Atti_1998_364.ACG_


Atti_1998_364.ACG_



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1. IL RETTOR MAGGIORE
AVVENIMENTI DI CHIESA E DI FAMIGLIA
1. Tempo di Sinodi - America solidale - L'Asia chiama il vangelo - Vita e annuncio - Sguardo
verso i giovani - L’interesse per l'educazione - 2. Celebrare per crescere - Un attimo di memoria
- Il dono dell'unione fraterna - Don Bosco: un Santo che affascina - L’attualità del messaggio
educativo - Un punto strategico: la formazione - Conclusione
Roma, 29 giugno 1998
Ss. Pietro e Paolo
Cari confratelli,
Negli ultimi incontri che ho avuto con ispettori e confratelli
mi è stato suggerito che ogni tanto, interrompendo la serie di
lettere a carattere dottrinale, comunicassi, quasi come in una
Buonanotte, impressioni e notizie della Congregazione e della
vita ecclesiale, colte dai miei punti di osservazione.
Ci provo volentieri questa volta. Le Ispettorie, intanto, sono
impegnate nell’applicazione, la più completa e sistematica pos­
sibile, del CG 24. Ciò richiede non solo accorgimenti organizza­
tivi, ma anche approfondimento della spiritualità salesiana, ri­
flessione sul patrimonio educativo e rafforzamento della capa­
cità di animazione dei Salesiani con un adeguato bagaglio di
idee e di competenze. Hanno dunque abbondante m ateria da
ripensare.
Sono molti gli avvenimenti da raccontare e le situazioni da
commentare. Ne scelgo due: l’uno per la sua portata ecclesiale e
l’altro per il suo significato salesiano.

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4 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
1. TEMPO DI SINODI
Ho avuto la fortuna di prendere parte a due assemblee sino­
dali: quella per l’America e quella per l’Asia. Alla prima hanno
partecipato nove Vescovi salesiani; alla seconda quattro, più tre
confratelli ed una FMA invitati come esperti. Queste due fanno
parte di una successione di sei adunanze simili. Seguono quella
per l’Africa (10 aprile - 8 maggio 1994), di cui è stata già conse­
gnata la Esortazione Apostolica Ecclesia in Africa. Precedono
quelle per l’Oceania e per l’Europa, che avranno luogo rispetti­
vamente a novembre di quest’anno e nella primavera del 1999.
U n’ultim a assemblea della Chiesa universale servirà come mo­
mento di convergenza e unificazione, approfondimento e sintesi.
Anche se rivolti direttam ente a singoli continenti, i Sinodi
svolgono una riflessione e propongono delle piste utili per la
Chiesa universale e per la vita cristiana personale in qualsiasi
contesto. Il loro sguardo sul panorama attuale si estende a 360
gradi, perché popoli, culture e situazioni sociali sono interdi­
pendenti.
Visti così insieme, appaiono come il punto di coagulo di
quattro esigenze emergenti in questa vigilia del terzo millen­
nio: l’impegno di tu tta la Chiesa per una nuova evangelizzazio­
ne; l’urgenza di m aturare una più larga comunione spirituale e
operativa nella Chiesa, che di tale evangelizzazione è il sogget­
to; lo sguardo attento alla cultura o culture delle quali il vange­
lo deve diventare lievito ed istanza critica; il proposito di dialo­
gare con la società che si va costruendo e nella quale il vangelo
deve risuonare, interpellando le coscienze e le strutture.
La sequenza dei passaggi che portano alle conclusioni di
queste assemblee è conosciuta: scelta del tema, consegna dei Li-
neamenta per la riflessione ed i contributi delle Chiese interes­
sate, preparazione dell’Instrum entum laboris che accoglie tali
contributi e costituisce la base della discussione.
Iniziata l’adunanza, dopo la conferenza di apertura, che ri­
prende i risultati della preparazione, ha luogo la fase dell’ascolto

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IL RETTOR MAGGIORE 5
nella quale ciascuno dei membri può far uso della parola per sot­
tolineare, sviluppare o introdurre un tema che giudica importan­
te. Segue la Relazione dopo la discussione che mette a fuoco i
punti nodali del dibattito. I circuii minores fanno un primo ap­
profondimento che presentano all’assemblea; dopo di che si pas­
sa nei gruppi stessi all’elaborazione delle Propositiones, che ver­
ranno ordinate ed unificate da una commissione sotto la respon­
sabilità del Segretario generale. Segue la presentazione di corre­
zioni ed integrazioni e si perviene alla votazione finale che è no­
minale e firmata. Ѐ un iter già sperimentato in varie assemblee
con indicazioni precise di tempi e modalità che consente la libera
espressione, ma richiede accurata preparazione degli interventi.
Dall’enunciazione dei temi per ciascuno dei Sinodi, dagli sti­
moli proposti nei Lineamenta, dal loro sviluppo nell’Instrumen­
tum Laboris, dall’approfondimento operato nella discussione,
dalla raccolta dei nodi emergenti nelle Propositiones si stacca
nitido un punto: la necessità di Cristo per la salvezza dell’uo­
mo, quello di oggi, e la scommessa della Chiesa (possiamo dire
la fede!) nella potenza di illuminazione, liberazione e rinnova­
mento che ha il Suo mistero. Nel momento del declino delle
ideologie e della svalutazione di ogni “teoria” riguardo alla per­
sona umana, la vicenda di Gesù e il suo vangelo, l’esperienza
della vita um ana e di Dio che con Lui e in Lui si può fare, riap­
paiono come fonte di saggezza e ragione di speranza. Riecheg­
gia la sua dichiarazione: «Io sono la via, la verità, la vita»1.
La Chiesa riafferma dunque la sua volontà di vivere in se
stessa con maggior intensità il mistero e la presenza di Cristo.
Ѐ frequente e prioritario il richiamo alla conversione, alla tra ­
sparenza, alla testimonianza da parte dei singoli cristiani e del­
le comunità, conforme alle condizioni in cui oggi si esprime la
vita e alle sfide che presentano la m entalità e l’ambiente.
L ’evangelizzazione viene in tesa come comunicazione del
vissuto. Ѐ vivace dunque anche il discorso sulle vie per propor-
1 Gv 14, 6

1.4 Page 4

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6 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
re ciò che viviamo, con maggior dinamismo e vigore, secondo
nuove modalità e attraverso i mezzi più efficaci.
Tutto ciò viene espresso con molta chiarezza nella formula­
zione dei temi: «La Chiesa in Africa e la sua missione evangeliz­
zatrice verso l’anno 2000: “Sarete miei testimoni” (At 1, 8)»2;
«Incontro con Gesù Cristo vivo, cammino alla conversione, alla
comunione e solidarietà in America»3; «Gesù Cristo, il Salvato­
re e la sua missione di amore e di servizio in Asia: “Perché ab­
biano la vita e l ’abbiano in abbondanza”»4; «Gesù Cristo: segui­
re la sua via, proclamare la sua verità, vivere la sua vita: un ap­
pello per i popoli dell’Oceania»5; «Gesù Cristo vivente nella sua
Chiesa, sorgente di speranza per l’Europa»6.
La modernità, o postmodernità che dir si voglia, porta una
sfida per i credenti: è l’interpellanza di Gesù: «Voi, chi dite che
io sia?»7.
La Chiesa è però consapevole della situazione umana in cui
questa domanda, con la conseguente risposta, deve risuonare
ed essere compresa. Il mondo sembra unificato dall’eliminazio­
ne delle distanze fisiche, dalle abitudini e costumi trasversali e
dalla comunicazione sociale. Nell’ambito economico ha luogo
una “globalizzazione”, per cui esso appare come uno spazio
unico di interscambio, interdipendente nelle sue parti, sotto­
messo alle stesse leggi. D’altra parte è profondamente diviso da
rivalità etniche e nazionali, da interessi economici e disugua­
glianze inspiegabili, quasi frammentato riguardo a valori e nor­
me etiche a causa dell’individualismo. Appaiono possibili per il
futuro una convivenza pacifica e solidale di persone e di popoli
o il predominio selvaggio di pochi con impoverimento ed esclu­
sione dei più.
2 Sinodo p er l ’Africa
3 Sinodo per l’America
J Sinodo per l’Asia
5 Sinodo per l’Oceania
6 Sinodo per l’Europa
7 M t 16, 15

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IL RETTOR MAGGIORE 7
Nell’ambito religioso c’è una ricerca vaga di religiosità, se­
gno di una insoddisfazione del solo orizzonte temporale; c’è un
progresso quantitativo del cristianesimo in vaste zone, una
identificazione più netta dei credenti in altre, un fondamentali­
smo che tenta la supremazia attraverso la repressione e la vio­
lenza, il diffondersi di svariate proposte apparentem ente spiri­
tuali.
La Chiesa è consapevole di non essere l’unica responsabile
del Regno, ma suo segno e strumento. Assume dunque come di­
mensioni quotidiane, non straordinarie, del suo agire, l’apertu­
ra ecumenica, il dialogo interreligioso, la solidarietà con l’um a­
nità in cammino.
Il fronte è ampio; l’impegno pure. Ѐ necessaria la partecipa­
zione di tutti. Perciò laici, sacerdoti, consacrati vengono stimo­
lati a rinnovare la loro vita spirituale, puntando su una santità
capace di parlare all’uomo d’oggi; a vivere con gioia la loro vo­
cazione cristiana; a ritornare sempre a Cristo come sorgente di
senso ed energia; ad aggiornarsi nella lettura della realtà per
annunciare il vangelo con efficacia.
Il riferimento alla figura dei santi e dei m artiri riconosciuti
ufficialmente e di quelli che attendono tale riconoscimento, è
stato frequente, sentito ed ispirante. La santità dei discepoli di
Cristo, infatti, è la proposta delle assemblee dei Sinodi come via
maestra dell’evangelizzazione.
America solidale.
L’elemento nuovo che dà portata universale al Sinodo per
l’America è la considerazione unitaria del continente. Quelle di
Medellin, di Puebla, di Santo Domingo erano Assemblee soltan­
to di e per l’America Latina. Si fermavano alle sue peculiarità,
assumevano le sue prospettive. Gli Stati Uniti e il Canada erano
considerati come appartenenti ad un altro “mondo”: era la clas­
sica divisione Nord - Sud, paesi sviluppati e in via di sviluppo,
ricchi e poveri, ambienti secolarizzati e di religiosità popolare.

