Atti_1926_037.ACS_


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I.
ATTI DEL CAPITOLO SUPERIORE
Il Rettor Maggiore.
J. M. J.
Miei carissimi Confratelli,
1. Più volte ebbi già a chiedere le vostre preghiere per la Causa di
Beatificazione del nostro Venerabile Don Bosco; e in modo particolare ve
le chiedevo nel febbraio 1925 e nel giugno scorso, per il buon esito delle
due importantissime Congregazioni Antipreparatoria e Preparatoria sulla
eroicità delle sue virtù.
Ora sono lieto di comunicarvi e perdonatemi se lo faccio con
ritardo che tutto è proceduto non solo bene, ma ottimamente, a gloria
di Dio e del nostro Padre amatissimo. Questo è senza dubbio da ascriversi
in gran parte a voi, miei cari figli, che avete pregato con fervore, e vi siete
anche sforzati di assicurare il buon esito della Causa con una vita
religiosamente esemplare, come vi suggerivo l'anno scorso. Perciò ve ne
ringrazio di cuore, mentre v'invito a unirvi a me per ringraziare il buon
Dio di averci così benignamente esauditi.
Resta però ancora un po' di cammino da fare: deve cioè tenersi la
Congregazione o Seduta Generale sull'eroicità delle virtù, con Cardinali,
Ufficiali e Consultori, coram Sanctissimo (ossia alla presenza del Santo
Padre); e dopo questa, vi sarà l'esame dei miracoli, che comprenderà esso
pure tre Congregazioni: Antipreparatoria, Preparatoria e Generale; e sarà
solo dopo l'approvazione di due miracoli che il Papa procederà alla
proclamazione a Beato del nostro Ven. Padre Don Bosco.
Come vedete, dobbiamo continuar a pregare, e pregare molto. Ma
intanto rallegriamoci: la S. Chiesa, colla sua severa bilancia,

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ha ormai posto quasi fuor di discussione che le virtù del nostro Fondatore
furono veramente eroiche; perciò va acquistando sempre più solide basi la
nostra speranza di poterlo, in un tempo non lontano, venerar come Beato
sugli altari. Tutto questo però sia detto tra di noi, in famiglia, e non se ne
pubblichi niente sui. giornali, massime sui nostri fogli.
2. Ora io vorrei suggerirvi due pensieri, che si collegano a questo
argomento così caro al nostro cuore di figli.
Vorrei anzitutto invitarvi a considerare un poco i criterii che segue la
Chiesa nostra Madre e Maestra per accertarsi della san tità di uno dei suoi
membri. Il mondo giudica gli uomini dall’esteriorità delle loro opere;
quanto più queste sono grandiose e coronate da successo, tanto più ne
stima e ne esalta gli autori, senza troppo badare alla loro bontà intrinseca,
nè all'onestà dei mezzi usati: Non così procede la Chiesa nel trattare le
Cause di Beatificazione: essa non perde mai di vista la verità
fondamentale appresa dal Divino suo Capo: Quid prodest homini, si
mundum universum lucretur, animae vero suae detrimentum patiatur?
(MATTEO, XVI, 26). Perciò non si lascia affatto impressionare dalle
opere esteriori, per quanto straordinarie, o anche prodigiose, ma spinge il
suo sguardo scrutatore nella vita del Servo di Dio, e ne proclama la santità
solo se riesce, dopo diligentissimo esame, a mettere fuor d’ogni dubbio
ch’egli praticò in grado eroico le virtù cristiane, cioè la fede, la speranza,
la carità, la prudenza, la giustizia, la fortezza e la temperanza, con le altre
virtù che vi sono connesse. Una volta accertato questo, allora la Chiesa
giudica anche le opere esteriori compiute secondo il cuore di Dio e degne
d’encomio; ma se questo manca, le opere non giovano.
E così ha fatto anche per Don Bosco. Il duplice Istituto reli gioso,
maschile e femminile, da lui fondato, ha preso, in un pe riodo di tempo
relativamente breve, un così enorme sviluppo, e con frutti spirituali così
copiosi e consolanti, da destare l’ammirazione, possiamo dirlo con verità,
nel mondo intero, e da far esclamare a non pochi: Digitus Dei est hic! La
Chiesa però, per formare il suo giudizio sulla santità del nostro Ven.
Padre, non si fonda su questo, ma vuole prima di tutto stabilire s’egli sia
stato veramente un eroe della virtù; perchè è questo solo che fa santo
l’uomo e sante le sue opere.

