Atti_1927_040.ACS_


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I.
ATTI DEL CAPITOLO SUPERIORE
Il Rettor Maggiore.
J. M. J.
Carissimi Confratelli,
1. I l vasto movimento missionario che ha preso in questi ul­
timi tempi la nostra Società, sia per la crescente vitalità impressale
dal suo Ven. Fondatore, e sia per corrispondere nel miglior modo
possibile ai desideri del Vicario di Gesù Cristo ci ha imposto e ci
impone tuttora sacrifizi straordinari per l'impianto e la manuten­
zione delle Opere necessarie alla formazione del personale missio­
nario.
Già da alcuni anni le nostre Case d'Ivrea, di Foglizzo e di Pe-
nango raccolgono quasi 600 giovani che si preparano nella pre­
ghiera, e negli studi sacerdotali e professionali a divenire fu­
turi sacerdoti e coadiutori delle nostre M issioni, però ci mancava
ancora un'opera di primaria importanza.
La domenica 17 luglio scorso, alle Cascine N uove di Cumiana,
nella campagna lasciata dalle benemerite sorelle Flandinet, per
la formazione di personale missionario, si diede principio alla
Scu ola Agricola Missionaria, con la benedizione solenne della
statua di M aria Ausiliatrice posta sul cornicione dell'ampio edi-
fizio destinato a raccogliere i chiamati dal Signore alla vita religiosa
missionaria nell'esercizio pratico e razionale della coltivazione della
terra, che deve dare i mezzi per sostenere le M issioni e rendere
un po' per volta i selvaggi stabili e affezionati alla vita di famiglia
prima, e poi alla vita di società.

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I M issionari infatti e i catecumeni della maggior parte delle
nostre M issioni hanno davvero bisogno dell'agricoltura, perchè
lontani per settimane ininterrotte di cammino, in mezzo a mille
pericoli, dai centri civili; e quindi nell'impossibilità di avere i
viveri necessari giorno per giorno. I n tali M issioni il coltivare
la terra è di prim a necessità per la loro esistenza. Nelle altre si
possono con grandi spese provvedere i viveri dai centri civilizzati;
ma non cessa per questo dall'essere grandemente necessaria anche
colà l'agricoltura, che il M issionario può correggere e perfezionare
in modo da provvedere meglio ai bisogni della vita senza passare
per tante difficoltà.
M a se l'agricoltura è necessaria alle m issioni come mezzo per
provvedere e migliorare il vitto, lo è ancor più come mezzo per far
germogliare nel cuore dei selvaggi da convertire i sentimenti di
proprietà, di famiglia e di collettività.
2. Nelle Congregazioni d’un tempo i fratelli laici facevano
una specie di secondo ordine dipendente dal primo e partecipante
dei beni spirituali solo in minor grado; nelle M issioni poi i fratelli
laici non erano veri missionari, ma solo aiutanti del sacerdote
missionario. Così era nel passato e così le Congregazioni antiche
tengono ancora solo il sacerdote per vero m issionario: gli altri non
sono che i suoi aiutanti. Anche le statistiche attuali delle M issioni
sono basate sopra questo concetto stretto del missionario perchè
non è stato finora illustrato pienamente il concetto che il Venerabile
nostro Fondatore ebbe nel creare la sua Società religiosa. Egli vi
ha immesso una geniale modernità che, conservando rigidamente
lo spirito sostanziale del suo metodo educativo, le impedisse in pari
tempo di fossilizzarsi nelle cose accessorie e soggette a mutare col-
l’andar del tempo. L e nostre Costituzioni sono pervase da un soffio
di quella perenne vitalità che emana dal santo Vangelo, il quale è,
appunto per questo, di tutti i tempi e sempre ricco di nuove sorgenti
di vita. Ora dal Vangelo appare chiaro che si può essere religiosi
senza essere chiamati al sacerdozio; e che parimenti non tutti i
'discepoli mandati da Gesù per le città, i paesi e le borgate ad evan­
gelizzare la buona Novella, furono da lui assunti in seguito alla di­
gnità sacerdotale: ma se il Maestro divino li ha voluti missionari,
L ui vivente, è ovvio pensare che abbiano continuato ad esseri mis­
sionari anche di Gesù risorto e che la più parte abbiano dato il loro
sangue per testimoniare la lor fede e la loro predicazione.

