Atti_1926_036.ACS_


Atti_1926_036.ACS_



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1.1 Page 1

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I.
ATTI DEL CAPITOLO SUPERIOBE
J. M. J.
M iei carissimi figli in Gesù Cristo,
1. Non posso a meno di mettervi tutti a parte delle grandissime
consolazioni che ha provato il mio cuore di padre durante le belle
e care riunioni dei nostri Direttori a Valsalice.
A l vedere come tutti seguivano col più vivo interesse la tratta­
zione dei temi, mostrandosi ben compresi della somma importanza
di essi per un sempre più prospero e fruttuoso sviluppo della nostra
Società, e come le discussioni si svolgevano in una serenità affettuosa
e cordiale, portando ciascuno il contributo della propria saggezza
ed esperienza e dei propri consigli, con la mira unica e costante
di far regnare sempre più puro e genuino lo spirito di D. Bosco
in ogni manifestazione della vita e dell'attività salesiana; al vedere
tutto questo, dico, mi sentivo profondamente ammirato e commosso,
e pensavo con quale occhio di paterna compiacenza Don Bosco dal
cielo doveva contemplare e benedire questo convegno di suoi figli,
così animati di zelo nel continuare l'Opera sua sempre secondo le
sue vedute e direttive.
D i questa felice riuscita ho reso e rendo ancor grazie al Signore
e alla Vergine SS. Ausiliatrice, implorando per tutti i nostri ca­
rissimi Ispettori e Direttori l'abbondanza degli aiuti celesti, affinchè,
tornati ciascuno al proprio campo di azione, possano lavorare
con impegno a tradurre in atto i loro santi propositi, e le norme
stabilite di connine accordo per il maggior bene nostro e dei giovani
affidati alle nostre cure.

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A i due convegni presero parte complessivamente circa trecento
Direttori e venticinque Ispettori, il Procuratore Generale, e il Ca­
pitolo Superiore al completo; e i temi discussi tanto nel primo
quanto nel secondo furono i seguenti:
1) V ocazioni: relatore il Rev.mo D. Giraudi Fedele;
2) Cura del personale: relatore il Rev.mo D. Tirone Pietro;
3) Ordinamento degli studi: relatore il Rev.mo D. Fascie
Bartolomeo;
4) M issioni: relatore il Rev.mo D. Candela Antonio;
5) Scuole professionali e agricole : relatore il Rev.mo D. Ve-
spignani Giuseppe;
6) Cooperatori ed Ex-allievi: relatore il Rev.mo D. Ricaldone
Pietro.
Come ho già fatto al termine di quelle riunioni, così anche ora
faccio voti che esse abbiano a ripetersi in avvenire, convinto come
sono del grande vantaggio che non può a meno di derivarne alla
nostra amata Congregazione.
I singoli Relatori hanno premesso splendide relazioni al tema
da loro svolto; e m i duole che nel riassunto che troverete più oltre
non si siano potute riportare che in parte, per ridurre la materia
alla maggior brevità e precisione possibile.
2. In un numero precedente degli A tti (p. 441 e seg.) ho già
richiamato la vostra attenzione sul secondo Centenario della Ca­
nonizzazione di S. Luigi Gonzaga, che si compirà col 31 dicembre
di quest'anno, insistendo sulla necessità di celebrarlo degnamente
anche noi Salesiani, non solo come figli devoti della Chiesa, ma in
particolare come figli di Don Bosco, e indicandone anche la ma­
niera.
Lasciate adesso ch'io vi rinnovi una calda raccomandazione
a questo riguardo. Desidero che l'anno scolastico in cui stiamo per
entrare, sia davvero un anno aloisiano per i nostri giovani. A
questo deve animarci anche la parola del Santo Padre Pio X I , il
quale, nella Lettera Apostolica indirizzata in occasione del Cen­
tenario suddetto al Generale dei Gesuiti, si degnò di far espressa
menzione del nostro Ven. Padre D. Bosco quale devoto di S. Luigi,
in questi termini: « E per citare uno solo tra i più recenti educa­
tori e maestri della gioventù, Don Giovanni Bosco, egli non solo
fu teneramente devoto di S. Luigi, ma tal devozione lasciò in ere-

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dità ai suoi figli, e soleva vivamente inculcare a tutti i fanciulli che
prendeva sotto il suo magistero educativo; e tra essi s’inalzò sopra
tutti nell’imitazione di S. Luigi l'anima candidissima di Domenico
Savio, che per sì breve tempo Dio concesse e lasciò all'ammirazione
degli uomini sulla terra ».
-
I l Santo Padre ha ricordato Domenico Savio come esempio
del gran frutto che otteneva Don Bosco tra i giovani per mezzo
della devozione a S. Luigi; ma se ne potrebbero citare molti altri,
come Michele Magone e Francesco Besucco, nella vita dei quali
appare manifesto il benefico influsso di questa devozione; anzi si
può dire che ad essa in gran parte si deve se nell'Oratorio sboccia­
rono tanti bei fiori di santità angelica.
Già vi dissi l'altra volta quale sia il miglior omaggio che pos­
siamo fare a S. Luigi in questo suo Centenario: rinnovarci e ritem­
prarci nell'imitazione di Don Bosco, promuovendo questa devo-
zione nel modo e per i fini da lui voluti. Don Bosco propose San
Luigi a modello dei suoi giovani soprattutto per animarli a conser­
vare immacolato il bel giglio della purità, usando a tal fine i mezzi
che usava il Santo: mortificazione dei sensi, distacco da ogni cosa
terrena, frequenza dei Sacramenti. F per incoraggiarli a ciò coi
vincoli dell'unione, e fortificarli col vicendevole appoggio morale,
fondò la Compagnia di S. Luigi, che ebbe l’onore di contare tra i
suoi primi soci S. S. Pio I X , il Cardinale Giacomo Antonelli,
Mons. Fransoni, Arcivescovo di Torino, e altri cospicui Prelati.
I nostri buoni Direttori si sforzino di seguire anche in ciò gli
esempi paterni: facciano conoscere ai giovani la vita di S. Luigi,
e anche quella dei nostri santini che emularono le sue virtù; pro­
muovano le pratiche di pietà in suo onore, quali si trovano nel
Giovane Provveduto; e consacrino una cura tutta speciale alla
Compagnia di S. Luigi, per mantenerla nello spirito che le diede
Don Bosco, spirito che si rivela nel Regolamento di essa, compilato
da lui medesimo.
Oltre a queste cose che si debbono fare sempre, e non solo
quest’anno, come ben comprendete ve ne suggerisco alcune
altre, da farsi per celebrare il Centenario con la dovuta solennità,
com’è pur desiderio del S. Padre:
a) Si prepari la celebrazione mediante riunioni dei giovani,
nelle quali si tratti di Don Bosco e San Luigi: della vita casta,
mortificata di questo Santo, del suo disprezzo per le cose mondane;

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475
dell’influenza che la sua devozione ha da esercitare sull’educazione
salesiana.
b) Nel tempo che si riterrà più opportuno, si celebri una
gran festa, con solenni funzioni in chiesa, e con una bella acca­
demia, non omettendo di far recitare bene il dramma che tratta
della vita e vocazione di S. Luigi. M i piace qui ricordare che
fu questo dramma che diede la spinta decisiva alla vocazione del
nostro compianto Mons. Lasagna, come si legge nella sua biografia
( pag. 38).
Confido che tutti vi adoprerete con impegno affinchè i festeggia­
menti salesiani in onore di S. Luigi Gonzaga abbiano a riuscire
tali, da poter degnamente figurare tra quelli che gli verranno tri­
butati dall’intero mondo cattolico; in tal modo vi dimostrerete veri
figli di D. Bosco, e fedeli continuatori del suo pensiero e delle sue
opere.
3. Termino col darvi la S t r e n n a per il 1927:
1° A i Co n fr a te ll i:
Osservare il silenzio dalla sera dopo le orazioni fino alla
colazione del giorno seguente, come voleva Don Bosco, e come
prescrive la Regola. (Cost. a. 15).
2° A i Gio van i:
Onorare S. Luigi Gonzaga imitando le sue virtù e invo­
candolo divotamente.
Coi migliori augurii per il prossimo anno, vi benedico di gran
cuore nel nome del nostro Ven. Padre, e raccomandandomi alle
vostre preghiere mi confermo a voi tutti
aff.mo in C. J.
Sac. FILIPPO RINALDI.

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RESOCONTO
dei Convegni tenuti dai Direttori Salesiani a Valsalice
nell’estate del 1926.
A v v e r t e n z a . — Il Convegno dei Direttori d ’Europa ebbe luogo dal 26 al
28 luglio; quello dei Direttori d’ Italia dal 30 agosto al 1° settembre.
Siccome però i temi trattati in entrambi furono i medesimi, così la
materia, nel riassunto che segue, venne fusa e ordinata in un sol tutto.
Parole d’introduzione del Rev.mo Sig. D. Rinaldi.
« Vi abbiamo convocati per sentire la parola dell’esperienza
di ciascuno di voi, per comunicarvi i nostri pensieri e discuterli,
col fine di attuare sempre più perfettamente gl’ideali di Don
Bosco. Il compianto Card. Richelmy ebbe a dire che D. Bosco
aveva prevenuto i tempi, prevedendo mezzo secolo prima quello
che si doveva fare per il bene delle anime; e ognuno di noi ha
potuto toccar con mano che, quanto più ci avviciniamo a Don
Bosco, tanto migliori sono i risultati delle nostre fatiche; mentre
quanto più ce ne allontaniamo, tanto meno si ottiene. Perciò
in queste nostre riunioni non avremo altro intento che quello
di studiare, di approfondire le idee di D on Bosco, per poter
conformare ad esse ogni nostra attività. Il Capitolo Superiore
ha già studiato i varii temi da trattarsi, e ora invita voi a discu­
terli, dando a tutti ampia libertà di esporre le proprie idee, e
di far conoscere quel che vi sembra possa conferire alla maggior
gloria di Dio e alla salvezza delle anime ».
PRIMO TEMA.
VOCAZIONI.
1° Le vocazioni furono uno dei fini principali che Don Bosco
prefisse all’ Opera sua: egli ci diede il più luminoso esempio d ’un
apostolato in favore delle vocazioni, tracciando nel medesimo
tempo il programma da seguirsi; e voleva che ogni Direttore

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477 -
Salesiano fosse soprattutto un cultore solerte ed efficace delle
vocazioni. Le sue tracce furono fedelmente seguite dai suoi
successori Don R ua, Don Albera e D on R inaldi, che con gli
scritti e coll’opera mostrarono di avere sommamente a cuore
le vocazioni. E la ragione che ha indotto a dare a questo tema
il primo posto non è soltanto l ’ordine logico, ma anche la ge­
nerale convinzione che il problema delle vocazioni costituisce
la pietra angolare su cui poggia l ’avvenire di tutta l ’ Opera Sa­
lesiana.
Ciò posto, le vocazioni si possono e si devono far sorgere in
ogni campo dell’azione salesiana, nessuno escluso: non solo negli
Ospizi, ma anche nei Collegi, nei Pensionati, negli Oratorii festivi
e quotidiani, nelle Parrocchie; anzi lo zelo ci deve spingere a
cercar vocazioni anche fuori delle nostre Case, nelle famiglie
private, nei Circoli, nelle Unioni giovanili, dovunque c ’è della
gioventù che possiamo avvicinare colla parola, colla predica­
zione, colle conferenze, colle rappresentazioni teatrali, colla
penetrazione della nostra stampa.
E tutti i soci debbono cooperare a promuovere le vocazioni*
portando ciascuno il contributo del suo esempio con una vita
veramente salesiana, e della sua azione, proporzionata col posto
che occupa. Nessuno deve credersi dispensato dal far la sua
parte: dal confessore, che entra nell’intimità delle anime, fino
al cuoco e al più umile scopatore, che col loro lavoro cooperano
pure a render amabile la vita collegiale e care anche le mura
della casa salesiana. Maestri, Capi d ’arte, Assistenti, Sacerdoti
e Coadiutori lavoreranno a sopprimere nei giovani, mediante
l’applicazione del nostro sistema, quei difetti che costituiscono
i principali ostacoli al germogliare delle vocazioni religiose e
sacerdotali, cioè: la corruzione precoce, l ’indebolimento dello
spirito cristiano, il rammollimento del carattere, la mondanità.
Tutti quanti infine, col loro contegno, debbono dimostrare di
amarsi e rispettarsi, di amare e rispettare la Casa e la Famiglia
di cui fanno parte.
Questa collaborazione di tutti i soci, la chiedano gl’ispet­
tori e i Direttori nelle conferenze mensili, nelle adunanze dei
Capitoli, nei rendiconti personali, creando in ciascuno la coscienza
d ’un così grave dovere e suggerendo i mezzi che ne possono
facilitare l’adempimento.