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8 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
Questa volta invece sono stati convocati gli episcopati dei
due emisferi del continente. Si sono ascoltate le situazioni
delle Chiese come facenti parte di un unico fenomeno. Ciò ha
consentito di collocare i problemi in termini di interdipendenza
e solidarietà.
Il Sinodo per l’America dunque ha spaziato, componendole
insieme, su tre prospettive: l’evangelizzazione dell’ambiente ri­
stretto affidato a ciascuna diocesi, il senso cristiano della vita e
dei progetti in contesti di media grandezza quali le nazioni o le
regioni del continente, le questioni di livello continentale e
mondiale da assum ere collegialmente. Si trattav a di cogliere
tu tte le possibilità attuali della comunione, rendendole operati­
ve, da parte di un episcopato formato da 1625 Vescovi8.
L’America appare un continente plurietnico, formato da po­
poli nativi, popolazioni venute da successive ondate di emigra­
zione europea e asiatica, discendenti di africani portati come
schiavi. Il secondo gruppo, quello degli europei, è il più consi­
stente, ma i gruppi indigeni sono in crescita numerica e di co­
scienza della propria identità. C’è volontà di convivenza ed in­
tegrazione con progressiva valorizzazione delle diversità.
Si tra tta poi di un continente “cristiano” per quanto riguar­
da il substrato culturale e la tradizione sociale: cattolico il Cen­
tro-Sud, protestante il Nord. Questo carattere si manifesta nel­
la regolare organizzazione delle chiese, nei criteri etici, nella re­
ligiosità popolare, nella tendenza ad aderire ai nuovi movimen­
ti religiosi, nella risposta che incontrano le sette. Subisce oggi
l’influsso del secolarismo nella mentalità, dell’individualismo
nell’organizzazione della vita e del soggettivismo nell’espressio­
ne della fede. Ma vede sorgere fermenti potenti di vita cristia­
na; attende il messaggio evangelico per molti aspetti della sua
cultura; offre libertà all’annuncio ed all’azione della Chiesa.
La situazione socio-economica tende ad un progressivo im­
poverimento: aum enta il numero di poveri e cresce la distanza
8 Annuario statistico della Chiesa, 1 luglio 1997

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IL RETTOR MAGGIORE 9
tra una minoranza, sempre più ridotta, che possiede le risorse e
una maggioranza, sempre più numerosa, di gente che non ha il
necessario per il proprio sviluppo. Il fenomeno si dà anche nel
Nord. Ѐ stato chiamato in causa perciò l’attuale sistema di ge­
stire le risorse del mondo, di governare le società nazionali e di
concepire l’ordine internazionale.
Ѐ un continente che va dimostrando un nuovo senso di soli­
darietà: nel riconoscimento e nell’incontro pacifico delle diverse
componenti etniche, nell’organizzazione regionale attraverso
organismi come il Nafta, il Mercosur, il Patto Andino.
Un termine è ritornato varie volte nella discussione: globa­
lizzazione, cioè mondializzazione dei problemi, interdipendenza
tra gli ambiti dell’attività um ana e i popoli. Dal significato e dal­
le conseguenze economiche della parola, non tutte giuste e desi­
derabili, si è passato ad una definizione più umana e totale, au­
spicando un esercizio più vivace e una organizzazione più opera­
tiva della collegialità episcopale e della comunione delle Chiese.
Si sono indicati alcuni ambiti in cui la comunione ecclesiale può
esprimersi con maggiore concretezza e capacità di intervento.
Uno è quello dei rapporti economici tra i popoli, particolar­
mente in merito al debito estero, che da anni grava sui paesi
di sviluppo basso e medio e non consente loro di migliorare la
qualità della vita né di espandere il benessere indispensabile.
Le proposte sono state molto contenute e discrete.
Si è chiesto che la Santa Sede insista ancora, con un docu­
mento autorevole, sulla giustizia dei rapporti economici inter­
nazionali, che in questo momento non hanno un codice con suf­
ficiente fondamento etico.
Si è auspicato che la Conferenza dei Vescovi di America pro­
muova una riunione di competenti ad alto livello, perché studi­
no una soluzione tecnica al problema, che soddisfi gli interessi
fondamentali delle parti. Come obiettivo si guarda alla cancel­
lazione del debito o ad una riduzione sostanziale fino all’elimi­
nazione degli interessi una volta devoluto il capitale, con l’ob­

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10 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
bligo di investire la parte del debito condonato a beneficio dei
settori più poveri della stessa nazione che ne beneficia.
Spazio per la collaborazione è inoltre la cura degli em i­
granti. Si dà un grande movimento del Sud verso il Nord. Gli
ispanici costituiscono l’ultim a ondata di emigranti che hanno
dato maggiore consistenza alla componente cattolica degli Sta­
ti Uniti. Portano anche alcune caratteristiche della loro fede e
della loro vita ecclesiale.
D’altro canto sono esposti, uomini e donne, a forme varie di
sfruttam ento, dato lo stato illegale in cui molti si trovano, che
offre il fianco ad ogni tipo di ricatto.
Il fenomeno ha colto di sorpresa le Chiese che finora non
hanno svolto una politica solidale al riguardo, e non riescono a
dare agli immigranti assistenza religiosa sufficiente e tanto me­
no ad accompagnarli dal punto di vista umano nel momento di
arrivo e di inserimento.
Si è ribadita la volontà di giungere a una mobilità più gran­
de di sacerdoti e religiosi nelle due direzioni, per consentire una
maggiore comprensione vicendevole ed una migliore attenzione
pastorale. Per noi è interessante rilevare che ciò coincide con
un certo progetto di collaborazione che ha avuto una prima
espressione nella creazione di una regione “interamericana” e
che ora si va manifestando in nuove iniziative.
Si è invocata la collaborazione nell’affrontare la diffusione
delle sette. La valutazione di queste, alle prime battute dell’as­
semblea, è stata piuttosto severa. Vengono considerate aggres­
sive, volte a denigrare il cattolicesimo. Adoperano metodi di
proselitismo che approfittano delle debolezze economiche o psi­
cologiche della gente e creano dipendenze. Contano su risorse
economiche e tecniche potenti che consentono loro di acquista­
re immobili e di costruire rapidamente luoghi di aggregazione e
di culto. Dopo aver menzionato questi aspetti, che appaiono
realistici in vista di un possibile dialogo o collaborazione con

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IL RETTOR MAGGIORE 11
esse a favore dell’uomo, ci si è interrogati sulle ragioni della
loro capacità di attirare, sui limiti del nostro annuncio e della
nostra proposta di fede, delle nostre celebrazioni. Si è arrivati
infine ad uno sguardo rispettoso delle sette, riconoscendo che,
pur con i limiti non indifferenti denunciati, costituiscono
“espressioni religiose” e, per molti, rappresentano un richiamo
che agisce sul sentimento e provoca modifiche di condotta.
C’è poi il fenomeno del n arcotraffico. La sua organizzazio­
ne ha raggiunto i livelli più alti e sofisticati. Le leve non sono in
mano di coloro che coltivano, trasportano o vendono la droga,
ma di coloro che ne posseggono i capitali e dispongono anche di
altre fonti di entrata. Hanno dunque possibilità di pulire il de­
naro in investimenti meno sospetti e nelle stesse istituzioni.
Ciò scardina la vita sociale di alcune nazioni, rendendola total­
mente arbitraria. Ѐ questo un fenomeno che ci raggiunge nel
nostro impegno di prevenzione, assistenza e recupero. Non è
male quindi sapere le dimensioni con cui si presenta, essere
prevenuti sulle sue ramificazioni ed illuminare riguardo alla
sua incombenza.
Da ultimo c’è la cooperazione econ om ica tra le Chiese.
Alcune possiedono risorse ed altre sono estremamente povere.
E non si dà per il momento un interscambio regolare di beni,
anche se i cristiani si dimostrano sempre generosi nelle offerte.
Una adeguata distribuzione consentirebbe di affrontare l’evan­
gelizzazione di alcune aree svantaggiate con migliori risultati.
Per realizzare queste prospettive di collaborazione tra le di­
verse regioni del continente si sono pensate forme di comunica­
zione e di coordinamento, senza aum entare il numero di stru t­
ture, ma piuttosto rivedendo quelle esistenti per adeguarle alle
nuove domande di collegialità.
Oltre a questa preoccupazione di realizzare forme di pasto­
rale corrispondenti alla “globalizzazione”, si è sviluppato un di­