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A D. Bosco non dev’essere sfuggito questo rilievo, e quando co-
minciò a pensare alla fondazione dì una nuova Società religiosa,
volle che tutti i membri di essa, sacerdoti, chierici e laici, godessero
degli stessi diritti e privilegi. P er lui i sacerdoti assumono sì, con
l'Ordine sacro, maggiori doveri e responsabilità, ma i diritti sono
uguali, tanto per essi e i chierici, quanto per i coadiutori, i quali
non costituiscono p unto un secondo ordine, ma sono veri Salesiani
obbligati alla medesima perfezione e ad esercitare, ciascuno nella
propria professione, arte o mestiere, l'identico apostolato educativo
che forma l’essenza della Società Salesiana.
Il Coadiutore Salesiano è una geniale creazione del gran cuore
di D. Bosco, inspirato dall'Ausiliatrice! Egli l'ha voluto religioso
perfetto, benché non insignito della dignità sacerdotale, perchè,
la perfezione evangelica non è monopolio di alcuna dignità: egli
l’ha voluto, nell’ascesa nel monte santo della perfezione, uguale
a se e ai suoi figli elevati alla dignità sacerdotale: i mezzi, le prov­
visioni, le armi, i sostegni, la mèta e i meriti sono identici per
tutti, come il vitto quotidiano. I l Coadiutore Salesiano, non è nè
il secondo, nè l’aiuto, nè i l braccio destro dei sacerdoti suoi
fratelli di religione, ma un loro uguale che nella perfezione li può
precedere e superare, come l’esperienza quotidiana conferma am­
piamente.
3. Secondo lo spirito delle altre Congregazioni (non parlo
degli antichi Ordini monastici nei quali la cosà correva diversa­
mente), il numero dei fratelli laici, quantunqu e suggerito dal desi­
derio della perfezione e dalla chiamata divina ad essa, doveva
però sottostare alle esigenze dei servizi secondari occorrenti nelle
singole comunità religiose o nelle residenze missionarie: quando il
numero richiesto era raggiunto, la chiamata divina doveva in certo
modo sospendere la sua attività perchè per i poveri laici non v ’era
più luogo. I l fratello laico era divenuto, un p o ’ per volta, un acces­
sorio, se non per principio categorico della Regola, almeno di fatto.
Con la sua Società D on Bosco ha aperto la via della perfezione re­
ligiosa non solo a un dato numero, ma a tutti i laici che si sentono
chiamati a santificarsi nella vita della comunità, esercitando l’a­
postolato dell’educazione in mezzo alla gioventù povera e abban­
donata, o quello missionario in mezzo ai selvaggi. La chiamata
del Signore: si vis perfectus esse, non è solo per il sacerdozio,
non è solo per il piccolo numero di quelli destinati a compiere

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gli umili servizi delle comunità religiose; ma anche e più ancora
per quelli che bramano fare vita religiosa, consacrandosi con
voto a insegnare nelle scuole primarie e secondarie, ad assistere
giorno e notte moltitudini di giovani, ad essere maestri e capi
nelle scuole delle m olteplici arti, richieste dall'umano consorzio
e nelle scuole agricole che preparano i maestri destinati ad inse­
gnare la professione tanto nobilitata da Gesù nelle sue parabole,
il quale non si peritò di chiamarla la professione stessa del suo
Padre celeste: Pater meus agricola est (I o a n n ., X V , I).
In tal modo D . B osco, con la sua Società, rese la perfezione
religiosa accessibile ad ogni ceto di persone, nell'esercizio medesimo
delle più svariate professioni culturali, artistiche, meccaniche e
agricole. Nella Società Salesiana v'è posto per le più svariate
categorie: i meno istruiti si santificheranno negli umili lavori
delle singole case; i professori sulle cattedre, dalla prima elementare
alle universitarie; i maestri d'arte nelle loro officine e gli agricoltori
nei cam pi; e tutti sia negli Istituti dei paesi civili, come in mezzo
alle sterminate e incolte regioni delle M issioni.
4. I l campo è vastissimo e la messe biondeggia da tutte le parti:
è necessario chiamare a raccolta quelli ai quali il Signore ha fatto
balenare la visione lontana d'una vocazione superiore. E non si
pensi che sia piccolo il numero di questi tali che abbraccerebbero
volontieri il genere di vita spirituale che è brillato alle loro anime
in certi momenti di maggiore unione con Dio. M a non vi si deci­
dono perchè credono che quel genere di vita di perfezione e d'aposto­
lato sia solo per quelli che sono chiamati al sacerdozio, per il quale
essi sentono di non possedere le doti di mente e di cuore, nè quell'in­
clinazione naturale all'esercizio del sacro ministero, che suol es­
sere indice prezioso della sublime vocazione. E necessario, o m iei
cari, che ci mettiamo tutti a diffondere e a rendere familiare con
la parola, con lo scritto e con ogni altro mezzo che sia a nostra
disposizione, la verità troppo poco conosciuta, che, cioè, la voca­
zione religiosa non è solo per i chiamati al sacerdozio, ma anche
per quelli che sentono dentro di sè il desiderio di menare una vita
più perfetta onde poter servire meglio il Signore nell'esercizio delle
svariatissime mansioni dell'apostolato. E necessario mettere in tutta
la sua luce la bellezza e la grandezza della vocazione alla semplice
vita religiosa, dono divino di un valore inestimabile.
I segni che possono guidare per conoscere se Iddio ha largito