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478
2° Buoni mezzi di propaganda a questo fine sono i seguenti:
a) La diffusione della nostra stampa (Bollettino Salesiano,
Gioventù Missionaria, Foglietti delle Case, Vite di Don Bosco,
Domenico Savio, ecc.), in casa e fuori.
b) La corrispondenza epistolare dei Novizi e dei Chierici
degli Studentati coi giovani dei collegi dond’essi provengono,
con gli amici e coi familiari; e la propaganda dei collegiali stessi,
nel corso dell’anno, con le loro lettere, e particolarmente du­
rante le vacanze autunnali; al qual proposito viene citato ad
honorem l ’esempio degli aspiranti d ’Ivrea, dove gli alunni del
4° anno si sono proposti di trovare ciascuno un erede, e qualcuno
ne ha trovato due, tre, e più ancora. I giovani siano convenien­
temente preparati a tale propaganda prima della partenza per
le vacanze, con una giornata missionaria o con altre iniziative
del caso.
c) Il rev.m o sig. D. R inaldi raccomanda che ciascun
Ispettore istituisca nel luogo più conveniente della sua Ispettoria
un Corso di Esercizi spirituali per i giovani, frequentino essi o
no le nostre Case. E dà incarico al revmo sig. D. Tirone di vigi­
lare e provvedere, d ’intesa coi singoli Ispettori, perchè fin dal
prossimo anno questa iniziativa si applichi nel modo stabilito,
cioè designando per tempo buoni predicatori, affinchè possano
prepararsi convenientemente; scegliendo un adatto personale
di vigilanza; e operando una saggia selezione tra i giovani che
chiedono di prender parte agli Esercizi.
Quanto alla spesa relativa, s’interessino amici e Coopera­
tori; per la quota da far pagare agli esercitandi, si stia al di
sotto di quella fissata dalle Federazioni, anche a costo di sacri­
fizi. Per assicurare la più larga partecipazione, si faccia conve­
niente propaganda nei collegi e negli oratorii festivi.
3° Le Case-Ospizio vengano ordinate in modo speciale a
coltivare le vocazioni. Ciò è voluto dall’art. 6 delle Costituzioni.
Ogni Ispettoria perciò deve avere di queste Case, cioè Ospizi
propriamente detti, e Case per Figli di Maria e per Aspiranti. Si
ricorda che, giusta l’art.363 dei R egolamenti, la Casa Ispettoriale
dev’essere un Ospizio con studenti, artigiani e Oratorio festivo.
Negli Ospizi per Figli di Maria non si accettino che gio­
vani d ’età avanzata (Cost. a. 6), cioè, nei limiti stabiliti dai

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— - 479
Superiori, dai 14 ai 25 anni circa. I giovani d ’età inferiore ai
14 anni si raccolgano nelle Case per Aspiranti, purché abbiano
compiuto il corso elementare e possano cominciare il ginnasio.
Le Case per Aspiranti Missionari sono in questo momento
sotto la diretta sorveglianza del Capitolo Superiore.
I giovani più poveri, che han bisogno di riduzioni nella pen­
sione, in via ordinaria si indirizzino agli Ospizi, e non alle Case
per Aspiranti. E non è conveniente inoltrare i giovani dagli
Ospizi alle Case di formazione prima che abbiano terminato il
corso degli studi; anche l ’ambiente dell’ Ospizio dev’essere man­
tenuto favorevole alle vocazioni.
Ottima iniziativa quella di certi Ispettori e Direttori che
mantengono giovani aspiranti in altre Case; ma non basta:
ciascuno faccia di tutto per coltivare vocazioni anche nella
Casa propria, se vuol conservarne il buono spirito.
4° Mezzi per suscitare le vocazioni.
a) Creare innanzitutto un ambiente propizio nelle nostre
Case. Un santo e giocondo entusiasmo deve informare e c o ­
lorire tutta la vita salesiana, e trovare le sue note più alte
nelle feste religiose ben preparate, nelle accademie, nelle dim o­
strazioni tradizionali di affetto e di riconoscenza ai Superiori
della Casa, nelle commemorazioni, nei divertimenti stessi ordi­
nari e straordinari, nelle passeggiate. Le passeggiate dei nostri
alunni abbiano qualche volta per meta le nostre Case di N ovi­
ziato.
b) Attuare il sistema preventivo; ciò fu indicato a Don
Bosco dal personaggio misterioso del sogno del 9 maggio 1879
(V . Atti del Cap. N ov. 1925), con queste parole: « I Salesiani
avranno molte vocazioni colla loro esemplare condotta, trat­
tando con somma carità gli allievi e insistendo sulla frequente
Comunione ».
c) Vivere e far vivere la vita salesiana, ch'è vita di fa­
miglia. Lo spirito di famiglia, in cui l’autorità dei Superiori
non si fa sentire con imposizioni militaresche, ed è l ’amor filiale
che muove la volontà dei sudditi a prevenire anche i loro sem­
plici desiderii , questo spirito è il terreno più propizio al sorgere
delle vocazioni. Per questo occorre allegria, eguaglianza d ’umore,
amabilità fatta di fratellanza e di rispetto.

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d) Interessare Parroci e Cooperatori a cercare giovani
che sentano in cuore la vocazione religiosa, e ad indirizzarli a
noi. A questo proposito il sig. Don Rinaldi raccomanda che si
dia sempre generosa ospitalità ai Parroci, per farsene degli
amici e degli efficaci propagandisti.
e) Nelle regioni feconde di vocazioni religiose si mandino
sacerdoti salesiani a fare un giro di propaganda e a raccogliere
giovani che diano speranza di vocazione, sempre però d ’intel­
ligenza coi Parroci.
5° Mezzi per coltivare le vocazioni.
a) Un primo mezzo è di avvicinare e studiare i giovani,
soprattutto in ricreazione, come faceva D. Bosco. I Direttori
permettano, anzi favoriscano le visite dei giovani in direzione,
per ascoltare i loro bisogni, le loro confidenze, le loro pene, acco­
gliendoli con familiarità paterna.
b) Si dia grande importanza all'istruzione religiosa (ca­
techismo, prediche, conferenze): il che significa in primo luogo
non tralasciarla, e in secondo luogo affidarla a chi sia capace
d ’impartirla seriamente e di farla apprezzare, amare, desiderare.
Si ricorda che, giusta l ’art. 130 del R egolamento, ogni dome­
nica si deve fare mezz’ora di catechismo, nè da ciò dispensa
l ’istruzione domenicale; solo nelle grandi solennità si può tra­
lasciare, ratione solemnitatis.
Dove c ’è deficienza di personale, si lavori a formare tra i
giovani più grandi dell’Oratorio festivo dei buoni catechisti.
Il Direttore nel discorsino della buona notte parli con fre­
quenza della vocazione religiosa: questo è un prezioso segreto
per deporre o risvegliare il germe di essa nell’anima dei giovani,
in quei momenti di raccolta intimità nei quali egli parla come
un padre ai suoi figli.
c) Si promuova la pietà e la frequenza ai Sacramenti. Sono
buone occasioni per tal fine il 1° Venerdì del mese, la Comme­
morazione del 24, l ’Esercizio di Buona Morte.
d) Si istruiscano i giovani intorno alla vocazione in gene­
rale, e a quella salesiana e missionaria in particolare. Compito
delicato, che spetta particolarmente al Direttore, al Catechista,
al Confessore, ai Maestri delle classi superiori. Si usi pure pru­
denza, ma non si tema di parlarne per i primi ai giovani: è do­

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veroso l ’istruirli sopra un soggetto di tale importanza. E si
faccia conoscere ai giovani Don Bosco e l ’ Opera sua, istruendone
i nuovi venuti al principio di ogni anno scolastico.
e) Direttore e Catechista abbiano una cura tutta speciale
delle Compagnie, che, ben coltivate, oltre al promuovere la
pietà e la moralità, possono costituire una magnifica palestra
di propaganda, di esercitazione oratoria, di affermazione co ­
raggiosa contro ogni rispetto umano.
f ) Si coltivi tra i giovani la purezza. In ciò si sia gelosa­
mente fedeli al metodo di Don Bosco, senza lasciarsi fuorviare
da certi metodi moderni, per lo più d ’origine protestante. E
non si tolleri nelle nostre Case il vizio contrario alla purezza
(V . R egolamenti, art. 118).
Oltre ai mezzi conosciuti e raccomandati dalle Costituzioni
e dai R egolamenti, s’impediscano a qualunque costo le rappre­
sentazioni in cui i fatti esposti, le movenze dei personaggi, la
foggia del vestire, ecc. sono tutta una scuola di vanità, di m on­
danità, e troppo spesso di sottile immoralità. L ’idea del Supe­
riore, dice il sig. D. R inaldi, è che il Cinematografo si debba
sopprimere: con certe films non caveremo nessun bene, sia nei
collegi come negli oratorii festivi: faremo del male ai giovani,
i quali perderanno alla domenica le buone idee raccolte durante
la settimana. Si ammettano solo le films di missioni, d ’istruzione
e di documentazione; del resto si sostituiscano al cinema­
tografo le proiezioni luminose, e ancor meglio le rappresen­
tazioni teatrali, tanto utili, nel pensiero di Don Bosco, all’edu­
cazione giovanile. — Dove non si possa abolire del tutto il
Cinema, il Direttore si assuma personalmente la responsabilità
di scegliere le films; e stia in guardia in ciò dall’essere troppo
indulgente riguardo all’Oratorio festivo, quasiché i ragazzi di
fuori abbiano una minore sensibilità morale.
Venga altresì regolato l ’uso, moralmente pericolosissimo,
della Radiotelefonia, con troppa fretta introdotta qua e là nelle
nostre Case; ma di questo si tratterà nel secondo Tema.
Una particolarissima vigilanza si deve usare sui libri e sulle
pubblicazioni illustrate, che per tante vie possono venire in mano
ai giovani, con danno incalcolabile anche per le vocazioni.
Si vegli molto sulla modestia del vestire dei nostri alunni
(R egolam. art. 116). Il signor D on R inaldi raccomanda che si

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482
facciano usare le calze lunghe da coloro che hanno i calzoni
corti, facendo menzione di ciò nel programma stesso del col­
legio, come ha già fatto felicemente qualche Direttore.
Si mantengano nei dovuti limiti gli esercizi sportivi, divenuti
causa di dissipazione spirituale.
g) A coltivare le vocazioni giova molto la buona scelta
degl'insegnanti nelle classi superiori, e dei confessori. Si racco­
manda caldamente che gli Ispettori e Direttori mettano a pro­
fitto la loro esperienza, prestandosi volentieri a confessare fuori
delle Case soggette alla loro giurisdizione.
h) Si assistano anche durante le vacanze autunnali i gio­
vani che dànno speranza di vocazione, con la frequente corri­
spondenza, e soprattutto raccogliendoli a modo di villeggiatura
in qualche Casa adatta. Le Case di formazione riducano tali
vacanze più che sia possibile; e quando i giovani vanno a pas­
sarle in famiglia, vengano raccomandati al Parroco; e al ritorno
si esiga da loro un suo certificato di buona condotta.
i ) Quanto alle opposizioni che possono fare i parenti o
altri interessati, non è compito nostro l ’intrometterci tra il
giovane e gli oppositori, perchè è lui che deve decidere: si con­
sigli e s’incoraggi; e il Direttore procuri, con prudenza, di far
comprendere ai parenti la grazia e l ’onore che viene alla fami­
glia che regala al Signore una vocazione religiosa.
l) Infine è importantissima una buona scelta degli Ascritti,
escludendo chi non ha la dovuta preparazione morale e intel­
lettuale, e informandosi prudentemente anche sulle famiglie
da cui gli Ascritti provengono. In ciò si tengano presenti le
disposizioni del Decreto relativo alla ricerca dei candidati ido­
nei, pubblicato negli Acta Apostolicae Seclis del 15 luglio 1912.
Sarà pure utilissimo rileggere sovente l ’esauriente circolare del
sig. D. Albera sulle Vocazioni (Raccolta, pag. 439).
Per togliere poi i nuovi ascritti ai pericoli che possono incon­
trare rimanendo presso i parenti, non si tardi a mandarli alla
Casa destinata perchè vengano assistiti e preparati a entrare
nel noviziato.
Il rev.mo signor Don R inaldi chiude la discussione dell’im­
portantissimo tema con queste parole: « È edificante quanto

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483
abbiamo udito, perchè da tutti si è manifestato un grande in­
teresse per aumentare le vocazioni. Lavoriamo dunque con
impegno a questo fine, evitando però sempre di contrastare con
chicchessia o di fare comunque opera di divisione.
» Coltivando le vocazioni, molte Case vedranno migliorare
il loro spirito religioso; e anche i giovani che non hanno voca­
zione, faranno miglior riuscita e come cristiani e come cittadini.
» Mi limito a raccomandarvi tre cose. Prima di tutto fate
conoscere sempre più Don Bosco, ai giovani, agli amici, ai Coo­
peratori. Siamo ben poco conosciuti. Quando Don Bosco viveva,
in proporzione era più conosciuto che adesso, e attirava voca­
zioni colla fama della sua santità, non solo tra i giovani, ma
anche tra persone ragguardevoli. Bisogna quindi far conoscere
Don Bosco come l ’uomo dei tempi, l ’uomo della pietà intensa
nell’azione.
» In secondo luogo converrebbe che in ogni paese si scri­
vessero biografie di giovanetti che si siano distinti nella pratica
delle virtù, come fece Don Bosco per Domenico Savio, Fran­
cesco Besucco, Michele Magone; questi libretti faranno un gran
bene e susciteranno molte vocazioni.
» La terza cosa è questa. Don Bosco coltivava le vocazioni
con mezzi semplici. D all’83 fino alla sua morte fui incaricato
di una casa di formazione, e il buon Padre voleva che mi la­
sciassi vedere da lui ogni settimana. E cco i mezzi che suggeriva:
buono spirito nelle Case; condotta edificante dei confratelli;
il Direttore avvicinasse molto i giovani, li ascoltasse sempre,
e. tenesse loro ogni quindici giorni una piccola conferenza, par­
lando di cose buone e suggerendo le nostre idee.
» Per attrarre i giovani, facciamo conoscere Don Bosco;
per coltivarli, impieghiamo i tre mezzi indicati; e quanto egli
ottenne, noi pure l ’otterremo.
» Termino invitando l ’assemblea a fare un plauso al nostro
carissimo Don Barberis, che tante benemerenze acquistò nel
campo delle vocazioni salesiane, e ad imitarlo nell’entusiasmo
con cui ha sempre lavorato per dare alla Congregazione molti
e buoni operai ».

