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UN SECOLO DI PRESENZA DI SALESIANI POLACCHI
FRA GLI EMIGRANTI.
Cenni storici
Jan Pietrzykowski
I Polacchi emigrarono nell’ottocento soprattutto per motivi politici, particolar-
mente dopo le non riuscite insurrezioni nazionali. I mutamenti economici, e per opera
degli occupanti la liquidazione delle prestazioni gratuite dovute dai contadini, dava
anche agli abitanti delle campagne il diritto di spostarsi. Per questo, verso la fine del
secolo scorso si ebbe un fenomeno nuovo: l’espatrio finalizzato al guadagno e l’emi-
grazione stagionale. All’estero la religione costituiva per gli emigranti il legame più
forte con la madrepatria. La carenza di cura pastorale provocava l’abbandono delle
tradizioni e l’indebolimento della vita religiosa.
La nota caratteristica delle congregazioni religiose nuove, sorte nel sec. XIX, è la
versatilità nel rispondere ai bisogni sociali. La cura dei poveri e dei malati va di pari
passo con l’educazione popolare o l’attività missionaria. Don Giovanni Bosco (1815-
1888), educatore della gioventù, fondatore dei salesiani (1859), nel 1875 inviò il primo
gruppo missionario a lavorare tra gli emigranti italiani in Argentina1. La società sale-
siana diede così inizio ad un nuovo campo di lavoro. Nella spedizione missionaria del
1893 si trovarono anche chierici polacchi. È una cosa ben comprensibile dal momento
che, per motivi politici, non potevano tornare e lavorare tra la gioventù polacca2.
I salesiani polacchi si incontrarono per la prima volta coi loro connazionali del-
l’altro emisfero in Argentina, ed uno di loro, don Stanislaw Cynalewski (1866-1932),
dedicò tutta la vita all’attività fra gli emigranti. Gli altri dello stesso gruppo solo spo-
radicamente poterono svolgere il loro servizio pastorale nella lingua della madre pa-
tria. Un loro maggiore impegno in questo campo incontrava grandi difficoltà da parte
1 Jesús BORREGO, Il primo iter missionario nel progetto di Don Bosco e nell’esperienza
concreta di Don Cagliero (1875-1877), in Missioni salesiane 1875-1975. Studi in occasione
del centenario, a cura di Pietro Scotti, LAS, Roma 1977, p. 63; Eugenio CERIA, Memorie Bio-
grafiche del beato Giovanni Bosco, XI 272.
2 Il primo salesiano di nazionalità polacca fu don Grochowski, che ricevette la consacra-
zione sacerdotale a Torino il 7 VI 1879. Agli Istituti educativi di don Bosco arrivarono ragazzi
dalla Polonia. Grazie all’aiuto materiale di don A. Czartoryski SDB venne ingrandito l’istituto
di Valsalice e fu comperato il castello di Lombriasco, destinato ai Polacchi. Cf Kazimierz SZC-
ZERBA, Kontakty Polaków z ksidzem Janem Bosko (Contatti dei Polacchi con don Giovanni
Bosco), in «Seminare», 1987-1988, p. 124-127; Stanislaw KOSIN´SKI, Mlodziecze lata kardy-
nala Augusta Hlonda 1893-1905, (Gli anni giovanili del cardinale August Hlond 1893-1905),
«Nasza Przeszloø w», 42 (1974), p. 63; Stanislaw WILK, Insediamento e prime fasi di sviluppo
dell’opera salesiana in Polonia (1898-1922), in Insediamenti e iniziative salesiane dopo Don
Bosco. Saggi di storiografia, Istituto Storico Salesiano – Roma, 9: 1996, p. 371.

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164 Jan Pietrzykowski
delle autorità della Congregazione, dal momento che allora “essere salesiani” equiva-
leva sovente ad “essere italiani”. Anche per questo motivo i salesiani polacchi che la-
voravano nelle missioni molto spesso si trovavano di fronte al dilemma: “italianità” e
patriottismo3. La situazione si modificò solo dopo il Capitolo Generale XI tenutosi a
Torino nel 1910. Nei paesi di missione inserivano i Polacchi nel lavoro degli istituti:
scuole, internati, oratori. Essi in generale lavoravano in centri missionari la cui popo-
lazione formava un mosaico di nazionalità: Polacchi, Italiani, Tedeschi ecc. L’interna-
zionalità del personale aveva un lato positivo, poiché in caso di conflitti politici fra
due nazioni impediva la chiusura dei centri missionari.4 Per questo pure la cura pasto-
rale degli ambienti polacchi, eccetto sporadiche eccezioni, come Londra (1904-1937)
o Adampol (1912-1958), non trovava comprensione ed appoggio presso i superiori
della società salesiana.
Nonostante tali difficoltà, don Cynalewski fu nominato (1898) responsabile spi-
rituale dei connazionali di Apostoles (distretto di Missiones) e successivamente man-
dato alla casa salesiana di Santa Rosa de Toay. Ivi organizzò un centro pastorale per i
Polacchi; vi costruì una cappella e una scuola; vi fondò un circolo per contadini e si
prese cura pure delle necessità materiali dei connazionali. Poiché i superiori salesiani
di Torino non dimostravano un grande interessamento alla sorte dei Polacchi in Ar-
gentina, don Cynalewski, al fine di dedicarsi a tempo pieno agli emigranti, nel 1907
uscì dalla congregazione e si incardinò nella diocesi di Poznan5. Non smisero di es-
sere patrioti neppure quei missionari che erano rimasti salesiani, eseguendo i compiti
apostolici loro affidati (Józef Oleø, Franciszek Wilczek, Wojciech Liberadzki, Ignac
Hlond). Lavorarono negli istituti e nelle parrocchie salesiane; in aggiunta la domenica
celebravano messe per i Polacchi, facevano prediche, insegnavano il catechismo ai
bambini (Buenos Aires)6. Inoltre i salesiani polacchi si fecero apprezzare in Argentina
dalla popolazione locale. Don Jan Marciski fu per un certo periodo educatore del
servo di Dio Severino Namuncurà (1886-1905). Invece don Ludwik Daµ browski,
che operò fra i connazionali di Comodoro Rivaduvia, contribuì alla scoperta di giaci-
menti petroliferi in quella zona7.
