giovani a un possibile procedimento
77 ALVR 14075, Bl. 121.
78 Cf ALVR 14064, Bl. 186.
79 Ibid.
80 ALVR 14101, Bl. 47.

25.4 Page 244

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244 Johannes Wielgoß
di sterilizzazione: “Con il Direttore dell’Istituto si discusse ampiamente sulla prepa-
razione psicologica della legge per la prevenzione di una prole ammalata, perché
questa, evidentemente, non era stata condotta in modo appropriato”81.
In relazione ai ragazzi il Dr. Seelbach dimostrò un atteggiamento resistente e
prese la parte dei giovani, a lui affidati. Il richiamo del Ministero degli Interni del
Reich era giunto alla Erziehungsbehörde di Düsseldorf all’inizio di ottobre 1935.
Questa dichiarò, da parte sua, che le difficoltà a Helenenberg erano superate.
Il Ministero dell’Interno si era posto, probabilmente, un termine per con-
trollare il cambiamento dell’atteggiamento del Dr. Seelbach e aveva, da parte
sua, ripreso il caso il 15 novembre 1935:
“In occasione del viaggio di visita del mio referente degli affari, dal 6-10 maggio di
quest’anno, si è scoperto che nella casa di educazione assistenziale «Eduardstift» in
Helenenberg (circoscrizione Trier) manca nella direzione dell’opera la necessaria posi-
tiva disposizione per l’educazione degli alunni alla legge della sterilizzazione. Il Diret-
tore dell’Istituto ha allora dichiarato che egli ha esplicitato agli alunni in questione la
necessità della sterilizzazione solo dal punto di vista di una inevitabile costrizione dello
Stato. Io chiedo, con deferenza, una informazione se gli sforzi del ministero dell’edu-
cazione assistenziale, di provocare un cambiamento in questo senso, abbiano avuto
successo e che si possa ora essere sicuri che la necessità di sterilizzare di alunni con tare
ereditarie, venga spiegato a partire dal punto di vista del pensiero nazionalsocialista”82.
Questa richiesta di informazione apre l’atteggiamento della preparazione psico-
logica, a una possibile sterilizzazione, nel senso dello stato Nazionalsocialista. Ai
giovani bisogna presentare la disposizione di costrizione dello Stato, per l’igiene
della razza, non come una svalutazione della persona, ma come il suo servizio indi-
viduale e il suo sacrificio per il bene comune e per la “Qualità del nostro popolo”83.
In conformità alle fonti si deve presupporre, come probabile, che il Dr. Seel-
bach non si sia lasciato imporre questa posizione ideologica, come giustificazio-
ne per la sterilizzazione forzata. La relazione della Erziehungsbehörde di Düssel-
dorf sull’atteggiamento di don Seelbach, nei riguardi della legge della sterilizza-
zione, indirizzata al Ministero dell’Interno del Reich a Berlino, si basa su un
colloquio che egli fece nel giugno 1935 con il consigliere Dr. Saarbourg. In que-
sto colloquio Seelbach dichiarava che
“in conformità ai principi base di teologia morale della sua Chiesa vi era dubbio se
un sacerdote non doveva essere obbligato di avvisare un educando, che si trovasse
di fronte alla sterilizzazione, ma che egli avrebbe rinunciato consciamente a tale av-
viso per non mettere questo alunno in condizione di inutili conflitti di coscienza
tra la posizione statale e quella ecclesiastica”84.
81 Ibid.., Bl. 92.
82 ALVR 14101, Bl. 91.
83 ALVR 14062, Bl. 34. Una preparazione per la sterilizzazione, presentata come esem-
plare, nella casa di Solingen.
84 ALVR 14101, Bl. 93.

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Assistenza educativa salesiana sotto l’influsso della dittatura nazionalsocialista 245
Con questa dichiarazione egli toccò, solo al margine, il rimprovero origina-
rio, di screditare agli occhi dei ragazzi il significato nazionalsocialista della legge,
in occasione della preparazione psicologica. In una direzione egli rimase indub-
biamente fermo: egli stesso era obbligato in coscienza di fronte alle indicazioni
dell’insegnamento papale. Nell’altra direzione – con lo sguardo rivolto ai giova-
ni – si mantenne nell’espressione opportunista. Attraverso una intelligente deci-
sione nel capitolo della casa egli si assicurò la confidenza dei colloqui di prepa-
razione con i giovani. Questa decisione del consiglio della casa venne sottolinea-
ta positivamente nella già nominata relazione al Ministero degli Interni: “La
personale informazione degli alunni che dovranno sottoporsi a sterilizzazione, il
Direttore la riserva per sé”85. A Saarbourg, piuttosto benevolo, queste dichiara-
zioni erano sufficienti, per dare al Dr. Seelbach come direttore dell’istituto, di
fronte al Ministero degli Interni il certificato di “corrispondere a tutte le richie-
ste dell’autorità educativa assistenziale nella esecuzione della legge”86.
Dal punto di vista temporale, al di là del conflitto, Seelbach ha affermato il
suo atteggiamento di resistenza contro la legge della sterilizzazione, mentre le re-
lazioni sulla gestione dell’amministrazione dell’educazione assistenziale davano
delle valutazioni generiche sugli effetti dell’operazione87, il Dr. Seelbach, in se-
guito alle domande della Erziehungsbehörde, ha, con brevi osservazioni, attirato
l’attenzione a delle conseguenze negative, persistenti. Egli sottolineò che né
presso i ragazzi, né nei loro genitori c’era una disponibilità alla sterilizzazione;
che, per i ragazzi in questione, era necessaria una particolare assistenza e che, in
casi singoli, si poteva constatare “anche un regresso in senso intellettivo, come
anche la presenza di sensi di inferiorità”88.
III. QUALE SPAZIO RESTA ALLA SPECIFICITÀ DELL’EDUCAZIONE
SALESIANA?
Le osservazioni di Seelbach obbligano a rivolgere lo sguardo interrogativo e
investigativo ancora sulla situazione dell’educazione dell’istituzione assistenziale
salesiana, con le sue possibilità, nelle condizioni di fatto della dittatura nazional-
socialista. Dove è rimasta l’identità salesiana della “Eduardstift”?
Nel libro della sua visita, l’Ispettore Dr. Franz Xaver Niedermayer (1882-
1969) annotò, sia prima che dopo la presa del potere del nazionalsocialismo,
presso i giovani uno spirito religioso soddisfacente, che egli constatò dalla parte-
85 Ibid. Archiv Helenenberg. Protokolle des Hauskapitels. Annotazione del 28 maggio
1935: “Le faccende della sterilizzazione sono di competenza solo del direttore”.
86 ALVR 14101, Bl. 93. Il consigliere governativo Dr. Steegmann evidenziò di nuovo
tale atteggiamento nel suo scritto sulla visita compiuta il 26 ottobre 1936. Cf ALVR
14101, Bl. 158.
87 Cf BüV, Rechnungsjahr 1937, 1. Juli 1938, pp. 4-5, e Rechnungsjahr 1938/39, 21.
Juli 1939, p. 9, in LHAK 442, 16141.
88 ALVR 14065, Bl. 285; cf anche Bl. 72.

25.6 Page 246

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246 Johannes Wielgoß
cipazione agli esercizi devozionali quotidiani. Le sue esortazioni ai salesiani sono
determinate in modo crescente dallo sfondo contemporaneo. Esse documenta-
no la grande preoccupazione del Superiore per i suoi confratelli e un buono svi-
luppo, soprattutto privo di conflitti, della casa. Così egli additò nel marzo 1936
“la virtù dell’indispensabile saggezza, raccomandata da S. Giovanni Bosco agli
educatori”. In essa si rispecchia l’avvertimento di fronte a espressioni superficia-
li. Nel marzo 1937 egli raccomandò “la fedele osservanza degli alti principi base
dell’educazione morale del nostro Padre Don Bosco”89.
Retroscena erano i processi contro i religiosi per le trasgressioni del costume
con un’ampia campagna diffamatoria nella stampa90. I verbali del consiglio della
casa contengono solo i due sopra nominati accenni alla riserva del direttore nei
riguardi della sterilizzazione e alla domanda di fondazione di un gruppo della
Hitler Jugend nella casa.
La cronaca della casa espone una accanto all’altra le feste della Chiesa celebrate
nella Eduardstift e le celebrazioni propagandistiche del Nazionalsocialismo.
Le relazioni dei rappresentanti delle autorità descrivono condizioni esterne:
ordine, pulizia, orario. Completamente messa tra parentesi è la vita religiosa.
Vengono particolarmente sottolineati i contenuti imposti di una educazione
nello spirito nazionalsocialista, mentre gli elementi specifici di una Pedagogia
salesiana non trovano, in conformità all’attesa, né posto, né un significato nella
comunità educante dei salesiani.
Una fonte, ricca di spiegazioni, a proposito della domanda sullo specifico sa-
lesiano, nella educazione assistenziale sotto il nazionalsocialismo, è la relazione
della visita del consigliere generale della Congregazione Salesiana don Giorgio
Seriè (1881-1965)91. Don Seriè aveva constatato, durante la sua visita straordi-
naria, gravi deficit nel clima della “Eduardstift”. Egli rilevò una relazione distur-
bata tra gli educandi e gli educatori salesiani. Prevalsero un’atmosfera di sfidu-
cia, provocata da sospetti, e la paura oppressiva, che veniva provocata da interro-
gazioni dei giovani mediante la Gestapo. Dall’onnipresenza dei concetti del na-
zionalsocialismo, attraverso immagini, riviste e simboli e di parole ostili alla
Chiesa e alla religione, alle quali non ci si poteva sottrarre. I salesiani erano iner-
mi di fronte alla potenza e al terrore del nazionalsocialismo:
“E questo non lo possiamo evitare e neanche indirettamente dimostrare il nostro dis-
piacere, nei riguardi di questa intrusione, e, a causa di quella confusione della disci-
plina, i giovani diventano i nostri guardiani e facilmente denunziatori, le loro parole
hanno più valore di fronte alle autorità del partito, che le parole dei Superiori”92.
89 Archiv Helenenberg. Visitationsbuch.
90 Niedermayer espose la sua preoccupazione concreta con eventi dell’Ispettoria (anche un
caso da Helenenberg) in una lettera da Fulpmes (Austria) al Superiore Generale: ASC E983.
91 Cf Giorgio SERIE, Ispettoria germanica di San Bonifacio, Ispettoria in genere. Visita
straordinaria dal 10 dicembre al 20 febbraio 1938, in ASC E964. L’indicazione di questa
fonte la devo a sr. Maria Maul.
92 Ibid.

25.7 Page 247

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Assistenza educativa salesiana sotto l’influsso della dittatura nazionalsocialista 247
Attraverso queste osservazioni del visitatore si chiarisce qualcosa sullo stato
dei salesiani. Per loro, don Seriè, come consigliere generale, era una autorità e
persona di fiducia dall’estero, alla quale poterono comunicare senza pericolo la
loro disposizione, le preoccupazioni, paure e dubbi. Si sentirono dominati dalla
situazione politica, per questo don Seriè li vide nel ruolo del sacrificio, che non
permise più loro di compiere la missione salesiana in modo adeguato. Nella
“Eduardstift” ci si era piegati alle condizioni statali.
Bisogna qui ancora aggiungere ciò che a don Seriè è probabilmente sfuggito:
le sterilizzazioni forzate hanno anche contribuito al fatto che la relazione di fi-
ducia tra giovani e salesiani fosse scossa. Agli occhi dei giovani colpiti essi diven-
tarono gli esecutori di prescrizioni statali, che non erano più al loro fianco, co-
me era loro affidato dal principio salesiano di base dell’assistenza.
Disposizioni razionalizzanti nell’ assistenza educativa dall’inizio dell’anno
1937 e il programma di eliminazione della religione del partito Nazionalsociali-
sta, condusse infine a una mancanza di ragazzi nella “Eduardstift”. I ragazzi che
avevano terminato la scuola venivano inviati in Istituti statali. A Helenberg re-
stavano solo quelli con obbligo scolastico e un gruppo di alunni assistiti. Questi
vennero giudicati dallo Stato al livello inferiore della scala come indegni di vita,
non erano utili allo stato Nazionalsocialista. “Helenenberg serve ormai più co-
me rifugio ultimo per i casi dei ragazzi bisognosi d’assistenza sia per quelli che
abbiano già superato l’età di obbligo scolastico sia per quelli che siamo ancor in
obbligo scolastico”93.
Poiché Helenenberg era situata nella zona di sgombero, la casa dovette essere
sgomberata il 1° settembre 1939, per l’attacco alla Polonia94. Provvisoriamente i
ragazzi restanti vennero sistemati al Bernardushof a Mayen. Il direttore del di-
stretto della NSDAP di Trier vide giunta l’ora di far terminare, definitivamente,
il lavoro di educazione dei salesiani. A metà febbraio 1940 egli si rivolse con una
lettera al capo della Provincia di Düsseldorf. La sua presentazione è un esempio
eccellente del modo di procedere nella de-confessionalizzazione dell’ambiente
cattolico della provincia cattolica di Trier. La sua osservazione che l’educazione, a
causa di un direttore – sacerdote- e degli educatori – cioè i “fratelli dell’ordine”-
si svolgeva necessariamente nello spirito clericale” evidenzia i suoi intenti, più che
la conoscenza concreta dei procedimenti educativi nella casa. Poi prosegue:
“Non si può più a lungo assumere la responsabilità che ragazzi tedeschi, anche se
richiedono l’assistenza educativa, siano dati in mano a preti romani e Frati (Reli-
giosi). Prego, pertanto, di disporre che non vengano più inviati educandi alla casa,
che venga chiusa del tutto, come di assistenza e di luogo d’educazione, per giovani
tedeschi. Questo procedimento è in questo momento tanto più facile da compiere
poiché, per l’affollamento dell’orfanotrofio con parenti delle forze armate, nella ca-
sa non ci sono attualmente degli alunni”95.
93 BüV, Rechnungsjahr 1937, 1. Juli 1938, p. 6, in LHAK 442, 16141.
94 Cf BüV, Rechnungsjahr1939/40, 18. Juli 1940, in LHAK 442, 16141.
95 ALVR 14101, Bl. 355.

25.8 Page 248

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248 Johannes Wielgoß
La risposta dello scritto era di competenza del consigliere del distretto, He-
cker. Essa rende ancora una volta evidente, da parte delle autorità, la considera-
zione negativa di queste giovani creature, che appartenevano alla categoria dei
casi di custodia:
“La «Eduardstift» in Helenenberg, da me nominata nel mio scritto del 14 mese
passato, è stata usata da me negli ultimi anni, non più come una casa di educazio-
ne, ma solo come casa di conservazione per quegli alunni, per i quali non c’è spe-
ranza di successo educativo e che, per il pericolo di contagio che emanano, non po-
tevano più essere inviati in un Istituto educativo normale. Per questo motivo le ri-
serve della Weltanschaung contro l’educazione a Helenenberg non conta per questi
alunni”96.
Alla fine del febbraio 1941 il lavoro pedagogico con i ragazzi d’obbligo sco-
lastico venne ancora ripreso, ma gli eventi della guerra portarono presto l’educa-
zione dei salesiani alla sconfitta.
96 Ibid., Bl. 357.

25.9 Page 249

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L’INFLUENZA DEI NAZIONALSOCIALISTI SUI CONCETTI
PEDAGOGICI E SULLA PRASSI EDUCATIVA DEI SALESIANI
DI DON BOSCO E DELLE FIGLIE DI MARIA AUSILIATRICE IN
AUSTRIA
Franz Schmid*
1. Lo stato delle fonti e della ricerca
Lo stato delle fonti è insoddisfacente. Negli anni della maggiore tensione e
del più grande pericolo, la consultazione delle Cronache e la cura degli Archivi
non soddisfano le esigenze degli storici. Un numero imprecisato di documenti è
andato perso con lo scioglimento delle strutture, o è stato distrutto a causa della
* Salesiano, docente di pedagogia sociale alla „Katholischen Stiftungsfachhochschule“
di München, dipartimento – Benediktbeuern (Germania).
Sigle:
AÖFMA
Archivio dell’Ispettoria Austriaca delle FMA, Salisburgo
APW
Archivio dell’Ispettoria [dei SDB] Vienna
APW-DK
Archivio dell’Ispettoria [dei SDB] Vienna – Conferenza dei direttori
APW-PK
Archivio dell’Ispettoria [dei SDB] Vienna – Capitolo Ispettoriale
Chr-SDB-F Cronaca dei Salesiani di Don Bosco, Fulpmes
Chr-FMA-Kl Cronaca delle Figlie di Maria Ausiliatrice, Klagenfurt
Chr-SDB-I
Cronaca dei Salesiani di Don Bosco, Innsbruck
Chr-SDB-KlStM Cronaca dei Salesiani di Don Bosco, Klagenfurt S. Martin
Chr-SDB-KlStR Cronaca dei Salesiani di Don Bosco, Klagenfurt S. Ruprecht
Chr-SDB-WIII Cronaca dei Salesiani di Don Bosco Vienna III
VLA
Archivio regionale del Vorarlberg
Elenco delle Abbreviazioni:
BDM
Bund Deutscher Mädel – Unione Ragazze Tedesche
DAF
Deutsche Arbeitsfront – Fronte del Lavoro Tedesco
HJ
Hitlerjugend – Gioventù Hitleriana
LSR
Landesschulrat – Consiglio Scolastico Regionale
NSDAP
Nationalsozialistische Deutsche Arbeiterpartei – Partito Nazionalso-
cialista del Lavoro Tedesco
NSLB
Nationalsozialistischer Lehrerbund – Unione Nazionalsocialista de-
gli Insegnanti
NSV
Nationalsozialistische Volkswohlfahrt – Assistenza Sociale Nazional-
socialista
SA
Sturmabteilung – Reparto d’Assalto
SS
Schutzstaffel – Reparto Protezione.

25.10 Page 250

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250 Franz Schmid
guerra. Negli anni della guerra le Cronache di alcuni Istituti si esauriscono com-
pletamente. Sulle richieste pedagogiche non ci sono quasi note. Anche nel Do-
poguerra è stato distrutto molto materiale relativo al “terribile tempo”. Si può
anche accettare l’ipotesi di un accordo di rinuncia ai Protocolli degli Organi
delle Congregazioni, per non fornire motivi di attacco ai nazionalsocialisti al
potere1.
Anche lo stato della ricerca sul tema è da definire basso. All’inizio del XXI
secolo manca ancora una rappresentazione globale. Ci sono due descrizioni rias-
suntive2 che possono solo parzialmente soddisfare le esigenze della ricerca stori-
ca. Alcune descrizioni danno solo contributi particolari. Non è stata data atten-
zione dai “Circoli Salesiani” fino a oggi ai risultati della più recente ricerca sul
Nazionalsocialismo in Austria.
2. Il Nazismo in Germania e in Austria
Il NSDAP che sosteneva il Nazismo, si era formato nel 1920 in Germania
come un “movimento” che raccoglieva diverse correnti (Darvinismo sociale, An-
tisemitismo, Nazionalismo) e che si raccolse intorno al “Führer” Adolf Hitler
con lo scopo di abbattere l’ordine politico esistente. A causa della crisi economi-
ca mondiale e della diffusa insoddisfazione di vasti strati sociali, il partito con il
37,3% raggiunto alle elezioni del parlamento tedesco del 31.01.1932, divenne
così il partito più forte. La chiamata di Hitler a cancelliere del parlamento il
30.01.1933, e di nuovo una vittoria del partito il 05.03.1933, mise in marcia
“la conquista del potere del Partito”, che in poco tempo sviluppò una dittatura.
Il successivo “allineamento” di tutti i settori e organi della società, riguardò an-
che la Chiesa in tutte le sue strutture e istituzioni. Dopo che nel 1934 divenne
chiaro che un’assunzione del servizio della chiesa per scopi politici non era pos-
sibile, “deve deperire organizzativamente, allontanata dalla vita pubblica e rile-
gata nel Ghetto di un puro privato esercizio religioso”3. All’inizio si verificò un
processo di “spoliticizzazione della vita della Chiesa”: la Chiesa venne allontana-
ta da tutte le posizioni,
1 Don Pietro Tirone, “Visitator extraordinarius” in Austria, consiglia il 25.11.1937 ai
membri del Capitolo Ispettoriale dei SDB di: “Considerare di grande importanza l’osser-
vazione del silenzio sulle trattative del Capitolo. Senza un incarico speciale non si possono
dare informazioni relative alle vostre votazioni” (APW Capitolo Ispettoriale).
2 Theresia LUMER, Die Chronik. Bericht eines gemeinsamen Weges von 1922 bis 1954.
Gründung einer Gemeinschaft der Don Bosco Schwestern in Essen-Borbeck und deren Ausbrei-
tung im deutschsprachigen Raum. München: 1995, 2, edizione rivista; Georg SÖLL, Die Sa-
lesianer Don Boscos (SDB) im deutschen Sprachraum 1888-1998. Rückblick zum 100. To-
destag des heiligen Johannes Bosco (31. Januar 1988), des Gründers der “Gesellschaft des heili-
gen Franz von Sales”. München, Don Bosco Verlag 1989.
3 Alfred RINNERTHALER, Die Orden als Feindbilder des NS-Staates, in Staat und Kirche
in der „Ostmark“. Edito da Maximilian Liebmann, Hans Paarhammer e Alfred Rinnertha-
ler. Francoforte sul Meno e anche: Peter Lang 1998, pp. 351-394; qui p. 354.

26 Pages 251-260

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26.1 Page 251

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L’influenza dei nazionalsocialisti sui concetti pedagogici e sulla prassi educativa 251
“in quelle che non si riferiscono direttamente ai compiti relativi all’annuncio del-
la Parola di Dio e alla amministrazione di sacramenti. In parte si verificò ciò at-
traverso il divieto della doppia appartenenza della Chiesa in associazioni, come
nel DAF (Fronte del Lavoro Tedesco), nella HJ (Gioventù Hitleriana) e nella
NSLB (Unione Nazionalsocialista degli insegnanti) da una parte, e dall’altra at-
traverso le organizzazioni forzate dello Stato o del Partito. Da un’altra parte con
lo scioglimento forzato della polizia di stato, o il divieto di attività e la revoca di
concessioni. Così poco a poco la Chiesa dovette rinunciare ai suoi Sindacati, Or-
ganizzazioni Lavorative, Formazioni Giovanili, Unioni studentesche e degli anzia-
ni, a gran parte delle sue organizzazioni della Caritas, le sue scuole private, a una
parte della sua stampa e della letteratura che si ergeva al di fuori dell’ambito della
vita religiosa diretta e delle sue Associazioni scientifiche. Inoltre vennero represse
le sue biblioteche popolari, e le sue molteplici manifestazioni sociali vennero fatte
soccombere”4.
Dal 1936 circa, seguì un processo di “sconfessionalizzazione della vita pubblica”:
“L’eliminazione delle scuole confessionali e delle messe nelle scuole, l’eliminazione
delle ore di religione così come delle istituzioni assistenziali, la minimizzazione del-
le facoltà cattoliche all’interno delle istituzioni universitarie, la trasformazione di
cimiteri cattolici in comunali, l’esclusione della chiesa da cerimonie ufficiali, fune-
rali pubblici e simili, il trasferimento della cura cattolica dei malati e dei pellegrini
a organizzazioni pubbliche, la relativizzazione delle festività cattoliche, l’allontana-
mento della chiesa dalla radiotelevisione e dalla stampa, la non considerazione delle
esigenze della chiesa relative a nuovi insediamenti, la creazione di una nuova cate-
goria ufficiale di fede cristiana non ecclesiastica, il divieto della resa ufficiale delle
uscite dalla chiesa e soprattutto la progressiva soppressione dei finanziamenti co-
munali e statali alle chiese come anche degli stabiliti privilegi della chiesa”5.
Poiché le comunità religiose (ordini e congregazioni) erano viste come “il brac-
cio militante della Chiesa” dovevano essere “represse, limitate e alla fine annienta-
te”6. Si voleva realizzare ciò con attenzione e prepararlo con la propaganda. Si cer-
cò all’inizio di raggiungere questo con processi alla moralità e alle divise, per rivol-
gere contro di loro l’opinione pubblica7. L’emanazione del “Decreto sulla visita di
leva e della chiamata alle armi” dei soldati per le forze armate del 01.05.1937,
non garantì agli studenti degli studentati degli ordini religiosi nessun rinvio.
Un passo fondamentale della sconfessionalizzazione riguardò gli asili religiosi
e tra questi dapprima quelli che non erano fondazioni religiose caritative, che
erano dirette da donne degli ordini religiosi. “In questi asili le suore vennero
4 Werner WEBER, Die staatskirchenrechtliche Entwicklung des nationalsozialistischen
Regimes in zeitgenössischer Betrachtung, in Rechtsprobleme in Staat und Kirche. Jg. 1952,
pp. 365-386; qui 371.
5 W. WEBER, Die staatskirchenrechtliche Entwicklung…, p. 373.
6 Cf Heinz BOBERACH, Berichte des SD und der Gestapo über Kirchen und Kirchenvolk
in Deutschland. 1934-1944. Mainz, Grünewald 1971, p. 912.
7 Cf A. RINNERTHALER, Die Orden als Feindbilder…, p. 356.

26.2 Page 252

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252 Franz Schmid
man mano licenziate, e al loro posto vennero assunte donne nazionalsocialiste, e
così il carattere cattolico delle istituzioni venne gradualmente eliminato”8.
Dopo appena alcune settimane dall’“Annessione” cominciò lo scioglimento
delle scuole private e dei relativi collegi, che erano per la maggior parte diretti
da ordini religiosi. All’inizio vennero affiancate a queste persone insegnanti a ti-
tolo onorario, che dovevano favorire l’educazione nazista attraverso i gruppi del-
la gioventù hitleriana. Con il “Decreto sul ritiro del diritto pubblico di tutte le
scuole private” del 19.07. 1938 e con il “Decreto del Ministero per gli affari in-
terni e culturali della Marca Orientale, relativo alla chiusura di tutte le scuole
confessionali, collegi e seminari e asili nido” del 17.10.1938, la loro esistenza
cessò definitivamente.
Seguì l’allontanamento di persone degli ordini religiosi dal servizio scolasti-
co. La prima ondata epurativa riguardò gli insegnanti religiosi che insegnavano
materie profane con un decreto dell’11.11.1938. Un successivo decreto del 19
novembre 1938 doveva allontanare anche preti e membri degli ordini dalle le-
zioni di religione, se da loro non veniva data la garanzia che la lezione “veniva
fatta in un modo non in contraddizione alla ideologia del Nazionalsocialismo”9.
Poiché dopo l’“Annessione” dell’Austria al “Vecchio Impero” (Altreich) il
concordato austriaco venne dichiarato non esistente e il concordato dell’Impero
(Reichskonkordat) non venne ritenuto valido, si instaurò una “situazione senza
concordato” che portò nella Marca Orientale a una maggiore aggressiva “guerra
religiosa”, più aggressiva di quella che si svolse nel “Vecchio Impero”10. Con la
“Legge sulla sistemazione degli uffici pubblici” del 27 luglio 1938 e del “Decre-
to sulla confisca di proprietà dei nemici del popolo e dello stato nel paese d’Au-
stria” del 18.11.1938, venne preparato un veloce e non complicato accesso alle
proprietà ecclesiali11.
Per impedire l’entrata di nuove vocazioni si doveva cercare con misure am-
ministrative del mercato del lavoro di vietare a eventuali aspiranti a ordini reli-
giosi lo scioglimento del loro rapporto di lavoro oppure se non l’avevano lo si
assegnava12.
Per formare l’istruzione pubblica nel senso nazionalsocialistico, il NSDAP
cercò di influenzare le insegnanti e gli insegnanti, cercando di raggiungere an-
che i loro collaboratori.
In Austria i nazisti trovarono consenso tra gli insegnanti attraverso l’assun-
zione di numerosi insegnanti disoccupati, prima nell’“Antico Impero”, eppoi in
patria, dove praticamente tutte le persone appartenenti a ordini religiosi erano
state licenziate dal servizio scolastico. Naturalmente gli insegnanti vennero pro-
sciolti dal “controllo religioso” (sorveglianza delle funzioni religiose nelle scuo-
8 Ibid., p. 364.
9 Ibid., p. 382.
10 Cf ibid., p. 372.
11 Cf ibid., p. 375.
12 Cf ibid., p. 381.

26.3 Page 253

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L’influenza dei nazionalsocialisti sui concetti pedagogici e sulla prassi educativa 253
le). Venne diminuito il numero di scolari per classi, vennero costruite nuove
scuole e restaurate delle vecchie13.
I contenuti dell’istruzione vennero cambiati completamente dai nazisti nel
senso della loro ideologia. La predilezione di Hitler per la formazione del corpo
si può già notare nel suo libro “Mein Kampf ” (La mia lotta): al primo posto è la
“cura del corpo sano”. Solo dopo viene per lui la formazione delle qualità men-
tali. Accanto si trova al vertice la formazione del carattere, la forza della volontà
e della decisione, l’educazione alla responsabilità, e solo dopo la formazione
scientifica14. La gerarchia delle materie d’insegnamento è la seguente: disposizio-
ni ereditarie, quadro della razza, carattere (= principi nazisti), abilità corporali
(= applicazione in guerra) e solo dopo il sapere15. L’ideologia si esprime in modo
particolare nell’insegnamento di storia: “L’insegnamento di storia è il mezzo per
la soluzione dei compiti politico-storici del popolo […] Lo scopo delle lezioni è
la preparazione per il proprio impiego nella lotta centrale individuale del popo-
lo, cioè educazione alla politica. La storia mondiale è da esaminare sotto l’aspet-
to della questione razziale”16. E: “la corona di tutte le lezioni di storia nazional-
politiche non consiste in altro che nella formazione di seguaci del Führer”17.
La riforma della scuola si realizzò con l’abolizione della preghiera a scuola,
con l’abolizione della lezione di religione, con l’introduzione dell’“insegnamen-
to confessionale” che subito fu definito come lezione facoltativa, e con l’allonta-
namento di preti, suore e catechisti dalle scuole.
3. L’“annessione” dell’Austria al Deutsche Reich (Impero Germanico)
Dopo una fase piena di problemi politici e amministrativi per la Repubblica
Austriaca fondata nel 1919, nel 1934 la Repubblica venne sostituita da uno “Sta-
to corporativo” e da un governo “austrofascista”. Il pensiero ideologico dei nazisti
si propagò in Austria parallelamente alla Germania. Quando il 25.07.1934 il
cancelliere Engelbert Dollfuß morì in seguito al tentativo di un putsch del
NSDAP, le pretese di Hitler sull’Austria erano diventate evidenti. Anche se in
Austria il NSDAP era vietato dal 19.07.1933, il 12.03. del 1938 parteciparono
alla “marcia” di Hitler sull’Austria, 127.000 suoi membri, più 35.000 della HJ18.
Il 12.02.1938 Adolf Hitler, durante un incontro a Berchtesgaden con il cancel-
13 Cf Herwig WINKEL, Volks- und Hauptschulen Vorarlbergs in der Zeit des Nationalso-
zialismus. Dornbirn, Vorarlberger Verlagsanstalt 1988, p. 44 e s.
14 Cf ibid., p. 74.
15 Erika MANN, Zehn Millionen Kinder. Die Erziehung der Jugend im Dritten Reich.
Reinbeck bei Hamburg, Rowohlt 20024, p. 63.
16 Karl ALNOR, Handbuch für Lehrer über Geschichtsunterricht. Zickfeld Osterwieck
1935, p. 2.
17 Friedrich FLIEDER, Die Geschichte als Kernstück der nationalsozialistischen Erziehung,
in Nationalsozialistisches Bildungswesen. (1937). April.
18 Cf Amo KLÖNNE, Jugend im Dritten Reich. Die Hitler-Jugend und ihre Gegner. Doku-
mente und Analyse. Hannover 1982, p. 32.

26.4 Page 254

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254 Franz Schmid
liere Kurt Schuschnigg, pretese la nomina del membro del NSDAP Arthur Seyß-
Inquart a ministro per gli interni e la sicurezza. Quando l’11.03.1938 Kurt
Schuschnigg si dimise e Arthur Seyß-Inquart divenne cancelliere, questi fece ap-
pello all’aiuto dell’esercito tedesco per ristabilire di nuovo l’ordine nel paese. Già
il 12 marzo 1938 truppe tedesche raggiunsero l’Austria, salutate con esultanza
dalla maggior parte della popolazione. Il 15.03.1938 l’esultanza raggiunse l’apice
con l’arrivo di Hitler a Vienna. Dopo la decisione del referendum popolare del
10.04.1938 che aveva approvato con il 99,75% l’“annessione”, l’Austria venne
associata per legge al Deutsche Reich come “Marca orientale”.
Le cronache dei salesiani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice informano scar-
samente sugli avvenimenti e sul comportamento dei ragazzi e dei giovani. Il 12
marzo 1938 il cronista del “Salesianum” a Vienna III, riferisce: “Questa notte il
NSDAP ha assunto il potere, la scuola è sospesa a tempo indefinito. I nostri ra-
gazzi sono naturalmente molto sconvolti dagli avvenimenti politici, ma comple-
tamente disciplinati!”. Il giorno dopo scrive: “Da oggi l’Austria è parte del
Grande Impero Germanico. Si è realizzato il sogno di molti, che si può costatare
anche con la felice lieta eccitazione della popolazione. Noi partecipiamo con i
ragazzi agli eventi attraverso la radio, e in parte personalmente”19. Il cronista
dell’orfanotrofio Freiherr v. Sieberer di Innsbruck scrisse: “L’esercito tedesco è
entrato a Innsbruck. Dappertutto è accolto con giubilo”20.
Prima della “marcia” anche tra i giovani vi erano diverse posizioni, per quan-
to riguardava la possibile “annessione”. Nei giorni successivi al 12 marzo 1938,
l’approvazione era però da osservare dappertutto. Perfino nel seminario episco-
pale di Hollabrunn dell’Arcidiocesi di Vienna, il giorno dell’entrata di Hitler in
Austria, scolari della scuola superiore marciarono “dimostrativamente nel refet-
torio al grido di: un popolo, un impero, un Führer. Il rettore Ettl rimase molto
colpito, ma tacque”. Altri seminaristi prepararono svastiche di cartone che poi
infilarono nei risvolti delle giacche. Nei giorni successivi il prefetto musicale
provò con i seminaristi la canzone “Horst-Wessel-Lied”21.
Significativa per la situazione in Austria fu il fatto che in molti circoli religio-
si si credette a una praticabile collaborazione con i nuovi detentori del potere.
Anche se erano conosciute le esperienze della chiesa con il nazionalsocialismo in
Germania, si sperò in una “via speciale austriaca” e in una “speciale posizione”
della chiesa. Nell’aprile del 1938 l’arcivescovo Theodor Cardinale Innitzer con-
cordò misure con J. Braun, responsabile di un settore della Gioventù Hitleriana
(Bannführer) del Deutsches Reich, che dovevano permettere ai seminaristi una
posizione speciale relativa all’appartenenza alla Gioventù Hitleriana (HJ). L’or-
ganizzazione della HJ non doveva essere introdotta nei seminari, ma si doveva
19 Chr-SDB-WIII.
20 Chr-SDB-I.
21 Erwin MANN, Das Knabenseminar der Erzdiözese Wien 1856-1992, in Christine
MANN – Erwin MANN, Die große Gesichte des Kleinen Seminars der Erzdiözese Wien. Wien,
Domverlag 2006, pp. 19-328, qui p. 141.

26.5 Page 255

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L’influenza dei nazionalsocialisti sui concetti pedagogici e sulla prassi educativa 255
“nei seminari aspirare con le strutture educative con estrema dedizione, al risve-
glio dei valori del popolo e del sentimento dell’appartenenza al popolo e dei
suoi doveri”22. Simili concetti si riscontrano anche nell’orfanotrofio Freiherr v.
Sieberer dei SDB a Innsbruck23.
4. I salesiani di don Bosco e le Figlie di Maria Ausiliatrice nel 1938 in Austria
4.1. I salesiani di don Bosco
Nel 1938 i salesiani di don Bosco costituivano un’ispettoria autonoma con se-
de a Vienna24. I 182 membri vivevano e lavoravano o studiavano in 12 istituti.
Amstetten (chiesa pubblica, assistenza ai giovani), Fulpmes (collegio per figli di
Maria e apprendisti, ginnasio, oratorio domenicale e festivo, aspirantato, novizia-
to), Graz (parrocchia, oratorio, assistenza spirituale), Innsbruck (collegio per allie-
vi e apprendisti, doposcuola, attività di associazione giovanile), Jagdberg (ospizio,
scuola elementare e agraria), Klagenfurt (parrocchia di San Rupert con la filiale di
San Martin, oratorio). Linz (chiesa pubblica, oratorio), Unterwaltersdorf (collegio
per figli di Maria, ginnasio, aspirantato, studentato per filosofia, oratorio domeni-
cale e festivo), Vienna III (sede ispettoriale, collegio per allievi, oratorio, attività di
associazione giovanile, insegnamento di religione), Vienna XIII (pensionato per
apprendisti, scuola per giardinieri), Vienna XXI (parrocchia, oratorio domenicale
e festivo, insegnamento di religione), Waidhofen sull’Ybbs (collegio, oratorio)25.
Inoltre sono da contare 27 membri che si trovavano a Benediktbeuern e a Roma
per motivi di studio26. Di questi membri, 74 erano preti, 4 diaconi, 33 coadiutori
con professione perpetua e 13 con professione temporanea, così come anche 26
candidati al sacerdozio con professione perpetua e 57 con professione tempora-
nea. Alla fine sono anche da calcolare 4 novizi. Padre Georg Wagner, tedesco di
nascita, era l’ispettore (1935-1947). Del consiglio provinciale facevano parte don
Aurelio Guadagnino in funzione di economo, don Karl Kranner, don Adolf Pe-
ninger e don Nikolaus Strässer. Segretario Provinciale era don Josef Krisch.
I temi principali delle attività dei salesiani in Austria riguardavano l’assistenza
giovanile, la formazione scolastica e professionale così come le attività pedagogi-
che nel tempo libero. Forte impegno è da registrare nella promozione dell’opera
“Figli di Maria”27. Cinque istituti sono anche attivi nell’assistenza parrocchiale.
22 Ibid., p. 143.
23 Chr-SDB-I.
24 L’Ispettoria Austriaca dei Salesiani di Don Bosco nello Stato Austriaco venne istitui-
ta nel 1935.
25 Elenco Generale della Società di S. Francesco di Sales. Antico Continente. Al primo
Gennaio 1938, p. 115.
26 EG 1938, pp. 83 e 86.
27 L’Opera fondata dallo stesso Don Bosco dà la possibilità a ragazzi giovani [che co-
minciano la scuola in età avanzata] di svolgere la formazione ginnasiale in forma breve e
quindi di raggiungere la maturità.

26.6 Page 256

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256 Franz Schmid
Con ciò erano molto vicini alla coscienza del proprio ruolo, all’idea dei salesiani.
Le attività dei SDB in Austria avevano sviluppato le tipiche caratteristiche
salesiane, che sono da ricondurre a don Bosco e che dai suoi successori sono sta-
te successivamente curate. Queste sono:
1. L’assistenza giovanile: a) “l’educazione in istituti (collegi) per studenti [allievi delle
principali scuole] e apprendisti”; b) “l’oratorio (pensionato maschile e associazioni gio-
vanili)”; c) “le unioni religiose (compagnie) che esistono nei collegi e negli oratori”.
2. L’Opera dei “Figli di Maria”.
3. L’Opera dei “Cooperatori Salesiani”.
4. L’Apostolato della stampa28.
In Austria nella Prima Repubblica (1918-1938) la situazione delle attività
delle unioni giovanili era motivo di forte polarizzazione. I SDB stabilirono che:
“Noi curiamo tutti i gruppi giovanili cattolici e apolitici (Reichsbund – Giovani
esploratori – Lupetti) nei pensionati maschili e nelle associazioni giovanili; ma dal
punto di vista organizzativo solo quelli facenti parte all’A[zione] C[attolica]. Il di-
rettore del pensionato maschile si fa carico che: Il presidente ecclesiastico sia im-
parziale e padre e guida per tutti”29.
Tuttavia ci si trovò anche in conflitto con la tradizione dei salesiani. L’orato-
rio come luogo “aperto” per l’assistenza giovanile, un posto per il tempo libero
senza obblighi, doveva entrare in un’organizzazione, divenne un “luogo associa-
tivo” per diversi gruppi e associazioni. Ciononostante non venne registrato da
nessun istituto il raduno in luogo di simpatizzanti dei nazionalsocialisti.
La direzione ispettoriale dei SDB, che non poteva essere completamente sor-
presa dell’annessione, cercò all’inizio un “modus vivendi” con i nuovi uomini al
potere. Il 19.03.1938 al riguardo riferì l’ispettore Georg Wagner nel suo consi-
glio. Nel protocollo si dice: “Come principale direttiva per il lavoro dei SDB
nella nostra provincia, il Signore altissimo indica la nostra disponibilità incondi-
zionata, nel posizionarci a fianco del Governo Nazionale del nostro Paese, e con
lui di lavorare per il bene dei nostri giovani”30.
4.2. Le Figlie di Maria Ausiliatrice
Nel 1938 le suore salesiane in Austria facevano parte della Visitatoria austriaca-te-
desca-ungherese delle “Figlie di Maria Ausiliatrice” con sede a Monaco di Baviera31.
In Austria c’erano 6 comunità, in Germania 5 e in Ungheria una. Nel 1938 dei 78
28 APW-DK-1936.
29 APW-DK-1935.
30 APW-PK.
31 Titolo italiano: Visitatoria (o Ispettoria minore) Austria-Germania-Ungheria di Ma-
ria Ausiliatrice.

26.7 Page 257

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L’influenza dei nazionalsocialisti sui concetti pedagogici e sulla prassi educativa 257
membri della congregazione 40 vivevano e lavoravano in Austria, 33 in Germania e
5 in Ungheria. La giovane ispettoria aveva molte suore giovani: 44, che rappresenta-
vano il 57% del totale, erano di professione temporanea32.
Le sedi erano “sparse” in tutto il paese. I luoghi e le loro attività erano: Gra-
matneusiedl (asilo, doposcuola, scuola di cucito, oratorio feriale), Jagdberg (or-
fanotrofio per bambini, scuola di cucito, economia domestica per i salesiani),
Klagenfurt (asilo, scuola di cucito, mensa scolastica, oratorio feriale per ragazzi e
ragazze, attività parrocchiali), Linz (asilo, asilo nido, scuola di cucito, oratorio
feriale), Unterwaltersdorf (economia domestica per i salesiani, scuola di cucito),
Viktorsberg (orfanotrofio, asilo, scuola elementare, oratorio domenicale). L’ita-
liana sr. Alba de Ambrosis era l’ispettrice33.
Nel 1928 le suore di Don Bosco, con i salesiani, avevano aperto a Jagdberg
la prima sede in Austria e nei successivi 10 anni avevano acquisito 5 nuovi cam-
pi di attività. Si erano allineate chiaramente ai tipici campi di attività delle Figlie
di Maria Ausiliatrice: i destinatari erano bambine, bambini e ragazze. I campi di
lavoro erano asili, oratori con assistenza giovanile e catechesi, e poi anche scuole
di cucito per permettere alle ragazze dei ceti bassi una base professionale. Se si
creava l’occasione, sostenevano il lavoro dei preti nelle parrocchie (Linz, Klagen-
furt, Viktorsberg). In due istituti, Jagdberg e Unterwaltersdorf, lavoravano per i
salesiani nella conduzione domestica (cucina e lavanderia).
Anche le Figlie di Maria Ausiliatrice furono colpite nelle loro originarie atti-
vità “con tutta forza” dal nazionalsocialismo. I nuovi detentori del potere vole-
vano affidare l’educazione infantile esclusivamente all’assistenza pubblica, e l’as-
sistenza giovanile per ragazze era compito esclusivo del “Bund Deutscher Mä-
del” (BDM) (Unione Ragazza Tedesca).
Anche per le suore il nazionalsocialismo non era estraneo. Alcune suore ne
avevano fatto esperienza in altre parti della loro visitatoria. Anche loro cercaro-
no di proteggere i loro istituti dallo scioglimento ordinato dai nuovi detentori
del potere e cercarono, temporaneamente, di mettere in pratica le loro disposi-
zioni34. Le suore si opposero con ostinazione ripetutamente e in vari modi alle
restrizioni e alle chiusure, anche se con successo temporaneo.
5. I salesiani e le Figlie di Maria Ausiliatrice sotto la dittatura dei Nazionalsocialisti
in Austria
5.1. Piccola cronaca degli avvenimenti
12.03.1938 Entrata dei Nazionalsocialisti in Austria.
12.03.1938 SDB Vienna III: la HJ e la SA penetrano nella sede, dichiarano
32 Elenco Generale dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Antico Continente. 1938,
pp. 146-149.
33 Ibid.
34 Chr-FMA-Linz.

26.8 Page 258

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258 Franz Schmid
13.03.1938
17.03.1938
18.03.1938
18.03.1938
23.03.1938
26.03.1938
04.04.1938
09.05.1938
09.05.1938
16.05.1938
24.05.1938
01.06.1938
21.06.1938
27.07.1938
07.09.1938
15.09.1938
05.10.1938
15.10.1938
17.10.1938
30.10.1938
sciolte le associazioni giovanili e requisiscono l’inventario della
sezione giovanile.
SDB Innsbruck: la HJ sezione Bannführung confisca le sezioni
del doposcuola maschile e numerosi inventari.
FMA Linz: asilo, asilo nido e laboratorio per il cucito vengono
chiusi dalla direzione distrettuale. Immediata la protesta delle
Suore.
FMA Linz: asilo, asilo nido e il laboratorio per il cucito possono
di nuovo essere riaperti.
FMA Klagenfurt: perquisizione della casa da parte della Gestapo.
Firmato il divieto delle attività.
SDB Vienna III.: l’oratorio viene chiuso, le associazioni sciolte,
l’inventario viene consegnato alla HJ.
FMA Viktorsberg: a Dornbirn due insegnanti tra le suore parte-
cipano al giuramento del corpo insegnanti del Voralberg.
FMA Linz: la comunità femminile dei NS si assume i costi del
vitto a mezzogiorno per i bambini degli asili.
SDB Innsbruck: il direttore propone all’Ufficio assistenza minori
la creazione di un gruppo della HJ nel centro giovanile.
FMA Klagenfurt: l’oratorio di San Martin non può più essere
condotto.
FMA Klagenfurt: alle suore viene affiancata dal responsabile sco-
lastico una “consulente e indicatrice”.
FMA Klagenfurt: la superiora e la direttrice dell’asilo vengono
“giurate“ dal consiglio cittadino scolastico.
SDB Vienna XIII.: presa della scuola per giardinieri da parte del
NSV
SDB Innsbruck: accordo del centro giovanile con la HJ sui locali
confiscati e l’inventario sequestrato.
Legge sulla sistemazione degli uffici pubblici.
SDB Vienna III.: il consiglio scolastico cittadino vieta la ulterio-
re conduzione dell’istituto scolastico e dell’oratorio.
Agli insegnanti religiosi (chierici) viene ritirato il permesso d’in-
segnamento
FMA Viktorsberg: la scuola perde il diritto d’insegnamento
pubblico.
SDB Unterwaltersdorf: i “Figli di Maria” devono abbandonare la
sede.
SDB Fulpmes: chiusura dell’istituto Bonifatius (scuola, pensio-
nato per i ragazzi, doposcuola).
Il ministero per gli affari interni e dei culti dispone la chiusura di
tutte le scuole confessionali, pensionati scolastici e asili.
SDB Vienna III.: il convitto viene confiscato, con l’inventario,
dal consiglio scolastico cittadino.

26.9 Page 259

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L’influenza dei nazionalsocialisti sui concetti pedagogici e sulla prassi educativa 259
18.11.1938 Decreto sulla confisca dei patrimoni dei nemici del popolo e del-
lo stato, nel paese d’Austria.
12.1938 FMA + SDB Jagdberg e Viktorsberg: la direzione pedagogica de-
gli istituti d’educazione viene assunta dagli ispettori scolastici di-
strettuali.
15.12.1938 FMA Klagenfurt: l’asilo viene chiuso dalla Gestapo. Le proteste
delle suore e dell’ordinariato non hanno successo.
18.02.1939 SDB Vienna III.: il consiglio scolastico cittadino apre un istituto
scolastico statale.
10.02.1939 FMA + SDB Jagdberg: nell’istituto di previdenza sociale di Jagd-
berg vengono impiegati due direttori pedagogici dalla sezione di-
rettiva del partito (Gauamtsleitung) di Innsbruck.
15.03.1939 SDB Vienna III.: i SDB danno in affitto il secondo e il terzo pia-
no e anche il cortile giochi al governatore del Reich a Vienna per
l’uso di un istituto scolastico.
01.06.1939 SDB Vienna XIII.: il collegio viene preso in consegna dalla NSV.
04.06.1939 FMA + SDB Jagdberg: i SDB e FMA abbandonano l’istituto di
previdenza sociale di Jagdberg.
26.08.1939 I primi SDB vengono arruolati.
01.09.1939 Scoppio della guerra.
03.01.1940 SDB Vienna III.: l’unione “Associazione Devoti di Maria Ausi-
liatrice” e quella dei “Cooperatori Salesiani” vengono sciolte.
30.04.1940 FMA Viktorsberg: Il governatore del Reich in Tirolo e Vorarl-
berg ordina alla suore di consegnare il riformatorio per ragazze
entro il 1 giugno 1940 alla sezione direttiva autonoma del parti-
to (Gauselbstverwaltung).
25.05.1940 FMA Viktorsberg: le suore cominciano con il trasloco in una fat-
toria.
31.05.1940 FMA Viktorsberg: le suore abbandonano l’istituto per ragazze.
FMA Viktorsberg: le suore ricominciano con un asilo.
SDB Klagenfurt: il locale nella parrocchia di Klagenfurt di San Ruprecht viene
confiscato.
30.07.1940 Vienna III.: il cortile viene occupato da un reggimento di Schüt-
zen con veicoli e cucine da campo.
29.09.1940 Divieto di ammissione di novizi per ordini e congregazioni.
06.12.1940 SDB Vienna III.: viene stipulato un contratto d’affitto con la
“Gesellschaft Sozialer Jugendschutz” (SDB) e la Croce Rossa
Tedesca.
10.02.1941 Inizio sistematico dei preparativi nel caso dello scioglimento del-
l’ispettoria dei SDB.
20.08.1941 FMA Linz: le suore consegnano l’asilo alla NSV.
31.01.1942 SDB Klagenfurt-San. Ruprecht: le campane della chiesa vengono
rimosse.
09.07.1942 FMA Linz: le SS ordinano la confisca della casa.

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260 Franz Schmid
02.11.1942 FMA Linz: la confisca della casa del 09.07.1942 viene annullata
dopo le proteste della superiora.
15.11.1942 SDB Klagenfurt: il campo giochi della parrocchia di San Ru-
precht viene dato in affitto alla Gestapo che lo utilizza per l’ere-
zione di baracche.
04.11.1944 FMA-SDB Linz: gli istituti vengono distrutti dai bombardamenti.
15.01.1945 SDB Vienna III.: la sede viene colpita da bombe che la distrug-
gono ampiamente.
11.04.1945 SDB Vienna III.: i soldati dell’Armata Rossa occupano la sede.
08.05.1945 Capitolazione – Fine della guerra – Liberazione dalla dittatura
nazionalsocialista.
09.07.1945 SDB Vienna III.: l’istituto scolastico statale abbandona la sede.
15.07.1945 SDB Vienna XIII.: l’Armata Rossa abbandona la sede.
04.08.1945 SDB Vienna III.: l’oratorio riprende provvisoriamente le attività.
SDB Vienna III.: la “Associazione Devoti di Maria Ausiliatrice” ricomincia a ri-
unirsi.
SDB Vienna III.: viene rifondato il gruppo dei Giovani Esploratori.
5.2. Chiusura delle strutture
I nazionalsocialisti cominciarono immediatamente, dopo la presa del potere
in Austria, con la lotta alla chiesa e con ciò contro le comunità religiose. Nella
prima fase si registrarono spontanee violazioni contro gli istituti per l’assistenza
giovanile35. Seguì nell’autunno del 1938 l’interruzione delle attività delle scuole
e dei collegi cattolici, così come il divieto per preti e membri di ordini religiosi
di essere insegnanti. La presa in consegna degli asili da parte della NSV venne
avviata e quindi eseguita. Gli istituti di previdenza sociale vennero assunti dalle
istituzioni locali. Seguirono confische di alcuni locali o di completi istituti desti-
nati alla NSDAP o ai militari. Così l’impedimento raggiunse una misura che
non permetteva più lo svolgimento regolare delle attività educative e culturali.
Alla fine si aggiunsero le distruzioni della guerra che fecero soccombere tutte le
attività.
In tutti gli istituti è da osservare che i salesiani e le Figlie di Maria Ausiliatri-
ce cercarono di accordarsi con i nuovi detentori del potere e cercarono esterna-
mente di accondiscendere alla loro ideologia. Ma divenne presto chiaro che non
era possibile un consenso. Cominciarono a difendersi, e con questo raggiunsero
temporaneamente un rinvio del loro smantellamento. Nell’assistenza spirituale
generale nelle parrocchie, al contrario il personale degli ordini si poté affermare
35 Nelle prime settimane della presa del potere si registrarono “confische selvagge”. Era-
no implicate accanto al SA anche la SS, gruppi locali del NSDAP, la HJ, la Gestapo, la gen-
darmeria e posti di polizia. Alla fine del marzo 1938 la Gestapo, perseverando nel monopo-
lio del potere, vietò attività agli uffici e alle divisioni del partito, e procedette ad arresti,
confische e perquisizioni.

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L’influenza dei nazionalsocialisti sui concetti pedagogici e sulla prassi educativa 261
ma dovette prendere in considerazione gli impedimenti crescenti. L’arruolamen-
to di numerosi di loro, indebolì gravemente le loro attività.
Le cronache e i documenti danno un chiaro quadro dei processi che le istitu-
zioni dei salesiani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice dovettero subire. Nella pri-
mavera del 1945 non si può più parlare di istituzioni funzionanti: la dittatura
nazista le aveva eliminate tutte.
Qui di seguito vengono descritti i processi relativi soprattutto alle strutture,
che erano in pericolo di esistenza. Erano strutture che accoglievano specialmen-
te i giovani più poveri.
5.2.1. L’“Istituto Bonifatius” a Fulpmes
Il 19.03.1938 il cronista dell’“Istituto Bonifatius” a Fulpmes così descriveva i
primi giorni e le prime settimane dopo l’“Anschluss”:
“Naturalmente questi giorni trascorsero non senza una profonda esperienza inte-
riore dei singoli... Ma grazie al comportamento ben disposto della direzione locale
e delle autorità locali (alcuni dei funzionari erano membri dell’associazione) e gra-
zie alla saggezza dei superiori, tutto si svolse senza attriti. Già dalla prima fiaccolata
a Fulpmes [...] gli studenti che erano dispensati dal parteciparvi, si presentarono in
11. I desideri e le disposizioni della nuova direzione della scuola furono completa-
mente soddisfatti, cosicché, nonostante le inevitabili irregolarità nel funzionamen-
to della scuola in quei giorni, l’accordo fu buono. Altrettanto si compì senza pro-
blemi lo scioglimento del «Reichsbund»: non aveva patrimoni, (i membri neanche
erano molti); la bandiera venne consegnata volontariamente. Vennero pretesi gli at-
trezzi per la ginnastica, ma non furono toccati in qualità di proprietà della sede.
[…] la SA richiese gentilmente di poter fare esercizi sul nostro posto per due volte
la settimana dalle 81/2 alle 91/2, fatto che fu premurosamente concesso”36.
Ma la “buona concordia” cambiò velocemente. Come per le altre scuole pri-
vate e collegi della chiesa, seguì la chiusura in Autunno dopo l’inizio della scuola.
“Consiglio Scolastico Regionale per il Tirolo. numero: A 1312/ 1. Innsbruck, 15
ottobre 1938
Avviso: con il presente, decreto l’immediata chiusura dell’Istituto Bonifatius a
Fulpmes compresa la scuola privata interna all’istituto, il pensionato per ragazzi co-
sì come doposcuola (ostello per la gioventù) e vieto contemporaneamente il prose-
guimento di tutte le attività in campo scolastico ed educativo nell’ambito dell’Isti-
tuto Bonifatius. Questa ordinanza entra subito in vigore. La non osservanza è pre-
vista nella legge amministrativa di esecuzione BGBl. nr. 276, 1925 e comporta le
previste sanzioni e pene.
Motivi: lo Stato può lasciare esistere scuole private, istituti di educazione, e istituti
scolastici solo fino a quando le loro direzioni e istituzioni garantiscano che le lezio-
ni e l’educazione in questi istituti vengano condotte nello spirito dell’ideologia del
36 Chr-SDB-F.

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262 Franz Schmid
Nazionalsocialismo. Ma per questo, mancano le basilari garanzie nei vostri istituti
affinché l’educazione e le lezioni dei giovani avvengano in questo senso. Ma poiché
ogni attività educativa che non segua il senso richiesto dallo Stato Nazionalsociali-
sta deve essere considerata come nociva allo stato, sono, secondo il § 13 della legge
sulle lezioni private del 27.6.1850 RGBl. 309, previsti i motivi della chiusura.
Indicazione della possibilità di ricorso: contro questa disposizione si può fare ricorso
entro 2 settimane dalla notificazione e questo deve essere inoltrato presso il Consiglio
Regionale Scolastico. Un ricorso di tale tipo però [...] non priva il rinvio dell’effetto.
Heil Hitler! Il Gauleiter (capo sezione locale del partito nazista) Franz Hofer e Presi-
dente della regione in qualità di Segretario del Consiglio Scolastico Regionale”37.
Nei mesi seguenti vennero discusse dai salesiani le differenti varianti per l’ul-
teriore utilizzazione della sede. Loro stessi ne considerarono la vendita, ma non
trovarono nessun acquirente38. Numerosi interessati ne provarono le differenti
utilizzazioni, fino alla fine del novembre 1939 quando il comando superiore
dell’esercito confiscò la sede per farne una scuola alpina dell’esercito39.
5.2.2. L’orfanotrofio dei Salesiani di Don Bosco “Freiherr v. Sieberer” a Innsbruck
Il 12.03.1938 il direttore P. Anton Schmidt dell’orfanotrofio Freiherr v. Sie-
berer dei salesiani di Don Bosco a Innsbruck ricevette telefonicamente e per
iscritto l’ingiunzione della HJ “di mettere a disposizione per scopi patriottici i lo-
cali richiesti del Centro Giovanile dei Salesiani”40. Il 13.03.1938 il direttore così
notava nella cronaca:
“Alle 5 del pomeriggio viene una divisione della HJ della «Bannführung» di Inn-
sbruck e confisca immediatamente il nostro doposcuola per ragazzi facendone loro
sede. Si costringe il direttore alla firma di un documento, secondo il quale per un
periodo temporaneo ancora non definito, cioè fino alla regolamentazione finale di
questa causa, si doveva mettere a disposizione della HJ i locali del doposcuola. Gli
oggetti del doposcuola, privati o no, vengono in ogni caso mantenuti. Alle ore 22
viene di nuovo un gruppo della HJ […] e richiedono in modo invadente tutte le
cose che i nostri giovani avevano nelle precedenti sfilate pubbliche. Dobbiamo
consegnar loro tende, uniformi, cinture, camicie, fanfare, tamburi ecc. […] Inoltre
i ragazzi perquisiscono anche la camera del padre presidente e della direzione”41.
In una lettera del direttore al sindaco di Innsbruck del 22.03.1938 vengono
nominati 59 titoli, che il 13.03.1938 erano stati requisiti dalla Bannführung del-
37 Ibid.
38 Ibid. Il 12.06.1939 così notò il protocollo del capitolo ispettoriale: “In relazione alla
sede di Fulpmes con i voti di tutti i presenti, viene deliberata solo la messa in affitto e non
la vendita” (APW-PK).
39 Cf Günter FALSER, Die NS-Zeit im Stubaital. Innsbruck, Studienverlag 1996,
pp. 108-115.
40 APW-I.
41 Ibid.

27.3 Page 263

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L’influenza dei nazionalsocialisti sui concetti pedagogici e sulla prassi educativa 263
la HJ42. In un’elencazione del 09.04.1938 i titoli vengono denominati con valore
monetario. La somma era di 2.490 scellini, cioè 1.993 marchi del Reich43.
Il 06.04.1938 viene inviata una lettera con un questionario all’Istituto Sale-
siano di Innsbruck dall’Amministrazione del Tesoro del Reich della HJ a Vien-
na, relativa alla “consegna dell’istituto alla HJ” che in 2 giorni “deve essere com-
pilato conformemente alla verità e completamente”: Il 09.04.1938 il direttore
rispose e comunicò all’Amministrazione del Tesoro del Reich della HJ a Vienna
che “l’orfanotrofio Sieberer viene erroneamente definito come istituto salesiano”
e che l’istituto non era mai appartenuto al giovane popolo austriaco o a altre or-
ganizzazioni giovanili. Inoltre dichiarò che il 01.04.1935 i salesiani avevano sol-
tanto ricevuto dal comune di Innsbruck la conduzione per 20 anni dell’orfano-
trofio44. Il 09.05.1938 il direttore dell’orfanotrofio Freiherr v. Sieberer inviò una
lettera all’ufficio cittadino sociale per i minorenni di Innsbruck, nella quale de-
plorava la situazione e desiderava chiarire le competenze. In relazione alla HJ
comunicò che la direzione della sede aveva consigliato ai giovani di entrare a far
parte della HJ. Comunicò che alcuni giovani, con il pretesto di partecipare a
manifestazioni della HJ, si erano allontanati dall’istituto e che altri si dedicava-
no a inammissibili occupazioni. Per questo aveva proposto di fondare all’interno
dell’istituto una propria divisione della HJ, come del resto era stato praticato
nell’“Antico Reich” (Altreich). Il 13.05.1938 il direttore inviò di nuovo una let-
tera a un non nominato indirizzo nella quale prega “la restituzione dei locali e
degli oggetti requisiti”45.
Il 21.06.1938 ci fu con la HJ di Innsbruck un accordo, che venne firmato da
un rappresentante della HJ di Innsbruck, un rappresentante della Gestapo di
Innsbruck e da un rappresentante della congregazione dei salesiani a Innsbruck.
L’accordo conteneva estese concessioni alla HJ, come l’affidamento gratis a tem-
po indefinito dei locali, la messa a disposizione dell’inventario, e la maggior par-
te degli oggetti requisiti a marzo venivano trasferiti alla NSV, vennero restituiti
pochi oggetti, e venne fatto sperare il pagamento di 200 marchi del Reich46. La
cronaca della casa termina il 21.06.1938. I salesiani dovettero abbandonare la
sede nelle settimane seguenti. Lo svolgimento non è documentato negli archivi
dei salesiani. Dopo la fine della tirannia nazionalsocialista essi non ritornarono
nelle loro strutture.
5.2.3. Il riformatorio “Josefinum” di Jagdberg
L’ospizio di Jagdberg nel Vorarlberg che era stato assunto dai salesiani con
l’aiuto delle Figlie di Maria Ausiliatrice nel 1928, fu preso di mira dal NSDAP
42 Ibid.
43 Ibid.
44 Ibid.
45 Ibid.
46 Ibid.

27.4 Page 264

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264 Franz Schmid
dopo alcuni mesi dalla loro presa del potere. Si trattava soprattutto apparente-
mente di provvedimenti “contro i monasteri” e non contro i ragazzi. All’inizio
venne istituita una “sorveglianza”, come anche in altri luoghi, alla quale seguì la
chiusura.
“La direzione pedagogica dei riformatori cattolici Viktorsberg, Jagdberg e di Ma-
rienheim presso Bludenz venne assunta nel dicembre del 1938 dagli ispettori scola-
stici distrettuali, affinché i ragazzi non «vengano contagiati dal segno della croce».
Il loro compito era disegnato chiaramente:
‘1. Separare i ragazzi sani da quelli danneggiati – si trattava per i primi maggiormen-
te di poveri orfani –, e se possibile dal NSV di trasferirli in campagna da famiglie,
2. Arginare il meglio possibile il bigottismo e così la scaltrezza dei «difficili da educare»,
3. Annientare il meglio possibile l’influenza dei monaci (soprattutto a Viktorsberg)’”47.
L’ispettore don Georg Wagner a Vienna, inviò il 27.02.1939 un “Memoran-
dum” a un non meglio definito ufficio dei nuovi detentori del potere, nel quale
si opponeva alle incipienti influenze dei nazionalsocialisti.
“Il 10 febbraio 1939 sono stati presentati al nostro direttore dei Salesiani [don An-
dreas Wagner] di Jagdberg dal Dr. [Alexander] Grosch per incarico del paese, due
signori, il signor Breidenbach in qualità di ‘Oberbannführer’ e il signor ‘Scharfüh-
rer’ Krüger, come direttori pedagogici dell’istituto e subito insediati”48.
Così prosegue:
“Attraverso questo insediamento, avvenuto senza alcuna informazione del provincia-
lato dei Salesiani, viene annullato il nostro contratto nel punto più importante, e cioè
il punto 4 del contratto relativo all’affidamento e all’educazione dei poveri e dei ra-
gazzi indigenti a Jagdberg. Attraverso questa misura viene istituita una doppia dire-
zione nell’istituto, che naturalmente presso i ragazzi notevolmente indigenti per ne-
cessità, provoca disordine. La congregazione non farà mancare oltre all’assistenza mo-
rale, quella religiosa, e di educare i ragazzi come cittadini capaci. Naturalmente ci te-
niamo precisamente ai regolamenti delle leggi statali relative, e vedremo di buon oc-
chio, se nelle nuove relazioni viene esercitata una speciale vigilanza, ma non possiamo
trovar per indicata una doppia direzione dell’istituto di Jagdberg. Per questo facciamo
riferimento all’adempimento del contratto e preghiamo di una chiara decisione”49.
Alcuni giorni dopo l’ispettore informò così il suo consiglio: “A Jagdberg si
trovano da due settimane due direttori pedagogici insediati dal governo regiona-
le. La loro attività contrasta notevolmente la nostra opinione, per questo è da
calcolare la perdita di questa casa”50.
47 VLA, LSR Zl. 2138 ex 1938; seg. e inoltre: Horst SCHREIBER, Schule in Tirol und
Vorarlberg 1938-1948. Innsbruck, Studienverlag 1996, p. 99s.
48 APW-Jagdberg.
49 Ibid.
50 APW-PK.

27.5 Page 265

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L’influenza dei nazionalsocialisti sui concetti pedagogici e sulla prassi educativa 265
Il 12.06.1939 il consiglio ispettoriale così protocolla:
“Jagdberg venne sottoposta totalmente alla direzione del NSV dalla direzione loca-
le del partito nazista. Ai Salesiani viene vietato ogni tipo d’influenza sui giovani.
Per questo, il contratto stabilito dal governo regionale con noi non è più valido in
punti importanti. Per questo la sede verrà da noi abbandonata. L’ 8.6.1939 tutti i
confratelli abbandonarono la sede, portando con sé solo alcuni oggetti. Per gli in-
vestimenti vennero promessi 8.000 marchi del Reich come rimborso”51.
Le Suore salesiane più tardi ricordavano: “Il 4. Giugno [1939] molto presto
viene celebrata l’ultima santa messa, e i Salesiani e le Suore abbandonano triste-
mente la sede, i bambini e i ragazzi”52.
La struttura andò incontro a tempi cattivi: “Nell’Istituto di educazione del
Gau (sezione locale del NSDAP) di Jagdberg i convittori per un anno vennero
assistiti solo dal direttore e da un praticante sedicenne”53.
5.2.4. Le Figlie di Maria Ausiliatrice a Klagenfurt
Dal 1936 lavoravano e vivevano le Figlie di Maria Ausiliatrice in una comunità a
Klagenfurt nella parrocchia di San Ruprecht, che era diretta dai Salesiani. Avevano
un asilo, un doposcuola, un oratorio feriale, una scuola di cucito e prestavano nu-
merosi servizi nella parrocchia. Anche a Klagenfurt nel 1938 queste strutture ven-
nero prese di mira dai nuovi detentori del potere. Il 18.03.1938 nota la cronista:
“Oggi sono apparsi […] 3 ufficiali della Gestapo con lo scopo di perquisire la casa.
Trovarono tutto in ordine. La superiora Sr. Styp [Elisabeth] fu costretta a firmare
un divieto di svolgimento delle attività, che comunque secondo gli ufficiali non sa-
rebbe stato preso in considerazione per la nostra situazione. Con la comunicazione
di non intraprendere nulla, ma di aspettare la telefonata del Direttore della Sicurez-
za, i signori abbandonarono […] la casa. Portarono con loro l’elenco dei bambini
del doposcuola. Noi continuammo la nostra opera”54.
Il 01.04.1938 la superiora visitò il direttore della sicurezza che le assicurò
che non aveva da temere una chiusura. Ma il 16.05.1938 si presentò una signo-
rina Grete Nitsch che presentò un’autorizzazione dove si diceva che “lei ci af-
fiancava come consulente e indicatrice, affinché noi troviamo la strada dal pas-
sato al presente”. Il 27.05.1938 venne di nuovo per raccogliere alcune informa-
zioni sul numero dei bambini. Il 24.05.1938 la direttrice e la maestra dell’asilo
vennero chiamate a presentarsi al consiglio scolastico cittadino, per un “giura-
mento”. Con l’accordo del vescovo prestarono giuramento. Nelle settimane se-
51 Ibid.
52 T. LUMER, Die Chronik…, p. 47.
53 H. SCHREIBER, Schule in Tirol…, p. 100.
54 AÖFMA.

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266 Franz Schmid
guenti furono visitate da diverse autorità, vennero fatte consultazioni nell’ordi-
nariato e il console italiano di Klagenfurt venne consultato55.
Il 15.12.1938 poco prima di Natale venne la notizia decisiva. La registrazio-
ne nella cronaca rivela molto turbamento.
“Oggi ci ha raggiunto l’ordine della Gestapo di chiudere immediatamente il nostro
asilo, perché secondo le constatazioni fatte, non viene offerta nessuna garanzia nel-
l’educazione secondo l’ideologia del nazionalsocialismo. La superiora protestò con-
tro ciò presso la Direzione della Polizia, e così fece anche l’ordinariato principe-ve-
scovile. Dopo ciò seguì la chiusura dell’asilo. La sera vennero le madri dei bambini,
dopo avere ricevuto l’invito per ricevere la comunicazione della chiusura. Le madri
si rammaricano molto della chiusura”56.
Nei successivi mesi e anni seguirono di nuovo acquartieramenti di soldati nel-
le strutture vuote. Le suore dovettero stringersi, ma vivevano la loro vita di ordine
e fino alla fine riunirono attorno a loro per diverse occasioni una sempre più pic-
cola schiera di ragazze: per le sante feste, le feste dell’anno liturgico, feste dei sale-
siani, pellegrinaggi, giorni per l’adorazione, conferenze, messe, piccole gite ecc.,
prendevano parte alla catechesi dei sacramenti e conducevano i bambini alla pri-
ma comunione. Nel 1942 così riassumeva la cronista: “Anche se il nostro campo
d’attività è diventato piccolo, tuttavia possiamo ancora vivere nella nostra comu-
nità secondo le nostre sante regole”. Il venerdì santo del 03.04.1942, constatò:
“Non abbiamo più gioventù”. Alla fine dell’anno scrisse: “Per la prima volta fe-
steggiamo [...] la santa festa di Natale senza gioventù”57.
Il 24.03.1943 arrivarono 8 ragazzi da Colonia, vittime di bombardamenti. Il
04.09.1943 l’ultimo dei bambini abbandonò di nuovo Klagenfurt, a causa della
mancanza di spazio e carbone. Nell’autunno del 1943 la direttrice riuscì a rice-
vere lavori dall’amministrazione militare locale e ad intraprendere lavori di cuci-
to per le forze armate. Per questo le forze armate le misero a disposizione una
macchina da cucire elettrica58.
5.2.5. Le Figlie di Maria Ausiliatrice a Linz
Già dall’inizio della loro presenza a Linz i salesiani di Don Bosco avevano
pregato le Figlie di Maria Ausiliatrice di aiutarli nel lavoro nel quartiere Franck-
Viertel. Le suore accettarono l’invito e realizzarono nel 1933 un asilo, un orato-
rio feriale e una scuola di cucito. Con grande veemenza “difesero” il loro impe-
gno contro i nazionalsocialisti. La cronaca locale documenta molto precisamen-
te gli avvenimenti. I problemi incominciarono alcuni giorni dopo la presa del
potere. Il 17.03.1938 nota la cronista:
55 Ibid.
56 Ibid.
57 Ibid.
58 Ibid.

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L’influenza dei nazionalsocialisti sui concetti pedagogici e sulla prassi educativa 267
“Per incarico della direzione distrettuale, l’asilo, l’istituto e la scuola di cucito vengono
chiusi alle 121/2. La direttrice Sr. Regina Ostern in compagnia di un’altra Suora e del Pre-
sidente Padre [Franz] Stöglehner, si recarono subito dalla Gestapo dove vengono riman-
dati direttamente alla direzione distrettuale […] Il pomeriggio alle 51/2 la direttrice […]
visita il consigliere comunale signor Walter Gasthuber, che subito si rivolge telefonica-
mente all’Unione Donne Nazionalsocialiste promettendo informazioni entro la sera”59.
Gli interventi delle suore ebbero efficacia. Già il giorno successivo, il
18.03.1938, la cronaca riporta:
“Alle 7 di mattina si presenta un incaricato del signor Walter Gasthuber consigliere
comunale, e consegna la notifica sulla riapertura della struttura […] il pomeriggio
la direttrice Sr. Regina Ostern in compagnia di una Suora, viene ricevuta dal signor
sindaco Sepp Wolkerstorfer ringraziandolo della immediata riapertura delle attività
al suo completo”60.
Nelle settimane successive si trattò dell’istituzione di un convitto per i bam-
bini dell’asilo e il relativo finanziamento. Viene esaminata l’“affidabilità ideolo-
gica” delle suore. Il 01.04.1938 la direttrice dell’Unione Donne Nazionalsociali-
ste, una direttrice d’asilo e anche un membro del SA visitarono la sede. Le suore
fanno mostrare dai bambini cosa è stato insegnato loro:
“I piccoli […] marciavano e cantavano seguendo i battiti del tamburo «Marciamo
uomo per uomo» e declamavano «Il nostro Führer Adolf Hitler» con un così gran-
de entusiasmo che la signora [Ridi] Dirnberger promise di portare […] il signor
sindaco da noi per mostrargli l’atteggiamento nazionale dei nostri bambini”61.
In effetti il sindaco Wolkersdorfer il 04.04.1938 si presentò nell’asilo in
compagnia di un fotografo della stampa. I bambini declamavano, marciavano, e
cantavano entusiasticamente come nella prima visita. Il sindaco poi raccontò ai
bambini in modo infantile la vita del Führer e alla fine distribuì dei dolci62.
Il 05.05.1938 comparve il direttore Weichselbaumer in compagnia di una
direttrice del BDM, visitò la sede e annotò i nomi delle scolare del corso di
cucito. Poco dopo apparve una commissione di 11 persone, tra le quali la di-
rettrice dell’Unione Donne Nazionalsocialiste per visitare di nuovo la struttu-
ra. Lei assicurò che “tutto era rimasto come prima, e che il doposcuola e il
corso di cucito potevano proseguire senza problema, così come rimangono in-
tatte le attività dell’asilo”. La direttrice depositò immediatamente una protesta
contro questa visita presso la direzione locale del gruppo. Il 16.05.1938 una
direttrice d’asilo vicina, richiese gli indirizzi dei bambini dell’asilo. Le suore
rifiutarono la consegna. Il 30.09.1938 il NSV si interessò dell’attività dell’asi-
59 Ibid.
60 Ibid.
61 Ibid.
62 Ibid.

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268 Franz Schmid
lo e ne assicurò la continuazione “temporaneamente almeno per un anno”63.
Ma le suore potevano rimanere più a lungo. Solo nell’aprile del 1941 i funzionari
ricominciarono a interessarsi dell’asilo e dei locali delle suore. Il 20.08.1941 la croni-
sta notò: “Oggi si è compiuta la consegna definitiva del nostro asilo alla N.S.V.”64.
E tre settimane dopo, il 09.09.1941, così diceva la nota: “Oggi vengono due
signori con una donna dell’ufficio di collocamento per ricevere maggiori infor-
mazioni sulle Suore”. La direttrice comunicò all’ufficio di collocamento che le
suore si occupano di cucito per le forze armate. Poi la polizia richiese, “che tutte
le Suore devono essere registrate di nuovo”. Un anno dopo, il 09.07.1942, le SS
sequestrarono la sede e disposero «nonostante tutte le obiezioni che fa la Suora
superiora, la totale confisca della stessa». Lei si rivolse all’ordinariato per ricevere
appoggio e inviò il 14.07.1942 alla cancelleria del Führer la seguente lettera:
“Giovedì 9 Luglio 1942 è comparso il signor Peterseil della SS (Einsatzführer S.S.
Standartenführer) per una breve visita della filiale locale e ha dichiarato durante lo svol-
gimento della stessa, l’edificio sequestrato. Lo sgombero deve avvenire entro 14 giorni.
Ma poiché la comunicazione scritta promessa, fino ad oggi non è giunta, non esiste la
possibilità di impugnare un ricorso legale. Per questo mi permetto di fare richiesta
presso la Cancelleria del Führer dell’abolizione o della limitazione dell’ordinanza di se-
questro e mi permetto di motivare così la richiesta: la piccola filiale precedentemente
nominata è stata attraverso numerosi successivi sequestri parziali, così rimpicciolita e
pigiata, che secondo me la totale liquidazione di quello che resta non può essere di van-
taggio a nessuno. 8 Suore hanno a disposizione 5 camere per abitazione e lavoro, una
piccola cucina e un corridoio. Nell’agosto del 1941 la N.S.V. si è appropriata dell’asilo
fino allora da noi condotto e da quel tempo le Suore lavorano per le forze armate. Gli
uffici addetti competenti (Oberstabszahlmeisterei, Fabrikskaserne, Bekleidungsstelle)
non hanno solo lodato particolarmente il loro eccezionale lavoro, ma alcuni giorni fa
hanno fatto richiesta scritta per un ulteriore invio di Suore per il lavoro. Due Suore so-
no inoltre a servizio della parrocchia, si occupano della biancheria della chiesa, della
pulizia e della cura della chiesa e della manutenzione dei paramenti. Durante i mesi in-
vernali una Suora si occupa anche del riscaldamento dei locali ceduti al N.S.V. Con lo
scioglimento della nostra filiale a Linz il proseguimento di questi lavori ci sarebbe im-
possibile. Le mie Suore ed io come nel passato anche nel futuro ci impegneremo con
tutte le forze di servire il popolo. E quando si trattasse dell’alloggiamento di persone
danneggiate dai bombardamenti, come ha detto il signor Peterseil della S.S. (Standar-
tenführer), accoglieremo nonostante le nostre già grandi limitazioni, alcune persone bi-
sognose di cura. Noi crediamo di così poter meglio servire il popolo e la patria, e non
quando qui ci viene resa la nostra esistenza impossibile. Prego di esaminare i motivi e
di dare un benevolo disbrigo alla faccenda. Heil Hitler! Sr. Ostern, direttrice”65.
Il 23.07.1942 la superiora e l’ispettrice parlarono con il viceconsolato italia-
no di Linz e chiesero appoggio66. “Il signor Console Mario Nardi promise da
parte sua un energico appoggio”. Il 01.08.1942 funzionari del partito visitarono
63 Ibid.
64 Ibid.
65 Ibid.
66 Cf G. SÖLL, Die Salesianer Don Boscos…, p. 150s.

27.9 Page 269

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L’influenza dei nazionalsocialisti sui concetti pedagogici e sulla prassi educativa 269
più volte la sede per misurarne i locali, cosa che fu loro rifiutata. Il 02.11.1942
il vicario generale della diocesi Linz, Josef Fliesser, comunicò “che il sequestro
avvenuto il 9 luglio 1942 della sede è da considerarsi nullo, infondato”67.
Seguirono vari tentativi di usufruire in altro modo delle strutture delle suore. Il
27.12.1942 la cronista riferisce di un acquartieramento di soldati. La loro vita e il
loro lavoro viene più volte ostacolato68. Il 04.11.1944 i bombardamenti distrug-
gono così tanto le strutture delle FMA e dei SDB a Linz da renderle inabitabili69.
5.2.6. La “Casa Missionaria Maria Ausiliatrice” dei salesiani di Don Bosco a
Unterwaltersdorf
La “Casa Missionaria Maria Ausiliatrice” costruita nel 1914 a Unterwaltersdorf si
era sviluppata con l’Istituto Bonifatius di Fulpmes come centro per nuove leve. La
“scuola privata” per i “Figli di Maria” aveva raggiunto una certa importanza regiona-
le. Anche l’assistenza giovanile per ragazzi e giovani del paese, aveva ottenuto reputa-
zione sin dal 1929. Dal 1931 le suore salesiane ne condussero l’economia domestica.
Dopo la presa del potere dei nazionalsocialisti in Austria, i due settori della fi-
liale divennero vittime della loro ideologia e politica. Subito dopo il 12.03.1938,
l’assistenza giovanile venne vietata e il 05.10.1938 il ginnasio venne chiuso e i “Fi-
gli di Maria” dovettero abbandonare la sede. Per proteggere la sede da un seque-
stro, si trasferì a Unterwaltersdorf lo studio della filosofia per gli studenti tedeschi
di teologia. Quando scoppiò la guerra, non era più possibile mantenere la sede.
Dal 1940 servì da caserma, lazzaretto delle forze armate e della SS, e alla fine co-
me campo di prigionia. Immediatamente prima della fine della guerra, i soldati
dell’Armata Rossa occuparono la sede e nel luglio del 1945 la liberarono70.
5.2.7. Il Riformatorio Femminile delle Figlie di Maria Ausiliatrice a Viktorsberg
Anche il secondo centro di previdenza-ospizio di Vorarlberg, nel quale le Fi-
glie di Maria Ausiliatrice lavoravano dal 1936, quello per ragazze a Viktorsberg,
venne loro tolto. Il 17.06.1938 il consiglio dell’esercito distrettuale di Feldkirch
visitò la sede e “dichiarò la sua totale soddisfazione”. Nel 15.09.1938 quando
venne ritirato agli insegnanti religiosi il permesso d’insegnamento, il consiglio
scolastico di Feldkirch assicurò a sr. Josefine Witthoff che la situazione scolastica
a Viktorsberg “temporaneamente non subirà cambiamenti”. Tuttavia venne tol-
to alla scuola il diritto di insegnamento pubblico. Il 19.09.1938 venne iniziato
l’anno scolastico «con una festa patriottica». Il 29.09.1938 sr. Josefine Witthof
venne sospesa dal servizio scolastico, ma poi la sospensione venne ritirata e defi-
nita come “sbaglio”. Il 03.10.1938 l’asilo poté di nuovo essere riaperto. Il
67 AÖFMA.
68 Ibid.
69 Cf G. SÖLL, Die Salesianer Don Boscos…, p. 151.
70 Cf ibid., p. 85.

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270 Franz Schmid
15.11.1938 il consigliere scolastico regionale, accompagnato da due signori del
governo, visitò la scuola e l’istituto. “Visionò i libri contabili e i quaderni delle
ragazze”. Prese precise informazioni su alcune ragazze “e diverse furono pregate
di recarsi da lui in uno studio”. Il giorno dopo visitarono la sede altri signori del
governo regionale. Due giorni dopo visitarono la casa due donne del NSV.
Il 27.01.1939 tre personalità del servizio lavoro del Reich visitarono la sede per
constatare “se i nostri locali si adattavano all’allestimento di un campo di lavoro”.
Più volte sr. Josefine Witthoff e la direttrice ebbero colloqui con le autorità. Il
14.04.1939 sr. Witthoff si recò dal tribunale distrettuale di Bregenz, per prendere
posizione riguardo alle lamentele, che la madre di due allieve aveva inoltrato al di-
stretto previdenziale. Il numero delle allieve all’inizio dell’anno scolastico nell’au-
tunno del 1939 era di nuovo diminuito. Vennero condotte continuamente visite
da parte di diverse autorità dell’amministrazione. Il 29.04.1940 un funzionario
della sezione (Gaukämmerer) del partito e un referente regionale visitarono le suo-
re, annunciando una modifica del contratto con il governo regionale71.
Già il giorno dopo il Reichsstatthalter del Tirol e del Vorarlberg Franz Hofer
scrisse all’ispettrice di Monaco, suor Alba de Ambrosis: “La Regione prevede di
condurre direttamente questo riformatorio femminile, per questo deve essere an-
nullato il contratto stipulato con il suo Ordine. Per questo la prego, di consegnare
l’istituto entro il 1 giugno 1940”. L’ispettrice rispose così il 25.05.1940: “[…] le
comunico […] che per la data da voi stabilita e cioè per il 31 maggio 1940, lascere-
mo il riformatorio femminile di Viktorsberg. Per il trasloco e le spese relative chie-
do un indennizzo di 2.000 (duemila) marchi del Reich (RM)”. L’ispettrice nei
giorni seguenti aumentò la somma a 3.000 RM. Il 22.06.1940 confermò il ricevi-
mento della somma72.
Il 08.05.1940 l’Ispettrice portò la notizia alla Suore del prossimo congedo da Vik-
torsberg. Quando la notizia della chiusura dell’istituto si propagò nel paese, provocò
“una tempesta d’indignazione contro i responsabili. Una delegazione formata da fun-
zionari del gruppo locale del N.S. e dell’Unione Donne del N.S. si recò [...] presso la
direzione distrettuale di Dornbirn, per spiegare la loro insoddisfazione relativa all’al-
lontanamento delle Suore. Richiesero di lasciare le Suore nel loro attuale campo di at-
tività in considerazione del bene, che il comune riceveva attraverso il loro asilo e orato-
rio. Alla delegazione fu promesso l’invio di altre adatte forze lavorative e la congedò”73.
La popolazione offrì alle suore una casetta che era vuota, rifornendola delle
necessarie strutture. Il 24.06.1940 le tre suore rimaste cominciarono di nuovo
con un asilo. I bambini ritornarono a poco a poco dalle suore, le quali misero in
funzione anche un “oratorio domenicale” con catechesi, e dall’ 11.11.1940 fino
al marzo 1941 anche la scuola di cucito in forma di corsi serali. Il 19.02.1943 le
suore intrapresero un nuovo compito: rammendare la biancheria per il lazzaret-
71 AÖFMA.
72 Ibid.
73 Ibid.

28 Pages 271-280

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28.1 Page 271

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L’influenza dei nazionalsocialisti sui concetti pedagogici e sulla prassi educativa 271
to della Valduna. Nel maggio del 1943 le autorità riposero nuovamente l’atten-
zione sulle attività delle suore, minacciando chiusura e divieti. Con la fine del-
l’anno 1943, finisce l’annotazione della cronoca74.
L’istituto di previdenza sociale fu condotto in un primo tempo da forze lavo-
rative secolari, ma il 02.07.1941 fu chiuso, o meglio trasferito a Kramsach75.
Le Figlie di Maria Ausiliatrice alla fine della dittatura del nazionalsocialismo
ripresero la struttura e ne fecero una casa per convalescenza di bambini.
5.2.8. Il “Salesianum” dei salesiani di Don Bosco a Vienna III
Una “cronaca riassuntiva della casa dei Salesiani a Vienna III. dal 1.1.1938 fino
al 1.8.1947” annota i dati e gli avvenimenti più rilevanti. Il 12.03.1938 ragazzi ar-
mati della HJ e uomini del SA penetrarono nella direzione e dichiararono sciolte
tutte le associazioni giovanili. Occuparono i locali della sede nel (vicolo) Hagen-
müllergasse, che erano usati dai ragazzi e dal centro giovanile. Il 23.03.1938 la dire-
zione federale della HJ stabilì che gli istituti e le associazioni del “Salesianum” dove-
vano essere chiusi e che la HJ assumeva tutti gli inventari. L’ordinanza “Erlass des
Stillhaltekommissars” indusse i SDB ad affittare i locali del centro giovanile alla
Croce Rossa Tedesca, quelli dell’istituto per ragazzi, a strutturarli per scopi religiosi,
e trasformare la sala del teatro in un sottochiesa. Il 07.09.1938 il consiglio scolasti-
co di Vienna vietò il proseguimento delle attività del “Pensionato privato per ragaz-
zi per la scuola media, e le strutture mattutine e serali per ragazzi e giovani”. Il
30.10.1938 il governatore del Reich sequestrò i locali e gli inventari del convitto
inviandoli al consiglio scolastico cittadino. Il 18.02.1939 cominciò le attività “l’I-
stituto Statale per Scolari” del consiglio scolastico cittadino. Con effetto dal
15.03.1939 venne stipulato un contratto a tempo indeterminato del secondo e ter-
zo piano dell’edificio e del cortile giochi per le attività dell’istituto. Il 03.01.1940 la
polizia sciolse l’“Associazione Devoti di Maria Ausiliatrice” e quella dei “Coopera-
tori Salesiani”. Il 30.07.1940 il cortile venne occupato da un reggimento con veico-
li e cucine da campo. Il 06.12.1940 il primo piano della casa e una parte di una ba-
racca di legno vennero date in affitto alla Croce Rossa Tedesca. Il 15.01.1945 la ca-
sa venne colpita e distrutta da bombe. L’11.04.1945 soldati dell’armata rossa occu-
parono la casa. Il 09.07.1945 “l’Istituto Statale per Scolari” lasciò la casa. Il
04.08.1945 l’oratorio riprese le attività, il 16.09. l’“Associazione Devoti di Maria
Ausiliatrice” si riunì di nuovo e il 19.09. fu rifondato il Gruppo degli Esploratori76.
5.3. I salesiani di Don Bosco in servizio militare
Nella dittatura dei nazionalsocialisti vengono arruolati preti e membri di
ordini religiosi come il resto degli uomini. Inoltre i membri di ordini religio-
si non possono esercitare la funzione di padre spirituale militare.
74 T. LUMER, Die Chronik…, p. 51; AÖFMA.
75 Cf H. SCHREIBER, Schule in Tirol…, p. 100.
76 Chr-WienIII.

28.2 Page 272

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272 Franz Schmid
Nella relativamente giovane “ispettoria dei SDB in Austria” si conta un
gran numero di giovani uomini in età idonea al servizio civile. Uno sguardo in
una “semplice statistica” mostra il grande numero di arruolamenti di salesiani
per il servizio militare. Solo la “Casa Missionaria” a Unterwaltersdorf contò 45
SDB come combattenti, 6 caduti, 3 dispersi, 3 prigionieri, 7 usciti, e 50 cadu-
ti “Figli di Maria”77. Un elenco dell’arcidiocesi di Vienna del 30.08.1941 sui
salesiani arruolati indica 45 “teologi” e 5 preti78. Così scrive l’ispettore il
19.03.1946 in una lettera ai “Cooperatori Salesiani”: “Tra i 100 confratelli ar-
ruolati (preti, teologi e laici), dobbiamo deplorare 20 morti senza calcolare i
dispersi e i feriti”79.
Per la piccola e giovane ispettoria queste perdite significano l’immancabile ri-
duzione delle strutture. Soprattutto le strutture per l’aiuto giovanile con un gran
numero di personale di Innsbruck e Jagdberg alla fine della guerra non vennero
più riprese dai salesiani, anche se vennero loro offerte80.
Ma il servizio militare significa anche per i membri e candidati “perdita del
tempo biografico”. Un numero di “Figli di Maria” che avevano preso in consi-
derazione l’entrata in congregazione, vi rinunciarono dopo la guerra, o per mo-
tivi di età o a causa delle personali esperienze81.
5.4. Le Figlie di Maria Ausiliatrice nelle nuove attività
La chiusura delle proprie strutture significò per le suore salesiane uno svilup-
po che ne minacciava l’esistenza. Vivevano non solo con e nelle strutture, ma
anche attraverso loro e attraverso donazioni. Forse “lottarono” anche per questo
in modo così ostinato per il mantenimento e lo sviluppo delle case. L’ispettrice
appare in tutte le cronache come una coordinatrice dei continui mutevoli svi-
luppi delle loro strutture e come persona che ricerca sicurezza per le sue sorelle.
Le suore, che, come educatrici, insegnanti e insegnanti di religione non potero-
no continuare la loro professione, nella seconda parte del periodo della guerra,
erano in pericolo di essere costrette a occupazioni in altri ordini. Nel 1943 tutte
le donne al di sotto dei 60 anni dovettero registrarsi presso l’ufficio di colloca-
mento, per l’assegnazione di un posto di lavoro82.
Lo sviluppo mostrò tre tendenze che vennero seguite dalle suore: l’assunzione
di lavori di cucito per l’esercito. In questo modo le suore potevano evitare l’inter-
vento dell’Amministrazione del Lavoro, le loro strutture non erano minacciate da
77 Cf G. SÖLL, Die Salesianer Don Boscos…, 1988, p. 85.
78 APW.
79 Ibid.
80 APW-Jagdberg.
81 Su ciò è da considerare: negli anni 1938–1945, 51 membri lasciarono la congrega-
zione, 11 rinnovarono la professione, 34 chiesero la dispensa dei voti, e 6 abbandonarono
il sacerdozio (dispensa dal celibato). (Cf APW)
82 Cf T. LUMER, Die Chronik…, p. 63.

28.3 Page 273

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L’influenza dei nazionalsocialisti sui concetti pedagogici e sulla prassi educativa 273
altri sequestri, e potevano con il lavoro delle proprie mani guadagnarsi il pane.
Contemporaneamente poterono proseguire in comune la loro vita religiosa. L’oc-
cupazione nell’amministrazione dell’ordinariato di Feldkirch e di Innsbruck: con
ciò non avevano il pericolo di essere impiegate in imprese “straniere”. Alla fine
offrì una certa protezione la loro cooperazione nei servizi di aiuto alle parrocchie.
6. “Non abbiamo più gioventù!”
Dal 1903 quando i salesiani di Don Bosco a Vienna e le Figlie di Maria Au-
siliatrice nel 1928 a Jagdberg cominciarono il loro lavoro a favore dei giovani in
Austria, crebbe fino all’anno 1938 il numero dei loro membri, delle loro strut-
ture e del numero dei bambini e giovani assistiti. Con l’“entrata” di Hitler in
Austria non solo si bloccò lo sviluppo, non solo fu portato alla cessazione, ma
letteralmente interrotto e sensibilmente ridotto. Il 03.04.1942, venerdì santo,
così la cronista delle Figlie di Maria Ausiliatrice a Klagenfurt riportava la espres-
siva e significativa frase: “Non abbiamo più gioventù!”83.
Certamente questa considerazione non era da prendere completamente alla
lettera, ma esprimeva la situazione nella quale erano finiti i salesiani di Don Bo-
sco e le suore salesiane in Austria. Solo le parrocchie poterono proseguire una li-
mitata forma di lavoro giovanile “nella sagrestia”.
6.1. I salesiani di Don Bosco
Potevano essere esclusi dal servizio militare tra preti e appartenenti agli ordi-
ni, solo quelli in funzione di parroci, non cappellani, che per incarico del vesco-
vo locale svolgevano un’indipendente assistenza pastorale. Come altri ordini an-
che i salesiani di Don Bosco si adoperarono per l’istituzione di nuove parrocchie
in chiese che erano già legate alle loro case84.
Alla soppressione delle scuole e delle strutture per l’aiuto giovanile dei sale-
siani dopo la presa del potere dei nazionalsocialisti in Austria, seguì come unica
reazione, un’espansione dell’assistenza pastorale di parroci: Linz-Don Bosco
1939, Vienna III. 1939, Vienna XXIII. (Inzersdorf ) 1939, Linz-San Severin
1940, Klagenfurt-San Martin 1938. A ciò si aggiunse una serie di poco docu-
mentate assunzioni di parrocchie attraverso singoli preti, motivati dalla sola
aspirazione di non dover svolgere il servizio militare obbligatorio.
Con questo “ritiro [dei salesiani] nella sagrestia” vennero da una parte soste-
nuti i servizi di assistenza pastorale nelle comunità, dall’altra, anche se in modo
83 AÖFMA.
84 Max ANGERMANN, Die katholischen Privatschulen und ihr gesellschaftspolitisches Um-
feld während der Ersten Republik und zur Zeit des Anschlusses, in Kirche unter dem Natio-
nalsozialismus. Eine Dokumentation des Symposions. Plenarvorträge und Beiträge der
Arbeitsgruppen. Edito da Ferdinand Anhell und Gerhard Hager. Wien, Religionspädago-
gisches Institut der Erzdiözese Wien 1988, pp. 347-388, qui p. 380.

28.4 Page 274

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274 Franz Schmid
minore, l’apostolato giovanile. Lavoro con i chierichetti, catechesi dei sacramen-
ti (confessione, comunione e cresima) erano per i salesiani originari campi di la-
voro. A ciò si aggiunse l’ora extrascolastica di pastorale per bambini, che nella
primavera del 1939 era stata prevista dalle diocesi85. Per questo compito le suore
salesiane e i salesiani talvolta lavorarono insieme. Una forma di assistenza giova-
nile culturale che poté essere trasferita nella sagrestia erano rappresentazioni di
misteri e del vangelo86, che in diverse occasioni dell’anno liturgico diedero la
possibilità ai giovani di curarne le realizzazioni. Nelle parrocchie di Klagenfurt e
Linz si sviluppò una considerevole tradizione87.
6.2. Le Figlie di Maria Ausiliatrice
Anche per le suore salesiane la denuncia “non abbiamo più gioventù” non va-
le completamente. Nelle comunità parrocchiali di Klagenfurt-San Ruprecht e di
Linz-Don Bosco, nelle quali erano attive, mantennero contatti con una piccola
schiera di ragazze, con le quali curarono gruppi di lavoro, organizzarono pellegri-
naggi, celebrarono feste, organizzarono il tempo libero e tennero catechesi88.
Una condizione speciale riguarda la situazione a Viktorsberg. Le Figlie di
Maria Ausiliatrice lì poterono trovare, letteralmente “sotto la protezione“ della
popolazione del paese, alloggio, lavoro e il necessario. Poterono perfino contro
ogni trend condurre un asilo ed avere gioventù.
6.3. I concetti pedagogici e la prassi educativa
I concetti pedagogici delle suore salesiane e dei salesiani di Don Bosco si di-
mostrarono contrari, contradditori e incompatibili con quelli dei nazionalsociali-
sti. Ideologia della razza, nazionalismo, socialdarwinismo e genetica erano con-
tradditori alla concezione salesiana dell’antropologia cristiana, al cristiano amore
per il prossimo e alla prassi dell’educazione religiosa. I detentori del potere sotto-
misero coloro che resero quasi impotenti. I detentori del potere non credettero
che le suore di Don Bosco e i salesiani potessero svolgere opere educative secon-
do i loro concetti. Questo essi non lo potevano concepire e neanche lo volevano*.
85 L’ora extrascolastica di pastorale per bambini doveva all’inizio sostenere l’ora di reli-
gione scolastica, e dal 1942 la sostituì. Nel 1943 vi partecipano a Klagenfurt-San. Ru-
precht circa 10% dei bambini soggetti all’obbligo scolastico, nel 1944 erano circa 4%. (Cf
Chr-SDB-KlStR).
86 P. Adolf Peninger nel 1936 in occasione della conferenza dei direttori aveva racco-
mandato per l’“animazione serale”, la rappresentazione di laici in diverse varianti: cori, in-
contri, conoscenze, espressioni, rappresentazione dei misteri. (Cf APW-DK).
87 Cf AÖFMA e Chr-SDB-KlStR.
88 Cf AÖFMA.
* Traduttore: Luigi Di Francesco (Monaco di Baviera).

28.5 Page 275

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ATTIVITÀ DELLE FIGLIE DI MARIA AUSILIATRICE IN GERMANIA
DURANTE IL REGIME NAZISTA
Katharina Schmid*
Introduzione
In questa ricerca si intendono lumeggiare le vicende travagliate dell’opera
delle Figlie di Maria Ausiliatrice (FMA) svolta in diverse città della Germania
durante il regime nazista, con particolare attenzione a quella di Eschelbach. Pri-
ma le vessazioni legislative e poi le vicende belliche, con le imposizioni del regi-
me, modificarono l’attività educativa delle FMA, similmente a quanto avvenne
per le altre religiose, senza però stravolgere la loro identità.
Le fonti disponibili sono le cronache locali e quella dell’ispettoria, come pure
alcune lettere e relazioni conservate nell’archivio generale delle FMA a Roma1.
1. Cenno storico sullo sviluppo delle FMA in Germania
Cinquant’anni dopo la fondazione dell’Istituto, il 16 novembre 1922 arriva-
no a Essen-Borbeck, nella zona del fiume Ruhr, le prime FMA: tre religiose ita-
liane e tre tedesche condotte da sr. Alba de Ambrosis2.
L’arrivo delle FMA in Germania avviene nel periodo successivo alla prima
guerra mondiale. È un tempo segnato da gravi problemi politici ed economici,
causati particolarmante dall’indebitamento statale e dalle limitazioni del com-
mercio nell’importazione ed esportazione. Nella zona del Ruhr, però, può essere
aumentata l’estrazione del carbone e la produzione del ferro, con la conseguenza
di una grande immigrazione di operai dalla nazione e dall’estero.
* Figlia di Maria Ausiliatrice, ex ispettrice e attuale segreteria ispettoriale.
1 Cronaca dell’Ispettoria, scritta senza numeri di pagine da Sr. Angelina Pomella, nel-
l’Archivio ispettoriale delle FMA a Monaco; nell’archivio generale delle FMA a Roma la
documentazione su quanto fu vissuto dalle FMA in Germania durante la guerra è conser-
vata nella posizione 611 08-1.
2 A sr. Alba de Ambrosis – pioniera in terra tedesca e austriaca – fu affidata la fondazio-
ne delle prime case e, nel 1931, il governo della Visitatoria tedesca-austriaca. Dopo l’erezio-
ne canonica dell’Ispettoria tedesca-austriaca il 16 maggio del 1946 fu nominata Ispettrice
fino al 1954, anno in cui venne divisa l’Ispettoria in quella tedesca e in quella austriaca.
Madre Alba continuò ad essere Ispettrice in Austria fino al 1960.

28.6 Page 276

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276 Katharina Schmid
I salesiani, già presenti nella regione, e che avevano chiesto la collaborazione
delle FMA, offrono loro prima una piccola abitazione, un grande cortile e una
grande aula per i bambini. Più tardi, terminata la costruzione del “Johannes-
stift”, lasciano alle suore la loro prima casa.
Ciò che le FMA trovano all’arrivo è un’estrema povertà e una moltitudine di
bambini e giovani bisognosi per le strade della città di Essen-Borbeck.
Dall’anno dell’arrivo (1922) fino al 1939 (inizio della seconda guerra mon-
diale) vengono fondate cinque case delle FMA in Germania.
2. Il comportamento del regime nazista
Per molti ordini religiosi i dodici anni del regime nazista (1933-1945) costi-
tuiscono un periodo di arresto. Nonostante il „Reichskonkordat“ del 1933 che
ha assicurato agli istituti religiosi libertà di fondazione e di attività, molto presto
in realtà viene proibito l’insegnamento scolastico e diverse scuole sono costrette
a chiudere (1935). Il nazionalsocialismo pretende di avere diritto esclusivo nel
campo della formazione e dell’educazione e sigilla questa pretesa con azioni di
violenza e la violazione della legge. A partire dal 1939 è proibita dal regime la
fondazione di nuove case religiose, come pure diventa impossibile l’accettazione
di nuove vocazioni. A nulla valgono le omelie e le proteste del vescovo di Mün-
ster, Von Galen, che prende coraggiosamente la parola contro le ingerenze e le
vessazioni sui monasteri, nel 19413.
PRIMA PARTE
1. Attività educative nella casa di Essen-Borbeck e sua sorte
Ovunque si apra una casa, le FMA intendono rispondere ai bisogni della
popolazione, specialmente a quelli dei bambini e delle giovani più bisognosi.
A Essen-Borbeck, secondo la prassi salesiana, iniziano immediatamente l’O-
ratorio, subito frequentato da 200 – 300 bambini e giovani, e l’insegnamento
della musica. Già alcuni mesi dopo il Console italiano affida alle religiose l’inse-
gnamento in una scuola italiana per i figli degli emigranti. Segue l’insegnamen-
to ai bambini italiani in varie città della regione. Le FMA aprono la scuola ma-
terna, un laboratorio governativo, una scuola di economia domestica, e in varie
città dei dopo-scuola, frequentati ognuno da 60 bambini italiani. Molte giovani
3 Cf Stefania FALASCA, Un vescovo contro Hitler. Von Galen, Pio XII e la resistenza al na-
zismo. Cinisello Balsamo, San Paolo 2006, con la traduzione delle omelie del 13, 20 lu-
glio; 3 agosto 1941. Una copia dattiloscritta di un’omelia di mons. Von Galen è conserva-
ta nell’archivio generale delle FMA a Roma, a riprova della conoscenza delle FMA dell’e-
poca e del loro intento di tener informate le superiore del consiglio generale, che allora si
trovava a Torino.

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Attività delle Figlie di Maria Ausiliatrice in Germania durante il regime nazista 277
generose ed entusiaste aiutano le suore come animatrici nell’Oratorio, sicché si
assiste a una fioritura di iniziative educative, conformi allo spirito dell’Istituto.
Proprio tra le giovani oratoriane già nei primi quattro anni maturano numerose
vocazioni, e più precisamente nei primi dieci anni dalla fondazione 22 giovani
desiderano entrare nell’Istituto.
Fino al 1942 le religiose possono continuare le loro molteplici attività senza
restrizioni. La situazione si aggrava negli anni 1942 e 1943. Il 18 marzo del
1942 viene annunciato che la casa delle FMA è espropriata, in linea con quanto
avveniva a molte altre congregazioni. Solo una serie di pratiche difficili di lunga
durata presso autorità naziste e italiane, unite a viaggi lunghi e faticosi, riescono
alla fine a salvare la casa dal fisco.
Nella primavera del 1942 iniziano a Essen i primi gravi bombardamenti:
80.000 persone senza tetto, il centro della città ridotto a un’unica rovina. I ripe-
tuti attacchi aerei danneggiano pure la casa delle FMA. Il 12 marzo 1943 ven-
gono lanciate migliaia di bombe su Essen-Borbeck e anche la casa delle FMA è
totalmente in fiamme. Alcune suore partono per Eschelbach, altre con grande
carità sono accolte presso famiglie amiche, e il Sabato Santo danno l’addio ai sa-
lesiani, ai giovani, a tante persone care, alla città in macerie. La distruzione con-
tinua inesorabile4.
2. Brevi cenni riguardanti la casa di Ingolstadt-Oberhaunstadt
Prima di soffermarmi con maggiori particolari sulla seconda fondazione
delle FMA, accenno brevemente alla terza casa in Germania, fondata nel
1931 a Oberhaunstadt. Nonostante il governo nazista della città, le opere ivi
fiorenti (scuola materna, oratorio festivo, Circoli delle giovani oltre i 18 an-
ni, scuola di cucito) possono essere continuate fino ai grandi attacchi aerei
che a Ingolstadt iniziano nel mese di gennaio del 1945. Pur essendoci dei
controlli nei circoli e nella scuola di cucito, come pure le proibizioni esplicite
alle ragazze di radunarsi presso le suore, di fatto non capita niente, quando le
giovani continuano a farlo. Come misura di precauzione evitano soltanto di
entrare in casa a gruppi e non indossano più la divisa che le identifica come
allieve.
Nei mesi di marzo e di aprile del 1945 i bombardamenti sono molto fre-
quenti e causano molte vittime, spaventi terribili e grande distruzione. La casa
delle FMA con tutte le persone è salva e può continuare le sue attività, secondo
le possibilità5.
4 Cf Cronaca dell’Ispettoria, scritta da Sr. Angelina Pomella; Cronache della casa di
Essen, scritte senza numeri di pagine da diverse FMA, nell’archivio ispettoriale a Mo-
naco.
5 Cf Cronaca dell’Ispettoria, scritta da Sr. Angelina Pomella; Cronache della casa di In-
golstadt/Oberhaunstadt, scritte senza numeri di pagine, da diverse FMA, conservate nel-
l’archivio ispettoriale delle FMA a Monaco.

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278 Katharina Schmid
3. Attività educative e di beneficenza nella casa di Monaco (Baviera)
La quarta casa in terra tedesca è la casa “Sacro Cuore” a Monaco di Baviera,
fondata nel 1932. Essa riveste particolare importanza per le FMA, perché la cit-
tà, posta in posizione strategica, non troppo distante dalla sede del Consiglio
generale (Torino), è scelta come sede della Visitatoria; accoglie le aspiranti che
frequentano le scuole superiori in città; ospita diverse giovani in un piccolo pen-
sionato, come pure i bambini nella scuola materna.
Nel 1936 il Ministero dell’educazione chiude la scuola materna: “Chiusura
voluta e decretata senza una causa da chi è al potere”, si legge in modo laconico
nella cronaca. Continuano invece le altre opere di educazione più informale,
che sfuggono al controllo particolarmente attento sull’istruzione.
Incoraggiate dal direttore della Caritas, le religiose aprono la cosiddetta
“Mittelstandsküche”, ossia la cucina per la nobiltà decaduta. Le FMA preparano
ogni giorno il pranzo per una quarantina di persone e servono a tavola gente di
alto rango ma impoverita, che si vergogna della propria povertà e vive a carico
della Caritas.
Dal 1942 al 1945 terribili attacchi aerei si abbattono su Monaco. Ripetuta-
mente la casa delle FMA è molto danneggiata, ma resta sempre ancora in parte
abitabile. Il 29 settembre del 1944 è invece ridotta a un mucchio di macerie,
ma non si lamenta nessuna vittima né tra le religiose, né tra le ragazze. Un caso
abbastanza singolare in un Paese ridotto a macerie6.
4. Possibilità caritative-pastorali delle FMA in Germania nel tempo di guerra
Le FMA, sensibili ai bisogni dei più poveri, trovano molte possibilità di fare
del bene alla gente e dunque si adeguano alle necessità assistenziali, essendo im-
pedite in vari casi di svolgere l’attività educativa in opere più vistose e perciò
strettamente sorvegliate.
Negli Istituti religiosi maschili – a causa della guerra – mancano molte per-
sone per i lavori più urgenti. Così Madre Alba, richiesta dai salesiani, manda
due suore per prestare il loro servizio all’Ufficio della buona stampa a Monaco.
Nel 1943 l’Ufficio viene soppresso dal regime. Le due giovani suore, per giun-
ta, sono chiamate al “lavoro per la patria”. Per impedire che lo Stato le mandi
a lavorare nelle fabbriche di munizioni, collaborando così alle opere belliche,
Madre Alba le impiega subito nel vicino ospedale «Josefinum», dando prova di
6 Il 17 maggio 1949 all’altezza del primo piano della casa appena ricostruita, ben visibile
ai passanti nella Kaulbachstraße, Madre Alba fa erigere una grande statua di Maria Ausiliatri-
ce come segno di perenne riconoscenza, perché in mezzo ai gravi pericoli e alle distruzioni
massicce in tutta l’Ispettoria nessun bambino, nessuna giovane, nessuna suora è stata vittima.
Nel 1969 la casa è stata venduta, ma la statua ricorda sempre la protezione potente dell’Ausi-
liatrice. Cf Cronaca dell’Ispettoria; Cronache della casa “Sacro Cuore” scritte senza numeri
di pagine da diverse Suore, conservate nell’Archivio ispettoriale delle FMA a Monaco.

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Attività delle Figlie di Maria Ausiliatrice in Germania durante il regime nazista 279
prontezza di reazione nell’unica forma possibile di resistenza al regime7.
Intanto l’Abate dei Padri Cistercensi a Himmerod che non ha più confratelli
per la cucina (tanti sono sotto le armi) chiede quattro FMA per questo servizio.
Più tardi, quando il convento è mutato in ospedale militare di 200 soldati feriti
e ammalati, il numero delle religiose impegnate sale a otto.
Nella stessa linea nel 1943 il superiore dei padri Cappuccini di Regensburg
chiede alcune suore per la cucina dell’ospedale militare con 400 feriti. Madre
Alba manda cinque suore, mostrando disponibilità e adattamento di fronte al-
l’emergenza, pronta alla collaborazione con diverse istituzioni, non potendo oc-
cuparsi liberamente nell’ambito educativo.
Particolarmente a Essen, Ingolstadt e Monaco si presentano diverse possibili-
tà di dare molteplici aiuti ai numerosi operai italiani, che in questo tempo lavo-
rano nelle città della Germania, e ai prigionieri italiani. Le FMA vanno a trovar-
li nei loro campi, e i feriti negli ospedali. Portano loro viveri, indumenti, sigaret-
te, buoni libri, animano le liturgie e li conducono ai sacramenti. Ai prigionieri
sparsi negli estremi confini della Germania mandano ogni mese delle lettere.
Scrivono “ai cari nipoti” e mandano loro dei pacchi. La casa delle suore è la casa
degli Italiani. Essi vengono dalle suore per tutte le loro necessità, nelle difficoltà
e sofferenze, e le suore sono sempre disposte ad accoglierli, a confortarli, a dare
loro dei consigli e il necessario per nutrirsi e vestirsi.
A Monaco le suore celebrano la Messa di Natale con i soldati tedeschi feriti,
e la Messa di Mezzanotte nell’ospedale dei soldati italiani. A Ingolstadt un grup-
po di Italiani vive con le suore le feste natalizie, il capodanno e le feste pasquali.
D’altra parte sono più volte le autorità italiane ad intervenire presso le auto-
rità del regime a favore delle case e comunità delle FMA dell’ispettoria germani-
ca, facendo leva sull’alleanza tra i due Paesi8.
SECONDA PARTE
1. Le vicende della Casa “Maria Ausiliatrice” di Eschelbach
La seconda casa delle FMA in Germania viene fondata nel 1924 a Eschel-
bach, un piccolo paese situato tra Monaco e Ingolstadt. Madre Alba è difatti
presto in cerca di una casa di formazione per le giovani oratoriane di Essen che
chiedono di essere accettate nell’Istituto. La località dovrebbe essere meno lon-
tana da Torino, allora sede del governo centrale dell’Istituto. Una casa disponi-
bile a Eschelbach – sebbene molto bisognosa di restauro – sembra corrispondere
a queste attese. Viene ceduta alle FMA alle seguenti condizioni: impegno di
fondazione di un orfanotrofio, direzione del coro parrocchiale e servizio all’or-
gano, cura ambulante (a domicilio) degli ammalati in paese.
7 Cf lettere nell’AGFMA.
8 Cf Cronaca dell’Ispettoria delle FMA.

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280 Katharina Schmid
Le suore, di propria iniziativa, aprono subito anche la scuola materna e l’ora-
torio festivo, più avanti accolgono bambini poveri per settimane di sollievo e si
dedicano alla catechesi parrocchiale, connotando così l’opera secondo la propria
identità educativa, a beneficio di diverse fasce di destinatari, con interventi di-
versificati.
Per 15 anni, dal 1924 al 1939, molte giovani donne vivono qui il tempo del
loro postulato, che si conclude con la vestizione solenne in parrocchia. Dopo il
Noviziato in Italia molte di loro si recano in terre di missione nei vari continen-
ti, anche perché in Germania mancano ancora case e opere e la situazione non
consente un ampliamento delle presenze.
1.1. Imposizioni arbitrarie
La casa di Eschelbach con le sue opere fiorenti a favore della gioventù non è
vittima dei bombardamenti, ma soffrirà più delle altre case per l’arbitrio e le esi-
genze inumane del regime.
Nel mese di maggio del 1939 viene comunicato per iscritto al parroco che la
casa delle FMA è precettata dallo Stato e che le religiose la devono abbandonare
entro ventiquattro ore. Dopo molte petizioni presso varie autorità Madre Alba si
rivolge al Console generale italiano che le consiglia di rivolgersi all’ambasciatore
italiano a Berlino. Questi si appella al ministro degli esteri che finalmente dà l’or-
dine di lasciare in pace “le suore italiane” e le loro opere a Eschelbach. Tuttavia le
prevaricazioni non cessano e ben presto bisogna far posto ai Bessarabi.
In seguito a un contratto tra Stalin e Hitler nel 1940 tornano difatti in patria
molte persone tedesche che nella prima metà del secolo diciannovesimo erano
emigrate in una zona russa presso il Mar Nero, denominata Bessarabia. Negli
ultimi ventidue anni sono stati identificati come cittadini rumeni. Dappertutto
vengono cercate località dove far abitare tale povera gente abusata dal regime
per scopi propagandistici.
A Eschelbach, dove vivono in casa 16 FMA, 32 orfanelle e una cinquantina
di bimbi della scuola materna, le suore vengono costrette a ritirarsi in ambienti
molto ristretti per fare posto a più di 40 persone: uomini, donne e bambini.
Nonostante i molti disagi il 13 dicembre del 1940 è scritto nella cronaca: “Subi-
to dopo l’arrivo li conduciamo in refettorio offrendo loro il primo pasto. Voglia-
mo dare il nostro meglio a queste persone senza patria, affidandoci alle benedi-
zioni divine”. Le suore sono responsabili della cucina. Del resto devono evitare
qualsiasi contatto con loro “per il pericolo di contagio”. Neppure alla FMA infer-
miera è permesso di curare gli ammalati, difatti è incaricata un’infermiera chia-
mata appositamente dal regime. Nel mese di maggio del 1941 i Bessarabi lascia-
no la casa pieni di gratitudine, essendo destinati a recarsi in un lager collettivo9.
9 Sono conservati nell’Archivio di Eschelbach tanti documenti riguardanti il soggiorno
dei Bessarabi.