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12 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
battito sullo stato della fede nel continente e sulle vie per arri­
vare coll’annuncio del vangelo ai gruppi e realtà che oggi sem­
brano lontane da esso.
L’evan gelizzazion e è un processo complesso che compren­
de attività molteplici, modalità varie di servizio all’uomo e tap­
pe diverse di maturazione. Tale complessità è molto avvertita
in America, dopo una storia di 500 anni e per la presenza auto­
revole della Chiesa in svariati ambiti della vita.
Per questo le due prime settimane, abbiamo sentito 221 in­
terventi di otto m inuti ciascuno, pronunciati dai membri del Si­
nodo, più 33 interventi di sei minuti fatti da auditori e invitati. Es­
si hanno messo a fuoco, con valutazioni e suggerimenti, le dispo­
sizioni esigite nei soggetti dell’evangelizzazione, come i vescovi, i
sacerdoti, i laici, i religiosi; hanno cercato di chiarire la parte che
corrisponde alle comunità ecclesiali, come la parrocchia, la fami­
glia, i movimenti ecclesiali, le scuole cattoliche, le università; han­
no sottolineato l’attenzione da dare ai diversi destinatari: i pove­
ri, i giovani, i malati, le donne, gli intellettuali, gli emigranti; han­
no auspicato il rinnovamento e lo sviluppo delle diverse attività co­
me la catechesi, la liturgia, l’educazione, la comunicazione socia­
le, l’assistenza e la carità, il ministero profetico.
In seguito ci fu una concentrazione maggiore di “assi” por­
tanti, attorno ai quali organizzare gli orientamenti.
Di fronte alla mancanza o riformulazione del senso della vi­
ta e di fronte ai nuovi movimenti religiosi, si è visto il bisogno
di insistere sulla esperienza personale di Cristo e sulla for­
mazione perm anente da parte dei sacerdoti; sull’impostazione
del lavoro pastorale in term ini di missionarietà; sulla prepara­
zione e sull’impegno maggiore del laicato e dunque sul riordi­
namento dei compiti dei sacerdoti i quali dovranno essere so­
p rattu tto garanti dell’autenticità evangelica, anim atori della
comunità, formatori e direttori spirituali di singoli e gruppi.
Di fronte alle numerose piaghe e lacerazioni, si è insistito
per una pastorale caratterizzata dalla comprensione, dalla ca­
rità e misericordia, capace di farsi carico dei condizionamenti

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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IL RETTOR MAGGIORE 13
della gente e percorrere con essa un cammino possibile verso la
realizzazione di una vita secondo il vangelo.
Di fronte all’evoluzione della m entalità per l’influsso della
cultura universale e dei mezzi di comunicazione sociale, si è
proposto di insistere sull’in cu ltu razion e, in due sensi: valo­
rizzare le espressioni legittime delle culture native, e dedicarsi
ad evangelizzare la nuova cultura urbana.
In tale contesto opera anche la Famiglia Salesiana con più
di 9.000 tra confratelli e consorelle. Il Sinodo ci offre un pano­
ram a di Chiesa e di società utile per orientarci in un momento
complesso ma pieno di possibilità.
Ѐ da attendersi, dunque, che l’Esortazione Apostolica, che
verrà prossimamente consegnata dal Santo Padre nel Santua­
rio della Madonna di Guadalupe, sia oggetto di attento studio.
L’Asia chiama il vangelo.
Sfida è la parola che ricorre quando si pensa all’evangeliz­
zazione dell’Asia. E in pochi casi ha un senso così reale.
In Asia, si è ripetuto nel Sinodo, vive un po’ più del 60% dell’u ­
m anità attuale. Ha ricevuto per prim a il messaggio cristiano,
che subito è arrivato pure ad alcune delle sue parti più lontane.
Oggi però l’Asia è ancora il continente in cui il cristianesimo
è numericamente meno presente: i cristiani, eccetto nelle Filip­
pine e nel Libano, sono una piccola minoranza numerica, anche
se il loro peso culturale e sociale è rilevante. Le percentuali toc­
cano i livelli minimi dello 0,21% in Cambogia, dello 0,19% nel
Bangladesh, dello 0,05% nel Bhutan, dello 0,02% in Mongolia,
fino a perdersi quasi nel nulla in Arabia Saudita. Di fronte a ta ­
li percentuali ci sembrano ancora buone quelle che raggiungo­
no il 6,60% nello Sri Lanka, il 7,94% nel Vietnam, ed il 2,78%
nell’Indonesia9. Fuori dalla comunità cristiana poche persone,
relativamente alla popolazione totale, conoscono Gesù Cristo,
8 Agenzia Internazionale Fides, 17 aprile 1998 - No 4091/4092 - NE 232

2.2 Page 12

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14 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
anche se molti l’hanno sentito nominare. La dim ensione m is­
sionaria della fede e delle comunità cristiane appare dunque
come la nota dominante della riflessione.
Il Sinodo ha evidenziato la realtà molteplice che viene sotto
un unico nome geografico. L’Asia si estende dalla Siberia al­
l’Indonesia, dal Libano al Giappone, dall’Arabia alla Cina. So­
no molte e diverse le culture, di antichissime radici e di grande
influsso sulla gente, anche se oggi debbono confrontarsi con
correnti di pensiero e forme di vita che attraversano il mondo.
Diverse sono le religioni, nate e sviluppatesi in Asia, a volte
profondamente compenetrate con i costumi. La loro enumera­
zione nei discorsi e nei testi del Sinodo si conclude sempre con
un “e altre”, per l’impossibilità di elencarle tutte ed evitare il
pericolo di tralasciarne qualcuna. L’Asia si rivela dunque come
un continente “aperto al mistero, al sentimento religioso, al
pensiero della divinità”, anche se negli ultimi tempi ha sofferto,
come tu tto il mondo, l’impatto della demitizzazione e del m ate­
rialismo pratico.
L’Asia appare molteplice pure dal punto di vista dell’orga­
nizzazione politica: assieme a stati democratici, ci sono ancora
sistemi ideologici fortemente repressivi, residui di regimi comu­
nisti allo sbando, dittature militari, governi rigidamente fonda­
mentalisti, aree di conflittualità inveterata tra popoli. Moltepli­
ce è ancora dal punto di vista sociale: contesti di benessere con
tecnologie di prim a linea e vaste zone di diffusa povertà, dove
ancora non si fa sentire la lotta per una maggiore giustizia so­
ciale. La mappa della libertà religiosa e dei diritti umani si pre­
senta a macchia di leopardo.
Ѐ molteplice anche per quanto riguarda l’evangelizzazione.
Le sue origini storiche risalgono in qualche caso agli Apostoli,
in altri all’epoca patristica, al Medioevo europeo, all’epoca mo­
derna, all’ultimo secolo e al dopo guerra.
Riti differenti sono m aturati e oggi caratterizzano la pre­
senza cristiana in alcune zone. Le vicende della comunità cri­
stiana nel tempo hanno seguito percorsi diversi nel loro con­

2.3 Page 13

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IL RETTOR MAGGIORE 15
fronto con poteri, religioni e società ed è diversa la loro attuale
collocazione nel contesto sociale. Ne offrono un esempio i rap­
porti con l’islamismo.
Su questo sfondo colpisce il sen so di id en tità dei cristia ­
ni. Si percepisce la loro gioia di aver ricevuto la luce del vange­
lo e di esser stati raggiunti da Cristo. Si sente anche il loro desi­
derio di comunicare ai propri vicini quello che essi hanno speri­
mentato: «Il cuore della Chiesa in Asia sarà inquieto finché tu t­
to il continente non abbia trovato il suo riposo nella Pace di
Cristo, il Signore Risorto», si è affermato, e l’espressione ripro­
duce proprio qualcosa che galleggiava nel dibattito.
Non pochi interventi sono stati testimonianze di prima ma­
no sulle comunità cristiane in situazione di sofferenza, di di­
scriminazione, di precarietà, di pesanti condizionamenti: Cina,
Corea del Nord, alcuni paesi arabi, le repubbliche centro asiati­
che dove da poco si è ricominciata l’evangelizzazione.
Il punto più alto di questa testim onianza fu l’interscambio
di saluti e messaggi con il vescovo cinese Duan Yimin. Insieme
al suo ausiliare, Mons. Xu Zhixuan, entram bi appartenenti alla
cosiddetta Chiesa ufficiale, era stato invitato al Sinodo dal San­
to Padre. Non ottennero il permesso «perché il Vaticano - se­
condo il portavoce del governo cinese - li aveva nom inati unila­
teralmente ed arbitrariamente e perché la Cina non ha rappor­
ti ufficiali e vincoli religiosi con il Vaticano».
Mons. Duan Yimin ha espresso la sua adesione per fax con il
rischio di essere accusato di voler stabilire relazioni con uno
stato straniero. «Voglio, in primo luogo - scriveva - salutare il
Sommo Pontefice Giovanni Paolo II. Mi è impossibile prendere
parte al Sinodo per ragioni politiche. Il corpo è assente, ma il
cuore è permanentemente presente al Sinodo dei Vescovi (...).
Nel Sinodo dei Vescovi - continuava - tutto è reso pubblico per
essere messo in pratica da tu tti i credenti in Cristo. Mi piace­
rebbe essere informato di quanto in esso accade e vi ringrazio
sin d’ora».

