PRESENTAZIONE


PRESENTAZIONE










PRESENTAZIONE

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Origini e ragioni del Progetto


Il bisogno di avere un Progetto


Priorità di animazione

e principali linee di azione


Il nostro Progetto storico




Roma, 8 dicembre 2002

1 Solennità dell’Immacolata Concezione di Maria

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Carissimi confratelli,


Ho la gioia di presentarvi il Progetto di Animazione e Governo del Rettor Maggiore e del suo Consiglio per il sessennio 2002-2008. Il Progetto rappresenta il disegno storico che la Congregazione assume per questo periodo fra il CG25 e il CG26. In quanto tale, esso si trova in linea di continuità con la programmazione precedente e, al tempo stesso, introduce la novità che ci è stata offerta dal Capitolo Generale 25.

Nel discorso di chiusura del Capitolo invitavo a «passare dalla carta alla vita». Evidentemente il riferimento va al Documento Capitolare, che si deve rendere operativo nella vita delle comunità alle quali è stato consegnato: esse, infatti, ne sono le destinatarie e il soggetto. E bisogna riconoscere, dalle informazioni che giungono dalle Ispettorie, che in ogni parte della Congregazione sono in corso iniziative veramente stimolanti per conoscerlo, assumerlo ed applicarlo.

Il Progetto del Rettor Maggiore e del suo Consiglio, che è stato ora redatto, ha – da parte sua – come scopo quello di convertire il Documento Capitolare in piano e programma di animazione e governo, in modo che consenta allo stesso Rettor Maggiore con il suo Consiglio di stimolare, accompagnare e verificare il processo di rinnovamento avviato dal Capitolo Generale.


2 Origine e ragioni del Progetto

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Sei anni fa, fu una iniziativa personale del nostro compianto Don Juan E. Vecchi quella di fare una programmazione organica di tutto il Consiglio, non più settoriale, e di pubblicarla, non come semplice strumento per il coordinamento del lavoro dei Consiglieri, ma cercando, da una parte, che ciascun confratello sapesse verso dove camminava la Congregazione, con quali scelte, con quali obiettivi, con quali strategie, con quali azioni, e puntando dall’altra a dare più unità ed efficacia agli interventi di governo.

L’iniziativa del mio predecessore non si deve ritenere però come una semplice buona idea. Egli stesso, nella presentazione che ne fece, diceva di aver raccolto nell’assemblea capitolare un’insistente richiesta di dare più organicità agli interventi dei Consiglieri, tanto quelli di settore come i Regionali. La programmazione volle allora essere una risposta al rischio non immaginario della frammentazione nello svolgimento del servizio del Rettor Maggiore e del suo Consiglio. Inoltre, la programmazione di sei anni fa si inseriva in quella mentalità progettuale che la Congregazione aveva tanto stimolato come parte del nuovo modello di Pastorale Giovanile, nella consapevolezza che oggi l’evangelizzazione, l’educazione, la formazione, il governo hanno bisogno indispensabile di intenzionalità, di definizione degli obiettivi e delle strade da percorrere, di identificazione delle mete, e di processi che sprigionino i dinamismi per raggiungere i traguardi voluti.

A poco a poco tutte le Ispettorie, anche se con ritmi diversi, sono entrate in tale mentalità progettuale, che non è uno “snobbismo” pastorale e neppure il trasferimento di una pratica del mondo della economia e della politica alla vita religiosa e alla prassi educativo-pastorale. Il nuovo modello pastorale è sorto appunto per venire incontro alle sfide che ci presenta il nuovo contesto in cui si sviluppa la nostra vita e la nostra missione. Un contesto che è caratterizzato da una sempre maggiore frammentazione, che richiede quindi una ricostruzione dei componenti attraverso l’integrazione della comunità educativo-pastorale, e da una molteplice varietà di proposte, che esige un progetto che le scelga, stabilendo le priorità, e le articoli secondo determinati obiettivi e prevedendo i passi per raggiungerli. La progettualità infatti non è altro che la spinta per lavorare insieme.