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Attività delle Figlie di Maria Ausiliatrice in Germania durante il regime nazista 281
1.2. “Kinderland-Verschickung” e bambini fuggitivi
Appena partiti gli ospiti Bessarabi gli ambienti della casa vengono occupati da
47 bambini della cosiddetta “Kinderland-Verschickung”, inviati dalle autorità ci-
vili per una sosta temporanea. Sono accolti dalle suore con grande cordialità e nu-
triti con amore. Per disposizione di Hitler, bambini e anche mamme con bambini
piccoli che abitano in regioni particolarmente minacciate dagli attacchi aerei, pos-
sono essere mandati in località più tranquille. Fino alla fine della guerra quasi due
milioni di bambini lasciano così le loro famiglie. Lo scopo di questa disposizione
non è soltanto l’intento di proteggere i bambini dai pericoli, ma anche di sottrarli
ai genitori per educarli nei Lager secondo i metodi e l’ideologia del regime.
I 47 bambini restano nella casa delle FMA per quasi cinque mesi. Poi i re-
sponsabili li trasferiscono in un Lager non meglio specificato. Subito dopo, il 29
marzo del 1942 vengono accolti 46 bambini fuggitivi senza famiglia e bisognosi
di rimettersi. In casa ci sono inoltre parenti di suore che non riescono più a ri-
manere nelle città continuamente bombardate: mamme con bambini piccoli e
un padre anziano e ammalato.
Per motivi di maggior sicurezza Madre Alba fa trasportare l’Archivio ispetto-
riale da Monaco a Eschelbach, e invita anche i salesiani a fare lo stesso. Accettano
volentieri.
1.3. Progetti e comandi delle autorità
Il 10 giugno 1944 le autorità della città provinciale decidono di erigere nella
casa delle FMA una scuola agricola per la gioventù hitleriana, e di deporre al si-
curo presso le religiose oggetti preziosi del museo di Pfaffenhofen.
Il 16 giugno 1944 viene comunicato che in autunno si aprirà nella casa una
scuola domestica per la gioventù hitleriana. Le suore chiedono con insistenza di
lasciare loro ancora qualche camera dove possano vivere.
Dopo un mese, il 15 luglio 1944, a causa della distruzione della casa di Monaco,
si aggiungono alla comunità alcune consorelle. Il 25 luglio le FMA sono chiamate
nella città provinciale, dove ricevono il supremo comando di sgombrare al più pre-
sto la casa. Sono inutili tutte le suppliche. Il giorno dopo giunge la notizia telefoni-
ca che il Lager dei bambini fuggitivi viene trasferito in un altro luogo. Il 27 luglio
arrivano dei camion per trasferire in quest’altro luogo, non nominato nella cronaca,
mobili e oggetti. I contadini di Eschelbach sono costretti a caricare i camion.
1.4. Notizia sconvolgente e deportazione
Appena partito l’ultimo camion, giunge in casa il Sindaco del paese10 e porta
alle suore la notizia inquietante che il Consiglio della Provincia ha emanato il
10 Cf Cronaca della casa di Eschelbach, deposta nell’Archivio ispettoriale delle FMA a
Monaco. Nel libro di Reinhard HAIPLICK, Pfaffenhofen unterm Hakenkreuz. Stadt und

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282 Katharina Schmid
comando che le suore devono sgombrare e lasciare la loro casa entro ventiquat-
tro ore. Madre Alba, la Visitatrice, è ammalata. Ricevuta la notizia, si alza subi-
to. Dispone che le famiglie del paese siano richieste di accogliere le orfanelle per
sottrarle alla gente del partito e di informare qualche loro parente.
Alla sera, quando si fa buio, le suore incominciano lo sgombero della casa.
Lavorano quasi tutta la notte per deporre sul solaio dei genitori di una consorel-
la tutto ciò è possibile, per non perdere tutto.
Il 28 luglio 1944, dopo un brevissimo “riposo” le suore si alzano alle quattro
per partecipare all’ultima Messa celebrata nella loro capella e consumare tutte le
ostie consacrate. Vi partecipano pure alcune persone del paese, solidali col dolo-
re delle suore. Dopo la Messa continuano i lavori di sgombero che risultano
estremamente difficili, perché dopo la distruzione della casa di Monaco sono
stati radunati a Eschelbach anche i mobili salvati dalle fiamme. Aiutano operai,
giovani, bambini. Ciò che non entra più sul solaio della famiglia Grabmair, lo
portano a casa loro. L’impossibilità di opporsi all’ingiunzione del potere incrocia
la solidarietà della gente, a sua volta beneficata con donazioni, volutamente sot-
tratte ai prepotenti.
Madre Alba – ammalata – si reca a Ingolstadt insieme alla segretaria sr. An-
gelina Pomella, per tentare qualcosa presso le autorità. Per telefono è stato proi-
bito alle suore di pernottare presso famiglie del paese e comandato loro di passa-
re la notte nella scuola del vicino Geisenfeld. Così, alla sera, il garzone attacca il
cavallo ad un carro per portare le dodici FMA a Geisenfeld. Al momento di par-
tire si ferma un pulman accanto a loro. Tre agenti vi scendono, comandano alle
religiose di scendere dal carro e di salire sul pullman. La gente accorre furiosa e
irritata, ma impotente: uomini, donne, giovani e bambini piangono di sdegno e
dolore11. Gli agenti, però, interrompono queste scene strazianti, scacciano tutti
quelli che stanno intorno, chiudono la porta del pullman e via!
Le suore vengono lasciate in un’aula completamente vuota della detta scuola.
Il giorno dopo vengono condotte all’Ufficio del lavoro a Ingolstadt. Si era detto
loro che avrebbero dovuto lavorare in una fabbrica di munizioni. Il funzionario
responsabile, però, assegna loro un altro campo di lavoro, probabilmente grazie
all’insistenza di Madre Alba che si era recata a Ingolstadt. Ha bisogno di infer-
miere. Perciò, cinque suore sono mandate a lavorare nella clinica civica di Ingol-
stadt, cinque nell’ospedale militare di Ingolstadt e due nell’ospedale di Kö-
sching. Nella cronaca si legge: “Così il Signore che sà ricavare il bene dal male
apriva alle suore un bel campo di beneficenza in cui potevano fare molto bene ai
poveri degenti negli ospedali”.
Landkreis zur Zeit der nationalsozialistischen Herrschaft. Ed. Stadt Pfaffenhofen 2003, se-
conda edizione ampliata 2005, a pagina 202 si parla di una telefonata anonima pervenuta
alle religiose un giorno prima della loro deportazione.
11 La cronaca annota che anche le due donne che hanno lavorato per vent’anni nella
cascina delle Suore singhiozzano come bambini; lacrime anche sul viso del garzone al mo-
mento di congedarsi.

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Attività delle Figlie di Maria Ausiliatrice in Germania durante il regime nazista 283
1.5. La casa – stazione esterna di Bormann (stazione radiografica)
La sorte della casa di Eschelbach è segnata dalle emergenze belliche. A Berlino i
violenti attacchi aerei di giorno e di notte causano incendi, macerie, spaventi e vit-
time. Folle di persone fuggono dalla città. Anche le autorità del regime traslocano i
loro uffici in località più sicure. La cancelleria del partito, sottoposta a Martin Bor-
mann, per scopi di guerra, ha bisogno urgente della casa delle FMA a Eschelbach.
Si parla di una “stazione esterna di Martin Bormann”, che è nominalmente il
Segretario di Hitler, di fatto però è il suo sostituto e il suo fiduciario. La casa sa-
rà stazione radio-telegrafica. Si fanno grandi piani e progetti, si portano qui tan-
te macchine di gran valore, cose e documenti d’archivio, arredamenti per gli uf-
fici, per le camere da letto, per le cucine e i refettori. Nell’orto si costruisce una
grande baracca con venti camere spaziose e comode per le famiglie dei grandi.
Tutto è preparato per le azioni politiche, ma non si sa per quale motivo non en-
trano in funzione.
Un fatto rilevante non è menzionato nella Cronaca di Eschelbach, forse a
causa della deportazione delle FMA in quel tempo. Durante la loro assenza, vie-
ne costruita una baracca di un piano, circondata da filo spinato, per 40–50 pri-
gionieri del campo di concentramento di Dachau, trasferiti nel lager esterno, in-
caricati di sistemare dei cavi sotterranei da Eschelbach alla città provinciale Pfaf-
fenhofen/Ilm. Tormentati dalla fame, gli abitanti di Eschelbach recano loro di
nascosto pane e viveri. Il lager viene chiuso il 4 aprile 194512.
Il 28 aprile le truppe americane occupano il paese. Già qualche tempo prima
del loro arrivo coloro che hanno occupato la casa delle FMA fuggono, lasciando
indietro donne e bambini. Appena gli Americani mettono piede nell’edificio co-
mandano a tutti coloro che vi abitano ancora di trasferirsi nella baracca. Madre
Alba comunica loro come nove mesi prima siano state trattate le religiose.
1.6. Ripresa delle attività educative
Sr. Josefine Witthoff chiede alle autorità americane a Pfaffenhofen il permes-
so di poter riaprire tutte le opere in favore dei bambini e delle giovani. E viene
concesso. Nonostante i grandi lavori di restauro richiesti per risistemare la casa
malandata, già il giorno seguente le suore riaprono l’oratorio e una settimana
più tardi, il 4 giugno 1945, la scuola materna.
Il 2 ottobre 1945 la gente hitleriana che abita ancora nella baracca deve fare
posto a bambini fuggitivi senza famiglia, che rimangono fino al 12 giugno
12 Non c’è niente che ricordi attualmente la baracca, né documenti, né altre tracce. So-
lo qualche persona anziana di Eschelbach ricorda i prigionieri provenienti dalla Germania,
dalla Francia, dall’Italia, dalla Polonia, dalla Serbia, dall’Olanda. J. Niemirowicz, un polac-
co che all’epoca aveva 23 anni, nel 1970 deponeva la sua testimonianza, il cui verbale è
conservato nell’Archivio della KZ-Gedenkstätte Dachau. Cf R. HAIPLICK, Pfaffenhofen un-
term Hakenkreuz…, pp. 202-203.

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284 Katharina Schmid
1946, dopo il ritrovamento dei genitori o dei parenti dispersi. Poi continuano a
venire gruppi di bambini poveri, bisognosi di rimettersi. Comincia così la rico-
struzione e l’opera educativa, a partire dalla cura della salute. La scuola di eco-
nomia domestica per le giovani della regione si apre già il 14 novembre 1945.
Il 31 gennaio 1946, dopo sette anni di interruzione, giovani donne, provate
nelle lotte per la fede, iniziano il tempo di postulato a Eschelbach13.
Conclusione
La ricostruzione delle vicende delle case delle FMA in Germania risente delle
vicissitudini della situazione generale in cui si trovarono le opere religiose nel
Paese, vessate dal regime nazionalsocialista e poi dalla guerra. Le condizioni ec-
cezionali stravolsero le attività educative delle FMA, specialmente nelle istituzio-
ni più formali e sotto il diretto oculato controllo del governo. Le religiose riusci-
rono a continuare, in alcuni luoghi meno esposti, le attività informali, come
scuole di lavoro e oratori, mentre in diverse circostanze dovettero adattarsi ad
attività assistenziali e infermieristiche, o, come a Eschelbach, lasciare del tutto la
casa, evitando per poco di entrare forzatamente nella macchina della guerra.
L’impiego come infermiere invece che come operaie nella fabbrica di munizioni
probabilmente fu frutto delle insistenze dell’ispettrice presso le autorità. Appena
conclusa la guerra, senza porre tempo in mezzo, le FMA riaprivano le opere a
servizio dell’educazione, offrendo così un apporto specifico e pronto alla rico-
struzione delle persone, non meno devastate degli edifici.
13 Cf Cronaca dell’Ispettoria delle FMA; Cronache della casa di Eschelbach, nell’Archi-
vio ispettoriale delle FMA a Monaco.

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LA TRASFORMAZIONE DELL’OPERA DELLE FMA A KORTRIJK
(BELGIO) A CAUSA DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE
(1942 – 1965)
Hilde Bosmans*
Introduzione
L’opera delle FMA a Kortrijk ha una storia interessante per la flessibilità ri-
chiesta dalle circostanze e dai bisogni mutati nel tempo, in correlazione con vari
fattori interni ed esterni alla comunità religiosa1.
Le FMA erano arrivate in Belgio nel 1891; dopo Liège, aprirono case a Lip-
peloo, Sint-Denijs Westrem, Tournai, Florzé, Groot-Bijgarden, Hechtel; nel
1928 fondarono sia a Kortrijk che a Gerdingen e a Bruxelles. Presto arrivarono
anche le vocazioni, sicché fino al 1960, nostro terminus ad quem, professarono
258 FMA nate in Belgio2.
L’opera di Kortrijk, fondata nel 1928, ebbe lo scopo di aprire un
pensionato3. Un interesse particolare riveste la storia della casa nel periodo tra il
1942 e il 1965. Nel 1942, infatti, l’internato esistente si trasformò da pensiona-
to e colonia estiva in un’opera sociale sotto il nome di “KOK(Katholiek Open-
luchtwerk Kortrijk, Opera sociale Cattolica Kortrijk). Essa era riconosciuta e
sovvenzionata da un ente pubblico, il NWK (Nationaal Werk Kinderwelzijn,
Opera Nazionale per il benessere dei bambini). Il KOK prese il volto di una co-
lonia scolastica, una colonia permanente per bambini di salute gracile.
Dopo il 1965 la casa continuò l’attività con un internato per bambini e fan-
ciulli. La colonia permanente, con il suo modo particolare di favorire la crescita
dei piccoli, non era più la risposta educativa adatta alle necessità del tempo, poi-
ché si erano alleviati i disagi sociali del dopoguerra.
Purtroppo la mancanza di fonti impedisce una ricostruzione esauriente della
trasformazione dell’opera, che si avvalse dell’aiuto e della guida di una laica, la
* Figlia di Maria Ausiliatrice, direttrice e responsabile della comunità Laura Vicuña e
dell’internato don Bosco a Wijnegem.
1 Attualmente, oltre la casa di riposo per le suore anziane, nella stessa città c’è un inter-
nato, un centro che accoglie bambini in difficoltà e una scuola.
2 Tra il 1891 e il 1899 si contavano 4 professe nate in Belgio, tra il 1900 e il 1921, 32;
tra il 1922 e il 1943 ne professarono 128; fino al 1960 altre 94. Informazioni desunte dal-
l’Archivio generale delle FMA, Roma.
3 Cf Cronaca Sint Anna Kortrijk, 1928.

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286 Hilde Bosmans
signorina Maria Philippe Lamoral (1913–1998). Sulla base di testimonianze
orali, sembra che quando ella cessò di lavorare direttamente nell’opera, portò
con sè tanti documenti divenuti, pertanto, attualmente irreperibili.
1. Breve storia prima del 1942
Le suore di don Bosco arrivarono a Kortrijk negli anni della ripresa di espan-
sione dopo la prima guerra mondiale. I salesiani avevano ricevuto un grande
edificio abitato fino a quel tempo dalle Suore della misericordia di Gesù di
Brugge, una congregazione che aveva come missione la cura dei malati psichia-
trici. A motivo della mancanza di vocazioni le religiose dovettero lasciare la loro
casa e l’ospedale psichiatrico a Kortrijk. Tutto il complesso fu diviso tra le FMA
e i salesiani. L’edificio con il nome Sant’Anna e la cappella di Sant’Anna erano
destinati alle religiose, mentre i salesiani ricevettero l’edificio di San Pietro, la
masseria (fattoria) e un piccolo castello. Così ogni comunità iniziò il proprio la-
voro, da una parte e dall’altra della stessa stradina4. Il quartiere Sant’Anna era si-
tuato fuori della città, immerso in un paesaggio rurale. Grazie alla posizione
piuttosto isolata la casa fu risparmiata dai bombardamenti durante la seconda
guerra mondiale.
Le prime otto FMA arrivarono l’11 giugno 1928. Lo scopo era di erigere un
pensionato per bambini fino ai 10 anni e per bambine e ragazze a partire dai
cinque anni. Le religiose normalmente non si occupavano dei ragazzi più gran-
di, che in quel caso potevano frequentare la scuola presso i salesiani. Subito si
diede inizio anche alla scuola. La direttrice era sr. Hortense De Ruyck5. Nel
1929 l’opera contava già 71 interni, di cui 57 maschietti e 14 ragazze6. Nel
1930 c’erano 80 ragazzi e 25 ragazze, conservando la maggioranza maschile.
Dopo la visita dell’ispettore del ministero per le scuole libere, nel mese di agosto
le religiose ricevettero sussidi per le classi7.
A partire dal 1931 si organizzarono delle colonie durante le vacanze. In quel-
l’anno si provvide al soggiorno per 40 bambini.
2. La guerra in Belgio e la situazione a Kortrijk
L’offensiva generale dei nazionalsocialisti sul fronte occidentale (Francia, Paesi
Bassi, Belgio, Lussemburgo) iniziò il 10 maggio 1940. Il Belgio fu attaccato dalla
6ª armata di Reichenau, che trovò come principale impedimento nel cammino il
Forte di Eben Emael. I comandanti tedeschi decisero di usare le truppe aviotra-
4 Archivio locale Kortrijk, Salesianen, schakel nr 1, lente 1978.
5 Cf Cronaca Sint Anna Kortrijk, 1928.
6 Ibid., 1929.
7 Ibid., 1930. “3 août: visite de deux inspecteurs; l’inspecteur officiel et l’inspecteur
des écoles libres pour examiner les locaux destinés aux classes, afin d’obtenir de l’Etat un
subside”.

29.7 Page 287

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La trasformazione dell’opera delle FMA a Kortrijk (Belgio) 287
sportate e fu per l’esercito del Belgio il battesimo di fuoco. Il forte era progettato
per resistere ad attacchi convenzionali, ma non a dei paracadutisti atterrati sopra
i tetti, sicché ne bastarono ottantacinque per neutralizzare la guarnigione belga,
formata da 1.200 soldati che stavano resistendo ai continui attacchi degli stuka
(bombardieri in picchiata). Quest’attacco si rivelò decisivo per le difese belghe,
che vennero travolte in breve dalle forze corazzate nazionalsocialiste. Il Belgio re-
sistette per 18 giorni. Dopo la battaglia e l’evacuazione di Dunkerque, il Belgio si
arrese il 28 maggio 1940. In tale contesto precipitò anche la condizione degli
ebrei, che nel 1940 erano 76 000 in tutto il paese. Nel giugno 1942 ce n’erano
57 500, di cui 25 557, quasi la metà, furono deportati. In totale 32 200 riusciro-
no a sopravvivere, cioè il 56% della popolazione ebraica in Belgio8.
Kortrijk, la città di cui si parla, è situata vicino al confine con la Francia ed è
anche la città dove gli inglesi provarono a fermare i nazisti. La notte del 23 mag-
gio 1940 gli inglesi fecero esplodere i ponti sopra il fiume Leie. Il 24 maggio av-
venne una grande battaglia tra gli alleati (belgi, inglesi) e i nazisti. La città fu di-
strutta, così il 25 maggio i tedeschi avevano già completato la conquista.
Dalle cronache delle FMA si legge:
“10 maggio:
Pendant cette nuit nous avons entendu des bruits de canon. Le matin aprês le déjeu-
ner on nous donne la nouvelle que la guerre a éclaté et que ordre à été donné que
tous les enfants des pensionnats doivent être immédiatement restitués à leurs famil-
le. Nos enfants quittent en 2 groupes accompagnées de 3 sœurs et 1 postulante”9.
Restituiti i piccoli alle famiglie, arrivarono nella casa di S. Anna molti rifu-
giati da tutto il paese. Ogni giorno si registrò un movimento di arrivi e parten-
ze. A partire dal 21 maggio sembrava esserci maggiore calma e anche i rifugiati
lasciarono la casa. Poi arrivò il confronto con la grande battaglia, che per fortu-
na non produsse alcun danno:
“C’était bien une protection spéciale que la Sainte Vierge accordait à notre maison,
car à une distance d’environ 3 quarts d’heure il y avait beaucoup détruit. L’attaque
ce jour durait plusieurs heures on tirait avec plusieurs canons à la fois, tous placés
autour de notre maison. De grandes troupes d’Allemands rentrèrent chez nous par
le jardin. Ils cassent les portes là où ils ne peuvent pas rentrer”10.
Tra le vicende legate alla guerra che ebbero una diretta ripercussione sulla ca-
sa delle FMA, il 16 maggio 1944 un bus della difesa si schiantò su un angolo
dell’edificio. Nel dormitorio c’erano soltanto due ragazzi ed un’educatrice. Un
ragazzo perse la vita.
8 Nella vicina Olanda, invece, soltanto il 23,6% degli ebrei riuscì a sopravvivere alla
guerra. Cf Sylvain BRACHFELD, Ils ont survécu. Bruxelles, Éditions Racine 2001, p. 196.
9 Cf Cronaca Sint Anna Kortrijk, 1940.
10 Ibid.

29.8 Page 288

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288 Hilde Bosmans
3. L’inizio del KOK
KOK, come si è anticipato, è l’abbreviazione di Katholiek Openluchtwerk
Kortrijk, che si potrebbe tradurre: Opera Sociale Cattolica di Kortrijk11.
Nel settembre 1942 presso la casa delle FMA a Kortrijk si recarono il deca-
no don Jonckheere e il signor Arthur De Taye. Il secondo era stato eletto nel
consiglio comunale prima della guerra. Era membro del partito ACW12, un
partito cattolico che rappresentava soprattutto operai. Egli era rimasto nel con-
siglio comunale durante la guerra, fino al 1942. Per ordine del comando mili-
tare tedesco, che assunse il governo effettivo della città, fu rimosso dal-
l’incarico13. Nel 1940 era stato eletto presidente del “Comitato per l’aiuto alle
famiglie disagiate”. Più tardi il comitato si sciolse nel Comitato “Winterhulp”
(Winterhilfe = Aiuto Invernale)14. Proprio i membri di tale associazione inter-
pellarono le FMA circa la disponibilità ad accogliere i bambini di Kortrijk in
difficoltà. In mancanza di un ambiente adatto, bisognava sistemare e adattare
la casa. Mancava un minimo conforto nei dormitori, come l’acqua corrente. Il
comitato collaborò per ottenere lenzuola e materassi, in modo da allestire una
prima struttura di accoglienza.
Riguardo all’istruzione dei bambini, era necessario provvedere maestre quali-
ficate, ma le FMA non disponevano di personale adeguatamente preparato. Per
far fronte alla situazione, le religiose accettarono di collaborare con le laiche,
probabilmente solo per l’impossibilità di fare altrimenti, poiché era prassi diffu-
sa all’epoca di impegnare personale interno, che avesse le stesse vedute e conver-
gesse sull’impostazione educativa. La collaborazione con insegnanti laiche suo-
nava, così, come un ripiego dettato dalla necessità.
Il 27 settembre 1942 arrivò dunque la signorina Maria Philippe Lamoral15.
Nella colonia lavorarono non soltanto insegnanti, ma anche educatrici laiche,
11 Letteralmente: Opera cattolica all’aria aperta, che riferisce ai bambini sofferenti a
causa della guerra e con la necessità di rinforzare la salute.
12 Algemeen Christelijk Werkliedenbond (Unione Generale per gli operai cristiani).
13 L’occupante nazista diede anche il suo contributo per la “purificazione” del consiglio
comunale di Kortrijk e così Alfred De Taeye e Jules Coussens ricevettero il divieto di ese-
guire il mandato come funzionari comunali. Il 25 giugno 1942 pervenne loro questo mes-
saggio perentorio dal comando di Gent. “Mit Ermächtigung des Militärbefehlshabers in
Belgien und Nordfrankreich – Militärverwaltungschef – wird Ihnen auf Grund des §3 Ab-
satz der Verordenung des Militärbefehlshabers über Ausübung öffentlicher Tätigkeit in
Belgien vom 18 7 40 (Vo. Bl. Seite 131) met sofortigen Wirkung Ihres Amtes als Schöffe
der Gemeinde Kortrijk”.
14 Nella cronaca della casa leggiamo che Arthur De Taye era il primo consigliere del
comune. In realtà non è mai stato il primo, ma soltanto il quarto. Quando arrivò nella ca-
sa di Kortrijk nel mese di settembre neanche poteva più esercitare questo compito. Forse si
presentò piuttosto come membro del comitato “Winterhulp”.
15 Cf Cronaca Sint Anna Kortrijk, 1942. “Il faut chercher des maîtresses car ses enfants
doivent avoir l’instruction. Pour monter les dortoirs l’œuvre nous aide en nous envoyant
des matelas, de draps de lit et couvertures. On installe de l’eau courante dans les dortoirs

29.9 Page 289

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La trasformazione dell’opera delle FMA a Kortrijk (Belgio) 289
infatti il 10 ottobre 1942 si aggiungeva la signorina Julia Houssin. Nella crona-
ca di quell’anno era annotato che la collaboratrice sarebbe rimasta nella colonia
e avrebbe ricevuto in compenso i pasti e l’alloggio16.
Il 28 settembre partirono da casa i bambini di Bruxelles che avevano parteci-
pato alla colonia estiva; il giorno dopo, il 29, era annotata la presenza anche di
un gruppo di 135 bambini di Kortrijk, che avevano sofferto le conseguenze del-
la guerra durante l’occupazione, soprattutto la mancanza di cibo.
La struttura ufficiale che controllò e ispezionò le colonie era il Nationaal
Werk voor Kinderwelzijn, NWK17. Fondato nel settembre 1919 per iniziativa e
impulso del ministro Henri Jaspar (1870-1939), aveva come scopo la lotta con-
tro la mortalità infantile. Il NWK incoraggiava la consulenza sulla nutrizione
dei bambini. Nelle regioni rurali un’infermiera visitava i bambini a casa per dare
indicazioni e avvertimenti alle mamme. Nel suo lavoro era sostenuta da un me-
dico. Oltre a questa consulenza per i primi anni di vita dei bambini, l’opera era
anche responsabile delle colonie per bambini sfavoriti. Le controllavano e, una
volta accettate, assegnavano i sussidi.
Durante la guerra, sotto la direzione della signora Yvonne Nevejean l’orga-
nizzazione si prese pure cura dei bambini ebrei. La Nevejean fu una persona di
spicco nell’organizzazione della resistenza. Persuase diverse persone responsabili
di istituti per l’infanzia, laici e religiosi, ad accogliere nella clandestinità bambini
ebrei. La signora li nascose infatti nelle colonie per bambini deboli di cui era re-
sponsabile la sua organizzazione.
Per la parte scolastica, un ispettore del ministero dell’insegnamento era re-
sponsabile della visita alla scuola.
4. La signorina Maria Lamoral, responsabile della colonia
Maria Philippe Lamoral era la figlia minore di una famiglia eminente di Kor-
trijk. Da giovane aveva perso la mamma; il padre guidava un ufficio di assicura-
zioni. Era una ragazza intelligente, allieva dell’istituto “Madonna della Fiandra” a
Kortrijk. Non aveva una salute robusta, ma la fragilità fisica non le impediva di
vivere una vita indipendente e attiva, sia a livello culturale sia sociale. Il padre le
insegnò a guidare la macchina, e lei divenne la sua autista per condurlo presso i
clienti, che pertanto ebbe modo di conoscere, allargando la cerchia delle relazioni.
Il cognato, G. Rodenbach, un noto industriale di Kortrijk, la mise in contat-
to con il comitato Winterhulp, allora guidato dal decano don De Jonckheere e
et quelques douches dans les cabines des bains. Toutes ses préoccupations ne vont pas sans
difficultés,mais on se fait courage en visant le grand bien qui pourra se faire après”.
16 Ibid., 10 ottobre: “Aujourd’hui est arrivée Melle Julia Houssin. Elle vient come mo-
nitrice de la colonie et reste les jours de la semaine. Le dimanche, elle le passe chez elle.
Conditions d’acceptation: la nourriture et le logement”.
17 Il Nationaal Werk voor Kinderwelzijn, in francese ONE: Oeuvre National pour
l’enfant, Opera Nazionale per il bambino.

29.10 Page 290

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290 Hilde Bosmans
col signor De Taye. Ella divenne la segretaria del comitato. D’accordo con le
FMA, il comitato assegnò la responsabilità diretta della colonia alla signorina
Lamoral nel 1942. I suoi contatti con le persone in vista della regione furono
provvidenziali per dare grande impulso all’opera.
Il 26 marzo 1944 la città di Kortrijk soffrì un grave bombardamento, che
non distrusse la casa delle FMA, come riporta la cronaca locale con vivacità di
particolari sul comportamento dei piccoli18. La casa della signorina Lamoral fu
invece completamente distrutta e suo padre perse la vita19. Da quel momento
ella si trasferì presso la casa delle FMA e vi rimase fino al 6 ottobre 1965, abi-
tando in due stanze messe a sua disposizione.
18 http:://www.ethesis.net/kortrijk_collaboratie/deel 3. Ruben MAYER, Tussen bevolking
en bezetter, tussen collaboratie en verzet. Gemeentebesturen tijdens de tweede wereldoorlog: Kor-
trijk en Rollegem 1940–1944. Katholieke Universiteit Leuven, Scriptie Academiejaar
2001–2002. In 1944 werden de bombardementen nog opgevoerd, de sirenes loeiden bijna
dagelijks en het openbare leven viel langzaam aan stil. Op Passiezondag, 26 maart 1944,
stortten naar schatting 300 bommenwerpers zich op Kortrijk. Het resultaat: meer dan 200
doden, honderden vernielde en duizenden beschadigde woningen. Er was een gigantische
luchtoorlog aan de gang boven België en Kortrijk werd daar één van de grootste slachtoffers
van. De stad ging over tot de planning en constructie van betonnen schuilplaatsen en loop-
graven om de bevolking beter te kunnen beschermen. De Kortrijkzanen zelf trokken ‘s
avonds in grot aantallen de stad uit om de nacht door te brengen in de minder bedreigde
randgemeenten. De bouw van de schuilplaatsen liep niet van een leien dakje, want de schaar-
ste aan grondstoffen was groot. De loopgraven werden echter in een razendsnel tempo aan-
gelegd, zelfs nog vóór de toelating van de hogere overheid hiervoor verkregen werd. De grote
vrees voor nieuwe aanvallen op korte termijn bleek helaas gewettigd: op 21 juli 1944 werd
Kortrijk naar het stenen tijdperk gebombardeerd. Twee bijzonder zware aanvallen volgden op
elkaar en legden 2/3de van de stad in de as. Maar liefst 23 brandweerkorpsen en 26 ploegen
voor passieve luchtbescherming van naburige gemeenten moesten de Kortrijkse hulpdiensten
komen versterken. Opnieuw vielen bijna 200 doden en de materiële schade was enorm: het
stationgebouw en de Grote Hallen waren zelfs met de grond gelijk gemaakt. Een normaal
bestuur van de stad was niet meer mogelijk en tot lang na de bevrijding was het improviseren
geblazen om de talrijke geteisterde inwoners van voedsel, medische hulp, kledij en een onder-
komen te voorzien. In sintesi, si annota che nel 1944 i bombardamenti si intensificarono. Il
26 marzo 1944 circa 300 bombardieri lanciarono bombe sulla città di Kortrijk. Risultato:
200 morti ed un centinaio di case distrutte. La gente costruì trincee e rifugi, ma già il 21 lu-
glio arrivava un nuovo attacco. Due forti bombardamenti ridussero la città in rovina.
19 Cronaca Sint Anna Kortrijk, 26 marzo 1944: “Dimanche de la passion: vers 9 heu-
res du soir la ville de Courtrai est victime d’une bombardement terrible. Nos enfants
étaient couchés, ils sont descendues dans le couloir en bas, assez calmement malgré les se-
cousses effrayantes et les éclairs répétés. Ils priaient avec grande ferveur, inventant eux-mê-
mes des invocations à Marie Auxiliatrice et à Don Bosco. Nous sommes visiblement proté-
gées. Les bombes sont tombées autour de notre hameau, même ici sur la grande route à
cinq minutes de notre maison. Il n’y q que quelques carreaux cassés chez nous. Mais en
ville, quel pénible désastre! Des rues entières détruites avec toutes les maisons, plusieurs
couvents inhabitables, les victimes, sous les ruines, sont nombreuses. La maison de notre
grande Bienfaitrice, Melle Lamoral est détruite de fond en comble, elle n’a absolument
plus rien, son pauvre papa était au lit, elle l’a retrouvé sans membres dans son matelat”.

30 Pages 291-300

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30.1 Page 291

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La trasformazione dell’opera delle FMA a Kortrijk (Belgio) 291
Sin dall’inizio la benefattrice mostrò una grande apertura nei confronti del
sistema educativo adottato dalle FMA. Avendo sofferto la mancanza della ma-
dre sin da piccola, era sensibile ai bisogni dei bambini che dovevano lasciare la
famiglia per andare in colonia. La collaborazione con le FMA si intensificò, tan-
to che nel 1948 (dal 5 agosto al 3 settembre) visitò Torino insieme a sr. Jeanne
Miller ed ebbe un incontro con il consiglio generale.
La signorina Lamoral si prese cura anche della formazione professionale delle
suore e delle persone laiche che collaboravano all’opera, fornendo loro dei libri
per una migliore preparazione. Prima del suo arrivo le FMA vivevano la propria
missione in un mondo più o meno chiuso, mentre ella portava il “mondo” den-
tro, nel senso che aiutò le religiose ad aprirsi ai cambi sociali, in un momento in
cui la Chiesa e la vita religiosa assumevano un atteggiamento difensivo a causa
dei rapidi mutamenti di mentalità, spesso percepiti come contrari ai principi
cattolici e alla vita cristiana20.
Durante la guerra l’opera di S. Anna accolse, non senza pericolo, ragazzi
ebrei. Dall’Ungheria arrivarono anche tre ragazzi cattolici, i cui genitori avevano
perso tutto con l’avvento del regime comunista. Dall’Olanda, inoltre, si rifugia-
va un gruppo di ragazzi quando aumentava il rischio dei bombardamenti. In se-
guito, nel 1953, con la rottura delle dighe e i conseguenti disagi alla popolazio-
ne, la stessa signorina aprì le porte della casa a un gruppo di ragazzi olandesi.
Nel 1965, senza motivi documentati, lasciò la casa delle suore e andò a vive-
re in città. Nelle cronache si legge soltanto: “Départ de Mlle Lamoral, qui s’est
occupée depuis 1942 pour le bien de la colonie”21.
5. Il comitato “Winterhulp”
A Kortrijk esisteva dall’inizio della guerra un comitato per il sostegno alle fa-
miglie disagiate. Era sorto per iniziativa del consiglio comunale, sotto la presi-
denza del consigliere comunale Arthure De Taye. Il governo cittadino decideva
già il 25 maggio 1940 di erigere un comitato per le famiglie che rischiavano di
non ricevere più il contributo economico a motivo della guerra. I membri del
comitato stilavano un elenco delle famiglie bisognose e seguivano la pratica af-
finché ricevessero l’aiuto necessario.
Dal luglio 1940 organizzarono i luoghi dove si preparavano le minestre, che
venivano distribuite per il piccolo costo di un franco al litro. Ogni giorno si
cuocevano 10000 litri di minestra, distribuita nelle scuole.
In ottobre il comitato locale entrò a far parte del comitato “Winterhulp”,
“Aiuto dell’inverno”. Nonostante tale comitato fosse di origine tedesca, “Win-
terhilfe”, riscosse un grande successo. Tutto il cibo che era stato confiscato si
poteva usare per distribuirlo al popolo. Nel periodo dell’occupazione, si di-
20 Testimonianza di sr. Rika Maertens, 2006.
21 Cronaca Sint Anna Kortrijk, 1965.

30.2 Page 292

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292 Hilde Bosmans
stribuirono 6.002.541 porzioni di minestra, per far fronte alla grave povertà22.
Il comitato per poter eseguire le sue iniziative assistenziali chiedeva anche la
collaborazione delle FMA. Già prima dell’inizio della colonia permanente, le
FMA a Kortrijk accolsero bambini durante le vacanze per un periodo breve. In
luglio 1942 si trattò di 210 bambini, di cui 66 furono mandati dal comitato
“Aiuto invernale”23.
6. L’organizzazione della colonia di S. Anna
S. Anna era una colonia scolastica, in cui si dava priorità alla salute dei bam-
bini provati dalle strettezze belliche. Soprattutto nelle città come Kortrijk, Ant-
werpen, Brussel i medici dovevano occuparsi di giovani pazienti, particolarmen-
te a rischio. Con l’approvazione delle “mutualità” potevano mandarli alle colo-
nie riconosciute dal NWK24. Le mutualità erano società di mutuo soccorso.
Ogni partito aveva la propria mutualità: socialisti, cattolici e liberali. Dal 1945
tutti gli operai o dipendenti erano obbligati a iscriversi a una mutualità.
Per poter essere accettati in una colonia, anche in quella di S. Anna, bisogna-
va avere un’approvazione della Mutualità. Con un rapporto medico che ricono-
sceva un bambino come gracile, poteva entrare in un internato.
Un bambino poteva partecipare alla colonia per almeno tre periodi. L’anno
vi era diviso in quattro periodi:
gennaio – marzo
aprile – giugno
luglio – settembre
ottobre – dicembre.
Tra un periodo e l’altro i fanciulli andavano in famiglia per una settimana.
Non tutti, però, di fatto, avevano le possibilità tornare a casa, soprattutto per
motivi sociali.
La scansione delle attività quotidiane e l’orario della scuola erano adattati al-
la salute degli ospiti. Al mattino, dopo l’Eucaristia c’erano 20 minuti di ginna-
stica, possibilmente all’aperto, poi la scuola. Dopo il pranzo tutti andavano a ri-
posare, e seguivano 30 minuti di ginnastica. Nel pomeriggio le educatrici si in-
trattenevano con i bambini con giochi o conducendoli a passeggio. Seguiva la
merenda e poi continuavano le lezioni fino alle 18. Il programma era stato ap-
provato dall’ispettore scolastico.
L’accentuazione sanitaria non poteva mancare. Il medico della casa era Vande-
putte. Nel primo tempo della colonia intervenivano specialisti dei polmoni, che
22 http://www.ethesis.net/kortrijk_collaboratie/deel 3. R. MAYER, Tussen bevolking en
bezetter...
23 Cf Cronaca Sint Anna Kortrijk, 1942.
24 Nationaal Werk voor Kinderwelzijn (Opera Nazionale per il benessere del bambino).

30.3 Page 293

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La trasformazione dell’opera delle FMA a Kortrijk (Belgio) 293
inizialmente portarono un apparato radioscopico. Più tardi la colonia ebbe a di-
sposizione il suo apparato per un controllo più agevole. Con l’aiuto del Winter-
hulp e più tardi con i sussidi del NWK si potevano prevedere quattro pasti al
giorno. Dopo la guerra la colonia fu fornita anche di un gabinetto dentistico.
Tra le attività coi bambini c’erano le passeggiate, non soltanto locali, infatti
dopo la guerra i gruppi si spinsero anche fino al mare con un autobus. Le feste
non potevano mancare: san Nicola era celebrato ogni anno con solennità, essen-
do una grande festa in Belgio. Già nel primo anno della colonia si realizzò una
piccola festa, alla presenza dei benefattori e dei genitori. Tutti furono contenti,
secondo la cronaca.
Di solito durante l’anno scolastico erano presenti gruppi di bambini e ragaz-
ze, che complessivamente arrivavano a 220. Durante le vacanze si potevano con-
tare 330 fanciulli, provenienti da tutto il paese. Il primo gruppo era di Kortrijk.
Poi si aggiunsero gruppi della provincia di Limburg, dalla città di Antwerpen;
180 sotto la guida del Reverendo don Van Camp, che si avvalse della compa-
gnia di sua sorella infermiera. Da Oostende provenivano bambini che avevano
bisogno di riposo.
Il ritmo della colonia era diverso rispetto a quello di una scuola normale,
perché bisognava lasciare spazio al riposo, alla ginnastica, per ritemprare la salu-
te. Le lezioni, pertanto, duravano fino a sera. Inizialmente la scuola contava cin-
que classi, più tardi se ne aggiunsero altre. Fu sussidiata dal governo dal 1° mag-
gio 1943, così gli insegnanti ricevettero lo stipendio adeguato. Per vario tempo,
essi rimasero anche come interni, in conformità alle esigenze dell’opera. Per
esempio nell’anno scolastico 1943-’44 risultano impegnate nelle varie classi due
suore laureate e sette insegnanti laiche.
Dopo l’emergenza bellica, con la graduale ripresa economica migliorarono le
condizioni di vita anche per i bambini, sicché si costatava che non era più neces-
sario il ritmo serrato di tre mesi di colonia. La situazione in mutamento si riper-
cuoteva in altro modo sui bambini, che avevano sempre più problemi sociali. Al-
l’origine del loro malessere non sempre c’erano problematiche fisiche, quanto
piuttosto le precarie condizioni familiari o sociali. Adattandosi alle esigenze, le
FMA accolsero sempre più anche bambini tipici di un internato tradizionale. Se-
condo il NWK, l’organizzazione che controllava il funzionamento della colonia,
questi fanciulli non potevano avere le lezioni insieme agli ospiti della colonia.
Così nel 1965 le FMA continuarono con l’internato, cambiando parzialmente la
fisionomia originaria dell’opera, secondo le esigenze e le nuove disposizioni.
7. La formazione del personale
Le FMA, supportate dalla signorina Lamoral, si occupavano della formazio-
ne delle religiose e delle educatrici laiche, che provenivano da tutto il Paese per
lavorare nella colonia. Erano ragazze giovani, prive di lauree ma sensibili nei
confronti dei bambini. La maggioranza di esse proveniva dalle scuole salesiane
di Lippelo, Groot-Bijgaarden en Gerdingen. Le educatrici erano tenute all’assi-

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294 Hilde Bosmans
stenza in cortile, in dormitorio, in sala da pranzo o refettorio. Ogni mese era
sviluppato per tutte un tema di argomento educativo. Si verificò così una colla-
borazione intensa tra religiose e ragazze laiche, che condividevano gli stessi valo-
ri e metodi.
Le conferenze sul sistema preventivo erano tratte da Le confrère Salésien25, un
manuale scritto dall’autorevole don Scaloni26. Nella cronaca del 24 novembre
1942 si annotava: “La direttrice offre un commento sul sistema preventivo, trat-
to dal libro «Le jeune confrère Salésien»”; 24 ottobre 1942: “Conferenza sul si-
stema preventivo”; 22 dicembre 1942: “Conferenza sul sistema preventivo, pre-
sa dal libro «Le confrère Salésien»”; 10 settembre 1957: “La superiora spiega
l’importanza di adattare il sistema preventivo ai bambini della colonia, guardan-
do tutti i vantaggi dei bambini”; 26 settembre 1957: “Conferenza sulla gioia
nell’educazione”. Trattandosi del 1942, anno del cambiamento d’impostazione
dell’opera, si arguisce la preoccupazione della direttrice di conservare lo spirito e
il metodo educativo salesiano, comunicandolo anche alle nuove collaboratrici
laiche. Dalla cronaca non si evince la continuità di tali conferenze negli anni
successivi, mentre si appuntano in modo più sporadico.
Talvolta la trattazione di un argomento formativo era affidata a una persona
esterna. Per esempio un ispettore scolastico, il signor Moerman, offrì una confe-
renza per le insegnanti della scuola materna ed elementare sul comportamento
dei fanciulli fuori e dentro la classe27.
Le educatrici, religiose e laiche, si recavano anche a incontri formativi orga-
nizzati da altre religiose, mostrando così una certa apertura al territorio e alla
collaborazione. Nella stessa direzione va segnalato l’influsso della signorina La-
moral, che creò delle possibilità grazie alla sua cultura, per esempio condusse
due FMA con la sua macchina a Brugge, dove si teneva un corso di pedagogia.
Procurò altresì per le religiose dei libri utili. Nella cronaca del 23 settembre
1957 leggiamo: “Sr Rika [Martens] e sr Agnes [Deraeve] partono per Brugge,
dove rimarrano fino a mercoledì per completare gli esami sui corsi della pedago-
gia, seguito durante l’anno passato”28.
Per i bambini la signorina Lamoral affittò dei film, arricchendo le consuete
attività del tempo libero in modo piacevole. Inoltre, nel 1957 si organizzò in ca-
sa un corso di animazione per le educatrici, proprio con lo scopo di migliorare
le attività extra scolastiche. Per un periodo di otto settimane ogni lunedì sera
operava un’organizzazione sotto la guida di un sacerdote. Nel 1958 si riprese il
corso. L’anno successivo i salesiani insieme alle FMA organizzarono loro stessi il
corso, ottennero il riconoscimento dello stato ed i partecipanti ricevettero un
certificato legale.
25 Cronaca Sint Anna Kortrijk, dicembre 1942.
26 Cf Francesco SCALONI, Manuel des jeunes confrères qui débutent dans l’Apostolat Salé-
sien. Liège 1910.
27 Cronaca Sint Anna Kortrijk, 19 dicembre 1949.
28 Ibid., 23 settembre 1957.

30.5 Page 295

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La trasformazione dell’opera delle FMA a Kortrijk (Belgio) 295
Nel 1956 la signorina Lamoral prese la decisione di far realizzare un film-do-
cumentario sulla colonia per poter fare pubblicità all’opera29.
8. I bambini ebrei nascosti nella colonia
Durante la seconda guerra mondiale tanti istituti cattolici nascosero dei
bambini ebrei nelle scuole, nei collegi e negli istituti di carattere assistenziale.
Essi ricevevano di solito un nome falso. A Kortrijk, S. Anna, c’erano 11 fanciul-
li. Sr. Agnes Deraeve, in quel momento istitutrice ancora laica nella scuola, rac-
contava di aver sentito dire che tra i bambini c’erano degli ebrei in incognita.
Per evitare i rischi si manteneva la notizia segreta.
L’organizzazione che in Belgio si occupava di quest’emergenza era formata da
vari soggetti: vescovi, il padre Bruno Reynders (benedettino), ma anche il NWK
sotto la direzione della signora Yvonne Nevejean. Nel libro su padre Bruno Reyn-
ders è attestata la sua collaborazione con tanti istituti cattolici, tra cui sono nomi-
nate anche le suore di don Bosco a Courtrai30. La maggioranza dei bambini ebrei
furono mandati presso la colonia da padre Reynders in collaborazione con la si-
gnora Nevejean. Un ragazzo, Henri Izbicki, fu inviato direttamente dalla famiglia.
I nomi dei bambini ospiti ebrei conosciuti sono: Alphonse Buchwalter (Al-
phons Van Hoof ), Ignace Buksbaum, Jozef Dutkievicz, Leon Fisseler, Henri
Florman, Henri Izbicki (Jacobs Henri), Manfred Kirsch (Kint Marcel), Henri
Olszyn (Olbrechts Henri), Oscar Schreiter, Kurt Wallach (Leroy Pierre), Paul
Zylberminc (Silvers Paul)31. Una testimonianza di Paul Zylberminc nel libro su
padre Reynders attestava la sua presenza a Kortrijk:
“[…] peu après cette première rencontre, le Père Bruno, toujours vêtu de sa robe
brune, m’escorta moi et deux autres garçons, de Bruxelles a Courtrai. Nous prîmes
le train et, de Courtrai, nous gagnâmes un village proche où se trouvait un couvent.
Il s’agissait du couvent des Sœurs de Don Bosco qui abritait une école pour les gar-
çons de familles défavorisées. Notre voyage fut tout à fait normal. Je portais mainte-
nant un nom flamand, Zegers. Le Père Bruno nous avertit de tout faire pour éviter
d’attirer l’attention. Il nous raconta une histoire qui devrait nous servir de couvertu-
re. Nous étions des enfants sous-alimentés venant de la ville allant se refaire une san-
té au couvent des Sœurs de Don Bosco. En dépit de toutes ses précautions, l’éven-
tualité d’être découverts subsistait. J’étais convaincu que nous étions épiés par des
Nazis soupçonneux traînant des gares mais l’assurance tranquille du Père Bruno
m’apporta la sécurité qui me manquait. Après un bref séjour au couvent de Don
Bosco, les «enfants de la ville» furent conduits vers une autre école de Sœurs, afin de
ne pas éveiller les soupçons de la population locale. Cette école était plus grande 32.
29 Una copia su video e dvd è nell’archivio della casa di Kortrijk, Sint Anna. La regista
e la produzione del film non sono più conosciuti.
30 Johannes BLUM (ed.), Resistance, Père Bruno Reyners, juste des nations. [S.l.], Les Car-
refours de la cité 1993.
31 S. BRACHFELD, Ils ont survécu…, p. 218.
32 J. BLUM, Resistance…, p. 251.

30.6 Page 296

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296 Hilde Bosmans
Nessuno di quei bambini fu scoperto e catturato durante il soggiorno a Kor-
trijk. Sappiamo che sotto falso nome facevano tutto come gli altri bambini, in-
cluse le pratiche religiose, eccetto la comunione e la confessione.
Padre Bruno Reynders riuscì a conservare tutte le informazioni raccolte per-
sonalmente riguardo ai bambini. Dietro il nome di Oscar Schreiter possiamo
leggere che le suore chiesero di riprenderlo dopo qualche mese a motivo del
“cattivo esempio”. Potrebbe anche essere che per l’indisciplina sarebbe stato
troppo difficile tentare di nasconderlo.
Quattro ragazzi rimasero solo un mese; un ragazzo per qualche mese. Tutti
erano arrivati alla fine del 1943, nel mese di settembre o di ottobre.
Dopo la guerra tutti ritornarono in famiglia o almeno con i parenti supersti-
ti. Secondo la testimonianza di una educatrice, alcuni incontri tra genitori e figli
furono accompagnati sempre da molta prudenza:
“Un giorno facemmo passeggio e nella chiesa di Aalbeke un uomo avvicinò il grup-
po, si diresse verso un ragazzo e disse con un accento tedesco: «Mio piccolo Isi,
mio piccolo Isi». Il piccolo non capì bene. La superiora disse: «Forse sarà il padre,
ma il ragazzo deve tornare con noi». Poi l’uomo raccontò in una mescolanza di
francese e tedesco che era tornato a Kortrijk per cercare il figlio. Sapendo che il
gruppo era in giro, si mise a cercarlo. Tornati a casa, ci mettemmo insieme, stu-
diammo i documenti e la stessa sera il piccolo «Isi» tornò a casa”23.
Conclusione
L’opera delle FMA a Kortrijk si trasformò durante la seconda guerra mon-
diale in una colonia per bambini sfavoriti, rispondendo alle esigenze assistenziali
del momento, ma senza rinunciare al sistema preventivo. Tanti bambini durante
e dopo la guerra passarono in quel centro, finanziato dallo stato, che conservò la
preferenza per bambini disagiati anche nel dopoguerra. L’opera si caratterizzò
come un luogo dove non soltanto le religiose, ma anche tante laiche educatrici e
insegnanti ebbero occasione di sperimentare che valeva la pena impegnarsi per
l’educazione, dando origine a una stretta collaborazione che non era del tutto
frequente all’epoca. Tante vocazioni per l’Istituto delle FMA trassero origine in
quegli anni tra le ragazze che collaboravano nella colonia e sperimentavano lo
stile educativo salesiano.
La colonia si sviluppò in stretta collaborazione e sotto la guida della signori-
na Lamoral. La scuola ebbe sempre una suora come direttrice, sicché dovette
collaborare strettamente con la benefattrice che abitava presso la comunità reli-
giosa. Nel 1965 la colonia si trasformava di nuovo in un internato, tornando al
carattere originario.
33 Sylvain BRACHFELD, Ze hebben het overleefd. Brussel, VUB press 1997, pp. 171-172.

30.7 Page 297

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LE FMA DI
GUERRA E
SDIECLILDIAO:PEODGUUCEARTRRIACI(1N9E4L3-L1’E94M9E)*RGENZA
DELLA
Maria Concetta Ventura*
Introduzione
La Sicilia non conobbe gli orrori della guerra civile che devastò l’Italia
continentale, ma subì pesantissimi bombardamenti prima e durante lo sbarco
degli Alleati con le conseguenti distruzioni e vittime civili1. Le sue maggiori
città furono tra quelle che dovettero sopportare il più elevato numero di
bombardamenti dal 1940 al 1943 (63 Catania; 50 Messina e Palermo). La
popolazione risentì, inoltre, gravemente delle numerose perdite di militari sui
vari fronti.
Il fenomeno dei profughi2, dei senza tetto, dei bambini della strada segnò
anche questa terra e trovò le FMA quasi sempre in prima fila per garantire assi-
stenza e sostegno a tutti i livelli, nonostante i danni subiti dalle loro case e il tri-
buto di sangue pagato a Catania e a Palermo3.
La consultazione dei documenti di archivio ha consentito una buona rico-
struzione delle preoccupazioni educative e caritative delle FMA nell’Isola tra il
1943 e il 1949.
Dedicheremo, quindi, un primo paragrafo alla descrizione delle attività me-
glio documentate per le varie case, poi uno alle colonie estive ed infine rivolge-
remo un’attenzione specifica alle opere per le cosiddette bambine della strada
nella casa ispettoriale di Catania e a Palermo, attraverso il coordinamento degli
Oratori arcivescovili affidato dal cardinale Ruffini4 alle FMA.
Ci siamo serviti, come fonti, delle Cronache e di altri documenti cartacei5,
soprattutto delle case più grandi (Catania, Messina, Palermo), dei verbali dei
* Figlia di Maria Ausiliatrice, docente e preside della scuola media superiore a Catania.
1 Circa 40000.
2 Provenienti anche dall’Italia continentale dove la guerra ancora infuriava.
3 Furono vittime di bombardamenti Sr. Antonina De Pasquale (direttrice) e sr. Concettina
Pitino (temporanea) a Palermo Arenella (22/02/1943) e sr. Vincenza Antoci (temporanea), a
Catania San Filippo Neri, via Teatro Greco (16/04/1943).
4 San Benedetto Po 19/01/1888 – Palermo 11/06/1967. Arcivescovo di Palermo dal
1945 alla morte. Cardinale dal 1946.
5 Cenni del repertorio estivo e Breve relazione sull’attività oratoriana e catechistica svolta
nel periodo estivo 1948 (Catania, Maria Ausiliatrice).

30.8 Page 298

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298 Maria Concetta Ventura
due consigli ispettoriali e di circolari dell’ispettrice di Catania, sr. Teresa Grazia-
no (1891-1960), di quotidiani locali6, del Bollettino Ecclesiastico di Catania, del-
la documentazione inviata dalle due Ispettorie per la Mostra della Carità e cu-
stodita nell’Archivio Generale delle FMA, delle biografie delle consorelle che
operarono a Palermo ed infine di alcune lettere di sr. Maria Pantaloni7. Non è
stato possibile consultare, a causa delle limitazioni all’accesso poste dalla Scuola
di Servizio Sociale Santa Silvia, che la custodisce, la tesi di diploma di Rosa
Bianchini Gli oratori arcivescovili e il loro contributo nella lotta contro l’analfabeti-
smo. Dall’indice non è possibile rilevare se essa fornisce informazioni specifiche
sull’attività svolta dalle FMA nel loro ambito.
La tesi di diploma di sr. Maria Pantaloni L’organizzazione delle Colonie resta
nel generale e non fa alcun riferimento all’esperienza diretta, anche se è possibile
intuirla sullo sfondo.
Infine, non è stato, purtroppo, possibile consultare la documentazione inedi-
ta presente presso gli archivi diocesani, perché non è ancora trascorso il periodo
richiesto per la sua disponibilità al pubblico.
1. Le attività educative ed assistenziali nelle varie case dell’Isola
Negli anni della seconda guerra mondiale e del dopoguerra i molteplici biso-
gni del tempo spinsero le FMA siciliane a sostenere ed animare attività caritative
e pastorali.
A Catania Maria Ausiliatrice e a Messina Don Bosco, requisiti per essere adi-
biti ad infermerie ed ospedali militari, si prestò l’opera tra i giovani soldati ma-
lati e/o feriti, preoccupandosi della loro vita spirituale, facendo da mamme e da
sorelle in ore particolarmente difficili e, in molti casi, nel passaggio alla vita
eterna.
Nella casa di Messina, che fungeva da ospedale di primo soccorso
(09/07/1940-30/03/1942), le suore furono occupate accanto a militari grave-
mente feriti e moribondi e, spesso, furono le uniche persone ad accompagnarne
le salme al cimitero dopo la morte.
In quella di Catania, che, invece, accolse un’infermeria presidiaria (aprile-
agosto 1943), l’attività pastorale fu rivolta ad aiutare quei giovani a ritornare alla
pratica religiosa o ad intensificarla, istituendo addirittura un catechismo setti-
manale per loro. Pur nella necessità di tenere prudentemente separati gli ospiti
dalle studenti interne ed esterne, la cappella fu sempre a loro disposizione per le
cerimonie religiose, le suore si prestarono talvolta ad animarle e i militari, da
parte loro, ricambiarono il servizio accompagnando con la banda le celebrazioni
liturgiche in occasione delle feste più importanti.
6 Purtroppo l’attività delle FMA non viene quasi presa in considerazione, gli accenni
sono alle attività svolte dai vari comitati o dagli Arcivescovi e qualche volta dai Salesiani, si
parla delle suore solo di sfuggita.
7 AGFMA 611 scat lettere di sr. Maria Pantaloni.

30.9 Page 299

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Le FMA di Sicilia: educatrici nell’emergenza della guerra e del dopo guerra (1943-1949) 299
Ancora a Messina si registra l’ospitalità a bambine rimaste senza genitori per
gli eventi bellici e ad intere famiglie senza casa o terrorizzate per i bombarda-
menti che infuriavano sulla città. Per queste ultime fu addirittura istituito un re-
golare catechismo tutte le sere, della durata di mezz’ora.
Le relazioni inviate al Consiglio Generale, per la Mostra delle carità8, dalle
case delle due ispettorie sicule9 sulle opere di carità attivate nell’immediato do-
poguerra permettono di cogliere la molteplicità degli interventi e la tempestivi-
tà con cui si cercava di venire incontro ai bisogni man mano che essi si manife-
stavano.
Sorsero, in rapida successione, asili gratuiti con refezione calda, opere educa-
tive per le figlie della strada e per giovani donne incinte, colonie estive, laborato-
ri gratuiti, furono potenziati gli oratori. Dopo l’occupazione si garantì una pre-
senza caritativa e pastorale anche presso i campi profughi.
Furono frequenti le distribuzioni di cibo, vestiti e altri generi di prima neces-
sità a bambini e famiglie in particolare condizione di bisogno.
Offriamo, prima di descriverne alcune tra le più diffuse, una breve panora-
mica delle attività nelle due ispettorie e una valutazione approssimativa delle
persone raggiunte in totale.
OPERE
Orfane
Bimbi scuola materna
Bambini scuole elementari
Bambini dopo scuola
Alunne laboratori
Oratoriane
Alunne catechismi parrocchiali
Alunne scuole popolari
Bimbe colonie estive
Beneficate mense caritative
PERIODO
1939-1949
1939-1949
1939-1949
1939-1949
1939-1949
1939-1949
1939-1949
1945-1949
1945-1949
1945-1949
PERSONE
963
48400
27350
7250
16100
69598
67200
950
22330
17875
1.1. Cucine economiche
Le condizioni di vita degli abitanti dei maggiori centri siciliani si deterio-
rarono rapidamente, anche in conseguenza del richiamo alle armi degli uo-
8 AGFMA Ispettoria Sicula “S. Giuseppe” Catania 1939-1949. Opere Caritative e Ispet-
toria “Madonna della Lettera” Messina. Mostra della Carità. Relazioni 1946-1949.
9 S. Giuseppe con sede a Catania e Madonna della Lettera con sede a Messina, sorta nel
1946.

30.10 Page 300

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300 Maria Concetta Ventura
mini validi e dei danni dei bombardamenti iniziati pochi giorni dopo l’entra-
ta in guerra dell’Italia (20 giugno 1940), pertanto fu necessario provvedere
urgentemente a garantire il cibo almeno una volta al giorno ai più poveri. Il
quotidiano locale La Sicilia comunica che a Catania nel 1946 si venne in-
contro con le cucine economiche ai bisogni di 12000 poveri e si garantì la
colonia estiva a 9000 bambini, per una spesa complessiva di circa nove milio-
ni di lire10.
In molte città e paesi furono attivate, con le dotazioni dell’UNRRA11 e beni
provenienti dalla beneficenza privata e della Chiesa, mense per i poveri.
Le FMA aderirono fin dall’inizio a tali attività, accogliendo poveri di tutte le
età, ma con un’attenzione privilegiata per le fanciulle e le mamme. Gestirono
cucine economiche, refettori materni, mense per allievi delle scuole elementari
statali della città o del quartiere. In tutte queste attività si impegnarono a donare
“col cibo materiale anche quello spirituale, ridestando negli adulti l’affievolita o
perduta fede e preparando i piccoli alla prima Comunione”12.
Non mancarono qua e là episodi davvero commoventi di bimbe che rinun-
ciavano, almeno in parte, al loro pasto per poter portare qualcosa alla mamma e
agli altri membri della famiglia.
La Relazione per la Mostra della Carità dell’Ispettoria sicula S. Giuseppe parla
di 2500 razioni giornaliere, arrivate a 5000 nell’immediato dopoguerra.
Quasi dovunque in occasione di festività religiose ci si organizzava per poter
donare un buon pasto alle oratoriane più povere.
Col passare del tempo si legò la distribuzione di pane o altri alimenti e di ve-
stiti alla frequenza all’oratorio e alla partecipazione alle celebrazioni liturgiche,
per garantire una continuità negli aiuti e, al tempo stesso, assicurare una solida
formazione cristiana a chi li riceveva.
A Catania, le suore del Maria Ausiliatrice, con alcune exallieve, tutte le do-
meniche, si recavano nelle due parrocchie più vicine per assistere, durante la
Santa Messa, celebrata apposta per loro, centinaia di bimbe lacere, a cui, al ter-
mine, distribuivano un tagliando che dava loro il diritto di ricevere nel pome-
riggio una pagnottella, se si recavano all’Oratorio.
Fra i primi interventi a favore dei civili che soffrivano le conseguenze della
condizione bellica è da porre, inoltre, l’apertura di numerosi asili infantili con
refezione calda a pranzo e, spesso, anche latte a colazione.
Dalla documentazione appare evidente la preoccupazione perché questi pic-
coli avessero tutto quanto era necessario per la loro formazione umana e cristia-
na: l’ispettrice13 raccomandò che l’attrezzatura fosse adeguata allo svolgimento
10 Equivalenti a circa e 252000,00.
11 United Nations Relief and Rehabilitation Administration.
12 in AGFMA Ispettoria Sicula “S. Giuseppe” – Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice.
Relazione dei danni subiti dalle case dell’Ispettoria durante al guerra 1940-1945. Opera di ca-
rità e di soccorso svolta dalle Suore. Prove di singolare protezione celeste.
13 Verbale consiglio locale dell’Istituto Maria Ausiliatrice di Catania del 18/02/1951.

31 Pages 301-310

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31.1 Page 301

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Le FMA di Sicilia: educatrici nell’emergenza della guerra e del dopo guerra (1943-1949) 301
dell’attività scolastica, la preparazione del vitto accurata e la pulizia degli am-
bienti ben curata.
Nel corso della guerra e nell’immediato dopoguerra si potenziarono gli inter-
nati assistenziali per un totale di 963 orfane. Il 23 maggio1949 le ospiti di quel-
li della zona di Catania si radunarono nella casa ispettoriale per una giornata di
festa e di ringraziamento ai benefattori. Le bambine, man mano che arrivavano,
ricevettero una brioche, poi furono condotte a visitare la città, quindi si raduna-
rono per il pranzo.
Nel pomeriggio si svolse l’accademia preparata, in parte, da loro stesse. Il
gruppo di Acireale presentò un canto ed un breve dialogo, gli altri poesie e dia-
loghi. Le allieve dell’Istituto ospitante presentarono l’operetta La Madonna del
Nido14.
La compresenza nelle stesse case di bambine poverissime e di allieve dei vari
gradi di scuola, più agiate, diventò opportunità anche per educare queste ultime
alla carità invitandole a provvedere beni di prima necessità per le altre, impe-
gnandole nel doposcuola, a farsi in qualche modo madrina di una di loro… A
Caltagirone, alcune allieve divennero addirittura madrine di Cresima di orato-
riane, di cui poi continuarono a prendersi cura.
1.2. Colonie estive
Le condizioni di vita salubri, garantite ai bambini durante l’anno scolastico,
avrebbero potuto essere vanificate nei loro effetti, fisici e morali, se durante le
vacanze estive essi fossero rimasti abbandonati a se stessi, a vagare per le strade e
a contendere il pane ai cani randagi. Le autorità civili si preoccuparono pertanto
di organizzare delle colonie estive, dove i bambini poveri potessero ricevere cure,
attenzioni, occasioni di svago e cibo adeguato ai loro bisogni.
Abbiamo notizie frammentarie per gli anni della guerra e dell’immediato do-
poguerra, la documentazione completa per l’estate 1948.
A Catania, già durante la guerra, finito l’anno scolastico, ci si era impegnate
nell’oratorio quotidiano, a cui erano state invitate fanciulle e giovani fino ai
vent’anni per l’istruzione catechistica, qualche ora di scuola, esercitazioni di ta-
glio e cucito, giochi e canti ricreativi; a sera, recita del S. Rosario. Nei mesi di
settembre e ottobre 1943, 400 bambine, indirizzate dalle parrocchie, prima del-
le attività oratoriane, ricevettero latte, pane e minestra.
Nel 1948, in provincia di Catania, la Prefettura promosse le cosiddette colo-
nie e le affidò in parte ad associazioni di laici e in parte all’ispettoria salesiana
SDB e alla nostra, nelle altre province promotori furono vari Enti che chiesero
la collaborazione delle FMA.
In ciascuna casa si tennero due turni di colonia (15 luglio-15 agosto e 15 ago-
sto-15 settembre) con numeri di bambine proporzionato agli spazi disponibili:
14 Parole di Uguccioni e musica di don Cimatti.

31.2 Page 302

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302 Maria Concetta Ventura
Acireale Spirito Santo (CT)
50
Biancavilla (CT)
100
Bronte Collegio (CT)
400
Calatabiano (CT)
50
Catania Maria Ausiliatrice
300
Catania Barriera
100
Mascali (CT)
150
Pachino (SR)
150
Pedara (CT)
150
Piedimonte (CT)
150
Pozzallo (RG)
200
San Gregorio (CT)
100
Trecastagni (CT)
200
Viagrande (CT)
50
Riportiamo l’orario tipo fornito dall’Ispettoria, che, pur con le modifiche ap-
portate nelle varie case e nel succedersi degli anni, permette di capire meglio la
natura di questo intervento educativo:
Ore 18,00-9,00
Ore 19,00-10,00
Ore 10,00-11,00
Ore 11,00-12,30
Ore 12,30-14,00
Ore 14,00-15,30
Ore 15,30-16,00
Ore 16,00-16,30
Ore 16,30-17,00
Ore 17,00-18,00
entrata e preghiere
colazione, ricreazione, visita igienica
religione, educazione morale
lavoro
pranzo e ricreazione
riposo
ginnastica
canto
merenda
ricreazione, preghiere, uscita
In una circolare del 13 luglio 1949 l’ispettrice, sr. Teresa Graziano, racco-
manda di non preoccuparsi eccessivamente della riuscita del saggio ginnico fina-
le, ma di curare con particolare attenzione l’educazione morale e religiosa delle
bambine, attraverso l’insegnamento del catechismo. Anzi promette di donare a
tutte le assistenti delle colonie un Catechismo mariano15 da far studiare alle fan-
ciulle, come omaggio alla Madonna nell’anno mariano.
15 Nonostante le ricerche compiute non è stato possibile reperirne alcuna copia.

31.3 Page 303

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Le FMA di Sicilia: educatrici nell’emergenza della guerra e del dopo guerra (1943-1949) 303
Le colonie erano riservate a bimbe dai 6 ai 12 anni di età, che potevano par-
tecipare ad un solo turno ciascuna, probabilmente per accogliere un maggior
numero di fanciulle.
Da una relazione sull’attività oratoriana e catechistica svolta nel 194816 sap-
piamo che presso l’Istituto Maria Ausiliatrice di Catania alcune destinatarie del
primo turno chiesero di poter tornare anche per il secondo sia pure con orario
ridotto (non potevano usufruire dei pasti gratuiti) pur di restare con le suore.
I Cenni del repertorio estivo riportano una simpatica battuta di una bambina
di circa sette anni: “Quannu è tempu di iri a casa, iu m’ammucciu e restu cca,
na stu beddu colleggiu!”17.
La relazione elenca le attività spirituali (catechismo quotidiano, con premi e
ricordini, preparazione alla Prima Comunione, una giornata dedicata alla Ma-
donna, opportunità di confessione la domenica, nei primi venerdì, il 24 e nelle
feste) e più ampiamente educative e ricreative (un’ora giornaliera di lavoro18, le-
zioni di grammatica e di aritmetica, esercitazioni di canto e di ginnastica, pas-
seggiate ordinarie e straordinarie anche fuori città, proiezione di film).
I risultati appaiono molto buoni: si narra che le bambine, durante le ore di gio-
co, si recavano in cappella spontaneamente per una breve ma fervorosa preghiera e
che alcune erano capaci di compiere piccoli sacrifici a favore delle più povere.
Si annota, infine, che l’esperienza della colonia estiva servì per affezionare al-
la casa molte di quelle bambine e per indurle poi alla frequenza dell’oratorio
lungo tutto l’anno.
Nel 1949 dodici19 (o secondo un’altra fonte20 sedici) bambine, a conclusione
della colonia, fecero la Prima Comunione.
1.3. … e i maschietti?
Pur non essendo destinatari ordinari delle attività delle FMA, a Bronte nel
secondo e terzo turno di colonia dell’estate 1948, ci si occupò anche dei ma-
schietti (300 al secondo turno e 250 al terzo).
Le suore si trovarono di fronte a bimbi abituati alla bestemmia e al turpilo-
quio, non di rado già corrotti, dovettero perciò escogitare strategie per aiutarli a
migliorarsi. Cominciarono con l’imporre un regolamento rigido che vietava as-
solutamente le bestemmie, le parolacce, le azioni immorali e le zuffe. Per evitare
16 Archivio IMA CT Breve relazione dell’attività oratoriana e catechistica svolta nel periodo
estivo 1948.
17 Quando è tempo di tornare a casa, io mi nascondo e resto qua, in questo bel collegio!
18 Piccoli lavori di ricamo (collettini, fazzolettini, centrini, bavaglini…), presentati poi
in una mostra conclusiva e che ciascuna portò a casa.
19 Archivio IMA CT I Cenni del repertorio estivo, pongono queste prime comunioni il
12 settembre 1947; la cronaca dell’Istituto Maria Ausiliatrice riporta l’altra cifra alla data
dell’8 settembre 1947.
20 Cronaca dell’Istituto Maria Ausiliatrice di Catania.

31.4 Page 304

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304 Maria Concetta Ventura
che questo potesse creare un clima troppo pesante e provocare l’abbandono del-
la presenza da parte dei più restii a sottomettersi, la cura di farlo rispettare fu af-
fidata agli stessi fanciulli. Si istituì a tal fine un tribunale con un sindaco e sei
consiglieri scelti tra i ragazzi migliori, che avevano il compito di punire le tra-
sgressioni. Il miglioramento fu tanto evidente che nell’ultima seduta del tribu-
nale non ci fu più alcuna trasgressione da punire!
A conclusione del terzo turno si diede un saggio ginnico nella piazza del
paese e si premiò il bambino che aveva fatto da sindaco della colonia, perché
aveva salvato un bimbo di tre anni che rischiava di finire sotto una littorina
della Circumetnea21.
1.4. Opere “provvisorie”
Nel marzo 1942 i bombardamenti, particolarmente intensi sulla città di
Messina, costrinsero la comunità dell’Istituto Don Bosco a lasciare la città e a tra-
sferirsi in un paesino di montagna, Lìmina, dove trovarono ospitalità, come tan-
ti altri sfollati. Ivi aprirono gratuitamente asilo infantile, scuola elementare, la-
boratorio e oratorio. I paesani le compensavano con i frutti della terra.
Le suore si accorsero della profonda ignoranza religiosa degli abitanti e si
diedero immediatamente da fare, collaborando col Parroco. In pochi mesi il
cambiamento fu radicale: la gente riprese a frequentare la Messa domenicale e la
Mensa eucaristica, si poterono celebrare le prime Comunioni, sorsero alcune vo-
cazioni sacerdotali e religiose, fino all’entrata di quattro giovanetti in Seminario.
Purtroppo le incipienti vocazioni femminili non poterono svilupparsi per le
condizioni culturali del luogo, che determinavano per le ragazze una condizione
di quasi schiavitù in famiglia. Fu, infine, possibile far nascere una sezione di
Azione Cattolica.
Nel 1944 le Suore tornarono a Messina, lasciando nei Liminesi il desiderio
che rimanessero con loro e continuassero la loro azione pastorale, ma non fu
possibile accontentarli.
2. Le “bambine della strada”
Nonostante l’Oratorio avesse preso un volto di assistenza morale e materiale
alle fanciulle povere, in molte città si diede origine ad opere specificamente de-
stinate alle bambine della strada, le più in pericolo, perché prive anche dell’assi-
stenza morale della famiglia. Si trova cenno di tale tipo di impegno a Messina,
Caltagirone (CT), Catania Maria Ausiliatrice e Catania Barriera, Altofonte
(PA), Cammarata (AG), Sant’Agata di Militello (ME), Palermo Arenella, Paler-
mo Sampolo, Palermo Santa Lucia.
21 Tipo di automotrice leggero, utilizzato ancora oggi sulla linea ferroviaria privata che
garantisce il collegamento tra i vari centri esistenti nel territorio dell’Etna, con capolinea a
Catania e a Riposto, frazione di Giarre (CT).

31.5 Page 305

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Le FMA di Sicilia: educatrici nell’emergenza della guerra e del dopo guerra (1943-1949) 305
Più innovativa fu l’opera svolta da un gruppo di quattro FMA a Palermo per
volere dell’Arcivescovo della città, card. E. Ruffini.
Ci soffermiamo brevemente sull’esperienza di Catania, perché la meglio do-
cumentata, e su quella di Palermo per la sua tipicità.
2.1. A Catania
Il 4 maggio 1945 don Berruti (1885-1950)22, nel corso di una visita alla casa
ispettoriale, infervorò le suore perché si prestassero volentieri all’apostolato tra le
bambine più cenciose e abbandonate. Esortò a moltiplicare le attività a tal fine,
ad andare per le strade per cercarle e raccoglierle ed annunciò che, di lì a poco, si
sarebbe iniziata in casa un’opera specifica, anche se ciò avrebbe avuto come con-
seguenza il dover rinunciare un po’ all’ordine e alla pulizia che la caratterizzava.
L’opera fu aperta il 12 settembre 1945, con circa cento fanciulle dai 7 ai 15 an-
ni inviate all’istituto dal Comitato diocesano per le opere caritative; inizialmente
ci si limitò ad impartire loro l’istruzione catechistica e a garantire il pranzo.
Dal gennaio 1947 le bimbe ebbero la giornata ben regolata e organizzata tra
studio, lavoro, istruzione catechistica, canto e ricevettero due refezioni (colazio-
ne e pranzo). La loro assistenza fu affidata a sr. Licia Manzella (1914-1995),
suora “animata di spirito missionario e di molte belle iniziative”23, che fino a
quel momento era stata l’assistente generale delle interne. Ella fu coadiuvata
dalle Postulanti e da qualche altra Suora in funzione del numero di fanciulle ac-
colte, fino a 400, tra cui 30 profughe!
Si riadattarono anche gli ambienti: la veranda che faceva da refettorio alle
bambine del doposcuola venne trasformata in refettorio, laboratorio e scuola
per la nuova attività e le prime si trasferirono nel salone di ricreazione dei bimbi
dell’asilo. Nelle giornate primaverili i pasti si consumavano sotto gli alberi del
giardino interno.
Poiché si trattava di bambine che vivevano per la strada e nei vicoli, ci si
preoccupò anche della pulizia personale e dei vestiti, mediante la visita igienica
quotidiana.
Nell’attenzione ai loro bisogni di divertimento e di movimento le si condu-
ceva spesso a passeggio ai giardini pubblici o in zone verdi della periferia, procu-
rando un adeguato pranzo al sacco.
Questo gruppo di bambine venne presto coinvolto in tutte le attività che si
svolgevano in casa: partecipò, con una rappresentanza, alla giornata diocesana
Pro Pontifice (9 febbraio); assistette, insieme con le alunne interne ed esterne, ad
una conferenza di don Alessi (1906-1995) sul Siam accompagnata dalla proie-
zione di immagini di quel Paese. Al termine il missionario si intrattenne parti-
colarmente con loro.
22 Prefetto Generale e Vicario del Rettor Maggiore dal 1932 alla morte. Meritò il titolo
di padre dei ragazzi di strada.
23 Verbali consiglio IMA 3 gennaio 1947.

31.6 Page 306

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306 Maria Concetta Ventura
Le bimbe della strada parteciparono con quelle della scuola elementare al-
le celebrazioni per l’inizio del mese di maggio e per la festa di Maria Ausilia-
trice.
Si nota un evidente interesse delle autorità per questa attività: il 10 febbraio
1947, la duchessa di Misterbianco (appartenente ad una delle famiglie più nobi-
li della città) si recò a visitare le bambine della strada, il 19 dello stesso mese fu la
volta di un gruppo di altre nobildonne, che lasciarono un’offerta di £ 20.00024,
poi ancora il 27 febbraio si ebbe la visita del Giudice del Tribunale minorile con
un nutrito gruppo di signore e signorine.
Le ultime notizie relative alle bambine della strada sono del 28 giugno 1947,
quando, prima di allontanarsi dalla casa, un gruppo di loro fece la prima comu-
nione. Fu l’occasione per un po’ di festa anche a tavola e per il dono di un vesti-
tino ciascuna.
Per l’anno successivo si ha solo notizia di pranzi di beneficenza, offerti da be-
nefattori (500 bambine il 6 gennaio; 250 il 5 febbraio, festa della Patrona della
città; 700 poveri il 30 marzo, martedì dopo Pasqua).
2.2. A Palermo
Nel 1946 il Cardinale Ernesto Ruffini, arcivescovo di Palermo, preoccu-
pato per le condizioni di abbandono di molti/e bambini/e nella sua città, si
recò a Roma, sapendo di trovarvi la Superiora Generale delle FMA25, per
chiederle di avviare un’opera direttamente dipendente da lui a favore dei
bambini della strada. Le circostanze erano tali da indurre la Madre a rispon-
dere positivamente a tale appello. Ella, di fronte alla dichiarazione della di-
rettrice di Palermo Santa Lucia di non avere personale disponibile26, scelse
quattro suore dell’Ispettoria romana e le inviò in Sicilia. Di esse la più esper-
ta in questo tipo di attività era sr. Maria Pantaloni (1904-1952), che già si
occupava di bambine della strada nella casa di Roma Gesù Nazareno. Con lei
partirono sr. Carolina Senaldi (1885-1971), col compito di direttrice della
nuova comunità, sr. Maria Gambogi (1902-2000) e sr. Maria Resenterra
(1909-1958).
L’elenco generale dell’Istituto delle FMA e la cronaca del Santa Lucia per-
mettono di ipotizzare che siano arrivate a Palermo nel novembre 1946.
Presso l’Archivio Generale delle FMA si trovano due lettere di sr. Maria Panta-
24 Circa e 345,00.
25 Sr. Ermelinda (Linda) Lucotti (1879-1957) superiora generale dal 1943 alla morte.
26 Nella Casa era già attivo un Oratorio che raccoglieva prevalentemente questo gene-
re di fanciulle, a cui si davano l’istruzione religiosa, qualche aiuto in generi alimentari e
vestiario e gli elementi basilari dell’educazione civile. Le più promettenti vennero accolte
gratuitamente a scuola. Dalle lettere di sr. Pantaloni sembra, inoltre, emergere una scarsa
comprensione e coinvolgimento da parte della direttrice e della comunità dell’Istituto
Santa Lucia.

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Le FMA di Sicilia: educatrici nell’emergenza della guerra e del dopo guerra (1943-1949) 307
loni alla Madre Generale27 e due alla Consigliera per gli studi28, che narrano le vi-
cissitudini degli inizi e mettono in luce la paternità sollecita del cardinale, il quale
le fece affiancare da uno dei suoi segretari nella ricerca degli ambienti più adatti ad
accogliere i figli/e della strada e per convincere dell’opportunità dell’opera benefica
alcune religiose recalcitranti: erano locali di parrocchie, di istituti religiosi, di con-
venti, vecchie chiese chiuse, spesso poverissimi, malandati, semidistrutti dai bom-
bardamenti, privi dei servizi igienici. Fu necessario peregrinare da un ufficio all’al-
tro per ottenere che venissero riadattati, che fossero concessi banchi, sedie, tavoli…
Le suore provenienti da Roma, oltre al compito organizzativo, si assunsero
quello di cercare i bambini e di allettarli alla frequenza. Per questo motivo gira-
vano per la città e avvicinavano i piccoli ciccaroli29 e venditori di tabacco, do-
nando loro quell’attenzione e quel calore di cui avevano estremo bisogno e desi-
derio. Nel parlare di loro sr. Pantaloni sfiora la poesia:
“Quando ci vedono da lontano cominciano a venirci incontro. Poveri piccoli, che
han fame e innocenza negli occhi! […] Nessuno ha mai detto loro una buona pa-
rola, nessuno li guarda. Essi passano tra la folla elegante, scalzi e semi coperti di
stracci, davanti a vetrine strapiene di dolci, e nessuno si cura di loro. I luoghi di di-
vertimento ed i bar rigurgitano di gaudenti […] ed essi fuori dalla porta, spesso
con un ditino in bocca, guardano, implorano con gli occhietti […] ma chi bada al
loro sguardo senza sorriso, ai loro visetti pallidi, alle loro gambette esili? […] Il Si-
gnore ci aiuti a far loro del bene!”30.
L’attività, iniziata il 2 gennaio con tre centri per un totale di 300 bambine31 e
100 bambini32, già il 20 gennaio contava 12 centri e nei mesi successivi si arrivò
a 24. In essi operavano, insieme con i religiosi/e dei vari Istituti, anche laici/e,
alcuni volontari, altri modestamente retribuiti dal cardinale. Alle FMA era affi-
dato il compito di vegliare su tutto, di organizzare tutto, di guidare e orientare i
laici, di sbrigare le necessarie pratiche presso gli uffici pubblici per ottenere ali-
menti, suppellettili, libri, quaderni…
Nell’ambito di questo compito sr. Maria Pantaloni stese un programma e un
orario33 per le scuole destinate ai bambini/e della strada, che presero poi il nome
di Oratori arcivescovili.
Si era inizialmente previsto di accudire i bambini per l’intera giornata, ma la
cosa risultò impossibile perché l’UNRRA dava per loro la pasta, ma non il pane
27 1° gennaio e 6 giugno 1947.
28 Sr. Angela Vespa (1887-1969; consigliera per gli studi dal 1937 al 1958; superiora
generale dal 1958 al gennaio 1969). Lettere del 20 gennaio e del 12 aprile 1947.
29 Bambini che raccoglievano cicche di sigarette per aprirle, ricavarne il tabacco ed ot-
tenerne nuove sigarette da vendere.
30 Lettera a Madre Angela Vespa del 20 gennaio 1947.
31 200 presso le Suore Domenicane e 100 presso la Casa Generalizia delle Suore del
Boccone del Povero.
32 Presso la chiesa di San Gregorio al Capo, retta dai Francescani.
33 Purtroppo non pervenutici.

31.8 Page 308

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308 Maria Concetta Ventura
e si decise di limitarsi a 3-4 ore al giorno, garantendo la colazione a base di latte
e, a pranzo, minestra e pietanza.
Il desiderio delle Suore rimase però quello di poterli trattenere per l’intera
giornata, così che restassero lontani dalla strada e potessero anche imparare un
mestiere nelle ore pomeridiane. A tal fine si rivolsero anche alle autorità nazio-
nali che già davano sussidi ai Salesiani per opere simili34, si fecero assegnare scar-
ti di indumenti dall’ENDSI35 e non si risparmiarono per scegliere quelli ancora
in buone condizioni, riadattarli, lavarli. Grazie a questa fatica, in occasione della
festa del Corpus Domini, 3600 bambine poterono partecipare, pulite e ordinate,
alla processione cittadina.
Nella prima fase furono affidate alle FMA anche le scuole maschili, in atte-
sa che potessero essere seguite dai Figli di Don Orione, giunti in un secondo
tempo.
Sr. Maria Pantaloni appare attenta a documentare quanto si andava facendo:
provvide, ad esempio, che si facessero i gruppi fotografici delle bambine al loro
primo arrivo e più tardi per avere la testimonianza visibile del lavoro fatto per la
loro civilizzazione36.
Nelle lettere si parla di speranza di aprire un’opera delle FMA, prima alla Zisa37,
poi in via Oreto38, infine l’opera fu avviata in ambienti concessi dall’Arcivescovo
nei pressi della Cattedrale ed appartenenti all’Azione Cattolica. La casa, che prese il
nome dell’Angelo Custode, si articolava su due piani, con sei o sette stanze utilizzabi-
li come aule ed altre otto o nove più piccole ed aveva anche un grande cortile ed un
orticello con alberi da frutto. Essa ebbe, purtroppo, vita breve: risulta nell’elenco
generale solo dal 1949 al 1951. In quell’anno gli Oratori arcivescovili di Palermo fu-
rono affidati ad un gruppo di laiche consacrate, seguite dallo stesso Arcivescovo,
che, alla fondazione come società di vita consacrata (1954), presero il nome di Assi-
stenti Sociali Missionarie39.
Nel passaggio alla nuova sede si ebbe anche qualche avvicendamento tra le
Suore. Nel 1950 sr. Maria Resenterra fu sostituita da sr. Letizia Di Bella (ancora
vivente)40 e sr. Gambogi da sr. Luigina Ioppolo (1904-1986).
Oltre le opere preventivate (asilo infantile a pagamento, per mantenersi, al-
cune classi degli Oratori arcivescovili e Oratorio), se ne avviò una a favore di
donne abbandonate dai mariti o con i mariti in carcere, ragazze madri, analfabe-
te, disoccupate. Si insegnava loro taglio e cucito e le si aiutava a trovare oneste
34 £ 33 al giorno per ciascun bambino (= circa e 0,50). Nello stesso periodo la retta
per ciascun bambino in colonia era di £ 200 al giorno (= e 3,06).
35 Ente Nazionale per il Soccorso in Italia.
36 Purtroppo non è stato possibile reperire queste fotografie.
37 Quartiere molto popolare.
38 Altra zona popolare all’ingresso della città, a poche centinaia di metri dalla stazione
ferroviaria.
39 Oggi Società di Servizio Sociale Missionario.
40 Ne abbiamo potuto ottenere una breve testimonianza sulle persone e le attività.

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Le FMA di Sicilia: educatrici nell’emergenza della guerra e del dopo guerra (1943-1949) 309
fonti di sostentamento per sé e per i figli. Si coglieva, naturalmente, anche l’op-
portunità di una loro formazione cristiana41.
Negli stessi anni una parte dei fanciulli degli Oratori arcivescovili fu accolta
dalla scuola elementare che le FMA gestivano nel quartiere dell’Arenella e che
ottenne la parifica proprio grazie all’interessamento del Cardinale… la comuni-
tà dell’Angelo Custode continuava a seguirli provvedendo anche a cucire per loro
la divisa festiva42!
Conclusione
Le particolari condizioni di vita degli anni presi in esame non hanno, proba-
bilmente, consentito alle suore che li vissero di lasciare una documentazione più
precisa e completa; tuttavia, il materiale presente nei vari archivi apre spiragli di
conoscenza molto interessanti. L’apertura al pubblico dei materiali non ancora
consultabili presso gli Archivi diocesani potrebbe riservare informazioni ulterio-
ri di notevole importanza. Un’altra fonte di cui si potrebbe probabilmente usu-
fruire sono le consorelle ancora viventi che si occuparono di tali attività pastora-
li e ne conservano il ricordo. A me è stato possibile interrogarne due, ma molto
probabilmente ce ne sono delle altre.
L’aspetto più rilevante della presente ricerca è la constatazione che molte del-
le attività avviate nel secondo dopoguerra, come risposta all’emergenza, vennero
poi continuate, perché ci si rese conto che i bisogni della popolazione e soprat-
tutto dei più piccoli non erano cessati, così per gli asili gratuiti con pranzo caldo
e per le colonie estive, proseguite fino agli anni Novanta.
Una riflessione particolare potrebbe essere riservata alle scuole professionali
che, negli anni immediatamente successivi, ricevettero un notevole impulso.
Già negli anni oggetto del nostro studio, stava avvenendo la trasformazione di
semplici laboratori di cucito, rammendo, rattoppo, ricamo, taglio, confezione in
scuole vere e proprie nelle case di Acireale Spirito Santo, Cesarò, Nunziata, Pala-
gonia, Ragusa, Trecastagni, Viagrande.
Di fatto, ad Acireale si avviò un Magistero della donna, poi trasformato in
Istituto Tecnico Femminile, nelle altre case si preferì potenziare la Formazione
Professionale, divenuta successivamente regionale, che assicurava qualifiche
aperte al mondo del lavoro in tempi più brevi (uno o due anni).
Nelle fonti consultate appaiono, talvolta, anche motivazioni di tipo politico
per lo sviluppo delle attività pastorali. Don Berruti, nell’incontro di cui si è già
parlato, dopo aver esortato le suore ad occuparsi delle bambine più abbandona-
te, perché ciò risponde all’ideale di don Bosco aggiunse che, in questo modo, si
sarebbe potuto anche evitare che “abbandonate a se stesse, [potessero] un giorno
essere delle comuniste arrabbiate e rinnovare tra noi i fatti tragici della Spagna!”.
41 Dalla testimonianza di sr. Di Bella.
42 Ibid.

31.10 Page 310

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310 Maria Concetta Ventura
Il 30 marzo 1948 si offrì, con l’aiuto economico delle Exallieve, un pranzo a
circa 700 poveri, per fare pacificamente una “campagna elettorale” in vista delle
elezioni politiche del 18 aprile, le prime in Italia dopo la guerra, per le quali si
temeva fortemente che segnassero l’avvento al potere dei partiti di Sinistra.
Come si può cogliere da questi accenni i percorsi per ulteriori lavori di ricer-
ca sono numerosi e vari, occorrerà certamente esplorare i vari tipi di attività pa-
storale e i loro sviluppi nel secondo Novecento per verificare la coerenza delle
scelte compiute con i nuovi bisogni della società.

32 Pages 311-320

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32.1 Page 311

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L’OPERA SALESIANA IN UNGHERIA NEI TEMPI TRAVAGLIATI
DEL SECOLO XX
Giovanni Barroero*
Introduzione
L’intento delle presenti annotazioni è quello di esporre concisamente la vita
dei salesiani e delle loro opere in terra magiara durante tre epoche difficili del
secolo scorso. Si tratta di periodi che corrispondono alle due tragiche guerre
mondiali (1914-1918 e 1939-1945) e all’epoca del ferreo regime comunista fi-
no al suo crollo (1945-1989).
Le fonti cui si è attinto sono principalmente: l’Archivio Salesiano Centrale
(ASC), fondo “Ungheria”, e l’Archivio Ispettoriale Salesiano di Budapest, per
quel che si è salvato dalle distruzioni del periodo comunista, insieme ad alcune
pubblicazioni in lingua ungherese (opera di testimoni oculari degli avvenimen-
ti), così come in francese o in italiano, indicate volta per volta a piè di pagina.
1. L’Opera salesiana in Ungheria durante la Grande Guerra e negli anni
immediatamente seguenti
Nel 1914, allo scoppio della prima guerra mondiale, i Salesiani in Ungheria
operano attraverso l’unica loro Casa esistente all’epoca, quella di Pelifoldszent-
kereszt1. Si trattava di un vecchio edificio, quasi in rovina, accanto ad un san-
tuario, in mezzo ai boschi, a 70 chilometri al nord della capitale. L’anno prima
vi si era trasferito tutto il personale in formazione, procedente da Cavaglià (Pie-
monte-Italia)2. Era in situazione molto precaria.
Con la dichiarazione di guerra dell’Italia, il 23 maggio 1915, si interruppero
le comunicazioni ridotte in assai cattive condizioni, si dovette affittare, nel vici-
no villaggio di Mogyorosbánya, per due anni, un palazzotto, dove presero resi-
denza don Francesco Binelli con i novizi ed i giovani professi. È da qui che l’al-
lora chierico Antonio Bonato, prigioniero di guerra, scrive una lettera al Rettor
* Salesiano, ex collaboratore del Dicastero per la Formazione.
1 Cf Stanisław ZIMNIAK, Salesiani nella Mitteleuropa. Preistoria e storia della provincia
Austro-Ungarica della Società di S. Francesco di Sales (1868 ca. – 1919). (= ISS – Studi, 10).
Roma, LAS 1997, pp. 205-206.
2 Cf S. ZIMNIAK, Salesiani nella Mitteleuropa…, p. 206.

32.2 Page 312

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312 Giovanni Barroero
Maggiore don Paolo Albera, in data 13 novembre 1916, ringraziandolo della
lettera che era riuscita a giungergli. Gli scrive che è stato dal card. Primate di
Ungheria, a Esztergom, a ringraziarlo di essersi adoperato per fargli trascorrere il
tempo della prigionia nella comunità salesiana (come successe anche ad altri
confratelli italiani nell’Impero austro-ungarico). Si applica allo studio dell’un-
gherese, insieme a don Binelli3. La Provvidenza disporrà che, dieci anni dopo,
sia inviato come Maestro dei novizi, proprio in Ungheria.
Ai primi di dicembre del 1916 consta che nell’Ispettoria Austriaca dei Santi An-
geli Custodi (cui appartiene l’Ungheria) sono sotto le armi: 54 sacerdoti, 88 chieri-
ci, 57 coadiutori (in totale 199 confratelli). Tra di essi vi furono: 11 caduti, 31 feri-
ti; molti contrassero malattie. Più di 50 ricevettero decorazioni al valor militare4.
Negli anni 1917 e 1918 a Pelifoldszentkereszt “per settimane mancò il pane
per la nostra bocca, il vento soffiava attraverso i locali non riscaldati, la pioggia
grondava dal tetto, eseguivamo i lavori serali alla luce fioca di lampade. Si diffuse
presto una grave forma di influenza; ma, grazie a Dio, nessuno di noi ne morì”5.
Terminata la guerra
“un’ondata rivoluzionaria si scatena nell’Europa centrale. Gli Stati sconvolti dalla
disfatta subiscono i contraccolpi più gravi. Indeboliti, sono meno capaci di conte-
nere questi fermenti d’agitazione. […] In Ungheria, a partire dal marzo 1919, si
forma un governo comunista diretto da Béla Kun. […] Il tentativo di governo ri-
voluzionario dura solo cento giorni; esso viene schiacciato dall’intervento di forze
straniere, soprattutto dell’esercito romeno che marcia su Budapest e aiuta l’ammi-
raglio Horthy a ristabilire l’ordine. La reggenza dell’ammiraglio Horthy durerà sino
alla fine della seconda guerra mondiale”6.
Anche nelle nostre comunità si risente l’effetto del governo rivoluzionario.
Divenne impossibile operare a Péliföldszentkereszt, da cui i rivoluzionari aspor-
tarono tutto ciò che parve loro interessante e che fu sul punto di essere abban-
donata. In una lettera datata 5 giugno 1919, don Michele Schaub scrive al Ret-
tor Maggiore, don Filippo Rinaldi, da Budapest:
“Mentre la prima rivoluzione politica dello scorso autunno non ci apportò fortunata-
mente gravi danni, la seconda rivoluzione – sociale – del marzo di quest’anno, colla
dittatura del proletariato, ci fu purtroppo o meglio minaccia fra giorni di diventare
disastrosa. Forse le sarà noto che furono comunistizzati [sic!] ossia confiscati tutti i be-
ni ecclesiastici. […] A noi finora furono presi tutti i terreni, sequestrarono ed adibiro-
no ad altro uso profano le due case comprate recentemente a Nyergesújfalu, dove do-
vevamo trasportare questa primavera il collegio di Szentkereszt… ritirarono i nostri li-
bretti di fondazioni. […] Inoltre elencarono e dichiararono proprietà dello Stato ogni
bene mobile ed immobile nostro, però alla confisca effettiva non si venne ancora”7.
3 Cf ASC F031, fasc. 6.
4 Cf ASC F031, fasc. 6, A Magyar Szaléziánum kronikája dióhéjban, p. 105.
5 ASC F031, fasc. 6, A Magyar…, p. 106.
6 René RÉMOND, Il XX secolo dal 1914 ai giorni nostri. Milano 1994, pp. 65-66 (passim).
7 ASC F031, fasc. 4, Lettere 2.

32.3 Page 313

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L’Opera salesiana in Ungheria nei tempi travagliati del secolo XX 313
In calce alla lettera, don Schaub aggiunge all’ultimo momento che è riusci-
to ad ottenere dalla Missione Italiana per l’Armistizio, a Budapest, un “Decre-
to di protezione” che congela le proprietà salesiane, in quanto considerate co-
me appartenenti ad una istituzione italiana. Il che permise di salvare il salvabi-
le e riprendere lentamente l’attività formativa ed educativa una volta ristabilito
l’ordine.
Poté così, verso la fine del 1919, iniziare la sua attività un collegio-convitto
salesiano nel grosso borgo di Nyergesújfalu, a 7 km da Szentkereszt, dove il
parroco aveva comprato a tale scopo un edificio. Esso era stato occupato suc-
cessivamente dai rivoluzionari e dai militari romeni, per cui era ridotto in catti-
ve condizioni. Con molti sacrifici si mise in marcia quello che fu l’unico ginna-
sio salesiano in Ungheria (funzionò come aspirantato) fino alla soppressione
del 1950.
2. L’Opera salesiana in Ungheria nella bufera della seconda guerra mondiale
2.1. Breve inquadramento storico8
La Chiesa ungherese fin dal 1933 si oppose fortemente al nazionalsociali-
smo, con interventi scritti e orali che lo definivano “un nuovo paganesimo” e lo
qualificavano come incompatibile con la fede cattolica. La reazione divenne par-
ticolarmente forte quando furono emanate le “leggi razziali” (1938, 1939 e
1941). Quando, il 19 marzo 1944, l’esercito tedesco occupò il Paese, anche in
Ungheria, con l’appoggio di un governo fantoccio (espressione del partito na-
zionalsocialista ungherese, le cosiddette ‘Frecce Crociate’), cominciò la “soluzio-
ne finale del problema giudeo”. Dei 724.000 ebrei ungheresi, 512.000 vennero
deportati o uccisi.
L’attività della Chiesa per salvare i cittadini ebrei fu molto intensa. La Nun-
ziatura – in cui due salesiani erano i più stretti collaboratori del Nunzio, mons.
Angelo Rotta – concesse più di 15.000 salvacondotti e nell’edificio stesso della
nunziatura trovarono rifugio circa 200 ebrei.
Le case religiose diedero rifugio a migliaia di giudei e la Chiesa pagò a ca-
ro prezzo questa attività: 151 sacerdoti/religiosi furono uccisi per questo mo-
tivo.
2.2. La difficile vita dei salesiani
L’Ispettore, don Janós Antal (1892-1967) scriveva al Rettor Maggiore
don Pietro Ricaldone, da Rákospálota, il 24 settembre 1938: “Viviamo gior-
ni di trepidazione. Molti confratelli sono stati chiamati sotto le armi. Il Si-
8 Cf Gabor ADRIANYI, A Katolikus Egyház Története a 20. században Kelete-, Közép-Ke-
let- és DélEuropában. Kairosz Kiádó, Györ 2005, passim.

32.4 Page 314

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314 Giovanni Barroero
gnore ci preservi da una conflagrazione e ci restituisca quanto ci fu tolto”9.
E l’anno dopo, lo stesso Ispettore al Prefetto Generale, don Pietro Berruti,
in data 4 dicembre 1939: “Calamità! Il nostro povero governo fa tutto il possi-
bile per arginare al nazismo che cerca di travolgere tutto. Il pericolo è
grande”10. Nelle riunioni dei direttori di quell’anno si osserva che i Salesiani
devono muoversi con molta cautela per quel che si riferisce alla politica, date le
difficili circostanze. In particolare occorre astenersi da discussioni su punti de-
licati, come quello dei rapporti ungheresi-tedeschi, che producono solo inquie-
tudini. In modo speciale si deve osservare questa condotta nelle prediche e nel-
la catechesi. [Si noti che in Ungheria si trovano considerevoli minoranze di
ascendenza germanica]11.
Dopo gli Accordi di Vienna (1938-1939) che rivedono i confini dell’Unghe-
ria con la Slovacchia e la Romania, aumenta l’attività dell’esercito ungherese. Il
22 giugno 1941 l’Ungheria entra in guerra a fianco della Germania. Dall’anno
1939 comincia ad apparire nell’Elenco ufficiale della Congregazione Salesiana,
accanto al nome di quasi tutte le case salesiane ungheresi, la dicitura: “Assistenza
soldati12. Molti confratelli devono prestare servizio militare. Ricevono partico-
lari cure, materiali e spirituali, dai confratelli rimasti, tanto essi quanto i nume-
rosi ex-allievi soldati.
In una lettera da Budapest, del 18 gennaio 1940, don Antal racconta al
Rettor Maggiore dei numerosi profughi che arrivano dalla Polonia occupata
dai sovietici ed anche dalla parte occidentale, occupata dai tedeschi. Abbiso-
gnano di tutto. Con loro arrivano anche dei sacerdoti; è in particolare di loro e
dei ragazzi profughi che si occupano i salesiani accogliendoli nelle nostre case e
cercando di aiutare coloro che vorrebbero andare in Italia. Scrive inoltre: “Mi
preoccupa costantemente l’avvenire, che si promette burrascoso, e temo che le
nostre case e gli animi nostri non siano preparati per sopportare le grandi tem-
peste”13.
E in una lettera, sempre di don Antal, del 18 ottobre 1940:
“Nella vita politica viviamo tra speranze e timori. L’Ungheria si è un po’ ingrandita,
ma in cambio ha dovuto aprire le porte alle dottrine naziste. […] I nazisti promuo-
vono scioperi. Tutti i minatori hanno smesso il lavoro. Molti generi alimentari so-
no limitati. […] Cominciamo un inverno terribile”14.
Con l’intensificarsi delle operazioni belliche aumenta la difficoltà a gestire le
opere educative.
9 ASC F031, fasc.4, Corrispondenza 1919-1939.
10 ASC F031, fasc. 4, ibid.
11 Cf ASC F032, fasc. 9, Radunanze dei Direttori.
12 Cf Elenco Generale della Società di S. Francesco di Sales. Anno 1939, Ungheria.
13 ASC F031, fasc. 3.
14 Ibid.

32.5 Page 315

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L’Opera salesiana in Ungheria nei tempi travagliati del secolo XX 315
“Un buon numero di confratelli fa il soldato, sei sono in Russia. Sentiamo forte-
mente la scarsezza di chierici. […] Ci accingiamo a fare gli Esercizi, con serie diffi-
coltà di ogni genere. La più notevole è quella di avere gran parte dei chierici e co-
adiutori sotto le armi”15.
Nel contesto dell’attività della Chiesa in Ungheria a favore degli ebrei perse-
guitati si inserisce anche l’azione dei figli di Don Bosco a questo riguardo. Oc-
correrebbe leggere le cronache (quelle che si sono salvate dalle distruzioni della
guerra e del regime comunista) di ogni singola casa per rendersi conto dell’am-
piezza e audacia dell’opera svolta nelle Case salesiane per nascondere e salvare
ragazzi ebrei, mescolandoli con gli allievi interni, aiutandoli a cambiare residen-
za quando vi era preavviso di pericolo. In anni recenti tale opera è stata ricono-
sciuta ufficialmente anche dallo Stato di Israele, che ha dedicato ai salesiani un-
gheresi, nella persona dell’allora ispettore don Janós Antal, un albero nel “Viale
dei Giusti”, presso lo “Yad Vashem” a Gerusalemme. Anche i Salesiani dovettero
subire per questo persecuzioni. Lo stesso ispettore fu incarcerato ed alcuni con-
fratelli sottoposti a duri maltrattamenti, con serie conseguenze per la salute16.
Si è accennato prima alla dicitura “Assistenza soldati” nell’Elenco ufficiale
della Congregazione. Un’altra dicitura che appare per indicare l’attività di molte
case salesiane ungheresi, soprattutto dal 1938 in avanti, è quella di “Circoli
Operai”. In particolare durante l’ispettorato di don Antal (primo Ispettore un-
gherese) si manifesta una accentuata sensibilità verso i problemi degli operai,
anche se già fin dai primi anni dell’opera vi era stato questo orientamento. Così,
ad esempio, nella richiesta di fondazione del “Clarisseum” (Ujpest; 1926), si ri-
chiedeva di tener presente che in quella cittadina (alla periferia di Pest), con
70.000 abitanti, vi erano circa 250 fabbriche. Sarebbe stata un’opera soprattutto
per figli di operai e per giovani operai17.
L’approssimarsi della guerra, poi, impresse un’accelerazione all’industria bel-
lica. Nel 1939, a Borsodnádasd, al nord dell’Ungheria, si era aperto un grande
stabilimento siderurgico (laminatoio) che dava lavoro a 1700 operai. I salesiani
aprirono subito, nel villaggio che dava alloggio alle famiglie degli operai, un’o-
pera con parrocchia, oratorio, catechesi nella scuola e con l’animazione di circoli
operai, molto attivi18. In questi anni l’azione salesiana a favore dei giovani lavo-
ratori riceve un impulso ancora più forte e si sviluppa soprattutto nelle zone in-
dustriali di Budapest, Balassagyarmat, Szombathely, Esztergom.
In questa stessa ottica, nel 1943, in pieno tempo di guerra, viene avviata una
ridotta presenza salesiana a Nagybánya (in rumeno: Baia Mare), zona di miniere
che nel 1938 era passata all’Ungheria, di cui faceva parte prima del 1920. “Vi
15 Ibid., Lettere di don J. Antal a don. P. Ricaldone, il 20 maggio 1942 e il 30 giugno 1942.
16 Una parte notevole della documentazione dell’operato a favore dei ragazzi ebrei si è
potuta salvare e si trova attualmente nell’Archivio Ispettoriale Salesiano a Budapest.
17 Cf ASC F647, fasc. 4, Újpest.
18 Cf ASC F031, fasc. 4, Corrispondenza 1919-1939 e F644, fasc. 02, Borsodnádasd.

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316 Giovanni Barroero
scarseggia il clero cattolico e vi sono molti operai [minatori] che abbisognano di
assistenza spirituale” scriveva don Antal. Ai salesiani venne affidata una delle
due parrocchie cattoliche, che era in condizioni disastrose. Dopo molte fortuno-
se vicende sotto l’occupazione tedesca, i sovietici si impadronirono di gran parte
dell’edificio (1945). Con l’avvento del regime comunista divenne impossibile il
lavoro coi giovani e l’ultimo salesiano venne via nel 195219.
2.3. Durante gli ultimi combattimenti
Le residue cronache delle nostre Case raccontano le terribili vicissitudini cui
furono sottoposte le nostre comunità, particolarmente durante l’inverno del
1944 e la primavera del 1945, essendo l’Ungheria zona di guerra in prima linea.
Il fronte delle operazioni belliche si andava spostando lentamente dall’est verso
la frontiera austriaca. Per oltre un mese il Danubio vide sulla sponda di Pest l’e-
sercito sovietico e su quella di Buda l’armata tedesca; i due schieramenti si fron-
teggiavano e bombardavano spietatamente. La cronaca della Casa salesiana di
Obuda di quei tempi è drammatica. Prima i confratelli, accusati di nascondere
ragazzi ebrei, furono sottoposti a sevizie dai nazisti e dalle “Frecce Crociate” ma-
giare. Più tardi quella comunità rimase senza poter comunicare con le altre sulla
sponda opposta del fiume, a loro volta in rovine. Il gruppo di interni rimasto
con i salesiani dovette spostarsi in vari rifugi di fortuna ed all’arrivo dei sovietici
ebbe a sopportare angherie da parte loro. I russi portarono via tutto quel che
poterono, di ciò che era rimasto, anche gli effetti personali dei nostri, i quali si
salvarono con l’aiuto dei superstiti abitanti del quartiere20.
Nell’ottobre 1944 i novizi e i chierici che rimanevano in comunità furono
mandati presso le rispettive famiglie. In due lettere del 24 e 27 marzo 1945, si
legge, tra l’altro:
“I novizi e i confratelli giovani si sono rifugiati presso i parenti. Le case di Gyula,
Balassagyarmat, Ujpest, Mezönyárad, Nyergesújfalu, Pest-szentlörinc furono adibite
per ospedali e poi totalmente svuotate dai tedeschi [prima] e dai russi [poi]. La casa
di Esztergomtabor fu totalmente distrutta dai bombardamenti, ma confratelli e gio-
vani erano già sfollati. […] Le truppe occupanti trattano con durezza barbara. Ne-
gozi e case private saccheggiate. Il saccheggio ufficialmente durò 5 ore; in realtà, del-
le settimane. Portarono via tutto ciò che serve. […] L’ispettore non vede ancora la
maniera di dare un indirizzo alle nostre opere. […] Nei primi di dicembre [1944]
l’Ispettore è stato detenuto dai Nazisti per 8 giorni [accusato di aver salvato ebrei].
Fu trattato assai duramente, digiunò ad acqua sola e fu martoriato per cui ancora al
presente zoppica e usa il bastone. Fu liberato per intervento di S.E. il Nunzio”21.
19 Cf ASC F645, fasc. 09, Nagybánya-Baia Mare.
20 Nell’Archivio Ispettoriale a Budapest, si trova, tra le altre la cronaca di Obuda di
quei giorni: Házi Krónikank lapjaiból –1944. decémber – 1945. július, col racconto detta-
gliato giorno per giorno.
21 ASC F031, fasc. 3 (Lettere).

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L’Opera salesiana in Ungheria nei tempi travagliati del secolo XX 317
3. Dopo la seconda guerra mondiale: sotto il regime comunista e il controllo
dell’Unione Sovietica (1946-1989)
3.1. Breve inquadramento storico22
La politica comunista durante il dominio sovietico in Ungheria (1945-1989)
nei confronti della Chiesa si svolge attraverso tre fasi distinte23.
Ia fase: 1945-1950: lo scopo che ci si prefigge a livello governativo è quello
di allontanare la Chiesa dalla società civile e dalla vita pubblica.
IIa fase: 1950-1961: si pretende di mettere la Chiesa al servizio della politica
e della propaganda comunista.
IIIa fase: 1961-1989: sotto il regime di János Kádar vi è una fase di relativa
“liberalizzazione”/allentamento della presa, che fa seguito alla morte di Stalin e
all’ascesa al potere di Krusciov nell’Unione Sovietica.
3.2. La prima fase: all’ombra di un’imponente presenza militare sovietica
Durante la prima fase, a partire dal 1945, all’ombra di un’imponente presen-
za militare sovietica, si impianta progressivamente in Ungheria un regime co-
munista di tipo staliniano. Il 3 aprile 1945 il Nunzio Apostolico, mons.Angelo
Rotta, fu costretto a lasciare il Paese. Suoi segretari-collaboratori erano due sale-
siani che, con grave pericolo, cercarono di salvare il salvabile della Nunziatura,
subito occupata dal governo comunista24. Nello stesso mese di aprile solo tre
settimanali cattolici furono autorizzati a riprendere le pubblicazioni. Il Bolletti-
no Salesiano ungherese dovette cessare la sua pubblicazione.
Nell’estate del 1946 il Ministero degli Interni sciolse tutte le Associazioni
cattoliche; anche le nostre associazioni o gruppi dovettero estinguersi25. Scrive
don Antal:
“Con estrema difficoltà possiamo lavorare nelle nostre case. Il lavoro non man-
ca. […] Le strade, particolarmente le vicinanze delle stazioni, sono piene di gio-
vani e ragazzi ladroncelli. Per mancanza di combustibile le scuole non funziona-
no tutto l’inverno. Dunque il campo è intieramente aperto per l’Oratorio. […]
Coloro che sono entrati nel Catalogo come “novizi” sono solamente aspiranti
che fanno lo studentato filosofico. Cominceranno il noviziato quando i tempi
siano un po’ più tranquilli! […] Le popolazioni tedesche vengono evacuate e gli
22 Per tutto questo periodo si veda – Cf G. ADRIANYI, A Katolikus Egyház…; Didier
RANCE, Comme à travers le feu, Aide à l’Eglise en détresse. Bibliothèque AED, Mareil-Marly
2006; Laszlo LUKACS, Histoire de l’Eglise de Hongrie sous la persécution comuniste. Budapest
2004; Laszlo DANKO, La chiesa cattolica [in Ungheria] dal 1945 ai nostri giorni, in A. CA-
PRIOLI – L. VACCAIO (a cura di), Storia religiosa dell’Ungheria. Milano 1992.
23 G. ADRIANYI, A Katolikus Egyház…., pp. 190-192.
24 L. DANKO, La chiesa cattolica…, p. 287. Cf anche ASC F031, fasc. 3, Lettere del 24
e 27 maggio 1945.
25 L. DANKO, La chiesa cattolica…, p. 289.

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318 Giovanni Barroero
abitanti portati in Germania. Siamo riusciti a salvare i genitori e i fratelli di di-
versi confratelli nostri e speriamo di salvarne ancora altri. È questa ora la mia
preoccupazione più importante. Se portano via questa buona gente, perdo un
buon numero anche di ottimi confratelli, che preferirebbero, in tal caso, andare
con i loro cari”26.
Con gravi difficoltà e a ranghi ridotti ripresero lentamente l’attività le no-
stre istituzioni, senza l’appoggio governativo e facendosi carico di numerosi
orfani di guerra o ragazzi sbandati. Verso la fine del 1947 il gruppo dei novi-
zi, per poter sopravvivere, dovette spostarsi a Tanakajd (vicinissimo a Szom-
bathey).
Pur con mille difficoltà, le attività salesiane ordinarie andarono avanti fino
alla primavera del 1948. Il 15 maggio ebbero luogo le elezioni-farsa, su lista
unica: il Partito Comunista prese definitivamente il potere. Il 18 giugno 1948
venne emanato il decreto di nazionalizzazione di tutte le scuole ed istituti priva-
ti di ogni genere. Così 3328 scuole cattoliche (su 3344) passarono in mano allo
Stato. La Chiesa dovette consegnare all’autorità statale, senza poter opporre al-
cuna resistenza, più di 50 licei, circa 300 scuole elementari e medie, 25 istituti
magistrali e altre istituzioni come ospizi, collegi, pensionati, con tutto l’arreda-
mento27. Anche le nostre Case vennero occupate in gran parte dai militari sovie-
tici, dando vita ad una convivenza forzata. Funzionavano solo più le scuole in-
terne delle case di formazione iniziale – senza riconoscimento statale – che con-
tinuarono la loro attività fino al 1950.
L’attività salesiana, pertanto – al di fuori della formazione iniziale – si ridusse
al lavoro di ministero parrocchiale o nelle chiese pubbliche, e catechesi nelle
scuole statali (ancora per un anno). Non funzionavano più scuole, pensionati,
ospizi, laboratori; occupati anche i locali destinati agli oratori. L’Ispettore, don
Vince Sellye, scrive, in data 4 agosto 1948:
“In seguito all’incameramento delle scuole cattoliche e di ogni istituto di educazio-
ne… abbiamo fatto pratiche presso il Ministero del Bene Nazionale (accudisce i
poveri, gli orfani e derelitti) per poter evitare temporaneamente l’incameramento
dei nostri istituti. Siamo solamente all’inizio delle pratiche”28. Ed ancora: “Con la
nazionalizzazione degli istituti, collegi ed internati i chierici rimangono senza lavo-
ro. […] Il nostro campo di lavoro è per ora l’attività pastorale nelle parrocchie, nel-
le cappelle pubbliche e semipubbliche e l’istruzione catechetica nelle scuole di Sta-
to. Fin oggi ci hanno lasciato le parrocchie, le cappelle e le case di formazione. […]
Non ci resta altro che il campo strettamente pastorale. Purtroppo su questo terreno
manca alla maggior parte dei confratelli l’abilità, avendosi occupato coll’educazione
dei giovani”29.
26 ASC F031, fasc. 3, Lettera di don J. Antal a don P. Ricaldone, il 17 febbraio 1946.
Risponde alla prima lettera giunta, dopo lungo silenzio, dai Superiori.
27 L. DANKO, La chiesa cattolica…, p. 290.
28 ASC F031, fasc. 2, Corrispondenza 1948-1961, Lettera a don P. Ricaldone.
29 Ibid., Lettera di don V. Sellye a don P. Ricaldone, datata 27.08.1948.

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L’Opera salesiana in Ungheria nei tempi travagliati del secolo XX 319
In questo stesso anno 1948 don Antal, chiamato a Valdocco dal Rettor Mag-
giore, don Pietro Ricaldone, riuscì ad evadere clandestinamente ed a raggiunge-
re Torino. Dopo una breve parentesi come Ispettore dell’Ecuador, nel Capitolo
Generale XVII (1952) venne eletto Catechista Generale. Al suo posto, come
ispettore dell’Ungheria era stato nominato don Vince Sellye. I Superiori appro-
varono il progetto di trasferire in Italia tutto il personale in formazione iniziale,
ma ogni tentativo fallì30.
A titolo di cronaca, si tenga presente che il 26 dicembre 1948 venne arresta-
to il cardinale Jószef Mindszenty.
Il ministro del Culto, Ortutay, aveva affermato, all’atto della statalizzazione
degli istituti cattolici, che l’insegnamento della religione rimaneva obbligatorio
anche nelle scuole nazionalizzate, coi medesimi catechisti e sui medesimi testi.
Ma a distanza di un anno, un decreto ministeriale con valore di legge, il 5 set-
tembre 1949 aboliva l’obbligatorietà dell’insegnamento religioso nelle scuole.
Tale insegnamento rimaneva facoltativo ed occorreva la richiesta dei genitori (i
quali soffrirono ogni sorta di intimidazioni e di pressioni allo scopo di impedire
la presentazione della richiesta). Secondo il decreto, l’insegnamento religioso
doveva svolgersi fuori dell’orario scolastico e con un contenuto controllato dal-
l’autorità scolastica. Inoltre l’insegnante di religione non poteva incontrare i
bambini/ragazzi fuori di quest’ora (nemmeno in chiesa). Tale misura ebbe riper-
cussioni molto gravi anche sul lavoro dei nostri confratelli, riducendo alquanto
il campo di azione.
Inoltre il ministro della Pubblica Istruzione inviò tre lettere circolari agli in-
segnanti religiosi rimasti disoccupati, offrendo loro la possibilità di passare alle
scuole statali di pari grado. Dinanzi al rifiuto da parte dei religiosi educatori si
avviò il processo di scioglimento degli Ordini e Congregazioni religiose.
Nel 1949, alla vigilia della soppressione, la Congregazione Salesiana in Un-
gheria aveva le seguenti Case (e relativo personale salesiano)31:
Case di formazione iniziale:
. Péliföldszentkereszt: 34 confratelli (formatori e studenti di teologia)
. Mezönyárad: 46 confratelli (formatori e studenti di filosofia/liceo)
. Tanakajd: 8 confratelli e 8 novizi
Altre Case:
. Baia Mare (Romania) presenza di 1 confratello
. Balassagyarmat: 6 confratelli
. Borsodnádasd: 2 confr.
30 Ibid., Lettera di don V. Sellye 19.11.1949.
31 Cf Elenco Generale della Società di S.Francesco di Sales. Anno 1950.