2.3 Page 13

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484
SECONDO TEMA.
CURA DEL PERSONALE.
Nel sogno che fece Don Bosco il 9 maggio 1879, un miste­
rioso personaggio, che aveva le sembianze di S. Francesco di
Sales, gli disse: — Finché i Superiori faranno la parte loro, la
Congregazione crescerà, e niuno potrà arrestarne la propaga­
zione. — E gl’ingiunse di raccomandare ai Superiori stessi
« ogni cura, ogni fatica per osservare e far osservare le Regole ».
Ora, dalle Eegole si ricava che il Direttore Salesiano dev’es­
sere Padre, Maestro e Superiore.
1° Il Direttore deve anzitutto essere Padre. Ponga perciò
«amore alla casa che gli è affidata, e ricordi il divieto che gli fa
l ’art. 157 del Regolamento di assentarsene senza necessità e
senza il permesso dell’ispettore. Faccia il possibile per non
mancare mai alle refezioni comuni, e procuri che la conversa­
zione sia sempre improntata a carità e cordialità, evitando le
discussioni troppo vivaci.
Faccia buona e paterna accoglienza ai nuovi confratelli, e
nei primi giorni conferisca sovente con loro, per conoscerli, e
potersene così valere nel modo più conveniente.
Riceva con bontà i confratelli, non solo per il rendiconto
(Reg. art. 159), ma ogni volta che hanno bisogno di lui, dando
a ciò, possibilmente, la precedenza su ogni altra occupazione;
li ascolti con pazienza, dia loro soddisfazione con risposte chiare
« precise, e provveda realmente alle loro necessità: se deve dire
di no, ne esponga la ragione. E dovendo rimproverarli, non lo
faccia mai in pubblico, se non vuol perdere la loro confidenza.
Si tenga sempre in contatto con loro, nessuno escluso, ma in
m odo speciale coi chierici e coi coadiutori, e soprattutto con
quelli del tirocinio pratico, i quali hanno maggior bisogno di
consiglio e di aiuto; vegli con occhio paterno su di loro, e no­
tando che qualcuno si mostra turbato o afflitto, lo avvicini
subito per conoscerne la cagione, consolare e provvedere; sal­
verà in tal modo molte vocazioni.
Sia padre altresì coi confratelli che gli chiedono ospitalità;

2.4 Page 14

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485
e più che padre verso gli ammalati, visitandoli con frequenza
(R eg. a. 160) e provvedendo a tutti i loro bisogni.
Se qualche confratello ha i parenti poveri e bisognosi di
soccorso, egli ne avverta l ’ispettore, al quale spetta decidere
in merito e provvedere il sussidio.
Un altro tratto paterno è quello di dare comodità a tutti i
confratelli di fare le pratiche di pietà prescritte, e specialmente
di procurar loro il bene degli Esercizi spirituali.
Una grande paternità egli deve pur praticare in occasione
dei cambi di personale, procurando di raddolcire il provvedimento
preso; e anche quando si deve licenziare un confratello, gli usi
tutta la carità possibile; quanto ai sussidi pecuniari che questi
domandasse, farà l ’ispettore quel che crederà meglio.
Al Direttore Salesiano appartiene pure la. paternità spiri­
tuale; perciò faccia lui le prediche catechistiche domenicali alla
comunità, sull’esempio di Don Bosco, parlando in maniera da
farsi capire anche da tutti gli alunni. Ciò deve fare anche il
Direttore o Incaricato dell’Oratorio festivo. Dove c ’è chiesa
parrocchiale, il Direttore, non potendo fare l ’istruzione, ch’è
di competenza del Parroco, si riservi la spiegazione del Vangelo
agli alunni.
Così pure a lui, e non ad altri, spetta per regola il sermoncino
della sera (R eg. a. 96); solo occasionalmente egli potrà, volta
per volta, incaricarne altri Superiori. La parola del Direttore,
dice qui il sig. D. Rinaldi, non è mai sostituita adeguatamente
da nessun catechista o consigliere, per dotto che sia; soltanto
il Direttore può parlare da padre. D ove ci sono sezioni distinte,
tenga il sermoncino alternatamente ora all’una e ora all’altra.
Il sermoncino poi sia breve, chiaro, paterno, di attualità:
poche parole spontanee, che vengano dal cuore, commenta il
sig. D. Rinaldi, e che siano ispirate dalle circostanze del tempo
e del luogo.
Il rev.mo Superiore conclude l ’argomento con queste parole:
« Molte cose si son dette circa la paternità, e più se ne potrebbero
aggiungere. Una parola voglio dirvi, e vorrei che fosse bene
intesa. Tutti devono trattar bene: la carità e le buone maniere
sono doti che deve avere ogni educatore, e quindi ogni Sale­
siano. Ma la paternità è propria del Direttore, ed egli non deve
lasciarsela sfuggire. È lui ch ’è padre, e non deve dividere la sua

2.5 Page 15

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486
paternità coi confratelli. La usi lui, nelle parole e nei modi, e
non ne ceda ad altri l ’esercizio. Don Bosco, quand’era direttore,
voleva che tutti fossero buoni con gli altri, ma la paternità la
riservava a sè solo.
» Gl’Ispettori devono farlo capire ai confratelli, esortandoli
ad avere verso il Direttore la deferenza affettuosa che si deve
al padre. Il padre è quello che deve consolare, visitare gli amma­
lati, intervenire in tutte le cose di bontà e di paternità. Perciò
la parola che dice il Direttore nel sermoncino della buona notte
ha da essere distinta da quella che dicono altri Superiori:
la parola buona, che va al cuore, ha da esser quella del D i­
rettore.
» Anche a tavola è lui il padre. Dia il tono alla conversazione,
e non discuta mai con alcuno. Non permetta che si parli male
di chicchessia, che si muovano critiche alle autorità. Faccia le
sue osservazioni come padre, non come critico; e dica sempre
la buona parola. Così facevano Don Bosco, Don Rua, Don Al­
bera: in questo modo tutti resteranno edificati ».
2° Il Direttore dev’ essere anche Maestro, pur senza mai
cessare di esser padre. Istruisca sempre i nuovi confratelli, e,
quando occorre, anche gli altri, nell’ufficio ch ’è loro affidato,
spiegando quella parte dei Regolamenti che li riguarda, e ag­
giungendo i consigli pratici del caso. Ma non si sostituisca a
nessuno: l ’esperienza ha provato che ciò è sempre dannoso.
Dei Cooperatori e degli Ex-Allievi non si occupi lui personal­
mente, ma ne incarichi qualche confratello della Casa, prepa­
randolo, ove sia necessario, a tale ufficio.
Raduni regolarmente il Capitolo, che è la scuola dei nostri
futuri Direttori, trattandovi le cose vitali della casa, e osser­
vando quanto prescrive l ’art. 156 dei Regolamenti. Ricordi che
alle riunioni del Capitolo non deve intervenire il confessore,
quantunque eserciti in casa qualche ufficio; quindi ne ascolti
il parere separatamente. Nelle cose in cui il parere del Capitolo
è solo consultivo, egli può seguire le proprie idee, quando ha
serie ragioni di farlo; ma procuri- sempre di dare una soddisfa­
zione ai Capitolari.
Eccellenti scuole di vita salesiana sono le conferenze quin­
dicinali, e le tre pedagogiche, prescritte dall’art. 158 dei Rego­

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487
lamenti, come pure i rendiconti mensili. Sono questi tra i più
gravi doveri di coscienza del Direttore; non adempiendoli bene,
riuscirebbe vano ogni altro suo sforzo per il buon andamento
della casa; mentre il puntuale adempimento di essi basta da solo
ad assicurarlo. Nè il piccolo numero dei confratelli della casa
è un motivo plausibile per dispensarsene.
Al quesito se la lettura degli Atti del Capitolo Superiore
possa sostituire le conferenze, si risponde affermativamente,
purché la lettura sia accompagnata da un opportuno commento.
Del resto, secondo l ’art. 18 dei Regolamenti, gli A tti sono da
leggersi a mensa. Se a mensa vi sono degli invitati estranei, si
tramandi tale lettura ad altro giorno, dice il sig. D. Rinaldi; e
quanto ad estranei ospiti permanenti, si procuri di osservare
la Regola, che vuole assicurarci la nostra libertà di religiosi a
mensa: si separino in un altro refettorio, insieme col Prefetto,
o con un altro confratello. In ogni caso bisogna intendersi col­
l ’ispettore, che è responsabile dell’osservanza della Regola.
La soluzione mensile del caso di coscienza è un’altra scuola,
in cui il Direttore può e deve formarsi dei buoni confessori.
Perciò non la tralasci mai, e se ne valga anche per uniformare
il criterio dei diversi confessori della casa, specialmente su certi
punti. Non dimentichi poi la soluzione del caso liturgico, attin­
gendo ai libri ordinarii di liturgia.
3° Infine, senza cessar di essere padre, il Direttore deve pur
esercitare il suo ufficio di Superiore; e l'ufficio per eccellenza del
Superiore è quello di far osservare le Regole, dando egli per il
primo l ’esempio della più perfetta osservanza.
Si toccano solo alcuni punti di speciale importanza, o più
facili a dimenticarsi, o dubbiosi.
a) Divieto di fumare e fiutar tabacco. Quanto al fumare,
sia proibito in modo assoluto. Quando qualcuno ne offre, si dica
chiaramente che i Salesiani non fumano. Qui il sig. D. Rinaldi
fa rilevare il maggior rispetto che si nutre verso i nostri missio­
nari appunto perchè non fumano. Questo divieto si estende
anche ai famigli e agli esterni, mentre sono in casa nostra. (Reg.
a. 161).
I confratelli che fumano, dice il sig. D. Rinaldi, non siano
mai eletti nè Direttori, nè Prefetti, e siano destituiti quelli che

2.7 Page 17

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488
fossero in carica. Si impedisca ai confratelli di tener denaro, e
si esiga che rendano conto di quello che vien loro dato.
Il quesito, se nei grandi pranzi convenga alla fine offrire
sigari agl’invitati estranei, viene risolto dal sig. D. Rinaldi in
questo modo: « Il meglio sarebbe di astenersene, ma non sempre
è possibile. D. Bosco non l ’ha mai fatto, e anche Mons. Cagliero
era in ciò intransigente. In Italia, Francia, Spagna, si può farne
a meno; in altri paesi si faccia rarissimamente, e si procuri sem­
pre di far capire che noi Salesiani non fumiamo: sarà questo un
freno per i confratelli ».
Quanto al fiutar tabacco, che è tollerato dalle Regole, chi ne
ha il permesso non ne offra agli altri, affinchè l ’abitudine non
si estenda.
b) Radiotelefonia. Si enumerano i gravi inconvenienti che
derivano dall’uso della radiotelefonia, tra cui: la violazione del
silenzio dopo le orazioni della sera, che D. Bosco voleva seve­
rissimo; le mancanze contro la povertà; la perdita di tempo,
la partecipazione a spettacoli mondani, coi relativi gravissimi
pericoli per la moralità, pericoli rilevati dallo stesso Card. Dubois
Arcivescovo di Parigi. « Molte Case — dice il rev.mo sig. Don
Rinaldi — ne hanno fatto l ’impianto, e sono arrivate anche
ad averne varie stazioni. Ciò porta degl’inconvenienti gravi.
Se accorrono varii confratelli a una sola stazione, si continuano
le conversazioni particolari dopo le preghiere; se ciascuno ha
il suo apparecchio, non cessano gl’inconvenienti, perchè si resta
in comunicazione col mondo. Quando si ode solamente, vi è
maggior pericolo che se si vedesse, perchè la fantasia lavora.
Oltre a questo, al mattino quei confratelli non si troveranno
alla meditazione ».
Per ovviare quindi a questi danni e pericoli, il rev.mo sig.
D. Rinaldi ha stabilito: 1) che si proibisca rigorosamente ai
confratelli di tenere, di acquistare o di prepararsi apparecchi
radiotelefonici per conto proprio nelle loro stanze o celle, e
anche nelle scuole o nei laboratorii; 2) che dove uno di tali ap­
parecchi sia necessario, si chieda all’ispettore il permesso di
tenerlo o di fam e acquisto; e l ’apparecchio sia custodito sotto
la personale responsabilità del Direttore, il quale determinerà
quando si debba farne uso, e solo in rarissime e straordinarie
occasioni ne permetterà l ’audizione alla comunità, con orario

2.8 Page 18

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489
e programma convenienti a una casa religiosa. 3 ) Negli Oratorii
festivi, nelle Parrocchie, nei Circoli, quando per gravi ragioni
l ’ispettore giudichi di dover concedere il ricevitore radiotele­
fonico, questo venga custodito dal Direttore, che dovrà m ode­
rare opportunamente il numero, la durata e la qualità delle
audizioni.
c) Vacanze. Il Direttore vegli perchè anche durante le
vacanze si osservino le R egole. Non tralasci il sermoncino della
sera, ancorché siano pochi gli alunni e i confratelli. Vegli perchè
non si stia in ozio, ed esorti i confratelli ad approfittare delle
vacanze per fare o completare certi studi non potuti fare prima.
Vegli altresì perchè nelle escursioni alpine i confratelli, specie
i più giovani, non abbiano a trovarsi in gravi pericoli materiali
e anche morali. E non vada e non lasci andar nessuno a passare
le vacanze in famiglia: il m otivo per recarsi in famiglia ha da
essere una necessità della famiglia stessa, e non del confratello;
perciò di vere e proprie vacanze in famiglia non è nemmeno da
parlare.
Il sig. D. Rinaldi raccomanda che si conceda ai confratelli
un p o ’ di riposo e di cambiamento d ’aria (Regol. a. 9), magari
assegnando gl’ispettori stessi un collegio in posizione amena
a tale scopo.
d) Bagni dei confratelli e dei giovani. Il Direttore faccia osser­
vare quanto fu stabilito al riguardo negli Atti del Capitolo,
n° 35, p. 460. E quanto ai giovani, vegli sulla loro incolumità
non solo materiale, ma anche morale.
e) Pratiche di pietà. Esse sono il sostegno della nostra
vita religiosa; perciò il Direttore deve procurare col massimo
impegno che tutti le compiano regolarmente. Vegli soprattutto
sulla meditazione e lettura spirituale quotidiane e sulla confes­
sione settimanale, non omettendo mai di avvisare quanto basta
chi le trascurasse.
Chiedendosi qui una norma circa l ’uso e l’opportunità del
Confessore straordinario per i giovani e per i confratelli, il rev.mo
sig. D. Rinaldi cita l ’esempio di Don Bosco che a lui stesso,
allora direttore a Mathi, suggeriva di « andare dal Parroco »,
se trovava difficoltà col confessore di casa. E dopo aver invitato
l ’assemblea a considerare la grande larghezza di D. Bosco, che
su questo punto non aveva scrupoli nè debolezze, soggiunge:

