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RECENSIONI
AGASSO Domenico, Maria Mazzarello. Il comandamento della gioia — Religione, Torino, SEI
1993, 165 p.
L'autore del volume, nota figura del giornalismo italiano, è un buon conoscitore dell'Ottocen-
to e della grande e piccola storia che in esso si dipana con sorprendenti risvolti di drammaticità e
di serenità. In questi ultimi anni, infatti, si è dedicato allo studio di diversi personaggi che, con la
loro vita cristiana e la loro audacia operativa, hanno dato un peculiare apporto alla cultura e alla
storia del secolo scorso e del nostro tempo.
La presente biografia, nella sua linearità e organicità, ci introduce nel solco di tante donne che
hanno vissuto l'impegno di dare una risposta concreta alle situazioni del loro tempo.
La vicenda storica di Maria Mazzarello, nata nelle campagne povere e senza scuola di Mor-
nese (Alessandria) nel 1837, che si fa scolara a trentacinque anni per imparare a scrivere, e che è
insieme a don Bosco la confondatrice dell'istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, viene presenta-
ta in otto capitoli che seguono un andamento cronologico sullo sfondo dell'Ottocento italiano e
della cultura popolare.
Nel primo capitolo incontriamo Maria fanciulla e adolescente: il contatto con la natura, il
lavoro dei campi, l'assistenza ai fratellini, la vita parrocchiale, l'appartenenza al gruppo delle Figlie
dell'Immacolata e soprattutto i rapporti con suo padre e don Domenico Pestarino, vice parroco di
Mornese, l'aiutano a maturare in senso umano e cristiano e a mettere quindi solide fondamenta
alla sua personalità.
Il secondo capitolo mette in luce il cammino spirituale realizzato da Maria, frutto di quoti-
diane vittorie sulla sua volontà, di forte impegno apostolico e di docilità a Dio negli avvenimenti
della storia. L'esperienza della malattia, che dà un orientamento nuovo alla sua vita, la sua decisio-
ne di dedicare la vita alle fanciulle aprendo un piccolo laboratorio di cucito, il suo emergere tra le
Figlie dell'Immacolata per l'originalità della sua azione educativa per le ragazze e la sfida di in-
comprensioni e tensioni sorte nella sua stessa famiglia e nel suo gruppo parrocchiale, ci lasciano
scorgere una personalità ricca, attiva, mai rinunciataria o passiva di fronte alle situazioni che
affronta.
Il passaggio di Don Bosco a Mornese, l'appartenenza di don Pestarino all'incipiente Congre-
gazione Salesiana e la sua decisione di costruire a Mornese un collegio per l'educazione dei ragazzi,
l'inizio di un nuovo stile di vita per Maria Domenica e alcune sue amiche nella Casa dell'Immacola-
ta e la sconvolgente notizia dell'impossibilità di aprire il collegio per i ragazzi sono gli argomenti che
scandiscono il terzo capitolo.
Il quarto capitolo ci presenta una svolta nuova nella vita di Maria che accetta di essere una
delle prime pietre fondamentali del nuovo istituto religioso che don Bosco intende fondare per
l'educazione cristiana della donna. L'autore ce la fa osservare mentre la nuova istituzione, chiamata
Istituto delle Figlie di Maria Ausilia-

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Recensioni
trice da lei diretto, assume consistenza e iniziale sviluppo nella più rigorosa povertà e nella dedi-
zione serena e responsabile a tante ragazze in cerca di cultura, di fede, di formazione integrale. La
presenza saggia, sollecita e materna di Maria Mazzarello, rende meno pesante il clima di tensioni e
di critiche che si è creato in paese, fino ad ottenere lo sforzo sereno di tutte nell'impegno di forma-
zione personale e nel mandare avanti il laboratorio, l'oratorio e la scuola.
L'organizzazione dell'Istituto, l'elezione di Maria Mazzarello a superiora generale, la sua u-
miltà, il clima di sacrificio austero e sereno, la tenacia, il coraggio e la creatività neh'affrontare
situazioni difficili di strettezze economiche, scarsità di mezzi e di preparazione culturale sono i
diversi avvenimenti ed atteggiamenti che il quinto capitolo riporta, così come i primi lutti nell'istitu-
to, l'arrivo di numerose vocazioni e le prime fondazioni di case e scuole.
Il capitolo sesto mette in luce lo spirito di discernimento e la straordinaria saggezza che carat-
terizzano Maria Mazzarello nella guida delle persone e dell'Istituto. È pure evidente la sua consa-
pevolezza che l'educazione delle ragazze richiede professionalità, per cui troviamo in queste pagine
lo sforzo per la qualificazione delle suore e la gioia del conseguimento dei primi diplomi. Inoltre, i
grandi orizzonti di fede e di zelo apostolico che animano la sua vita e la vita delle prime suore
danno alla comunità una spiccata tonalità missionaria che porta alcune giovani suore a varcare
l'oceano per consacrarsi alla promozione umana e cristiana delle ragazze in terra d'America.
Le partenze caratterizzano il capitolo settimo: nuove fondazioni in Italia, in Francia e il tra-
sferimento della casa-madre da Mornese a Nizza Monferrato motivata dall'espansione dell'Istituto e
dalle difficoltà di comunicazione. Ne consegue una fitta corrispondenza della Madre con le figlie
lontane e le numerose visite alle nuove comunità in Italia e in Francia, dove sagge direttive e atten-
zioni sollecite rilevano l'identità di questa donna che sa vivere una maternità feconda e gioiosa, che
diventa scuola di vita per la crescita spirituale delle sue figlie e per lo sviluppo dell'Istituto.
Il capitolo conclusivo presenta l'ultima tappa dell'esistenza di Maria Mazzarello, una tappa
segnata dalla progressiva espansione delle Figlie di Maria Ausiliatrice nel mondo, quelle «contadi-
nette di collina» che lei aveva incontrato «nella rassegnazione dei piccoli orizzonti» e, camminando
nel solco di don Bosco, ha rese capaci di «varcare qualsiasi confine» (p. Vili). Il capitolo non si
conclude con la morte di Maria Mazzarello, ma si apre su una storia che continua nella vita di
tante donne che come lei vogliono dare una risposta pertinente alle domande educative dei gio-
vani.
È da sottolineare in questo volume la freschezza di stile e la serietà con cui l'autore rielabora i
diversi dati ricavati dagli studi piuttosto scarsi su Maria Mazzarello, e soprattutto dalle lettere
della Santa che costituiscono la fonte di ispirazione del titolo e dell'intera biografia. La gioia di
questa donna «è il contrario della spensieratezza. Non rimuove nulla. Anzi, considera e interpreta le
avversità, ma senza paure e senza illusioni» (p. 73). In lei l'allegria si fa teologia serena, divulgata con
il linguaggio feriale di uno spirito sempre in ascolto di Dio e degli altri.
Chi cercasse nel volume dati nuovi o apporti originali non li troverà perché non è questo lo
scopo dell'autore. In queste pagine il lettore si incontra con una donna, come tante altre, che si è
impegnata con la propria esistenza ad educare la donna su frontiere di speranza e di gioia cristiana.
Questa storia dunque, nota Agasso, «si incastra benissimo nella cronaca dei nostri anni, di questi
anni delusi e impauriti, annoiati da tanti maestri inetti e assetati di testimoni attendibili» (p. VII).