32.10 Page 320

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320 Giovanni Barroero
. Budapest III (Obuda): 10 confr.
. Cegléd: presenza di 3 confr.
. Esztergom-tábor: 4 confr.
. Guyla: 3 conf.
. Miskolc: presenza di 3 conf.
. Mosonmagyarovár: 4 confr.
. Nagybánya: presenza di 2 conf.
. Nagysap: presenza di 2 confr.
. Nyergesújfalu: 8 confr.
. Budapest-Szentlörinc: 4 confr.
. Budapest-Rákospálota: (casa ispettoriale): 13 confr.
. Sajolad: presenza di 3 confr.
. Szombathely: 12 confr.
. Budapest-Újpest: 8 confr.
+ Confratelli fuori comunità: 7
Confratelli malati, in famiglia: 1
NB. – La dicitura “presenza” significa una presenza temporanea, richiesta
dalle circostanze particolari, eccezionali.
L’Ispettoria ungherese, pertanto, aveva 106 sacerdoti, 71 chierici, 23 coadiuto-
ri. All’estero operavano nelle Missioni Salesiane 26 missionari salesiani ungheresi.
Nella sua circolare del 19 marzo 1950 (scritta a macchina, essendo stata oc-
cupata la tipografia di Rakospalota), l’Ispettore, don Vince Sellye, scrive:
“Non sappiamo cosa ci riserva questo nuovo anno. […] Non sappiamo dove con-
durranno le tensioni di ordine sociale, politico e spirituali che si stanno accumu-
lando, né come scoppieranno. […] I tristi avvenimenti dell’anno scorso ci hanno
riportato alla mente le espressioni di Giobbe: “Mi aspettavo la felicità ed ecco la
sventura; aspettavo la luce e venne il buio” (Gb 30,26). A Rákospálota, Obuda,
Szombathely, Nyergesjúfalu e Balassagyarmat in seguito alla nazionalizzazione au-
tunnale i nostri confratelli hanno dovuto ammassarsi in modo tale che i nostri be-
gli istituti hanno perso completamente le caratteristiche di case salesiane. […] A
Kobanya abbiamo dovuto consegnare agli Scolopi la cura spirituale, dove noi ab-
biamo sudato altri mietono. A Mezönyárad abbiamo dovuto consegnare alla mu-
nicipalità i terreni del beneficio parrocchiale per uso agricolo della comunità mu-
nicipale. Negli ultimi giorni dell’anno hanno statalizzato non solo la Tipografia
Don Bosco ma anche la libreria. Hanno portato via tutta la merce e parte del mac-
chinario. La croce si sta facendo sempre più pesante sulle nostre spalle. […] Nelle
settimane scorse hanno incorporato al catasto i nostri istituti nazionalizzati. In ba-
se a questo, hanno preso completamente nelle loro mani i nostri istituti di Ujpest
e di Magyarovar. Sono rimaste ancora in potere della Congregazione la cappella e
la sacristia. I confratelli risiedono ancora nella nostra casa, L’autorità ecclesiastica
ci ha dato, per uso di cura d’anime, le cappelle di Magyarovár, Újpest e Balassag-
yarmat”32.
32 ASC F032, fasc. 9.

33 Pages 321-330

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33.1 Page 321

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L’Opera salesiana in Ungheria nei tempi travagliati del secolo XX 321
Nell’ultima lettera circolare (anch’essa scritta a macchina), il 24 maggio 1950,
don Sellye scrive tra l’altro: “Cari confratelli, non potendo, a causa delle dolorose
circostanze, fare altro per la salvezza delle anime dei nostri ragazzi, per lo meno ve-
diamo di richiamare, nella predicazione, l’attenzione dei genitori sulla loro re-
sponsabilità nei riguardi dei figli”. Chiede che, non potendo fare altre attività poi-
ché non si dispone di locali adatti, ci si prenda veramente cura dei chierichetti. Dà
poi indicazioni per il tempo delle vacanze, pregando i confratelli di rimanere nelle
rispettive Case anche durante le vacanze, occupandole e occupandosi, date le nubi
che si vanno addensando ancor più. Presenta il calendario degli Esercizi Spirituali
estivi [che non si potranno poi realizzare data l’imminente soppressione]33.
3.3. La seconda fase: dopo il decreto di scioglimento delle case religiose
Il 7 giugno 1950 venne firmato il decreto di scioglimento delle case religiose.
In breve lasso di tempo il governo comunista abolì 62 Ordini/Congregazioni re-
ligiose, tra cui i Salesiani; chiuse 705 case religiose e cacciò da esse 2582 religiosi
e 8596 suore. Vennero nazionalizzati tutti in loro beni (case, scuole, ospedali,
opere di assistenza sociale). I religiosi/e dovevano abbandonare le case rimaste
dopo la nazionalizzazione delle scuole entro tre mesi (tempo che poi venne an-
cora ridotto). Era consentito il passaggio al clero secolare solo per 400 sacerdoti.
Gli altri dovevano togliere l’abito e trovarsi un lavoro; non potevano continuare
a risiedere nel luogo in cui finora avevano lavorato come religiosi e neppure nel
luogo di origine se questo si trovava in zona di frontiera34.
Al momento della soppressione, i Salesiani avevano in Ungheria 16 case, con
193 confratelli (con 8 novizi, 31 studenti di filosofia e 19 studenti di teologia).
In quel momento le istituzioni ricollegabili in qualche modo all’insegnamento
scolastico/accademico erano solo l’Aspirantato, il Noviziato e i due Studentati
(Filosofico e Teologico).
Le nostre opere vennero ‘riconvertite’. Per es.: lo Studentato Teologico di-
venne una casa di rieducazione o riformatorio del regime comunista; lo Studen-
tato Filosofico venne destinato a vari usi, in parte scolastici in parte politici.
L’Ispettore, don Sellye, si vide costretto a rimandare i novizi e i chierici in fa-
miglia. Un mese dopo egli venne arrestato e condotto in tribunale con l’accusa
di tentato espatrio verso l’Occidente. Venne condannato a 3 anni di carcere, che
poi in appello vennero aumentati a 3 anni e mezzo. Il più anziano dei consiglie-
ri ispettoriali (don László Adám) prese provvisoriamente il governo35. Quasi
contemporaneamente vennero rinchiusi in campi di concentramento i confra-
telli di tre nostre case; le loro parrocchie e chiese pubbliche vennero consegnate
33 Ibid.
34 G. ADRIANYI, A Katolikus Egyház…, p. 191.
35 ASC F031, fasc. 2, Lettera di don L. Adam, del 4.09.1950, con relazione dettagliata
della cattura e del processo di don V. Sellye e sulla situazione delle singole case dell’ispettoria.

33.2 Page 322

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322 Giovanni Barroero
al clero secolare. Nelle altre case i salesiani ricevettero l’ordine di evacuazione in
tempi brevi o brevissimi. Alla fine di luglio 1950 tutte le nostre case erano di-
ventate “proprietà statale”36.
A settembre i rappresentanti dell’Episcopato dovettero firmare una conven-
zione con lo Stato, per cui, in base ad un “modus vivendi” con la Chiesa Catto-
lica, i religiosi dei campi di concentramento venivano liberati, ma si confermava
la soppressione di Ordini e Congregazioni e non potevano fare vita comune. Un
certo numero (circa un terzo) dei religiosi sacerdoti poté ottenere il permesso di
entrare al servizio di qualche diocesi; i rimanenti religiosi dovettero cercarsi un
lavoro “produttivo”.
I pochi confratelli dispersi che possedevano titoli accademici poterono conti-
nuare l’insegnamento di materie “profane” con un lavoro (molto apprezzato)
presso i ginnasi-licei dei Francescani OFM ad Esztergom e a Szentendre, che
continuavano a funzionare col permesso del regime comunista. Infatti il 30 ago-
sto 1950 (per evidenti fini propagandistici ed anche di studio serio) furono re-
stituiti ai religiosi che le gestivano prima 6 ginnasi-licei: 2 degli Scolopi, 2 dei
Benedettini e 2 dei Francescani ed 1 liceo femminile gestito da suore di fonda-
zione ungherese. Questi Ordini poterono sussistere, ma con forti limitazioni
(anche di numero chiuso) e continui controlli.
La maggior parte dei salesiani dovette cercarsi un posto di lavoro, o di studio
per i giovani salesiani in formazione iniziale. Parecchi di questi ultimi trovarono
accoglienza presso seminari diocesani; qualcuno (pochissimi) riuscì ad evadere al-
l’estero37. E a proposito dei seminari e delle diocesi occorre ricordare un fenomeno
che si verificò alla fine degli anni Cinquanta: l’insensibilità di una parte del clero
diocesano nei riguardi dei religiosi cacciati dalle loro case. “La Chiesa ungherese
attuale – scriveva László Danko, nel 1990 – che manca di preti, scopre ora quanta
manodopera è stata sprecata negli anni difficili e questo, in parte, anche per mio-
pia di certi ecclesiastici. Ciononostante, una parte dei religiosi continuò in segreto
la missione pastorale soprattutto verso i giovani”38. Tra questi ultimi anche parec-
chi dei salesiani, che pagarono duramente il loro apostolato. E così il salesiano co-
adiutore István Sándor (di cui è stato avviato il processo di riconoscimento del
martirio) fu condannato a morte e impiccato l’8 giugno 1953; il chierico Tibor
Dániel fu ucciso il 18 agosto 1956, poco prima dell’insurrezione popolare39.
I collegamenti tra i dispersi dovevano avvenire con molta circospezione, data
la vigilanza della polizia segreta. La corrispondenza di questi anni verso l’estero è
36 Ibid., Lettera di don J. Antal (da Torino), il 9 giugno 1950 ed altra lettera sua del 18
agosto 1950 riferendo sulla situazione dei confratelli ungheresi.
37 Ibid., Lettera di don L. Adam, in data 21 settembre 1950, sul collocamento dei con-
fratelli.
38 L. DANKO, La chiesa cattolica..., p. 292.
39 La documentazione riguardo a Istvan Sandor è allo studio della Postulazione Gene-
rale dei Salesiani, Roma. Un resoconto dettagliato – preso dai verbali dell’archivio della
polizia segreta ungherese – degli avvenimenti che portarono all’arresto e alla morte il sale-

33.3 Page 323

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L’Opera salesiana in Ungheria nei tempi travagliati del secolo XX 323
scritta in buona parte in linguaggio simbolico cifrato, in modo da poter essere
compreso solo da coloro cui era diretto. Colui che fungeva da Ispettore era sog-
getto a frequenti controlli polizieschi e doveva muoversi con molta prudenza.
Anche don L. Adám fu arrestato e nel 1953 gli successe don I. Edelényi che fu
controllato in continuazione dalla polizia e subì molte vessazioni. Aveva com-
prato un’auto per poter visitare più facilmente i confratelli più lontani, non po-
tendo fare raduni, ma dovendo incontrarli individualmente. Ma fu costretto a
vendere la macchina, avendo dato nell’occhio coi suoi frequenti viaggi40.
In tutto il periodo del regime comunista non esistette una Congregazione sa-
lesiana in clandestinità (come in altre Nazioni limitrofe); tutto era noto alle isti-
tuzioni governative.
A titolo di cronaca, bisogna tener presente che al momento dell’abolizione
degli Ordini religiosi si costrinse l’arcivescovo di Kalocsa (che sostituiva il cardi-
nale Mindszenty incarcerato) a firmare, a nome della Conferenza episcopale, un
accordo tra Stato e Chiesa. L’arcivescovo lo fece dopo che migliaia di religiosi/e
erano stati minacciati di essere deportati in Siberia (e la stessa sorte era temuta
per una parte del clero diocesano). Si mise in atto il cosiddetto “Movimento dei
preti per la pace”. Sia alcuni preti diocesani, sia qualche ex-religioso (tra cui an-
che qualche salesiano), vi presero parte in qualche modo; una parte di essi per-
ché minacciata, altri per ingenuità, altri ancora per avidità di potere. Più tardi
divenne una istituzione di protocollo, priva di contenuto, e, siccome non ebbe
ricambio da parte di nuove generazioni, morì di morte naturale.
Per tutto il tempo del regime comunista, comunque, rimase nei religiosi (e
non solo in loro) una diffusa diffidenza verso le autorità ecclesiastiche locali41.
Il 4 aprile 1951 un decreto ministeriale pose delle restrizioni tali all’insegna-
mento catechistico nei templi stessi che lo resero sommamente difficile. Il 25
aprile dello stesso anno venne istituito l’Ufficio Statale per gli Affari Ecclesiasti-
ci, da cui dipendeva anche tutto ciò che si riferiva ai religiosi.
Nell’ottobre del 1956 il sollevamento popolare portò la speranza di una ri-
surrezione della Chiesa, che poi, per le ben note ragioni, svanì42. In seguito al-
l’apertura della frontiera con l’Austria, una grande massa di ungheresi (circa
200.000) fuggì in Occidente. Tra di loro molti giovani; parecchi di essi venne-
ro in Italia. Anche alcuni salesiani vennero come profughi ed insieme ad altri
confratelli che si trovavano già in Italia vennero mandati dai Superiori del
Consiglio a Gallipoli, nelle Puglie, dove cercarono di organizzare un campo di
raccolta con 45 giovani profughi ungheresi. Ma dopo poco tempo dovettero
constatare l’impossibilità di svolgere un qualche lavoro educativo con questo
gruppo. Il 2 gennaio 1957 scrissero una lettera al Rettor Maggiore, don Renato
siano, insieme ad alcuni giovani del gruppo da lui seguito, si può trovare in Ferenc
TOMKA, Halálra szátnak, mégis élünk! Budapest 2005, pp. 64-66.
40 Cf ASC F031, fasc. 5, Breve cronaca del dopoguerra.
41 L. DANKO, La chiesa cattolica…, p. 291.
42 D. RANCE, Comme à travers..., pp. 140-190; L. DANKO, La chiesa cattolica..,. p. 293.

33.4 Page 324

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324 Giovanni Barroero
Ziggiotti, in cui tra l’altro affermavano: “L’assemblea dei confratelli [firmano 3
confratelli sacerdoti e 7 chierici] constata l’impossibilità, l’insostenibilità della
situazione attuale”. Non si poteva fare opera di educazione, date le gravissime
difficoltà di ordine disciplinare, economico, morale. La maggior parte dei ra-
gazzi era fuggita senza consenso dei genitori o degli affidatari (se li avevano,
perché parecchi erano come abbandonati). Erano fuggiti, approfittando del-
l’ondata di profughi, solo per tentare un’avventura in un ambiente diverso sco-
nosciuto. Molti non avevano ricevuto nessun tipo di educazione religiosa. Si
opponevano a qualsiasi tentativo di regolamentazione educativa. I confratelli
ungheresi proponevano quindi ai Superiori di trasferire i ragazzi, distribuendoli
a due a due, al massimo in tre, nei diversi istituti tecnici o professionali, affin-
ché imparassero la lingua, un mestiere se possibile; sarebbero così costretti a
sottomettersi a qualche forma di disciplina. In questo modo 16 Case salesiane
in Italia accolsero ognuna due o tre di questi giovani profughi, cercando di co-
involgerli particolarmente nella formazione professionale, con risultati piutto-
sto incerti, in genere43.
Tra gli ungheresi rimasti in patria si diffuse una rassegnazione generalizzata.
Se non teoricamente, almeno ‘de facto’ dovevano accettare gli sviluppi della si-
tuazione, convivere con la realtà imposta dall’invasione sovietica. (Il card.
Mindszenty, liberato sei giorni dopo l’inizio della rivoluzione, il 4 novembre si
era rifugiato presso l’Ambasciata statunitense).
L’anno seguente, 1957, parecchi vescovi si rivolsero al Rettor Maggiore chie-
dendo di inviare qualche sacerdote di lingua ungherese a prendersi cura dei loro
connazionali che si erano rifugiati nelle varie nazioni di Europa e d’America. Si
ebbero così alcuni salesiani magiari dislocati, ad esempio, in Svezia, in Germa-
nia Ovest, in Canadà, per occuparsi dei loro connazionali, soprattutto dei ragaz-
zi e dei giovani. In Italia don Imre Halasi e don László Szollar – che erano venu-
ti profughi ai primi di dicembre del 1956 – si occuparono dei giovani ungheresi
sparsi ora nelle varie case italiane ed anche, su richiesta del direttore nazionale
dei profughi ungheresi in Italia, visitarono i vari campi profughi44.
Nel 1959, su richiesta dell’Ispettore, don I. Edelényi, si chiese alla S. Sede di
prolungare l’indulto di accumulare le intenzioni delle S. Messe, per andare in-
contro alle gravi difficoltà economiche per il mantenimento dei soci. Era in au-
mento il numero di confratelli anziani e la “congrua” percepita dai confratelli
che potevano ancora esercitare il ministero era irrisoria, dato che non avevano
aderito al movimento dei “preti per la pace”. Non era agevole la comunicazione,
anche di beni, tra i salesiani sparsi in tutto il territorio nazionale45.
43 Cf ASC F032, fasc. 10, L’opera a pro’ dei profughi ungheresi. Vi sono i nominativi di
ciascun ragazzo ungherese assistito, le case salesiane dove è stato accolto e un breve curri-
culum di ognuno, dal punto di vista educativo.
44 Cf ASC F032, fasc. 11, Autorità Ecclesiastiche.
45 Cf ASC F031, fasc. 5, Breve resoconto dei confratelli; con un riassunto complessivo
della situazione dei confratelli, in tedesco.

33.5 Page 325

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L’Opera salesiana in Ungheria nei tempi travagliati del secolo XX 325
3.4. La terza fase: relativa ‘liberalizzazione’ ed allentamento della presa
Nei primi anni Sessanta il controllo statale prese sempre più di mira in pri-
mo luogo i religiosi che, anche se isolati, cercavano in qualche modo di esercita-
re qualche forma di apostolato tra i giovani. Oltre ai drastici decreti del 1959
che resero quasi impossibile la catechesi ai ragazzi nelle parrocchie, si ebbero pa-
recchie condanne. Così, ad esempio, il 22 novembre 1960 otto preti a Budapest
vennero arrestati per il loro “atteggiamento inaccettabile verso i giovani” e do-
vettero scontare parecchi anni di prigione. La notte dal 5 al 6 febbraio 1961, 40
preti e 15 laici vennero arrestati, con perquisizioni a tappeto in tutta la città di
Budapest. L’obiettivo era la distruzione di tutti i gruppi, soprattutto di giovani,
che si riunivano per pregare e condividere la loro vita di fede. Nel dicembre del
1964 (tre mesi dopo l’accordo tra l’arcivescovo A. Casaroli e il ministro J. Prant-
ner) sei gesuiti e sette preti diocesani vennero imprigionati, accusati di “attività
illegali presso i giovani”. In queste condizioni divenne sempre più difficile anche
ai nostri confratelli avvicinare i ragazzi46.
Nel 1965 nessun salesiano era in carcere, ma l’Ispettore, don I. Edelényi, ri-
cevette dalla polizia l’ordine di abbandonare immediatamente la parrocchia do-
ve svolgeva l’ufficio di viceparroco e di trovarsi un lavoro manuale, con la proi-
bizione di esercitare qualsiasi ministero sacerdotale. Era stato denunciato dal suo
parroco per “attività illegali” (contatti con i confratelli, amicizia con l’ambascia-
tore d’Italia che si confessava da lui, ecc.). Subì uno shock nervoso. Per alcuni
mesi lavorò come domestico presso un ospizio per sacerdoti anziani ammalati, a
Székesféhervár. Ma la salute non resse. Ricevuto un certificato medico di inabi-
lità al lavoro manuale, provvidenzialmente, a Nyergesujfalu rimase scoperto il
posto di organista. Il parroco locale acconsentì ad assumerlo come tale in par-
rocchia. Non poteva però uscire dal territorio della parrocchia47.
L’elenco ufficiale della Congregazione per l’anno 1966 riporta i nomi di 120
salesiani (senza località di residenza) in Ungheria. Di questi consta che una sessan-
tina (sacerdoti) esercitavano il ministero come parroci o come cappellani di piccole
parrocchie rurali. Gli altri avevano occupazioni di diverso tipo; 10 erano pensiona-
ti. Il medesimo elenco riporta i nomi di 37 salesiani ungheresi che lavoravano all’e-
stero, in vari Paesi d’Europa, d’America o dell’Estremo Oriente. Negli ultimi anni
Sessanta alcuni pochi salesiani riuscirono a vivere nella stessa casa privata o vicini,
in due o tre al massimo (controllati dalla polizia, naturalmente). L’abbazia bene-
dettina di Pannonhalma accolse alcuni salesiani non più autonomi in un’ala del
grande edificio adibita a infermeria per i religiosi bisognosi di cure. I salesiani che
vivevano nella zona della capitale riuscivano in generale a fare l’esercizio mensile
della buona morte (ritiro) a piccoli gruppi, variando di volta in volta il luogo del-
l’incontro. Alcuni anziani che conoscevano bene l’italiano tradussero in ungherese
dei testi “classici”, come ad es. Don Bosco con Dio di don Eugenio Ceria.
46 Cf D. RANCE, Comme à travers…, p. 117.
47 Cf ASC F031, fasc. 5, Ungheria 1966.

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326 Giovanni Barroero
Alcuni salesiani furono costretti dalla polizia, anche con torture, a fare da in-
formatori loro malgrado. Per cui alcuni, per non compromettere i confratelli, pre-
ferirono rimanere isolati, facendo perdere le loro tracce, anche cambiando domici-
lio. Pur dovendo evitare i contatti con l’estero, rimase però in generale un attacca-
mento alla Congregazione. Si chiedeva ai salesiani all’estero di essere molto circo-
spetti verso coloro che realizzavano qualche viaggio all’estero; si diffidava perché
sovente chi otteneva il permesso di viaggiare doveva ‘pagare un prezzo’ per il favo-
re ricevuto dal regime. Si chiedeva anche di non inviare denaro, perché tutto ciò
che proveniva dall’Occidente era guardato con sospetto verso chi lo riceveva48.
Anche gli Ispettori che si succedettero negli anni Ottanta, don J. Vámos e don
J. Pasztor, dovettero tribolare parecchio, sottomessi a continue minacce e controlli
da parte della polizia che era al corrente di tutti i loro rapporti e spostamenti.
Nel maggio 1988 ha fine il regime di János Kádar. Vanno al potere comuni-
sti riformisti (Károly Grosz). “La situazione in Ungheria sta cambiando non di
giorno in giorno, ma di ora in ora”49.
Nel 1989 La Conferenza Episcopale ungherese riceve dal governo assicura-
zioni – tra l’altro – che restituirà i beni tolti ai religiosi.
Nel 1990 si tengono libere elezioni politiche: ottengono la maggioranza parti-
ti di ispirazione popolare-cristiana. Il nuovo Parlamento approva l’insegnamento
religioso facoltativo nelle scuole pubbliche fino al livello secondario (maturità).
Sono già presenti sul territorio ungherese 65 Ordini/congregazioni (maschili
e femminili), di cui 18 vivono già in comunità ricostituite. Gli altri/e attendono
la restituzione delle loro proprietà. Anche i Salesiani rimasti e disposti a rientra-
re nella vita comunitaria avviano qualche piccola presenza in opere parzialmente
restituite: Budapest-Obuda (cappella pubblica, oratorio), Balassagyarmat (par-
rocchia, oratorio), Péliföldszentkéreszt (santuario, casa per ritiri), Szombathely
(parrocchia, oratorio, pensionato), mentre la sede ispettoriale rimane provviso-
riamente a Budapest-Ujpest (in un ex-convento di monache, ricevuto in como-
dato dalla diocesi).
Nel 1991-92 si apre nuovamente il Noviziato, a Szombathely50.
Le statistiche ufficiali per il 1991 presentano il seguente quadro per l’Unghe-
ria: 66% cattolici; 17,9 % riformati (calvinisti); 4 % evangelici (luterani); 2,4 %
altre religioni; 9,5 % aconfessionali51.
Conclusione
Da quanto esposto pensiamo risulti evidente che l’Opera salesiana nella terra
di Santo Stefano fin dall’inizio si è venuta sviluppando nettamente nella linea del-
48 Cf ibid., Notizie dall’Ungheria 1969.
49 G. ADRIANYI, A Katolikus Egyház…, p. 199.
50 Cf Elenco Generale della Società di S. Francesco di Sales, Anno 1992.
51 Cf G. ADRIANYI, A Katolikus Egyház…, pp. 225-226.

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L’Opera salesiana in Ungheria nei tempi travagliati del secolo XX 327
l’azione educativa con la gioventù più povera e pericolante, con case per “corrigen-
di” nel linguaggio dell’epoca – affidati in buona parte da organismi ufficiali mini-
steriali – come la casa di Esztergom-tabor; opere per minori in difficoltà (es. Ra-
kospalota) o per orfani delle varie guerre (Budapest-Obuda, Visegrad…) o per ri-
fugiati (Balassagyarmat), laboratori di arti e mestieri. Nella considerazione popola-
re ungherese, almeno fino al momento della soppressione (1950) i salesiani erano
veramente i religiosi che si occupavano dei giovani più “poveri ed abbandonati”.
Potrebbe costituirne una controprova quanto si legge nei “Rendiconti” al
Rettor Maggiore. Interessante, al riguardo, una nota dell’ispettore don Antal al
Rettor Maggiore don Ricaldone, in data 10 marzo 1936. Spiegando la difficoltà
ad organizzare l’Associazione degli Ex-Allievi, si osserva: “A Nyergesújfalu
[n.d.r.: aspiranti + esterni] si è cominciata l’organizzazione degli Ex-Allievi. Nel-
le altre Case, però, sia perché le fondazioni sono ancora recenti, sia perché la
maggior parte dei giovani erano corrigendi e difficilmente si può sapere il loro
domicilio, per ora si lavorò quasi inutilmente”52.
Anche nei momenti più difficili i Salesiani, pur non esenti da limiti e imper-
fezioni, sono stati fedeli alla loro missione specifica, pagandola a caro prezzo per-
sonale e subendo una vera e propria persecuzione da parte del regime comunista.
52 ASC F031, fasc. 5, “Rendiconti”.

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LE VICENDE DEI SALESIANI E DELLE LORO ISTITUZIONI
EDUCATIVE IN CROAZIA 1941-1960
Marinko Ivankovi´c*
Introduzione
I salesiani in Croazia avviarono le attività educative in circostanze politiche
e sociali molto difficili. I primi arrivarono nella regione durante la monarchia
austroungarica, quando la Croazia come stato indipendente non esisteva anco-
ra. Giunsero a Rovinj nel 19131, prima dello scoppio della Grande guerra e a
Rijeka (Fiume) nel 19182 alla fine della prima guerra mondiale. Erano tutti sa-
lesiani italiani. A Rovinj e a Rijeka viveva una notevole minoranza nazionale
italiana. Alla fine della Prima guerra mondiale la Monarchia austroungarica
cadde, e con la decisione della Conferenza di pace di Parigi, di Rapallo e di Ro-
ma, Rovinj e Rijeka divennero parte dell’Italia, mentre le altre regioni della
Croazia formarono il nuovo Regno di Serbi, Croati e Sloveni, che più tardi si
chiamò Iugoslavia. Gli oratori a Rovinj e Rijeka furono integrati nell’ispettoria
salesiana veneta.
Su invito dell’arcivescovo di Zagreb mons. Antun Bauer, i salesiani furono
incaricati dell’amministrazione e dell’educazione nel convitto di Zagreb nel
19223. Essi erano giunti in città dalla Slovenia, dove si erano stabiliti nel
19014. Il successo di quell’opera salesiana facilitò la mediazione degli stessi
principi educativi a Zagreb, sicché grazie al convitto e all’oratorio festivo i sale-
siani divennero noti in tutta la Croazia. A Knezˇija (vicino a Zagreb) nel 1928,
con le offerte di donatori acquistarono un vasto terreno e l’anno successivo5
aprirono un oratorio e la casa per la gioventù, che diventò presto il luogo di ri-
unione di centinaia di giovani, come pure la cappella del convitto divenne il
* Salesiano, docente (professore) al liceo classico salesiano di Rijeka, adesso segretario della
Ispettoria salesiana croata.
1 Marinko IVANKOVIC´, Salezijanci u Rovinju. [I salesiani a Rovinj], in “Don Bosco Da-
nas” 2 (2002) 20-21.
2 Marinko IVANKOVIC´, Dolazak salezijanaca u Rijeku. [L’arrivo dei salesiani a Rijeka], in
“Don Bosco Danas” 1 (2004) 20-21.
3 Nikola PAVICˇIC´, Salezijanci u Zagrebu. [I salesiani a Zagreb]. Zagreb 1996, pp. 21-22.
4 Bogdan KOLAR, Salezijanci sto let na Slovenskem. [Cento anni dei salesiani in Slovenia].
Ljubljana 2001, pp. 37-40.
5 N. PAVICˇIC´, Salezijanci..., p. 27.

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330 Marinko Invankovic
centro pastorale per la numerosa popolazione, perché non esisteva una chiesa
nelle vicinanze.
A Split (Spalato) già durante la vita di don Bosco6 si era pensato di far arri-
vare i salesiani, che però vi si stabilirono solo nel 19367 e continuarono l’opera
educativa nel già esistente istituto educativo per la gioventù bisognosa. All’ini-
zio della guerra erano attivi da cinque anni in città. Con la loro devozione,
semplicità e laboriosità presto acquistarono la simpatia del clero e del popolo.
Si presero cura di una trentina di ragazzi poveri affidati loro secondo il con-
tratto con “l’Associazione benefica pubblica” che era anche la proprietaria del-
l’istituto. All’arrivo i salesiani aprirono inoltre un convitto per quaranta – cin-
quanta ragazzi, che frequentavano le scuole medie pubbliche, e nel 1938 apri-
rono l’oratorio dove in breve si raggruppò un gran numero di giovani. La cap-
pella del convitto offriva a giovani e adulti l’educazione religiosa e le funzioni
religiose.
Nel 1939, a Podsused (vicino a Zagreb) i salesiani fondarono una nuova casa
e costruirono la chiesa di san Giovanni Bosco8. Nel 1940 aprirono un istituto
educativo a Donji Miholjac. Lì si fecero carico della “Fondazione di Celestina
Roscher”, istituita per educare i ragazzi poveri al mestiere di artigiani e pratican-
ti commercianti, con la possibilità di ospitare una trentina di allievi. Oltre a
questi vennero accolti anche i “Figli di Maria”.
1. I SALESIANI DURANTE LA SECONDA GUERRA MONDIALE
Con la Seconda guerra mondiale scomparve il Regno di Iugoslavia, che in
Croazia nessuno rimpianse. Il paese fu diviso in varie regioni sotto le autori-
tà locali e con differenti formazioni militari. Nezavisna Drzˇava Hrvatska (Lo
Stato Indipendente della Croazia), che comprendeva la Bosnia e l’Erzegovina
e una gran parte della Croazia. Slovenia era sotto il supremo governo dei te-
deschi e degli italiani. Le forze d’occupazione tedesche chiusero gli istituti
educativi salesiani a Radna e Verzˇej, dove si educavano anche futuri salesiani
croati, mentre a Radna c’era il noviziato. La comunicazione con la sede del-
l’Ispettoria di Ljubljana fu molto precaria. I salesiani per la formazione dei
giovani candidati croati comprarono il castello Dioˇs vicino Daruvar9, dove
6 Marko PRANJIC´, Salezijanci u Hrvatskoj. [I salesiani in Croazia], in “Salezijanski Vje-
snik” (Il Bollettino Salesiano) 1 (1985) 19-20.
7 Archivio della Provincia salesiana a Zagreb: Il contratto dei salesiani per l’assunzione
dell’amministrazione dell’istituzione. I salesiani non ne diventarono proprietari perché l’isti-
tuzione rimase proprietà della “Beneficenza Pubblica”.
8 Il merito per l’apertura della casa a Podsused va al parroco Josip Mokrovic´ di Stenje-
vac, dove si trova Podsused, perché la parrocchia regalò il terreno ai salesiani per la costru-
zione della casa e la chiesa.
9 Archivio della provincia salesiana croata a Zagreb: Il contratto di compra-vendita del
castello Dioˇs.

34 Pages 331-340

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34.1 Page 331

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Le vicende dei Salesiani e delle loro istituzioni educative in Croazia 1941-1960 331
nel 1941 fu aperto il primo noviziato. Quando il primo gruppo di giovani
finì il noviziato e professò i voti, tutti rimasero a Dioˇs dove i salesiani fonda-
rono un liceo privato. Essi furono accolti molto bene dal clero e dai fedeli:
aiutavano nella pastorale parrocchiale, mentre i novizi e i giovani chierici
spesso organizzavano accademie e rappresentazioni teatrali. L’istituto si trovò
sulla linea di guerra dall’agosto del 1944 al marzo del 1945. I combattimenti
si svolgevano nelle vicinanze. L’esercito cercò parecchie volte di usufruire
dell’istituto, fornito di una torre adatta all’avvistamento, ma i salesiani ri-
uscirono ad impedirlo e così salvarono l’istituto dalla distruzione. Il 19 gen-
naio 1945 i partigiani10 mobilitarono tutti i chierici e i novizi che si trovaro-
no sul posto. Il direttore fece il possibile per annullare l’ordine di mobilita-
zione, ma senza risultato. Tutti dovettero presentarsi alla commissione a Da-
ruvar il 22 gennaio; due chierici furono esentati, mentre gli altri andarono
direttamente sotto le armi.
Le attività continuavano senza interruzione al convitto arcivescovile in via
Vlaˇska, nella Casa della gioventù a Kneˇzija e a Podsused dove i salesiani si occu-
parono anche della parrocchia san Giovanni Bosco, appena fondata. Dopo il
difficile inizio a Rijeka, l’oratorio e il convitto proseguirono il lavoro fino alla
capitolazione dell’Italia. In seguito la città fu spesso bombardata, sicché la vita
era molto incerta. Per questa ragione l’anno scolastico dovette chiudersi in fretta
e il soggiorno degli scolari fu breve.
Durante la guerra le maggiori difficoltà furono affrontate dall’istituto a Split.
L’esercito italiano si era impossessato della maggior parte dell’edificio, cosicché
l’oratorio e il convitto dovettero interrompere il loro lavoro, mentre ai religiosi
rimase solo una ventina di ragazzi poveri della “Beneficenza pubblica”. All’inizio
del gennaio 194211, don Pietro Tirone, membro del Capitolo generale e don
Francesco Antonioli, superiore dell’ispettoria veneta, visitarono i salesiani a Split
e in quell’occasione l’istituto fu incorporato nell’ispettoria salesiana veneta. Do-
po la capitolazione dell’Italia, la città di Split fu occupata dai tedeschi e durante
gli attacchi aerei molte case furono distrutte. Il 22 settembre 1944 i tedeschi e
gli ustascia12 lasciarono Split. Al loro posto subentrarono i partigiani e il regime
comunista13.
Dal 1941 al 1945 tutta la Croazia era un campo di guerra, tuttavia nemme-
no una casa salesiana fu distrutta e tra i salesiani perse la vita soltanto il chierico
Josip Belovic´.
10 Cronaca dell’istituto salesiano Marijin Dvor (Dioˇs), il 19 gennaio 1945 (La cronaca è
composta solo di dati).
11 Cronaca dell’istituto Martinis Marchi dei salesiani a Split dal 3-8 gennaio 1942:
contiene gli scritti sul soggiorno del Prefetto a Split.
12 Una parte della forza militare organizzata durante la seconda guerra mondiale in
Croazia.
13 Sono notati dettagliamente nella cronaca dell’istituto gli avvenimenti della fine della
guerra.

34.2 Page 332

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332 Marinko Invankovic
1. La soppressione di tutti gli istituti educativi dopo l’arrivo dei comunisti al
potere (1945–1947)
1.1. Split (Spalato)
I patemi della guerra finirono per i salesiani prima a Split, tuttavia con la fine
del conflitto le difficoltà non cessarono, anzi si moltiplicarono. Il nuovo governo
comunista sistemò nell’istituto salesiano i profughi che tornavano a casa o i sol-
dati. I profughi aspettavano una sistemazione e i soldati l’alloggio. I salesiani vi-
vevano sperando nella pace per riprendere la vita normale, mentre si prendevano
cura di una trentina di ragazzi alloggiati in una parte dell’istituto. La cappella del
convitto fu il centro della vita sacramentale e pastorale anche per gli abitanti vici-
ni. Il nuovo governo inviò all’istituto il proprio commissario Josip Jurjevi´c per in-
formarsi su tutto quello che accadeva. Il governo comunista di Split diede l’ordi-
ne di trasferire tutti gli scolari a Lovret, dove sarebbero rimasti sotto suo incarico.
L’istituto fu requisito dall’esercito e adibito a ospedale. I salesiani dopo le pre-
ghiere serali dovettero congedarsi dagli scolari il 27 giugno 1945. Ai religiosi ri-
mase la cappella e due stanze e alle religiose FMA rimasero tre stanze. I salesiani
volevano far valere il proprio diritto, ma si accorsero che a quel tempo il diritto
non valeva molto. Presentarono ricorso anche tramite il vescovato, ma invano.
L’ospedale militare si trasferì il 21 luglio 194514, però l’edificio non fu restituito
ai salesiani. Il 2 agosto 1945, essi ricevettero l’ordine di lasciare il convitto e di
trasferirsi nel collegio dei gesuiti con due camere a disposizione. Anche le suore
dovettero lasciare il convitto e trasferirsi nel monastero delle Figlie del Divino
amore sulla via di Marian. Quando l’ospedale militare lasciò il convitto, il Comi-
tato cittadino decise di trasformare il convitto in asilo per l’infanzia, ma l’idea fu
abbandonata ed il 28 ottobre 1945 vi furono sistemati gli invalidi di guerra. Una
parte del convitto rimase ai salesiani. Il 29 gennaio 1947, la corte annullò il con-
tratto tra la “Beneficenza pubblica” e i salesiani, in base al quale essi erano arrivati
a Split. I salesiani presentarono ricorso ancora una volta, ma ottennero soltanto il
permesso di rimanere a Split sino al 30 settembre 1947. Il direttore del convitto
don Sˇtefan Vogrin e un confratello, il signor Franc Visocˇnik furono gli ultimi a
lasciare il convitto e da Split andarono a Zagreb (16)15.
1.2. Donji Miholjac
Durante la guerra, a Donji Miholjac i salesiani si presero cura di un gruppo
di ragazzi dei luoghi vicini che frequentavano la scuola complementare e dei
“Figli di Maria”, per i quali organizzarono il ginnasio. Durante la guerra le co-
municazioni erano difficili per gli approvvigionamenti, specialmente per i “Figli
di Maria” arrivati da diverse regioni. Le maggiori complicazioni cominciarono
14 Cronaca dell’istituto del 21 luglio 1945.
15 Cronaca del 30 settembre 1947.

34.3 Page 333

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Le vicende dei Salesiani e delle loro istituzioni educative in Croazia 1941-1960 333
nel 1945, con l’avvicinamento del fronte. Nell’ottobre 1945, nell’istituto c’era-
no 28 scolari. Don Antun Sivoncˇik, che era diventato direttore l’anno preceden-
te, morì all’improvviso il 12 dicembre del 1945, e già il 4 gennaio 1946 arrivò il
nuovo direttore, don Srec´ko Radman. Dall’inizio del 1946 le difficoltà con le
autorità si moltiplicarono. Il governo proibì la festa di san Giovanni Bosco, il 3
febbraio 1946, organizzata dagli alunni dell’istituto e che comprendeva una
marcia finale e la rappresentazione La vittima del segreto confessionale16.
Il ministero della pubblica istruzione nel 1946 emise un decreto che aboliva
tutti i convitti educativi che non erano stati fondati dal governo e che non ave-
vano ricevuto il permesso di lavoro sino al 15 ottobre 1946. L’istituto salesiano
a Donji Miholjac non ottenne il permesso. I salesiani presentarono di nuovo un
ricorso. Il regolamento permetteva l’istruzione dei seminaristi, e nell’istituto era-
no in maggioranza dei futuri salesiani. Il Consiglio popolare del distretto di
Donji Miholjac inviò all’organizzazione O.N.O. di Osijek l’ordine di chiudere
l’istituto e di consegnare il collegio di Donji Miholjac. La commissione compilò
l’inventario, ma la consegna non fu eseguita perché il promotore non si presen-
tò. Fu solo un breve rinvio. Dal 1947 arrivavano ogni giorno le richieste di la-
sciare l’edificio. Quando il ministero confermò l’ordine i salesiani dovettero la-
sciare l’istituto. Il 29 gennaio 1947 dimisero gli scolari e il 31 festeggiarono san
Giovanni Bosco con “un pianto straziante”, come scrisse il cronista. Gli ultimi
salesiani, don Izidor Tuˇsek e il confratello assistente Josip Tomac, lasciarono
Donji Miholjac il 6 febbraio 194717.
1.3. Dioˇs – Marijin Dvor
Alla fine della guerra nella primavera del 1945 i salesiani di Dioˇs fecero tutto
il possibile per incominciare una vita normale. Durante la guerra e nella loro
breve dimora a Dioˇs, propagarono in tutta la regione la venerazione di Maria
Ausiliatrice. I salesiani diedero il nome “Marijin Dvor” (Il Castello di Maria) al
castello di Dioˇs. Sotto la guida del capace direttore don Jerko Grzˇincˇic´ (diventò
direttore al posto di don Serafin Pelicon nel luglio del 1944) prepararono, subi-
to dopo la guerra, una grande festa a Maria Ausiliatrice. All’aperto, vicino al
convitto, al confine del bosco prepararono un altare decorato di fiori. Dopo il
pranzo arrivarono alcuni partigiani, che chiedevano, come nota il cronista, di
parlare alla gente della fratellanza e unità e di pregare per il compagno Tito. Fu-
rono trattati cortesemente, ma il discorso non fu fatto18.
16 Cronaca del 3 febbraio 1946.
17 Con il 6 febbraio 1947 termina la cronaca dell’istituto salesiano “Celestina Rocher”
a Donji Miholjac.
18 Cronaca dei salesiani di Marijin Dvor del 21 maggio del 1945. La guerra era appena
finita e il nuovo governo permise le feste religiose. Nessuno ignorava la tragedia di Blei-
burg (Bleiburg=piccola città in Austria). Gli avvenimenti di Bleiburg sono stati descritti
nel paragrafo 3.1.

34.4 Page 334

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334 Marinko Invankovic
I novizi e i chierici durante l’estate e l’autunno ritornarono dal servizio milita-
re. I novizi ripresero il noviziato, fecero i primi voti l’11 novembre 1945; dopo, il
noviziato cambiò sede. Don Anton Hanˇzel, che aveva ottenuto l’incarico di mae-
stro dei novizi nel 1944, fu trasferito a Sˇkrljevo (Slovenia), con lo stesso ufficio.
Secondo la legge della riforma agraria i conventi potevano possedere al mas-
simo 10 ettari di terra. Nella categoria dei conventi era incluso anche il Marijin
Dvor dei salesiani. Il castello aveva un terreno leggermente più vasto di quello
permesso19. La commissione composta dal rappresentante regionale del N.O.20
di Daruvar e dalla polizia di Koncˇanica arrivò il 30 marzo 1946, in assenza del
direttore don Toma Kelenc, che stava predicando gli esercizi spirituali a Zagreb.
Senza alcun mandato, chiesero che nel giro di due ore tutto l’istituto si trasferis-
se. Tutti gli appelli alle autorità legislative e istituzionali ebbero come unico ri-
sultato che il trasferimento fosse rimandato di un giorno, in altre parole sino al
31 marzo 1946, che era domenica. I fedeli che il giorno dopo si recarono per la
messa domenicale, trovarono la polizia che non permise l’entrata nella cappella.
La notizia si sparse nei villaggi vicini, così che si radunò molta più gente del so-
lito e per la ferma richiesta dei fedeli si celebrò la messa. Dopo la messa i fedeli
non si dispersero, ma chiesero che i salesiani restassero. Il giorno dopo, il l° apri-
le 1946, molti fedeli si riunirono per accompagnare i salesiani che erano tanto
amati in tutta la regione. I religiosi lasciarono l’istituto portando con sé la statua
di Maria Ausiliatrice e si diressero verso la chiesa parrocchiale a Daruvar, a circa
6 km. Lungo la strada si unirono altri fedeli, così che si formò una grande pro-
cessione che procedeva con la statua della Madonna, pregando e cantando inni
dedicati a Lei. Quando arrivarono davanti alla chiesa di Daruvar i salesiani furo-
no fisicamente attaccati. L’attacco era condotto dagli invalidi di guerra che con
bastoni picchiarono i chierici e i sacerdoti, non solo fuori della chiesa, ma anche
dentro la chiesa. Alcuni riportarono ferite gravi. I salesiani si trasferirono da
Marijin Dvor a Badljevina, nella casa parrocchiale, amministrata dai salesiani.
Gli ambienti a disposizione erano in numero minore, ma anche in queste circo-
stanze si cercò di organizzare una vita normale e portare a termine l’anno scola-
stico. Al tribunale di Daruvar, il 4 maggio 1946, furono dichiarati colpevoli il
direttore don Toma Kelenc e il parroco di Daruvar Mijo Etinger per gli avveni-
menti di Daruvar del 1° aprile 1946, come organizzatori della dimostrazione
contro il potere popolare. Il direttore fu punito con 30 giorni di carcere e il par-
roco con 10 giorni. Furono puniti anche una fedele di Daruvar, Ankica Hajncl,
e alcuni invalidi che avevano assalito fisicamente i sacerdoti e i chierici21. Biso-
19 Per decisione della commissione agraria a Daruvar no. 227/46, furono confiscati al-
l’istituto due iugeri di bosco iscritti nel catasto, perché la maggior parte dei possedimenti
consisteva in boschi, mentre minore era la quota in campi e frutteti.
20 Il governo locale comunista.
21 Archivio della Provincia salesiana a Zagreb. I fatti del 1 aprile 1946 furono descritti
dal direttore dott. Toma Kelenc e indirizzati al ministero dell’agricultura e delle foreste il
10 aprile 1946.

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Le vicende dei Salesiani e delle loro istituzioni educative in Croazia 1941-1960 335
gna riconoscere che la punizione al direttore era per quei tempi insolitamente
leggera. Per il sacerdote si erano interessati alcuni dei rappresentanti dello stato,
perché don Toma Kelenc come parroco di Badljevina durante la guerra aveva
aiutato i partigiani, così era conosciuto in quella regione, e appunto per questo
gli usarono un riguardo speciale22. Anche se i salesiani persero l’edificio e il ter-
reno di Marijin Dvor (Dioˇs), furono picchiati e puniti dal tribunale, non si per-
sero d’animo. Un gran numero di chierici continuò gli studi anche in queste
difficili circostanze, e molti di essi divennero sacerdoti: Stanislav Belaj, Mirko
Bajic´, Franjo Crnjakovic´, Nikola Vuglec, Marin Mandic´, Nikola Zubovic´, Josip
Juric´, Tadija Dodic´, Mihael Krämer23. Il direttore il 10 aprile 1946 inoltrò una
lamentela al ministero dell’agricoltura e delle foreste per la confisca dell’edificio
e il loro forzato allontanamento, e per tutti gli atti illegali compiuti contro i sa-
lesiani e la scuola salesiana di Marijin Dvor (Castello di Maria), perché la legge
permetteva il lavoro nelle scuole religiose per l’istruzione dei futuri sacerdoti. Il
tribunale non solo non risolse positivamente le legali e giuste richieste dell’espo-
sto, ma con decreto del I.R. 277/46 dell’11 giugno 1946, annullò il contratto di
compra-vendita fra l’Istituto per la colonizzazione e i salesiani del 9 settembre
1941, con il quale i salesiani erano divenuti proprietari di Dioˇs (Marijin Dvor).
Nella cronaca del convitto arcivescovile di Zagreb, il 3 aprile 1946 è annota-
to l’arrivo di un certo Aleksandar Kiˇs che raccontò ai salesiani dell’attacco alla
processione a Daruvar e che molti sacerdoti e chierici erano stati uccisi24. Più
tardi, nello stesso giorno al convitto a Zagreb arrivarono due contadini, che era-
no stati mandati da don Josip Klenovˇsek, e che portarono notizie più rassicu-
ranti. Dopo di loro arrivò a Zagreb anche il direttore di Marijin Dvor don To-
ma Kelenc, che tranquillizzò i salesiani raccontando che erano stati sì picchiati,
alcuni più e altri meno, soprattutto il chierico Franjo Crnjakovic´, medicato per
23 ferite, ma che nessuno era morto. Il racconto di Kiˇs dimostra quanto era sta-
ta forte la reazione a Daruvar e nei dintorni, e il suo racconto è solo una delle
molte versioni che circolavano a quel tempo.
1.4. Rovinj
Dopo la capitolazione italiana nel settembre 1943, le attività nell’oratorio a
Rovinj si erano svolte regolarmente. In Istria arrivò poi l’esercito tedesco e le
condizioni di vita divennero insicure a causa dell’attività partigiana, e ancor più
a causa dei bombardamenti alleati dai quali non fu risparmiato nemmeno Ro-
22 Detto: Per il dott. Toma Kelenc si erano interessati il Presidente del N.O. di Badilje-
vo Aleksa Lipljanac e il presidente del comitato del J.N.F. (organizzazione pubblica dei co-
munisti) di Badljevina Nikola Lujanac. T. Kelenc era stato curato a Badljevina e poi diret-
tore a Marijin Dvor.
23 Michael KRÄMER, Meine Rettung aus den Fangen des Kommunismus. (S.l.), Verlag Pa-
deborn (s.d.).
24 Cronaca del convitto arcivescovile sotto i salesiani a Zagreb, il 3 marzo 1946.

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336 Marinko Invankovic
vinj. I salesiani tennero aperto regolarmente l’oratorio e organizzarono le attivi-
tà, sebbene con un numero minore di partecipanti. L’esercito tedesco lasciò Ro-
vinj il 29 marzo 1945, ma il giorno dopo entrò in città l’esercito partigiano.
Nella cronaca dell’oratorio del 2 maggio è scritto: “Sulla torre di santa Eufemia
sventola la bandiera croata. Dobbiamo noi salesiani sentirci stranieri? A quale
provincia apparterrà questa casa? Noi salesiani siamo internazionali. Possiamo
fare del bene sotto qualsiasi bandiera. Avanti nel segno di Dio! I tempi sono dif-
ficili! È necessaria una grande saggezza”25. La gente difficilmente si abituava al-
l’avvento di un’epoca completamente differente con altri principi di vita.
Durante tutto il 1946 e fino al febbraio 1947 i salesiani insegnavano il catechi-
smo, nelle scuole preparavano i bambini alla Prima Comunione e alla Cresima e
svolsero tutte le abituali attività nell’oratorio. A Parigi fu firmato il trattato di pace
il 10 febbraio 1947, e qui si decisero le nuove frontiere tra l’Italia e la Iugoslavia
con la nascita del Libero territorio di Trieste26. Con questo trattato, Rovinj, come
la maggior parte dell’Istria, divenne Croazia. Allora fu concessa agli abitanti dell’I-
stria la possibilità di optare, cioè di potersi trasferire in Italia. I salesiani italiani e
l’oratorio di Rovinj, che rientravano nella ispettoria salesiana veneta, decisero in
tal senso. A Rovinj rimase solo un salesiano, don Frane Guleˇsic´, che era arrivato a
Rovinj nel 1946. Il governo comunista dopo breve tempo proibì il catechismo
nelle scuole e impedì anche l’oratorio. Don Frane Guleˇsic´ manteneva la prassi reli-
giosa nella chiesetta dell’oratorio e nella piccola chiesa della Madonna della Mise-
ricordia, dove regolarmente radunava un bel numero di devoti alla Madonna. L’e-
dificio dell’oratorio di Rovinj nel 1949, senza alcun decreto ufficiale, fu sottratto
come casa degli scolari e ai salesiani fu data una casa civile con giardino, apparte-
nuta a una famiglia trasferita in Italia. I salesiani stavano all’erta e aspettavano
tempi migliori per un’attività a Rovinj, ma più il tempo passava più si prevedeva
che il soggiorno di un solo salesiano a Rovinj, senza uno specifico stato di lavoro,
non aveva senso. In tali circostanze i salesiani nel 1956 lasciarono Rovinj, la sede
dove avevano iniziato la loro opera educativa e la casa che avevano ricevuto al po-
sto dell’edificio dell’oratorio fu affidata alle suore orsoline di Sˇkofja Loka27.
1.5. Rijeka
A Rijeka i salesiani, oltre all’oratorio fondato nel 1918, avevano un istituto
aperto nel 1935. Nell’oratorio costruirono la bella chiesa di Maria Ausiliatrice e
il vescovo di Rijeka nel 1941 aprì una nuova parrocchia e l’affidò ai salesiani,
cosicché la chiesa dell’oratorio divenne anche chiesa parrocchiale. Durante la se-
conda guerra mondiale e subito dopo, i salesiani vissero nelle medesime condi-
25 La cronaca del testo è stata scritta in italiano, tradotta da M. Ivankovic´.
26 Goran MORAVCˇEK, Rijeka izmed–u mita i povijesti. [Rijeka tra il mito e la storia]. Rijeka
2006, p. 141.
27 Archivio della Provincia salesiana a Zagreb: Contratto tra i salesiani e le suore orsoline.
Rovinj, 8 ottobre 1956.

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Le vicende dei Salesiani e delle loro istituzioni educative in Croazia 1941-1960 337
zioni dei salesiani a Rovinj. Dopo la capitolazione dell’Italia, l’8 settembre
1943, nella città arrivò l’esercito tedesco. Le comunicazioni erano difficili. Il
convitto in queste condizioni rimase chiuso per l’anno scolastico 1943/44. Gli
aerei alleati spesso bombardavano la città e il lavoro dell’oratorio dovette adat-
tarsi all’emergenza. L’esercito tedesco lasciò Rijeka il 3 maggio 1945, e nella cit-
tà arrivarono i partigiani. Dopo la Prima guerra mondiale ci si era già chiesti a
quale stato sarebbe appartenuta la città di Rijeka, ma il problema della frontiera
tra l’Italia e la Iugoslavia non fu meno grave dopo la Seconda guerra mondiale.
Il direttore don Giuseppe Cucchiara, che era stato già missionario in Cina, deci-
se di tornare in missione, col consenso dei superiori. Prima di lasciare Rijeka
nell’agosto 1946, si trovò con don Stanko Rebek a Ljubljana, dove con l’ispetto-
re don Ivan Sˇpan parlò della necessità che i salesiani croati e sloveni accettassero
le case a Rijeka e Rovinj. Partito don Cucchiara, ricevette l’incarico di direttore
Gerolamo De Martin28, che era anche parroco. Nemmeno lui rimase a lungo,
perché il 16 gennaio 1947 arrivò la polizia, perquisì la casa e lo arrestò. Nel pro-
cesso montato fu condannato a tre anni di prigione. Nella prigione a Stara Gra-
diˇska passò più di un anno e dopo partì per l’Italia, perché era stato condannato
all’esilio. Al posto dei salesiani italiani vennero quelli croati e sloveni, che prove-
nivano dall’ispettoria salesiana jugoslava dei santi Cirillo e Metodio.
Da Rijeka non erano partiti solo i salesiani. Con l’approvazione della Santa
Sede partì anche il vescovo mons. Ugo Camozzo, il 2 agosto 1947. La sua par-
tenza non era stata pubblicamente annunciata29. Partirono anche più di trenta
sacerdoti e, poiché alcuni altri erano stati arrestati, di fatto la diocesi fu privata
della gran parte del clero. Da Rijeka si trasferirono anche molti cittadini, soprat-
tutto italiani, oltre a croati e appartenenti ad altre nazionalità.
Fu chiuso altresì il convitto salesiano. L’anno scolastico 1946/47 fu l’ultimo di
attività. La cena d’addio per gli allievi e il triste commiato avvenne il 29 giugno
194730. L’attività dell’oratorio non fu proibita da alcun ordine concreto, ma in
realtà era resa impossibile. Tutte le sezioni cessarono le attività, perché non era pos-
sibile organizzare i raduni. Si concluse così il lavoro di molte associazioni: Dame
patronesse, l’Associazione di Maria Ausiliatrice, l’Azione cattolica, gli scout. Sola-
mente la parrocchia di Maria Ausiliatrice come istituzione legale continuò con il
catechismo per i fanciulli e con il lavoro pastorale, e nel quadro della parrocchia si
tenne parte dell’attività dell’oratorio. L’edificio salesiano di Rijeka, a differenza di
altri, non fu confiscato. Gli edifici rimasero come proprietà dei salesiani.
1.6. Convitto dell’arcivescovado a Zagreb
Prima dell’inizio della guerra nel 1941, gli allievi furono inviati dal convitto
di Zagreb alle loro case. Quando la guerra cominciò, per un breve periodo si tra-
28 Cronaca dell’istituto salesiano a Rijeka, IV, p. 1 (16 gennaio 1947).
29 Ibid., p. 12 (2 agosto 1947).
30 Secondo la decisione del Ministero come in nota 20.

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338 Marinko Invankovic
sferì nell’edificio l’esercito tedesco. Molto spesso gli insegnanti con i convittori
preparavano delle accademie e degli spettacoli. Il convitto aveva anche un suo co-
ro. La maggior parte degli studenti faceva parte di piccole sezioni, secondo una
consolidata tradizione salesiana. Poiché il convitto era nel centro della città, spes-
so i salesiani degli altri istituti lo visitavano, sia quando erano di passaggio duran-
te i viaggi, sia perché venivano per lavoro a Zagreb. L’arcivescovo dott. Alojzije
Stepinac spesso e per varie ragioni soggiornava nel convitto. Il Legato pontificio
presso lo Stato indipendente Croato, mons. Giuseppe Ramiro Marcone31, era so-
lito recarsi al convitto alcune volte al mese, come pure arrivavano vari altri ospiti.
Gli insegnanti annotavano l’istruzione e la condotta degli allievi.
I partigiani entrarono a Zagreb l’8 maggio 1945: vi regnava una grande alle-
gria perché la guerra era finita, ma c’era anche molta insicurezza per il futuro.
Quello che accadde, fu peggiore d’ogni previsione. Don Frane Guleˇsic´ il 10
maggio 1945 si recò dall’arcivescovo Alojzije Stepinac per chiedere consiglio su
come avrebbe dovuto comportarsi nella nuova situazione. Già all’inizio del
1946 i giornali cominciarono ad attaccare i collegi privati scolastici che molto
spesso erano guidati da ordini religiosi. L’atteggiamento negativo verso la Chiesa
si rafforzava sempre più.
Il ministero della cultura della Repubblica Croata emanò il Decreto N.
10005/1946 del 17 settembre sui collegi scolastici, che permetteva il lavoro solo
ai collegi fondati dal ministero e a quelli che avevano ricevuto il suo permesso.
Il 1° settembre 1946 i salesiani avevano inviato la domanda al ministero per ot-
tenere il permesso di lavoro, ma fu respinta. I salesiani fecero ricorso al decreto.
Tutto questo accadeva durante l’anno scolastico, mentre gli allievi erano in con-
vitto. I loro genitori vennero a Zagreb molto preoccupati e infastiditi. Intanto si
conduceva il processo all’arcivescovo dott. Alojzije Stepinac, che di nuovo fu ar-
restato il 18 settembre e condannato a 16 anni di prigione l’11 settembre 1946.
Si celebrarono molti altri processi montati contro vescovi, sacerdoti e religiosi. I
giornali ogni giorno riportavano le peggiori denunce contro la chiesa e i sacer-
doti, senza nessuna possibilità di controbattere, perché tutti i mezzi di comuni-
cazione erano nelle mani dei comunisti. In queste circostanze non era possibile
che la richiesta dei salesiani fosse presa in considerazione e il convitto fu defini-
tivamente chiuso con il Decreto N. 68908-III-1946 del 18 novembre 1946,
consegnato ai salesiani il 3 dicembre 1946. Sebbene fosse prevedibile, tuttavia i
salesiani e gli allievi avevano sperato che il convitto potesse ricevere un permesso
di lavoro. La chiusura rattristò profondamente i salesiani, che si sentivano puni-
ti per il grande sforzo e per i sacrifici affrontati per l’educazione dei giovani. La
commissione arrivò il 5 dicembre e compilò tutto l’inventario del convitto, alla
presenza del prefetto e del rappresentante dell’arcivescovato. I salesiani si conge-
darono dagli allievi il 21 dicembre 1946, quando essi partivano per le vacanze
natalizie. Il convitto fu consegnato alla nuova amministrazione i primi giorni
31 La Cronaca del convitto arcivescovile a Zagreb nota le sue frequenti visite.

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Le vicende dei Salesiani e delle loro istituzioni educative in Croazia 1941-1960 339
del 1947. Così terminò l’attività di un istituto religioso che aveva una centena-
ria tradizione didattica e che i salesiani avevano guidato negli ultimi 25 anni. La
casa era per i salesiani la culla della loro opera in lingua croata. Gli oratori di
Rovinj e Rijeka, che erano stati fondati prima, erano infatti guidati da salesiani
italiani che usarono la lingua italiana, fino al 1946.
1.7. Knezˇija
Da quando la signora Marija Valencˇic´ regalò ai salesiani il terreno di Knezˇija al-
la allora periferia di Zagreb nel 1928, i salesiani pensarono a Knezˇija come a un
centro operativo salesiano per la Croazia. I salesiani con grande slancio e sacrificio
nello stesso tempo costruirono e svilupparono un insegnamento educativo e pasto-
rale. Knezˇija in poco tempo divenne il centro di un gran numero di ragazzi e di
giovani. I salesiani, aiutando le parrocchie, raccolsero molti cooperatori e benefat-
tori. Nel loro lavoro ottennero un grande aiuto dall’arcivescovo di Zagreb, mons.
Antun Bauer, e ancora di più dal suo successore, il beato Alojzije Stepinac. La città
crebbe rapidamente e siccome nelle vicinanze non c’era una chiesa parrocchiale,
l’arcivescovo Bauer, nel 1937 costruì la nuova parrocchia di Maria Ausiliatrice e ne
affidò l’amministrazione ai salesiani. La parrocchia non aveva la chiesa, ma solo la
cappella del convitto che serviva alla gioventù per le attività parrocchiali. Quando
cominciò la guerra, i salesiani avevano già creato una viva e ricca attività a Knezˇija,
soprattutto fra i giovani che erano per lo più di povere famiglie di lavoratori.
I salesiani avevano progettato di costruire in città un grande istituto con
un’ampia chiesa di Maria Ausiliatrice. In principio riuscirono a portare a termi-
ne soltanto una parte dei progetti. L’arcivescovo Alojzije Stepinac spinse i sale-
siani a costruire la chiesa, perché era di vera necessità e per la parrocchia e per
tutte le altre numerose attività. Essi erano timorosi di cominciare una così gran-
de opera, perché la costruzione del convitto dei giovani li aveva costretti ad in-
debitarsi e avevano notevoli difficoltà con l’architetto e i costruttori. Quando
l’arcivescovo Alojzije Stepinac regalò quasi tutti i mattoni per la costruzione del-
la nuova chiesa e in più una bella somma di denaro, i salesiani nei difficili anni
di guerra cominciarono la costruzione. La cura per la costruzione fu affidata al
direttore dei cooperatori salesiani don Josip Tkalec32. I lavori di preparazione
cominciarono nell’estate del 1942 e la prima pietra fu benedetta dall’arcivescovo
Alojzije Stepinac l’11 ottobre 1942. Sebbene in tempo di guerra fosse difficile
ottenere materiale per costruzione, tuttavia i lavori progredivano molto bene.
Grande aiuto di materiale arrivò dal cantiere della chiesa di Cristo Re che era
stata pianificata prima della guerra come grande santuario. Mons. Rittig33, che
aveva progettato un grandioso edificio, abbandonò l’idea all’inizio dei lavori,
32 Bogdan KOLAR, Njih spomin ostaja. I memoriam III. Rajni salezijanci v prvih sto letih
salezijanskega dela med Slovenci. Ljubljana 2002, pp. 386-387.
33 Mons. Svetozar Rittig, canonico dell’Arcivescovado di Zagreb, si adeguò all’ideologia co-
munista e divenne ministro dell’istruzione del governo comunista in Croazia dopo la guerra.

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340 Marinko Invankovic
appena si rese conto delle difficoltà della guerra. Così la chiesa di Maria Ausilia-
trice ricevette gratuitamente tutto il materiale che si trovava già nel cantiere del-
la chiesa di Cristo Re. Soprattutto era ben arrivato il ferro, che in quel tempo
era più caro dell’oro34. La chiesa fu coperta nell’autunno del 1943. L’anno se-
guente si cominciò, poco per volta, a sistemare la parte interna secondo le possi-
bilità dei mezzi e le circostanze, ma l’esercito tedesco requisì la chiesa non anco-
ra finita e la usò come magazzino per il materiale sanitario.
Finché durò la guerra e si costruiva la chiesa, si continuarono le altre attività
del collegio, dove viveva un gruppo di giovani seminaristi. Alcuni diventarono
salesiani. Knezˇija era conosciuta per le attività sportive. Sotto la guida dell’esper-
to organizzatore e musicista dott. don Jerko Grzˇincˇic´, nella sala del teatro si te-
nevano per la gioventù e per i fedeli della parrocchia dei programmi teatrali e
musicali molto ben riusciti. Dopo don Jerko Grzˇincˇic´ la conduzione dell’orato-
rio fu affidata a don Duro Zˇmegacˇ, ricco d’entusiasmo e d’iniziative.
Quando finì la guerra, Knezˇija continuò ad essere un grande centro di giova-
ni per il quartiere povero e per i lavoratori della città. Il nuovo governo soppor-
tava tutto questo sempre meno. I comunisti locali si sentivano a disagio, perché
la Chiesa accoglieva un gran numero di giovani. Fondarono perciò nella vicina
scuola un loro gruppo giovanile e cercarono in questo modo di allontanare i
giovani dai salesiani. Essendoci riusciti, cominciarono sui giornali ad attaccare il
coordinatore del convitto don Duro Zˇmegacˇ. Gli fu consigliato di allontanarsi
da Knezˇija, perché molti sacerdoti senza colpa erano stati o uccisi o incarcerati.
Don Zˇmegacˇ continuò il suo lavoro, perché non si sentiva colpevole. Fu arresta-
to il 20 maggio 194635, e in un processo montato fu condannato a cinque anni
di carcere. La pena fu scontata nel carcere di Stara Gradiˇska, dove erano detenu-
ti molti altri sacerdoti e religiosi.
Il collegio a Knezˇija funzionava come collegio e istituto scolastico, perciò era
una spina nell’occhio del nuovo governo. Con la scusa di cercare delle armi nel
collegio, il 9 settembre 1946 si organizzò un gruppo di lavoratori della vicina
fabbrica di scarpe, tra cui un gran numero di donne, per perquisire tutte le
stanze36. Furono emessi diversi decreti del comitato popolare cittadino, ma il de-
creto più importante – già citato – fu quello del ministero dell’educazione della
Repubblica Croata sui collegi scolastici N. 10005/46 del 17 settembre 1946, con
il quale praticamente venivano chiuse tutte le istituzioni private per l’educazione,
per lo più religiose. Per legge si permetteva il lavoro solo a quegli istituti educativi
nei quali si istruivano futuri sacerdoti. Il collegio veramente serviva in parte all’e-
ducazione dei salesiani, ma vi erano anche altri studenti, l’oratorio e si svolgeva-
no altre attività. I salesiani si sentivano in regola con il ricordato decreto e chiese-
ro il permesso per il proseguimento del lavoro37. La richiesta non fu accolta e il
34 N. PAVICˇIC´, Salezijanci ..., p. 142.
35 Ibid., p. 147.
36 Ibid., p. 157.
37 Ibid., p. 161.

35 Pages 341-350

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Le vicende dei Salesiani e delle loro istituzioni educative in Croazia 1941-1960 341
collegio fu chiuso con decreto del ministero della cultura. Ai salesiani rimase solo
l’uso della cappella con la sacrestia sino al 3 febbraio 1949, quando questa venne
confiscata. Siccome la chiesa era già sistemata e si tenevano le funzioni sacre, la
cappella servì piuttosto per le prove dei cori e per le riunioni. I seminaristi sale-
siani e i chierici che erano vissuti nel collegio, ricevettero l’uso di una parte del
convento dei conventuali francescani a Santo Spirito. I francescani non solo apri-
rono il loro convento ai salesiani, ma li accolsero in modo fraterno in quei diffici-
li momenti. A Knezˇija ai salesiani rimase solo la chiesa, non ancora terminata.
Essa diventò il centro delle attività.
2. La vita e l’opera dei salesiani in Croazia durante il regime comunista
2.1. In pace peggio che in guerra
La guerra in Europa finì l’8, cioè il 9 maggio 1945. Il governo della Croazia
Indipendente (NDH) con a capo Ante Pavelic´ rimase fedele agli alleati della
Germania nazista fino all’ultimo giorno. Molto più di centomila soldati e civili
si ritirarono verso occidente desiderando consegnarsi agli alleati occidentali, per-
ché avevano paura della crudeltà dell’esercito partigiano già sperimentata da
molti di loro nelle regioni conquistate. L’esercito e i civili riuscirono ad arrivare
in Austria e a incontrare l’esercito inglese. Gli inglesi chiesero la capitolazione
totale dell’esercito croato senza alcuna concessione. Quando l’esercito fu disar-
mato il 15 maggio 1945, l’esercito e i civili furono respinti in Croazia nelle ma-
ni dei partigiani. Allora si visse il più tragico periodo nella storia del popolo
croato. Vi furono impensate crudeltà, liquidazioni e torture. Per alcuni mesi,
senza giudizio dei tribunali, fu ucciso un gran numero di soldati e di civili. Nes-
suno ha potuto stabilire neanche approssimativamente il numero degli uccisi. Al
tempo del regime comunista, non solo non si poteva indagare, ma nemmeno
parlare di questo. La stima si aggira intorno a 300.000! I pochi sopravvissuti
non ne parlarono volentieri a causa dei gravi traumi sofferti e per il timore di es-
sere di nuovo colpiti dal regime. Dopo la caduta del regime comunista si sono
scritti diversi libri su quei tragici momenti, col racconto della propria ricerca ed
esperienza. I testi veramente contengono solo frammenti, ma una visione com-
pleta, competente, dove si possa stabilire pressappoco il numero delle vittime, i
luoghi dove e come furono liquidati, e com’era organizzato e compiuto il delit-
to, e chi e perché era stato condannato, non esiste. Molti, seguendo l’ideologia
comunista, pensano che sia stato fatto dagli “antifascisti” ai “fascisti”; è stato co-
sì, perché doveva essere così. Altri poi pensano che non si deve troppo scavare
nel passato, perché potrebbe ancora risvegliare rancori che purtroppo esistono,
ma che bisogna guardare verso l’avvenire e costruire il cammino della rappacifi-
cazione.
Il nuovo governo nei primi anni postbellici era conforme in tutto all’Unione
Sovietica e cercava di imitarla. Spesso si metteva in primo piano che la guerra
era stata una vittoria sul fascismo e nello stesso tempo una rivoluzione socialista

35.2 Page 342

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342 Marinko Invankovic
che correggeva tutte le ingiustizie di classe dei precedenti sistemi e che applicava
nuovi rapporti sociali più giusti e un benessere generale. In realtà accadde il
contrario. Dopo le liquidazioni senza processi, si crearono i tribunali del nuovo
potere. Furono varate tali leggi per le quali ciascuno poteva essere giudicato per
atti nemici e come avversario del progresso o anche come collaboratore dell’im-
perialismo o del fascismo. Nei primi anni del dopoguerra furono proibiti tutti i
partiti politici. Tutte le istituzioni sociali erano in mano al regime. Il partito co-
munista era padrone di vita e di morte. Non si riconoscevano più né le leggi di
Dio né le leggi umane, ma solo le leggi del governo comunista. Tutti i mezzi di
comunicazione e tutta la stampa erano completamente in mano ai comunisti e
non si poteva esprimere alcun parere contrario o alternativo. Si controllava tutta
la posta personale, soprattutto quella spedita o inoltrata dall’estero. Per l’ascolto
di radio straniere si poteva essere puniti con molti anni di carcere. Chi, per
qualsiasi ragione, diventava sospetto al regime, poteva aspettarsi di essere caccia-
to o di perdere il lavoro e la sua posizione nella società. “Lacrime amare scorro-
no senza tregua. Continuamente venivano mandati uomini all’impiccagione.
Tutta la nazione era sommersa da torrenti di lacrime. Dopo il massacro centi-
naia di migliaia di soldati e di cittadini croati nei primi mesi del regime comu-
nista venivano fucilati o impiccati giorno dopo giorno”38. Così nel suo diario
descrive questo periodo in Croazia il segretario dell’ambasciatore del papa in
Croazia, don Giuseppe Masucci.
In modo particolare fu presa di mira dal nuovo regime la Chiesa e le sue isti-
tuzioni. Tutto quello che il regime comunista pensava nemico, velocemente e
crudelmente veniva distrutto e non esisteva più come resistenza organizzata. La
Chiesa rimase la sola istituzione organizzata, che non aveva opposto resistenza al
regime, ma aveva chiesto lo spazio e la libertà per continuare la sua opera. An-
che questo, il regime spesso lo viveva e lo combatteva come azione nemica. La
costituzione del 1946, proclamata il 31 gennaio (nel giorno della festa di don
Bosco), aveva sì definito la libertà di religione secondo il protocollo delle Nazio-
ni Unite, ma la libertà era stata concessa nel contesto ideologico comunista.
Con la riforma agraria, alla Chiesa vennero confiscati i possedimenti e tutti gli
istituti sociali, dell’educazione e della salute. Non furono più stampati giornali e
riviste, non era più possibile stampare libri di contenuto religioso, furono proi-
bite le lezioni di catechismo nelle scuole ecc. Nei media e nelle scuole si accen-
tuava come “verità scientifica” che Dio non esisteva, che lo avevano inventato i
sacerdoti a loro vantaggio e a vantaggio delle classi dirigenti, e che la fede era
l’oppio del popolo e che col socialismo presto sarebbe sparita, perché non neces-
saria. Questo rapporto con la Chiesa fu accettato da un certo numero di uomi-
ni, soprattutto per utilità, ma da alcuni per convinzione. Nel popolo la religione
tradizionale era forte e la maggior parte dei fedeli rimase in silenzio e sopportò
rimanendo unita alla Chiesa. La Santa Sede fu dichiarata tra i principali opposi-
38 Aleksa BENIGAR, Stepinac. Zagreb 1993, p. 513.

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Le vicende dei Salesiani e delle loro istituzioni educative in Croazia 1941-1960 343
tori del socialismo e del progresso, e il regime comunista chiese ai vescovi di in-
terrompere il legame col Vaticano e di fondare una chiesa nazionale.
Si fondò l’unione sacerdotale dei Santi Cirillo e Metodio, accettata da un
gruppo di sacerdoti, convinti che con il governo comunista si doveva collabora-
re per risolvere i reali problemi della vita. I vescovi furono invece profondamen-
te contrari all’interruzione della relazione con Roma, sostenendo che questa non
sarebbe stata più la Chiesa cattolica e si dimostrarono contrari all’unione dei sa-
cerdoti. Vescovi e sacerdoti furono controllati in tutto, spesso accusati, condan-
nati, arrestati, picchiati e uccisi. Durante la guerra e nel dopo guerra furono uc-
cisi un gran numero di sacerdoti cattolici e di religiosi in Croazia, Bosnia ed Er-
zegovina. Finora non si conosce con precisione il loro numero. Quelli che han-
no raccolto i dati sono arrivati al numero di 38039! La maggior parte è stata uc-
cisa dopo la guerra. Solo un piccolo numero di sacerdoti non è stato, in un mo-
do o nell’altro, interrogato, accusato, punito e arrestato. L’accusa più frequente
era quella di collaborazione col regime degli ustascia e per questo era sufficiente
che il sacerdote avesse presenziato a qualche cerimonia organizzata da quel regi-
me durante la guerra. Spesso si organizzarono anche attacchi fisici ai vescovi e ai
sacerdoti durante le cerimonie religiose e la cresima e gli aggressori risultavano
sempre ignoti alla polizia anche se erano stati visti (Miroslav Buleˇsic´)40. I sacer-
doti furono tassati con alte somme che certe volte superavano il guadagno com-
plessivo. Un certo numero di sacerdoti andò in esilio. Il regime comunista per-
mise solo le funzioni pastorali della parrocchia. Ai vescovi fu lasciato il diritto di
nominare i curati. I sacerdoti potevano amministrare tutti i sacramenti. Ai par-
roci furono tolti i registri perché necessari agli uffici anagrafici, e i sacerdoti po-
tevano essere puniti se battezzavano un bambino o benedicevano un matrimo-
nio prima che fosse iscritto all’anagrafe. La Chiesa poteva mantenere le scuole
medie e le scuole superiori per i futuri sacerdoti, ma non avevano alcun diritto
davanti allo stato e gli allievi non avevano alcun riconoscimento scolastico: né
l’assicurazione sanitaria, né il rinvio o la riduzione del servizio militare. I religio-
si poterono rimanere nei loro conventi, ma lo stato spesso si appropriò di parte
del convento che usò per altri scopi.
2.2. La persecuzione dei salesiani
Dopo la Seconda guerra mondiale in Croazia era rimasto un piccolo gruppo
di salesiani che, uniti con i salesiani della Slovenia, formarono un’unica Ispetto-
ria salesiana. La sede ispettoriale dei salesiani era a Ljubljana (Slovenia). In
Croazia c’era la delegazione. In Slovenia vi era un numero maggiore di salesiani
e fra quelli che avevano operato in Croazia erano più gli sloveni che i croati. In
39 Stjepan KOZˇUL, Spomenica ˇzrtvama ljubavi Zagrebaˇcke nadbiskupije. [In memoria del-
le vittime dell’amore dell’Arcivescovado di Zagreb]. Zagreb 1992, p. 259.
40 Sluga Boˇzji Miroslav Buleˇsic´ svjedok vjere. [Il Servo di Dio Miroslav Buleˇsic´ testimone
della fede]. Pula 2007.

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344 Marinko Invankovic
Croazia durante e dopo la guerra perse la vita il chierico Josip Belovic´, colpito in
un bombardamento mentre viaggiava in treno. In Slovenia fu ucciso un grande
numero di fratelli salesiani, soprattutto giovani chierici. Dei salesiani furono
condannati al carcere, sebbene innocenti. A Rijeka fu condannato don Gerola-
mo De Martin a tre anni di carcere all’inizio del 1947, il primo curato della
nuova parrocchia di Maria Ausiliatrice. Quando fu arrestato ricopriva anche la
funzione di direttore, dopo la partenza di don Giuseppe Cucchiara41. Al tempo
della condanna, don Gerolamo aveva sessantasette anni e nella prigione di Stara
Gradiˇska rimase un po’ più di un anno. Il motivo dell’accusa era la collaborazio-
ne con il nemico e consisteva nell’aver accolto nell’istituto e aver conversato con
un certo Ordinanovic´, considerato parte della resistenza nemica. In tribunale la
suddetta persona non era presente e nemmeno si nominò il discorso tenuto. Il
secondo motivo dell’accusa era di aver consigliato a certi genitori di mandare i
ragazzi a scuola in Italia e il terzo di avere organizzato l’invio di cibo ai prigio-
nieri che erano stati arrestati dai partigiani. Come cittadino italiano, dopo aver
scontato la prigionia, don Gerolamo fu condannato all’esilio dalla Iugoslavia.
Arrivato in Italia, si presentò all’istituto salesiano a Belluno e qui, dopo un ac-
cordo con il superiore dell’ispettoria salesiana degli slavi meridionali, don Ivan
Sˇpan scrisse per il Rettor Maggiore un piccolo riassunto sulle condizioni in cui
vivevano i salesiani in Croazia e Slovenia sotto il regime comunista. Interessante
è che nella sua lettera don Gerolamo non racconti le ingiustizie vissute in prima
persona durante il processo e durante gli arresti. Nella lettera sono presenti alcu-
ni errori nella scrittura dei nomi delle persone e dei posti, cosa che dimostrava
che egli non aveva portato niente di scritto attraverso la frontiera e che questo
era scritto in base al colloquio42. Don Gerolamo De Martin era stato processato
perché doveva essere allontanato a causa della stima che godeva tra i suoi fedeli e
a causa dell’interesse dei giovani.
L’allora giovane sacerdote don Duro Zˇmegacˇ nel convitto di Knezˇija, subito
dopo la guerra aveva raccolto un gran numero di giovani. L’organizzazione di
partito che nella vicina scuola aveva organizzato programmi per i giovani, non
riuscì ad allontanarli dalla Chiesa e per questo montarono un processo penale e
condannarono don Duro Zˇmegacˇ a cinque anni di prigione. La pena fu comple-
tamente scontata nella prigione di Stara Gradiˇska. Al carcere di dodici anni fu
condannato a Sisak, nel 1947, don Alojz Kovacˇicˇ, amministratore della parroc-
chia di Zˇazˇina vicino a Sisak. Purtroppo non sono riuscito a individuare il moti-
vo per cui l’hanno accusato di collaborazione col nemico. In prigione trascorse
sette anni. Il dott. don Toma Kelenc, oltre alla condanna di un mese di prigione
per i fatti di Daruvar, fu di nuovo condannato ad un mese di prigione per le pa-
role pronunciate durante una predica. Fu incarcerato a Rijeka, e descrisse le sue
esperienze in una lettera ai confratelli. Don Josip Tkalec fu condannato per bre-
41 Cronaca salesiana a Rijeka, III, 16 gennaio 1947.
42 La copia della lettera nell’archivio privato di Rijeka, porta la data del 9 dicembre 1948.

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Le vicende dei Salesiani e delle loro istituzioni educative in Croazia 1941-1960 345
vi periodi di prigione. Don Anton Bajuk fu condannato a sei mesi di carcere,
perché aveva cambiato $ 2000. – che non si sa come aveva ricevuto dai salesiani
all’estero come economo di Knezˇija a Zagreb, nel 195543. Mentre era in carcere,
lavorando con una macchina agricola, perse l’indice della mano destra. Lo stesso
sacerdote, alcuni anni prima, era stato ferito davanti alle porte del convento
francescano di Santo Spirito, dove per un certo tempo erano stati sistemati dei
chierici. Era stato ferito alla gamba da un soldato dalla caserma vicina. Sopportò
tutta la vita le conseguenze di queste ferite. Quelli che non erano stati puniti
con la prigione furono spesso interrogati e da loro si pretendeva la collaborazio-
ne con gli organi del potere e lo spionaggio dei confratelli e dei colleghi sacerdo-
ti. Nessuno era sicuro di sfuggire alla persecuzione del governo, perché non si
trattava di colpe obiettive, ma solo dell’ideologia nemica.
I chierici e i giovani sacerdoti dopo la guerra dovevano fare il servizio milita-
re, che nel dopoguerra durava tre anni. Durante detto servizio, spesso si cercava
di allontanarli dalla vocazione sacerdotale. Durante le lezioni politiche dovevano
ascoltare in continuazione argomenti sull’opera nemica della Chiesa, dei sacer-
doti e dei vescovi. Il Vaticano e l’arcivescovo Alojzije Stepinac venivano descritti
con i più foschi colori. Non potevano assistere alle messe domenicali e alle ceri-
monie, né avere presso di sé alcun oggetto per la preghiera personale (libro di
preghiere, rosario...). Spesso erano chiamati in colloqui e interrogatori. Il chieri-
co Michael Krämer, durante il servizio militare, fu condannato a dieci anni di
carcere dal tribunale di Niˇs nel 1947, e al carcere di Srijemska Mitrovica passò
sei anni senza alcuna colpa. Oltre al carcere, come appartenente alla minoranza
tedesca dovette lasciare la Iugoslavia. All’uscita dal carcere divenne membro del-
la Ispettoria salesiana tedesca meridionale, fu ordinato sacerdote, finì gli studi di
Sacra Scrittura e lavorò per lunghi anni come professore a Benediktbeuern (sede
dello studentato salesiano di lingua tedesca)44. Il prenovizio salesiano Fabijan
Koˇsc´ak, durante il servizio militare a Novi Sad, fu condannato nel 1949 a due
anni di carcere, e visse fino alla fine nel carcere di Poˇzarevac, solo perché in una
lettera privata a suo fratello e ad una suora si era lamentato che per Natale aveva
lavorato tutto il giorno e doveva ascoltare le bestemmie45. Dopo l’uscita dal car-
cere e la fine del suo servizio militare, rimase fedele alla sua vocazione e divenne
salesiano e sacerdote e lavorò attivamente nell’ispettoria.
2.3. Cambio dell’indirizzo apostolico: le attività parrocchiali
Nei primi anni postbellici, i salesiani in Croazia rimasero senza istituti edu-
cativi. Tutto quello che avevano costruito fu annullato dalle leggi e dai decreti
del governo rivoluzionario. In più, i salesiani rimasero anche senza i mezzi ne-
43 Archivio della Provincia salesiana croata a Zagreb.
44 Dott. Michael Krämer, vive a Benediktbeuern come professore emerito in pensione.
45 Fabijan KOSˇC´ AK, Moji zatvorski dani. [I miei giorni in prigione]. (Manoscritto di 26
pagine, archivio provinciale di Zagreb).

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346 Marinko Invankovic
cessari per il sostentamento, senza alloggi e senza alcun sicuro mezzo per vivere.
Furono semplicemente buttati fuori da Donji Miholjac e da Dioˇs (Castello di
Maria). Le leggi permettevano solo le scuole per futuri preti e Dioˇs servì come
istituzione esclusivamente per questo scopo. Ma qui la legge che quei pochi ave-
vano scritto non aveva alcun valore. Tra l’altro non vi era nessun atto legale
scritto, ma solamente era arrivato un gruppo di uomini composto da soldati e
da civili che aveva comandato lo sfratto: “Se non ve ne andate di spontanea vo-
lontà, sarete buttati fuori con la forza”. Tuttavia i salesiani non si persero d’ani-
mo. Da una parte vissero la vita quotidiana come si poteva in quei momenti,
d’altra parte furono sostenuti dalla speranza che Dio non avrebbe permesso che
la difficile situazione continuasse a lungo.
I salesiani non avevano né parrocchie né conventi tradizionali, che il regime
comunista aveva fino ad un certo punto tollerato e accettato. I comunisti si im-
possessarono dell’istruzione e dell’educazione, pianificando che attraverso l’edu-
cazione sarebbero arrivati a realizzare una società senza classi. L’arcivescovo di
Zagreb e il vescovo di Rijeka riuscirono a convincere i salesiani, incerti, a dirige-
re l’amministrazione delle parrocchie, cosicché essi accettarono le tre parrocchie
appena fondate, legate alle istituzioni educative. La prima che i salesiani accetta-
rono in Croazia nel 1947 era la parrocchia di Maria Ausiliatrice a Knezˇija (Za-
greb). Essa era stata aperta presso la casa della gioventù. Alla periferia della città
in rapida espansione non vi erano chiese, e come chiesa parrocchiale nei primi
anni fu adibita la cappella della casa della gioventù. La parrocchia di Maria Au-
siliatrice a Rijeka fu fondata nel 1941, unita all’oratorio e al convitto. I salesiani
a Podsused, vicino a Zagreb, nel 1939 edificarono una piccola chiesa dedicata a
San Giovanni Bosco. Accanto ad essa pensarono di costruire un edificio per l’e-
ducazione dei giovani salesiani, perché la casa della gioventù di Knezˇija non era
adeguata allo scopo. Podsused faceva parte della parrocchia Stenjevac, e il parro-
co Josip Mokrovic´, grande amico dei salesiani, riuscì con il permesso dell’arcive-
scovato di Zagreb a far donare loro un terreno dalla parrocchia. Siccome Podsu-
sed era abbastanza lontano dalla chiesa parrocchiale di Stenjevac, l’arcivescovo
di Zagreb Beato Alojzije Stepinac, nel 1942 fondò a Podsused la parrocchia San
Giovanni Bosco e l’affidò ai salesiani. L’arcidiocesi di Zagreb nel 1940, alla peri-
feria di Zagreb a Rudeˇs, fondò la parrocchia di Santa Anna. Rudeˇs è un villag-
gio al confine di Knezˇija. La parrocchia non aveva né la chiesa né la sede parroc-
chiale e nel tempo della guerra e del dopoguerra nessuno pensò alla costruzione
della casa, cosicché i fedeli di Rudeˇs, anche a guerra finita, svolsero le funzioni
religiose nella parrocchia di Maria Ausiliatrice a Knezˇija. I primi parroci salesia-
ni in Croazia furono don Dragutin Brumec a Knezˇija, don Gerolamo De Mar-
tin a Rijeka e don Franjo Skuhala a Podsused. Dopo una ricca esperienza di la-
voro educativo salesiano, si adattarono alla nuova vita e pur dando la preceden-
za al lavoro con i fanciulli e i giovani, non trascuravano gli altri parrocchiani.
Date le circostanze del dopoguerra i salesiani furono costretti ad accettare
anche altre parrocchie, perché solamente entro i limiti della parrocchia era pos-
sibile anche parzialmente il loro lavoro. Era pur necessario avere un posto per

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Le vicende dei Salesiani e delle loro istituzioni educative in Croazia 1941-1960 347
abitare e avere almeno dei modesti mezzi per vivere. Finché i salesiani durante la
guerra avevano il noviziato e il ginnasio a Dioˇs, avevano potuto collaborare
molto bene con le vicine parrocchie. Già durante la guerra, il dott. don Toma
Kelenc amministrava la parrocchia a Badljevina (ma non sono riuscito a trovare
i documenti di come vi sia arrivato). Ad Ivanovo Selo dove non c’era il sacerdo-
te, qualcuno dei salesiani si recò regolarmente per le necessità pastorali. Quando
nel 1946 furono sfrattati da Marijin Dvor (Dioˇs), si sistemarono nell’ampia casa
di Badljevina, sperando di ritornare presto a Marijin Dvor (Dioˇs). Siccome non
ci fu un ritorno a Marijin Dvor (Dioˇs) i chierici e alcuni salesiani si stabilirono a
Zagreb e altri sacerdoti rimasero in Slavonia, dove si dedicarono al lavoro pasto-
rale nelle parrocchie, perché oltre a Badljevina essi amministravano altre due
parrocchie confinanti: Siracˇ e Donja Obrijeˇz. Ad Ivanovo Selo, dove l’ammini-
stratore della parrocchia fu Josip Klenovˇsek, già nel 1948 fu costruita una bella
chiesa al Sacro Cuore di Gesú. Una buona parte dei mezzi per la costruzione si
ottennero con la vendita dell’eredità della famiglia sua e delle sorelle. L’edifica-
zione di una chiesa a quei tempi era un’impresa d’eccezione, e può darsi che
questa sia stata l’unica in Croazia costruita in quel periodo.
Poiché avevano dovuto lasciare l’istituto di Donji Miholjac nel 1947, una
parte dei salesiani si stabilì nella parrocchia di Sela vicino Sisak, che l’arcivesco-
vato di Zagreb, per preghiera del superiore46, affidò all’amministrazione salesia-
na. Il vescovado affidò a loro, oltre a Sela, anche la confinante parrocchia di
Zˇaˇzina. In queste parrocchie, prima della venuta dei salesiani, non abitavano sa-
cerdoti. L’ampia dimora della parrocchia a Sela era molto trascurata, con fine-
stre rotte, senza mobilio, e in una parte della casa parrocchiale abitavano due fa-
miglie. La parrocchia di Zˇaˇzina non possedeva una casa parrocchiale, perché era
stata bruciata durante la guerra. A Sela arrivarono cinque salesiani: don Izidor
Tuˇsek parroco di Sela, don Alojzije Kovacˇicˇ parroco di Zˇaˇzina, i coadiutori Fran-
jo Tomˇsic´, Stanko Lonˇcaric´ e Josip Tomac. Nelle parrocchie la vita pastorale era
piuttosto limitata e ai salesiani occorse molta pazienza e grandi sforzi per il rin-
novamento della vita spirituale. Le difficoltà con le locali autorità comuniste fu-
rono molto più forti che con quelle parrocchiali della Slavonia.
Un maggior gruppo di salesiani, dopo che furono tolti gli istituti educativi in
Croazia e in Slovenia, giunse a Rijeka. Quando con il trattato di pace tra la Yu-
goslavia e l’Italia, il 10 febbraio 1947 a Parigi47, Rijeka fu restituita alla Croazia,
i salesiani italiani dell’Ispettoria veneta, che prima vi risiedevano, la lasciarono;
l’oratorio, il convitto e la parrocchia furono amministrati dai salesiani della
Croazia e della Slovenia. In quel periodo abbandonarono Rijeka non solo i sale-
siani, ma anche gran parte dei sacerdoti con a capo il vescovo mons. Ugo Ca-
mozzo. Da Rijeka partirono anche un gran numero di cittadini, una parte per-
ché desiderava, come italiani, vivere in Italia e una parte perché fuggiva dalla
46 Cronaca salesiana della dimora a D. Miholjac e Sela al giorno del 30 gennaio del 1947.
47 AA.VV., Povijest Rijeke. [La storia di Rijeka]. Rijeka 1988, p. 403.

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348 Marinko Invankovic
dittatura comunista. Alcuni se ne andarono legalmente, perché lo permetteva
“la legge sull’opzione” e molti fuggirono illegalmente in vari modi. Gli ammini-
stratori apostolici del vescovado di Rijeka, monsignore Karlo Jamnik e dopo la
sua morte il vescovo di Krk (Veglia) mons. Josip Srebrenicˇ, accettarono ben vo-
lentieri l’aiuto dei salesiani, che si occuparono di gran parte della cura pastorale.
Gli amministratori apostolici erano sinceri amici dei salesiani. I salesiani erano
molto adatti per il lavoro pastorale a Rijeka, perché conoscevano bene la lingua
croata, l’italiana e la slovena, cosa che a quel tempo era molto necessaria. Oltre
alla parrocchia di Maria Ausiliatrice, fu loro affidata nell’autunno del 1947
l’amministrazione della vicina parrocchia del Santissimo Redentore, perché il
parroco e il cappellano partirono per l’Italia. Prima che fosse fondata la parroc-
chia Maria Ausiliatrice, l’oratorio salesiano si trovava sul terreno della medesima
parrocchia. La parrocchia era grande, e come chiesa parrocchiale era usata la
vecchia chiesetta di Sant’Andrea, cosicché molte delle attività parrocchiali veni-
vano espletate nella chiesa dell’oratorio salesiano. Il parroco accettò di buon gra-
do la collaborazione salesiana. Quando incominciò la guerra, il vescovo di Rije-
ka a nome dei fedeli, davanti alla miracolosa croce nella cattedrale, fece un voto
pubblico, che i fedeli della città avrebbero costruito la chiesa del Santissimo Re-
dentore, come voto e preghiera a Dio per la salvezza dei cittadini dalle tragedie
della guerra. Nelle difficili condizioni della guerra fu costruita una bella e mo-
numentale chiesa soprattutto grazie alle offerte dei fedeli. Sebbene non fosse
completamente finita, vi si tennero le funzioni religiose e le altre attività parroc-
chiali. Fu nominato parroco don Toma Kelenc e cappellano don Albin Cˇeslar. Il
regime comunista in vari modi dimostrò la sua intolleranza verso la Chiesa, so-
prattutto a Rijeka. La chiesa del Santissimo Redentore dava fastidio più delle al-
tre chiese. La decretarono monumento fascista. È vero, una parte della chiesa
era consacrata ai caduti nella guerra. Con la scusa che la chiesa era d’impedi-
mento all’allargamento della strada, venne distrutta fin dalle fondamenta il 5
novembre del 194948, ma la strada non venne mai allargata fino al posto dove
era sorta la chiesa. Quando il parroco di San Nicola a Krnjevo, Nicola Ruˇzic´, fu
arrestato, e il cappellano partì per l’Italia, i salesiani per un breve tempo ammi-
nistrarono la parrocchia fino a quando i francescani non se ne presero cura, nel-
l’autunno del 194749. Nel 1948 fu affidata ai salesiani la parrocchia dell’Assun-
zione di Maria, nel centro della città alla quale erano legate molte tradizioni cit-
tadine. Essa era una vecchia parrocchia e dal 1923 l’unica in tutta la città. Co-
me parroco fu incaricato don Sˇtefan Vogrin, l’ultimo direttore dell’istituto sale-
siano a Split. Nella parrocchia di Matulji, che non aveva un sacerdote negli anni
del dopoguerra, per preghiera dei fedeli, arrivò da Rijeka un sacerdote salesiano
per il catechismo dei fanciulli, la preparazione dei sacramenti e per la messa do-
menicale. Dopo alcuni anni di questa prassi, per la preghiera del vescovo di Ri-
48 Cronaca salesiana a Rijeka IV, p. 68.
49 Ibid., p. 11.

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Le vicende dei Salesiani e delle loro istituzioni educative in Croazia 1941-1960 349
jeka, i salesiani assunsero l’amministrazione della parrocchia di Kastav e Matulji
dal 1952 al 1958. Nel 1955 fu loro affidata l’amministrazione della parrocchia
di Lovran, cittadina rivierasca vicino a Rijeka. Infine ai salesiani fu anche affida-
ta l’amministrazione della chiesa della Madonna di Loreto ad Arbanasi, alla pe-
riferia di Zadar.
Oltre alle attività regolari, che sono comprese nella pastorale della parroc-
chia secondo la tradizione, i salesiani rivolsero un’attenzione particolare al ca-
techismo per i fanciulli e i giovani. Nei primi anni del dopoguerra si insegna-
va ancora il catechismo nelle scuole, ma verso il 1949 esso venne eliminato.
Gli scolari e i genitori, ma anche i sacerdoti, si dovettero adattare alla nuova
realtà. Finché esisteva il catechismo nelle scuole, la scuola e la parrocchia cor-
relavano i loro programmi e gli insegnanti collaboravano con i sacerdoti per le
funzioni della domenica, dei giorni festivi e delle altre feste. Dopo, i professo-
ri e i maestri non ne avevano più la possibilità. Ogni insegnante che frequen-
tava la chiesa pubblicamente era sottoposto al giudizio pubblico, dei media o
della scuola, e poteva anche perdere il posto di lavoro. Gli insegnanti che ave-
vano accettato l’ideologia comunista e volevano mostrarsi progressisti, spesso
durante il tempo del catechismo e delle messe domenicali organizzavano a
scuola dei programmi per bambini. I sacerdoti avevano grande difficoltà a or-
ganizzare regolari lezioni di catechismo. Le parrocchie quasi sempre mancava-
no di ambienti adatti per le lezioni, e il catechismo si insegnava frequente-
mente in chiesa dove d’inverno non c’era riscaldamento. Nonostante tutto
questo gli allievi delle scuole elementari frequentavano in gran numero il cate-
chismo. I salesiani, prima e dopo le lezioni, organizzavano diversi intratteni-
menti. Per le festività preparavano con gli scolari diversi programmi. Erano
soprattutto popolari le rappresentazioni per San Nicola e per Natale. In parti-
colare organizzavano gruppi di ministranti (chierichetti), li radunavano per
giochi e con loro si andava in gita. In certe parrocchie si formavano anche
gruppi di piccoli cantori.
Nelle parrocchie affidate ai salesiani, grande attenzione era data ai cori reli-
giosi. Nelle parrocchie cittadine si formavano dei cori di alta qualità, che porta-
vano solennità alla liturgia. I cori della parrocchia di Maria Ausiliatrice a Zagreb
e a Rijeka, e quelli dell’Assunzione di Maria a Rijeka e alla Madonna di Loreto a
Arbanasi, oltre ai canti durante le funzioni religiose, preparavano concerti di
musica sacra di qualità. Anche le parrocchie di Podsused, Lovran e Badljevina
avevano degli ottimi cori. Fra i salesiani c’erano ottimi musicisti, che per i cori
composero messe e canti liturgici. I più noti erano: don Ivo Ljubic´, don Josip
Kreslin, don Jerko Grˇzincˇic´ e don Franjo Oraˇzem. Per i coristi si organizzavano
piacevoli gite e rappresentazioni in altre parrocchie.
I salesiani aiutarono nelle attività pastorali anche altre parrocchie, perché
certi parroci dovevano occuparsi di diverse parrocchie, collaboravano nelle con-
fessioni e nel celebrare le messe festive, tenevano esercizi spirituali e collaborava-
no nelle missioni popolari. Predicavano durante gli esercizi spirituali e furono
confessori nelle comunità delle suore.

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350 Marinko Invankovic
2.4. La cura vocazionale dei giovani e del personale salesiano in formazione
Tutti gli istituti per l’educazione dei futuri salesiani in Croazia e in Slovenia
erano stati confiscati: il Castello di Maria (Dioˇs) e Donji Miholjac in Croazia,
Verˇzej, Radna e Rakovnik in Slovenia. A Rakovnik in Slovenia si trovava lo stu-
dentato di teologia, frequentato dagli studenti croati. Nemmeno in queste circo-
stanze è mancata la cura per l’educazione dei nuovi salesiani. I giovani chierici si
erano trasferiti da Marijin Dvor a Badljevina, dove però non esistevano le condi-
zioni per un soggiorno e una scuola duratura, cosicché si trasferirono a Zagreb,
prima al convitto arcivescovile, e poi a Knezˇija. Anche alcuni prenovizi vennero a
Zagreb da Donji Miholjac. Quando i salesiani persero il convitto arcivescovile in
via Vlaˇska e la casa della gioventù a Knezˇija, i giovani chierici e gli altri aspiranti
rimanenti furono alloggiati nel convento dei francescani conventuali a Sveti Duh
a Zagreb. I francescani accolsero molto bene i chierici e gli scolari salesiani con i
loro superiori. Dal convento, i chierici per lo studio di teologia si recavano all’e-
piscopio di Zagreb e gli scolari invece frequentavano le scuole a Zagreb o si pre-
paravano agli esami come privatisti. Il convento francescano non era una soluzio-
ne duratura e i nuovi candidati ebbero grandi difficoltà con le iscrizioni. Gli stu-
denti che avevano studiato teologia si dovettero trasferire quasi subito a Podsu-
sed, dove erano stati preparati per loro degli ambienti.
Quando il vescovato di Rijeka nel 1948 si trovò in simile situazione, si aprì a
Rijeka un ginnasio per seminaristi come preparazione agli studi di teologia e
questo risultò per i salesiani una soluzione accettabile, soprattutto perché sola-
mente l’edificio di Rijeka poteva accogliere un numero maggiore di allievi. Il
ginnasio non aveva diritti pubblici e con la pagella del ginnasio ci si poteva iscri-
vere solo alla facoltà di teologia. La direzione del ginnasio per seminaristi accol-
se volentieri gli allievi salesiani, perché essi assicuravano parte del quadro-inse-
gnanti per il ginnasio e anche per la Scuola Superiore di teologia. Nel ginnasio
del vescovato a Rijeka, per l’anno scolastico 1949/50 si iscrissero cinque studen-
ti salesiani.
Nel 1949 si trasferì da Sˇkrljevo in Slovenia anche il noviziato. Arrivarono ot-
to novizi con il maestro il dott. don Serafin Pelicon. Nei primi anni il numero
degli allievi salesiani non era elevato. Quando la cura delle vocazioni fu affidata
al giovane don Stanislav Belaj50, egli accettò in modo serio e responsabile il nuo-
vo compito, personalmente sviluppò buoni contatti con i parroci e il numero
degli allievi crebbe.
Nell’anno scolastico 1955/56 al ginnasio si iscrissero in quarantacinque, tutti
salesiani. Frequentarono il ginnasio croati e della provincia slovena. Gli allievi
salesiani frequentarono il ginnasio gratis e i professori salesiani nel ginnasio e
nella Scuola Superiore di teologia non erano stipendiati. Tra i salesiani, a scuola
insegnavano almeno per un certo tempo: don Josip Kreslin, don Ivo Ljubic´, don
Josip Tkalec, don Stanko Rebek, dott. don Stanislav Kos, dott. don Toma Ke-
50 Stanislav BELAJ, Sjec´anja. [I ricordi]. –Dakovo 1994, p. 119.

36 Pages 351-360

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36.1 Page 351

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Le vicende dei Salesiani e delle loro istituzioni educative in Croazia 1941-1960 351
lenc. Appena venne sistemato il funzionamento del ginnasio, venne sospeso con
la forza. Il governo comunista con un processo montato nel 1955 condannò a
pene temporali cinque studenti di teologia e alcuni giovani sacerdoti e impedì il
lavoro nel ginnasio e alla Scuola Superiore di teologia51. Sebbene nessuno degli
allievi salesiani e dei professori fosse accusato, la chiusura della scuola fu per i
salesiani un grave problema. Ci si dovette incaricare del soggiorno e della conti-
nuazione della scuola per un buon numero di giovani studenti e per i chierici
salesiani.
In attesa di una migliore soluzione, mons. Mate Garkovic´ vescovo di Zadar
(Zara) accolse nel suo seminario e nel ginnasio diocesano i salesiani. Il ginnasio
diocesano era frequentato da seminaristi di varie diocesi e da religiosi. Gli stu-
denti e i seminaristi della diocesi di Rijeka si trasferirono a Pazin in Istria. A Ri-
jeka anche con grandi difficoltà si riuscì a mantenere il noviziato. Il vescovo di
Zadar nel 1956 affidò ai salesiani l’educazione nel suo seminario, che impegna-
rono un padre spirituale, un sacerdote e un chierico assistente. Al tempo in cui i
salesiani insegnavano nel seminario vescovile di Zadar, il padre spirituale era
don Franjo Skuhala. I salesiani avevano una parte separata nel seminario e i pro-
pri educatori. Il direttore di tutta la comunità era don Josip Tkalec. L’ammini-
strazione ispettoriale e i superiori della casa dovevano impiegare molta fatica per
assicurare i mezzi minimi necessari per la sussistenza del gran numero di novizi
e chierici. I giovani salesiani provenivano in gran parte da famiglie povere e i ge-
nitori riuscivano a mala pena a procurare i mezzi per gli studi dei figli. Si viveva
modestamente. Il seminario di Zadar si trovava nella città vecchia, in un edificio
in rovina. Gli ambienti per la ricreazione per un così gran numero di giovani
erano meno che modesti. Di tanto in tanto si usciva fuori città e si giocava al
calcio. La scuola non era riscaldata, come pure la maggior parte delle stanze do-
ve vivevano gli studenti. Il ginnasio del seminario di Zadar aveva un buon qua-
dro di professori formato da salesiani, francescani e sacerdoti della diocesi. Tutto
il resto era molto modesto. La scuola adottava i libri del ginnasio pubblico, per-
ché altri non esistevano. I testi erano scritti secondo l’ideologia comunista e i
professori si sforzavano di spiegare agli scolari la differenza tra il sapere e l’ideo-
logia. I libri di contenuto sacro già da anni non potevano essere stampati e ci si
serviva di quelli di prima della guerra, che si erano potuti conservare. I salesiani
avevano tradotto in croato la vita di don Bosco scritta da Lemoyne-Ceria che
leggevano in comune, perché nell’istituto esistevano pochi esemplari, come pure
le preghiere. La completa educazione salesiana era basata sulla viva voce e sulla
testimonianza degli educatori salesiani. Il maestro dei novizi don Serafin Pelicon
leggeva molto le Memorie Biografiche e ne tradusse alcune in croato, cosicché
da queste preparava delle conferenze per i novizi52. I giovani chierici salesiani
avevano a Zadar un ottimo coro di cantori e spesso cantarono nella cattedrale
51 Visoko ˇskolstvo na podruˇcju Rijeˇcko-senjske metropolije. [Scuola Superiore nella regione
di Rijeˇcko-senjska metropolia], in In memoria. Zagreb-Rijeka 1999, pp. 285-287.
52 Le traduzioni non sono mai state stampate, ma rimangono solo manoscritte.

36.2 Page 352

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352 Marinko Invankovic
della città per messe solenni. Durante le feste religiose i salesiani organizzarono
in generale programmi composti da canti, da conferenze e testi teatrali. L’ispe-
zione scolastica pubblica arrivava di regola una volta all’anno nel ginnasio dioce-
sano e controllava il lavoro a scuola, perchè il programma scolastico si adeguasse
ai programmi della scuola pubblica, sebbene la scuola salesiana non godesse di
alcun diritto pubblico. Di solito si chiedeva come si celebravano le feste nazio-
nali e quali contatti gli allievi del ginnasio avevano con quelli delle altre scuole,
ecc. Una settimana all’anno gli scolari erano obbligati all’istruzione premilitare e
in più molte volte durante l’anno dovevano esercitarsi per una giornata. Al com-
pimento dei diciannove anni erano sempre chiamati al servizio militare della
durata di due anni, senza diritto di rinviarlo per continuare poi la scuola.
A causa del trasferimento a Zadar e della continuazione dell’istruzione nel
seminario di Zadar, i salesiani lasciarono la parrocchia di Sela presso Sisak e di
Zˇaˇzina nell’arcidiocesi di Zagreb, come pure quella di Kastav e di Matulji nella
diocesi di Rijeka. Nella diocesi di Zadar i salesiani non accettarono ufficialmen-
te la direzione delle nuove parrocchie, ma di domenica e nei giorni festivi si pre-
sentavano nelle parrocchie sprovviste di un sacerdote a tempo pieno: Petrcˇane,
Nevid-ane, Filip-Jakov..., ma offrivano i loro servizi anche nelle altre parrocchie.
Il soggiorno dei salesiani nel seminario vescovile di Zadar e nel ginnasio per i
seminaristi non durò a lungo. Il seminario vescovile di Zadar pianificò l’apertu-
ra di una scuola superiore di teologia e perciò erano necessari gli ambienti nei
quali vivevano i salesiani. Così i salesiani furono obbligati a trovare nuove solu-
zioni, il che non era semplice. Aprire un proprio ginnasio non era facile a causa
della mancanza di un locale adatto, ma anche a causa del ridotto quadro di inse-
gnanti qualificati. Era ancora più difficile trovare un nuovo posto in qualche al-
tro seminario e in un ginnasio seminarista per un numero abbastanza elevato di
allievi. Nel 1959 la direzione della provincia decise di aprire un proprio ginna-
sio. Allora si stabilì che si entrava nel noviziato non dopo il primo anno di gin-
nasio, ma solo dopo il secondo anno. Gli scolari che avevano finito la prima
classe nel 1959 furono divisi in due gruppi. Il primo gruppo entrò in noviziato
dopo il primo anno e il secondo dopo il secondo, cosicché non venne interrotto
il noviziato. Nell’anno scolastico 1959/60, nel ginnasio diocesano di Zadar non
si iscrissero nuovi allievi, ma quelli che erano già iscritti rimasero a Zadar ancora
due anni. Siccome non c’era un edificio adatto in cui si sarebbe potuto sistema-
re l’intero ginnasio, si dovette lavorare in due località. Il noviziato e le due classi
superiori dopo il noviziato, si trasferirono a Rijeka, mentre le due prime classi a
Krizˇevci, dove il vescovo grecocattolico dott. Gabrijel Bukatko, grande amico
dei salesiani, offrì l’edificio del suo vescovato per gli allievi salesiani. La parte del
ginnasio di Krizˇevci incominciò a lavorare nel 1959/60, mentre la parte trasferi-
tasi a Rijeka iniziò nel 1960/61. Il funzionamento della scuola in due località
distanti fu pesante per l’educazione, per l’istruzione e per la parte economica,
ma una soluzione migliore non fu possibile.
La pressione del regime comunista sulla Chiesa e sulle istituzioni cominciò a
diminuire alla fine degli anni cinquanta. In teoria niente era cambiato, ma in

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Le vicende dei Salesiani e delle loro istituzioni educative in Croazia 1941-1960 353
pratica tutto era un po’ più facile. La cecità rivoluzionaria perse forza. Gli stessi
comunisti non credettero più che la religione sarebbe sparita e che la Chiesa
non fosse necessaria. I legami con il Capitolo superiore di Torino furono più fa-
cili. Certi salesiani poterono andare all’estero. Per la prima volta dopo la Secon-
da guerra mondiale il prefetto generale, membro del Capitolo superiore, don
Albino Fedrigotti visitò i salesiani di Croazia e di Slovenia nell’autunno 1959.
Conclusione
Nel periodo tra il 1941 ed il 1960 le condizioni nelle quali i salesiani hanno
vissuto in Croazia erano decisamente sfavorevoli. La situazione bellica e tutti i
mali causati dalla guerra creavano una generale instabilità nella vita e nell’attivi-
tà salesiane. Il governo postbellico comunista era espressamente antiecclesiasti-
co. Il lavoro educativo pastorale salesiano tradizionale era quasi completamente
reso impossibile. Ai salesiani erano state espropriate tutte le istituzioni di educa-
zione in quanto i comunisti presi dal loro entusiasmo rivoluzionario distrugge-
vano tutto ciò che era tradizionale e speravano che impossessandosi del sistema
educativo sarebbero riusciti a creare nuove generazioni idonee alla nuova comu-
nità sociale.
Poco a poco i salesiani riuscirono ad adattarsi alla nuova situazione e non so-
lo riuscirono a sopravvivere, ma con notevole impegno trovarono il modo di vi-
vere e di lavorare. Le piccole comunità in cui erano costretti a vivere incontrava-
no difficoltà nel condurre una vita in comune. Attraverso l’apostolato parroc-
chiale e l’educazione religiosa riuscirono a conservare le relazioni con i giovani.
L’impegno dedicato alle vocazioni ottenne successo e in quel periodo il numero
dei salesiani andava crescendo. Quando secondo l’opinione generale non c’era
nulla da fare, con la fiducia nella Provvidenza Divina e l’intercessione di Maria
Ausiliatrice la vita e l’attività salesiana diedero ottimi risultati.

36.4 Page 354

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36.5 Page 355

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SALESIANI TRA I RIFUGIATI SLOVENI NEI CAMPI PROFUGHI
IN AUSTRIA (1945-1950)
Bogdan Kolar*
La seconda guerra mondiale provocò profondi cambiamenti nella comunità
salesiana della Slovenia (allora parte dell’Ispettoria Jugoslava dei SS. Cirillo e
Metodio), che ne condizionarono la storia anche nel dopo guerra. Il regno della
Jugoslavia si disgregò in più stati e alcune loro parti vennero annesse ai Paesi
confinanti. Il fatto di essere stata occupata da truppe tedesche, italiane e unghe-
resi, fece sì che ogni regime introducesse in Slovenia nuove misure nei confronti
delle comunità religiose e in particolare della Chiesa Cattolica, alla quale appar-
teneva la grande maggioranza dei cittadini1.
Introduzione
Nella zona occupata dai tedeschi (Gorenjska, Sˇtajerska) la Chiesa non po-
teva più operare e fu vittima di metodi assai repressivi, compresa l’espulsione
di sacerdoti e un completo isolamento del vescovo di Maribor, mons. Ivan
Jozˇef Tomazˇicˇ. Nelle terre occupate dalle forze italiane (il litorale e la parte
centrale della Slovenia, insieme con la capitale Ljubljana) e ungheresi (la zona
di Prekmurje), alla Chiesa rimasero invece delle possibilità, benché limitate, di
continuare la propria missione. Sin dai primi giorni della guerra furono chiusi
tutti gli istituti salesiani situati nella zona occupata dalla Germania nazista
(Celje-Gaberje, Dom sv. Jozˇefa Kapela, Verzˇej, Maribor, Radna, la casa estiva
di Dobrcˇa).
I salesiani (ottanta di numero) e i loro allievi, tra cui ventisei novizi, furono al-
lontanati ma, a differenza dei membri di altre congregazioni e ordini (i cappucci-
ni e i lazzaristi furono inviati in campi di concentramento, i trappisti esiliati),
non vennero imprigionati. Secondo quanto si legge nella relazione inviata ai su-
periori maggiori dei salesiani a Torino, subito dopo l’inizio della guerra, “la ragio-
ne di questo diverso trattamento è la seguente: i salesiani lavorano per la gioven-
tù; è vero che la guastano con la religione, ma lavorano; mentre gli altri sono dei
* Salesiano, docente presso l’Università di Lubiana (Ljubljana), Slovenia.
1 Cf John A. ARNEZ, Slovenia in European Affairs. Reflections on Slovenian Political History.
New York-Washington, League of CSA 1958, pp. 78-94.

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356 Bogdan Kolar
fannulloni”2. I sacerdoti come anche i maestri delle elementari, i sindaci ed altri
funzionari statali, fautori di valori nazionali, essendo considerati un ostacolo per
il progetto di germanizzazione del territorio sloveno, furono isolati fin dai primi
giorni dell’occupazione. Le case dei salesiani furono requisite ed adibite per altri
scopi. L’iscrizione Salezijanski mladinski dom a Celje dovette scomparire dopo al-
cuni giorni per dare posto alla nuova Haus der Jugend [Casa per la gioventù], do-
ve si tenevano corsi di pedagogia hitleriana; il collegio Mariano di Verzˇej diventò
un campo di lavoro forzato e una casa per varie organizzazioni naziste3. L’istituto
di Murska Sobota fu annesso nell’autunno del 1941 all’ispettoria ungherese.
I salesiani assieme ad altri religiosi poterono continuare il loro lavoro nella zo-
na occupata dalle truppe italiane, la cosiddetta Provincia di Lubiana, le loro chie-
se rimasero aperte e le loro attività scolastiche non furono interrotte. Nell’ambito
del nuovo stato indipendente costituito, la Croazia, continuarono a sussistere
delle possibilità di lavoro e le case salesiane rimasero di proprietà della Congrega-
zione ad eccezione di alcune occupate dalle truppe militari. I salesiani apparte-
nenti alla casa di Uroˇsevac, in Serbia, proclamato protettorato da parte dei tede-
schi, furono dispersi. Dove fu possibile, le istituzioni salesiane continuarono la
loro opera, ne vennero aperte di nuove, dove trovarono posto i salesiani fuggiti
dalla zona tedesca (il castello di Laniˇscˇe presso Sˇkofljica per i giovani salesiani, il
castello di Sˇkrljevo per i novizi). Don Pietro Tirone, che nel mese di agosto 1941
visitò Ljubljana, poteva scrivere al Rettor Maggiore Pietro Ricaldone:
“Dei nostri confratelli nessuno cadde vittima della guerra e neppure nessuno venne
mandato in prigione o negli accampamenti di concentramento. E ciò si deve rite-
nere per una grande grazia del Signore, per vero favore singolarissimo che la Vergi-
ne SS. Aus. ottenne alla nostra cara Congregazione – se pensiamo alle numerosissi-
me vittime che caddero sia del clero secolare che regolare”4.
I salesiani assieme ad altri religiosi poterono continuare il loro lavoro nella
zona occupata dalle truppe italiane, nella cosiddetta Provincia di Lubiana, dove
le chiese rimasero aperte e le attività scolastiche non furono interrotte. Il colle-
gio di Rakovnik continuò a funzionare in tutti i campi, soprattutto come centro
educativo, con l’oratorio quotidiano, il ginnasio pubblico e il santuario Maria-
no. L’influsso dell’oratorio di Rakovnik, che oltre a varie manifestazioni religiose
offriva molte attività sportive, culturali ed educative, si estendeva a tutto il quar-
tiere situato lungo la ferrovia di Dolenjska. Per i giovani esso era l’unico luogo
dove poter trovare un po’ di svago, spesso i mezzi più necessari per poter soprav-
vivere, ma anche l’insegnamento ufficiale della Chiesa circa il comunismo e l’a-
2 ASC E 993, Corrispondenza 1941-1946. Nella relazione venivano riferite voci che
circolavano tra la gente.
3 Cf ASC E 995, confratelli profughi e internati, relazione Verzˇej-Zagreb-Ljubljana di
Anton Klemenˇsek, amministratore della parrocchia di Verzej.
4 ASC E 993, Corrispondenza 1941-1946, lettera del 16 agosto 1941.

