RM BS 2012 07 it


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1 7.

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CONOSCERE DON BOSCO

PASCUAL CHÁVEZ VILLANUEVA

2 Un nuovo modello di Missione

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3 e di missionario

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Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, in visita in Brasile il 19 e il 20 marzo 2011 per ampliare e ottimizzare le relazioni politiche e commerciali tra i due paesi, durante il discorso agli impresari ha ricordato il sogno di Don Bosco sulla città di Brasilia.

Nel concludere il suo discorso, durato circa venti minuti, Obama ha ricordato il sogno di Don Bosco: “Brasilia è una città giovane, con solo 51 anni, ma che ha avuto inizio da oltre un secolo; nell’anno 1883 Don Bosco ebbe la visione che un giorno la capitale di una grande nazione sarebbe stata costruita tra i paralleli 15 e 20 e che sarebbe stata il modello del futuro e che avrebbe garantito opportunità per ogni cittadino brasiliano”.


UN PICCOLO MAPPAMONDO SCURO


L’oggetto più commovente delle camerette di don Bosco a Valdocco è un piccolo mappamondo scuro e piuttosto approssimativo. Quasi non si vedono i confini tra gli stati e il mondo stranamente fuso in una compatta solidarietà.

Sovente il giovane Michele Rua l'udì esclamare: «Oh se avessi dodici sacerdoti a mia disposizione, quanto bene si potrebbe fare! Vorrei mandarli a predicare le verità di nostra santa Religione non solo nelle chiese, ma persino nelle piazze!» E gettando talora gli sguardi su qualche carta del mappamondo, sospirava nel vedere come tante regioni ancora giacessero nell'ombra della morte, e mostrava ardente desiderio di poter un giorno portar la luce del Vangelo in luoghi non raggiunti da altri missionari” (Memorie Biografiche III, 546).

Lo stesso ardore apostolico attinto alla scuola del Cafasso, che aveva spinto don Bosco ad identificare come campo d’azione il mondo dei giovani poveri e abbandonati, di sviluppo in sviluppo, sarà alla base della decisione di aprire la Famiglia Salesiana alle missioni ad gentes. Lo ribadì don Rua: «fu questo bisogno di salvar delle anime che gli fece parere angusto l’antico mondo e lo spinse ad inviare i suoi figli nelle lontane Missioni d’America» (BS 21 [1897] 4).

Negli anni del Convitto, influenzato dalle letteratura missionaria, DB aveva vagheggiato di unirsi agli Oblati di Maria Vergine per le missioni tra gli indiani del Nord America. Fu assiduo lettore degli Annali della Propagazione della fede fin dal 1848. Ma l’impatto decisivo nell’accelerare la vocazione missionaria della giovane congregazione gli venne in occasione del Concilio Vaticano I (1869-70): molti vescovi d’America, Africa e Asia, profittavano della venuta a Roma per arruolare clero e suore; entrarono in rapporto con don Bosco, visitarono Valdocco e fecero proposte di fondazioni. Egli lo sentì come un segno della volontà di Dio e si infervorò. In questo contesto, tra il 1871/72 su colloca il primo sogno missionario.

«Mi parve di trovarmi in una regione selvaggia ed affatto sconosciuta. Era un'immensa pianura, tutta incolta, nella quale non scorgevansi né colline né monti. Nelle estremità lontanissime però tutta la profilavano scabrose montagne… Intanto vedo in lontananza un drappello di missionari che si avvicinavano ai selvaggi con volto ilare, preceduti da una schiera di giovinetti. Io tremava pensando: - Vengono a farsi uccidere. - E mi avvicinai a loro: erano chierici e preti. Li fissai con attenzione e li riconobbi per nostri Salesiani. I primi mi erano noti e sebbene non abbia potuto conoscere personalmente molti altri che seguivano i primi, mi accorsi essere anch'essi Missionari Salesiani, proprio dei nostri».

Influenzato dallo spirito del suo secolo, egli pensava le missioni nel senso più stretto, in partibus infidelium, e nel senso più romantico: tra popoli crudeli e selvaggi. Un ruolo importante l’ebbe anche la sua visione cattolica della Chiesa, inviata a tutti i popoli, e la percezione della vocazione salesiana come dono fatto da Dio ai giovani del mondo intero, unita a preoccupazioni anti-protestantiche. I principi di missionologia del tempo erano quelli della lievitazione trasformatrice, della lotta conquistatrice, della testimonianza evangelica fino al martirio. L’Euntes in mundum universum gli suonava anche come mandato giuridico-ecclesiale, per questo mandò i suoi missionari a Roma a ricevere la benedizione del Papa.


L’AVANGUARDIA DI UNA GRANDE ARMATA


Tra le varie, la sua concretezza gli fece preferire la proposta argentina: là si dirigevano migliaia di immigrati e i suoi missionari non si sarebbero trovati isolati; là c’era una società civile pronta a sostenere l’opera; e là si trovavano anche i “selvaggi” dei suoi sogni. Le lettere e le informazioni di Cagliero e degli altri sulla Patagonia reale avrebbero modificato radicalmente la visione romantica di don Bosco, pronto sempre ad adattarsi alle situazioni e a vedervi la voce del Signore. La strategia cambiò: fondare opere come quella di Valdocco (collegi, parrocchie e oratori), che fossero luoghi di formazione per la fermentazione delle nuove nazioni dell’America Latina e di lì partire per il servizio missionario missioni tra le popolazioni indigene.

Così il modello tradizionale di missione fu rinnovato con elementi tratti dal carisma oratoriano, che dà grande importanza all’istruzione e alla cura della gioventù. Anche gli aspetti organizzativi cambiarono: i missionari salesiani non erano solo testimoni e apostoli che lasciavano tutto per annunciare il Vangelo; essi, come la punta di un iceberg, come l’avanguardia di una grande armata, si sentivano espressione dell’intera Famiglia Salesiana che li sosteneva spiritualmente e materialmente e che partecipava alle loro gioie e dolori, ai loro successi e difficoltà.

Don Rua lo ricordò ai Cooperatori: «I Salesiani e le Figlie di Maria Ausiliatrice, come schiere di un esercito in campagna, faranno la parte loro, mettendo a disposizione di Dio e del prossimo la loro volontà, la loro sanità, la loro vita; i Cooperatori e le Cooperatrici facciano dal loro canto quello, che i buoni padri e le buone madri di famiglia praticano pei loro figliuoli, quando sono in battaglia» (BS 14 [1890] pp. 4-5).

Le lettere dei missionari pubblicate sul Bollettino comunicavano ogni particolare, ogni progetto, ogni realizzazione, ogni successo, ogni sofferenza, ogni difficoltà. Tutti potevano conoscere e partecipare alle loro fatiche apostoliche, gioirne, esserne fieri, soffrire con loro lutti, sostenerli con la preghiera, collaborare economicamente. E i missionari, che si sentivano parte della grande famiglia di DB, apprezzati, sostenuti, incoraggiati e amati, seppero innestare efficacemente il carisma salesiano in ogni parte del mondo.