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Recensioni 477
Uno dei maggiori pregi della biografia è inoltre quello d'aver inserito la presentazione di Maria
Mazzarello non solo nella trama della vita di don Bosco, ma nella realtà della storia dell'Ottocento
italiano e piemontese, così da permettere una lettura più attenta della personalità di questa donna
e del suo insostituibile contributo alla fondazione dell'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice e
alla formazione delle sue prime religiose educatrici.
La figura di Maria Mazzarello, presentata da Domenico Agasso, è «l'avventura grandiosa di
una donna realizzata ai livelli più alti nel tempo più avverso» (p. VII).
I. MADRID
AA.VV., [compilador BOTTASSO Juan], Los Salesianos y la Amazonia, 3 tomos. Quito-Ecuador,
Ediciones Abya-Yala 1993, 1250 p.
Al hacer la recensión de alguno de los libros que tratan del pueblo shuar, —[RSS 5 (1984)
418-420]—, asegurábamos que «la abundante bibliografía existente muestra el interés que en estos
últimos decenios ha provocado en todos sus aspectos —antropológico, político-social, religioso—
el "Mundo Shuar"», título de la colección —mejor, del «centro no solo de publicaciones sino
también de documentación»—, que ha dado a la luz «varias decenas de cuadernos» entre 1976 y
1983, año, en la que se ha convertido en el «Centro Cultural Abya-Yala, al extenderse el interés de
los promotores a todas las culturas indígenas no sólo del Ecuador, sino del Continente» (II pp. 17-
20).
El pueblo shuar, uno de los principales grupos étnicos del oriente ecuatoriano, durante siglos
fue refractario a todo intento colonizador y misionero. Precisamente en 1993 los salesianos han
celebrado «el primer centenario de la llegada al Vicariato de Méndez [y Gualaquiza, —cuyo decre-
to de erección está fechado el 8 de febrero 1893: tomo I pp. 397-398]—, de la evangelización de los
Shuar y Achuar de nuestra Región Amazónica. Para celebrar [dicho] centenario —asevera el pre-
sentador— es de gran ayuda la historia [...] El amor que le profesamos a nuestros Antepasados
Misioneros exige que no dejemos perder sus valiosas y siempre actuales enseñanzas». Ello ha
motivado la publicación de Los Salesianos y la Amazonia: Relaciones de Viajes, 1893-1909 [tomo
I]; Relaciones Etnográficas y Geográficas [tomo II]; Actividades y Presencias [tomo III].
El interés de estos tres volúmenes es aún más apreciable habida cuenta que sus autores fueron
—y algunos siguen siendo— no meros estudiosos advenedizos sino trabajadores apostólicos entre
el pueblo shuar. Y mientras el I tomo recoge las «relaciones de viajes [...] de las primeras dos
décadas de las Misiones Salesianas entre los Shuar de la Amazonia Ecuatoriana», el II y III brin-
dan estudios de todo el primer siglo del Vicariato con el deseo de «presentar un balance de la activi-
dad salesiana en los principales campos de su realización».
Indica el compilador que, «tratándose de varios autores, no faltan las repeticiones, pero se han
recogido los textos de manera que se enriquezcan y se complementen unos con otros» (II p. 3).
Reconoce, referente el tomo I, que «en su mayoría se trata de las relaciones que los Misioneros
enviaban al Bollettino Salesiano» (I p. 12); que «todo el material que contiene [el] volumen II ha
sido ya publicado [...] pero se trata de ediciones agotadas» (II p. 3); y que muchas de las reflexio-
nes del III «han

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Recensioni
aparecido en años anteriores [...] y si se las recoge aquí, es para ofrecer una vision de conjunto,
que permite un juicio global» (III p. 3).
Vale la pena conocer el contenido de sus 1200 páginas, al menos, en esa «visión de con-
junto», que ofrecen los títulos de la contribución —o contribuciones— de cada uno de los
autores.
RELACIONES DE VIAJES: Luis Calcagno —que en 1887 dirigió la Ia expedición de los salesia-
nos al Ecuador— escribe Proyectos Misioneros; Agustín BRUZZONE lo secunda con A punto de
ir a la selva. Jacinto PANCHERI recoge algo de lo mucho experimentado en la misión: Primer
viaje de exploración; Una excursión al sur de Gualaquiza; La fiesta de la «tzantsa [cabezas
disecadas]»; Noticias de Gualaquiza. Joaquín SPINELLI, que, junto a Pancheri, fue el primero a
entrar en Gualaquiza (1883), lo relata en El Io viaje a gualaquiza; La llegada a Gualaquiza; La
primera entrada. Francisco MATTANA, —«verdadero fundador de la misión de Gualaquiza [...]
que sostuvo la obra incipiente durante los durísimos años del aislamiento»— dejó plasmadas
sus experiencias en: La llegada; Crónica de Gualaquiza; Decepciones y esperanzas; Un incen-
dio; Conversión del Sumo Sacerdote de los Jívaros; La vida entre los Jívaros; Más guerras; El
viaje a Indanza y Méndez; Un grave riesgo de un misionero; La tribu de Naranza; Informe al
Presidente de la República; Relación al cardenal Merry del Val. A Felix TALLACHINI el
acompañar a Mons. Costamagna, [Vicario Apostólico], «en su primera visita a Gualaquiza la
ofreció una oportunidad para redactar descripciones muy pintorescas»: A través del Ecuador;
La vida de los Jíbaros; Un sermón en idioma jívaro; Despedida. Abrahán AGUILERA, —
entonces (1903) acólito salesiano chileno y que, en calidad de secretario, acompañó a Mons.
Costamagna a Gualaquiza—, envía sus impresiones a don Miguel Rúa, Rector Mayor. Caloge-
ro GUSMANO, —quien también como secretario acompañó entre 1900-1903 a don Pablo Albe-
ra—, relata La visita del P. Albera a Gualaquiza. En otra carta a don Rúa, Luis GIACCARDI
rememora La vida en medio de los Jívaros. Juan DE MARIA, que «probablemente fue el primer
salesiano que se dedicó con total determinación al estudio de la lengua shuar», narra El bautis-
mo de un Jívaro y Milagrosamente salvo. Antonio FUSARINI, —fundador «de la casa de Rio-
bamba y por nueve años (1899-1908) superior de todos los Salesianos del pais»—, describe La
vida en Gualaquiza. Miguel ALLIONI Dos excursiones a los Jívaros— deja constancia en
estos tres tomos de haber sido «el salesiano que se dedicó con más rigor al estudio de la cultura
shuar».
RELACIONES ETNOGRÁFICAS Y GEOGRÁFICAS (tomo II). «La visión que por siglos se tuvo de
las culturas autóctonas y de la shuar en particular no nos permite esperar de los misioneros
investigaciones detalladas en este campo, [se afirma en la Introducción]. La mentalidad de la
época no veía más que depravación y supersticiones; en el mejor de los casos, curiosidades. De
todas maneras, antes de que los salesianos entraran en el Vicariato, mucho había sido escrito
sobre las costumbres shuar [...] La mayoría de las cosas se debe a los jesuítas [...] Entre las
publicaciones de los salesianos muy valiosas son las crónicas de las exploraciones de los pri-
meros tiempos [...], publicadas por el «Bollettino Salesiano» [...] El salesiano que ocupa el
primer puesto en este campo, no sólo a lo largo del período inicial sino de toda la historia del
Vicariato, es el P. Miguel ALLIONI», cuyas aportaciones —El pueblo shuar (pp. 25-162) y
Ríos, climas, montes (pp. 329-356) —forman el cuerpo de este II tomo. Le van a la