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a qualcuno questo dono prezioso, sono in via ordinaria: la bontà
della vita in famiglia; la pratica fedele dei doveri religiosi; l'aspi­
razione di crescere nell'amor di D io e di fare del bene per salvare
anime, il desiderio costante di trovare un campo più vasto della
famiglia, per fare del bene altrui ed essere nello stesso tempo al
riparo dai continui pericoli che s ’incontrerebbero vivendo nel mondo;
e, soprattutto, la generosità di cuore che dispone a fare qualsiasi
sacrifizio per mantenere la propria anima in alto, lontana dalle
piccine affezioni della terra, nell’atmosfera della spiritualità che
solo la può rendere tranquilla e felice.
I l Signore questi segni e queste aspirazioni li sparge qua e là
a piene mani: sta a noi saperli trovare, coltivare e rivalutare,
indirizzando chi li possiede verso la mèta per cui è fatto.
Nelle nostre famiglie, al nostro paese, presso i nostri conoscenti,
negli Oratori festivi, nei Collegi, nelle Parrocchie dove lavoriamo
possiamo trovare buoni soggetti, destinati da D io ad alta perfezione
che forse attendono la spinta, iniziale solo da noi: perchè non la
diamo con la preghiera, con la parola, e con l’azione? Mentre la
nostra Società reclama con ogni insistenza numerose buone voca­
zioni di coadiutori per le più svariate mansioni, forse accanto a
noi vi sono molti che posseggono le doti sovraccennate e aspirano a
consacrarsi totalmente al servizio di Dio e delle anime, ma sono
costretti a ripetere malinconicamente: Hom inem non habeo! per­
chè manca chi apra loro la via per il conseguimento della loro
aspirazione.
5. Diciamolo dunque altamente, che nella nostra Società v’è
posto per tutti quelli che, avendo le doti suaccennata, si trovano
ancora nel vigore della gioventù o all’inizio della virilità, dai 16
ai 30 anni. Se posseggono già titoli di abilitazione a qualche pro­
fessione, arte o mestiere potranno fare subito maggior bene. Diciamo
ad essi, a tutti quelli che non hanno ancora trovato la loro via,
che il nostro Venerabile Padre ha promesso e preparato per i chia­
mati alla vita religiosa, tre cose: lavoro, pane e paradiso. Quaggiù
in terra il lavoro sarà intenso, geniale, anche se molto gravoso;
e il pane, cioè il vitto, assicurato in modo da sostenere le forze per
lavorare alacremente fino all’ultimo. A l termine della nostra gior­
nata ci sarà retribuita subito la moneta inestimabile del paradiso,
con la quale si possederanno tali e tante ricchezze da essere eterna-
mente beati.