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Salesiani tra i rifugiati sloveni nei campi profughi in Austria (1945-1950) 357
teismo da esso proclamato. Fu attivo anche l’oratorio quotidiano presso la chie-
sa di santa Teresina del Bambino Gesù a Kodeljevo. Nella zona, occupata dalle
forze italiane, emersero ben presto i primi tentativi di lotta per la liberazione,
guidata dal Partito comunista, all’epoca illegale, il quale cercava anche di susci-
tare una guerra civile e la rivoluzione comunista. Così per la popolazione slove-
na il tempo della seconda guerra mondiale divenne un periodo di lotta per la li-
berazione dalle forze occupatrici, ma anche di lotta contro l’emergente comuni-
smo. Parte integrante di quest’ultimo furono anche le crudeltà contro la popola-
zione cristiana e contro tutti coloro che osarono opporsi alla nuova ideologia5.
Di questo capitolo della storia slovena, scritto da oppositori del nuovo regime
e dai profughi nella Slovenia, per decenni non era lecito parlare, anzi era pericolo-
so. Libri e periodici pubblicati all’estero non potevano entrare nel Paese; nella bi-
blioteca nazionale erano conservati sotto condizioni particolari. Perciò per cono-
scere la presenza salesiana tra i profughi sloveni in Austria si può consultare il ma-
teriale offerto dagli archivi di Celovec/Klagenfurt, da quello ispettoriale salesiano
a Vienna e a Ljubljana (molto poco), dall’Archivio salesiano centrale a Roma, dal-
l’archivio dell’istituto Studia Slovenica a New York (e adesso a Ljubljana) e i docu-
menti scritti durante l’amministrazione dei campi profughi. Molto materiale fu
preso dai salesiani che lavorarono nei campi profughi fino alla loro chiusura; pur-
troppo però per la maggior parte di esso bisogna dire che fu distrutto durante i
numerosi trasferimenti e perso per sempre. Furono distrutti anche tutti i dischi
registrati in tali campi. Tra le fonti salesiane ha un posto importante il giornale
Naˇse delo (La nostra opera), che don Tone Vode6 iniziò a pubblicare a Colle Don
Bosco nel 1945. Un semplice foglio (la cui pubblicazione cessò nel 1978 con la
morte di don Vode), divenne mezzo di comunicazione tra i salesiani sloveni sparsi
in tutto il mondo ed oggi è una preziosa fonte storica per avere informazioni sul-
l’opera dei salesiani sloveni nel trentennio che seguì la fine della guerra.
1. I salesiani e la seconda guerra mondiale
Il comportamento dei salesiani durante la guerra, secondo l’opinione dell’auto-
rità comunista, che in quel periodo attuò la rivoluzione e prese il potere, era stato
5 Per averne un quadro più vasto si legga il capitolo Communist Revolution, in J. A. AR-
NEZ, Slovenia in European Affairs..., pp. 95-118.
6 Il sac. salesiano Tone Vode (1904-1978), durante la guerra era segretario ispettoriale
(1936-1945), direttore del Bollettino Salesiano sloveno, responsabile della biblioteca, tradut-
tore di opere salesiane e insegnante di liturgia nello studentato teologico sloveno a Rakov-
nik. Quando all’inizio del maggio 1945 lasciò il paese si recò a Celovec/Klagenfurt; nel mese
di giugno invece proseguì il suo cammino verso l’Italia. Si fermò dapprima a Colle Don Bo-
sco (1945-1947), Villa Moglia (1947-1948), Bollengo (1948-1950), Foglizzo (1951-1973)
e infine a Valsalice (1973-1978). Come incaricato dell’ispettoria slovena per le relazioni con
il mondo raccoglieva mezzi per le comunità salesiane nel paese e curava i rapporti con i sale-
siani e le Figlie di Maria Ausiliatrice dispersi nel mondo. Cf Bogdan KOLAR, Njih spomin
ostaja [La loro memoria rimane]. In memoriam III. Ljubljana, Salve 2002, pp. 414-415.

36.8 Page 358

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358 Bogdan Kolar
deplorevole, ragion per cui dopo la guerra, con l’avvento dell’ordinamento sociali-
sta, essi furono perseguitati e si tentò in ogni modo di impedirne il lavoro. Con i
gesuiti i salesiani furono tra gli ordini religiosi più odiati dalle nuove autorità; è
noto infatti che esse volevano eliminare tutte le comunità religiose7. I salesiani si
meritarono un’opinione negativa da parte del nuovo potere a causa di alcune loro
attività ben note già prima della guerra e sviluppate durante la medesima.
Con l’edizione di alcuni periodici e di molti libri stampati nella loro tipogra-
fia essi combattevano il comunismo, che si diffondeva velocemente tra la popo-
lazione ed usava ogni mezzo per portare avanti i suoi ideali. Essi furono fedeli
all’insegnamento dell’enciclica di Papa Pio XI Divini Redemptoris e al vescovo
locale, mons. Gregorij Rozˇman8, che del comunismo evidenziò soprattutto l’a-
teismo e la lotta contro i valori religiosi. Le sue lettere pastorali che trattavano i
temi di tale enciclica sono state ristampate più volte dalla tipografia salesiana. La
speciale collana di Knjizˇice (Letture cattoliche), in cui si presentavano in modo
semplice i principali temi sociali, fu molto amata dalla gente ed ebbe grande in-
fluenza popolare. Come predicatori, responsabili di associazioni giovanili e or-
ganizzatori di allievi cattolici e di operai esercitarono un ampio influsso sui gio-
vani; e ciò per il movimento comunista costituiva un pericolo. Con coerenza so-
stennero la posizione secondo cui il comunismo è un male, per cui i cristiani
non possono collaborare con esso. Più volte, già durante la guerra, subirono mi-
nacce di morte; i comunisti annunziarono che alla fine della guerra i salesiani
sarebbero stati i primi ad essere impiccati ai lampioni della città di Ljubljana. Si
sapeva che durante la guerra esisteva presso il Comitato comunista la “lista dei
proscritti”, in cui venivano elencati i sacerdoti e i laici più esposti. Alcuni sale-
siani già durante la guerra sperimentarono la crudeltà e la vendetta dei partigia-
ni, allorché nell’autunno del 1943, con la capitolazione delle forze militari ita-
liane avvenuta nel settembre di quell’anno, furono rinchiusi nelle loro prigioni.
La prigione partigiana era situata prima nell’abbazia cistercense di Sticˇna e poi
nella certosa di Pleterje.
L’influsso dei salesiani poté manifestarsi nelle scuole, in cui c’erano i catechi-
sti, e nei collegi degli studenti. In essi si radunarono molti giovani cristiani che i
salesiani allontanarono dalle idee comuniste. Molti libri ed articoli di giornali
pubblicati dopo la fine della guerra dimostrano che in tutte le istituzioni salesia-
ne c’erano agenti del partito comunista (anche alcuni salesiani collaboravano
7 Per farsi un’idea dell’atteggiamento dei comunisti nei confronti delle comunità reli-
giose e della chiesa cattolica si legga il grosso volume di T. GRIESSER-PECˇAR, Cerkev na
zatoni klopi. Sodni procesi, administrativne kazni, posegi ”ljudske oblasti“ v Sloveniji od
1943 do 1960 [La Chiesa sul banco d’accusa. Processi giuridici, pene amministrative, in-
terventi delle autorità popolari nella Slovenia dal 1943 al 1960]. Ljubljana, Druzˇina 2005.
8 Mons. Gregorio Rozˇman (1883-1959), vescovo di Ljubljana dal 1930, lasciò il paese
all’inizio del maggio 1945; dopo breve dimora nelle zone inglese e americana dell’Austria,
partì per la Svizzera e infine per gli Stati Uniti. Fu condannato in absentia a 18 anni di la-
vori forzati e alla requisizione di tutta la proprietà nel luglio 1946. Cf Slovenski biografski
leksikon [Dizionario biografico sloveno], vol. III, p. 152.

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Salesiani tra i rifugiati sloveni nei campi profughi in Austria (1945-1950) 359
come agenti del servizio segreto comunista), che informavano sull’opera di que-
ste istituzioni e raccoglievano dati in vista della loro successiva condanna. “An-
che se noi salesiani non avessimo fatto nessun’azione contro il regime comuni-
sta, sarebbe una puerilità pensare che il comunismo, il sistema più totalitario del
mondo, ci permetterebbe di svolgere per più tempo il nostro lavoro di educato-
ri. E perché allora dovremmo starcene là, dove sappiamo che non ci è permesso
di lavorare e non andiamo altrove, dove ci aspetta un nuovo campo di lavoro tra
i nostri fuggiaschi?”, si domandava il sacerdote Mihael Brunec nella sua relazio-
ne ai superiori maggiori9.
Per il futuro lavoro salesiano e per la comunità salesiana come tale ciò ebbe
conseguenze negative, in quanto s’interessarono dei profughi sloveni che all’ini-
zio della guerra furono mandati in Croazia o in Serbia o di coloro che furono
internati nei campi di concentramento in terra italiana. A causa delle visite agli
internati nel campo di concentramento Gonars, il dr. Franc Blatnik10 fu rin-
chiuso per alcuni mesi nel carcere Regina Coeli a Roma, da cui lo salvò il card.
Luigi Maglione, Segretario di Stato di Papa Pio XII e il Rettore Maggiore dei sa-
lesiani, don Pietro Ricaldone. Anche in questi ambienti i comunisti volevano
avere un’influenza decisiva. Chiunque avesse osato opporsi o agire al di fuori del
loro controllo, sarebbe stato condannato o in qualche modo bloccato.
Durante la guerra alcuni salesiani prestarono la loro opera di cappellani mili-
tari nelle milizie volontarie anticomuniste (Vaˇske strazˇe), sorte come una forma di
difesa della popolazione delle campagne contro gli attacchi dei partigiani. Le au-
torità italiane sostennero queste difese nei villaggi e procuravano loro le armi.
Quando nel settembre del 1943 si organizzarono le guardie del luogo slovene
(Domobranci), alcuni salesiani entrarono nelle loro file, con diversi compiti, spe-
cialmente nel campo della propaganda. Nell’estate del 1944 tra le file delle guar-
die del luogo fu mobilitato un grande gruppo di giovani chierici e studenti di
teologia salesiani e fratelli coadiutori. Dopo la guerra i sacerdoti salesiani furono
accusati di aver incitato i giovani ad uscire dal movimento partigiano, entrare fra
queste guardie e ad opporsi alla rivoluzione, impegnandosi a ricostituire l’antico
sistema borghese. Alcuni salesiani durante la guerra collaborarono con gruppi se-
greti, che si preparavano a prendere il potere alla fine di essa, lavorando per ripri-
stinare il regno Jugoslavo. Contro di loro si schierarono i tedeschi e alla fine della
9 ASC E 993, Corrispondenza 1941-1946, lettera del 24 settembre 1945. Sac. Mi-
hael Brunec (1911-1986), ordinato sacerdote nel 1941, lasciò la Slovenia nel maggio
1945. Lavorò tra gli Sloveni nei campi profughi dell’Austria fino al 1946. In seguito si
recò a Roma per completare gli studi all’Istituto Biblico. Cf B. KOLAR, Njih spomin osta-
ja..., pp. 47-49.
10 Il salesiano dr. Franc Blatnik (1899-1977) fondó il servizio per gli internati sloveni
già nel 1941. Era noto per le sue numerosissime attività, tra cui anche il lavoro ideologico
contro il comunismo e il suo ateismo. Per la sua liberazione dal carcere di Regina Coeli si
impegnó anche il Nunzio Apostolico presso il governo italiano, mons. Borgongini Duca.
Cf la sua lettera al card. Maglione del 26 ottobre 1942, in La Saint Siège et les victimes dela
guerre. Janvier 1941 – décembre 1942. Roma, Libreria Editrice Vaticana 1974, p. 699.

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360 Bogdan Kolar
guerra il nuovo regime. Durante la guerra, come vittime dell’odio verso la Chie-
sa, vennero uccisi due sacerdoti salesiani, tre coadiutori e quattro chierici11.
2. Le conseguenze immediate
Così i salesiani in Slovenia, in certo modo segnati da parte dei capi partigia-
ni, arrivarono alla fine della seconda guerra mondiale spaventati e con la paura
di morire. L’ispettore Ivan Sˇpan12 alla fine del periodo bellico rimase neutrale e
lasciò che ciascuno decidesse cosa fare. Poiché non sapevano che cosa li aspetta-
va, una parte dei salesiani decise di lasciare la Slovenia insieme con i parenti e
conoscenti e di andare in Italia e in Austria, dove erano al potere gli alleati.
“Sono fuggiti davanti alla furia comunista – così scrive nella sua relazione M. Bru-
nec13 – tanti altri sacerdoti e borghesi, ottimi e prudenti, vecchi di 60 e 70 anni,
malati, che non erano nemmeno da lontano compromessi con il comunismo. Fug-
girono persino parecchi Padri Francescani di Lubiana insieme col loro Provinciale,
quantunque non pochi dei Francescani erano tristemente noti a causa della loro
collaborazione e connivenza coi partigiani”.
Come molti altri che decisero di rifugiarsi all’estero, erano convinti che gli
alleati occidentali avrebbero in breve tempo attaccato la Jugoslavia e impedito la
fondazione di uno stato comunista. Ma secondo gli accordi internazionali la
storia si risolse diversamente.
All’inizio del maggio 1945, per non cadere nelle mani dei comunisti, più di
90 salesiani lasciarono la Slovenia; quelli andati in Italia rimasero tutti vivi e
s’inserirono negli istituti in cui continuarono la vita salesiana. Tra coloro che
emigrarono in Austria vi fu un gruppo di chierici e coadiutori mobilitati nel
1944; essi vennero fatti ritornare in Jugoslavia e all’inizio del giugno 1945 furo-
no uccisi in molte fosse comuni (18 giovani salesiani morirono di morte violen-
ta: 8 studenti di teologia, 4 chierici-candidati e 6 coadiutori). Secondo le stime
degli storici, nel maggio del 1945 cercarono rifugio in Austria circa 6.000 pro-
fughi civili e circa 13.000 soldati sloveni. A causa degli eventi svoltisi durante e
dopo la guerra, tra i salesiani sloveni morirono di morte violenta 29 soci: 2 sa-
cerdoti, 9 studenti di teologia, 8 chierici-candidati al sacerdozio e 10 coadiutori.
Il furore delle nuove autorità si riversò sui rimasti: molti di loro, fermati alla
fine della guerra furono condannati e imprigionati (due furono condannati a
morte, ma poi la pena fu commutata in 20 anni di carcere). L’atteggiamento as-
sunto dai salesiani durante la guerra, soprattutto con la loro collaborazione con
11 Cf le loro biografie in B. KOLAR, Njih spomin ostaja...
12 Il sac. Ivan Sˇpan (1900-1976) guidó la comunità salesiana tra il 1936 e 1954. Era
noto per la sua prudenza e per il fatto che nel suo parentato contava parecchi influenti
complici dei partigiani. Malgrado ciò, non riuscì a evitare la condanna a tre anni di lavori
forzati subito dopo la guerra. Cf B. KOLAR, Njih spomin ostaja..., pp. 370-371.
13 ASC E 993, Corrispondenza 1941-1946, relazione del 24 settembre 1945.

37 Pages 361-370

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Salesiani tra i rifugiati sloveni nei campi profughi in Austria (1945-1950) 361
le autorità tedesche e italiane, con la lotta contro il comunismo e col sostegno
della Santa Sede, fu un motivo di sospetto per il nuovo regime. Vennero malvi-
sti anche perché sostenevano sempre la posizione del vescovo di Ljubljana,
mons. Gregorio Rozˇman – condannato dopo la guerra, come traditore della pa-
tria, a 18 anni di lavori forzati, alla privazione dei diritti civili per 10 anni e al
sequestro di tutte le sue proprietà – e perché furono coerenti difensori dell’inse-
gnamento del Papa Pio XII.
È sintomatica la testimonianza del direttore del collegio di Rakovnik dr.
Franc Knific14, condannato anche lui e poi fuggito all’estero. P. Knific scrive il
24 agosto 1945:
“Per le autorità partigiane noi salesiani siamo come polvere negli occhi. Fin dall’i-
nizio ci fu la proposta di scacciarci immediatamente. Vi fu qualcuno però che disse
non esser conveniente scacciarci tutti d’un colpo, perché “questa gente si trova in
tutto il mondo, ha ottime relazioni e ci potrebbe facilmente diffamare”. Anche Mi-
kuzˇ15 lo ha detto poco fa a don Malicˇ16, il quale si recò a chiedergli del nostro
Lilija17. Dapprima gli disse: “Scacceremo al più presto possibile voi salesiani, per-
ché ci avete recato tanti guai”. Di poi affermò che di Lilija non sa nulla. /.../ L’I-
spettore (che nello scorso maggio fu rilasciato) andò dal ministro Snoj18, questi lo
avvertì: “Voi salesiani dovrete soffrire ancora moltissimo. Le autorità partigiane di-
cono che tutta la propaganda contro di loro è uscita da Rakovnik e che i salesiani
abbiano loro arrecato un grandissimo danno, per questo faranno i conti con voi”.
Infatti poco dopo hanno incominciato ad adempiere la loro minaccia”.
14 Il sac. Franc Knific (1893-1979) dirigeva la comunità salesiana di Rakovnik alla fine
della guerra. Fu direttore della comunità dei teologi e insegnante di materie teologiche
nello studentato teologico di Ljubljana. Nell’ambito del processo contro le tipografie pri-
vate, il 3 agosto 1945 fu condannato a 5 anni di lavori forzati e a 10 anni di privazione dei
diritti civili. Insieme a lui furono condannati anche l’ispettore Ivan Sˇpan e il sacerdote dr.
Jozˇe Valjavec. Cf B. KOLAR, Njih spomin ostaja..., pp. 150-151. La lettera di don Knific fu
scritta a Monteortone, dove si era rifugiato, il 24 agosto 1945. Cf ASC E 994, Relazioni al
Rettor Maggiore.
15 Metod Mikuzˇ (1909-1982), sacerdote della diocesi di Ljubljana. Durante la guerra
si associò ai partigiani, dopo la guerra lasciò il sacerdozio e diventò funzionario della Com-
missione governativa per le relazioni con le comunità religiose. Morì come professore al-
l’Università di Ljubljana. Cf T. GRIESSER-PECˇAR, Cerkev na zatozˇni klopi…, pp. 31, 44 ss.
16 Il sac. Jozˇe Malicˇ (1884-1972), ordinato sacerdote nel 1909, era confessore nel col-
legio di Rakovnik alla fine della guerra. Poiché cittadino italiano, dovette lasciare la Slove-
nia nel 1950. Cf B. KOLAR, Njih spomin ostaja..., pp. 222-223.
17 Il sac. Melhior Lilija (1907-1944), salesiano, ordinato nel 1936, fu nominato am-
ministratore parrocchiale a Skocjan presso Turjak nel febbraio 1944. All’inizio del no-
vembre 1944 fu preso dai partigiani, portato via e il 15 novembre 1944 insieme ad altri
ucciso in Bela Krajina. Non si sa dove si trovi la sua tomba. Cf B. KOLAR, Njih spomin
ostaja..., pp 193-194.
18 Franc Snoj (1902-1962), politico, ministro nel governo jugoslavo prima della se-
conda guerra mondiale, fuggito all’estero nel 1941, ritornato in patria nel 1944 si unì ai
partigiani. Nel maggio 1945 divenne ministro nel governo rivoluzionario, due anni dopo
fu condannato a 7 anni di lavori forzati. Cf Slovenski biografski leksikon, vol. III, p. 401.

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362 Bogdan Kolar
Il nuovo regime accusò i salesiani di un collettivo peccato originale, che
avrebbero commesso durante la rivoluzione. Il biasimo continuò fino agli anni
’80 del XX secolo, quando coloro che presero parte ai fatti durante la guerra
erano già da tempo morti e la maggior parte delle comunità salesiane era rap-
presentata da persone nate dopo la guerra. Conservare i ricordi e rinfocolare
gli antichi rancori era il compito della Commissione per i rapporti con le co-
munità religiose, fondata dai partigiani nel 1944; viene perseguito ancora oggi
in forma in certo modo cambiata. Nel cammino di realizzazione della rivolu-
zione socialista, i salesiani dopo il 1945 persero tutti gli istituti in Slovenia e
furono interrotte le opere tipicamente salesiane. Se all’inizio della guerra l’i-
spettoria contava 13 case e 232 confratelli, dopo la guerra tutte la case furono
chiuse e nazionalizzate; i salesiani erano ancora un centinaio. La loro opera si
svolgeva in una quarantina di parrocchie, di cui 5 stabilmente affidate alla
Congregazione.
3. Tra i profughi
Un gruppo di 20 salesiani nel maggio del 1945 si unì ai profughi sloveni in
vari campi profughi in Austria, operando tra loro fino al 1950, anno in cui i
campi furono chiusi e i profughi trasferiti nei paesi al di là dell’oceano. La
maggioranza dei profughi partì negli anni 1948 (secondo alcune statistiche ol-
tre 3.800 persone) e 1949 (circa 1.100 persone), dopo invece in gruppi più
piccoli. Alcuni salesiani s’inserirono nel lavoro pastorale delle parrocchie nella
diocesi di Celovec/Klagenfurt e nell’Amministrazione Apostolica di Innsbruck
(che comprendeva la parte orientale del Tirolo). In ambienti nuovi e straordi-
nariamente difficili svilupparono molte attività, in risposta alle difficoltà in cui
si trovavano le famiglie dei profughi e molti giovani. Dal momento che i pro-
fughi si organizzarono velocemente e fondarono organismi che curavano i rap-
porti con le autorità militari britanniche, che avevano occupato la Carinzia (la
provincia austriaca di Kärnten, dopo la guerra era occupata da forze militari
britanniche), i salesiani assunsero la responsabilità di diversi aspetti dell’orga-
nizzazione della loro vita19. Anche se finora non si è trovato ancora il verbale
della visita canonica preparato dal delegato del Rettore Maggiore, don Albino
Fedrigotti, dopo la sua visita ai profughi nel febbraio del 1949, è rimasto però
nella memoria dei salesiani il fatto che egli aveva approvato il loro lavoro ed
espresso ammirazione per la dedizione con cui si occuparono dei giovani pro-
fughi e per il rafforzamento della vita religiosa tra le baracche dei campi profu-
ghi. A prova di questo si può capire la risposta di don Pietro Ricaldone, man-
19 Negli ultimi anni sono state pubblicate numerosissime opere che trattano della vita
dei profughi sloveni nella Carinzia. Fino agli anni ‘80 in Slovenia non si poteva nemmeno
parlarne. Cf John CORSELLIS – Marcus FERRAR, Slovenia 1945. Memories of Death and
Survival after World War II. Traduzione slovena: Slovenija 1945. Smrt in prezˇivetje po drugi
svetovni vojni. Ljubljana, Mladinska knjiga 2006.

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Salesiani tra i rifugiati sloveni nei campi profughi in Austria (1945-1950) 363
data al salesiano M. Brunec a una sua relazione dal campo profughi Spittal an
der Drau il 24 settembre 1945. Il Rettore Maggiore scrisse: “Vedo con soddi-
sfazione. Continuate cosi”20.
I superiori maggiori della Congregazione furono ben informati delle attività
svolte nei campi profughi sin dall’estate 1945, grazie alle comunicazioni dei sa-
lesiani sloveni che si fermarono a Trieste, tra questi soprattutto Franc Sˇtuhec21.
Fu lui a iniziare nell’estate 1945 il piccolo bollettino chiamato Zveza med brati
(Unione tra i fratelli), dove si possono trovare informazioni molto preziose circa
la situazione dei salesiani dell’ispettoria dei SS. Cirillo e Metodio durante i pri-
mi mesi dopo la fine della guerra22. Sostegno al loro lavoro venne offerto anche
dall’ispettore dell’ispettoria di Vienna, don Georg Wagner23. Di questo ci parla
la posta che l’ispettore G. Wagner inviava a Torino e si trova tra i documenti
dell’ispettoria Jugoslava nell’Archivio salesiano centrale. Così scrive al riguardo
don F. Blatnik il 26 gennaio 194824:
“Il Sig. Ispettore Don Wagner ci ha gentilmente offerto i suoi collegi in cui possia-
mo metterci al sicuro se venisse qualche pericolo. Insomma, il Sig. Ispettore Don
Wagner ci mostra una cura proprio paterna e ci aiuta specialmente nelle spese
enormi che abbiamo per il mantenimento di Don Nemec, il quale si trova nella cli-
nica dei tisici, non avendo noi nessuna altra entrata fuorché l’applicazione delle
Messe”.
In base alle relazioni mandate ai superiori di Torino, fu iniziata nel 1946 in
Carinzia la comunità di S. Hema, con sede nel campo profughi di Spittal an der
Drau, la quale ebbe come soci salesiani sloveni-profughi (essi si consideravano
ancora sempre membri dell’Ispettoria Jugoslava, il che si vede anche dal sigillo:
Salesiani provinciae Ss. Cyrilli et Methodii – profugae ex Jugoslavia); essi operaro-
no nei campi profughi o in seguito in numerose parrocchie. Come primo diret-
tore della comunità fu nominato don F. Blatnik, seguito nel 1949 da don Aloj-
zij Luskar (quando don Blatnik partì per l’Italia). Il 24 ottobre 1949 invece fu
ufficialmente fondata la comunità salesiana slovena nella Carinzia di B. Hilde-
garda, la quale nel 1950 trasferì la sua sede a Kamen/Stein in Jauntal, in dipen-
20 ASC E 993, Corrispondenza 1941-1946, relazione del 24 settembre 1945.
21 Il sac. Franc Sˇtuhec (1913-1986), ordinato sacerdote nel 1940, dopo la guerra trovò
rifugio tra i salesiani a Trieste, dove poi si inserì nel lavoro parrocchiale dell’omonima dio-
cesi. Fu lui a stabilire i primi contatti tra i salesiani profughi e la direzione della Congrega-
zione a Torino. Cf B. KOLAR, Njih spomin ostaja..., pp. 379-380.
22 Alcuni numeri del bollettino (e le traduzioni delle lettere) si trovano nell’ASC E 993
e E 995.
23 Sac. Georg Wagner (1886-1964) è stato provinciale dell’Ispettoria Austriaca dal
1935 al 1949. Cf Georg SÖLL, Die Salesianer Don Boscos (SDB) im deutschen Sprachraum
1888-1988. München, Don Bosco Verlag 1989, pp. 297, 601.
24 ASC E 994, Corrispondenza di Don Tirone; relazione di Don Blatnik del 28 gen-
naio 1948.

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364 Bogdan Kolar
denza dall’ispettoria di Vienna25. Nella memoria di tutti i salesiani profughi, il
1946 rimase come anno di fondazione26.
4. Gli inizi dei campi profughi
Quando i profughi sloveni arrivarono in Austria passando per le Alpi, venne-
ro inviati dall’autorità di occupazione inglese nel campo profughi Vetrinj/Vik-
tring, presso Celovec/Klagenfurt. Qui furono creati due campi diversi: uno per i
militari (quando alla fine di maggio furono consegnati alle forze partigiane il
campo rimase vuoto), l’altro per i profughi civili. Ivi rimasero fino alla fine del
giugno 1945. I profughi si organizzarono in fretta, costituirono un corpo cen-
trale di rappresentanza (Comitato o Consiglio Nazionale) e prepararono i rego-
lamenti basilari della loro vita in comune. Tra i profughi vi furono infatti molti
sacerdoti, insegnanti, politici, responsabili di varie associazioni religiose e altri
intellettuali che avevano paura della vendetta comunista. Molti però erano stati
preda del panico che li spinse ad una vita di esiliati. Ai salesiani venne affidata la
responsabilità di tutte le attività per i giovani nel tempo libero (questo compito
fu assunto da don France Cigan)27. In effetti, i salesiani furono di fatto ufficial-
mente richiesti dal presidente del Comitato Nazionale dr. Valentin Merˇsol28 di
prendersi cura dei giovani, specialmente i più poveri, gli abbandonati e gli orfa-
ni e di organizzare il loro tempo libero.
Oltre a ciò vennero invitati a collaborare nell’organizzazione delle lezioni
scolastiche (scuole elementari, professionali e ginnasi), in altre attività scolasti-
che ed educative e nell’opera di informare meglio le persone (la stamperia, i vari
giornali e bollettini). Così si evidenziarono già tutti i più importanti campi, in
cui nei successivi quattro anni avrebbero dato il maggior contributo, segnando
profondamente la vita di coloro che si trovavano in ambienti tra i più emargina-
ti. Poiché le condizioni di vita di tale folla di persone nel campo profughi di Ve-
trinj/Viktring erano impossibili (problemi soprattutto di natura igienica, sanita-
ria ed economica), alla fine del giugno 1945 i profughi vennero distribuiti in
più luoghi, dove era già stata preparata l’infrastruttura per l’insediamento. Ven-
25 Cf G. SÖLL, Die Salesianer Don Boscos (SDB) im deutschen Sprachraum 1888-
1988..., p. 297.
26 Cf Elenco generale della Società di S. Francesco Sales 1949, vol. I, p. 143. Anche nel
volume del 1950 si trova ancora sempre la comunità di S. Hema (la pubblicazione dell’E-
lenco avvenne nel mese di ottobre per l’anno successivo).
27 Il sac. France Cigan (1908-1971), salesiano, ordinato nel 1935, prima di lasciare la
Slovenia per andare in Austria, lavorava tra i giovani salesiani e nell’oratorio di Rakovnik.
Grazie alla sua formazione musicale dirigeva numerosi gruppi musicali, cori e insegnava
musica nelle scuole. Cf B. KOLAR, Njih spomin ostaja..., pp. 57-60.
28 Il medico dr. Valentin Merˇsol salvò migliaia e migliaia di profughi dalle mani dei co-
munisti. Fu lui a convincere gli ufficiali inglesi a non mandare i profughi sloveni dalla Ca-
rinzia in Jugoslavia, come era stato richiesto da Tito. Cf J. CORSELLIS – M. FERRAR, Slove-
nija 1945. Smrt in prezˇivetje po drugi svetovni vojni..., pp. 23, 39, 57ss.

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Salesiani tra i rifugiati sloveni nei campi profughi in Austria (1945-1950) 365
nero dislocati a Lienz-Peggez, Sankt Veit an der Glann, Spittal an der Drau,
Liechtenstein presso Judenburg, Kellerberg e in altri luoghi minori. Ad ogni
gruppo più grande, su richiesta del Comitato Nazionale, si univa un gruppo di
salesiani che continuarono ed ampliarono un’opera simile a quella svolta nel
campo di Vetrinj/Viktring.
Alla fine del 1946 il campo centrale sloveno in Austria diventò il luogo di
Spittal an der Drau, dove a poco a poco vennero trasferiti tutti i gruppi. Il loro
numero nel frattempo era diminuito, perché alcuni profughi avevano trovato
delle possibilità di stabilirsi in Austria, altri si erano già trasferiti in altre terre,
altri erano ritornati in patria o volontariamente o sotto la pressione del potere
britannico (che agiva su istigazione di quello jugoslavo) o a seguito della propa-
ganda della Commissione di rimpatrio. Per questo a Spittal an der Drau si for-
mò il più numeroso gruppo di salesiani, mentre alcuni andarono in Italia o in
diversi luoghi dell’Austria, dove continuarono gli studi (Università di Graz,
Vienna) o s’inserirono nelle esistenti istituzioni salesiane. Alcuni Sloveni rimase-
ro nel campo di Spittal anche dopo il 1950 (nel 1954 vi erano ancora 345 per-
sone) creando una piccola comunità della quale assunse la cura pastorale il sale-
siano don Alojzij Luskar. Il campo profughi di Spittal non fu chiuso, cessò sem-
plicemente di funzionare dopo la partenza dei profughi29.
5. Servizio informativo
Per tutti i profughi costituiva una grande preoccupazione l’insicurezza in cui
si viveva. Non avevano informazione sui fatti, sui progetti del potere di occupa-
zione inglese, sul destino di migliaia di persone rimandate in Jugoslavia, su qua-
le sarebbe stato il loro futuro. Poiché non sapevano nulla, furono facile preda di
manipolazioni e di molte forme di intimidazione, messe in atto dagli agenti co-
munisti e dagli ufficiali dell’organizzazione internazionale UNRRA (United Na-
tions Relief and Rehabilitation Administration). Perché la gente fosse informata
e al corrente, il dr. Franc Blatnik sin dal suo arrivo a Vetrinj/Viktring incomin-
ciò ad organizzare un servizio d’informazione. Riuscì a preparare una piccola ti-
pografia e così si cominciò a moltiplicare semplici giornali quotidiani. Già il 15
maggio 1945 uscì il primo numero del quotidiano politico ed informativo Do-
movina v taboriˇsˇcu (La patria nel campo). Attraverso fonti segrete ricevette infor-
mazioni dalla patria, che successivamente completò e diffuse. Il giornale fu sop-
presso dalle autorità britanniche il 2 luglio 1945 perché aveva pubblicato un ar-
ticolo sul vescovo di Ljubljana, mons. Gregorij Rozˇman, profugo anche lui, ri-
cercato dalle autorità jugoslave come traditore. Quando i servizi segreti comuni-
sti scoprirono che alcuni laici e sacerdoti in Slovenia avevano contatti con l’este-
ro e con il dr. F. Blatnik, li arrestarono proprio per questo motivo. Formularono
la stessa accusa anche contro l’amministratore della diocesi di Ljubljana, mons.
29 Cf Gabriela STIEBER, Nachkriegsflüchtlinge in Kärnten und der Steiermark. Graz, Leykam
1997, p. 238.

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366 Bogdan Kolar
Anton Vovk30. Essere in contatto con l’estero, in modo particolare con la Santa
Sede o con gli Stati Uniti d’America fu tra le accuse più gravi e comportava al-
cuni anni di carcere o di lavori forzati. Dopo il trasferimento di circa 2600 pro-
fughi a Lienz-Peggez alla fine del giugno 1945, il dr. F. Blatnik incominciò a
pubblicare un nuovo giornale, Novice (Le notizie), pure controllato dalle autori-
tà militari inglesi, le quali, preoccupate di non offendere Tito e il suo regime,
non tolleravano notizie critiche nei riguardi del sistema jugoslavo e delle misure
introdotte nel paese dalle nuove autorità politiche.
Con l’aiuto del servizio d’informazione guidato e organizzato dal dr. F. Blatnik,
le società occidentali furono informate sulla sorte dei soldati anticomunisti ritor-
nati in patria e sull’ordine sociale che cominciava a sorgere in Jugoslavia. Parallela-
mente ai giornali ufficiali, controllati dalle autorità inglesi, il dr. F. Blatnik riuscì a
stampare più giornali non controllati. Questo gli fu possibile perché tra gli impie-
gati inglesi nei campi si era fatto alcuni amici che lo avvertivano dei piani dei ser-
vizi segreti e delle esigenze del potere jugoslavo. Più volte cercarono di arrestare
don F. Blatnik, ma egli riuscì sempre a mettersi in salvo in tempo. Già il 5 luglio
1945 apparve il primo numero del bollettino illegale Domaˇci glasovi (Le voci do-
mestiche), con notizie che non potevano apparire su Novice. Accanto a questo, don
F. Blatnik occasionalmente pubblicava anche Izbor ˇclankov iz svetovnega ˇcasopisja
(Selezione di articoli dalla stampa mondiale) riguardanti la situazione politica ed
economica in Jugoslavia, le notizie che erano più interessanti per i profughi ma
contrarie alle intenzioni delle autorità inglesi nel campo. Lo stesso scopo ebbe la
pubblicazione di Begunska pisma s Koroˇske (Le lettere profughe da Carinzia) che egli
pubblicava sotto lo pseudonimo ‘Caranthanus’. Don F. Blatnik era conosciuto per
la sua posizione molto critica sia verso la situazione in Slovenia sia verso il sistema
politico generale come pure verso la posizione del governo britannico nei confron-
ti del regime di Tito. Era rimproverato di aver con ciò causato una proibizione
completa della stampa slovena nei campi profughi in Austria nel maggio 194731.
Secondo l’opinione degli storici, condivisa anche dai servizi segreti, il dr. F.
Blatnik fu la personalità chiave nell’organizzare le attività tipografiche, nell’infor-
mare e nel raccogliere notizie, nel formare le persone e occuparsi della loro infor-
mazione globale32. In tutti i campi in cui rimase per un certo tempo (visse prefe-
30 Mons. Anton Vovk (1900-1963) fu nominato amministratore apostolico della dio-
cesi di Ljubljana dopo la partenza dell’ordinario mons. G. Rozˇman nel maggio 1945. Or-
dinato vescovo nel 1946, guidò la diocesi fino al 1963; dopo la morte di mons. G.
Roˇzman avvenuta nel 1959, in qualità di ordinario del luogo. Nel 1952 ci fu un tentativo
di bruciarlo da parte dei servizi segreti. È servo di Dio. Cf Bogdan KOLAR, V Gospoda zau-
pam. Iz zapisov nadˇskofa Antona Vovka [In Domino confido. Da appuntamenti dell’arcive-
scovo Anton Vovk]. Ljubljana, Druzˇina 2000.
31 Tale era almeno la convinzione di coloro che non erano d’accordo con la sua attività
illegale.
32 Cf John A. ARNEZ, Slovenski tisk v begunskih taboriˇsˇcih v Avstriji 1945-1949 [La
stampa slovena nei campi profughi in Austria 1945-1949]. Ljubljana-Washington, Studia
Slovenica 1999, pp. 166-167.

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Salesiani tra i rifugiati sloveni nei campi profughi in Austria (1945-1950) 367
ribilmente al di fuori dei campi, in modo da non essere raggiungibile durante i
controlli; per un certo periodo abitò stabilmente nell’istituto di Linz), fondò ti-
pografie e diede alle stampe diverse pubblicazioni. Tra l’altro vennero pubblicati
libri da usare durante le lezioni nei campi, libri di scienza, opere letterarie, raccol-
te di poesie, traduzioni di encicliche dei papi, giornali e riviste ufficiali edite da
organi dei campi profughi o ecclesiastiche. Nel periodo di maggior sviluppo fu-
rono impiegati in tipografia a tempo pieno circa dieci persone. Come maggior
successo della tipografia situata nel campo di Spittal è possibile valutare la pub-
blicazione di un libro di canti Narodne pesmi (Canti nazionali) con 362 canzoni
popolari in due volumi; fu pubblicata nel 1949 una tiratura di 1000 copie, cura-
ta da tre salesiani (France Cigan, Alojzij Luskar e Silvester Mihelicˇ). Per ogni can-
zone c’erano le note e le parole del testo. Il libro di canti rimase per anni il ma-
nuale dei cori sloveni parrocchiali e folcloristici nella provincia di Carinzia.
Sin dall’inizio don F. Blatnik esercitava la funzione di guida della comunità
salesiana profuga. Regolarmente mandava relazioni ai superiori maggiori per te-
nerli informati. Il 19 settembre 1945, due mesi dopo il trasferimento al campo
di Peggez presso Lienz scrisse:
“Il lavoro l’abbiamo distribuito come segue: Zˇagar, Mihelcˇicˇ, Mihelicˇ, Luskar ed il
sottoscritto siamo professori nel Ginnasio Sloveno di questo campo. Inoltre Mihe-
licˇ dirige il coro dei cantori, Mihelcˇicˇ dirige i corsi di lingue straniere, Luskar dirige
le conferenze, Zˇagar dirige il teatro ed io ho la cura della tipografia – che non è al-
tro che un moltiplicatore – dove si stampano il quotidiano del campo in lingua
Slovena e Russa, ed i settimanali. [...] I nostri emigrati apprezzano molto il lavoro
dei Salesiani, i quali sanno anche assai più sacrificarsi che non il Clero Secolare.
Persino fra gli Inglesi vi è già la persuasione che i Salesiani si sacrifichino molto più
degli altri, specialmente per la gioventù. Se incontrano qualcheduno che lavora e si
sacrifica per gli altri domandano: ‘È anche lui un Salesiano?”33.
Per i salesiani rimasti in Slovenia sotto il governo rivoluzionario, l’operato di
don F. Blatnik ed altri salesiani profughi potevano causare qualche inconvenien-
te. Questo si poteva sentire occasionalmente dalla rara corrispondenza pervenu-
ta a Torino, ma lo sapevano molto bene i salesiani vissuti a Ljubljana. Nell’ago-
sto 1946 don Giuseppe Cucchiara poté visitare varie comunità salesiane in
Croazia e Slovenia e poi fare una relazione ai superiori maggiori. Scrisse:
“Sono poi i confratelli ed in modo speciale don Sˇpan, specialmente vigilati dal-
l’OZNA34 ed ogni mossa è controllata e ciò spiega, dice don Sˇpan, se non può scri-
vere spesso e come vorrebbe ai superiori. [...] A proposito il Sig. Ispettore prega
tanto tanto di ritirare e mettere altrove i confratelli che si trovano nei campi di
33 ASC E 993, Corrispondenza 1941-1946, relazione del 19 settembre 1945. Nel cam-
po di Peggez presso Lienz si trovavano anche altri gruppi di profughi, tra questi il più
grande era quello russo.
34 OZNA (Oddelek za zaˇscˇito naroda) era il servizio segreto jugoslavo. Aveva una se-
zione particolare per i sacerdoti e i laici cattolici.

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368 Bogdan Kolar
concentramento in Austria, in Carinzia, ed in modo speciale d. Francesco Blatnik.
Quest’ultimo dovrebbe essere mandato lontano lontano (America?, Portogallo?) ed
insistere presso tutti che non scrivano della e nella Jugoslavia. – Tante famiglie di
cooperatori e cooperatrici sono state messe nei guai e visitate dall’OZNA perché ri-
cevono lettere ove si parla di valigie, incartamenti etc. lasciati presso di loro al mo-
mento della loro fuga. – Il D. Blatnik è cercato a morte, specie ora che il vescovo di
Lubiana è stato condannato a 18 anni di lavori forzati (e lui era [e si sa] latore di
messaggi tra Roma e il Vescovo). Un giorno all’improvviso potrebbe essere ucciso o
rapito anche nel posto ove adesso si trova”35.
6. Collaborazione nelle scuole
I salesiani s’impegnarono affinché nei campi vi fossero scuole di vario grado
e in ciò furono i più stretti collaboratori dei loro responsabili; la gestione delle
scuole era in mano al Comitato Nazionale. Questi pubblicò già il 16 maggio
1945 un decreto con il quale stabilì tre categorie di scuole e nominò il responsa-
bile di tutte le attività scolastiche. Alcune settimane dopo l’arrivo a Vetrinj/Vik-
tring furono fondati il ginnasio (si chiamava ginnasio sloveno dei profughi, con
circa 150 alunni), la scuola elementare (frequentata da circa 300 bambini), vari
asili e altre forme di istruzione. Si desiderava rendere possibile agli alunni di ter-
minare bene l’anno scolastico 1944-1945. Anche se mancava tutto, dagli stru-
menti di scrittura, ai quaderni, ai libri e agli ambienti scolastici, incominciarono
le lezioni e le conclusero con successo. Non di rado le singole classi si radunava-
no sotto gli alberi, nei corridoi dell’antico convento cistercense o in fabbricati
rurali. Poiché avevano buone esperienze in campo scolastico a casa, i responsabi-
li dei profughi diedero completa fiducia ai salesiani e con il loro aiuto organizza-
rono la scuola per molte centinaia di bambini tra i profughi.
Poiché molti salesiani avevano una qualifica conveniente e avevano lavorato
nella scuola già prima di essere profughi, furono professori di diverse materie:
latino e greco (F. Blatnik), religione (A. Luskar), matematica, biologia e chimica
(F. Mihelcˇicˇ, L. Zˇagar), canto e strumenti musicali (S. Mihelicˇ, F. Cigan). Ricer-
catori del processo dell’emigrazione slovena e delle attività nei campi profughi
in Austria concordano nel dire che il ruolo dei salesiani nella fondazione del
ginnasio dei profughi fu decisivo. Questo fu vero sia all’inizio del curricolo sco-
lastico a Vetrinj/Viktring come poi a Peggez presso Lienz e a Spittal an der
Drau36. Oltre i corsi regolari svoltisi nella scuola vennero organizzati anche corsi
cosiddetti “privati” per i giovani che avevano già oltrepassato l’età prevista e do-
35 ASC E 993, Corrispondenza 1941-1946, lettera del direttore don Cucchiara del 3
settembre 1946. Don G. Cucchiara, morto a Hong Kong nel 1966, scrisse la lettera a Trie-
ste per evitare il controllo della posta. Era direttore a Fiume e cercava confratelli con il per-
messo di lavorare nella Zona B (Fiume).
36 Cf Slovenska begunska gimnazija v Peggezu pri Lienzu: Letno poroˇcilo za ˇsolsko leto
1944/45 in 1945/46 [Il ginnasio sloveno dei profughi a Peggez presso Lienz: La relazione
annuale per gli anni scolastici 1944/45 e 1945/46]. Peggez 1946.

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Salesiani tra i rifugiati sloveni nei campi profughi in Austria (1945-1950) 369
vevano lavorare; essi potevano studiare soltanto durante il tempo libero. Anche
a questi i salesiani offrivano la possibilità di studiare privatamente e di preparar-
si per gli esami di fine anno scolastico. Per un gruppetto di circa 50 studenti,
prevalentemente orfani o con i genitori in altri campi, i salesiani organizzarono
un piccolo convitto.
Il sacerdote salesiano Ivan Matko37, oltre alla collaborazione in altre forme di
specializzazione, organizzò scuole professionali divenendone responsabile. Don
Janko Mernik38 fu tra gli organizzatori delle scuole popolari. Per i bambini di
quell’età, Janko Mernik pubblicò la rivista mensile illustrata Begunska mladina
(Gioventù profuga). Il primo numero uscì il 5 settembre 1945 a Lienz, ebbe 8-16
pagine con molte illustrazioni e una tiratura di 500-800 esemplari. Fu molto ap-
prezzato sia dai giovani che dalle maestre della scuola elementare, perché pubbli-
cava anche testi educativi e pezzi di letteratura. Per questo fu usato come testo
scolastico quando non c’erano a disposizione altri libri. Don J. Mernik continuò
la pubblicazione della rivista Begunska mladina anche dopo il traslocamento di
tutti i profughi da Lienz a Spittal an der Drau e fino alla fine del 1948. Nel suo
lavoro fu assistito, oltre che da un gruppo di laici, da due giovani salesiani co-
adiutori, Janez Ambrozˇicˇ e Rudi Knez39. Nel campo profughi Peggez il sacerdote
salesiano dr. Franc Mihelcˇicˇ40 organizzò una scuola di perfezionamento artigiana-
le, cui si iscrissero circa 30 apprendisti tra maschi e femmine. Don F. Mihelcˇicˇ fu
aiutato dal salesiano A. Luskar che insegnava religione. La scuola incominciò il
15 gennaio 1946. Il dr. F. Mihelcˇicˇ ebbe pure il compito di organizzare saltuari
corsi scolastici. Il lavoro per la promozione umana e professionale costituiva la
base di tutte le attività salesiane tra i profughi. Fu proprio all’interno di questa
prospettiva di fondo che l’azione salesiana favoriva, oltre l’oratorio quotidiano,
tutti i gradi di scuole e la maggior parte delle forze a disposizione.
37 Il sac. Ivan Matko (1910-1997), ordinato nel 1938, lavorò tra i profughi sloveni nei
vari campi fino al 1950, quando si trasferì a Tinje/Tainach e dopo a Sele, dove lavorò nella
parrocchia slovena per 34 anni. Era conosciuto per il suo lavoro organizzativo e scolastico.
Cf B. KOLAR, Njih spomin ostaja..., pp. 227-229.
38 Il sac. Janko Mernik (1914-1974), ordinato nel 1944, lavorò nei campi profughi
d’Austria tra 1945 e 1949, quando insieme ad un gruppo di profughi andò in Argentina,
dove continuò a organizzare i profughi anche dopo il loro inserimento nella società argen-
tina. Cf ibid., pp. 232-233.
39 Cf J. A. ARNEZ, Slovenski begunski tisk v taboriˇsˇcih v Avstriji 1945-1949..., pp. 99-
100, 299.
40 Il sac. Franc Mihelcˇicˇ (1898-1977), salesiano, molto attivo tra i giovani operai già
prima dell’ultima guerra, fu forte sostenitore del movimento sociale cristiano. Laureato in
biologia, dopo molti anni di esperienza educativa, portò avanti molte materie di scienze
naturali in tutte le scuole per i profughi. Quando fu scacciato dal campo, lavorò nelle par-
rocchie vicine e prestando lezioni saltuariamente. Quando lasciò la Congregazione salesia-
na diventò parrocco in Carinzia. Cf Rajmund KINKEL, Mihelˇciˇceva ZMKD. Spominu du-
hovnika, ki se je ves posvetil delu za pokristjanjenje naˇse mladine [L’associazione dei giovani
operai cattolici di Mihelcˇicˇ. Dedicato alla memoria del sacerdote, dedicato alla cristianiz-
zazione dei nostri giovani]. Buenos Aires, ZMKD 1998.

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370 Bogdan Kolar
Poiché i libri a disposizione per l’istruzione generale e per la scuola non erano
sufficienti, i più coraggiosi si recarono di nascosto in Slovenia attraverso le Alpi e
portarono nello zaino i libri nel campo. Quando i profughi si avvidero che non
sarebbero più tornati in patria, iniziarono a studiare le lingue straniere con inten-
sità, soprattutto l’inglese e lo spagnolo. Ebbero così la possibilità di apprendere
otto lingue straniere. Anche in questa occasione i salesiani li aiutarono con le lo-
ro competenze e la preparazione dei manuali. Don F. Blatnik scrisse nel 1947 il
primo libro scolastico con un corso di spagnolo Uˇcimo se ˇspanˇsˇcine [Impariamo
lo spagnolo]41. Quando riuscirono ad installare la stazione radio, prepararono dei
programmi educativi e attraverso la radio realizzarono dei corsi di lingua.
Parte integrante delle attività scolastiche fu anche l’insegnamento del cate-
chismo, distribuito secondo le classi e le età dei giovani allievi, e della dottrina
della Chiesa su vari argomenti. A quest’ultima partecipavano, oltre ai giovani
del circolo, anche altri gruppi ed associazioni. Prima a Peggez e poi a Spittal,
don Alojzij Luskar, che aveva la licenza statale di insegnare catechismo nelle
scuole medie, fu membro stabile del corpo insegnanti. Così scrive don M. Bru-
nec alla fine del settembre 1945 da Spittal42:
“Abbiamo anche iniziato corsi settimanali di cultura religiosa; oggetto di studio so-
no le più importanti encicliche dei S. Pontefici: 1) sulla famiglia cristiana (Casti
connubii); 2) sull’educazione cristiana (Divini illius m.); 3) sulla concezione cristia-
na dello Stato (Immortale Dei e l’Enciclica sulla democrazia); e 4) sulla questione so-
ciale (Rerum novarum e Quadragesimo anno)”.
Dopo lo smembramento del campo di raccolta centrale Vetrinj/Viktring ne-
gli ultimi giorni del giugno 1945, le scuole furono istituite anche in tutti gli al-
tri campi (il ginnasio era operativo a Peggez e poi Spittal). In tutti i posti fu fon-
data la biblioteca scolastica, che alla fine dell’attività dei campi contava 3000 ti-
toli. Anche se le autorità inglesi dei campi desideravano che i profughi si trasfe-
rissero al più presto (o tornassero in Jugoslavia), perché in questo modo avreb-
bero risolto i problemi logistici e migliorato i rapporti con le autorità jugoslave,
furono comunque favorevoli all’istruzione dei bambini (apprezzavano meno
l’attività dei ginnasi perché essa sembrava troppo lunga, mentre erano più favo-
revoli alle scuole tecniche e professionali); riconobbero la validità dei diplomi e
aiutarono gli alunni del ginnasio a continuare gli studi nelle varie università in
Austria, Italia e Argentina.
L’anno 1947 fu contrassegnato in modo particolare da interventi repressivi
delle autorità del campo a Spittal: l’8 aprile, quando il ginnasio era frequentato
da 198 studenti, licenziarono un gruppo di professori, tra questi due salesiani,
don F. Blatnik e don L. Zˇagar. La scuola fu più volte interrotta: l’anno scolastico
41 Cf Franc BLATNIK, Uˇcimo se ˇspanˇsˇcine. Spittal, 1947, 146 p.
42 ASC E 993, Corrispondenza 1941-1946, relazione di don M. Brunec del 24 set-
tembre 1945.

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Salesiani tra i rifugiati sloveni nei campi profughi in Austria (1945-1950) 371
finì soltanto il 22 settembre 1947 e l’anno scolastico 1947-48 incominciò a me-
tà ottobre. Alla fine di ogni anno scolastico venivano pubblicate le relazioni an-
nuali, fonte preziosa per conoscere le attività scolastiche tra i profughi; le rela-
zioni erano scritte in due lingue, sloveno e inglese.
7. Azioni di promozione culturale
Oltre all’opera di educazione organizzata nelle scuole e nei corsi, per i profu-
ghi fu molto importante il lavoro culturale che si estendeva a diversi campi; al ri-
guardo furono approvate da parte del Consiglio Nazionale le decisioni già in atto
nel campo di Vetrinj/Viktring. A ciò contribuirono i cori per i canti ecclesiastici
e altri. Vennero organizzate conferenze sia popolari che specializzate, destinate a
tutti i profughi e a particolari gruppi. Nella loro organizzazione ebbe un posto
centrale il dr. F. Mihelcˇicˇ, che preparò un vasto programma di conferenze per
gruppi, mentre gli esperti in particolari settori sarebbero stati ospitati in vari
campi (era difficile organizzare una cosa del genere perché i profughi non aveva-
no diritto di movimento al di fuori del campo)43. In questo modo i profughi eb-
bero la possibilità di essere istruiti e di avere informazioni sulle questioni riguar-
danti l’economia, la politica, la cultura, la vita ecclesiale o sulle domande quoti-
diane della convivenza reciproca. Grande importanza venne data alla questione
educativa e all’informazione sulla dottrina sociale della Chiesa. Nel campo dei
rapporti internazionali e della politica il dr. F. Blatnik fu un frequente relatore.
Le lezioni di scienze naturali furono tutte del dr. F. Mihelcˇicˇ, noto biologo, e ac-
canto a lui ancora il sacerdote salesiano dr. Ludvik Zˇagar44, chimico. Su questioni
riguardanti l’educazione e la religione spesso fu relatore don Alojzij Luskar45. Le-
zioni speciali furono organizzate per ragazzi e uomini, ragazze, mogli e madri di
famiglia. Le relazioni di don F. Blatnik furono particolarmente frequentate per-
ché il suo linguaggio era chiaro ed aperto, inoltre era noto come oratore e inse-
43 Ai profughi fu permesso di muoversi nella cerchia di circa 10 km, a meno che aves-
sero un lavoro organizzato al di fuori di questo limite.
44 Il sac. Ludvik Zˇagar (1910-1981), ordinato sacerdote nel 1939, chimico di forma-
zione, lavorò tra i profughi sloveni dal 1945 al 1947, quando si trasferì a Graz. Insieme ad
altri salesiani, che insegnavano nel ginnasio del campo di Spittal come don F. Mihelcˇicˇ e
don F. Blatnik, fu proprio don L. Zˇagar, a causa delle sue attività sociali, ad essere espulso
dalla scuola. Dopo aver abbandonato il sacerdozio, si dedicò al lavoro scientifico in Ger-
mania e in Austria. Cf Slovenski biografski leksikon, vol. IV, pp. 924-925.
45 Il sac. Alojzij Luskar (1905-1993), ordinato sacerdote salesiano nel 1934, lavorò tra
i profughi sloveni nella Serbia durante la guerra. Dopo la guerra si dedicò al lavoro nei
campi profughi in Austria. Diede il via a varie attività, gruppi, movimenti. Don A. Luskar
fu l’ultimo salesiano rimasto nel campo di Spittal, anche dopo la partenza della maggio-
ranza dei profughi sloveni; continuò il suo lavoro tra altri gruppi etnici (per un periodo la-
voró come cappellano del gruppo croato). Spettó a lui raccogliere documenti, libri, testi
scolastici e quant’altro era rimasto dopo la chiusura del campo. Tutto il materiale archivi-
stico è stato trasferito a Kamen/Stein, dove egli rimase fino alla morte. In seguito l’archivio
è andato perduto. Cf B. KOLAR, Njih spomin ostaja..., pp. 206-209.

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372 Bogdan Kolar
gnante di lungo corso. La presenza di tanti ascoltatori dimostrava che essi cerca-
vano informazioni chiare sugli eventi quotidiani, leggiamo sul giornale Novice
dopo la sua relazione del 27 dicembre 194546. È vero, don F. Blatnik fu tra le
persone più informate nei campi. Egli però insistette nel far conoscere la situazio-
ne vera a tutti i profughi senza nascondere quello che poteva contrastare le inten-
zioni delle autorità filo-jugoslave del campo. Per questo fu anche tra le persone
più ricercate (come accennato sopra da don Cucchiara nella sua relazione).
In varie occasioni furono allestite celebrazioni culturali, religiose e nazionali
e varie accademie, cui collaborarono profughi giovani e adulti. Alla fine dell’an-
no scolastico vennero preparate delle mostre, con il contributo delle singole
scuole o dell’intero campo profughi. Nel marzo del 1947 nel collegio dei giova-
ni di Spittal fu approntata un’ampia mostra fotografica. Le varie attività cultura-
li furono particolarmente ricche nel campo di Peggez (qui presero parte alle sin-
gole conferenze anche circa 600 spettatori), in un primo tempo anche a Spittal;
verso la fine del 1948 e del 1949 il loro numero iniziò a calare perché diminui-
vano i profughi di mese in mese.
Elemento importante degli eventi culturali era il teatro. Erano allestite sia
semplici opere popolari, come anche opere esigenti, per esempio di autori classi-
ci. Un comitato speciale nei campi di Peggez e Spittal curava che fossero a dis-
posizione dei luoghi adatti al teatro e che si allestissero sempre nuove rappresen-
tazioni. A questo riguardo si distinsero come registi anche i salesiani. Nelle ope-
re per adulti si affermarono il dr. Ludvik Zˇagar, Alojzij Luskar e France Cigan;
nella preparazione delle opere dedicate ai giovani, Janko Mernik e il coadiutore
salesiano Rudi Knez. Molto interessante è il fatto che gran parte dei titoli teatra-
li rappresentati risale ai collegi giovanili salesiani in Slovenia, il che dimostra che
i salesiani curarono i testi e collaborarono alla loro realizzazione. Delle prime
destinate agli adulti stamparono dei libretti in circa 200 copie. Le opere più
amate, tra cui le operette Kovaˇcev ˇstudent (Il fabbro studente), Miklavzˇ prihaja
(Arriva Santa Klaus) e Pri belem konjiˇcku (Al cavallo bianco), furono più volte re-
plicate e rappresentate anche in sale al di fuori del campo. Per i profughi era una
possibilità di guadagnare qualche scellino, di provare il proprio livello culturale
e di migliorare l’opinione pubblica locale, la quale ravvisava nei profughi una
minaccia per la loro vita47. Quando fu resa funzionante la stazione radio del
campo, furono preparate anche opere radiofoniche.
Particolare influenza e forza di mobilitazione per i profughi ebbe la vita mu-
sicale, cioè la coltivazione della musica e la partecipazione a vari cori. I salesiani
poterono dare a ciò un fondamentale contributo, poiché tra i profughi vi erano
due ottimi musicisti, conosciuti tra gli Sloveni per la loro attività musicale ed
46 Cf il giornale “Novice”, nr. 155, 29 dicembre 1945.
47 Un riassunto delle attività teatrali è rappresentato dal diario, l’unico scritto, conser-
vato e poi pubblicato tra i profughi da F. Perniseˇk, per alcuni mesi responsabile del teatro
nei campi di Peggez e Spittal. Cf Franc PERNISˇEK, Moj begunski dnevnik 1945-1949 (My
D.P. Camp Diary, 1945-1949). Ljubljana, Studia slovenica 2007.

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Salesiani tra i rifugiati sloveni nei campi profughi in Austria (1945-1950) 373
educativa già prima di lasciare la Slovenia: don France Cigan e don Silvester Mi-
helicˇ48. Entrambi avevano una buona educazione musicale e una pluriennale
esperienza come direttori di cori e orchestre, e professori di musica e composi-
zione. Dapprima insieme a Vetrinj/Viktring (il primo coro misto fu organizzato
soltanto alcuni giorni dopo l’arrivo nel campo), poi separatamente a Peggez e
Spittal, impressero un profondo timbro all’esistenza dei profughi e al ritmo di
vita dei campi. Nella Cronaca di Carinzia, nella parte del bollettino Unione tra i
fratelli del 4 settembre 1945 si legge:
“Il 12 agosto (sc. 1945) il coro dei cantori sloveni nella parrocchiale di Lienz orga-
nizzò un concerto sacro sotto la direzione del salesiano Don Mihelicˇ Silvestro. Il
programma comprendeva dieci canti sloveni che sono stati scelti molto bene tra il
vecchio ed il nuovo repertorio sloveno. Questi canti, nella chiesa di stile gotico
acusticamente costruita, risuonavano meravigliosamente, e con il vario succedersi
del colorito e con sensata dinamicità ha raggiunto un successo singolare. Il coro,
composto di cento persone tra uomini e donne, con facilità passava dall’estremo
pianissimo al robusto fortissimo. Il concerto era unito alle litanie di Cristo Re in
tedesco, cantate dal coro maschile sull’orchestra cui rispondeva tutta la chiesa. La
funzione è stata una manifestazione molto bella della cultura musicale sacra slovena
che può gareggiare con ogni coro vicino e lontano. La grande chiesa parrocchiale di
Lienz era piena di fedeli tedeschi che non terminavano di lodare la bellezza d’arte
della musica sacra slovena e la precisa esecuzione”49.
Simili relazioni si possono trovare in quasi tutti i bollettini. Per i profughi ri-
cominciare le attività culturali e lavorare insieme volle dire tornare alla vita più
o meno quotidiana e normale, malgrado l’incertezza. Cantare insieme e far par-
te di un coro significò per i profughi la possibilità di incontrare gli altri e di
condividere la precarietà della loro situazione.
L’educazione musicale era attuata nelle scuole di diversi gradi. In esse, oltre
al canto e alla teoria musicale, si insegnava anche a suonare degli strumenti. Ve-
niva coltivata la musica ecclesiale e profana, popolare e artistica. Si prendeva
parte a celebrazioni religiose nei campi e fuori, in varie accademie, con manife-
stazioni in regolari concerti e in vari momenti solenni. Il canto era una compo-
nente importante durante gli incontri tra i rappresentanti delle autorità inglesi
ed austriache. Ci si esibiva con concerti in varie chiese e luoghi vicini, dove era
possibile far vedere la propria creatività culturale e far cambiare l’opinione nega-
tiva che gli abitanti autoctoni nutrivano nei confronti dei profughi. Molti cori
48 Il sac. Silvester Mihelicˇ (1905-1981), ordinato sacerdote salesiano nel 1934, studiò
musica a Zagabria dal 1934 al 1939, poi insegnò nella scuola di musica di Rakovnik. An-
che tra i profughi era conosciuto prima di tutto come musico ed organizzatore di attività
culturali. Dopo la chiusura dei campi si dedicò alla predicazione delle missioni popolari e
al lavoro parrocchiale in Carinzia. Cf. Silvester MIHELICˇ, Nebo, oko in jezero [Il cielo, l’oc-
chio ed il lago]. Celovec/Klagenfurt, Krˇscˇanska kulturna zveza 2006.
49 ASC E 994, Relazioni al Rettor Maggiore, dal bollettino “Unione tra i fratelli”, nr.
1, 4 settembre 1945.

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374 Bogdan Kolar
vennero fondati già a Vetrinj/Viktring; tra tutti occupò un posto centrale il coro
misto che contava normalmente circa 100 tra voci maschili e femminili.
Oltre ai cori maschili e femminili erano attivi anche cori di giovani. Don S.
Mihelicˇ fondò un coro ginnasiale subito dopo il trasferimento del gruppo di Ve-
trinj/Viktring a Peggez; il coro fu in grado di partecipare alle messe settimanali
per la scuola e alle varie accademie organizzate nel campo. Quando le condizioni
lo consentivano, si preparavano concerti più grandi, più operette, includendo
parti musicali in varie manifestazioni. Cori giovanili si esibirono per Radio Celo-
vec/Klagenfurt e registrarono molte canzoni per la radio inglese BBC. In seguito
la radio le trasmise in tutta la Gran Bretagna, nell’impero britannico e special-
mente nell’America del Nord50. Allorché i profughi di Peggez si trasferirono a
Spittal, don S. Mihelicˇ divenne direttore di tutti i cori (tra questi il coro misto
contava 130 membri), mentre don F. Cigan proseguì gli studi. Successo partico-
lare ebbe un gruppo di pueri cantores, composto da circa 50 ragazzi, fondato e
guidato a Spittal dal coadiutore salesiano Rudi Knez. Il coro prese parte a tutte le
manifestazioni dei giovani oltre alle feste liturgiche. Per la settimana della gioven-
tù, nel settembre 1947 organizzata dalle autorità del campo, il concerto del coro
fu registrato e poi trasmesso dalla radio Celovec/Klagenfurt51. A Spittal fu attiva
anche l’orchestra slovena. Ogni volta che numerosi gruppi di profughi lasciavano
il campo di Spittal, uno dei cori cantava un canto d’addio. In seguito si ridusse
anche il numero dei cantanti, finché nel 1950 i cori cessarono la loro attività.
8. L’oratorio quotidiano
L’oratorio quotidiano era l’attività più originale ed apprezzata tra gli emigra-
ti. Sin dai primi giorni quando i profughi si fermavano a Vetrinj/Viktring, i sa-
lesiani cercavano di organizzare diverse attività per i giovani. Le autorità dei
campi assegnarono ai salesiani un compito centrale riguardo all’organizzazione
dei giovani e delle loro riunioni, all’educazione e all’istruzione nel tempo libero.
Alcuni giorni dopo il suo arrivo a Vetrinj/Viktring, fu assegnato al salesiano don
F. Cigan il compito di incominciare a raccogliere i giovani e ad aiutarli con varie
attività a far fronte a quei giorni difficili. Così riuscirono più facilmente a supe-
rare i giorni di incertezza, disperazione e vuoto. Quasi imitando in tutto e per
tutto don Bosco, egli cercò per i giovani un’occupazione che attirasse la loro at-
tenzione e desse ai loro giorni un contenuto. Mentre i loro genitori erano occu-
pati a cercare mezzi di sostentamento, i bambini e i giovani trovarono un’occu-
pazione nel collegio. Per gli orfani, cioè per i bambini senza genitori o nel perio-
do di una loro malattia, i salesiani organizzarono un convitto, in cui dovevano
occuparsi delle cose essenziali e molte volte sostituire i genitori di quei giovani.
50 “Taboriˇscˇnik”, nr. 38, 10 dicembre 1946, p. 322.
51 Cf F. PERNISˇEK, Prosvetno delo v taboriˇsˇcih v Avstriji [Attività culturali nei campi in
Austria], in Zbornik Svobodne Slovenije [Collezione di Svobodna Slovenija]. Buenos Aires
1953, p. 120.

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Salesiani tra i rifugiati sloveni nei campi profughi in Austria (1945-1950) 375
Ad una preparazione alla vita a lungo termine e alla responsabilità nella società,
furono dedicate le lezioni sull’educazione e le responsabilità sociali, organizzate
regolarmente nel collegio dei giovani di Peggez e Spittal per ragazzi e ragazze
(con una frequenza dai 50 ai 100 partecipanti). Ogni settimana vi erano riunio-
ni sull’educazione, dedicate all’autoeducazione e istruzione dei ragazzi. La pre-
parazione di tali lezioni era affidata alla sezione giovanile per i ragazzi; a questo
compito collaboravano tutti i salesiani che si trovavano nelle baracche del cam-
po. Lezioni speciali su temi educativi erano dedicate ai genitori. Per le esigenze
dello sviluppo personale vennero preparate varie pubblicazioni stampate nella ti-
pografia del campo. Dopo il trasferimento a Peggez presso Lienz, all’incaricato
bastarono soltanto alcuni giorni per poter riaprire l’oratorio e radunare i giovani
del campo. Don F. Blatnik scrisse il 19 settembre 1945 da Peggez:
“Mernik è direttore dell’oratorio e maestro di religione nella scuola elementare del
Campo. L’Oratorio è veramente bene organizzato e frequentatissimo. La Domenica
passata vi fu la gara catechistica, che finì con un fiasco: l’80 % sapeva tutto, per ciò
non era possibile eliminarne nessuno. Tutti i presenti – ed erano 1500 fra parenti
ed altri – si sono meravigliati dell’ottimo catechista che ottenne tanto successo”52.
Nello stesso tempo – la descrizione del 24 settembre 1945 ci viene dal sacer-
dote Mihael Brunec –, a Spittal gli inizi dell’oratorio erano più difficili:
“Si trova ancora nel suo primo stadio come ai tempi di Don Bosco. Abbiamo inco-
minciato a raccogliere i giovani in un piccolo prato vicino a una baracca. Il catechi-
smo lo facevo ogni giorno seduto su un mucchio di pietre intorno a cui si serrava-
no i giovani. Poi, per due settimane circa, avemmo a nostra disposizione una barac-
ca, che serviva da cappella e da scuola di canto – adesso siamo di nuovo senza un
locale adatto. L’Inglese della Croce Rossa, che ha cura della gioventù, mi ha bensì
messo a disposizione una stanza nella scuola, ma è troppo piccola. Abbiamo però
ricevuto per l’Oratorio un magnifico prato adiacente al Campo, li è adesso un vero
regno di giovani specialmente le domeniche e le feste; anche il catechismo, è natu-
rale, si fa sul prato, ma anche questo non è senza utilità, perché così viene, per cu-
riosità, al catechismo anche altra gente e sente dire qualche buona parola”53.
Don F. Cigan aggiunse: “Don Brunec si prende cura degli oratoriani. Ogni
giorno li raccoglie per due o tre ore: giocano, fanno ginnastica ed atletica leg-
gera (sotto speciali dirigenti), dippoi don Brunec conclude il divertimento con
20 minuti di catechismo oppure talvolta col canto nel quale lo aiuto”54. Nel
campo di Spittal si trovavano anche giovani di altri gruppi nazionali (Croati,
52 ASC E 993, Corrispondenza 1941-1946, relazione del 19 settembre 1945. Oltre a
don J. Mernik nelle attività quotidiane dell’oratorio collaborarono anche altri salesiani, im-
pegnati in altre occupazioni come l’amministrazione e l’andamento scolastico del campo.
53 Ibid., relazione di don M. Brunec del 24 settembre 1945.
54 Ibid., lettera di don F. Cigan pubblicata sull’“Unione tra i fratelli”, nr. 4, 28 settem-
bre 1945.

38.6 Page 376

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376 Bogdan Kolar
Lituani) che, attirati dall’oratorio, prendevano poi parte anche al catechismo e
alle pratiche di pietà.
Fino al novembre 1946 in entrambi i luoghi fu aperto l’oratorio quotidiano,
con più di 100 partecipanti (nel mese di marzo del 1947 l’oratorio di Spittal
raggiunse il numero di circa 800 iscritti). Vi erano praticate varie forme di
sport, ricreazione e marce. Venivano organizzate gite sui monti circostanti e d’e-
state vacanze comuni per i bambini. I giovani erano radunati in gruppi per età,
con attività adeguate a ciascuno. Si tenevano regolarmente le ore di catechismo,
le preghiere in comune al mattino e alla sera (alla fine della giornata la “buona
notte salesiana”), l’introduzione alla liturgia e lezioni di carattere ecclesiale. I sa-
lesiani erano impegnati nella guida spirituale di vari gruppi: chierichetti, scout
(a Spittal il primo gruppo fu istituito nel giugno del 1946, responsabile ne fu il
salesiano don Janez Rovan55), ragazzi orfani, circoli missionari e altre associazio-
ni ecclesiali. Il circolo giovanile, istituito a Spittal nel gennaio 1946, compren-
deva circa 50 giovani dai 18 ai 28 anni. Un impegno speciale era dedicato a pre-
parare seriamente le feste religiose.
Siccome i salesiani esercitavano un influsso notevole sui giovani e le loro fa-
miglie, anche per quanto riguardava la diffusione di idee contro il comunismo,
gli amministratori dei campi inglesi li arrestarono più volte, li scacciarono o ne
impedirono il lavoro. Tali decisioni vennero prese su incitamento delle autori-
tà jugoslave e di varie commissioni per il rimpatrio che operavano nei campi.
Le testimonianze ricevute dai profughi, che si erano cercate le loro nuove case
in varie parti del mondo, segnalano che essi vissero nei collegi dei giovani il
periodo più bello della loro permanenza nei campi e che i valori incontrati in
quel tempo divennero la guida della loro vita. Grazie alle manifestazioni nei
collegi dei giovani e al servizio religioso dei salesiani, la durezza della condizio-
ne di profugo fu meno crudele e non lasciò profonde conseguenze nella vita
che condussero in seguito. Il contributo dei salesiani venne ripetutamente ri-
conosciuto anche dal delegato pontificio per i profughi dalla Jugoslavia. Nel
mese di maggio del 1947 mons. Jozˇef Jagodic scrisse: “Inter clericos praesertim
sacerdotes Societatis Salesianae S. Joannis Bosco excellunt, qui in juventute
curanda multam sibi operam dant et etiam domos pro juventute moderan-
tur”56. Dalle file dei giovani profughi provenne un forte gruppo di leaders na-
zionali, politici e culturali, alcuni sacerdoti (salesiani e secolari), alcune Figlie
di Maria Ausiliatrice e due cardinali (mons. Alojzij Ambrozˇicˇ, emerito arcive-
scovo di Toronto, Canada, e mons. Franc Rode, prefetto della Congregazione
per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica). Grazie ad un
55 Il sac. Janez Rovan (1911-1988), ordinato sacerdote salesiano nel 1943 a Pinerolo,
lavorò tra i giovani salesiani, dopo la partenza da Ljubljana nel maggio 1945 si dedicò ai
giovani profughi nei vari campi per i profughi, dopo come predicatore nelle parrocchie e
educatore nei convitti. Cf B. KOLAR, Njih spomin ostaja..., pp. 325-326.
56 Missio Pontificia. Delegatus Nationalis profugorum ex Jugoslavia in Germania et
Austria. Folium Officiale, annus 1947, numerus 1, p. 6.

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Salesiani tra i rifugiati sloveni nei campi profughi in Austria (1945-1950) 377
forte gruppo di profughi intellettuali, che avevano capito l’importanza del pe-
riodo e del materiale documentario si conservarono le testimonianze più signi-
ficative e di conseguenza anche la memoria dell’esodo sloveno. Il gruppo più
numeroso di profughi sloveni (circa 900 persone), fatta una breve sosta nel
campo profughi di Grugliasco, presso Torino, dove furono assistiti dal salesia-
no Ivan Dobrˇsek57, all’inizio del 1949 si trasferì in Argentina dandovi vita a
una piccola Slovenia. Così fino al 1950, quando fu chiuso il campo dei profu-
ghi sloveni a Spittal an der Drau e vi rimasero soltanto pochi salesiani (l’ulti-
mo a partire fu don A. Luskar).
Conclusione
La situazione dei profughi che hanno lasciato la Slovenia nel maggio e nei
mesi seguenti al 1945 fu una particolare sfida per i salesiani, loro stessi profu-
ghi. Tra di loro, tutti attivi cattolici e perciò prevalentemente profughi intel-
lettuali, potevano svolgere molte opere caratteristiche salesiane: l’oratorio
quotidiano, varie attività educative e scolastiche, corsi di cultura popolare e
ecclesiale, buona stampa, servizio informativo ed altro. Poiché i collegi dei
giovani di Peggez e Spittal avevano propri luoghi, fu possibile organizzare va-
rie attività del tutto indipendenti dagli altri gruppi di profughi. Anche se tra i
profughi vi fu un gran numero di sacerdoti secolari, che si interessarono so-
prattutto di organizzare la vita religiosa, in questo lavoro furono invitati an-
che i salesiani, membri della comunità di Santa Hema e poi di Beata Hilde-
garda58. Organizzarono il servizio liturgico nelle cappelle dei campi. Ebbero la
cura pastorale dei malati e degli invalidi; furono invitati come cappellani a vi-
sitare gli ospedali dei dintorni. Per un lungo periodo si curarono anche dei fe-
deli di altre nazionalità, finché non ricevettero i loro sacerdoti. Per loro im-
partirono il catechismo, prepararono canti religiosi e amministrarono i sacra-
menti. Insieme agli altri sacerdoti prepararono speciali catechesi per i giovani
e gli adulti, in cui presentarono in modo programmatico gli insegnamenti
della Chiesa Cattolica su vari argomenti. Oltre alle omelie, collaborarono nel-
l’elaborazione dei progetti per la predicazione e il contenuto dei discorsi per
occasioni speciali. Presto iniziarono ad aiutare nel lavoro pastorale delle par-
rocchie situate vicino ai campi. In questo modo entrarono in contatto con i
57 Il sac. Ivan Dobrˇsek (1911), ordinato nel 1946 a Torino, lavorò tra i profughi a
Grugliasco, Capua, Pagani e altrove; nel 1970 si trasferì in Canada dove fu alla guida della
parrocchia slovena di San Gregorio Magno a Hamilton, presso Toronto.
58 È interessante la scelta delle due sante patrone della comunità. Santa Hema (morta
nel 1045) è considerata la prima santa del territorio sloveno. La beata Hildegarda (morta
intorno al 990, festa liturgica il 5 febbraio) invece era madre del santo Albuino (insieme
con il santo Genuino patrono della chiesa parrocchiale di Kamen/Stein), al quale regalò il
castello di Kamen/Stein nella Carinzia. Il santo vescovo Albuino (morto nel 1006) era pa-
store della chiesa di Brixen/Bressanone, di cui è patrono.

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378 Bogdan Kolar
pastori del luogo e pian piano si resero atti per particolari forme di lavoro pa-
storale: predicazione, confessione, guida di varie devozioni e soprattutto pre-
parazione di missioni popolari. Fondarono una scuola di canto religioso e di
organo e presero la responsabilità del convitto degli alunni. Dopo il 1950 i
salesiani che rimasero in Carinzia s’inserirono nel lavoro pastorale della dioce-
si di Celovec/Klagenfurt e ricevettero una propria comunità. Gli altri si spar-
sero in vari Paesi d’Europa, dell’America del nord e del sud e divennero mem-
bri di quelle istituzioni salesiane. I contatti con la patria furono interrotti per
due decenni.

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LA PRESENZA DELLE FIGLIE DI MARIA AUSILIATRICE IN
SLOVENIA 1936-1960
Marija Imperl*
Introduzione
La presenza delle FMA in Slovenia si iscrive nel contesto della Chiesa e delle
congregazioni religiose messe alla prova da eventi bellici e politici nella realizza-
zione della loro missione. Le comunità religiose in genere all’alba del XX secolo
erano inserite attivamente nel contesto sociale del popolo sloveno, contribuendo
allo sviluppo economico e culturale della nazione. Sembra opportuno richiama-
re qui la situazione delle comunità religiose nel periodo della loro fioritura e ne-
gli anni dell’oppressione, per chiarire lo sfondo delle vicende che coinvolsero
anche le FMA1. Seguirà un breve percorso attraverso le fondazioni delle case in
Slovenia e in Croazia, per l’interesse e la specificità di ogni caso in rapporto alla
cronologia degli eventi e alle attività mantenute, interrotte, riprese nei modi
consentiti.
1. Le comunità religiose prima della seconda guerra mondiale
Nel 1918, con la creazione del nuovo stato jugoslavo, alcune congregazioni
si costituirono in province autonome. Nonostante le limitazioni imposte in al-
cuni periodi dal governo liberale e massonico, poterono svolgere le attività tipi-
che del loro carisma. Molti religiosi partivano come missionari per l’Africa, l’A-
sia e l’America Latina, sempre sostenuti dalla Chiesa slovena. Nuove comunità
religiose sorgevano anche tra gli emigrati sloveni nelle varie parti del mondo.
La relativa libertà di cui i cattolici godevano nel Regno di Jugoslavia permet-
teva alle comunità religiose di inserirsi nell’organizzazione e nella missione della
* Figlia di Maria Ausiliatrice.
1 Tutta la ricostruzione del contesto è una sintesi della ricerca sulla Chiesa in Slovenia
nei tempi del comunismo e dopo di esso, di Bogdan KOLAR, Redovne skupnosti v ˇcasu razc-
veta in komunistiˇcnega zatiranja. [Le comunità religiose nei tempi della fioritura e della op-
pressione comunista], in V prelomnih ˇcasih. Rezultati mednarodne raziskave Aufbruch (1995-
2000). Cerkev na Slovenskem v ˇcasu komunizma in po njem. [Nei tempi cruciali. Risultati
della ricerca internazionale Aufbruch (1995-2000). La Chiesa in Slovenia nel periodo comu-
nista e dopo di esso]. Ljubljana, (Druzˇina: Teoloˇska fakulteta) 2001, pp. 113-138.

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380 Marija Imperl
Chiesa. I rapporti giuridici tra Stato e Chiesa furono regolati nel 1935 da un
concordato bilaterale, che non fu però ratificato dal parlamento di Belgrado. Per
questo dipendeva molto dall’arbitrio dei diversi ministri o funzionari statali se
una scuola diretta da religiosi godesse i diritti inerenti a un suo riconoscimento
legale o fosse considerata soltanto un’istituzione privata. La Conferenza episco-
pale di Jugoslavia si adoperava incessantemente per tutelare i diritti già ricono-
sciuti alla Chiesa.
Nel 1939 in Slovenia erano presenti 12 congregazioni maschili con 44 co-
munità e 846 membri (dei quali 302 sacerdoti) e 16 congregazioni femminili
con 123 comunità e 2272 membri. Qualche congregazione aveva la propria
provincia nella Slovenia, la maggioranza apparteneva alla provincia che aveva la
propria sede nel Regno di Jugoslavia o fuori di esso. Alcune congregazioni erano
comparse recentemente nel territorio, tra queste le Figlie di Maria Ausiliatrice.
2. La missione pastorale fino alla seconda guerra mondiale e durante il conflitto
Le comunità religiose maschili collaboravano con l’attività pastorale della
Chiesa Slovena e curavano la formazione dei propri membri. Le principali occu-
pazioni delle comunità maschili erano: i seminari, il servizio parrocchiale, la cura
dei luoghi di pellegrinaggio, le varie forme di pastorale giovanile (in particolare da
parte dei salesiani). Quasi tutte le comunità religiose maschili mantenevano inter-
nati per alunni e studenti; alcune di esse dirigevano anche scuole artigianali, centri
di spiritualità e curavano la buona stampa (in particolare i salesiani), altre dirigeva-
no ospedali. Non mancavano due comunità di vita contemplativa. Le comunità
religiose maschili collaboravano inoltre all’attività pastorale delle diverse diocesi o
parrocchie con la predicazione e le confessioni, facevano da guide spirituali nelle
comunità religiose femminili e lavoravano tra gli emigrati sloveni in Europa.
Le comunità religiose femminili si dedicavano nella maggior parte ad attività
caritative, sanitarie, educative. Avevano parecchie scuole e internati, uno dei
quali era gestito dalle FMA. Due ordini erano di clausura. Alcune comunità re-
ligiose femminili, tra cui le FMA, lavoravano nelle strutture ecclesiali.
L’inizio della seconda guerra mondiale in Slovenia, il 6 aprile 1941, compor-
tò grossi cambiamenti nella posizione dei religiosi. Nel territorio occupato dai
Tedeschi quasi tutte le comunità religiose furono soppresse, i religiosi e le reli-
giose espulsi e il loro patrimonio sequestrato. Invece nel territorio occupato da-
gli Italiani (la provincia di Ljubljana) le istituzioni ecclesiastiche potevano conti-
nuare la loro missione. Molte comunità religiose si trasferirono perciò in questa
zona, riuscendo a passare dal territorio occupato dai Tedeschi a quello occupato
dagli Italiani. Le comunità religiose accoglievano molti profughi e davano ai
giovani la possibilità di finire l’anno scolastico.
Dopo la capitolazione dell’Italia nel 1943 cambiò la situazione anche nella re-
gione di Ljubljana. Sebbene il governo tedesco agisse qui in modo meno oppressi-
vo, la missione della Chiesa era limitata. Inoltre molti tra i religiosi erano mobilitati
nell’esercito. Parecchi religiosi e religiose prestavano soccorso sanitario per i militari.

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39.1 Page 381

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La presenza delle Figlie di Maria Ausiliatrice in Slovenia 1936-1960 381
Le comunità religiose all’estero offrivano accoglienza ai profughi e permette-
vano ai giovani di terminare il corso scolastico nelle loro istituzioni.
3. Rapporto con il governo nei primi anni dopo la seconda guerra mondiale
Durante la guerra alcuni religiosi si misero apertamente dalla parte del movi-
mento antirivoluzionario (anticomunista), o cercavano di orientare l’opinione
pubblica contro l’ideologia marxista. Per questo già durante la guerra alcuni fu-
rono liquidati dai partigiani, altri furono vittime dell’occupante. Fino al 9 mag-
gio 1945 – che segnò la fine delle ostilità – furono uccisi 26 religiosi.
La posizione che avrebbe preso il governo rivoluzionario era evidente già du-
rante la guerra. Per il timore della repressione molti religiosi lasciarono la patria
insieme ai profughi. Nei centri – profughi in Austria e in Italia organizzavano le
attività scolastiche, educative, sociali e la cura spirituale dei profughi. Molti di
loro furono rimpatriati dai centri per i profughi e poi liquidati nelle fosse di
massa. Nei mesi di maggio e giugno 1945 furono uccisi 52 religiosi (dei quali
26 confratelli, 25 seminaristi e 1 sacerdote).
Le comunità religiose erano considerate un pericolo per il governo rivoluzio-
nario perché si attenevano fedelmente alle istruzioni dei vescovi e del governo
ecclesiale. Le misure repressive contro i sacerdoti e religiosi/e negli anni dopo
guerra si fecero continue. Per prima cosa il governo soppresse le tipografie, poi-
ché già durante la guerra la stampa smascherava il comunismo, denunciandone
le conseguenze nefaste nel regime dell’Unione Sovietica e altrove.
Il nuovo governo vedeva con sospetto specialmente le comunità religiose che
si occupavano di educazione giovanile. Il lavoro dei gesuiti e dei salesiani alla fi-
ne della guerra divenne pertanto praticamente impossibile e i religiosi finirono
con l’essere espulsi da Ljubljana. Nell’estate 1945 furono soppresse o nazionaliz-
zate tutte le scuole e gli ambienti educativi tenuti da religiosi o religiose. I supe-
riori e le superiore di congregazioni con sedi all’estero erano accusati di collabo-
razione con le forze nemiche, mentre i monasteri erano considerati centri di
spionaggio per il Vaticano. Agli arresti seguivano le regolari perquisizioni delle
case, in cerca di pretesti per attuare misure drastiche, come il sequestro dei pa-
trimoni. Diveniva praticamente impossibile ogni contatto con il governo della
Chiesa e con quello delle case religiose che avevano sede centrale all’estero.
Il 2 giugno 1945 il comitato comunista decise di iniziare una campagna con-
tro il clero, mirata a creare divisione, sostenendo quei sacerdoti che avrebbero
collaborato con il governo contro le direttive della Chiesa. Per questo incorag-
giarono il costituirsi dell’associazione “Ciril-metodijsko druˇstvo”, con lo specifico
intento di dividere i sacerdoti tra quelli che erano favorevoli al nuovo governo e
quelli che non lo erano. Anche i religiosi furono costretti a decidere se iscriversi
o no e a subirne le conseguenze.
I mezzi di comunicazione sociale cercavano in tutti i modi di creare un’opi-
nione pubblica contraria alla Chiesa.
Le religiose erano costrette a scegliere: o lasciare la loro comunità, deporre

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382 Marija Imperl
l’abito religioso e mantenere così il proprio posto di lavoro (soprattutto negli
ospedali) o perdere la possibilità di lavorare. Molte preferirono trasferirsi in Ser-
bia o in Macedonia dove le comunità religiose erano ancora tollerate e c’era pos-
sibilità di lavoro negli ospedali, anche militari. Altre trovarono asilo presso i fa-
miliari, adattandosi a qualsiasi occupazione per sopravvivere. Le religiose stra-
niere furono espulse nell’estate 1945. Non poche furono imprigionate e con-
dannate a causa di attività religiose considerate reato. Mancano i dati completi,
però quelli di cui si dispone segnalano 84 religiose incarcerate e condannate (di
queste 5 durante la guerra e 79 dopo la guerra).
I religiosi imprigionati e condannati – alcuni anche più volte – dopo la guer-
ra furono 93.
Tranne i certosini, nessun ordine religioso poteva svolgere la propria missio-
ne originaria. Le comunità che fino alla guerra prestavano la loro opera tra i ma-
lati, tra i giovani, attraverso la stampa e la predicazione, ne furono completa-
mente impedite. L’unico modo per sopravvivere era di inserirsi nella pastorale
parrocchiale, specialmente nelle parrocchie rimaste senza sacerdote. Pian piano i
religiosi in queste parrocchie hanno cominciato ad accogliere le religiose disper-
se e rendere loro possibile un minimo di vita comune.
A causa delle misure repressive del dopo guerra (sequestro del patrimonio,
proibizione della missione, imprigionamento dei membri, espulsione dallo sta-
to) nella chiesa in Slovenia hanno cessato di esistere sei congregazioni religiose
(tre maschili e tre femminili).
Le tensioni tra il governo e le comunità ecclesiali si sono acutizzate dopo il
1952, quando si sono interrotti i rapporti diplomatici con la Santa Sede.
4. La difficile ripresa
L’unico modo di svolgere un’attività pastorale dopo il 1945 era, anche per le
religiose, il lavoro nella parrocchia. L’insegnamento della religione, vietato nella
scuola, era possibile nell’ambito parrocchiale. Tutti gli ordini religiosi si inseriro-
no attivamente in tale campo. Purtroppo, però, si perdeva così la specifica origi-
nalità dei vari carismi. Il fatto di non poter avere contatto con i loro governi e
con le loro comunità all’estero, toglieva ai religiosi la possibilità dell’aggiorna-
mento e dello sviluppo che si andava realizzando nelle singole congregazioni.
Verso gli anni sessanta la situazione a poco a poco comincia a cambiare. Alcu-
ne congregazioni maschili possono iniziare a dedicarsi nuovamente alla predica-
zione delle missioni popolari (gesuiti, francescani, salesiani, lazzaristi), alla prepa-
razione di materiale catechistico (salesiani), alla scuola cattolica privata (salesia-
ni). A poco a poco anche alle religiose si aprono nuove possibilità. Le singole
suore possono trovare lavoro (purché senza indossare l’abito religioso) negli isti-
tuti di assistenza sanitaria e possono impartire lezioni private a scolari e studenti.
Con la firma del protocollo di Belgrado (1966) tra la Repubblica Jugoslava e
la Santa Sede si apre una maggiore possibilità di veder rifiorire i carismi propri
degli istituti. Le comunità religiose, oltre alla pastorale parrocchiale, cominciano

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La presenza delle Figlie di Maria Ausiliatrice in Slovenia 1936-1960 383
a curare i pellegrinaggi (francescani), visitare gli emigrati sloveni, partire per le
missioni (gesuiti, lazzaristi, salesiani), avere incontri per i giovani nelle parroc-
chie (francescani e gesuiti), curare la preparazione al matrimonio e l’accompa-
gnamento spirituale (gesuiti), proporre esercizi spirituali per adolescenti e giova-
ni (salesiani e Figlie di Maria Ausiliatrice).
In conseguenza dei difficili rapporti delle comunità religiose con il governo,
sono intanto cominciati a sorgere piccoli istituti laici (Piccola famiglia di S.
Francesco, Famiglia di Cristo Risorto, Volontarie di Don Bosco), dalla struttura
più semplice e meno esposta a subire misure repressive.
Le maggiori possibilità, per tutti, di lavorare secondo il proprio carisma si
aprono soltanto dopo il 1980, quando il governo comincia a tollerare il lavoro
dei religiosi e delle religiose2.
Gli anni ottanta segnano così un nuovo inizio delle congregazioni di vita
consacrata. Si trattava ora di ritrovare il senso della loro presenza nella Chiesa
locale, di riproporre con rinnovata consapevolezza il carisma originario. Il cam-
biamento sarebbe dovuto essere rapido, e molte comunità non erano pronte ad
attuarlo adeguatamente. Si evidenziava particolarmente una grossa carenza nel
campo scolastico ed educativo. Le comunità che un tempo si erano maggior-
mente impegnate nel sistema scolastico (le Suore de Notre Dame, le Suore sco-
lastiche di S. Francesco, le Orsoline) non erano ancora attrezzate per le nuove
sfide. Da tempo infatti si erano potute dedicare solo al catechismo e non aveva-
no un personale sufficientemente preparato per affrontare le mutate esigenze
della scuola. Soltanto i salesiani erano pronti e aprirono il ginnasio, dopo aver
iniziato con la scuola cattolica privata per i loro aspiranti.
Le comunità (quella ad esempio delle Suore di carità) che avevano potuto
formare e istruire le loro candidate in Serbia, Macedonia e Montenegro, aveva-
no le necessarie competenze professionali, ma non avendo potuto ricuperare i
loro edifici confiscati dallo Stato, potevano soltanto singolarmente ottenere la-
voro nei vari istituti statali di assistenza sanitaria.
5. Le Figlie di Maria Ausiliatrice in Slovenia negli anni 1936-1960
I salesiani erano presenti in Slovenia dal 1901. Da allora molte ragazze che
mostravano vocazione religiosa furono da loro indirizzate in Italia per la forma-
zione presso le FMA. In quei primi decenni, sino alla fine della seconda guerra
mondiale, cinquantatré erano state le Figlie di Maria Ausiliatrice venute da
quella terra.
I salesiani chiedevano da tempo alle superiore di estendere alla Slovenia il lo-
ro campo di azione per la cura della gioventù femminile. Finalmente, su richie-
sta dell’ispettore salesiano don Franc Walland, nel 1936 furono mandate quat-
tro religiose slovene (sr. Alojzija Domanjko, sr. Marija Lazar, sr. Jerica Repar e
2 Soltanto dopo il 1990 il lavoro dei religiosi riceverà un riconoscimento legale.

39.4 Page 384

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384 Marija Imperl
sr. Marija Rak) a fondare una prima comunità di FMA in Slovenia, dunque con
una modalità abbastanza singolare per una fondazione in un nuovo Paese: non
missionarie straniere, ma vocazioni locali formate e maturate nel contesto origi-
nario della Congregazione.
Giunte a Ljubljana il 16 ottobre 1936, furono accolte dai salesiani presso il loro
collegio a Ljubljana Rakovnik. Il 16 novembre dello stesso anno si stabilirono in
un’altra parte di Ljubljana, a Selo, presso l’istituto salesiano per i giovani corrigen-
di. Iniziarono subito con l’oratorio femminile domenicale e feriale, oltre a disim-
pegnare il loro regolare lavoro nella cucina e nella lavanderia a servizio dei salesiani
e giovani. Dopo due settimane erano già accorse all’oratorio più di 50 ragazze3.
Il 24 maggio 1938 le suore acquistarono una casa in un’altra zona della città,
in via Karlovˇska, e il 24 agosto aprivano lì una seconda comunità. Con non po-
che difficoltà iniziarono con l’internato per studenti, l’oratorio, la scuola mater-
na, lezioni private e dopo scuola. L’opera era ben avviata e godeva stima anche
presso le autorità, per la sua missione di bene a favore della gioventù di condi-
zione più disagiata. Il piccolo numero degli assistiti crebbe presto fino a 45 in-
terne, 130 oratoriane e più di 40 bambini della scuola materna4.
Fiorivano intanto nuove vocazioni di FMA. Dopo il periodo di formazione
in Italia, le superiore le rimandavano in patria; già nel 1939 erano undici a lavo-
rare con molto zelo in due comunità.
Nell’ottobre 1940 dalla Slovenia cinque FMA furono trasferite in Croazia
per aprire una terza casa a Split. Lavoravano nella cucina e nel guardaroba pres-
so l’istituto salesiano per ragazzi orfani e studenti. A questo punto le suore slo-
vene erano 18, distribuite in tre comunità.
5.1. Le FMA durante e dopo la seconda guerra mondiale
Con l’inizio della seconda guerra mondiale, 6 aprile 1941, anche per le FMA
cominciavano tempi più duri. Fino al 1943 la città di Ljubljana rimase occupata
dagli Italiani. Le FMA poterono così continuare con le opere, anzi, nella casa di
Karlovˇska il numero dei bambini della scuola materna crebbe fino a 60, e non
andò oltre per mancanza di posti; il numero delle studenti arrivò a 50, difatti,
essendo anche loro molto allo stretto, non si potevano assecondare tutte le ri-
chieste. A causa della povertà delle famiglie parecchie ragazze erano accolte gra-
tuitamente. Per tutto il tempo della guerra le FMA poterono attendere libera-
mente alle loro opere educative5.
3 Cf Cronaca della casa di Ljubljana Selo, dal 15.10.1936 al 31.12.1939. Testimonianza
di sr. Matilda Knez.
4 Cf Cronaca della Casa di Ljubljana Prule, Karlovˇska, 1938-1940.
5 Cf Cronaca della casa di Ljubljana Karlovˇska 22, 1940-1942; Cronaca della casa di
Ljubljana Karlovˇska, 1943; Cronaca della casa di Ljubljana Casa Beata M. Mazzarello, 1944;
Cronaca della casa di Ljubljana Casa Beata M. Mazzarello, 1945; Pagine di storia dal 1941 al
1957 scritte dalla direttrice sr. Luisa Domajnko. Padova, Istituto M. A. – 2 luglio 1957, p. 1.

39.5 Page 385

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La presenza delle Figlie di Maria Ausiliatrice in Slovenia 1936-1960 385
Con la liberazione avvenuta il 9 maggio 1945 sono al governo i comunisti.
Fin dal primo giorno tutte le vie d’uscita dalla città di Ljubljana vengono chiuse
e si arresta il transito fuori città. È proibito ogni convegno e raduno pubblico e
privato, certo per prevenire un’insurrezione. Sono imposte subito le tessere an-
nonarie e l’obbligo della carta d’identità che poteva richiedersi in qualunque
luogo. Per i religiosi è prescritta la fotografia con la loro divisa, mentre nel
1949, quando verrà rinnovato il documento, sarà invece prescritta la fotografia
in abito civile6.
Il cambiamento del sistema è subito avvertito pesantemente dalla gente, e
ancor di più dalla Chiesa e dalle comunità religiose. Il governo un po’ alla volta
va sopprimendo le opere dei religiosi/e, anzitutto quelle che si occupavano del-
l’educazione e dell’istruzione giovanile7. Molte persone per salvare la vita sono
costrette a emigrare all’estero, soprattutto in America. Anche le FMA si dispon-
gono a lasciare la loro terra, ma la superiora sr. Alojzija Domajnko decide di ri-
manere finché sia possibile mantenere in patria il carisma salesiano8.
La casa di Ljubljana, Selo. Qui il governo ha sfrattato i salesiani. L’opera per
i corrigendi è rimasta, però è passata sotto la direzione statale. Per un certo pe-
riodo le sei FMA possono rimanere e continuare il servizio di cucina, guardaro-
ba, lavanderia. Hanno ricevuto il libretto di lavoro e di assicurazione e sono sti-
pendiate regolarmente, fino alla primavera del 1946 quando vengono licenziate
col motivo che non c’è più bisogno dell’opera loro. Sono accolte dalla comunità
di Karlovˇska, sebbene neppure quelle suore siano sicure di rimanere ancora a
lungo nella loro casa9.
La casa di Ljubljana, Karlovˇska. Finito l’anno scolastico nel giugno 1945 co-
minciano le molestie per la casa. Un insegnante esterno della casa di Selo, che le
FMA conoscono bene, si presenta un giorno alla direttrice, dichiarandosi diret-
tore dell’Opera, venuto a prenderne visione. La direttrice sr. Alojzija Domajnko,
sulle prime, crede giunta l’ora dello scioglimento dell’Opera, ma fa subito pre-
sente che non può arbitrariamente autorizzarsi a cedere in mano altrui l’Opera,
essendo questa proprietà dell’Istituto che ha sede in Italia. In tal modo riesce a
congedare l’uomo. Altre volte questi si presenterà per replicare il tentativo di in-
durre le suore a lasciare la casa, ma poiché non presentava mai documenti uffi-
ciali, la pratica rimaneva sospesa.
Nell’autunno del 1946 una dozzina di ufficiali serbi si presenta a chiedere
ospitalità per la notte, dovendo rimanere a Ljubljana per corsi di aggiornamento.
Per la ristrettezza degli alloggi in città, le suore devono accondiscendere. Cedono
6 Cf Cronistoria delle case della Jugoslavia dal 1941 al 1953 scritta da sr. Agnese Sˇpur.
Battaglia Terme, Noviziato M. A. – 15. 10. 1954, p. 2.
7 Cf B. KOLAR, Redovne skupnosti v ˇcasu..., p. 124.
8 Cf Cronistoria delle case della Jugoslavia dal 1941 al 1953, in Michelina SECCO, Stabi-
lita sulla roccia, Sr. Luisa Domajnko. Roma, FMA 1991. Testimonianze di sr. Matilda Knez
e sr. Marija A. Simoncˇicˇ.
9 Cf M. SECCO, Stabilita…, p. 208.

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386 Marija Imperl
loro, per tutta la stagione invernale, il pianterreno. Hanno lasciato nelle camere
crocifissi e quadri sacri che, al mattino, trovano per terra o rivolti al muro.
Per il resto, tuttavia, gli ufficiali si comportano sempre in modo rispettoso.
Contemporaneamente si presenta a chiedere ospitalità una squadra di soldati
ai quali le suore offrono il salone, dove viene allestita la camerata. Devono pure
cucinare per i militari, che rimangono nella casa qualche settimana.
Intanto sono rientrate dalle vacanze le educande, forzatamente poche (una
decina), ma potranno rimanere tutto l’anno. Le suore possono anche riaprire
l’asilo fino alla primavera, e dare qualche lezione privata di pianoforte.
In quel periodo le FMA uscivano di casa il meno possibile, perché la gente,
particolarmente la gioventù, le guardava di mal occhio; a volte erano fatte segno
di scherni indecorosi.
Sempre più frequenti si facevano le molestie da parte dei comunisti, i quali
moltiplicavano i sopralluoghi negli ambienti delle FMA, che trovavano però
piccoli e inadatti ai loro scopi. Dicevano tuttavia che la casa era troppo grande
per le FMA, che ormai tutto apparteneva al governo, dal momento che non esi-
steva più la proprietà privata. Le FMA non cedevano, e quelli dicevano loro iro-
nicamente che, come religiose, avrebbero dovuto essere più generose nel sacrifi-
carsi. Però non venivano poi ad una conclusione.
Nel frattempo, partiti gli ufficiali, si presentò una donna comunista che era
stata incaricata della direzione di un convitto per apprendiste (erano una quin-
dicina) e diede disposizioni perché la casa fosse sistemata per loro. Scelse le stan-
ze più adatte: oltre il pianterreno, fece sgombrare il primo piano, costringendo
le suore ad annullare l’aula dell’asilo. Il maggior disagio lo sentirono per la cuci-
na, essendo state costrette a cucinare insieme sulla medesima stufa, perché le ap-
prendiste avevano la loro cuciniera. Per evitare che mettessero piede in ogni am-
biente della casa, si offrirono loro due suore per la pulizia delle camere e per la
lavanderia; le due suore venivano retribuite.
L’autunno 1946 le suore ripresero le poche convittrici che poterono. Le ap-
prendiste comuniste, istigate dalla loro “capo”, guardavano di mal occhio le
educande delle FMA; anzi, la stessa dirigente incominciò a dire apertamente alla
direttrice sr. Domajnko che ormai doveva licenziare le educande perché non era
più conveniente che convivessero due opere così contrastanti, tanto più che ave-
va fatto porre sul frontone della casa una scritta che indicava il nuovo indirizzo
dell’opera. Le FMA aspettavano con tremore un decreto scritto. Una notte vide-
ro arrivare la polizia per la cosiddetta “verifica di letto”, richiedendo la carta d’i-
dentità di ciascuna convittrice. Per le FMA tutto risultò in regola10.
La casa di Split. Nel gennaio 1945 l’istituto salesiano per i ragazzi si trasfor-
mò in ospedale militare, mentre i ragazzi passavano nelle mani dei comunisti.
Nell’agosto dello stesso anno i salesiani ricevettero l’ordine scritto di lasciare la
casa, ma riuscirono a far revocare l’intimazione e rimanere ancora.
10 Cf ibid., pp. 195-213. Cronaca della casa Dekliˇski dom Karlovˇska 22, 1946.

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La presenza delle Figlie di Maria Ausiliatrice in Slovenia 1936-1960 387
Nell’estate (6 giugno – 1° luglio) 1946 sr. Alojzija Domajnko poteva visitare
le suore che lavoravano in quella casa. Dal gennaio del 1947, però, una nuova
ondata di persecuzioni si abbatté sulla comunità e il 17 settembre le suore furo-
no definitivamente allontanate.
5.2. Dopo il 1946
L’ispettore salesiano consigliava alla responsabile della FMA in Slovenia, sr.
Domajnko, di disseminare le suore in varie località, mandandole in aiuto alle
parrocchie gestite dai salesiani. Però c’era così il pericolo che i comunisti pensas-
sero che le FMA avessero altre proprietà. Bisognava far capire che la casa di Kar-
lovˇska era l’unica loro sede. Allora l’ispettore salesiano nella primavera del 1947
cedette alle FMA un campo di proprietà dei salesiani, dove le suore potevano
coltivare le patate, per dimostrare al governo che si davano anch’esse al lavoro
manuale11.
Il parroco di Verˇzej chiese di avere qualche FMA per far fruttare una vasta
campagna, a vantaggio anche delle suore. Sr. Alojzija Domajnko mandò lì due
suore, nella primavera del 1947. Contemporaneamente inviò altre tre suore a
Sela in Croazia, in aiuto alla parrocchia salesiana che, possedendo un terreno,
poteva mantenerle senza stenti12.
In occasione della festa di Maria Ausliatrice del 1947 sia a Rakovnik che a
Verˇzej le FMA erano presenti nella processione pubblica; fu questa l’ultima ma-
nifestazione pubblica loro concessa.
Nell’ottobre dello stesso anno la direttrice sr. Alojzija Domajnko ricevette
dalla Madre Generale la lettera ufficiale con la quale la incaricava di assumere
tutte le responsabilità inerenti all’istituto delle FMA in Jugoslavia. Le suore ne
restarono impressionate, sentendosi venire come isolate dal centro, a causa degli
eventi13.
5.3. Le FMA esiliate e l’arresto di sr. Alojzija Domajnko
Nella casa di Karlovˇska gli animi delle ospiti comuniste erano sempre più te-
si contro le suore, da loro apertamente schernite e sbeffeggiate. Nell’autunno
1947 non poterono più accogliere le convittrici. Continuarono ad occuparsi
unicamente del guardaroba dei salesiani, della biancheria della parrocchia e dei
lavori della campagna.
Nel gennaio 1948 giunge l’ordine di sgomberare l’unico piano rimasto alle
suore, con il pretesto che le apprendiste sarebbero aumentate di numero. La di-
rettrice sr. Alojzija Domajnko ricorre all’avvocato per avanzare una protesta uffi-
11 Cronistoria delle case della Jugoslavia dal 1941 al 1953..., pp. 4-5.
12 Cf ibid., p. 6.
13 Cf ibid., p. 6; M. SECCO, Stabilita…, p. 217.

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388 Marija Imperl
ciale e ottiene una dilazione temporanea. Ma un mese dopo giunge un secondo
decreto che non ammette ricorso e impone il definitivo sgombero della casa. Le
FMA chiedono di tornare in Italia, dove è la sede del loro Istituto, ma non è lo-
ro permesso. Vengono trasferite al Carmelo di Ljubljana, dove sono accolte
molto fraternamente. Nell’ottobre dello stesso anno però viene liquidato anche
il monastero delle carmelitane: urgeva – si disse – abbattere l’edificio per allarga-
re la strada provinciale.
Nel frattempo, prevedendo quello che sarebbe accaduto, sr. Domajnko aveva
cercato, con l’aiuto dell’ispettore salesiano, di sistemare le suore a tre a tre in di-
verse parrocchie salesiane, in Slovenia e in Croazia. Avvenuto lo scioglimento
del Carmelo, altre tre FMA si trasferirono a Rijeka (Croazia) presso un’altra par-
rocchia salesiana, due nella casa ispettoriale dei salesiani a Ljubljana, per la cuci-
na e la guardaroba, alcune trovarono asilo presso i parenti o altre famiglie. Tutte
dovevano deporre l’abito religioso14.
Sr. Alojzija Domajnko visitava in continuazione le suore e le incoraggiava a
vivere generosamente la vocazione nelle difficili condizioni in cui si trovavano.
Il 23 dicembre 1948 la coraggiosa superiora fu arrestata. Dopo una perquisi-
zione minuta della sua camera, la portarono in una delle prigioni più tristemen-
te famose di quei tempi, dove visse per una settimana nella cella di rigore.
Lungo la giornata era sottoposta a continui interrogatori. L’accusavano fra
l’altro di corrispondenza illegale, come se fosse stata unita alla Lega Nazionale
anticomunista. Poi volevano sapere tante cose: sull’educazione anticomunista che
s’impartiva alla gioventù nel loro Istituto e simili. Dopo otto giorni di solitudine
fu trasferita in una cella comune e dopo un mese fu lasciata libera, ma con l’inti-
mazione di stare ben attenta, giacché tutti i momenti potevano riprenderla per
condannarla. Aveva la proibizione di allontanarsi dalla città di Ljubljana15.
Una delle suore (sr. Terezija Mencigar) le trovò un appartamento a Ljubljana
e lei si procurò un lavoro in uno stabilimento industriale, nel reparto Statistica16.
5.4. Sr. Alojzija Domajnko mantiene unite le FMA
Sr. Alojzija Domajnko e sr. Terezija Mencigar, che pure viveva a Ljubljana
dove aveva trovato un appartamento e lavorava come infermiera in un ospedale,
14 Cf Cronistoria delle case della Jugoslavia dal 1941 al 1953..., p. 8.
15 Dalla relazione stesa da sr. Alojzija quando venne in Italia nel 1957. Cf Pagine di sto-
ria dal 1941 al 1957…, pp. 1-5. Cf M. SECCO, Stabilita…, pp. 223-229. “Esistono due
laconici documenti su questo periodo del carcere. Il primo datato 20.1.1949 è la dichiara-
zione della concessa libertà a Domajnko Alojzija. Il secondo, in data 22.2.1949, spiega la
ragione della sua accusa: collaborazionismo con un’organizzazione nemica che voleva de-
molire l’ordinamento dello Stato. Era fondata sul fatto che Domajnko Alojzija riceveva
lettere da persone fuggite all’estero. Dopo accurate interrogazioni e indagini si appurò che
dette comunicazioni erano di carattere al tutto personale… perciò, vi si legge, era stata di-
messa”. M. SECCO, Stabilita…, p. 227.
16 Cf Pagine di storia dal 1941 al 1957…, p. 5.

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La presenza delle Figlie di Maria Ausiliatrice in Slovenia 1936-1960 389
avevano stabilito il loro punto d’incontro alla mensa pubblica dove andavano a
pranzare17.
Alla fine del gennaio 1949 le sorelle che si erano rifugiate a Rijeka dovettero
ritirarsi di lì e tornare a Ljubljana, accolte dai loro parenti. Le suore che, non
avendo dove trovare alloggio, vivevano presso i familiari in zone lontane dalla
città, vi facevano ritorno specialmente nei giorni di festa, per poter incontrare
sr. Alojzija Domajnko e stare insieme tra loro. Il direttore della casa ispettoriale
dei salesiani, sapendo che le FMA non avevano un punto d’appoggio, spesso le
invitava a pranzo con le suore addette alla parrocchia. Le suore che vivevano
presso i parenti facevano il possibile per cercarsi un appartamento e un lavoro,
temendo pericoli per la loro vocazione. Man mano trovarono una qualche siste-
mazione nella città di Ljubljana o di Maribor.
Nel 1949 sr. Marija Rak si stabilì in una stanza a Ljubljana, via Gornji trg
21, che a poco a poco divenne il loro luogo di ritrovo: la chiamavano la loro
Betlemme18.
Sr. Alojzija Domajnko si industriava in tutti i modi per incontrare, confor-
tare, incoraggiare le suore, sia con lo scritto sia facendo loro qualche visita.
Continuò a subire ogni settimana, ancora per anni, duri interrogatori. Lei stes-
sa più tardi troverà difficile descrivere l’apprensione drammatica di quei tempi.
Dal 1952 gli interrogatori si fecero meno frequenti, però di tanto in tanto rice-
veva qualche convocazione, ed era per lei una forte scossa. Nel 1953, in uno di
tali incontri indesiderati, ricevette quasi una lode per il suo comportamento
verso le consorelle e per il fatto che nulla di biasimevole era stato mai rilevato
nelle FMA.
Nel 1954 le suore poterono fare gli esercizi spirituali in comune a Ljubljana
Rakovnik, presso i salesiani. Si radunavano in cucina e durante il lavoro ascolta-
vano la conferenza del salesiano don Anton Logar. Anche se erano venute a Ra-
kovnik ad una ad una e in abito civile, avvertivano di essere state controllate.
Un giorno durante la conferenza le sorprese un’irruzione della polizia, che prese
a interrogare i presenti e intimò loro di andarsene, essendo proibito ogni radu-
no. Potevano rimanere soltanto due suore per la cucina. Le suore però ritornaro-
no nel pomeriggio, non senza molta trepidazione19.
5.5. La visita dell’ispettrice dall’Italia nel ’56 e la rinascita in Croazia nel ’58
Il 30 aprile 1956 giunge a Ljubljana l’ispettrice di Padova Madre Armellini,
vestita in borghese e con il passaporto turistico. Dopo 15 anni le FMA Slovene
hanno la gioia di incontrare una delle superiore. M. Lina Armellini, addolorata
nel vederle in condizioni tanto disagiate, fa di tutto per sollevarle, farle godere
17 Cf ibid., p. 6.
18 Cf ibid.
19 Testimonianza di sr. Marija A. Simoncˇicˇ.

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390 Marija Imperl
della sua compagnia serena. È tanto soddisfatta per la loro perseveranza, la loro
fedeltà, il loro attaccamento all’Istituto20.
Nell’ottobre 1958 le FMA slovene riescono ad acquistare una casa in Croazia,
a Rijeka, a ricominciare lì la vita comune e indossare di nuovo l’abito religioso21.
Una seconda comunità è iniziata nel luglio 1960 a Lovran, vicino a Rijeka in
Croazia. Cominciano a fiorire le vocazioni. Non è possibile mandare le giovani
per la formazione in Italia, per la difficoltà di ottenere il passaporto, perciò le su-
periore hanno deciso che la casa di Lovran nel gennaio del 1961 diventi noviziato.
Oltre a far vita in comune, le FMA possono svolgere un po’ di apostolato e
di animazione liturgica: nella parrocchia di Lovran una FMA (sr. Francˇiˇska
Sˇkrbec) fa catechesi e un’altra (sr. Agnesa Sˇpur) dirige il coro parrocchiale giova-
nile e cura la liturgia parrocchiale. Le giovani vengono volentieri e si fermano
ogni giorno presso le suore. Vengono anche le giovani non credenti, perché si
sentono accolte come in famiglia. Si può dire che sta nascendo un vero oratorio
quotidiano. Tutto si svolge nella casa parrocchiale, ma si può ormai uscire a fare
passeggiate con le giovani senza alcun controllo. Resta interdetta solo la presen-
za e l’insegnamento nelle scuole pubbliche22.
5.6. Il risveglio in Slovenia
In Slovenia il terreno era ancora duro. Non ci si poteva ancora presentare da
religiose né vivere in comune, tanto meno lavorare come salesiane nel campo edu-
cativo. Tutto questo avverrà a poco a poco, soltanto dopo il 1968. Nel 1967 le
prime due FMA si stabilirono a Bled, dove due coniugi avevano donato la loro ca-
sa alla Chiesa e l’arcivescovo di Ljubljana Mons. Jozˇef Pogacˇnik vi aveva invitato le
FMA. L’anno seguente si costituì la nuova comunità e le suore cominciarono subi-
to l’attività con la catechesi parrocchiale e con gli esercizi spirituali per le ragazze.
Anche il noviziato fu subito trasferito da Lovran a Bled. Le suore erano però con-
trollate e dovevano svolgere tutto il loro lavoro pastorale privatamente: la catechesi
nella casa parrocchiale, gli esercizi spirituali per le ragazze nella casa delle suore.
Soltanto dopo alcuni anni poterono mostrarsi da religiose in pubblico, indossare
di nuovo l’abito religioso e lavorare con una certa libertà con la gioventù23.
Conclusione
Il carisma salesiano delle Figlie di Maria Ausiliatrice in Slovenia è rimasto
vivo nonostante le condizioni avverse; tutte le suore, pur avendo vissuto pa-
20 Cf ibid., pp. 7-81. M. SECCO, Stabilita…, pp. 248-250.
21 Cf Cronaca della casa di Rijeka, 1958.
22 Cf Cronaca della casa di Lovran, 1960. Testimonianza di sr. Marija A. Simoncˇicˇ.
23 Cf Francˇiˇska SˇKRBEC, Vrtnarica novega vrta [Giardiniera dell’orto nuovo]. Ljubljana,
Druzˇba Hcˇera Marije Pomocˇnice 1986. M. SECCO, Stabilita…, pp. 306-342. Testimo-
nianza di sr. Marija A. Simoncˇicˇ.

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40.1 Page 391

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La presenza delle Figlie di Maria Ausiliatrice in Slovenia 1936-1960 391
recchi anni fuori comunità, sono rimaste fedeli alla vocazione e hanno ripreso
a vivere in comune appena è stato loro possibile. Sono unanimi nel dichiarare
che tutto questo è stato possibile grazie alla guida saggia e materna di Sr. Aloj-
zija Domajnko, la quale ha fatto di tutto per mantenere vivo il carisma nella
terra slovena senza abbandonare la patria: con materna premura non ha cessa-
to di visitare, incoraggiare e sostenere le sorelle sparse per la Slovenia e la
Croazia24.
Nel giorno dell’inaugurazione del nuovo noviziato a Bled, nel 1969, a chi le
chiedeva come fosse stato possibile resistere sr. Alojzija rispose: “Tutto è possibi-
le se ci si fida di Dio; e tanto più ci si fida quando mancano probabilità che il
caso possa essere risolto con i mezzi umani. Allora il Signore si sente obbligato a
risolvere da solo, e a risolvere da Dio”25.
24 Cf F. SˇKRBEC, Vrtnarica…, p. 46. Testimonianza di Sr. Marija A. Simoncˇicˇ, sr. Ma-
tilda Knez ed altre.
25 M. SECCO, Stabilita…, p. 318.

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LA SOCIETÀ SALESIANA IN SLOVACCHIA NEGLI ANNI
1948-1989: LE DIFFICOLTÀ DELLA VITA E DELLA MISSIONE
SOTTO IL REGIME COMUNISTA
Vladimír Fekete*
Introduzione
Dalla “Rivoluzione di velluto” (del novembre del 1989), che cambiò sostan-
zialmente le condizioni di vita della Chiesa, quindi anche dei salesiani nella ex
Repubblica Socialista di Cecoslovacchia, sono passati diciotto anni. Dal punto
di vista storico è un periodo brevissimo, ma non tanto breve da non poter esa-
minare le vicende di quel passato con un certo distacco emotivo e quindi con
obiettività.
La “Rivoluzione di velluto” portò nella ex Cecoslovacchia, e in particolare
nella Slovacchia, cambiamenti tanto rilevanti e radicali che per le nuove genera-
zioni di slovacchi gli eventi accaduti prima del 1989 sembrano quasi irreali, lon-
tani come se riguardassero un altro pianeta. Pertanto l’esigenza di una ricerca
approfondita sulla storia dei salesiani in Slovacchia è diventata urgente. Nel no-
stro caso specifico si tratta di un compito estremamente arduo, ostacolato so-
prattutto dal fatto che mancano i necessari materiali d’archivio. Questa lacuna è
dovuta alla situazione geopolitica che impediva all’epoca la conservazione del
materiale cartaceo da parte dei religiosi. Di conseguenza non è possibile basare
la ricerca sulla documentazione, quale, ad esempio, le abituali cronache di case
salesiane, i vari periodici salesiani o altre fonti cartacee d’informazione. Perciò si
è dovuto ricorrere ai ricordi dei salesiani e dei fedeli che hanno vissuto questo
triste, drammatico periodo della storia della Società salesiana. Un valido aiuto
hanno fornito i materiali pubblicati dall’Ústav pamäti národa [Istituto della me-
moria della Nazione], che riproducono gli interrogatori e i processi giudiziari re-
lativi al clero. È superfluo rammentare che i documenti degli archivi civili, pro-
dotti durante il regime comunista, specialmente le sentenze dei tribunali e i
commenti di tutti i periodici d’allora, erano redatti secondo i principi marxisti;
perciò devono essere trattati con grande cautela quanto alla loro attendibilità. Si
deve riconoscere che attualmente gli studi laici su questo periodo buio e doloro-
so per la Slovacchia si stanno intensificando; per quanto riguarda, invece, lo stu-
dio della storia dei salesiani in Slovacchia, si è ancora all’inizio del cammino.
* Salesiano, ex superiore dell’Ispettoria della Slovacchia, attualmente Maestro dei novizi.