2.9 Page 19

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490
« Purché si osservi la R egola e si facciano le cose bene, non siamo
restii a dare comodità di confessori straordinari. Piuttosto pen­
siamo a formare dei buoni confessori nostri, i quali senza dubbio
soddisferanno molto di più e giovani e confratelli: nessuno
meglio di loro saprà dire parole appropriate e conformi al nostro
spirito.
« Gl’Ispettori poi assegnino alle Case confessori intelligenti
e pii. S. Teresa voleva il suo confessore prima dotto che pio, pur
desiderando che avesse dottrina e pietà insieme. Nel confessore
è il più valido aiuto del Direttore per il buon andamento della
Casa, per la conservazione della concordia, per lo sviluppo delle
vocazioni, per impedire disordini; si faccia dunque di tutto per­
chè tale aiuto non abbia a mancare, ma sia dovunque valido
ed efficace ».
Riguardo alle altre pratiche di pietà, al quesito se nelle
chiese parrocchiali convenga fare funzioni distinte per gli alunni,
il sig. D. Rinaldi risponde richiamandosi all’esempio di Don
Bosco, continuato nel. Santuario di Maria Ausiliatrice. Vi sia,
dice, una funzione unica; il predicatore, come Salesiano, deve
sempre saper parlare in modo adatto anche ai ragazzi.
Si chiede inoltre se non si possano modificare le pratiche
domenicali (ad es. dispensarsi dal canto dei Vespri) per confor­
marsi ad usanze locali. Si risponde ch’ è sempre necessario avere
un permesso scritto del Rettor Maggiore, come stabilì il com ­
pianto sig. D. Albera nella Prefazione alle Pratiche di 'pietà
(p. 5). Il sig. D. Rinaldi esorta a stare alla Regola, senza chie­
dere eccezioni; e riferisce l ’esempio della Polonia, dove ora si
è introdotto in due Diocesi, dietro insistenza dei Vescovi, il canto
del Vespro all’uso romano, mentre prima si cantava in polacco.
« Se noi siamo fedeli alla nostra Regola, egli osserva, avremo il
vanto del primato in molte belle iniziative».
Nè vale l ’obbiezione che alla domenica rimane poco tempo
di studio. All’Oratorio si compiono integralmente tutte le pra­
tiche di pietà prescritte, e tuttavia i nostri giovani anche nei
giorni festivi studiano più degli esterni.
f ) Povertà. Il rev.mo sig. D. Rinaldi raccomanda agli
Ispettori di vigilare perchè i predicatori degli Esercizi spirituali
non stiano a determinare quale sia la somma di danaro che co­
stituisce materia grave contro il voto di povertà. « Questo, dice,

2.10 Page 20

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491
non è un tema da esercizi: lasciamo tali questioni ai teologi;
noi dobbiam o cercare la perfezione ».
R accomanda altresì che si sopprimano, in ossequio all’art. 29
dei Regolamenti, gli occhiali con montatura d ’oro (vero o appa­
rente), e che i denti d ’oro si facciano rivestire di smalto.
g) Castità. Vengono stabilite le seguenti norme per i
rapporti coi giovani, colla gente di fuori, e colle Suore:
1° Tutte le nostre Case devono avere uno o più locali ad
uso di parlatorio, con porte a vetrate trasparenti, vicino alla
portineria o in luogo facilmente accessibile, ove siano tratte­
nute le persone che hanno da trattare coi giovani o coi con­
fratelli.
2° Le camere d ’ufficio abbiano porte a vetrate trasparenti,
siano facilmente accessibili alle persone della casa, e non siano
mai camere da letto.
Per prendere le misure di abiti e scarpe vi sia una pic­
cola stanza, a vetrate trasparenti, presso il Capo-ufficio dei
laboratorii.
Si procuri un orario d 'ufficio bene stabilito, e sia sacro per
tutti; in tal m odo si vinceranno difficoltà che sembrano insor­
montabili.
Se oltre al Direttore, al Prefetto, al Parroco, al Capo-Ufficio
dei laboratorii vi fosse qualche altro che avesse da ricevere i
giovani, questo non si faccia assolutamente mai nella camera
da letto, ma sempre o in un ufficio con la porta come sopra, o
in un’aula scolastica a ciò designata. Ma sarebbe bene che il
Catechista e il Consigliere si astenessero dal ricevere i giovani
in tal m odo. « La volontà di Don Bosco era che gli avvisi
particolari si dessero nel cortile, o nel corridoio fuori della
scuola, passeggiando ».
« Quanto al confessore — egli aggiunge — riceva in chiesa
e non in camera. E circa il modo di confessare si avverta che
per disposizione della S. Sede si deve usar la grata anche con
gli uomini. Si eviti di abbracciare i giovani. Don Bosco in fin
di vit a aveva una gran pena perchè, usando molta bontà verso
i ragazzi, temeva di essere mal interpretato dai confratelli e
dai ragazzi stessi. Egli però nel confessare non abbracciava
mai. Accettiamo quindi le disposizioni della Chiesa e i sugge­
rimenti dell’esperienza del nostro Ven. Fondatore ».

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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492
D ’altronde, per quel che riguarda il Consigliere, si fa osser­
vare che giusta l ’art. 183 dei Regolamenti, il responsabile della
disciplina generale è il Prefetto, il quale ha il proprio ufficio
nelle condizioni volute.
3° Le persone estranee, specialmente se di sesso diverso,
non si devono mai condurre nelle camere da letto dei confratelli,
e neanche, senza grave necessità e senza il permesso del Direttore,
nei dormitorii dei giovani. Il Direttore, o il Prefetto, può con­
cedere ai genitori dei giovani, in principio d ’anno, di vedere il
dormitorio, ove ne facciano richiesta.
4° Ogni casa deve avere, per quanto è possibile, un reparto
riservato ai confratelli. Si tratta di clausura semplice, quindi
l ’infrazione di essa non è soggetta ad alcuna pena canonica.
Non essendo possibile avere un tale reparto riservato, si con­
siderino le singole camere da letto dei confratelli come luogo di
clausura per tutte le persone estranee, compresi i nostri giovani.
5° È assolutamente proibito di assumere in servizio dònne
per la pulizia dei dormitorii, delle aule scolastiche, delle cap­
pelle interne, delle camere dei Superiori, e per altri lavori del
genere. Occorrendo tenerne per la cucina, lavanderia e guarda­
roba, siano nelle condizioni che più sotto si daranno per le Suore.
Non si negano le difficoltà gravi che presenta l ’osservanza
di questa norma; tuttavia bisogna fare qualsiasi sforzo per
superarle. La volontà di Don Bosco a questo riguardo è chiara:
— Bisogna — egli disse, — risanare la Congregazione. — Dove
si può, si sostituiscano alle donne le Suore; altrove si provveda
con giovanetti. A ll’Oratorio si hanno due gruppi di famigli: i
giovani e gli anziani; i giovani sono accuditi e hanno dormi­
torio a parte; e si hanno anche tra essi buone vocazioni.
Viene pure citato, a titolo di onore, l ’esempio della Colombia,
dove sono fiorite molte vocazioni di coadiutori, per cui non si
sente affatto il bisogno di assumere donne per i servizi, e neanche
Suore.
NORME RIGUARDO ALLE SUORE.
1° Negl’Istituti dove le Suore prestano l ’opera loro, l’abi­
tazione sia interamente separata da quella dei Salesiani, di
modo che niuno possa nè entrare nè uscire se non per la porta
della loro casa che mette all’esterno.

3.2 Page 22

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493
2° Solo mezzo di comunicazione sia la cosidetta ruota,
tanto per commestibili quanto per abiti, biancheria, arredi sacri
e simili.
3° Il Direttore vegli attentamente sulla scelta e sul modo
di portarsi delle persone che hanno qualche incarico relativo
alle Suore.
4° Le Suore abbiano per le pratiche di pietà una cappella
propria. D ove ciò non fosse possibile, assisteranno alle sacre
funzioni nella chiesa della comunità, ma in apposito coretto
munito d ’inferriata.
5° Qualora, ritirandosi le Suore alla sera nella loro abita­
zione, non sia possibile accedere alla cucina o alla guardaroba,
si procuri che in casa vi sia l ’occorrente per supplire in caso di
bisogno.
Si sia previdenti; e tra le previdenze ottima è quella di
preparare dei buoni coadiutori.
Al quesito se si possa permettere alle Suore di assistere
ammalati gravi in infermeria, il rev.mo sig. D. Rinaldi ri­
sponde perentoriamente di no, dichiarando che Don Bosco
escluse l ’opera delle Suore specificatamente per l ’infermeria;
e riassume il risultato della laboriosa discussione con queste
parole:
» Bisogna provvedere sul serio a togliere certi inconvenienti.
Anzitutto non si lascino girare le donne per la casa, per andar
a visitare i confratelli, e neanche il Direttore. Le donne si ridu­
cano al parlatorio.
» Quanto ai servizi, si eviti assolutamente e subito d ’impie­
gare donne nelle camere dei confratelli e dei giovani. Per cucina,
lavanderia e guardaroba si provveda al più presto a mettersi
in piena regola.
» A Don Bosco non piaceva aver donne in casa, benché vi
fosse sua madre all’ Oratorio, e quelle di varii confratelli in
altre Case; e fu anche per eliminare le donne, ch’egli istituì le
Suore di Maria Ausiliatrice. Per le Suore il controllo è più age­
vole, avendo esse le proprie Superiore. Noi quindi possiamo
adibire ai servizi di cucina, lavanderia e guardaroba le Figlie
di Maria Ausiliatrice, e anche altre Suore, sempre però osser­
vando i Canoni.

3.3 Page 23

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494
» Attualmente poche Case in ciò sono a posto; bisogna vin­
cere ogni difficoltà, studiare bene le condizioni particolari della
propria Casa, magari coll’aiuto dell’Econom o Generale; ed è
mio desiderio che si provveda entro quest’anno. D io benedirà
la nostra obbedienza alla Chiesa e al nostro Fondatore, che in
questo fu di una delicatezza estrema.
» Un’ultima raccomandazione, su questo soggetto. Deside­
rerei che per delicatezza non si dicesse mai: « le nostre Suore »,
ma si preferisse l ’espressione più conveniente: « le Fighe di
Maria Ausiliatrice ».
» E poiché si parla di Suore, raccomando caldamente agl’i ­
spettori, e in parte anche ai Direttori, di vegliare sull’opera
delle Fighe di Maria Ausiliatrice. Gl’Ispettori la seguano, spe­
cialmente all’estero: non c ’è bisogno che passino delle ore nelle
loro case, ma occorre che sappiano quello ch ’esse fanno o non
fanno, per poterle mantenere nella via che fu loro tracciata da
Don Bosco. Veglino quindi perch’esse si attengano al programma
salesiano: avvertano caritatevolmente, se n ’è il caso, soprat­
tutto le Ispettrici e le Direttrici, ma senza mettersi in casa loro.
Se un Ispettore crede bene di mandare un Direttore a compiere
qualche ministero presso di loro, non gli dia la missione di di­
rigerle, ma solo di riferire a lui quanto gli avviene di notare.
Non troppa relazione, ma solo quanta ce ne vuole perchè an-
ch’esse siano vere figlie di Don Bosco.
» Bicordo infine che abbiamo ricevuto dal S. Uffizio un
richiamo, diretto a tutti i religiosi (e credo anche ai Vescovi),
sul contegno dei confessori verso le penitenti. Eccone le norme:
Non si dia mai del tu alle penitenti, neanche se giovanette. Non
si dirigano le coscienze per via epistolare: la S. Sede non vuole
che si scrivano lettere di tal genere. Non vadano i confessori a
visitare le penitenti in casa, tranne che si tratti di amministrar
loro i Sacramenti per causa di malattia. Se esse vengono da
noi, si ricevano in luogo pubblico, e si c e c h i di sbrigarsene al
più presto.
» Ho domandato al Cardinale Merry del V al, Segretario del
S. Uffizio, se aveva qualche cosa da aggiungere al riguardo; mi
rispose che si insistesse sulle norme suddette. Si facciano quindi
conoscere, e si mettano fedelmente in pratica. Così guadagneremo
tempo, saremo più tranquilli, e salveremo più anime ».

3.4 Page 24

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495
h) Obbedienza. Ai quesiti: quali relazioni abbia l ’Economo
Ispettoriale coi Direttori: e se possa fungere da Ispettore quando
questi è assente, si risponde: ch ’egli non può avere coi Direttori
altre relazioni all’infuori di quelle che gli sono affidate dall’i ­
spettore; e che, giusta l ’art. 95 delle Costituzioni, a sostituire
l ’ispettore, in caso di morte, sottentra il Consigliere Ispetto-
riale più anziano, di ufficio o di professione, escluso sempre
l ’Economo Ispettoriale.
Si chiede inoltre una norma definitiva per l’esatta osser­
vanza dell’art. 53 delle Costituzioni, che stabilisce il modo di
consegnare le lettere ai confratelli, perchè l ’uso che ora vige
quasi dappertutto, lascia perplesso l ’animo del Direttore.
Il rev.mo signor D. Rinaldi risponde: «Bisogna stare a quanto
prescrivono le Costituzioni, procedendo però, com ’esse vogliono,
con somma prudenza e delicatezza. A questo scopo raccomando
che non si distribuisca la corrispondenza a tavola (anche perchè
a tavola è bene che non si leggano lettere, ma si stia uniti in
fraterna conversazione); il Direttore, personalmente e privata­
mente (non mai in pubblico nè per mano d ’altri), la consegni
a ciascun confratello; e quando proprio debba servirsi di altri,
chiuda la lettera in altra busta. Presentandosi poi qualche caso
eccezionale, s’intenda col proprio Ispettore o coi Superiori sul
modo di regolarsi ».
Essendosi pure domandato se il Prefetto in assenza del
Direttore sia autorizzato ad aprire le lettere dei confratelli, il
rev.mo Superiore risponde: « Il Prefetto si attenga agli ordini
del Direttore; ma si eviti il grave inconveniente di non conse­
gnare la posta ».
TREZO TEMA.
ORDINAMENTO DEGLI STUDI.
A) Importanza degli studi per la formazione cristiana e
religiosa.
Secondo lo spirito delle nostre Costituzioni, lo studio è un
mezzo della nostra formazione religiosa e un avviamento alla
perfezione; dice infatti l ’art. 2 che « ... i soci, oltre all’acquisto