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Sì, o carissimi, f acciamo conoscere tutta la bellezza e la gran-
dezza del Coadiutore Salesiano e prepariamone molti e buoni
per tutte le professioni, arti, e mestieri.
A l principio D . Bosco s'è preoccupato in particolare delle vo­
cazioni sacerdotali sia perchè senza di esse non avrebbe potuto dar
vita alla sua Società e sia perchè in quel tempo v ’era tanta scarsità
di vocazioni sacerdotali che senza un apostolo di esse molte diocesi
sarebbero rimaste prive d i clero per molto tempo con immenso
danno delle anime.
6. Egli però nelle sue Costituzioni ha sancito il principio della
semplice vocazione religiosa elevata alla perfetta uguaglianza con
la vocazione religiosa-sacerdotale, eccetto la dignità propria del
carattere, per far intendere che la sua Società avrebbe avuto col
tempo un gran numero di semplici religiosi laici destinati ad eser­
citare un vero apostolato in tutto il mondo.
Se l'atto costitutivo della Società Salesiana, dell'8 dicembre 1859,
è sottoscritto solo da due preti, 15 chierici e un giovane, senza al­
cun coadiutore, troviamo però che la prim a accettazione fatta rego­
larmente, due mesi appresso, è stata di un coadiutore, quasi pietra
fondamentale che indicasse ai posteri l'importanza dei coadiutori
per lo sviluppo dell'apostolato ch'egli aveva assegnato alla sua isti­
tuzione. A n zi la Provvidenza ha disposto che D on Bosco esercitasse
un po' quasi tutti i mestieri: egli è stato agricoltore, sarto, ciabattino,
fabbro, falegname, tipografo; perchè i suoi figliuoli coadiutori
potessero dire con santo orgoglio: D on Bosco ha esercitato anche
il mio mestiere! Perciò il nostro Venerabile Fondatore s'è reso mo­
dello perfetto dei sacerdoti, ma anche dei coadiutori.
I l suo primo Successore, il Servo di D io D . R ua, ha dato tutte
le sue migliori cure per i coadiutori: basta leggere le sue Circolari
per persuadersene. L a sua parola d'ordine è stata sempre questa:
« D allo sviluppo delle vocazioni tra i coadiutori, artigiani e stu­
denti dipende l'avvenire della nostra Società e in modo speciale
delle M issioni ».
Altrettanto fece il venerando B . Albera il quale negli ultimi
giorni di sua vita, meditava e aveva già presi appunti anche per
una circolare sopra D. Bosco Modello dei coadiutori. Nella sua me­
moranda lettera sulle vocazioni ha una pagina splendida intorno
alla missione del coadiutore salesiano che merita di essere letta
e meditata di frequente.

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Io mi accontento di esporvi questi pochi pensieri, che sono la
sintesi di quelli dei m iei antecessori e di tutti gli altri Superiori,
per animarvi a coltivare con particolare impegno buone vocazioni
di coadiutori, principalmente a trovare in questi mesi forti gio­
vanotti delle campagne, desiderosi di rendersi apostoli, per poterli
trasformare a Cumiana in veri M issionari agricoltori.
M a badate bene che non bisogna mandare colà degli scarti,
dei mezzi uomini o di quei sornioni che pensano alle missioni
solo come un mezzo per sciogliere il problema del vivere facendo il
meno possibile o nulla del tutto. D i cotali non bisogna mandarne,
perchè si farebbe danno alla Società per lo sfruttamento a cui an­
drebbe incontro e a loro perchè non potrebbero resistere e diventereb­
bero più spostati di prima.
A Cumiana desideriamo poter concentrare 100, 200 e anche
più soggetti che abbiano inizialmente le principali doti sopraddette
e che siano atti a divenire agricoltori abili, istruiti nella loro arte
e molto più nella religione, nella pietà e nella vita cristiana, fino ad
essere religiosi perfetti nello spirito e nella vita, consci della mis­
sióne che devono compiere lavorando la terra. N oi abbiamo bisogno
che a Cumiana si formino degli uomini ripieni dello spirito di Dio,
che è il vero spirito salesiano, perchè possano domani recarsi nelle
M issioni ad evangelizzare con la vita pratica della dottrina cri­
stiana, i selvaggi che il missionario sacerdote va istruendo nella
fede. Laggiù, nella persona dell'agricoltore e dell’artigiano bisogna
che risplenda Gesù modello di lavoro. Gesù con la pialla, con la
scure, con la zappa; coepit facere et docere. (A ct. I, 1). I l nostro
coadiutore deve rappresentare la vita di Gesù a Nazaret.
L a « Scuola Agricola M issionaria » di Cumiana sarà posta
sotto la protezione di S. Giuseppe, ma avrà per modello il santo
giovane L u ig i Colle, figlio del grande amico e benefattore di D. B o­
sco, compagno e guida nei suoi sogni missionari, anima innocente
e buona che visse i suoi 17 anni nell’amore di D io, nell’ aspirazione
di potere divenire missionario e nell’esercizio di tutte le opere
buone proprie della sua età e della sua nobile condizione.
I futuri missionari agricoltori apprenderanno da lu i ad essere
tutti di D io con la pratica delle più belle virtù, nell’ardore per la
vita missionaria.
7. E qui permettete che la mia parola s ’indirizzi particolar­
mente a tutti i nostri carissimi Coadiutori.