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Recensioni 479
zaga Joaquín SPINELLI Etnografía de los Jívaros (pp. 165-190), El valle de Gualaquiza (pp.
361-373)—, y Carlos CRESPI -—con El Oriente Azuayo (pp. 377-420)—, que «fue el primero
en filmar escenas de vida shuar».
A raiz del cincuentenario de las Misiones Salesianas del Ecuador (1944) se organizó la
gran «Exposición Misionera» de Cuenca, —base del futuro «Museo Misional» promovido en
1950 por el P. Telésforo CORBELLINI—, y se lanzó un concurso para estudiar «la raza y la
civilización jívara», al que pertenece el artículo —Apuntes sobre los Jívaros (pp. 193-203)—
del p. Corbellini, y el homónimo, mucho más amplio (pp. 207-243), del P. Juan B. GHINASSI,
conocido «dentro y fuera del Ecuador por la obra Gramática y Diccionario Shuar (1938)». En
1957 fundaba el Centro Misional de Investigaciones Científicas (CMIC) Lino RAMPON
estudiante salesiano de filosofía—, quien, en 1961 publicaba Mitos - Leyendas - Historias de la
Nación Shuar, junto con Siro PELLIZZARO, verdadero conocedor del mundo shuar. Este ha
publicado (1973) Técnicas y estructuras familiares de los Shuar (pp. 247-324) y numerosos
«textos de contenido litúrgico y catequístico», siendo «su obra de mayor envergadura la Mito-
logía Shuar, que salió en 12 tomos y constituye uno de los cuerpos mitológicos más completos
que exista de un grupo aborigen de América».
ACTIVIDADES Y PRESENCIAS. Alerta el compilador, en la presentación de este tomo III que
«los shuar y la región centro-meridional del oriente Ecuatoriano en buena parte han sido cono-
cidos en el mundo a través de los escritos de los misioneros. Hoy se considera que la imagen
que estas relaciones proyectan no es la más objetiva y no siempre ha favorecido a las personas
descritas. Es posible pero no podemos olvidar que [...] hay de por medio un siglo de desarrollo
de las ciencias etnográficas, antropológicas y sociales en general; no podemos esperarnos a
fines del siglo XIX los criterios a los que hemos llegado en 1993. Por este motivo el tomo III,
—[dividido en seis capítulos con varios anexos interesantes]—, se propone presentar un balan-
ce de la actividad salesiana en los principales campos de su realización».
Capítulo I: Evangelización y Catcquesis Cuatro siglos de misiones y Primeros contac-
tos con el mundo shuar (pp. 6-82)— de Silvio BROSEGHINI.
Capítulo II: La Educación El largo camino de la educación shuar (pp. 83-153), de Juan
BOTTASSO, y Las Escuelas Radiofónicas: un balance (pp. 154-180), de Alfredo GERMANI—,
con Textos sobre los internados (pp. 181-200), no sólo de procedencia salesiana «sino también
de autoridades públicas, de funcionarios y de periodistas».
Capítulo III: Los Estudios Lingüísticos (pp. 201-241), de J. BOTTASSO, con los anexos:
La lengua shuar y los primeros catecismos, del autor precedente, y El problema de las traduc-
ciones, de Mauricio GNERRE (pp. 357-382).
Capítulo IV: La Colonización (pp. 243-278) —con el anexo Los Salesianos y la defensa
de la tierra shuar (pp. 383-431)— de Juan BOTTASSO.
Capítulo V: Orígenes de la Organización Shuar (pp. 279-321), de Juan SHUTKA, mentor
del Estatuto de la Federación de Centros Shuar, aprobado por el Ministerio de Previsión Social
el 22 de octubre 1964.
Capítulo VI: El Servicio Aero Misional (pp. 323-355) —de Gisella DELLA GIACOMA
H.M.A.—, servicio que incide en el apostolado, en la medicina rural, comunicaciones, emer-
gencias, comercialización...
Por todos los autores-protagonistas, enjuicia la obra el mismo presentador: «Son dignas
de grata memoria, de celebración e imitación muchas gestas heroicas de