2.4 Page 14

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16 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
Vita e annuncio.
Le strade dell’evangelizzazione non saranno dunque le stes­
se per tu tte le regioni dell’Asia. Emergono però alcune indica­
zioni che sembrano di applicazione universale.
Una è il valore che in Asia ha la vita, più che le spiegazioni
dottrinali. Sovente è risuonato il ricordo di Madre Teresa come
figura capace di annunciare, con la vita, il midollo del vangelo.
Tra gli aspetti della vita occupa un posto centrale, per la
sensibilità del contesto e di fronte alle altre religioni, l ’esp e­
rienza di Dio che fanno i cristiani e la sua manifestazione
concreta in atteggiamenti e pratiche.
La spiritualità, la preghiera, il senso di Dio appaiono come
segni convincenti di un annuncio di salvezza che voglia fare
breccia sull’anima asiatica.
Si sono sentite pressanti raccomandazioni ed anche precisa­
zioni e chiarimenti sulla “spiritualità cristiana” che ha sorgen­
ti, significato e percorsi diversi, sebbene non contrari alle spiri­
tualità “naturali”. Ѐ trinitaria, “al seguito di Cristo e conforme
al suo mistero pasquale”; è dono e presenza dello Spirito che
unisce e fonde in un unico movimento amore a Dio ed amore al­
l’uomo, come impegno per il Regno nella storia.
Religione, cultura e vita in Asia hanno l’arm onia come me­
ta ideale: trascendente e temporale, divino e umano, creazione
e lavoro dell’uomo, vita esteriore e profondità del cuore, religio­
ne e prassi, individuo e società tendono a “integrarsi” in u n ’e­
sperienza di unità personale, di serenità interiore e di riconci­
liazione con la realtà.
La q u alità d el rapporto, in primo luogo quello umano che
genera la pace, ma anche quello che si stabilisce tra le diverse
realtà, è un altro aspetto importante nella manifestazione della
fede. Per cui l’amore verso ogni essere, compassionevole ed at­
tento, è vincente. Si addice perciò a molti popoli dell’Asia la
presentazione di Cristo come Maestro di saggezza, Guida spiri­
tuale, Principio di guarigione ed energia, Fonte di luce e capace

2.5 Page 15

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IL RETTOR MAGGIORE 17
di illuminare, Misericordioso amico dei poveri, Liberatore,
Buon Pastore, Obbediente a Dio.
Nella vita bisogna includere le scelte anche pubbliche
dei cristiani, le iniziative, il servizio, le espressioni di impegno
sociale. Si è riflettuto quindi sulla qualità della formazione dei
credenti, sulla condizione e il m inistero dei presbiteri, sullo
spazio da riconoscere ai laici e l’accompagnamento che bisogna
dare loro, sull’importanza della presenza dei religiosi, in parti­
colare di quelli contemplativi. Si è riconosciuto il valore, nel
passato e per il futuro, delle diverse forme di servizio della
Chiesa: l’educazione, la promozione, la preferenza per i più po­
veri, l’influsso sul sociale.
All’espressione più profetica della vita cristiana, da parte
dei singoli e delle comunità, va collegata una proclamazione del
vangelo più abbondante e schietta, adeguata al contesto pluri-
religioso.
Bisogna annunciare Cristo. Conoscerlo è un diritto di
tutti. Per questo, pur nel rispetto e nella valorizzazione di altre
esperienze religiose, si è vista l’urgenza di chiarire la concezio­
ne evangelica della salvezza. Così pure una meditazione su Cri­
sto, come unico Salvatore definitivo, u n ’illum inazione sulla
mediazione della Chiesa, una riflessione teologica sul valore e
limite delle religioni appaiono necessarie per ridare slancio e
centrare bene i punti di partenza e di arrivo dell’evangelizza­
zione. Questa infatti comporta non soltanto l’ascolto dell’an­
nuncio, quasi fosse una spiegazione religiosa o un cammino
spirituale che l’uomo deve assumere, ma l’accoglienza persona­
le di Cristo come realizzazione dell’uomo e mediatore dei nostri
rapporti con Dio, la conversione della mente e il cambiamento
dei costumi, l’inserimento nella comunità cristiana attraverso
il battesimo.
Strettam ente uniti alla testim onianza e all’annuncio e quasi
parti di essi sono il dialogo interreligioso e lo sforzo di incultu-
razione. Ne abbiamo trattato nella lettera sull’impegno missio­
nario: «Levate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeg-

2.6 Page 16

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18 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
giano per la m ietitura»10. Le sottolineature del Sinodo arricchi­
scono la nostra riflessione.
Sul dialogo in terrelig io so è interessante l’insistenza per
sottolineare che non si tra tta solo di quello verbale, che con­
fronta e chiarisce i diversi termini e concezioni religiose, ma
anche del dialogo “del cuore, della vita e delle opere”, cioè della
convivenza pacifica e dell’amicizia, del servizio alla persona ed
ai gruppi, della corresponsabilità in iniziative sociali, dell’impe­
gno per valori comuni. Nel dialogo si include la partecipazione,
assieme ad appartenenti ad altre religioni, alla promozione del­
la giustizia e della pace; l’azione congiunta per la protezione dei
bambini da ogni abuso, per la promozione della donna all’ugua­
glianza ed alla libertà, per l’estensione dell’educazione a tutti,
per il superamento delle discriminazioni sociali e religiose, per
l’assistenza agli immigrati, per la difesa dei diritti umani.
Dell’in cu ltu razion e si è sottolineata l’urgenza per supera­
re l’immagine del cristianesimo come “religione straniera”. Si è
chiarito che il compito appartiene a tu tto il popolo di Dio,
orientato e animato dai pastori. In esso dunque la formazione e
la pratica cristiana delle comunità hanno un peso non meno
im portante della riflessione dei teologi.
E un cammino lungo e mai compiuto, che prende come rife­
rim ento ed energia l’incarnazione del Cristo, con al centro il
mistero pasquale della sua passione, morte e risurrezione.
Comporta lo sforzo di introdurre la parola e la pratica cristiana
nel cuore della cultura e, dunque, di saper discernere per assu­
mere quello che le culture hanno di valido, esprimere con i loro
elementi il mistero cristiano, introdurre in esse la novità evan­
gelica, purificando quello che hanno di incompleto, e abbando­
nando quello che è contro la salvezza dell’uomo.
Il Sinodo per l’Asia però, come il precedente per l’America,
è stato più che u n ’Assemblea. Ѐ stato una esperienza di co-
10 ACG 362

2.7 Page 17

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IL RETTOR MAGGIORE 19
m unione: sentita ed espressa con segni visibili tra coloro che
vi partecipavano; estesa nello spirito e nella preghiera a tu tte le
Chiese e i popoli del continente. Ha assunto perciò la situazione
di coloro che soffrono per mancanza di libertà, in particolare ri­
guardo alla religione o per altre cause. Ha chiesto pubblicamen­
te un cambiamento da parte dei poteri che determinano questi
stati di ingiusta discriminazione e oppressione. Il pensiero delle
condizioni della Chiesa recenti o ancora presenti in Cina ha
portato a ricordare altri passaggi storici simili, in cui il martirio
ha segnato l’esistenza della comunità cristiana. Oggetto di at­
tenzione e di interventi sono state la situazione dell’Irak e le
conseguenze dell’embargo sul popolo con un giudizio etico an­
che di carattere generale sull’uso di tale misura politica.
Così pure si è consigliato un movimento di forze missionarie
verso aree “nuove”, dove le com unità cristiane stanno attec­
chendo: Siberia, Mongolia, Kazakistan, Uzbekistan, Kyrgyzstan,
Tagikistan, Turkmenistan.
Sono scenari ecclesiali, politici e culturali che ci aiutano a
immaginare la situazione che vivono i nostri confratelli ed a
pensare in quali direzione orientare gli sforzi del futuro, pen­
sandoli dal punto di vista della significatività del nostro contri­
buto “missionario”.
Sguardo verso i giovani.
Nel dibattito sinodale sono ricorsi alcuni temi che ci stanno
particolarmente a cuore perché ci aiutano a collocarci da Sale­
siani nel movimento della nuova evangelizzazione.
Il primo riguarda la gioventù. In entram be le assemblee si è
rilevato che essa costituisce maggioranza numerica in quasi
tu tte le nazioni del rispettivo continente. Rappresenta la ric­
chezza um ana del futuro per la società e per la Chiesa. Merita
dunque da parte di essa u n ’attenzione del tutto particolare.
I giovani sono oggi distribuiti in situazioni varie, per cui il
servizio ad essi va diversificato conforme alla realtà in cui si

2.8 Page 18

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20 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
trovano, avendo sempre come finalità quella di offrire loro la
possibilità di un incontro personale con Cristo.
Nel caso dell’America si sono approfondite pastoralmente
alcune di queste situazioni.
Per i giovani che già sono in sufficiente contatto con la Chie­
sa va ripensata e qualificata la catechesi, in modo che porti ad
una fede personalizzata che diventi luce ed orientamento per la
vita privata e pubblica. Per coloro che mostrano disposizione,
va proposto l’impegno cristiano nelle sue diverse forme: il coin­
volgimento attivo nelle comunità ecclesiali, l’appartenenza ad
associazioni o a movimenti cristiani, il volontariato missiona­
rio, la proposta di una vocazione di totale consacrazione.
U n ’alta percentuale di giovani del continente è lontana
dalla Chiesa. La comunità cristiana - si è ribadito - deve cer­
care l’incontro con loro, superando le distanze fisiche ed anche
quelle dovute a interessi, cultura, situazione personale o socia­
le. C’è uno sforzo da fare per raggiungere la gioventù indivi­
dualm ente e nei luoghi dove essa si aggrega per necessità o
preferenza. C’è un annuncio di Cristo da pensare in risposta
alla ricerca di felicità, senso e realizzazione che i giovani speri­
m entano e come sfida alla loro generosità e desiderio di altre
modalità di vita.
C’è poi la categoria molteplice di giovani poveri, economica­
mente o culturalm ente: emarginati, dipendenti, disoccupati,
impreparati. Sono gruppi che richiedono un servizio specifico di
carità, accoglienza, istruzione, accompagnamento, recupero. La
presenza e la solidarietà dei discepoli di Cristo costituiscono per
loro il segno ed un primo annuncio del vangelo.
La gioventù universitaria ha avuto u n ’attenzione particola­
re, in quanto elemento potenzialmente determinante nel futuro
immediato delle società. Ѐ destinataria di una comunicazione
culturale sistematica, esposta alle sfide etiche ed alle visioni so­
cioeconomiche di oggi. La riflessione e la pratica della fede, ap­
profondita e ben fondata, hanno per essa u n ’importanza singo­
lare, così come il pensiero sociale della Chiesa.