3.5 Page 25

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496
delle virtù interne, attenderanno a perfezionare sè stessi nella
pratica delle virtù esterne e mediante lo studio »; e l ’art. 48 pone
lo studio come secondo punto del rendiconto mensile. E ciò
vale per tutti indistintamente: non solo pei sacerdoti e chierici,
ma anche per i coadiutori. Per questo D. Bosco, che ci mostrò
chiaramente nella sua vita, sin dai sacrifizi eroici della sua fan­
ciullezza, quanto stimasse lo studio, ci ha dato come Protettore
S. Francesco di Sales, il Santo Dottore, che lo studio ebbe a
chiamare « l ’ottavo Sacramento per un sacerdote». D i qui nasce
ima triplice necessità:
Necessità di adoperarsi perchè tale importanza sia da tutti
riconosciuta e sentita praticamente. Spetta al Direttore, come a
padre, formare lo spirito dei confratelli a tale amore per lo
studio, coll’esempio anzitutto e poi colla parola. Procuri che
i confratelli riconoscano e sentano il dovere d ’istruire i loro
alunni, e agli alunni faccia capire che il non studiare non è
una semplice furberia da ragazzi, ma una mancanza ad uno
stretto dovere; proponendo altresì le sanzioni religiose. Parli
spesso di questo argomento nel sermoncino della sera. La sua
parola paterna, meglio che gli avvisi disciplinari del Consi­
gliere scolastico, farà amare lo studio come voleva D. Bosco.
Perchè questo è l ’importante: far amare lo studio; poco importa
l ’imparare un p o ’ più o un p o ’ meno, se non si forma la co­
scienza al dovere dello studio, come dovere imposto dal Si­
gnore.
Necessità di mettere ogni cura per il buon andamento di
tutti i corsi di studio: preparatorii, filosofici, del triennio pratico,
teologici, e del quinquennio dopo l ’ordinazione sacerdotale.
a) Quanto agli studi preparatorii, non si ammettano gli
aspiranti al noviziato, se prima non hanno compiuto tali studi:
non avrebbero lo sviluppo sufficiente, e non si farebbe che ac­
cumular rovine. Il Diritto Canonico esige che siano rite instructi,
senza precisare meglio; non v ’è quindi una forma fìssa e deter­
minata per ogni luogo. In Italia ci contentiamo di una cultura
di quarta ginnasiale compiuta. Se talvolta si è allargata la mano,
ci sarà stata una buona ragione, ad es. quella di assicurare una
vocazione; ma con una buona vigilanza degl’ispettori e Direttori
si potrà ottenere che di qui innanzi la norma sia seguita.
b) Il corso filosofico sia realmente di due anni completi,

3.6 Page 26

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497
come vogliono i Canoni e l ’art. 164 delle Costituzioni. Nè sembra
il caso di portarlo a tre anni, come qualcuno ha proposto, per
una miglior preparazione, specialmente pedagogica. Giusta
l ’art. 322 dei Regolamenti, lo studio della pedagogia deve comin­
ciarsi già nel noviziato, il che può farsi nelle conferenze del D i­
rettore. Del resto non bisogna dimenticare che il Salesiano
non è un teorico della pedagogia, ma un educatore. D opo gli
elementi indispensabili della teoria, che possono esser ciati dalla
filosofìa, bisogna imparare l ’arte di educare con la pratica. Al
più si potrà concedere un terzo anno di studio ai chierici che
mostrino migliori disposizioni, per il conseguimento di un titolo
di studio.
A questo riguardo si esprime il voto che, per agevolare ai
nostri chierici il conseguimento di titoli di studio, si chieda la
parificazione di alcune nostre scuole, come hanno fatto le Figlie
di Maria Ausiliatrice; e il rev.mo sig. D. Rinaldi risponde che
si sono già iniziate le pratiche relative.
Viene da ultimo tributata una lode alla Casa di V alsalice,
la quale ha sempre corrisposto nobilmente alle aspettazioni dei
Superiori, che in essa hanno realizzato lo sforzo migliore per la
preparazione del personale: nei confronti colle prove delle altre
Ispettorie, V alsalice ha avuto sempre il primato. Ben cinque
Ispettorie vi mandano i loro chierici, con piena soddisfazione;
e c ’è da augurarsi che anche le altre ne seguano l ’esempio.
Il rev.m o sig. D. Rinaldi risponde circa la mancanza, da
qualcuno lamentata, d ’un testo di pedagogia salesiana, con
queste parole: « Nella vita di Don Bosco vi sono capitoli che ci
dànno norme di pedagogia pratica. La nostra pedagogia però
sta scritta nella vita salesiana. Quello che Don Bosco disse che
avrebbe scritto, purtroppo non lo potè scrivere sulla carta, ma
lo scrisse nella vita pratica, in tutti i doveri quotidiani ch’essa
c ’impone. Perchè non si scrive un testo? Perchè Don Bosco
non è ancora interamente compreso: dobbiamo ancora studiarlo
dippiù e soprattutto farlo studiare. Si sono già fatti varii ten­
tativi, ma sono riusciti schizzi incompleti; i Superiori vedono
con piacere questi sforzi, ma un lavoro che ci dia il metodo
educativo di Don Bosco tutto intero, non c ’è ancora. Ciascuno
sia sollecito di studiare di più Don Bosco, di praticare la vita
propriamente nostra, le nostre tradizioni. Se noi seguiamo il

3.7 Page 27

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498
programma della giornata salesiana, vi troveremo tutto il pro­
gramma nostro.
« Qualcuno ha chiesto una parola sulle relazioni tra il Diret­
tore e il Prefetto. Anche qui — sia detto per incidenza — c ’ è
un tratto della nostra pedagogia. Direttore e Prefetto si com­
pletano a vicenda. Vadano d ’accordo, si parlino sovente: senza
quest’armonia molte cose vanno male ».
c) Il triennio pratico, ecco qual è il vero corso di pedagogia
salesiana, corso affidato alle cure paterne del Direttore: valga
questo a farne comprendere la grandissima importanza. Tale
era il pensiero esplicito del sig. D. Rua, che scriveva: « Questa
cura speciale nei detti tre anni è d ’una importanza al tutto ec­
cezionale, perchè da essa dipenderà la perseveranza di molte
vocazioni, e la buona riuscita di molte altre, che senza detta
cura non verrebbero poi in seguito a portare i frutti dai Superiori
attesi, essendo in questo tempo specialmente che si formano i nostri
chierici alla vera vita pratica salesiana ». (Circolari p. 276).
La nostra pedagogia quindi si studia nella vita, con l ’umiltà,
la rassegnazione e l’obbedienza, un p o’ a spese nostre e un p o’
a spese altrui; non s’impara da una cattedra, che ci esponga
teoricamente, in termini scientifici, i varii sistemi. Il vero trat­
tato è la vita pratica, e le sue pagine sono il cortile, lo studio,
il refettorio, la chiesa, il dormitorio, il passeggio. E a far leg­
gere bene su queste pagine debbono appunto mirare le solleci­
tudini del Direttore.
Come appendice poi il triennio pratico ha un programma di
letture, per viva mantenere la conoscenza del latino e la coltura
generale; e il Direttore deve procurare che i chierici ne abbiano
il tempo e i mezzi, e vegliare che queste letture si facciano, esi­
gendone la traduzione per iscritto. Si insiste specialmente che
non trascurino lo studio del latino quei chierici che si prepa­
rano ad esami pubblici. Il Direttore non ometta la lezione
settimanale sul Nuovo Testamento (Reg. a. 57), ch ’è una buona
occasione per avvicinare e formare i chierici.
Data l ’importanza del triennio, e la responsabilità che in­
combe sui Direttori, sarà bene che i chierici, almeno nei primi
due anni, siano inviati in Case ben formate e di buono spirito,
ove si svolga al completo l ’opera nostra, escludendo le Case in
formazione e i Pensionati.

3.8 Page 28

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499
Per la stessa ragione si è stabilito di non prendere in consi­
derazione le domande dei chierici per dispensa dal triennio, se
non sono corredate da una nota spiegativa col parere dell’ispet­
tore; e si raccomanda vivamente agli Ispettori di non essere
facili ad appoggiare tali domande, che contrastano col nostro
ordinamento.
d) Riguardo al quinquennio dopo l ’ordinazione sacerdo­
tale, si insiste sul dovere di dare gli esami prescritti dai Canoni,
esami per i quali si è dato uno schema di programma. Il rev.mo
sig. D. Rinaldi a tale riguardo comunica di aver ricevuto una
proposta scritta per corsi estivi alla Crocetta in preparazione
all’esame di confessione. Non si nasconde la difficoltà di aggra­
vare i professori durante le vacanze, ma assicura che si penserà
a provvedere in qualche modo.
Necessità di mantenere vive e attive nella scuola le norme
e le direttive dei Regolamenti lasciatici da D. Bosco. Quindi il do­
vere del Direttore di leggere e spiegare tali Regolamenti, e di
vegliare perchè siano da tutti e sempre fedelmente osservati.
B) La scuo la sia informata allo spirito salesiano, che si
compendia nel m otto: Da mihi animas, cetera tolle. Perciò:
A questo spirito devono informarsi gl'insegnanti, in teoria
e in pratica. Le idee di Don Bosco si trovano chiare e intere
nel suo trattatello sul Sistema preventivo e nei Regolamenti.
Si attinga a queste preziose sorgenti, per non perdere la traccia
delle nostre tradizioni. Non cerchiamo altrove nuove norme,
quasi a perfezionare il nostro metodo, che verrebbe invece a
esserne sformato. Il sistema salesiano fu mostrato al nostro
buon Padre in quel celebre sogno ch ’egli ebbe a nove anni, e
che dobbiamo considerare come cosa ispirata da Dio, quindi
sacra per noi. Approfondiamone sempre meglio la conoscenza:
vi troveremo tutto quanto ci occorre per il nostro compito edu­
cativo. « Non colle percosse, ma colla carità e colla mansue­
tudine », quindi nessuna forma violentar. « Mettiti alla testa »,
quindi insegnare coll’esempio, preparando e facendo bene la
scuola. E questa ha da essere un mezzo per formare le anime
alla virtù.
Manteniamoci fedeli a D. Bosco specialmente quanto all’e ­
ducazione casta e pura, difendendo il nostro sistema da ogni

3.9 Page 29

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500
altra teoria moderna, che possa apparire più introspettiva.
Questo sistema educativo egli lo ha regolato secondo la genuina
sapienza cristiana, e per questo appunto esso ha avuto sempre
e dappertutto tanta efficacia.
A questo spirito devono conformarsi i programmi scolastici
e la scelta degli autori. Gl’Ispettori abbiano su questo punto
l ’occhio vigile. La nostra missione è la conquista delle anime.
A Don Bosco, nel sogno testé ricordato, fu detto che istruisse i
giovani sulla bruttezza del vizio e la bellezza della virtù, non
che insegnasse loro a leggere e scrivere: quindi il nostro compito
essenziale è la formazione morale: fare anzitutto dei ragazzi
buoni. Per questo occorre badare bene ai programmi e alla scelta
degli autori. Quanto ai testi latini, gioverebbe che vi fosse uni­
formità, e che si desse la preponderanza agli autori cristiani.
Quanto agli autori pagani, non si ometta mai di commentarli
cristianamente. Questa è la nobile tradizione cristiana, la quale
ritiene i sapienti pagani manchevoli nell’esposizione della verità,
perchè rischiarati solo dal lume della ragione, ma insieme vede in
essi un avviamento alla luce della verità eterna, a Gesù Cristo;
fa d ’uopo dunque completare tale deficienza, commentandoli
convenientemente ai nostri ragazzi. Così la nostra scuola avrà
sapore di cristianità, di salesianità, e sarà davvero un avvia­
mento alla chiesa.
Si richiama qui il dovere di favorire la S. E. I., che dopo
grandi sforzi e sacrifizi si è ormai imposta alla stima generale,
e che dobbiamo considerare nostra. Anzitutto si adottino le sue
edizioni, che saranno sempre più sicure; e se ve n ’è qualcuna
meno pregevole, certo è sempre sufficiente. E poi si riservi alla
S. E. I. l ’intera fornitura scolastica; e non si pretendano ribassi
superiori a quelli consentiti dalla convenzione che lega tra loro
le varie Librerie; se qualche altra libreria trasgredisce questa
convenzione, concedendo ribassi maggiori, non è certo conve­
niente l 'avvalersene da parte di noi religiosi, negando così il
nostro concorso allo sviluppo della S. E. I.
Il Revisore editoriale è un Salesiano, quindi alla dipendenza
dell’ispettore (art. 45 Regol.) e del Consigliere Scolastico Ge­
nerale; e per il controllo delle edizioni sono incaricati anche il
Prefetto e l ’Economo Generale.
Qualcuno ha osservato che si fanno compilare libri da estra­

3.10 Page 30

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501
nei, mentre tra noi vi sono tanti competenti per lunga esperienza:
ebbene, si facciano conoscere, e i Superiori saranno ben lieti di
accogliere i loro lavori.
Con questo spirito infine debbono essere impartite le lezioni,
specialmente di religione, di storia sacra ed ecclesiastica. Si rac­
comanda perciò che la scuola di religione venga affidata ai più
abili insegnanti.
Qui, a modo di appendice, si fa qualche raccomandazione
circa il modo di parlare e di scrivere per i giovani. Perchè la
nostra parola sia efficace com ’era quella di Don Bosco, dobbiamo
darle quell’atteggiamento, quella forma ch ’egli le diede con
tanto lavoro e tanti sacrifizi. Dobbiam o perciò custodire la
sem plicita e la chiarezza. I giovani predicatori non si lascino
attrarre dal desiderio di apparire intellettuali.
Il modo di scrivere sia salesiano, cioè chiaro, piano, facile.
Non si esageri il tono, nè si dicano cose spropositate, che muo­
vano al riso. Si stia attenti a non lisciar troppo l’amor proprio
dei ragazzi: siamo prudenti.
Come aggiunta al tema si accenna al consolante sviluppo
della Unione Don Bosco tra Insegnanti, la quale si propone di
diffondere tra gl’insegnanti, senza distinzione di partiti o d ’idee,
la conoscenza e soprattutto la pratica del sistema preventivo nel­
l ’assistenza e nella cura degli alunni. Numerose adesioni perven­
nero già da ogni parte d ’Italia e dall’Estero, e vanno crescendo
in m odo consolante. Converrebbe nei centri principali, o almeno
in ogni Ispettoria, far sorgere una Unione Don Bosco fra gli
Insegnanti, la quale adunasse i suoi membri e gli aderenti in­
segnanti due o tre volte all’anno per ascoltare una conferenza
sul metodo educativo di Don Bosco, onde tradurlo in pratica
nelle rispettive scuole. Ecco lo Statuto:
1° È costituita in .....con sede in ......... una Unione fra inse­
gnanti: sotto il titolo di « Unione Don Bosco ».
2° L ’Unione è apolitica e non fa, quindi, alcuna distinzione
nell' accettazione degl insegnanti.
3° L ’Unione ha per iscopo la formazione morale e religiosa
degli associati; in modo particolare con la conoscenza, e, soprat­
tutto, con la pratica del sistema preventivo nell’assistenza e
nella cura degli alunni.