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Recensioni
tantos Misioneros que en nuestro Vicariato [...] abrieron caminos de fe, sembraron la semilla de
la Palabra de Dios y promovieron en todo sentido a los destinatarios de su acción misionera».
Por esto, aunque las relaciones son «páginas apasionadas [y] muchas de sus apreciaciones
causan incomodidad y los shuar que quieran leerlas [hoy] deberán armarse de comprensión y pa-
ciencia»; pese a que la crítica más frecuente a la actividad misionera —de la que no están exentos
los misioneros salesianos entre los Simares la de «haber destruido las culturas con el afán de
imponer modelos occidentales»; no obstante se haya discutido sobre la oportunidad del proyecto,
«que tenían los salesianos al momento de entrar a la Amazonia Ecuatoriano, acorde a la mentali-
dad de la época» —evangelizar civilizando—; sin embargo —concluye el compilador— «no se
puede dejar de admirar la dedicación, la rectitud y la capacidad de sacrificio de unos hombres que
consumieron literalmente su vida en la selva»; imposible «desconocer los esfuerzos que ellos desple-
garon desde el primer momento para conocer y documentar los valores culturales del "pueblo de
las cascadas sagradas"». Después de todo, la finalidad de estos volúmenes «no es la de añadir
argumentos a la discusión, sino simplemente de relatar lo que en un siglo se ha intentado
hacer».
Enhorabuena. La obra —por su contenido, estilo y talante— sobrepasa con creces la mera
celebración centenaria.
J. BORREGO
AA.VV., [compilador SZANTO Ernesto], Documentario Patagónico. Bahía Blanca, Archivio
histórico Salesiano de la Patagonia Norte:
N° 1. SZANTO Ernesto, Solidaridad de la Iglesia con los indígenas (Antes, durante
y después de la conquista del desierto)... 1988, 50 p.
N° 2. GINOBILI DE TUMMINELLO María E., Aportes científicos de los Salesianos
Observaciones Etnológicas y Etnnogrâficas de la Obra Inédita del P. Lino Carbajal... 1990, 72
p.
N° 3. BARRETO Oscar, Fenomenología de la religiosidad mapuche... 1992, 110 p.
N° 4. CURRULEF César, Koñümpan... «traerlo a la memoria»... 1993, 70 p.
Así presenta el compilador la colección DOCUMENTARIO PATAGÓNICO: Siendo «el Archivo His-
tórico depositario de la tradición escrita de las Misiones Salesianas de la Patagonia Norte y Centro,
espera poder iniciar un diálogo fructífero con los investigadores de nuestra Patagonia, a través de
este DOCUMENTARIO en ediciones periódicas».
Y él prologa dicho «diálogo», parafraseando el mensaje que en su visita a las tierras patagó-
nicas, (abril 1987), lanzaba Juan Pablo II: «Una magnífica tradición evangelizadora y misionera».
Con su trabajo —Solidaridad de la Iglesia con los indígenas— pretende «ayudar a perfilar el sentido
pastoral de la iglesia misionera en la Argentina durante la ocupación y expansión territorial que
culmina, en 1879, en la denominada "conquista del desierto"», desde cuya fecha el autor se
regodea aún más en «la solidaridad de la Iglesia, [encarnada entonces especialmente en los sale-
sianos], con los indios» (pp. 14-48).
Ma Ginobili de Tumminello abre el «diálogo cultural patagónico» con sus Observaciones Et-
nológicas y Etnográficas de la Obra Inédita del P. Lino Carbajal (1869-

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Recensioni 481
1904), garraspeadas a lápiz, entre 1902-1904, tras su vuelta a la Patagonia y Tierra del Fuego. En
1900 ha publicado en Turin La Patagonia-Studi Generali, ofreciendo, en cuatro volúmenes, un
panorama completo de ella: historia, topografía y etnografía (I); climatología, fauna, flora y geolo-
gía (II); agricultura, industria, comercio y navegación fluvial y marítima (III); «el volumen cuarto
trata de la Política y la Instrucción». Su «Obra Inédita» la custodia el Archivo Salesiano de la
Patagonia Norte de Bahía Blanca, ordenado por «Diarios» de viajes —nada menos que 17 entre
finales de 1902 y 1904—, y «Notas» sueltas: Notas históricas sobre Patagones, Guardia Mitre,
Fortín Mercedes y la misión de la Candelaria-Río Grande (en la Tierra del Fuego).
El DOCUMENTARIO N° 3 —Fenomenología de la religiosidad mapuche— brinda «a indigenistas,
culturólogos, sociólogos y teólogos el testimonio escrito del sacerdote salesiano P. Oscar Barreto,
que por cuatro años desplegó su acción misionera, compartiendo la vida de las tribus mapuches del
sur y del oeste». Contiene su «experiencia directa y reflexión científica y pastoral». Por tanto, «este
libro, testimonio de su honda inserción en la tierra cultural de los indígenas neuquinos, se inscribe
en lo que se puede llamar la "opción indígena" de la Iglesia»...
El DOCUMENTARIO N° 4 es original hasta en el título —KOÑÜMPAM... «traerlo a la memo-
ria»—, hasta en la dedicatoria: «Al pueblo mapuche de donde vengo»... Porque, en efecto, César
Currulef declara tener su partida de nacimiento «en Laguna Blanca, departamento de Pilcaniyeu,
territorio Nacional del Río Negro». Tierra que describe con pasión, cariño y atención, recorriéndo-
la en su lucha contra el analfabetismo —cada paraje su escuela—, sobre todo para esas «tres mil
familias [...] que vivían en lugares inhóspitos» a lo largo del Río Negro. La necesidad de lograr
una legislación justa lo llevó, entre enero-marzo 1974, a reunir a maestros rurales, agentes sanita-
rios, médicos, jueces de paz, que descubrieron la importancia de la enseñanza bilingüe (mapuche-
castellana) en las escuelas rurales, la necesidad de rever la historia regional y la situación política;
el modo de encarar la asistencia social, la salud, el trabajo». Narra costumbres, fiestas, tradicio-
nes..., para concluir rememorando «ese camaruco... [en el que] cantaron las mujeres mayores
juntas sus "taieles"... Vuta Traum bien puede ser el canto del hombre de la tierra»...
«Taiel, aquel antiguo canto
mío y tuyo que anuncie el Vuta Traum [...]
Vuta Traum que nos llama de atrás,
del silencio total... del olvido».
Esto es hasta el presente el DOCUMENTARIO PATAGÓNICO: breves trabajos monográficos, varios
y dispares en su argumentación. Su pobre ropaje tipográfico encubre un rico contenido.
Con el augurio que los propósitos, mostrados por el compilador, de publicar «las investiga-
ciones de nuestra Patagonia, a través de los números de este DOCUMENTARIO en ediciones periódi-
cas» —-hasta hoy, solo ocasionales—, se transformen en halagüeña realidad.
J. BORREGO