3 Marek CHMIELEWSKI, I salesiani misioniari della Polonia. Genesi, ruolo e fisionomia
dell attività svolta (1889-1910), Roma 1996, pp. 268 – 308 (dattiloscritto).
4 Cf S. KOSIN´SKI, Dzialalnoø w misyjna salezjanów polskich (Attività missionaria dei sa-
lesiani polacchi), in 75 lat dzialalnoøci salezjanów w Polsce. Ksieçga pamiaçtkowa (75 anni
d’attività salesiana in Polonia. Libro commemorativo), a cura di R. Popowski, S. Wilk, M.
Lewko, Lódz´-Kraków 1974, p. 157.
5 Sul tema dell’opera dei salesiani polacchi fra i connazionali nell’America meridionale
ha scritto Tadeusz LEWICKI, Nie damy pogrzeø w mowy... Polscy salezjanie wøród rodaków w
Ameryce Poludniowej. (Non permetteremo che la lingua polacca taccia... I salesiani polacchi
tra i connazionali in America meridionale), Warszawa 1986.
6 «Wiadomoøci Salezjaskie» (Bollettino salesiano), 3: 1899, nr. 8, p. 233; M. CHMIE-
LEWSKI, Rola salezjanów polskich w procesie inkulturyzacji charyzmatu ksieçdza Bosko (1888-
1918) [Ruolo dei salesiani polacchi nel processo d’inculturazione del carisma di don Bosco
(1888-1918)], referat wygloszony w Laçdzie 30 IX 1997, p. 6, conferenza tenuta a Laçd (datti-
loscritto).
7 Cf Henryk WRÓBEL, Wklad Polaków w ewangelizacjeç Argentyny. (Contributo dei Po-
lacchi all’evangelizzazione dell’Argentina), «Studia Polonijne» 15 (1993), p. 62.

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Un secolo di presenza di salesiani polacchi fra gli emigranti 165
Altro luogo di attività salesiana polacca tra gli emigranti fu il Brasile. Già nel
1896 negli istituti di don Bosco si trovavano chierici, divenuti poi missionari e pastori
d’anime fra i Polacchi. Nel 1901 la società salesiana aprì a Rio Grande il liceo tec-
nico-artistico “Leone XIII”, dove accanto alle materie di formazione generale si da-
vano lezioni tecniche e pratiche di falegnameria. Don Stanislaw Banisz diede ivi
inizio alla costruzione di case economiche, di legno, per operai polacchi8. Gli emi-
granti, trovando nei salesiani appoggio materiale e spirituale, più volentieri si concen-
travano intorno alla cappella salesiana. Grande apostolo del Brasile fu pure don Teofil
Twórz, costruttore di tre chiese ed istituti salesiani. A Bale, San Paolo e Recife orga-
nizzò ufficialmente centri pastorali per i Polacchi9. Le trattative per potersi occupare
pastoralmente dei Polacchi nella borgata di S. Feliciano furono avviate fin dal 1908,
ma solo dopo sedici anni ebbero buon esito. Il centro fu affidato a don K. Zajkowski,
il quale per tre anni (1924-1927) vi lavorò come vicario del Servo di Dio Rodolfo
Komorek (1890-1949). Inoltre i salesiani polacchi servirono temporaneamente i
centri di Luiz Alves, Rio o Sul, Rio dos Cedros, veri mosaici di nazionalità. Era un la-
voro pesante ed estenuante perché nel territorio di queste parrocchie si trovavano fino
a venti stazioni missionarie e le grandi distanze venivano superate in barca o a dorso
di animali oppure a piedi10. Per iniziativa di don Feliks Rokicki sorse una parrocchia
polacca a Massaranduby, dove i salesiani arrivarono nel 1924 e don Stanislaw Tycner
vi costruì una bella chiesa. Nel 1963, a causa di equivoci, i Polacchi rinunciarono a
questo centro e le autorità religiose mandarono a Massaranduby don Vincenzo Stel-
maszczyk, un brasiliano di origine polacca11. Il posto dove i salesiani polacchi si trat-
tennero più a lungo fu San Paolo, centro consegnato nel 1995 ai sacerdoti della Com-
pagnia di Gesù.
Altri Stati dell’America meridionale in cui i salesiani polacchi svolsero attività
apostolica fra gli emigrati furono: Ecuador, Venezuela e Perù. In questi paesi il nu-
mero di Polacchi non fu così grande come in Argentina ed in Brasile. Si segnalarono
per operosità particolarmente viva i sacerdoti Jan Popowski e Brunon Rychlowski,
chiamati “consoli polacchi” e Szymon Wójcicki12.
8 E. GARSOLIN´SKI, Polacy w Rio Grande de Sul (Polacchi nel Rio Grande de Sul), in
Emigracja Polska w Brazylii, 100 lat Osadnictwa (Emigrazione polacca in Brasile, 100 anni di
presenza), Warszawa 1971, p. 136.
9 Archivio dell’Ispettoria di Cracovia (AIK), vol. Corrispondenza dei Missionari, don T.
Twórz a don S. Lukaszewski, San Paolo, 4 IV 1961; don S. Lukaszewski, don T. Twórz, Nieu-
straszony apostolBrazylii (Intrepido apostolo del Brasile), «Goø w Niedzielny» 35: 1966, 1 V, p.
8.
10 Cronaca della casa di Przemyøl per l’anno 1908, in Acta Hlondiana. (Materiali sulla
vita e l’opera del card. Hlond, Primate di Polonia 1881-1948, raccolti e dattiloscritti da don S.
Kosiski), vol. 3/2, Lad 1967, p. 16; S. KOSIN´SKI, Polscy salezjanie w slubie emigracji
1893-1975 (Salesiani polacchi al servizio dell’emigrazione 1893-1975), in Dzialalnoø w
meçskich zgromadzezakonnych wsród Polonii (Attività delle congregazioni religiose ma-
schili fra i Polacchi all’estero), a cura di J. Bakalarz, Lublin 1982, p. 298.