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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502
4° Per essere ammessi a far parte di quest’Unione è neces­
sario mandare l ’adesione alla locale Presidenza.
5° Non vi è obbligo di tassa; alle spese di posta e di cancel­
leria provvederanno le libere offerte degli aderenti.
6° L ’Unione è retta da un Consiglio nominato, ogni anno,
dagli associati. Il numero dei membri non può essere inferiore
a cinque, nè superiore a nove, e ciascuno di essi potrà sempre
essere rieletto.
Conclude la trattazione del tema il sig. Don Rinaldi con
queste parole: «Vi raccomando anzitutto di far conoscere l ’ U­
nione Don Bosco ovunque si estende la vostra azione; in tal
modo si aumenterà il bene, e si sviscererà meglio il sistema del
nostro Padre e Fondatore.
« Vi è stata raccomandata la S. E. I. Ora, io sono lieto di
poter comunicare le lodi ad essa tributate dalla Congregazione
R omana degli Studi, che ne ha raccomandate le edizioni ai
Seminari; dalla Congregazione del Concilio, e anche dal Santo
Padre, il quale, ad alcuni religiosi che l ’anno scorso gli propo­
nevano un’associazione per la pubblicazione di libri conformi
allo spirito cristiano, rispose: — E non ci sono i Salesiani?
Essi dirigono le edizioni della S. E. I. Per ora bastano loro.
— Incoraggiati da sì alte lodi noi ci sforzeremo di migliorare
ancora il compito nostro. Se qualcuno rileverà scorrettezze di
pensiero o di forma, o altre deficienze, le segnali a chi di ra­
gione. Ma tutti faremo un’opera buona a sostenere la S. E. I.,
che, pur nel nuovo indirizzo, è sempre la continuazione del­
l ’opera di apostolato iniziata dal nostro Ven. Padre D. Bosco ».
QUAR TO TEMA.
LE MISSIONI.
Prima di occuparsi di cooperazione missionaria è necessario
formarsi una coscienza missionaria. Patta senza convinzione,
l ’opera sarebbe nulla o quasi nulla. Ora, ad acquistare questa
convinzione giova penetrarsi bene dell' importanza e dell' urgenza
del problema missionario.

4.2 Page 32

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503
È importante per noi come cattolici, perchè la Chiesa nostra
Madre è stata fin dal suo inizio e sarà sempre missionaria, avendo
il suo Divin Fondatore comandato che si predicasse il Vangelo
in tutto il mondo. Ed è importante in modo speciale per noi
come Salesiani, perchè il nostro buon Padre Don Bosco vagheg­
giò le Missioni fin dal principio della sua Opera, e perchè le
Missioni Salesiane hanno preso un grande sviluppo, che crescerà
sempre più in avvenire.
Ed è anche un problema urgente. D opo la guerra è comin­
ciato tra i popoli pagani un grande m ovimento verso la civiltà,
e bisogna che almeno di pari passo si diffonda tra essi la reli­
gione cattolica, per prevenire i danni di una civiltà puramente
materiale. Di più tra gli stessi popoli v ’ è un fermento di nazio­
nalismo, di emancipazione; perciò è necessario che, se in avve­
nire questo nazionalismo si volgesse in odio contro gli stranieri,
si trovi già in quei paesi un organismo cattolico forte e sicuro,
cioè un clero indigeno capace di continuare l ’opera dei missio­
nari. Infine protestanti e musulmani fanno sforzi incredibili per
disputare alla verità cattolica le menti e i cuori dei popoli infe­
deli: onde urge ostacolare tali sforzi con una intensa e pronta
azione missionaria. Di questa urgenza fanno fede le due celebri
Encicliche « Magnum illud » di Benedetto X V (1919) e « Rerum
Ecclesiae » di Pio X I (1926), che formano come la « Magna
Charta » dell’opera missionaria.
Convinti così dell’importanza e urgenza del problema missio­
nario, noi tutti dobbiamo intensificare i nostri sforzi a pro delle
Missioni Salesiane. Molto si è già fatto, dietro l ’impulso dato
dal rev.mo sig. D. Rinaldi, coll’indire in tutte le nostre Case i
Congressini missionari, che rappresentano una iniziativa forse
unica nella Chiesa, e che hanno acceso dappertutto un sacro
ardore per le Missioni. Affinchè questo fuoco abbia a farsi sem­
pre più vivo ed efficace, vengono indicati varii mezzi di coope­
razione, i quali possono raggrupparsi in tre categorie: Preghiera
Vocazioni Missionarie Mezzi materiali.
1° La preghiera è intesa qui nel suo senso più largo, che
comprende anche il sacrifizio, mezzo efficacissimo per attirare
grazie dal Signore. Essa fu raccomandata caldamente dal Santo
Padre Pio X I come « l ’aiuto e quasi l ’alimento delle Missioni ».

4.3 Page 33

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504
È pure desiderio dei nostri Superiori che si preghi per le Mis­
sioni, come lo fu del Ven. nostro Padre D. Bosco, il quale stabilì
che si recitasse ogni sera una Salve Regina per i nostri Missionari.
La preghiera con intenzione missionaria, fa notare qui il rev.mo
sig. D. Rinaldi, non ha solo valore impetrativo sul cuore di Dio,
ma anche efficacia sul cuor nostro, disponendolo a maggior
zelo per le Missioni. Ciò posto, ecco alcune forme di attuazione
di questo movimento di preghiera.
a) Il Direttore raccomandi spesso alle preghiere dei con­
fratelli e alunni (specie nel sermoncino della sera) le Missioni­
Cattoliche e soprattutto quelle Salesiane: gioverà a tal fine ch’egli
commenti talora ai giovani quell’uso della Salve Regina per i
missionari, uso che ai missionari è tanto caro e di grande con­
forto. Il rev.m o sig. D. Rinaldi propone che s’introduca in ogni
Casa, nella funzione del 24 del mese, prima del Tantum ergo il
canto dell’invocazione: Ut omnes errantes ad unitatem Ecclesiae
revocare, et infideles universos ad E vangelii lumen perducere di-
gneris, Te rogamus, audi nos, come già si suol fare all’ Oratorio.
Si può cantarla sull’aria gregoriana, o su quelle composte dal
M° Dogliani e da Don Antolisei.
b) Si promuovano per lo stesso fine corone di Comunioni,
visite al SS.mo Sacramento, la recita privata del S. Rosario.
c) Si promuova pure l ’ascrizione degli alunni interni ed
esterni all’Associazione Gioventù Missionaria, senza pregiudizio,
s’intende, delle nostre tradizionali « Compagnie »; obbligo prin­
cipale di essa è appunto la preghiera per le Missioni.
d) Si indicano e si celebrino periodicamente giornate mis­
sionarie. A questo riguardo il rev.mo sig. D. Rinaldi raccomanda
di evitare ogni urto coi Delegati diocesani per le Missioni, come
già in qualche luogo s’è avuto a deplorare. Nelle chiese pubbliche
o parrocchiali s’invitino a tali giornate i nostri Cooperatori, che
sono un’associazione approvata dalla S. Sede; e conseguiremo
egualmente il nostro scopo.
e) Si propaghi tra i Cooperatori e i fedeli in genere la de­
vozione a Maria SS. Ausiliatrice come Patrona delle Missioni
Salesiane; gioverà a tal fine divulgare anche tra i giovani l ’Asso­
ciazione di Maria Ausiliatrice.
f ) Si raccomandi ai Salesiani e alunni di unire alle pre­
ghiere anche qualche sacrifizio (privazioni, atti di virtù, ecc.).

4.4 Page 34

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505
2° Le Vocazioni sono il secondo aiuto da prestare alle Mis­
sioni; e a questo riguardo il S. P. Pio X I indirizzava ai Vescovi
le più calde esortazioni di non badare a sacrifizi per procurare
operai evangelici alle Missioni. A raggiungere tale intento gio­
veranno i seguenti mezzi:
a) Si parli spesso delle Missioni, segnatamente nel sermon-
cino della sera. Si approfitti del passaggio di nostri missionari
per invitarli a tenere conferenze, sermoncini anche fuori ora­
rio, ecc. A Bologna un nostro missionario fu invitato a tenere
conferenze in tutte le scuole medie della città, e riportò un
ottimo successo.
b) La lettura in chiesa, in refettorio, in dormitorio, sia
qualche volta sulle Missioni; non si tralasci mai di leggere, anche
nel refettorio dei giovani, il Bollettino Salesiano, e si legga anche
Gioventù Missionaria. A proposito di quest’ultima, è volontà
dei Superiori di averne il controllo; perciò si continuerà a pub­
blicarla a Torino, come si fa per il Bollettino. Alle lamentate
irregolarità di spedizione si è già provveduto a porre rimedio.
Si raccomanda a tutti i Direttori di diffondere questa rivista,
e si cita alla comune ammirazione l ’esempio dei giovani aspi­
ranti d ’Ivrea, che hanno già procurato nientemeno che un mi­
gliaio di abbonamenti fuori della nostra cerchia.
c) Si istituisca una biblioteca missionaria, o almeno una
sezione di tal genere nella biblioteca già esistente. Si propone
che i Salesiani dei varii paesi del mondo facciano conoscere le
pubblicazioni missionarie esistenti nella propria lingua, e che
vi sia scambio di opere drammatiche trattanti questo argomento.
Giovano pure molto i quadri, le cartoline, le films e le diapositive
a soggetto missionario. Di cartoline, films e diapositive esistono
già varie collezioni; e sarebbe ottima cosa che presso tutti gli
Ispettori vi fosse una collezione completa di films e diapositive
missionarie, che potrebbero anche noleggiarsi ad altri istituti
cattolici. Si possono avere rivolgendosi alla Direzione centrale.
Viene qui citato l ’esempio d ’un impresario torinese di Cinema,
che, avendo accettato di presentare al pubblico la film missio­
naria del Congo Belga, vide accorrere numeroso pubblico per
intere giornate a vederla, e venne poi, riconoscente, a com ­
piacersene coi Superiori.
d) Nelle rappresentazioni e accademie non si ometta di

4.5 Page 35

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506
fare qualche recita di soggetto missionario. A questo proposito
si esprime il voto che si preparino nuove produzioni drammatiche
adatte per i modesti teatrini dei nostri istituti.
e) Si continui la bella pratica dei Congressini missionari,
o almeno si faccia ogni anno la giornata missionaria.
f) Nelle conferenze, nelle conversazioni private si faccia
conoscere agli amici delle nostre Opere il bisogno che abbiamo
di vocazioni missionarie. Cooperatori ed Ex-allievi possono
aiutarci anche in questo.
g) Scoprendo la vocazione missionaria in un giovane, sia
nostro alunno, sia esterno, non si badi a sacrifizi per coltivarla
e assicurarla.
h) Ove la Divina Provvidenza ne dia il mezzo, si aprano,
previo il consenso del R ettor Maggiore, Case per le vocazioni
missionarie di aspiranti chierici e coadiutori.
3° I mezzi materiali, quantunque non abbiano l ’importanza
dei due precedenti, sono pur necessari, ed entrano nell’ordine
stabilito dalla Provvidenza Divina. A questo riguardo il Santo
Padre Pio X I esorta i Vescovi a non vergognarsi di far q u a s i
mendicanti per l ’Opera della Propagazione della Fede. E a noi
in particolare dev’essere di sprone il pensiero di alleviare un
poco il peso gravissimo che preme le spalle del rev.mo Rettor
Maggiore.
Qui si fa notare che il fare o raccogliere offerte per determi­
nate Missioni è cosa per sè lodevole; ma siccome soltanto il
Superiore conosce i reali bisogni di tutte, e sovente le più bi­
sognose sono le meno conosciute, così è meglio mandare a lui
le offerte, lasciandolo arbitro della distribuzione di esse. Ciò
premesso, ecco varii mezzi di procurare aiuti materiali alle
Missioni:
a) Raccomandare ai nostri alunni di fare qualche piccola
offerta secondo la loro possibilità. In qualche casa i giovani stessi
organizzano collette « pro Missioni ».
b) Collocare in luogo visibile, a cui possano accedere
anche gli esterni, una o più cassette « pro Missioni ». Ne sono
ora allo studio varii modelli per sostituire le attuali, riconosciute
poco pratiche. Sarebbe bene interessare gli ex-allievi, quando

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507
si riuniscono, alla cooperazione missionaria, invitandoli ad ac­
cettare e collocare nei loro paesi di tali cassette.
c) Organizzare Comitati di Zelatori e Zelatrici « pro Mis­
sioni ».
d) Promuovere la fattura, raccolta e spedizione al Rettor
Maggiore di lini e indumenti sacri, e anche di vestiario e altri
oggetti utili per neofiti dei due sessi. Prima di spedire queste
cose, gioverà esporle, per soddisfazione degli oblatori e a stimolo
degli altri.
e) Tenere rappresentazioni teatrali, conferenze con proie-
zioni, banchi di beneficenza « pro Missioni ».
f ) Quando la Provvidenza ci manda qualche offerta gene­
rosa, pensare a farne parte alle Missioni.
g) Favorire le Opere Missionarie Pontifice: Propagazione
della Fede — Santa Infanzia — Opera di S. Pietro Apostolo
— Unione Missionaria del Clero: opere tutte arricchite dalla
S. Sede di molti favori spirituali.
Il rev.mo sig. D. Rinaldi termina con queste parole: «V i
ringrazio di cuore dell’interessamento che tutti avete dimostrato
per i Congressi e Congressini missionari, opera e propaganda
che riuscì più grandiosa di quanto potevamo aspettarci. R a­
gazzi che tengono congressi, che dicono cose bellissime, adatte,
utilissime: è stato davvero uno spettacolo nuovo ed edificante.
Mi auguro che, come si sono raccolte belle offerte pecuniarie,
così molto maggiore sia stato il frutto educativo tra i nostri
giovani; essi certo non dimenticheranno le salutari impressioni
del pensiero missionario; nè saranno stati suscitati invano nei
loro cuori i forti sentimenti della carità e della fede, animatori
di queste mirabili manifestazioni.
» Benediciamone insieme il Signore. E non meravigliamoci
che altri non s’interessi di noi e dell’opera nostra, come qual­
cuno ha lamentato nel corso di questa discussione. Ognuno ha
da sostenere le proprie opere; e d ’altra parte noi siamo ancor
troppo giovani, e poco ancora abbiamo fatto, se ci confrontiamo
con gli Ordini antichi. Teniamoci invece nell’umiltà, lavoriamo
sempre più, e sempre più saremo conosciuti e stimati. Dio poi
è il giusto estimatore dei nostri sforzi, e il suo giudizio è il solo
che deve starci a cuore ».