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482 Recensioni
BIESMANS Rik, «Die Nächstenliebe una Sanftheit (Milde) des hl. Franz von Sales mögen mir
in alien Dingen Vorbild sein» (J. Bosco). Reflexionen zum vierten Vorsatz Don Boscos
anläβilich seiner Priesterweihe, Arbeitstexte Nr. 4, Herausgegeben von P. Hendrik Bies-
mans SDB, Leiter des Instituts für Salesianische Spiritualität, Benediktbeuern 1994, 78 p.
«La carità e la dolcezza di S. Francesco di Sales mi guidino in ogni cosa. Riflessioni sulla
quarta risoluzione presa da don Bosco in occasione dell'ordinazione sacerdotale», così suona in
italiano il titolo del saggio di R. Biesmans, direttore dell'Istituto di Spiritualità Salesiana di
Benediktbeuern. Esso costituisce il contenuto del quarto «quaderno» di una serie di brevi studi
che dovrebbero anche servire come strumento di animazione per la Famiglia salesiana nei paesi
di lingua tedesca.
Nelle «Memorie dal 1841 al 1884-5-6 pel sac. Gio. Bosco a' suoi Figliuoli Salesiani», ri-
conosciute come «Testamento spirituale» di don Bosco, troviamo le nove risoluzioni da lui
prese a conclusione degli esercizi spirituali compiuti prima della sua ordinazione sacerdotale
avvenuta il 5 giugno 1841 (cf Memorie dal 1841 al 1884-5-6 pel sac. Gio. Bosco a' suoi Fi-
gliuoli Salesiani, a cura di F. MOTTO, in Don Bosco educatore. Scritti e testimonianze, Roma,
LAS 1992, pp. 400-401). L'A. adotta come perno del suo saggio la quarta, che gli sembra di
grande importanza per capire in profondità i motivi e le convinzioni dell'agire pedagogico-
pastorale di don Bosco.
L'A. pone volutamente questo proposito di don Bosco in contrapposizione al motto «Da
mihi animas caetera toile», entrato a far parte dello stemma salesiano e che, rispetto alla quarta
risoluzione, riscosse un grande successo nella tradizione salesiana, ma può suggerire una lettu-
ra forse troppo spiritualista all'operare salesiano. Invece per il Fondatore dei salesiani, come
vuole dimostrare l’A., «la carità e la dolcezza di s. Francesco di Sales mi guidino in ogni cosa»
corrispondeva di più al suo umanesimo cristiano che per «oggetto» ebbe l'uomo intero, inteso
nella sua dimensione corporale e spirituale.
E difatti lo studio mira a riscoprire la forza «creatrice» che ebbe nella vita del Fondatore
dei salesiani questa risoluzione. Perciò nel primo capitolo fa vedere, attraverso alcune tappe
della vita di G. Bosco fino all'anno 1854, la presenza di detta risoluzione sotto diverse forme e
sfumature, anche quelle meno esplicite. Osserva che nella «Storia ecclesiastica», pubblicata nel
1845, don Bosco mise in rilievo le figure che si erano distinte appunto per le attività caritative;
nei numerosi interventi del santo a favore dei giovani poveri e abbandonati avverte l'ispirazione
o addirittura un chiaro richiamo a detta risoluzione. In questo atteggiamento di don Bosco il
Biesmans riscontra la prevalente incidenza della spiritualità di s. Francesco di Sales, senza
escludere però altre influenze.
La mancanza della carità e della dolcezza fu valutata da don Bosco come il più grave di-
fetto dei suoi salesiani. Lo evidenziano il dialogo tra G. Buzzetti e don Bosco e le due lettere
del 1884 da Roma. L'A. nel secondo capitolo si trattiene, brevemente, su questo argomento:
parla dell'amore presso don Bosco e della sua duplice fisionomia, effettiva e affettiva, presup-
posto di un clima di fiducia reciproca.
Nell'ultima parte del saggio, forse la più interessante, l'A. passa al setaccio alcuni scritti di
don Bosco. «Studia di farti amare», che richiama in qualche modo la quarta risoluzione, diven-
ta il criterio per tale esame. Il Biesmans fa chiaramente vedere la tensione presente in proposito
nel Fondatore dei salesiani, perché tale ispirazione non venisse meno presso i suoi «figli» e
abbracciasse non solo i rapporti tra i

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Recensioni 483
salesiani e i giovani, ma anche quelli tra gli stessi membri della società salesiana. Nella parte
conclusiva, l'A., mentre rivendica l'attualità dell'ispirazione donboschiana, ne augura un oppor-
tuno approfondimento con le nuove scienze umanistiche.
A conclusione ci sia permesso fare qualche osservazione. Sarebbe stato meglio citare Don
Bosco educatore. Scritti e testimonianze, AA.VV., a cura di P. BRAIDO, Roma, LAS 1992,
anziché Scritti pedagogici e spirituali, a cura di J. BORREGO, P. BRAIDO, A. FERREIRA DA
SILVA, F. MOTTO, J.M. PRELLEZO, Roma, LAS 1987, che ne è la prima edizione. Inoltre alla
pagina 23 l'A. traduce la parola «formati», adoperata nella lettera di don Bosco a A. Rosmini,
con «gewappnet»; ciò, a quanto ci pare, non rende chiara l'idea. Inoltre converrebbe trascrivere
i nomi come sono nei testi originali: p.e., invece di J.[osefJ sarebbe stato meglio lasciare
G.[iuseppe], per non creare inutili confusioni.
Può giovare alla riflessione offerta dall'A. accennare al fatto che sul frontespizio del Bol-
lettino Salesiano fu messa fin dal gennaio 1878, tra le altre, la frase di san Francesco di Sales:
«Un amor tenero verso al (sic) prossimo è uno dei più grandi ed eccellenti doni, che la divina
Bontà faccia agli uomini».
Il saggio del Biesmans in conclusione tende a presentarsi come una riflessione di indole
puramente spirituale, cui fa difetto un'approfondita e pertinente valutazione, in sede di critica
storica, delle fonti utilizzate, il che rende problematiche le conclusioni cui perviene.
S. ZIMNIAK
CASTELLANOS HURTADO Francisco, Los salesianos en México, tomo 2o México, D.F., Edicio-
nes Don Bosco 1993, 417 p.
Simplemente dar fe de que el autor ha cumplido su palabra de llevar a término con rapi-
dez su cometido. Se había propuesto recopilar la documentación existente sobre «el nacimiento
y los primeros pasos (1889-1911) de la obra salesiana en México [...] en la época del porfiria-
to», es decir, en la época dominada por el general Porfirio Díaz (1897-1911).
Debido al inmenso bagaje documental, lo que intencionalmente se pensara para un sólo
volumen, ha debido publicarse en dos: el primero abarca los años 1889-1899: [Véase su recen-
sión en RSS 24 (1994) 253-54]. Entre nuestras manos el segundo tomo, que comprende los
años 1900-1912. El autor-compilador ha significado tratarse de una continuación, iniciando el
volumen —sin más preámbulos— con el capítulo XXI, página 401, y presentándolo con idén-
tico contenido, método y estilo al precedente.
Basa su «mosaico documental» en las crónicas de las diversas casas, —siempre en au-
mento—, enriquecidas con los «informes» de los Sres. Inspectores, las «memorias» —y «car-
tas»— de algún salesiano con «apéndices» de relevante importancia, como el desarrollo de la
devoción a María Auxiliadora en México. Todo recuadrado en una exposición repetitiva de
ritmo anual, o, a veces, semestral: lista del personal, vida de los salesianos, vida del colegio,
admisiones al noviciado, cooperadores difuntos aparecidos en el Boletín Salesiano. No faltan-
do las referencias a las Hijas de María Auxiliadora.