11 Archivio dell’Ispettoria di Varsavia (AIW), vol. Missionari, don F. Rokicki a don A.
7wida 25 III 1969; don G. Kasprzyk a don A. Fraçczek. 24 III 1973, vol. Cose personali, don
G. Kasprzyk agli ispettori don A. Dzieçdziel e don F. Zolnowski 1971, AIK, vol. Corrispon-
denza, don F. Rokicki a don G. Król 16 IV 1969 a «Nostra» 19 XII 1949.

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166 Jan Pietrzykowski
Nel 1909 i salesiani andarono negli Stati Uniti e vi organizzarono il collegio
“Cristoforo Colombo” di Hawthovne (New York). Poiché vi si trovavano anche emi-
granti polacchi, i superiori mandarono negli USA don Tomasz Patalong ed il chierico
MichalWajdziak. L’idea di aprire un istituto salesiano per gli emigranti polacchi era
nata durante il Capitolo Generale XI (1910). Le decisioni capitolari ebbero preciso
influsso nell’iniziativa di lavorare pastoralmente nelle parrocchie polacche di Chester
e di Mahwah e di aprire una scuola per i connazionali ad Hawthorne (1912)13. All’i-
stituto educativo di Hawthorne già esistente si aggiunse una sezione polacca che ac-
colse 27 ragazzi. Le lezioni vi erano tenute in polacco (religione, letteratura, storia e
geografia della Polonia) e in inglese. Due anni dopo, per mancanza di adeguati locali,
l’istituto fu trasferito a Ramsey, cittadina a 15 km. da New York. L’Ispettore ameri-
cano don Ernesto Coppo, con approvazione del superiore generale, comperò l’istituto
per i Polacchi. Il 1915/1916 fu il primo anno scolastico nel nuovo centro. Alla scuola
era annesso un internato14. Due anni dopo fu comperato un terreno attiguo e sistema-
ticamente fu ingrandito l’insieme dell’istituto, con l’aggiunta di nuovi fabbricati. Il
numero più elevato di alunni polacchi (1100) si ebbe nel 1948. Man mano che il loro
numero diminuiva, anche per motivi finanziari i salesiani cominciarono ad accogliere
pure ragazzi di altre nazionalità. Il personale insegnante era costituito soprattutto da
Polacchi. Fino al 1971 la direzione della scuola si trovò nelle loro mani. Col passare
degli anni l’istituto perdette un po’ per volta il carattere nazionale per mancanza di ri-
chiedenti e per l’americanizzazione dell’emigrazione polacca. Attualmente vi lavora
solo un salesiano polacco, don Waclaw 7 wierzbiolek15.
Ritiri e missioni costituiscono un capitolo dell’attività salesiana fra i Polacchi
d’America. I sacerdoti molto volentieri andavano in aiuto dei connazionali che si tro-
vavano in altri centri pastorali. In questo ambito, di lavoro ce n’era davvero molto,
tanto che i salesiani pregarono l’ispettore della Polonia di mandare sacerdoti in loro
aiuto. Certamente l’invio di persone a questo titolo (don Stanislaw Lukaszewski, don
Jan Pietrzak, don Antoni 7ródka e altri), aiutò molto le finanze dell’ispettorato po-
lacco in patria16.
I salesiani polacchi lavorarono pure tra i connazionali sparsi anche in altri con-
tinenti, come in Australia, in Africa, nel vicino Oriente. La loro presenza fu partico-
12 Ks. Jan Popowski, in Nekrolog Salezjanów Polskich 1891-1976 [Necrologio dei sale-
siani polacchi (1891-1976)], Kraków-Lódz´ (s. d.), p. 431 (dattiloscritto); «Poklosie
salezjaskie», 19: 1935, N° 3, p. 62; ibi, «MlodzieMisyjna», 1: 1925 nr 9, pp. 121-122;
AIK, vol. Schema di note biografiche dei missionari, don Rychlowski. Su richiesta del vescovo
G. Gawlina la Sede Apostolica lo nominò rettore della Missione Cattolica Polacca in Cile.
13 Archivio Salesiano Centrale (ASC), CB 1505 Ramsey F. – 529; Diario del giubileo
d’argento della parr. dell’Immacolato Cuore di Maria a Mahwah 1915, Mahwah 1940.
14 AIW, Stanislaw PLYWACZYK, Polscy salezjanie w Ramsey (I Polacchi salesiani a
Ramsey), in Jan 7 LÓSARCZYK, Historia Prowincji ø wieçtego Jacka Towarzystwa
Salezjaskiego w Polsce (Storia della provincia di San Giacinto della società salesiana in Po-
lonia), vol. 3, Pogrzebie1966, p. 370-372 (dattiloscritto); «Wiadomoøci Salezjaskie», 16:
1912 N° 8, p. 210.
15 S. KOSIN´SKI, Dzialalnoø w misyjna salezjanów polskich (Attività missionaria dei sale-
siani polacchi), p. 167; F. PYTEL, Dzialalnoø w salezjanów wøród Polonii USA (Attività dei
salesiani fra i Polacchi in USA), «Tygodnik Powszechny», 28; 1974, N° 28, pp. 2, 4.