Così, siamo passati dalla semplice calendarizzazione di attività, quando i cambi culturali erano molto lenti e la società sembrava più monolitica, più omogenea, a progetti e programmazioni. Forse c’è ancora qualche comunità che fatica a capire il perché del cambiamento, e offre resistenza a lavorare in base a un progetto. Ma diventa sempre più comune e naturale lo sviluppo di questa mentalità progettuale; d’altronde, non poteva essere diversamente.

La programmazione del sessennio scorso, la prima nel suo genere a livello di Consiglio Generale, ha avuto un successo tale che, di fatto, molti Ispettori l’hanno presa come modello e riferimento per le loro proprie programmazioni. Questo è stato un fatto assai positivo, perché ha scatenato una vera e propria identificazione con il progetto storico che la Congregazione stava svolgendo. E ci auguriamo che in questo sessennio, appena iniziato, diventi nelle Ispettorie prassi comune. Non fa quindi meraviglia che i capitolari abbiano espresso una valutazione tanto positiva dell’esperienza e ne abbiano chiesto esplicitamente la continuità. Ciò significa che questa nuova programmazione per il sessennio 2002-2008 traduce operativamente una richiesta del CG25 e ribadisce le ragioni che portarono Don Vecchi ad elaborarla sei anni fa.


3 Il bisogno di avere un Progetto

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Forse avrete già percepito che abbiamo preferito adoperare il termine Progetto, al posto di quello di programmazione. Non sono realtà opposte. Si tratta piuttosto di fasi diverse e complementari di qualsiasi pianificazione.

Questa presuppone anzitutto un quadro di riferimento, che per noi sono le Costituzioni, che a ragione sono chiamate “Progetto di Vita dei Salesiani di Don Bosco”. In esso si trovano le risposte alle domande: «chi siamo? che cosa stiamo chiamati a fare? quali sono i nostri criteri di riferimenti per organizzare la vita e la missione?».

Il Progetto ha il compito di concretizzare quel quadro ideale in un contesto determinato e per un tempo preciso, rispondendo alle domande: «quali vogliono essere le nostre priorità? che cosa ci proponiamo raggiungere? attraverso quali processi? con quali interventi?».

La programmazione precisa, invece, «chi, come, quando, dove si realizza il progetto». Altrimenti tutto resta in una dichiarazione di intenti.

Nel caso nostro, avere un Progetto storico significa capire la nostra vocazione come un disegno di Dio da realizzarsi nel tempo, in contesti molto concreti, sempre a favore dei ragazzi.

Vorrei, pertanto, condividere con voi i vantaggi che trovo nell’avere un Progetto. Possiamo vedere quanto arricchente è questa esperienza, quanto coinvolgente, quanto esigente, perché non è solo qualcosa di tecnico. In effetti, noi cerchiamo la crescita delle persone e il rinnovamento delle comunità, e non soltanto l’efficacia apostolica: è questo il traguardo ultimo, sempre sottostante. Vogliamo far crescere il senso di appartenenza e di responsabilità di tutti i confratelli, chiamati ad essere non spettatori ma protagonisti; appare così il mezzo principale e la garanzia di successo.

Elaborare un Progetto è fare comunione. La sua elaborazione ci obbliga a guardare insieme la realtà, a valorizzarla con criteri comuni, a fare insieme le scelte che riteniamo prioritarie, a stendere il piano operativo per concretizzarle. In questo modo i confratelli condividono i valori, le motivazioni e le scelte che ispirano la vita e la missione e si costruisce la vera comunione dei cuori e delle menti. Poche cose creano comunità come il fatto di condividere un progetto! Pertanto, elaborare un progetto non è compito di alcuni esperti, anche se questi sono validi e talvolta indispensabili, ma è compito di tutti coloro che ne sono interessati. Quanto più il lavoro viene fatto solo da alcuni, tanto meno è assunto dagli altri. Quanto più sono coinvolti tutti, tanto più il progetto diventa comune.

Fare un Progetto è già, in certa misura, governare, perché ci pone dinanzi alla realtà, alle sfide che dobbiamo affrontare, e alle energie che ci sono nella Congregazione da portare avanti. Evidentemente noi non possiamo risolvere tutti i problemi o realizzare appieno elementi di cambiamento che richiedono tempi, tappe, scadenze. Abbiamo però la responsabilità indelegabile di fare quello che ci è stato affidato come missione. Ci troviamo quindi con la necessità di fare una scelta di aree da priorizzare.