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394 Vladimir Fekete
Nel presente studio si è cercato di inquadrare le vicende dei “figli” di Don Bo-
sco nella storia della Chiesa e della società: ciò permette, a nostro avviso, di
comprendere meglio lo “specifico salesiano”.
S’intende che questo contributo non ha la pretesa di esaurire il tema, si tratta
piuttosto di un tentativo di tratteggiare un segmento di storia salesiana, affron-
tandola secondo le esigenze metodologiche richieste dalle scienze storiche.
1. La nascita e la diffusione dell’opera salesiana in Slovacchia
L’Opera di Don Bosco si fece conoscere tra gli slovacchi relativamente pre-
sto, vivente ancora il Fondatore dei salesiani. Furono soprattutto i sacerdoti i
primi ad interessarsi all’Apostolo dei giovani di Torino, instaurando poi, addirit-
tura, un rapporto epistolare con lui. È necessario ricordare il prelato Pavol Jed-
licˇka, parroco a Horné Oreˇsany che rimase talmente affascinato dal lavoro edu-
cativo salesiano da scriverne un libro, intitolato Zˇivotopis Jána don Bosku [La
biografia di Don Bosco], pubblicato nel 18991. Questo libricino, di 190 pagine,
rese noto il Santo dei giovani e il suo sistema di educazione al largo pubblico
slovacco.
Alcuni giovani, mossi da quell’ideale di santità, apparso subito molto moder-
no, si recarono presso le case salesiane del Piemonte per farsi seguaci di don Bo-
sco. All’epoca, in Piemonte esistevano già case aperte ai candidati provenienti da
diversi paesi della Mitteleuropa2. Ma ne mancava ancora una destinata ai slovac-
chi. Nel 1919 il chierico salesiano slovacco Vilam Vagacˇ, tramite il superiore
dell’Ispettoria polacca, don Pietro Tirone, chiese al Rettor Maggiore don Paolo
Albera di rimediare a tale mancanza. La richiesta di Vagacˇ fu pienamente esau-
dita nel 1921, quando a Perosa Argentina, località poco distante da Torino, fu
inaugurata una casa per i ragazzi venuti dalla Slovacchia3. Vi si sarebbe formato
il personale salesiano di nazionalità slovacca che avrebbe poi contribuito allo
splendido sviluppo del carisma donboschiano nella propria patria.
Il 24 gennaio 1924 il Vescovo di Nitra dott. Karol Kmet’ko convocò la Con-
ferenza dei vescovi slovacchi, in cui fu affrontata la questione della fondazione
dell’opera salesiana in Slovacchia. I prelati rivolsero un Appello dei vescovi ai fe-
deli cattolici, chiedendo loro di appoggiare il progetto della costruzione di una
casa salesiana in Slovacchia, la prima, per favorire l’educazione della gioventù4.
1 Cf Pavol JEDLICˇKA, Zˇivotopis Jána don Bosku. Spolok Sv. Adalberta (Vojtecha) v Trna-
ve, Uh. Skalica 1899.
2 Si veda il capitolo I primi salesiani e “la preparazione” del futuro personale dello studio
di Stanisław ZIMNIAK, Salesiani nella Mitteleuropa. Preistoria e storia della provincia Austro-
Ungarica della Società di S. Francesco di Sales (1868 ca. – 1919). Prefazione di Giacomo
Martina, S.J. (= ISS – Studi, 10). Roma, LAS 1997, pp. 68-82.
3 Cf Juraj KOZA-MATEJOV, Don Bosco. Bratislava, Vydavatel’stvo Oto Nemeth 2001,
pp. 324-329.
4 Cf Jozef CˇERVENˇ, Zaˇciatky saleziánskeho diela na Slovensku. Diplomová práca. Teolo-
gick´y inˇstitút, Spiˇsská Kapitula 1998 (dattiloscritto).

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La Società salesiana in Slovacchia negli anni 1948-1989 395
Don Vagacˇ ricordava la reazione dei superiori di Torino nel ricevere quell’“ap-
pello”:
“Quando ho consegnato ai superiori la traduzione dell’Appello, sono stati entusia-
sti. Don Filippo Rinaldi ha ripetuto più volte la seguente frase: – Non abbiamo
mai sentito di una cosa simile nella nostra congregazione, cioè che tutto il corpo
dei vescovi di uno Stato – della Slovacchia – si fosse unito intorno ad un unico
punto – l’opera di don Bosco – e avesse unanimamente richiesto la fondazione del-
la prima casa salesiana”5.
L’8 settembre 1924, infatti, arrivarono dall’Italia a Sˇaˇstín, santuario mariano
nazionale, i primi due sacerdoti salesiani formatisi in Italia: don Jozef Bokor e
don Viliam Vagacˇ. Un mese dopo furono raggiunti da un terzo, don Ladislav
Stano, il quale ricondusse in patria da Perosa Argentina gli allievi slovacchi: così,
i salesiani poterono cominciare la loro attività a Sˇaˇstín con ben 56 allievi.
Negli anni successivi si susseguirono altre fondazioni delle presenze salesiane.
Nel 1927 fu aperta la casa di Sväty Benˇadik, nel 1933, un’altra, a Bratislava in
via Mileticˇova, e poi, nel 1936, la quarta, a Trnava, e così via6. Un tale sviluppo
indusse il governo centrale della Congregazione salesiana a prendere in conside-
razione l’erezione di una ispettoria slovacca, distaccando le case slovacche dall’I-
spettoria Cecoslovacca di S. Giovanni Bosco. Infatti, con il decreto del 14 di-
cembre 1939, fu fondata l’Ispettoria Slovacca di Santa Maria Ausiliatrice con le
seguenti case: Bratislava (2), Sˇaˇstín, Sväty´ Benˇadik, Zˇilina, Trnava e Michalovce7.
La decisione fu dettata anche dalla situazione politica.
Il cambiamento del sistema politico in Slovacchia, avvenuto a conclusione
del secondo conflitto mondiale, fece sì che il Paese si trovasse nell’orbita dell’in-
fluenza di Mosca. Per la missione della Chiesa e per tutti i religiosi scattò il tem-
po di una prova durissima. Quando fu avviato il processo (1949) della soppres-
sione delle istituzioni religiose cattoliche, la Società salesiana era annoverata tra
le più importanti congregazioni attive in Slovacchia. La loro proposta educativa,
che includeva i numerosi centri di educazione e istruzione (scuole, internati,
oratori feriali e festivi, associazioni giovanili, lavoro nelle parocchie, cura dei
santuari e case di formazione del proprio personale) era molto apprezzata sia ne-
gli ambienti ecclesiastici sia in quelli laici. I salesiani si facevano conoscere come
eccellenti educatori dei giovani, specie di quelli disagiati. Dunque erano i reli-
giosi più forti non solo per il numero, ma, soprattutto, per la loro forza carisma-
tica nel campo educativo e formativo del mondo giovanile8. Prima che si scate-
5 Viliam VAGACˇ, Zˇivotopis (strojopis napísan´y v Trencˇíne v roku 1961), in APD, p. 23.
6 Cf J. KOZA-MATEJOV, Don Bosco..., pp. 326-329.
7 Cf Tarcisio VALSECCHI, Le ispettorie salesiane. Serie cronologica dall’anno 1927 al
1981, RSS 5 (1984) 279.
8 Cf Frantiˇsek MIKLOSˇKO, Nebudete ich môct’ rozvrátit’. Bratislava, Vydavatel’stvo AR-
CHA 1991, p. 203.

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396 Vladimir Fekete
nasse la lotta contro la Società salesiana, ordinata dai comunisti, essa contava al-
l’incirca 280 membri che esercitavano la loro missione in 13 case presenti in
tutto il territorio della Slovacchia9.
2. L’educazione salesiana durante l’ascesa al potere del comunismo e le prime
persecuzioni contro la Chiesa (1948-1950)
I primi interventi contro la Chiesa10 da parte del governo cecoslovacco del
dopoguerra, assecondato in questo anche dal presidente Beneˇs, venivano giusti-
ficati dai passati legami tra la Chiesa cattolica e il regime del sac. Jozef Tiso negli
anni 1938-194511.
La messa al bando di tutte le unioni e associazioni cattoliche, decisa il 25 mag-
gio 1945, alla quale seguì la nazionalizzazione delle scuole e degli internati eccle-
siastici, il primo imprigionamento del vescovo di Spiˇs, mons. Ján Vojtaˇsˇsák (dal
maggio al novembre 1945), furono soltanto alcune delle moltissime espressioni
della persecuzione dei cattolici, operate sia apertamente che di nascosto12. I salesia-
ni furono risparmiati dai primi attacchi diretti, perché la maggior parte delle unio-
ni e associazioni cattoliche, attive presso gli oratori salesiani, non erano di caratte-
re pubblico e pertanto non potevano essere né soppresse né espropriate dallo Sta-
to. L’azione del potere comunista si diresse, quindi, contro i centri di cultura e di
formazione cristiana; ad esempio la libertà d’azione della “Matica slovenská” (l’ente
slovacco di cultura di notevole importanza a livello nazionale), della Corporazione
di S. Vojtech e di altre associazioni simili fu paralizzata, anzi, a tutte loro fu proibi-
to di svolgere le normali attività di educazione e di insegnamento.
2.1. Gli interventi del potere statale contro la vita della Chiesa
Con il “colpo di Stato” del febbraio 1948 il partito comunista della Repub-
blica Cecoslovacca liquidò il governo composto da vari partiti politici e instaurò
9 Cf J. KOZA-MATEJOV, Don Bosco..., pp. 326–329.
10 Secondo il censimento del 1 marzo 1950 la Repubblica Cecoslovacca aveva allora
12.338.450 abitanti: 8.896.133 in Boemia e 3.442.317 in Slovacchia; i cattolici erano
8.948.275 (il 76,42 % della popolazione). I membri del clero (sacerdoti, religiose e religio-
si) erano 21.937. Cf Václav VASˇKO, Neumlˇcená II. Kronika katolické Církve v Cˇeskosloven-
sku po druhé svˇetové válce. Praha, Zvon 1990, p. 116.
11 Oramai sono tanti gli studi che descrivono le vicende postbelliche dell’ex Cecoslo-
vacchia, specie la politica del regime comunista verso la Chiesa cattolica, la più importante
istituzione religiosa tra le molte presenti nel Paese.
Per avere un’idea più precisa si rimanda agli studi di Karel KAPLAN nell’opera Stát
a Církev v Cˇeskoslovensku v letech 1948-1953. Brno 1993, Jozef JABLONICKY´ nell’opera nel-
l’opera Z ilegality do povstania. Bratislava 1969 e Milan S. Dˇ URICA, Dejiny Slovenska a Slo-
vákov v ˇcasovej následnosti faktov dvoch tisícroˇcí. Bratislava, Lúcˇ 2003.
12 Cf Milan S. Dˇ URICA, Dejiny Slovenska a Slovákov v ˇcasovej následnosti faktov dvoch ti-
sícroˇcí. Bratislava, Lúcˇ 2003, p. 563.

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La Società salesiana in Slovacchia negli anni 1948-1989 397
la dittatura del proletariato. Soltanto alcune Chiese cristiane riuscirono a con-
servare la loro indipendenza. La situazione della Chiesa cattolica, ben organizza-
ta, la più diffusa e radicata sul territorio grazie al grandissimo numero dei suoi
membri, legata da vincoli secolari al centro del cattolicesimo mondiale, era par-
ticolare. Perciò fu eletta dai comunisti a nemica più grande del regime. Essi si
dicevano pronti a collaborare con essa, di conviverci, ma le loro dichiarazioni
erano ipocrite e vuote perché, di fatto, il potere era alla ricerca di un modo per
soggiogarla, di eliminare la sua preponderante incidenza sulla vita dei cittadini,
sulla cultura, sulla vita sociale, sull’educazione. Così, intanto, gradualmente si
procedeva a sopprimere ogni manifestazione dello spirito religioso e della reli-
giosità popolare dei cittadini, dato che queste cose, secondo l’ideologia marxista,
erano molto, ma molto “nocive”13. La situazione politica si fece via via sempre
più minacciosa per l’avvenire della Chiesa. Nonostante tutto, la Chiesa si impe-
gnò seriamente nel tentativo di definire un modus vivendi con lo Stato; ma lo
Stato non nascondeva ormai le proprie intenzioni di liquidare nel prossimo fu-
turo sia la Chiesa cattolica che la religione in generale14.
Il numero degli attacchi cresceva in proporzione al rafforzarsi del potere dei
comunisti. Fu istituita una Commissione per la problematica della religione e della
Chiesa e fu ordinata la chiusura dei periodici cattolici, tra cui anche il periodico
salesiano Saleziánske zvesti [Bollettino salesiano] e la rivista Mládezˇ a misie [La
gioventù e le missioni]; nell’estate 1948 fu introdotto persino il divieto di pub-
blicare le circolari dei vescovi. Tutto ciò, ma, soprattutto, il cosiddetto “Pro-
gramma di Karlové Vary” del marzo 1949 che predisponeva la lotta contro la
Chiesa15, divenuto base delle politiche del partito comunista nei suoi riguardi,
contribuì alla costituzione di un’Azione cattolica scismatica, statale, del giugno
194916.
Resisi conto della gravità della situazione politica, il 15 giugno 1949 i vesco-
vi si riunirono a Praga in una conferenza segreta, nel corso della quale fu appro-
vato il testo della lettera pastorale La voce dei vescovi cecoslovacchi ai fedeli nei
momenti difficili. Leggendola i fedeli potevano apprendere le informazioni im-
portanti che smascheravano il comportamento dello Stato nei confronti della
Chiesa; vi si parlava delle rappresaglie, attuate in varie forme contro la Chiesa
nelle settimane precedenti, e anche dell’istituzione, sempre da parte dello Stato,
della cosiddetta Azione cattolica scismatica, un’organizzazione fondata con lo
scopo di annientare la Chiesa cattolica. I vescovi esortavano i fedeli alla preghie-
ra e ad esercitare la prudenza nelle decisioni personali17.
La lettera pastorale doveva essere letta in tutte le chiese nel giorno della so-
lennità del Corpus Domini il 19 giugno 1949. Il governo però fece di tutto per
13 Cf Anton HLINKA, Sila slaby´ch a slabost’ silny´ch. Bratislava 1990, p. 29.
14 Cf V. VASˇKO, Neumlˇcená II. Kronika Katolicke Církve..., p. 13.
15 Cf Ibid., p. 62.
16 Cf Ibid., pp. 67-78.
17 Cf Ibid., pp. 74-78.

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398 Vladimir Fekete
impedirlo: i funzionari della polizia segreta (Sˇtb – Servizi di Sicurezza dello Sta-
to) e i cosiddetti segretari per la chiesa cercarono di intimidire i sacerdoti, defi-
nendo la lettura pubblica della lettera pastorale un reato grave. La polizia confi-
scò le copie della lettera inviate per posta ai parroci, sia prima che dopo il loro
recapito nelle canoniche. Ma, nonostante la forte pressione del regime, un terzo
o forse addirittura la metà dei parroci lesse la lettera ai fedeli. Molti sacerdoti fu-
rono per questo arrestati e imprigionati18.
Il 20 giugno 1949 la Santa Sede pubblicava il decreto di scomunica nei ri-
guardi di tutti coloro che avessero, consapevolmente e volontariamente, collabo-
rato e/o appoggiato in qualsiasi modo lo Stato nell’istituzione della cosiddetta
Azione cattolica. Il governo totalitario reagì immediatamente espellendo il Nun-
zio apostolico Mons. Verolin, provocando l’interruzione delle relazioni diploma-
tiche col Vaticano. Furono istituiti dei Commissari Statali, la cui presenza fu
imposta a tutti gli uffici vescovili. Il governo scatenò una campagna d’odio con-
tro la Chiesa, arrestando e imprigionando numerosi sacerdoti e religiosi19.
2.2. Le prime soppressioni delle case salesiane
Come tutti i religiosi, anche i salesiani avvertirono la sempre più opprimente
e paralizzante pressione e gli ostacoli che di giorno in giorno il regime frappone-
va alla loro missione e alle loro attività di insegnamento. Nonostante ciò cerca-
rono di continuare a svolgerle come sempre. Alcuni di loro credevano in una
prossima caduta del regime, altri speravano che, col tempo, il governo avrebbe
capito che le attività svolte dagli ordini religiosi erano utili alla società. Lo svi-
luppo degli eventi doveva inesorabilmente dimostrare fino a che punto sbaglia-
vano a pensarlo.
Il primo attacco violento dello Stato contro l’Opera di Don Bosco in Cecos-
lovacchia fu l’esproprio di alcune istituzioni salesiane che la dittatura del prole-
tariato vedeva peggio del fumo negli occhi, eccellenti com’erano dal punto di vi-
sta formativo ed educativo. E così, in Slovacchia i comunisti soppressero quattro
case salesiane: il 16 maggio 1949 l’istituto di Michalovce, seguirono quelli di
Zˇilina, Trnava e Komárno. I religiosi furono deportati. Ebbero il permesso di
prendere con sé solamente le cose personali. Le case furono rilevate dallo Stato e
col tempo adattate ad altri scopi: ad esempio l’internato per i giovani lavoratori
a Zˇilina fu trasformato in uffici del Ministero degli interni, impiantandovi perfi-
no una prigione, l’internato di Michalovce diventò ospedale e la chiesa fu adibi-
ta a cinema. Nel 1949 furono chiuse in questo modo 24 case appartenenti a vari
ordini religiosi20.
I comunisti instaurarono così una politica di terrore nei confronti della
Chiesa, emanando leggi nuove e sempre più dure contro di essa. Di fronte a tut-
18 Cf Ibid., p. 78.
19 Cf M.S. DˇURICA, Dejiny Slovenska a Slovákov..., pp. 617-620.
20 Cf Ibid., p. 616.

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La Società salesiana in Slovacchia negli anni 1948-1989 399
to ciò, le reazioni della cittadinanza e del clero furono varie. Secondo don Er-
nest Macák non tutti i superiori salesiani si rendevano conto della gravità della
situazione. Mentre suo zio (direttore della casa salesiana a Hody, don Anton
Macák) incoraggiava i giovani salesiani a fuggire all’estero, l’ispettore salesiano
don Jozef Bokor, al contrario, non ci pensava nemmeno. Per diversi motivi
(conflitti d’opinione tra alcuni superiori, timore di farsi scoprire, paura di rap-
presaglie) non tutti i superiori vennero a sapere delle prime fughe dei membri
della Società salesiana all’estero, organizzate da don Ernest Macák (i primi fatti
fuggire furono gli studenti di teologia Hrdy´ e Halo, Prívozník e Mikuˇs).
Nonostante le crescenti difficoltà, i salesiani continuarono nella loro missio-
ne, anche se in misura ridotta. Intendevano preparare bene le nuove generazioni
di cristiani alla vita in una realtà politico–sociale sempre più complessa e ostile
alla fede. Indubbiamente, senza null’altro a disposizione fuorchè le loro preghie-
re e l’esempio personale, contribuirono alla robusta formazione umana e cristia-
na di tantissimi giovani.
3. Gli anni della persecuzione più dura (1950–1967)
Lo scopo dello stalinismo, realizzato a tappe, era di sopprimere (sia nell’U-
nione Sovietica che negli altri paesi nella sua sfera d’influenza) in modo totale la
Chiesa, e con essa anche gli ordini e le congregazioni religiose. La Chiesa tutta,
come i salesiani, si trovava di fronte ad una situazione sconosciuta, tanto più
che l’azione dei dirigenti comunisti era stata condotta a gran velocità davvero.
La maggior parte dei “figli” di Don Bosco fu costretta a vivere e lavorare nell’il-
legalità, a inventare nuove forme di apostolato, nuove modalità di attività edu-
cativa perché da quelle tradizionali erano stati ormai espropriati dagli organi co-
stituiti dal regime totalitario.
3.1. “La notte dei barbari” e le sue conseguenze
Oltre a poche e deboli proteste dei fedeli contro la discriminazione e l’imprigio-
namento dei sacerdoti e dei religiosi, avvenute nei mesi di maggio e giugno del
194921, non vi furono rivolte contro il regime comunista. Perciò, nell’autunno del
1949, il governo procedette alla soppressione di tutte le case dei religiosi e delle reli-
giose e anche dei monasteri, ritenute la roccaforte della Chiesa e della vita spirituale.
I comunisti incominciarono a raccogliere informazioni sugli ordini religiosi per
poterli sottoporre a processi pubblici. Scelsero alcuni superiori eminenti per pro-
cessarli in tribunale, ricorrendo alla calunnia al fine di screditare gli ordini religiosi
agli occhi dell’opinione pubblica. La loro tattica era la seguente: se i cittadini aves-
sero visto quanto erano corrotti i religiosi, non li avrebbero difesi più e, quindi,
non si sarebbero ribellelati contro la soppressione delle loro congregazioni22.
21 Cf M. S. DˇURICA, Dejiny Slovenska a Slovákov..., p. 618.
22 Cf V. VASˇKO, Neumlˇcená II. Kronika Katolicke Církve..., p. 133.

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400 Vladimir Fekete
Il 26 febbraio 1950 il presidente Klement Gottwald dichiarò che la soppres-
sione degli ordini e delle congregazioni religiose era “il compito del giorno”. Il
governo accelerò la preparazione di questo processo, insediando a metà marzo
dei commissari statali nelle case religiose e nei monasteri più grandi e importan-
ti, con il compito di osservare e riferire settimanalmente su tutti i particolari
della loro vita23.
La Commissione per gli affari della Chiesa assentì al progetto di prelevare
tutti i religiosi in una sola notte da tutto il territorio della Repubblica, richie-
dendo a tal fine l’assistenza della Sicurezza statale, dei tribunali e delle Milizie
popolari24.
Il processo giudiziario contro i dieci religiosi scelti, realizzato a Praga dal 31
marzo al 3 aprile 1950, fu uno dei primi, e i giornali dell’epoca si dilungarono
sulle “spie del Vaticano” e sulle loro intenzioni traditrici contro il popolo. Ri-
portarono anche che gli accusati avevano confessato le loro attività antistatali.
La propaganda comunista sfruttò le confessioni estorte agli accusati per sca-
tenare una campagna d’odio contro i religiosi. In questo modo il regime inten-
deva convincere l’opinione pubblica della giustezza del proprio operato. Intanto
organizzò dei corsi di preparazione per i funzionari che dovevano effettuare la
progettata azione K: la soppressione dei monasteri e delle case religiose25.
In una sola notte i religiosi furono prelevati da quasi tutte le case religiose e
ammassati nei “monasteri di concentrazione” scelti dai comunisti. Gli scacciati
avevano potuto prendere con sé solamente le cose essenziali. Le case religiose fu-
rono confiscate dallo Stato, compreso il mobilio, gli arredi, i manufatti e le ope-
re d’arte inclusi i preziosissimi, dal punto di vista storico, manoscritti antichi.
La “Notte dei barbari” (così l’ha chiamata il cardinale Korec nelle sue memo-
rie), tra il 13 e il 14 aprile 1950, decretò la cancellazione dell’attività ufficiale
dei religiosi per lunghi decenni e aggiunse nuovi accenti all’atmosfera del cre-
scente terrore introdotta dalle autorità comuniste.
Nella notte dal 3 al 4 maggio, con la chiusura delle ultime case religiose ma-
schili rimaste, l’azione K fu completata. In Slovacchia la procedura di deporta-
zione coinvolse 1.326 religiosi. Circa 200 superiori furono internati prima a Pe-
zinok e dopo a Bácˇ, per essere trasferiti, nell’ottobre, a Podolínec, nell’ex mona-
stero dei redentoristi (Nord–Est della Slovacchia), dove raggiunsero altri 500 re-
ligiosi che vi erano stati imprigionati in precedenza. Alcuni riuscirono a fuggire.
Nel giugno del 1950 il governo ordinò la chiusura di tutti i seminari dioce-
sani e gli studenti di teologia furono precettati per la leva; i comunisti continua-
rono ad arrestare e imprigionare i sacerdoti, inclusi i vescovi; si tenevano proces-
si contro le presunte “spie”, ovvero i “complici del Vaticano”, bollati come “tra-
ditori della patria”. Intanto, i cittadini di diverse località slovacche protestavano
23 Cf Frantisˇek VNUK, Akcie K a R. Zásahy komunistického rezˇimu proti reholiam v ro-
koch 1950-56. Bratislava, RKCMBF UK 1995, p. 13.
24 Cf Ján Chryzostom KOREC, Od barbarskej noci. Bratislava, Lúcˇ 1990, p. 63.
25 Cf F. VNUK, Akcie K a R. Zásahy komunistického rezˇimu..., pp. 14-16.

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La Società salesiana in Slovacchia negli anni 1948-1989 401
contro le crescenti rappresaglie e per questo motivo molti furono arrestati e poi
imprigionati26.
Quasi parallelamente con l’azione K fu avviata anche la cosiddetta azione P
(28 aprile 1950) diretta contro la Chiesa grecocattolica che fu così soppressa,
mentre i suoi fedeli furono forzatamente aggregati alla Chiesa ortodossa sotto la
giurisdizione del Patriarca di Mosca27.
Alle religiose toccò lo stesso destino dei membri di ordini maschili, con l’u-
nica differenza che la soppressione dei loro monasteri (nota come l’azione R)
non fu attuata in una volta sola bensì gradatamente. Questo a causa del grande
numero di suore: 3.272, il triplo rispetto ai maschi rastrellati nell’azione K.
Molte (circa 1.400) erano impegnate nel campo della sanità e in quello scolasti-
co (348 c.a) e i comunisti sapevano di non poterle sostituire prontamente con
un numero sufficiente dei laici28.
Nella primavera ed estate del 1950, 616 religiose furono cacciate su due pie-
di dai monasteri, occupati dal Ministero della Difesa immediatamente dopo la
loro partenza. Dall’agosto all’ottobre furono soppressi in Cecoslovacchia circa
720 monasteri e case religiose femminili e furono internate più di diecimila suo-
re. Le autorità comuniste non ricorrevano sempre allo stesso metodo. A volte i
funzionari dei servizi del Ministero degli Interni si comportavano con brutalità,
altre volte invece si mostravano cortesi.
Però, in tutti i casi i comunisti offrirono alle religiose un’alternativa all’inter-
namento: bastava che rinunciassero alla vita consacrata rientrando da laiche nel-
la vita della società. Non si hanno notizie di suore che si siano lasciate convince-
re cedendo alla tentazione di una vita più comoda29.
Mentre attuava tutte queste azioni violente e brutali, il governo ricorse ad
una campagna di stampa per giustificarsi, dicendosi pieno di buona volontà e
rivelandosi come un mero strumento “della volontà del popolo lavoratore“; pre-
tendeva, infatti, di non far altro che eseguire la volontà di tutti i cittadini onesti
e perfino i desideri degli stessi membri della Chiesa. Alle decisioni del governo
si ribellarono “solamente alcuni accaniti nemici della nostra costituzione demo-
cratico-popolare” e qualche “servo” dell’imperialismo. Questo scrivevano i gior-
nali Pravda [La verità], Rudé právo [Il diritto rosso] e gli altri quotidiani statali
dell’epoca. Katolícke noviny [Le notizie cattoliche], la cui pubblicazione fu so-
spesa per un certo tempo dal governo, più tardi, sotto una nuova direzione, as-
sunse un orientamento “filostatale”, pubblicando unicamente gli articoli dei co-
siddetti “preti patriottici” (come Horák, Dechet, Schefer, Zárecky´ ed altri) che
manifestavano la loro gratitudine a “tutti i rappresentanti del governo, perché
senza di loro non potremmo fare quello che facciamo”30.
26 Cf M. S. DˇURICA, Dejiny Slovenska a Slovákov..., p. 623.
27 Cf V. VASˇKO, Neumlˇcená II. Kronika Katolické Církve..., pp. 169-175.
28 Cf F. VNUK, Akcie K a R. Zásahy komunistického rezˇimu..., p. 77.
29 Cf V. VASˇKO, Neumlˇcená II. Kronika Katolické Církve..., pp. 169-175. 189ss.
30 Cf A. HLINKA, Sila slaby´ch a slabost’ silny´ch..., pp. 48-49.

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402 Vladimir Fekete
3.2. I destini dei salesiani nei primi anni successivi alla “Notte dei barbari”
Dopo la soppressione, nel 1949, delle quattro case salesiane, degli oratori e
dei centri di educazione, i salesiani speravano che il regime si sarebbe acconten-
tato di quanto fino ad allora ottenuto e li avrebbe lasciati svolgere le loro attività
nelle nove case rimaste. Nonostante il susseguirsi di notizie sulla ripresa degli at-
teggiamenti offensivi dello Stato verso la Chiesa, queste rimanevano comunque
troppo vaghe. Così nessuno si aspettava un nuovo attacco, né che sarebbe stato
tanto brutale.
Nel suo libro Rehabilitácia il salesiano Ján Benˇ o descrive il modo in cui fu
espropriata la casa dello studentato teologico a Sväty´ Krízˇ sul Hronom31. Le
modalità adottate nei confronti delle altre case salesiane furono più o meno le
stesse.
I salesiani, privati dei loro superiori, furono radunati a Sˇaˇstín e, dopo dieci
giorni, tradotti a Podolínec. Jozef Izakovicˇ, salesiano, lo ricorda così: “Da lì, al-
cune settimane dopo, hanno portato via i più giovani membri dell’ordine – no-
vizi e chierici – spedendoli nei vari luoghi di lavoro e nei “cantieri della gioven-
tù”, dove sono stati sottoposti a corsi intensivi di indottrinamento ideologico
comunista. Dopo qualche tempo sono stati rimandati a casa dai loro genitori”32.
Già allora alcuni preti salesiani manifestarono la consapevolezza e il senso di
responsabilità per il futuro dell’opera salesiana. Don Ernest Macák e don L’udo-
vít Suchán, fuggiti dal campo di concentramento di Podolínec, vollero verificare
come vivevano i confratelli più giovani e incoraggiarli nella fedeltà alla loro vo-
cazione33.
Il 5 settembre 1950, i tirocinanti e i teologi salesiani, insieme ai chierici di al-
tri ordini furono prelevati e inviati al servizio di leva a tempo indeterminato. Pri-
ma furono assegnati ai cosidetti PTP34 (Battaglioni Tecnici Aggregati), più tardi
furono mandati nelle fabbriche e nei cantieri edili. Il duro lavoro manuale e i
corsi di aggiornamento imbevuti di ideologia comunista dovevano convincere i
giovani religiosi che la loro vocazione non aveva futuro. In effetti, alcuni di loro
non riuscirono a resistere a lungo e abbandonarono la vita religiosa. Altri però
continuarono di nascosto la loro formazione religiosa e lo stile di vita consacrata
secondo gli impegni presi. Lo stesso anno, durante le feste natalizie, alcuni di lo-
31 Cf Ján A. BENˇO, Rehabilitácia. Nitra, Vydavatel’stvo Rodina 1991, pp. 9-15.
32 Jozef IZAKOVICˇ, Pamäti – strojopis, p. 11, in APD Bratislava.
33 Cf Ernest MACÁK, Dva roky v katakombách. Bratislava, Vydavatel’stvo Don Bosco
2000, pp. 58-61.
34 PTP – Pomocné technické prápory [Battaglioni Tecnici Aggregati], formazioni del-
l’esercito ceco-slovacco negli anni dello stalinismo (1950-1954), dove venivano arruolate
persone politicamente inaffidabili. Queste reclute dovevano essere “rieducate” mediante
conferenze politiche e il lavoro manuale. Portavano le mostrine nere (per questo erano
chiamati “baroni neri”) ed erano disarmati. All’inizio, facevano parte di questi battaglioni i
sacerdoti diocesiani e i religiosi. Per queste formazioni sono passate circa 60.000 persone,
inclusi una settantina di salesiani.

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La Società salesiana in Slovacchia negli anni 1948-1989 403
ro furono clandestinamente ordinati sacerdoti: i primi dal vescovo di Rozˇnˇava
Mons. Dr. Róbert Pobozˇny´, e, dopo il suo arresto, dal vescovo gesuita clandesti-
no (oggi cardinale) Ján Chryzostom Korec, in seguito arrestato anche lui.
Alcuni salesiani, rendendosi conto dei pericoli che i giovani confratelli corre-
vano nella loro patria cominciarono, sin dal 1949, a organizzare le loro fughe
clandestine attraverso i confini dell’Austria e dell’Italia.
I principali organizzatori di queste fughe erano i salesiani Ernest Macák, Ti-
tus Zeman e Frantiˇsek Reves. Lo scopo era chiaro: offrire ai teologi l’opportuni-
tà di completare i loro studi all’estero di modo che, più avanti – dopo il falli-
mento del comunismo – potessero rientrare in patria adeguatamente preparati a
continuare l’opera educativa salesiana.
Dopo la sua seconda fuga da Podolínec, Ernest Macák viaggiò per più di due
anni su tutto il territorio della Repubblica con una carta d’identità falsa. Orga-
nizzava esercizi spirituali e ritiri mensili per i giovani salesiani che vivevano con i
propri genitori; andava a visitare quelli confinati nelle caserme, li incoraggiava,
accoglieva il rinnovo della loro professione religiosa e organizzava anche le fughe
clandestine all’estero per qualcuno di loro. Oltre all’amore di Dio, certamente
anche il suo eroico impegno personale ispirò e rafforzò molti membri della So-
cietà Salesiana nella fedeltà alla popria vocazione.
Nonostante l’ordine d’arresto spiccato contro di lui, don Macák continuò a
svolgere le sue attività anche dopo il fallimento di una fuga, tentata nella prima-
vera del 1952, in cui la polizia catturò i 20 fuggiaschi, di cui 11 salesiani35. Il
procuratore chiese per il capo del gruppo – don Titus Zeman – la pena di mor-
te, ma ottenne la condanna di “appena” 25 anni di carcere. Dopo 13 anni tra-
scorsi in prigione, a don Zeman fu concessa la libertà condizionata ed egli si ri-
tirò con la salute a pezzi da certi suoi parenti a Vajnory, nei pressi di Bratislava,
dove morì nel gennaio 1969, all’età di cinquantaquattro anni, per le conseguen-
ze delle torture subite in carcere36. Soltanto dopo il crollo del comunismo è di-
ventato finalmente possibile parlare della sua vita eroica. Non è stato soltanto ri-
abilitato: i superiori salesiani stanno valutando l’opportunità di avviare il pro-
cesso della sua beatificazione.
Anche don E. Macák fu arrestato dalla polizia: il 7 settembre 1952 a Pˇrerov,
durante un incontro con le reclute salesiane dei già menzionati corpi di PTP37.
Fu imprigionato e più tardi scrisse diversi libri sulla sua esperienza in quell’epo-
ca della vita della Chiesa in riferimento alla Congregazione salesiana38.
35 Cf Viliam MITOSˇINKA, Pamäti knˇaza. Bratislava, Vydavatel’stvo Lúcˇ 1992, pp. 240-241.
36 Cf Michal T. RADOSˇINSK´Y, Don Titus „Vatikánsky ˇspión?“. Preˇsov, Vydavatel’stvo Mi-
chala Vaˇska 2005, p. 127.
37 Cf E. MACÁK, Dva roky v katakombách..., p. 289.
38 Dal 1996 ha scritto quattro libri – testimonianze: Zápisky spoza mrezˇí (1996) [Ap-
punti dal carcere], Dva roky v katakombách (2000) [Due anni nelle catacombe], Diagnóza:
Blázon pre Krista (2004) [Diagnosi: Pazzo per Cristo] e Uteˇcenci pre Krista (2006) [I fug-
giaschi per Cristo].

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404 Vladimir Fekete
L’ispettore dei salesiani slovacchi don Jozef Bokor trascorse la “Notte dei bar-
bari” nella casa salesiana di “Kobylisy”, a Praga. Fu rinchiuso insieme ai salesiani
cechi a Zˇeliv e trattenuto in prigione fino al 1955, quando fu giudicato insieme
alla comunità salesiana di Ján Benˇ o.
3.3. Lo sforzo di salvare se stessi e i primi tentativi di svolgere attività di educazione
salesiana
Con l’abolizione dei summenzionati Battaglioni (PTP) nel dicembre 1953 la
situazione cambiò radicalmente. I superiori e la maggior parte dei sacerdoti sale-
siani restavano ancora in prigione: i primi arrestati all’inizio delle persecuzioni,
gli altri catturati durante i tentativi di fuga all’estero39.
Una cinquantina dei salesiani – per lo più chierici – erano via via fuggiti al-
l’estero; alcuni sacerdoti della Congregazione diventarono titolari delle parroc-
chie vacanti nelle varie diocesi in Slovacchia. Molti chierici, non vedendo più al-
cun futuro per la loro vocazione religiosa abbandonarono l’idea e si sposarono.
La maggior parte dei salesiani viveva presso i parenti o in appartamento, e do-
vette cercarsi un impiego. Alcuni riuscirono, col tempo, a studiare all’università
e conseguire titoli di ingegnere o insegnante.
Comunque, diversi “figli” di Don Bosco, che non si erano lasciati spaventare
o scoraggiare dagli ostacoli della vita e non si erano ritirati da qualche parte
aspettando “i tempi migliori”, assunsero in quegli anni un ruolo di notevole im-
portanza per il futuro dell’opera salesiana in Slovacchia. Certamente confidava-
no soprattutto nello Spirito Santo, ma furono guidati anche dal sentimento di
opposizione interiore verso il regime: cercarono di vivere fedelmente la loro
chiamata, di aiutare i confratelli a perseverare nella vita consacrata e di dedicar-
si, in clandestinità, alla formazione dei giovani. All’epoca, le personalità più im-
pegnate in questo campo erano i salesiani Ján Benˇ o, Mirko Kysela, Janko Mi-
kes, Jozef Kubicˇka, Jozef Izakovicˇ, ed altri ancora. Frequentavano i salesiani ri-
masti isolati, li incoraggiavano a restar fedeli ai voti religiosi, organizzavano per
loro esercizi spirituali e ritiri mensili, li aiutavano ad organizzare meglio i loro
studi teologici e predisponevano le loro ordinazioni sacerdotali clandestine.
Subito dopo la soppressione dell’ispettoria i salesiani formarono le cosiddette
comunità territoriali. I loro membri vivevano separatamente e nell’isolamento
(con qualche eccezione). Quelli che trovarono il lavoro in città o nella medesi-
ma regione cercavano di incontrarsi almeno una volta al mese per alcune ore.
Anche se l’ispettore aveva nominato suo vicario don Frantiˇsek Valábek, le nuove
comunità territoriali non ebbero i superiori ufficialmente nominati. Di questo
servizio veniva incaricato uno dei sacerdoti, in un modo quasi spontaneo. Du-
rante gli incontri che avvenivano con il pretesto di una festa di compleanno o di
39 Frantiˇsek Mikloˇsko riferisce che i salesiani furono condannati a 188 anni del carcere
– cf F. MIKLOSˇKO, Nebudete ich môc..., p. 211.

41.5 Page 405

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La Società salesiana in Slovacchia negli anni 1948-1989 405
onomastico (per evitare di essere scoperti dalla polizia segreta), i salesiani si in-
coraggiavano reciprocamente a rimanere fedeli alla vocazione e cercavano nuove
possibilità e forme di apostolato. La polizia ambiva ad un controllo totale sulla
società attraverso una rete di delatori e riteneva potenzialmente eversiva e cospi-
rativa ogni riunione non autorizzata. Nel 1955 quattro salesiani, iniziatori di
questa nuova modalità di vita salesiana nell’ambito secolare, furono arrestati per
le loro attività e, più tardi, condannati insieme all’ispettore don Jozef Bokor. Ma
ormai, nonostante le condizioni estreme in cui dovevano svolgersi le attività
educative dei salesiani, nessuno poteva più fermarle40.
Oltre allo sforzo dei salesiani di rimanere fedeli alla vocazione, è interessante
notare un altro fatto che li riguarda: molti di loro continuarono a lavorare con il
pensiero di un avvenire diverso, e questo nonostante la soppressione degli ordini
religiosi, nonostante il divieto delle loro specifiche attività, nonostante la chiu-
sura delle loro strutture. Pregavano per le nuove vocazioni, cercavano tra i gio-
vani e tra i loro allievi precedenti i potenziali futuri salesiani e li accompagnava-
no lungo il cammino del discernimento della volontà di Dio. Molte cose fun-
zionarono perfettamente non secondo il diritto canonico ma secondo il princi-
pio che recita: “nelle situazioni di emergenza sono leciti anche i mezzi straordi-
nari”. I salesiani andarono avanti riponendo una fiducia totale in Dio.
Nel 1953, in una situazione politicamente tanto complessa, il salesiano Jozef
Kubicˇka inaugurò un noviziato clandestino, al quale aderirono i primi interessa-
ti alla vita salesiana: Ivan Gróf, Bohuˇs Moˇsat’, Leo Dubovsky´, Ladislav Dúrva,
L’udovít Sˇrámka, L’udovít Danˇo ed altri41.
A causa della salute precaria, l’anno seguente don Kubicˇka fu sostituito da
don Jozef Izakovicˇ. Questi avrebbe fatto da maestro clandestino dei novizi per
ben 24 anni. Don Izakovicˇ ricorda così questa sua lunga esperienza:
“Il nostro noviziato ha conservato per un lungo periodo di tempo un carattere so-
prattutto individuale e “peripatetico”. Per ragioni di sicurezza preferivo incontrarmi
con i novizi individualmente, sempre in un posto diverso e facendo in modo da evi-
tare che i novizi potessero conoscersi tra di loro. Ad esempio, con uno mi incontra-
vo nel parco, con l’altro invece vicino al fiume Danubio, ecc. D’estate potevamo se-
derci dovunque all’aperto, ma durante il resto dell’anno eravamo costretti a passeg-
40 Lo dimostra la sentenza del Tribunale regionale di Bratislava, del 5 luglio 1956: “I
condannati Jozef Bokor, Frantiˇsek Valábek, Ján Benˇ o, Ján Mikes e Alojz Masny´ sono stati
accusati del reato di alto tradimento … perché, fingendo di occuparsi delle attività dei sa-
lesiani, hanno invece svolto di nascosto l’attività sovversiva e antistatale. Hanno attiva-
mente agevolato l’espatrio illegale dei sacerdoti reazionari; hanno organizzato clandestina-
mente gruppi salesiani in Slovacchia; hanno diffuso periodici vietati dallo stato tra i giova-
ni e hanno svolto attività pastorale clandestina. Abusando della fiducia dei nostri cittadini,
hanno fatto di tutto per sovvertire la concordia politico–morale e la consapevolezza sociali-
sta del nostro popolo, con lo scopo di annientare l’istituzione democratico–popolare della
nostra Repubblica”: in Ján Augustín BENˇO, Príspevok k histórii Saleziánskej spoloˇcnosti na
Slovensku. Prestavlky 1994, p. 10.
41 Cf J. IZAKOVICˇ, Pamäti..., p. 18.

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406 Vladimir Fekete
giare, perché faceva freddo. Avevo notato che a Bratislava cominciavano a spiarci e
per questo motivo abbiamo cominciato ad andare fuori città: prima nelle vicinanze
della capitale, poi anche nelle zone più lontane. E più tardi, quando ho dovuto la-
sciare la capitale, gli appuntamenti hanno interessato quasi tutto il territorio della
Slovacchia occidentale e, col tempo, anche le sue regioni centrali e orientali“ 42.
L’ispettore don Bokor protestò contro questa forma di formazione dei novi-
zi: “Ma che ne diranno i superiori a Torino quando verranno a saperlo?”43 Ma
don Ter Schure, il consigliere regionale per l’Europa, giunto nell’estate del 1968
in visita ai salesiani della Slovacchia, dissipò tutte le loro paure e ansie rassicu-
randoli sulla correttezza della formazione dei novizi in quelle circostanze44.
Tra quei primi novizi, clandestini, bisogna ricordare prima di tutto Ivan
Gróf45. Fu il primo sacerdote clandestino salesiano a non essere formato in una
casa salesiana (il 5 ottobre 1959 a Bratislava fu ordinato sacerdote dal vescovo
clandestino J. Ch. Korec). Don Gróf svolse un apostolato molto fecondo per
più di vent’anni: fu insegnante di liceo a Senec e a Sˇamorín. Era veramente mol-
to attivo. Ogni giorno dedicava ore e ore alla guida spirituale degli studenti li-
ceali e universitari, più tardi dei giovani salesiani e delle giovani famiglie. Pub-
blicò clandestinamente una serie di quattordici opuscoli per le necessità della
formazione cristiana intitolati Cesta k Pravde [Il cammino verso la verità], diffu-
si su tutto il territorio slovacco. Dopo la rivoluzione dell’89 gli opuscoli furono
raccolti in un volume e ristampati, ormai ufficialmente46. Don Andrej Dermek
– ispettore negli anni 1968–1981 – nutriva molta stima e ammirazione per don
Gróf: lo chiamava il “bulldozer di Dio”; certamente don Dermek fu colpito dal
suo entusiasmo e dal suo immenso impegno come guida spirituale di centinaia
dei giovani e delle giovani famiglie.
L’albero si riconosce dai suoi frutti. Dei giovani di don Gróf, 24 diventarono
salesiani, 16 religiose FMA e diverse decine sacerdoti diocesani e religiosi di al-
tre congregazioni. Senza tema di smentite, si può dire che anche grazie alle sue
premure apostoliche, negli anni dopo la “primavera di Praga” la famiglia salesia-
na si è potuta rinnovare in Slovacchia nelle sue tre componenti fondamentali:
Salesiani (SDB), Figlie di Maria Ausiliatrice (FMA) e Associazione dei Coopera-
tori Salesiani (ACS).
42 Cf Ibid., pp. 18-19.
43 J. A. BENˇO, Príspevok k histórii Saleziánskej spoloˇcnosti na Slovensku..., p. 25.
44 Cf J. IZAKOVICˇ, Pamäti..., p. 22.
45 Nel 2007 è stato pubblicato il volume Vyznania a spomienky, don Ivan Gróf SDB [Con-
fessioni e ricordi. Don Ivan Gróf SDB]. Oltre ai ricordi personali di don Gróf, gli editori
hanno incluso nel libro decine di altre preziose testimonianze e contributi, dato che questo
eccellente salesiano ha giocato un ruolo di notevole importanza nella vita di molta gente.
46 In questi opuscoli, o “fascicoli” (un fascicolo comprende un centinaio di pagine),
esponeva in modo sistematico e con notevole competenza pedagogica i quesiti della fede,
della dogmatica e della Bibbia per gli allievi dei licei. La serie è usata nelle scuole superiori
come sussidio per la catechesi.

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La Società salesiana in Slovacchia negli anni 1948-1989 407
Nella Slovacchia settentrionale, a Námestovo, lavorò con un impegno altret-
tanto intenso un altro salesiano clandestino, don Jozef Sobota. Anche lui fu in-
segnante di liceo per più di vent’anni e, con lo pseudonimo clandestino di “pa-
drino”, svolse feconde attività pastorali ed educative non solo a Námestovo, ma
in tutto il territorio della regione di Orava. Il suo appartamento servì da “orato-
rio” a decine di ragazzi di Námestovo e di zone limitrofe, a cui egli si dedicò con
amore e abnegazione47.
4. La “Primavera di Praga” e i tentativi di rinnovamento dell’opera salesiana
in Slovacchia (1967–1970); il processo di “normalizzazione” e la costruzione
delle strutture educative clandestine SDB (1970–1988)
Gli eventi politici noti come “Primavera di Praga” produssero, per un paio
d’anni, la speranza che dopo oltre vent’anni di persecuzioni i salesiani avrebbero
potuto finalmente dedicarsi liberamente all’educazione dei giovani nello spirito
del Fondatore. L’intervento militare dell’Unione Sovietica soffocò la speranza e i
salesiani si videro costretti a ritornare nelle loro catacombe e a cercare ancora so-
luzioni alternative.
4.1 Lo sviluppo sociale e politico
Negli anni Sessanta la persecuzione della Chiesa da parte del regime non di-
minuì, tuttavia subì un certo cambiamento tattico quanto ai metodi. Secondo
Anton Hlinka, la logica di quella politica fu alquanto eccentrica: la gente poteva
essere castigata o amnistiata per la medesima infrazione. Per il 15° anniversario
della fine della seconda guerra mondiale furono amnistiati alcuni sacerdoti e re-
ligiosi. Intanto, però, quasi contemporaneamente furono arrestati alcuni gesuiti,
tra cui anche il vescovo clandestino Mons. Ján Chryzostom Korec. Quest’ulti-
mo fu accusato di alto tradimento e condannato a 12 anni di carcere. Secondo
la sentenza il tradimento consisteva nel fatto di essere stato clandestinamente
ordinato sacerdote e più tardi vescovo, nonché di avere lui stesso ordinato clan-
destinamente altri sacerdoti e, inoltre, di avere indotto i giovani gesuiti a lavora-
re per il crollo della democrazia popolare48.
Verso la metà degli anni Sessanta l’atteggiamento delle autorità nei confronti
della Chiesa si fece più pacato. Alcuni membri dello stesso partito comunista si
accingevano a condannare lo stalinismo e a chiedere che si rimediasse alle sue
ingiustizie (di cui essi stessi erano artefici…).
Vi fu un tentativo di introdurre un nuovo modello di comportamento poli-
tico: il “socialismo dal volto umano” che si riflettè nella dichiarazione del Procu-
47 È noto che egli distribuì tra i ragazzi 160 c.a chiavi del suo appartamento. Questi
venivano da lui dopo la scuola per le confessioni, per la guida spirituale, per i libri, per i
vari incontri formativi, ecc.
48 Cf A. HLINKA, Sila slab´ych a slabost’ silny´ch..., p. 65.

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408 Vladimir Fekete
ratore Generale, il quale, il 27 giugno 1968, sconfessò pubblicamente la legitti-
mità della soppressione degli ordini religiosi in Cecoslovacchia. In base a questo
nuovo modo di procedere, furono liberati 600 religiosi e 2.000 suore della Slo-
vacchia, nel periodo precedente deportati di prepotenza nella Repubblica
Ceca49.
Questo promettente mutamento di rotta, noto nel mondo come la “Primave-
ra di Praga”, fu cancellato dall’occupazione della Cecoslovacchia ad opera degli
eserciti del Patto di Varsavia nell’agosto del 1968. La dirigenza del partito e del
Paese fu sostituita e sotto il dettato di Mosca fu avviato il processo di “epurazio-
ne”: le persecuzioni ripresero. I 70.000 soldati sovietici, insediati “temporanea-
mente” sul territorio cecoslovacco costituivano un avvertimento esplicito per tut-
te le persone che volessero osare di ragionare in un modo diverso da quello dei
comunisti50. Il nuovo governo inaugurò un nuovo periodo, detto “di normalizza-
zione”. La “normalizzazione” colpì un numero incalcolabile di ex membri del
Partito comunista (KSCˇ) che non si erano mostrati sufficientemente ubbidienti
alla dittatura di Mosca e avevano cercato di introdurre nella società e nel Paese al-
cuni principi democratici. Riprese anche la persecuzione della Chiesa: tutti i di-
ritti riacquistati dalla Chiesa durante la “Primavera di Praga” le furono tolti di
nuovo e i vari ordini religosi furono costretti a ritirarsi nelle “catacombe”.
Gli anni Settanta e Ottanta possono essere considerati la continuazione della
persecuzione della Chiesa e della religione, punteggiati com’erano da numerosi
processi. Il regime comunista, per motivi tattici, avviò una sorta di maratona
negoziale con la Santa Sede con lo scopo di far insediare i propri candidati nelle
sedi vescovili vacanti. Comunque la persecuzione attuata in quegli anni non
raggiunse mai il grado di brutalità che aveva caratterizzato la politica antireligio-
sa degli anni Cinquanta.
4.2. I salesiani negli anni 1968–1985
Nel 1968 morì l’ispettore provinciale don Jozef Bokor. Dopo esser stato libe-
rato dal carcere, visse presso sua sorella a Trakovice (dove era nato) e non volle
più sapere niente della vita religiosa clandestina. Fu sostituito da don Andrej
Dermek. Il nuovo ispettore cercò di approfittare del nuovo clima politico per
favorire la ripresa della vita comunitaria dei salesiani. Per questo motivo i reli-
giosi assunsero l’amministrazione delle parrocchie da cui erano stati espulsi nel
1950. La mossa permise di far crescere il numero dei membri delle nuove co-
munità appena istituite; nella pastorale parrocchiale si inserirono anche diversi
sacerdoti salesiani clandestini.
49 Cf M. S. DˇURICA, Dejiny Slovenska a Slovákov..., p. 659.
50 Lo “stazionamento temporaneo” dei soldati sovietici sul territorio cecoslovacco è du-
rato 23 anni; è finito soltanto con il disgregamento dell’URSS. Gli ultimi reparti sovietici
hanno lasciato la Slovacchia nel 1991. Cf M. S. DˇURICA, Dejiny Slovenska a Slovákov..., p.
662.

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La Società salesiana in Slovacchia negli anni 1948-1989 409
L’euforia scaturita dalla gioia della libertà ritrovata durò solo alcuni mesi.
Tutto fu soffocato con l’arrivo dell’Armata Rossa, accompagnata da alcuni con-
tingenti militari dei paesi membri del Patto di Varsavia. Seguì la già menzionata
“normalizzazione”. Per fortuna solo pochi nomi dei salesiani clandestini erano
stati svelati in quella breve primavera; la cautela si rivelò davvero provvidenziale
per gli anni che seguirono. Pian piano le comunità salesiane sorte nelle parroc-
chie furono abolite e per svolgere un lavoro pastorale si rese necessario un per-
messo speciale delle autorità statali. Le comunità territoriali, l’apostolato e la
formazione dei giovani, condotti in clandestinià, diventarono di nuovo di capi-
tale importanza per la vita dei religiosi.
Tuttavia, la “Primavera di Praga” influì profondamente e significativamente
sulla comunità dei salesiani, in particolare nell’ambito del lavoro di formazione
dei futuri membri. Infatti, gli incontri individuali del maestro con i novizi furo-
no sostituiti dalle riunioni di piccoli gruppi. Un altro fatto importante fu l’istitu-
zione, dopo vent’anni, di un regolare Consiglio ispettoriale. Da quel momento
fu il Consiglio, con a capo l’Ispettore, ad ammettere i nuovi candidati al novizia-
to. Con il suo consenso i novizi potevano poi essere ammessi alla professione dei
voti e i chierici passavano all’ordine dei presbiteri. Si verificò un costante aumen-
to delle vocazioni che portò, a metà degli anni Settanta, alla costituzione di due
comunità di formazione: una a Bratislava, l’altra nella Slovacchia orientale51.
Per iniziativa del salesiano don Jozef Sˇtámec negli anni Sessanta fu impianta-
ta in Slovacchia un’altra componente della famiglia salesiana, le Volontarie di
Don Bosco (VDB). Nei decenni successivi l’iniziativa delle VDB si estese anche
alla Repubblica Ceca, alla Polonia e all’Ungheria.
4.2.1. Il lavoro educativo con la gioventù
L’esercizio della missione educativa dei salesiani fu necessariamente eteroge-
neo, condizionato com’era dalla diversità delle condizioni sociali degli ambienti
in cui operavano, dalla situazione politica del momento, nonché dall’ingegnosi-
tà degli stessi operatori. Le possibilità di apostolato di un salesiano che lavorava
in una parrocchia erano ben diverse da quelle di un salesiano “clandestino” che
svolgeva un’attività lavorativa nel mondo laico. Bisogna anche ricordare che a
metà degli anni Settanta il numero dei salesiani impegnati nella pastorale par-
rocchiale era davvero esiguo, coinvolgendo non più di 25–30 persone. Pochi ri-
uscirono a lavorare, clandestinamente, nel campo scolastico, dove non era diffi-
cile comunicare con i giovani.
Don Ján Zauˇska lo ricorda bene:
“Nelle città universitarie – all’interno delle facoltà – si formarono gruppi dei giovani
che erano credenti. Guidati dal loro animatore (spesso un religioso clandestino) i
51 Cf J. IZAKOVICˇ, Pamäti..., p. 28.

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410 Vladimir Fekete
gruppi organizzavano diverse attività: le gite, i pellegrinaggi, gli esercizi spirituali, le
passeggiate all’aperto e le più svariate feste. I giovani venivano seguiti e preparati be-
ne per il matrimonio o per abbracciare la vita consacrata. Il livello della vita spiritua-
le dipendeva dall’animatore che li guidava. Alcuni gruppi avevano un’impronta cate-
chetica, altri erano di tipo sociale. Vi furono anche quelli in cui si cantava – tipo co-
ri – e i loro membri accompagnavano con il canto le messe nelle chiese del vicinato.
Di solito erano le chiese, il cui titolare era un sacerdote regolare. Alcuni gruppi si
trasformarono in “comunità”, dove la cosa più importante era quella di meditare
sulla parola di Dio e di parlare della propria vita spirituale. In molte di queste co-
munità e in molti gruppi nacquero diverse nuove vocazioni (molte ragazze e ragazzi
scelsero proprio là di abbracciare la vita consacrata o il sacerdozio). I giovani interes-
sati a diventare sacerdoti o religiosi iniziavano il cammino della formazione senza
abbandonare, per questo, la loro attività professionale o la loro comunità preceden-
te. Anzi, nei luoghi di lavoro formavano spesso altri, nuovi gruppi”52.
All’inizio degli anni Settanta l’ispettore don Andrej Dermek incoraggiò il co-
adiutore Juraj Kaˇscˇák a iniziare un apostolato attivo tra i ragazzi di Koˇsice, nella
Slovacchia orientale. J. Kaˇscˇák vi organizzò, quindi, dei gruppi di giovani, com-
posti prevalentemente da studenti liceali, che s’incontravano da lui ogni setti-
mana. Molti di loro servivano già la messa da chierichetti, altri frequentavano le
funzioni religiose o erano semplicemente figli delle famiglie che conosceva. A
questi giovani prestava dei libri, soprattutto le biografie dei santi, e a quelli che
si dicevano interessati (a cui la lettura era piaciuta) offriva i ritiri spirituali e gli
esercizi spirituali predicati da don Janko Pivarník, anch’egli salesiano.
Il programma degli incontri settimanali prevedeva: un dialogo introduttivo,
la condivisione delle esperienze vissute dai ragazzi durante la settimana, la lettu-
ra della Parola di Dio, la meditazione personale e una breve riflessione sulla pa-
rola di Dio ascoltata. I ragazzi erano incoraggiati a meditare anche a casa e a
partecipare regolarmente all’eucaristia. In effetti, J. Kaˇscˇák, che aveva una
straordinaria sensibilità e capacità di riconoscere i segni di una chiamata religio-
sa, guadagnò alla Chiesa e alla SDB molte nuove vocazioni.
Don Jozef Sˇebo, non potendo più insegnare a scuola dato che i comunisti lo
avevano fatto licenziare, lavorò efficacemente a Zvolen, a Bratislava e a Koˇsice.
Uomo di profonda vita spirituale, incoraggiava i giovani salesiani a lui affidati a
essere solleciti nell’apostolato tra i loro coetanei e tra i ragazzi più giovani.
Grazie a questi uomini, eccellenti guide spirituali, i giovani salesiani, ma an-
che i laici, non solo furono capaci di resistere all’ideologia marxista, ma rimase-
ro fermi nel proposito di imboccare il cammino della vocazione e, infiammati
d’entusiasmo per gli ideali cristiani, col tempo diventarono apostoli tra i loro
coetanei.
La diffusione della letteratura religiosa ebbe un grande ruolo sia nella vita
spirituale che nel lavoro apostolico in Slovacchia. Per ovvi motivi, nel paese pra-
ticamente non esistevano pubblicazioni ufficiali di argomento spirituale. Però,
52 Ján ZAUSˇKA, Spomienky na v´ychovné pôsobenie v totalite, in APD Bratislava.

42 Pages 411-420

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42.1 Page 411

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La Società salesiana in Slovacchia negli anni 1948-1989 411
grazie all’iniziativa dell’Istituto dei SS. Cirillo e Metodio [SÚSCM] di Roma, in
Slovacchia giungevano in gran quantità, fortunosamente e clandestinamente,
biografie dei santi e opuscoli di carattere spirituale, ascetico o comunque di ar-
gomento religioso. A questa azione contribuirono anche i salesiani, oltre a diver-
si sacerdoti diocesani, autori di opere pubblicate e distribuite clandestinamen-
te53. Il fenomeno di queste pubblicazioni religiose, detto “samizdat”, è stato stu-
diato e approfondito dallo scrittore Ján Sˇimulcˇík54.
I salesiani per conto loro cercavano di stampare e soprattutto di trascrivere a
macchina, per proprio uso, testi di breviari e messali. Nell’ispettoria fu così dif-
fusa anche la letteratura di formazione, nonché le traduzioni delle circolari dei
superiori maggiori e dei libri degli autori salesiani, e la rivista per i giovani
“Svetlo” [La luce], pubblicata dalla comunità di formazione della Slovacchia
orientale dal 198655; ne è la continuazione la rivista “AHA”, redatta dai salesiani
tutt’oggi.
4.2.2. La formazione dei giovani salesiani
Si è già accennato ad alcuni fatti riguardanti la formazione. Dato il pericolo
di infiltrazioni dei servizi di sicurezza (la “Sˇtb”) nelle strutture di formazione, era
particolarmente importante conoscere i trascorsi del candidato e trovare una
persona degna di fiducia che garantisse per lui.
Il giovane che partecipava agli incontri di un gruppo, di solito ne ammirava
molto l’animatore o comunque le persone che organizzavano queste iniziative.
Perciò, non di rado si sentiva attirato dallo stesso stile di vita e voleva seguirlo.
Quando rivelava questo desiderio all’animatore, questi gli procurava gli incontri
regolari con un sacerdote salesiano. Gli incontri avvenivano una o due volte alla
settimana. Essenzialmente vertevano sul sacramento della penitenza. Il giovane
parlava col salesiano anche degli eventi della sua vita passata. Il salesiano veniva
così a conoscere gradualmente il carattere del giovane. Si trattava di una forma
di “aspirantato” che poteva durare alcuni mesi o, talvolta, anni. A questa prima
fase di preparazione e conoscenza reciproca seguiva la seconda parte della for-
mazione – il noviziato vero e proprio.
53 J. M. RYDLO nel volume Vydavatel’ské dielo SÚSCM v Ríme v rokoch 1963-1983,
pubblicato per il 40° anniversario della fondazione del SÚSCM, documenta che negli an-
ni 1963-1983 l’Istituto aveva curato l’edizione di 1004 titoli, tra libri e articoli di stampa,
per il totale di oltre 3 milioni di copie.
54 Il suo libro, intitolato Svetlo z podzemia [La luce dalla clandestinità] affronta la pro-
blematica del “samizdat” cristiano in Slovacchia negli anni 1969–1989. Si veda anche il
suo contributo alla pagina web www.svedectvo.sk, sulla produzione e la distribuizione delle
pubblicazioni clandestine sotto il regime comunista.
55 Cf Ján SˇIMULCˇÍK, Svetlo z podzemia. Z kroniky katolíckeho samizdatu 1969–1989.
Preˇsov, Vydavatel’stvo Michala Vaˇska 1997, p. 145.

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412 Vladimir Fekete
A cavallo degli anni Cinquanta e Sessanta, per motivi di sicurezza, un giova-
ne si incontrava a tu per tu con il maestro dei novizi. Durante la “Primavera di
Praga” i novizi ormai si conoscevano tra loro e formavano piccoli gruppi. I loro
incontri col maestro si svolgevano ogni due settimane per un intero week-end.
Il primo incontro era dedicato al ritiro spirituale, il secondo alla formazione re-
ligiosa e salesiana. Se i gruppi erano due, oltre al maestro era presente anche l’as-
sistente, il quale incontrava il gruppo settimanalmente, mentre il maestro lo in-
contrava mensilmente. Più tardi i gruppi cominciarono a incontrarsi una o due
volte all’anno per partecipare agli esercizi spirituali tutti insieme. Questa era
un’ottima occasione per i novizi provenienti da tutto il territorio della Slovac-
chia per conoscersi vicendevolmente. Il noviziato durava 18 mesi. Iniziava ad
agosto e la prima professione religiosa veniva celebrata dopo gli esercizi spiritua-
li, possibilmente in concomittanza con la festa di S. Giovanni Bosco.
Dopo il noviziato, la formazione continuava per diversi anni a seconda della
maturazione della vocazione personale di ciascuno. Durante il noviziato i giova-
ni alloggiavano in appartamenti privati, insieme a chierici e sacerdoti. In questo
modo potevano condurre una vita comunitaria. Gli incontri di formazione si
svolgevano ogni due settimane. Il formatore era di solito un singolo confratello
responsabile di una particolare fase formativa. Una fase a parte era dedicata alla
preparazione al sacerdozio. Durante ogni fase formativa i giovani sostenevano
clandestinamente gli esami di filosofia e teologia. Ai doveri del lavoro, dello stu-
dio universitario, e dell’apostolato, i giovani salesiani dovevano aggiungere an-
che quello di dare un esame praticamente ogni mese. Il programma di teologia
veniva così completato, più o meno, in un anno.
Dopo avere sostenuto tutti gli esami nelle materie teologiche, in base alla lo-
ro maturazione vocazionale i giovani confratelli potevano iniziare la preparazio-
ne per l’ordinazione presbiterale. Negli anni Cinquanta e Sessanta, in genere le
ordinazioni si celebravano in Slovacchia, ma qualche volta anche all’estero: in
Polonia e in Germania (DDR).
I giovani salesiani svolgevano il loro apostolato con gruppi di ragazzi che
contavano dai 6 ai 12 membri. Ogni gruppo aveva un incontro alla settimana.
Poiché ogni giovane salesiano curava quattro o cinque gruppi, accadeva che
ogni settimana egli incontrasse personalmente anche una cinquantina di ragazzi.
Gli incontri avevano luogo normalmente nelle abitazioni dei giovani. Durante i
week-end, se questi giovani salesiani non avevano impegni propri – riunioni di
formazione o simili – organizzavano per i ragazzi gite, esercizi spirituali o gare
sportive (il più delle volte partite di calcio).
I salesiani che contribuirono maggiormente alla formazione dei salesiani in
quegli anni furono i maestri dei novizi: Jozef Izakovicˇ, Jozef Gánovsky´ e Ján
Zauˇska, e i responsabili della formazione: don Ján Benˇ o, don Ivan Gróf e don
Jozef Sˇebo. Oltre a questi, nell’ambito della formazione lavorarono anche: don
Miroslav Kysela, don Vladimír Sˇtudent, don Sˇtefan Urban ed altri.

42.3 Page 413

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La Società salesiana in Slovacchia negli anni 1948-1989 413
4.3. La situazione dei salesiani alla fine degli anni Ottanta
Alla fine degli anni Ottanta il processo di formazione (per i due gruppi già
ricordati) coinvolgeva una sessantina di giovani salesiani e novizi. Tutti quanti si
preparavano in clandestinità a vivere la propria vocazione, senza alcuna struttura
adeguata e con pochissimi mezzi esterni a disposizione. Per la maggior parte di
loro, la soddisfazione più grande era la vera, sincera amicizia, fiorita nelle loro
piccole comunità: i rapporti all’interno erano improntati alla dimensione pro-
fondamente umana. Di notevole importanza erano anche le esperienze vissute
da queste persone nelle conversazioni con i ragazzi del loro gruppo. Tutti pote-
vano presupporre che, di lì a qualche anno (o decennio), sarebbero stati indivi-
duati e forse arrestati dai servizi di sicurezza e condannati, ma non avevano pau-
ra. Anzi, la consapevolezza di questa eventualità era intrinsecamente stimolante.
Con il graduale allentamento della politica del terrore crebbe il coraggio dei
fedeli e dei religiosi clandestini. I pellegrinaggi al famoso santuario di Levocˇa, a
cui partecipavano migliaia di fedeli, tra cui moltissimi giovani, la manifestazio-
ne religiosa a Velehrad nel 1985 e la “manifestazione delle candele” organizzata
nella capitale slovacca nella primavera del 1988, sorpresero i dirigenti del gover-
no e del partito dell’ideologia marxista, oramai in declino, e tolsero finalmente
ai fedeli la paura, non di rado sfruttata dal regime comunista a fini ideologici.
Durante quel periodo, oltre ai tradizionali programmi spirituali e alle attività
che coinvolgevano la gioventù (ritiri ed esercizi spirituali, ma anche pellegrinag-
gi, gite, ecc.), furono approntate alcune iniziative nuove come, ad esempio, un
torneo calcistico “KAMA”, di portata regionale e nazionale, affiancato da un
programma spirituale e da un altro, ricreativo, per i ragazzi, denominato Bodka
za prázdninami [Il punto sulle vacanze] e tanti altri ancora.
Conclusione
In questo contributo si è cercato di presentare alcuni fatti, tratti dalla ricca
storia dell’opera salesiana in Slovacchia sotto il regime comunista, sullo sfondo
della storia laica e di quella ecclesiastica del paese.
Nel descrivere gli eventi più rilevanti riguardanti la persecuzione della Chiesa
e la vita dei religiosi nella Slovacchia di quell’epoca, si è voluto spiegare quali fos-
sero le vere radici della singolare vitalità dell’opera salesiana in quelle difficili con-
dizioni e chiarire come mai essa sia sopravvissuta al crudele periodo dell’ex Re-
pubblica Cecoslovacca con così poche perdite. Non si può dire la stessa cosa,
purtroppo, di alcuni paesi limitrofi. È importante, perciò, indicare i metodi pen-
sati in Slovacchia per poter continuare la missione salesiana a favore dei giovani.
È doveroso riconoscere qui il grande merito per la conservazione della me-
moria storica dell’Opera di Don Bosco all’ex ispettore dei salesiani slovacchi
don Ernest Macák. Egli ha scritto e pubblicato le proprie memorie, dove descri-
ve soprattutto i primi anni della persecuzione. I suoi ricordi sono essenziali per
comprendere la storia dell’opera salesiana slovacca; inoltre, negli anni

42.4 Page 414

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414 Vladimir Fekete
1993–1999 egli si è lodevolmente adoperato per raccogliere le testimonianze di
oltre 80 salesiani slovacchi sopravvissuti alla dittatura comunista: tutto il mate-
riale è conservato nell’archivio ispettoriale di Bratislava e, ovviamente, è servito
di base per realizzare questa indagine.
Come risulta dalla ricerca, sotto il regime totalitario e dunque in condizioni
veramente difficili (con un costante rischio di finire in prigione), a parte alcuni,
sfortunati casi di debolezza umana, i salesiani slovacchi si dedicarono al lavoro
educativo tra i giovani con metodi piuttosto originali e senza mai perdere l’en-
tusiasmo. Questi uomini seppero mantenersi fedeli alla missione propria del ca-
risma di San Giovanni Bosco. Molti possono essere definiti eroici apostoli della
gioventù. Il loro personale, eroico apostolato si è rivelato attraente per tanti gio-
vani e, in effetti, non pochi di loro hanno optato per la vocazione salesiana co-
me scelta di vita.

42.5 Page 415

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L’ATTIVITÀ DELLE FMA DELLA SLOVACCHIA NEL TRAVAGLIATO
PERIODO 1940-1950
Kamila Novosedlíková *
Premessa
Il saggio intende offrire una concisa esposizione dell’attività educativa ed
apostolica dalla fondazione della prima presenza delle FMA in Slovacchia nel
1940 fino alla soppressione delle loro opere a favore delle giovani ad opera
dei comunisti, nel 1950. A differenza di altri Paesi europei in cui il carisma
salesiano si era già radicato con esperienze diversificate, il primo decennio
slovacco coincide con un tempo delicato di impianto in un terreno favorevo-
le ma in un tempo difficile, sicché il sistema salesiano non aveva avuto anco-
ra la possibilità di consolidarsi, né sotto il profilo educativo, poiché le opere
allora possibili erano unicamente informali; né sotto il profilo della forma-
zione del personale, per la limitata esperienza delle FMA presenti e l’assenza
di missionarie, impossibilitate a entrare nel Paese sia durante la guerra che
negli anni successivi. Questa situazione, oggettivamente precaria per motivi
interni ed esterni, dipendenti dal contesto politico, fu messa alla prova del
regime.
La ricerca per ricostruire la peculiarità della presenza delle FMA in Slovac-
chia è stata ardua. Un motivo è la mancanza di documentazione archivistica,
andata distrutta o persa. Per colmare tale lacuna, si è fatto ricorso alle testimo-
nianze orali delle poche FMA rimaste, che vissero direttamente le vicissitudini
dell’Istituto, come pure di alcune ex allieve. Una difficoltà seria è costituita an-
che dalla scarsità di studi ben documentati, che incominciano solo ora ad arri-
vare, dopo decenni in cui si è tentato di cancellare le memorie delle istituzioni
ecclesiali.
La comunicazione è divisa in due parti. Nella prima si presenta un succinto
quadro politico, sociale del Paese nel periodo interessato e la preistoria delle
FMA slovacche. Nella seconda si parla della storia delle prime fondazioni e delle
realizzazioni di strutture apostoliche ed educative, evidenziando le linee caratte-
ristiche per le FMA slovacche. L’indagine si conclude con una sintetica rassegna
del doloroso arresto dell’opera delle FMA per opera del regime ateo.
* Figlia di Maria Ausiliatrice di Bratislava (Slovacchia), ricercatrice sulla storia delle
FMA nella Slovacchia.

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416 Kamila Novosedlikova
1. La situazione sociopolitica
Il XX secolo – come è noto – è stato segnato in Europa da molti gravi avveni-
menti. Data la posizione centrale del territorio slovacco, vi si avvertivano forte-
mente tutte le trasformazioni politiche che si andavano attuando nei Paesi vicini.
Nel 1918, finita la prima guerra mondiale, dopo la lotta durata molti secoli
per rivendicare l’identità nazionale della Slovacchia, si profilò la speranza di un
libero sviluppo politico del piccolo popolo che abitava ai piedi dei Monti Tatra.
Purtroppo le potenze alleate decisero di unire la Slovacchia con la Boemia e
costituirono dunque quello Stato artificiale che fu la Repubblica Cecoslovacca.
Apparve subito chiaro che alla millenaria oppressione subita da parte dei Magia-
ri1 si sostituiva quella del governo di Praga.
L’eminente teologo e filosofo slovacco, di formazione culturale europea, La-
dislav Hanus2, affermò che la causa principale della diffidenza reciproca che divi-
deva le diverse etnie nel nuovo Stato cecoslovacco era di natura religiosa e mora-
le. Nella Repubblica Cecoslovacca vigeva infatti il principio che l’istruzione e l’e-
ducazione dei giovani dovesse ispirarsi ad un umanesimo senza religione3. L’at-
teggiamento di Praga verso la Slovacchia, nel campo dell’educazione religiosa, fu
motivato appunto da questa scelta ideologica, che per gli slovacchi risultò diffici-
le da accettare. Dunque per gli slovacchi la nuova realtà politica non fu gradita: il
desiderio della creazione dello Stato slovacco indipendente era vivo nella popola-
zione. Ciò avvenne invero nel 1939 in circostanze estremamente delicate.
2. La Repubblica Slovacca
Il 14 marzo 1939, in condizioni molto particolari, nacque uno Stato
slovacco4, con a capo un sacerdote cattolico, mons. Jozef Tiso (1887-1947); que-
1 Si noti che il ministro ungherese della cultura e dell’istruzione Albert Apponyi nel
1907 fece approvare dal Parlamento le nuove leggi scolastiche (art. 26 e 27/1907) per sol-
lecitare la totale magiarizzazione delle rimanenti scuole con lingua slovacca nell’intera Un-
gheria nei confini d’allora. Queste leggi decretavano che l’unica lingua d’insegnamento in
tutte le scuole pubbliche e private per tutte le materie doveva essere quella magiara: per la
lingua slovacca non ci fu posto. Vale la pena menzionare il fatto che, quando la prima ge-
nerazione delle suore salesiane frequentava la scuola, la Slovacchia faceva parte dell’Impero
austro-ungarico, cioè politicamente faceva parte del Regno Ungherese. In tutto il territorio
era in vigore la legge del 1840, con la quale il Parlamento ungherese codificò la lingua ma-
giara come lingua ufficiale per tutti gli istituti amministrativi e la proclamò lingua d’inse-
gnamento in tutte le scuole di ogni ordine e grado.
2 Ladislav Hanus fu una personalità rappresentativa della cultura cristiana slovacca. Egli
ottenne di recente un riconoscimento straordinario da parte dell’UNESCO, il quale, nel
2006, lo incluse tra gli anniversari significativi a livello mondiale. Per la sua attività di pro-
fessore nel seminario teologico il regime totalitario lo tenne in carcere dal 1952 al 1965.
3 Cf Ladislav HANUS, Pamäti svedka storocˇia [Memorie di un testimone del secolo].
Bratislava 2006, pp. 67-71.
4 Anche se lo Stato Slovacco fosse stato creato sulla base del ricatto nazista, aveva preso
lo spunto dal lungo desiderio del popolo di vivere in indipendenza. La sua nascita fu rico-

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L’attività delle FMA della Slovacchia nel travagliato periodo 1940-1950 417
sti mise la Slovacchia sotto la protezione del Terzo Reich, di cui diventò alleata
durante la seconda guerra mondiale; l’arrivo delle truppe sovietiche nell’aprile
1945 costituì la fine della Slovacchia come Stato indipendente.
Negli anni 1939-1945 la Slovacchia conobbe un periodo di relativo benessere,
sebbene si fosse in tempo di guerra e incombesse l’ombra della presenza nazista. A
differenza di quanto accadeva in molte altre regioni dell’Europa, dove la condizione
dei religiosi era difficilissima, la Slovacchia poté godere di una piena libertà religio-
sa: fu assicurata non solo la libertà di culto, ma anche l’istruzione religiosa obbliga-
toria, sia pure con il controllo statale. Questa posizione politica della Slovacchia
spiega la fioritura delle opere delle FMA, mentre in altri paesi europei sia le FMA
sia i SDB avevano subito una battuta d’arresto, talvolta il martirio.
Il “simbolo” della Slovacchia libera, mons. Tiso, fu condannato a morte il 15
aprile del 1947, da un tribunale del nuovo governo imposto dai sovietici, perché
accusato di collaborazionismo con il Terzo Reich. L’Osservatore Romano scrisse in
quell’occasione che la sua esecuzione non era stata un atto di giustizia, ma che sa-
rebbe stata una vendetta politica. Qualunque sia il giudizio storico sulla vicenda,
risulta che le opere salesiane si avvantaggiarono assai durante il periodo del governo
di mons. Tiso e si ebbe pure un incremento notevole di vocazioni alla vita religiosa.
3. La preistoria delle FMA slovacche
Quando, nel 1924, fu aperto in Sˇastín il primo istituto salesiano nel territo-
rio della Slovacchia, a Torino, fin dal 1922, si preparavano le prime suore sale-
siane della Slovacchia5. Trenta ragazze slovacche, prima che iniziasse la seconda
guerra mondiale, portarono a compimento la loro formazione religiosa all’este-
ro. Erano giovani semplici, pie, provenienti in maggioranza da villaggi. Sicco-
me non esistevano ancora istituti delle FMA nel territorio slovacco, le prime
FMA slovacche furono mandate come missionarie in vari paesi del globo. Esse
si dimostrarono ottime educatrici: la loro attività educativa, infatti, fu ricono-
sciuta anche dagli apprezzamenti degli istituti statali dei Paesi dove esse svolse-
ro detta attività formativa6. Otto di esse lavorarono nell’America Latina e in
nosciuta da vari Stati, inclusa la Santa Sede e l’Unione Sovietica. Il presidente mons. Tiso
si trovò di fronte a un dilemma: l’indipendenza statale e l’alleanza con il Terzo Reich op-
pure l’occupazione militare da parte dei nazisti; egli scelse l’alleanza con il Terzo Reich.
5 Le prime ragazze, Helena Sˇcˇepková e Jozefína Sobotová sono partite con Ladislav Sta-
no, SDB, nel dicembre 1922. Per avere un quadro più completo sulla preistoria e sul suc-
cessivo sviluppo delle FMA in Slovacchia si vedano le ricerche di Kamila NOVOSEDLIKOVA,
Dejiny Inˇstitútu Dcér Márie Pomocnice na Slovensku, Katolícka Univerzita v Ruzˇomberku.
Ruzˇomberok 2004; ID., Pri prílezˇitosti 65. vyroˇcia príchodu prv´ych slovensk´ych sestier na Slo-
vensko [In occasione del 65° anniversario dell’arrivo delle prime FMA in Slovacchia]. Bratisla-
va, 2005; ID., Brief history of FMA Institute in Slovakia, in RSS 48 (2006) 161-180.
6 Sr. Anna Mihálová insegnò religione, lingue, ginnastica e musica. Divenne celebre tra
i giovani nel campo della ginnastica. Per lunghi anni fu direttrice di vari collegi femminili
in Centro America.

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418 Kamila Novosedlikova
Africa7; la maggioranza prestò la propria attività educativa negli Stati dell’Euro-
pa centrale e occidentale: Italia, Francia, Belgio, Germania, Austria, Ungheria,
Polonia. Lavorarono come educatrici in convitti per studenti o come insegnan-
ti nelle scuole materne, elementari, medie. Alcune furono addette alla cucina e
alla lavanderia degli istituti dei salesiani. Un po’ alla volta tutte, meno undici
rimaste all’estero, ritornarono in patria, incominciando dal 1940, anno in cui
fu aperta la prima casa religiosa delle FMA in Slovacchia.
4. La prima comunità in Slovacchia: Trnava
Nella primavera del 1940 l’ispettore salesiano Josef Bokor chiese alla Supe-
riora generale di mandargli FMA slovacche, per affidare loro, a Trnava, i lavori
di cucina e lavanderia presso lo studentato filosofico del collegio salesiano, che
era il più grande istituto dell’opera di Don Bosco in Slovacchia.
Il 16 giugno 1940, di fatto, due suore salesiane slovacche, sr. Jozefína Bartoˇsová
e sr. Dorotea Hudáková, tornarono in patria e costituirono la prima piccola comu-
nità, nello stesso edificio dei salesiani a Trnava, in via Hollého. Alle prime si ag-
giunsero nello stesso anno altre dieci FMA tornate dall’estero per attendere alla cu-
ra materiale e spirituale dei giovani studenti, e anche di dieci postulanti delle
FMA8. In realtà si trattava di provvedere ai bisogni di oltre duecento persone. Ra-
gazze della città e dei villaggi vicini furono accolte, e alcune anche alloggiate, per i
lavori della cucina e queste presto familiarizzarono con le suore: pregavano insie-
me, in ricreazione cantavano, passeggiavano insieme9. Gli inizi dell’opera educativa
delle FMA erano segnati dai contatti individuali quotidiani, incontri da persona a
persona, mentre più tardi si organizzarono anche piccoli gruppi formativi. Le suo-
re vivevano in semplicità la loro vita di lavoro e di sacrificio, serene e contente, e
preparavano le ragazze alla vita insegnando loro con l’esempio a lavorare per amore
di Dio. Le univa, suore e ragazze, una devozione fortemente radicata da secoli nella
spiritualità del popolo slovacco: l’amore alla Vergine Addolorata10.
Per dare un’idea della devozione mariana popolare, citiamo alcuni passi dalla
rivista “Saleziánske zvesti”:
7 Sr. Docˇolomanská L’udmila: Campo Grande, Brasile; sr. Docˇolomanská Margita:
Chile, Argentina; sr. Kupkovicˇová Terézia: Peru; sr. Mihálová Anna: Honduras, Guatema-
la, El Salvador, Nicaragua, Costarica; sr. Karlubíková Terézia: Algeria; sr. Marková Mária,
sr. Kukumbergová Irena, sr. Hederová Anna: Zaire.
8 I nomi delle postulanti non sono citati. La cronaca indica che l’assistente delle postu-
lanti è stata sr. Anna Kozmonová.
9 Nelle altre ispettorie le giovani aiutanti nei lavori domestici si chiamavano tradizio-
nalmente “figlie di casa”.
10 La Vergine Addolorata rappresentava le braccia aperte della madre, a cui molte gene-
razioni del popolo slovacco affidavano le sofferenze e le speranze. In ogni parrocchia tutte le
domeniche si riunivano i giovani e gli anziani per cantare le litanie. Con la Vergine Maria i
credenti vivevano soprattutto i mesi di maggio ed ottobre. Durante l’Avvento ogni mattina
le madri accompagnavano i bambini in chiesa per le “rorate”. Tutto questo praticavano an-

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L’attività delle FMA della Slovacchia nel travagliato periodo 1940-1950 419
“Il 25 maggio 1947 Trnava ha celebrato la festa di Maria Ausiliatrice. Più di 7.000
cattolici hanno manifestato il loro amore alla Vergine Maria. La processione ha at-
traversato tutta la città fino alla Kopánka. Incoraggiante è stato il vedere più di
centoventi carrozzine guidate dalle mamme che volevano in questo modo inculcare
già nei loro piccoli l’amore verso Maria. Alla solenne consacrazione della gioventù
di Trnava al Cuore di Maria hanno partecipato non solo i salesiani, ma anche le fi-
glie di Maria Ausiliatrice, che con grande impegno e fervore lavorano qui da sette
anni, secondo lo spirito del da mihi animas di don Bosco”11.
5. La Comunità a Kopánka
Il più trascurato quartiere di Trnava era la Kopánka, dove vivevano 5.000
abitanti in condizioni di estrema povertà. Oltre ai salesiani, che in questa pove-
rissima periferia avevano aperto una casa con centro sociale e un oratorio, inco-
minciarono a venire, le domeniche e i giorni festivi, le Figlie di Maria Ausiliatri-
ce, per dedicarsi all’educazione delle ragazze povere. Per favorire lo sviluppo in-
tegrale della persona, organizzarono gruppi tenendo presenti gli interessi perso-
nali e l’età delle giovani. Si formarono, dunque, speciali gruppi femminili divisi
da quelli maschili. Ogni gruppo aveva il proprio comitato con un presidente e
un consigliere spirituale, SDB o FMA. Nell’oratorio prosperavano attività reli-
giose, sociali, ricreative, teatrali, musicali. Più volte all’anno si preparavano rega-
li, si distribuivano indumenti, si offriva colazione ai giovani più poveri. Esisteva
anche la cosiddetta cancelleria dei poveri.
Il più grande merito, nella riuscita delle iniziative per la promozione sociale e
la rinascita morale della gioventù e delle famiglie di Kopánka, va al direttore sa-
lesiano don Jan Hlubík12. Egli fu l’iniziatore di tutta l’attività spirituale, sociale,
apostolica che la prima comunità delle FMA esercitò nella sua parrocchia.
Le ragazze a contatto con le FMA avevano raggiunto un buon livello di sana
coscienza femminile. Una di esse ha scritto:
“La Parrocchia di don Bosco a Trnava-Kopánka fino a poco tempo fa non aveva
alcuna associazione adatta alle ragazze. Allora ci siamo fatte coraggio e abbiamo
deciso di creare un gruppo che è stato costituito ufficialmente l’8 dicembre
1943. A questo avvenimento ci siamo preparate con un ritiro. Fino ad oggi han-
no aderito al gruppo cinquanta ragazze. Il gruppo locale SKM è diretto dalle
suore salesiane. Un primo spettacolo teatrale ha avuto un bel successo. Erano
molto apprezzate, negli ambienti delle FMA, le rappresentazioni teatrali a carat-
tere educativo”13.
che le FMA con le ragazze, aggiungendo l’impronta di gioia e di solennità salesiana.
11 “Saleziánske zvesti”, 18/7 (1947) 71. La maggioranza degli articoli non cita il nome
dell’autore.
12 Per la sua attività eccezionale tra i poveri, per l’edificazione spirituale e sociale del
quartiere piú trascurato di Trnava, nel 1950 J. Hlubík fu arrestato e ingiustamente carcera-
to. In seguito alle torture si ammalò gravemente e morì.
13 “Saleziánske zvesti”, 15/3-4 (1944) 29.

42.10 Page 420

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420 Kamila Novosedlikova
Si legge nella cronaca delle FMA:
“Il 10 agosto 1944 si apre solennemente un oratorio femminile nella parrocchia sa-
lesiana di Kopánka. L’oratorio è fin dall’inizio frequentatissimo: oltre duecento fan-
ciulle, la maggior parte povere, bisognose di assistenza materiale e spirituale. Le
suore vengono a Kopánka tutte le domeniche e gli altri giorni festivi, fanno orato-
rio tutto il giorno e la sera tornano a piedi a Trnava”14.
L’8 dicembre 1945 ebbe luogo l’inaugurazione dell’oratorio femminile in
una sede propria. La direttrice sr. Helena Sˇcˇepková e sr. Terézia e Alzˇbeta Karlu-
bíková avevano formato la prima comunità di FMA residente in una propria ca-
sa. Dalle testimonianze delle ex allieve si apprende che in questa comunità veni-
vano a prestare aiuto anche le suore della comunità di Trnava. Sr. Anna Weisso-
vá ottima musicista, aiutava nell’oratorio, sr. Mária Zˇabková preparava medici-
nali e curava i malati, che in fila attendevano davanti alla porta.
Sebbene in comunità non vi fossero mai più di tre suore e ogni anno si faces-
se almeno un cambio di personale, le suore continuarono a portare avanti rego-
larmente l’opera così bene iniziata, prestandosi con semplicità e spirito d’inizia-
tiva a qualunque servizio. Di qui l’efficacia della loro opera educativa ispirata al-
lo spirito di famiglia, e anche la fedeltà delle oratoriane alle loro suore durante
gli anni della persecuzione. Un buon riassunto dell’attività delle FMA in Trnava
Kopánka è la testimonianza dell’ex allieva Maria Vopátová, che fu fin dall’inizio
in stretto contatto con le suore:
“Venivo dalle suore salesiane e mi fermavo da loro come convittrice. Mentre si la-
vorava in cucina e in lavanderia, le suore ci raccontavano sempre qualcosa d’inte-
ressante. Sono stata presidentessa del comitato nell’oratorio femminile a Kopánka.
A noi, ragazze dai diciassette ai venticinque anni, venivano impartite lezioni sui
rapporti familiari, sui doveri verso i genitori e dei genitori verso i figli. Le suore ci
preparavano alla vita familiare e a volte si recavano anche nelle famiglie per discute-
re sull’educazione dei figli. Le bambine di Kopánka, senza educazione, senza alcu-
na abitudine igienica, trovarono all’oratorio la possibilità d’imparare a cucire, a
rammendare, a riparare gli abiti, a tenersi in ordine. Era già un certo avviamento al
lavoro. Stavano allo stretto in tre piccole stanze, ma erano felici di potersi almeno
riscaldare. A noi grandi le suore affidarono le ragazze più trascurate. La vita all’ora-
torio era simile a quella di una vera famiglia”15.
In una cronaca redatta dall’ex allievo salesiano Augustin Hacaj si trovano pu-
re informazioni sullo sviluppo dell’oratorio femminile dal 1944 al 1950:
“Le ragazze, sotto la guida delle FMA, hanno realizzato decine di rappresentazioni
teatrali, destinando il ricavato all’aiuto di ragazze povere. Le suore insegnano cate-
14 Cronaca – Kopánka 1945-1946, Archivio Ispettoriale Innsbruck.
15 Dal colloquio personale di sr Kamila Novosedlíková con la signora Mária Vopátová
a Trnava, aprile 2003.

43 Pages 421-430

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43.1 Page 421

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L’attività delle FMA della Slovacchia nel travagliato periodo 1940-1950 421
chismo, preparano le ragazze ai sacramenti, organizzano esercizi spirituali per le
donne e le madri”16.
In quegli anni l’oratorio ha svolto un’attività così ricca e molteplice, da reg-
gere il confronto con qualsiasi moderna opera educativa in Europa.
Il documento che testimonia l’attività delle FMA, la loro solidarietà con la
popolazione sofferente, è un articolo pubblicato dai chierici salesiani sotto il ti-
tolo Memorie dell’anno1945. Vi sono descritti gli avvenimenti degli ultimi gior-
ni che precedettero la fine della guerra, quando si avvicinava il fronte russo:
“La nostra casa è servita da ospedale militare per i soldati tedeschi feriti. Dopo la
loro partenza i cittadini in massa si sono affollati nel nostro rifugio. C’erano più di
mille persone. I salesiani passavano in mezzo alla gente cercando di consolare,
d’incoraggiare alla fiducia. Finalmente ci addormentammo stanchissimi, mentre
dal rifugio delle suore si sentivano ancora ripetere preghiere d’invocazione a don
Bosco”17.
Cessato il cannoneggiamento, la città fu piena di soldati russi. Le suore do-
vettero nascondersi per il pericolo di violenze da parte dei soldati, in una canti-
na sicura protetta dai salesiani. Bisognava pensare anzitutto ai bambini. Presto
incominciò a funzionare per tutti la cucina delle suore salesiane. Il menu era
semplice: latte per i bambini, una minestra per gli adulti.
Prima che finisse la guerra, la comunità fu costretta ad abbandonare la casa,
che era grandissima, e lasciarla libera all’armata russa. Le FMA furono alloggiate
presso le suore Mariane, che dettero loro tre camere. Là ebbero la possibilità di
continuare a lavorare alla cura e al riassetto delle montagne di biancheria per i
giovani dell’istituto salesiano.
6. La Comunità di Dolny´ Kubín
L’andamento educativo nella comunità di Dolny´ Kubín era molto simile a
quello di Kopánka. Le FMA vissero a Dolny´ Kubín solo due anni, dal 1947 al
1949. Anche la loro casa, con annesso oratorio, fu frequentata da moltissimi
bambini e ragazze, come pure da adulti. Vi giungevano spesso le mamme per
ascoltare le conferenze su argomenti di sanità e d’igiene tenute da un medico.
Un’ex allieva ricorda:
“Andavamo con piacere, perché là s’incontravano anche intere famiglie. Noi, dai
paesi vicini, andavamo dalle suore solo dopo la scuola. Tutto ciò che avevamo im-
parato dalle suore l’ho insegnato ai bambini del nostro villaggio”18.
16 Augustín HACAJ, Kronika, in Archivio SDB, Trnava.
17 Memorie dell´anno 1945, in “Saleziánske zvesti”, 16-17/11-12 (1946) 89-90.
18 Dal colloquio personale con la signora Macurová Margita, Dolny´ Kubín 2000.

43.2 Page 422

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422 Kamila Novosedlikova
Un’altra oratoriana ricorda:
“Noi ragazze più grandi c’incontravamo quando si tenevano conferenze su vari ar-
gomenti. Ci venivano anche le operaie della tipografia. La domenica si faceva il
teatro delle marionette. Noi grandi facevamo muovere le marionette, e le bambine
assistevano allo spettacolo”19.
Le suore salesiane collaboravano con l’Unione delle donne cattoliche. Insie-
me aiutavano le famiglie delle vittime della guerra, preparavano regali ai poveri.
Anche qui le ragazze più grandi collaboravano alla guida dei gruppi di ragazze
più giovani, secondo lo stile tipicamente salesiano:
“Ogni giorno andavamo dalle suore, ci sentivamo come a casa nostra. Le suore ar-
rivavano a preparare e realizzare con noi, in un anno, anche dieci rappresentazioni
teatrali e trattenimenti culturali. Le ragazze così imparavano anche ad affrontare il
pubblico”20.
Il parroco Viktor Trstensky´ era un ottimo organizzatore e animatore, che ap-
poggiava le attività educative delle suore. Esse a loro volta lo aiutavano in chiesa
e nella catechesi. Il parroco fu qualche tempo dopo arrestato e incarcerato per
essersi rifiutato di allontanare le suore salesiane21.
Nel settembre 1948 uscì un ordine formale: la religione non poteva essere
insegnata dalle religiose perché queste non si identificavano con la forma del re-
gime22. Ciò toccava naturalmente anche le FMA di Dolny´ Kubín. Dopo che fu
loro impedito d’insegnare religione nella scuola, ricevettero alla fine l’intimazio-
ne di lasciare la città. Non valsero le proteste del vescovo Ján Vojtaˇsˇsák né la pe-
tizione dei fedeli, con 700 firme. Nella notte del 23 novembre 1949 poliziotti
di nazionalità ceca entrarono in casa con violenza e a viva forza trascinarono le
FMA fuori città.
7. La Comunità di Nitra, il primo Noviziato
Sulla missione educativa delle Figlie di Maria Ausiliatrice a Nitra non siamo
riusciti a procurare documenti ufficiali, ma molte informazioni dai giornali lo-
cali. Le FMA, giunte a Nitra nel 1944, avevano fondato nella loro casa un ora-
torio femminile e un collegio per ragazze di scuola media.
19 Dal colloquio personale con la signora Sˇikálová Mária, Dolny´ Kubín 1999.
20 Dal colloquio personale con la signora Muˇsková Magdaléna, Dolny´ Kubín 2000.
21 Monsignor Viktor Trstensky´ era colui che aveva chiamato le FMA a Dolny´ Kubín
nel 1947. Aveva trascorso la maggior parte della sua vita sacerdotale nelle carceri dei
comunisti.
22 Cf Juraj DOLINSKY, Problematika vyuˇcovania nábozˇenstva na Slovensku v rokoch 1948-
1973 [Problematica dell’insegnamento della religione in Slovacchia negli anni 1948-1973].
Bratislava 2001, p. 30.

43.3 Page 423

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L’attività delle FMA della Slovacchia nel travagliato periodo 1940-1950 423
“Perché abbiamo invitato i salesiani in Slovacchia? – si domanda l’autore ignoto di
un articolo della rivista Notizie Salesiane del 1944 – C’è una grande differenza tra
il modo educativo dei salesiani e quello di altre organizzazioni educative. Altre As-
sociazioni si occupano dei loro membri una volta al mese o alla settimana, e questo
per una o due ore, mentre i salesiani nei loro oratori sono presenti ogni giorno, e
anche quattro cinque ore al giorno. Il divertimento non è lo scopo, ma il mezzo
per allontanare i giovani da compagnie cattive e preservarli dalla poltroneria del
tempo libero. Questo, anche se negativo, è già un buon risultato! Tale metodo edu-
cativo e il suo influsso eccezionale sulla gioventù non si ritrova in nessun’altra comuni-
tà, perciò in ogni città della Slovacchia dovrebbe esserci un istituto salesiano! Quanto
all’educazione femminile, esiste l’istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, che fa
tra le ragazze quanto i salesiani fanno con i ragazzi”23.
Il presidente della provincia di Nitra, Stefan Haˇsˇsík, ex ministro della Difesa
Nazionale, era entusiasta delle opere salesiane:
“Dall’arrivo dei salesiani in Slovacchia comincia la nuova educazione cattolica dei
giovani secondo il metodo del famoso educatore don Bosco. Benché i salesiani la-
vorino in varie scuole, l’oratorio ha il primo posto nel loro lavoro. Si è dimostrato che
i salesiani sono maestri nella formazione di anime e di cuori della nostra gioventù.
Nitra ha già anche la prima casa delle salesiane. Il loro oratorio aiuta anche le no-
stre ragazze, e ciò non solo a Nitra, ma pure nei dintorni. I giovani corrispondono
volentieri all’azione educativa se ci si dedica loro con amore e nello stesso tempo si
usano i mezzi adeguati, come fanno i salesiani nei loro oratori. Il metodo educativo
di don Bosco si potrebbe realizzare con successo anche nell’educazione statale24.
La casa delle FMA a Nitra nel 1948 era così strutturata: aspirantato, postula-
to, collegio femminile, corsi professionali per ragazze più grandi, oratorio festivo
e feriale, aiuto ai bambini e alle famiglie povere. Da varie parti della Slovacchia
si presentavano ragazze a chiedere di diventare salesiane. Poiché la situazione
politica diventava sempre più pesante, non era più possibile mandare le giovani
per la formazione all’estero. Il 5 agosto fu dunque aperto a Nitra il primo novi-
ziato slovacco, con otto candidate. L’anno seguente entravano in noviziato altre
dieci ragazze25, decise a perseverare nella vocazione ad ogni costo.
Le novizie del secondo anno ammesse alla professione si accingevano a pronun-
ciare i voti il 5 agosto 1950. Le superiore, vista la precarietà della situazione, decise-
ro di anticipare di un mese la cerimonia26. C’era però il rischio di dover rimandare
in famiglia le giovani non ancora professe. Per proteggerle dal temuto colpo di sta-
to, furono impiegate in una fabbrica di tessuti. Il 29 agosto erano appena entrate al
lavoro, quando una telefonata le richiamò a casa, dove già le attendeva la polizia se-
23 “Saleziánske zvesti” 15/9-10 (1944) 65-66.
24 Ibid., p. 68.
25 Tra loro c’erano anche ragazze provenienti dalla Boemia.
26 Sr. Maria Cˇerná, sr. Emília Kubicová, sr. Hedviga Morávková, sr. Katarína Macková,
sr. Irena Sˇkapcová, sr. Pavla Pavlová, sr. Vilma Sˇutková, sr. Mária Rajtárová.

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424 Kamila Novosedlikova
greta. Era pronto un pullman e furgoni con le guardie. In fretta dovettero prepara-
re le valigie, mentre la gente le aiutava a metterle in macchina. Piangevano le suore,
piangeva anche la gente. Il pullman partì in direzione sconosciuta. Le suore si mi-
sero a pregare e a cantare: era il momento della fede che vince il mondo27.
8. La persecuzione
L’8 maggio 1945 terminò la seconda guerra mondiale e quella data segnò nel-
lo stesso tempo la fine della Slovacchia come Stato indipendente. Iniziava una
nuova difficile fase nella vita della società slovacca, specie nei confronti dei mem-
bri della Chiesa. Man mano incominciò a imperversare il terrore comunista: tan-
ti innocenti, dopo essere stati incarcerati, furono concentrati nei cosiddetti campi
di lavoro28. Il nuovo regime opprimeva sistematicamente la Chiesa e cercava di
sopprimerla anche con atti di forza. La vittoria elettorale dei comunisti nel feb-
braio 1948, ottenuta attraverso brogli e manipolazioni, portò all’imporsi dell’i-
deologia marxista in tutte le sfere della vita, della cultura, dell’educazione, della
scienza. Iniziò l’era del totalitarismo. Sul modello e su imposizione di Mosca, la
Slovacchia fu unita alla Boemia, che crearono una cosiddetta democrazia popola-
re della Cecoslovacchia, in cui l’ateismo doveva governare tutta la vita sociale e
privata dei cittadini. Il clima sociale era inquieto e agitato. All’euforia per la fine
della guerra subentrò un’atmosfera di paura, d’intimidazioni, di diffidenza e di
sospetto reciproco, e questa situazione si sarebbe protratta per quarant’anni!
Il citato filosofo slovacco L. Hanus così si esprimeva: “Il popolo slovacco ha
sofferto tanto, ma qual è stato il suo sostegno? Lo è stato la famiglia. Anche nei
tempi più duri, la famiglia si è mantenuta unita e ha sviluppato sempre più la
coscienza del proprio valore. La famiglia restò come l’ultimo appoggio sicuro
per affrontare, unita e concorde, tutte le avversità”29. Per cui condurre la fami-
glia alla consapevolezza approfondita delle proprie responsabilità fu uno dei
principali obiettivi educativi delle FMA, in quei difficili anni.
Nell’intento di liquidare la Chiesa si procedeva secondo un piano graduale,
senza scrupoli. I veri obiettivi erano: rompere l’unità della Chiesa, separare il popo-
lo dal clero, isolare la gerarchia. I mezzi usati con cinica brutalità consistevano nel-
l’imprigionare e processare, creare disunione tra il clero, seminare sfiducia nel po-
polo e infine abbattere il nemico più pericoloso: ordini e congregazioni religiose.
La legge sulla scuola unificata (art. 95) del 1948 dichiarava che la scuola era
istituzione statale in senso assoluto30: era così aperta la via alla nuova scuola so-
27 Dal colloquio personale con sr. Hedviga Morávková, Trnava 2002.
28 Nel campo di concentramento a Nováky in pochi mesi morirono 188 persone, delle
quali 113 erano bambini sotto i 7 anni. In questo campo è caduta anche sr. Sˇtefánia Boko-
rová, direttrice di Nitra. Che modo di educare si poteva realizzare in un simile ambiente?
Cercare di essere sostegno con la propria presenza.
29 L. HANUS, Pamäti svedka storoˇcia. Bratislava 2006, pp. 382-383.
30 La legge n. 95/48, in Zbierka zákonov a nariadení [Raccolta di leggi e di iscrizioni].
Praha 1948.

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L’attività delle FMA della Slovacchia nel travagliato periodo 1940-1950 425
cialista. Con questa legge venivano nazionalizzate in Slovacchia tutte le scuole
religiose. La costituzione posteriore (1960)31 riservava allo Stato il diritto esclu-
sivo di educare la gioventù, anche fuori dell’ambito scolastico legale, ignorando
ogni diritto dei genitori nell’educazione dei figli32. L’art. 14 della nuova legge
così recitava: “Ogni tipo di educazione e d’insegnamento deve essere attuato in
conformità alle ricerche scientifiche marxiste e non deve essere in contraddizio-
ne con il regime democratico popolare”33. La lotta sul futuro del popolo si com-
batteva ora anche sul modo d’impiegare il tempo libero della gioventù.
Il regime, dopo un breve periodo di “tolleranza”, venne allo scoperto, inco-
minciando la lotta contro gli ordini e le congregazioni religiose. Infatti nel 1950
lo Stato comunista intervenne con brutalità nella vita religiosa delle suore34, con-
finandole nei cosiddetti monasteri di concentramento, sottomesse totalmente al
controllo del potere statale. La loro situazione era poco differente da quella dei
carcerati. Perduta la libertà, sotto il controllo permanente della polizia, non pote-
vano fare alcunché senza il permesso della guardia. Non potevano ricevere nessu-
na visita, la loro posta era sotto controllo. E c’erano i cosiddetti corsi di riqualifi-
cazione politica, cui bisognava sottostare puntualmente35. Invece delle care istru-
zioni del noviziato, bisognava ascoltare lezioni di ateismo, invece dell’allegro vo-
ciare dei bambini si dovevano ascoltare le grida della guardia, invece del pallone
per far giocare, bisognava maneggiare forche e pale, invece che in camere linde si
dormiva in sudice baracche, precedentemente occupate da altre prigioniere.
Il primo anno, le FMA furono trasferite di luogo quattro volte, singolarmen-
te o a piccoli gruppi. In seguito furono spostate molto sovente in vari campi di
concentramento della Cecoslovacchia, dove si trovarono insieme con religiose di
altre congregazioni. Lavoravano duramente per lo più in agricoltura o, durante
qualche periodo, in fabbrica. Alcune erano mandate per punizione in prigione.
Dopo l’arresto violento delle religiose, la loro azione educativa poté espri-
mersi solo nella preghiera. Le ex allieve s’impegnarono però a continuare la mis-
sione delle loro suore:
“Quando le suore erano deportate, facevamo delle gite per raggiungere i luoghi
della loro deportazione. Le più grandi tra noi organizzarono con le più giovani in-
contri di preghiera per le nostre suore. Le ragazze venivano a trovarci, e noi cerca-
vamo di compensare in qualche modo la perdita delle suore. Soprattutto abbiamo
serbato nei nostri cuori e ci siamo sforzate di praticare nella nostra vita personale e
familiare quanto avevamo imparato da loro”36.
31 Costituzione di CˇSSR del 11 luglio 1960, in Zbierka zákonov a nariadení 1960. Praha
1960, n. 186, art. 24.
32 Cf J. DOLINSKY, Problematika vyuˇcovania nábozˇenstva…, pp. 7-8.
33 Costituzione 9 maggio 1948, rif. 25. Art. 14.
34 Gli ordini maschili erano forzatamente liquidati la notte dal 13 al 14 aprile 1950.
L’avvenimento è noto come la notte dei barbari.
35 Cf Frantiˇsek VNUK, Akcie „K“ a „R[Azioni „K“ e „R“]. Bratislava 1995, pp. 80, 81, 90.
36 Dal colloquio personale con la signora Mária Vopátová, Trnava 2003.

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426 Kamila Novosedlikova
Conclusione
Nei dieci anni della loro presenza (dal 1940 al 1950) le salesiane in Slovac-
chia operarono con successo nelle attività educative per la gioventù. A differenza
di quanto avveniva in altri vicini Paesi europei, gli anni dal 1940 al 1948 furono
in Slovacchia relativamente tranquilli e resero possibile ai salesiani e alle FMA
un apostolato ampio e fecondo. Sebbene l’Istituto delle Figlie di Maria Ausilia-
trice si fosse appena impiantato e non disponesse di grandi risorse, lo stile del si-
stema preventivo di don Bosco era penetrato a fondo nella loro coscienza educa-
tiva. L’Istituto delle FMA aveva tutti i presupposti di uno sviluppo fecondo. Lo
prova tra l’altro il fiorire di vocazioni alla vita religiosa.
La situazione sociale radicalmente cambiata nel dopoguerra mise le suore da-
vanti a problemi completamente nuovi. Era necessario preparare la gioventù alla
vita, renderla capace di affrontare nuovi pericoli morali, di preservare la sua fe-
de, in una società che escludeva Dio dalla vita sociale e proponeva l’ateismo co-
me qualcosa di nuovo e moderno capace di liberare l’uomo dai pesanti legami
della religione e di realizzare il paradiso sulla terra.
La comunità delle FMA a Trnava lavorò nove anni nel convitto salesiano, fi-
no al suo scioglimento violento nel maggio del 1949. La comunità di Dolny´
Kubín fu liquidata nell’autunno dello stesso anno. Da Nitra e da Kopánka le sa-
lesiane furono allontanate con un atto di forza il 29 agosto 1950.
Alla continuità dell’Istituto delle FMA in Slovacchia diedero un decisivo
contributo le suore che emisero i voti nel 1950. Insieme alle religiose più anzia-
ne, esse resistettero durante tutto il periodo del crudele regime comunista, assu-
mendo al momento decisivo tutta la responsabilità per l’Istituto. Dimostrarono
piena fiducia nelle suore più giovani, per cui non si avvertirono, tra le salesiane
slovacche, problemi legati al salto di generazione. Di aiuto incalcolabile per le
suore furono inoltre i salesiani.
Dopo il 1950 e fino al 1989 le suore vissero, per quanto era possibile, la loro
professione religiosa, anche nelle mutate condizioni di vita e di lavoro. Il loro
stile di vita era simile a quello di un istituto secolare. Non si può tuttavia di-
menticare che durante questi anni ben 43 religiose emisero i voti in segreto.
Queste divennero come il ponte tra coloro che prima del ’50 avevano già emes-
so la professione e quelle che diventarono FMA dopo gli anni ’90. Formavano
la solida base sulla quale si sarebbe più tardi potuta ricostruire, senza perdita di
continuità, la struttura dell’Istituto in Slovacchia. Essa era stata riconosciuta an-
che dalle superiore di Roma perché, dopo il crollo del comunismo, non era sta-
to necessario ricostruire completamente l’opera ricominciando da capo, come
era stato, ad esempio, in Ungheria. Già nel 1991 fu possibile fondare in Slovac-
chia la Visitatoria e il noviziato slovacco autonomo.

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SALESIANI NELLA VITA RELIGIOSA DELLA POLONIA
OCCUPATA (1939-1945): TENTATIVI DI LAVORO EDUCATIVO
Stanis~law Wilk*
1. Condizionamenti d’attività degli ordini religiosi sul territorio della Polonia
occupata
Vita religiosa e attività pastorale e didattico-educativa della Chiesa cattolica
durante la seconda guerra mondiale, e perciò degli ordini e delle congregazioni
religiose, erano condizionate dalla situazione dominante nei vari territori ammi-
nistrativi della Polonia occupata. Nel 1937 c’erano in Polonia 341 case religiose
con 6431 membri, di cui 1663 sacerdoti, 2141 chierici e 2626 frati. Esistevano
99 parrocchie affidate ai religiosi, con 227 sacerdoti; e inoltre i religiosi avevano
la cura di 39 santuari, 9 case per esercizi spirituali, 8 scuole elementari, 13 gin-
nasi, 12 scuole professionali, 35 seminari minori, 26 collegi, 9 orfanotrofi e 11
case di educazione. Le scuole gestite dai religiosi erano frequentate da 10.000 al-
lievi, nelle case di educazione c’erano 4500 allievi, la stampa religiosa contava
57 titoli1.
Nel territorio annesso al Reich durante la guerra la vita religiosa fu quasi to-
talmente distrutta dall’occupante tedesco. Nel distretto Danzica – Prussia Oc-
cidentale, nel “Paese di Warta” e nei territori annessi alla Prussia Orientale gli
ordini subirono i danni più gravi a causa del gran terrore esercitato nei loro
confronti con la lotta antiecclesiale e antipolacca. Nel “Paese di Warta” la poli-
tica confessionale fu condotta in base al cosiddetto “programma di tredici pun-
ti”, che diceva tra l’altro: “Ogni casa ed associazione religiosa devono essere
sciolte, perché contrarie al concetto tedesco di moralità e sono contro la politi-
ca nazionale”2. La soppressione degli ordini religiosi fu realizzata gradualmente.
Nel febbraio 1940 a Poznan´ c’erano ancora cinque religiosi polacchi: un obla-
to, un salesiano e tre risurrezionisti, impegnati nella pastorale parrocchiale. Fi-
no alla fine del 1941 tutte le case religiose furono chiuse e i religiosi furono
* Salesiano, docente di storia della chiesa all’Università Cattolica Giovanni Paolo II di
Lublino, come pure rettore magnifico della medesima università.
1 Vedi Marian PIROZ˙YN˙SKI – S. SZCZE˛CH, Rocznik statystyczny Ko´scioła katolickiego w
Polsce. Rok pierwszy 1937. Lublin 1938, pp. 32-44.
2 Da Kazimierz S´MIGIEL, Ko´sciół katolicki w tzw. okre˛gu Warty 1939-1945. Lublin
1978, p. 45.

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428 Stansisław Wilk
dispersi. Alcuni furono arrestati, gli altri espulsi al Governatorato Generale,
pochi si nascosero nei luoghi nativi oppure presso famiglie amiche. Le autorità
ecclesiastiche e i superiori generali fecero di tutto per liberare i religiosi arresta-
ti, ma senza alcun risultato. Esemplare, in proposito, fu la perseverante, ma
purtroppo inefficace, attività del padre E. Wigge, verbita, per liberare i confra-
telli arrestati3.
La soppressione delle case religiose era unita al sequestro dei beni. Molte
chiese e cappelle furono saccheggiate. Alcuni conventi vennero trasformati in
campi transitori per il clero. Gli altri furono destinati tra l’altro ai soldati, agli
uffici tedeschi oppure come alloggio per gli sfollati. Dato che c’erano anche cat-
tolici di nazionalità tedesca, le autorità d’occupazione permettevano ad alcuni
religiosi tedeschi di svolgere l’attività pastorale. Per tutto il periodo di guerra di-
fatti restò aperta a Poznan´ la casa dei francescani conventuali. Nel 1943 nel
“Paese di Warta” lavoravano 11 religiosi, di cui due bernardini, tre francescani,
un lazzarista, tre oblati, un orionista e un verbita4.
La situazione era un po’ più tranquilla nella reggenza di Katowice (provincia
di Slesia). Nella diocesi di Katowice le autorità soppressero 65 case religiose, co-
me riferiva alla Santa Sede il vescovo S. Adamski in una lettera del giugno 1941,
ma i religiosi potevano abitare nelle case private e continuare la loro attività pa-
storale5. Anche lì i beni degli ordini e le case religiose venivano sequestrate, ma
grazie all’aiuto e alla generosità dei fedeli, come pure grazie al fatto che le auto-
rità tedesche permettevano ogni tanto ai religiosi di rimanere in una parte della
casa occupata, le comunità religiose potevano esistere e lavorare6.
Il trattamento dei religiosi un po’ diverso in Slesia rispetto alle altre aree del
Paese era motivato da un’altra politica delle autorità tedesche di fronte ai polac-
chi e alla Chiesa. Si può dire che solo là i tentativi dei superiori generali per assi-
curare la vita e l’esistenza delle case religiose furono coronati da un certo succes-
so. Di fatto riuscirono a salvare le comunità con la nomina di confratelli tedeschi
o di cosidetti reichdeutschers, come superiori delle singole case; con la nomina di
delegati speciali, tedeschi o autoctoni anche loro, o quelli che avevano già firma-
to la volkslista, delle varie case. Un altro modo di salvare i religiosi, prima di tutto
i chierici e i sacerdoti giovani, era la possibilità, specialmente all’inizio dell’occu-
pazione, di farli partire in modo legale dalla Polonia occupata; tutto ciò per ini-
ziativa dei superiori maggiori. Così partirono per l’Italia oltre trenta salesiani7.
3 Beiträge zur Geschichte der Provincia Polonica Societas Verbi Divini. Zusammengestellt
von B. Kozieł und F. Bornemann. Roma 1972, pp. 147-168.
4 K. S´MIGIEL, Ko´sciół katolicki…, pp. 182-183.
5 Actes et documents du Saint Siège relatifs à la seconde guerre mondiàle. Vol. 3/1. Roma
1967, p. 412.
6 J. SZILING, Polityka okupanta hitlerowskiego wobec Ko´scióła katolickiego 1939-1945.
Poznan´ 1970, p. 208.
7 Andrzej S´WIDA, Zarys dziejów Towarzystwa Salezjan´skiego. Vol. III. Kraków-Łódz´,
S.d., p. 8.