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Un secolo di presenza di salesiani polacchi fra gli emigranti 167
larmente significativa ad Adampol, colonia polacca in Turchia sorta a metà del XIX
secolo, grazie all’interessamento del principe Adam Czartoryski17. Don Alessio Siara
mandato in Oriente per compiere studi biblici, rinunziò ad essi ed abitò nella casa sa-
lesiana di Istambul. Nel 1912, per incarico del delegato apostolico della capitale
turca, si recò ad Adampol, per occuparsi della cura pastorale dei connazionali ivi pre-
senti. In due anni di lavoro vennero costruiti la nuova chiesa in muratura e la casa
parrocchiale. Collaborò a quest’opera in modo fruttuoso la contessa Zborowska, che
raccolse a tal fine denaro in Galizia. La canonica era usata anche come scuola, nella
quale i bambini imparavano il polacco e il sacerdote preparava materiale catechi-
stico18. Solo dopo otto anni dalla partenza di don Siara, un altro salesiano, don To-
masz Zaremba (1922-1935), tornò in cura d’anime ad Adampol. Il superiore generale,
dell’epoca, don Filippo Rinaldi, incaricò l’ispettore di Varsavia di mandare ad
Istambul un sacerdote che fosse a disposizione dei Polacchi di Adampol. La regola
religiosa esige, fra l’altro, la vita comune e per questo anche don Zaremba abitò nella
casa salesiana della capitale turca e si recava ogni due settimane nel paesetto polacco
(a circa 50 km.)19. Durante gli anni della sua presenza, fu eretta la parrocchia di
Adampol. Nel 1926 le autorità statali chiusero la scuola polacca e quattro anni più
tardi fecero della casa canonica una scuola turca. Don Zaremba, stanco del lavoro,
tornò in patria ed al suo posto si recò don Antoni Wojdas. Abitava ad Istambul e ad
Adampol era ospitato dai parrocchiani, mentre, in chiesa, insegnava catechismo ai
bambini in polacco. Nelle lettere ai superiori si lamentava delle dure condizioni di
vita e di lavoro nel paesetto. Poiché insegnava il polacco, le autorità statali proibirono
a don Wojdas di rimanere in Turchia. Pur con grandissime difficoltà il sacerdote ri-
mase tuttavia ad Istambul, dove morì nel 194920. L’ultimo salesiano, pastore d’anime
ad Adampol, fu don Jan Kot (Wlodowski). Egli si era occupato antecedentemente dei
Polacchi emigrati in Palestina e in Iran (Teheran). Per nove anni don Kot si era recato
presso un gruppetto di Polacchi, lavorando in condizioni molti difficili, così come il
suo predecessore. Le autorità turche nel 1958 allontanarono don Kot e per un certo
tempo si recò ad Adampol il cappellano dei Polacchi di Istambul; successivamente
giunse un sacerdote di origine greca, ma in possesso della cittadinanza turca21.
16 AIK, vol. Corrispondenza, don G. Pietrzak a don P. Tirone, Ramsey 8 VIII 1941, 20 X
1960.
17 K. DOPIERALA, Adampol Polonezkoy. Z dziejów Polaków w Turcji. (Adampol Polo-
nezkoy. Dalla storia dei Polacchi in Turchia), Poznal 1973; G. LAçTKA, Adampol, Kraków
1981.
18 Lettera di don Siara da Istambul, «Misje Katolickie», 1913, p. 98-100; G. REYCHMAN,
Dzieje duszpasterstwa w Adampolu nad Bosforem. (Storia d’attività pastorale ad Adampolu
sul Bosforo), «Nasza Przeszloø w», 33: 1970, p. 187.
19 AIK, vol. Cose Personali, don T. Kopa a don T. Zaremba, s. d.; ACS E 998 Polonia
Generica, Ministero degli Esteri all’ispettore don T. Kopa, Varsavia 27 IV 1934.
20 AIK, vol. Cose Personali, don A. Wojdas, Cancelleria del Primate della Polonia al Mi-
nistero degli Esteri, Reparto Politica dell’Emigrazione, Varsavia 6 XII 1934; K. DOPIERALA,
Dzieje duszpasterstwa w Adampolu (Storia d’attività pastorale ad Adampol), «Studia Polo-
nijne», 6: 1958, p. 262.
21 Uno dei motivi della rimozione di don G. Kot fu il rifiuto di accettare la cittadinanza

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168 Jan Pietrzykowski
Nel continente europeo fu affidato ai salesiani polacchi il lavoro tra i connazio-
nali di Londra, dove negli anni 1904-1937 diressero la Missione Cattolica Polacca22.
Come primo locale stabile della Missione si prese una casa in affitto nella zona del
porto a Mercer Street. Compiuti i lavori di adattamento, l’edificio servì come chiesa e
come abitazione per i sacerdoti. Nell’ambito della parrocchia era in funzione una
scuola serale polacca per l’insegnamento del polacco e dell’inglese; nei giorni festivi
faceva da oratorio. Poiché la casa di Mercer Street era troppo piccola, cercarono
fondi e un terreno per una nuova chiesa, per una scuola, una biblioteca ed una sala di
riunioni. Le incomprensioni tra il comitato per le costruzioni, i fedeli ed il rettore
della Missione, trovarono eco sulla stampa locale e alla fine, nel settembre del 1913,
venne cambiato il superiore di Londra23. All’arrivo del nuovo rettore, don Giovanni
Symior, fu eletto un nuovo comitato per la costruzione della chiesa. Lo scoppio della
prima guerra mondiale fece ritardare la realizzazione degli ambiziosi progetti. Negli
anni 1916-1919 i sacerdoti si occuparono anche del servizio pastorale dei Polacchi
che si trovavano nei campi di prigionia in Inghilterra. L’ultimo salesiano rettore della
Missione Cattolica Polacca a Londra fu don Teodor Cichos (1926-1938). Grazie al
suo zelo e alla sua solerzia, la vita religiosa dei Polacchi si ravvivò. Nel 1930 i sale-
siani rinunciarono alla casa in affitto e si trasferirono al nuovo “focolare polacco” in
Devonsnire Street. Poiché le finanze della Missione erano troppo esigue, con l’auto-
rizzazione del card. Bourne, comprarono una chiesa dagli “swedenborgiani”. Il 12 ot-
tobre 1930 il nuovo centro di culto venne consacrato dal primate polacco card. Au-
gust Hlond (1881-1948). Da allora, la chiesa polacca di Londra fu considerata un mo-
dello di purezza e di estetica24.