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Dal poco che sono venuto dicendo fin qui, vi sarà stato facile
farvi un giusto concetto della grandezza della vostra vocazione:
ebbene ringraziatene il Signore di cuore, amatela e custoditela
gelosamente.
N on vi passi mai di mente che vi siete fatti religiosi per una
grazia speciale di D io il quale v'ha chiamati a tendere costante­
mente alla perfezione, cioè per usare le belle parole di Don Bosco,
« non per godere, ma per patire e procurarvi merito per l'altra
vita; non per comandare, ma per obbedire; non per attaccarvi alle
creature, ma per praticare la carità col prossimo, mossi dal solo
amor di D io ; non per fare una vita agiata, ma per essere poveri
con Gesù, per patire con L u i e farvi degni della sua gloria in cielo ».
Perciò siate e mostratevi dappertutto quale vi vuole il nostro
buon padre: siate suoi imitatori nella soda pietà; nell'ardente
amore a Gesù e a M aria SS. A usiliatrice; nella vigilanza costante
sopra di voi stessi; nella fuga delle occasioni; nella dignità del por­
tamento; nella semplicità decorosa del vestire, aliena da ogni ombra
di mondana ricercatezza; nell'assiduità al lavoro; nell'amore alla
Società; nello zelo per educare cristianamente i giovani affidati
alle vostre cure, invogliandoli, più con la soavità della vostra vita
che con le parole a desiderare anch'essi di potere rendersi Salesiani
per fare del bene a tanti altri giovani.
Per riuscire in tutto questo, carissimi Coadiutori, dovete porre
una mira speciale e impiegare il maggior tempo di cui potete di­
sporre per istruirvi bene nella religione e nelle cose spirituali
dell'anima. Religioso è sinonimo di uomo consacrato a D io, di
uomo spirituale. I n tal modo sarete perseveranti nella vostra vo­
cazione, che vi è continuamente insidiata in mille modi, e vi ren­
derete atti a catechizzare ed istruire gli altri. Mirate in alto, alla
santità, per evitare il pericolo di materializzarvi troppo nell'eser­
cizio della vostra arte.
Fate vostro il consiglio che il Venerabile Padre scrisse di pro­
prio pugno ad uno dei suoi prim i coadiutori: « Esattezza nelle
pratiche di pietà, ecco tutto, l'ubbidienza poi è la chiave di tutte le
virtù ».
8. E d ora, confratelli carissimi, pongo fine a questa mia, in ­
vitandovi tutti a ringraziare Iddio e il Santo Padre P io X I per
avere onorato di nuovo, pochi mesi dopo la morte del Card. Cagliero,
la nostra Società con l'elevazione alla sacra Porpora di un altro

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Figlio del Venerabile D. Bosco, cioè, di S. E. Rev.ma Monsignor
Augusto Hlond, Primate di Polonia.
Vadano a Lui per mezzo mio le congratulazioni e i voti di tutti
i suoi confratelli con l'assicurazione che l'accompagneremo sempre
con le nostre preghiere. Ci congratuliamo inoltre con la Polonia
che partecipa con l'Italia ad un simile onore, come partecipa pure
a quello di avere, un confratello designato agli onori degli altari
nella persona del Servo di Dio D. Augusto Czartoryski.
Io vedo in tutto questo il premio che il Signore dà ai Confratelli
che hanno corrisposto alla chiamata divina, venendo essi a cercare
D. Bosco in Italia quando D . Bosco non poteva ancora andare
da loro in Polonia.
Corrispondiamo tutti meglio che ci sia possibile alla nostra
vocazione e Iddio, oltre al premio nell'altra vita, ci darà anche il
centuplo in questo mondo.
Con la benedizione, del Signore e della nostra Ausiliatrice sopra
di voi e delle vostre, opere, termino ricordando agli Ispettori e Diret­
tori in particolare che attendo da loro, entro ottobre, un bel dono
per ornare la « Scuola Agricola Missionaria » di Cumiana che il
venerando Senatore Paolo Bosetti chiamò con genialità giovanile:
« il Castello avito della nobiltà di D. Bosco ».
Vi saluto invocando una preghiera per il
Vostro aff.mo in C. J.
Sac. FILIPPO RINALDI.