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Salesiani nella vita religiosa della Polonia occupata (1939-1945) 429
L’appartenenza a una congregazione “italiana” o “tedesca” decideva in alcuni casi
della possibilità di salvare le case o i confratelli8.
Nel territorio di Vilnius i superiori di molte case erano lituani. Il governo li-
tuano tendeva ad eliminare dal proprio territorio i membri di quegli ordini che
prima della guerra non avevano case nel Paese. Gli altri religiosi, come per es. ge-
suiti, salesiani, mariani, furono costretti a far parte delle case lituane. La situazio-
ne cambiò con l’arrivo dell’armata tedesca sul territorio; i religiosi ricevettero il
permesso di insegnare la religione nelle scuole e gestire le case di tutela e assisten-
za. Le autorità tedesche sfruttavano tutte le possibili tensioni tra i gruppi etnici
per la propria politica, e per questo permisero anche l’attività esterna più ampia.
Sulle difficoltà e sulle condizioni del lavoro pastorale nel Commissariato del
Reich Orientale può testimoniare il fatto che molti sacerdoti, inclusi i religiosi
(per es. gesuiti, carmelitani, salesiani) mandati dall’arcivescovo R. Jałbrzykowski
nei pressi di Min´sk, Mohylev, Witebsk e Smolen´sk furono uccisi o allontanati
dalle parrocchie. Le parrocchie che erano sotto la tutela pastorale di quei sacerdo-
ti furono molto vaste, anche circa 70 chilometri distanti l’una dall’altra9.
Le condizioni più favorevoli per i religiosi e per la Chiesa cattolica erano nel
Governatorato Generale. Anche qui c’erano le repressioni, ma non così sangui-
nose e non effettuate in modo assoluto, come su altri territori. Dell’arresto dei
religiosi o del clero più spesso decidevano le azioni di rappresaglia oppure un
puro caso. I religiosi avevano la possibilità di condurre la vita comunitaria, ed
anche se con possibilità limitate, di sviluppare alcune forme di attività esterna.
Negli anni della seconda guerra mondiale anche gli ordini e le congregazioni
maschili pagarono il loro tributo di sangue. La lista dei religiosi martirizzati nei
campi di sterminio, durante i bombardamenti, nelle carceri, o fucilati, ammon-
ta a 580 persone di cui 289 sacerdoti, 86 chierici e 205 frati. Un certo numero,
inoltre, abbandonò la vita religiosa10.
Dopo la conclusione delle “operazioni di fronte”, nel Governatorato Genera-
le e nella zona di confine orientale gli ordini cominciarono a consolidarsi. Si
aprirono dei noviziati clandestini, come anche gli studi filosofici e teologici,
l’insegnamento clandestino superiore. Si curavano la vita comunitaria e le prati-
che di pietà, compresi gli esercizi spirituali ogni anno. I superiori generali pote-
vano anche abbastanza liberamente traslocare i religiosi.
I religiosi, privi della possibilità di aprire le scuole, i collegi e promuovere la
stampa, aderirono alla pastorale parrocchiale. Un ruolo importante fu rivestititi
dalle chiese e dalle cappelle dei religiosi, dove si sviluppò l’attività delle confra-
ternite e delle associazioni: il terz’ordine, l’associazione dell’Apostolato della Pre-
8 Czesław GIL, The Polish Province of the Discalced Carmelites during the Second World
War, in Les Eglises chrétiennes dans l’Europe dominée par le IIIe Reich 1939-1945. Lublin
1978, p. 250.
9 Actes et documents…, vol. 3/1, p. 249, vol. 2, p. 533.
10 Wiktor JACEWICZ – Jan WOS´, Martyrologium polskiego duchowien´stwa rzymskokatolic-
kiego pod okupacja˛ hitlerowska˛ w latach 1939-1945. Fascicolo 1. Warszawa 1977, p. 85.

43.10 Page 430

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430 Stansisław Wilk
ghiera, il rosario, i chierichetti, i cori parrocchiali, i cortei processionali. I reli-
giosi aiutavano anche il clero diocesano, prestando servizio durante le feste nei
santuari e nei luoghi di pellegrinaggio, predicando le missioni e gli esercizi spiri-
tuali, divulgando libri, la stampa e gli oggetti di culto. Là dove era possibile si
occupavano degli orfanotrofi e dei collegi per i giovani e nel tempo libero pre-
paravano rappresentazioni natalizie (Jasełka) e altre.
2. Strutture organizzative della Società Salesiana in Polonia
Nel settembre del 1939 i salesiani in Polonia avevano due ispettorie: San Sta-
nislao Kostka di Varsavia o settentrionale, e San Giacinto Odrowa˛z˙ di Cracovia
o meridionale11. La prima contava 371 membri e 22 case, la seconda invece 330
membri e 24 case; in tutto 701 salesiani (245 sacerdoti, 267 seminaristi e 189
fratelli o cosiddetti coadiutori)12 e 46 case, 3 delle quali in statu nascente.
La divisione amministrativa delle terre polacche imposta dalle autorità d’oc-
cupazione rese impossibile il contatto degli ispettori con le case rimaste dall’altra
parte del cordone di confine. Dov’era possibile, gli ispettori don Stanisław
Pływaczyk dell’ispettoria settentrionale e don Adam Cie´slar dell’ispettoria meri-
dionale istituirono delegati per queste case.
Nei territori incorporati al Reich si trovavano le case di Kopiec, Marszałki,
Ostrzeszów, O´swie˛cim, Pogrzebien´, Poznan´ e Szczyrk dell’ispettoria meridionale;
e Aleksandrów Kujawski, Czerwin´sk, Jacia˛z˙ek, Kutno, La˛d, Lutomiersk, Łódz´ (2
case), Płock e Rumia dell’ispettoria settentrionale. Come delegato per le case del-
l’ispettoria meridionale era stato nominato don Józef Strauch che abitualmente si
risiedeva a Mysłowice. Invece il personale delle case dell’ispettoria settentrionale
molto presto si era disperso e per questo non era stato nominato un delegato.
L’incarico di delegato per le case della provincia di San Stanislao Kostka nel
Governatorato Generale (Głosków-Zielone, Sokołów Podlaski, Varsavia con 3
case) era affidato a don Wojciech Balawajder; nel 1940 era diventato ispettore
della provincia di San Stanislao Kostka. Don Adam Cie´slar, ispettore dell’ispet-
toria meridionale, risiedeva a Cracovia e curava direttamente le case di Cze˛sto-
chowa (2 case), Lublin, Kielce, Cracovia (3 case), Pleszów, Przemy´sl (Zasanie) e
Skawa. Lasciò l’incarico nel 1941 perché era minacciato d’arresto e dovette na-
scondersi. L’incarico d’ispettore passò per due mesi a don Alojzy Se˛kowski. Il
11 L’ispettoria settentrionale abbracciava le diocesi di Chełmno, Włocławek, Łódz´, Var-
savia, Płock, Łom˙za, Pin´sk e Vilnius; la meridionale comprendeva il resto delle diocesi e
cioè: Gniezno, Poznan´, Slesia (Katowice), Cze˛stochowa, Cracovia, Sandomierz, Kielce,
Tarnów, Lublin, Przemy´sl, Łuck e Lwów (Lviv).
12 Elenco generale della Società di San Francesco di Sales 1938. Torino 1938. 58 candida-
ti avevano iniziato il noviziato (comune delle due ispettorie) nell’agosto del 1939 a Czer-
win´sk. Vedi ARCHIVIO DELLA SOCIETÀ SALESIANA A VARSAVIA T. – Odpowiedzi na kwestiona-
riusz 1979 roku, dotycza˛cy działalno´sci salezjan´skiej w latach II wojny ´swiatowej, relazione di
don S. Wilkosz, 4.II.1979 (d’ora in poi: ASIW – t.: Kwestionariusz 1979).

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44.1 Page 431

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Salesiani nella vita religiosa della Polonia occupata (1939-1945) 431
Superiore Generale don Pietro Ricaldone nominò don Jan S´lósarczyk ispettore
dell’ispettoria di San Giacinto Odrowa˛z˙ il 2 agosto del 1941.
Don Stanisław Pływaczyk era l’ispettore e dal 1941 il delegato per le case del-
l’ispettoria settentrionale che si erano venute a trovare dietro la linea di demarca-
zione tedesco-sovietica, e cioè Dworzec, Kamienny Most, Kurhan, Reginów,
Róz˙anystok, Supra´sl, Vilnius (2 case). Per le case dislocate nel territorio della Re-
pubblica Bielorussa, poi circoscrizione di Białystok (Dworzec, Reginów, Róz˙any-
stok, Supra´sl) fu nominato come delegato don Ignacy Kuczkowicz, direttore di
casa di Róz˙anystok. Fino al giugno 1941 il delegato per le case dell’ispettoria me-
ridionale (Brodki, Daszawa, Drohowyz˙e, Lwów con 2 case, Przemy´sl) era don
Silvester Król. Nel 1943 divenne suo successore don Józef Ne˛cek13.
I Salesiani dei diversi territori amministrativi delle terre polacche avevano
possibilità differenziate di contatti con i provinciali o i loro delegati. Questi
contatti nei territori incorporati al Reich e nei territori orientali erano molto
ostacolati. Durante il primo anno di guerra l’ispettore don Cie´slar era riuscito a
visitare alcune case della Slesia e questo solo dopo aver ottenuto un permesso
speciale dalle autorità d’occupazione. Più tardi tutti e due gli ispettori tenevano
per posta i contatti con i confratelli presenti in questi territori, attraverso dei
“corrieri” o dei salesiani che arrivavano clandestinamente al Governatorato Ge-
nerale14. Una situazione migliore a riguardo era nel Governatorato Generale. Gli
ispettori potevano visitare le case quasi senza difficoltà e cambiare il personale.
Durante la guerra lo stato del personale diminuì notevolmente. 73 salesiani
erano morti nei campi tedeschi di concentramento, nelle esecuzioni, al fronte e
come vittime di guerra (43 sacerdoti, 12 seminaristi, 18 fratelli), 20 erano morti
di morte naturale (12 sacerdoti, 2 seminaristi, 6 fratelli), e 81 erano tra i soprav-
vissuti dei campi di concentramento e dei lager15.
Nel tentativo di salvare i salesiani polacchi dal terrore nei primi mesi della
guerra, i superiori maggiori invitarono i seminaristi e i giovani sacerdoti in Italia
per continuare gli studi di filosofia e di teologia o per partire per le missioni16.
13 Vedi A. S´WIDA, Zarys dziejów Towarzystwa Salezjan´skiego. Vol. I. Kopiec 1965, p. 2,
vol. III, Kraków-Łódz´, pp. 2-8.
14 ASIW t.: Kwestionariusz 1979, relazioni di don K. De˛bski del 7 marzo 1979, don S.
Rokita del 7 febbraio 1979; ARCHIWUM TOWARZYSTWA SALEZJAN´SKIEGO W KRAKOWIE. T.
Odpowiedzi na ankiet˛e z 1979 roku, dotycza˛ca˛ działalno´sci salezjan´skiej w latach II wojny
´swiatowej, relazioni di don Z. Kuzak del 16 febbraio 1979, don J. Skrzypczyk del 23 marzo
1979 (d’ora in poi cit. ASIK t.: Ankieta 1979).
15 Jan S´LÓSARCZYK, Historia prowincji ´swie˛tego Jacka Towarzystwa Salezjan´skiego w Polsce.
Vol. 5. Pogrzebien´ 1958, pp. 248-257 (dattiloscritto); W. JACEWICZ – J. WO´S, Martyrolo-
gium polskiego duchowien´stwa…, pp. 249-254 (gli elenchi riguardano solo il martirologio
dei salesiani).
16 “Noi siamo ben contenti e felici di ospitare qui o nelle missioni tutti i confratelli che
ci manderete, in primo luogo i chierici studenti di teologia” (don Tirone, Catechista gene-
rale all’ispettore don Cie´slar, 26 ottobre 1939, in ASIK, t.: Ankieta 1979, relazione di don
Z. Kuzak del 16 febbraio 1979).

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432 Stansisław Wilk
Quest’audace iniziativa fu realizzata da una parte dei chierici e dei sacerdoti del-
le case di Cracovia e di O´swie˛cim. Dal dicembre 1939 al gennaio 1940, 36 sale-
siani partirono per Torino, avendo i passaporti rilasciati dalle autorità tedesche
di Katowice e di Bielsko17. In questo modo nel 1940 si trovavano in Italia 49 sa-
lesiani polacchi (17 sacerdoti, 30 seminaristi, 2 fratelli) compresi i clandestini18.
Fuori dei confini del Paese si trovava anche un gruppo di salesiani situati se-
paratamente nelle varie case tedesche ed austriache (tra di essi c’erano soprattut-
to autoctoni della Slesia che cercavano il nascondimento per salvarsi dall’arresto
o dal servizio militare), come anche in Lituania, Ungheria, Romania e nell’U-
nione Sovietica. È difficile attualmente stabilire un loro numero esatto.
Le condizioni difficili sotto l’occupazione, la vita nella dispersione e l’impe-
gno nella resistenza fecero sì che durante la seconda guerra mondiale o al termi-
ne di essa 60 persone circa lasciarono la congregazione: alcuni sacerdoti erano
diventati diocesani, oltre 30 chierici e circa 20 fratelli19.
Anche il numero delle case era diminuito. Durante la guerra le autorità d’oc-
cupazione ne avevano soppresso tante: dell’ispettoria settentrionale Aleksandrów
Kujawski, Jacia˛z˙ek, Kamienny Most, Kurhan, Kutno, La˛d, Lutomiersk, Łódz´,
Płock, Rumia, Varsavia (in via Litewska); dell’ispettoria meridionale: Brodki,
Drohowyz˙, Lviv (l’istituto di Abramowicz), Marszałki, Ostrzeszów, Pogrzebien´,
Poznan´, Przemy´sl (via Czarniecki).
3. Attività socio-caritativa
Una delle pagine più belle dell’attività salesiana nella Polonia occupata fu la
cura materiale e spirituale dei bambini e dei giovani in parecchi orfanotrofi fun-
zionanti o durante tutta l’occupazione oppure solo per un certo periodo. In essi
c’erano circa 600 allievi. I salesiani, grazie ai modesti sussidi del Consiglio Cen-
trale di Tutela (RGO)20 e del Comune, assicuravano agli orfani tetto, vestiti e ci-
bo. Soprattutto cercavano di educarli religiosamente e di assicurare loro, secon-
do le possibilità, le condizioni più adatte allo studio.
17 I sacerdoti e i chierici di Cracovia dovevano prima di tutto attraversare la frontiera
ed andare a O´swie˛cim per farsi registrare nel territorio del Reich e solo allora chiedere il
passaporto. Nella seconda metà di gennaio del 1940 c’erano ancora a O´swie˛cim 18 chieri-
ci pronti per partire, però la Gestapo rifiutò loro il rilascio dei passaporti. ASIK t.: Ankieta
1979; Zygmunt KUZAK, Studentat Tteologiczny w O´swie˛cimiu 1939-1941, pp. 1-2 (dattilo-
scritto).
18 A. S´WIDA, Zarys dziejów…, vol. III, p. 8. Don S´lósarczyk parla dei 46 (15 sacerdoti,
30 seminaristi, 1 coadiutore); vedi J. S´LÓSARCZYK, Historia prowincji…, vol. III, p. 347.
19 Dati approssimativi basati sull’elenco di don S´wida che riguarda lo stato del perso-
nale delle ispettorie polacche nel 1945 (A. S´WIDA, Zarys dziejów…, vol. III, pp. 12, 17).
20 Rada Główna Opiekun´cza (1940-1945) (Consiglio Centrale di Tutela). In seguito
alla pressione dell’opinione mondiale, specie degli Stati Uniti, i nazisti tedeschi avevano
istituito questo consiglio che ebbe la sede centrale a Cracovia. Il suo scopo era portare aiu-
to ai più bisognosi.

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Salesiani nella vita religiosa della Polonia occupata (1939-1945) 433
Sulle terre annesse al Reich furono soppresse tutte le scuole e gli internati sa-
lesiani. Unica eccezione fu la scuola professionale (meccanica) con l’internato a
Łódz´, che funzionò fino all’aprile 1940, frequentata da 160 allievi. Nel novem-
bre 1939 i tedeschi portarono nell’internato 120 ragazzi (dai 7 ai 14 anni) inca-
ricando i salesiani della loro cura. Nel gennaio 1940 i tedeschi aggiunsero un
gruppo di orfani dall’orfanotrofio salesiano di Lutomiersk, che perciò venne
chiuso. Ogni giorno nella cappella dell’istituto veniva celebrata la messa per gli
allievi e gli orfani. Dopo la chiusura della scuola professionale di Łódz´, i tede-
schi ordinarono di trasferire gli orfani (circa 150 ragazzi) nell’orfanotrofio di
Lutomiersk, che dal gennaio 1940 era rimasto vuoto. A Lutomiersk l’orfanotro-
fio “di Łódz´” funzionò fino al maggio 1941. Alla fine di maggio i ragazzi più
grandi (12-16 anni) vennero deportati in Germania e i più giovani alloggiati ne-
gli orfanotrofi di Łódz´. Su consiglio di don Rupala, direttore dell’orfanotrofio,
circa 16 ragazzi fuggirono, salvandosi così dalla deportazione al Reich. Il perso-
nale salesiano di Lutomiersk e di Łódz´ (via Wodna) fu disperso. Alcuni sacerdoti
andarono nel Governatorato Generale, gli altri si nascosero; invece cinque chie-
rici e sette coadiutori furono costretti a lavorare nella vecchia scuola meccanica
come istruttori degli adulti21.
Fino al 18 gennaio 1941 a Płock funzionò l’orfanotrofio per circa 70 ragazzi.
Quel giorno i tedeschi presero i ragazzi dall’istituto e li portarono nelle vicine
campagne perché aiutassero i contadini. Un mese dopo la presenza salesiana a
Płock fu eliminata22.
Alla fine del 1941 don Wacław Dorabiała organizzò di nuovo l’orfanotrofio a
Supra´sl (zona di Białystok). Raccolse i ragazzi della Casa del Bambino a Supra´sl,
abbandonata dal personale russo e bielorusso e i ragazzi della Casa del Bambino
a Kuryły, vicino a Sokółka. Per ordine delle autorità tedesche i più grandi veni-
vano presi dai contadini come aiuto nel lavoro. Al loro posto invece la presiden-
za della città di Białystok mandava all’orfanotrofio i più piccoli provenienti da-
gli altri istituti assistenziali. Fino al 1945 il numero degli orfani fu di circa 70-
80. Nell’orfanotrofio di Supra´sl si impartiva l’insegnamento clandestino a livello
di scuola elementare. Vi erano impegnati don W. Dorabiała, il chierico M.
Płoski, il sig. L. Kunat e il sig. S. Piotrowski, coadiutori. Il vitto era procurato
con immenso sacrificio da don Julian Zawadzki, che allo stesso tempo era cap-
pellano delle Suore della Carità e del loro orfanotrofio per le ragazze a Supra´sl23.
Nel Governatorato Generale gli orfanotrofi erano in condizioni migliori, ma
anche là la guerra non risparmiò al personale e agli allievi le fatiche delle diverse
21 ASIW t. Kwestionariusz 1979, relazioni di J. Robakowski del 17.02.1979; J. S´-
SARCZYK, Historia prowincji..., vol. III, pp. 81-90 (ricordi di don A. Łatka e don L. Rupa-
la) e V 394-398 (ricordi di don F. Pytel).
22 Parecchi ragazzi andarono all’istituto salesiano di Kielce. ASIW t Kwestionariusz
1979, relazioni di E. Bogu´s del 11.03.1979, F. Bujwid del 14.03.1979, don W. Jacewicz
del 21.10.1978, don A. Jezierski del 12.03.1979.
23 Ibid., relazioni di don W. Dorobiala del 17.03.1979 e don J. Zawadzki del 07.03.1979.

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434 Stansisław Wilk
peregrinazioni alla ricerca di una dimora fissa. Sull’attività dell’orfanotrofio di
Głosków vicino a Varsavia le fonti reperite contengono informazioni insuffi-
cienti. Si sa soltanto che esso funzionò dal 1942 e che c’erano circa 30 ragazzi24.
A Varsavia, in via Litewska, fino al 1943 esistette un orfanotrofio per circa
120 allievi, che frequentavano le scuole elementari in città. Nell’autunno del
1943 i tedeschi ordinarono ai salesiani e ai ragazzi di abbandonare l’istituto in 24
ore. Una parte venne mandata presso altri orfanotrofi della città; altri furono col-
locati nell’internato salesiano di don Siemiec in via Lipowa, dove c’erano già cir-
ca 100 ragazzi. Il 7 febbraio 1944 mattina quasi tutti i salesiani, il personale laico
e i ragazzi più grandi furono arrestati e deportati a Pawiak. Degli orfani rimasti
nell’istituto si presero cura per pochi mesi gli Orionisti e il municipio. Nei primi
di marzo l’ispettore W. Balawajder mandò all’istituto altri responsabili al posto
dei sacerdoti arrestati, perché potesse funzionare. Il 3 settembre 1944 anche que-
sti furono costretti ad abbandonare l’istituto, distrutto assieme alla chiesa dal
bombardamento. Si spostarono a Miedniewice vicino a Z˙yrardów, dove rimasero
fino al 14 febbraio 1945. Quando il fronte si spostò ad occidente, andarono a
Czerwin´sk. Durante queste peregrinazioni, come pure durante il loro soggiorno a
Miedniewice, il problema maggiore era la provvista del cibo per circa 50 orfani. I
sacerdoti don W. Nowaczyk, don H. Pixa, don S. Pru´s e don Cz. Urbaniak fece-
ro tutto il possibile, mendicando addirittura il vitto nei villaggi vicini25.
L’orfanotrofio di Cze˛stochowa, situato prima della guerra in via Sobieski,
lottava tra le più grandi difficoltà. Nel primo giorno di guerra il sindaco ordinò
l’evacuazione della scuola e dell’orfanotrofio. I quattro salesiani (2 sacerdoti e 2
chierici) con 114 ragazzi andarono a Kielce e poi a Miedziana Góra, dove gli
abitanti del villaggio curarono gli orfani con molta sollecitudine, accolsero i ra-
gazzi nelle proprie case e assicurarono loro cibo e letto. Al cessare delle operazio-
ni belliche, salesiani e ragazzi tornarono tutti a Cze˛stochowa. Fino al marzo
1941 i ragazzi dimorarono nell’edificio del vecchio orfanotrofio, parzialmente
occupato dalle truppe tedesche. Il consigliere scolastico, don Stanisław Domino,
organizzò una normale attività scolastica; invece don M. Łaszewski, direttore, e
don A. Szejca, prefetto, pensarono al vitto e ai vestiti. Il 18 marzo 1941 l’orfa-
notrofio fu trasferito a Kłobukowice, distante 17 km. da Cze˛stochowa. Durante
la difficile permanenza di alcuni mesi in questa sede, si poté sopravvivere grazie
all’aiuto generoso dei contadini circostanti.
Nell’ottobre 1941 per ordine delle autorità municipali l’orfanotrofio fu tra-
sferito di nuovo a Cze˛stochowa, nella casa dei Fratelli delle Scuole Cristiane in
via Pułaski. Quali fossero le condizioni di quella casa si può desumere dal fatto
che oltre 100 ragazzi dovettero collocarsi in sei camere dalla superficie totale di
24 Ibid., relazioni di don R. Chrzanowski del 04.03.1979 e don F. Siuda dell’11.02.1979.
25 Ibid., relazioni di don J. Cybulski del 03.04.1979, don S. Pru´s del 03.02.1979, A.
Pytel del 20.01.1979, don T. Robakowski del 22.01.1979; per quanto riguarda l’arresto
dei salesiani vedi Julian RYKAŁA, Wi˛ez´niowie, heftlingi, emigranci. Warszawa 1972, pp. 9-
13; J. S´LÓSARCZYK, Historia prowincji..., vol. III, pp. 247-249.

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Salesiani nella vita religiosa della Polonia occupata (1939-1945) 435
230 m2. A disposizione invece del personale rimasero due camere (totale 39 m2)
che contenevano l’ufficio, il magazzino per i vestiti e gli alimenti, la sartoria.
Necessariamente si dovette utilizzare il corridoio che serviva, secondo i momen-
ti, come dormitorio, refettorio e luogo di ricreazione. La situazione migliorò nel
marzo 1942, quando l’orfanotrofio fu trasferito in via Spadzista, in due edifici
dell’orfanotrofio ebreo soppresso dai tedeschi. A metà del 1943, dopo la chiusu-
ra del ghetto, il municipio consegnò ai salesiani una casa in via Przemysłowa, in
cui prima abitavano i bambini ebrei esiliati dalla loro casa in via Spadzista. Qui
vennero alloggiati circa 30 ragazzi più grandi. Nelle case di via Spadzista e
Przemysłowa furono organizzate una sartoria e una calzoleria. Alcune stanze
vennero trasformate in laboratorio di carta, legatoria, falegnameria. Don E.
Staszewski organizzava di solito il tempo libero. Sotto la sua guida i ragazzi face-
vano piccoli lavori manuali, preparavano canti, accademiole, spettacoli: per es.
le cosidette Jasełka (rappresentazione della nascita di Gesù)26.
Nella casa salesiana di Kielce per tutta la guerra visse una ventina di ragazzi.
Probabilmente erano i giovani che frequentavano le scuole professionali in città,
oppure imparavano il lavoro nella falegnameria dell’istituto, guidati da salesiani
laici. Nel 1941 vi arrivarono ancora alcuni ragazzi (profughi) dell’orfanotrofio
di Płock, chiuso dai tedeschi. Nel 1944 vi erano 18 ragazzi, per i quali venivano
organizzati corsi di sartoria. Loro insegnanti erano i salesiani laici27.
A Cracovia prima della guerra i salesiani dirigevano l’istituto d’educazione
(cosidetta Casa della Gioventù) del principe A. Lubomirski, dove, oltre agli in-
terni e agli oratoriani, c’erano anche alcune decine di ragazzi orfani. Durante la
guerra l’istituto fu occupato dalle truppe tedesche; tuttavia in alcune stanze ri-
mase il direttore dell’istituto, don A. Se˛kowski, con altri tre salesiani; dieci ra-
gazzi, a loro affidati, abitavano nel vicino convento dei carmelitani28.
Nel marzo del 1940, assecondando il desiderio dell’arcivescovo mons. A. Sa-
pieha, i salesiani presero la direzione dell’orfanotrofio in via Tyniecka 18, sosti-
tuendo così i frati Albertini arrestati. L’istituto con 50 allievi funzionò fino all’a-
gosto 1943. Dopo la sua chiusura da parte delle autorità tedesche, i ragazzi fu-
rono trasferiti a Miejsce Piastowe, alle dipendenze dei Michaeliti29.
Per interessamento dell’arcivescovo, mons. A. Sapieha, già nel 1937 nella
parrocchia salesiana di Cracovia a De˛bniki era stato aperto il cosidetto “Soccor-
so di protezione”, una specie di “parcheggio” (izba zatrzyman´) per ragazzi senza
tetto, profughi dagli istituti educativi e altri giovani abbandonati. Della loro cu-
ra religiosa si occupavano i salesiani e in modo particolare don A. Bursiewicz.
Anche se i ragazzi vi soggiornavano per un tempo piuttosto breve (fino al pro-
cesso o al rinvio nel proprio istituto educativo), il cappellano si intratteneva con
26 ASIK t. Ankieta 1979, relazione di don M. Łaszewski del 19.03.1979: J. S´-
SARCZYK, Historia prowincji..., vol. III, pp. 170-190 (fra l’altro ricordi di don S. Domino).
27 Ibid., pp. 199-206.
28 Ibid., pp. 133-136 (ricordi di don A. Se˛kowski).
29 Ibid., pp. 121-126.

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436 Stansisław Wilk
loro quasi ogni giorno in conversazioni religiose, insegnava il catechismo, li pre-
parava e dava loro occasione di accostarsi ai sacramenti. Cercava anche di orga-
nizzare qualche attività ricreativa, insegnava canti, non dimenticando qualche
regalo nei giorni di festa. La sua attività fu interrotta dai tedeschi, che soppresse-
ro il Soccorso, probabilmente nel 194330.
Il 1° giugno 1942 su richiesta dell’arcivescovo mons. A. Sapieha i salesiani ri-
cevettero dai Sacerdoti del S. Cuore l’istituto di Prusy vicino a Cracovia, fondato
da P. Michałowski. Nell’autunno dello stesso anno i tedeschi assunsero l’ammini-
strazione dell’istituto, trasformandolo in “Casa di correzione” e permettendo ai
salesiani di gestire la cappella e di educare religiosamente circa 70 ragazzi dai 10
ai 18 anni. Fino alla fine della guerra i sacerdoti insegnarono il catechismo, cura-
rono l’infermeria, fecero lezioni ai ragazzi più bisognosi, insegnarono loro a leg-
gere e scrivere; insieme con gli educatori laici erano presenti tra i ragazzi per tutto
il giorno. Per il mantenimento dei ragazzi l’amministrazione tedesca offrì un mi-
nimo del profitto proveniente dalla fattoria, dal mulino, dall’orto. Perciò i ragaz-
zi, sempre affamati, spesso fuggivano dall’istituto. Preoccupati della loro salute, i
salesiani, insieme agli operai polacchi, provvidero loro con i propri fondi. Alla fi-
ne del 1943 per iniziativa dell’ispettore don J. S´lósarczyk fu aperta a Prusy una
falegnameria guidata da un ingegnere salesiano, il laico J. Kajzer. La direzione
della fondazione di Michałowski diede l’autorizzazione incondizionata perché in
quel modo 20 ragazzi più grandi potessero imparare una professione. Dopo la li-
berazione continuarono la scuola professionale salesiana a O´swie˛cim31.
Nei primi mesi di guerra l’orfanotrofio salesiano a Przemy´sl in via Czarniecki
venne a trovarsi sotto le autorità russe. Dopo l’occupazione di quella zona da par-
te delle truppe tedesche nel 1941 e dopo che il personale russo ebbe lasciato la
città, i ragazzi rimasero abbandonati. Nell’ottobre di quell’anno li accolsero i sa-
lesiani dell’istituto di Przemy´sl-Zasanie e li collocarono nell’internato della scuola
per organisti, chiusa precedentemente. Il prefetto don S. Piechowicz era incarica-
to di pensare agli alimenti e al vestiario per 80 orfani, ed egli, in maniera cono-
sciuta a lui solo, procurava il necessario, trovando ancora il modo di organizzare
nell’istituto una mensa per i ragazzi dell’oratorio e per la gente della città. L’orfa-
notrofio nell’istituto di Przemy´sl era un’ottima copertura per uno sviluppo più
ampio dell’attività giovanile. Tra l’altro don Władysław Dec rinnovò l’attività del-
l’oratorio e organizzò l’insegnamento clandestino a livello di scuola media32.
Finora non è stato documentato pienamente l’impegno dei salesiani nell’in-
segnamento clandestino. Si può soltanto dire che nell’insegnamento clandestino
30 Ibid., pp. 132-133.
31 Ibid., pp. 139-156 (ricordi di don S. Motyl, don S. Rajzer e J. Kajzer).
32 Nel settembre 1939 i ragazzi dell’orfanotrofio di Przemy´sl si erano incamminati ver-
so Lwów e Drohowyz˙. Dopo alcuni giorni tornarono indietro. ASIK t. Ankieta 1979, rela-
zioni di J. Cebula del 8.03.1979, don W. Dec del 15.02.1979, don W. Kostka del
01.03.1979, don J. Ne˛cek del 03.03.1979; cf J. S´LÓSARCZYK, Historia prowincji..., vol. III,
pp. 268-293.

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Salesiani nella vita religiosa della Polonia occupata (1939-1945) 437
al livello delle scuole superiori hanno partecipato: don R. Chrzanowski, don A.
Skałbania a Głosków; don L. Kuczkowicz a Róz˙anystok; don Cz. Madej, don J.
Stru´s a Sokołów Podlaski; don W. Dorobiała, don M. Płoski a Supra´sl; don S.
Blezien´, don Cieplicki, don J. Cybulski, don T. Gła˛b, don J. Stanek a Varsavia;
don K. Zeman a Cracovia; don A. Man´ka a Lublin; don W. Dec, don J. Ne˛cek
a Przemy´sl; don J. Kalka, don W. Kozak, don W. Szembek, don W. Szyman´ski a
Skawa33. Clandestinamente insegnavano religione e latino.
Le case salesiane, in modo particolare gli orfanotrofi, nel periodo d’occupa-
zione furono spesso rifugio per gli ebrei. La maggior parte dei salesiani che li
aiutarono oggi è già scomparsa, perciò è difficile documentare l’ambito e le di-
mensioni del loro aiuto. Da relazioni risultano che per es. a Varsavia in via Lipo-
wa, per un lungo periodo vennero nascosti alcuni ragazzi ebrei, fra i quali i fra-
telli Goldstein. Normalmente l’istituto salesiano di don J. Siemiec in via Lipowa
era un temporaneo nascondiglio per i ragazzi fuggiti dal ghetto e per quelli fatti
fuggire dai polacchi stessi. Dopo un breve soggiorno venivano trasferiti altrove,
di solito fuori Varsavia34. Nell’orfanotrofio a Głosków vicino a Varsavia vennero
nascosti due ragazzi35; invece per l’orfanotrofio di Cze˛stochowa conosciamo i
cognomi di tre: A. Filipowski, e i fratelli Krakowiak36. A Supra´sl durante l’occu-
pazione trovò rifugio, in qualità di lavandaia, la signora D. Lewin´ska con suo fi-
glio Jan e per due settimane vi si nascose pure il medico Brenmirel (Brenmül-
ler?) con sua moglie37. A. Filipowski a Cze˛stochowa e J. Lewin´ski a Supra´sl furo-
no battezzati e ricevettero la prima comunione.
I salesiani, che procuravano vitto e vestito per centinaia di allievi e per un
gran numero di chierici, erano aiutati loro stessi dal Consiglio centrale di tutela
o dai privati. Perciò, eccetto qualche casa, non potevano svolgere su vasta scala
l’attività caritativa in forma di pasti gratuiti o altro sostegno materiale. Nelle ca-
se, dove era possibile, le comunità salesiane intervennero a favore dei bisognosi.
Nella memoria degli abitanti di Cracovia è rimasta impressa l’attività di “Ali-
mentazione” a Łosiówka, organizzata e guidata per tutta l’occupazione da don
A. Bursiewicz e dai suoi collaboratori. “Alimentazione” assisteva alcuni ragazzi
del cosiddetto piccolo internato dell’istituto salesiano, 20 persone espulse da
Kalisz e circa 100 persone che ricevevano la merenda ogni giorno e pasti caldi
d’inverno. Con sollecitudine aiutavano la gente povera di tutta Cracovia. In
33 ASIK t. Ankieta 1979, relazioni: don W. Dec del 15.02.1979, S. Je˛drzejek del
16.04.1979, don A. Man´ka del 17.03.1979, don J. Ne˛cek del 3.03.1979; ASIW t. Kwe-
stionariusz 1979, relazioni: don R. Chrzanowski del 4.03.1979, don J. Cybulski del
3.04.1979, don W. Dorobiała del 17.03.1979, don J. Grzywaczewski del 6.06.1979, don
S. Wilkosz del 4.02.1979.
34 ArTSŁW t. Kwestionariusz 1979, relazione di don J. Cybulski del 03.04.1979.
35 Ibid., relazione di F. Siuda del 11.02.1979. Relazione orale di don J. Gregorkiewicz
del 29.06.1979.
36 ASIK t. Ankieta 1979, relazione di don M. Łaszewski del 19.03.1979.
37 ASIW t. Kwestionariusz 1979, relazioni di don W. Dorabiała del 17.03.1979 e don
J. Zawadzki del 07.03.1979.

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438 Stansisław Wilk
“Alimentazione” erano impegnati due (qualche volta quattro) salesiani, che que-
stuavano per Cracovia e cercavano i più poveri; inoltre c’erano le Figlie di Maria
Ausiliatrice che preparavano i pasti, e i ragazzi dell’internato, che portavano sui
carretti direttamente ai più bisognosi il necessario raccolto dai questuanti. Occa-
sionalmente li aiutavano anche i chierici. Il valore annuale di “Alimentazione”
raggiungeva quasi il milione di złoty38.
I salesiani di O´swie˛cim aiutavano i prigionieri dei campi di concentramento.
Il direttore don Z. Kuzak (poi prigioniero di O´swie˛cim, Brzezinka e Dachau),
spediva soldi ai prigionieri del campo di O´swie˛cim; raccoglieva pane, burro con
cui poi persone di fiducia preparavano pacchetti, che gettavano sul posto di la-
voro ai prigionieri. Dopo il suo arresto (30 agosto 1941) il nuovo direttore, don
S. Rokita, mandò pacchi di cinque chili anche agli altri campi di concentramen-
to ed ai campi dei prigionieri di guerra (oflag e stalag). Ogni settimana venivano
preparati 5 o 10 pacchi, e nei periodi prefestivi oltre 20. I viveri (pane, grassi,
zucchero, cipolla) si compravano da noti venditori con le tessere annonarie
stampate clandestinamente a Osiek vicino a O´swie˛cim. Ai sacerdoti si spediva-
no vino da messa ed ostie (”Medizinalwein” und “Zucker mit Waffeln”). I pac-
chi venivano portati in posta dai chierichetti; verso la fine dell’occupazione si
spedivano dalla posta ferroviaria destinata alle SS; li accettava fuori fila una fun-
zionaria proveniente da Gliwice, probabilmente una polacca39.
Per mancanza di documentazione non si può dire molto sull’attività caritativa
nelle altre case. Si sa però che vi erano impegnati don J. Hoppe e don A. Drózd a
Cracovia in via Konfederacka, a La˛d don Fortuna il quale, rischiando la vita, pro-
curava il cibo ai sacerdoti collocati nel campo provvisorio locale; don W. Dec e
don S. Piechowicz a Przemy´sl; don M. Kubacki a Varsavia in via Kawe˛czyn´ska40.
Riassumendo queste brevi informazioni bisogna dire che negli anni tragici della
seconda guerra mondiale i salesiani erano praticamente privati della possibilità d’a-
vere le scuole superiori e professionali, come anche degli internati consistenti. E
tutto ciò per via delle diverse limitazioni introdotte dagli occupanti delle terre po-
lacche. Nonostante ciò si sono inseriti nell’azione scolastica ed educativa come an-
che in quella caritativa secondo le proprie forze e possibilità. Inoltre s’impegnavano
per lo più nell’azione pastorale della Chiesa in senso lato, che aveva lo scopo di so-
stenere la vita religiosa dei fedeli e mantenere la speranza in un futuro migliore.
38 J. S´LÓSARCZYK, Historia prowincji..., vol. IV, pp. 285-291; cf ASIK t. Ankieta 1979.
relazioni di J. Cebula del 08.03.1979, don F. Grzesiak del 05.03.1979, don P. Matysik del
22.02.1979, don B. Szyman´ski del 10.03.1979; ASIW t. Kwestionariusz 1979, relazione di
don J. Grzywaczewski del 06.04.1979.
39 ASIK t. Ankieta 1979. Z. KUZAK, Pomoc wi˛ez´niom obozów koncentracyjnych. (L’aiuto ai
prigionieri dei campi di concentramento). Kraków 1978, pp. 1-4 (dattiloscritto); ASIW t. Kwe-
stionariusz 1979, relazioni di don A. Hoffman del 14.03.1979 e don S. Rokita del 07.02.1979.
40 ASIK t. Ankieta 1979, relazione di don W. Kostka del 01.03.1979; ASIW t. Kwestio-
nariusz 1979, relazioni di don J. Grzywaczewski del 06.04.1979 e don S. Wilkosz del
04.02.1979.

44.9 Page 439

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ATTIVITÀ EDUCATIVA DELLE FMA IN POLONIA: DAL 1922
AGLI INIZI DEGLI ANNI ’60
Bernadeta Lewek*
Introduzione
In questa ricerca non si vuole solamente richiamare un passato carico di dif-
ficoltà legate a fattori politici, economici, sociali e culturali. Prima di tutto si
cerca di rivolgere uno sguardo attento alla realtà educativa delle FMA in Polonia
a partire dall’arrivo fino agli anni ’60, rilevando una perseverante, a volte dram-
matica sollecitudine per mantenere vivo lo spirito e la prassi del carisma dei
Santi Fondatori, San Giovanni Bosco e Santa Maria Domenica Mazzarello. L’in-
dagine mira pertanto a indicare come le FMA hanno potuto realizzare questo
compito, collocandosi fedelmente nella storia della chiesa, della nazione e dell’I-
stituto. Mi rendo conto che la riflessione sarà molto limitata e si fermerà sola-
mente ai dati e agli eventi più significativi, trascurando forse quelli impliciti,
quasi nascosti ma altrettanto importanti per una ricerca storica.
* Figlia di Maria Ausiliatrice. Nel 1998 presentò il dottorato di ricerca presso la Ponti-
ficia Facoltà di Scienze dell’Educazione “Auxilium” di Roma.
Sigle e abbreviazioni
AAN
- Archiwum Pa´nstwowe Akt Nowych w Warszawie [Archivio Statale degli Atti
Nuovi di Varsavia]
ACFMA - Archivio delle case delle Figlie di Maria Ausiliatrice
AIFMA - Archivio Ispettoriale delle Figlie di Maria Ausiliatrice (Wrocław-Polonia)
art.
- articolo
datt.
- dattiloscritto
D.U.R.P. - Dziennik Ustaw Rzeczy Pospolitej [Gazzetta Ufficiale della Repubblica Polacca]
IPN
- Instytut Pamie˛ci Narodowej [Istituto della Storia Nazionale]
IPN BU - Oddział Instytutu Pamie˛ci Narodowej w Warszawie [Istituto della Storia
Nazionale – Reparto a Varsavia]
KCPZPR - Komitet Centralny Polskiej Zjednoczonej Partii Robotniczej [Comitato
Centrale del Partito Operaio Unificato Polacco]
MWRiOP - Ministerstwo Wyzna´n Religijnych i O´swiecenia Publicznego [Ministero
delle Confessioni Religiose e della Pubblica Istruzione]
mkf
- mikrofilm
ms.
- manoscritto
orig.
- originale
sekr.
- segreteria
sygn.
- sygnatura [sigla].

44.10 Page 440

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440 Bernadeta Lewek
La documentazione relativa al tema, anche se non utilizzata in pieno in que-
sto lavoro, fa intravedere tutto lo sforzo dell’Istituto per trovare i mezzi e gli spa-
zi per rispondere alla domanda culturale del tempo e ai bisogni della nazione.
Per la ricostruzione delle origini e dello sviluppo delle prime fondazioni delle
FMA ho utilizzato fonti edite e soprattutto inedite, specie la documentazione
conservata nell’Archivio Ispettoriale di Wrocław in Polonia. Di indiscutibile va-
lore documentario, pur con evidenti limiti, sono le cronache delle case, le testi-
monianze delle FMA, degli exallievi e delle exallieve e i brevi cenni biografici
delle religiose salesiane defunte. Da queste fonti ho potuto attingere le informa-
zioni pertinenti al tema della continuità educativa delle FMA in Polonia. Mi
rendo conto però che, per quanto riguarda il periodo immediatamente successi-
vo alla seconda guerra mondiale, ci sarebbero ancora molti contenuti da esplo-
rare ricavandoli direttamente dai testimoni tuttora viventi.
Inoltre, bisogna premettere che una parte del materiale documentario, so-
prattutto quello che riguarda certe attività scolastiche ed educative, non è più
reperibile a causa delle distruzioni operate dalla seconda guerra mondiale, oppu-
re quasi inesistente per motivi di prudenza di fronte alla politica “confessionale”
del governo nella Polonia postbellica.
Infine va detto che il periodo di insediamento occuperà in questo lavoro re-
lativamente poco spazio, dato che esiste già una tesi dottorale1. Del periodo bel-
lico, per il suo contesto del tutto particolare, si considereranno solamente i dati
pertinenti al tema di questa ricerca.
Più spazio si dedicherà al secondo dopoguerra, che per la complessità dell’ar-
gomento evidentemente costituisce un campo di indagine molto impegnativo.
Per considerare questo periodo si potrebbero seguire due piste. La prima segnata
dai vari momenti della storia dell’Istituto delle FMA in Polonia, la seconda legata
alla situazione politica del paese, che a sua volta condizionava in vari modi la vita
carismatica di tutte le famiglie religiose nei primi decenni del periodo postbellico.
Nel trattare il nostro tema seguiremo la seconda pista legata alla situazione
politica, che sembra offrire i dati che illuminano la vita e tutta l’attività delle
FMA.
1. Insediamento e prime fondazioni (1922-1939)
L’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, fondato in Italia nel 1872, a di-
stanza di cinquant’anni, nel periodo tra le guerre mondiali, visse una fase di no-
tevole espansione. L’opera delle FMA non solo si consolidò in Europa, ma an-
che in America, dove era presente da vari decenni, e in Africa. Nel 1922 ebbe
inizio la presenza educativa delle FMA in Polonia. Le superiore, assicurate delle
possibilità dell’inizio della nuova opera, decisero di mandare in Polonia tre reli-
1 Cf Bernadeta LEWEK, Presenza educativa delle Figlie di Maria Ausiliatrice in Polonia.
Insediamento e prime fasi di sviluppo 1922-1939. Estratto di tesi dottorale. Roma 1998 (il
testo integrale della tesi dottorale è conservato nell’AIFMA (Wrocław) H III 12/56).

45 Pages 441-450

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45.1 Page 441

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Attività educativa delle FMA in Polonia: dal 1922 agli inizi degli anni ’60 441
giose polacche e tre italiane. A capo della spedizione c’era suor Laura Meozzi,
già direttrice a Catania, matura d’anni, d’esperienza2.
La collocazione delle comunità delle FMA nelle varie regioni della Polonia
mostra il ritmo e il numero delle presenze negli anni 1922-19393.
Collocazione delle comunità delle FMA nelle varie regioni della Polonia
2 Laura Meozzi naque a Firenze il 5 gennaio 1873; trasferitasi con la famiglia a Roma al-
l’età di cinque anni, compì gli studi presso le suore di santa Dorotea al Gianicolo. Nel 1895
entrò nell’Istituto delle FMA, dove fece la prima professione religiosa il 17 aprile del 1898.
Nel 1901 conseguì il diploma per l’insegnamento nelle scuole elementari e nel 1912 l’abili-
tazione all’insegnamento dell’educazione fisica. Fu insegnante a Nizza Monferrato (1899-
1901), Bordighera (1901-1902) e Varazze (1902-1911). Fu economa e dopo due anni di-
rettrice a Genova (1911-1913), ad Alì Marina (1913-1918), a Catania (1918-1921), a
Nunziata (1921-1922). Nel 1922 partì per la Polonia dove diresse le prime case. Morì il 30
agosto del 1951 a Pogrzebie´n (Alta Slesia). È in corso il processo per la sua beatificazione.
3 Rappresentazione grafica presa dall’estratto B. LEWEK, La presenza…, p. 88.

45.2 Page 442

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442 Bernadeta Lewek
In fedeltà al loro carisma e in ascolto delle necessità in cui si trovava allora la
Polonia, le FMA intrapresero varie attività educative. Nel periodo 1922-1939 esse
furono soprattutto di carattere educativo – assistenziale e scolastico4. Si trattava,
infatti, di scuole materne, scuole di base, corsi professionali, un ginnasio, orfano-
trofi, convitti, oratori, colonie estive ed attività assistenziali per adulti. Alcune
opere sorsero per un numero di destinatari alquanto limitato; altre, di tipo assi-
stenziale e culturale, per gruppi molto numerosi di bambini e fanciulli; altre furo-
no destinate esclusivamente alle ragazze e alle giovani. Il numero dei destinatari
aumentava costantemente e le opere si sviluppavano in modo molto promettente5.
Dalla sottostante tabella è possibile osservare la tipologia delle opere con il rela-
tivo luogo di azione e il numero approssimativo di destinatari raggiunti ogni anno.
Tabella 1. Tipologia delle opere delle FMA in Polonia (1922-1939)
Luogo
Mysłowice, Łódz´, Grabów,
Komorniki
Róz˙anystok, Laurów, Wilno
Łódz´, Grabów, Wilno,
Róz˙anystok, Komorniki
Wilno, Łódz´
Sokołów Podlaski
Róz˙anystok, Wilno, Laurów
Róz˙anystok, Wilno
Mysłowice, Łódz´, Grabów,
Komorniki
Laurów Colonie
Tipo di opera
Scuola materna
Scuola di base
Corsi professionali di un anno
oppure alcuni mesi
Scuole professionali
Ginnasio
Orfanotrofio
Convitto (bursa)
Oratorio (´swietlica)
estive
Numero di
destinatari
350 bambini/e
670 alunni/e
160 ragazze
250 ragazze
150 ragazze
330 bambine
55 ragazze
480 ragazze
310 bambini/e,
ragazzi/e
Dalla visione globale delle opere possiamo dedurre alcune osservazioni. L’I-
stituto anche in Polonia istituì le opere fondamentali codificate nelle Costitu-
zioni6. Sin dall’inizio spiccò una pronta apertura delle FMA alle molteplici do-
4 Cf Ispettoria Polacca FMA. Statistica dell’anno civile (1923-1938), orig. ms., in AIF-
MA (Wrocław) C VIII 9, 19-31.
5 Come ho notato nell’introduzione, per la riflessione più approfondita sul periodo
1922-1939, le prime fondazioni delle FMA e la tipologia delle opere educative rimando
alla mia tesi di dottorato e in particolare all’estratto.
6 CF ISTITUTO FIGLIE DI MARIA AUSILIATRICE, Costituzioni e Regolamenti. Roma,
Scuola tipografica privata FMA 1982, art. 56.

45.3 Page 443

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Attività educativa delle FMA in Polonia: dal 1922 agli inizi degli anni ’60 443
mande nell’ambito educativo-assistenziale, ma anche la stima e la fiducia delle
autorità statali nei confronti del loro impegno educativo; in Polonia esse cerca-
vano di incarnare fedelmente i tratti particolari del carisma educativo dell’Istitu-
to con la fondazione degli oratori7.
Lo stesso si costata rispetto alle opere educativo – assistenziali. Già da un
primo approccio al limitato materiale disponibile, cogliamo un tipo di educa-
zione secondo un progetto ispirato al “sistema preventivo”. Come suoi ele-
menti costitutivi emergono la priorità della persona e l’attenzione ai dinami-
smi di crescita, l’attenzione all’educazione della giovane donna, la proposta
vocazionale, la pedagogia dei sacramenti, l’ambiente permeato di valori umani
e cristiani, una sapiente presenza educativa, il clima di familiarità nei rapporti
interpersonali.
Purtroppo questo lavoro, consono allo spirito salesiano e insieme risponden-
te alle necessità della Polonia di quel tempo, veniva interrotto dallo scoppio del-
la seconda guerra mondiale, che segnò un altro periodo nella storia delle FMA
in Polonia.
2. Le FMA durante il periodo bellico 1939-1945
Dal 1° settembre 1939 e per tutto il periodo bellico (1939–1945), tutte le
Congregazioni polacche vissero un periodo di attività molto limitata all’inizio e
quasi completamente cessata alla fine. Così, pure le FMA in Polonia subirono
dolorosamente le conseguenze del conflitto8. Già nell’ottobre del 1939 fu chiusa
la casa a Komorniki, poi in novembre la splendida opera con le due scuole ma-
terne a Mysłowice nell’Alta Slesia, nel 1940 la casa di Róz˙anystok e nel marzo
del 1941 quella di Wilno – le due ultime ai confini con l’Unione Sovietica. Le
religiose furono disperse. Alcune persino deportate all’estero.
Nonostante le difficoltà che comportava il periodo dell’occupazione, le FMA
cercavano di continuare il proprio lavoro. A Łódz per alcuni mesi riuscirono a
gestire legalmente la scuola di taglio e cucito. Grazie a quest’opera salvarono cir-
ca 600 ragazze dalle mani dei tedeschi, che spesso all’improvviso catturavano
gente nella città (le così dette “łapanki”) per costringerla ai campi di lavoro for-
zato. Chi studiava oppure aveva un lavoro poteva sfuggire.
Quando nel gennaio 1941 la scuola fu chiusa, le FMA immediatamente ini-
ziarono un laboratorio di sartoria per le giovani, sotto il nome “Anna Giebel”9,
7 Le cronache delle case di Łódz, di Grabów e di Mysłowice offrono abbondanza di
materiale in proposito. Il tema è largamente trattato nella tesi di dottorato sopra indicata.
8 Per quanto riguarda l’attività dell’Istituto delle FMA in Polonia, per il periodo bellico
disponiamo dell’elaborazione storica di una FMA, Weronika PANKOWSKA, Zgromadzenie
Córek Maryi Wspomoz˙ycielki /Salezjanek/ w Polsce 1939-1947 [Istituto delle Figlie di Maria
Ausiliatrice (Suore Salesiane) in Polonia 1939-1947]. Tesi di licenza presso l’Università Cat-
tolica di Lublin. Lublin 1977, datt., conservata in AIFMA (Wrocław) H III 17/18.
9 Era il cognome della sorella di una FMA di connotazione tedesca.

45.4 Page 444

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444 Bernadeta Lewek
che continuò fino al gennaio del 1945. L’attività permetteva un contatto con le
giovani, in un clima permeato di valori umani e cristiani.
A Sokołów Podlaski (nella Podlachia), dove prima della guerra le FMA lavo-
ravano nell’amministrazione del ginnasio dei salesiani, nel periodo bellico furo-
no costrette a lavorare nella lavanderia dell’ospedale per i soldati. Tuttavia nel
1943 alle FMA di Sokołów Podlaski venne affidata dal RGO (Consiglio Centra-
le di Tutela)10 la gestione della scuola materna. Una FMA, suor Jadwiga Min-
kowska, fu la direttrice e suor Marta Tomasz la maestra. La terza di loro, suor
Agnieszka Gajowczyk, colse l’occasione per organizzare presso la scuola materna
corsi di taglio e cucito per quaranta ragazze. Il corso offriva un’ottima occasione
per la catechesi e per altre attività tipicamente salesiane, come l’organizzazione
di rappresentazioni teatrali, canto, ricreazione, semplici colloqui, che a loro vol-
ta permettevano di costruire un clima di famiglia e di spontaneità nelle relazioni
tra le ragazze e le FMA, e suscitare un impegno che le accompagnava nel loro
difficile quotidiano11.
Altre FMA, secondo le possibilità, cercarono di aiutare chi ne aveva bisogno.
Dalle relazioni delle stesse FMA risulta che nel periodo bellico riuscirono a offrire
la catechesi regolare a 1043 persone e prepararono ai sacramenti 1019 persone12.
3. L’attività delle FMA nel periodo postbellico dal 1945 al 1956
Considerando questo periodo, come si è anticipato, seguiremo la pista legata
alla nuova situazione politica che a sua volta condizionava ogni attività e la vita
stessa delle FMA.
Per quanto riguarda la prima pista, quella che segue i vari momenti nella sto-
ria dell’Istituto delle FMA in Polonia, va notato che nel 1946 la Visitatoria po-
lacca divenne Ispettoria e fu guidata fino al 1949 da suor Laura Meozzi. Quel-
l’anno Suor Matylda Sikorska sostituì la pioniera (scomparsa nel 1951) e rimase
per ben diciotto anni alla guida dell’Ispettoria polacca (1949-1967)13. Questo
lungo periodo, per la complessità e la ricchezza del materiale disponibile, si pre-
sta per una ricerca a parte14.
10 Rada Główna Opiekun´ cza (1940-1945) (Consiglio Centrale di Tutela). In seguito
alla pressione dell’opinione mondiale, specie degli Stati Uniti, i nazisti tedeschi avevano
istituito questo consiglio che ebbe la sede centrale a Cracovia. Il suo scopo era portare aiu-
to ai più bisognosi.
11 Relazione di suor Gajowczyk Agnieszka, datt., in AIFMA (Wrocław) E II 5. 38.
12 Relazioni delle FMA sul periodo dell’occupazione tedesca, collocate nell’Archivio
Ispettoriale, cartella: E II. 5.
13 La Madre generale Linda Lucotti e il suo Consiglio conoscevano la situazione della
Polonia soltanto attraverso la corrispondenza, però furono ben consapevoli dell’espansione
e del numero delle case nella Visitatoria Polacca. Il 16 maggio 1946 la Visitatoria divenne
Ispettoria.
14 A questo punto sembra obbligatorio citare l’opera di suor Zofia BAZYLCZUK, Zgro-
madzenie Córek Maryi Wspomoz˙ycielki (SS. Salezjanki) w latach 1949-1967 [Istituto Figlie

45.5 Page 445

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Attività educativa delle FMA in Polonia: dal 1922 agli inizi degli anni ’60 445
Ci concentriamo dunque sul modo in cui l’Istituto delle FMA in Polonia as-
sicurava la propria continuità educativa nella nuova realtà postbellica con tut-
t’altro orientamento politico dello Stato.
Dopo la guerra il popolo polacco, insieme con la Chiesa, intraprese il la-
voro di ricostruzione del paese ferito da gravi distruzioni. La Polonia si trovò
prima di tutto in una nuova situazione territoriale riguardo ai confini politici.
Le frontiere dello Stato vennero spinte ad Ovest; il confine est sulla linea
Curzon e il confine ovest sulla linea Oder-Neisse, cosiddette “Ziemie Odzy-
skane” [Terre Restituite]. In seguito a questi cambiamenti l’Istituto delle
FMA fu privato definitivamente delle sue presenze significative a Wilno e a
Laurów15.
Anche la situazione politica era del tutto nuova. Nasceva un nuovo gover-
no totalitario d’ispirazione marxista. All’inizio non si prevedeva tutta la gravi-
tà delle conseguenze di una politica “confessionale” del nuovo Stato comuni-
sta. Le opere dell’Istituto delle FMA in quel periodo corrispondeva in gran
parte con tutte le attività svolte dalle congregazioni femminili di origine po-
lacca.
Secondo le indicazioni della Conferenza Episcopale Polacca sotto la presi-
denza del metropolita di Cracovia, mons. Adam S. Sapieha, del 26-27 giugno
del 1945 a Cze˛stochowa, si dovevano prima di tutto favorire le attività di tipo
pastorale-caritativo, organizzare le opere di tipo assistenziale e sociale, come or-
fanotrofi, “ochronki” (case d’infanzia), mense per i poveri ecc.
Le FMA risposero con slancio all’appello, sotto la guida prudente e corag-
giosa di madre Laura Meozzi, missionaria e superiora della prima ora. Sorsero
così nuove comunità con le attività proprie del carisma dell’Istituto: scuole
materne, orfanotrofi, convitti, scuole professionali, centri per la catechesi,
corsi per i catechisti, gruppi giovanili e associazioni, oratori; e altre meno dif-
fuse, se non in clima di emergenza, come i nidi d’infanzia. Nel 1946 vi erano
16 case in cui lavoravano 92 suore, quasi tutte polacche. Nelle loro opere ave-
vano 285 orfani/e, 56 universitarie nei convitti, nelle scuole materne avevano
288 bambini/e, nella scuola di base 345 allievi/e, 255 frequentavano i corsi di
taglio e di cucito e 262 frequentavano gli oratori. Inoltre veniva offerta la ca-
techesi extrascolastica a 447 allieve e le FMA insegnavano la religione nelle
scuole pubbliche a 1289 allievi/e. In più, come infermiere riuscivano ad assi-
stere circa 2000 persone.
Maria Ausiliatrice (Suore Salesiane) negli anni 1949-1967]. Poznan´ 1987-1988, datt.., in
AIFMA Wrocław G H 12/1/56. In più di 300 pagine l’autrice racconta con rigore storico
le vicende dell’Ispettoria Polacca sotto la guida di suor Matylda Sikorska negli anni parti-
colarmente difficili per la realizzazione del carisma.
15 L’espressione Ziemie Odzyskane [Terre Restituite] si riferiva ai territori occidentali e
settentrionali della Polonia, concesse in seguito alle decisioni della conferenza di Yalta (4-
11 febbraio 1945) e successivamente sancite nella conferenza di Potsdam (17 luglio – 2
agosto 1045) dalle potenze vincitrici: Stati Uniti d’America, l’URSS e l’Inghilterra (Tru-
man, Stalin e Churchill).

45.6 Page 446

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446 Bernadeta Lewek
Tabella 2. Le opere delle FMA in Polonia nel 1946
Luogo
Bystrzyca
Gabów sul Prosna
Jacia˛z˙ek
Kraków
Łódz´ II
Lubinia Wielka (Dobieszczyzna)
Nowa Ruda
Pogrzebie´n
Połczyn Zdrój
Przemy´sl
Róz˙anystok
Sokołów Podlaski
Twardogóra
Tipo di opera
Numero di destinatari
Servizio ai salesiani
Scuola materna
489
Corso di taglio e di cucito
Convitto (bursa)
Assistenza ai malati
Aiuto presso l’opera dei Salesiani
371
Servizio presso il seminario dei salesiani
Scuola materna
706
Scuola professionale
Catechesi
Oratorio
Scuola materna
1818
Corso di taglio e di cucito
Assistenza ai malati
Catechesi
Associazione mariana
Orfanotrofio
378
Scuola materna
Catechesi
Mensa per i bisognosi
Scuola materna
2740
Corso di taglio e di cucito
Assistenza ai malati
Servizio ai salesiani
Scuola di musica
Catechesi
Corso di taglio e di cucito
390
Assistenza ai malati
Catechesi
Oratorio
Servizio presso i salesiani
Orfanotrofio
378
Scuola di base di sette anni
Convitto (bursa)
Orfanotrofio
245
Scuola di base di sette anni
Convitto (bursa)
Assistenza ai malati
Convitto (bursa)
504
Corso di taglio e di cucito
Scuola di musica
Catechesi
Oratorio

45.7 Page 447

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Attività educativa delle FMA in Polonia: dal 1922 agli inizi degli anni ’60 447
Luogo
Wrocław I
Wschowa
Tipo di opera
Convitto (bursa)
Oratorio
Mensa per i bisognosi
Orfanotrofio
Catechesi
Numero di destinatari
78
157
In ordine cronologico dal 1945 al 1956 le case furono: Łodz´ II 1945, Twar-
dogóra 1945-1948, Wschowa 1945, Jacia˛z˙ek 1945-1951, Połczyn Zdrój 1946,
Lubinia Wielka (oggi chiamata Dobieszczyzna) 1946, Wrocław I 1946, Nowa
Ruda 1946, Bystrzyca 1946-1947, Pogrzebie´n 1946, S´roda S´la˛ska 1947,
Dzierz˙oniów 1947, Wrocław II 1947, Pieszyce 1947. Le nuove opere nei terri-
tori occidentali e le altre che esistevano già prima della guerra in quel periodo
fiorivano in pieno, a riprova dell’operosità e del fervore delle FMA.
Tabella 3. Le case delle FMA in Polonia aperte nel 1947
Luogo
Prusy
O´swie˛cim
S´roda S´la˛ska
Pieszyce
Dzierz˙oniów
Wrocław II
Tipo di opera
Servizio presso i salesiani
Servizio presso i salesiani
Convitto (bursa)
Corso di taglio e di cucito
Catechesi
Oratorio
Mensa per i bisognosi
Nido d’infanzia16
Associazione per le giovani
Convitto (bursa)
Corso di taglio e di cucito
Catechesi nelle scuole
Oratorio
Scuola materna
Orfanotrofio
Colonie estive
Associazione per le giovani
Convitto (bursa)
Corso di taglio e di cucito
Catechesi nelle scuole
Oratorio
Scuola materna
Associazione per le giovani
Convitto (bursa)
Catechesi
Mensa per i bisognosi
Oratorio
Numero di destinatari
164
283
786
571
875
229
16 Unica attività che si era salvata dalla soppressione nonostante le minacce e le diffi-
coltà, e che continua fino ad oggi.

45.8 Page 448

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448 Bernadeta Lewek
Ambedue le tabelle17 dimostrano un grande impegno delle FMA nella rea-
lizzazione della consacrazione secondo il carisma salesiano e nello stesso tempo
la sollecitudine per dare una pronta risposta ai bisogni della Chiesa e della na-
zione.
Dagli Atti del Capitolo XI, svoltosi a Torino nel 1947 nel contesto europeo
dopo il conflitto bellico, emerge il bisogno di preparare le giovani al lavoro in
modo da renderle capaci di guadagnarsi onestamente il pane. Si indicava esplici-
tamente l’urgenza di organizzare le scuole professionali soprattutto di taglio e
cucito. Inoltre lo stesso capitolo ricordava l’importanza e la specificità degli ora-
tori, in cui lo scopo fondamentale era l’insegnamento e la formazione religiosa e
tutte le altre attività – teatro, canto, poesia, ricreazione, varie associazioni, con le
quali si mirava a raggiungere la finalità principale18.
Su 21 presenze delle FMA, in otto si proponevano corsi di taglio e cucito, a
Łódz´ funzionava una scuola professionale e presso sei case era aperto l’oratorio19.
Possiamo costatare che le FMA in Polonia nei primi anni dopo la guerra lavora-
rono secondo le indicazioni del Capitolo Generale XI20. Il contatto diretto con il
centro della congregazione, però, non era possibile. Madre Laura comunicava
frequentemente solo con la Madre generale soprattutto grazie all’aiuto del salesia-
no Antonio Baraniak (futuro arcivescovo di Poznan´), allora segretario del primate
di Polonia, cardinale August Hlond, oppure attraverso i superiori salesiani.
4. La politica confessionale del regime comunista e le sue conseguenze
Per considerare il periodo del dopoguerra dal punto di vista politico, come si
era scelto, occorre richiamare in primo luogo il periodo 1945-1956, che si di-
stingue per l’atteggiamento più ostile del governo nei confronti della chiesa po-
lacca e delle congregazioni religiose21.
17 I dati statistici provengono da Wykaz materiałów historycznych dotycza˛cych działalno´sci
sióstr [Repertorio del materiale storico riguardo alle attività delle FMA]. Originale, in AIFMA
(Wrocław) E II 1-5.
18 Akta Kapituły Generalnej XI Zgromadzenia Córek Maryi Wspomoz˙ycielki, Turyn 1947
[Atti del Capitolo XI dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, Torino 1947]. Datt., tra-
duzione polacca, pp. 32-33.
19 Cf AR Ww, C. VIII.9 – Statistica dell’attività delle case.
20 Bisogna notare che fino al 1963 nessuna FMA era riuscita ad ottenere dalla Polonia
il permesso di andare in Italia. Ciò significa che neppure potevano partecipare ai Capitoli
Generali. Suor Jadwiga Wróbel partecipò al Convegno catechistico Internazionale come
unica rappresentante dell’Istituto delle FMA d’Oltre cortina.
21 Per la politica confessionale di fronte alla chiesa e soprattutto alle congregazioni
femminili, cf un recente lavoro di una religiosa, Ewa KACZMAREK, Dlaczego przeszkadzały?
Polityka Władz Partyjnych i Rza˛dowych wobec Z˙en´ skich Zgromadzen´ Zakonnych w Polsce w
latach 1945-1956 [Perché davano fastidio? La politica del Partito e del Governo nei riguardi
degli Istituti Religiosi Femminili in Polonia negli anni 1945-1956]. Warszawa, Vizja&Press
IT Sp. z o.o. 2007.

45.9 Page 449

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Attività educativa delle FMA in Polonia: dal 1922 agli inizi degli anni ’60 449
Il 1945 segnò la rottura con il Vaticano. “Il Concordato sancito con la Santa
Sede e la Repubblica Polacca non vige più”22, proclamò il consiglio dei ministri
del nuovo governo, con tutte le conseguenze di tale risoluzione23.
La politica confessionale del nascente governo totalitario (soprattutto negli
anni 1945-1956) mirava a limitare il ruolo della religione fino ad annullarlo e a
sottomettere le organizzazioni religiose alle finalità oligarchiche dello Stato. Di
conseguenza la politica ostacolò le attività degli istituti religiosi, li privò di basi
materiali fino a estrometterli completamente dalla vita pubblica. In poche paro-
le si tendeva effettivamente a laicizzare la vita a tutti i livelli. La Polonia, con-
dannata ad essere uno stato satellite dell’Unione Sovietica, camminava ormai in
questa direzione.
Per raggiungere tale scopo furono promulgate delle leggi che privarono suc-
cessivamente la chiesa (in particolare le congregazioni femminili e maschili) del
suo influsso sull’educazione, sulla cultura e sulle attività assistenziali. All’inizio
l’attacco fu molto sottile, difatti fino al 1948 le Congregazioni ebbero la possi-
bilità di compiere il loro lavoro sia nelle scuole, sia negli ospedali o nelle altre
istituzioni. Per quanto riguarda direttamente l’istruzione, la chiesa era impegna-
ta nell’opera educativa in due modi, mediante la gestione diretta di scuole e di
opere educativo-culturali, e nell’insegnamento della religione nelle scuole pub-
bliche. Le FMA parteciparono al compito educativo-evangelizzatore a pieno ti-
tolo, come prova chiaramente la tipologia delle loro opere appena riportata.
Sin dal 1945, al termine del conflitto, si erano però levate voci ad affermare
che la scuola doveva essere secolarizzata: ne conseguiva che occorreva eliminare
quanto prima tutti e due i modi di operare in ambito educativo da parte della
chiesa24. Il tema tornava continuamente, ma solo dopo tre anni uscì l’Istruzione
del 4 maggio del 1948 che aprì la strada alla soppressione di tutte le scuole pri-
vate e delle scuole non statali, allora gestite dalle famiglie religiose25.
In più, il 5 agosto 1949 il ministero dell’amministrazione pubblica cambiò
la legge sulle associazioni, per costringere gli istituti religiosi e le congregazioni a
farsi registrare di nuovo, nel giro di tre mesi, presso il ministero26. Tutto ciò do-
veva assicurare al governo un maggior controllo, dandogli la possibilità di elimi-
nare le associazioni che svolgevano attività contrarie all’ideologia dello Stato. Per
la prima volta l’esistenza di congregazioni religiose che da secoli erano conside-
rate legittime dipendeva dal consenso di un potere ateo27.
22 “Głos Ludu” [Voce del Popolo], 14 wrze´snia 1945.
23 Cf Zygmunt ZIELIN´ SKI, Ko´sciół w Polsce 1944-2002 [La Chiesa in Polonia 1944-
2002]. Polskie Wydawnictwo Encyklopedyczne, Radom 2003, pp. 30, 57.
24 Ogólnopolski Zjazd O´swiatowy w Łodzi, 18-22 czerwca 1945 roku [Il Congresso d’I-
struzione Panpolacco a Łódz´, 18-22 giugno 1945]. Warszawa 1945.
25 AAN, Sekr. KCPZPR, sygn. 295/VII/218, Instrukcja nakazuja˛ca upublicznienie szkół
prywatnych [Istruzione che ordinava di cambiare le scuole private non statali, in modo da di-
ventare pubbliche], p. 99.
26 Dz.U. 1949 nr 47 poz. 358.
27 Cf Instrukcja Nr 30, IPN BU, sygn. 01283/825 (mkf V14-24A-1).

45.10 Page 450

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450 Bernadeta Lewek
L’attività caritativa ed educativo – assistenziale delle famiglie religiose attirò
la maggior attenzione del governo, anche perché erano diffuse sul territorio. Su
5232 scuole materne, 680 erano gestite dalla Caritas ecclesiale e dalle religiose.
Anche l’Istituto delle FMA gestiva 7 scuole materne.
Il 23 gennaio 1950 lo Stato soppresse la Caritas ecclesiale e istituì al suo po-
sto l’Unione dei Cattolici Laici (Zrzeszenie Katolików S´wieckich) usufruendo
dello stesso nome, “Caritas”.
Da quel momento tutte le opere ecclesiali gestite dalla Caritas oppure dalle
famiglie religiose passavano sotto la direzione statale, sotto il nome della “nuo-
va” Caritas. Il personale direttivo ecclesiale e religioso dovette firmare il consen-
so alla direzione statale, in caso contrario veniva privato di ogni possibilità ope-
rativa28. Cogliamo facilmente quanto divenne drammatica la situazione per gli
istituti. Molte famiglie religiose lavoravano presso la Caritas ecclesiale. L’episco-
pato polacco lasciò ad ogni congregazione la libertà di decisione.
Le FMA non firmarono né la collaborazione né altro documento che in
qualche modo indicasse consenso alla politica dello Stato. Successivamente, non
solo le opere scolastiche, gestite dalle parrocchie oppure dalle famiglie religiose,
ma anche le scuole materne, orfanotrofi, case di cura, ospedali, tutto passò nelle
mani dello Stato, secondo il modello accentratore29. Le comunità religiose spes-
so venivano private delle loro grandi opere e a volte in modo brutale trasferite in
case piccole, adatte appena alla vita comunitaria, senza spazi per le opere.
L’anno 1956, che conclude questo primo duro decennio, nella storia segnò la
cosiddetta “odwil˙z” [disgelo], in cui ci fu un breve periodo di liberalizzazione30.
Di fatto, dopo una rivolta degli operai a Poznan´ nel giugno del 1956, il regime
liberò molte persone che erano state incarcerate e riconobbe sia pure parzial-
mente alcune libertà personali.
5. Soppressione delle opere delle FMA tra il 1949 e il 196231
Insieme con le leggi che appoggiavano la politica confessionale dello Stato ve-
nivano praticamente impedite le attività pastorali, culturali ed educativo-assisten-
ziali della chiesa, specialmente quelle esercitate dalle congregazioni femminili e
maschili. Anche le FMA in Polonia subirono le conseguenze molto concrete di
tale politica persecutoria. Ora vediamo come si realizzava questa prassi ostile di
fronte alle opere gestite dalle FMA negli anni compresi tra il 1949 e il 1962.
28 Ad es. nel periodo dal 1° aprile al 31 dicembre del 1951 la “Caritas” statale si appro-
priò di 236 opere su 356, perché la direzione originaria non aveva firmato la collaborazione
con la “Caritas” statale. Uwagi i wnioski dotycza˛ce kleru z 22 marca 1952 roku [Osservazioni
riguardanti il clero del 22 marzo 1952] IPN BU, sygn. 01283/1030 (mkf V14-36-16).
29 Nel 1951 si introduceva il nuovo Statuto statale per gli orfanotrofi che definiva i
compiti, il tipo e la direzione delle attività, la struttura e la sottomissione organizzativa.
30 In quell’anno il Primate di Polonia card. Stefan Wyszy´nski uscì di prigione. Vi era
rimasto dal 25.09.1953 al 28.10.1956. In seguito a “odwilz˙”, precisamente nel gennaio del
1957, l’insegnamento di religione tornò per breve tempo nelle scuole pubbliche.

46 Pages 451-460

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46.1 Page 451

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Attività educativa delle FMA in Polonia: dal 1922 agli inizi degli anni ’60 451
Tabella 4. Soppressione delle opere delle FMA 1949-1962
a) Soppressione delle scuole materne gestite dalle FMA
Data
1° marzo 1949
1° settembre 1949
10 marzo 1952
7 agosto 1954
1° settembre 1961
3 ottobre 1962
18 settembre 1962
Luogo
Dzierz˙oniow
Lubinia Wielka (Dobieszczyzna)
Łódz´, via Franciszka´nska 85
Pogrzebien´
Grabów nad Prosna˛
Sokołów Podlaski
Wschowa
b) Soppressione degli orfanotrofi
Data
3 marzo 1949
2 maggio 1950
31 luglio 1951
10 marzo 1952
7 maggio 1952
26 novembre 1952
Luogo
Połczyn Zdrój
Nowa Ruda
Wschowa
Pieszyce
Róz˙anystok
Lubinia Wielka (Dobieszczyzna)
c) Soppressione dei convitti (burse)
Data
5 marzo 1949
23 agosto 1950
1° settembre 1952
18 maggio 1954
6 luglio 1954
Luogo
Połczyn Zdrój
S´roda S´la˛ska
Sokołów Podlaski
Nowa Ruda
Róz˙anystok
d) Soppressione del convitto per le universitarie
Data
27 agosto 1954
Luogo
Wrocław, casa Santa Anna

46.2 Page 452

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452 Bernadeta Lewek
e) Il permesso per gestire le scuole professionali e i corsi professionali veniva
tolto gradualmente
Data
5 marzo 1949
25 giugno 1950
19 settembre 1950
1° luglio 1950
12 giugno 1950
5 maggio1956
24 giugno 1961
2 febbraio 1962
24 giugno 1963
29 dicembre 1965
Luogo
Scuola Professionale di due anni a Połczyn Zdrój
Scuola Professionale per le Sarte a Dzierz˙oniów
Corso trimestrale di taglio e di cucito a Dzierz˙oniów
Scuola Professionale annuale a Sokołów Podlaski
Corso di taglio e di cucito a S´roda S´la˛ska
Corso annuale di taglio e di cucito a Połczyn Zdrój
Corso di taglio e di cucito a Pogrzebien´
Corso di taglio e di cucito a Lubinia Wielka – Dobieszczyzna
Scuola Professionale a Łódz´
Corso Professionale Annuale a Grabów
I dati sopra riportati indicano la vastità e la molteplicità dell’attività delle
FMA, che fu progressivamente interdetta. Nonostante questo, le FMA conti-
nuarono il loro lavoro educativo senza permesso. Alcune opere, come gli orfa-
notrofi, con la soppressione cessarono definitivamente quel tipo di attività. Altre
continuarono, oppure nacquero altrove, cambiando denominazione. Ad es. in
riferimento alla scuola materna, si usò il termine “Luogo d’attesa”, “Assistenza”
(punkt opieki nad dzieckiem), “Aiuto alle donne operaie”. Quest’attività non uf-
ficiale era spesso ostacolata a causa delle “visite inaspettate” da parte dello Stato
che sospettava insubordinazione. Non di rado le FMA dovettero nascondere i
bambini nella clausura, cioè nelle parti della casa riservate alle religiose.
Suor Maria Pytel, direttrice a Wrocław della casa di Santa Jadwiga, negli anni
1958 -1964 fornisce informazioni molto significative circa l’organizzazione dei
cosiddetti “luoghi d’assistenza”32. Dato il rischio continuo di ispezioni, non vi
erano iscrizioni esplicite né registri degli allievi. Persino nelle cronache delle case
non apparivano i dati più significativi, dai quali si potrebbero ricavare le infor-
mazioni sui fruitori, o sul metodo e i contenuti trasmessi agli allievi. Troviamo
semplici informazioni, in qualche modo innocue per lo Stato, come feste, cele-
brazioni, momenti di preghiera33.
31 I dati riguardanti la soppressione delle opere sono riportati dal lavoro manoscritto di
suor Aniela OLCZYK, Zgromadzenie Córek Maryi Wspomoz˙ycielki w Polsce w latach 1949-
1984 [Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice negli anni 1949-1984]. Wrocław 1985. Il te-
sto è custodito nell’AIFMA (Wrocław). E. I. 1. 28.
32 Suor Maria Pytel, chiamata viva memoria dell’Ispettoria, raccontava che ad es. le
suore non permettevano a nessuno di entrare, con la motivazione che la superiora non era
in casa. Invece, ovviamente, c’era.
33 Occorrerebbe un riscontro puntuale tra le cronache che si conservavano in casa,
quelle mandate nella casa ispettoriale e al centro, a Torino, per verificare se le ultime erano

46.3 Page 453

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Attività educativa delle FMA in Polonia: dal 1922 agli inizi degli anni ’60 453
Ogni comunità trovava un modo per limitare la documentazione, senza ri-
nunciare alle attività, secondo un ben preciso programma. Questo significa che
gli archivi sono molto scarsi di informazione, mentre ne resta traccia nelle testi-
monianze superstiti. Il carisma veniva trasmesso con la vita: il clima delle case,
le relazioni con i genitori e con gli allievi, persino con le persone che venivano a
“visitare”, difatti sempre regnava uno stile relazionale semplice, ma prudente.
Per ricostruire il carattere del lavoro svolto e i contenuti di cui si servivano le
FMA bisogna ricorrere ai destinatari e alle FMA che lavoravano presso queste ope-
re. Oggi, proprio loro, insieme ad exallievi e genitori, costituiscono una fonte pri-
maria da cui si può ricavare come le FMA in Polonia – negli anni particolarmente
difficili – cercarono di mantenere la fedeltà al carisma educativo dell’Istituto.
Dal materiale informale a disposizione traspare prima di tutto il clima fami-
liare presente nelle case, nonostante le circostanze sfavorevoli e la continua pre-
carietà a cui si era soggetti. I bambini si sentivano amati e curati, i genitori era-
no sicuri che la presenza delle suore era per loro la migliore. Si curavano le feste
salesiane. I genitori venivano per gli incontri formativi, si accostavano ai sacra-
menti. Il canto, il teatro, le rappresentazioni tipiche della cultura polacca, come
la “Jasełka” [Presentazione teatrale e musicale della nascita di Gesù], tutto era
permeato della spiritualità salesiana. La formazione integrale dell’allievo, la qua-
lità delle relazioni che si istaurarono in quell’ambiente, crearono un clima parti-
colare chiamato fino ad oggi dagli exallievi “aria salesiana”34.
Attraverso il materiale accessibile notiamo lo sforzo di offrire un ambiente
educativo alternativo, sia a tempo pieno, come nel caso delle scuole materne
clandestine, sia a tempo parziale, come oratorio, gruppi non formali, catechesi.
Un altro tipo di servizio educativo fu costituito dagli incontri con gruppi di
adolescenti e di giovani con diverse attività come negli oratori di un tempo con
il coro, il teatro, il ricamo, l’approfondimento della fede, incontri di preghiera,
gruppi mariani, spesso o quasi sempre in continuità con il lavoro catechistico
presso le parrocchie35. Senza poter documentare l’attività mediante le iscrizioni,
dalla molteplicità delle proposte rivolte ai ceti popolari appare la presenza di
percorsi formativi indirizzati soprattutto alla promozione delle ragazze e delle
giovani. Le varie opere, sia quelle anteriori alla guerra, sia quelle dei primi de-
cenni del dopoguerra, fanno intravedere una “presenza particolare” delle FMA e
il loro impegno per trovare i modi per realizzare la specifica missione educativa.
La loro “particolare presenza” costituisce una via privilegiata per mantenere il
contatto con i destinatari. Quando la catechesi definitivamente fu espulsa dalle
scuole statali e tutte le istituzioni educative rimasero sottoposte esclusivamente
più ricche di informazioni, come si è potuto constatare per altre circostanze pericolose, co-
me l’ospitalità degli ebrei a Roma, durante la persecuzione nazi-fascista.
34 Espressione di una signora la cui mamma frequentò la scuola materna delle FMA a
Dzierz˙oniów negli anni ’50.
35 Per verificare la rilevanza di questo tipo di lavoro basterebbe vedere i dati raccolti nel
Repertorio del materiale storico riguardo alle attività delle FMA custodite in AIFMA
(Wrocław) E II.

46.4 Page 454

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454 Bernadeta Lewek
allo Stato, la catechesi parrocchiale permise di mantenere il contatto diretto con
adolescenti e giovani. Si riusciva infatti ad effettuare gli incontri pomeridiani,
gruppi di formazione e varie attività, per curare tutte le abilità umane e cristiane
con la finalità di una educazione integrale.
6. L’attività catechistica delle FMA
Esaminando la prassi educativa delle FMA in Polonia fino agli anni ’60 non
può mancare un riferimento esplicito all’attività catechistica che nel tempo delle
soppressioni delle opere acquistò il suo volto particolare36. Mentre le altre opere
venivano meno, la catechesi aumentava di anno in anno. Con il tempo divenne
il modo principale per mantenere il contatto diretto con i bambini di età scolare,
con i loro genitori, con la gioventù. La catechesi parrocchiale con una larga pro-
posta pastorale e culturale del tempo libero copre la maggioranza dell’attività ca-
rismatica negli anni particolarmente difficili e occupa il posto centrale in tutte le
sue attività, per contrastare la politica di ateizzazione del governo. Dai dati qui ri-
portati emerge come cronologicamente e statisticamente cresceva tale impegno.
Tabella 5. Attività catechistica delle FMA negli anni 1949-1967
Anno
194937
1950
1951
1952
1953
1954
1955
1956
1957
1958
1959
1960
1961
1962
1963
1964
1965
1966/67
Numero delle
FMA impegnate
nella catechesi
16
16
16
18
17
16
18
28
28
26
23
24
25
29
35
41
41
48
Numero di
catechizzati dai
6 ai 14 anni
4.391
5.252
6.319
7.040
5.052
6.433
10.035
12.941
13.972
8.296
9.119
10.493
11.375
16.629
17.060
19.606
20.223
25.976
Numero degli
allievi preparati
alla I° Comunione
230
830
1.145
1.150
1.295
1.717
1.482
1.515
1.630
2.963
2.278
2.610
2.785
2.615
2.596
2.398
2.782
4.131
Numero totale
dei catechizzati
5.963
6.612
7.459
8.022
6.002
7.131
11.549
13.788
14.937
9.652
10.528
11.652
12.503
17.422
17.525
19.670
20.341
26.110
36 In proposito esiste un lavoro di licenza, custodito nell’Archivio Ispettoriale, di Barbara
BIERNACKA, Dzia~lalnos´c´ katechetyczna Córek Maryi Wspomoz˙ycielki w Polsce w latach 1922-

46.5 Page 455

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Attività educativa delle FMA in Polonia: dal 1922 agli inizi degli anni ’60 455
Quando l’episcopato polacco rivolse la domanda alle famiglie religiose di
aiutare ad annunciare la Parola di Dio ai bambini/e e ai/alle giovani, le FMA in
Polonia avevano già preparato un bel gruppo di suore per la catechesi38. Questo
numero aumentava ogni anno39.
I dati sopraelencati mostrano un impegno serio e qualificato delle FMA per
esprimere in modo adeguato il carisma dell’Istituto.
La collocazione delle case delle FMA negli anni 1945-1960 che riporto alla fi-
ne di questo lavoro attesta l’impegno nella realizzazione della consacrazione se-
condo il carisma salesiano e nello stesso tempo la sollecitudine per dare una
pronta risposta ai bisogni della Chiesa e della nazione.
1975 [Attività catechistica delle FMA in Polonia negli anni 1922-1975]. Tesi di licenza presso
l’Università Cattolica di Lublin. Lublin 1977, datt., in AIFMA (Wrocław) [senza sigla].
37 Dalle carte personali delle FMA ricaviamo che nel 1939 vi erano 4 insegnanti di ca-
techesi. Nel 1945 c’erano 8 FMA preparate per tale compito. Nel 1950 erano 18, anche se
soltanto 16 erano impegnate nel lavoro catechistico in senso stretto. Cf le Carte personali
delle FMA in Polonia, AIFMA (Wrocław).
38 Negli anni 1957-1958 per breve tempo la catechesi tornò nelle scuole pubbliche,
per ritornare poi di nuovo presso le parrocchie nel 1958/1959.
39 Suor Matylda Sikorska, la superiora che nel 1949 sostituì madre Laura Meozzi come
ispettrice dell’Ispettoria polacca Maria Ausiliatrice, durante il suo lungo periodo di guida

46.6 Page 456

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456 Bernadeta Lewek
Conclusione
La versatilità dello spirito salesiano agevolò le FMA presenti in Polonia ad
adattare le loro iniziative educative a favore dei bambini e delle ragazze, senza
urtare direttamente le direttive statali, ma anche senza rinunciare a essere educa-
trici cristiane nelle modalità escogitate con coraggio e una certa fantasia.
Lungi dal far pensare che il tema si esaurisca in poche pagine, vorrei piutto-
sto che esse costituissero un avvio per una riflessione approfondita, prendendo
coscienza dell’importanza delle relazioni e delle testimonianze vive, per conser-
vare memoria di ciò che non si era mai scritto per motivi di sicurezza, ma che
assicurava la fedeltà e garantiva la continuità del carisma.
(1949-1967) in modo particolare curò la preparazione catechistica delle FMA. Questa par-
ticolare sensibilità fu legata alla specifica missione dell’Istituto, cioè quella evangelizzatrice,
ma anche allo sguardo profetico di una donna aperta, che sapeva leggere i segni del tempo.
Prima che si aprisse il vasto campo della catechesi parrocchiale suor Matylda aveva iniziato
la preparazione catechistica delle FMA. D’altra parte la catechesi parrocchiale, per il gran
numero di ore che le furono dedicate, divenne per le FMA, private delle loro opere fonda-
mentali, anche una fonte di sostegno materiale. (Cf il profilo biografico di suor Matylda Si-
korska in: A. OLCZYK, Szkice biograficzne Córek Maryi Wspomozycielki zmarłych w Polsce w
latach 1991-2000 [Cenni biografici delle Figlie di Maria Ausiliatrice defunte in Polonia negli
anni 1991-2000]. Wrocław, Instytut Córek Maryi Wspomozycielki 2001, pp. 57-74).

46.7 Page 457

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LA LOTTA PER LA CONQUISTA DELLA GIOVENTÙ NELLA
“POLONIA STALINIANA”: L’ESEMPIO DI ALCUNI ISTITUTI
SALESIANI
Jarosław Wa˛sowicz*
Introduzione
Il 24 maggio 1946 l’Episcopato di Polonia convocato dal Primate August
Hlond si riunì in una conferenza presso il Santuario claramontano di Cze˛sto-
chowa e, discutendo i problemi sorti in seguito alla presa del potere in Polonia
da parte dei comunisti dopo la seconda guerra mondiale, rilevò anche i pericoli
che tale fatto comportava per la giovane generazione polacca. Questa riflessione
trovò eco nella lettera pastorale pubblicata dopo la conferenza:
“La preoccupazione per i giovani, per la loro formazione ed educazione religiosa,
ha trovato una necessaria e viva espressione anche nel corso di questa conferenza.
Quando, nella realtà odierna, la gioventù si trova esposta a pericoli morali come
mai nel passato, la Chiesa deve prodigarle le più premurose cure paterne per evitare
che la giovane vita venga corrotta”1.
Negli anni successivi, la Chiesa e i comunisti lottarono per il “governo delle ani-
me”. La sovietizzazione della società andava di pari passo con la propaganda dell’a-
teismo. Anni dopo Giovanni Paolo II avrebbe ricordato così quella triste epoca:
“Lo scopo di questa lotta era l’imposizione dell’ideologia materialista. Tutte le
scuole, specialmente le superiori, dovevano servire all’educazione dell’uomo pro-
prio in questo spirito. A quel punto lo scontro con la tradizione e il carattere cri-
stiano di tutta la nazione era inevitabile. La società sentiva di essere minacciata nel
suo punto più sensibile, sul terreno delle proprie convinzioni, sul terreno della li-
bertà di coscienza, e lo esprimeva. Si può dire che la giovane generazione si era tro-
vata in prima fila nella lotta per l’anima della nazione polacca”2.
* Salesiano, direttore dell’Archivio Ispettoriale di Piła (Polonia).
1 Episkopat Polski wobec gwałcenia przez władze komunistyczne praw człowieka i obywatela,
24 maja 1946 r. [L’episcopato della Polonia di fronte alle violazioni dei diritti dell’uomo e del cit-
tadino da parte delle autorità comuniste, 24 maggio 1946], in Listy pasterskie Episkopatu Polski
1945-1974. [Lettere pastorali dell’Episcopato di Polonia 1945-1974]. Parigi 1975, pp. 38-39.
2 Cit. da: Zapis drogi. Wspomnienia o nieznanym duszpasterstwie Karola Wojty~l y. [Notazio-
ne del cammino. Ricordi sulla pastorale sconosciuta di Karol Wojtyła]. Kraków 1999, p. 323.

46.8 Page 458

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458 Jarosław Wa˛sowicz
Dopo il consolidamento del potere comunista, nell’ambito di una laicizza-
zione programmata della vita, le autorità della Polonia postbellica si accinsero
ad eliminare la Chiesa dalle istituzioni educative. Queste azioni coinvolsero in
particolare la Società Salesiana che, nell’immediato dopoguerra, si era prodiga-
ta per riaprire quanto prima una ventina di istituti, tra orfanotrofi, ginnasi e
scuole professionali, assumendo con entusiasmo il faticoso compito di educare
la gioventù. Così, nel 1948 i salesiani gestivano in Polonia 22 scuole medie su-
periori (8 istituti tecnici, 4 ginnasi professionali, 6 ginnasi e licei ad indirizzo
generale, 4 seminari minori), 23 collegi, 16 orfanotrofi, 2 convitti e circa una
quindicina di oratori. Dati i bisogni del dopoguerra, la loro fu un’attività estre-
mamente utile3. Nei primi anni postbellici tutte le forme dell’impegno educati-
vo salesiano furono molto apprezzate dalla società e sostenute dalle autorità
statali4.
Tuttavia, ben presto gli spazi dell’opera educativa e formativa della Società
Salesiana cominciarono a restringersi5. Prima, l’Ufficio Centrale per le Soppres-
sioni espropriò nel 1948 tutto il complesso di edifici di proprietà dei Salesiani
a O´swie˛cim-Zasole, assegnandolo al Consorzio di Industrie Carbonifere Ja-
worznicko-Mikołowskie, per soddisfare le necessità abitative dei lavoratori del-
la Miniera Brzeszcze, il che equivalse alla soppressione delle scuole e dell’orfa-
notrofio ospitati in quel complesso6. Poi, nel 1949, per la prima volta fu vieta-
to ai Salesiani di inaugurare i corsi del nuovo anno scolastico. Il fatto accadde
il 31 agosto 1949 e riguardò il Ginnasio e Liceo Meccanico che i religiosi gesti-
vano a Łódz´. Per fortuna, appelli e suppliche alle autorità ecclesiastiche affin-
ché intervenissero presso le autorità dello stato contro il divieto, riuscirono a
far annullare la decisione7. Un libello pubblicato dal settimanale “Pokolenie”
[La Generazione] riassumeva così la questione dell’anno scolastico 1949/50 nel-
l’istituto di Łódz´:
3 Cf Stanisław STYRNA, Zgromadzenie Salezja´nskie w Polsce w poszukiwaniu form odpo-
wiedzi na potrzeby wychowawcze i duszpasterskie w latach 1898–1974 [La Congregazione
Salesiana in Polonia alla ricerca delle forme di risposta ai bisogni educativi e pastorali negli
anni 1898-1974], in Roman POPOWSKI – Stanis~law WILK – Marian LEWKO (a cura di), 75
lat dzia~l alno´sci salezjanów w Polsce, Ksi˛ega Pamia˛tkowa. [75 anni di attività dei salesiani in
Polonia, Volume Commemorativo]. Łódz´ – Kraków, 1974, pp. 11-34.
4 Lo testimoniano le concessioni di licenze, di sovvenzioni e gli inviti a gestire alcu-
ni istituti. A parte qualche caso isolato, i rapporti con le nuove autorità erano molto
corretti.
5 Cf Jarosław WA˛SOWICZ, Likwidacja salezja´nskich zak~l adów wychowawczych [Soppres-
sione di istituti educativi salesiani], in “Biuletyn IPN” 4 (75) 2007, pp. 49-56; Waldemar
Z˙UREK, Salezjan´skie szkolnictwo ponadpodstawowe w Polsce 1900–1963. Rozwój i organizac-
ja [Scuole medie e superiori salesiane in Polonia 1900-1963. Sviluppo e organizzazione]. Lu-
blin 1996, p. 371.
6 Ai Salesiani fu lasciata soltanto la cappella. Cf W. Z˙UREK, Salezja´nskie szkolnictwo…,
p. 377.
7 Cf Jan PIETRZYKOWSKI, Szko~l a Salezja´nska w Łodzi 1922-1992 [La scuola salesiana a
Łódz´ 1922-1992 ], in “Seminare” 10 (1994) 237.

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La lotta per la conquista della gioventù nella “Polonia Staliniana” 459
“All’inizio del nuovo anno mancano ancora due mesi. È necessario – infatti lo chie-
dono gli alunni e gli educandi dell’Istituto Salesiano – che nel nuovo anno scolasti-
co le autorità preposte alle scuole professionali si interessino di più alle condizioni
vigenti nell’Istituto di loro pertinenza, di modo da togliere, una volta per sempre,
ai nemici della pace la possibilità di avvelenare le anime della nostra gioventù”8.
Gli eventi di O´swie˛cim e di Łódz´ non facevano che preannunciare quanto
sarebbe successo negli anni a venire9.
Nello spazio di questo breve intervento ci è impossibile svolgere in modo
compiuto ed esaustivo la necessaria riflessione storica sulla soppressione degli
istituti scolastici ed educativi dei Salesiani nella Repubblica Popolare Polacca
(RPP). Questo processo meriterebbe una trattazione ben più ampia. Sembra, in
effetti, un tema gratificante per eventuali tesi di laurea. Tuttavia, anche se in ter-
mini necessariamente così limitati, vorremmo illustrare, da una parte, alcuni
aspetti dei metodi adottati dalle autorità statali nel processo di eliminazione dei
Salesiani dal settore educativo e, dall’altra, i tentativi di tali educatori religiosi di
trovare uno spazio per sé in una realtà tanto avversa.
1. Tra la propaganda ufficiale e la realizzazione del vero ideale educativo
Nell’Ottocento, in una situazione politicamente sfavorevole, nella realtà del-
le spartizioni, il vate nazionale Adam Mickiewicz ricordava con il suo poema
Konrad Wallenrod” che esistono due modalità di lotta, con la possibilità di sce-
gliere se combattere da volpe o da leone. Osservando la storia postbellica degli
istituti salesiani e il loro confronto con le autorità comuniste, tra i figli spirituali
di San Giovanni Bosco si possono riscontrare entrambi questi atteggiamenti.
Sfortunatamente, nessuno dei due potè, alla fine, salvare gli istituti educativi sa-
lesiani. Tuttavia, l’atteggiamento “da volpe” riuscì a prolungare di qualche anno
la speranza di mantenerne il possesso.
La situazione di continua tensione richiedeva la più prudente cautela e circo-
spezione del personale salesiano per non offrire pretesti a qualche accusa che po-
tesse causare la soppressione degli istituti. Tutto doveva essere fatto nella più
stretta osservanza delle leggi vigenti. Ogni azione doveva essere documentata in
modo esauriente e solido. Pertanto erano importantissime non solo una corretta
gestione finanziaria degli istituti ed una buona condizione esistenziale e igienica
degli alunni, era necessario documentare abilmente che l’educazione dei ragazzi
8 A. NASIELSKI, Wyzwiska i szykany ze strony wychowawców „chlebem powszednim” wychowan-
ków zakładu O. O. Salezjanów w Łodzi. [Insulti e angherie degli educatori, il “pane quotidiano” de-
gli alunni nell’istituto dei Padri Salesiani di Łódz´], in “Pokolenie”, nr. 25 (93), 2 luglio 1950.
9 L’anno 1947 è la data generalmente riconosciuta dell’inizio di una brutale imposizio-
ne del programma ideologico ed educativo di stampo comunista nella scuola polacca. Cf
Czesław LEWANDOWSKI, Pocza˛tki likwidacji niezalez˙no´sci szkoły polskiej po wyborach sej-
mowych w 1947 r. [Inizi della soppressione dell’indipendenza della scuola polacca dopo le ele-
zioni politiche del 1947], in “Dzieje Najnowsze” 29/4 (1997) 57-71.

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460 Jarosław Wa˛sowicz
venisse realizzata in conformità con l’ideale educativo perseguito dalla RPP che,
al riguardo, esigeva che fosse evidente una formazione politica basata sui model-
li importati dalle esperienze sovietiche10.
Nella Cronaca dell’Istituto e nel Registro dei Verbali del Consiglio Didattico del-
l’Orfanotrofio di Rumia molte annotazioni documentano la partecipazione degli
alunni salesiani ad iniziative di carattere ideologico, come, per esempio, le azio-
ni o i cortei del Primo Maggio:
“È stato deciso di prepararsi alla giornata della “festa del lavoro” nel modo seguen-
te: a) realizzare azioni di Primo Maggio (...); b) addobbare a festa la sala di ricrea-
zione (...); c) nella giornata stessa del 1° maggio: suggerire ai ragazzi l’idea di orga-
nizzare un comizio di massa al fine di conoscere i capofila stakanovisti e seguire poi
la sua realizzazione, curare che gli alunni ascoltino le relazioni dei festeggiamenti
del Primo Maggio trasmesse per radio, distribuire premi ai ragazzi più diligenti”11;
oppure provano la presenza ai lavori sociali, ai comizi a sostegno, per esempio,
del Congresso della Pace di Varsavia, o l’assistenza nella preparazione delle elezioni
politiche (azioni di propaganda come volantinaggio o affissione di manifesti):
“È stato bello il contributo alla campagna elettorale. Oltre all’azione di propaganda
(stampa, radio, ecc.), è stata prestata assistenza al Consiglio Comunale, sono stati
addobbati i seggi elettorali e il popolo è stato istruito mediante volantini e manifesti;
Tutti sono stati istruiti sulle elezioni mediante la distribuzione dei glossarietti e delle
istruzioni, nonché con gli annunci e i programmi radiofonici. La giornata delle ele-
zioni del 5 novembre è stata caratterizzata da una profonda comprensione del dove-
re civile e delle disposizioni della nostra costituzione. Ogni cittadino consapevole è
ora perfettamente informato di queste elezioni. Ai seggi elettorali gli insegnanti e gli
alunni si recheranno insieme tra le ore 9. 00 e le ore 10.00 del mattino”12,
10 Per rendersi conto delle linee guida messe in pratica nella Polonia postbellica nel-
l’ambito dell’educazione dei giovani e quale fosse il grado di politicizzazione di tutto il
modello educativo, vale la pena consultare una pubblicazione risalente al periodo della
RPP, di Wojciech POMYKAŁO, Kszta~l towanie idea~l u wychowawczego w PRL w latach 1944 -
1976 [Formazione dell’idea educativa nella RPP negli anni 1944-1976]. Warszawa 1977;
Tra i lavori più recenti, un’analisi dettagliata della politica educativa nei primi anni della
RPP è stata svolta da L. Szuba. L’autore ha attinto abbondantemente a materiali d’archivio
rimasti finora sconosciuti, ovvero ai documenti delle autorità centrali dello Stato, del par-
tito e della polizia. Vedi Ludwik SZUBA, Polityka o´swiatowa pa´nstwa polskiego w latach
1944-1956. [Politica educativa dello Stato polacco negli anni 1944-1956]. Lublin 2002. Va-
le la pena consultare il volume a cura di Edward WALEWANDER, Oblicze ideologiczne szkoły
polskiej w latach 1945–1956 [Il volto ideologico della scuola polacca negli anni 1945-1956].
Lublin 2002, 405 p. Gli autori analizzano e valutano il comportamento delle autorità co-
muniste verso la scuola, la lotta della Chiesa contro il potere dello Stato, e lo status dell’in-
segnamento della religione nella scuola del Ventennio postbellico.
11 Archivio della Casa Salesiana di Rumia (più avanti: ArchDS di Rumia), Registro dei
Verbali del Consiglio Didattico dell’Orfanotrofio, verbale della riunione del 21 aprile 1951.
12 ArchDS di Rumia, Registro dei Verbali del Consiglio Didattico dell’Orfanotrofio, ver-
bale della riunione del 4 dicembre 1954; verbale della riunione del 4 novembre 1952.

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La lotta per la conquista della gioventù nella “Polonia Staliniana” 461
oppure – ancora – la partecipazione ad altre iniziative, come l’aiuto nei lavo-
ri agricoli delle fattorie collettive statali [PGR – Aziende Agricole Statali], la reda-
zione dei giornali murali all’interno dell’Istituto:
“Due giornalini, “Varsavia libera” e “La realizzazione del Piano Sessennale” realizza-
ti straordinariamente bene – sono stati preparati dagli alunni guidati dall’educatore Euge-
niusz Salamonowicz. La riunione serale nella sala di ricreazione si è svolta in un’atmosfera
di gioia. Il discorso di apertura è stato pronunciato dal padre consigliere, il quale si è sof-
fermato sul dovere di una gioiosa e volenterosa partecipazione di tutti i cittadini nei lavori
sociali, e tanto più nell’opera di sollevamento della Patria dalle macerie. Il programma del-
la serata è proseguito con una relazione tenuta da uno degli alunni alla quale seguivano i
canti a contenuto nazionale e operaio, la recita di poesie che incitano a gareggiare nel lavo-
ro di ricostruzione del paese, e la lettura dei feuilleton umoristici”13;
e poi, alla voce “Amicizia polacco-sovietica”:
“Nell’ambito del Mese di Amicizia Polacco-Sovietica sono stati approntati diversi
giornali murali per la scuola e una iscrizione per la sala degli alunni, i ragazzi si so-
no recati a vedere alcuni film sovietici e hanno partecipato ai festeggiamenti orga-
nizzati dalla scuola. Nella sala di ricreazione è stato realizzato un angolo dedicato
alle notizie sull’URSS; “per il Mese di Amicizia Polacco-Sovietica si è deciso di or-
ganizzare un comizio di massa o una serata speciale e di preparare una serie di pro-
grammi radiofonici su questo tema, unendosi in spirito con i nostri vicini orientali
con l’ausilio della stampa, dei libri e dei film””14,
e altre iniziative ancora.
Nell’Istituto venivano anche solennemente festeggiate le ricorrenze come la
“Festa del Lavoro” operaia, gli anniversari della “Grande Rivoluzione Socialista
d’Ottobre”, il “Sessantesimo Compleanno del Presidente Bolesław Bierut” o
l’ennesimo “Anniversario della Battaglia di Lenino”15.
Era d’obbligo inserire nei verbali e nelle cronache anche annotazioni analoghe
a quelle citate qui di seguito, che rispecchiano in pieno la tragicità di quell’epoca:
“Ci accingiamo al lavoro guidati dalle parole d’ordine: “Fronte Nazionale”, “Piano
Sessennale”, “Pace”. Indirizzeremo tutte le forze possibili alla realizzazione di questi
obiettivi. Il Fronte Nazionale è la comprensione reciproca, è l’unanimità dell’azio-
ne, è la mobilitazione di tutte le forze per il bene della nazione. La realizzazione del
Piano sessennale è parte dei compiti del Fronte Nazionale. Essa deve tradursi nella
formazione delle virtù civili nella gioventù, nell’aumento di una disciplina consa-
pevole, nella crescita dei risultati dello studio, nell’efficacia del lavoro sia nell’ambi-
13 Ibid., verbale della riunione del 15 febbraio 1951.
14 Ibid., verbale della riunione del 14 ottobre 1954; verbale della riunione del 14 ottobre
1953.
15 Ibid., vedi a titolo d’esempio i Verbali dei Consigli Didattici del 26 novembre 1950,
10 gennaio 1950, 15 febbraio 1951, 21 aprile 1951, 4 novembre 1952, 30 marzo 1952,
16 giugno 1952.

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462 Jarosław Wa˛sowicz
to del S. D. D. [orfanotrofio dei salesiani] sia in quello sociale. La nostra partecipa-
zione all’azione per la pace vuol dire anzitutto una presa di coscienza attiva, poi,
mediante letture e programmi radiofonici, il cameratismo, la gentilezza e la com-
prensione reciproca devono costituire il risultato diretto di tale azione”16.
Lo slogan educativo ufficiale per l’anno scolastico 1954/1955 recitava:
“Educhiamo i giovani perché diventino costruttori consapevoli della nostra patria,
combattenti attivi e devoti alla causa nella lotta per la pace, perchè la lotta per una
pace duratura e per la vittoria della coesistenza tra le nazioni è la questione più im-
portante della nostra generazione”17.
Nella realtà di uno stato comunista, la relazione tra il provveditorato, o il mi-
nistero della pubblica istruzione, e i centri scolastico-educativi cattolici, non la-
sciava spazio a dibattiti o scontri ideologici. L’alternativa era una sola: o l’attua-
zione ufficiale del modello educativo socialista, o la vita stessa degli istituti sale-
siani. In questo contesto le annotazioni tratte dagli archivi dell’istituto di Rumia
non devono sorprendere né meravigliare. Nonostante la linea educativa reale dei
Salesiani fosse del tutto diversa, le iniziative, le cerimonie, i festeggiamenti, i
giornalini murali ecc., riportati sopra erano necessari per il bene dell’istituto18.
La loro mancata attuazione poteva avere effetti tragici. Lo sperimentarono i Sa-
lesiani di Łódz´. Nelle relazioni delle visite provveditorali i rappresentanti delle
autorità annotarono che i corridoi dell’edificio scolastico erano addobbati con i
soli “emblemi” religiosi, mentre erano assenti le decorazioni che simboleggiasse-
ro la Repubblica Popolare, e quindi i riferimenti al piano sessennale, i grafici
che presentassero i successi della classe operaia o la lotta per la pace, o i ritratti
dei capofila stakanovisti19. Il libello pubblicato sulla stampa denunciava:
“Stando all’interno dell’Istituto della Società Salesiana sembra che i cambiamenti
avvenuti nella Polonia Popolare non abbiano mai raggiunto l’edificio di via Wodna
34. Nel corridoio, accanto alle immagini di contenuto religioso, è appeso un qua-
dro dal titolo straordinariamente eloquente: “Il Miracolo sulla Vistola”. Ci è facile
immaginare quale spirito anima il lavoro educativo dell’Istituto”20.
16 Ibid., verbale della riunione del 30 marzo 1952.
17 Ibid., verbale della riunione del 4 novembre 1954.
18 Cf J. WA˛SOWICZ, Zak~l ad Salezjan´ ski w Rumi 1937-1960. Geneza powstania i dzieje
[Istituto Salesiano di Rumia 1937-1960. Genesi e storia], in “Studia Pelplin´ skie” 34 (2003)
267-285; e dello stesso autore, Realizacja programu dydaktyczno – wychowawczego w powo-
jennych Zak~l adach Salezjan´ skich na przyk~l adzie Domu Dziecka w Rumi 1945 –1960 [Realiz-
zazione del programma didattico educativo negli Istituti Salesiani del dopoguerra su esempio del-
l’Orfanotrofio di Rumia], in H. GŁOGOWSKA – M. GAWRON (a cura di), Toz˙samo´sc´ kulturowo
cywilizacyjna Gdyni. Gdynia w warunkach wspó~l czesnej unifikacji i dywersyfikacji kulturowo –
cywilizacyjnej [Identità culturale e di civiltà di Gdynia. Gdynia di fronte all’unificazione e alla
diversificazione culturale e di civiltà]. Gdynia 2007, “Zeszyty Gdy´nskie” nr. 2, pp. 73 -102.
19 Cf J. PIETRZYKOWSKI, Szkoła salezja´nska..., p. 235.
20 A. NASIELSKI, Wyzwiska i szykany..., p. 4.

47.3 Page 463

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La lotta per la conquista della gioventù nella “Polonia Staliniana” 463
Accadde anche nel 1950 presso la scuola salesiana di O´swie˛cim, dove l’ispet-
tore scolastico annotò nella sua relazione della visita:
“... le aule delle lezioni mi sembrano, dal punto di vista visivo, spoglie di decora-
zioni, mancano qui le immagini di attualità, gli slogan del Piano Sessennale, dell’a-
micizia polacco-sovietica ed altri di grande significato educativo. Concretamente,
chiederei che nei corridoi, nelle aule dove c’è molto spazio, tutto ciò di cui vive la
Polonia Popolare possa trovare un giusto rispecchiamento”21.
2. Alcuni esempi di azioni vessatorie utilizzate dalle autorità nei confronti di
istituti educativi salesiani
Uno dei modi per esercitare pressioni sullo stile educativo promosso dai Sa-
lesiani era l’introduzione delle organizzazioni giovanili comuniste nei loro istitu-
ti. Si cercò, tra l’altro, di organizzarvi “dal basso” le cellule dell’Unione della
Gioventù Polacca [ZMP] per guadagnarsi l’influenza sui giovani. L’Unione do-
veva svolgere un ruolo importante tra i ragazzi nella lotta contro la Chiesa. Lo
scopo dell’organizzazione giovanile comunista era creare l’uomo nuovo, com-
battente attivo per la Repubblica Popolare, avverso al cattolicesimo e forte pro-
pagatore della visione socialista del mondo22. A titolo d’esempio, ad Aleksan-
drów Kujawski le autorità intervenivano direttamente nell’educazione degli
alunni dell’istituto salesiano, tra l’altro mediante l’imposizione dell’obbligo di
iscriversi, tutti quanti, ad organizzazioni ideologicamente impegnate come il
Circolo Scolastico di Amicizia Polacco-Sovietica, la Lega degli Amici dei Solda-
ti, o il Circolo Scolastico per la Ricostruzione di Varsavia23. All’interno della
scuola erano attive anche altre organizzazioni di tipo analogo: l’Unione della
Gioventù Polacca, l’Unione della Gioventù Democratica, Il Servizio alla Polo-
nia, l’Organizzazione Giovanile della Società dell’Università Operaia, ma l’iscri-
zione non era obbligatoria24. Nei verbali delle visite di controllo effettuate a
Łódz´ dai funzionari del Provveditorato, ai Salesiani fu rimproverato di non ave-
re provveduto affinchè a scuola fossero attive organizzazioni come la Croce Ros-
sa Polacca [PCK] e l’Unione della Gioventù Polacca [ZMP]25.
21 Jan PTASZKOWSKI, Rzecz o dobrej sławie O´swie˛cimia. Karty z przeszło´sci i
tera´zniejszo´sci Zakładu im. ´sw. Jana Bosko w O´swie˛cimiu [Discorso sulla buona reputazione
di O´swie˛cim. Carte del passato e del presente dell’Istituto di San Giovanni Bosco di O´swi˛ecim].
Kraków 1998, p. 147.
22 Cf Joanna KOCHANOWICZ, ZMP w terenie. Stalinowska próba modernizacji opornej
rzeczywisto´sci [La ZMP sul territorio. Il tentativo staliniano di modernizzare una realtà rilut-
tante]. Warszawa 2000.
23 Cf Andrzej MARCHEWKA, Kolegium Kujawskie Ksie˛z˙y Salezjanów w Aleksandrowie
Kujawskim 1919–1955 [Collegio Cuiaviano dei Sacerdoti Salesiani di Aleksandrów Kujawski
1919-1955]. Lublin 1988 (dattiloscritto), p. 157.
24 Ibid., p. 157.
25 Cf J. PIETRZYKOWSKI, Szko~l a salezja´nska..., p. 235.

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464 Jarosław Wa˛sowicz
I Salesiani cercarono di opporsi alla presenza sul territorio degli Istituti di or-
ganizzazioni giovanili marxiste. La lotta assumeva spesso caratteri eroici, tanto
più che la mancata introduzione di tali organizzazioni poteva costituire la causa
diretta della chiusura dell’istituto. A questo punto vale la pena di ricordare l’at-
teggiamento irremovibile dei Salesiani di O´swie˛cim. Date le pressioni delle au-
torità per istituire all’interno della scuola organizzazioni che propagassero i valo-
ri marxisti, rivendicati nell’intervento del visitatore Antoni Wola´nski nel corso
di una conferenza con gli insegnanti nei giorni 6 e 7 febbraio 1948, e il rifiuto
netto oppostogli da don Adam Cie´slar, il personale della scuola salesiana, solida-
rizzando con la posizione del padre direttore si riunì in una conferenza apposita-
mente convocata, decidendo all’unanimità che bisognava: “1. rendere edotta la
gioventù sui compiti della ZMP, in cui la visione materialista del mondo è fon-
damentale.2. non permettere che tale organizzazione venga introdotta all’inter-
no dell’Istituto in quanto essa è contraria all’ideologia cristiana”.
Al rifiuto di istituire cellule della ZMP nell’Istituto le autorità reagirono con
l’inasprimento delle restrizioni. Nella relazione successiva alla visita svolta dal 9
al 12 dicembre, nella parte dedicata alle organizzazioni giovanili attive a scuola,
si evidenziava il fatto che nell’Istituto non fosse stata ancora introdotta la ZMP,
e vi si riportava la dichiarazione di don Cie´slar, il quale diceva che “non può
ammettere nella scuola la ZMP in quanto organizzazione ideologicamente con-
trastante con il cristianesimo e che, piuttosto, è pronto a rischiare anche la chiu-
sura della scuola”. Il visitatore sottolineava che il direttore della scuola salesiana
non avrebbe ostacolato gli alunni che volessero iscriversi ad una cellula della
ZMP cittadina26.
Un’altra pratica dei comunisti era la drastica riduzione delle razioni alimentari
e di combustibile da riscaldamento che venivano assegnate ai singoli istituti edu-
cativi salesiani27. Per esempio, nel 1947 le autorità annullarono l’assegnazione di
tutte le quote alimentari e di combustibile per l’Orfanotrofio salesiano di Luto-
miersk nei pressi di Łódz´, inasprendo nel contempo i requisiti relativi alle condi-
zioni abitative. Questi atti, oltre al prelievo di imposte sul reddito gravose e in-
giustificate, e al sequestro delle scorte vive di cui disponeva, determinarono diret-
tamente la soppressione di quell’orfanotrofio. Nel caso del Seminario Minore si-
tuato a La˛d, nel 1953 furono interrotte le forniture di alimenti assegnati dal Di-
partimento Distrettuale del Commercio di Konin, e fu posto il divieto di macel-
lare gli animali della fattoria gestita in proprio dai religiosi. Queste restrizioni fu-
rono tolte in seguito all’intervento del reverendo Ispettore don Stanisław Rokita,
rivoltosi direttamente al Ministro per le Confessioni Religiose Antoni Bida28.
Più volte, nel processo di soppressione degli istituti salesiani, fu fatto ricorso
a soluzioni brutali e violente. Serva qui da esempio il ricordo di don Jan Kra-
26 J. PTASZKOWSKI, Rzecz o dobrej s~l awie O´swi˛ecimia..., p. 144.
27 Cf J. PIETRZYKOWSKI, Salezjanie w Lutomiersku wczoraj a dzi´s [Salesiani di Luto-
miersk ieri e oggi], in “Seminare” 12 (1996) 153.
28 ArchDS di La˛d, Cronaca dell’Istituto Salesiano di La˛d nel periodo 1947-1952, p. 153.

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La lotta per la conquista della gioventù nella “Polonia Staliniana” 465
wiec sul modo in cui l’Ufficio di Sicurezza [UB] effettuò il sequestro del semi-
nario minore di Marszałki:
“3 luglio 1952. Tempo meraviglioso, soleggiato. Alle ore 9.00 siamo davanti al no-
stro bell’istituto e insieme al chierico Bolesław Zych e Józef Czech discutiamo il
piano di lavoro, necessario per preparare gli ambienti dell’istituto per il prossimo
arrivo degli alunni. Durante la nostra conversazione, davanti al cancello d’ingresso,
davanti all’edificio e davanti al cancello di uscita si ferma un’automobile da cui
scendono uomini in borghese che si piazzano a guardia del complesso. Subito dopo
arrivano altre macchine da cui scendono altri uomini in borghese che pretendono
un incontro con il direttore. I rappresentanti dell’Ufficio di Sicurezza devono co-
noscere bene la disposizione degli ambienti dell’istituto, perché uno di loro va nella
stanza dove c’è il telefono mentre gli altri si dirigono all’ufficio di cancelleria dove
incontrano il reverendo direttore don Władysław Chmiel. Gli ospiti inattesi pre-
sentano al padre direttore una lettera in base alla quale l’istituto passa allo Stato e
gli chiedono di ordinare a tutti i preti e ai chierici residenti nell’istituto di trasferirsi
nel piccolo edificio soprannominato “la villa”, situato nel parco. Il padre direttore
rifiuta categoricamente di firmare il passaggio di consegne dell’istituto, dichiarando
che questo oltrepassa le sue competenze, ma ci chiede di non fare nemmeno un
passo fuori dall’istituto senza che lo decida o ordini lui stesso.
La categorica e ferma dichiarazione del direttore ha innervosito i rappresentanti
dell’Ufficio di Sicurezza che, dopo averlo isolato da noi, hanno cercato fino alle
ore 17.00 di convincere e indurre non solo noi, ma anche lui, a firmare il passag-
gio delle consegne dei fabbricati dell’istituto. Nel frattempo sempre più numero-
si giungevano nell’istituto i funzionari dell’Ufficio di Sicurezza. A nessuno è stato
permesso di entrare o di uscire dall’istituto circondato dal cordone dei funzionari
di pubblica sicurezza, ad eccezione del chierico Józef Czech, il quale, travestito
da giardiniere mentalmente ritardato, è stato lasciato uscire e ha informato gli
abitanti del villaggio Marszałki e don Franciszek Szymanik della soppressione
dell’istituto.
L’atmosfera, già tesa, di ora in ora si è fatta sempre più nervosa, ancor più allor-
quando, intorno alle ore 16.00, una delle signore anziane che lavoravano nelle cu-
cine si è chiusa nel coro e si è messa a suonare l’allarme in chiesa.
Veramente, dopo avere sfondato la porta chiusa del coro, i funzionari hanno cal-
mato la signora ed è stata posta una guardia alla campana, ma davanti all’istituto
hanno cominciato ad arrivare i pullman che trasportavano gli anziani di altre case
di assistenza sociale per sistemarli nell’edificio del Seminario Minore di Marszałki,
in corso di soppressione. In questa drammatica situazione i funzionari dell’UB
hanno raggruppato i preti e i chierici in un solo ambiente conducendoci poi di
prepotenza alla “villa”. Un altro gruppo di funzionari ha fatto irruzione nelle nostre
stanze e ha buttato fuori le nostre cose che sono state poi caricate sulle macchine e
trasportate nei locali della “villa”, dove abbiamo dovuto per forza sistemarci. Fatto
ciò, si è cominciato a introdurre nell’edificio, ormai svuotato, i nuovi occupanti,
mentre a noi è stato vietato di varcare la soglia dell’istituto, posto sotto il controllo
delle guardie, o di portare via le cose che vi erano rimaste”29.
29 Jan KRAWIEC, Powstanie Towarzystwa ´sw. Franciszka Salezego oraz jego organizacja i
dzia~l alno´s´c na ziemiach polskich [La nascita della Società di S. Francesco di Sales e la sua or-
ganizzazione e attività nei territori polacchi]. Kraków 2004, pp. 193-194.