Di nuovo i salesiani polacchi giunsero in Inghilterra nel 1946, come cappellani
militari del II Corpo Polacco. Richiesta di cappellani per i soldati polacchi ci fu anche
durante la prima guerra mondiale. Nell’Archivio Centrale della Congregazione di
Roma si trovano i documenti; il più delle volte le risposte furono negative25. Invece
durante la seconda guerra mondiale i salesiani polacchi spesso si offrirono personal-
mente come cappellani militari. Per don Józef Czerniecki e don Antoni Guzik, confi-
nati in Siberia, fu anche un’occasione per riconquistare la libertà26. Don Franciszek
turca. Le leggi di questo Paese esigevano dai superiori delle comunità religiose (eccetto
Istambul) il possesso della cittadinanza turca. Cf G. LAçTKA, op. cit., p. 103-104.
22 Polska Misja Katolicka w Londynie 1894-1944 (Missione Cattolica Polacca a Londra
1894-1944), Londra 1944, p. 19.
23 ACS, E 962, «Goniec Wielkopolski», 2 VIII 1912; «Goniec Poranny», 27 II 1913; 9
III 1913; Misteri della chiesa della missione polacca a Londra. Londra 1913.
24 Polska Misja Katolicka w Londynie..., p. 24-26; ACS, E 998 Polonia Generica, a P. Ti-
rone, Londra 28 VI 1937.
25 ACS, E 999 Polonia Generica, comitato nazionale polacco al generale, Roma 30 XI
1918, Roma 23 XII 1918, Roma 20 I 1919.
26 Don G. Czerniecki venne arrestato nel febbraio del 1940 a Leopoli. Il fatto venne così
motivato: «Siete in pericolo da parte degli Ucraini e le autorità sovietiche si preoccupano per la
vostra vita». Durante il viaggio nella stazione di Lwówek, un soldato di scorta gli ordinò di
fuggire. Tuttavia il sacerdote andò in Siberia, non volendo abbandonare i connazionali. Si of-
ferse come cappellano il 2 II 1942, nel luogo di raduno a Guza. Cf AIK, vol. Cose Personali.
Diario, pp. 5-9 (manoscritto); don A. Guzik, arrestato a Leopoli il 23 IV 1940 e condotto a

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Un secolo di presenza di salesiani polacchi fra gli emigranti 169
Tomasik e don Jan Merta furono cappellani ospedalieri per i soldati polacchi feriti e
malati. Il secondo amministrò i santi sacramenti all’eroe di Westerplatte, il maggiore
Henryk Sucharski, e successivamente, il 31 agosto 1946, lo seppellì nel cimitero di
Casa Massima, vicino a Bari. A richiesta del vescovo J. Gawlina, i tre salesiani don
A. Guzik, don P. Michalek e don Edward 7wider rimasero in Palestina come cappel-
lani dell’esercito, della scuola e come insegnanti di religione27. Dopo l’ingresso degli
alleati in Roma nel 1944 l’Ordinario militare decise di riempire i vuoti fra il clero. I
salesiani misero a disposizione delle autorità militari due sacerdoti: Artur Slomka e
Andrzej 7 wida. Si offerse come volontario e venne accolto don H. Boryski. Al
gruppo dei cappellani salesiani si unì successivamente (1 febbraio 1945) don J.
Dryalowski28. Sul fronte dei combattimenti di Faenza si trovò, anche se per poco
tempo, solo don Slomka. Don 7wida, a causa dello stato di salute, ottenne l’assegna-
zione a cappellano dell’ospedale militare e a insegnante, nel Comando, dei Corsi di
maturità organizzati per la Base del Corpo. Simile assegnazione al lavoro didattico-
educativo fra i soldati ricevettero gli altri due salesiani29.
Le successive sorti dei cappellani vanno collegate con le vicende dei militari
polacchi. Nel 1946 si trovavano in Inghilterra, dove facevano i cappellani delle basi
fino alla trasformazione del Corpo in squadre operaie. Al richiamo dell’ispettore don
Jan 7lósarczyk, solo don 7wida ritornò in patria, esponendosi al rischio di passare
per traditore agli occhi dei capi. Col consenso dell’ispettore don Stanislaw Rokita,
don Slomka si recò a Ramsey (USA) come missionario questuante, mentre tre sale-
siani rimasero in Inghilterra fra gli ex soldati dell’armata polacca e i profughi30. Don
Boryski si stabilì nel 1952 a Bradford, dove organizzò un centro pastorale. Dopo al-
cuni anni di lavoro intenso e fruttuoso, morì in circostanze abbastanza misteriose.
Chiamato al letto di un malato, non tornò più a casa e non si sa se sia stato ucciso o se
furtivamente abbia lasciato la Congregazione31. L’ex cappellano della V Divisione,
don Czerniecki, fino al 1956 rimase nel campo e nell’albergo militare. Nei successivi
quattro anni era senza abitazione stabile, ma si tratteneva presso le suore e faceva
Workuta il 16 VI 1941, si offerse come cappellano a Jangijulu. Dopo poco fecero evacuare 9
divisioni mandandole in Palestina, dove don Guzik lavorò fra i Polacchi fino al 1947. Cf An-
toni GUZIK, Da Leopoli attraverso la Siberia in Palestina, in J. 7LÓSARCZYK, op. cit., pp. 406-
412.
27 G. GRABOWSKI, Wsród bylych kombatantów. (Fra gli ex combattenti), in: J. 7-
SARCZYK, op. cit., pp. 356-357; «Dziennik Baltycki», 27: 1972, nr 198, pp. 1, 3.
28 Artur SLOMKA, Na wloskiej ziemi (In terra italiana), in Udzialkapelanów wojskowych
w drugiej wojnie øwiatowej (Partecipazione dei cappellani militari alla seconda guerra mon-
diale), a cura di J. Humeski, Warszawa 1984, pp. 225-227; AIK, vol. Cose Personali, don G.
Dryalowski.
29 AIW, A. 7WIDA, Okruchy wlasnych wspomnie(Briciole di ricordi personali), War-
szawa 1985, pp. 45-47 (dattiloscritto); A. 7WIDA, Salezjanie w II Korpusie Andersa. (I sale-
siani nel II corpo di Anders), in: J. 7LÓSARCZYK, op. cit., pp. 351-354.