2.9 Page 19

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IL RETTOR MAGGIORE 21
Analoghe, ma alquanto diverse, sono state le prospettive
dell’Assemblea per l’Asia. Per la piccola porzione di giovani cri­
stiani, si chiedeva un nutrim ento spirituale più sostanzioso a t­
traverso liturgie significative, omelie illum inanti, l’apprendi­
mento della preghiera, la riflessione sui problemi che riguarda­
no l’età giovanile.
Si è raccomandato che la formazione intellettuale e cultura­
le venga integrata con quella affettiva e morale, in modo che i
giovani riconoscano e assumano i valori della propria cultura
con senso cristiano e plasmino in armonia la loro identità reli­
giosa e quella culturale.
Dai giovani poi si attende che diventino evangelizzatori dei
coetanei ed elementi attivi nella società. Nel contatto fra giova­
ni di diverse religioni negli am bienti educativi e altrove, si offre
ai cristiani, se convenientemente preparati, u n ’opportunità di
essere portatori di pace, di tolleranza e di accoglienza delle di­
versità. Da ultimo si è insistito sul bisogno di interscambio, a
livello di gioventù, con altre Chiese e paesi.
Per questi motivi si appoggiava l’idea di un direttore o inca­
ricato della gioventù nelle principali strutture pastorali.
U n’attenzione speciale viene dedicata alle giovani donne. La
Chiesa, in forza dell’annuncio, si fa promotrice della loro di­
gnità, della loro liberazione dalle varie forme di subordinazione
e di sfruttam ento, del superam ento di ogni discriminazione
quanto a istruzione, a possibilità di scelte personali nelle que­
stioni che le riguardano (matrimonio, lavoro ecc.).
L’interesse per l’educazione.
Il tem a della gioventù ha portato con sé quello dell’educa­
zione. Se ne è sentito parlare parecchio in merito ed è finito an­
che nelle “Proposizioni” di tu tte e due le assemblee.
Forse in qualche intervento l’idea di educazione era troppo
centrata sui processi di insegnamento e legata alle rispettive
istituzioni, piuttosto che presentata come una dimensione co­

2.10 Page 20

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22 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
sta n te dell’evangelizzazione, in quanto questa provoca una
crescita in um anità e in quanto u n ’educazione che si ispira al­
l’immagine dell’uomo rivelatasi in Gesù Cristo costituisce già,
sebbene non da sola, evangelizzazione. Questa prospettiva
però è stata assim ilata dopo gli interventi. «La Chiesa sostiene
e incoraggia tutto il processo educativo nella società in cui la
persona um ana si forma e si rende capace di tendere al suo svi­
luppo integrale conforme al suo destino»; «l’educazione è parte
in teg ra n te dell’evangelizzazione», si è ascoltato nel Sinodo
dell’Asia.
Ѐ stata incoraggiata e raccomandata la presenza cristiana
in istituzioni per l’educazione formale e sistematica, dove i reli­
giosi hanno una tradizione unica per quantità di iniziative ed
esperienza pedagogica. Si vuole però che esse rafforzino ed
esprimano, con maggiore chiarezza, l’identità cattolica e il pro­
posito di evangelizzazione. Vanno rivisti, perciò, i contenuti cul­
turali e il tenore della stessa comunicazione, così come il modo
di affrontare altri aspetti della vita che i programmi didattici
trascurano. Vanno ristudiati i processi di evangelizzazione pos­
sibili in ambienti educativi plurireligiosi.
Per i cristiani impegnati in questo campo si chiede u n ’atten­
zione pastorale specifica che li incoraggi e li qualifichi nel loro
compito e dia loro coscienza dell’importanza che esso ha nella
cultura e nella comunità ecclesiale.
Accanto alla rete di istituzioni per l’educazione sistematica
sono state incoraggiate tu tte le iniziative per giovani e adulti da
esse non raggiunti. L’educazione si presenta così con uno spet­
tro ampio di possibilità, aperta alla creatività. Lo zoccolo duro,
m a non sufficiente, sono le istituzioni di insegnamento e di pre­
parazione sistematica al lavoro, ma si auspicano altre forme
adeguate all’attuale domanda.
Nel Sinodo per l’America si è spezzata una lancia in favore
della libertà di educazione. Essa viene intesa come diritto delle
famiglie a sceglierne liberamente il tipo e l’indirizzo, senza es­
sere penalizzati dal punto di vista della validità pubblica né da

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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IL RETTOR MAGGIORE 23
nuovi pesi economici. Viene intesa anche come possibilità della
Chiesa di creare iniziative educative che godano della parità
giuridica ed economica. «Bisogna affermare - si è sottolineato -
l’obbligo dello Stato di provvedere educazione per tutti, in par­
ticolare per i più poveri, e il compito di rispettare e proteggere
la libertà di insegnare. Il monopolio dello Stato va denunciato
come una forma di totalitarismo che viola i diritti fondamenta­
li, in particolare quello della famiglia, alla educazione religiosa
dei figli. La famiglia infatti è il primo spazio educativo di tu tta
al persona».11
Il Sinodo dell’Asia, da parte sua, riconosce che in molte na­
zioni l’educazione cattolica è apprezzata per l’efficienza orga­
nizzativa, la qualità didattica e la competenza pedagogica. Ha
creato opportunità di educazione per minoranze trascurate, per
la popolazione rurale, per le ragazze e, in generale, per i più po­
veri e trascurati.
Sottolinea inoltre il ruolo che le istituzioni cattoliche di edu­
cazione hanno avuto nell’evangelizzazione, sia nell’aspetto del­
l’annuncio, come in quello dell’inculturazione e del dialogo reli­
gioso di vita e convivenza.
Per il futuro il compito e l’im portanza non saranno da me­
no. Si vede però la necessità di ripensare e riorientare l’aposto­
lato educativo. In primo luogo, dirigendo decisamente i servizi
verso i più poveri ed emarginati per sviluppare il loro poten­
ziale di essere, nella società, cittadini a pieno titolo e con piena
voce; e ciò anche con le eventuali difficoltà economiche che pos­
sa comportare. Si auspica poi che in spirito di libertà e senza
ombra di proselitismo, le scuole cattoliche siano luoghi dove la
fede possa essere proposta e accolta. Da ultimo, si chiede che le
istituzioni di livello superiore (high school, università) si impe­
gnino maggiormente nella formazione di leaders per la Chiesa
e per la società.
11 Dalle Propositiones.

3.2 Page 22

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24 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
2. CELEBRARE PER CRESCERE
I viaggi compiuti dal Rettor Maggiore in questi due anni of­
frono spazio a molti commenti interessanti. Alcuni hanno avu­
to la finalità di visitare comunità che versano in una situazione
particolare: la Circoscrizione Est, che continua la sua crescita e
progressiva organizzazione; Cuba che, dopo un lungo periodo di
libertà ridotta e stallo vocazionale, intravede un tempo di svi­
luppo; la Cambogia, dove abbiamo iniziato la presenza con due
scuole professionali; la Cina, che emette segni di speranza, pre­
senta realizzazioni oggi possibili e m ostra ancora incertezze;
l'Africa, nella quale si sono costituite due nuove circoscrizioni e
qualcun altra verrà eretta prossimamente.
Un certo numero di visite sono state motivate dalle celebra­
zioni centenarie della presenza salesiana in varie nazioni: Boli­
via, Paraguay, Egitto, Sudafrica, Belgio Nord, Stati Uniti, Polo­
nia, El Salvador. Altre più frequenti e fugaci hanno riguardato
un simile avvenimento di una singola opera: Alessandria di
Egitto, Nazaret, Cuorgnè, Caserta, Pisa, Trieste, Sondrio, Le-
gnago, Pavia, Carmona.
Nell’impossibilità di fermarmi su tu tti i viaggi e le visite fat­
te, vi faccio qualche commento su queste ultime - in occasione
cioè di commemorazioni centenarie - che, pur con differenze
secondo contesti e stili, hanno lasciato in me alcune impressio­
ni comuni.
Le celebrazioni hanno costituito dappertutto u n ’opportu­
nità non soltanto di memoria storica, ma di riflessione carisma­
tica, di rinnovata iniziativa pastorale, di aggregazione della Fa­
miglia Salesiana e di comunicazione straordinaria con il conte­
sto. Hanno mirato a coinvolgere in programmi specifici i con­
fratelli, i giovani e coloro che in diversi modi si sentono collega­
ti allo spirito ed alla missione di Don Bosco. Hanno raggiunto
la Chiesa locale, le forze sociali e l’opinione pubblica con notizie
storiche e messaggi educativi, mettendo alla prova la nostra ca­
pacità di attivare canali di comunicazione molteplici ed agili.

3.3 Page 23

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IL RETTOR MAGGIORE 2 5
Il desiderio di riprendere l’entusiasmo degli inizi e dei mo­
menti più fecondi della vita salesiana nel Paese interessato si è
espresso nella ricerca di un r in n o v a m en to sp iritu a le. Vi
scrivo proprio dopo gli esercizi spirituali che hanno radunato
col Rettor Maggiore, per la prima volta nella storia, tu tti i di­
rettori delle Ispettorie degli Stati Uniti e del Canada. Avveni­
menti simili hanno avuto luogo altrove con la presenza di qual­
che membro del Consiglio.
La m em oria storica è stata raccolta in volumi e articoli
che hanno cercato di far rivivere le circostanze dell’insedia­
mento e i principali passaggi delle nostra presenza. Sono stati
messi alla prova lo stato, la credibilità e l’agibilità di quella
documentazione a cui si riferiscono alcuni articoli dei Rego­
lam enti12 sulla base del principio stabilito dall’articolo 62:
«Speciale im portanza riveste la conservazione degli archivi e
altro m ateriale di documentazione per il loro grande valore
culturale e comunitario».
I volumi pubblicati dimostrano l’intenzione di raccontare
per il popolo e di fare memoria per “quei di casa”. Costituiscono
un materiale di lettura attraente e suggestivo perché riflette il
quotidiano in figure di confratelli e aneddoti vivaci.
Si sente allo stesso tempo l’urgenza di una maggiore com­
pletezza storica e un miglior impianto degli studi, che rendano
adeguatamente l’immagine del nostro inserimento in un conte­
sto concreto.
Le in iziative pastorali si sono orientate soprattutto verso i
giovani. Essi sono stati interessati nella vicenda personale di
Don Bosco e nell’opera attuale dei Salesiani nella nazione e nel
mondo. Si sono coinvolti con entusiasmo e convinzione in mo­
menti di grandi aggregazioni, di celebrazioni religiose e di mani­
festazioni artistiche. I più motivati hanno preso parte attiva nel­
la preparazione e realizzazione degli atti e sovente sono stati an­
che destinatari di particolari iniziative per la loro vita spirituale.
12 Reg. 62, 146, 178, 180, 190