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466 Jarosław Wa˛sowicz
3. L’atteggiamento degli alunni
Quel che è interessante, è che molti alunni si rendevano conto della difficile
situazione degli educatori salesiani e quindi non frapponevano ostacoli alla rea-
lizzazione di quei compiti ideologici, sapendo che erano dettati dalla necessità30.
In molti istituti non vi furono casi di delazione né denunce alle autorità sulla
natura dell’ideale educativo realmente perseguito negli istituti salesiani31. Don
Tadeusz Krupa, che da chierico aveva svolto nell’istituto di Rumia le mansioni
di assistente, ricorda così le visite di controllo effettuate dalle autorità:
“Il mio lavoro nell’Orfanotrofio coincise con l’epoca staliniana. Vi fu una intensifi-
cazione delle attività della ZMP e della propaganda ateista. Erano frequenti le visite
ispettive da parte del Provveditorato. Un giorno ci era giunta la notizia che sareb-
bero venuti da Danzica per chiudere l’istituto. I ragazzi non andarono a scuola per-
chè volevano difendere l’Orfanotrofio. Erano consapevoli della natura menzognera
e malvagia di quel sistema, il loro era un atteggiamento patriottico”32.
Fra i ricordi di don Cieplik che aveva lavorato a Rumia vi è un’annotazione
preziosa sullo svolgimento delle ispezioni statali e l’atteggiamento degli alunni
dell’istituto:
“Dopo la costituzione del Partito Operaio Unificato Polacco [POUP] cominciò la
lotta ideologica, la lotta di classe, la lotta contro la Chiesa. (...) [nella segreteria] tutti
i documenti venivano scrupolosamente raccolti e conservati, ogni movimento finan-
ziario registrato. Di conseguenza, nelle visite degli ispettori statali – a volte anche tre
in un solo giorno – non si trovava nulla da contestarci. Il signor Klita [in realtà:
Klytta – n.d.a.], in quanto contabile, sapeva ragionare con gli ispettori e difendeva
efficacemente ogni voce iscritta nel registro. (...) Quando capitavano le “incursioni”
delle autorità al potere, gli ispettori non potevano accusarci di nulla, tutt’al più che
la nostra era una baracca e le sale troppo grandi. Anche il vitto era buono. Quasi
sempre i visitatori parlavano con i Ragazzi, ma nessuno si lamentò mai”33.
Capitavano, però, anche altri tipi di atteggiamento degli alunni, come questi
– ricordati da don Stanisław Salamonowicz, ex educatore dell’Orfanotrofio di
Róz˙anystok:
30 È interessante l’approccio all’analisi degli atteggiamenti della gioventù di fronte al-
l’indottrinamento comunista, realizzato da: Elwira J. KRYN´SKA – Stanisław W. MAUER-
SBERG, Indoktrynacja m~l odziez˙y szkolnej w Polsce w latach 1945 –1956 [Indottrinamento
della gioventù scolastica nella Polonia degli anni 1945-1956]. Białystok 2003, p. 226.
31 Lo confermano i memoriali degli ex educatori (tutti in possesso dell’autore) e il libro
scritto in forma di ricordi di quei tempi da un autore che fu all’epoca alunno dell’istituto
salesiano di Rumia, Andrzej SITEK, Rumia nasza m~l odo´s´c [Rumia, la nostra giovinezza].
Gdynia 1997.
32 ArchDS di Rumia, f. I ricordi per il libro „Daj mi dusze...”, Ricordi di don Tadeusz Krupa.
33 ArchDS di Rumia, Registro dei Verbali del Consiglio Didattico dell’Orfanotrofio, ver-
bale della riunione del 27 ottobre 1952.

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La lotta per la conquista della gioventù nella “Polonia Staliniana” 467
“[...] tra i ragazzi di origini ignote, molti rivelavano tendenze ben lontane da quelle
tipiche della civiltà europea. Infatti, erano arrivati in questa parte del Paese dall’est,
insieme all’esercito sovietico e polacco, e anche gli altri di loro non avevano un buon
rapporto con il metodo salesiano, visto che, per esempio, scrivevano dichiarazioni e
domande all’Unione della Gioventù Polacca, atea. In quelle dichiarazioni si poteva
leggere la frase: “Attualmente mi trovo sotto l’oppressione dei salesiani a Róz˙any-
stok”. Forse le domande di questo tipo contribuirono al fatto che, poco tempo do-
po, le autorità portarono via quei ragazzi per sistemarli in un orfanotrofio statale”34.
Un altro esempio dell’atteggiamento antisalesiano degli alunni è offerto dalle
annotazioni della Cronaca dell’Istituto Salesiano di Aleksandrów Kujawski. Nel
1948 un alunno, figlio del vicepresidente del distretto, tentò di organizzare un’as-
semblea di sostegno alla nazionalizzazione della scuola. Negli anni successivi nella
stessa scuola salesiana ebbero luogo altri comizi e assemblee simili35. Don
Stanisław Urban´czyk che svolgeva ad O´swie˛cim le mansioni di assistente degli ar-
tigiani ricorda che a scuola si verificò qualche caso di reclutamento, da parte del-
l’Ufficio di Sicurezza, tra gli alunni iscritti alle cellule della ZMP esterne all’istitu-
to. Questi ragazzi riuscirono, per esempio, ad approntare nella sala di ricreazione
una vetrina con i ritratti di Lenin e Stalin36. Nella notte la vetrina fu tolta da don
Leon Musielak, più tardi messo in carcere per diversi anni, ai tempi della PRL37.
Conclusione
Nel processo di soppressione degli istituti scolastici ed educativi gestiti dai
Salesiani le autorità cercarono sempre di mantenere le apparenze della legalità,
34 Archivio Salesiano dell’Ispettoria di Pi~la, f. personale di don Stanisław Salamono-
wicz, Stanisław SALAMONOWICZ, Z˙ywot cz~l owieka prawie uczciwego [Vita di un uomo quasi
onesto]. Aleksandrów Kujawski 2001, p. 16 (dattiloscritto).
35 ArchDS di Aleksandrów Kujawski, f. Cronaca dell’istituto salesiano di Aleksandrów
Kujawski luglio 1948 – febbraio 1955.
36 J. PTASZKOWSKI, Rzecz o dobrej sławie O´swi˛ecimia..., pp. 145-146.
37 Ibid., p. 146; Don Musielak fu arrestato il 7 maggio 1952, dopo una perquisizione
della sua stanza effettuata da funzionari dell’ufficio di pubblica sicurezza [PUBP] di
O´swie˛cim. Fu tradotto al carcere di Cracovia, in via Montelupi. Fu processato per avere
denigrato dal pulpito i padri del materialismo dialettico, per le sue affermazioni su Marx,
Lenin, Stalin e per avere dichiarato la verità sull’eccidio di Katy´n e sui massacri compiuti
nei territori orientali della Polonia. Il tribunale di Cracovia lo condannò ad una pena com-
plessiva di 3 anni e 6 mesi di carcere, il Tribunale Supremo di Varsavia inasprì questa sen-
tenza comminandogli la pena di 5 anni (!); con l’amnistia del 22 dicembre 1952 tale pena
fu alla fine commutata in 3 anni e 4 mesi. Fu detenuto nel carcere di Wiłnicz e in quello
di Wronki fino al 7 settembre 1955. Cf Waldemar ˚UREK, Musielak Leon (1910 – 1998),
salezjanin [Musielak Leon (1910-1998), salesiano], in Jerzy Myszor (a cura di) Leksykon du-
chowie´nstwa represjonowanego w PRL w latach 1945–1989 [Dizionario del clero soggetto a
repressioni della RPP negli anni 1945-1989]. Warszawa 2002, pp. 190-192; J. WA˛SOWICZ,
Ksi˛ez˙a Niezłomni. Ks. Leon Musielak SDB (1910-1998). Wi˛eziony przez sowieckich i pol-
skich komunistów [Sacerdoti irremovibili. Don Leon Musielak SDB (1910-1998). Incarcerato
da comunisti sovietici e polacchi], in “Nasz Dziennik”, 22-23 dicembre 2007, pp. 24-26.

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468 Jarosław Wa˛sowicz
ma in realtà muovevano loro false accuse di vario genere, ricorrevano a cavilli le-
gali, li calunniavano e cercavano di screditarli agli occhi dell’opinione pubblica.
Il più delle volte imputavano ai Salesiani un livello di insegnamento troppo bas-
so, la mancanza di lealtà verso le autorità, l’arretratezza dei metodi educativi, il
ricorso alle pene corporali nei confronti degli alunni38. L’effetto di tutte queste
azioni fu la soppressione o la nazionalizzazione degli istituti scolastici ed educa-
tivi gestiti da religiosi. Questo riguardò la maggior parte degli istituti salesiani
liquidati nel periodo 1948-196039.
I salesiani non cedevano però senza combattere. Tuttavia, per ovvi motivi
politici, nella realtà di uno stato socialista opporsi era come lottare contro i mu-
lini a vento. A partire dalla fine degli anni Quaranta le autorità liquidavano
quindi, l’uno dopo l’altro, gli istituti educativi gestiti dalla Chiesa. Il 13 gennaio
1960 il Ministero della Pubblica Istruzione emanò una legge che restringeva ul-
teriormente lo spazio vitale delle scuole cattoliche. L’Episcopato intervenne in
difesa degli istituti educativi e delle scuole cattoliche, ma senza alcun successo40.
Il personale degli istituti fu trasferito alle parrocchie, al lavoro pastorale41. Data
la perdita quasi totale del proprio tradizionale campo di attività, i salesiani, pro-
babilmente come nessun’altra congregazione religiosa, hanno vissuto una vio-
lenta e radicale necessità di cambiare i propri compiti42. Per loro, le possibilità di
riprendere il lavoro educativo si realizzarono soltanto dopo la grande svolta poli-
tica del 1989, scaturita dall’epocale movimento sindacale “Solidarno´s´c”43.
38 La trattazione più ampia del problema della soppressione, da parte dei comunisti,
delle scuole salesiane, ad eccezione di altri istituti educativi salesiani, è di don Waldemar
Z˙urek, nello studio già citato qui sopra, intitolato Salezja´nskie szkolnictwo ponadpodstawo-
we w Polsce 1900-1963. Rozwój i organizacja [Scuole medie e superiori salesiane in Polonia
1900-1963. Sviluppo e organizzazione]. Lublin 1996, pp. 371-424.
39 Andrzej S´WIDA, Towarzystwo Salezjan´ skie. Rys Historyczny [La Società salesiana. L’ab-
bozzo stolico]. Kraków 1984, pp. 227-228.
40 Cf Antoni DUDEK, O działaniach antyko´scielnych w~l adz PRL w latach 1958-1966
[Le azioni delle autorità della RPP contro la Chiesa negli anni 1958-1966], in “Chrze´scija-
nin w S´wiecie” 24 (1994) nr. 1 (196) 191-204.
41 Cf J. PIETRZYKOWSKI, Dlaczego salezjanie polscy prowadza˛ duszpasterstwo parafialne?
[Come mai i salesiani polacchi si occupano della pastorale parrocchiale?], in “Seminare”, 17
(2001) 502; A. S´WIDA, Salezjan´skie duszpasterstwo na ziemiach zachodnich i pó~l nocnych 1945-
1970 [La pastorale salesiana nei territori occidentali e settentrionali 1945-1970], in R. POPOW-
SKI – S. WILK – M. LEWKO (a cura di), 75 lat dzia~l alno´sci salezjanów w Polsce…, pp. 59-71.
42 Nessun’altra congregazione svolgeva un lavoro educativo e formativo su una scala
paragonabile a quella dei salesiani, all’epoca. Cf S. STYRNA, Zgromadzenie Salezjan´ skie w
Polsce w poszukiwaniu…, pp. 11-34.
43 Si veda Tadeusz ROZMUS, Obecny stan szkolnictwa salezjan´ skiego w Polsce [Situazione
attuale delle scuole salesiane in Polonia], in “Seminare” 14 (1998) 187; Zygmunt ZIELIN´ SKI,
Ko´sciół w Polsce 1944-2002 [La Chiesa in Polonia 1944-2002]. Polskie Wydawnictwo
Encyklopedyczne, Radom 2003, pp. 439-448.

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L’ATTIVITÀ PASTORALE-EDUCATIVA DEI SALESIANI NELLE
NUOVE REPUBBLICHE DELL’UNIONE SOVIETICA: I
CONDIZIONAMENTI SOCIALI E POLITICI DELL’APOSTOLATO
SALESIANO
Waldemar Witold Z˙urek*
Introduzione
Nel 1939, quando scoppiò la seconda guerra mondiale, i salesiani delle due
ispettorie polacche, di san Stanislao Kostka e di san Giacinto, lavoravano rag-
gruppati in 46 centri di cui 11 pastorali. Durante la guerra subirono grandi per-
dite. Assassinati nei campi di concentramento nazisti, nelle selvagge terre dei
gulag sovietici, incarcerati e spesso torturati nelle prigioni sovietiche e/o tede-
sche, offrivano la vita al Signore in sacrificio per la fede, per il sacerdozio e il la-
voro con i giovani nello spirito di san Giovanni Bosco e per la patria. Questo
genere di impegno, che essi stessi consideravano anche l’espressione del proprio
patriottismo, era ritenuto dai tedeschi estremamente ostile1.
In seguito alla guerra e ai cambiamenti geopolitici in Europa, lo Stato polac-
co che nel 1939 aveva 35 milioni di abitanti su una superficie di 388 mila km
quadrati, perse 181 mila km quadrati dei suoi territori orientali con i loro 13
milioni di abitanti; fino al 1939 vi avevano funzionato 11 centri salesiani. I ter-
ritori orientali perduti furono annessi dall’URSS, e per quasi mezzo secolo
avrebbero fatto parte delle repubbliche sovietiche lituana, ucraina e bielorussa2.
Gli undici salesiani polacchi che dopo il 1945 rimasero “in terra straniera”, cioè
in quei territori perduti dalla Polonia dopo la definizione, da parte dei Tre Grandi
(USA, GB, URSS) delle frontiere della Polonia postbellica, ovvero della Repubblica
Popolare Polacca, furono consumati dal compito di seminare il Vangelo nel pianto
dovuto alla solitudine, non certo al dubbio. Nonostante la soppressione di case e
* Salesiano, docente dell’Università Cattolica Giovanni Paolo II di Lublino e presso lo
Studentato Teologico Salesiano di Cracovia.
1 Jan KRAWIEC, Powstanie Towarzystwa ´sw. Franciszka Salezego oraz jego organizacja i
działalno´s´c na ziemiach polskich [La nascita della Società di S. Francesco di Sales, la sua orga-
nizzazione e attività sulle terre di Polonia]. Kraków 2004, p. 162.
2 Wojciech ROSZKOWSKI, Historia Polski 1914-1996 [La storia della Polonia 1914-1996].
Warszawa 1997, pp. 155-157; Olgierd TERLECKI, Najkrótsza historia drugiej wojny s´wiatowej
[Brevissima storia della seconda guerra mondiale]. Kraków-Wrocław 1984, p. 334.

47.10 Page 470

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470 Waldemar Witold Z.urek
centri pastorali salesiani, questi salesiani rimasero al proprio posto per offrire l’assi-
stenza pastorale ai polacchi e a tutti i cattolici che popolavano ancora quelle terre.
Questi undici polacchi, membri della congregazione salesiana e della Chiesa,
ebbero in sorte di vivere e lavorare per il regno di Dio in condizioni di estrema
difficoltà, nei territori in cui, dopo la seconda guerra mondiale, fu deciso di
estirpare Dio dai cuori umani.
Oggi, quando come mai prima è possibile farlo, è necessario svelare la verità,
dolorosa e anche difficile, sul loro lavoro, sui sacrifici e sulla dedizione profusa
nella missione evangelizzatrice che questi uomini realizzarono. Nonostante la
memoria dei testimoni di molti eventi e dettagli sia oramai offuscata e molti di
loro, per ovvi motivi, preferiscano ancora oggi tacere, noi che siamo vivi, noi
confratelli – e non solo – non possiamo esimerci dal dovere di documentare al-
meno qualche frammento della storia di questi confratelli, le cui vicende e i cui
destini sono stati finora noti solo a Dio stesso e a pochi altri testimoni.
Questi salesiani si accinsero a predicare il Vangelo e a tenere viva la speranza
della fede senza badare ai pericoli di varia natura che ne derivavano, o all’incer-
tezza del destino della semina evangelica in un paese comunista, in cui, nel No-
vecento, la Chiesa fu perseguitata con ogni mezzo e in cui si cercò di annientare
il seme della fede impiantato nel cuore e nella mente dell’uomo. Ma i comunisti
sovietici non sono riusciti nel loro intento, hanno vinto i martiri, e la Chiesa lo-
cale, ridotta nelle catacombe, guadagnò martiri a milioni. Di questa Chiesa rus-
sa, in parte clandestina, un monaco olandese, fondatore della meritevole orga-
nizzazione “Kirche in Not”, scriveva: “La Chiesa in Russia non è morta. Essa
soffre con Cristo, ma anche vive con Cristo”3. Tra coloro che non permisero che
quella Chiesa morisse, vi furono i sacerdoti e i religiosi polacchi, tra cui anche i
salesiani: figure di eroi e martiri, le cui vite e attività, consumate nelle zone occi-
dentali e meridionali dell’Unione Sovietica, vorrei tratteggiare brevemente qui.
Per questo intervento ho attinto alle fonti e ai materiali d’archivio, basando-
mi soprattutto sulle relazioni dei parrocchiani ancora in vita, nonché sulle pub-
blicazioni disponibili sul tema del lavoro dei salesiani nei Territori Orientali an-
nessi dopo il 1945 all’Unione Sovietica.
1. La realtà ecclesiale nell’Unione Sovietica
Dopo la vittoria della rivoluzione bolscevica in Russia, realizzando la dottri-
na del marxismo-leninismo il partito comunista si pose alla guida del popolo
3 Padre Werenfried van Straaten (1913-2003) fu l’iniziatore degli aiuti ai bisognosi. Nel
1948 fondò l’opera Osterpriesterhilfe, trasformatasi poi in un’organizzazione di ben più am-
pio respiro, la Kirche in Not [Aiuto alla Chiesa che soffre]. Dopo la caduta del comunismo
nell’Unione Sovietica, l’attività della Kirche in Not si è diretta, prima di tutto, alla Russia, per
venire in aiuto anche agli ortodossi. Attualmente aiuta i cristiani di 140 paesi, esamina ogni
anno circa nove mila domande e distribuisce gli aiuti finanziari per la somma di 70 milioni
di euro. Nel 1984 la Santa Sede ha riconosciuto l’opera come associazione dei credenti pub-
blica e universale. http://www.voxdomini.com.pl/ruchy/kirche.html del 2 X 2007.

48 Pages 471-480

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48.1 Page 471

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L’attività pastorale-educativa dei Salesiani nelle nuove repubbliche dell’Unione Sovietica 471
quale forza determinante la direzione dello sviluppo della società. Le autorità
statali dovevano limitarsi a seguire le sue indicazioni. Di conseguenza, per lo
Stato, trattare la religione come una questione privata dei cittadini diventava
impossibile, dato che le premesse ideologiche del partito prevedevano che lo
Stato combattesse la religione e promuovesse l’ateismo. Così, la categoria della
libertà di religione da privata si trasformò in politica, nemica del partito, e quin-
di da debellare ad opera di entrambi, partito e Stato.
L’attacco fu sferrato anche contro la Chiesa cattolica presente nell’Unione
Sovietica. Le sue strutture furono distrutte quasi completamente ancor prima
della seconda guerra mondiale, e tale stato di cose si sarebbe mantenuto fino al
crollo dell’URSS. I resti (le parrocchie) sono sopravvissuti in Ucraina occidenta-
le, in Bielorussia e nelle repubbliche baltiche – soprattutto in Lituania, dove le
autorità comuniste ammettevano l’esistenza delle strutture della Chiesa cattolica
con le sue gerarchie. In quei territori la maggioranza della popolazione era cat-
tolica, le strutture ecclesiali, ben organizzate, godevano di un forte appoggio
della società e il fatto non poteva essere ignorato né dalle autorità locali della re-
pubblica, né da quelle centrali di Mosca.
Dunque, nel 1945 la Polonia perdeva i suoi territori orientali. Prima della
guerra le case salesiane di quelle regioni appartenevano a due province ecclesia-
stiche: l’arcidiocesi di Vilnius e quella di Leopoli. Quelle che facevano capo a
Leopoli appartenevano all’Ispettoria meridionale, intitolata a san Giacinto, con
sede a Cracovia, ed erano situate a Daszawa, a Drohowyz˙e, a Leopoli (due case),
a Brodki (filiale della casa di Leopoli in allestimento), e a Tudorów (in allesti-
mento). Le case perdute dell’Ispettoria settentrionale di San Stanislao Kostka,
con sede a Varsavia, facevano parte dell’arcidiocesi di Vilnius, ed erano situate a
Dworzec, a Kurhan, a Reginów, a Vilnius (due), e a Kamienny Most (filiale del-
la casa di Vilnius, in via Stefa´nska 41)4.
Dopo il 1945 i territori dell’arcidiocesi di Leopoli si ritrovarono in maggior
parte nei confini della Repubblica Socialista d’Ucraina sovietica, una parte mi-
nore rimase alla Polonia. Con la soppressione delle case salesiane, in Ucraina
non rimase nessun salesiano. Le autorità comuniste, dopo essersi impadronite di
relativi edifici e beni, ordinarono ai salesiani che vi lavoravano, come, del resto,
a tutti i polacchi residenti nella regione, di partire per la neoproclamata Repub-
blica Popolare Polacca nell’ambito della campagna del cosiddetto “rimpatrio”
obbligatorio, da poco avviata5.
4 Waldemar Witold Z˙UREK, Moz˙liwo´sci i formy duszpasterzowania w powojennej rzeczy-
wisto´s´ci na terenach europejskich republik radzieckich [Le possibilità e le forme della pastorale
salesiana nella realtà postbellica delle repubbliche sovietiche europee], in “Archiwa Biblioteki i
Muzea Ko´scielne” 87 (2007) 320.
5 W. Z˙UREK, Oddzia~l ywanie duszpasterskie salezjanów w Ko´sciele katolickim na Ukrai-
nie [L’influsso pastorale dei salesiani nella Chiesa cattolica in Ucraina], in “Archiwa Biblio-
teki i Muzea Ko´scielne” 85 (2006) 410-412; ID., Moz˙liwo´sci i formy duszpasterzowania...,
p. 320.

48.2 Page 472

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472 Waldemar Witold Z.urek
Dopo l’entrata dell’Armata Rossa a Vilnius nel luglio del 1944, fu ripristina-
ta la Repubblica Socialista Lituana Sovietica6. Automaticamente vi entrò in vi-
gore lo stesso programma ideologico dell’URSS. L’arcidiocesi di Vilnius fu divi-
sa da confini politici in due parti – polacca e sovietica, e quest’ultima fu divisa
ulteriormente in due parti, lituana e bielorussa. Quando il fronte bellico si spo-
stò verso l’occidente (1944-1945), le chiese non distrutte da operazioni militari
continuarono a funzionare, gli ordini religiosi svolgevano la propria attività, i
sacerdoti imprigionati, liberati, ritornavano a casa, e ritornò anche l’Arcivescovo
di Vilnius, Mons. Romuald Jałbrzykowski (1876-1955)7.
Tutti si domandavano con preoccupazione quale sarebbe stato l’atteggiamen-
to delle nuove autorità comuniste verso la Chiesa cattolica. La politica in questo
campo fu affidata al Consiglio per i Culti Religiosi istituito nel maggio 1944
presso il Consiglio dei Commissari del Popolo (dal 1946 il Consiglio dei Mini-
stri) dell’URSS, mentre nelle repubbliche interne dell’Unione, in quelle autono-
me e nelle circoscrizioni furono istituiti uffici del Delegato (procuratore) del
Consiglio per i Culti Religiosi. Per la Repubblica Socialista Lituana Sovietica ta-
le ufficio fu istituito il 6 ottobre 1944.
Il Consiglio per i Culti Religiosi e i suoi Delegati dovevano ricevere dalle au-
torità, centrali e locali, tutte le informazioni e i documenti relativi ai culti reli-
giosi, e istituire apposite commissioni al fine di elaborare soluzioni concrete in
6 Dopo l’occupazione sovietica della Lituania, il 21 VII 1940 il senato popolare lituano
approvò la trasformazione della Lituania in una repubblica sovietica. Con il decreto del
Consiglio Supremo dell’Unione Sovietica, il 3 agosto del 1940 la Repubblica di Lituania di-
ventò parte dell’URSS fino all’invasione dei Tedeschi nel giugno 1941. Cf W. ROSZKOWSKI,
Historia Polski..., pp. 93-94.
7 Stanisław HOŁODOK, Ja~l brzykowski Romuald, in “Encyklopedia Katolicka”, Vol. 7.
Lublin 1997 coll. 737, 738; Adam SZOT, Abp Romuald Ja~l brzykowski metropolita wile´nski
[Mons. Romuald Ja~l brzykowski Arcivescovo metropolita di Vilnius]. Lublin, p. 2002; Irena
MIKŁASZEWICZ, Polityka sowiecka wobec Ko´scio~l a katolickiego na Litwie 1944-1965 [La po-
litica sovietica nei confronti della Chiesa cattolica in Lituania 1944-1965]. Warszawa 2002,
p. 193. L’arcivescovo Romuald Jałbrzykowski nacque a Łetowo-Da˛bie (Łom˙za). Studiò
teologia a Sejny e a S. Peterburgo, dove nel 1901 ricevette l’ordinazione sacerdotale. Dal
1902 insegnante, dal 1909 vicerettore del Seminario di Sejny. Nel 1915 si trasferì con la
curia e il seminario a Mohylew. Dal 1918 vescovo ausiliare di Sejny. Organizzò la curia e il
seminario di Łom˙za, di cui diventò il primo rettore. Nel 1925 nominato vescovo ordinario
della nuova Diocesi di Łom˙za, l’anno seguente nominato arcivescovo di Vilnius. Nel 1927
incoronò l’immagine della Madonna di Ostra Brama. Nel 1931 organizzò a Vilnius il pri-
mo Congresso Eucaristico, e 14 congressi decanali. Nello stesso anno convocò il sinodo ar-
cidiocesano di Vilnius, il primo dal 1744, e, nel 1939, un congresso provinciale. Durante
la guerra 1942-1944 fu internato a Mariampol dai nazisti; nel gennaio 1945 arrestato dai
comunisti e rinchiuso nel carcere di Łukiszki (Vilnius). Liberato dopo un mese per motivi
di salute, gli fu ordinato di non allontanarsi dalla città; con il decreto del 4 VI 1945, ema-
nato dal Collegio Straordinario, espulso dall’Unione Sovietica. Il 15 VII 1945 si stabilì a
Białystok, per occuparsi dell’amministrazione della parte polacca della sua arcidiocesi e or-
ganizzare la curia e il tribunale diocesano; si prese cura della facoltà teologica e del semina-
rio che vi furono trasferiti da Vilnius. Morì a Białystok il 19 VI 1955.

48.3 Page 473

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L’attività pastorale-educativa dei Salesiani nelle nuove repubbliche dell’Unione Sovietica 473
materia. Il Consiglio ricorse ai più svariati mezzi per indebolire il ruolo e la po-
sizione della Chiesa cattolica. Il tentativo, partito da Mosca, di contrapporre al
cattolicesimo l’ortodossia, fu presto sostituito dalla proposta alternativa di fon-
dare in Lituania una chiesa autocefala, sganciata dalla Santa Sede. Per realizzare
tale obiettivo si raccomandava il metodo di “azioni risolute contro il clero rea-
zionario”. In seguito a questa politica, constatata la mancanza di lealtà del clero
nei suoi confronti, nell’agosto del 1944 nella repubblica lituana furono effettua-
ti i primi arresti dei sacerdoti cattolici8.
Già nel 1944 i vescovi si erano opposti all’ordine che imponeva di cessare
l’insegnamento del catechismo ai bambini; nell’ottobre dello stesso anno l’arci-
vescovo Jałbrzykowski ordinava che la catechesi fosse svolta nelle chiese o nelle
canoniche. Non riuscì nemmeno il tentativo di istituire un registro delle comu-
nità religiose (le parrocchie), sempre per l’opposizione delle gerarchie ecclesiasti-
che. É stato possibile farlo solo a metà del 1948, dopo l’approvazione, da parte
della Presidenza del Consiglio Supremo della Repubblica Socialista Lituana So-
vietica, del decreto del 19 giugno 1948 sulla “nazionalizzazione di case di pre-
ghiera, monasteri ed edifici residenziali di proprietà delle comunità religiose”.
Di immobili elencati nel decreto, così rapinati, si impadronirono gli enti locali
dell’amministrazione comunale.
Si può dire che l’anno 1948 fu un punto di svolta nella politica delle autorità
comuniste verso la Chiesa cattolica. Fino ad allora le relazioni Stato-Chiesa era-
no state abbastanza buone: i fedeli potevano praticare la fede, i sacerdoti eserci-
tare senza particolari impedimenti il ministero, e il numero delle chiese era suf-
ficiente. Nel 1948 tutto cambiò: il decreto sulla nazionalizzazione delle case di
preghiera e degli immobili di proprietà degli ordini religiosi, il divieto efficace
di catechesi nelle chiese, l’obbligo di registrazione delle parrocchie e la cosiddet-
ta “ventina” [comitato parrocchiale di venti membri, imposti dalle autorità – ndt.],
restringevano alquanto le opportunità del clero di relazionarsi con i fedeli.
Lo scopo della politica comunista era dunque l’assoggettamento della Chiesa
cattolica alla legislazione sovietica, i cui effetti non si fecero attendere molto.
Già nel giugno 1948 la maggior parte delle chiese di Vilnius fu chiusa. Dopo di
che le autorità statali ordinarono il trasferimento dei sacerdoti dalle città alle
campagne, lasciando nelle parrocchie urbane solo il clero “progressista”.
Il decreto del 19 giugno 1948, citato sopra, puntava chiaramente contro la
Chiesa cattolica lituana che da alcuni anni boicottava l’ordine di registrare le par-
rocchie e di istituire le “ventine”. La registrazione delle comunità religiose presen-
ti in Lituania ebbe luogo dopo l’emanazione della legge del 13 settembre 1948,
da parte del Consiglio dei Ministri della Repubblica, “sulla registrazione delle co-
munità religiose e sul divieto di insegnamento collettivo della religione ai bambi-
ni”. Le comunità non registrate dovevano essere soppresse e i loro edifici di culto
chiusi. Altri atti legislativi riguardanti le questioni religiose furono emanati nei
primi Anni ’60 del secolo scorso, all’apice della campagna di ateizzazione attuata
8 I. MIKŁASZEWICZ, Polityka sowiecka…, p. 28.

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474 Waldemar Witold Z.urek
nell’Unione Sovietica. Il 22 giugno 1961 il Consiglio dei Ministri della repubbli-
ca lituana emanò un provvedimento sulla “intensificazione dei controlli sull’os-
servanza delle leggi in materia dei culti religiosi”, accompagnato da una serie di
disposizioni esecutive. Il 16 giugno 1962 il Consiglio dei Ministri deliberò “il di-
vieto fatto ai sacerdoti di effettuare visite natalizie nelle case sul territorio della
Repubblica Socialista Lituana Sovietica”. Il decreto del Consiglio dei Ministri del
12 febbraio 1965 autorizzava l’intensificazione dei controlli sulle associazioni re-
ligiose, affidati ad apposite commissioni di controllo istituite presso i Comitati
esecutivi dei soviet nelle città e nelle zone speciali. In pratica veniva introdotto il
controllo delle autorità amministrative sulla vita religiosa.
Per le autorità comuniste lituane il problema più importante era costituito
dalla popolazione polacca, maggioritaria nelle aree intorno a Vilnius e dentro la
città. Le direttive arrivarono a Vilnius da Mosca, e si finì per decretare il cosid-
detto “rimpatrio” dei polacchi residenti nel territorio della repubblica lituana. In
base ad un accordo bilaterale tra Polonia e Lituania, firmato a Lublino il 22 set-
tembre 1944, il rimpatrio dei polacchi doveva essere effettuato tra il 1 dicembre
1944 e il 1 aprile 1945. L’operazione incontrò fortissima opposizione dei polac-
chi che, posti di fronte all’obbligo di partire, non volevano abbandonare le terre
natie. Solo a Vilnius, in effetti, i polacchi costituivano l’80% della popolazione.
Il 20 gennaio 1945 risultava che appena 7,4 mila persone si erano presentate
per il ‘rimpatrio’, mentre il numero dei residenti polacchi era stimato in 380
mila. Pertanto, gli ultimi trasporti di ‘rimpatriati’ lasciarono il paese solo nell’e-
state del 19479.
A quel “rimpatrio” venivano costretti tutti i polacchi, inclusi i loro pastori.
Questi ultimi furono fatti oggetto di repressioni, intimidazioni e ricatti. La
maggior parte di loro parti10. Cedendo alle pressioni, anche Mons. Jałbrzykow-
ski decise di partire. Per effetti di questa politica, una notevole parte della popo-
lazione civile abbandonò le proprie case.
E i salesiani? Il superiore dell’Ispettoria di san Stanislao Kostka, don Woj-
ciech Balawajder, riteneva che, visto che i polacchi partivano, un’ulteriore per-
manenza da quelle parti dei confratelli della sua ispettoria non fosse più necessa-
9 Ibid., pp. 163-164: Nei confronti dei riluttanti furono adottate diverse misure restrit-
tive: veniva tolto loro il diritto alla tessera alimentare e quello all’alloggio comunale. I me-
dici che rilasciavano falsi certificati di malattia ai polacchi dovevano risponderne penal-
mente.
10 Dei 212 sacerdoti impiegati nel 1945 nella parte lituana dell’arcidiocesi di Vilnius,
112 partirono per la Polonia (secondo S. Vardys – 150, secondo l’Arciv. M. Reinys – 110).
La loro decisione di ritornare in Polonia non sempre fu giudicata in modo positivo dai po-
lacchi che rifiutarono di farlo. I membri del clero che scelsero di rimanere nell’URSS, p.e.
i membri del capitolo di Vilnius, i prelati L. Chalecki, L. Z˙ebrowski, Jan Ellert, don Paweł
Bekisz, e don Józef Obre˛bski, furono sottoposti alla sorveglianza degli organi di sicurezza
in quanto giudicati ostili al potere sovietico. Furono sorvegliati anche dai delatori, presenti
perfino nella cerchia dei collaboratori più stretti. Cf Adam HLEBOWICZ, Ko´sciół odrodzony
[Chiesa rinata]. Gda´nsk 1993, p. 43; I. MIKŁASZEWICZ, Polityka sowiecka…, pp. 177-178.

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L’attività pastorale-educativa dei Salesiani nelle nuove repubbliche dell’Unione Sovietica 475
ria. Nella lettera del 4 maggio 1945, in cui chiedeva a don Jan Wielkiewicz di
Nowojelnia (Repubblica Socialista Bielorussa Sovietica) di rientrare, lo pregò
anche di informare in tal senso i salesiani che, all’epoca, si trattenevano ancora a
est del nuovo confine polacco. Avendo ottenuto in risposta informazioni detta-
gliate sulla percentuale dei polacchi che ancora vi risiedevano e sul numero delle
chiese ancora attive, don Balawajer non insistè per il rientro di quei salesiani:
“Non ho niente in contrario che tu vi rimanga fino a quando il tuo lavoro sarà
necessario ai parrocchiani”, scriveva. Lo stesso criterio fu adottato dall’Ispettore
con gli altri confratelli: loro stessi dovevano decidere secondo coscienza, e ne
avrebbero risposto a Dio soltanto, dove erano più necessari: all’Est, o in
Polonia11. Tuttavia, alla fine don Balawajder aggiungeva: “Pertanto vi aspetto, vi
aspetto e non vedo l’ora”. Nell’aprile del 1946 don Chodanionek, scrivendo al-
l’Ispettore delle case orientali salesiane ai tempi della guerra, don Pływaczyk, lo
rassicurava sulla sua immutata devozione e affetto e lo pregava di trasmettere un
saluto a tutti i confratelli salesiani di sua conoscenza12.
Un mese dopo (giugno 1946), don Balawajder espresse di nuovo, aperta-
mente, a don Chodanionek la profonda comprensione per la decisione di resta-
re sul posto, aggiungendo: “Aspetto il rientro di tutti voi non appena il vostro
soggiorno là o il lavoro nelle parrocchie risultino inattuabili”. Procedeva poi a il-
lustrare ai confratelli l’immensità dei bisogni e delle opportunità di lavoro in
Polonia: “Qui c’è moltissimo lavoro. Le località dove si sono insediati i rimpa-
triati sono spesso del tutto prive di assistenza pastorale per mancanza di preti”13.
Nella parte lituana dell’Arcidiocesi di Vilnius rimasero nove salesiani appar-
tenenti all’Ispettoria di S. Stanislao Kostka: otto sacerdoti e un frate. I sacerdoti
erano: Michał Franciszek Bulowski, Bronisław Chodanionek, Kazimierz Ryszard
Grzegorczyk, Tadeusz Hoppe, Ryszard Stohandel, Jan Franciszek Tokarski, Sta-
nisław Toporek, Jan Ignacy Wielkiewicz e Ludwik Witkowski. Il coadiutore
Wojciech Wiertelak, impiegato in un kolchoz come semplice manovale, non era
percepito come membro di un ordine religioso. I testimoni ancora in vita lo ri-
cordano come un uomo probo ed equilibrato che pregava molto14.
La repressione delle autorità sovietiche era diretta contro gli ordini religiosi
e, di conseguenza, la maggior parte di loro se ne andò in Polonia, lasciando in
ciascuna casa un solo confratello. Un progetto di legge del Consiglio dei Mini-
11 Il caso di don Jan Kapusta fu un’eccezione. Arrestato dai sovietici il 29 XI 1939 a
Dworzec, fu deportato e imprigionato in un gulag sovietico. Scontata quella pena, fu con-
dannato al soggiorno obbligato. Tornò in Polonia il 30 XII 1955, dopo 9 anni di tentativi
di farlo rilasciare.
12 ASIW, T. Ks. Wielkiewicz Jan. Don W. Balawajder a don J. Wielkiewicz, dell’ 8. III
1946; Waldemar Witold Z˙UREK, “Je´ncy na wolno´sci”. Salezjanie na terenach byłego ZSRR po
drugiej wojnie ´swiatowej [“Prigionieri in libertà”. Salesiani nei territori dell’ex Unione Sovieti-
ca dopo la II guerra mondiale]. Kraków, Wydawnictwo-Poligrafia Salezja´nska 1998, pp. 54,
234-235.
13 Ibid., p. 54.
14 A. HLEBOWICZ, Ko´sció~l …, p. 43; I. MIKŁASZEWICZ, Polityka sowiecka…, p. 178.

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476 Waldemar Witold Z.urek
stri lituano “sulla soppressione delle case delle congregazioni religiose”, prepara-
to dal delegato lituano del Consiglio per i Culti Religiosi Bronius Pusinis, pre-
vedeva che il Ministero della Sicurezza dello Stato provvedesse alla eliminazione,
entro il 15 luglio 1948, di tutti i centri religiosi abbandonati dalle congregazioni
religiose con la loro partenza per la Polonia.
Fra i religiosi da deportare, elencati nel documento (carmelitani, missionari,
un redentorista e un francescano), vi era anche il nostro confratello salesiano
don Stanisław Toporek. Tra il 1948 e il 1949 tutti i religiosi segnalati nell’elenco
furono costretti a lasciare Vilnius. Se anche qualcuno di loro evitò la prigione,
nel migliore dei casi potè soltanto dedicarsi alla pastorale in qualche parrocchia
di campagna, quando non fu privato del diritto di celebrare pubblicamente il
culto per non avere rinnegato la propria appartenenza all’ordine15.
Tale politica provocò la dispersione degli ordini religiosi. I loro membri, an-
che i salesiani, si dedicarono al lavoro nelle parrocchie, mentre la stessa ammis-
sione dell’appartenenza ad un ordine religioso fu vietata. Le religiose furono co-
strette a dismettere le loro vesti. Tuttavia, trovatisi vari impieghi in diversi luo-
ghi e professioni, le suore continuarono a condurre una vita comunitaria clan-
destina. Le persecuzioni dei fedeli e dei loro pastori a causa della professata fede
cattolica non riuscirono a spezzare i saldi principi morali della Chiesa locale.
Anzi, nel periodo delle persecuzioni più gravi, in alcune comunità parrocchiali
l’assiduità dei fedeli addirittura cresceva.
Le autorità sovietiche usarono metodi raffinati nel vessare il clero: interroga-
tori, convocazioni a presentarsi “per un colloquio” negli uffici per i culti, visite
regolari della polizia presso le canoniche, minacce, persuasioni, tentativi di ac-
cusa per crimini commessi (il commercio degli oggetti di culto era considerato
tale), rifiuti di concedere il permesso di lavoro ad un pastore (la c.d. spravka), ri-
fiuti di concedere la residenza, incarcerazioni, deportazioni nei gulag. Venivano
perseguitati e puniti per l’inosservanza delle leggi sovietiche, specialmente nel-
l’ambito religioso: per l’insegnamento della religione, per avere accolto in chiesa
bambini e minori di 18 anni, per avere organizzato processioni, per il mancato
pagamento delle esorbitanti tasse.
Per parlare del lavoro dei salesiani svolto nell’Est dopo il 1945, prima biso-
gnerebbe rispondere alla domanda perché avessero deciso di restarvi. Tutti erano
originari della Polonia centrale o meridionale16, e quindi nemmeno i vincoli fa-
migliari furono da essi considerati al momento della scelta. E poi c’è da porsi al-
tre domande ancora: fino a che punto era possibile in quelle terre il lavoro nello
spirito salesiano di San Giovanni Bosco? Questi confratelli, furono trattati dai
gerarchi della Chiesa come religiosi e salesiani? E loro stessi, si sentivano salesia-
ni? si tenevano in contatto con i superiori in Polonia? I superiori in Polonia, li
trattavano come confratelli loro sottoposti? Quali possibilità avevano e fino a
15 W. Z˙UREK, Moz˙liwo´sci i formy duszpasterzowania…, p. 321.
16 Solo don Bronisław Chodanionek era nativo della parte orientale dell’arcidiocesi di
Vilnius, oggi Bielorussia.

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L’attività pastorale-educativa dei Salesiani nelle nuove repubbliche dell’Unione Sovietica 477
che punto realizzavano nel loro lavoro pastorale l’ideale del lavoro con i giovani
secondo lo spirito di San Giovanni Bosco? Cercherò di rispondere a questi in-
terrogativi entro i limiti del possibile.
La politica delle autorità verso la Chiesa fu in qualche misura più mite in Li-
tuania, rispetto al resto dell’impero sovietico. Vi risiedeva un numero relativa-
mente consistente di cattolici, e probabilmente il potere non voleva inasprire il
confronto. Così, solo per le necessità interne della repubblica, nella città di Kau-
nas funzionava un Seminario Maggiore Interdiocesano. Vi studiavano i candida-
ti al sacerdozio provenienti dalle diocesi lituane. Le autorità comuniste poneva-
no un limite al numero dei seminaristi, che per l’anno scolastico 1946/47 fu di
150 persone. Sembrano tante, ma le necessità erano molto superiori, considera-
to l’intero territorio del paese e l’elevato numero di decessi dei sacerdoti anzia-
ni17. L’altro seminario, situato nella vicina repubblica lettone, a Riga, riuniva i
candidati di tutto il territorio dell’Unione Sovietica. Anche lì vigeva il numerus
clausus. Prima di cominciare gli studi in quell’ateneo ecclesiastico, un candidato
doveva ottenere il permesso del Delegato del Consiglio per i Culti Religiosi.
1.1. I rapporti con la Congregazione e con i superiori in Polonia
La decisione di rimanere nell’URSS doveva essere presa, individualmente, da
ogni confratello salesiano, dopo avere riflettuto seriamente. Di sicuro, prima di
decidere venivano presi da dubbi e perplessità su cosa sarebbe stato meglio fare
per sé, per la Congregazione, per la Chiesa, anche dal punto di vista umano.
Dai documenti si evince che sulla decisione definitiva di rimanere, influì la
preoccupazione per i bisogni spirituali dei connazionali e dei cattolici in genera-
le che vi risiedevano e che, nonostante le pressioni delle autorità sovietiche, non
vollero abbandonare il suolo natio né rinunciare alla nazionalità polacca, e tanto
meno alla fede. Proprio pensando a loro, dal 1945 ormai cittadini dell’Unione
Sovietica, questi salesiani decisero di restare e offrire la necessaria assistenza pa-
storale. In effetti, in alcune parrocchie (Ejszyszki) fu esigua la percentuale dei
polacchi che partirono. Solo in un caso (don Chodanionek) furono considerate
anche le ragioni di famiglia, per via della madre, Józefa, che era necessario man-
tenere e assistere. Sulla decisione dei confratelli i superiori non influirono in al-
cun modo. Anzi, ancora nel 1946, quando alcuni confratelli ritornarono dal-
l’Est (don Henryk Czepułkowski, don Marian Kamin´ ski, coadiutore Stanisław
Baca-Baczy´nski), i superiori continuavano ad aspettare gli altri e ad informarli
che, in Polonia, ai salesiani si erano intanto aperte molte opportunità, che si po-
17 Il seminario interdiocesano a Kaunas esisteva già prima, ma la delibera del 9. II. 1945
del Consiglio dei Commissari del Popolo della Repubblica socialista lituana sull’apertura
del seminario a Kaunas fu una semplice formalità. Il suo scopo era “la chiusura del Semina-
rio di Vilnius, reazionario e nazionalista polacco e, allo stesso tempo, il disarmo del clero
cattolico” (I. MIKŁASZEWICZ, Polityka sowiecka…, p. 174). Data la situazione, nella prima-
vera 1945 l’arciv. Jałbrzykowski fece trasferire il Seminario Maggiore di Vilnius a Białystok.

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tevano costruire nuovi centri nei territori orientali e settentrionali (le cosiddette
Terre Recuperate) assegnati nel 1945 alla Polonia, restituiti all’antica Madrepa-
tria dopo la plurisecolare schiavitù18.
Scrivendo ai superiori e ai confratelli in Polonia, questi uomini firmavano le
lettere dichiarandosi sempre confratelli salesiani19. Nel 1946, don Bronisław Cho-
danionek rivolse una pressante preghiera a don Marian Kami´nski, suo confratello
che stava partendo per la Polonia, affinché questi rassicurasse tutti i salesiani che
egli era ancora un loro confratello, membro fedele della congregazione. Con il
passare del tempo don Chodanionek cominciò ad avvertire sempre più acuta-
mente la nostalgia della vita comunitaria. E nella lettera a don Pływaczyk, del 30
luglio 1946, promise che avrebbe sempre ricordato, nel memento della messa, le
necessità della Congregazione e del Superiore, di cui si dichiarava devoto figlio20.
Ricevevano, sì, le lettere dalla Polonia, ma il più delle volte con un gran ri-
tardo. Se ne lamentavano, scusandosi per avere risposto, a volte, tardi “dato che
queste notizie ci giungono come se fossero inviate da un altro mondo, come a
qualcuno che dal mondo è stato escluso” (lettera di don Toporek da Ławaryszki
all’Ispettore, il 28 dicembre 1959). Negli anni seguenti gli scambi epistolari fu-
rono ostacolati e sottoposti a censura. Pertanto i salesiani, o i laici che scriveva-
no a nome loro in Polonia, presero a indicare sulla busta altri mittenti21.
Un’occasione per ravvivare i rapporti con i confratelli rimasti nell’Est, fu of-
ferta dal viaggio nel circondario di Vilnius del neopresbitero salesiano don
Władysław Mikulewicz22, il quale, ordinato sacerdote il 29 giugno 1956, volle
18 W. Z˙UREK, Je´ncy na wolno´sci…, p. 55.
19 “Bacio le venerabili mani del Reverendissimo Signor Ispettore. Devoto in Cristo, Jan
Wielkiewicz sac.” (1945). “Ricorderò i bisogni della Congregazione e del Superiore di cui
sono figlio devoto in Cristo” (don Chodanionek 1946): “Vs. fratello affezionato e grato,
sac. Jan” (Kapusta 1954); “Vs. confratello, Stanisław Toporek sac.” (Toporek 1959), “Caro
Ispettore Reverendissimo” (Toporek nel 1975).
20 W. Z˙UREK, Je´ncy na wolno´sci…, p. 52.
21 “A lui [don Wielkiewicz – W.Z˙.] si può scrivere, ma con molta cautela. Piuttosto, ci si
potrebbe aspettare notizie più estese da loro […]serva da esempio la cartolina che allego,
scritta in russo dal suo organista” (don St. Baranowski nell’agosto del 1948 da Skarbowo al-
l’ispettore W. Balawajder). “ Da don Jan Wielkiewicz [è arrivata] una lettera scritta non di
sua mano e firmata con il nome della sua anziana perpetua. Anche l’indirizzo indicato non è
quello vero. Ecco la prudenza, necessaria per non arrecare danni” (don Baranowski da Florc-
zaki 14 IX 1949 all’ispettore W. Balawajder). “Non ho scritto direttamente a don Wielkie-
wicz[…]per non richiamare l’attenzione delle autorità[…]ho scritto all’indirizzo di una si-
gnora che mi risponderà”. (J. Michałowska da Poznan´ il 19 I 1953 all’ispettore). “La prego
di inviare la riposta a mio cognato scrivendo l’indirizzo in russo” (La signora Leokadia, scrive
da Krulikowszczyzna – Bielorussia il 29 IV 1960 a Zofia, sorella di don Witkowski).
22 Don Mikulewicz nacque il 5 XII 1927 a Werki, nei pressi di Vilnius. Figlio di
Wacław e Felicja Baniewicz. Nell’ambito della campagna per il rimpatrio dei polacchi, alla
fine degli anni ’50 giunse in Polonia con l’ultimo trasporto dei connazionali. Nel 1947 co-
minciò il noviziato a Kopiec presso Czestochowa, dove emise la professione temporanea il
15 VIII 1948. Dopo gli studi filosofici (1948-1950) e il tirocinio a Twardogóra, studiò la

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L’attività pastorale-educativa dei Salesiani nelle nuove repubbliche dell’Unione Sovietica 479
subito dopo visitare i luoghi natii e i parenti. Portava con sé lettere dalla Polonia
che però gli furono confiscate alla frontiera. Durante la visita incontrò alcuni
confratelli: don Kazimierz Grzegorczyk a Łyntupy, don Stanisław Toporek a Ba-
lingrodek e don Tadeusz Hoppe a Ławaryszki. Don Hoppe gli preparò una ma-
gnifica festa per la prima messa da sacerdote, in cui don Mikulewicz tenne un’o-
melia sulla vocazione sacerdotale. Vi fu anche una processione teoforica, con i
gonfaloni e le fanciulle biancovestite, un pranzo di gala e, per chiudere i festeg-
giamenti, una piccola rappresentazione in onore dell’ospite. Tutti si chiedevano
come mai in quei tempi tanto difficili don Hoppe avesse ottenuto il permesso
per tali insolite celebrazioni. A maggior ragione se si considerava che, quando
don Mikulewicz aveva voluto celebrare la sua prima messa nella parrocchia na-
tia, a Kalwaria Wilen´ska, il parroco gliene aveva negato la possibilità per timore
delle reazioni delle autorità. Così, nella sua parrocchia, il neopresbitero aveva
dovuto celebrarla privatamente e solo per la cerchia dei più intimi23.
Il fatto che i salesiani impegnati nell’Est (Chodanionek, Wielkiewicz) avesse-
ro chiesto all’ispettore residente in Polonia di inviare loro per posta il Proprium
Salesianorum per le orazioni del breviario e per la messa, contenente la memoria
liturgica delle feste e dei santi salesiani, testimonia la loro fedeltà alla congrega-
zione. Nella stessa lettera (del 14 marzo 1947) don Chodanionek chiedeva an-
che di inviargli una copia di Privilegia Societatis e, se un’edizione a stampa non
fosse disponibile, almeno un riassunto scritto a mano, dato che la sua copia era
andata smarrita. Don Jan Wielkiewicz ringraziava l’ispettore Stanisław Rokita
per il breviario, per i veli della pisside, e gli chiedeva di mandare Libellum (Pro-
prium per il breviario – W.Z˙.) e i riti della Settimana Santa (lettera di don J.
Wielkiewicz, da Zdzie˛cioł, all’ispettore St. Rokita, 21 gennaio 1957).
Alla morte di ciascun salesiano dell’Est, i confratelli più vicini ne informava-
no i superiori in Polonia, fornendo i dati sui periodi e sui luoghi in cui avevano
lavorato dopo il 1945. Anche questa abitudine testimonia la loro consapevolez-
za di far parte della congregazione salesiana.
Il 16 dicembre 1975, nell’anniversario della morte di don Jan Tokarski, a
Raków in Bielorussia fu celebrata una messa, seguita dalla cerimonia della bene-
dizione di un monumento sulla sua tomba. Alla liturgia partecipò don St. Topo-
rek di Ławaryszki, il quale a nome del Rettor Maggiore, dei superiori in Polonia,
dei suoi confratelli sacerdoti in Polonia e della famiglia, ringraziò i fedeli per
tutto il bene che negli anni del ministero di don Jan a Raków avevano compiu-
to per il loro “piccolo padre”. Descrivendo tutto ciò all’ispettore di Łódz´, don
teologia a O´swie˛cim, dove nel 1956 ricevette l’ordinazione sacerdotale. Ebbe l’incarico di
cappellano delle religiose. Nel maggio 1974 partì per le missioni nello Zaire. Dopo un in-
cidente automobilistico fu in cura in Belgio. Nell’aprile 1987 rientrò a Vilnius in Lituania.
Morì il 6 X 2006. Cf Władysław MIKULEWICZ, Stanisław SZMIDT, Znad Wilii do Konga
[Dalle rive del Vilija al Congo]. Kraków 2001, pp. 12-13.
23 La relazione di don Mikulewicz, Wilno 10 III 2006 (Documentazione presso l’autore
dello studio).

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Toporek gli chiedeva una copia del necrologio salesiano per poter ricordare nella
preghiera quotidiana i confratelli defunti, e di far recapitare ai confratelli che vi-
vevano isolati nell’Est i dati del defunto24.
La prova che essi venivano considerati soggetti ai superiori in Polonia è il fat-
to che dopo la morte dei sacerdoti Chodanionek, Tokarski, Hoppe e Witkow-
ski, i superiori in Polonia cercarono di raccogliere ogni notizia possibile sul loro
lavoro. Chiedevano notizie per potere scrivere, come da consuetudine, una let-
tera necrologio su ogni defunto. Così, ciascuno di loro fu trattato fino alla fine
come un confratello, membro dell’ispettoria polacca25.
Nei primi anni dopo la guerra, quando la corrispondenza diretta nell’Est
passava ancora, tutto sommato, normalmente, il superiore dell’ispettoria don
Wojciech Balawajder spedì nell’agosto 1946 a don Wielkiewicz, e tramite lui,
anche agli altri confratelli oltre il confine (tra loro, anche a don Witkowski), un
pensiero del Rettor Maggiore, scritto in occasione di un ritiro spirituale e desti-
nato a tutti i salesiani del mondo.
Nel 1957 don Jan Tokarski di Raków scriveva della sua immensa devozione
per la congregazione, fino a quando avesse vita; lavorava in quel luogo come
parroco dal 1954, da quando era stato rilasciato da un gulag sovietico. Ormai,
con gli anni, cominciavano a manifestarsi in lui disturbi fisici che gli procurava-
no molte sofferenze e paralizzavano il suo lavoro pastorale. “Pian piano il cuore
comincia a rifiutarsi di obbedirmi, ho i nervi a pezzi, non dormo notti intere e
ciò mi stanca molto..” si doleva in una lettera. “Come faccio a lasciare il campo
affidato alle mie cure? Temerei le parole “Guai a voi, figli disertori”. Non man-
cano né il lavoro, né il pane, e anche un pezzetto del cielo, in qualche modo,
forse uno si avrà guadagnato, prima o poi… Faccio il mio dovere come l’avevo
promesso alla Congregazione Madre…, Per favore, mentre sta presso la tomba
del nostro Padre Don Bosco si ricordi di me, un esule che tira il carretto della
sua vita lontano dalla famiglia”26.
Don Tokarski, uomo di grande cuore e immensa bontà, conobbe tanta ama-
rezza, sperimentò esilio e molti disagi. La Divina Provvidenza non gli risparmiò
croci e prove. Tutto questo non spezzò il suo spirito, anzi, lo fortificò nella fe-
deltà alla vocazione sacerdotale e nella devozione per la congregazione27.
Nel lavoro pastorale di Raków (1954-1974) si prendeva cura del decoro e
degli arredi della cappella cimiteriale che fungeva da chiesa parrocchiale, perché
24 ASIW, T. Ks. Tokarski Jan. Don ST. Toporek a don St. Rokita, Ławaryszki 18 XII 1975.
25 Dopo la morte di don Bronisław Chodanionek a Kiˇsinëv, il segretario ispettoriale chie-
se a due salesiani, don Witold Golak di Kutno e don Marian Kamin´ ski di Jacia˛z˙ek, di scrive-
re il ricordo del defunto, perché “è caduto sul campo, e il ricordo della sua persona e del suo
eroico sacrificio (dedizione) deve essere trasmesso agli altri[…]perché proprio di coloro che
hanno lavorato in quelle condizioni, deve rimanere una diffusa e fraterna memoria”. Lettere
del segretario: a don Golak, del 27 XI 1973, e a don Kami´nski, del 28 XI 1973.
26 ASIW, T. Ks. Tokarski Jan. Ks. Kami´nski Marian, Wspomnienie po´smiertne o ´sp. Ks.
Janie Tokarskim, p. 4.
27 Ibid., p. 3.

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L’attività pastorale-educativa dei Salesiani nelle nuove repubbliche dell’Unione Sovietica 481
il tempio principale era stato chiuso e adibito a magazzino. Insegnava i canti re-
ligiosi ai fedeli, li informava dell’ideale e della missione della congregazione sale-
siana, era disponibile a qualunque ora per servirli. Nel tempo libero leggeva e
completava la sua biblioteca, di circa 800 volumi.
Lavorando “in autonomia”, per quasi tutta la vita visse e operò fuori dalla
congregazione, eppure sempre sì sentì suo fedele membro28. Con il passar del
tempo, svolgendosi il suo lavoro nelle condizioni sovietiche, molto specifiche,
mentre analizzava il proprio passato, la vita e la missione di religioso, fu tormen-
tato dal problema come si sarebbe ritrovato in una comunità religiosa attiva se
gli si presentasse la possibilità29. Pensandoci, tristemente confessava: “Ho paura
di tornare alla vita comunitaria”. Ma l’angoscia veniva dissipata dagli impegni
pastorali quotidiani: “Troppo lavoro… Ma chi potrebbe sostituirmi? … il popo-
lino si stringe attorno…”.
Da un lato soffriva di nostalgia per i luoghi natii, dall’altro si rendeva conto
che la sua partenza da Raków sarebbe stata considerata una diserzione, che avreb-
be cancellato la fiducia dei fedeli che si rivolgevano a lui per essere consolati, che
lo ritenevano loro padre e guida spirituale. Da suo fratello Stanisław riceveva let-
tere che lo imploravano di rientrare stabilmente nel paese, soprattutto nel 1954,
quando, ritornato dal gulag, per tre anni non poté esercitare il ministero sacerdo-
tale in pubblico. Don Tokarski ringraziava il fratello per la sollecitudine, ma ri-
spondeva di non pensare affatto al ritorno. Spiegava: “Quanto vale un soldato
che fugge dal posto di guardia a lui affidato?”. E aggiungeva che Dio gli aveva af-
fidato le sue pecorelle, doveva forse abbandonarle? E se, oltre a tutto il resto, gli
fosse concessa la palma del martirio? Oh, quanto lo vorrei, concludeva30.
Preoccupato per il fratello, Stanisław si rivolse per l’aiuto e il sostegno al su-
periore dell’ispettoria di san Stanislao Kostka, don Józef Strus. Questi gli rispo-
se: “La sua richiesta è del tutto comprensibile. Ma la partenza [di suo fratello]
vorrebbe dire per quella gente rimanere senza un sacerdote e senza conforti reli-
giosi. Le dirò ancora di più: abbiamo già a che fare con alcuni casi di sacerdoti
che ritornano da lì e stanno male… sono scossi da una sorta di angoscia o in-
quietudine del dubbio che, forse, nonostante tutto, avrebbero dovuto rimanere
dov’erano, dove non c’è più alcuna possibilità di venire rimpiazzati da altri”.
Stanisław comprese la giustezza delle spiegazioni del superiore e, nel 1962, smise
di insistere. Ritenne giusta anche la necessità che suo fratello sacerdote rinun-
ciasse alla felicità personale di stare vicino ai parenti per il bene dei suoi parroc-
chiani, per i quali il suo servizio sacerdotale era di fondamentale importanza.
Alla fine confessò: “Ho dedicato molti sforzi e molta fatica per farlo venire qua,
28 Dopo l’ordinazione (16 III 1941), solo per due mesi, fino alla metà del maggio
1941, visse nella casa salesiana di Vilnius, in via Stefanska 41, celebrando nella chiesa di S.
Stefano.
29 Il ritorno alla comunità salesiana fu per lui un tema sempre aperto.
30 ASIW, T. Ks. Tokarski Jan, Stanisław Tokarski all’ispettore da Miechowice Wielkie,
16 XI 1954.

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più volte sono andato al Ministero, pensavo che così facendo gli procuravo gioia
e consolazione perché c’era ancora qualcuno che si preoccupava per lui. Ed ecco
che, invece, ricevo da lui una lettera piena di rimproveri. Quindici anni sono
passati dacchè ci siamo separati – e ora mi riempie d’orgoglio che ho un fratello
eroe. E le parole che mi ha detto – o meglio – della lettera che mi ha scritto, si
riaffacciano sempre alla mia memoria”31.
Don Jan Kapusta, rinchiuso nel 1942 per la seconda volta in un gulag, era
tormentato dal dubbio se sarebbe mai riuscito a lasciare quei territori sperduti
dell’Asia. Sentiva la mancanza delle notizie della patria, della Chiesa polacca e
della congregazione, tanto cara al suo cuore. Avrebbe voluto sapere ogni cosa. Si
rallegrò tantissimo quando ricevette un santino di Ss. Maria Ausiliatrice dei Cri-
stiani. Informato di quanti confratelli erano stati uccisi o erano morti durante la
guerra, rispose: “A guardare dal punto di vista umano, meglio sarebbe che an-
ch’io fossi morto”32.
1.2. “Spravka”, ovvero il permesso di lavoro
Per ogni sacerdote che volesse esercitare il ministero sacerdotale era obbliga-
torio ottenere un permesso di lavoro pastorale (la cosiddetta “spravka”) sul terri-
torio di una data parrocchia. Naturalmente, ogni parrocchia doveva essere pri-
ma registrata presso il delegato del Consiglio per i Culti Religiosi. Da lui dipen-
deva anche la concessione del permesso di lavoro in qualità di vicario o di parro-
co. Il modulo di registrazione conteneva una domanda sulla cittadinanza. Se il
richiedente scriveva di essere cittadino polacco, non poteva essere registrato (e
quindi lavorare) perché non si riconosceva quale cittadino dell’URSS, e con ciò
nessuna autorità poteva riconoscerlo come tale.
Chi ne avesse ricevuto il permesso, poteva svolgere le funzioni sacerdotali so-
lo nella propria parrocchia. Se c’era da prestare aiuto in un’altra parrocchia, ad
esempio in confessionale, durante una sagra di paese, doveva ottenerne un per-
messo speciale. Nel caso dei funerali in un’altra parrocchia, persino quando si
trattava delle esequie di un sacerdote, non poteva partecipare al corteo funebre
indossando la veste talare, ma in borghese. Per celebrare una liturgia solenne,
ovvero una messa con assistenti (diacono e suddiacono), perfino nella propria
parrocchia, era necessario ottenere un permesso specifico per loro. Nel caso del-
l’improvvisa malattia di un sacerdote già designato, ad esempio di quello che
avrebbe dovuto tenere un’omelia per la festa del patrono, celebrare la relativa
messa o tenere gli esercizi spirituali, il problema si faceva serio. Per legge egli
non poteva essere sostituito da nessun altro, e la scarsità del tempo (fine setti-
mana, festività) non consentiva di chiedere un altro permesso. Di solito, in que-
ste circostanze i sacerdoti violavano la antiecclesiale legge sovietica. Ma, se in
31 ASIW T. Ks. Tokarski Jan, don Józef Strus a Stanisław Tokarski, Łódz´ 12 VI 1962;
Stanisław Tokarski a don J. Strus, Miechowice Wielkie 16 XII 1954.
32 W. Z˙UREK, Je´ncy na wolno´sci…, p. 126.

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L’attività pastorale-educativa dei Salesiani nelle nuove repubbliche dell’Unione Sovietica 483
qualche parrocchia un prete disobbediva alla legge, se ne assumeva la responsa-
bilità personalmente, e le conseguenze erano spesso dolorose non solo per lui,
ma anche per la comunità parrocchiale coinvolta.
1.3. Registrazione della parrocchia e la cosiddetta ventina
La legge sovietica introdusse l’obbligo di registrazione delle comunità religio-
se, ovvero delle parrocchie e, nel loro ambito, dei comitati parrocchiali, detti
“ventine”. La denominazione è dovuta al fatto che i comitati erano composti da
venti persone. I comitati non erano l’espressione della volontà o della scelta dei
parrocchiani, come prescrive il diritto canonico, i loro membri venivano nomi-
nati dalle autorità statali. Un comitato parrocchiale, di concerto con il delegato,
decideva di tutto, dalla data degli esercizi spirituali alla scelta dei predicatori, del
celebrante, del sacerdote che doveva tenere l’omelia durante le sagre. I membri
del comitato raccoglievano le offerte (la colletta) durante le messe, tenevano la
contabilità e disponevano delle somme di denaro raccolte. Tutti i lavori, anche
quelli di manutenzione o restauro, in chiesa o in canonica, potevano essere ese-
guiti solo se autorizzati da loro. Non il parroco, bensì il comitato disponeva dei
mezzi finanziari, sia nei confronti del clero, sia dei laici impiegati nella parroc-
chia. In quanto “di nomina”, dovevano dimostrare l’efficacia della loro attività.
Di conseguenza, le decisioni prese dai comitati parrocchiali sovente lasciavano
molto a desiderare33.
Ecco un esempio fra tanti. Quando, il 19 dicembre 1959, in circostanze po-
co chiare morì a Łyntupy don Kazimierz Grzegorczyk, i membri del comitato
ne informarono il decano di S´wie˛ciany. Giunto sul posto, questi trovò l’abita-
zione del defunto spoglia di tutto il contenuto. Non c’era più niente, né il dena-
ro, né il libro delle intenzioni per le messe, nessuna annotazione di suo pugno, e
tanto meno i vestiti. L’abito e la biancheria per la sepoltura furono offerti dal-
l’organista di Łyntupy, Jan Korejło. Le sorelle Helena e Giercia vestirono il fra-
tello defunto in presenza del comitato. Nel descrivere le circostanze della morte
di don Grzegorczyk all’Ispettore di Łódz´, un confratello del defunto che lavora-
va a Balingródek (Lituania) concludeva: “Sarebbe difficile giudicare oggi la ra-
gione per cui i membri del comitato lo abbiano fatto…”34.
Il mantenimento della chiesa era a carico dei parrocchiani. I fedeli si mobili-
tavano al massimo, specialmente quando per qualche tempo mancò un parroco
(Łyntupy). Raccoglievano il denaro per le tasse altissime, imposte dalle autorità
33 “Quando, il 19 XII 1959, il parroco di Łyntupy in Bielorussia, non essendosi presen-
tato in chiesa al mattino, fu trovato nel letto, steso in posizione naturale ma con il petto e la
schiena lividi, si sospettò – e non senza motivo – il peggio, p.e. che fosse stato percosso do-
po essere stato chiamato nella notte per recarsi da un ammalato. Né la polizia, né il comita-
to parrocchiale acconsentirono all’autopsia, necessaria per appurare la causa della morte: un
nero di meno – fu la risposta della polizia” (W. Z˙UREK, Je´ncy na wolno´sci..., p. 69).
34 Ibid., p. 70.

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comuniste. Quando mancò un sacerdote in loco, frequentarono le parrocchie
distanti anche più di dieci chilometri (Łyntupy distano da S´wie˛ciany ben dodici
chilometri), ma non permisero che la loro chiesa parrocchiale venisse chiusa.
Quando il sindaco comunista di Łyntupy si impadronì delle chiavi della chiesa
per impedire ai parrocchiani di riunirvisi in preghiera, i cattolici locali sotto la
propria responsabilità ne fecero fare una copia di riserva. Alla fine, le chiavi re-
quisite furono loro restituite35.
1.4. La preparazione dei bambini alla Prima Comunione
Quando, nel 1944, entrò in vigore il divieto di catechesi nelle scuole, l’arci-
vescovo Jałbrzykowski ordinò di fare l’insegnamento di religione nelle chiese e
nelle canoniche. E nonostante anche questo fosse stato vietato, non si rinunciò
a questa modalità di catechesi, per così dire, clandestina. Riguardo alla seconda
metà degli Anni ’50, è possibile parlare persino di una attivazione ancora mag-
giore dei sacerdoti per la catechesi. Si facevano i corsi preparatori alla Prima Co-
munione di gruppo. Come era questa preparazione, nell’epoca sovietica? Solo ai
genitori era consentito l’insegnamento di religione ai propri figli. I laici, o me-
glio, i terziari o le suore che avevano dovuto abbandonare le vesti religiose, li
aiutavano in modo non ufficiale, a proprio rischio e pericolo. I bambini appren-
devano il catechismo da loro. I sacerdoti, invece, avevano la facoltà soltanto di
esaminarli. Così, molti di loro, con il pretesto di verificare i progressi dei bam-
bini nella catechesi (si pretendeva che l’esame fosse individuale), il più delle vol-
te, di fatto, praticavano un insegnamento di gruppo all’interno della chiesa. Co-
sì si preparavano i bambini di Łyntupy, dove se ne occupava l’anziana terziaria
Wincentyna Ciuksza. Allo stesso modo, nella chiesa di Ławaryszki e nella chiesa
figlia, a Kiena, i bambini venivano preparati dalla domenicana sr. Alicja Pie´slik.
La suora aveva sempre con sé un maglione pesante perché svolgeva la catechesi
dentro la chiesa in cui in qualunque momento la polizia poteva fare irruzione e
condurla in prigione, dove un capo così caldo sarebbe stato più che utile36.
Durante gli esami svolti dal parroco, i bambini venivano ripetutamente
istruiti su cosa dire in caso dell’irruzione della polizia. Alla domanda chi inse-
gnava, i bambini dovevano rispondere: i genitori. E il prete cosa fa? Esamina
soltanto. Così i parroci cercavano di proteggersi contro le visite di controllo im-
provvisate dai funzionari statali. È ovvio che, nel corso degli esami siffatti, i par-
roci impartivano ai bambini moltissimi altri insegnamenti religiosi.
Dopo oltre sei anni di gulag, don Jan Tokarski rientrò a Raków, dove, prima
del suo arresto a Dubrowa nel 1948, aveva già prestato servizio di tanto in tan-
to. I fedeli, privati della chiesa vera e propria, si riunivano per le funzioni nella
35 Ibid., p. 68.
36 Ibid., pp. 67, 93; la relazione di Halina Kisiel di Ławaryszki, del 7 IX 2007 (la docu-
mentazione presso l’autore dello studio).

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piccola cappella intitolata a Sant’Anna, situata presso il locale cimitero. I muri
di questo modesto tempietto diventarono così i testimoni muti del lavoro e del-
l’apostolato sacerdotale di don Tokarski. Là egli impartiva i sacramenti e cele-
brava la liturgia. A causa delle leggi restrittive don Jan decise che avrebbe prepa-
rato individualmente i bambini alla Prima Comunione. Quindi, la sua non fu
una catechesi regolare, vietatissima, bensì un insegnamento delle verità della fe-
de ad ogni singolo bambino e giovane, quale condizione preliminare per acco-
starsi alla Prima Comunione37.
1.5. Ministranti
All’epoca, a causa del divieto posto ai minori di frequentare le chiese, i mini-
stranti dell’età scolare non c’erano. Così, al loro posto servivano la messa i mini-
stranti adulti, perfino uomini di una certa età che, in più d’una parrocchia
(Łyntupy, Kiena, Ławaryszki, Odessa), i salesiani riuscirono a reperire in numero
consistente. I giovanissimi riapparvero soltanto dopo il 1956, con il “disgelo”38.
Per tutta la sua vita di sacerdote don Tadeusz Hoppe fu molto attento alla fi-
gura del ministrante. Fin dall’inizio del suo ministero, già nel secondo incarico,
a Porudomino (1943-1947), impostò il servizio dell’altare in modo esemplare. I
vespri domenicali cantati in lingua polacca, inaugurati da lui in quella parroc-
chia, diventarono l’esperienza più bella per i suoi parrocchiani, prima avvezzi ai
salmi latini. Le celebrazioni venivano preparate con cura: su un apposito trono
sedeva il celebrante, intorno a lui si disponevano i 24 ministranti. Al Gloria che
concludeva ogni salmo, i ministranti si alzavano in piedi e si inchinavano al
Santissimo Sacramento e al celebrante, dopo di che si rimettevano a sedere.
Quelle ottime celebrazioni furono vissute dai parrocchiani con un trasporto tale
da restare vive nella loro memoria ancora oggi39.
Nella piccola località di Kiena, appartenente alla parrocchia Ławaryszki, do-
ve funzionava una cappella servita dai sacerdoti in visita, ai tempi di Don Hop-
pe (1954-1958) i ministranti erano un’ottantina. Don Hoppe riteneva l’orga-
nizzazione dei ministranti e la partecipazione alle processioni delle fanciulle
“biancovestite” molto importante per l’efficacia dell’opera pastorale e per la for-
mazione spirituale perché, soleva dire, erano loro i più vicini al Santissimo Sa-
cramento, sia durante la liturgia sia nelle processioni.
1.6. Il corteo delle biancovestite
Nella sua attività pastorale don Hoppe attribuiva molta importanza all’orga-
nizzazione delle processioni a cui doveva partecipare un corteo delle fanciulle –
37 W. Z˙UREK, Je´ncy na wolno´sci…, p. 191.
38 Ibid., p. 67; la relazione di Halina Kisiel di Ławaryszki del 7 IX 2007 (la documen-
tazione presso l’autore dello studio).
39 W. Z˙UREK, Je´ncy na wolno´sci…, p. 84.

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bambine e signorine – vestite di bianco con una coroncina di fiori in testa. In
ogni luogo dove lavorò, le fanciulle “biancovestite” furono molto numerose. Per
esempio, nel 1955, a Ławaryszki nei pressi di Vilnius, le biancovestite erano
120, e perciò la responsabile, Waleria Rynkówna di Osieniki, era soprannomi-
nata “il centurione”. Ogni ragazza del gruppo delle biancovestite doveva presen-
tarsi puntuale in chiesa, le ritardatarie non potevano prendere parte alla proces-
sione teoforica. Se una di loro non si presentava per la confezione delle ghirlan-
de durante la settimana, alla processione non poteva portarne una. Le processio-
ni teoforiche si facevano una volta al mese, e in caso di pioggia si svolgevano al-
l’interno della chiesa40.
Naturalmente don Hoppe passò tanti guai con le autorità. Soprattutto per le
prediche, udite e riferite poi da delatori. E anche per le processioni con la parte-
cipazione dei minori, per il numero cospicuo dei ministranti e per il lavoro con
i giovani che affollavano la sua chiesa. Per questo motivo spesso sia lui sia i suoi
collaboratori furono convocati per interrogatori. Una volta fu perfino trattenuto
per due giorni in arresto.
C’è da chiedersi perché, nelle parrocchie dove lavorava don Hoppe, gli scola-
ri frequentassero così tanto la chiesa. Come riferiscono oggi gli ex-parrocchiani,
in gran parte ciò era dovuto all’atteggiamento coraggioso del prete. Se si mostra-
va sicuro e senza paura, le autorità non reagivano così aspramente o lo facevano
con molta più cautela. Sapevano benissimo che, per don Hoppe, i giovani sa-
rebbero capaci di “buttarsi nel fuoco” – raccontano.
1.7. I bambini e la gioventù in età scolare
La legge proibiva ai minori (fino ai 18 anni) di frequentare la chiesa. La poli-
zia locale e gli insegnanti delle scuole vigilavano su questo divieto, ponendosi da-
vanti alla porta della chiesa e impedendo loro di entrare. Segnavano i nomi dei
disobbedienti e il giorno dopo convocavano i genitori per intimidirli, prospettan-
do sgradevoli conseguenze per loro e per i figli. All’indomani, a scuola, durante
l’appello, i nomi dei colpevoli venivano letti ad alta voce e i bambini venivano
dileggiati e tormentati psicologicamente di fronte a tutti i compagni e docenti41.
Però, qualche volta i funzionari non erano troppo zelanti, perciò i bambini
saltavano il muro di cinta della chiesa mentre gli insegnanti tentavano “invano”
di bloccarli (Łyntupy). Si può dire che, nonostante il divieto “dall’alto”, in fin
dei conti erano i potenti e i guardiani della legge locali a decidere, talvolta a
vantaggio dei giovani parrocchiani. Prima del 1939 la parrocchia della Trasfigu-
razione del Signore, a Porudomino, serviva più di 30 villaggi e insediamenti ru-
rali. I parrocchiani di don Stanisław Toporek, il quale verso la fine degli Anni
40 Ibid., p. 92.
41 La relazione di Halina Kisiel di Ławaryszki del 7 IX 2007 (la documentazione presso
l’autore dello studio).

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‘40 del secolo scorso veniva regolarmente da Rudniki a Porudomino, lo ricorda-
no ancora; raccontano che i giovani partecipavano, alla chetichella, alle messe e
alle funzioni in chiesa, senza che la polizia si mostrasse particolarmente severa42.
1.8. La somministrazione dei sacramenti
Un sacerdote che aveva ottenuto la “spravka” poteva impartire i sacramenti
soltanto nella parrocchia in cui era autorizzato ad esercitare il ministero sacerdo-
tale. Questa disposizione di legge era particolarmente molesta. Nel caso delle sa-
gre di paese, i sacerdoti che vi giungevano da fuori dovevano astenersi dal pre-
stare aiuto, per esempio con le confessioni. Se trasgredivano il divieto se ne assu-
mevano la responsabilità e il rischio, e le conseguenze ricadevano su di loro e
sulle parrocchie in cui avevano esercitato “illegalmente” le loro funzioni. Di re-
gola il divieto veniva infranto ai funerali dei sacerdoti. I confratelli giunti per le
esequie confessavano folle di penitenti, desiderosi di accostarsi ai sacramenti nel
momento in cui dovevano seppellire il proprio pastore senza sapere nulla di cer-
to riguardo alla nomina del successore. Così, per esempio, il 22 dicembre 1959,
durante i funerali di don Grzegorczyk a Łyntupy, i sacerdoti confessarono senza
permesso una moltitudine di fedeli. Durante la solenne messa funebre, il sacer-
dote disse ai fedeli di accostarsi tutti quanti alla comunione perché l’indomani
nell’altare non vi sarebbe più stato il Santissimo. Il popolo comprese cosa voleva
dire. Quasi tutti si misero a piangere. E non fu il pianto di gente sentimentale,
fu il pianto delle loro anime43.
Quando bisognava seppellire un sacerdote, uno dei suoi confratelli vicini ot-
teneva l’autorizzazione di officiare la liturgia funebre. La liturgia di una messa
solenne assistita (diacono, suddiacono – in tres) era vietata senza un permesso a
parte. Non sempre quel divieto veniva rispettato. Quando i sacerdoti decideva-
no di celebrarla comunque, era sempre un segno di coraggio44. I sacerdoti ospiti
partecipavano al corteo in borghese, se faceva freddo portavano in testa la ber-
retta (tricorno). Per ordine delle autorità, il corteo procedeva in silenzio fino al
cancello del cimitero. Anche per suonare le campane durante le esequie di un
sacerdote era necessario un permesso specifico del delegato. Spesso quei permes-
si fungevano da moneta di scambio tra il delegato e i fedeli con a capo il loro
parroco: una sorta di do ut des.
42 W. Z˙UREK, Je´ncy na wolno´sci…, p. 212; la relazione di Halina Kisiel di Ławaryszki
del 7 IX 2007 (la documentazione presso l’autore dello studio).
43 W. Z˙UREK, Je´ncy na wolno´sci,…, p. 71. Allo stesso modo i sacerdoti ospiti ascoltaro-
no le confessioni dei fedeli a Zdzie˛cioł, in occasione dei funerali di don Wielkiewicz il 16
III 1969.
44 All’epoca la messa concelebrata non era in uso. A Zdzie˛cioł, il 17 III 1969, per i fu-
nerali di don Wielkiewicz i sacerdoti decisero spontaneamente di celebrare una messa so-
lenne. Don Chodanionek di Kiˇsinëv assistette da diacono. Cf W. Z˙UREK, Je´ncy na
wolno´sci…, p. 262.

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488 Waldemar Witold Z.urek
La dipartita da questo mondo di alcuni salesiani, o le circostanze della loro
morte (don Bulowski, don Grzegorczyk) in quelle terre, rimangono un mistero
ancora oggi. Su questo tema girano le voci e ipotesi più diverse, tuttavia manca
una conferma definitiva dei fatti da parte dei testimoni. Forse l’apertura degli
archivi segreti del KGB farà scoprire tutta la verità sull’epoca e sugli uomini.
Era vietato ai sacerdoti di condurre cortei funebri dalle case colpite dal lutto
alla chiesa, e da lì, dopo la liturgia funebre, al cimitero. Le esequie di un sacer-
dote costituivano un’eccezione. Così, durante i funerali di don Jan Tokarski a
Raków in Bielorussia, il 19 dicembre 1974, i capipopolo permisero sì, ai sacer-
doti, di partecipare al corteo dalla chiesa al cimitero, ma in borghese, senza can-
ti liturgici e senza campane45.
Spesso i sacerdoti impartivano i sacramenti, soprattutto quello del battesimo,
privatamente, nelle case. Gli impiegati statali non potevano battezzare i figli uf-
ficialmente in chiesa. Per paura delle conseguenze per l’impiego, per sicurezza,
veniva organizzata una cerimonia privata. Lo stesso vale per gli insegnanti. Un
insegnante veniva licenziato per avere battezzato il figlio in parrocchia. Non v’e-
ra alcuna preparazione per il sacramento della cresima. Quando capitava che al-
la parrocchia venisse in visita un vescovo, i fedeli si radunavano mettendosi in
fila per ricevere il sacramento della confermazione cristiana.
Anche al sacramento del matrimonio ci si accostava su un “terreno altrui”.
Così, i fedeli della regione di Vilnius andavano, p.e., in Bielorussia, dove cono-
scevano un prete, e ricevevano il sacramento lì. Soltanto il sacramento degli in-
fermi non era soggetto a limitazioni. Un sacerdote della parrocchia, sempre che
ve ne fosse uno, impartiva il sacramento sul posto, ma anche nelle parrocchie vi-
cine, liberamente, nel caso del bisogno46.
Anche la liturgia funebre veniva celebrata con modalità simili. Prima il sacerdote
celebrava la liturgia privatamente, a casa del defunto, dopo si passava alla cerimonia
civile. Don Hoppe inaugurò a Odessa un’altra pratica, in aggiunta alla liturgia ec-
clesiastica celebrata in casa. Se i funerali si facevano in provincia e, per diversi moti-
vi, in assenza del prete, il parroco vi inviava, tramite un uomo di fiducia, un po’ di
terra benedetta in una scatola di fiammiferi. Gettata nella fossa, la terra sostituiva la
benedizione della sepoltura. Don Hoppe lo fece molte volte a Odessa, e anche in
altre regioni. I fedeli stessi si rivolgevano a lui portandogli un pugno di terra da be-
nedire, e poi la spargevano sulle tombe dei loro cari per “consacrare” il suolo47.
I salesiani impartivano i sacramenti privatamente anche per motivi di salute.
Don Bulowski della parrocchia di Rubiez˙ewicze in Bielorussia (1952-1955), a
causa dell’obesità si ammalò di diabete. Aveva difficoltà a muoversi e perciò ce-
lebrava la messa in casa. Per la stessa ragione i parrocchiani gli portavano a casa i
figli perché li battezzasse.
45 Ibid., p. 196.
46 La relazione di Halina Kisiel di Ławaryszki del 7 IX 2007 (la documentazione presso
l’autore dello studio).
47 W. Z˙UREK, Oddziaływanie duszpasterskie salezjanów…, p. 414.

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La più censurata era forse la predicazione stessa. Talvolta i pastori non im-
maginavano neppure che certe parole dette dal pulpito potevano essere severa-
mente punite. Ad esempio, quando il 12 aprile 1961 la navicella Vostok I con a
bordo l’astronauta sovietico Juri Gagarin orbitò intorno alla terra, – fu il primo
volo spaziale dell’uomo – don Jan Tokarski a Raków, commentando l’evento
nell’omelia, ebbe a dire che, mentre da millenni noi guardiamo questo mondo
desiderosi di conquistarlo, l’uomo, purtroppo, sta diventando sempre più picco-
lo. La sera stessa si presentarono i “rappresentanti del potere” e quel commento
del successo spaziale sovietico costò a don Jan cinque anni di sospensione dell’e-
sercizio delle funzioni pastorali. In quel periodo celebrò lo stesso la messa, pri-
vatamente a casa sua o, in realtà, sulla veranda (di 3m2). Venivano a seguire le
funzioni in pochi e di nascosto, specialmente i primi venerdì. Nello stesso perio-
do impartiva di nascosto anche i sacramenti. Privato della “spravka”, usciva di
casa per passeggiare con i cani nel bosco e li, intanto, ascoltava le confessioni dei
penitenti. Più tardi la perpetua Michalina Stankiewicz portava loro la Comu-
nione nel villaggio (soprattutto ai terziari)48.
1.9. Il lavoro con i giovani
Nella sua vita di salesiano, don Hoppe mise sempre tanta passione nell’impe-
gno per i giovani. Si fece conoscere per questo già nel suo primo incarico, a Rud-
niki (dall’aprile 1943). Spesso preparava, con la collaborazione degli scolari, le
manifestazioni culturali per i parrocchiani che così, dopo la messa domenicale,
assistevano a rappresentazioni teatrali, musicali, sketch umoristici, ecc. I giovani
vi si esibivano in costumi tradizionali polacchi. I programmi erano approntati
dal parroco, don Hoppe. Per l’occasione le donne del comitato parrocchiale (la
“ventina”) preparavano di solito un pranzo comune per i giovani artisti e per gli
spettatori. Di queste riunioni culturali e conviviali, con pranzo e divertimenti, i
parrocchiani di Rudniki godevano più volte all’anno. Pertanto don Hoppe si de-
dicava al lavoro senza risparmiarsi. I giovani lo adoravano. I bambini cercavano
di stare il più vicino possibile all’altare, in chiesa. Don Tadeusz doveva allora spo-
starli verso il fondo. Organizzava per loro dei picnic intorno ad un falò, e vi si di-
vertiva insieme a loro. Era sempre allegro e sorridente. “Era semplicemente im-
possibile che si offendesse per qualcosa”, ricordano oggi i suoi ex-parrocchiani,
ormai più che adulti. Da vero salesiano, radunava intorno a sé folle di giovani.
Alcuni parrocchiani si sorprendevano “che stesse sempre in mezzo ai giovani”.
Apprezzava tutti allo stesso modo e cercava di far emergere il loro lato migliore,
ricorda il suo vicino, don Józef Obre˛bski, prelato di Mejszagoła. I fedeli che fre-
quentavano la cappella di Kiena, dove don Hoppe si recava in visita per officiare
le messe, ancora oggi ripetono: “Come salesiano non badava al tempo quando si
trattava dei giovani”. Questa era anche l’opinione dei confratelli e dei vicini49.
48 ID., Je´ncy na wolno´sci…, pp. 192-193.
49 Ibid., pp. 83, 92.

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Lavorò allo stesso modo nelle altre sue parrocchie. A Kalwaria Wile´nska,
luogo di pellegrinaggi (1949-1954), si dedicava totalmente ai pellegrini che vi
giungevano. A volte ne venivano anche quindici al giorno, di gruppi organizza-
ti. Dava il benvenuto a tutti, accompagnandoli ad adorare il Santissimo. Le au-
torità comuniste, sostenute in questa battaglia dalla stampa ostile alla Chiesa,
facevano di tutto per togliere di mezzo il santuario di Kalwaria Wile´nska. Dopo
la partenza di don Tadeusz nell’estate del 1954, il santuario di Kalwaria subì, in
effetti, un tracollo da cui non si è più risollevato50.
Don Hoppe fu un eccellente oratore e predicatore. Le sue omelie rapivano
tanto gli adulti quanto i giovanissimi. Un parrocchiano di Kalwaria, Stanisław
Z˙ukowski (adesso coadiutore salesiano a O´swie˛cim), da ragazzo faceva i riassun-
ti delle ferventi omelie di don Tadeusz e i suoi ricordi terminano così: “Come
sacerdote era una leggenda”. Con ogni probabilità, è stato proprio grazie a que-
sto genere di formazione che Stanisław ha voluto diventare salesiano51.
A Kiena gli insegnanti cercarono di far togliere agli alunni le medagliette e le
crocette che portavano al collo. I ragazzi protestarono spiegando che, come
membri della Crociata Eucaristica, non potevano esaudirli. Le autorità scolasti-
che chiamarono allora i genitori perché convincessero i figli a farlo. Era opinio-
ne comune che il comportamento dei bambini fosse dovuto al lavoro e all’in-
fluenza che don Tadeusz Hoppe esercitava sui fedeli52.
Dopo il problema con le medagliette, presto ne sorse un altro: i bambini e i
ragazzi frequentavano la chiesa. La legge dello Stato lo vietava, fino ai 18 anni.
Di nuovo i genitori difesero il parroco contro la caccia alle streghe. Alle accuse
delle autorità don Hoppe rispose che “non caccerà i bambini dal tempio quan-
do li vedrà lì”. Ad un certo punto le autorità progettarono di deportare il sacer-
dote nella Russia profonda. Impiegati onesti (russi) lo misero in guardia. Gli
suggerirono che per la sua stessa sicurezza sarebbe meglio se partisse per l’Ucrai-
na. Don Hoppe vi si recò nel dicembre del 195853.
Intuendo di non saper uguagliare il livello dell’apostolato pastorale di don
Hoppe, altri sacerdoti venivano presi da un certo timore quando dovevano suc-
cedergli nelle parrocchie. D’altra parte è difficile supporre che le autorità non
sapessero quale fosse il suo modo di lavorare o la sostanza della sua predicazio-
ne. Certamente per molti anni se la cavò o, forse, fu in qualche modo “tollera-
to”. Però, quando alla fine i nodi vennero al pettine, a don Hoppe si presentò
l’opportunità di trasferirsi nella lontana repubblica ucraina.
50 La relazione di don J. Obre˛bski di Mejszagoła, del 14 III 2006 (la documentazione
presso l’autore dello studio).
51 W. Z˙UREK, Dzia~l alno´s´c duszpasterska ks. Tadeusza Hoppe w Odessie [L’attività pastora-
le di don Tadeusz Hoppe a Odessa], in Polacy na Krymie. [I polacchi in Crimea]. Lublin
2004, p. 214.
52 Ibid., p. 215.
53 ID., Je´ncy na wolno´sci…, p. 92; ID., Dzia~l alno´s´c duszpasterska ks. Tadeusza Hoppe…,
p. 222.

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L’attività pastorale-educativa dei Salesiani nelle nuove repubbliche dell’Unione Sovietica 491
Proprio allora il Vescovo di Vilnius, Julionas Stepanowicius, cercava un sa-
cerdote per Odessa, e don Hoppe diede la propria disponibilità. Il vescovo, stu-
pito, gli disse che Odessa non era la Lituania e che sicuramente ben presto don
Hoppe ne sarebbe stato espulso per le sue prediche. Anche il delegato del Con-
siglio per i Culti Religiosi si meravigliò molto a ricevere la sua richiesta di auto-
rizzazione alla partenza, ma, alla fine, la concesse54. Ai primi di dicembre 1958
don Hoppe lasciò Ławaryszki per Odessa, grande città portuale, capoluogo della
provincia, affacciata sul Mar Nero. L’8 dicembre dello stesso anno prese posses-
so della chiesa dei SS. Pietro e Paolo, detta “dei francesi”. Quel giorno promise
ai fedeli che sarebbe rimasto con loro fino alla morte, e mantenne la parola. In-
fatti morì a Odessa il 10 novembre 2003.
2. La dispersione dei salesiani nelle varie repubbliche dell’Unione Sovietica
Col tempo, le circostanze esterne e i bisogni dei fedeli fecero disperdere i sa-
lesiani nelle varie parti dei vasti territori occidentali dell’URSS. Nella repubblica
bielorussa si insediarono i sacerdoti Michał Bulowski, Kazimierz Grzegorczyk,
Jan Tokarski, Jan Wielkiewicz e Ludwik Witkowski. Nel 1949 don Bronisław
Chodanionek si trasferì nella repubblica moldava e, nel dicembre del 1958, don
Tadeusz Hoppe partì per Odessa, nella repubblica ucraina. Gli altri rimasero nel
territorio di Vilnius.
All’inizio degli Anni ’70 del secolo scorso i viaggi turistici nell’URSS furono
resi meno difficoltosi, perciò, cogliendo l’opportunità, il superiore dell’ispettoria
vi si recò qualche volta in visita dai confratelli. Così, nel 1973 don Stanisław
Rokita, quale delegato personale del Superiore Generale per le province polac-
che, potè visitare don Stanisław Toporek a Ławaryszki nei pressi di Vilnius. Nel
corso di quel viaggio incontrò anche altri confratelli che lavoravano
nell’URSS55.
I salesiani di Polonia, e fra loro i sacerdoti Stanisław Wilk, Stanisław Szmidt,
Józef Gregorkiewicz, si recavano nell’URSS da turisti e su invito, negli Anni ’70.
Durante le visite assistevano i fedeli locali offrendo il proprio servizio sacramen-
tale, per quanto possibile, e diffondendo la Parola di Dio, per esempio guidan-
do gli esercizi spirituali delle religiose (don Szmidt, don Gregorkiewicz).
54 L’impiegato, come per mettersi al sicuro da eventuali accuse, chiese al vescovo di
non nominare nessuno a Ławaryszki per sei mesi, perché don Hoppe sarebbe stato sicura-
mente cacciato da Odessa per le sue prediche. Don Antoni Dziekan fu designato alla par-
rocchia di Ławaryszki nel marzo 1959. Cf Ibid., pp. 222-223.
55 Don Bronisław Chodanionek giunse in aereo da Kiˇsinëv, per chiedere al superiore di
pregare per lui e di salutare a suo nome i confratelli in Polonia. Sembrava esaurito e am-
malato. Quel viaggio gli costò poi tre settimane a letto, al ritorno. Fu un vero viaggio d’ad-
dio, perché il sacerdote morì nel novembre dello stesso anno. Nella bara teneva tra le mani
un santino di Ss. Maria Ausiliatrice, dono d’addio di don Rokita di Ławaryszki, “l’attesta-
to” della sua appartenenza alla congregazione salesiana. Si veda W. Z˙UREK, Je´ncy na
wolno´sci…, pp. 47, 50.

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Vi si recavano anche i parenti polacchi dei confratelli, trasportando oltre-
frontiera oggetti devozionali, immaginette, libri, ma soprattutto le notizie sulla
situazione della Chiesa in Polonia e nel mondo.
Ad un certo punto fu approntata una sorta di squadra di laici, con il compi-
to specifico di trasportare oltrefrontiera gli oggetti di culto. Furono coinvolti in
questa iniziativa dei doganieri di fiducia, grazie ai quali i ferrovieri polacchi po-
terono esportare nell’URSS notevoli quantità di articoli devozionali, vesti litur-
giche, e per don Hoppe, a Odessa, persino un pacco con l’ostensorio che i doga-
nieri sovietici non osarono aprire per verificare il contenuto. Un’équipe di que-
sto genere fu organizzata nel 1988 a Przemy´sl, ad opera dei ferrovieri Adam e
Janina Boczar, i quali, insieme ai figli Marian ed Andrzej, anch’essi ferrovieri,
trasportavano a Odessa i necessari arredi, gli oggetti di culto, i libri, le immagini
sacre, la paraffina e gli alimenti. I confratelli salesiani di Przemy´sl (don Kazi-
mierz Pilat, don Władysław Kloc) acquistavano in Polonia articoli liturgici e re-
ligiosi, e la famiglia Boczar si incaricava di trasportarli. Furono così inviati nel-
l’URSS perfino la macchina per confezionare le ostie e un ostensorio, nell’im-
ballaggio originale, di fabbrica. Don Bolesław Schneider, parroco di Przemy´sl,
assisteva alle operazioni di sdoganamento alla frontiera e, grazie a tutto questo
impegno, don Hoppe venne via via rifornito del necessario56.
2.1. Repubblica Socialista di Lituania
Don Stanisław Toporek. Uno dei confratelli più anziani. Cominciò a lavorare
a Vilnius ancora prima della guerra, da dove si recava regolarmente a Ejszyszki per
aiutare il decano don Bolesław Moczulski. Dopo la sua partenza da Vilnius nel
1949, la chiesa della Divina Provvidenza in via Dobrej Rady 22 fu chiusa. Don
Stanisław lavorò come pastore a Rudniki, Jaszuny, Porudomino, Stare Troki, Ba-
lingródek (1956-1962) e, alla fine, a Ławaryszki (1962-1977), dove si trattenne
più a lungo. Operato all’ernia, veniva trasportato dalla canonica in chiesa su una
carrozzella da invalido. Un giorno, nello scendere dalla carrozzella, cadde e battè la
testa su una lastra di cemento; morì poco dopo nella sacrestia, il 26 settembre
1977, e fu sepolto accanto alla chiesa come gli altri sacerdoti della parrocchia57.
Don Tadeusz Hoppe. Ordinato sacerdote a Vilnius il 24 gennaio 1943, do-
po tre mesi di lavoro presso la chiesa della Divina Provvidenza in via Dobrej
Rady 22 fu assegnato alla parrocchia di Rudniki, uniformemente cattolica, sen-
za credenti ortodossi, e etnicamente polacca. Oltre a Rudniki, prestava la sua
opera anche a Porudomino e Jaszuny. Alla fine del settembre 1947 diventò par-
roco di Soleczniki Wielkie. La chiesa lignea locale, intitolata a S. Pietro, fu in-
cendiata e distrutta nel luglio del 1944. Don Tadeusz decise di ricostruirla sulle
stesse fondamenta. Il direttore del locale kolchoz in via informale si offrì di aiu-
56 W. Z˙UREK, Dzia~l alno´s´c duszpasterska ks. Tadeusza Hoppe…, pp. 232-233.
57 ID, Moz˙liwo´sci i formy duszpasterzowania …, pp. 328-329.

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L’attività pastorale-educativa dei Salesiani nelle nuove repubbliche dell’Unione Sovietica 493
tarlo nell’opera. Alle autorità comuniste di Soleczniki l’idea di ricostruire il tem-
pio non piaceva, decisero pertanto che in quel luogo doveva sorgere un dopola-
voro. Quindi, don Hoppe, quale segno di “apprezzamento” per i lavori già ese-
guiti, fu trasferito a Kalwaria Wile´nska. Prima dell’arrivo del suo successore,
don Paweł Bekisz, i fedeli demolirono quanto rimaneva della chiesa fino alle
fondamenta, rendendo così impossibile la prosecuzione dei lavori di costruzione
del dopolavoro con annesso un centro di cultura giovanile. Intanto, a Kalwaria
Wile´nska, don Hoppe lavorava con un’immensa dedizione come custode del
santuario mariano, rendendo il luogo famoso in tutto il territorio di Vilnius e in
tutta la Lituania. Nel 1954, fu mandato alla parrocchia di Ławaryszki, da dove
partì poi, ai primi di dicembre 1958, per Odessa58.
Coad. Wojciech Wiertelak. Lo scoppio della seconda guerra mondiale lo sor-
prese a Dworzec nei pressi di Nowogródek. Non di sua volontà, diventò per 20
anni cittadino sovietico. Dopo la guerra lavorò come amministratore del fondo
agricolo di proprietà di un latifondista tedesco Jan Obst, sposato con Rosalia,
una polacca, e visse nella loro casa, costruita in legno, a Rubno vicino a
Ławaryszki. Quando i sovietici avviarono la collettivizzazione dell’agricoltura isti-
tuendo i sovchoz e i kolchoz, il fondo di Obst fu confiscato e annesso al locale
kolchoz. Nella casa fu installata una scuola. Data la situazione, nei primi Anni
’50 Obst, cacciato dalla proprietà, si trasferì in una piccola casa del villaggio vici-
no, a Dziekaniszki, insieme al coad. Wiertelak. Nel 1959 l’ex casa di Obst fu in-
cendiata e le autorità sospettarono del coad. Wiertelak. Per questo motivo gli fu
tolto il visto. Per il capo del kolchoz era un ottimo modo per trattenere Wierte-
lak a lavorare nel kolchoz come giardiniere, dato che non si riusciva a trovare
nessuno bravo quanto lui. Dopo la morte di Jan Obst, ai primi di aprile 1959 il
coadiutore si trasferì in Polonia e visse nella casa salesiana di Płock per altri dieci
anni. Ancora oggi la gente di Rubno e di Dziekaniszki lo ricorda e dice di non
avere mai saputo che fosse un religioso. Fu un buon giardiniere. Negli ultimi an-
ni di vita di Obst il nostro coadiutore non veniva retribuito per il lavoro svolto59.
2.2. Repubblica Socialista di Bielorussia
Don Kazimierz Grzegorczyk. Ordinato sacerdote a Vilnius il 17 dicembre
1941, nell’agosto del 1944 fu nominato dalla Curia metropolitana amministra-
tore provvisorio della parrocchia di Ss. Trinità di Dokszyce, nel decanato di
Głe˛bokie. La chiesa parrocchiale fu arsa nel 1943. Don Grzegorczyk celebrava la
messa in casa della signora Kawecka, una delle sue parrocchiane.
Da Dokszyce passò a Głe˛bokie, dove lavorò come pastore della chiesa della
Ss.Trinità. Il 17 dicembre 1945 l’amministratore apostolico dell’Arcidiocesi di
58 ID., Dzia~l alno´s´c duszpasterska ks. Tadeusza Hoppe…, pp. 209-214; ID., Oddziaływa-
nie duszpasterskie salezjanów…, p. 412.
59 ID., Je´ncy na wolno´sci…, pp. 270, 273.

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494 Waldemar Witold Z.urek
Vilnius lo trasferì alla parrocchia di S.Andrea Apostolo a Łyntupy, nel decanato
S´wie˛ciany, nella repubblica bielorussa. Vi lavorò come parroco. Inizialmente si
stabilì in casa di un parrocchiano, dove rimase fino all’ultimazione della canoni-
ca, nel 194760.
Don Kazimierz era spesso importunato in canonica dai funzionari della poli-
zia e ne fu probabilmente percosso, perché cominciò a stare male. Era afflitto da
emicranie, soffriva di attacchi di panico. Viveva nella paura. Spesso evitava di
dormire in canonica, anche per molte notti di fila. Un funzionario bendisposto
(russo) informò di nascosto i parrocchiani di fiducia dell’imminente arresto del
parroco. Per sottrarsi alla cattura ed evitare la deportazione in Siberia, don Kazi-
mierz trascorreva ogni notte presso una famiglia diversa. Raccontando del par-
roco, morto il 19 dicembre 1959, i parrocchiani di Łyntupy dicono: “Un prete
come lui, noi non lo avevamo mai avuto, prima”. Nel dirlo, la parrocchiana We-
ronika Piuk pianse61.
Don Ryszard Stohandel. Pastore delle anime di Parafianów dal 1942 al
1948, celebrava la liturgia in latino. Di indole allegra, era però molto disciplina-
to ed esigeva lo stesso dai parrocchiani. Ancora oggi i fedeli ricordano che dice-
va la cosa una volta sola e non la ripeteva mai più. Sapeva farlo anche nella for-
mazione religiosa dei giovani, e “li metteva in riga”. Spiegava ai ragazzi come
comportarsi durante la liturgia, per esempio che non dovevano inginocchiarsi
su un ginocchio solo, ed era obbedito. Alle ragazze raccomandava di non venire
alle funzioni con abiti troppo corti62.
Don Jan Tokarski. Dopo che il parroco della Natività della B. V. Maria a
Dubrowa, don Edward Muro´nczyk, fu ucciso dai banditi (partigiani) il 20 otto-
bre 1942, la chiesa non fu più servita da nessun sacerdote fino alla fine della
guerra. Nel 1944, in quel territorio, liberato dall’Armata Rossa, giunse don To-
karski, salesiano. Si insediò nella vasta canonica (poco dopo confiscata dai co-
munisti) di fronte alla chiesa. Estese il servizio pastorale anche alle parrocchie di
Pierszaje e Raków. Mentre vi lavorava, fu condannato in quanto “nemico politi-
camente pericoloso” a 25 anni di detenzione nei gulag. Per cosa? La sentenza re-
citava: “ostinato nella fede, la insegnava ai bambini e non sapendo convincerli,
li attirava con le caramelle”. Arrestato il 16 giugno 1948, fu deportato a Vitebsk
nei pressi di Smolensk, nella Repubblica Federale Russa: Il freddo era insoppor-
tabile e lui dormiva su assi gelate, coperte di neve. Da lì fu trasferito ad Inta,
200 chilometri da Vorkuta e, nel 1949, ad Obis, sul fiume Usa. Celebrò la pri-
ma messa solo dopo sei mesi di prigionia, senza paramenti. Ne copiò il testo tra-
scritto a mano da un collega, prigioniero come lui; una tazza servì da calice. Le
ostie e il vino di uva passa gli erano stati spediti in un pacco di viveri che i pa-
60 ID., Moz˙liwo´sci i formy duszpasterzowania …, pp. 334-335.
61 ID., Je´ncy na wolno´sci…, p. 68.
62 Ibid., p. 172.

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L’attività pastorale-educativa dei Salesiani nelle nuove repubbliche dell’Unione Sovietica 495
renti inviavano ai prigionieri. Nel gulag don Jan organizzava di nascosto i primi
venerdì del mese per i compagni di prigionia. Per questo spesso veniva punito
dalle guardie e più volte ne soffrì pesantemente. Iscriveva i compagni al gruppo
del rosario vivente e dello scapolare. Le prigioniere del gulag confezionavano per
loro i rosari con il pane. Lui nascondeva addosso la comunione sempre, di gior-
no e di notte, per poter impartire il Santissimo ai moribondi63.
Dopo la morte di Stalin, con l’amnistia di cui beneficiarono i condannati a
25 anni, nel 1954 fu liberato e tornò definitivamente a Raków. Dopo diversi
tentativi ottenne finalmente la “spravka” e poté lavorare fino al giorno della
morte. Aveva scontato sei anni e otto mesi nel gulag. Confrontando il suo lavo-
ro nei gulag con quello parrocchiale, disse: “Non saprei dire quale dei due fosse
stato più fruttuoso, che sia Dio a giudicarlo”.
Don Jan Wielkiewicz. Dopo l’arresto e la deportazione in Siberia, nel novem-
bre del 1939, del direttore dell’Istituto salesiano e parroco di Dworzec Nowo-
grodzki, don Jan Kapusta, sul posto rimasero due salesiani, don Ludwik Wit-
kowski e don Jan Wielkiewicz. Quest’ultimo si trasferì poco tempo dopo a No-
wojelnia, dove lavorò fino all’aprile del 1946. Alla morte del parroco di Zdzie˛cioł
decano Józef Sawicki, divenne suo successore. S’impegnava moltissimo nel lavoro
pastorale per la vastissima parrocchia e in tutto il circondario. Era sano come un
pesce e sembrava che le sue energie non dovessero esaurirsi mai. Però, quando nel
1968 si recò in visita in Polonia, apparve esausto e malmesso. L’ispettore lo man-
dò a curarsi nell’ospedale di Łódz´. Si scoprì che soffriva di insufficienza cardiaca e
renale, era gravemente diabetico e aveva anche qualche problema alle gambe. Fu
sottoposto a cure approfondite che si sarebbero protratte nel tempo e quindi gli
fu consigliato di ridurre gli impegni. Però, appena si sentì meglio, volle tornare a
Zdzie˛cioł. Non lo fermarono proteste né persuasioni, e nemmeno le suppliche
dei tanti che gli volevano bene. Il 3 giugno 1968 partì per riprendere il solito la-
voro. Ma la malattia si ripresentò. La domenica del 9 marzo 1969 don Jan cele-
brò la sua ultima messa. L’indomani, quando i fedeli si presentarono per la fun-
zione disse loro: “Purtroppo non ce la faccio ad alzarmi. Voi andate in chiesa, ce-
lebrate la Via Crucis per conto vostro, e io intanto reciterò i salmi per i moribon-
di”. Visse ancora, soffrendo, fino al 12 marzo. Morì quel giorno, di giovedì, alle
ore 3,30. Nella bara sembrava un pretino di fresca nomina64.
Il 16 marzo furono celebrati i funerali che richiamarono una folla immensa.
La chiesa, che aveva la capienza di duemila persone, era stracolma. Sedici sacer-
doti ascoltarono le confessioni dei fedeli dall’alba fino a mezzogiorno, quando
cominciarono le esequie65.
63 ASIW, T. Ks. Tokarski Jan, ks. Stanisław Rokita, notizie su don Tokarski a p. 4; W.
Z˙UREK, Je´ncy na wolno´sci…, pp. 184-185.
64 Ibid., p. 232; ID., Moz˙liwo´sci i formy duszpasterzowania …, p. 336.
65 A causa delle elezioni, le autorità non concessero il permesso di celebrare le esequie il
14 marzo, per cui i funerali furono spostati al 16 marzo [1969]. Cf ID., Je´ncy na
wolno´sci…, p. 232.

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496 Waldemar Witold Z.urek
Don Ludwik Witkowski. Dal 1931 lavorò a Dworzec Nowogródzki come
preside della scuola professionale, nel 1934 rimase senza incarico. Soffriva di
disturbi della salute (scrupoli), a causa dei quali non poteva svolgere regolar-
mente le funzioni sacerdotali. Dopo la dispersione dei confratelli durante la
guerra, Don Witkowski che si era molto trascurato cominciò pian piano a ri-
prendersi. Partiti, nel giugno 1946, per la Polonia don Wacław Rybicki e il co-
ad. Stanisław Baca, don Witkowski rimase solo a Dworzec66. Vi trascorse quasi
tutta la sua vita di sacerdote. Nonostante i disturbi psichici non era pericoloso
per gli altri che furono molto comprensivi con lui. Dipingeva quadri di temati-
ca religiosa e anche le tovaglie di casa per i parrocchiani. Aiutato da don Julian
Rykała, imparò nuovamente le preghiere e le celebrazioni liturgiche. Fino all’ul-
timo lavorò con grande dedizione per la parrocchia. Morì il 2 novembre 1952, a
Dworzec. Dopo la sua morte, le autorità comuniste chiusero la chiesa, perché i
parrocchiani non furono in grado di pagare le pesanti imposte67.
Don Jan Kapusta. Degli undici salesiani qui presentati, fu l’unico a rimanere
nell’Unione Sovietica per ben quindici anni contro la sua volontà. Il 27 novembre
1939, infatti, fu arrestato dalla NKVD (polizia segreta) a Dworzec. Rinchiuso nel
gulag distrettuale della Carelia finnica, fu assegnato alla fluitazione dei tronchi
d’albero. Liberato dall’amnistia proclamata in seguito all’accordo tra Sikorski e
Stalin, aderì all’armata polacca che si stava formando nell’URSS sotto il comman-
do del gen. Władysław Anders. Fu nominato cappellano degli esiliati polacchi,
prima nel Kazakhstan, poi nell’Usbekhistan. Nell’agosto del 1942 fu arrestato in
Iran con l’accusa di spionaggio, rimandato a Mosca e condannato a 10 anni di gu-
lag a Vorkuta. Scontata la pena, nel 1952 fu confinato nel distretto di Krasnojarsk
a tempo indeterminato. Lì visse fino al rilascio. Tornò in Polonia il 31 dicembre
1955. I tentativi di farlo liberare per tornare in Polonia durarono nove anni68.
2.3. Repubblica Socialista d’Ucraina
Ai primi di dicembre 1958 don Hoppe lasciò Ławaryszki per Vilnius, dove,
bagaglio in mano, prese il treno per Odessa. Andava verso l’ignoto, avvertiva il ri-
schio dell’impresa e il suo viso rispecchiava un certo nervosismo69. A Odessa sub-
entrò a don Witold Bronicki, nella chiesa di s. Pietro. Prese alloggio in una mo-
desta abitazione situata nel seminterrato della chiesa, sotto il presbiterio. Procla-
mava la Parola di Dio in ogni messa che celebrava. All’epoca, la meravigliosa cat-
tedrale di Odessa, intitolata all’Assunzione della B. V. Maria, era già stata chiusa.
66 Dopo l’ordinazione sacerdotale ricevuta il 9 VII 1928 lavorò come catechista a Vil-
nius, in via Stefa´nska 42, fino all’estate 1931.
67 W. Z˙UREK, Je´ncy na wolno´sci…, p. 289; ID., Moz˙liwo´sci i formy duszpasterzowania...,
pp. 336-337.
68 ID., Je´ncy na wolno´sci…, p. 126; ID., Moz˙liwo´sci i formy duszpasterzowania …, p. 336.
69 Così don Obre˛bski ricorda la partenza di don Hoppe. Si veda W. Z˙UREK, Je´ncy na
wolno´sci…, pp. 95, 327-328.

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L’attività pastorale-educativa dei Salesiani nelle nuove repubbliche dell’Unione Sovietica 497
Per oltre sette anni fece il pendolare tra Odessa e Kiev, recandosi al centro
pastorale che vi era sorto.
“Dai frutti li conoscerete”. Frutti visibili del lavoro di don Hoppe sono le
vocazioni sacerdotali e religiose, ovvero i salesiani: Aleksander Cˇumakov (nel
1984 ordinato diacono di rito bizantino-ucraino), don Andrzej Janicki (sacerdo-
te dal 1987), don Witalis Krzywicki (1997), don Marian Kuc (2001), don Ed-
ward Zaja˛czkowski (2002), don Tadeusz Zaja˛czkowski (sac. diocesano dal
2006) e suor Anna Zaja˛czkowska FMA70.
2.4. Repubblica Socialista di Moldavia
Don Bronisław Chodanionek. Dopo la guerra, sul territorio della repubblica
vivevano circa 25 mila cattolici, di nazionalità tedesca e polacca. Nella capitale,
Kiˇsinëv, i polacchi erano pochi, in provincia erano assai più numerosi. Nel 1948,
morto il parroco del luogo don Mikołaj Szczurek, le autorità comuniste accon-
sentirono che gli succedesse il salesiano don Bronisław Chodanionek. Così, nel
1949, egli lasciò la sua parrocchia di Porudomino (in Lituania) e venne a Kiˇsinëv,
distante più di mille chilometri, per insediarsi presso la chiesa dell’Immacolata
Concezione della B. V. Maria, posta nel centro della città. Prese alloggio in una
casa a lui destinata in via Stalingradzka. Si spostava per la città in moto. Don
Chodanionek, come prima di lui don Szczurek, era l’unico sacerdote cattolico di
rito latino in tutta la Moldavia, popolata da quattro milioni di persone71.
La chiesa era frequentata soprattutto da adulti e anziani. I ragazzi, in quanto
minorenni, se si presentavano in chiesa venivano allontanati dagli insegnanti o
dalle persone a ciò delegate. Questo, però, non abbatteva affatto lo zelo di que-
sto pastore. Ai bambini dedicava una particolare attenzione. I fedeli della Litua-
nia (Ejszyszki), dove aveva lavorato prima, portavano i figli fino a Kiˇsinëv dove
il parroco li preparava alla prima confessione e comunione. Appena aveva le me-
dagliette o i santini, li donava ai ragazzini.
Ogni tanto tornava in visita nei luoghi natii (Kolonia Premiany, la Capitale).
Durante queste visite unì in matrimonio molte coppie e ne battezzò i figli.
Nonostante i tempi duri, lo faceva privatamente, consapevole delle eventuali
conseguenze. Gli interessati sapevano sempre esattamente quando il prete con-
nazionale sarebbe venuto e si preparavano ai sacramenti. Tante volte, invece di
attendere la sua venuta, loro stessi, accompagnati da tutta la famiglia, si recava-
no da lui in Moldavia.
Nel 1957, dopo la chiusura della sua chiesa che fu adibita a cinema-teatro,
don Bronislaw dovette celebrare le funzioni nella cappella armena del cimitero,
anch’esso ormai chiuso. Progettò perfino di partire per la Polonia, per trascor-
rervi la vecchiaia. Completò i documenti necessari. Però, poco dopo si ammalò,
70 ID., Dzia~l alno´s´c duszpasterska ks. Tadeusza Hoppe…, p. 223; ID., Oddzia~l ywanie
duszpasterskie salezjanów…, p. 437.
71 ID., Moz˙liwo´sci i formy duszpasterzowania…, p. 326.

