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Don Bosco nella Bassa Bergamasca. Appunti e Documenti sugli inizi dell’Opera Sale-
siana a Treviglio. Calvenzano (BG), Grafiche Signorelli 1985, 362 p.
Il volume, molto sobrio come illustrazione e ben curato graficamente, si colloca
nell’ambito di quei lavori evocativi editi in particolari occasioni. Qui si trattava di
ricordare i 90 anni dell’Opera salesiana di Treviglio [1892-1982] e di prepararsi al-
l’ormai prossimo centenario della morte di D. Bosco (1988). In simili occasioni è
piuttosto facile cadere nella tentazione di un ripensamento storiografico improntato
ad irritante trionfalismo e ad un ingigantimento della figura dei protagonisti. Merito
del coordinatore del saggio, D. Felice Rizzini — fra l’altro direttore dell’istituto
salesiano di Treviglio — è di essere riuscito a far superare alla ventina di collaboratori
il rischio di un’apologetica per facili palati e di mantenerli fedeli, tra la cronaca e la
ricerca critica, ad una narrazione familiare, ma non per questo meno documentata.
Ne è sorto un volume molto composito, ma di gradevole lettura, specie per chi
vive nell’ambiente della bergamasca e del milanese. Vi hanno collaborato, con pas-
sione ed impegno, un po’ tutti i rappresentanti della « Famiglia salesiana »: confratelli,
Figlie di Maria Ausiliatrice, Volontarie di D. Bosco, Cooperatori e soprattutto Ex allievi.
Vi è chi ha lunga esperienza di scrittura e di ricerca archivistica, come lo storico
locale Tullio Santagiuliana e lo studioso di mons. Portaluppi, Don Piero Perego
— ambedue ex allievi — e v’è pure chi è alle prime armi nel campo storiografico.
Cinque le parti in cui si suddivide il testo: alla ricerca delle profonde radici;
i protagonisti; in cordata dietro D. Bosco; ricordi; alcuni documenti. La prefazione è
dell’ispettore D. Giovanni Battista Bosco.
Punto focale rimane, com’è logico, la figura di D. Bosco, anche se sono poche
le pagine che espressamente ne parlano. E’ un D. Bosco quotidiano, « feriale », che
va a trovare il vescovo di Bergamo, che scrive e chiede aiuti ad amici e benefattori,
che cerca collaboratori... Sembra quasi d’incrociarlo per strada, mentre approfittando
della sosta forzata alla stazione ferroviaria fa quattro passi per Treviglio, volendo
conoscere di persona quella industriosa borgata, alle porte di Milano, che nel 1892
avrebbe accolto i suoi « figli ». E ciò dopo che le reiterate insistenze del clero locale,
del duca Melzi d’Eril e della popolazione avevano vinto le titubanze di D. Bosco e
dei Superiori salesiani, assediati da numerosissime richieste di fondazioni in ogni parte
d’Italia e del mondo. In brevissimi tempi la povertà della sede primitiva si sarebbe
trasformata in un maestoso edificio scolastico con la fattiva collaborazione di grandi
e piccoli benefattori. Una vera gara da parte di persone umili, ma non meno gene-
rose, avrebbe portato all’unificazione dell’Oratorio di S. Carlo con il collegio, all’acqui-
sizione di aree che ne avrebbe favorito ulteriormente lo sviluppo ed una certa auto-
nomia nonché sicurezza economica. In pochi anni, anche al di là degli intendimenti
dei protagonisti, l’Opera salesiana uscì dalla tutela del clero locale, pur mantenendosi
ad esso ossequiente, ed allargava il raggio della propria azione educativo-pastorale
a tutta la zona ed alle province confinanti. Operazione certo non indolore, come si
precisa più volte nel corso del volume. Se ne cercò la colpa nelle persone del tempo,
in piccoli episodi spiacevoli, nelle circostanze. In realtà si andava operando una radi-
cale trasformazione: da opera parrocchiale diventata rapidamente opera «salesiana»,
autonoma, con stile e modalità diverse da quelle perseguite dalla chiesa locale. Essa
dava una decisa prevalenza di impegni e di mezzi più per la scuola che per l’oratorio
e prendeva le distanze dagli interessi locali. E mentre i salesiani si radicavano sempre
più nel contesto trevigliese, D. Bosco divenne uno dei santi più popolari della zona.