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3. Da questa prima considerazione esce, come ovvia conseguenza, la
seconda. Se noi, nella nostra vita di Salesiani, ci limi tassimo a far fiorire
l'Opera del Padre, magari impiegandovi tutta la nostra attività e
logorandoci la salute e la vita, noi non avremmo ancora il diritto,
propriamente, di chiamarci degni figli di Don Bosco. Don Bosco era un
santo, e santi hanno da farsi i suoi figli, se vogliono essere degni di lui.
Qual è invero la più bella e gloriosa corona della santità di Don Bosco? È
quella che intorno a lui formano i suoi figli già Servi di Dio, dei quali è in
corso la Causa di Beatificazione: Don Rua, Don Beltrami, Don Czar-
toryski, Domenico Savio; Madre Mazzarello, Suor Teresa Valsè: piccolo
stuolo, per ora, ma che in avvenire, speriamo, si andrà facendo sempre più
numeroso: e questo dipende da noi.
Non lasciamoci quindi, miei figli carissimi, assorbire dalle opere
esteriori del nostro ufficio, per buone e lodevoli che siano, al punto da
trascurare l'opera della nostra santificazione, che nelle Regole,
ricordiamolo sempre, ha il primo posto, dove si parla del fine della Società
Salesiana (art. 1). Studiamo le virtù del nostro Fondatore, procuriamo
d'imitarlo nella sita carità, nella sua fiducia in Dio, nella sua umiltà, nel
suo spirito di mortificazione, e via dicendo. E mettiamo anche in pratica
gl'insegnamenti preziosi ch'egli ci ha lasciati. Per esempio, se si
praticassero fedelmente tutti quelli contenuti nel capitolo della Carità
fraterna, che fa parte della sua Prefazione alle Regole, quanto ne
guadagnerebbe di santità e di perfezione la nostra vita individuale, e
insieme di quanta maggior serenità e letizia s’illuminerebbe la nostra vita
di famiglia!
Facciamoci santi sugli esempi del nostro santo Padre; sarà questa
anche la miglior maniera di prepararci a celebrare con gioia veramente
cristiana la sospirata festa della sua Beatificazione; oltreché la santità
ridonderà pure nelle nostre opere, portando in ogni nostra attività, anche
umile e materiale, il soffio della vita soprannaturale e divina; e vedremo
sempre più fiorire, benedetta da Dio, la nostra amata Congregazione, e
dilatarsi il regno di Gesù Cristo sulla terra.
4. Un’altra cosa mi rimane a dire. Voi sapete quanto le visite dei
Superiori giovino a mantenere il buono spirito nelle nostre Case, ad
assicurare l'unità d'indirizzo e d'intento, a rendere più saldi quei vincoli
d'affetto e di solidarietà che devono formare di noi tutti una sola famiglia.
Si può avere un’idea più esatta delle

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speciali difficoltà inerenti ai luoghi, ai costumi, all'indole dei varii popoli;
si dileguano malintesi, si fanno cessare irregolarità, si pone rimedio ad
inconvenienti.
Ora, sono lieto di potervi comunicare che nel giro di questi ultimi anni
i membri del Capitolo Superiore hanno visitato quasi tutte le nostre Case
d'Europa e d'America, riportandone consolantissime notizie. Adesso
restano ancora a visitare le Case dell'Africa e quelle d'Oriente.
Quanto a queste ultime, il Bollettino vi ha messi al corrente dello
sviluppo straordinario preso dalle nostre Missioni dell'india e della Cina,
e di quello che promette la nuova Missione del Giap pone. I bisogni di esse,
per la diversità di razza e per varie altre cause, sono affatto differenti da
quelli delle Missioni d'Occidente; ho pensato quindi che il più indicato a
visitarle fosse colui che ebbe già da me l'incarico di vegliare in modo
speciale sopra questo importantissimo ramo della nostra Società, voglio
dire il nostro caro Don Pietro Ricaldone.
Senonchè, per la lunghezza del viaggio, e per l'immensa estensione del
campo da visitarsi, egli dovrà rimanere lontano di qui per una diecina di
mesi; e il vuoto che egli lascerà è così grande, ch'io non mi sento forze
bastevoli per riempirlo personalmente. Perciò ho deciso di assegnare,
durante questo periodo, una parte delle sue attribuzioni a Don Fedele
Giraudi, e la parte rimanente a Don Pietro Tirone; il primo lo supplirà per
tutto quel che riguarda i Cooperatori e gli Ex-allievi, il secondo per
l'intera corrispondenza e per i provvedimenti riguardanti le Missioni.
Di più anche il Consigliere Don Antonio Candela, da pochi giorni
reduce dalla sua visita alle Case d'Inghilterra e d'Irlanda, dovrà rimettersi
in viaggio verso l'isola di Cuba, per una missione da me affidatagli, che lo
tratterrà lontano di qui per parecchi mesi.
Pregate, miei cari figli, pregate Maria Santissima Ausiliatrice che li
accompagni entrambi nel loro lungo viaggio, e li aiuti a far del bene a
quei nostri buoni confratelli lontani.
E raccomandate alla nostra Madre celeste anche me, che di cuore vi
benedico nel suo santo nome, rinnovandovi i migliori augurii per il nuovo
anno.
Vostro aff.mo in C. J.
Sac. FILIPPO RINALDI.