3.4 Page 24

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26 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
Dappertutto è emerso il significato vocazionale che si voleva da­
re alle celebrazioni. Abbiamo verificato così la nostra presa sui
giovani adulti, constatando quello che ha reso lo sforzo di forma­
re animatori, volontari e collaboratori, e abbiamo toccato con
mano i vantaggi di una integrazione e sinergia nella pastorale
giovanile tra SDB, FMA, Exallievi e Cooperatori Salesiani.
Il rilancio pastorale ha portato anche a pensare a nuove for­
me di presenza, rese possibili mediante il ridimensionamento di
opere che sembravano meno urgenti ed il conseguente recupero
di forze; a riformulare i servizi in opere esistenti con il criterio
della significatività; a rafforzare iniziative di frontiera intrapre­
se precedentemente.
La Fam iglia S a lesia n a si è espressa in forma numerosa
nelle adunanze domestiche e nelle commemorazioni civili e reli­
giose. Si sta dunque rendendo sempre più visibile e completa.
Dimostra desiderio di comunione e capacità di coinvolgimento
operativo, anche se spesso ha reagito stimolata da un comitato
d’occasione piuttosto che anim ata da una “équipe perm anente”.
La sua partecipazione riflette bene lo stato in cui si trova attual­
mente in ciascun posto e apre possibilità che incoraggiano.
Alle autorità e forze sociali è arrivata abbondante informa­
zione sulle finalità che i Salesiani perseguono, sullo stile educa­
tivo che li caratterizza e sulle intenzioni che coltivano per il fu­
turo. Rapporti personali, partecipazione negli atti civili e reli­
giosi, interviste a mezzo stampa, radio e televisione, inserti spe­
ciali su giornali, hanno costituito altrettanti “pulpiti” per co­
municare con la società.
Le autorità civili, secondo le dimensioni e l’incidenza dell’o­
pera salesiana, hanno considerato le celebrazioni avvenimenti
culturali di loro interesse e volentieri hanno consegnato onori­
ficenze e riconoscimenti: cittadinanze onorarie, accoglienze uf­
ficiali, monumenti in luoghi pubblici, lapidi commemorative,
nomi a strade e piazze. Tali riconoscimenti, piuttosto che “ono­
ri” ricercati, sono per noi param etri per misurare il nostro inse­
rimento reale nel tessuto sociale ed inviti ad offrire, ancora con

3.5 Page 25

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IL RETTOR MAGGIORE 27
maggior fiducia, un servizio ai giovani con le caratteristiche del
nostro carisma.
Un attimo di memoria.
Una certa concentrazione dei centenari nazionali nell’Ame­
rica documenta la portata del nostro primo progetto missiona­
rio: i tempi di realizzazione, le preferenze dimostrate, le direzio­
ni ed i criteri di espansione. Tra il 1875 e il 1900, in 25 anni, la
Congregazione ha messo radici in quasi tutte le nazioni di quel
continente mediante un’immissione annuale, m irata e regolare,
di confratelli offerti dalle regioni più feconde in vocazioni.
Il succedersi ininterrotto di centenari locali, particolarmen­
te in Europa, rende invece l’idea delle attese che c’erano sulla
Congregazione nascente e della mobilità a cui questa si vide
quasi spinta. Stando ai dati dell'Archivio Centrale infatti, seb­
bene con differenze tra le diverse fonti, 664 richieste di fonda­
zioni dai più diversi paesi sono arrivate al Rettor Maggiore, il
beato Don Rua, tra il 1888 e il 1900. Di esse oltre 200 furono
accolte. La mobilità appare nel fatto che 38 di queste case furo­
no chiuse già durante il Rettorato dello stesso don Rua, m entre
altre 29 lo furono dopo di lui.
In ciascun luogo è stato commovente rivisitare le situ azio­
ni di em ergenza che i Salesiani sono stati chiamati a risolvere
o almeno a sollevare: immigranti senza nessuna cura religiosa,
con difficoltà di inserimento, sui quali facilmente si diffondeva­
no pregiudizi per la conformazione del quartiere in cui viveva­
no, per l’immagine che offriva il loro pesante lavoro, per la ap­
parente conflittualità domestica a cui li esponeva la povertà,
per le forme rumorose di distensione domenicali; ragazzi della
strada senza accesso all’educazione che costituivano pericoli so­
ciali; urgenze di preparazione al lavoro in nazioni che non ave­
vano nessun programma educativo con queste finalità; missioni
tra minoranze indigene di diffìcile contatto. Ascoltando confe­
renzieri e oratori, mi sono fatto l’idea che non siamo stati chia-

3.6 Page 26

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28 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
m ati per rafforzare u n ’azione pastorale normale, ma per risol­
vere situazioni limite, per le quali non c’erano o non si sentiva­
no pari le forze operanti sul posto. Lo spirito di avventura, un
senso di audacia pastorale e la coscienza di un messaggio profe­
tico di salvezza per i giovani e il ceto lavoratore, caratterizzano
tu tti gli inizi.
La memoria riporta le condizioni p recarie in cui spesso si
sono iniziate le opere, dove si è vissuti, gli ambienti e le attrez­
zature di lavoro: una vecchia caserma (Paraguay), una fortezza
in totale abbandono (Alessandria), la cripta di una chiesa (New
York), una cascina agli estremi o fuori della città, e simili. Fa ve­
dere pure come la qualità evangelica del lavoro, la dedizione ai
poveri ed il rapporto con la gente portarono ad allargare, un po’
alla volta, gli spazi pensando sempre alle domande dei giovani.
I Salesiani si portavano alcune con vin zion i pastorali,
quasi d’istinto, fino a non aver bisogno di verificarle, talmente
erano radicate in loro: il valore universale del modello oratoria-
no, l’efficacia del sistema preventivo, la preferenza per le scuole
professionali, la vicinanza alla gente ed ai loro problemi, l’impe­
gno di suscitare subito vocazioni locali che continuassero l’ope­
ra. La domenica seguente all’arrivo in Bolivia, i Salesiani -
come registra don Ceria13 - cominciarono l’oratorio festivo nel
quale, nonostante la ristrettezza degli spazi, ebbero subito 250
ragazzi. Espressioni simili abbiamo sentito durante la narrazio­
ne di altri inizi. Sono tra tti iniziali che si prolungano ed emer­
gono nei momenti di maggiore fecondità.
Con essi le Ispettorie si sono affermate e la Congregazione
si è estesa quasi a cerchi, attorno alle prime fondazioni, in un
processo che non è stato uniforme né lineare. Il servizio educa­
tivo e pastorale però si è diversificato e arricchito, fino a com­
prendere oggi un ventaglio di iniziative che ricoprono le po­
vertà, l’educazione sistematica, il coinvolgimento di giovani e
adulti in impegni apostolici, la presenza universitaria, l’accom­
13 Ceria, Annali, voi. II, pag. 552

3.7 Page 27

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IL RETTOR MAGGIORE 29
pagnamento di gruppi etnici, i mezzi di comunicazione sociale,
l’animazione di un vasto movimento apostolico.
Il dono dell’unione fraterna.
La cosa che più fortemente impressiona, nelle visite, negli
incontri e soprattutto in occasione delle celebrazioni, è l’u n ità
della Congregazione: un senso entusiasta di appartenenza
insieme ad un desiderio di camminare e realizzare insieme.
Spesso la diamo come scontata e forse non avvertiamo la m era­
viglia che rappresenta, la grazia che richiede, il lavoro fine che
suppone e la ricchezza che significa. Si tra tta di un corpo di
17.000 persone, distribuite in circa 2000 comunità, che sono
collegate attorno a 91 centri ispettoriali.
Ho percepito questa unità come un fatto vissuto dai confra­
telli naturalmente, senza problematizzazioni né coscienza dei ri­
schi; e con la gioia profonda di sentirsi uniti in una comune vo­
cazione ed impresa, oltre le distanze e le differenze. L’ho avver­
tita anche come obiettivo nell’azione di animazione e di governo
e come preoccupazione nei gruppi di riflessione. Ho pensato
spontaneamente a quel passaggio delle Costituzioni che recita:
«I superiori, a tu tti i livelli di governo, partecipano di u n ’unica e
medesima autorità e la esercitano in comunione col Rettor Mag­
giore, a vantaggio di tu tta la Società. Così, mentre promuovono
il bene delle singole comunità, sono solleciti per l’unità, l’incre­
mento e il perfezionamento dell’intera Congregazione»14.
Questa unità riguarda lo spirito e la m entalità religio­
sa, riconoscibili dappertutto, sotto involucri culturali diversi.
La differenza di abitudini, lingue e modalità di vita non intacca
l’identità della vocazione e le caratteristiche tipiche della vita
salesiana. Passando per i cinque continenti e per le diverse na­
zioni, ritroviamo lo stesso stile di famiglia e di lavoro, espresso
con alcune modalità universali e altre diversificate.
11 Cost. 122