30 AIK, vol. Corrispondenza dei missionari, don J. Dryalowski a don 7lósarczyk 29 IV
1949; «Gazzetta» – Londra, del 28 X 1968; don J. Czerniecki, Diario, pp. 17-18 (manoscritto);
Acta Hlondiana, vol. 4/6, p. 222, Prymas Polski do ks. insp. J. 7lósarczyka (Il Primate Polacco
all’ispettore don Jan 7lósarczyk), Warszawa 14 IV 1948.
31 AIK, vol. Corrispondenza dei missionari, don J. Dryalowski a don Z. Baçczkowski,

1.8 Page 8

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170 Jan Pietrzykowski
un’attività pastorale “itinerante”. Nel 1960 si trasferì a Frowbrudge, dove comperò un
ex bar con un orto. Celebrava le funzioni per i Polacchi nella chiesa cattolica (in-
glese), mentre nella scuola inglese organizzò “le lezioni del sabato” per un centinaio
di bambini polacchi. Nella scuola operavano pure un reparto scout, un coro parroc-
chiale ed un gruppo di danza. Il sacerdote, nel raggio di 80 miglia, si recava là dove
abitavano famiglie polacche. Nel 1992 don Czerniecki diede le dimissioni e dopo di
lui don Teodor Bartnik32 diresse il centro pastorale. Nel luglio del 1948 don
Dryalowski iniziò la cura stabile dei duemila Polacchi di Huddersfield. Fu conge-
dato dall’esercito solo nell’aprile dell’anno successivo. All’inizio, per un anno, abitò
presso il canonico don J. Grodn’a33. Grazie alla generosità dei connazionali e alla
propria solerzia comperò una casa parrocchiale polacca (1950), che divenne centro di
vita religiosa e culturale. Coronamento dell’opera di don Dryalowski fu l’acquisto
e la consacrazione, l’8 settembre 1962, della chiesa intitolata alla Madonna di Czeç-
stochowa. Fu dato alla chiesa un arredamento polacco. Presso la chiesa funzionava il
Sodalizio mariano, il Rosario Vivente (150 membri), il coro “Varsavia”, la Crociata
Eucaristica, il Circolo dei chierichetti, tre classi di scuola polacca. Il cappellano dei
Polacchi fu, dal maggio 1965 fino alla morte (27 IX 1968), il decano della regione
dello Yorkshite34.
Il Paese europeo dove in maggior numero i Polacchi andavano per guadagnarsi
la vita era la Germania. Una parte di Polacchi vi poneva residenza stabile, mentre
altri dopo alcuni anni tornavano in patria. Il bisogno di mano d’opera, nelle regioni
industriali, favoriva l’emigrazione. Nel periodo precedente la prima guerra mondiale
c’erano in Germania circa 750 mila Polacchi, concentrati nelle città della Vestfalia,
della Renania, nella provincia di Hannover e a Berlino35. Occuparsi spiritualmente
degli operai polacchi era un grave problema per i sacerdoti tedeschi. Dei salesiani
solo don Walenty Kozak e don Antoni Hlond sporadicamente si recavano nelle città e
nei paesi più grandi per predicare, confessare, celebrare l’eucaristia ed impartire i sa-
cramenti36. Durante la II guerra mondiale – negli anni 1942-1944 – don Józef Omasta
esercitò attività pastorale segreta tra gli operai polacchi ad Ensdorf (dioc. di Rati-
sbona). Cadde nelle mani della Gestapo. Tuttavia felicemente sopravvisse alla prova e
dopo la fine della guerra rimase fino alla morte fra i Polacchi residenti in Germania37.
poscritto nella lettera sulla questione delle cose di don E. Boryski; A. 7WIDA, Okruchy…,
p. 49.
32 AIK, vol. Cose personali, don Czerniecki, Diario, pp. 19-23.
33 AIK, vol. Corrispondenza dei missionari, don J. Dryalowski a don J. 7lósarczyk, 27
VI
1949.
34 AIK,
vol.
Cose
Personali,
J.
DRYZ. ALOWSKI,
Pamiaçtka
srebrnego
jubileuszu.
(Ricordo
del giubileo d’argento), p. 8.
35 Ksieçga Jubileuszowa duszpasterstwa polskiego w Niemczech. (Libro del Giubileo
della pastorale polacca in Germania), a cura di T. Mrowiec, Würzburg 1955, p. 21.
36 «Wiadomoøci Salezjaskie», 1: 1917, N° 2; p. 2; Acta Hlondiana, vol. 6/15, p. 114;
M. WACHOLC, Ksiaçdz Antoni Hlond (Chlondowski) [Don Antoni Hlond (Chlondowski)], vol.
I: ycie, dzialalnoø w, twórczoø w kompozytorska (Vita, attività, opera di compositore), War-
szawa 1996, p. 48.
37 AIK, vol. Kwestionariusz do biogramów misjonarzy. (Schema di note biografiche dei

1.9 Page 9

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Un secolo di presenza di salesiani polacchi fra gli emigranti 171
A metà del 1945 c’erano in Germania circa 2 milioni di Polacchi e circa 900 sa-
cerdoti. I connazionali tornarono in patria più rapidamente dalle zone sovietiche,
mentre nelle altre zone il loro soggiorno si prolungò per vari motivi. Durante questo
periodo la popolazione polacca veniva solitamente radunata in campi allestiti in ca-
serme abbandonate, in padiglioni di fabbriche, in magazzini e scuole. Tutti aspetta-
vano di tornare in patria o di emigrare verso altre destinazioni38. I salesiani polacchi,
dopo essere usciti dal campo di concentramento di Dachau, si diedero ad attività pa-
storale nei centri polacchi in Germania (don Lucjan Koz´lik a Gebharrdshagen, don
Stanislaw Janik e don Jan Cybulski a Branschweig, don Stanislaw Sebastyski e don
Józef Krasocki a Barunschweig, don Julian Rykala a Salzgitter, don Tytus Ro-
bakowski a Seesen ed a Wideshausen, don Jan Woø e don Józef Padurek ad Osna-
brück, don Zygmunt Kozak a Grossachsenneim ed a Heilbronn, don Jan Gabiø a
Karlsruche, don Wladyslaw Klinicki nelle vicinanze di Kassel). Inoltre si misero a
lavoro tra i connazionali anche altri sacerdoti: Walenty Waloszek, Wladyslaw Ko-
nieczny, Edward Russok. I salesiani esercitavano il loro servizio in condizioni diffi-
cili, in mezzo a popolazioni umiliate e tristi. Servivano chiese, caserme, case di cura,
ospedali e carceri. Organizzavano scuole nelle quali preparavano i bambini alla prima
Comunione e si impegnavano in attività socio-caritativa e culturale (corsi, cori)39.