Realizzare un Progetto è pure animare, perché nell’elaborazione del progetto si devono precisare non soltanto quali sono le grandi priorità, ma anche chi saranno i nostri interlocutori diretti; a chi sono indirizzati e quali sono i tipi di intervento da fare per poter raggiungere gli obiettivi. Sembra evidente che il Rettor Maggiore e i Consiglieri abbiano come destinatari della loro animazione tutti i Salesiani, ma in modo speciale gli Ispettori e gli organismi di governo delle Ispettorie e delle case. Sono essi difatti ad operare a livello locale, per realizzarvi la vita e la missione salesiana a favore dei giovani.

Redigere un Progetto è persino un modo di verificare, perché i progetti non nascono dal nulla, ma costituiscono una tappa di un lungo cammino, che comincia proprio con una verifica dei passi fatti finora e di quelli ancora da compiere. Soprattutto, un progetto deve tradursi in una programmazione che determini gli eventi, i responsabili, i tempi, i luoghi per la realizzazione degli obiettivi e offra alcuni indicatori precisi e misurabili, alla luce dei quali si possa valutare se i traguardi proposti sono stati raggiunti e in quale misura. Forse questa parte della verifica non sempre si fa, anche perché alcuni si domandano se progetti che hanno a che vedere con la crescita e maturità delle persone, come è l’evangelizzazione, l’educazione e la formazione, siano verificabili. Rispondo di sì. Tutto dipende dai parametri che vengono fissati proprio fare una valutazione.

4 Priorità di animazione e principali linee di azione

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Il presente Progetto prende spunto dai moduli operativi del CG25, ma anche della relazione sullo stato della Congregazione presentata ai capitolari, e dal discorso di chiusura del Rettor Maggiore. Abbiamo, innanzitutto, trovato una convergenza sulle grandi priorità su cui focalizzare la nostra attenzione, vale a dire, il primato di Dio, la visibilità della comunione e della fraternità, la risignificazione della presenza salesiana, e la formazione. Abbiamo quindi precisato gli obiettivi da raggiungere in ciascuna delle aree prioritarie, i processi che intendiamo attivare e gli interventi specifici da compiere1.

Siamo arrivati così alla formulazione seguente, che presento sinteticamente:



1. Primato della vita spirituale nella comunità (CG25, modulo operativo 2)


Traguardi da raggiungere:


  • Ricuperare la centralità di Dio nella vita personale e comunitaria.

  • Assicurare una misura alta di vita spirituale nella comunità.

  • Rendere leggibile la testimonianza comunitaria della sequela radicale di Cristo.



2. Testimonianza di comunione e fraternità della comunità (CG25, modulo operativo 1)


Traguardi da raggiungere:


  • Creare nella comunità un’esperienza di famiglia, ricca di valori umani, dedicata al servizio dei giovani.

  • Garantire le condizioni che rendono viabile ed efficace l’esperienza comunitaria.

  • Rendere ogni comunità casa e scuola di comunione nella CEP, nella FS, nella Chiesa locale, nel territorio.



3. Risignificazione della presenza salesiana tra i giovani (CG25, modulo operativo 3)


Traguardi da raggiungere:


  • Portare la comunità ad accogliere e condividere la vita con i giovani, soprattutto i più poveri.

  • Creare un nuovo modo di presenza, che risulti attraente e propositivo per i giovani.

  • Abilitare le comunità nell’accompagnamento personale dei giovani e nella proposta vocazionale.

  • Ridefinire le strutture di animazione e governo a tutti i livelli e assicurarne il buon funzionamento.



4. Formazione: Impegno personale e comunitario (CG25, modulo operativo 4)


Traguardi da raggiungere:


  • Abilitare e motivare ogni confratello ad una formazione che duri tutta la vita e che coinvolga tutta la persona, come risposta al dono della vocazione.

  • Fare della comunità il luogo privilegiato della crescita umana e vocazionale di ogni confratello.