1.10 Page 10

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484
Recensioni
Por tanto, bienvenido este primer estudio documental, «ordenado cronológicamente», ya
que con él se ha emprendido el camino justo para, paso a paso, «hacer la plena historia» de la
presencia salesiana en México.
J. BORREGO
HALAS Franc-CiGLAR Tone, Msgr. Jozef Kerec, slovenski misijonar na Kitajskem 1921-1952.
Ob 100-letnici rojstva 1892-1992 (Mons. Jozef Kerec, missionario sloveno in Cina 1921-
1952. In occasione del 100° anniversario della sua nascita: 1892-1992). Ljubljana, Ka-
tehetski center-Knjizice 1992, 428 p., ill.
Zbornik simpozija o msgr. Jozefu Kerecu, slovenskem misijonarju na Kitajskem ob 100-letnici
rojstva 1892-1992 (Atti del simposio su mons. Jozef Kerec, missionario sloveno in Cina,
in occasione del 100° anniversario della sua nascita: 1892-1992), a cura di Tone Ciglar,
Ljubljana, Katehetski center-Knjizice 1992, 141 p., ill.
Per le opere missionarie in Slovenia il 100° anniversario della nascita del missionario Sa-
lesiano Jozef Kerec (1892-1974), che accanto ai due missionari del secolo scorso, Ignacij Kno-
blehar (1819-1858, Sudan) e Friderik Baraga (1797-1868, America settentrionale), rappresenta
la terza personalità missionaria di prim'ordine della Chiesa in Slovenia, ha offerto un'occasione
particolare per festeggiare e rinnovare lo slancio missionario, soffocato per alcuni decenni do-
po la seconda guerra mondiale. La memoria della sua figura, caratterizzata da notevole origina-
lità, e le sue lettere pubblicate sui vari giornali di ispirazione missionaria negli anni venti e
trenta, furono molto vive ancora tra la generazione prebellica della Slovenia. Sorse allora l'idea
di pubblicare una biografia completa e di organizzare un incontro tra esperti, conoscitori del-
l'opera Salesiana nel campo missionario con particolare rilievo sul ruolo di mons. Kerec. Que-
sto desiderio della Famiglia salesiana si mostrò realizzabile con l'aiuto della direzione delle
Opere Missionarie Pontificie del paese e della Facoltà di Teologia di Ljubljana.
Il primo volume, la biografia del missionario Jozef Kerec, scritta secondo l'ordine cronolo-
gico, con l'accento sul periodo trascorso in Cina e meno approfondita sul periodo dopo il suo
ritorno in Europa nel 1952, è stato preparato dal sacerdote della diocesi di Maribor, Frane
Halas, parroco e animatore missionario, il quale ha gelosamente raccolto i documenti fin dal
tempo in cui sentì parlare per la prima volta del suo grande compaesano, cioè oltre 50 anni fa.
Già nel 1974 pubblicò un volumetto intitolato Architekt z evangelijem (Architetto col vangelo).
Con l'aiuto del Salesiano Tone Ciglar, che nel suo lavoro ha incluso anche gli archivi Salesiani,
e con la molta disponibilità dell'archivio ispettoriale di Hong Kong, il materiale raccolto ha
raggiunto la forma di una biografia attraente e, nello stesso tempo, scritta su valide fonti. An-
che la testimonianza diretta orale di don Andrej Majcen, raffinato conoscitore della persona e
del lavoro di mons. Kerec di cui fu collaboratore — hanno lavorato insieme nel periodo 1935-
52 —, ha contribuito notevolmente a quest'opera. Oltre allo scritto, ha un valore documentario
di prim'ordine la ricca documentazione fotografica, raccolta dagli archivi ecclesiastici e civili e
dalle collezioni private, sorte durante la vita di mons. Kerec, già allora da molti considerato
una leggenda missionaria: «un vero missionario con l'anima e il cuore, con l'intelligenza e la
vo-