3.8 Page 28

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30 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
Tale unità non è stata un frutto spontaneo. Hanno contri­
buito a crearla e rinvigorirla l’accoglienza, lo studio e il riferi­
mento alle Costituzioni, che propongono un progetto personale
e comunitario definito, con scelte di ispirazioni ed atteggiamen­
ti, con indicazioni pratiche per l’ordinamento della vita.
L’hanno rafforzata nel succedersi degli anni gli orientamen­
ti dei Capitoli Generali e l’opera di chiarimento e di stimolo dei
Rettori Maggiori. La arricchisce il contatto con una letteratura
salesiana aggiornata. La mantiene viva la comunicazione con la
Congregazione: quella “sostanziale” che riguarda direttive od
orientamenti; e anche quella “leggera” che viene nell’informa­
zione veloce. Dove confratelli e comunità hanno avuto accesso
facile a queste fonti secondo il valore che ciascuna di esse meri­
ta, dove tali fonti vengono valorizzate, si nota una maggiore ab­
bondanza di riferimenti e motivazioni ed un vissuto più sentito
e quotidiano dell’unità.
Oggi, quando la molteplicità di proposte e la lontananza cro­
nologica dal nostro Fondatore ci possono rendere “normalmen­
te accettabili” modalità alternative a quelle della nostra vita,
vanno favorite la dimestichezza con i testi che documentano la
nostra storia e presentano autorevolmente la nostra esperienza
religiosa.
Ma l’u n ità di cui sopra è anche solida dal punto di vista
istitu zio n a le e organizzativo. Me lo ripetono persone ami­
che, ammirate del collegamento e della corrispondenza che c’è
tra il Rettor Maggiore con il suo Consiglio e gli Ispettori con i
loro Consigli, tra entram bi e i direttori. Ci ricorda un desiderio
di Don Bosco che coincide con quello stesso di Gesù: che l’unio­
ne tra i suoi discepoli fosse reale e venisse m anifestata con se­
gni um anam ente comprensibili. Ѐ un criterio, quello dell’orga­
nizzazione per l’unità, che Don Bosco sembra aver m aturato
proprio nella prassi di governo: «Perché una Congregazione co­
me la nostra prosperi, è necessario che sia bene organizzata»15.
15 MB IX, 573

3.9 Page 29

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IL RETTOR MAGGIORE 31
Il senso del carattere strumentale delle strutture, la lealtà, la
corresponsabilità e lo spirito di iniziativa assicurano un decen­
tram ento operativo che moltiplica i servizi e le opere e, qua e
là, straripa persino nell’individualismo: un rischio da m ettere
in conto e un prezzo da pagare per contemperare necessità di
coordinamento e creatività.
Nei dialoghi con i confratelli spesso sento dire, come obie­
zione a quanto ho commentato sopra, che alcuni orientamenti,
che comportano un cambio di rotta, vengono assimilati lenta­
mente e tardivamente dalle comunità. L’applicazione dei Capi­
toli Generali ne sarebbe una prova. Una certa lentezza è nella
natura medesima degli adattam enti da realizzare, che esigono
processi complessi, e nelle dimensioni della nostra Congregazio­
ne che richiede tempi lunghi perché si possano raggiungere tu t­
te le sue parti, diverse per contesto culturale, lingua e colloca­
zione pastorale. Si vede però che dappertutto ci si muove nella
stessa direzione.
L’unità di spirito e mentalità, che poggia anche sulla chia­
rezza istituzionale, si manifesta dappertutto in una fratern ità
dai tratti umani, anzi giovanili. I Salesiani ascoltano volentieri,
si interessano delle diverse situazioni in cui lavorano i loro con­
fratelli. Se non si accenna a quelle particolarmente dolorose o
felici di cui hanno sentito notizie generiche, domandano per
averne ulteriori informazioni. Il racconto è quasi sempre la par­
te più attesa e seguita della conversazione. Negli incontri inter­
regionali, convocati per studiare problemi di aree o settori, ci si
tra tta immediatamente come appartenenti ad u n ’unica fami­
glia, anche se spesso ci si vede per la prim a volta.
Si dimostra una grande fiducia nella ricchezza che può ap­
portare la diversità, se si è consapevoli di quali sono le ispira­
zioni e gli orientamenti comuni.
Il convivere in comunità “internazionali” impegnate nell’u ­
nica missione salesiana, secondo lo stile di vita tracciato dalle
Costituzioni è ormai un fatto. E va profilandosi come un crite­
rio da seguire, che peraltro era già nella nostra prassi.

3.10 Page 30

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32 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
Aggiungo che l’unità si dimostra operativam ente efficace.
Lo sentiamo nelle dichiarazioni di disponibilità o nella prontez­
za con cui si m ette a servizio della Congregazione ciò che il
Rettor Maggiore giudica conveniente.
Lo vediamo nella collaborazione missionaria. In tempi di ca­
lo vocazionale in vaste zone si è potuto avviare il “Progetto
Africa”, ora in fase di consolidamento. Mediante le spedizioni
annuali si vanno creando nuove presenze o rafforzando aree
dove si intravedono possibilità di sviluppo.
Non è minore la solidarietà economica che scorre per diversi
canali: il fondo missioni, il fondo solidarietà, i notevoli contri­
buti delle Ispettorie alle missioni a loro affidate, le raccolte di
missionari singoli.
Non mi sfugge che questa grazia dell’u n ità di spirito, di
mentalità, di governo, di fraternità e di lavoro può andare in­
contro a prove tipiche del nostro tempo, come l’affermazione
semplicistica della peculiarità culturale, il regionalismo, le con­
trapposizioni gratuite che sembrano luoghi comuni, la chiusura
nel proprio ambito di lavoro che impedisce di pensare in term i­
ni di Chiesa, di nazione, di mondo.
Si tra tta di alcune istanze germinalmente valide, se orien­
tate positivamente, m antenute nei limiti ragionevoli e fatte in­
teragire con u n ’identità salda, un senso di appartenenza cor­
diale e una conoscenza profonda della realtà della Congrega­
zione. Nuocciono invece quando crescono a dismisura ed in
forma isolata.
Don Bosco: un Santo che affascina.
Tra i fattori che costruiscono la nostra unità come Congre­
gazione e come Famiglia Salesiana il primo, il più forte è l’amo­
re a Don Bosco. Ѐ u n a simpatia, una ammirazione, un senti­
mento, u n ’attrazione, una specie di energia “istintiva”, che si
orienta poi verso l’imitazione, il voler restare spiritualm ente
con lui, il coinvolgimento nella sua opera.

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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IL RETTOR MAGGIORE 33
Noi sappiamo che è la grazia che sta all’origine della nostra
vocazione. Orientandoci a Don Bosco, come Padre, Maestro e
Amico, lo Spirito Santo ci ha portato verso la consacrazione re­
ligiosa caratterizzata dalla missione giovanile e dalla preoccu­
pazione educativa.
Nella tradizione salesiana tale affetto si è manifestato sem­
pre senza pudore, quasi con entusiasmo giovanile, prolungando
quella ammirazione dei primi giovani oratoriani che vollero “re­
stare con Don Bosco” e formarono il primo nucleo della Congre­
gazione. Ѐ il segno di un rapporto filiale, profondamente sentito.
Dai Salesiani questo entusiasmo e ammirazione passa dap­
pertutto ai giovani, i quali lo esprimono in forme molteplici, se­
condo il loro stile: con canti, scene, magliette, celebrazioni, pel­
legrinaggi, lettura di qualche biografìa, presentazione di film e
videocassette, piacere di stare e occuparsi nelle nostre case,
amicizia con i confratelli. Una raccolta comune di canzoni e lodi
sacre ormai attraversa il mondo e si sentono in tu tte le lingue.
Ho toccato con mano due risultati di questo affetto. Nei gio­
vani è generatore di iniziative, pensieri, desideri e progetti sulla
linea dell’impegno e della crescita nella fede. Ѐ un potente fat­
tore vocazionale. Nelle comunità è fonte di gioia, di fiducia nel
proprio lavoro, di serena appartenenza e identificazione. Anche
nei casi in cui un osservatore alquanto critico vi trovasse un po’
di ingenuità o esagerazione, i frutti che ne risultano sono posi­
tivi. La freddezza e il distacco, al contrario, appaiono sterili.
L ’am m irazione va oltre il nostro am biente. Commenti,
necessariamente generali, sulla genialità e l’originalità di Don
Bosco li ascoltiamo da istanze ecclesiali, da autorità civili e da
gente comune. Molte attese si pongono sulla applicazione dei
suoi metodi e sulla creazione di iniziative educative come quelle
a cui egli ha dato origine.
Mi ha interessato lo studio sulla formazione dell’immagine
di Don Bosco16. In essa certam ente ha influito la adesione dei
16 cf. Stella E, Don Bosco nella storia della religiosità cattolica, Voi. Ili; cap. I, pag. 13-61

4.2 Page 32

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34 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
suoi giovani, conquistati dalla sua capacità di amarli e aprirli
alla vita. Essi hanno raccolto e diffuso aneddoti, sogni e impre­
se con straordinaria vivacità narrativa quando non esistevano
ancora i moderni mezzi di comunicazione. Hanno trasmesso la
loro esperienza, facendo quasi sentire presente la paternità af­
fascinante di Don Bosco. Ciò è rimasto tra le nostre caratteri­
stiche carismatiche e pastorali: l’amore entusiasta al Fondatore
e la sua comunicazione ai giovani.
Ha influito anche il modo con cui venivano presentate le sue
imprese dal Bollettino Salesiano, sotto la sua direzione e secon­
do i suoi criteri. Il bene va diffuso e va presentato in forma
attraente.
Soprattutto ha influito l’impatto diretto dello stile e dei
risultati educativi in una società a cui preoccupa il fenomeno
giovanile.
All’origine c’è una santità molto tipica, segnata dalla carità
pastorale, capace di raggiungere il cuore delle persone, attenta
alle questioni del suo tempo. Così Congar, in un noto commen­
to sul Concilio, si riferiva alla figura di Don Bosco: «La più
grande novità del Concilio è questa: se la Chiesa è nel mondo e
nel mondo si trovano i problemi, la santità è un fenomeno che
interessa la cultura. Può sembrare un concetto discutibile, ma
un punto centrale delle intuizioni del Concilio è che la santità
ha a che vedere con la storia. Con l’incarnazione la storia del­
l’uomo è il luogo dove si esprime l’amore di Dio; la santità non
nasce dunque dalla fuga o rigetto del mondo, perché è nella
m isura in cui mi tuffo nel mondo per salvarlo che trovo il gran
dono di Dio.
Chi sono i santi? Mi piace ricordare anzitutto colui che ha
preceduto di un secolo il Concilio: Don Bosco. Don Bosco fu già
profeticamente un nuovo modello di santità per la sua opera
che si distingue dal modo di pensare e di giudicare dei contem­
poranei»17.
17 Congar, Radio vaticana, 20-2-84; Avvenire 22-2-84