Col ritorno in Polonia di migliaia di connazionali, i centri pastorali vennero
chiusi ed i salesiani tornarono in patria. Solo alcuni sacerdoti rimasero sul luogo (W.
Waloszek, J. Omasta, e S. Sebastyski)40. Don Waloszek lavorò in alcuni centri po-
lacchi: ad Hohenfels, Ludwigsburg e nella zona della diocesi di Monaco. Ad Ensdorf
(1945-1949), e poi fino al 1967 a Feldafig compì azione pastorale don Omasta. Don
Sebastyski lavorò per 18 anni a Braunschweig, dove morì nel 196341.
Negli anni 1972-1982 fra i Polacchi di Ingolstadt fu in cura d’anime don J.
Komar. Il suo lavoro, com’egli stesso riconosce, incontrò “inedite” difficoltà. I con-
nazionali più sani e più capaci si recarono in USA, in Canada o in Inghilterra; molti si
sposarono con donne tedesche, mentre una parte rimase a “vegetare” vivendo di aiuti
sociali. Fra i Polacchi attualmente riescono ancora bene solo le escursioni ed i pelle-
grinaggi. Vi lavorò fino all’autunno 1997 don Józef Moldysz cui successe don Ry-
szard Kaz´mierczak. La Missione Cattolica Polacca di Rosenheim è servita da due sa-
lesiani dell’ispettoria di Cracovia: don Bernard Waidemann e don Ludwik Sy-
nowiec42.
missionari, don J. Omasta), vol. Teczki personalne (Cose Personali), don Omasta a don J.
Neçcka, Monaco 24 III 1964; AIW, Antoni HLOND, Wspomnienia (Ricordi), vol. 12, Laçd
1967, p. 231 (raccolte da don P. Golla) (dattiloscritto).
38 G. 7LIWAN´SKI, A. WEISS, Z dziejów duszpasterstwa Polaków w Niemczech Zachod-
nich. (Dalla storia dell’attività pastorale tra i Polacchi nella Germania occidentale), «Studia
Polonijne», 1: 1975, p. 142.
39 J. RYKALA, Wieçz´niowie, Heftlingi, Emigranci. (Prigionieri, Heftlingi, Emigranti),
Warszawa 1972, pp. 173-174; AIK, Józef NOWACKI, Salezjanie polscy na misjach poza Polskaç
1889-1968. (Salesiani polacchi nelle missioni fuori della Polonia 1889-1968), Kraków 1968,
p. 83 (dattiloscritto).
40 Cf Ksieçga Jubileuszowa..., p. 25; «Nostra», 10: 1954, p. 12; AIW, vol. Cose perso-
nali, don S. Sebastynski.

1.10 Page 10

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172 Jan Pietrzykowski
La situazione economica polacca nel periodo 1980-1981 costrinse parecchi con-
nazionali a cercare lavoro anche nella parte occidentale di Berlino. Don K. Golawski
fu l’iniziatore delle funzioni polacche nella chiesa di S. Ludgene. Le autorità statali
offrirono agli “ospiti polacchi” comprensione ed aiuto ed il 25 dicembre 1981 il ve-
scovo Joachim Meisner istituì un centro di attività spirituale cattolica per i Polacchi a
Berlino. Don Jan Laø kiewicz43 fu il primo parroco del centro. Attualmente vi lavo-
rano quattro salesiani (Henryk Paszek, Ignacy Chodz´ko, Jacek Pajewski, Leszek
Ruciski), al servizio di tre chiese S. Giovanni da Capistrano, S. Giuseppe (dal 15 X
1989), della Vergine Maria (dal 1° gennaio 1990) e di circa quattromila persone44. Fin
dal 1967 i salesiani si occuparono della cura pastorale dei Polacchi della parte orien-
tale di Berlino ed il primo cappellano fu don Jerzy Broja, slesiano. Attualmente vi la-
vorano due sacerdoti, e a loro fanno capo circa 800 fedeli45.
Nel 1928 i salesiani cominciarono un’attività pastorale tra i polacchi abitanti in
Svezia. I superiori inviarono a Stoccolma don Herman Burczyk. Altri salesiani vi
giunsero solo dopo la seconda guerra mondiale: don Jan Buczkowski (1967) e don
Pawel Banot (1976). Essi si occuparono dei connazionali abitanti a Stoccolma nella
zona della chiesa salesiana di Bersgatan 11, e successivamente della chiesa prote-
stante di S. Giovanni46 data in uso (1974) ai Polacchi. I sacerdoti almeno una volta al
mese escono dalla capitale per raggiungere Wskitsttun, Gark, Norekoping, Upsala e
altre località dove celebrare l’eucaristia. Arrivano a servire direttamente circa 1.500
Polacchi, ed inoltre collaborano nelle parrocchie svedesi47.
In condizioni totalmente diverse si trovarono i salesiani polacchi nell’Unione
Sovietica. In forza del trattato segreto Ribentrop-Mootow (23 VIII 1939) rimasero al
di là dei confini orientali le case religiose ucraine (Drohowy, Leopoli – l’istituto
Abramowiczów, Leopoli-Lyczaków, Daszawa), della zona di Vilna (Vilna – Via Do-
brej Rady, Vilna – Via 7wieçtojaska, Kamienny Most, Kurhan) e della Bielorussia
(Dworzec, Reginów). Tutti questi istituti furono requisiti dallo Stato48. I salesiani do-
vettero abbandonare l’Ucraina a causa di omicidi compiuti contro Polacchi da bande
feroci di membri dei “banderowcy”. Invece nella zona di Vilna e della Bielorussia ri-
masero alcuni sacerdoti a condividere la sorte della popolazione locale. Date le circo-
stanze politiche e militari, la loro attività era limitata all’ambito parrocchiale. Nella
41 Ibid., AIK, vol. Cose personali, don J. Omasta a don J. Król, Monaco 26 III 1966.
42 Don J. Komar a don S. Szmidt, Wroclaw (Breslavia) 8 VII 1997 (raccolta privata di
don Szmidt).