50.8 Page 498

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498 Waldemar Witold Z.urek
e il 25 novembre 1973 morì all’età di 63 anni. Morì per il troppo lavoro, svolto
per la gloria di Dio e per il bene dei fedeli. Questi due ideali furono per lui de-
terminanti ogni volta che la fatica dell’intensa attività evangelizzatrice gli faceva
venire la tentazione di tornare in Polonia e riprendere la vita comunitaria di cui
aveva grande nostalgia72.
Nonostante la sua vita sacerdotale e salesiana trascorresse sempre solitaria,
sempre limitata all’attività pastorale, don Bronisław conservava in sé e nel suo
modo di vivere i tratti tipici della vocazione salesiana e della vita comunitaria.
Dopo la sua morte, avvenuta nel 1974, parlando di lui don Witold Golak di
Wo´zniaków disse: “Quello che definiva la simpatica figura di don Bronisław, era
una singolare magnanimità unita alla timidezza che si rivelava, piuttosto, delica-
tezza d’animo. Con gli altri fu sempre molto gentile, disponibile, sempre pieno
di tatto. Nella vita comunitaria era ligio al dovere a causa del grande amore che
nutriva per la vocazione salesiana. Niente di strano, perciò, che fosse disciplina-
tissimo, un modello di puntualità, di diligenza negli esercizi spirituali, di osser-
vanza dei doveri giornalieri. Univa a tutto questo una pietà cristiana priva di
esaltazione”73.
Era legatissimo alla congregazione. Sentiva un’incessante nostalgia della vita
comunitaria, ma non ce la fece a tornare nel paese perché – diceva – temeva di ce-
dere alla tentazione di rimanervi per sempre, come era successo ad altri confratelli.
Rispettava la massima: lavorare per il bene delle anime senza risparmiarsi mai74.
Conclusione
I salesiani presentati brevemente qui sopra intrapresero l’unica attività che
fosse possibile nell’URSS dopo il 1945, ovvero il lavoro pastorale. Dai sacerdoti
diocesani erano trattati come clero diocesano, perché non erano stati i loro supe-
riori religiosi a decidere della loro destinazione alle parrocchie. Tuttavia, non smi-
sero mai di sentirsi salesiani. Con ogni mezzo possibile cercarono di tenersi in
contatto con i superiori della propria ispettoria, si interessarono sempre della vita
e dell’attività di tutta la congregazione. A tale titolo, spesso questi confratelli del-
l’Est mandavano aiuti finanziari ai superiori in Polonia, di solito come contributi
alle messe per varie intenzioni, di cui erano ben provvisti. Nonostante non potes-
sero lavorare negli istituti salesiani nel pieno senso della parola, la formazione ri-
cevuta nella congregazione e gli studi teologici compiuti consentirono loro di de-
dicarsi al lavoro pastorale. Il servizio pastorale, svolto da essi con spirito di abne-
gazione, offerto agli adulti dato che solo questi potevano praticare la fede nel-
l’URSS, si tradusse nella formazione spirituale di figli e nipoti dei parrocchiani. I
72 Così lo caratterizzava don Toporek che lo aveva conosciuto da chierico. Cf W. Z˙UREK,
Je´ncy na wolno´sci…, p. 51; ID., Moz˙liwo´sci i formy duszpasterzowania …, pp. 378-379.
73 ID., Je´ncy na wolno´sci…, p. 52; ID., Moz˙liwo´sci i formy duszpasterzowania …, pp.
326-327.
74 ID., Je´ncy na wolno´sci…, p. 52.

50.9 Page 499

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L’attività pastorale-educativa dei Salesiani nelle nuove repubbliche dell’Unione Sovietica 499
più piccoli si accostavano ai sacramenti dell’iniziazione cristiana, di solito impar-
titi in segreto, grazie all’adeguata formazione dei genitori. La preparazione alla
prima comunione e alla cresima non veniva svolta dai sacerdoti bensì dai genito-
ri, dai nonni o dai laici adeguatamente formati, sempre sotto la responsabilità dei
genitori. Quindi, è possibile affermare con certezza che i salesiani impegnati nelle
attività pastorali nella realtà sovietica dell’epoca lavorarono in modo pienamente
conforme ai voti professati, influendo indirettamente, per la stessa natura della
pastorale parrocchiana, anche sui bambini e sui ragazzi. Nella loro predicazione
affrontarono il tema della minaccia ateista che coinvolgeva tutti, ma soprattutto i
bambini e i ragazzi, il più delle volte educati e istruiti nelle scuole atee, i più
esposti a questo genere di propaganda. Così, erano i genitori a doversi assumere
il compito di impartire ai figli una formazione spirituale adeguata.
Attraverso questo lavoro, svolto in condizioni davvero estreme, questi salesia-
ni adempivano alla propria missione, sacerdotale e salesiana, nello spirito della
propria congregazione, di cui rimasero membri fedelissimi fino alla morte.

50.10 Page 500

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51 Pages 501-510

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51.1 Page 501

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INDICE DEI NOMI DI PERSONA
ADÁM László, SDB, 321-323
ADAMSKI Stanisław, vescovo, 428
ADRIANYI Gabor, storico, 317, 326
ALBERA Paolo, rettore maggiore SDB, 24,
57, 61-62, 64, 117, 135, 312, 394
ALBERDI Ramón, SDB, 52, 57, 193, 214
ALBUINO, (s.), 377
ALCALÁ ZAMORA Niceto, politico, 195,
196, 198
ALCÁNTARA Felipe, SDB, 210, 212
ALESSI Antonio, SDB, 305
ALFONSO XIII, re, 63, 194
ALNOR Karl, autore, 253
ALONSO BURGOS Emilio, SDB, 213
AMBROZˇICˇ Alojzij, cardinale, 376
AMBROZˇICˇ Janez, SDB, 369
ANDERS Władysław, generale, 496
ANDRZEJ/ANDREA, apostolo, 494
ANGERMANN Max, studioso, 273
ANJOS Amador, SDB, 54
ANTAL János, SDB, 313-315, 317, 319,
322, 327
ANTONIA, alunna, 140
ANTONIOLI Francesco, SDB, 331
APPONYI Albert, 416
ARMELLINI Lina, FMA, 389
ARNEZˇ John A., studioso, 355, 357, 366,
369
ARRIBAT Auguste, SDB, 126, 127
AUCIELLO Pasquina, FMA, 93
AUFFRAY Augustin, SDB, 119
AVENANT Thérèse, FMA, 139
AZAÑA DÍAZ Manuel, politico, 192, 198, 200
BABINI Costantino, sacerdote, 176
BABLED Paul, SDB, 127
BACA-BACZYN´SKI Stanisław, SDB, 477, 496
BADOGLIO Pietro, maresciallo d’Italia, 187
BAIRATI Piero, storico, 163
BAJIC´ Mirko, SDB, 335
BAJUK Anton, SDB, 345
BALAWAJDER Wojciech, SDB, 430, 434,
474, 475, 478, 480
BALBO Italo, ministro, 187
BANIEWICZ Felicja, 478
BANIEWICZ Wacław, 478
BARANIAK Antoni, SDB, arcivescovo, 448
BARANOWSKI Stanisław, sacerdote, 478
BARATTA Carlo M., SDB, 60, 173
BARNEAUD Marie, FMA, 140
BARROERO Giovanni, SDB, 15
BASTARRICA José Luis, SDB, 57, 66, 67,
207
BAUD Anne-Marie, FMA, 15
BAUER Antun, arcivescovo, 329, 339
BAZYLCZUK Zofia, FMA, 444
BEKISZ Paweł, sacerdote, 474, 493
BELAJ Stanislav, SDB, 335, 350
BELISSIN, benefattore, 139
BELLUCCI Emanuela, storica, 154
BELOVIC´ Josip, SDB, 331, 344
BENEDETTO XV, papa, 44, 61
BENEDETTO XVI, papa, 22
BENIGAR Aleksa, OFM, 342
BENˇ O Ján Augustín, SDB, 402, 404, 405,
406, 412
BERNING Wilhelm, vescovo, 241
BERRUTI Francesco, SDB, 305, 309
BERRUTI Pietro, SDB, 64, 67, 103, 205,
217, 314
BERTELLO Giuseppe, SDB, 59
BES (signora), benefattrice, 143
BES SODE fratelli, del clero diocesano, 127
BESLAY Jules-Marie, SDB, 117, 118, 124,
126, 128
BESSIERES Louis-Albert, sacerdote, 122-123
BETTI Carmen, storica, 148, 150
BIANCHI Mina Ivan, politico, 157
BIANCHINI Rosa, assistente sociale, 298
BIAVATI Cadmo, SDB, 67
BIDA Antoni, politico, 465
BIERNACKA Barbara, FMA, 454

51.2 Page 502

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502 Indice dei nomi di persona
BIERUT Bolesław, politico, 461
BINELLI Francesco, SDB, 311
BLAIN Michel, SDB, 118
BLATNIK Franc, SDB, 359, 363, 365-368,
370-372, 375
BLEZIEN´ Stefan, SDB, 437
BLUM Johannes, 295
BOBERBACH Heinz, studioso, 251
BOCZAR Adam, 492
BOCZAR Andrzej, 492
BOCZAR Janina, 492
BOCZAR Marian, 492
BOESEN, insegnante, 237, 238
BOGU´S Eugeniusz, SDB, 433
BOKOR Jozef, SDB, 395, 399, 404-406,
408, 418
BOLOGNA (>BOLOGNE) Joseph (Giuseppe),
SDB, 115, 116, 132, 136
BONATO Antonio, SDB, 311, 312
BONFANTE Pierre, SDB, 121
BONOMELLI Geremia, vescovo, 175
BORGONGINI Duca, vescovo, 359
BORMANN Martin, 283
BORNEMANN F., 428
BORODZIEJ Lucia, 38, 46
BORRA Guido, SDB, 168
BORREGO Jesús, SDB, 57, 192, 193, 206,
208, 209
BORSI Mara, FMA, 104
BORZOMATI Pietro, storico, 171
BOSCO (>BOSKO) Giovanni, fondatore, (s.),
8-9, 13-14, 21-25, 79, 80, 99, 101,
103, 107, 123-125, 131, 132, 134-138,
140, 144, 155-157, 158, 159, 161, 162,
164, 165, 169, 172, 173, 175, 177,
178, 180, 182, 186, 187, 190, 225,
235, 246, 329-333, 342, 346, 351, 394,
398, 399, 404, 412, 414, 418, 419,
423, 426, 439, 459, 469, 476, 477, 480
BOSCO Eulalia, FMA, 80
BOSELLI Paolo, politico, 173
BOSMANS Hilde, FMA, 15
BOTTAI Giuseppe, politico, 149
BRACHFELD Sylvain, 287, 296, 296
BRAIDO Pietro, SDB, studioso, 59, 62,
160, 162, 169, 173
BRAUN J., capo (della Gioventù Hitleriana),
254
BREIDENBACH, capo (della Gioventù Hitleriana),
264
BRENMIREL (BRENMÜLLER), medico ebreo, 437
BRONICKI Witold, sacerdote, 496
BRUMEC Dragutin, SDB, 346
BRUNEC Mihael, SDB, 359, 360, 362, 370,
375
BRUNNER Karl Heinz, studente, 226
BUCHWALTER Alphonse, alunno ebreo, 295
BUJWID Franciszek, SDB, 433
BUKA Teuta, FMA, 93
BUKATKO Gabrijel, arcivescovo, 352
BUKSBAUM Ignace, alunno ebreo, 295
BULESˇIC´ Miroslav, sacerdote, 343
BULOWSKI Michał F., SDB, 475, 488, 491
BURDEUS Amadeo, SDB, 66
BURLEIGH Michael, storico, 239
BURSIEWICZ Antoni, SDB, 435, 437
BUZZETTI Angiolina, FMA, 80, 132
CABADA Manuel Lino, SDB, 214
CABIZZOSU Tonino, storico, 172
CABRIERES François-Marie de, vescovo, 127
CAGLIERO Giovanni, SDB, cardinale, 62, 173
CAHILL, vescovo, 116
CAIMI Luciano, studioso, 59
CALASANZ MARQUÉS José, SDB, (b.), 203,
208, 209, 211, 217, 218
CAMOZZO Ugo, vescovo, 337
CANALEJAS José, politico, 191
CANAVESIO Giovanni, SDB, 205
CANDELA Antoine (Antonio), SDB, 125,
203, 205, 214, 215, 217, 220
CANTALUPO Roberto, ministro, 183, 188
CAPETTI Giselda, FMA, 79
CARAVARIO Callisto, SDB, (s.), 189
CÁRCEL ORTÍ Vicente, storico, 66
CÁRCEL ORTÍ, Vicente, sacerdote, storico,
196, 200, 201
CARSI Mariano, ex allievo, 211
CARTIER Louis, SDB, 116, 120-123, 143
CASARES QUIROGA Santiago, politico, 200
CASELLA Francesco, SDB, 53, 57
CASTANO Luigi, SDB, 72, 80, 81, 91, 94,
103, 104
CAVAGLIÀ Piera, FMA, 84
CAVIGLIA Enrico, maresciallo, 187
CEBULA Jan, SDB, 436, 438
CERIA Eugenio, SDB, storico, 53, 61, 65,
115, 325
ERNÁ Maria, FMA, 94, 423
CERRUTI Francesco, SDB, 58, 60, 173
ERVENˇ Jozef, sacerdote, 394
ESLAR Albin, SDB, 348

51.3 Page 503

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Indice dei nomi di persona 503
CHALECKI Lucjan, sacerdote, 474
CHAPELLE Rose, FMA, 139
CHAPON Henri, vescovo, 120
CHÁVEZ VILLANUEVA Pascual, rettor maggiore
SDB, 24
CHERUBIN Giovanni, SDB, 53
CHIAPUSSI, 156
CHMIEL Władysław, SDB, 465
CHODANIONEK Bronisław, SDB, 475-480,
487, 491, 497, 498
CHOPIN Hippolyte, coop. sal., 128
CHRZANOWSKI Roman, SDB, 434, 437
CHURCHILL Winston, politico, 445
CIEPLICKI, SDB, 437
CIEPLIK Feliks, SDB, 466
CIES´LAR Adam, SDB, 430, 431, 464
CIGAN France, SDB, 364, 367, 368, 372-374,
375
CIRILLO e METODIO, (ss.), 343, 355, 363
CIUKSZA Wincentyna, 484
CIVITELLI Alessia, FMA, 88
CLAY Lucius C., 38
CLEMENCEAU Georges, 137
CLEUX Joseph, SDB, 123
COJAZZI Antonio, SDB, 163, 164, 167
COLOMBO Atonia, superiora generale FMA, 25
COMBES Emile, ministro, 116, 130, 131, 141
COME Jeanne, FMA, 143
CONIGLIONE Carmelina, studiosa, 51
CORALLO Maria, FMA, 100
CORBÒ Anna Maria, FMA,107
CORRIDONI Filippo, sindacalista, 176
CORSELLIS John, studioso, 362, 364
CORSTEN Wilhelm, 241
COSTA Anna, FMA, 79, 80, 84
COVI Ana, FMA, 216, 217
CRESPEL Henri, SDB, 120
CRIVELLIN Walter, storico, 152, 170
CRNJAKOVIC´ Franjo, SDB, 335
CRON Henri, SDB, 125
CROS Emile, SDB, 121
CUCCHIARA Giuseppe, SDB, 337, 344,
367, 368, 372
CYBULSKI Jan, SDB, 434, 437
CZECH Józef, SDB, 465
CZEPUŁKOWSKI Henryk, SDB, 477
CZUMAKOW Aleksander, SDB, 497
D’ANGELO Augusto, storico, 56, 171
D’ANNUNZIO Gabriele, scrittore, 176
D’ERCOLI Flaviano, 56
DAGHERO Caterina, superiora generale FMA,
9, 24, 80, 81, 132, 133
DALCERRI Lina, FMA, 80
DALMAU y FITER Joaquín, notaio, 211
DÁNIEL Tibor, chierico, SDB, 322
DANKO László, storico, 314, 322, 323
DANˇ O L’udovít, exalievo, 405
DE AMBROSIS Alba, FMA, 90, 257, 270,
275, 278-284
DE FELICE Renzo, storico, 171
DE FENOSA, conte, 214
DE LOS RÍOS URRUTI Fernando, politico, 196
DE MARTIN Gerolamo, SDB, 337, 344, 346
DE RAEVE Agnes, insegnante, FMA, 294, 295
DE ROSA Gabriele, storico, 152
DE RUYCK Hortense, FMA, 286
DE TAYE Arthur, politico, 288, 290, 291
DE VECCHI Cesare M., ministro, 157, 184
DE˛BSKI Kazimierz, SDB, 431
DEC Władysław, SDB, 436-438
DECHET, sacerdote, 401
DELACROIX Henri, SDB, 54
DELPONT Jules, SDB, 126
DENRY Angèle, alunna,137
DERMEK Andrej, SDB, 406, 408, 410
DESRAMAUT Francis, SDB, 15, 51, 57-59
DEWITTE Berthe, 137
DHUIT Julien, SDB,
DI BELLA Letizia, FMA, 308
DÍAZ RIVAS Ambrosio, SDB, 66, 208, 214,
215
DICKSON William.J., SDB, 52, 58
DIRNBERGER Ridi, Unione Donne Nazio-
nalsocialista, 267
DOBRˇSEK Ivan, SDB, 377, 378
DOCˇOLOMANSKÁ L’udmila, FMA, 418
DOCˇOLOMANSKÁ Margita, FMA, 418
DODIC´ Tadija, SDB, 335
DOLINSKY Juraj, 422
DOLLFUSS Engelbert, cancelliere, 253
DOMAJNKO Alojzija (Luisa), FMA, 384-389,
391
DOMENECH Alfonso, SDB, 193
DOMÍNGUEZ Félix, SDB, 193, 214
DOMINO Stanisław, SDB, 434, 435
DORABIAŁA Wacław, SDB, 433, 437
DORATO Carlo, 164
DRÓZD Aleksander, SDB, 438
Druart Albert, storico, 54
DUBCEK Alexander, 94
DUBOVSK´Y Leo, archivista, 405

51.4 Page 504

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504 Indice dei nomi di persona
DUDEK Antoni, studioso, 468
DUMAS Jean, SDB, 126
DUPONT Gisèle, FMA, 140
URICA Milan Stanislav, SDB 396, 398,
399, 401, 408
DÚRVA Ladislav, exalievo, 405
DUTKIEVICZ Jozef, alunno ebreo, 295
DZIEKAN Antoni, sacerdote, 491
EDELÉNYI István, SDB, 323-325
ELLERT Jan, sacerdote, 474
ETINGER Mijo, parroco, 334
EUFEMIJA, (s.) 336
FACCARO Giovanni, SDB, 163
FAGES, vicario generale, 120
FALSER Günter, studioso, 262
FALZONE Maria Teresa, SSP, 84
FANDRIN Jeanne, alunna, 140
FAURE Hippolyte, SDB, 124, 127
FAVINI Guido, SDB, 158, 159
FEDRIGOTTI Albino, SDB, 353, 362
FEKETE Vladimír, SDB, 15
FERRAR Marcus, studioso, 362, 364
FERRARIS Charles, SDB, 121, 123
FERREIRA DA SILVA Antonio, SDB, 61
FERRY Jules, politico, 129, 130
FILIPOWSKI A., allievo ebreo, 437
FIORA Luigi, SDB, 80
FISSELER Leon, alunno ebreo, 295
FLESSAU K.I. , 38
FLEURET Charles, SDB, 125
FLIEDER Friedrich, 253
FLIESSER Josef, vicario generale, 269
FLORMAN Henri, alunno ebreo, 295
FONCK Françoise, storica, 54
FORI, SDB, 168
FORMOSA Paul, SDB, 58
FORTUNA Jan, SDB, 438
FOSSATI Maurilio, arcivescovo, 159
FRANCESCO DI SALES, (s.), 140, 143
FRANCO Francisco, militare, dittatore, 66, 213
FRANZINELLI Mimmo, storico, 158
FRASSATI Pier Giorgio, (b.), 167
GAGARIN Jurij, cosmonauta, 489
GAJOWCZYK Agnieszka, FMA, 444
GALEN VON Clemens, cardinale, (b.), 10
GAMBETTA Léon, 129
GAMBOGI Maria, FMA, 306, 308
GÁNOVSK´Y Jozef, SDB, 412
GARIBALDI Giuseppe, militare, 51, 178,
181, 184
GARIGLIO Bartolo, storico, 170
GARKOVIC´ Mate, vescovo, 351
GASPARRI Pietro, cardinale, 155, 157
GASTALDI Andrea, politico, 152
GASTHUBER Walter, consigliere comunale, 267
GAWRON M., 462
GAY Margarita, FMA, 216, 219
GENGHINI Clelia, FMA, 218
GENTILE Giovanni, filosofo, politico, 34,
35, 42, 46, 99, 149, 153
GENUINO, (s.), 377
GHEDA Paolo, storico, 172
GIACINTO/JACEK, (s.), 469, 471
GIBIER, vescovo, 141
GIL Czesław, 429
GIL PECHARROMÁN Julio, storico, 194-196,
198, 199, 200
GIL ROBLES José María, politico, 199
GIMBERT Pierre, SDB, 118
GIORGI Esteban, SDB, 209
GIOVANNI PAOLO II, papa, 21, 457, 469
GIOVANNI XXIII, papa, 45, 71
GIRAUDI Fedele, SDB, 157
GIRAUDO Aldo, SDB, 62, 170
GŁA˛B Tadeusz, SDB, 437
GŁOGOWSKA H., 462
GOBLET, 129, 130
GOLAK Witold, SDB, 480, 498
GOLDSTEIN, fratelli allievi ebrei, 437
GOMÁ y TOMÁS Isidro, cardinale, 199
GONZÁLES Jesús G., SDB, 15, 24, 88, 191,
193
GOTTWALD Klement, presidente, 400
GRABMAIR, famiglia, 282
GRASSO Giacomo, domenicano, 160
GRAZIANO Teresa, FMA, 298, 302
GREGORKIEWICZ Józef, SDB, 437, 491
GRIESSER PECˇ AR Tamara, studiosa, 358,
360, 361
GRÖBER Konrad, arcivescovo, 241
GRÓF Ivan, SDB, 405, 406, 412
GROPPI Felicina, FMA, 107
GROSCH Alexander, politico, 264
GROSZ Károly, politico, 326
GRUNDTVIG Nicolai, 32
GRZEGORCZYK Kazimierz R., SDB, 475,
479, 483, 487, 488, 491, 493, 494
GRZESIAK Florian, SDB, 438
GRZˇINCˇIC´ Jerko, SDB, 333, 340, 349

51.5 Page 505

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Indice dei nomi di persona 505
GRZYWACZEWSKI Józef, SDB, 437, 438
GUADAGNINI Aurelio, SDB, 255
GUADAGNINI Secondo, SDB, 148
GUATE Rodrigo, 211
GULEˇSIC´ Frane, SDB, 336, 338
GURSKI Heinrich, SDB, 242
GUZÓN José Luis, SDB, 214
HACAJ Augustín, 420, 421
HAIPLICK Reinhard, 281, 283
HAJNCL Ankica, 334
HALASI Imre, SDB, 324
HALO, sacerdote, 399
HANUS Ladislav, 416, 424
HANZˇEL Anton, SDB, 334
HAˇSSˇÍK Sˇtefan, 423
HAUPTMANN Gerhart, 38
HECKER, consigliere distrettuale, 239, 243,
248
HEDEROVÁ Anna, FMA, 418
HEINE Heinrich, poeta, 38
HEMA, (s.), 363, 378
HERNÁNDEZ José Antonio, SDB, 193
HERRIOT Edouard, 131
HILDEGARDA, (b.), 363, 378
HITLER Adolf, »Führer«, dittatore, 10, 29,
36, 160, 225, 226, 229-231, 234, 250,
253, 254, 267, 273, 276, 280, 281,
283, 356
HLEBOWICZ Adam, 474, 475
HLINKA Anton, SDB, 397, 401, 407
HLOND August, SDB, cardinale, Servo di Dio,
10, 55, 63, 187, 448, 457
HLUBÍK Ján, 419
HOFER Franz, presidente regionale, 262, 270
HOFFMAN Alfred, SDB, 438
HOŁODOK Stanisław, 472
HOPPE Julian, SDB, 438
HOPPE Tadeusz, SDB, 475, 479, 480, 485,
486, 489-493, 496, 497
HORÁK, sacerdote, 401
HORN y AREILZA José, politico, 207
HORTHY M., ammiraglio, 312
HOUSSIN Julia, insegnante, 289
HRDY´ Jozef, SDB, 399
HUDÁKOVÁ Dorotea, FMA, 418
HYARD Emilie, FMA, 139
IBÁÑEZ Lauro, ex allievo, 211
IMPERL Marija, SDB, 15
INNITZER Theodor, cardinale, 254
IOPPOLO Luigina, FMA, 308
IVANKOVIC´ Marinko, SDB, 15, 329, 336
IZAKOVIC´ Jozef, SDB, 402, 404, 405,406,
409, 412
IZBICKI Henri, alunno ebreo, 295
JABLONICK´Y Jozef, storico, 396
JACEWICZ Wiktor, SDB, 429, 431, 433
JACKSON Gabriel, ispanista, 194, 195, 197,
198
JAGODIC Jozˇe, sacerdote, 376
JAŁBRZYKOWSKI Romuald, arcivescovo,
429, 472, 473, 477
JAMNIK Karlo, amministratore apostolico, 348
JANICKI Andrzej, SDB, 497
JASPAR Henri, ministro, 289
JEDLICˇKA Pavol, scrittore, 394
JE˛DRZEJEK Stanisław, SDB, 437
JEZIERSKI Antoni, SDB, 433
JONCKHEERE, sac. decano di Kortrijk, 288
JOSSERAND Joseph, SDB, 121
JURIC´ Josip, SDB, 335
JURJEVIC´ Josip, commissario, 332
KACZMAREK Ewa, religiosa, 448
KÁDAR János, politico, 317, 326
KAJZER Jan, SDB, 436
KALKA J., SDB, 437
KAMIN´ SKI Marian, SDB, 477, 478, 480
KAPLAN Karel, storico, 396
KAPUSTA Jan, SDB, 475, 478, 482, 495, 496
KARLUBÍKOVÁ Alˇzbeta, 420
KARLUBÍKOVÁ Terézia, FMA, 418
KAˇSCˇÁK Juraj, SDB, 410
KAWECKA, 494
KELENC Toma, SDB, 334, 335, 344, 347, 348,
350
KINKEL Rajmund, studioso, 369
KIRSCH Manfred, alunno ebreo, 295
KIˇS Akeksandar, contadino, 335
KISIEL Halina, 484-488
KLEMENˇSEK Anton, SDB, 356
KLENOVˇSEK Josip, SDB, 335, 347
KLOC Władysław, SDB, 492
KLÖNNE Arno, studioso, 253
KLYTTA Józef, SDB, 466
KMETˇ KO Karol, vescovo, 394
KNEZ Matilda, FMA, 384, 385, 391
KNEZ Rudi, SDB, 369, 372, 374
KNIFIC Franc, SDB, 361
KOCHANOWICZ Joanna, studioso, 463

51.6 Page 506

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506 Indice dei nomi di persona
KOLAR Bogdan, SDB, 15, 55, 329, 339,
355, 357, 359, 360, 361, 363, 369,
371, 379, 385
KOREC Jan Chryzostom, cardinale, 399,
400, 403, 406, 407
KOREJŁO Giercia, 483
KOREJŁO Helena, 483
KOREJŁO Jan, 483
KOS Stanislav, SDB, 350
KOˇSC´ AK Fabijan, SDB, 345
KOSTKA Stanisław, (s.), 469, 471, 474,
475, 481
KOSTKA W., SDB, 436, 438
KOVACˇICˇ Alojz, SDB, 344, 347
KOWALSKI Józef, SDB, (b.), 68
KOZAK Walenty, SDB, 437
KOZA-MATEJOV Juraj, scrittore, 394, 395
KOZIEŁ B., 428
KOZMONOVÁ Anna, FMA, 418
KOZˇ UL Stjepan, sacerdote, 343
KRAKOWIAK, fratelli allievi ebrei, 437
KRÄMER Mihael, SDB, 335, 345
KRANNER Karl, SDB, 255
KRAWIEC Jan, SDB, 68, 464, 465, 469
KRESLIN Josip, SDB, 349, 350
KRISCH Josef, SDB, 255
KRˇ ÍZˇ KOVÁ Marie R, 69
KRÓL Sylwester, SDB, 431
KRÜGER, capo (della Gioventù Hitleriana), 264
KRUPA Tadeusz, SDB, 466
KRUPSKAIA Nadeˇzda, 34
KRYNˇ SKA J. Elwira, studioso, 466
KRZYWICKI Vitalis, SDB, 497
KUBACKI Michał, SDB, 438
KUBICˇKA Jozef, SDB, 404, 405
KUBICOVÁ Emília, FMA, 94, 423
KUC Marian, SDB, 497
KUCZKOWICZ Ignacy, SDB, 431, 437
KUKUMBERGOVÁ Irena, FMA, 418
KUN Béla, politico, 312
KUNAT L., SDB, 433
KUPTZ Herbert, SDB, 225
KUZAK Zygmunt, SDB, 431, 438
KYSELA Mirko, SDB, 404, 412
LA PUMA, 100
LABANCA Nicola, storico, 171
LAMORAL Maria P., direttrice, 286, 288-291,
293-296
LAMPERTICO Fedele, senatore, 175
LANFRANCO Onorina, FMA, 219
LANGEVIN Paul, 42
LARRAONA Arcadio, 105
ŁASZEWSKI Marian, SDB, 434-435, 437
ŁATKA Antoni, SDB, 433
LAUTERBACHER, capo (della Gioventó Hitleriana),
235
LAZAR Marija, FMA, 383
LE CARRÉRÈS Yves, SDB, 51, 57, 59, 60, 116
LEFEBVRE, benefattrice, 138
LENIN Włodzimierz (ILJICZ ULJANOW
Władimir), dittatore, 33, 467
LENTI Arthur, SDB, 61
LEONE XIII, papa, 44, 50, 53, 130
LERROUX GARCÍA Alejandro, político, 199
LEVROT Léon, SDB, 125
LEVROT Vincent, coop. sal., 121-123
LEWANDOWSKI Czesław, studioso, 459
LEWEK Bernadeta, FMA, 15, 439
LEWIN´SKA D., lavandaia ebrea, 437
LEWIN´SKI J., allievo ebreo, 437
LEWKO Marian, SDB, 458, 468
LIBOREL, (famiglia a Guînes), 136, 137
LILIJA Melhior, SDB, 361
LIPLJANAC Aleksa, governatore locale, 335
LJUBIC´ Ivo, SDB, 349, 350
LOGAR Anton, SDB, 389
LÖGERS Ludger, SDB, 225
LOMBARD, coop. sal., 125
LONCˇ ARIC´ Stanko, SDB, 347
LOPARCO Grazia, SDB, 15, 16, 24, 79, 88
LOUBET Charles, 130, 131
LUCOTTI Ermelinda (Linda), superiora generale
FMA, 80, 81, 103, 306, 307, 444
LUJANAC Nikola, politico, 335
LUKACS László, 314
LUMER Theresia, FMA, 250, 265, 271, 272
LUNACˇARSKIJ Anatolij, 34
LUSKAR Alojzij, SDB, 363, 365, 367, 368-372,
377
MACÁK Anton, SDB, 399,
MACÁK Ernest, SDB, 399, 402, 403, 413
MACCONO Ferdinando, SDB, 80
MACEY Charles, SDB, 58
MACHELON Jean-Pierre, 130
MACKOVA Katarína, FMA, 423
MADEJ Czesław, SDB, 437
MAERTENS Rika, FMA, 291
MAGLIONE Luigi, cardinale, 359
MAINETTI Giuseppina, FMA, 80
MAKARENKO Anton, pedagogista, 34

51.7 Page 507

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Indice dei nomi di persona 507
MALICˇ Joˇze, SDB, 361
MALLO J., 66
MALVY Louis-Jean, 131
MANACORDA E., 56
MANASSERO Emanuele, SDB, 55
MANDIC´ Marin, SDB, 335
MANFREDINI Giuseppe, SDB, 205
MAN´KA Antoni, SDB, 437
MANN Erika, studiosa, 253
MANN Erwin, studioso, 254, 255
MANN Tomasso, scrittore, 38
MANZELLA Licia, FMA, 305
MARCELLÁN Jesús, SDB, 211
MARCELLIN Madeleine, FMA, 137
MARCHEWKA Andrzej, SDB, 463
MARCHI Maria, FMA, 107
MARCHIS Riccardo, 170
MARCOLUNGO Antonio, SDB,
MARCONE Giuseppe Ramiro, legato pontificio,
338
MARELLI Pietro, operatore cinematografico,
162
MARENCO Giovanni, SDB, 83
MARÍN Pablo, SDB, 15, 192, 194
MARKIEWICZ Bronisław, fondatore, (b.), 55
MARKOVÁ Mária, FMA, 418
MARKS Karol, filosofo, 467
MÁRTÍN GONZÁLEZ Ángel, SDB, 51, 63,
199, 202, 207
MARTÍN HERNÁNDEZ Francisco, storico, 194,
MARTINELLI Antonio, SDB, 53
MASI Corrado, storico, 176
MASNY´ ALOJZ, SDB, 405
MASUCCI Giuseppe, segretario di legato
pontificio, 342
MATHA Charles, SDB, 125
MATKO Ivan, SDB, 369
MATTEOTTI Giacomo, politico, 148
MATYSIK Paweł, SDB, 438
MAUERSBERG Stanisław, studioso, 466
MAUL Maria, FMA, 246
MAURA GAMAZO Miguel, politico, 195, 198
MAURIN, parroco, 143
MAYER Ruben, 290, 292
MAZZARELLO Maria Domenica, (s.), 24,
64, 80, 81, 84, 99, 102, 144, 439
MAZZARELLO Petronilla, FMA, 80
MEANA Amalia, FMA, 93, 131, 135, 142, 144
MÉDERLET Eugène, SDB, arcivescovo, 54
MEISSONNIER, coop. sal., 118
MELETTI Vincenzo, storico, 150
MELLANO Maria F., studiosa, 57
MENCIGAR Terezija, FMA, 388
MENOZZI Daniele, storico, 161
MEOZZI Laura, FMA, Serva di Dio, 97, 441,
444, 445, 448, 455
MERNIK Janko, SDB, 369, 372, 375
MERSˇOL Valentin, politico, 364
MESSONIER Jeanne, benefattrice, 141
MIA˛SO Józef, 33, 47
MICHAŁOWSKA J., 478
MICHAŁOWSKI P., 436
MICKIEWICZ Adam, poeta, scrittore, 459
MIHÁLOVÁ Anna, FMA, 417
MIHELCˇICˇ Franc, SDB, 367, 368, 369, 371
MIHELICˇ Silvester, SDB, 367, 368, 373,
374
MIKES Janko, SDB, 404, 405
MIKŁASZEWICZ Irena, 472-475, 477
MIKLOˇSKO Frantiˇsek, politico, 395, 404
MIKULEWICZ Władysław, SDB, 478, 479
MIKUˇS, sacerdote, 399
MIKUZˇ Metod, studioso, 361
MILLER Jeanne, FMA, 291
MILZA Pierre, storico, 148
MINDSZENTY Jószef, cardinale, 319, 324
MINKOWSKA Jadwiga, FMA, 444
MIOZZI , militare, 156
MITOˇSINKA Viliam, sacerdote, 403
MOCZULSKI Bolesław, sacerdote, 492
MOERMAN, ispettore scolastico, 294
MOITEL Paul, SDB, 128
MOKROVIC´ Josip, parroco, 330, 346
MOLFINO Domenico, SDB, 162
MÖNCH Antonius, vescovo, 241
MONTERO MORENO Antonio, arcivescovo,
66, 200
MONTICONE Alberto, storico, 154
MORALES Luis, ex allievo, 207
MORANO Clotilde, FMA, 100
MORAVA Pavel, 69
MORAVCˇ EK Goran, scritore, 336
MORÁVKOVÁ Hedviga, FMA, 423, 424
MORGANT Euphrasie, benefattrice, 133, 136,
137
MORGANT Louise, benefattrice, 133, 136, 137
MOSˇATˇ Bohuˇs, SDB, 405
MOSCA Emilia, FMA, 80
MOSCHETTO F, pedagogista, 158
MOTTO Francesco, SDB, 24, 51-62, 67,
82, 88, 170, 173, 181,
MOTYL Stanisław, SDB, 436

51.8 Page 508

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508 Indice dei nomi di persona
MOULLET Paul, SDB, 125
MOUTTE Justinien, coop. sal., 127
MÜLLER Hans, 241
MUNERATI Dante, SDB, vescovo, 60
MURON´CZYK Edward, sacerdote, 494
MUSIELAK Leon, SDB, 467
MU´SKOVÁ Magdaléna, 422
MUSSOLINI Benito, dittatore, 34, 36, 62,
147, 148, 149, 150, 155, 157, 171, 176
MYSZOR Jerzy, studioso, 467
NARDI Mario, console, 268
NASIELSKI A., giornalista, 459, 462
NE˛CEK Józef, SDB, 431, 436-437
NEMEC Alojzij, SDB, 363
NEVEJEAN Yvonne, responsabile del National
Werk Kinderwelzijn, 289, 295
NEY G., 54
NICOLAI Victor, SDB, 121
NIEDERMAYER Franz, SDB, 245
NIEMIROWICZ Jan, 283
NITSCH Grete, Unione Donne Nazionalso-
cialista, 265
NOVASCONI Carolina, FMA, 81
NOVOSEDLIKOVA Kamila, FMA, 15, 417
NOWACZYK Wacław, SDB, 434
NÚNEZ Maria F., FMA, 15, 94, 193, 216,
219
O’GRADY Patrick, SDB, 58
OBRE˛BSKI Józef, sacerdote, 474, 489, 490,
496
OBST Jan, 493
OBST Rozalia, 493
OLAECHEA Marcelino, SDB, vescovo, 206,
208, 210, 215, 217, 221
OLCZYK Aniela, FMA, 452
OLIVE, famiglia benefattrice, 138, 140
OLSZYN Henri, alunno ebreo, 295
ONI Silwano, SDB, 15
ORAZˇEM Franjo, SDB, 349
ORDINANOVIC´, emigrante, 344
ORIONE Luigi, (s.), fondatore degli Orionini,
159
ORLANDO Vittorio Emanuele, politico, 187
ORŁON´ Marian, scrittore, 68
ORTUTAY J., ministro, 319
OSTERN Regina, FMA, 267, 268
PANKOWSKA Weronika, FMA, 443
PANTALONI Maria, FMA, 298, 306, 307, 308
PAOLO VI, papa, 69
PAREJA Federico, SDB, 209
PARINI Piero, ambasciatore, 171, 176, 178,
182, 183, 184, 185, 186
PAROTTI Giuseppina, FMA, 79
PASTOR Sebastián María, SDB, 205, 208-
210, 217
PÁSZTOR János, SDB, 326
PAVELIC´ Ante, capo di governo, 341
PAVESE Orsolina, FMA, 99
PAVICˇIC´ Nikola, SDB, 329, 340
PAVLOVÁ Pavla, FMA, 423
PELCON Serafin, SDB, 333, 351
PELLEGRINO CONFESSORE Ornella, storica, 175
PENINGER Adolf, SDB, 255, 274
PEPEY Mélanie, FMA, 137
PERNIˇSEK Franc, studioso, 372, 374
PERRIN, avvocato, 139, 140
PERROT Pietro, SDB, 115-116, 127
PESCI Caterina, FMA, 104
PETAIN Philippe, politico, 131
PETERSEIL, membro SS, 268
PEYTEADO José, SDB, 213
PICCARD L-E, mons., protonotario, 143
PICQUANT, commandante, 125
PICUS Jean-François, sacerdote, 143
PIECHOWICZ Stanisław, SDB, 436, 438
PIE´SLIK Alicja, 484
PIETRO APOSTOLO/PIOTR APOSTOŁ, 491, 492,
496
PIETRZYKOWSKI Jan, SDB, 58, 458, 462-464,
468
PIGLIONE Barthélemy, SDB, 121
PIŁAT Kazimierz, SDB, 492
PINOCHET DE LA BARCA O., 71
PIO IX, papa, (b.), 50
PIO X, papa, (s.), 61
PIO XI (>PIUS XI), papa, 40, 44, 45, 63,
64, 101, 105, 106, 161, 162, 199, 241
PIO XII, papa, 45, 67, 105, 106, 160, 358,
359, 361
PIOLLE Elise, FMA, 136
PIOTROWSKI S., SDB, 433
PIROZ˙YN´ SKI Marian, 427
PISKUREWICZ Jan, storico, 15
PIUK Weronika, 494
PIVARNÍK Janko, SDB, 410
PIXA Hilary, SDB, 434
PŁOSKI Mikołaj, SDB, 437
PŁYWACZYK Stanisław, SDB, 430, 431,
475, 478

51.9 Page 509

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Indice dei nomi di persona 509
POBOZˇNY´ Róbert, vescovo, 403
POGACˇNIK Jozˇef, monsignore, 390
POMELLA Angelina, FMA, 275, 277, 282
POMYKAŁO Wojciech, studioso, 460
POPOWSKI Remigiusz, SDB, 458, 468
POSADA María Esther, FMA, 80
POURVEER Yves-Marie, SDB, 116-117
PRANDI Laurent SDB, 126
PRANJIC´ Marko, scientifico, 330
PRELLEZO José Manuel, SDB, 53, 58, 168, 173
PRIMO DE RIVERA Miguel, dittatore, 194
PRIVOZNÍK Jozef, SDB, 399
PRU´S Stefan, SDB, 434
PTASZKOWSKI Jan, allievo, 463, 464, 467
PUˇSINIS Bronius, 476
PYTEL Antoni, SDB, 433
PYTEL Maria, FMA, 542
QUILLET, mons., 138
QUINTANILLA María de los Dolores, coopera-
trice, 210
RADMAN Srec´ko, SDB, 333
RADOˇSINSKY´ Michal Titus, laico, 403
RAJTÁROVÁ Mária, FMA, 423
RAJZER Sylwester SDB, 436
RAK Marija, FMA, 384, 389
RAMOS Eduardo, SDB, 206
RANCE Didier, 314, 323, 325
RAPONI Nicola, storico, 173
RASTELLO Francesco, SDB, 205
REBEK Stanko, SDB, 337, 350
REDONDO RODELAS Javier, professore, 194,
195
REINYS Mieczysław, vescovo, 474
REMOND René, storico, 312
REPAR Jerica, FMA, 383
RESENTERRA Maria, FMA, 306, 308
RESSICO Antonio, SDB, 164
REUNGOAT Yvonne, vicaria generale FMA,
25
REUTER Diane, studentessa, 226
REVES Frantiˇsek, sacerdote, 403
REYNDERS Bruno, benedettino, 295, 296
REYNERI Giuseppe, SDB, 159
RICALDONE Pietro, rettor maggiore SDB,
63-71, 80, 81, 98-101, 103, 104, 106,
157, 159, 160, 162, 177, 202-205,
209, 210, 212, 217, 220, 313, 327,
356, 359, 362, 431
RICARDI Filippo, SDB, 137
RICCI Renato, politico, 150, 152, 153
RICCI Umberto, politico, 156, 157
RICHERIS Théophile, SDB, 121
RICHTER Ingrid, 238-239, 241
RINALDI Filippo, rettor maggiore SDB,
(b.), 54, 57, 61-64, , 80, 98, 99, 101,
156, 157, 162, 169, 177, 202, 204,
211, 215, 312, 395
RINNERTHALER Alfred, studioso, 250-252
RITTIG Svetozar, ministro, 339
ROBAKOWSKI Józef, SDB, 433-434
ROBERT, mons., 138
RODE Franc, cardinale, 376
RODENBACH G., industriale, 289
RODRÍGUEZ DE CORO F., 52
RODRÍGUEZ MANEIRO Manuel, ex allievo,
214
ROEBUCK P., 63
ROHDE August, SDB, 225
ROKITA Stanisław, SDB, 68, 431, 438,
464, 479, 480, 491, 495
ROLDÁN Agapito, SDB, 211
ROMERO Cecilia, FMA, 79
RONCALLO Elisa, FMA, 80
ROSANNA Enrica, FMA, 82, 84
ROSHER Celestina, signora, 330, 333
ROSOLI Gianfausto, storico, 172, 174, 175,
176
ROSSI Giorgio, SDB, 15, 51, 171, 173,
174, 176-178
ROSSI Joseph, SDB, 121
ROSSI Pierre, SDB, 121, 123
ROSSIRaffaello C., cardinale, 176
ROSSO Iride, FMA, 80
ROSZKOWSKI Wojciech, 469, 472
ROTTA Angelo, nunzio apostolico, 317
ROVAN Janez, SDB, 376
ROZˇMAN Gregorij, vescovo, 358, 361, 365,
366, 368
ROZMUS Tadeusz, SDB, 468
RUA Michele, rettor maggiore SDB, (b.), 9,
24, 53-61, 64, 70, 83, 93, 115, 117,
132, 138, 140, 173, 175, 177
RUBINO Michelangelo, SDB, 183, 186
RUFFINI Ernesto, cardinale, 297, 305, 306
RUPALA Ludwik, SDB, 433
RUZˇIC´ Nikola, parroco, 348
RYBICKI Wacław, SDB, 496
RYDLO Jozef M., politico, 411
RYKAŁA Julian, SDB, 434, 496
RYNKÓWNA Waleria, 486

51.10 Page 510

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510 Indice dei nomi di persona
SAARBOURG, consigliere governativo regionale,
236-238, 243-245
SABY Emile, SDB, 128
SÁIZ APARICIO E., 67
SALAMONOWICZ Eugeniusz, SDB, 461
SALAMONOWICZ Stanisław, SDB, 466, 467
SALEZY FRANCISZEK/FRANCESCO DI SALES,
(s.), 469
SAN MILLÁN C., 63
SAN MILLÁN GÓMEZ Cipriano, SDB, 214
SÁNCHEZ JIMÉNEZ José, storico, 194
SÁNDOR István, SDB, 322
SANTERINI Milena, storica, 172, 174
SANTONI Rugiu Antonio, storico, 148
SANZ YAGÜE Aniceto, SDB, 214
SAPIEHA Adam, cardinale, 435, 436, 445
SARESELLA Daniela, storica, 171, 172
SARFATTI Margherita, scrittrice, 148
SARTI Silvano, SDB, 58
SASTRE MIRET Juan, SDB, 193
ATSKIJ Stanislav, 34
SAVIO Domenico, (s.), 64, 71
SAVOIA Aimone, duca d’Aosta, 186
SAVOIA Umberto, principe di Piemonte, 187
SAVY, signore (sequestratore), 139, 140
SAWICKI Józef, sacerdote, 495
SCALONI Francesco, SDB, 60, 294
CˇEPKOVÁ Melena, 417, 420
SCHAUB Michele, SDB, 312-313
SCHEFFER, sacerdote, 401
SCHIAPPARELLI Ernesto, egittologo, 175, 188,
189
SCHMELING Max, campione mondiale del
peso massimo, 229
SCHMID Catharina, SDB, 15
SCHMID Franz, SDB, 15, 54
SCHMIDT Anton, SDB, 262
SCHNEIDER Bolesław, SDB, 492
SCHREIBER Horst, studioso, 264, 265, 271
SCHREITER Oscar, alunno ebreo, 295
SCHUSCHNIGG Kurt, cancelliere, 254
SCHWARZER, direttore del tribunale d’ufficio,
242
EBO Jozef, SDB, 410, 412
SECCO Michelina, FMA, 385, 387, 388,
390, 391
SEELBACH Theodor, SDB, 227-232, 234-
237, 242-245
SEGALA Giovanni, SDB, 103
SEGURA y SÁEZ Pedro, cardinale, 195, 199
SE˛KOWSKI Alojzy, SDB, 430, 435
SELLYE Vince, SDB, 318-321
SEMERARO Cosimo, SDB, 60
SENALDI Carolina, FMA, 306
SERIÈ, Giorgio, SDB, 205, 217, 220, 246,
247
SEVIGNE (Madame de), 137, 140, 142, 143
SEYSS-INQUART Arthur, ministero, 254
IKÁLOVÁ Mária, 422
SIKORSKA Matylda, FMA, 444, 445, 455
SIKORSKI Władysław, generale, 496
SILVA HENRÍQUEZ Raul, SDB, cardinale, 71
SIMEONI Vincent, SDB, 125
SIMONCˇICˇ Marija A., FMA, 390
IMULCˇÍK Ján, scrittore, 411
SITEK Andrzej, allievo, 466
SIUDA Florian, SDB, 434, 437
SIVONCˇIK Antun, SDB, 333
SKAŁBANIA Adam, SDB, 437
KAPCOVÁ Irena, FMA, 94, 423
SKRZYPCZYK Józef, SDB, 431
SKUHALA Franjo, SDB, 346, 351
LÓSARCZYK Jan, SDB, 431-436, 438
MIGIEL Kazimierz, 427-428
SNOJ Franc, politico, 361
SOBOTA Jozef, SDB, 407
SOBOTOVÁ Jozefína, 417
SÖLL Georg, SDB, 225-226, 250, 268,
269, 272, 364
SONAGLIA Maria, FMA, 104
SORBONE Enrichetta, FMA, 80, 81
PAN Ivan, SDB, 337, 344, 360, 361, 367
SPÍNOLA M., 51
PUR Agnesa, FMA, 390
RÁMKA L’udovít, exalievo, 405
SREBRENICˇ Josip, vescovo, 348
RKBEC Francˇisˇka, FMA, 390, 391
STAELENS Freddy, SDB, 54
STALIN Józef (WISSARIONOWICZ DZ˙UGASZWILI
Iosif), dittatore, 280, 445, 467, 495, 496
TÁMEC Jozef, SDB, 409
STANEK Jan, SDB, 437
STANKIEWICZ Michalina, 489
STANO Ladislav, SDB, 395
STARACE Achille, politico, 152, 158
STASZEWSKI Edward, SDB, 435
STEEGMANN, consigliere governativo, 245
STEFAN/STEFANO, (s.), 481
STELLA Pietro, SDB, 53, 64, 149, 157
STEPANOVICˇIUS Julionas, vescovo, 491
STEPINAC Alojzije, (b.), 338, 339, 345, 346
STIEBER Gabriela, studiosa, 365

52 Pages 511-520

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52.1 Page 511

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Indice dei nomi di persona 511
STÖGLEHNER Franz, SDB, 267
STOHANDEL Ryszard, SDB, 475, 494
STRÄSSER Nikolaus, SDB, 255
STRAUCH Józef, SDB, 430
STRU´S Józef, SDB, 437
STRUS Józef, SDB, 481, 482
TUDENT Vladimír, SDB, 412
TUHEC Franc, SDB, 362, 363
STYP Elisabeth, FMA, 265
STYRNA Stanisław, SDB, 458, 468
SUCHÁN L’udovít, SDB, 402
UTKOVÁ Vilma, FMA, 94, 423
WIDA Andrzej, SDB, 428, 432, 468
WIERC Jan, SDB, Servo di Dio, 68
SZCZE˛CH Stanisław, 427
SZCZUREK Mikołaj, sacerdote, 497
SZEJCA A., SDB, 434
SZEMBEK Włodzimierz, SDB, Servo di Dio,
437
SZILING Jan, storico, 428
SZMIDT Stanisław, SDB, 479, 491
SZOLLAR László, SDB, 324
SZOT Adam, sacerdote, 472
SZUBA S. Ludwik, studioso, 460
SZYMANIK Franciszek, SDB, 465
SZYMAN´SKI Bronisław, SDB, 437
SZYMAN´SKI Władysław, SDB, 438
TEDESCHINI Federico, nunzio, 196
TER SCHURE Jan, SDB, 406
TERLECKI Olgierd, 469
TEZZELLE Achille, SDB, 121
THIOMAS Abate, sacerdote, 126
THOURET Antida (s.), 84
TILMANN, vicario generale, 236, 243
TIRONE Pietro, catechista generale SDB,
62, 68, 250, 331, 356, 363, 394, 431
TISO Jozef, sacerdote, presidente, 396, 416,
417
TITO Josip, presidente della Jugoslavia, 333
TKALEC Josip, SDB, 339, 344, 350, 351
TODESCHINI Sergio, studioso, 56
TOGLIATTI Palmiro, politico, 176
TOGNETTI Marco, SDB, 205
TOKARSKI Jan F., SDB, 475, 479-482, 484,
485, 488, 489, 491, 494, 495
TOKARSKI Stanisław, 481, 482
TOMAC Josip, SDB, 333, 347
TOMASETTI Francesco, SDB, 149, 154,
171, 176, 178, 181, 182
TOMASZ Marta, FMA, 444
TOMATIS Domenico, SDB, 126
TOMATIS Sebastiano, sacerdote, 134
TOMAZˇICˇ Ivan Jozˇef, vescovo, 355
TOMKA Ferenc, 323
TOMSˇIC´ Franjo, SDB, 347
TOPOREK Stanisław, SDB, 475, 476, 478-
480, 486, 491, 492, 498
TORRERO LUQUE A., 67
TORRES Joaquín, SDB, 15, 193, 202, 220
TRANIELLO Francesco, storico, 163
TRINCIA Luciano, studioso, 54
TRIONE Stefano, incaricato emigranti SDB,
59, 171, 173, 174, 175, 177, 178, 181
TROCHTA Stefan, SDB, cardinale, 69
TRSTENSKY´ Viktor, 422
TRUMAN Harry, politico, 445
TULLINI Leonardo, SDB, 62
TUˇSEK Izidor, SDB, 333, 347
URBAN Sˇtefan, SDB, 412
URBAN´ CZYK Stanisław, SDB, 467
URBANIAK Czesław, SDB, 434
VACQUIER Hortense, coop. sal., 128
VAGACˇ Viliam, SDB, 394, 395
VALÁBEK Frantisˇek, SDB, 404, 405
VALENCˇIC´ Marija, benefattrice, 339
VALJAVEC Jozˇe, SDB, 360, 361
VALSECCHI Tarcisio, SDB, 61, 395
VÁMOS Jòzsef, SDB, 326
VAN CAMP, sacerdote, 293
VAN STRAATEN Werenfried, domenicano, 470
VANDEPUTTE J., medico, 292
VARDYS Stanley, 474
VASCHETTI Luisa , FMA, 80, 81
VAˇSKO Václav, scrittore, 397, 399, 401
VENERUSO Danilo, storico, 172, 173
VENTURA Maria C., FMA, 15
VERDI Giuseppe, musicista, 184
VEROLIN, nunzio apostolico, 398
VERSIGLIA Luigi, SDB, vescovo (s.), 189
VESPA Angela, FMA, 80, 307
VESPIGNANI Giuseppe, SDB, 173
VICENTE MILANÉS Julián, SDB, 211, 212
VIDAL i BARRAQUER Francesc d’Assís, cardinale,
196, 199
VIGANÒ Angelo, SDB, 63
VIGANO’ Marino, storico, 176
VILLAUDY Alphonse, SDB, 121
VILLENELTVE-TRANS Léonce de, coop. sal.,
124

52.2 Page 512

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512 Indice dei nomi di persona
VINCENT Jacques, 133
VINCENT Laurent, SDB, 126
VIRION Paul, SDB, 119-120, 123, 125-127
VISOCˇNIK Franc, SDB, 332
VITTORIA, regina, 52
VNUK Frantiˇsek, storico, 400, 401, 425
VODE Anton, SDB, 357
VOGRIN Sˇtefan, SDB, 332, 348
VOJTAˇSˇSÁK Ján, vescovo, 396, 422
VOLPATI Ambrosina, FMA, 219
VON GALEN Clemens August, cardinale,
(b.), 276,
VOPÁTOVÁ Mária, 420, 425
VOVK Anton, vescovo, 366
VUGLEC Nikola, SDB, 335
WAGNER Andreas, SDB, 264
WAGNER Georg, SDB, 255, 256, 264, 363
WALDECK-ROUSSEAU Pierre, politico, 130
WALEWANDER Edward, sacerdote, studioso,
460
WALLACH Kurt, alunno ebreo, 295
WALLAND Franc, SDB, 383
WALLON Henri, 42
WANGENHEIN, conte, consigliere governativo,
243
WA˛SOWICZ Jarosław, SDB, 15, 457, 458,
462, 467
WEBER Werner, studioso, 251
WEICHSELBAUMER Sepp, 267
WEISSOVÁ Anna, 420
WIELGOß Johannes, SDB, 15
WIELKIEWICZ Jan I., SDB, 475, 478-480,
487, 491, 495
WIERTELAK Wojciech, SDB, 475, 493
WIGGE., verbita, 428
WILK Stanisław, SDB, 15, 68, 458, 468,
491
WILKOSZ Stanisław, SDB, 430, 437-438
WINKEL Herwig, studioso, 253
WIRTH Morand, SDB, 15, 53
WITKOWSKI Ludwik, SDB, 475, 478, 480,
491, 495, 496
WITTHOFF Josefine, FMA, 269, 270, 283
WOJTYŁA Karol (vedi Giovanni Paolo II)
WOLAN´SKI Antoni, ispettore scolastico, 464
WOLFF Norbert, SDB, 22, 54, 62
WOLKERSDORFER Sepp, sindaco, 267
WO´S Jan, SDB, 429, 431
WRÓBEL Jadwiga, FMA, 448
WYSZYN´SKI Stefan, cardinale, Servo di Dio,
450
ABKOVÁ Mária, 420
AGAR Ludvik, SDB, 367, 368, 370, 371, 372
ZAJA˛CZKOWSKA Anna, s, 497
ZAJA˛CZKOWSKI Edward, SDB, 497
ZAJA˛CZKOWSKI Tadeusz, sacerdote, 497
ZANDONELLA Germano, SDB, 163
ZANINETTI Francesco, SDB, 186
ZÁRECKY´ Sˇtefan, sacerdote, 401
ZAUSˇKA Ján, 409, 410, 412
ZAWADZKI Julian, SDB, 433, 437
EBROWSKI Leon, sacerdote, 474
ZEMAN Kanty, SDB, 437
ZEMAN Titus, SDB, 403
ZERBINO Pietro, SDB, 64, 181
ZIELIN´SKI Zygmunt, sacerdote, studioso, 468
ZIGGIOTTI Renato, rettore maggiore SDB,
65, 70-72, 324
ZIMNIAK Stanisław, SDB, 16, 21, 24, 55,
56, 62, 63, 88, 311, 394
ZITO Gaetano, 84
ZZˇ UMBEOGVAICˇC´D¯Nuikroo,laS,DSDB,B3,4303,5344
UKOWSKI Stanisław, SDB, 490
ZUNINO Pier Giorgio, storico, 152
UREK Waldemar W., SDB, 15, 55, 68,
469, 471, 475, 476, 478, 482, 483,
485, 487, 488, 490-492, 495, 496, 498
ZYCH Bolesław, SDB, 465
ZYLBERMINC Paul, alunno ebreo, 295

52.3 Page 513

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INDICE DEI NOMI DI LUOGO
ACIREALE 99, 301, 302, 309
AIX EN PROVENCE 124, 126, 134
AL Marina 441
ALBANIA 40, 79, 83, 91, 92, 93, 94, 96, 112
ALCOY 203, 211, 215
ALEKSANDRÓW KUJAWSKI 430, 432, 463,
467
ALEPPO (SIRIA) 176
ALESSANDRIA 56
ALESSANDRIA D’EGITTO 183
ALGERIA 132
AMARINA 56
ALICANTE 66, 196, 203, 208, 214, 215,
218
ALLARIZ 203, 210
ALTOFONTE 304
AMSTETTEN 255
ANCONA 57, 65
ANDALUSIA 51
ANTWERPEN 292, 293
ARBANASI 349
ARCOS DE LA FRONTERA 214
ARCS SUR ARGENS (LES) 132, 134
ARGENTINA 65, 85, 97, 173, 186
ARRAS 133, 141
ASSAM 62
ASTI 102
ASTUDILLO 63, 203, 210, 213
ASTURIAS 200, 213, 218
ASTURIE (vedi Asturias)
ATENE 176
AUSCHWITZ 68
-BIRKENAU 21, 22 438
AUSTRIA 10, 11, 40, 43, 50, 55, 56, 61,
62, 70, 81, 83, 90, 92, 94, 112, 275,
311, 323, 333, 403, 418
AVANA 181, 184
AVIGLIANA 56
BÁCˇ 400
BADLJEVINA 334, 335, 347, 349, 350
BAGNOLO 63
BAIA MARE 315, 319
BALASSAGYARMAT 316, 319-320, 326
BALEARI 211
BALINGRÓDEK 479, 483, 492
BARACALDO 203, 207, 213
BARCELLONA 52-53, 57, 191, 193, 201-
203, 209, 210-212, 214, 216, 217
- ROCAFORT 203, 211
- SARRIÁ 203, 211, 217
- TIBIDABO 203, 211
BARCELONA 9, 93
BARI 57
BATTERSEA 52, 58
BECCHI 65, 67, 71
BÉJAR 203, 208, 211, 213
BELA KRAJINA 361
BELGIA (vedi Belgio)
BELGIO 10, 54, 61, 62, 69, 70, 79, 83, 86,
89, 94, 95, 98, 112, 132, 135, 140,
141, 186, 418, 479
BELGRADO 380, 382
BELLUNO 344
BENDORF 227
BENEDIKTBEUERN 226, 255, 345
BERCHTESGADEN 253
BERLINO 38, 46, 244, 280, 283
BERLIN (vedi Berlino)
BESSARABIA 280
BIELORUSSIA 112, 431, 471, 475, 476, 478,
479, 483, 488, 493
BIAŁORUSKA SRR (vedi Bielorussia)
BIAŁORU´S (vedi Bielorussia)
BIAŁYSTOK 431, 433, 466, 472, 477
BIANCAVILLA 302
BIELSKO 432
BILBAO 67, 193, 207
BLANCARDE (LA) 139, 140, 142
BLED 390, 391
BLEIBURG 333
BLUDENZ 264

52.4 Page 514

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514 Indice dei nomi di luogo
BOEMIA 416, 423, 424
BOLOGNA 56, 177
BORDIGHERA 134, 135
BORSODNÁDASD 315, 319
BOSNA I HERCEGOVINA 330, 343
BOVA 56
BRAGA 54
BRASILE 62, 64, 65, 97, 98, 183, 186, 188, 190
BRATISLAVA, 395, 403, 406, 410, 414
BRAUWEILER 226
BREGENZ 270
BRESSANONE/BRIXEN 377
BRIGA 54, 91
BRODKI 431, 432, 471
BRONTE 56, 302-304
BROONS 117
BRUXELLES 285, 289, 295
BRZEZINKA (vedi Auschwitz-Birkenau)
BUDAPEST 62, 63, 311, 315-316, 325
BUENOS AIRES 159, 186, 187
BULGARIA 40
BYSTRZYCA 446, 447, 455
CADICE (vedi Cádiz)
CÁDIZ 196, 209, 214, 217
CAEN 118
CAGLIARI 65
CAIRO 183, 190
CALAIS 136
CALATABIANO 302, 304
CALTAGIRONE 301
CAMMARATA 304
CAMPELLO 66
CANADA 324
CARABANCHEL ALTO 202, 203, 220, 221
CARMONA 209-212
CASALE 57
CASERTA 56
CASTELNUOVO 56, 69
CASTELNUOVO FOGLIANI 100
CATANIA 297, 298, 300-306
CATEL 117
CAVAGLIÀ 311
CECOSLOVACCHIA (vedi Repubblica Cecos-
lovacca), 398, 408
CEGLED 320
CELJE 355, 356
CESARÒ 309
CHARLEMONT (SVIZZERA) 118, 141
CHIASSO 91
CHIERI 56
CHILE 97, 178, 186
CILE (vedi Chile)
CINA 55, 62, 65, 189, 337
CITTÀ DEL CAPO 58
CITTÀ DEL VATICANO 34, 64, 69, 199,
200, 241, 345, 381, 398, 399, 401,
408, 428
CIUDAD DE MÉXICO 23
CIUDADELA 302, 211
CLARISSEUM 315
COAT-AN-DOCH 63
COLLE DON BOSCO 66, 357
COLTANO 90
CONEGLIANO 56
CONGO 479
CÒRDOBA 186, 187, 196, 212
CORDOVA (vedi Córdoba)
CORIGLIANO D’OTRANTO 57
CRACOVIA 21-23, 25, 68, 191, 430-432,
435-438, 446, 455, 457, 458, 463,
465, 467-469, 471, 475, 479
CROAZIA 10, 68, 83, 112, 329-331, 336,
338-347, 350, 353, 359, 367, 379,
384, 387-391
CUBA 178, 182, 184
CUMIANA 63, 66
CUORGNÈ CANAVESE 177
CZAPLINEK 455
CZERWIN´SK 430, 434
CZE˛STOCHOWA (JASNA GÓRA), 430, 434,
437, 457, 478
DACHAU 283, 438
DANIMARCA 32
DANZICA 427, 466, 474
DARUVAR 330, 331, 334, 335, 344
DASZAWA 431, 471
DEUSTO 203, 207
DINAN 116, 117
DIOˇS 330, 331, 333-335, 346, 347, 350
DOBIESZCZYZNA 447, 451, 452, 455
DOBRCˇA 355
DOKSZYCE 493
DOLNY´ KUBÍN 421, 422, 426
DONJA OBRIJEZˇ 347
DONJI MIHOLJAC 330, 332, 333, 346, 347,
350
DORNBIRN 270
DRESDA 68
DROHOWYZ˙ 431, 432, 436
DROHOWYZ˙ E 471

52.5 Page 515

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Indice dei nomi di luogo 515
DUBROWA 484, 494
DUNKERQUE 287
DÜSSELDORF 227, 239, 242, 244, 247
DWORZEC-NOWOGRÓDZKI 431, 471, 475,
493, 495, 496
DZIEKANISZKI 493
DZIERZ˙ONIÓW 447, 451, 452, 455
EBEN EMAEL 286
ÉCIJA 218, 219
EGITTO 85
EJSZYSZKI 477, 492, 497
EL CAMPELLO 203, 214, 215
ENSDORF 62
ERITREA 85
ESCHELBACH 275, 277, 279, 280-284
ESPAÑA (vedi Spagna)
ESSEN 62, 63, 94
-BORBECK 275-277, 279
ESTONIA 40
ESTREMO ORIENTE 70, 189
ESZTERGOM-TÁBOR 315, 319
ETIOPIA 158, 164
FAENZA 148
FATIMA 161
FELDKIRCH 269, 273
FERRARA 56
FIANDRE 54
FIGLINE 56
FILIP-JAKOV 352
FIRENZE 175, 441
FIUME 148
FLORCZAKI 478
FLORZÉ 285
FOGLIZZO 50, 63, 227
FORLÌ 56
FOSSANO 56
FOUQUIERES 133, 141, 142
FRANCIA 9-11, 23, 30, 31, 42, 44, 45, 51,
53, 57-59, 61, 63, 66, 70, 83-85, 89,
90, 93-95, 97, 102, 103, 105, 106,
112, 175, 179, 189, 283, 418
FRASCATI 56
FREJUS 126, 133
FULPMES 255, 258, 261, 269
GAETA 63
-DON BOSCO 162
GALLIPOLI 323
GARCHES 141, 142, 143
GDAN´SK (vedi Danzica)
GDYNIA 462, 466
GEISENFELD 282
GENOVA 441
GENZANO 56
GERDINGEN 285, 293
GERMANIA 10-11, 31, 40, 45, 62, 63, 70,
151, 179, 189, 275- 280, 283, 284,
314, 341, 412, 418, 429, 431, 433
GERONA 57, 203, 211
GERUSALEMME 315
GIAPPONE 64, 65
GIERES 142, 144
GIOIA DEI MARSI 57
GIRGENTI 84
GLAND-SUR-NYON 118
GŁE˛BOKIE 493
GLIWICE 438
GŁOSKÓW-ZIELONE 430, 434, 437
GNIEZNO 430
GONARS 359
GORIZIA 56
GRABÓW 441, 442, 446
GRAMATNEUSIEDL 257
GRAN BRETAGNA (vedi Inghilterra)
GRAN CHACO 62
GRAZ 255, 365, 371
GRECIA 40
GRENOBLE 99, 124, 126, 142, 144
GROOT BIJGAARDEN 54, 285, 293
GUADALAJARA (Spagna) 203, 210
GUADALAJARA 67
GUERNESEY 116-118
GUINES 93, 133, 136, 137, 142, 144
GYULA 316, 320
HECHTEL 54, 285
HELENENBERG 225-230, 232-234, 236-
240, 242, 244, 245, 247-248
HIMMEROD 279
HODY 399
HOLLABRUNN 254
HORNÉ ORESˇANY 394
HUELVA 219
HUESCA 203, 211
INDIA 55, 62, 64, 65, 162, 175
INGHILTERRA 10, 15, 30-31, 41, 52, 57,
58, 61-63, 70, 79, 83, 89, 94, 98, 102,
106, 112, 141, 184, 445
INGOLSTADT-OBERHAUNSTADT 277, 279, 282

52.6 Page 516

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516 Indice dei nomi di luogo
INNSBRUCK 254, 255, 258, 262, 263, 272,
273, 362
INTA 495
IRLANDA 10, 15, 62, 71, 83, 97, 112
ISRAELE 315
ISTRA (ISTRIA) 336, 351
ISTRIA (vedi Istra)
ITALIA 9-11, 34-36, 42, 45, 49-51, 55-58,
60-64, 70, 71, 79, 82, 83, 85, 87-90,
93-95, 97, 99, 101, 102, 104-106,
112, 172, 175, 178-182, 184-190,
280, 283, 311, 313, 337, 347, 348,
380, 381, 383-385, 388-390, 403,
418, 428, 440, 448
IVANOVO SELO 347
IVREA 56, 63
- CARD. CAGLIERO 162
JACIA˛Z˙EK 430, 432, 446, 455, 480
JAGDBERG 255, 257, 259, 263-265, 272,
273
JASNA GÓRA (vedi Cze˛stochowa)
JASZUNY 492
JAWORZNO, 458
JUDENBURG 365
JUGOSLAVIA 40, 62, 68, 83, 92, 94, 96,
329, 330, 337, 344, 345, 347, 379,
380, 385, 387, 388
JUGOSLAVIJA (vedi Jugoslavia)
KALISZ 437
KALOCSA 323
KALWARIA WILEN´ SKA 479, 490, 493
KAMIENNY MOST 431-432, 471
KAPELA 355
KARLOVÉ VARY, 397
KASTAV 349, 352
KATANGA 62
KATOWICE 428, 430-432
KATYN´ 467
KAZACHSTAN 496
KELLERBERG 365
KIELCE 430, 433-435
KIENA 484, 485, 489, 490
KIJÓW 497
KIˇSINËV 480, 487, 491, 497
KLAGENFURT 255, 257-260, 265, 266,
273, 274
- CELOVEC 357, 362, 364, 373, 374, 378
KŁOBUKOWICE 434
KOBANYA 319-320
KOBLENZ 226
KÖLN 236, 241
KOLONIA PREMIANY 497
KOMÁRNO 398
KOMORNIKI 441, 443
KONCˇ ANICA 334
KONGO (vedi Congo)
KONIN, 464
KOPÁNKA 419, 420, 426
KOPIEC 430, 455, 478
KORTRIJK 285-296
KÖSCHING 282
KOˇSICE 410
KOWNO 477
KRAKÓW (vedi Cracovia)
KRAMSACH 271
KRASNOJARSK 496
KRISHNAGAR 64
KRIZˇ EVCI 352
KRK 348
KRULIKOWSZCZYZNA 478
KRYM 490
KURHAN 431, 432, 471
KURYŁY 433
KUTNO 430, 432, 480
LA CORUÑA 193, 203, 214
LA CRAU 126
LA NAVARRE 51, 60, 120, 124, 126-128
LA SPEZIA 52
LA˛D n. WARTA˛ 430, 432, 438, 455, 464
LAGHET 134
LANIˇSCˇE 356
LANUSEI 56
LANZO 49
LAS PALMAS DE GRAN CANARIA 202
LAURÓW 441, 442,
ŁAWARYSZKI 478-480, 484-488, 491-493
LENINO, 461
LEÓN 193, 214
LEOPOLI (vedi Lwów)
ŁE˛TÓW-DA˛BIE 472
LETTONIA 40
LEVANTE 175
LEVOCˇA 413
LIBERO TERITORIO TRIJESTE 336
LIBIA 85
LIÈGE 54, 285
LIEGI (vedi Liège)
LIENZ 365, 366, 367, 368, 369, 373
LILLA (vedi Lille)

52.7 Page 517

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Indice dei nomi di luogo 517
LILLE 115-116, 120, 133, 136, 137, 138
LIMA 159, 178, 183
LIMBURG 227
LÌMINA 304
LINZ 255, 257, 266, 268, 269, 273, 274,
367
LIONE 119
LIPPELOO 285
LISBONA 54
LITEWSKA SRR (vedi Lituania)
LITOMERICE 69
LITUANIA 10, 40, 45, 68, 69, 83, 92, 94,
112, 432, 471-474, 479, 483, 491-
493, 497
LITWA (vedi Lituania)
LIVORNO 56
LJUBLJANA 55, 330, 337, 339, 343, 355,
357, 368, 380, 384, 385, 388, 389, 390
- KODELJEVO 357
- RAKOVNIK 55, 350, 356, 373, 384, 387,
389
- SELO 384, 385
ŁÓDZ´ 430, 432, 433, 441, 442, 446, 451,
452, 455, 458, 459, 462, 464, 479,
482, 483, 495
LOMBRIASCO 56
ŁOMZ˙ A 430, 472
LONDRA 52, 58
LORENA 186
LORETO 56
LOVRAN 349, 390
LUBINIA W. 446, 452
LUBLIN 427, 430, 430, 437, 455, 460,
463, 468, 469, 472, 474, 490
LUBLINO (vedi Lublin)
ŁUCK 430
LUBIANA (vedi Ljubljana)
LUGANO 54
LUGO 56
ŁUKISZKI (WILNO) 472
LUTOMIERSK 430, 432, 433, 464
LVIV (vedi Lwów)
LWÓW 430-432, 436, 471
ŁYNTUPY 479, 483-487, 494
LYON 99, 102
MACEDONIA 382, 383
MACERATA 56
MADRAS 54, 64
MADRID 52, 63, 67, 193, 194, 196, 200-
204, 208, 209, 213, 215, 217-219, 222
- ATOCHA 211
- ESTRECHO 213, 221, 222
- VILLAAMIL 219
MÁLAGA 196, 209
MALTA 58, 97, 112, 184, 185
MARIAMPOL 472
MARIBOR 355, 389
MARIENHAUSEN 225-227, 239
MARIJIM DVOR (vedi Dio)
MAROGGIA 54
MARSALA 56
MARSEILLE 51, 53, 62, 63, 115, 120, 122-124,
127, 128, 131-135, 138, 140, 141, 142,
143
MARSIGLIA (vedi Marseille)
MARSZAŁKI 430, 432, 465
MASCALI 302
MATARÓ 203, 211
MATULJI 348, 349, 352
MAYEN 238, 247
MEDIO ORIENTE 81
MEJSZAGOŁA 489, 490
MELLES-LEZ-TOURNAI 116
MENDOZA 187
MENORCA 203, 211
MÉRIDA 206
MESSICO 21
MESSINA 56, 65, 99, 297-299, 304
MÉXICO (vedi Messico)
MEZÖNYÁRAD 316, 319
MICHALOVCE 395, 398
MIECHOWICE WIELKIE 481, 482
MIEDNIEWICE 434
MIEDZIANA GÓRA 434
MIEJSCE PIASTOWE 435
MIKOŁÓW 458
MILANO 56, 100, 176
MIN´SK 429
MISKOLC 320
MIYAZAKI 64
MODENA 56
MOGYOROSBÁNYA 311
MOHERNANDO 203, 210
MOHYLEV (si vedi Mohylew)
MOHYLEW 429, 472
MOLDAVIA 497
MONACO DI BAVIERA (vedi München)
MONCALVO 102
MONTENEGRO 383
MONTEORTONE 361
MONTEVIDEO 187

52.8 Page 518

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518 Indice dei nomi di luogo
MONTPELLIER 120, 124, 127, 129, 133,
140-142
MORGES 119
MOSCA 395, 401, 408, 471, 473, 474, 496
MOSKWA (vedi Mosca)
MOSONMAGYAROVÁR 320
MOZAMBICO 55
MÜNCHEN 94, 256, 275, 277-279, 281, 284
MÜNSTER 276
MURI 54
MURSKA SOBOTA 356
MYSŁOWICE 430, 441-443
NAGYBÁNYA 315, 320
NÁMESTOVO 407
NAPOLI 57, 102
NAVARRE (LA) 133, 134
NEVI¯DANE 352
NEW YORK 357
NICE 133, 134, 141-144
NIˇS 345
NITRA 394, 402, 422-424, 426
NIZZA 51, 53, 115-116, 120, 122, 123, 126-128
NIZZA MONFERRATO 80, 81, 441
NOVARA 56
NOVI SAD 345
NOWA RUDA 446, 451, 455
NOWOGRÓDEK 493
NOWOJELNIA 495
NUNZIATA 309, 441
NÜRNBERG 233
NYERGESÚJFALU 312, 313, 316, 320
NYON 118
OBIS 494
OBUDA 316, 320, 326
ODESSA 485, 488, 490-493, 496, 497
OLANDA 10, 70, 112, 282
OOSTENDE 293
ORENSE 203, 210, 213
OSIEK 438
OSIENIKI 486
OSIJEK 333
OSTRZESZÓW 430, 432
SWIE˛CIM 55, 430-432, 436, 438, 441,
455, 479, 490
– ZASOLE, 458, 459, 463, 464, 467
OVIEDO 200
PACHINO 302
PADOVA 389
PAESI SCANDINAVI 32
PALAGONIA 309
PALENCIA 203, 210
PALERMO 57, 297, 304-309
PALESTINA 162
PALLASKENRY 62
PAMPLONA 203, 207, 211
PANNONHALMA 325
PARAFIANÓW 494
PARAGUAY 62
PARIGI (vedi Paris)
PARIS 51, 53, 57, 115, 116, 118, 120, 132,
133, 141, 143, 329, 336, 347
PARMA 50, 60
PAZIN 351
PEDARA 56, 302
PEGGEZ 365-368, 370, 372-375
PÉLIFÖLDSZENTKERESZT 62, 63, 311, 312,
319
PENANGO 63, 227, 235
PEROSA ARGENTINA 394, 395
PERÙ 178, 186
PERUGIA 172
PEST-SZENTLÖRINC 316, 320, 326
PETERSBURG 472
PETRCˇANE 352
PEZINOK 400
PFAFFENHOFEN-ILM 282
PIEDIMONTE 302
PIERSZAJE 494
PIESZYCE 447, 451, 455
PIŁA 457, 467
PIN´SK 430
PISA 56
PLESZÓW 430,
PLETERJE 358
PŁOCK 430, 432, 433, 493
PODOLÍNEC 400, 402, 403
PODSUSED 330, 331, 346, 349, 350
POGRZEBIEN´ 430, 432, 447, 451, 455
POŁCZYN ZDRÓJ 446, 451, 452, 455
POLONIA 10, 11, 21, 22, 40, 41, 45, 47,
55, 56, 58, 62, 63, 68, 83, 84, 91, 92,
94, 96, 97, 103, 112, 160, 187, 283,
314, 409, 412, 418, 427, 428, 432,
440-442, 445, 446, 469, 471, 474-480,
491-493, 495, 496, 498
POLSKA (vedi Polonia)
PORTICI 57
PORTO FARINA (TUNISIA) 134
PORTO VELHO 64

52.9 Page 519

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Indice dei nomi di luogo 519
PORTOGALLO 10, 40, 54, 55, 70, 83, 91, 95,
98, 112
PORTSMOUTH 116
PORUDOMINO 485-487, 492, 497
POTENZA 57
POTSDAM 43, 445
POZˇ AREVAC 345
POZNAN´ 68, 427, 428, 430, 432, 445, 450,
455, 487
POZOBLANCO 212
POZZALLO 302
PRAGA 69, 94, 397, 400, 404, 406-409,
411, 416
- KOBYLISY 404
PRˇEROV, 403
PRUSSIA 427,
PRUSY 436, 447
PRZEMYS´L 55, 430-432, 436-438, 446,
455, 492
PULA 343
QUITO 159
RADNA 330, 350, 355
RADOM 468
RAGUSA 309
RÁKOSPÁLOTA 312, 320
RAKÓW 479-481, 484, 488, 489, 494, 495
RANDAZZO (SICILIA) 177
RAPALLO 329
RATBURI 64
RAVENNA 57
REBAUDENGO 63, 66
REGENSBURG 279
REGINÓW 431, 471
REICH (vedi Germania)
REPUBBLICA CECA 10, 15
REPUBBLICA CECOSLOVACCA 69, 83, 92,
393, 396, 398, 401, 407, 408, 416
REPUBBLICA DEMOCRATICA TEDESCA 43
REPUBBLICA DI WEIMAR 37, 43
REPUBBLICA FEDERALE DELLA GERMANIA
43, 46
REPUBBLICA SLOVACCA 416
RIGA 477
RIJEKA 329, 331, 336, 337, 339, 344, 346-
352, 388-390
RIO NEGRO 62
ROCAFORT 57
RODEO DEL MEDIO 187
ROMA 24, 25, 34, 50, 56, 57, 61, 67, 69,
71, 100, 102, 157, 160, 176, 178, 179,
181, 183, 188, 191, 193, 255, 329,
357, 359, 368, 411, 426, 453
- CINECITTÀ 71
ROMANIA 40, 112, 314, 432
ROMANS 128
RONDA 67, 209
ROTTEMBUCH 106
ROVINJ 329, 335-338
RÓZ˙ ANYSTOK 431, 437, 441-443, 446,
451, 455, 466, 467
ROZˇNˇ AVA, 403
RUBIEZ˙EWICZE 488
RUBNO 493
RUDNIKI 487, 489, 492
RUMIA 430, 432, 460–462, 467
RUSSIA (vedi Unione Sovietica)
RYGA (vedi Riga)
S. GRATIEN 93
S. PAOLO (BRASILE) 97, 186, 187
SAINT DENIS 116, 118, 132, 133, 141-143
SAINT GRATIEN 141-143
SAINT MALO 117
SALACLACA (ETIOPIA) 164
SALAMANCA 203, 208, 211, 217, 219
SALÒ 176
SALUGGIA 154
AMORÍN 406
SAMPIERDARENA 52, 126
SAN BENIGNO CANAVESE 50
SAN GREGORIO 56, 302
SAN JOSÉ DEL VALLE 219
SANDOMIERZ 430
SANKT VEIT AN DER GLANN 365
SANTA SEDE (vedi Città del Vaticano)
SANT VIÇENÇ DELS HORTS 57, 211, 214
SANT’AGATA DI MILITELLO 304
SANTANDER 57, 67, 203, 210, 211, 213
SANTIAGO 187
SARDEGNA 102
AˇSTÍN 395, 402
SAUVEBONNE 126
SAVIGNY 142, 144
SAVONA 56
SCHIO 57
SEJNY 472
SELA 344, 347, 352, 387
SENEC 406
SERBIA 112, 283, 356, 359, 371, 382, 383
SÉVIGNÉ 137, 140, 142, 143,

52.10 Page 520

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520 Indice dei nomi di luogo
SEVILLA 51, 57, 67, 193, 196, 199, 202,
204-207, 209, 210, 212, 217-219
SHIU-CHOW 62
SHRIGLEY 63
SIAM 64
SIBERIA 323, 494, 495
SICILIA 50, 56, 84, 92, 102, 155
SINT-DENIJS-WESTREM 285
SIRACUSA 56
SIVIGLIA (vedi Sevilla)
SISAK (vedi Sela)
SKARBOWO 478
SKAWA 430, 437
KOCJAN 361
KOFJA LOKA 336
KOFLJICA 356
KRLJEVO 350, 356
SLAVONIJA 347
SLESIA 428, 430-432
SLIEMA 58
SLOVACCHIA 9, 10, 69, 83, 94, 112, 314,
393-401, 404, 405, 406-413, 415-418,
422-425
SLOVENIA 10, 11, 55, 68, 83, 94, 112, 329,
343, 344, 347, 350, 353, 355, 357,
360, 367, 379, 380, 382-384, 387,
388, 390
SLOVENIJA (vedi Slovenia)
SMOLEN´SK 429, 494
SOKÓŁKA 433
SOKOŁÓW PODLASKI 430, 437, 441, 442,
444, 451, 452, 455
SOLECZNIKI WIELKIE 492, 493
SOLINGEN 244
SONDRIO 56
SOVERATO 57
SPAGNA 9-12, 22, 39, 40, 43, 51, 52, 54,
57, 61, 63, 65-67, 70, 191-195, 199-
204, 206, 207, 209-221
SPIˇS, 396
SPITTAL AN DER DRAU 362, 365, 368-377
SPLIT 330-332, 348, 384, 386
SRIJEMSKA MITROVICA 345
RODA LA˛SKA 442, 452
ST CYR 133, 134, 142, 143
STARA GRADIˇSKA 344
STARE TROKI 492
STATI UNITI D’AMERICA 65, 178, 186,
445, 494
STATO VATICANO (vedi Città del Vaticano)
STEIN (KAMEN) 363, 371, 377
STICˇNA 358
SUECA 219
SUPRA´SL 431, 433, 437
SVÄTY´ BENˇ ADIK 395
SVÄTY´ KRÍZˇ NAD HRONOM 402
SVEZIA 10, 43, 324
SVIZZERA 10, 15, 54, 83, 112, 132, 141, 186
WIE˛CIANY 483, 484, 494
SYBIR (vedi Siberia)
SZCZYRK 430,
SZÉKESFEHÉRVÁR 325
SZENTENDRE 322
SZENTKERESZT (vedi Péliföldszentkereszt)
SZOMBATHELY 315, 320, 326
TAINACH (TINJE) 369
TANAKAJD 318, 319
TARNÓW 430
TARRAGONA 196, 199
THAILANDIA 64
THONON 142, 143
TOLEDO 195, 199
TOR DE’ SPECCHI 50
TORINO 13, 49-52, 59, 63-67, 69, 71, 81,
82, 88, 95, 99, 100-102, 104, 105, 107,
125, 132, 151, 158, 159, 173, 174, 177,
202, 210, 220, 227, 235, 319, 353, 355,
363, 367, 394, 406, 417, 452,
- GRUGLIASCO 377
- S. LUIGI 156
- S. PAOLO 156, 161, 168
- VALDOCCO 64, 154-156, 158, 159, 161,
164, 165
- VALSALICE 50, 69, 154, 156, 158, 163, 164
TORRENTE 217-219
TOULON 126, 127, 133, 144
TOURNAI 54, 285
TRAKOVICE 408
TRECASTAGNI 302, 309
TRENTO 50, 56
TREVIGLIO 56
TRIER 226, 231, 236, 237, 241-243, 247
TRIESTE 362, 363
TRINO 56
TRNAVA 395, 398, 418-421, 424-426
TRONCHE 142, 144
TUCUMAN 187
TUDORÓW 471
TUNISIE 132, 134
TURCHIA 40
TURIN (vedi Torino)

53 Pages 521-530

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53.1 Page 521

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Indice dei nomi di luogo 521
TUSZÓW NARODOWY 445
TWARDOGÓRA 446, 455, 478
UCRAINA 112, 469, 471, 472, 474, 490, 496
ÚJPEST 315-316, 320, 326
UKRAINA (vedi Ucraina)
UKRAIN´SKA SRR (vedi Ucraina)
UNGHERIA 9, 10, 15, 40, 62, 63, 69, 70, 83,
92, 94, 112, 311, 409, 416, 418, 426, 432
UNIONE SOVIETICA 9, 32, 35, 40, 41, 45,
46, 92, 112, 315, 341, 381, 399, 407,
408, 432, 443, 445, 449, 469-472, 474,
475, 477, 478, 491, 492, 496, 498
UNTERWALTERSDORF 227, 255, 257, 258,
269, 272
UROˇSEVAC 356
URSS (vedi Unione Sovietica)
URUGUAY 97, 187
USA (vedi Stati Uniti d’America)
UTRERA 51, 57, 103, 199, 202, 205, 207,
210
UZBEKISTAN 496
VAJNORY 403
VAL CISMON 184
VALDUNA 271
VALENCIA 196, 203, 208, 210, 214, 215,
217-219
VALLECROSIA 52
VALPARAISO (CILE) 187
VALVERDE DEL CAMINO 217, 219
VARAZZE 441
VARSAVIA 82, 430, 432, 434, 437, 438,
460, 161, 463, 467, 469, 471, 472
VATICANO (vedi Città del Vaticano)
VATIKAN (vedi Città del Vaticano)
VELEHRAD 413
VENETO 85
VENEZUELA 69
VERONA 56, 65
VERZˇEJ 227, 330, 350, 355, 356, 387
VETRINJ (vedi Viktring)
VIAGRANDE 302, 309
VICHY 131
VIENNA 23, 55, 63, 227, 254, 255, 257-
260, 263, 271-273, 314, 357, 363-365
VIGO 210, 211
VIKTORSBERG 257-259, 264, 269, 270,
274
VIKTRING 364, 365, 368, 370, 371, 373,
374
VILLENA 203, 211, 215
VILNIUS 429-431, 441-443, 471, 472, 474,
476-479, 481, 486, 488, 491-493, 496
VISEGRAD 327
WAIDHOFEN SULLYBBS 255
WARSZAWA (vedi Varsavia)
WATYKAN (vedi Città del Vaticano)
WELSCHBILLIG 237
WERKI 478
WERNSEE (vedi Verˇzej)
WIEN (vedi Vienna)
WILIA 479
WILNO (vedi Vilnius)
WI´SNICZ 467
WITEBSK 429, 494
WORKUTA 494, 496
WOZ´NIAKÓW 498
WROCŁAW 447, 451, 455, 469
WRONKI 467
WSCHOWA 451, 455
WÜRZBURG 62
YALTA 43
ZADAR 351, 352
ZAGABRIA (vedi Zagreb)
ZAGREB 329, 330, 332, 334-339, 342, 343,
345-347, 349-352, 373
- KNEZˇIJA 329, 331, 339, 340, 341, 344-
346, 350
- RUDEˇS 346
- STENJEVAC 330, 346
ZAIR 479
AZˇINA 344, 347
ZDZIE˛CIOŁ 479, 487, 495
ELIV 404
ILINA 395, 398
ZSSR (vedi Unione Sovietica)
ZURIGO 54
ZVOLEN 410
ZWIA˛ZEK RADZIECKI (vedi Unione Sovietica)
YRARDÓW 434

53.2 Page 522

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53.3 Page 523

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INDICE GENERALE
Sommario............................................................................................................................ 5
Introduzione (GRAZIA LOPARCO e STANISŁAW ZIMNIAK) ........................................... 7
– I problemi........................................................................................................................ 7
– Scelte e soluzioni intravista .......................................................................................... 11
– I risultati della ricerca .................................................................................................... 13
– Limiti e i campi della ricerca ancora scoperti ........................................................... 15
Sigle e abbreviazioni .......................................................................................................... 17
Elenco dei relatori e dei partecipanti ............................................................................. 19
Saluto del Presidente dell’ACSSA (NORBERT WOLFF) ............................................... 21
Saluto inaugurale del Rettor Maggiore dei salesiani (PASCUAL CHÁVEZ
VILLANUEVA) ....................................................................................................................... 23
Saluto inaugurale della Vicaria generale delle FMA (YVONNE REUNGOAT) ........... 25
RELAZIONI GENERALI
Le ideologie, l’educazione e l’istruzione scolastica nell’Europa della prima metà
del XX secolo
(JAN PISKUREWICZ)............................................................................................................ 29
Bibliografia .......................................................................................................................... 46
I Salesiani in Europa (1875-1962). Sviluppo, condizionamenti e strategie
(MORAND WIRTH)............................................................................................................. 49
I. GLI INIZI DELLOPERA SALESIANA IN EUROPA AI TEMPI DI DON BOSCO (1875-1888)
1. Fondazioni nell’Italia liberale (1875-1888)............................................................. 49
2. Nell’Europa variegata (1875-1888) .......................................................................... 51
3. Difesa del cattolicesimo ed elevazione culturale......................................................... 52
II. PRIMA ESPANSIONE DELLOPERA SALESIANA IN EUROPA SOTTO DON RUA (1888-1910)
1. I Salesiani in nuovi paesi d’Europa ............................................................................ 54
2. Nuova espansione in Italia .......................................................................................... 55
3. Sviluppi in Spagna, secolarizzazione in Francia, nuove frontiere dall’Inghilterra ... 57
4. La strategia sociale dei salesiani................................................................................... 58
5. Le condizioni dello sviluppo: formazione e organizzazione ..................................... 60
III. RALLENTAMENTO E RIPRESA AI TEMPI DI DON ALBERA E DI DON RINALDI (1910-1931)
1. Don Albera nel dramma della prima guerra mondiale (1910-1921).................... 61
2. Don Rinaldi e il tempo del fascismo (1922-1931) ................................................... 62

53.4 Page 524

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524 Indice generale
IV. GUERRA, PERSECUZIONI E GRANDI REALIZZAZIONI AI TEMPI DI DON RICALDONE
(1932-1951)
1. L’opera del Superiore generale ...................................................................................... 64
2. L’insegnamento religioso e la formazione salesiana ................................................... 65
3. Durante la guerra civile in Spagna (1936-1939) .................................................... 66
4. La seconda guerra mondiale (1939-1945) ................................................................ 67
5. In Europa durante la “guerra fredda”......................................................................... 68
V. MASSIMA ESPANSIONE DURANTE IL RETTORATO DI DON ZIGGIOTTI (1952-1965)
1. I grandi viaggi............................................................................................................... 70
2. L’opera organizzatrice................................................................................................... 71
Conclusione.......................................................................................................................... 72
Appendice I: Personale e case SDB (1875-1962) ........................................................ 73
Appendice II: Cronologia – Eventi positivi ed eventi problematici (1875-1962).... 75
Appendice III: Capitoli generali SDB 1-18 (1877-1958) ......................................... 77
Le Figlie di Maria Ausiliatrice in Europa 1900-1960. Sviluppo, condizionamenti,
strategie
(GRAZIA LOPARCO) ............................................................................................................ 79
Introduzione ........................................................................................................................ 79
1. Incremento e distribuzione della presenza delle religiose .......................................... 82
1.1. Le FMA nei diversi Paesi europei..................................................................... 83
1.2. L’aumento delle FMA e la loro provenienza geografica ............................... 84
1.3. Sviluppo ed evoluzione delle opere.................................................................. 88
2. Cenni sui condizionamenti.......................................................................................... 91
2.1. Condizionamenti per la presenza delle religiose............................................ 93
2.2. Condizionamenti per le opere .......................................................................... 95
3. Le strategie nelle scelte .................................................................................................. 96
3.1. Preparazione delle religiose, istanze e opere ................................................... 98
3.2. Risonanze nei Capitoli generali ........................................................................ 101
Conclusioni ......................................................................................................................... 108
Appendice ........................................................................................................................... 110
Tabella n. 1: Istituto Figlie di Maria Ausiliatrice, 1872-1960................................... 110
Tabella n. 2: FMA nate in Europa Professe dal 1872 al 1960 .................................. 112
RELAZIONI – COMUNICAZIONI
I Salesiani francesi al tempo del silenzio (1901-1925)
(FRANCIS DESRAMAUT) ..................................................................................................... 115
1. L’Ispettoria del Nord ..................................................................................................... 116
2. L’Ispettoria del Sud ....................................................................................................... 120

53.5 Page 525

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Indice generale 525
2.1. Il “Patronage Saint-Pierre” a Nizza .................................................................. 120
2.2. Marsiglia, La Navarre e Montpellier................................................................ 124
L’opera educativa delle Figlie di Maria Ausiliatrice in Francia tra il 1901 e il 1920
(ANNE-MARIE BAUD) ........................................................................................................ 129
1. Premessa storica ............................................................................................................. 129
2. Organizzazione e azione delle FMA per far fronte alla situazione......................... 131
3. Le traversie nelle case fondate tra il 1877 e il 1901 ................................................. 132
4. Le vicende nelle case fondate dal 1901 al 1920........................................................ 142
Conclusione ......................................................................................................................... 144
I Salesiani e l’educazione dei giovani, in Piemonte, durante il periodo del fascismo
(SILVANO ONI).................................................................................................................... 147
1. L’uomo nuovo fascista ................................................................................................... 147
2. Il sistema educativo salesiano, durante il periodo del fascismo................................. 154
3. Osservazioni conclusive ................................................................................................ 165
Nazionalismi, italianità, strategia dei Salesiani all’estero
(GIORGIO ROSSI) ................................................................................................................ 171
1. Salesiani all’estero e “italianità”.................................................................................. 171
2. Gli autori dei due documenti ..................................................................................... 176
3. L’accusa e la difesa ........................................................................................................ 177
Documento 1 ..................................................................................................................... 181
Documento 2 ..................................................................................................................... 183
L’educazione salesiana negli anni particolarmente difficili della II Repubblica
Spagnola (1931-1936)
Presentazione
(JESÚS-GRACILIANO GONZÁLEZ MIGUEL) ..................................................................... 191
1. I tempi difficili .............................................................................................................. 191
2. Anni difficili per l’educazione salesiana .................................................................... 192
3. Gli obbiettivi e la divisione del lavoro........................................................................ 192
4. La metodologia.............................................................................................................. 193
PRIMA PARTE
La seconda Repubblica Spagnola 1931-1936
(PABLO MARÍN SÁNCHEZ) ................................................................................................ 194
Premessa ............................................................................................................................... 194
1. Il Governo provvisorio: Aprile-Luglio 1931 .............................................................. 195

53.6 Page 526

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526 Indice generale
2. I Parlamenti costituenti: Luglio-Dicembre 1931...................................................... 196
3. Il Governo Repubblicano-Socialista: Dicembre 1931 – Novembre 1933.............. 198
4. Il Governo Radicale-Cedista: Novembre 1933 – Febbraio 1936 ........................... 199
5. Il Governo del Fronte Popolare: Febbraio-Luglio del 1936 ..................................... 200
SECONDA PARTE
La situazione concreta: l’educazione salesiana nelle ispettorie e nelle case dei
Salesiani durante il periodo 1931-1936
(JOAQUÍN TORRES)............................................................................................................. 202
1. Situazione della Spagna Salesiana nel 1931 ............................................................. 202
1.1. Ispettoria Bética................................................................................................... 202
1.2. Ispettoria Céltica ................................................................................................. 203
1.3. Ispettoria Tarraconense ...................................................................................... 203
2. In quale misura lo svolgimento della II Repubblica influì sull’opera salesiana della
Spagna?........................................................................................................................... 204
2.1. L’incidenza della “Legge di Confessioni e Congregazioni Religiose” ........ 204
2.2. Le prime disposizioni ......................................................................................... 204
3. Iniziative per frenare l’approvazione della legge (1932-1933) ............................... 206
4. Misure adottate per affrontare la legge (1933).......................................................... 208
4.1. Ispettoria Bética................................................................................................... 209
4.2. Ispettoria Céltica ................................................................................................. 210
4.3. Ispettoria Tarraconense ...................................................................................... 211
5. Sospensione dell’applicazione della legge (governo radical-cedista: 1934-1935)... 212
6. Sviluppo della legge nel governo del “Fronte Popolare” (febbraio-luglio 1936) ..... 212
6.1. Ispettoria Bética................................................................................................... 212
6.2. Ispettoria Céltica ................................................................................................. 213
7. Atmosfera crescente di ostilità e persecuzione ............................................................. 213
8. L’incendio di chiese e convente (11 maggio 1931) .................................................... 213
9. Attitudine continua di ostilità verso tutto ciò che era religioso ................................ 215
TERZA PARTE
La situazione delle Figlie di Maria Ausiliatrice
(MARÍA F. NÚÑEZ MUÑOZ) ............................................................................................. 216
1. L’Ispettoria Spagnola “Santa Teresa”: 1931-1936..................................................... 216
2. Il cambio politico e la questione religiosa: Orientamenti dei Superiori e delle Superiore
generali e ispettoriali ....................................................................................................... 216
3. La situazione dell’educazione: Difficoltà e nuove forme di continuità................... 218
QUARTA PARTA
Conclusioni
(JOAQUÍN TORRES)............................................................................................................. 220
A modo di epilogo................................................................................................................ 222

53.7 Page 527

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Indice generale 527
Assistenza educativa salesiana sotto l’influsso della dittatura nazionalsocialista.
L’esempio della “Eduardstift” di Helenenberg
(JOHANNES WIELGOß) ....................................................................................................... 225
Stato della ricerca e delle fonti ........................................................................................... 225
I. L’INFLUSSO IDEOLOGICO DEL NAZIONALSOCIALISMO SULLEDUCAZIONE .............. 226
1. Lo Stato nazionalsocialista reclama il monopolio dell’educazione .......................... 226
2. Verbale consenso alla nuova “Educazione nazionale”............................................... 227
3. Introduzione sistematica dell’addestramento paramilitare e l’educazione all’aria aperta.. 229
4. La formazione politica nel “nuovo Stato”................................................................... 230
5. Trasmissione di eventi politici del giorno mediante la radio e le feste nazionali.... 232
6. Il culto del Führer ......................................................................................................... 233
7. Inconsiderata accettazione delle mete educative nazionalsocialiste nell’educazione
salesiana ......................................................................................................................... 234
II. INIZIATIVE DI SELEZIONE SULLA BASE DI MOTIVI IDEOLOGICI E RAZZIALI............ 235
1. Un gruppo della Hitler-Jugend nella “Eduardstift” .................................................. 235
2. Accoglienza di casi di tutela......................................................................................... 238
3. Sterilizzazione forzata di giovani nella “Eduardstift”.............................................. 239
4. L’atteggiamento del direttore Theodor Seelbach nei confronti dei provvedimenti
di sterilizzazione ........................................................................................................... 242
III. QUALE SPAZIO RESTA ALLA SPECIFICITÀ DELLEDUCAZIONE SALESIANA?.............. 245
L’influenza dei nazionalsocialisti sui concetti pedagogici e sulla prassi educativa
dei Salesiani di don Bosco e delle Figlie di Maria Ausiliatrice in Austria
(FRANZ SCHMID)................................................................................................................ 249
1. Lo stato delle fonti e della ricerca ................................................................................ 249
2. Il Nazismo in Germania e in Austria ....................................................................... 250
3. L’“annessione” dell’Austria al Deutsche Reich (Impero Germanico)........................ 253
4. I salesiani di don Bosco e le Figlie di Maria Ausiliatrice nel 1938 in Austria ...... 255
4.1. I salesiani di don Bosco...................................................................................... 255
4.2. Le Figlie di Maria Ausiliatrice........................................................................... 256
5. I salesiani e le Figlie di Maria Ausiliatrice sotto la dittatura dei Nazionalsocialisti
in Austria ....................................................................................................................... 257
5.1. Piccola cronaca degli avvenimenti ................................................................... 257
5.2. Chiusura delle strutture ..................................................................................... 260
5.2.1. L’“Istituto Bonifatius” a Fulpmes......................................................... 261
5.2.2. L’orfanotrofio dei salesiani di don Bosco “Freiherr v. Sieberer” a
Innsbruck ................................................................................................. 262
5.2.3. Il riformatorio “Josefinum” di Jagdberg ............................................. 263
5.2.4. Le Figlie di Maria Ausiliatrice a Klagenfurt....................................... 265
5.2.5. Le Figlie di Maria Ausiliatrice a Linz .................................................. 266

53.8 Page 528

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528 Indice generale
5.2.6. La “Casa Missionaria Maria Ausiliatrice” dei salesiani don Bosco
a Unterwaltersdorf .................................................................................. 269
5.2.7. Il Riformatorio femminile delle Figlie di Maria Ausiliatrice a
Viktorsberg ............................................................................................... 269
5.2.8. Il “Salesianum” dei salesiani di don Bosco a Vienna III.................. 271
5.3. I salesiani di don Bosco in servizio militare ................................................... 271
5.4. Le Figlie di Maria Ausiliatrice nelle nuove attività ....................................... 272
6. “Non abbiamo più gioventù!” ..................................................................................... 273
6.1. I salesiani di don Bosco...................................................................................... 273
6.2. Le Figlie di Maria Ausiliatrice........................................................................... 274
6.3. I concetti pedagogici e la prassi educativa ...................................................... 274
Attività delle Figlie di Maria Ausiliatrice in Germania durante il regime nazista
(KATHARINA SCHMID) ....................................................................................................... 275
Introduzione ....................................................................................................................... 275
1. Cenno storico sullo sviluppo delle FMA in Germania .............................................. 275
2. Il comportamento del regime nazista .......................................................................... 276
PRIMA PARTE
1. Attività educative nella casa di Essen-Borbeck e sua sorte........................................ 276
2. Brevi cenni riguardanti la casa di Ingolstadt-Oberhaunstadt ................................. 277
3. Attività educative e di beneficenza nella casa di Monaco (Baviera)....................... 278
4. Possibilità caritative-pastorali delle FMA in Germania nel tempo di guerra ........ 278
SECONDA PARTE
1. Le vicende della Casa “Maria Ausiliatrice” di Eschelbach....................................... 279
1.1. Imposizioni arbitrarie ......................................................................................... 280
1.2. “Kinderland-Verschickung” e bambini fuggitivi ........................................... 281
1.3. Progetti e comandi delle autorità ..................................................................... 281
1.4. Notizia sconvolgente e deportazione ............................................................... 281
1.5. La casa – stazione esterna di Bormann (stazione radiografica)................... 283
1.6. Ripresa delle attività educative.......................................................................... 283
Conclusione.......................................................................................................................... 284
La trasformazione dell’opera delle FMA a Kortrijk (Belgio) a causa della Seconda
Guerra Mondiale (1942-1965)
(HILDE BOSMANS).............................................................................................................. 285
Introduzione ........................................................................................................................ 285
1. Breve storia prima del 1942 ........................................................................................ 286
2. La guerra in Belgio e la situazione a Kortrijk ........................................................... 286
3. L’inizio del KOK........................................................................................................... 288
4. La signorina Maria Lamoral, responsabile della colonia ......................................... 289

53.9 Page 529

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Indice generale 529
5. Il comitato “Winterhulp” ............................................................................................. 291
6. L’organizzazione della colonia S. Anna...................................................................... 292
7. La formazione del personale ........................................................................................ 293
8. I bambini ebrei nascosti nella colonia ........................................................................ 295
Conclusione.......................................................................................................................... 296
Le FMA di Sicilia: educatrici nell’emergenza della guerra e del dopo guerra
(1943-1949)
(MARIA CONCETTA VENTURA) ........................................................................................ 297
Introduzione ........................................................................................................................ 297
1. Le attività educative ed assistenziali nelle varie case dell’Isola ................................ 298
1.1. Cucine economiche ............................................................................................ 299
1.2. Colonie estive....................................................................................................... 301
1.3. …e i maschietti? .................................................................................................. 303
1.4. Opere “provvisorie”............................................................................................. 304
2. Le “bambine della strada”............................................................................................ 304
2.1. A Catania .............................................................................................................. 305
2.2. A Palermo ............................................................................................................. 306
Conclusione.......................................................................................................................... 309
L’Opera salesiana in Ungheria nei tempi travagliati del secolo XX
(GIOVANNI BARROERO)..................................................................................................... 311
Introduzione ........................................................................................................................ 311
1. L’Opera salesiana in Ungheria durante la Grande Guerra e negli anni immediatamente
seguenti ................................................................................................................................................ 311
2. L’Opera salesiana in Ungheria nella bufera della seconda guerra mondiale .......... 313
2.1. Breve inquadramento storico ............................................................................ 313
2.2. La difficile vita dei salesiani............................................................................... 313
2.3. Durante gli ultimi combattimenti ................................................................... 316
3. Dopo la seconda guerra mondiale: sotto il regime comunista e il controllo dell’Unione
Sovietica (1946-1989) ........................................................................................................... 317
3.1. Breve inquadramento storico ............................................................................ 317
3.2. La prima fase: all’ombra di un’imponente presenza militare sovietica...... 317
3.3. La seconda fase: dopo il decreto di scioglimento delle case religiose......... 321
3.4. La terza fase: relativa ‘liberalizzazione’ ed allentamento della presa........... 325
Conclusione.......................................................................................................................... 326
Le vicende dei Salesiani e delle loro istituzioni educative in Croazia 1941-1960
(MARINKO INVANKOVIC´)................................................................................................... 329
Introduzione ........................................................................................................................ 329

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530 Indice generale
I. I SALESIANI DURANTE LA SECONDA GUERRA MONDIALE........................................... 330
1. La soppressione di tutti gli istituti educativi dopo l’arrivo dei comunisti al potere
(1945-1947) ................................................................................................................. 332
1.1. Split (Spalato) ...................................................................................................... 332
1.2. Donji Miholjac .................................................................................................... 332
1.3. Diosˇ – Marijin Dvor .......................................................................................... 333
1.4. Rovinj .................................................................................................................... 335
1.5. Rijeka..................................................................................................................... 336
1.6. Convitto dell’arcivescovado a Zagreb.............................................................. 337
1.7. Knezˇija .................................................................................................................. 339
2. La vita e l’opera dei salesiani in Croazia durante il regime comunista .................. 341
2.1. In pace peggio che in guerra ............................................................................. 341
2.2. La persecuzione dei salesiani ............................................................................. 343
2.3. Cambio dell’indirizzo apostolico: le attività parrocchiali ............................ 346
2.4. La cura vocazionale dei giovani e del personale salesiano in formazione ..... 350
Conclusione.......................................................................................................................... 353
Salesiani tra i rifugiati sloveni nei campi profughi in Austria (1945-1950)
(BOGDAN KOLAR) .............................................................................................................. 355
Introduzione ........................................................................................................................ 355
1. I salesiani e la seconda guerra mondiale..................................................................... 357
2. Le conseguenze immediate ........................................................................................... 360
3. Tra i profughi ................................................................................................................ 362
4. Gli inizi dei campi profughi........................................................................................ 364
5. Servizio informativo..................................................................................................... 365
6. Collaborazione nelle scuole .......................................................................................... 368
7. Azioni di promozione culturale................................................................................... 371
8. L’oratorio quotidiano.................................................................................................... 374
Conclusione.......................................................................................................................... 377
La presenza delle Figlie di Maria Ausiliatrice in Slovenia 1936-1960
(MARIJA IMPERL) ................................................................................................................ 379
Introduzione ........................................................................................................................ 379
1. Le comunità religiose prima della seconda guerra mondiale.................................... 379
2. La missione pastorale fino alla seconda guerra mondiale e durante il conflitto ..... 380
3. Rapporto con il governo nei primi anni dopo la seconda guerra mondiale ............ 381
4. La difficile ripresa ......................................................................................................... 382
5. Le Figlie di Maria Ausiliatrice in Slovenia negli anni 1936-1960........................ 383
5.1. Le FMA durante e dopo la seconda guerra mondiale .................................. 384
5.2. Dopo il 1946........................................................................................................ 387
5.3. Le FMA esiliate e l’arresto di sr. Alojzija Domajnko.................................... 387

54 Pages 531-540

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54.1 Page 531

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Indice generale 531
5.4. Sr. Alojzija Domajnko mantiene unite le FMA............................................. 388
5.5. La visita dell’ispettrice dall’Italia nel ’56 e la rinascita in Croazia nel ‘58 ..... 389
5.6. Il risveglio in Slovenia.......................................................................................... 390
Conclusione.......................................................................................................................... 390
La Società salesiana in Slovacchia negli anni 1948-1989: le difficoltà della vita e
della missione sotto il regime comunista
(VLADIMIR FEKETE) ........................................................................................................... 393
Introduzione ........................................................................................................................ 393
1. La nascita e la diffusione dell’opera salesiana in Slovacchia .................................... 394
2. L’educazione salesiana durante l’ascesa del comunismo e le prime persecuzioni
contro la Chiesa (1948-1950)................................................................................... 396
2.1. Gli interventi del potere statale contro la vita della Chiesa......................... 396
2.2. Le prime soppressioni delle case salesiane ...................................................... 398
3. Gli anni della persecuzione più dura (1950-1967) ................................................. 399
3.1. “La notte dei barbari” e le sue conseguenze ................................................... 399
3.2. I destini dei salesiani nei primi anni successivi alla “Notte dei barbari”... 402
3.3. Lo sforzo di salvare se stessi e i primi tentativi di svolgere attività di educazione
salesiana.................................................................................................................. 404
4. La “Primavera di Praga” e i tentativi di rinnovamento dell’opera salesiana in
Slovacchia (1967-1970); il processo di “normalizzazione” e la costruzione delle
strutture educative clandestine SDB (1970-1988) .................................................. 407
4.1. Lo sviluppo sociale e politico ............................................................................ 407
4.2. I salesiani negli anni 1968-1985 ...................................................................... 408
4.2.1. Il lavoro educativo con la gioventù .............................................................. 409
4.2.2. La formazione dei giovani salesiani .............................................................. 410
4.3. La situazione dei salesiani alla fine degli anni Ottanta ................................ 412
Conclusione.......................................................................................................................... 413
L’attività delle FMA della Slovacchia nel travagliato periodo 1940-1950
(KAMILA NOVOSEDLIKOVA) .............................................................................................. 415
Premessa ............................................................................................................................... 415
1. La situazione sociopolitica ........................................................................................... 416
2. La Repubblica Slovacca................................................................................................ 416
3. La preistoria delle FMA slovacche............................................................................... 417
4. La prima comunità in Slovacchia: Trnava ................................................................ 418
5. La Comunità a Kopánka ............................................................................................. 419
6. La Comunità di Dolny´ Kubín .................................................................................... 421
7. La Comunità di Nitra, il primo Noviziato ............................................................... 422
8. La persecuzione ............................................................................................................. 424
Conclusione.......................................................................................................................... 426

54.2 Page 532

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532 Indice generale
Salesiani nella vita religiosa della Polonia occupata (1939-1945): tentativi di lavoro
educativo
(STANSISŁAW WILK)............................................................................................................ 427
1. Condizionamenti d’attività degli ordini religiosi sul territorio della Polonia occupata.. 427
2. Strutture organizzative della Società Salesiana in Polonia...................................... 430
3. Attività socio-caritativa................................................................................................ 432
Attività educativa delle FMA in Polonia: dal 1922 agli inizi degli anni ‘60
(BERNADETA LEWEK) ......................................................................................................... 439
Introduzione ........................................................................................................................ 439
1. Insediamento e prime fondazioni (1922-1939)........................................................ 440
2. Le FMA durante il periodo bellico 1939-1945 ........................................................ 443
3. L’attività delle FMA nel periodo postbellico dal 1945 al 1956............................... 444
4. La politica confessionale del regime comunista e le sue conseguenze........................ 448
5. Soppressione delle opere delle FMA tra il 1949 e il 1962 ........................................ 450
6. L’attività catechistica delle FMA................................................................................. 454
Conclusione.......................................................................................................................... 456
La lotta per la conquista della gioventù nella “Polonia Staliniana”: l’esempio di
alcuni istituti salesiani
(JAROSŁAW WA˛SOWICZ) .................................................................................................... 457
Introduzione ........................................................................................................................ 457
1. Tra la propaganda ufficiale e la realizzazione del vero ideale educativo................ 459
2. Alcuni esempi di azioni vessatorie utilizzate dalle autorità nei confronti di istituti
educativi salesiani ......................................................................................................... 463
3. L’atteggiamento degli alunni........................................................................................ 466
Conclusione.......................................................................................................................... 467
L’attività pastorale-educativa dei salesiani nelle nuove repubbliche dell’Unione
Sovietica: i condizionamenti sociali e politici dell’apostolato salesiano
(WALDEMAR WITOLD UREK)......................................................................................... 469
Introduzione ........................................................................................................................ 469
1. La realtà ecclesiale nell’Unione Sovietica..................................................................... 470
1.1. I rapporti con la Congregazione e con i superiori in Polonia ..................... 477
1.2. “Spravka”, ovvero il permesso di lavoro .......................................................... 482
1.3. Registrazione della parrocchia e la cosiddetta ventina.................................. 483
1.4. La preparazione dei bambini alla Prima Comunione................................... 484
1.5. Ministranti............................................................................................................ 485
1.6. Il corteo delle biancovestite ............................................................................... 485

54.3 Page 533

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Indice generale 533
1.7. I bambini e la gioventù in età scolare.............................................................. 486
1.8. La somministrazione dei sacramenti ............................................................... 487
1.9. Il lavoro con i giovani......................................................................................... 489
2. La dispersione dei salesiani nelle varie repubbliche dell’Unione Sovietica ............... 491
2.1. Repubblica Socialista di Lituania ..................................................................... 492
2.2. Repubblica Socialista di Bielorussia................................................................. 493
2.3. Repubblica Socialista d’Ucraina ....................................................................... 496
2.3. Repubblica Socialista di Moldavia ................................................................... 497
Conclusione.......................................................................................................................... 498
Indice dei nomi di persona .............................................................................................. 501
Indice dei nomi di luogo.................................................................................................. 513
Indice generale ................................................................................................................... 523

54.4 Page 534

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54.5 Page 535

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ISS-ACSSA: ATTI DI SEMINARI E CONVEGNI INTERNAZIONALI
1. Francesco MOTTO (ed.), Insediamenti e iniziative salesiane dopo don Bosco.
Atti del 2° Convegno-Seminario di storia dell’Opera salesiana. Roma, 1-5
novembre 1995. LAS, Roma 1996.
2. Francesco MOTTO (ed.), L’Opera Salesiana dal 1880 al 1922. Significatività e
portata sociale. Vol. I: Contesti, quadri generali, interpretazioni. Vol. II: Esperienze
particolari in Europa, Africa, Asia. Vol. III: Esperienze particolari in America
Latina. Atti del 3° Convegno Internazionale Storia dell’Opera salesiana. Roma, 31
ottobre -5 novembre 2000. LAS, Roma 2001.
3. Ricerche Storiche Salesiane, 44 (2004) 23-312: Atti del 4° Seminario Europeo
dell’ISS-ACSSA. Vienna 30 ottobre – 2 novembre 2003.
4. Jesús Graciliano GONZÁLEZ, Grazia LOPARCO, Francesco MOTTO,
Stanisław ZIMNIAK (a cura di), L’educazione salesiana dal 1880 al 1922. Istanze
ed attuazioni in diversi contesti. Vol. I: Relazioni generali. Relazioni regionali: Eu-
ropa - Africa. Vol. II: Relazioni regionali: America. Atti del 4° Convegno Interna-
zionale di Storia dell’Opera salesiana. Ciudad de México, 12-18 febbraio 2006.
(Associazione Cultori Storia Salesiana – Roma. Studi – 1-2). Roma, LAS 2007.
ACSSA: COLLANA VARIA (extra commerciale)
1. Francisco CASTELLANOS HURTADO, El Colegio Salesiano del Espíritu Santo en
Guadalajara (México). Roma 2005.
2. Nestor IMPELIDO (ED.,), The Beginnings Of The Salesian Presence In East Asia.
Acts Of The Seminar On Salesian History, Hong Kong, 4-6 December 2004. Part
One: The Salesians of Don Bosco. Hong Kong 2006.
3. Nestor IMPELIDO (ED.,), The Beginnings Of The Salesian Presence In East Asia.
Acts Of The Seminar On Salesian History, Hong Kong, 4-6 December 2004. Part
Two: The Salesian Family (FMA, CSM, SIHM, DQUM, DBV). Hong Kong 2006.
4. Francesco MOTTO, Start afresh from Don Bosco. Meditations for a Spiritual
Retreat. Roma 2006.
5. Ernest MACÁK, De la otra parte de las rejas. Diario del campo de concentración
de Podolínec (Eslovaquia). Edición de Jesús-Graciliano González. Roma 2007.

54.6 Page 536

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