4.3 Page 33

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IL RETTOR MAGGIORE 35
«Noi lo studiamo e lo imitiamo» 18, dicono le Costituzioni.
Sembrano due momenti collegati. Si parla oggi molto di fedeltà
creativa in riferimento alla vita consacrata. Un approccio serio
ed u n ’attenzione rinnovata non soltanto non minacciano l’im­
magine del nostro Padre, illuminata dall’affetto e da una tradi­
zione che ha saputo mantenere vivo il ricordo dei suoi gesti, ma
rendono ragione della sua permanente validità collocandola nel
suo contesto storico ed ecclesiale.
L’attualità del messaggio educativo.
Uno degli elementi che le visite fanno emergere e le celebra­
zioni mettono in luce è l’apprezzamento civile ed ecclesiale del
lavoro salesiano proprio per la combinazione dei suoi elementi
originali: collocazione nel campo giovanile, preferenza per i più
bisognosi, armonica integrazione tra educazione, promozione
ed evangelizzazione, inserimento positivo nella comunità eccle­
siale e nella società. Il Sistema Preventivo colto nella sua arti­
colazione, che comprende il modo di essere presente tra i giova­
ni (assistenza), la creazione di ampi ambienti giovanili di incon­
tro e lavoro, una comunità che include i giovani come corre­
sponsabili, una proposta molteplice e differenziata adeguata a
diversi livelli, domande e gruppi, il modello oratoriano che dà la
fisionomia a tu tte le iniziative, suscita dappertutto commenti
positivi, attese e desiderio di maggiore conoscenza.
In presenza di autorità e popolo ci si offre l’opportunità di
spiegare le intuizioni fondamentali, la storia, la formulazione
odierna del nostro sistema e di rispondere a domande sulla sua
efficacia di fronte ai fenomeni che oggi preoccupano le società.
Si torna a casa con offerte o domande di fondazioni, non so­
lo nei cosiddetti paesi poveri, ma anche in quelli sviluppati,
pressati dalle nuove manifestazioni incontrollabili del disagio
giovanile e dai nuovi interrogativi che presenta l’accompagna-
18 Cost. 21

4.4 Page 34

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36 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
mento dei giovani nella fede. Le agenzie e iniziative tradiziona­
li di educazione a cui ci si affidava precedentemente stanno ri­
sultando insufficienti, più sul fronte della adeguatezza che su
quello della quantità. Al centro della crisi si trova il “rapporto
educativo” (padri-figli, generazione adulta-giovani, istituzioni-
destinatari, maestri o comunicatori e ascoltatori) che è il perno
e la saggezza del Sistema Preventivo. Non è raro dunque che
anche chi non sa definire pedagogicamente le cose veda nell’a-
gire dei Salesiani e nella risposta che vi danno i giovani una
certa formula per gestire e risolvere situazioni difficili.
Non solo ci viene riconosciuta questa eredità, ma si apprez­
za in concreto la nostra competenza soprattutto in alcune aree
dell’educazione: la preparazione al lavoro, l’animazione del
tem po libero, l ’educazione non form ale per il recupero dei
ragazzi, l’esperienza scolastica, l’em arginazione giovanile,
l ’associazionismo.
Noi vediamo in queste richieste un invito della società e del­
la Chiesa a m ettere a frutto tu tte le risorse individuali e comu­
nitarie del nostro carisma e a pensare nuove applicazioni e pos­
sibilità di azione.
La missione salesiana e lo spirito che la anima sono oggi al
centro di uno sforzo di diffusione che non dovrebbe diminuire,
ma piuttosto qualificare quella pratica che si impara nella vita:
«Venite - diceva Don Bosco - e vedete come facciamo». Il con­
tatto diretto con i giovani e le loro situazioni, il nostro modo di
impostare e animare u n ’opera educativa sarà sempre la miglior
presentazione e la miglior lezione sul Sistema Preventivo, che
non si capisce se non vedendolo. La conoscenza sistematica e la
pratica consentiranno di comunicarlo a coloro che operano con
noi nel campo educativo pastorale.
Un punto strategico: la formazione.
Nel plasmare la realtà di cui abbiamo parlato, ha avuto un
influsso insostituibile la formazione. Le forme di apostolato dei

4.5 Page 35

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IL RETTOR MAGGIORE 37
Salesiani e i contesti dove essi lavorano sono stati e sono ancora
molto diversi. La Congregazione è andata avanti preparando i
suoi membri come pastori ed educatori, dislocando comunità,
spesso piccole, in posti lontani e consegnando loro con fiducia
campi e responsabilità pastorali. Si è affidata alla loro fedeltà e
alla loro capacità creativa.
In uno stile così aperto e in campi così diversi di azione, la
formazione viene ad essere un aspetto strategico e delicato.
Non è dunque da esporre a improvvisazioni e neppure da sacri­
ficare a urgenze pratiche. Le Costituzioni stabiliscono il princi­
pio dell’unità e del decentramento nella formazione. Per garan­
tire il giusto equilibrio tra questi due criteri, liberandolo da va­
lutazioni individuali od occasionali, ne tracciano anche i confi­
ni, esprimendo un programma obbligatorio per tu tti (la Ratio),
e consegnando alla responsabilità delle Ispettorie o Conferenze
ispettoriali le determ inazioni locali (il Direttorio), entram bi
da sottom ettersi all’approvazione del R ettor Maggiore e del
suo Consiglio.
La m aturità umana, la profondità spirituale, la competenza
e l’entusiasmo pastorali, lo spirito salesiano attecchiscono e
hanno una prima crescita sicura in un ambiente intenzional­
mente formativo e con la guida di formatori preparati.
Le comunità e stru ttu re di formazione sono il più potente
sistema di cui disponiamo per comunicare il patrimonio spiri­
tuale e la prassi pastorale salesiana: per la lunghezza del tempo
di esposizione, per la sistematicità della trasmissione, per l’am­
biente umano in cui avviene la comunicazione, per i molteplici
canali attraverso cui essa viene veicolata e per la partecipazio­
ne volontaria di chi ne è destinatario.
La formazione che abbiamo avuto finora, alla prova dei fat­
ti, si è rivelata efficace negli aspetti fondamentali: l’identità, il
senso religioso, l’affidabilità morale, la responsabilità comuni­
taria, la dedizione pastorale, la capacità di intesa con il popolo.
L’unità, che non è uniform ità m ateriale, creata da essa è
stata rafforzata dalla convivenza nei centri internazionali che

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38 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
hanno provveduto qualifiche superiori e hanno creato reti di
amicizie, interessi e conoscenze.
Oggi molte cose evolvono nel sistema formativo. Il concetto
stesso di formazione è variato, a partire dal bisogno di una for­
mazione continua e dalla molteplicità di possibilità che il sog­
getto è chiamato ad adoperare e unificare. Siamo di fronte a
u n ’urgenza di adeguamento omogeneo del sistema formativo,
conforme al nuovo tipo di giovane che va venendo, alla configu­
razione del campo pastorale, al modello operativo che stiamo
cercando di applicare, alla sfida che la cultura secolare pone al­
l’identità cristiana, alla considerazione che la nostra consacra­
zione religiosa ha nel contesto ecclesiale. Siamo anche di fronte
a una domanda e ad u n ’espansione maggiore delle professiona­
lità educative e pastorali.
Ciò dovrà produrre non quella disgregazione, che sovente è
risultato involontario di una visione incompleta e settoriale, ma
una ulteriore convergenza su di una identità approfondita ed
assunta con maggiore consapevolezza. Ѐ lo sforzo che si è ri­
chiesto alle Ispettorie nei processi di revisione voluti dall’ulti­
mo Capitolo G enerale19.
Ma più che la riforma dei programmi e delle metodologie
gioverà, nell’immediato, il proposito personale e l’impegno co­
munitario di non lasciare inaridire il dono che abbiamo ricevu­
to, ma estrarne tu tta la sua ricchezza attraverso una forma di
vita com unitaria che dia il giusto rilievo alla formazione dei
confratelli.
Conclusione.
Quanto vi ho raccontato è soltanto qualche briciola di quello
che sprigionano gli avvenimenti di Chiesa e quelli più modesti
della nostra Famiglia cui ho partecipato. Vivendoli dal di den­
tro, ci investe un sentimento di ringraziamento al Signore, qua­
19 cf. CG24, 147

4.7 Page 37

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IL R ETTO R M AG G IO R E 39
si di adorazione. Egli è p resente con il suo Spirito e guida il
cammino della Chiesa e della nostra Famiglia. A questo grazie
per i doni e la protezione divina si unisce la riconoscenza ai tan ­
ti fratelli e sorelle che con la loro fedeltà quotidiana e con i loro
sforzi straordinari hanno costruito la realtà che oggi vediamo.
M aria Ausiliatrice ci aiuti a seguire le loro orme ed a conti­
nuarne l’opera con fiducia nella fecondità dei semi.