4.7 Page 37

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- 508
QUINTO TEMA.
LE SCUOLE PROFESSIONALI ED AGRICOLE
ED I COADIUTORI SALESIANI.
1° L e S cu o le P r o f e s s io n a l i e d A g r ic o le
SECONDO IL CONCETTO SALESIANO.
a) Il concetto delle Scuole Professionali ed Agricole sia
quello medesimo che il V en. Don Bosco ci lasciò descritto nella
Santa R egola. Esse costituiscono la 2a opera provvidenziale
che Egli fondò, collegata cogli Oratorii Festivi, « specialmente
per giovanetti totalmente abbandonati da ricoverarsi in un
ospizio ». Questi ospizi abbiano di mira non solo l ’istruzione re­
ligiosa, ma anche di abilitare gli allievi a guadagnarsi onesta­
mente il pane; perciò i laboratorii siano vere Scuole di Arti e
Mestieri; producano quel tanto che è compatibile con la condi­
zione di scuola. Dicasi il medesimo delle Scuole di Agricoltura,
per i casi ordinari, com ’è detto nel fascicolo Scuole Agricole
Salesiane.
b) Perciò le nostre Scuole Professionali ed Agricole debbono
avere le due caratteristiche: 1° formare operai ed agricoltori
cristiani ed abili; 2° compiere, coll’aiuto dei Cooperatori, una
opera di beneficenza sociale.
c) Le Scuole Professionali ed Agricole, per essere vera­
mente Salesiane, hanno da essere totalmente nelle nostre mani,
cioè non solamente per la direzione ed amministrazione, ma anche
per l ’insegnamento professionale, dato possibilmente dai nostri
coadiutori, maestri d ’arte. Solo così potranno produrre frutti
di rigenerazione fra i figli del popolo e somministrare alla nostra
Società le vocazioni di confratelli di cui abbisognamo.
d) D all’Art. 5° delle nostre Costituzioni si deduce facil­
mente che, solo in casi eccezionali, le nostre Scuole Professio­
nali potranno destinarsi ad allievi esterni. Sono invece lodevoli
gli sforzi di istituire Scuole Serali per giovani operai, Corsi Fe­
stivi o Serali per agricoltori.
e) Per gli artigiani ed agricoltori, come per altri allievi,
si deve osservare il nostro speciale sistema preventivo e di fa­

4.8 Page 38

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509
miglia, con tutti quei mezzi suggeriti dal Ven. Don Bosco e suoi
successori per coltivare molte e buone vocazioni di coadiutori.
f ) Il Consigliere Professionale Gen. stabilisce il programma,
ossia le norme generali da attuarsi per ottenere buoni operai e
buoni agricoltori, come pure i programmi per formare maestri
d ’arte salesiani; però spetta alle singole Ispettorie, secondo la
legislazione scolastica del proprio paese, adattare questi pro­
grammi alle particolari condizioni locali, conservando però
sempre lo spirito salesiano e l ’indole propria delle nostre Scuole
Professionali ed Agricole.
g) Il Direttore, il Prefetto e più ancora il Consigliere P ro­
fessionale col Capo Ufficio, cerchino di informarsi bene della
legislazione operaia e professionale della rispettiva nazione, e
procurino di conoscere l ’andamento delle Scuole e degli Stabi­
limenti di Arti e Mestieri governativi, per profittare, in quanto
è possibile e conviene, dell’approvazione, dell’appoggio e magari
anche dei sussidi che si potessero ottenere a favore delle proprie
scuole.
h) Quando si tratti di assicurare una vocazione, non o c­
corre aspettare il termine del corso professionale o di agricoltura
per invitare gli alunni agli Esercizi Spirituali onde conoscere
la vocazione, e far domanda per essere ammessi al Noviziato:
il 4° Anno, per gli allievi artigiani, e anche il 2° per gli agricol­
tori, possono bastare, quando ci siano le altre condizioni.
i) È da lodarsi ed imitarsi l ’iniziativa di quelle Ispettorie
(poche ancora) che hanno già in una Casa Professionale od Agri­
cola il loro Aspirandato per futuri Coadiutori-Artigiani od Agri­
coltori, ed appena i giovani mostrano vocazione, sono passati
ad essa (con edificazione dei buoni compagni e senza badare al
grado o anno del mestiere), ed ivi sono oggetto di assistenza e
cure speciali dei superiori.
Si fa rilevare, e si conferma con esempi, la superiorità del
nostro programma professionale di fronte agli incerti e ineffi­
caci esperimenti governativi; e la stima che godono le nostre
Scuole Professionali presso le Autorità scolastiche e le Ditte
industriali.
Riguardo alla durata delle vacanze estive per gli artigiani,
si stabilisce che non ecceda un mese, e possibilmente (nel nostro
emisfero) sia il mese di agosto.

4.9 Page 39

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510
2° P e r s o n a l e Sa l e s ia n o
per le Scuole P rofessionali ed A gricole.
a) Per aver personale, di direzione, di magistero e di assi­
stenza (così di chierici come di coadiutori) per le Scuole Pro­
fessionali ed Agricole, bisogna che gl’ispettori ed i Direttori
(delle Case ad hoc) cerchino di formarselo. È inutile e fuor di
regola l ’aspettarlo dal Capitolo Superiore o da altre Ispettorie,
che piuttosto sono disposte, per le loro strettezze, a ricevere
aDzichè dare personale. — Tuttavia il Capitolo Superiore ha il
proposito di stabilire una o più case speciali di formazione e di
perfezionamento per accogliere giovani confratelli di ogni Ispet-
toria (ove non siano ancora Case per tal fine) per avviarli con­
venientemente al Magistero Professionale od Agricolo; e una
se n’ è già iniziata in S. Benigno Canavese; si raccomanda
perciò agl’ispettori che non trascurino d'inviarvi gli elementi
idonei.
b) Ogni Ispettore, studiando il suo personale, scelga, per
le Scuole di Arti e Mestieri o di Agricoltura, quei Direttori,
Prefetti, Consiglieri Professionali od Agricoli, Capi Ufficio...
che dimostrino propensione, e se non hanno ancora potuto
fare la dovuta pratica, almeno siano volenterosi e disposti ad
istruirsi, e, soprattutto, amino questo ramo importante dell’o­
pera nostra.
c) I Direttori, Prefetti, Consiglieri Professionali, Maestri
ed Assistenti delle Scuole Professionali ed Agricole debbono
conoscere i Programmi e le norme stabilite dall’ Ufficio del Con­
sigliere Professionale e seguire lo sviluppo che prende l’insegna­
mento professionale ed agricolo.
d) Siano poi diligentemente riempiti e spediti prontamente
i moduli relativi al movimento delle proprie Scuole.
e) Il Direttore raduni spesso i capi d ’arte, li faccia parlare,
li aiuti e li incoraggi. Gioverebbe anche organizzare di tanto
in tanto dei Congressini per soli Coadiutori; potrebbero tenersi
in occasione di Esposizioni locali di un’Ispettoria o di varie
Ispettorie limitrofe.

4.10 Page 40

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511
3° V ocazioni d i Coadiutori
F O R M A Z IO N E D E I C O N F R A T E L L I A D D E T T I A I L A V O R I D E L L E CASE
(PO R TIN AI, SACRESTANI, c u c i n i e r i, i n f e r m i e r i , c o m m is s io n ie r i,
GU ARD ARO BIERI, D ISPEN SIER I, ECC.).
Ogni Ispettoria, oltre ai Confratelli addetti specialmente
alle Scuole Professionali ed Agricole, deve anche procurare di
formarsi un buon personale di abili coadiutori per provvedere
con essi alle varie case. È questa una necessità inderogabile, se
si vuole conservare la pratica e lo spirito di Don Bosco. Quindi:
a) Sia impegno di tutti i soci cooperare a ciò, avvicinando
quei buoni elementi di cui si venisse a conoscenza tra allievi o
conoscenti, per proporli ai Superiori locali o all'Ispettore, per
coltivare e cercare, con ogni modo, di assecondarli, a fine di fare
germogliare in essi il buon seme della vocazione.
b) Nelle portinerie dei nostri collegi, ed anche nelle nostre
chiese, vengono spesso giovani di buone disposizioni per pietà
e vita ritirata, chiedendo lavoro e consigli. Dobbiamo attenderli
con carità, consigliarli ed anche — prese le dovute precauzioni
— essere facili a provarli nelle nostre case per vedere se fosse
in essi un principio di vocazione. Lo stesso succede e con più
frequenza nei nostri Oratorii e Circoli Giovanili. Non ci lasciamo
sfuggire queste occasioni di aumentare il nostro personale, an­
corché la casa nostra non ne abbisognasse — omnes probate,
quod bonum est tenete; — potremo così trovare ottimi elementi
per le numerose opere nostre.
c) Chi ama davvero la Congregazione, l ’opera di Don
Bosco e le sue Missioni, deve impegnarsi colla preghiera, coi
consigli e coll’esempio (invocando anche l ’aiuto dei cooperatori
e degli ex-allievi) per procurare molte belle vocazioni di Coadiu­
tori a tutte le nostre case di formazione.
Per quanto riguarda la formazione e la conservazione dei
professi Coadiutori:
a) Si spieghino anche ad essi quei capitoli dei nostri R e­
golamenti, che riguardano i loro uffici speciali, perchè secondo
la capacità loro e le necessità delle case, tali confratelli possano

5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

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512
disimpegnare bene quelle mansioni che da loro saranno richieste.
Si ricordino, in tali riunioni, gli esempi di virtuosi coadiutori
che si santificarono negli stessi uffici da loro disimpegnati. Si
dia loro infine la sensazione di non essere abbandonati o dimen­
ticati dai Superiori locali.
b) Nelle nostre Costituzioni è detto che la nostra Società
« consta di ecclesiastici e di laici (o coadiutori); che tutti insieme
conducono vita comune, stretti solamente dal vincolo della
carità fraterna e dei voti semplici, ch e li unisce in guisa da for­
mare un cuor solo ed un’anima sola... ». Quindi, salvo quanto
può richiedere il carattere sacerdotale, non si facciano mai
questioni di priorità o preferenze; ed in caso sorgessero compe­
tizioni — come avvenne persino tra gli Apostoli — ricordiamo
la lezione mirabile di Gesù, che disse ai suoi discepoli: nel
mondo si parla così, ma tra i suoi seguaci chi vuole essere il
primo deve mettersi ultimo e farsi servo di tutti i fratelli.
e) Col fine appunto di fomentare quest’unione tra Chie­
rici, Coadiutori e Sacerdoti, per una educazione e formazione
uniforme, si stabilì nei Capitoli Generali, che i nostri Confratelli
chierici e laici, facessero insieme il loro noviziato, poiché dove­
vano poi vivere in comune e lavorare insieme fraternamente
per l’opera di Don Bosco.
d) Si curi l ’istruzione religiosa dei Coadiutori, come pre­
scrive l ’art. 58 dei Regolamenti. — Al quesito, se vi si provveda
a sufficienza coll’istruzione domenicale in chiesa e colle due
conferenze mensili, viene data risposta affermativa. S’insiste
però sulla necessità di formare in essi lo spirito religioso, pro­
curando che osservino la prescritta modestia nel vestire, e che
non tengano danaro. Sia proibito il cosidetto deposito; le bici­
clette siano considerate proprietà della Casa, non di singoli in­
dividui.
Il rev.mo sig. Don Rinaldi raccomanda di trattarli con affetto
e carità fraterna; trattandoli bene, dice, otterremo che siano
più regolari, e non daremo loro pretesto di andar a cercare con­
forto e sollievo fuori di casa, con gli amici.
Si coltivi in essi lo spirito di pietà, vegliando perchè com -
piano le pratiche in comune; e, ove sia possibile, si tengano
corsi di Esercizi spirituali appositi per loro.
e) Si ricordi l ’esempio del nostro Ven. Fondatore, il quale

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513
esercitò specialmente la sua paternità verso i Coadiutori, che
spesso portano il « pondus et aestus » nelle case. Egli sapeva
lodare, incoraggiare e visitare i suoi figli nel campo del loro la­
voro. Se doveva fare osservazioni, dare avvisi, ammonire i con­
fratelli per qualche difetto, cominciava sempre dal lodare tutto
il bene che si faceva, poi veniva opportunamente l ’avviso, che
produceva ottimo effetto;
f ) Infine si usino verso i Confratelli coadiutori — parti­
colarmente se anziani o malaticci — tutti quei riguardi che sono
compatibili colla nostra povertà; si considerino, come sono ve­
ramente, figli di famiglia, si facciano partecipare alle opere
buone dell’istituto, si diano loro prove di fiducia, si chiamino,
si consultino, quando n ’è il caso, si guidino in una parola ad
esercitare il loro bellissimo apostolato di bene negli Oratorii,
nelle ricreazioni, nelle passeggiate, nelle assistenze... in tutta
la vita dell’istituto.
Tutto ciò li affezionerà sempre più alla Congregazione e
farà loro sentire di essere — come D on Bosco li volle — elemento
necessario di un’opera grande.
Appendice.
N orm e p e r i l a b o r a to r i.
a) Cassa. Nelle nostre Case sia unica la cassa, e il centro del­
l’amministrazione sia il Prefetto. Se le Scuole Professionali sono
piccole, la direzione totale sia nelle mani del Prefetto coadiuvato
da un contabile; se grandi, abbia in aiuto un capo-ufficio, possi­
bilmente sacerdote, perchè più facilmente accetto.
b) Acquisto materiale. I capi d ’arte debbono preannunziare
il materiale necessario per i loro lavori al Prefetto o direttamente
o a mezzo del capo-ufficio. Se si tratta di piccole provviste, può
occuparsene direttamente il capo-ufficio, se di grandi, deve in­
tervenire il Prefetto; è inteso però che il Direttore deve essere
messo a parte di ogni spesa rilevante; se di acquisti di macchi­
nari, ecc. il Direttore dev’essere di accordo col Capitolo.
Se l ’acquisto è di una certa importanza, il Prefetto o capo­
ufficio accompagni il capo; se non è possibile, vada pure il capo,
ma sempre munito del buono della Casa.