43 AIW, vol. Berlino. Lettera di obbedienza di don J. Laøkiewicz del 4 II 1982; ispettore
don W. Szulczyski a don S. Leciejewski, Lódz´ 22 VI 1984; protocollo della visita canonica
condotta dall’ispettore don Z. Malinowski 10-13 III 1991.
44 AIW, “Komunikaty” (“Comunicazioni”) VII-VIII 1990 (dattiloscritto).
45 AIK, vol. Schema di note biografiche dei missionari; Ksieçga Jubileuszowa..., p. 121.
46 B. KUROWSKI, Polonia szwedzka w Koøciele katolickim (1945-1981). [Polonia sve-
dese nella chiesa cattolica (1945-1981)], «Studia Polonijne», 8: 1984, pp. 124-125; AIK, vol.
Corrispondenza dei missionari, don P. Glogowski alla Compagnia missionaria di Cracovia,
Stoccolma 24 III 1965.
47 G. BUCZKOWSKI, Wielkie Te Deum dla polskiej Misji w Sztokholmie. (Grande Te Deum
per la missione polacca di Stoccolma), «Nostra», 29: 1974, pp. 43-44; S. KOSIN´SKI, Polscy Sa-
lezjanie w slubie emigracji 1893-1975. (Salesiani polacchi a servizio dell’emigrazione 1893-

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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Un secolo di presenza di salesiani polacchi fra gli emigranti 173
Lituania occupata dai nazisti i salesiani abitavano in case private e officiavano la
chiesa di S. Stefano di Vilna. Dopo l’espulsione di don Stanislaw Toporek, fu chiusa
l’ultima chiesa in questa città (12 II 1949). Il cappellano lavorò, successivamente, in
altre parrocchie: Jazura, Porudonin, Stare Troki, Balinogródek e Lawaryszki. Morì il
16 settembre 1977 e venne sepolto nella piazza vicino alla chiesa di Lawaryszki49. A
Dworzec rimase fino alla morte (1952) don Alojzy Witkowski al servizio della par-
rocchia. Don Jan Wielkiewicz prima si trattenne a Nowojelni (parrocchia dipendente
da Dworzec), e dopo la morte del decano (1946) si trasferì a Zdzieçciol, sempre a
servizio di parrocchie50. Mentre era nella località di Rubieniewicze, nella regione di
Baranowicz, don Michal Bulowski morì (1956), in circostanze non chiare51. Su ri-
chiesta delle autorità diocesane e d’accordo coi superiori, don Jan Tokarski lavorò
nella parrocchia di Horodzilowa, Dubrowa e Raków. Arrestato nel 1948 e condan-
nato a 25 anni di carcere e a 5 anni di privazione della libertà, nel 1954 arrivò nel
lager di Komi. Dalla Siberia tornò a Raków, cittadina posta sulla linea Grodno-
Misk. Solo il 16 marzo 1956 fu approvato dalle autorità statali come parroco di
Raków. Poiché la chiesa era stata trasformata in un magazzino per il grano, la gente si
radunava nella cappella del cimitero. Le ordinanze delle autorità comuniste proibi-
vano alla gioventù al di sotto dei 18 anni di confessare pubblicamente la propria fede
e quindi il sacerdote preparava individualmente ogni bambino alla Prima Comu-
nione52. La tragica situazione dei credenti si rese particolarmente evidente dopo la
morte del sacerdote. Al funerale, don Kazimierz Gregorczyk, uno dei sacerdoti, inco-
raggiò tutti i fedeli presenti ad accostarsi alla santa comunione perché da quel mo-
mento sull’altare non ci sarebbe stato più il Santissimo53. Di questa generazione, è ri-
masto in attività in Oriente don Tadeusz Hoppe. Serve spiritualmente i Polacchi di
Odessa e per molto tempo rimase unico sacerdote nella parte sud-est dell’Ucraina54.
Ora nella Comunità degli Stati Indipendenti sono impegnati più di cento salesiani e
formano una circoscrizione con sede a Mosca e sono di aiuto alle chiese dei vari
luoghi.
Il lavoro dei salesiani polacchi tra i connazionali all’estero consistette dunque
nella creazione di centri pastorali, nella costruzione di scuole, chiese ed edifici par-
rocchiali. I missionari si interessarono alla sorte dei Polacchi che, costretti dalla situa-
zione politica o economica, cercavano mezzi di sostentamento all’estero, in terre stra-
niere. Grazie alla loro opera gli emigranti non perdettero i legami con la madrepatria
1975), in Dzialalnoø w meçskich zgromadzezakonnych wøród Polonii (Attività delle con-
gregazioni religiose maschili fra i Polacchi all’estero), a cura di J. Bakalarz, Lublin 1982, p.
344.
48 J. 7LÓSARCZYK, op.cit., pp. 270-334.
49 AIW, vol. .Teczka Personalna (Cose personali); Biografia di don S. Toporek (raccolta
privata di don W. Zurek).
50 AIW, vol. Cose personali, don L. Witkowski; vol. Don J. Wielkiewicz, don W. Ba-
lawajder a don J. Wielkiewicz, Warszawa 4 V 1945; don G. Sawicki all’ispettore, Zdzieçciol
18 IX 1945.
51 AIW, don J. Wielkiewicz a don S. Rokita, Zdzieçciol31 X 1956.
52 AIW, vol. Cose personali, don J. Tokarski a don S. Rokita, Raków 14 IV 1956; M.
KAMIN´SKI, Wspomnienie poømiertne o ks. J. Tokarskim. (Ricordo postumo di don J. Tokarski)