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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Recensioni 485
lontà», come scrive nell'introduzione il vescovo di Maribor, mons. Frane Kramberger. La sua
visita nel paese natio nel 1932-33, suscitò molto entusiasmo per l'opera missionaria in Cina,
che di nuovo si diffuse per la permanenza in Slovenia di mons. Damiano Ceng, dimessosi
dall'ufficio di prefetto apostolico. La pittrice cinese Wang Huiquin ha contribuito per la parte
artistica, facendo così della lettura del libro un vero diletto.
Il secondo volume contiene gli atti del simposio, organizzato in occasione del centesimo
anniversario della nascita del missionario Kerec dalla Facoltà di Teologia di Ljubljana il 30
settembre 1992, pubblicato poi dal Centro Catechistico Salesiano, come numero 16 della Col-
lana Catechistica. L'incontro dei ricercatori nei diversi campi non voleva essere soltanto — e in
questo si può dire che sia riuscito — un ricordo dell'opera compiuta da mons. Kerec, bensì,
trattando l'interesse del missionario per la cultura indigena del popolo in mezzo al quale svolse
la sua attività, un consolidamento dell'identità nazionale slovena e della propria consapevolez-
za al momento dell'entrata nella storia mondiale.
Sono stati presi in considerazione i seguenti temi: una breve rassegna biografica del gran-
de mandarino mons. Jozef Kerec (T. Ciglar), le correnti di pensiero, nazionali e religiose nel
Prekmurje al tempo della transizione dal secolo XVIII al secolo XIX (V. Novak), il cristiane-
simo nel mondo cinese fino al 1900 (D. Ocvirk), Kerec nel suo metodo missionario originale
(A. Majcen), mons. Jozef Kerec tra la Cina e il Vaticano (F. Halas), l'immagine spirituale del
missionario Kerec, riconosciuta dalle sue lettere (vescovo mons. J. Smej), Jozef Kerec - archi-
tetto (F. Halas), il missionario mons. Jozef Kerec - architetto e costruttore (arch. F. Kvaternik),
il missionario Kerec su «Kalendar Srca Jezusovega» e su «Foglio di Maria» [due giornali della
zona di provenienza del missionario Kerec] (L. Kozar), Jozef Kerec e la rivista «Missioni
Cattoliche» [della quale il missionario J. Kerec era un collaboratore fedele nel periodo tra 1923
e 1952] (L. Lencek CM.), missionari salesiani sloveni nell'Estremo Oriente (B. Kolar).
A quanti si interessano della storia missionaria e del contributo dato ad essa dalla zona
slovena di Prekmurje, a dir vero assai ricca per le vocazioni missionarie ed ecclesiastiche in
genere — delle quali molte hanno potuto trovare la loro realizzazione nei collegi missionari
salesiani del Piemonte e durante il rilancio missionario, suscitato dal Rettor Maggiore Filippo
Rinaldi — la biografia e gli atti offrono un prezioso aiuto. In essi sono presentati sia il clima
generale, molto favorevole alle attività della Chiesa, sia la figura del missionario e la presenza
salesiana in quella regione: il primo collegio è stato fondato nel 1912 a Verzej, il secondo nel
1924 nella capitale della zona a Murska Sobota. I Salesiani e le altre comunità religiose, so-
prattutto le Suore insegnanti e i camilliani — ambedue invitati in Cina da mons. Kerec — e i
lazzaristi, che nel periodo dopo la seconda guerra mondiale cercarono di entrare in Cina dove
poterono poi lavorare per alcuni anni, senza però riuscire ad organizzare un proprio territorio
missionario, trovano nei suddetti volumi abbondanti informazioni. Anche se il vasto campo
dell'opera missionaria e del rapporto del missionario Kerec verso la cultura indigena cinese
richiederebbero ulteriori approfondimenti, questi scritti possono essere considerati una popola-
re, ma non per questo meno fondata, presentazione del contributo degli Sloveni al compito
missionario della Chiesa.
B. KOLAR

2.2 Page 12

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486 Recensioni
NANNOLA NICOLA, I salesiani a Caserta. Fondazione e primo decennio (1895-1908). Caserta 1993,
171 p. [in «Archivio Storico di Terra di Lavoro», pubblicato a cura della Società di Storia
Patria di Terra di Lavoro, vol. XIII, anni 19921993].
Nella temperie culturale attuale che facilmente cede alla tentazione dell'interesse immediato,
del disimpegno e della retorica, non può che essere valutato in modo positivo il volume qui in
oggetto, che, quasi pionieristicamente, si segnala e si distingue fra i tanti altri pubblicati in occasione
di anniversari di fondazione di case salesiane.
«Si segnala e si distingue» anzitutto perché prende in considerazione un periodo di tempo piut-
tosto breve, per cui la ricostruzione storica risulta ampia e ricca di tanti non inutili particolari. In
secondo luogo la ricerca è condotta su fonti archivistiche di primaria importanza, attendibili, anzi-
ché, come purtroppo spesso avviene, su testi a stampa di indole divulgativa e privi di seri riscontri
documentali. Infine all'apparato iconografico è concesso solo lo spazio necessario, e comunque
esclusivamente pertinente col soggetto trattato.
Il volume si articola in quattro parti. Nella prima (pp. 11-48), attraverso l'analisi della corri-
spondenza intercorsa fra la fondatrice, M.lle Marie Lasserre residente a Pau (Francia), don Michele
Rua a Torino, i salesiani operanti a Caserta e le autorità della città campana, viene presentata la
dinamica della fondazione della casa, dal primo desiderio espresso dalla fondatrice (1895), alla
posa della prima pietra (1896), all'inaugurazione del collegio (1897) e della chiesa-santuario
(1898).
La seconda parte (pp. 49-97) delinea uno spaccato della vita interna all'istituto nel primo de-
cennio di vita (1898-1908). Nella presentazione viene seguito lo schema tradizionale delle opere
salesiane: scuola, convitto, oratorio, servizio alla popolazione circostante. Programmi scolastici,
attività parascolastiche, animazione oratoriana e parrocchiale di un decennio passano così, sia pure
molto rapidamente, sotto gli occhi del lettore.
Le tre visite a Caserta di don Rua, l'ultima delle quali caratterizzata dal miracolo della molti-
plicazione delle ostie, costituiscono l'oggetto della terza parte (pp. 99-114); infine nella quarta parte
(pp. 115-135) viene tracciato un breve profilo di nove «protagonisti». Un'appendice documentaria
completa l'opera.
I documenti scoperti ed utilizzati sono sottoposti ad un notevole vaglio critico, lontano dagli
stereotipi retorico-celebrativi di cui si diceva. Né nuoce più di tanto alla serietà del lavoro la ben
visibile partecipazione emotiva dell'A. al proprio racconto. Lo si può ben comprendere: l'oratorio
di Caserta fu frequentato dal ragazzo Nannola per una decina di anni; dell'opera salesiana nel suo
complesso don Nannola fu direttore nel periodo della II guerra mondiale e negli anni immediatamen-
te successivi; del liceo fu fondatore, preside e a lungo insegnante; da una quindicina d'anni svolge la
funzione di apprezzato archivista e bibliotecario.
Ci sia consentito di cogliere l'opportunità di un lavoro come questo, per avanzare ai lettori di
RSS e agli eventuali scrittori di storia salesiana una proposta di metodo, su cui per altro si era già
richiamata l'attenzione vari anni fa (RSS 8/1986 p. 168).
Uno dei rischi maggiori che si corrono frequentemente nel ricostruire la storia delle opere sa-
lesiane è quello di trascurare la presentazione dell'identità culturale, sociale, politica, ecclesiale
della comunità in cui la singola casa salesiana è venuta a