5.3 Page 43

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514
Se i laboratori sono grandi, ogni laboratorio abbia il suo
magazzino; se piccoli, basterà un magazzino generale con ma­
gazziniere.
c) Pagamenti. Siano fatti dal Prefetto e non dai capi,
come pure il Prefetto dev’essere il firmatario dei buoni, autoriz­
zando al caso il capo-ufficio per la riscossione.
d) Accettazione del lavoro. È meglio che i clienti vengano
nelle nostre Case. Per iniziativa del sig. D. Giraudi, nelle nuove
case, dopo l ’ufficio del Prefetto e del capo-ufficio, vi sarà il sa-
lottino apposito per le misure e le necessarie trattative. Quando
fosse necessario, il capo vada pure a prendere gli ordinativi di
lavoro; ma sia in ciò paternamente vigilato dal Direttore.
Se si tratta di lavori importanti, intervenga il Prefetto o
capo-ufficio, e possibilmente si faccia il contratto, e facciasi
anticipare un acconto. Accettato il lavoro, il Prefetto o capo­
ufficio deve avere il foglio di accettazione, che si manda al capo.
Eseguito il lavoro, si ritiene una delle figlie, e si manda il lavoro
con l ’altra figlia, che si conserva nell’ufficio di amministrazione.
Tali norme siano uguali per tutti assolutamente.
Quindi si registra la fattura, che si stacca e si manda al
cliente per riscuotere, o s’invita il cliente a venire a pagare.
Gl’Ispettori vigilino molto sull’osservanza di questo punto. Si
facciano i buoni anche per le riparazioni.
e) Amministrazione. Si insiste che vi sia il personale am­
ministrativo, per tranquillità dei capi d ’arte; e che si usi lo
specchietto riassuntivo della parte attiva e passiva.
SESTO TEMA.
COOPERATORI ED E X - A L L I E V I.
Pia Unione dei Cooperatori Salesiani.
I. — Scopo.
Diconsi Cooperatori Salesiani coloro che desiderano occu­
parsi di opere caritatevoli non in generale, ma in ispecie, d’ac­
cordo e secondo lo spirito della Congregazione di S. Francesco
di Sales.

5.4 Page 44

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515
I Cooperatori perciò differiscono dai semplici benefattori;
e neanche debbono considerarsi come una Confraternita o
un’Associazione religiosa.
II. — Organizzazione.
a) Il Superiore della Pia Unione è il Rettor Maggiore; il
centro di essa Torino, ove è costituito l ’Ufficio Centrale presie­
duto dal Prefetto Generale. Solo il R ettor Maggiore può con­
ferire il diploma di aggregazione alla P. U.
b) Gli Ispettori per mezzo dell’incaricato Ispettoriale dei
Cooperatori mandino ogni anno un particolareggiato resoconto
sullo sviluppo della Pia Unione nella propria Ispettoria.
c) L ’Ufficio Ispettoriale: 1° curi la demarcazione delle
zone assegnate alle singole Case ed abbia il registro dei Coope­
ratori delle zone non ancora assegnate; 2° proponga all’Ufficio
Centrale la nomina dei Direttori Diocesani, Decurioni e Zela-
trici; 3° insista perchè si facciano le conferenze prescritte, e
altre ne promuova per far conoscere l ’opera nostra; 4° costi­
tuisca Comitati d ’azione, Comitati di Patronesse e di Zelatrici
Missionarie; 5° curi che si facciano i convegni dei Direttori, D e­
curioni e Zelatrici, come pure speciali convegni locali o regionali
di Cooperatori; 6° promuova e diffonda l ’Associazione dei di­
voti di Maria Ausiliatrice, la Commemorazione mensile del 24
d’ogni mese, l ’Esercizio della Buona Morte e la Festa del Papa;
7° interessi i Direttori, Decurioni, Zelatrici e Patronesse per
la ricerca di buone vocazioni di sacerdoti e coadiutori.
Eiguardo alle conferenze, si dichiara che hanno da essere
cosa distinta dal panegirico di S. Francesco di Sales e di Maria
SS. Ausiliatrice; e si suggerisce di tenerle in questo modo: prima
un p o ’ di lettura, preferibilmente delle Lettere del Rettor Mag­
giore ai Cooperatori, con avvisi e raccomandazioni del caso;
poi presentazione dell’oratore; infine la colletta, il cui provento
è riservato al Rettor Maggiore. Come luogo è preferibile la
chiesa, perchè possono così intervenire anche persone non in­
vitate, che potranno divenire nostri Cooperatori.
Circa la costituzione dei Comitati di Zelatrici si fa notare che
non occorre a. tal fine il permesso del Vescovo, perchè le Zela­
trici vengono a far parte della nostra Pia Unione.
.

5.5 Page 45

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516
Vengono elogiati gl’ispettori per la magnifica organizzazione
dei Convegni annuali dei Decurioni, e si raccomanda d ’inten­
sificare le cure per questa nostra forza.
d) L ’Ufficio locale: 1° Sia possibilmente assegnato a un
sacerdote che abbia capacità e modo di occuparsene; 2° abbia
aggiornato il registro dei Cooperatori e dei Comitati di azione,
di Patronesse, Zelatrici Missionarie; 3° mandi sollecitamente a
Torino gl’indirizzi dei nuovi Cooperatori, e avvisi dei cambia­
menti; 4° si assicuri che siano recapitati il Bollettino, le circo­
lari, ecc.; 5° procuri che si mandi l ’obolo delle Conferenze di
S. Francesco di Sales e di Maria Ausiliatrice al R ettor Maggiore.
Essendosi rilevato che alcuni Direttori di collegi a pensione
regolare talvolta non osano appellarsi alla carità dei Coopera­
tori, si risponde che tutti abbiamo, per domandare, l ’eccellente
motivo delle nostre Missioni.
III. — Sviluppo.
a) Si scelgano i nuovi Cooperatori in conformità dello
spirito del Regolamento.
b) Si ascrivano i parenti degli allievi, e così pure i giovani
che lasciano le nostre Case, se hanno l ’età di 16 anni.
c) Con motivo delle Conferenze ordinarie e straordinarie
si spieghi lo scopo dei Cooperatori e s’invitino i convenuti a in­
scriversi.
d) Colla diffusione della Vita di D. Bosco, del Bollettino,
di Gioventù Missionaria e con opuscoli e fogli di propaganda
si cerchi di accrescere il numero dei Cooperatori.
e) In occasione del cinquantenario della P. U. dei Coope­
ratori si lavori perchè ogni Cooperatore ne trovi almeno un
altro zelante e attivo.
IV. B ollettino Salesian o .
a) D. Bosco volle che il Bollettino fosse l ’organo generale
della Pia Unione, sotto la diretta sorveglianza del Rettor Mag­
giore, e si stampasse a Torino.
b) Perciò sia osservato fedelmente l ’art. 411 dei Regola­

5.6 Page 46

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517
menti: si riducano i foglietti delle Case a quattro pagine, e trat­
tino solo di cose riguardanti le case stesse.
c) Il Bollettino sia letto a mensa; sia distribuito regolar­
mente, e diffuso ampiamente: le case poi concorrano a sostenerlo.
d) Si mandino due copie di tutti i foglietti, riviste, libri,
pubblicazioni di ogni genere fatte da noi o per conto nostro,
alla Biblioteca Capitolare, Via Cottolengo 32, Torino.
Unione degli Ex-Allievi.
I. — Scopo.
Nel concetto di D. Bosco essi sono i Salesiani in mezzo al
mondo.
a) D. Bosco è sempre il Padre: gli ex-allievi sono i figli,
nessuno escluso.
b) I figli ritornano con gioia alla casa paterna per grati­
tudine, per ridestare nell’animo soavi e salutari ricordi, per ri­
cevere dal Padre istruzioni e direttive, per aiutarlo nell’opera
sua.
II. — Organizzazione - U n io n i lo c ali.
a) Presso ogni casa siavi l ’Unione locale, estranea alla
politica e alle competizioni sociali.
b) I giovani prima di lasciare la Casa sieno iscritti nell’U­
nione e ne ricevano il distintivo.
e) Si facciano indagini per conoscere gli ex-allievi non
inscritti e s’invitino a inscriversi.
d) Il Direttore, per mezzo di speciale Incaricato, curi
l’Unione, le riunioni annuali, l ’iscrizione degli ex-allievi tra i
Cooperatori, e assegni loro determinati lavori di propaganda
per le opere locali e generali e per le Missioni.
Viene caldamente raccomandata la formazione delle Unioni
locali, notando che per l ’iscrizione basta anche solo aver pas­
sato un anno in un nostro collegio od oratorio. Negli Oratorii
anche i Padri di famiglia, dopo un p o ’ di frequenza, possono
considerarsi iscritti e avere il distintivo.

5.7 Page 47

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III. — F e d e r a z io n i R e g io n a l i e N a z io n a l i.
a) Presso ogni Ispettoria siavi costituita la Federazione
delle Unioni degli ex-allievi, e ne abbia cura un sacerdote de­
signato dall’ispettore.
b) L ’Incaricato si mantenga in relazione colle singole
Unioni e ne curi lo sviluppo e l ’azione.
c) In ogni Nazione siavi la Federazione Nazionale, alla
quale faranno capo le Regionali. La Federazione Nazionale alla
sua volta farà capo alla Federazione Internazionale, presso il
Rettor Maggiore.
IV. — D istintivo - T essera - Organo d e l la
F ederazione.
a) È istituito un distintivo unico per tutti gli ex-allievi
del mondo.
Si raccomanda ai Direttori di farne smercio, essendosi soste­
nuta una spesa considerevole.
b) Si procuri che tutti gli ex-allievi abbiano la tessera.
c) In ogni nazione vi sarà, sotto il controllo dell’ispettore
o di un Delegato di parecchi Ispettori, un organo o rivista della
Federazione, da inviarsi ai tesserati.
Si raccomanda l ’esattezza nel pagare la quota di abbona­
mento a Voci paterne.
Il rev.mo sig. D. Rinaldi conclude la trattazione del tema
degli ex-allievi con queste parole: « Alcuni credono che l’orga­
nizzazione degli ex-allievi sia opera inutile, e perciò la trascu­
rano. Ricorderei loro che gli ex-allievi sono il frutto delle nostre
fatiche. Noi nelle nostre Case non lavoriamo perchè ci paghino
la pensione, e per ottenere che i giovani siano buoni solo mentre
stanno con noi, ma per farne dei buoni cristiani. Perciò questa
organizzazione è opera di perseveranza: con essa vogliamo ri­
chiamarli se sono fuorviati, affinchè non vi sia al m ondo chi,
educato da noi, abbia idee contrarie alle nostre. Ci siamo sacri­
ficati per loro, e il nostro sacrifizio non deve andar perduto ».

5.8 Page 48

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519
CHIUSURA DEL CONVEGNO.
Chiude l ’ultima seduta il rev.mo sig. D. Rinaldi. «Anzitutto
— dice — ho tre avvisi a darvi. Il primo è per gl’ispettori che
hanno ottenuto l ’autorizzazione di aprire una nuova casa. Essi
debbono chiedere il relativo permesso alla 8. Sede; e per questo
ognuno si metta d ’accordo col Segretario del Capitolo Superiore.
Il secondo avviso è per i Direttori. Avete ricevuto dei moduli
per il R endiconto annuale e per i D ati statistici. Vi raccomando
di essere puntuali nel riempire questi moduli e rimandarli al
Capitolo Superiore.
Il terzo è per tutti. Due anni fa abbiamo chiesto che ci fossero
inviate le notizie riguardanti la vita del compianto sig. Don
Albera, per la compilazione della sua biografìa. Rinnovo a tutti
i Salesiani una calda preghiera di farcele avere con sollecitudine.
L a stessa raccomandazione faccio per le notizie intorno ai ve­
nerati D. R ua e Card. Cagliero. Sarà un tributo di riconoscenza
a chi ha speso l ’intera sua esistenza per il bene della nostra
amata Congregazione.
Abbiamo terminato le nostre riunioni. Non posso esprimervi
quel che sente il mio cuore in questo momento. Posso dirvi che
mi sono sentito felice nel vedermi circondato da figli e Direttori
così Salesiani: l ’avete dimostrato colla vostra vita, col vostro
spirito, colla finezza dei modi. Vi ringrazio anche a nome degli
altri Superiori, assicurandovi che tutti hanno goduto di tro­
varsi con voi, e si sono compiaciuti della vostra docilità filiale,
su cui contano tanto per assodare bene l’ Opera del Padre.
Vorrei che usciste di qui risoluti di infondere in tutti lo
spirito di Don Bosco. La paternità è il grande pensiero che
dovete portar con voi da queste nostre riunioni. E insieme colla
paternità portate anche il pensiero delle vocazioni. Quand’ero
ancor Ispettore in Spagna, una volta il venerato D on Rua,
mentre prima di partire gli chiedevo la benedizione, rivolse a
me e a Don Giordano queste parole: — Crescite, multiplicamini
et replete terram. — Queste parole io le ripeto a voi. È desiderio
di noi tutti di vedere nella Congregazione molti nuovi figli,
molte vocazioni. Non vi sia nessun Direttore che le trascuri.

5.9 Page 49

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520
Non si dica che l’ambiente non è propizio: qualcuno chiamato
da Dio vi sarà certamente; se si perde, è perchè non si coltiva.
Vigilino i Direttori sulle confessioni, sulle Compagnie, sulle
pratiche di pietà; e gl'ispettori aprano case per formare le voca­
zioni: non abbiano paura delle spese; il Signore li aiuterà. Si sìa
prudenti nella scelta, ma niuno trascuri di coltivare le vocazioni.
Portate il nostro saluto ai confratelli, ai giovani affidati
alle vostre cure. Dite loro che li amiamo, che li ricordiamo, che
vorremmo essere in mezzo a loro. Salutate anche i Cooperatori
e gli ex-allievi: dite loro che li amiamo come figli, che li consi­
deriamo come di casa, come Salesiani, e li raccomandiamo al
Signore tutti i giorni.
Mi auguro che possiamo ritrovarci ancora altre volte in riu­
nioni così belle e care, nelle quali ci sentiamo più Salesiani,
perchè veniamo a conoscerci e a intenderci meglio tra noi. De­
sidero che qui all’Oratorio Direttori e confratelli non solo si
credano, ma specialmente si sentano a casa loro.
Tutti questi sentimenti che vi ho espresso sono pur quelli
degli altri Superiori del Capitolo. La Madonna vi assista e vi
benedica. Pregate per noi ».
Dopo queste parole il venerato Superiore distribuisce come
ricordo a ciascuno dei presenti una copia della magnifica lettera
del sig. D. Albera: D. Bosco modello del Sacerdote Salesiano,
perchè nella sua parola santa essi trovino sempre vivo incorag­
giamento a perfezionarsi, unendo insieme i doveri del carattere
sacerdotale e quelli del Salesiano, e così si vada sempre avanti
avendo come centro e meta Don Bosco.
Infine, cedendo all’insistenza di tutti i presenti, impartisce
la benedizione di Maria Ausiliatrice.
Torino — Tip. S. E. I.