  • Far crescere il confratello e la comunità nella identificazione con Don Bosco e con il suo progetto apostolico.

  • Assicurare lo studio personale l’assimilazione comunitaria dei cinque moduli operativi del CG25 e della Ratio.


4.1

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4.1.1 Queste priorità di animazione e principali linee di azione trovano, poi, la loro corrispondente applicazione nei diversi Settori e in ciascuna delle Regioni. Nel dialogo periodico con i Consiglieri cercherò – come Rettor Maggiore – di verificare la conoscenza ed applicazione di questo Progetto, e come Consiglio faremo insieme due valutazioni, una a metà sessennio e l’altra alla fine, anche in vista del CG26.

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5 Il nostro Progetto storico

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Ecco, cari confratelli, il nostro Progetto storico, quello che ci impegna tutti durante questo sessennio. Ve lo consegno con grande speranza che sia accolto, studiato e assunto come proposta e punto di riferimento per le vostre programmazioni ispettoriali e locali.

Nella sua prima bozza era stato già presentato agli Ispettori e a diversi gruppi di confratelli e membri della Famiglia Salesiana, per ricevere osservazioni, suggerimenti per migliorarlo e, soprattutto, per coinvolgere tutti.

Ora, il Progetto di Animazione e Governo del Rettor Maggiore e del suo Consiglio per il sessennio 2002-2008 è un progetto di Congregazione, che ci aiuterà a rafforzare la nostra identità carismatica e la comune vocazione.

È un progetto pastorale, nel senso che tutta la nostra consacrazione è apostolica e quindi ha in mente i destinatari della nostra missione: i giovani. Essi hanno bisogno di salesiani che siano come Don Bosco “profondamente uomo… profondamente uomo di Dio” (Cost. 21), che sappiano creare un’atmosfera di famiglia nelle case e nelle opere, che trovino tutta la loro gioia nel farsi presenti nel cortile in mezzo ai ragazzi, che cerchino sempre il loro rinnovamento spirituale, professionale, pedagogico.

Il Progetto di Animazione e Governo del Rettor Maggiore e del suo Consiglio per il sessennio 2002-2008 nasce dalla volontà di essere fedeli alla vocazione salesiana, vissuta come processo dinamico. È, dunque, un vero ed efficace mezzo di formazione permanente. Infatti, parte fondamentale del progetto sono i processi, quelli che promuovono il rinnovamento, la maturazione, la conversione della mente e del cuore.

Come salesiani abbiamo nelle Costituzioni il nostro Progetto di Vita, a ragione chiamato da Don Viganò la nostra Regola di Vita. Come salesiani abbiamo, da questo momento, anche un Progetto storico da attuare, e vogliamo impegnarci a farlo con generosità e responsabilità.

Proprio cercando di approfondire questo aspetto, mi vengono alla mente le parole di Don Bosco «Se mi avete amato in passato, continuate ad amarmi in avvenire con l’esatta osservanza delle nostre Costituzioni», perché evocano le parole di Gesù: «Chi mi ama osserva la mia parola». Questo fa vedere che la comunione più autentica che c’è fra le persone è l’amore, il che però non si riduce ad un affetto, ma si rende visibile nella condivisione di un progetto comune e diventa credibile nella sua realizzazione.

Rafforziamo il nostro affetto e la nostra comunione, camminando insieme.

Affido alla Madonna il successo di questo Progetto. Essa ci sia Maestra e ci insegni ad abbracciare il progetto di Dio sulla nostra vita, e a modellare questa sul disegno di Dio.



Don Pascual Chávez V.



1 Nelle varie parti del Progetto:

  • Con priorità si intendono: aree di particolare attenzione durante il sessennio, senza escludere l’animazione e il governo in continuità con il sessennio precedente.

  • Con obiettivi si intendono: traguardi o mete da raggiungere corrispondenti alle priorità indicate.

  • Con processi si intendono: i modi per raggiungere un obiettivo, le vie per raggiungere un traguardo, le tappe per raggiungere una meta.

  • Gli interventi sono: azioni da compiere, da suscitare e stimolare da parte del Consiglio generale nelle Ispettorie e nelle comunità.