2.3 Page 13

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Recensioni 487
collocarsi. I parametri ambientali risultano invece indispensabili per comprendere il significato
di quella presenza, della quale, ovviamente, non verranno tralasciati né i concreti passi eccle-
siali-amministrativi fatti in occasione dell'insediamento né la fisionomia religiosa e professio-
nale del personale in essa operante. L'opera salesiana non va analizzata solo nella sua vitalità
interna, ma anche nel suo impatto col mondo esterno, con le altre agenzie educative del territo-
rio, con le forze socio-politiche di ispirazione concorde o meno con essa, con l'immagine me-
desima che l'opera offriva alla popolazione con cui era in contatto.
In tale logica l'analisi anche solo dei registri scolastici, con i dati in essi offerti circa i fa-
miliari degli alunni, risulta una splendida opportunità per lo studio della tipologia dei destinata-
ri, del loro stato sociale, del microcosmo che ruota attorno all'opera salesiana, della qualità
della vita del territorio circostante, dell'eventuale omologazione della casa salesiana a qualcuno
dei molteplici versanti dell'episteme dominante. Suggestive angolature e ulteriori piste di ricer-
ca possono venire suggerite proprio da fonti che all'apparenza sembrano non essere appropriate
e consone a seri studi storiografici quali, ad esempio, registri economici, tabelle scolastiche,
elenchi di libri per la biblioteca, ecc. All'intelligenza dello studioso è lasciato l'utilizzo di mo-
delli di analisi già noti e, nello stesso tempo, l'invenzione di propri modelli interpretativi.
Una storia salesiana dunque che non dia l'impressione di attecchire in un deserto, che
prenda avvio e cresca in una storia locale necessariamente modulata sotto un preciso profilo
culturale, politico, economico, urbanistico... Una storia ad intra e ad extra dell'istituzione
salesiana, «interessante» per tutti, non solo per gli utenti della medesima.
Se qualcuno mi chiedesse di azzardare un'opinione sullo stato di salute della storiografia
salesiana, alla fine di questo secolo XX, direi francamente che, nella logica suddetta, non sta
attraversando un periodo di floridezza e di vivacità.
F. MOTTO
Don Della Torre con i giovani in difficoltà. A cura degli Amici di Don Della Torre. Arese
(Milano), Centro Salesiano San Domenico Savio 1993, 8°, 190 p.
Lo stile è l'uomo. In don Francesco Beniamino Della Torre (1912-1969) se ne ebbe una
prova classica, sia nel suo insieme, sia nei suoi scritti, come appare da quello riportato nel
volume.
Il quale volume, uscito nel 25° della sua morte, non è né una biografia né un ritratto, ma
una raccolta di testimonianze che ne illustrano la figura e l'attività.
Il taglio al libro è dato dalla prima di queste testimonianze: una lunga lettera dello stesso
don Della Torre al salesiano Thomas W. Hall, ispettore delle province d'Inghilterra, d'Irlanda,
di Malta e del South Afrika dal 1952 al 1964. In quegli anni in due case salesiane della Gran
Bretagna, Blaisdon Hall nel Gloucester e Aberdour nella contea di Filt in Scozia, era iniziata
un'esperienza simile a quella italiana di Arese, per la rieducazione di ragazzi difficili. Don
Della Torre aveva visitato le due opere di oltre Manica, ed aveva accolto ad Arese come osser-
vatori alcuni salesiani impegnati in esse. Ne seguì questa lunga lettera di riflessioni a sfondo
pedagogico.

2.4 Page 14

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488
Recensioni
A percorrerla ci si chiede se essa possa costituire un piccolo trattato di pedagogia o il
frutto di un'esperienza che don Della Torre, come responsabile, portava avanti in piena
consapevolezza.
Ma un trattato non è perché manca di organicità. È piuttosto un susseguirsi di spunti, di
esperienze, di riflessioni, con riferimenti continui a don Bosco. Nello stile appunto di don Della
Torre. Vi prevale l'intuizione che per via di associazioni interpreta atteggiamenti e fatti. Pur
comprensivo con tutti, la sua indulgenza maggiore è per i ragazzi. Come don Bosco, si sente
loro padre, li prende dalla parte del cuore impegnandovi tutta la sua intelligenza pedagogica.
Toccano profondamente le prove di affetto che lui poté vedere e descrivere in seguito ad una
sua degenza all'ospedale (p. 38).
Cosa trasmette ai suoi «rieducandi» attraverso questa simpatia affettiva? I suoi giovani,
come ogni uomo, «soffrono l'anelito alla verità e vi si appassionano. In una gara interregionale
di cultura religiosa hanno riportato il primo premio» (p. 57). Catechesi. Ma non solo passiva.
«Un gruppo del Vangelo organizza il catechismo festivo per i ragazzini della parrocchia... In
due per aula... I rieducandi preparano le lezioni con il caposquadra al mercoledì...» (ivi).
Imparano, trasmettono e vivono. Il lavoro in profondità avviene nei sacramenti, in clima di
grande libertà.
Sono i traguardi più belli per un educatore. Don Bosco li descrisse nel suo Magone
Michele, esempio certamente non isolato. Proprio perché radicati nella coscienza sono i più
nascosti, ma anche i più fecondi. Don Della Torre li fa intravedere senza soffermarvisi:
nell'ambiente di Arese era entrato molto del clima dell'antico Oratorio di Torino.
Questa testimonianza autografica che apre il libro si limita all'esperienza di Arese. Chi la
presenta ne sottolinea la ponderatezza, spoglia dell'effervescenza che caratterizzava altri suoi
momenti. Ma pur nel tono così calcolato, lo stile è il suo: un alternarsi policromo di tocchi, di
angolature, di suggestioni, di verifiche sullo sfondo dell'esperienza sua più bella.
La seconda parte del volume raccoglie una nutrita serie di testimonianze da parte di varie
persone sui momenti più diversi della sua attività formativa e manageriale. Chi lo ricorda alla
origine della propria vocazione, chi agli inizi delle opere sociali di Sesto San Giovanni, chi
nella rischiosa sua partecipazione alla Resistenza... Sono medaglioni affettuosi, rievocazioni
piene di ammirazione e riconoscenza. La loro freschezza viene spesso da quel clima di
avventura che accanto a lui vivevano collaboratori e alunni; da quel mondo di realtà e fantasia
che attingeva le certezze dalla Fede.
Scomparso ancora giovane, don Della Torre lasciò una grande eredità di simpatia che fu
raccolta ed è perpetuata dall'Associazione «Amici di Don Della Torre». Indubbiamente questo
fascino è dovuto alla sua grande ricchezza umana e spirituale, ma ha attinto il pieno sviluppo
dal suo innesto nel carisma salesiano. A 25 anni dalla scomparsa i suoi «Amici» ne sentono
ancora tutta la suggestione e ne esprimono la più convinta testimonianza.
S. GIANOTTI